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C. A. HELVETIUS
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Dello spirito

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(1758)

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Traduzione di
Franco Virzo
(2006)

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Titolo originale: De lesprit 1( 1758)


Di C. A. Helvtius (1715-1771)
Traduzione di Franco Virzo (2006)

Traduzione condotta sul testo tratto dal database di Frantext


realizzato da: Institut National de la Langue Franaise (INaLF)

Prefazione
La parola francese esprit lequivalente delle differenti parole italiane:
spirito, mente, intelletto, ingegno, pensiero, animo, umore, carattere,
attitudine ecc. Nella traduzione del presente testo, ho scelto il termine che
mi sembrato pi adatto a rendere, volta per volta, il pensiero dellautore.
Sar, poi, lo stesso Helvtius a chiarire, nelle pagine che seguono, ci che, a
suo avviso, deve pi propriamente intendersi per esprit, principale
oggetto di questa sua opera. (ndt)
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Loggetto che mi propongo desaminare in questopera


interessante; per di pi nuovo. Fino ad ora lo spirito stato
considerato soltanto sotto alcuni suoi aspetti. I grandi scrittori non
hanno fatto altro che gettare un colpo docchio rapido sulla materia,
ed ci che mincoraggia a trattarla. La conoscenza dello spirito,
quando si prende questa parola in senso lato, cos strettamente
legata alla conoscenza del cuore e delle passioni delluomo, che era
impossibile scrivere sullargomento, senza parlare almeno di quella
parte della morale comune agli uomini dogni nazione, e che pu
avere, nei governi, soltanto il bene pubblico come oggetto.
I principi che pongo sulla materia sono, penso, conformi allinteresse
generale e allesperienza. Dai fatti risalgo alle cause. Ho creduto di
dover trattare la morale come tutte le altre scienze, e di far morale
come la fisica sperimentale. Ho ceduto a questidea solo per la
persuasione che ho che qualsivoglia morale i cui principi sono utili al
pubblico necessariamente conforme alla morale della religione, che
soltanto il perfezionamento della morale umana. Per il resto, se mi
sono sbagliato, e se, contro la mia aspirazione, alcuni dei miei
principi non fossero conformi allinteresse generale, sarebbe un
errore della mia mente e non del mio cuore, e dichiaro in anticipo di
sconfessarlo.
Chiedo solo una grazia al mio lettore, ed dascoltarmi prima di
condannarmi, di seguire il nesso che lega insieme le mie idee,
dessere giudice e non avversario. Questa richiesta non leffetto di
uningenua fiducia; ho troppo spesso ritenuto sbagliato la sera,
quello che avevo ritenuto buono il mattino, per avere unalta
opinione dei miei lumi.
Forse ho trattato un soggetto al disopra delle mie forze: ma, quale
uomo conosce tanto se stesso da non presumerne troppo? Almeno
non dovr rimproverarmi di non aver fatto ogni sforzo per meritare
lapprovazione del pubblico. Non ottenendolo, ne sar pi
addolorato che sorpreso: in questo genere di cose non basta
desiderare, per ottenere.
In tutto ci che ho detto, ho cercato soltanto il vero, non soltanto per
lonore di dirlo, ma perch il vero utile agli uomini. Se me ne sono
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allontanato, trover proprio nei miei errori motivi di consolazione,


se, come dice De Fontenelle, gli uomini non possono arrivare a
qualcosa di ragionevole, in qualsiasi campo, se non dopo aver
consumato, in quello stesso campo, tutte le sciocchezze
immaginabili. I miei errori potranno perci essere utili ai miei
concittadini: con il mio naufragio avr segnalato lo scoglio. Quante
stupidit, aggiunge De Fontenelle, non diremmo noi oggi, se gli
antichi non le avessero gi dette prima di noi, e se non ce le
avessero, per cos dire, portate via! Lo ripeto quindi: garantisco della
mia opera soltanto la purezza e lonest delle intenzioni. Tuttavia,
per quanto certo delle intenzioni, i proclami dellinvidia sono cos
favorevolmente ascoltati, e le sue frequenti declamazioni cos atte a
sedurre anime pi oneste che illuminate, che si scrive, per cos dire,
tremando. Lo sconforto nel quale imputazioni, spesso calunniose,
hanno gettato gli uomini di genio, sembra gi presagire al ritorno dei
secoli dignoranza. E soltanto nella mediocrit dei talenti, in ogni
settore, che si trova un asilo contro le persecuzioni degli invidiosi. La
mediocrit diventa quindi una protezione; e questa protezione, me la
sono verosimilmente cercata mio malgrado.
Daltronde, credo che linvidia potrebbe difficilmente imputarmi il
desiderio di ferire qualcuno dei miei concittadini. Il genere di
questopera, in cui non prendo in considerazione nessun uomo in
particolare, ma gli uomini ed i popoli in generale, deve mettermi al
riparo da ogni sospetto di malignit. Aggiunger anche che leggendo
questi discorsi, ci si accorger che amo gli uomini, che desidero il loro
bene, senza odiare e disprezzarne nessuno in particolare. Alcune
delle mie idee appariranno forse azzardate. Se il lettore le giudica
false, lo prego di ricordarsi, nel condannarle, che soltanto allaudacia
dei tentativi si devono spesso le scoperte delle pi grandi verit, e
che il timore di sostenere un errore non deve in nessun modo
distoglierci dalla ricerca della verit. Invano uomini ignobili e
pusillanimi vorrebbero proscriverla, e imporle talvolta il nome odioso
di licenza, in vano ripetono che le verit sono spesso pericolose.
Supponendo che talvolta lo fossero, a qual pi gran pericolo ancora
non sarebbe esposto il popolo che acconsentisse a languire
nellignoranza? Una nazione priva di lumi, quando esce dallo stato
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barbaro e feroce, una nazione degradata, e presto o tardi


soggiogata. Fu pi la scienza militare dei romani che non il loro
valore a trionfare sui Galli.
Se la conoscenza di una verit pu avere qualche inconveniente ad
un dato momento, passato questo, la stessa verit ridiventa utile ai
secoli ed alle nazioni. Questa infine la sorte delle cose umane: non
ce n nessuna che non possa diventare pericolosa in certi momenti,
ma solo a queste condizioni che se ne gode. Maledizione su chi
volesse, con questa motivazione, privarne lumanit.
Nel momento stesso che simpedisse la conoscenza di talune verit,
non sarebbe pi permesso dirne alcuna. Migliaia di persone potenti e
spesso anche malintenzionate, con il pretesto che talvolta saggio
tacere la verit, la bandirebbero dalluniverso. Sicch il pubblico
illuminato che solo ne conosce interamente il valore la richiede
incessantemente: non teme desporsi ad eventuali mali, per godere
dei vantaggi reali che essa procura. Tra le qualit degli uomini, quella
che apprezza di pi la grandezza dellanima che si rifiuta alla
menzogna. Sa quanto utile pensare e dire tutto, e che gli errori
stessi cessano desser pericolosi, quando consentito contraddirli.
Allora sono presto riconosciti come errori: si depositano
rapidamente da soli negli abissi delloblio, e soltanto le verit
galleggiano sulla vasta distesa dei secoli.

Primo discorso - Capitolo primo


Dello spirito in se stesso.

Si discute ogni giorno su quello che va chiamato spirito: ognuno dice


la sua, nessuno abbina le stesse idee a questa parola, e tutti parlano
senza capirsi.
Per poter dare unidea giusta e precisa della parola spirito e delle
diverse accezioni in cui presa, bisogna innanzitutto esaminare lo
spirito in se stesso.
Si considera lo spirito o come leffetto della facolt di pensare (e lo
spirito, in tal senso, non altro che il raggruppamento dei pensieri
delluomo), o come la facolt stessa di pensare.
Per capire ci che lo spirito, preso in questultimo significato,
occorre conoscere quali sono le cause produttrici delle nostre idee.
Abbiamo in noi due facolt, o, se oso dire, due potenze passive, la cui
esistenza generalmente e distintamente riconosciuta. Una la
facolt di ricevere le diverse impressioni che fanno su di noi gli
oggetti esterni: chiamata sensibilit fisica. Laltra la facolt di
conservare limpressione che questi oggetti hanno fatto su di noi:
chiamata memoria, e la memoria non altro che una sensazione
continuata ma indebolita. Queste facolt, che considero come le
cause produttrici dei nostri pensieri, e che abbiamo in comune con
gli animali, ci farebbero tuttavia sorgere solo un piccolissimo numero
didee, se non fossero unite in noi ad una certa organizzazione
esterna. Se la natura, invece delle mani e delle dita flessibili, avesse
completato i nostri polsi con zoccoli di cavallo, chi dubita che gli
uomini senzarte, senzabitazione, senza difesa contro gli animali,
completamente presi dalla preoccupazione di provvedere al cibo e
devitare le bestie feroci, non sarebbero ancora erranti nelle foreste
come branchi fuggitivi? Orbene, in questa supposizione, evidente
che lopera di civilizzazione non avrebbe raggiunto, in nessuna
societ, il grado di perfezionamento al quale pervenuta
attualmente. Non c nazione che, in fatto di spirito, non sarebbe
restata di molto inferiore a taluni popoli primitivi che non hanno
nemmeno duecento idee, duecento parole per esprime le loro idee,
ed il cui linguaggio, di conseguenza, ridotto, come quello degli
animali, a cinque o sei suoni o gridi, se si tolgono da questa stessa
lingua le parole arco, frecce, reti, ecc. che suppongono luso delle
mani. Da cui concludo che, senza una certa organizzazione esterna, la
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sensibilit e la memoria sarebbero in noi soltanto facolt sterili.


Adesso bisogna esaminare se, con lausilio di questorganizzazione, le
due citate facolt hanno realmente prodotto i nostri pensieri.
Prima dintraprendere un qualsiasi esame in merito, mi si chieder
forse se queste due facolt sono modificazioni duna sostanza
spirituale o materiale. La questione, un tempo agitata dai filosofi, e
riproposta ai giorni nostri, non entra necessariamente nel piano della
mia opera. Quello che ho da dire sullo spirito concorda
perfettamente tanto con luna quanto con laltra ipotesi. Osserver
in proposito soltanto che, se la chiesa non avesse fissato la nostra
credenza su questo punto, e che pertanto si dovuto, con i soli lumi
della ragione, elevarsi fino alla conoscenza del principio pensante,
non si potrebbe non convenire che nessuna opinione in questo
genere di cose suscettibile di dimostrazione, che bisogna prendere
in considerazione le ragioni pro e contro, bilanciare le difficolt,
risolversi in favore del pi gran numero di verosimiglianze, e di
conseguenza emettere solo giudizi provvisori. Succederebbe, con
questo problema, come con uninfinit daltri che non possono
essere risolti se non con laiuto del calcolo delle probabilit. Non mi
soffermo quindi pi a lungo sullargomento. Vengo al mio oggetto e
dico che la sensibilit fisica e la memoria, o, per parlare pi
correttamente, la sensibilit da sola produce le nostre idee. In effetti,
la memoria non pu essere altro che uno degli organi della sensibilit
fisica: il principio che in noi sente, deve necessariamente essere il
principio che ricorda, poich ricordarsi, come dimostrer tra poco,
non in realt altro che sentire.
Quando, per effetto delle mie idee o per la vibrazione che taluni
suoni causano nellorgano del mio orecchio, riporto alla mente
limmagine duna quercia, allora i miei organi interni debbono
necessariamente trovarsi allincirca nella stessa situazione in cui
erano in vista di quella quercia. Questo fatto deve, pertanto,
produrre incontestabilmente una sensazione: quindi evidente che
ricordare sentire. Posto questo principio, dico ancora che nella
nostra capacit appercettiva delle rassomiglianze o differenze, delle
corrispondenze o discordanze che hanno fra loro gli oggetti diversi,
che consiste ogni operazione dello spirito. Pertanto questa capacit
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non che la sensibilit fisica stessa: tutto si riduce dunque al sentire.


Per assicurarci di questa verit, prendiamo in considerazione la
natura. Questa ci presenta oggetti che hanno rapporto con noi e
rapporti fra loro. La conoscenza di questi rapporti forma quello che
chiamiamo spirito: esso pi o meno grande, secondo che le nostre
conoscenze in questo campo sono pi o meno vaste. Lo spirito
umano sinnalza fino alla conoscenza dei rapporti, ma sono limiti che
non valica mai. Cosicch tutte le parole che compongono le diverse
lingue e che possiamo considerare come la collezione dei segni di
tutti i pensieri delluomo, ci ricordano o immagini, tali le parole,
quercia, oceano, sole, o designano idee, cio i diversi rapporti che gli
oggetti hanno tra loro, e che sono o semplici, come le parole,
grandezza, piccolezza, o composte, come vizio, virt. Esse esprimono
infine o i rapporti diversi che gli oggetti hanno con noi, vale a dire la
nostra azione su di loro, come nelle parole, rompo, scavo, sollevo, o
la loro impressione su di noi, come in, ferisco, abbaglio, spavento. Se
qui sopra ho delimitato il significato della parola idea che presa in
accezioni molto diverse, dato che si esprime alla stessa maniera
lidea di un albero e lidea di virt, che il significato indeterminato
di questa espressione pu talvolta far cadere negli errori cagionati
sempre dallabuso delle parole. La conclusione di quello che ho
appena detto, che, se tutte le parole delle diverse lingue non
designano mai altro che oggetti o i rapporti di questi oggetti con noi
e tra loro, lo spirito di conseguenza consiste nel paragonare sia le
nostre sensazioni sia le nostre idee, vale a dire, a cogliere le
rassomiglianze e le differenze, le corrispondenze e le discordanze che
hanno tra loro. Ora, siccome la valutazione non altro che
lappercezione stessa, o almeno lenunciato di questa appercezione,
ne consegue che tutte le operazioni dello spirito si riducono a
valutare. Posta la questione entro questi limiti, esaminer adesso se
valutare non sia sentire. Quando valuto la grandezza o il colore degli
oggetti che mi sono presentati, evidente che la valutazione sulle
differenti impressioni che gli oggetti hanno fatto sui miei sensi non
altro che una sensazione. Posso altres dire: valuto o sento che, di
due oggetti, uno che chiamo tesa, fa su di me unimpressione
differente da quello che chiamo piede, e che il colore che chiamo
rosso agisce sui miei occhi in maniera differente da quella che
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chiamo giallo. Da cui concludo che in questo caso valutare non mai
altro che sentire. Ma, si dir, supponiamo che si voglia sapere se la
forza preferibile alla corpulenza, si pu essere sicuri allora che
valutare sia sentire? Risponder di s, poich per fare una valutazione
su questargomento, la mia memoria deve tracciarmi di seguito il
quadro delle differenti situazioni in cui posso trovarmi pi
comunemente nel corso della mia vita. Ora, valutare riconoscere
che, nelle diverse situazioni, la forza mi sar spesso pi utile della
corpulenza. Ma, si replicher, quando si tratta di giudicare se, in un
re, la giustizia preferibile alla bont, si pu immaginare allora che
un giudizio non sia altro che una sensazione? Questopinione, senza
dubbio, ha innanzitutto laria di un paradosso: tuttavia, per
verificarne la veridicit, supponiamo in un uomo la conoscenza di
quello che si chiama bene e male, e che questuomo sappia ancora
che unazione pi o meno cattiva, secondo che pregiudica pi o
meno il benessere della societ. In questa supposizione, quale arte
deve utilizzare il poeta o loratore, per rendere pi viva
lappercezione che, in un re, giustizia preferibile a bont, che
salvaguarda pi cittadini per lo stato? Loratore presenter tre
situazioni allimmaginazione di questo stesso uomo. Nel primo, gli
raffigurer il re giusto che condanna e fa uccidere un criminale. Nella
seconda, il re buono fa aprire la segreta di questo stesso criminale e
gli toglie i ferri. Nel terzo rappresenter il criminale che, armatosi di
pugnale alluscita della prigione, corre a massacrare cinquanta
cittadini. Ora, quale uomo, alla vista di questa terza situazione, non
sentir che nel re, la giustizia che attraverso la morte di un singolo
previene la morte di cinquanta uomini, preferibile alla bont?
Tuttavia questo giudizio non altro che una sensazione. In effetti, se
con labitudine dassociare le idee alle parole, stimolando lorecchio
con determinati suoni, possiamo, come dimostra lesperienza,
provocare in noi pi o meno le stesse sensazioni che proveremmo
alla presenza stessa degli oggetti, evidente che allesposizione di
queste tre situazioni, giudicare che, in un re, giustizia preferibile a
bont, equivale a sentire e vedere che, nella prima situazione,
simmola solo un cittadino e che nel terzo se ne massacrano
cinquanta. Da cui concludo che la valutazione non altro che una
sensazione. Ma, si dir, bisogner ancora collocare nel rango delle
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sensazioni i giudizi portati, per esempio, sulleccellenza pi o meno


grande di metodi, tali quali il metodo atto a collocare molti oggetti
nella nostra memoria, o il metodo delle astrazioni, o quello
dellanalisi. Per rispondere a questobiezione, bisogna prima
determinare il significato della parola metodo. Un metodo soltanto
il mezzo di cui ci serviamo per pervenire allo scopo che ci
proponiamo. Supponiamo che un uomo abbia lo scopo di
memorizzare oggetti o idee, e che per caso il tutto sia collocato in
maniera tale che il richiamo alla mente di un fatto o di unidea gli
abbia rievocato il ricordo di un'infinit daltri fatti o daltre idee, e
che abbia cos impresso pi facilmente e pi profondamente oggetti
nella memoria. Allora, giudicare che questordine il migliore e
dargli il nome di metodo, dire che si fatto meno sforzo
dattenzione, che si provata una sensazione meno faticosa,
studiando in questordine che non in un altro. Ora, riportare alla
mente una sensazione faticosa, sentire: dunque evidente che, in
questo caso, giudicare sentire. Supponiamo ancora che, per
verificare la veridicit di certe proposizioni di geometria e per farle
pi facilmente capire ai propri discepoli, un geometra abbia deciso di
far loro considerare le linee indipendentemente dalla larghezza e
dallo spessore: allora, giudicare che questo mezzo o questo metodo
dastrazione il pi idoneo a facilitare negli alunni la comprensione
di talune proposizioni geometriche, equivale a dire che essi fanno
meno sforzo dattenzione, e che provano una sensazione meno
faticosa, servendosi di questo metodo che non dun altro.
Supponiamo, come ultimo esempio, che con un esame disgiunto di
ciascuna delle verit che racchiude una proposizione complicata, si
sia pi facilmente raggiunto la cognizione di questa proposizione:
valutare allora che il mezzo o il metodo danalisi il migliore, dire
ugualmente che si fanno meno sforzi dattenzione, e che di
conseguenza si provata una sensazione meno faticosa, quando si
considerato singolarmente ciascuna delle verit racchiuse nella
proposizione complicata, che non quando si voluto afferrarle tutte
contemporaneamente. Da quello che ho detto risulta, che i giudizi
portati sui mezzi o i metodi che il caso ci presenta per arrivare ad un
certo scopo non sono altro che delle sensazioni, e che, nelluomo,
tutto si riduce a sentire. Ma, si dir, come mai fino ad oggi si
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supposto in noi una facolt di giudicare distinta dalla facolt di


sentire? Questa supposizione, risponder, dovuta solo
allimpossibilit in cui si creduto finora di spiegare in altra maniera
taluni errori dello spirito. Per superare la difficolt, nei capitoli
seguenti, mostrer che i nostri falsi giudizi ed i nostri errori si
riconducono a due cause che suppongono in noi soltanto la facolt di
sentire, e che sarebbe, di conseguenza, inutile e anche assurdo
ammettere in noi una facolt di giudizio che non spiegherebbe
niente che non si possa spiegare senza. Entro dunque in argomento e
dico che non c falso giudizio che non sia effetto delle nostre
passioni o della nostra ignoranza.

Discorso 1 - Capitolo 2
Degli errori cagionati dalle nostre passioni.
Le passioni cinducono in errore, perch fissano la nostra attenzione
su un lato delloggetto che ci presentano, e perch non ci
consentono in alcun modo di considerarlo sotto tutte le sue facce.
Un re geloso del titolo di conquistatore: la vittoria, dice, mi chiama
in capo al mondo, combatter, vincer, spezzer lorgoglio dei miei
nemici, gli metter i ferri ai polsi, ed il terrore del mio nome, come
una muraglia invalicabile, difender lentrata del mio impero.
Inebriato da questa speranza, dimentica che la fortuna incostante,
che il fardello della miseria quasi in ugual modo sopportato dal
vincitore e dal vinto. Non avverte per nulla che il bene dei sudditi
serve solo da pretesto alla sua figura di guerriero, e che lorgoglio a
forgiarne le armi e spiegarne gli stendardi: la sua attenzione
concentrata sul carro e la pompa del trionfo.
Non meno potente dellorgoglio, il timore produrr gli stessi effetti;
lo si vedr creare spettri, spanderli intorno alle tombe, e nelloscurit
dei boschi offrirli agli sguardi del viandante spaventato, impadronirsi
delle doti della sua anima, e non lasciarne nessuna libera per
considerare lassurdit dei motivi di un terrore cos vano.
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Le passioni non soltanto non ci lasciano considerare se non alcune


facce degli oggetti che ci presentano, ma cingannano ancora nel
mostrarci spesso questi stessi oggetti l dove non esistono. La
storiella del curato e la dama galante nota: avevano sentito dire
che la luna era abitata, lo credevano, e, telescopio alla mano, tutti e
due provavano a riconoscerne gli abitanti. Se non sbaglio, disse per
prima la dama, scorgo due ombre che sinclinano luna verso laltra:
non ne dubito affatto, sono due amanti felici Eh! Vergogna, signora,
ribatte il curato, le due ombre che vedete sono due campanili di una
cattedrale. La storiella la nostra tesi: la maggior parte delle volte
percepiamo coscientemente nelle cose soltanto quello che
desideriamo trovarci e, sulla terra come sulla luna, passioni differenti
ci faranno sempre vedere l o amanti o campanili. Lillusione un
effetto necessario delle passioni, la cui forza si misura quasi sempre
con il grado di offuscamento nel quale ci sprofondano. E quello che
aveva molto ben percepito non so quale donna, che, sorpresa
dall'amante tra le braccia del suo rivale, os negargli il fatto di cui era
testimone.
- Come ? le disse lui, spingete a tal punto limpudenza
- Ah, perfido, esclam lei, lo vedo, non mi ami pi, credi pi a
quel che vedi che a quel che ti dico.
Il motto non applicabile solamente alla passione dellamore, ma a
tutte le passioni. Tutte ci colpiscono con laccecamento pi profondo.
Quando lambizione, per esempio, mette le armi in pugno a due
nazioni potenti, e che i cittadini inquieti si chiedono reciprocamente
notizie, da una parte, quale leggerezza nel credere alle buone,
dallaltra, quale incredulit sulle cattive! Quante volte una troppo
stupida fiducia in monaci ignoranti non ha fatto negare a qualche
cristiano la possibilit degli antipodi? Non c secolo che, con qualche
affermazione o negazione ridicola, non predisponga a ridere il secolo
successivo. Una follia passata illumina raramente gli uomini sulla loro
follia presente.
Per il resto, queste stesse passioni, che devono essere viste come il
germe di uninfinit derrori, sono anche la fonte dei nostri lumi. Se ci
perdono, soltanto esse ci danno la forza di camminare, esse soltanto
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possono strapparci allinerzia ed alla pigrizia sempre pronta a


ghermire le virt della nostra anima.
Ma non questo il luogo per esaminare la verit di questa
proposizione. Passo quindi alla seconda causa dei nostri errori.

Discorso 1 - Capitolo 3
Dellignoranza.
Ci sbagliamo, quando mossi da passione, e concentrando la nostra
attenzione su una delle facce di un oggetto, vogliamo, attraverso
quellunica faccia, valutare loggetto intero. Ci sbagliamo ancora,
quando ci ergiamo a giudici su un argomento, mentre la nostra
memoria non dispone affatto di tutti gli elementi di ponderazione dai
quali dipende in questambito la correttezza delle nostre decisioni.
Non che ognuno non abbia ladeguata disposizione: ognuno vede
bene quello che vede, ma, giacch nessuno diffida abbastanza della
propria ignoranza, ognuno crede troppo facilmente che ci che si
vede in un oggetto tutto ci che vi si pu vedere.
Nelle questioni di una certa difficolt, lignoranza deve essere
considerata come la principale causa dei nostri errori. Per capire
quanto, in questo caso, facile crearsi illusioni e come, traendo
conseguenze sempre vere dai principi, gli uomini arrivino a risultati
totalmente contraddittori, sceglier comesempio una questione
alquanto complessa, ossia quella del lusso, sulla quale sono stati
espressi giudizi molto diversi, assecondo che questo stato
considerato sotto un aspetto o un altro.
Siccome la parola lusso vaga, non ha alcun senso ben determinato,
ed normalmente solo unespressione relativa, bisogna prima di
tutto assegnare un valore ben definito alla parola lusso presa nel
significato rigoroso, e dare in seguito una definizione del lusso
considerato in rapporto ad una nazione e in rapporto ad un singolo.
Si deve intendere per lusso, nel significato rigoroso, ogni specie di
superfluit, vale a dire, tutto ci che non assolutamente necessario
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alla conservazione delluomo. Quando si tratta di un popolo civile e


degli individui che lo compongono, la parola lusso ha tuttaltro
significato: diventa assolutamente relativa. Il lusso duna nazione
civile lutilizzo delle ricchezze per ci che chiama superfluit il
popolo con il quale si raffronta quella nazione. E questo il caso in cui
si trova lInghilterra in rapporto alla Svizzera. Il lusso, in un singolo,
ugualmente limpiego delle sue ricchezze per quello che si deve
chiamare superfluit, rispetto al posto che questuomo occupa in
uno stato, ed al paese nel quale vive: tal era il lusso di Bourvalais.2
Data questa definizione vediamo sotto quali differenti aspetti stato
considerato il lusso delle nazioni, quando gli uni lhanno considerato
utile, e gli altri nocivo allo stato.
I primi hanno guardato agli opifici che il lusso realizza, ed al fatto che
lo straniero saffretta a scambiare i suoi tesori contro loperosit
duna nazione. Vedono laumento delle ricchezze tirarsi dietro
laumento del lusso ed il perfezionamento delle arti atte a
soddisfarlo. Il secolo del lusso gli appare come lepoca della
grandezza e della potenza di uno stato. Labbondanza di denari che
esso presuppone e che attira, rende, dicono, la nazione prospera
allinterno e temibile allesterno. E con i denari che si assolda un
gran numero di truppe, che si costruiscono magazzini, che si
forniscono arsenali, che si contratta, che si stringono alleanze con
grandi principi, e che infine una nazione pu non solamente resistere
ma per di pi comandare a popoli pi numerosi e di conseguenza pi
realmente potenti. Se il lusso rende uno stato temibile allesterno,
quale prosperit non gli procura allinterno? Ingentilisce i costumi,
crea nuovi piaceri, provvede con questo mezzo alla sussistenza di
uninfinit di lavoratori. Stimola una cupidigia salutare che strappa
luomo allinerzia, alla noia che deve essere considerata come una
delle malattie pi comuni e pi crudeli dellumanit. Diffonde
dappertutto un calore vivificante, fa circolare la vita in tutti i membri
Poisson de Bourvalais, Paul (morto nel 1719) figlio di contadini, riusc a
diventare un finanziere potentissimo, al punto che il suo intervento fu in
certi momenti determinante per l'esosa politica di Luigi XIV; fu oggetto di
satire e pamphlets.- (fonte internet), ndt)
2

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di uno stato, vi risveglia lindustria, fa aprire porti, vi costruisce


vascelli, li guida attraverso loceano, e rende infine comuni a tutti gli
uomini le produzioni e la ricchezza che lavara natura rinchiude nei
baratri dei mari, negli abissi della terra, o che tiene disseminate in
mille climi diversi. Ecco qual , penso, pressappoco laspetto sotto il
quale si presenta il lusso per coloro che lo considerano utile agli stati.
Esaminiamo adesso laspetto sotto il quale si presenta ai filosofi che
lo considerano funesto per le nazioni.
La beatitudine dei popoli dipende dal benessere di cui godono
allinterno, e dal rispetto che suscitano allesterno.
Nel primo caso, pensiamo, i filosofi diranno che il lusso e le ricchezze
che questo attira in uno stato, renderebbero i soggetti pi
soddisfatti, se le ricchezze fossero distribuite in maniera meno
disuguale, e che ciascuno potesse procurarsi le comodit di cui
lindigenza lo costringe a privarsi. Il lusso non dunque nocivo come
lusso, ma semplicemente come effetto duna grande sperequazione
tra le ricchezze dei cittadini. Il lusso, perci, non mai estremo se la
ripartizione delle ricchezze non eccessivamente impari. Esso
singrandisce a misura che questultime si concentrano in un pi
piccolo numero di mani, giunge infine alla sua ultima fase, quando la
nazione si suddivide in due classi, di cui una abbonda del superfluo, e
laltra manca del necessario. Una volta giunto a questo punto, lo
stato di una nazione tanto pi crudele quanto pi incurabile.
Come ristabilire allora un po duguaglianza tra le fortune dei
cittadini? Luomo ricco avr comprato grandi signorie: essendo in
grado di profittare dello sconcerto dei vicini, avr aggiunto, in poco
tempo, uninfinit di piccole propriet al suo possedimento.
Diminuito il numero dei proprietari, quello dei braccianti sar
cresciuto: quando questultimi saranno aumentati abbastanza
perch ci siano pi operai che lavoro, allora il bracciante seguir il
corso di qualsiasi genere di merce, che perde valore quand
abbondante. Daltronde, luomo ricco, che dispone di lusso in misura
ancora maggiore delle ricchezze, interessato ad abbassare i prezzi
delle paghe giornaliere, ad offrire al bracciante soltanto il salario
assolutamente necessario alla sua sussistenza. Il bisogno costringe
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questultimo ad accontentarsene, ma se gli sopraggiunge qualche


malattia o qualche aggravio familiare, allora, in mancanza di cibo
sano o abbastanza abbondante, diventa infermo, muore, e lascia allo
stato una famiglia di mendicanti. Per prevenire una simile disgrazia,
occorrerebbe far ricorso ad una nuova ripartizione delle terre:
ripartizione sempre ingiusta ed impraticabile. E dunque evidente
che, quando il lusso ha raggiunto un certo stadio, impossibile
restaurare una qualsivoglia uguaglianza tra la fortuna dei cittadini.
Allora i ricchi e le ricchezze vanno nelle capitali, dove sono attirati dai
piaceri e dalle arti del lusso, mentre la campagna resta incolta e
povera: sette o otto milioni duomini languiscono nella miseria,
mentre cinque o seimila vivono nellopulenza che li rende odiosi,
senza renderli pi felici. In effetti, che cosa pu aggiungere alla
felicit di un uomo leccellenza pi o meno grande della tavola? Non
gli basta aspettare daver fame, di proporzionare esercizi o durata
delle passeggiate al cattivo gusto del suo cuoco, per trovare delizioso
ogni alimento che non sia sgradevole? Daltronde, la frugalit e
lesercizio non lo fanno sfuggire a tutte le malattie cagionate dalla
golosit stuzzicata dalla buona cucina? La felicit non dipende quindi
dalleccellenza della tavola. Non dipende nemmeno dalla
magnificenza degli abiti o dagli equipaggiamenti. Quando si compare
in pubblico coperto da un abito ricamato e portato in giro da una
splendida carrozza, non si provano piaceri fisici, che sono gli unici
piacerei reali: si , tuttal pi, colti dal piacere della vanit, la cui
privazione sarebbe forse insopportabile, ma il cui godimento
insipido. Senza accrescere la propria felicit, luomo ricco, con lo
sfoggio del lusso, non fa choffendere il genere umano ed il
disgraziato che, paragonando gli stracci della miseria agli abiti
dellopulenza, simmagina che tra la felicit del ricco e la sua non c
meno differenza che tra i loro vestiti: chi, in questoccasione,
richiama alla mente il ricordo doloroso delle pene che sopporta, e chi
si trova cos privato dellunico sollievo dello sventurato, loblio
momentaneo della miseria. E dunque certo, continueranno i filosofi,
che il lusso non fa la felicit di nessuno, e che presupponendo una
troppo grande disuguaglianza di ricchezze tra i cittadini, esso ne
presuppone il danno della maggior parte. Il popolo, nel quale
penetra il lusso, non dunque felice allinterno: vediamo se
16

rispettabile allesterno.
Labbondanza di denari che il lusso attira in uno stato simpone
innanzitutto allimmaginazione. Quello stato , per qualche
momento, uno stato potente: ma il vantaggio ( supposto che possa
esistere un vantaggio indipendente dal benessere dei cittadini) ,
come nota Hume, soltanto un vantaggio passeggero. Abbastanza
assomiglianti ai mari, che prima abbandonano e poi coprono mille
spiagge diverse, le ricchezze devono percorrere mille climi diversi
successivamente. Quando, con la bellezza dei manufatti e la
perfezione delle arti di lusso, una nazione attira a s i soldi dei popoli
vicini, evidente che il prezzo delle derrate e della mano dopera
deve necessariamente calare in quei popoli impoveriti, e che questi,
portando via qualche proprietario manifatturiero, qualche operaio
alla nazione ricca, possono impoverirla a loro volta rifornendola, a
prezzi pi convenienti, delle merci di cui quella nazione li forniva.
Orbene, appena la penuria di soldi si fa sentire in uno stato abituato
al lusso, la nazione cade nel disprezzo.
Per sottrarvisi, occorrerebbe avvicinarsi ad una vita semplice, ma
costumi e leggi vi si oppongono. Cosicch il periodo del pi gran lusso
duna nazione comunemente lepoca pi vicina alla sua caduta ed
alla sua depressione. La felicit e la potenza apparente conferite dal
lusso alle nazioni per qualche momento, comparabile alle febbri
violente che danno, nel delirio, una forza incredibile al malato che
stanno divorando, e che sembrano moltiplicare le forze dun uomo
soltanto per privarlo, al fine della crisi, delle stesse forze e della vita.
Per convincersi di questa verit, diranno ancora gli stessi filosofi,
ricerchiamo ci che deve rendere una nazione realmente rispettabile
per i vicini: , incontestabilmente il numero, la forza dei cittadini,
lattaccamento alla patria, ed infine il coraggio e la virt.
In quanto al numero dei cittadini, si abbia per certo che i paesi di
lusso non sono i pi popolati, che nella stessa estensione territoriale,
la Svizzera pu contare pi abitanti della Spagna, della Francia e
anche dellInghilterra.
17

Limpiego duomini, che comporta necessariamente una grande


attivit commerciale, non in questi paesi lunica causa dello
spopolamento: il lusso ne crea mille altri, giacch attira le ricchezze
nelle capitali, lascia le campagne nella penuria, favorisce il potere
arbitrario e di conseguenza laumento dei tributi, e poich infine
conferisce alle nazioni opulente la facilit di contrarre debiti di cui
non possono inseguito liberarsi senza sovraccaricare i popoli
dimposte onerose. Ora queste diverse cause di spopolamento,
sprofondando un intero paese nella miseria, vi debbono
necessariamente provocare lindebolimento della costituzione
corporea. Il popolo dedito al lusso non mai un popolo robusto: dei
suoi cittadini, gli uni sono snervati dalle mollezze, gli altri estenuati
dal bisogno. Se i popoli barbari o poveri, come nota il cavalier Folard,
hanno, al riguardo, una gran superiorit sui popoli dediti al lusso,
perch il lavoratore , nelle nazioni povere, spesso pi ricco che nelle
nazioni opulente e perch un contadino svizzero si sente pi a suo
agio di un contadino francese. Per plasmare corpi robusti, occorre un
cibo semplice, ma sano ed abbondante, un esercizio che senza essere
eccessivo sia forte, una grande abitudine a sopportare le intemperie
delle stagioni: abitudine che acquisiscono i contadini, che, per questa
ragione sono infinitamente pi adatti a sostenere le fatiche della
guerra dei proprietari manifatturieri, la maggior parte dei quali
abituata ad una vita sedentaria. E altres presso le nazioni povere
che si formano le armate infaticabili che cambiano i destini degli
imperi.
Quali difese potrebbe opporre a queste nazioni un paese dedito al
lusso e alle mollezze? Non pu incutere timore n per numero, n
per forza degli abitanti. Lattaccamento alla patria, si dir, pu
supplire al numero ed alla forza dei cittadini. Ma chi potrebbe far
nascere in questi paesi il sano amore della patria? La classe dei
contadini, che compone da sola i due terzi di ogni nazione, l
sventurata, quello degli artigiani non vi possiede nulla. Trapiantato
dal proprio villaggio in una manifattura o bottega, e da questa
bottega ad unaltra, lartigiano si familiarizzato con lidea dello
spostamento, non pu contrarre attaccamento per nessun luogo.
18

Garantito quasi dappertutto della sussistenza, deve essere visto non


come cittadino di un paese, ma come abitante del mondo.
Un simile popolo non pu dunque distinguersi a lungo per coraggio,
perch, in un popolo, il coraggio normalmente, o leffetto della
forza corporea, della fiducia cieca nelle proprie forze che cela agli
uomini la met del pericolo al quale si espongono, o leffetto di un
amore violento per la patria che gli fa disdegnare i pericoli. Ebbene, il
lusso prosciuga, alla lunga, le due sorgenti di coraggio. Forse la
cupidigia ne aprirebbe una terza, se vivessimo ancora nei secoli
barbari in cui si riduceva il popolo in schiavit, e si abbandonavano le
citt al saccheggio. Il sodato non essendo pi adesso mosso da
questo motivo, pu esserlo solo da quello che si chiama onore.
Orbene, il desiderio dellonore si raffredda in un popolo, quando
lamore per le ricchezze vi si accende. Si affermerebbe invano che le
nazioni ricche guadagnano almeno in felicit ed in piacere quello che
perdono in virt e coraggio: uno spartano non era meno felice dun
persiano, i primi romani, il cui coraggio era ricompensato con il dono
di qualche derrata, non avrebbero affatto invidiato la sorte di Crasso.
Caio Duilio, che, per ordine del senato, era ogni sera riaccompagnato
a casa con luci di fiaccole e suoni di flauti, non era meno sensibile a
questo concerto grossolano di quanto lo siamo noi per le pi brillanti
sonate. Ma, ammettendo pure che le nazioni opulente si procurino
qualche comodit ignota ai popoli poveri, chi godr di quelle
comodit? Un piccolo numero duomini privilegiati e ricchi, che,
prendendosi per la nazione intera, concludono dalla loro agiatezza
particolare che il contadino felice. Ma quantunque queste
comodit fossero ripartite tra il pi gran numero di cittadini, quanto
costa tal beneficio paragonato a quelli che procurano a popoli poveri
unanima forte, coraggiosa e nemica della schiavit? Le nazioni nelle
quali penetra il lusso sono prima o poi vittime del dispotismo:
presentano mani deboli e fragili ai ferri di cui la tirannia li vuole
caricare. Come sottrarvisi? In queste nazioni, gli uni vivono nelle
mollezze, e le mollezze non pensano e non prevedono, gli altri
languiscono nella miseria, ed il bisogno pressante, interamente
dedito a soddisfarsi, non innalza per niente lo sguardo fino alla
libert. Nella forma dispotica, le ricchezze delle nazioni
19

appartengono ai padroni, nella forma repubblicana, appartengono ai


potenti, come ai popoli coraggiosi che gli stanno vicino. Apportateci
i vostri tesori, avrebbero potuto dire i romani ai cartaginesi, essi ci
appartengono. Roma e Cartagine hanno voluto entrambe arricchirsi,
ma hanno intrapreso percorsi diversi per arrivare allo scopo. Mentre
voi incoraggiavate lindustriosit dei vostri concittadini, che creavate
manifatture, che coprivate il mare con i vostri vascelli, che andavate
a scoprire posti inabitati, e che attiravate da voi tutto loro di Spagna
e dAfrica, noi, pi prudenti, tempravamo i nostri soldati alle fatiche
della guerra, nesaltavamo il coraggio, sapevamo che lindustrioso
non lavorava che per lintrepido. Il tempo di godere arrivato:
rendeteci i beni che siete incapaci di difendere. Se i romani non
hanno utilizzato questo linguaggio, la loro condotta prova almeno
cherano affetti dai sentimenti che questo discorso presuppone.
Come la povert di Roma non avrebbe comandato alla ricchezza di
Cartagine, e conservato, a riguardo, il vantaggio che quasi tutte le
nazioni povere hanno avuto sulle nazioni opulente? Non si forse
vista la frugale Lacedemone trionfare sulla ricca e commerciante
Atene? I romani schiacciare coi piedi gli scettri doro dAsia? Non si
sono visti lEgitto, la Fenicia, Tiro, Sidone, Rodi, Genova, Venezia,
soggiogate o almeno umiliate da popoli che chiamavano barbari? E
chi sa se non vedremo un giorno la ricca Olanda, meno felice
allinterno della Svizzera, opporre ai nemici una resistenza meno
ostinata? Ecco sotto quale aspetto si presenta il lusso ai filosofi che
lhanno considerata funesta per le nazioni.
La conclusione di quello che ho appena detto, che gli uomini,
vedono bene quello che vedono, traggono conseguenze molto giuste
dai loro principi, arrivano per a risultati spesso contraddittori,
perch non hanno in memoria tutti i termini di paragone dai quali
deve risultare la verit che cercano. Einutile, penso, dire che
presentando la questione del lusso sotto due aspetti differenti, non
pretendo affatto decidere se il lusso realmente nocivo o utile agli
stati: occorrerebbe, per risolvere in maniera corretta questo
problema morale, entrare in dettagli estranei alloggetto che mi
propongo. Ho soltanto voluto provare, con questo esempio, che,
nelle questioni complicate e sulle quali si giudica senza passioni, si
20

sbaglia sempre soltanto per ignoranza, vale a dire, immaginando che


il lato che vediamo di un oggetto tutto quello che c da vedere in
questo stesso oggetto

DISCORSO 1 - CAPITOLO 4
Del cattivo uso delle parole
Unaltra causa derrore, derivante parimenti dallignoranza, il
cattivo uso delle parole, ed i concetti poco chiari che vi si
attribuiscono. Locke ha trattato in maniera cos felice
questargomento che me ne permetto lesame solo per risparmiare
lo sforzo delle ricerche ai lettori, che non hanno tutti allo stesso
modo presente in mente lopera di questo filosofo.
Descartes aveva gi detto, prima di Locke, che i peripatetici, barricati
dietro loscurit delle parole, erano alquanto simili a dei ciechi che,
per rendere la lotta pari, attirassero un uomo chiaroveggente in una
caverna buia: che questuomo, aggiunge, sappia illuminare la caverna
o che costringa i peripatetici ad attribuire concetti chiari alle parole
di cui si servono, il suo trionfo assicurato. Con Descartes e Locke,
mi accingo quindi a dimostrare che in metafisica ed in morale, il
cattivo uso delle parole e lignoranza del loro significato , se oso
dire, un labirinto in cui i pi grandi geni si sono talvolta perduti.
Prender come esempi alcune delle parole che hanno acceso le
dispute pi lunge e pi vive tra i filosofi: tali sono, in metafisica, le
parole materia, spazio ed infinito.
In ogni epoca e volta per volta si sostenuto che la materia era
sensibile o che non lo era, e sullargomento si discusso molto a
lungo e molto vagamente. Ci si decisi molto tardi a chiedersi su che
cosa si discuteva, ed a dare unidea precisa alla parola materia. Se
per prima cosa se ne fosse fissato il significato, si sarebbe
riconosciuto che gli uomini erano, se oso dire, le creature della
materia, che la materia non era un essere, che cerano in natura solo
individui ai quali era stato dato il nome di corpi, e che con la parola
materia si poteva intendere soltanto la collezione delle propriet
21

comuni a tutti i corpi. Definito in tal modo il significato della parola,


non si trattava pi che di sapere se lestensione, la solidit,
limpenetrabilit erano le uniche propriet comuni a tutti i corpi, e se
la scoperta di una forza, tale, per esempio, lattrazione, non poteva
far supporre che i corpi avessero ancora propriet sconosciute, come
la facolt di sentire, che, manifestandosi soltanto nei corpi
organizzati degli animali, poteva essere tuttavia comune a tutti gli
individui. Ridotta la questione in questi termini, si sarebbe allora
sentito che, se impossibile, a rigore, dimostrare che i corpi sono
assolutamente insensibili, qualsiasi uomo, che non , su tale
soggetto, illuminato dalla rivelazione, pu risolvere la questione
soltanto calcolando e paragonando la probabilit di questopinione
con la probabilit dellopinione contraria.
Per chiudere la
discussione, non era quindi necessario costruire differenti sistemi del
mondo, perdersi nelle combinazioni delle possibilit, e fare sforzi
mentali prodigiosi che sono approdati e hanno potuto realmente
approdare soltanto ad errori pi o meno artificiosi. In effetti (che mi
sia permesso di notarlo qui), se occorre trarre tutto il partito
possibile dallosservazione, occorre muoversi soltanto con essa,
fermarsi al momento che ci abbandona, ed avere il coraggio
dignorare quello che non si pu ancora conoscere.
Istruiti dagli errori dei grandi uomini che ci hanno preceduto,
dobbiamo sentire che le nostre osservazioni moltiplicate e messe
insieme sono appena sufficienti a formare alcuni di questi sistemi
parziali contenuti nel sistema generale, che fino ad ora quello
delluniverso stato attinto dal profondo dellimmaginazione, e che,
se non si hanno mai altro che notizie incomplete dei paesi lontani da
noi, alla stessa maniera i filosofi non hanno mai altro che notizie
incomplete del sistema del mondo. Con molto ingegno e
combinazioni, ne produrranno sempre soltanto favole, fino a che il
tempo ed il caso abbiano dato loro un fatto generale al quale tutti gli
altri possono essere rapportati.
Quello che ho detto della parola materia, lo dico dello spazio: la
maggior parte dei filosofi ne ha fatto un essere, e lignoranza del
significato di questa parola ha dato adito a lunghe discussioni.
Avrebbero potuto abbreviarle se avessero attribuito unidea chiara a
22

questa parola: avrebbero allora convenuto che lo spazio, considerato


astrattamente, il puro nulla, che lo spazio, considerato nei corpi,
ci che si chiama estensione; che dobbiamo lidea di vuoto, che
costituisce in parte lidea di spazio, allappercezione dellintervallo
tra due alte montagne. Tale intervallo, essendo occupato soltanto
dallaria, vale a dire da un corpo che da una certa distanza non fa su
noi alcuna impressione sensibile, ha dovuto darci unidea del vuoto,
che non altra cosa se non la possibilit di rappresentarci montagne
lontane le une dalle altre, senza che la distanza che le separa sia
riempita da alcun corpo.
Riguardo allidea dinfinito, contenuta ancora nellidea di spazio, dico
che la dobbiamo soltanto al potere che ha un uomo che si trovi in
una spianata di arretrarne sempre i limiti, senza che si possa, a tal
proposito, fissare il termine al quale la sua immaginazione debba
fermarsi: lassenza di limiti dunque, in qualsiasi campo, lunica idea
che possiamo avere dellinfinito. Se i filosofi, prima di emettere
opinioni in merito a questargomento, avessero definito il significato
della parola infinito, credo che, costretti a adottare la definizione qui
sopra, non avrebbero perso tempo in dispute frivoli. E alla falsa
filosofia dei secoli precedenti che si deve principalmente attribuire
lignoranza grossolana nella quale siamo del vero significato delle
parole: questa filosofia consisteva quasi interamente nellarte
dabusarne. Questarte, che rappresentava lintera scienza degli
scolastici, confondeva le idee, ed il buio che gettava su qualsiasi
espressione si estendeva generalmente a tutte le scienze e
principalmente alla morale. Allorch il celebre De La Rochefoucault
disse che lamor proprio il principio di ogni nostra azione, quanto
lignoranza del vero significato della parola amor proprio non sollev
gente contro lillustre autore. Si prese amor proprio per orgoglio e
vanit, e ci simmagin, di conseguenza, che De La Rochefoucault
poneva nel vizio la fonte di ogni virt. Era tuttavia facile avere
lappercezione che amor proprio, o amore di s, non era altro che un
sentimento impresso in noi dalla natura, che questo sentimento si
trasformava in ogni uomo in vizio o in virt, secondo i gusti e le
passioni che lanimavano, e che lamor proprio, modificato in
maniera diversa, produceva in ugual modo lorgoglio e la modestia.
23

La conoscenza di queste idee avrebbe preservato De La


Rochefoucault dal rimprovero tanto ribadito di vedere lumanit
troppo in nero; egli lha conosciuta tal qual . Convengo che veder
chiaramente lindifferenza di quasi tutti gli uomini verso di noi uno
spettacolo amareggiante per la nostra vanit, ma, infine, bisogna
prendere gli uomini come sono: irritarsi contro gli effetti dellamor
proprio, come lamentarsi dei rovesci di primavera, degli ardori
estivi, delle piogge dellautunno, e del ghiaccio dellinverno.
Per amare gli uomini, bisogna aspettarsene poco: per vederne i
difetti senza acredine, bisogna abituarsi a perdonarglieli, sentire che
lindulgenza una giustizia che la debole umanit in diritto
desigere dalla saggezza. Ora, niente pi adatto a disporci
allindulgenza, a chiudere i nostri cuori allodio, ad aprirli ai principi
duna morale umana e dolce, della conoscenza profonda del cuore
umano come laveva De La Rochefoucault: cosicch gli uomini pi
illuminati sono quasi sempre stati i pi indulgenti. Quante massime
piene dumanit sparse nelle loro opere! Vivete, diceva Platone, con i
vostri inferiori ed i vostri domestici come con amici sfortunati.
Sentir sempre, diceva un filosofo indiano, i ricchi gridare, Signore,
colpisci chiunque ci rubi la minima particella dei nostri beni, mentre,
con voce piagnucolosa e mani stese al cielo, il povero dice, Signore,
fammi partecipe dei beni che prodighi ai ricchi, e se qualcheduno pi
miserabile me ne leva una parte, non implorer la tua vendetta, e
considerer questi ladrocini con locchio con cui, al tempo delle
semine, si considerano le colombe gettarsi qua e l nei campi per
cercarvi cibo. Del resto, se la parola amor proprio, mal intesa, ha
sollevato tanta gente gretta contro De La Rochefoucault, quali
dispute, ancora pi serie, non ha provocato la parola libert? Dispute
che sarebbero finite facilmente, se tutti gli uomini, amici della verit
come il p (?) [parola incompleta nel testo francese] Mallebranche,
avessero convenuto, con questo valente teologo, nella sua
premozione fisica3, che la libert era un mistero. Quando mi si
spinge su questargomento, diceva, sono costretto a fermarmi tout
court. Non che non sia possibile farsi undea chiara della parola
Nicolas Malebranche (1638-1715) Rflexions sur la prmotion physique
(Riflessioni sulla premozione fisica) - Parigi 1715. (ndt)
3

24

libert, presa nel significato comune. Luomo libero luomo che non
incatenato, n detenuto nelle prigioni, n intimidito, come lo
schiavo, dalla paura dei castighi. In tal senso, la libert delluomo
consiste nel libero esercizio della sua potenza: dico della sua
potenza, poich sarebbe ridicolo prendere per una non-libert
limpotenza in cui siamo di trapassare le nuvole come laquila, di
vivere sotto le acque come la balena, di farci re, papa o imperatore.
Si ha dunque unidea chiara della parola libert, presa nel significato
comune. Non cos quando si applica la parola libert alla volont.
Che sarebbe allora la libert? Si potrebbe intendere, con questa
parola, soltanto il potere libero di volere o di non volere una cosa,
ma tale potere supporrebbe che ci possa essere volont di volere o di
non volere una cosa; tale potere, per, supporrebbe che ci possa
essere volont senza motivo, e di conseguenza effetti senza cause.
Sarebbe necessario allora che potessimo volerci bene e male:
supposizione assolutamente impossibile. In effetti, se il desiderio del
piacere il principio di ogni nostro pensiero ed azione, se tutti gli
uomini tendono continuamente verso la felicit reale o apparente,
ogni nostra volont non allora che leffetto di questa tendenza. In
tal senso, non si pu quindi attribuire nessuna idea chiara alla parola
libert. Ma, si dir, se siamo costretti ad inseguire la felicit
dappertutto dove la percepiamo, siamo almeno liberi sulla scelta dei
mezzi che utilizziamo per renderci felici? Si, risponder: ma libero
non allora che un sinonimo dilluminato, e non si fa che confondere
queste due nozioni. Secondo che un uomo conoscer pi o meno
procedure e giurisprudenza, che sar guidato negli affari da un
avvocato pi o meno abile, prender un partito migliore o meno
buono, ma qualsiasi partito prenda, il desiderio della propria felicit
gli far sempre scegliere il partito che gli apparir pi adeguato ai
suoi interessi, ai suoi gusti, alle sue passioni, ed infine a ci che
considera come la propria felicit.
Come si potrebbe spiegare filosoficamente il problema della libert?
Se, come Locke ha dimostrato, siamo discepoli degli amici, dei
parenti, delle letture, ed infine di tutti gli oggetti che ci circondano,
occorre che tutti i nostri pensieri e le nostre volont siano effetti
immediati o conseguenze necessarie delle impressioni che abbiamo
25

ricevute[ p. 38]. Non ci si pu dunque formare alcuna idea della


parola libert, applicata alla volont; bisogna considerarla come un
mistero, esclamare come san Paolo, o altitudo![sic!] Convenire che
solo la teologia pu discutere su una materia simile e che un trattato
filosofico della libert sarebbe soltanto un trattato degli effetti senza
causa.
Si vede quale eterno germe di dispute e di calamit contiene spesso
lignoranza del vero significato delle parole. Senza parlare del sangue
versato dallodio e le dispute teologiche, dispute quasi tutte fondate
su un cattivo uso di parole, quali altre disgrazie ancora non ha
prodotto questignoranza, e in quali errori non ha gettato le nazioni?
Gli errori sono pi numerosi di quello che si pensa. E noto il racconto
dello svizzero ch'era stato messo a guardia di una porta delle
tuileries, con divieto di lasciarvi entrare chiunque. Un borghese vi si
presenta: Non si entra, gli dice lo svizzero. Allora, risponde il
borghese, non voglio affatto entrare, ma soltanto uscire dal Pontroyal Ah! Se si tratta duscire, signore, riprende lo svizzero,
potete passare. Chi lo crederebbe? Questo racconto la storia del
popolo romano. Cesare si presenta nella piazza pubblica, vuole farvisi
incoronare, ed i romani, senza aver attribuito idee precise alla parola
regalit, gli accordano, con il nome dimperatore, la potenza che gli
rifiutano con il nome di rex [sic!]. Quello che dico dei romani pu
generalmente essere applicato ai governi ed i consigli dei principi.
Tra i popoli, come tra i sovrani, non c nessuno che non sia cascato
in qualche errore grossolano per il cattivo uso delle parole. Per
sfuggire a questa trappola, occorrerebbe, secondo il consiglio di
Leibnitz, creare una lingua filosofica, nella quale si definirebbe il
significato preciso di ciascuna parola. Gli uomini allora potrebbero
intendersi, trasmettersi idee. Le dispute, perpetuate dal cattivo uso
delle parole, finirebbero; e gli uomini sarebbero ben presto costretti
a adottare gli stessi principi in ogni scienza.
Ma, lattuazione di un progetto cos utile e cos auspicabile forse
impossibile. Non ai filosofi, ma al bisogno che si deve linvenzione
delle lingue; ed il bisogno, in questo caso, non difficile da
soddisfare. Di conseguenza, si innanzitutto attribuito qualche falsa
26

idea a delle parole, poi si sono combinate, comparate fra loro idee e
parole: ogni nuova combinazione ha prodotto un nuovo errore,
questi si sono moltiplicati e, moltiplicandosi, si sono talmente
complicati che sarebbe adesso impossibile, senza fatica e lavoro
interminabile, seguirne e scoprirne la sorgente. Succede con le lingue
come col calcolo algebrico: vi sinsinuano inizialmente degli errori,
che non sono avvertiti, si procede quindi secondo i primi calcoli, e di
proposizione in proposizione, si arriva a conseguenze
completamente ridicole. Se ne avverte lassurdit: ma come ritrovare
il posto dove si inserito il primo errore? A tale effetto,
bisognerebbe rifare e riverificare un gran numero di calcoli,
sfortunatamente c poca gente in grado di farlo ed ancora meno
sono quelli che lo vogliono, soprattutto quando linteresse degli
uomini potenti si oppone alla verifica.
Ho mostrato le vere cause dei falsi giudizi; ho fatto vedere che tutti
gli errori della mente hanno origine o nelle passioni o nellignoranza,
sia di certi fatti, sia del vero significato di alcune parole. Lerrore non
dunque essenzialmente legato alla natura dello spirito umano; i
nostri falsi giudizi sono leffetto di cause accidentali che non
presuppongono in noi una facolt di giudicare distinta dalla facolt di
sentire. Lerrore non quindi che un incidente, da cui segue che tutti
gli uomini hanno essenzialmente la giusta facolt dintendere.
Una volta ammessi questi principi, nulla mi vieta adesso daffermare,
che giudicare, come ho gi dimostrato, non altro che sentire. La
conclusione generale di questo discorso, che lo spirito pu essere
considerato o come la facolt produttrice dei nostri pensieri, e lo
spirito, in tal senso, non altro che sensibilit e memoria, o pu
essere visto come un effetto di queste stesse facolt; e in questo
secondo significato, lo spirito non che un assemblaggio di pensieri,
e pu suddividersi in ogni uomo in tante parti quante questi ha
didee.
Ecco i due aspetti sotto i quali si presenta lo spirito considerato in se
stesso: esaminiamolo adesso in rapporto alla societ. [trad. Franco
Virzo]
27

DISCORSO 2 - CAPITOLO 1
Dello spirito in rapporto alla societ.
La scienza non che il ricordo o dei fatti o delle idee altrui: lo spirito
[qui sta per intelletto, ndt], distinto dalla scienza, quindi lunione
didee nuove qualsiasi.
Questa definizione dello spirito anche molto istruttiva per il
filosofo, ma non pu essere adottata in maniera generale: per il
pubblico occorre una definizione che lo metta in grado di
confrontare i diversi spiriti tra loro e di valutarne la forza e la
grandezza. Ora, se si adottasse la definizione che ho appena dato, in
che modo il pubblico potrebbe valutare lo spirito di un uomo? Chi gli
darebbe una lista precisa delle idee di quelluomo? E come
distinguere in lui scienza da intelletto? Supponiamo che io reclami la
scoperta di unidea gi conosciuta; per sapere se io meriti realmente
al riguardo il titolo di secondo inventore, occorrerebbe che il
28

pubblico, sapesse in via preliminare quello che ho letto, visto e


sentito: conoscenza che non vuole e non pu acquisire. Daltronde,
nellipotesi impossibile che il pubblico potesse avere
unenumerazione esatta della quantit e del genere delle idee di un
uomo, sostengo che per effetto di detta enumerazione, il pubblico
sarebbe spesso costretto a porre nel rango dei geni, uomini ai quali
non supponeva nemmeno che si potesse accordare il titolo duomini
dingegno [desprit]: tali sono in generale gli artisti.
Per quanto frivola possa apparire unarte, essa nondimeno
suscettibile dinfinite combinazioni. Quando Marcel4, con la mano
appoggiata alla fronte, locchio fisso, il corpo immobile, ed in
atteggiamento di profonda meditazione, esclam improvvisamente,
vedendo danzare una sua allieva: Quante cose in un minuetto!
certo che in quel momento il ballerino, dalla maniera di piegare,
esaltare e cadenzare i passi, percepiva chiaramente segni dabilit
invisibili agli occhi normali, e che la sua esclamazione era grottesca
solo per la troppo grande importanza data a piccoli dettagli. Ora, se
larte della danza racchiude un grandissimo numero dide e di
combinazioni, chi pu dire se larte oratoria non presuppone,
nellattrice che vi eccelle, altrettante idee che ne utilizza un politico
per formare un sistema di governo? Chi pu garantire, quando si
consultano le nostre brave cronache, che, nei gesti, lornamento ed i
discorsi studiati di una perfetta civettuola, non entrano altrettante
combinazioni ed idee che nesige la scoperta di qualche sistema del
mondo, e che in campi molto diversi, la Le Couvreur e Ninon De
LEnclos5 non abbiano avuto altrettanto ingegno [esprit] dAriosto e
Solone?

Franois-Robert Marcel (?- 1759) Ballerino francese membro


dellAcadmie royale de Danse di Parigi, maestro rinomato di minuetto
(ndt.).
La Le Couvreur la celebre Adriana Lecouvreur (1692-1730), considerata la
pi grande attrice dei suoi tempi, ed amante di Voltaire. Tenne un salotto a
Parigi frequentato dai pi bei nomi del momento 5

29

Non pretendo di dimostrare in maniera rigorosa la verit di questa


proposizione, ma far soltanto capire che, per quanto possa sembrare
ridicola, non c tuttavia nessuno in grado di risolverla in maniera
ineccepibile. Troppo spesso vittime della nostra ignoranza,
prendiamo per limiti di unarte quelli che la stessa ignoranza gli
attribuisce, ma supponiamo che si fosse arrivati, a tal proposito, a
disingannare il pubblico, affermo che illuminandolo non si
cambierebbe nulla nel suo modo di giudicare. Esso non baser mai la
valutazione di unarte soltanto sul numero pi o meno grande di
combinazioni necessarie per riuscirvi: 1) perch lenumerazione n
impossibile da realizzare, 2) perch deve considerare lingegno
[esprit] solo dal punto di vista sotto il quale importante conoscerlo,
vale a dire, in rapporto alla societ. Ora, sotto questaspetto,
sostengo che lingegno [esprit] non che un insieme, pi o meno
consistente, non soltanto didee nuove, ma per di pi didee
interessanti per il pubblico, e che meno al numero e alla finezza,
che alla scelta felice delle nostre idee, che stata legata la
reputazione di genio. In effetti, se le combinazioni del gioco degli
scacchi sono infinite, se vi si pu eccellere senza farne un gran
numero, perch il pubblico non d ai grandi giocatori di scacchi il
titolo di grandi ingegni? Il fatto che le loro idee non gli sono utili n
perch gradite n perch istruttive e che di conseguenza non ha
alcun interesse ad apprezzarle: pertanto, linteresse presiede ogni
nostro giudizio. Se il pubblico ha tenuto sempre in poco conto gli
errori la cui invenzione presuppone talvolta pi combinazioni ed
ingegno della scoperta di una verit, e se stima pi Locke che
Mallebranche, che misura sempre la propria valutazione col
proprio interesse. Con quale altra bilancia potrebbe pesare il merito
delle idee degli uomini? Ciascun privato valuta le cose e le persone
dallimpressione gradevole o sgradevole che ne riceve: il pubblico
Anne, detta Ninon de Lenclos (1616-1705), enfant prodige come
suonatrice di liuto, plurilingue, tenne anchessa un salotto a Parigi
frequentato dalle pi note personalit, ed ebbe numerosissimi amanti
(sembra fino a 70 anni), tanto da essere chiamata Notre Dame degli
Amori. Conobbe poco prima di morire Voltaire al quale releg la somma di
1000 franchi per acquisto di libri. (ndt.)

30

non che linsieme dei privati, non pu quindi mai prendere altro
che la propria utilit come regola delle proprie valutazioni.
Il punto di vista, sotto il quale esamino lintelletto [esprit], , credo,
lunico sotto il quale deve essere considerato. lunico modo
dapprezzare il merito di ciascunidea, di fissare su questo punto
lincertezza dei nostri giudizi, e di scoprire infine la causa della
stupefacente diversit delle opinioni degli uomini in materia
dintelletto [esprit]; diversit assolutamente dipendente dalla
differenza delle passioni, delle idee, dei pregiudizi, dei sentimenti, e
di conseguenza degli interessi.
Sarebbe, in effetti, abbastanza singolare che linteresse generale
avesse messo un prezzo alle differenti azioni degli uomini, che le
avesse chiamate virtuose, viziose o permesse, secondo che fossero
state utili, nocive o indifferenti al pubblico, e che questo stesso
interesse non fosse stato lunico distributore della stima o del
disprezzo legato alle idee degli uomini.
Le idee, come le azioni, possono essere catalogate in tre classi
differenti.
Le idee utili: e prendendo questespressione nel senso pi lato,
intendo, con questa parola, ogni idea propria ad istruirci e divertirci.
Le idee nocive: sono quelle che fanno su di noi leffetto contrario. Le
idee indifferenti: voglio dire tutte quelle che, poco gradevoli in se
stesse o diventate troppo familiari, non fanno su di noi quasi alcun
effetto. Ora, simili idee hanno breve esistenza, e, per cos dire,
possono portare solo un istante il nome dindifferenti: la durata o la
successione, che le rende noiose, le fa presto rientrare nella classe
delle idee nocive.
Per far capire quanto questa maniera di considerare lintelletto
[esprit] sia piena di verit, applicher successivamente i principi che
stabilisco, alle azioni ed alle idee degli uomini, e prover che in ogni
tempo, in ogni luogo, tanto in campo morale che in
quellintellettuale, linteresse personale che detta il giudizio dei
singoli, e linteresse generale che detta quello delle nazioni: che cos
31

sempre, da parte del pubblico come da parte dei privati, lamore o


la riconoscenza che loda, lodio o la vendetta che disprezza.
Per dimostrare questa verit, e far capire lesatta e perpetua
rassomiglianza delle nostre maniere di giudicare, sia le azioni, sia le
idee degli uomini, considerer la probit e lo spirito a diversi livelli, e
relativamente, 1) ad un singolo, 2) ad una piccola societ, 3) ad una
nazione, 4) ai diversi secoli e i differenti paesi, 5) alluniverso intero:
e prendendo sempre lesperienza come guida delle mie ricerche,
mostrer che, sotto ciascuno di questi punti di vista, linteresse
lunico giudice della probit e dello spirito. [traduzione Franco Virzo]

DISCORSO 2 - CAPITOLO 2
Della probit, in rapporto ad un privato.
Largomento trattato in questo capitolo non quello della vera
probit in senso stretto, vale a dire, della probit in rapporto al
pubblico, ma semplicemente della probit considerata relativamente
a ciascun privato. Sotto questo punto di vista, affermo che un privato
chiama probit, negli altri, soltanto labitudine delle azioni che gli
sono utili: dico abitudine, perch non una sola azione onesta, non
pi di una sola idea ingegnosa, che ci fa avere la qualifica di virtuoso
o di genio. E risaputo che non c avaro che non si sia mostrato
almeno una volta generoso, generoso che non sia stato almeno una
volta avaro, briccone che non abbia compiuto una buonazione,
stupido che non abbia detto una buona parola, ed uomo infine che,
se si raffrontano alcune azioni della sua vita, non appaia dotato
dogni virt e di tutti i vizi contrari. Maggiore coerenza nella
condotta degli uomini supporrebbe in loro una continuit
dattenzione di cui sono incapaci: differiscono solo di poco gli uni
dagli altri. Luomo assolutamente coerente non esiste ancora, ed la
ragione per cui non c nulla di perfetto sulla terra, n nel vizio, n
nella virt.
32

E quindi allabitudine delle azioni che gli sono utili che un privato
assegna il nome di probit. Dico delle azioni, perch non si per
niente giudici delle intenzioni. Come si potrebbe esserlo? Unazione
non quasi mai leffetto di un sentimento: ignoriamo spesso noi
stessi i motivi che ci spingono. Un uomo opulento rende ricco un
uomo apprezzabile e povero: fa senza dubbio una buona azione, ma
si tratta solamente delleffetto del desiderio di fare qualcuno felice?
La piet, la speranza della riconoscenza, la vanit stessa, tutti questi
diversi motivi, separati o messi insieme, non possono, a sua insaputa,
averlo indotto a questazione lodevole? Ora, il pi delle volte
ignoriamo noi stessi i motivi delle nostre buone azioni, come
potrebbe il pubblico percepirle chiaramente? E quindi soltanto
attraverso le azioni degli uomini che il privato pu giudicarne la
probit.

Convengo che questa maniera di valutare ancora fallace. Un uomo


ha, per esempio, venti gradi di passione per la virt, ma
innamorato, ha trenta gradi damore per una donna, e questa ne
vuole fare un assassino: in tale ipotesi, certo che questuomo pi
vicino al crimine di quello che, avendo solo dieci gradi di passione per
la virt, non avr che cinque gradi damore per la cattiva donna. Da
cui concludo che, di due uomini, il pi onesto nelle azioni talvolta il
meno fervente per la virt. Sicch, qualsiasi filosofo conviene che la
virt degli uomini dipende infinitamente dalle circostanze nelle quali
vengono a trovarsi. Troppo spesso si sono visti uomini virtuosi cedere
ad una successione infausta davvenimenti sorprendenti. Colui che,
in tutte le situazioni possibili, risponde della sua virt, un impostore
o un imbecille di cui bisogna ugualmente diffidare.
Dopo aver definito lidea che attribuisco alla parola probit,
considerata in rapporto al privato, occorre, per assicurarsi della
correttezza della definizione, far ricorso allosservazione, la quale
cinsegna che ci sono uomini ai quali una fortunata disposizione
naturale, un desiderio vivo di gloria e di reputazione, ispirano per la
giustizia e la virt, lo stesso amore che gli uomini hanno
comunemente per le grandezze e le ricchezze. Le azioni
33

personalmente utili a tali uomini virtuosi sono le azioni giuste,


conformi allinteresse generale, o che almeno non gli sono contrarie.
Questi uomini sono in cos piccolo numero, che li menziono qui solo
in onore dellumanit. La classe pi numerosa, e che compone da
sola tutto il genere umano, quella in cui gli uomini, unicamente
attenti ai loro interessi, non hanno mai portato lo sguardo
allinteresse generale. Concentrati, per cos dire, sul proprio
benessere, questi uomini assegnano il nome donest solo alle azioni
che gli sono personalmente utili. Un giudice assolve un colpevole, un
ministro innalza agli onori un soggetto indegno: luno e laltro sono
sempre giusti, al dire dei loro protetti, mentre il giudice che punisce
ed il ministro che rifiuta, saranno sempre ingiusti agli occhi del
criminale e del disgraziato.
Se i monaci, incaricati, sotto la prima dinastia, di scrivere la vita dei
nostri re, non tramandarono che la vita dei loro benefattori, se
designarono gli altri regni solo con le parole nihil fecit, e se hanno
dato il nome di re fannulloni a principi molto apprezzabili, che un
monaco un uomo. E che ogni uomo, nei suoi giudizi, prende
consiglio solo dal proprio interesse. I cristiani, che davano
giustamente il nome di barbarie e di crimine alle crudelt che
esercitavano su di loro i pagani, non diedero forse il nome di zelo alle
crudelt che esercitarono a loro volta sugli stessi pagani? Che si
osservino gli uomini, si vedr che non c crimine che non sia messo
nel rango delle azioni oneste dalle societ alle quali questo crimine
utile, n azione utile al pubblico che non sia biasimata da qualche
societ particolare per chi la stessa azione nociva.
Quale uomo, in effetti, se sacrifica lorgoglio di dirsi pi virtuoso degli
altri allorgoglio di esser pi vero, e se sonda, con attenzione
scrupolosa, tutte le pieghe della sua anima, non percepir
chiaramente che soltanto alla maniera differente con cui linteresse
personale si modifica, che si debbono i propri vizi e le proprie virt?
Che tutti gli uomini sono mossi dalla stessa forza? Che tutti tendono
ugualmente alla loro felicit? Che la diversit di passioni e di
preferenze, di cui alcune sono conformi ed altre contrarie
allinteresse pubblico, che decide delle nostre virt e dei nostri vizi?
Senza disprezzare il vizioso, bisogna compiangerlo, felicitarsi della
34

propria natura fortunata, ringraziare il cielo non di averci dato


inclinazioni e passioni, che ci avessero costretti a cercare la nostra
felicit nelle disgrazie altrui. Poich alla fine si ubbidisce sempre al
proprio interesse; e da qui la parzialit dei nostri giudizi, lappellativo
di giusto ed ingiusto conferito alla stessa azione, relativamente al
vantaggio o allo svantaggio che ciascuno riceve. Se luniverso fisico
sottomesso alle leggi del movimento, luniverso morale non lo di
meno a quello dellinteresse. Linteresse , sulla terra, il potente
incantatore che cambia agli occhi di ogni creatura la forma degli
oggetti. La pecora pacifica, che pascola nelle nostre pianure, non
forse oggetto di spavento e dorrore per i minuscoli insetti che
vivono nello spessore delle foglie derba? Fuggiamo questanimale
vorace e crudele, direbbero, questo mostro, la cui gola inghiotte uno
per volta noi e le nostre citt. Perch non prende esempio dal leone
e dalla tigre? Questi animali non distruggono le nostre abitazioni,
non si nutrono del nostro sangue, giusti vendicatori del crimine,
puniscono la pecora per le crudelt che essa perpetra su di noi. E
cos che interessi differenti trasformano gli oggetti: il leone ai nostri
occhi lanimale crudele, a quelli degli insetti, la pecora. Sicch si
pu applicare alluniverso morale quello che Leibenitz diceva
delluniverso fisico: che questo mondo sempre in movimento, offre
ad ogni istante un fenomeno nuovo e differente a ciascuno dei suoi
abitanti. Questo principio cos conforme allesperienza, che, senza
intraprendere unanalisi pi ampia, mi credo in diritto di concludere
che linteresse personale lunica ed universale misura del merito
delle azioni degli uomini, e che cos la probit, in rapporto ad un
privato, non , conformemente alla mia definizione, che labitudine
delle azioni personalmente utili a quel privato.

DISCORSO 2 - CAPITOLO 3
Dello spirito in rapporto ad un privato.
Trasferiamo adesso alle idee i principi che ho appena applicato alle
azioni: si sar portati ad ammettere che ciascun privato d il nome di
spirito soltanto allabitudine delle idee che gli sono utili, sia perch
35

istruttive, sia perch gradite, e che a questo nuovo proposito,


linteresse personale ancora lunico giudice del merito degli uomini.
Qualsiasi idea che ci presentata ha sempre qualche rapporto con il
nostro stato, le nostre passioni o le nostre opinioni. Ora, in tutti
questi differenti casi, noi apprezziamo tanto pi unidea quanto pi
questidea ci utile. Il pilota, il medico e lingegnere avranno pi
stima per il costruttore di vascelli, il botanico ed il meccanico che non
ne avranno per questi stessi uomini, il libraio, lorafo e il muratore,
che gli preferiranno sempre il romanziere, il disegnatore e
larchitetto. Quando si tratter didee atte a combattere o a favorire
le nostre passioni o le nostre preferenze, le pi apprezzabili ai nostri
occhi saranno, innegabilmente, le idee che lusingheranno quelle
stesse passioni o quelle stesse preferenze. Una donna terr pi in
considerazione un romanzo che non un libro di metafisica, un uomo
quale Carlo XII preferir la storia dAlessandro a qualsiasi altra opera,
lavaro trover certamente qualit soltanto in coloro che gli
indicheranno il mezzo di piazzare il proprio denaro allinteresse
maggiore.
In fatti dopinioni, come in fatti di passioni, per apprezzare le idee
altrui, bisogna essere interessati ad apprezzarle; sul che osserver
che a questultimo proposito gli uomini possono essere mossi da due
specie dinteresse.
Ci sono uomini animati da orgoglio nobile e illuminato, che, amanti
del vero, legati al loro sentimento senzostinazione, conservano lo
spirito in questo stato di sospensione che lascia unentrata libera alle
nuove verit: a questo novero, appartengono qualche spirito
filosofico e qualche persona troppo giovane per essersi formata
opinioni e vergognarsi di cambiarle. Queste due categorie duomini
apprezzeranno sempre, negli altri, le idee vere, brillanti, e atte a
soddisfare la passione che lorgoglio illuminato d loro per il vero. Ci
sono altri uomini, e, in questo novero, li comprendo quasi tutti, che
sono animati da unambizione meno nobile; questi possono
apprezzare negli altri soltanto idee conformi alle loro ed atte a
giustificare lalta opinione che hanno tutti della giustezza del proprio
intelletto [esprit]. E su questanalogia didee che sono fondati il loro
36

odio o il loro amore. Da qui listinto sicuro e pronto che hanno quasi
tutte le persone mediocri nel riconoscere ed evitare le persone
meritevoli. Da qui lattrazione potente che gli uomini dingegno
hanno gli uni per gli altri, attrazione che li costringe, per cos dire, a
ricercarsi, nonostante il pericolo costituito spesso nei loro rapporti
dal comune desiderio di gloria che hanno. Da qui la maniera sicura di
giudicare del carattere e della natura [esprit] di un uomo dalla scelta
di libri e damici: uno sciocco, in effetti, ha sempre soltanto amici
sciocchi. Qualsiasi legame damicizia, quando non fondato su un
interesse donest, damore, di protezione, davarizia, dambizione, o
su qualche altro motivo simile, suppone sempre una corrispondenza
didee o di sentimenti tra due uomini. Questo ci che unisce gente
di condizione molto differente; ecco perch gli Agusto, i Mecenate,
gli Scipione, i Giulio, i Richelieu ed i Cond vivevano familiarmente
con gente di cultura [esprit], e quello che ha generato il proverbio la
cui banalit prova di verit: dimmi con chi vai, ti dir chi sei.
Lanalogia o la conformit delle idee e delle opinioni, deve dunque
essere considerata come la forza attrattiva e repulsiva che allontana
o avvicinagli uomini gli uni agli altri.
Che si conduca a Costantinopoli un filosofo, che, non essendo per
nulla illuminato dalla luce della rivelazione, pu soltanto seguire i
lumi della ragione. Che questo filosofo neghi la missione di
Maometto, le visioni ed i pretesi miracoli del profeta. Chi pu allora
dubitare che quelli che sono chiamati buoni mussulmani non
allontanino quel filosofo, e non lo guardino con orrore, e non lo
trattino da pazzo, dempio e talvolta anche duomo disonesto? In
vano questi direbbe che, in una simile religione, assurdo credere ai
miracoli di cui non si personalmente testimoni, e che, se c pi da
scommettere su una bugia che su un miracolo, crederlo troppo
facilmente, credere meno in Dio che negli impostori. In vano
mostrerebbe che, se Dio avesse voluto annunciare la missione di
Maometto, non avrebbe per nulla fatto prodigi ridicoli agli occhi della
ragione meno preparata. Qualsiasi ragione della sua incredulit
adducesse il filosofo, non otterrebbe mai la reputazione di saggio e
donesto tra i buoni mussulmani, se non diventando abbastanza
imbecille per credere cose assurde, o abbastanza falso per fingere di
37

crederle. Tanto vero che gli uomini giudicano le opinioni degli altri
soltanto dalla conformit che queste hanno con le loro. Sicch non si
persuadono mai gli sciocchi se non con sciocchezze.
Se il selvaggio del Canada ci preferisce agli altri popoli dEuropa,
che accettiamo di pi i suoi costumi, il suo stile di vita ed a questa
compiacenza che dobbiamo il magnifico elogio che crede di fare di
un francese, quando dice: un uomo come me. In fatto di costumi,
dopinioni e didee, sembrerebbe quindi che sempre se stessi che si
apprezza negli altri ed la ragione per la quale i Cesare, gli
Alessandro, e generalmente tutti i grandi uomini, hanno sempre
avuto altri grandi uomini ai loro ordini. Un principe abile, prende in
mano lo scettro: appena salito al trono, che tutti i posti si trovano
occupati da uomini superiori. Il principe non li ha messi insieme,
sembra anche che li abbia addirittura presi a caso, ma, portato a
stimarne ed elevarne ai primi posti soltanto uomini il cui spirito sia
conforme al suo, far necessariamente sempre buone scelte, per
questa ragione. Un principe, al contrario, poco illuminato: portato,
per questa stessa ragione, ad attorniarsi di gente che gli
rassomigliano, far obbligatoriamente quasi sempre cattive scelte. E
la corte di simili principi che ha fatto spesso avvicendare sciocco a
sciocco nei posti pi importanti per parecchi secoli. Cosicch i popoli,
che non possono conoscere personalmente il loro maestro, lo
giudicano soltanto dal talento degli uomini di cui si avvale e sulla
stima che ha per la gente meritevole. Sotto un monarca stupido,
diceva la regina Cristina, tutta la corte o lo o lo diventa. Ma, si dir,
si vedono talvolta uomini ammirare, negli altri, idee che non
avrebbero mai avute, e che addirittura non hanno alcuna analogia
con le loro. E nota la frase di un cardinale. Dopo la nomina a papa, il
cardinale savvicina al santo padre e gli dice: Eccovi eletto papa,
lultima volta che sentirete la verit, sedotto dalle attenzioni, vi
crederete ben presto un grande uomo, ricordatevi che prima della
vostra esaltazione eravate solo un ignorante ed un ostinato. Addio,
mi predispongo a adorarvi.
Pochi cortigiani senza dubbio sono dotati dello spirito e del coraggio
necessari per tenere un siffatto discorso, ma la maggior parte di loro,
simile ai popoli che volta per volta adorano e fustigano il loro idolo,
38

sono affascinati in segreto nel vedere umiliare il padrone al quale


sono sottomessi. La vendetta gli ispira lelogio che fanno di simili
figure, e la vendetta un interesse. Colui che non per nulla
animato da un interesse di questa sorta, non apprezza e addirittura
non percepisce che le idee conformi alle proprie: perci la bacchetta,
atta a scoprire un merito nascente e sconosciuto, sta e deve
realmente stare soltanto tra le mani della gente competente, perch
non c che il gioielliere che sia esperto in diamanti grezzi, e lo spirito
che capisce lo spirito. Era solo locchio di un Turenne che poteva
scorgere, nel giovane Curchill, il famoso Marlborough6.
Qualsiasi idea troppo estranea alla nostra maniera di vedere e di
sentire ci sembra sempre ridicola. Lo stesso progetto, che bench
vasto e grande, apparir ci nondimeno desecuzione facile al gran
ministro, sar giudicato, da un ministro mediocre, pazzo, insensato, e
il progetto, per servirmi della frase usuale tra gli sciocchi, sar
rinviato alla repubblica di Platone. Ecco la ragione per la quale, in
certi paesi, in cui le menti, irritate dalla superstizione, sono pigre e
poco capaci di grandi imprese, si crede coprire un uomo del pi gran
ridicolo, quando gli si dice: E un uomo che vuole riformare lo
stato. Ridicolo che, agli occhi degli stranieri, povert, spopolamento
dei paesi, e di conseguenza necessit duna riforma, fa ricadere sui
burloni. Ce ne sono di popoli e di spiritosi gregari che credono di
disonorare un uomo, quando dicono di lui, con tono scioccamente
furbo: un romano, una mente [esprit]. Scherno che ricondotto al
senso preciso, dice soltanto che questuomo non gli rassomiglia per
niente, vale a dire, che non n sciocco, n briccone. Quante
ammissioni imbecilli e frasi assurde non sente nelle conversazioni,
uno spirito attento, le quali ridotte al loro significato esatto,
stupirebbero molto quelli che le utilizzano? Pertanto, luomo di
merito deve essere indifferente alla stima come al disprezzo del
privato, di cui lelogio o la critica non significano nulla, se non che
quelluomo pensa o non pensa come lui. Potrei ancora, con
Henri de la Tour dAuvergne, visconte di Turenne (1611-1675), condottiero
della guerra dei trentanni e della Fronda- John Churchill (1650-1722),
generale e statista inglese, ottenne il titolo di Primo Duca di Marlborough.
(ndt)
6

39

uninfinit di altri fatti, provare che apprezziamo sempre soltanto le


idee conformi alle nostre, ma, per costatare questa verit, occorre
basarla su prove di puro ragionamento.

Discorso 2 - Capitolo 4
Della necessit nella quale ci troviamo di non apprezzare che noi
negli altri
Due cause ugualmente potenti vi ci decidono: una la vanit, e
laltra la pigrizia. Dico vanit, perch il desiderio di stima comune
ad ogni uomo; non che qualcuno tra loro non voglia aggiungere, al
piacere dessere ammirati, il merito di disprezzare lammirazione; ma
questo disprezzo non vero, e mai lammiratore stupido agli occhi
dellammirato: ora, se ogni uomo avido di stima, ciascuno di loro,
istruito dallesperienza che le sue idee non appariranno stimabili o
disprezzabile agli altri per quanto saranno conformi o contrarie alle
loro opinioni; ne consegue che ispirati dalla vanit, ciascuno non pu
astenersi da stimare negli altri una conformit didee che lo
assicurano della loro stima; e di odiare in loro una opposizione
didee, garante sicuro del loro odio o almeno del loro disprezzo che si
deve guardare come un calmante dellodio.
Ma, nella supposizione stessa che un uomo fece, allamore della
verit, il sacrificio della propria vanit; se questuomo non affatto
animato dal desiderio pi vivo distruirsi, dico che la sua pigrizia non
gli permette davere, per opinioni contrarie alle sue, che una stima
sulla parola. Per spiegare quello che intendo per stima sulla parola,
distinguer due sorte di stima.
Una, che si pu considerare come leffetto o del rispetto che si ha per
lopinione pubblica o la fiducia che si ha nel giudizio di certe persone,
e che chiamo stima su parola. Tale quella alcune persone
concepiscono per romanzi molto mediocri, unicamente perch li
credono di qualcuno dei nostri scrittori celebri. Tale ancora
lammirazione che si ha per i Descartes ed i Newton; ammirazione
che, nella maggior parte degli uomini, tanto pi entusiasta che
40

meno illuminata; sia che dopo essersi formato unidea vaga del
merito di questi grandi geni, i loro ammiratori rispettano, in questa
idea, lopera della loro immaginazione; sia che stabilendo giudici del
merito di un uomo quale Newton, credono associarsi agli elogi che gli
prodigano. Questo genere di stima, di cui la nostra ignoranza ci
spinge a fare spesso uso, , perci stesso, la pi comune. Niente di
cos raro che di giudicare secondo se stesso.. Laltra specie di stima
quella che, indipendente dallopinione altrui, nasce unicamente
dallimpressione che fanno su di noi certe idee, e che, per questa
ragione, chiamo stima sentita, la sola veritiera e quella di cui si tratta
qui.

Discorso 2 - Capitolo 5
Della probit, in rapporto ad un gruppo particolare.
Sotto questo punto di vista, dico che la probit non che labitudine
pi o meno grande delle azioni particolarmente utili a quel piccolo
gruppo. Non che alcuni gruppi virtuosi non sembrino spesso
spogliarsi
del loro interesse, per dare delle azioni degli uomini apprezzamenti
conformi allinteresse pubblico, ma non fanno allora che soddisfare
la passione che un orgoglio illuminato d loro come virt, e, di
conseguenza,
obbediscono, come ogni altro gruppo, alla legge dellinteresse
personale. Quale altro motivo potrebbe determinare un uomo ad
azioni generose? Gli tanto impossibile amare il bene per il bene,
quanto amare il male per il male.
Bruto sacrific il proprio figlio alla salvezza di Roma solo perch
lamore paterno aveva su di lui meno potere dellamore di patria.
Non fece allora che cedere alla sua passione pi forte: essa che,
illuminandolo sullinteresse pubblico, gli fece percepire chiaramente,
in un parricidio cos generoso, cos proprio a rianimare lamore per la
libert, lunica risorsa che potesse salvare Roma e impedirle di
ripiombare sotto la tirannia dei Tarquini. Nelle circostanze critiche
nelle quali si trovava Roma allora, occorreva che una simile azione
41

servisse da fondamento alla grande potenza alla quale lelev da quel


momento lamore del bene pubblico e della libert.
Ma siccome ci sono pochi Bruto e societ composte da uomini del
genere, nellambiente comune che prender esempi, per provare
che, in ciascuna societ, linteresse particolare lunico dispensatore
della stima accordata alle azioni degli uomini.
Per convincersene, basta gettare lo sguardo su un uomo che sacrifica
i propri beni per salvare dal rigore delle leggi un genitore, assassino:
questuomo passer certamente, in famiglia, per virtuosissimo,
sebbene sia realmente molto ingiusto. Dico molto ingiusto, perch,
se la speranza dellimpunit deve moltiplicare i forfait in una nazione,
se la certezza del supplizio assolutamente necessaria per
mantenervi lordine, evidente che una grazia accordata ad un
criminale , verso il pubblico, uningiustizia di cui si rende complice
colui che sollecita una simile grazia. Un ministro, sordo alle
sollecitazioni di parenti ed amici, crede di dover elevare ai primi posti
solo uomini di grande merito: questo ministro cos giusto passer
certamente, nella societ, per un uomo inutile, senza amicizia, forse
anche senza onest. Bisogna dirlo per la vergogna del secolo: quasi
sempre ad ingiustizie che un uomo in posizione importante deve i
titoli di buon amico, di buon genitore, duomo virtuoso e
benefattore che gli prodiga la societ nella quale vive.
Quando, con intrighi, un padre ottiene limpiego di generale per un
figlio incapace di comandare, questo padre sar citato, in famiglia,
come un uomo onesto e benefattore: tuttavia, che cosa pi
abominevole dellesporre una nazione, o almeno parecchie sue
province, ai danni che seguono una sconfitta, solo per soddisfare
lambizione di famiglia? Che cosa di pi punibile delle sollecitazioni,
contro le quali impossibile che un sovrano sia sempre in guardia.
Simili sollecitazioni, che hanno troppo spesso sprofondato le nazioni
nelle pi grandi disgrazie, sono fonti inesauribili di calamit: calamit
alle quali forse non si possono sottrarre i popoli se non spezzando
tutti i legami di parentele tra gli uomini, e dichiarando ogni cittadino
figlio dello Stato. E lunico modo di soffocare vizi autorizzati da una
apparenza di virt, dimpedire la suddivisione di un popolo in una
infinit di famiglie o di piccole societ, i cui interessi, quasi sempre
42

opposti allinteresse pubblico, spegnerebbero alla fine nelle anime


ogni specie damore per la patria.
Quello che ho detto prova sufficientemente che, davanti al tribunale
di una piccola societ, linteresse lunico giudice del merito delle
azioni degli uomini: sicch non aggiungerei nulla a quello che ho
appena detto, se non mi fossi proposto lutilit pubblica come scopo
principale di questopera. Ora, sento che un uomo onesto,
spaventato dallascendente che deve necessariamente avere su di lui
lopinione della societ in cui vive, pu temere a ragione dessere
spesso, a sua insaputa, deviato dalla virt.
Non abbandoner quindi questa materia senza indicare i mezzi per
sfuggire alle seduzioni, ed evitare le trappole che linteresse dei
gruppi particolari tende alla probit della gente pi onesta, e nelle
quali lo ha troppo spesso sorpreso.

Discorso 2 - Capitolo 6
Dei mezzi per assicurarsi della virt
Un uomo giusto, quando tutte le sue azioni tendono al bene
pubblico. Non abbastanza fare del bene per meritare il titolo di
virtuoso. Un principe ha mille posti da assegnare, deve coprirli, non
pu evitare di fare mille felici. E quindi solamente dalla giustizia o
dallingiustizia delle sue scelte che ne dipende la virt.
Se, quando si tratta di un posto importante, per amicizia, per
debolezza, per sollecitazione o per pigrizia, d ad un uomo mediocre,
la preferenza su d'un uomo superiore, deve considerarsi come
ingiusto, qualsiasi elogio faccia per altro alla sua probit la societ in
cui vive.
In fatto di probit, solamente linteresse pubblico che bisogna
consultare e credere, e non gli uomini che ci circondano. Linteresse
personale li inganna troppo spesso. Nelle corti, per esempio,
linteresse non d forse il nome di prudenza alla falsit, e di
sciocchezza alla verit, che la si considera almeno come una follia,
e che la si deve sempre considerare come tale?
43

L essa pericolosa, e le virt nocive saranno sempre annoverate nel


rango dei difetti. La verit accolta favorevolmente solo presso
principi umani e buoni, quali i Luigi XII, i Luigi XV.
Degli attori avevanointerpretato il primo al teatro; i cortigiani
esortavano il principe a punirli.
No egli disse- mi rendono giustizia, mi credono degno di ascoltare
la verit. Esempio di moderazione imitato da allora dal duca di
[parola mancante nel testo francese, ndt]. Questo principe, costretto
a gravare d' imposte una provincia, e stanco delle rimostranze di un
deputato degli stati di questa provincia, gli rispose con vivacit:
Quali sono le vostre forze per opporvi alle mie volont? Che cosa
potete fare?.... Obbedire ed odiare, replic il deputato. Risposta
nobile che fa ugualmente onore al deputato ed al principe. Era quasi
cos difficile per luno ascoltarla, che per laltro darla. Questo stesso
principe aveva unamante; un gentiluomo gliela aveva portata via, il
principe era offeso, ed i suoi favoriti lo spingevano alla vendetta:
Punite dicevano - l'insolente. Lo so - gli ripose - che la vendetta
mi facile, una parola basta per disfarmi di un rivale, ed quello che
mimpedisce di pronunciarla.
Una simile moderazione troppo rara; la verit di solito troppo mal
accolta dai principi e dai grandi, per soggiornare a lungo nelle corti.
Come potrebbe albergare in un paese in cui la maggior parte di
quella che chiamata gente onesta, abituata alla bassezza ed alla
lusinga, d e deve realmente dare ai vizi il nome del saper vivere? Si
scorge difficilmente il crimine laddove si trova utilit. Chi dubita
tuttavia che alcune adulazioni non siano pi pericolose e di
conseguenza pi criminali agli occhi di un principe amante della
gloria, di libelli fatti contro di lui? Non che io prenda qui il partito dei
libelli, ma infine unadulazione pu, a sua insaputa distogliere un
buon principe dal sentiero della virt, mentre un libello pu talvolta
ricondurvi un tiranno. E spesso solo per bocca della licenza che le
lagnanze degli oppressi possono arrivare fino al trono. Ma linteresse
nasconder sempre simili verit agli ambienti particolari della corte.
E solo, forse vivendo lontano dai suddetti ambienti che ci si pu
difendere dalle illusioni che li seducono. E almeno certo che, in
questi stessi luoghi, non si pu conservare una virt sempre forte e
pura, senza aver continuamente presente alla mente il principio della
44

pubblica utilit, senza avere una conoscenza profonda dei veri


interessi pubblici, di conseguenza della morale e della politica. La
perfetta probit non mai il dividendo della stupidit; una probit
senza luce non , tutto al pi, che una probit dintenzione, per la
quale il pubblico non ha e non deve effettivamente avere nessun
riguardo, 1) perch non affatto giudice delle intenzioni, 2) perch
nei suoi giudizi prende consiglio soltanto dal proprio interesse. Se
sottrae alla morte colui che per disgrazia uccide il proprio amico a
caccia, non grazia soltanto linnocenza delle intenzioni, poich la
legge condanna al supplizio la sentinella che involontariamente si
lasciata sorprendere dal sonno. Il pubblico perdona, nel primo caso,
per non aggiungere alla perdita di un cittadino quella di un altro
cittadino; punisce, nel secondo, solo per prevenire le sorprese e le
disgrazie alle quali lo esporrebbe una simile negligenza.
Occorre dunque, per essere onesto, aggiungere alla nobilt
dellanima i lumi dellintelletto. Chiunque raccoglie in s questi
differenti doni della natura, si comporta sempre seguendo la bussola
dellutilit pubblica. L'utilit il principio di ogni virt umana, ed il
fondamento di tutte le legislazioni. Deve ispirare il legislatore,
forzare i popoli a sottomettersi alle sue leggi; infine al principio che
bisogna sacrificare i propri sentimenti, fino al sentimento stesso
dellumanit.
Lumanit pubblica qualche volta impietosa verso gli individui.
Quando un vascello sorpreso da lunghe calme, e che la fame ha,
con voce imperiosa, comandato di tirare a sorte la vittima sfortunata
che dovr servire da pasto ai compagni, lo si sgozza senza rimorsi:
questo vascello lemblema di ogni nazione; tutto diventa legittimo
e addirittura virtuoso per la salute pubblica.
La conclusione di ci che ho appena detto, che in fatto di probit,
non bisogna affatto prendere consiglio dagli ambienti in cui si vive,
ma soltanto dallinteresse pubblico: chi lo consulter sempre non
far mai che azioni o immediatamente utili al pubblico, o vantaggiose
ai privati senza essere nocive allo stato. Orbene, simili azioni gli sono
sempre utili.
Luomo che sostiene il merito mal remunerato d,
incontestabilmente, un esempio di beneficenza conforme
allinteresse generale; paga la tassa che la probit impone alla
45

ricchezza. Lonesta povert non ha altro patrimonio che i tesori della


virtuosa opulenza. Chi si comporta con questo principio pu rendere
a se stesso una testimonianza vantaggiosa della propria probit, pu
provare che merita realmente il titolo duomo onesto: dico merita,
poich, per ottenere una qualche reputazione del genere, non basta
esser virtuoso, occorre inoltre trovarsi, come i Codro ed i Regolo,
opportunamente disposti in tempi, circostanze e situazioni in cui le
nostre azioni possano influire molto sul bene pubblico. In tuttaltra
posizione, la probit di un cittadino, sempre ignorata dal pubblico,
non , per cos dire, che una qualit di societ particolare, ad uso
soltanto di coloro con i quali costui vive.
E solamente per i talenti che un privato pu rendersi utile e
raccomandabile alla propria nazione. Cosa importa al pubblico della
probit dun privato? Tale probit non gli di quasi alcuna utilit.
Sicch giudica i vivi come la posterit giudica i morti: non sinforma
affatto se Giovenale era cattivo, Ovidio debosciato, Annibale crudele,
Lucrezio empio, Orazio libertino, Augusto falso, e Cesare la donna di
tutti i mariti: soltanto i loro talenti che esso valuta.
Sul che, noter che la maggior parte di quelli che sadirano con
furore contro i vizi privati dun uomo illustre, danno meno prova del
loro amore per il bene pubblico che non della loro invidia contro i
talenti; invidia che prende spesso, ai loro occhi, la maschera di una
virt, ma che non il pi sovente se non uninvidia mascherata,
giacch in generale non hanno lo stesso orrore per i vizi di un uomo
senza meriti.
Senza voler fare lapologia del vizio, quanta gente onesta avrebbe da
arrossire dei sentimenti di cui si vanta, se se ne scoprisse il principio
e la bassezza.
Forse il pubblico manifesta troppa indifferenza per la virt; forse i
nostri autori sono talvolta pi accurati nella correzione delle loro
opere che in quella dei loro costumi, e prendono esempio su
Averro, quel filosofo che si permetteva, si dice, delle furfanterie che
considerava non solamente poco nocive, ma addirittura utili alla sua
reputazione: con ci, diceva, raggirava i rivali, dirottava destramente
sui propri costumi le critiche che avrebbero fatto sulle sue opere;
critiche che, senza dubbio, avrebbero apportato alla sua gloria
attacchi pi pericolosi.
46

In questo capitolo, ho indicato il mezzo per sfuggire alle seduzioni


delle societ particolari, per conservare una virt sembra incrollabile
sotto gli choc di mille interessi particolari e differenti; e questo
mezzo consiste nel prendere consiglio, in tutte le proprie iniziative,
dallinteresse pubblico.
Discorso 2 - Capitolo 7
Dell'intelletto in rapporto alle societ particolari.
Quello che ho detto dell'intelletto in rapporto ad un solo uomo, lo
dico dello spirito considerato in rapporto alle societ particolari. Non
ripeter quindi, a tal proposito, il dettaglio stancante delle stesse
prove; mostrer solamente, mediante nuove applicazioni dello
stesso principio, che ciascuna societ, come ciascun privato, non
stima o non disprezza le idee delle altre societ che per la
convenienza o sconvenienza che tali idee hanno con le sue passioni,
il suo tipo d'indole [ esprit] ed infine il rango che occupano nel
mondo quelli che compongono quella societ. Che si faccia esibire un
fachiro in un circolo sibarita, questo fachiro non vi sar guardato con
la piet disprezzante che anime sensuali e dolci hanno per un uomo
che abbandona piaceri reali, per correre dietro beni immaginari? Se
faccio penetrare un conquistatore nel ritiro dei filosofi, chi dubita
chegli non tratti di frivolezza le loro speculazioni pi profonde,
chegli non le consideri con il disprezzo sdegnoso che unanima, che
si dice grande, ha per anime che crede piccine, e che la potenza ha
per debolezza? Ma se a sua volta, conduco quel conquistatore al
portico [Pecile, ntd]: orgoglioso, gli dir lo stoico oltraggiato, tu che
disprezzi anime pi elevate della tua, impara che loggetto dei tuoi
desideri qui quello dei nostri disprezzi; che nulla appare grande
sulla terra, a chi contempla da un punto di vista elevato. In una
foresta antica, dal piede dei cedri, dove si siede il viandante, che le
cime sembrano toccare il cielo; dallalto delle nubi, dove plana
laquila, gli alti fusti del bosco strisciano come la brughiera e non
offrono agli occhi del re dello spazio celeste che un tappeto di verde
spiegato sulle pianure. E cos che lorgoglio ferito dello stoico si
47

vendicher del disdegno dellambizioso e che in generale si


tratteranno tutti quelli che saranno animati da passioni differenti.
Che una donna giovane, bella elegante, tale insomma quale la storia
ci dipinge la celebre Cleopatra, che, per la molteplicit delle sue
bellezze, il fascino del suo spirito, la variet delle sue carezze, faceva
provare ogni giorno al suo amante le delizie dellincostanza e di cui
infine la prima gioia non era, dice Echard, che un primo favore, che
una tale donna si trovi in unassemblea di smorfiose, la cui vecchiaia
e bruttezza ne assicurano la castit, si disprezzeranno le sue grazie ed
i suoi talenti: al riparo dalla seduzione, sotto legida della bruttezza,
le smorfiose non sentono quanto lubriachezza dun amante sia
lusinghiera; con quale pena, quando si bella, si resiste al desiderio
di confidare ad un amante mille attrattive segrete: esse si
scateneranno quindi con furore contro la bella donna, e metteranno
le su debolezze nel rango dei pi alti crimini. Ma, se una di queste
smorfiose si presenta a sua volta in un circolo di civettuole, vi sar
trattata senza alcun dei riguardi che la giovent e la bellezza
debbono alla vecchiaia ed alla bruttezza. Per vendicarsi della sua
ritrosia, gli si dir che la bella che cede allamore e la brutta che gli
resiste, non fanno, tutte e due, per lo stesso motivo, che ubbidire
allo stesso principio di vanit; che, in un amante, luna cerca un
ammiratore delle sue attrattive, laltra fugge un accusatore delle sue
goffaggini; e che animate, tutte e due, dallo steso motivo, tra la
smorfiosa e la donna galante, non c mai che la bellezza come
differenza.
Ecco come passioni differenti sinsultano reciprocamente ed ecco
perch il vanaglorioso, che disconosce il merito in una condizione
mediocre, che lo disdegna e che vorrebbe vederlo strisciare ai suoi
piedi, a sua volta disprezzato dalle persone illuminate. Insensato,
gli diranno semplicemente, uomo senza meriti ed anche senza
orgoglio, di che cosa ti lodi? Degli onori che ti si rende? Ma, non
affatto merito tuo, al tuo fasto e alla tua potenza che si rende
omaggio. Non hai nulla da te stesso; se brilli, per il lustro che
riflette su di te il favore del sovrano. Guarda i vapori che si levano dal
fango delle paludi; sospesi nellaria, vi si trasformano in nubi
abbaglianti. Brillano come te, ma di uno splendore imprestato dal
sole: lastro tramonta, lo sprazzo della nube scomparso.
48

Se passioni contrarie eccitano il rispettivo disprezzo di quelli che


animano, troppa opposizione di mentalit [esprit] produce quasi lo
stesso effetto. Spinti come ho dimostrato nel capitolo IV, a non
percepire, negli altri, se non le idee conformi alle nostre idee, come
ammirare un genere di mentalit troppo differente dalla nostra? Se
lo studio di una scienza o di unarte ci fa scorgere in questo
uninfinit di bellezze e di difficolt che ignoreremmo senza questo
studio, dunque per la scienza e larte che coltiviamo, che abbiamo
necessariamente la maggior parte di questa stima che chiamo
sentita.
La nostra stima, per le altre arti o scienze, sempre proporzionata al
rapporto pi o meno prossimo che queste hanno con la scienza o
larte alla quale ci dedichiamo. Ecco perch il geometra ha
comunemente pi stima per il fisico che per il poeta, il quale deve
accordarne di pi alloratore che non al geometra.
E anche con la pi grande buona fede del mondo che si vedono
uomini illustri, in campi diversi, avere molto poca considerazioni gli
uni degli altri. Per convincersi della realt di un disprezzo sempre
reciproco da parte loro (poich non c debito pi puntualmente
pagato del disprezzo) ascoltiamo i discorsi che sfuggono alle persone
di talento [esprit].
Simili ai venditori di Mitridate sparsi in una piazza pubblica, ciascuno
chiama gli ammiratori a s, e crede di meritarli da solo. Il romanziere
si persuade che il suo genere dopera che suppone pi invenzione e
delicatezza nella mente; il metafisico si vede come la fonte
dellevidenza ed il confidente della natura: io solo, posso
generalizzare le idee, e scoprire il germe degli avvenimenti che si
sviluppano giornalmente nel mondo fisico e morale ed solo
attraverso me che luomo pu essere illuminato. Il poeta, che guarda
i metafisici come veri pazzi, li assicura che, se cercano la verit nel
pozzo dove essa si ritirata, non hanno per attingervi che il secchio
delle Danaidi; che le scoperte della loro mente sono dubbie, ma che i
piaceri della sua sono cosa certa.
E con tali discorsi che i tre uomini si darebbero reciprocamente
prova del poco di stima che hanno gli uni per gli altri; e se, in una
simile contestazione, prendessero un politico per arbitro: sappiate,
direbbe questi a tutti, che le scienze e le arti non sono che vere
49

bagattelle e difficili frivolezze. Ci si pu dedicare ad esse nellinfanzia,


per esercitare maggiormente le proprie facolt mentali [esprit], ma
solamente la conoscenza degli interessi dei popoli che deve
occupare la testa di un uomo sensato. Ogni altro oggetto piccolo, e
tutto ci ch piccolo disprezzabile: da cui concluderebbe che solo
lui degno dellammirazione universale.
Ora, per terminare questarticolo con un ultimo esempio,
supponiamo che un fisico ascoltasse questa conclusione: ti sbagli,
replicherebbe al politico, se si misura la grandezza della mente solo
con la grandezza delle cose che essa prende in considerazione, sono
solo io a dover realmente essere apprezzato. Una sola delle mie
scoperte cambia gli interessi dei popoli. Calamito una lancetta, la
chiudo in una bussola, si scopre lAmerica, si scavano le sue miniere,
mille vascelli carichi doro solcano i mari, approdano in Europa, e la
faccia del mondo politico cambiata. Sempre immerso in grandi
soggetti, mi raccolgo nel silenzio e la solitudine, non affatto per
studiarvi le piccole rivoluzioni dei governi, ma quelle delluniverso;
non per penetrarvi i segreti frivoli delle corti, ma quelli della
natura. Scopro come i mari hanno formato le montagne e si sono
sparse sulla terra; misuro sia la forza che muove gli astri e
lestensione dei circoli luminosi che descrivono nellazzurro del cielo:
calcolo la loro massa, la raffronto a quella della terra, ed arrossisco
della piccolezza del globo. Ora, se ho tanta vergogna dellarnia,
giudica tu del disprezzo che ho per linsetto che labita: il pi grande
legislatore non ai miei occhi che il re delle api.
Ecco con quali ragionamenti ciascuno prova a se stesso che possiede
il genere dingegno [esprit] pi apprezzabile e come, mosse dal
desiderio di darne prova agli altri, le persone ingegnose si
deprezzano reciprocamente, senza accorgersi che ciascuno,
avviluppato dal disprezzo che ispira per i suoi simili, diventa il
giocattolo e lo scherno, di quello stesso pubblico di cui dovrebbe
essere lammirazione. Del resto, in vano che si vorrebbe diminuire
il preconcetto favorevole che ciascuno ha per il proprio talento. Ce
ne infischiamo di un fioraio immobile ai margini delle aiuole di
tulipani. Egli tiene gli occhi sempre fissi sui calici, non vede niente
dammirevole sulla terra se non la finezza ed il miscuglio di colori con
cui ha, con la sua cultura, forzato la natura a dipingerli. Ciascuno
50

questo fioraio: se misura le capacit [esprit] degli uomini solo sulla


conoscenza che hanno dei fiori, allo stesso modo noi misuriamo la
nostra stima per loro solo sulla conformit delle loro idee con le
nostre.
La nostra stima talmente dipendente da questa conformit didee,
che nessuno pu analizzare se stesso attentamente senza accorgersi
che, se, ad ogni istante della giornata, non valuta affatto lo stesso
uomo precisamente allo stesso grado, sempre a qualcuna di queste
contraddizioni, inevitabili nelle relazioni intime e giornaliere, che
deve attribuire la perpetua variazione del termometro della sua
stima: sicch qualsiasi uomo, le cui idee non sono conformi a quelle
della societ, ne sempre disprezzato.
Il filosofo, che vivr con damerini, sar limbecille ed il ridicolo del
loro ambiente. Egli si vedr deriso dal peggior buffone, le cui pi
insipide facezie passeranno per eccellenti parole: poich il successo
degli scherzi dipende meno dalla finezza di spirito del loro autore,
che non dalla sua attenzione a ridicolizzare soltanto le idee
sgradevoli al suo ambiente. Succede con le facezie come con le azioni
di partito, sono sempre ammirate dalla clicca.
Il reciproco ingiusto disprezzo degli ambienti particolari, come il
disprezzo da privato a privato, dunque soltanto leffetto
dellignoranza e dellorgoglio: orgoglio senza dubbio condannabile,
ma necessario e inerente alla natura umana. Lorgoglio il germe di
tante virt e talenti, che non bisogna n sperare di distruggerlo, n
altres tentare dindebolirlo ma solamente di dirigerlo verso le cose
oneste. Se derido qui lorgoglio di certa gente, non lo faccio, senza
dubbio, che per un altro orgoglio, forse meglio giudicato del loro in
questo caso particolare, come pi conforme allinteresse generale,
poich la giustezza dei nostri apprezzamenti e delle nostre azioni non
mai che lincontro fortunato del nostro interesse con linteresse
pubblico.
Se la stima, che societ diverse hanno per certi sentimenti e certe
scienze, differente assecondo della diversit delle passioni e del
tipo di mentalit [esprit] di quelli che lo compongono, chi dubita che
la differenza tra le condizioni degli uomini non produca quasi lo
stesso effetto e che le idee, gradevoli alla gente di un certo rango,
non siano noiose per uomini di un altro stato?
51

Un guerriero ed un negoziante dissertano davanti a dei magistrati,


luno sullarte degli assedi, degli accampamenti e delle evoluzioni
militari, laltro , sul commercio dellindaco, della seta, dello zucchero
e del cacao: saranno ascoltati con meno piacere ed interesse,
delluomo che, pi ai fatti degli intrighi di palazzo, delle prerogative
della magistratura e delle maniera di condurre un affare, gli parler
di tutti i soggetti che il loro tipo di mentalit o vanit rende pi
particolarmente interessante per loro.
In generale, se ne disprezza fino allo spirito in un uomo di condizione
inferiore alla propria. Qualsiasi merito abbia un borghese, sar
sempre disprezzato da un uomo di riguardo, se questuomo
stupido, sebbene non ci sia , dice Domat, che una distinzione civile
tra il borghese ed il gran signore, ed una distinzione naturale tra
luomo dingegno ed il gran signore stupido. E sempre quindi
linteresse personale, modificato secondo la differenza dei nostri
bisogni, delle nostre passioni, del nostro tipo d'intelligenza e delle
nostre condizioni, che combinandosi, nelle diverse societ, in un
numero infinito di maniere produce la stupefacente diversit delle
opinioni.
E conseguentemente alla variet dinteresse che ogni societ ha la
sua impostazione, la sua maniera particolare di giudicare e il suo
spirito, di cui essa farebbe volentieri un dio, se la paura dei giudizi del
pubblico non si opponesse a questa apoteosi. Ecco perch ognuno
trova la propria sintonia. Sicch non c stupido che, apportando una
certa attenzione alla scelta del proprio ambiente, non vi possa
passare una vita dolce in mezzo al concerto degli elogi fatti da
ammiratori sinceri; parimenti non c uomo di spirito che,
riversandosi in ambienti differenti, non vi si veda successivamente
trattato da pazzo e da saggio, di amabile e noioso, stupido e geniale.
La conclusione generale di quello che ho appena detto, che
linteresse personale , in ogni societ, lunico misuratore del merito
delle cose e delle persone. Non mi resta pi che da mostrare perch
gli uomini pi generalmente onorati e ricercati dagli ambienti
particolari tali quelli del gran mondo, non sono sempre i pi stimati
dal pubblico.

52

Discorso 2 - Capitolo 8
Della differenza tra i giudizi
particolari.

del pubblico e quelli delle societ

Per scoprire la causa dei giudizi differenti che danno sulle stesse
persone il pubblico e le societ particolari, bisogna osservare che una
nazione non che l'insieme dei cittadini che la compongono; che
l'interesse di ciascun cittadino sempre legato, con un vincolo
qualsiasi, all'interesse pubblico; che, simili agli astri che, sospesi nei
deserti dello spazio, vi sono mossi da due movimenti principali, di cui
il primo pi lento lo hanno in comune con l'universo intero, ed il
secondo pi rapido una loro particolarit, ogni societ parimenti
mossa da due diversi tipi d'interesse:il primo pi debole, lo ha in
comune con la societ in generale, vale a dire, con la nazione, ed il
secondo, pi potente, una sua assoluta particolarit.
Conseguentemente a questi due tipi d'interesse, vi sono due tipi
d'idee atte a piacere alle societ particolari. Il primo, il cui rapporto,
pi immediato con l'interesse pubblico, ha per oggetto il commercio,
la politica, la guerra, la legislazione, le scienze e le arti: questo tipo
d'idee interessanti per ciascuna d'esse in particolare, di
conseguenza il pi generalmente, ma pi debolmente apprezzato
dalla maggior parte delle societ. Dico dalla maggior parte, perch vi
sono societ, quali le societ accademiche, per le quali le idee pi
utili in generale sono le idee pi particolarmente gradevoli, e il cui
interesse personale si trova in questo modo mescolato con
l'interesse pubblico. L'altro tipo d'idee ha rapporti immediati con
l'interesse di ciascuna societ, vale a dire, con i suoi gusti, le
avversioni, i progetti, i piaceri. Pi interessante e pi gradevole, per
questa ragione, agli occhi di questa societ, comunemente
abbastanza indifferente a quelli del pubblico. Ammessa tale
distinzione, chiunque acquisisce un grandissimo numero didee di
questultimo tipo, vale a dire, didee particolarmente importanti per
le societ nelle quali vive, vi deve essere considerato, di
conseguenza, come molto intellettuale: ma nel caso in cui
questuomo si presenti agli occhi del pubblico, sia attraverso
unopera, sia in una grande piazza, spesso non gli apparir che come
53

un uomo molto mediocre. E' un'affascinante voce da camera, ma


troppo debole per il teatro.
Nel caso in cui un uomo, al contrario, non si occupi che didee
generalmente importanti, sar meno gradito alle societ nelle quali
vive; vi apparir addirittura talvolta pesante e fuori luogo. Se, per,
si presenta agli occhi del pubblico, sia attraverso unopera, sia in una
grande piazza, scintillante allora di genio, meriter il titolo di uomo
superiore. E il colosso mostruoso ed anche sgradevole nello studio
dello scultore, che, innalzato nella pubblica piazza, diventa
lammirazione dei cittadini. Ma perch non riunire in s le idee
delluno e dellaltro tipo? Non si otterrebbero cos, nello stesso
tempo, la stima della nazione e quella della gente di mondo? E,
risponder, perch il genere di studi ai quali bisogna darsi per
acquisire idee interessanti per il pubblico o per le societ particolari,
assolutamente differente.
Per piacere in questo mondo, non bisogna approfondire alcuna
materia, ma svolazzare incessantemente da soggetto a soggetto;
bisogna avere conoscenze molto varie, e quindi molto superficiali;
sapere di tutto, senza perdere tempo a sapere perfettamente una
cosa; e dare, di conseguenza, alla propria mente pi superficialit
che profondit. Ora, il pubblico non ha alcun interesse ad apprezzare
uomini universali in modo superficiale: forse non gli rende nemmeno
piena giustizia, e non si affatica mai a valutare con precisione una
mente partecipe di troppi generi diversi.
Interessato soltanto ad apprezzare quelli che diventano superiori in
un genere, e che pertanto fanno progredire la mente umana, il
pubblico deve fare poca attenzione allo spirito mondano. Occorre
dunque, per ottenere la stima generale, dare alla propria mente pi
profondit che superficialit e concentrare, per cos dire, in un solo
punto, come nel punto focale di un vetro ustorio, tutto il calore ed i
raggi del proprio intelletto. Ma, come dividersi tra i due generi di
studi, giacch la vita che bisogna condurre per seguire o luno o
laltro completamente differente? Si acquisisce dunque uno dei
detti tipi di formazione mentale [esprit] soltanto escludendo laltro.
Se per acquisire idee importanti per il pubblico occorre, come
54

prover nei capitoli seguenti, raccogliersi nel silenzio e nella


solitudine, per presentare alle societ particolari le idee pi gradite
ad esse, occorre, al contrario, gettarsi assolutamente nel turbine del
mondo. Ora non si pu vivervi senza riempirsi la testa didee false e
puerili: dico false perch qualsiasi uomo che conosce un solo modo
di pensare, considera necessariamente la propria societ come
luniverso per eccellenza. Egli deve imitare le nazioni nel disprezzo
reciproco che hanno per i rispettivi costumi, le religioni, e finanche
per l'abbigliamento diverso: trovare ridicolo tutto ci che
contraddice le idee della propria societ, e cadere, di conseguenza,
negli errori pi grossolani. Chiunque si occupa fortemente dei piccoli
interessi delle societ particolari, deve necessariamente attribuire
troppo valore ed importanza a delle stupidaggini.
Ora, in questo campo, chi pu vantarsi di sfuggire ai tranelli
dellamor proprio, quando si vede che non c procuratore nel
proprio studio, consigliere nella propria camera, mercante nel
proprio negozio, ufficiale nella propria guarnigione, che non creda
luniverso pervaso da ci che glinteressa.
Ciascuno pu applicare a s il racconto di madre Ges che, testimone
di un litigio tra la discreta e la superiora, chiede al primo che incontra
in parlatorio: sapete che madre Cecilia e madre Teresa si sono
appena litigate? Ma, siete sorpreso? Come, davvero ignoravate la
loro querelle? E da dove venite?
Siamo tutti, pi o meno, come madre Ges: quello di cui la nostra
societ si occupa, quello di cui tutti gli uomini devono occuparsi, ci
che pensa, crede e dice, luniverso intero che lo pensa, crede e
dice.
In che modo un cortigiano che vive immerso in un mondo in cui non
si parla daltro che delle trame, degli intrighi di corte, di quelli che
crescono in prestigio e quelli che cadono in disgrazia, e che, nel
cerchio esteso dei suoi ambienti, non vede nessuno che non ostenti,
pi o meno, le stesse idee, in che modo, dico, questo cortigiano non
potrebbe persuadersi che gli intrighi di corte sono, per la mente
umana, gli oggetti pi degni di meditazione ed i pi generalmente
55

interessanti? Pu immaginare che nella bottega pi vicina alla sua


dimora, non si conosca n lui, n tutti quelli di cui parla; che non vi si
sospetta nemmeno lesistenza delle cose che lo occupano in maniera
cos viva; che, in un angolo del suo granaio, alberga un filosofo, al
quale gli intrighi e le trame che ordisce un ambizioso per farsi
agghindare in modo ridicolo con tutti i fregi dEuropa, appaiano cos
puerili e meno sensati di un complotto di scolari per derubare una
scatola di confetti, e per chi infine gli ambiziosi non sono che vecchi
bambini che non credono desserlo? Un cortigiano non indoviner
mai lesistenza di simili idee: se arrivasse a sospettarlo, sarebbe come
il re del Pegu che, avendo chiesto a dei veneziani il nome del loro
sovrano, ed avendogli questi risposto che non erano governati da
nessun re, trov questa risposta cos ridicola, che si smascell dal
ridere. E vero che in generale i grandi non sono mai soggetti a simili
sospetti, ciascuno crede d'occupare un grande spazio sulla terra, e
simmagina che non c che un solo modo di pensare che deve far
legge tra gli uomini, e che questo modo di pensare contenuto nella
propria societ. Se ogni tanto sente dire che vi sono opinioni diverse
dalle sue, non le percepisce, per cos dire, che su uno sfondo
confuso: le crede tutte confinate nella testa di un piccolissimo
numero dinsensati. E perci tanto pazzo quanto quel tal geografo
cinese, che, pieno d'un orgoglioso amore per la sua patria, disegn
un mappamondo la cui superficie era quasi totalmente coperta
dallimpero cinese, ai confini del quale si percepiva appena lAsia,
lAfrica, lEuropa e lAmerica. Ognuno tutto nelluniverso, gli altri
non vi rappresentano niente.
Si vede quindi che, per risultare graditi alle societ particolari,
costretti a diventare mondani, ad occuparsi di piccoli interessi e ad
accettare mille pregiudizi, si deve insensibilmente caricare la propria
testa duna infinit didee assurde e ridicole agli occhi del pubblico.
Del resto, sono assai lieto d'avvertire che non intendo affatto qui, per
gente di mondo, soltanto la gente di corte: i Turenne, i Richelieu, i
Luxembourg, i La Rochefoucault, i Retz e parecchi altri uomini della
loro specie, provano che la frivolezza non lappannaggio necessario
di un rango elevato; e che occorre soltanto intendere per uomini di
mondo, tutti quelli che vivono solo nel suo vortice. Sono quelli che il
56

pubblico, con tanta ragione, considera come gente assolutamente


vuota di senso; ne addurr come prova le folli ed esclusive pretese
sulle buone maniere e le belle usanze. Scelgo queste pretese come
esempio tanto pi volentieri, che i giovani, ingannati dal gergo
mondano, prendono troppo spesso il cicalio per ingegno, ed il buon
senso per sciocchezza.

Discorso 2 - Capitolo 9
Delle buone maniere e delleleganza.
Tutte le societ, divise in quanto a interessi e gusti, si accusano
rispettivamente di cattive maniere; quelle dei giovani sconcertano i
vecchi, quelle delluomo passionale luomo frigido, quelle del
cenobita luomo di mondo.
Se sintende per buone maniere i comportamenti atti ad essere
ugualmente benaccetti in ogni societ, allora non c uomo di buone
maniere. Per esserlo, sarebbe necessario possedere ogni conoscenza,
ogni forma mentis [esprit]e, probabilmente, i vari linguaggi: ipotesi
impossibile da realizzare. Non si pu dunque intendere per buone
manire che il genere di conversazione, i cui argomenti e
lespressione di questi stessi argomenti vengono accettati in maniera
pi generale. Ora, le buone maniere cos definite, non appartengono
a nessuna categoria duomini in particolare, ma soltanto a coloro che
si occupano didee grandi e che, ricavate dalle arti e dalle scienze,
quali la metafisica, la guerra, la morale, il commercio, la politica,
presentano sempre alla mente temi interessanti per lumanit.
Questo tipo di conversazione, incontestabilmente il pi interessante
in maniera generale, non , come ho detto, il pi gradito per
ciascuna societ in particolare. Ciascuna considera le proprie
maniere superiori a quelle degli intellettuali e quelle degli
intellettuali semplicemente superiori a qualsiasi altra specie di
maniere.

57

Le societ sono, a tal proposito, come i contadini delle diverse


province che parlano pi volentieri il dialetto del proprio cantone che
la lingua nazionale, ma che preferiscono la lingua nazionale al
dialetto delle altre province. Le buone maniere sono quelle che ogni
societ considera come le migliori dopo le proprie e queste sono
quelle degli intellettuali.
Ammetter tuttavia, a vantaggio della gente di mondo, che,
alloccorrenza, se fosse necessario scegliere tra le differenti categorie
duomini una alle cui maniere si dovesse dare la preferenza, sarebbe
incontestabilmente a quella della gente di corte; non che un
borghese non abbia altrettanti pensieri dun uomo di mondo, tutti e
due, se posso esprimermi cos, parlano spesso a vuoto, e non hanno
forse, in fatto didee, alcun vantaggio luno sullaltro, ma lultimo, per
la posizione nella quale si trova, si occupa di concetti pi
generalmente interessanti.
In effetti, se i costumi, le inclinazioni, i pregiudizi ed il carattere dei re
hanno molta influenza sullappagamento o linsoddisfazione
pubblica; se ogni conoscenza in merito interessante, la
conversazione dun cortigiano, che non pu parlare di quello che lo
riguarda senza parlare spesso dei suoi padroni, dunque
necessariamente meno insipida di quella del borghese. Daltra parte,
siccome la gente di mondo, in generale, vive una condizione molto al
di sopra dei bisogni, e non ne ha altri da soddisfare se non quello del
piacere, ancora certo che la conversazione ne deve, pertanto,
approfittare dei vantaggi del proprio stato: quello che rende, in
generale, le donne di corte cos superiori alle altre donne in fatto di
grazia, intelligenza, vezzi, e perch la categoria delle donne
intellettuali composta quasi soltanto da donne mondane.
Ma, se le maniere di corte sono superiori a quelle della borghesia,
non avendo tuttavia i grandi sempre aneddoti curiosi sulla vita
privata dei re da citare, la loro conversazione deve pi comunemente
ricadere sulle prerogative delle loro cariche, su quelle della loro
nascita, sulle loro avventure galanti, e sulle burle fatte o rese ad una
cena: ora simili conversazioni devono risultare insipide per la
maggior parte delle societ.
58

La gente di mondo dunque, rispetto ad esse, precisamente nel caso


della gente fortemente impegnata in un mestiere: ne fanno lunico e
perpetuo soggetto della loro conversazione, per cui le si taccia di
cattive maniere, perch sempre con una parola di disprezzo che un
annoiato si vendica dun noioso.
Mi si risponder, forse, che nessuna societ accusa la gente di
mondo di cattive maniere. Se la maggior parte delle societ tace, in
proposito, che la nascita e le dignit gli incute rispetto, gli vieta di
manifestare i propri sentimenti, e spesso anche di confessarli a se
stessa. Per convincersene, si interroghi su questargomento un uomo
di buon senso: le maniere mondane, risponder, sono il pi spesso
delle volte una presa in giro ridicola. Queste maniere, usuali alla
corte, vi furono senza dubbio introdotte da qualche intrigante, che,
per nascondere le proprie trame, voleva parlare senza dir nulla:
fuorviati da quella presa in giro, coloro che lo seguirono, senza aver
nulla da nascondere, adottarono il gergo del primo, e crederono di
dire qualcosa nel pronunciare parole abbastanza melodiosamente
messe insieme. Le persone in carica, per distogliere i grandi dagli
affari seri e renderli incapaci, applaudirono a quelle maniere,
permisero che le si chiamassero spirito, e furono i primi a dargliene il
nome. Ma, qualsiasi elogio si faccia a quel gergo, se, per valutare il
pregio della maggior parte delle belle parole cos ammirate nella
buona societ, le si traducesse in un altro linguaggio, la traduzione
dissiperebbe il prestigio, e la maggior parte di quelle belle parole
risulterebbero vuote di senso. Sicch, molte persone, bisogna
aggiungere, hanno, per quelli che si chiamano persone brillanti, un
disgusto molto marcato, e si ripete spesso questo detto popolare:
quando le belle maniere si presentano, il buon senso si ritira.
Le vere buone maniere sono quindi quelle degli intellettuali, di
qualunque stato siano. Pretendo, dir qualcuno, che la gente
mondana, attaccata ad idee troppo piccine, sia pertanto inferiore agli
intellettuali: gli sono superiori almeno nella maniera desprimere le
loro idee. La loro presunzione, a tal proposito, parrebbe
incontestabilmente pi attendibile. Sebbene le parole, in se stesse,
non siano n nobili, n di basso rango e che, in un paese in cui il
popolo rispettato, come in Inghilterra, non si faccia, n si debba
59

fare tale distinzione. In uno stato monarchico, in cui non si ha alcuna


considerazione per il popolo, certo che le parole debbano prendere
luna o laltra di dette denominazioni, secondo che sono adoperate o
rigettate a corte, e che cos la maniera desprimersi delle persone di
mondo deve sempre essere elegante: sicch lo . Ma siccome la
maggior parte dei cortigiani non si occupa che di materie frivole, il
dizionario della lingua nobile , per questa ragione, molto limitato, e
non nemmeno sufficiente al genere del romanzo, nel quale quanti
della buona societ volessero scrivere si troverebbero spesso molto
inferiori ai letterati. Riguardo ad argomenti che si considerano seri, e
che attengono alle arti ed alla filosofia, lesperienza cinsegna che, su
detti argomenti, gli uomini di mondo possono solo a stento
balbettare i propri pensieri: da cui risulta che al riguardo stesso
dellespressivit, non hanno alcuna superiorit sugli intellettuali, e
che pertanto, rispetto alla maggior parte degli uomini, non vi sono
che materie frivole nelle quali sono molto preparati, e di cui hanno
fatto uno studio e, per cos dire, unarte particolare; superiorit che
non ancora ben accertata, e che quasi tutti gli uomini si
attribuiscono in maniera esagerata per il rispetto meccanico che
hanno per la nascita e la dignit.
Del resto, la pretesa esclusiva delle buone maniere, per quanto di
ridicolo ne copra la gente di mondo, questo meno un ridicolo del
loro stato che dellumanit. In che modo lorgoglio non arriverebbe a
persuadere i grandi che loro e la gente della loro specie hanno le doti
[esprit] pi idonee ad incantare nella conversazione, giacch questo
stesso orgoglio ha s ben persuaso gli uomini in generale che la
natura ha acceso il sole solo per fecondare nello spazio quel piccolo
punto chiamato terra, e che aveva disseminato il firmamento di
stelle solo per illuminarlo di notte?
Si vani, sprezzanti, e di conseguenza ingiusti, ogni volta che si pu
esserlo impunemente. E perci che ogni uomo simmagina che, sulla
terra, non vi sia altra parte del mondo, in quella parte non vi sia
nazione, nella nazione provincia, nella provincia citt, nella citt
societ paragonabile alla propria; [non v uomo] che non si creda
ancora luomo superiore della sua societ e che a poco a poco, non
sorprenda se stesso nellammettere dessere il primo uomo
60

delluniverso. Sicch, per quanto folli siano le pretese esclusive alle


buone maniere, e per quanta stravaganza il pubblico attribuisca alle
persone mondane, questa stravaganza trover sempre
giustificazione davanti allindulgente e sana filosofia, che deve anche,
a tal proposito, risparmiare loro lamarezza dei rimedi inutili. Se
lanimale rinchiuso nella propria conchiglia, e che non conosce altro
universo se non la roccia sulla quale attaccato, non pu valutarne
la vastit, come luomo di mondo, che vive concentrato in una
piccola societ, che si vede attorniato dai medesimi oggetti, e che
non conosce che una sola opzione, potrebbe giudicare del valore
delle cose? La verit non si percepisce e non generata che con le
fermentazioni delle opinioni contrarie. Luniverso ci conosciuto solo
attraverso colui con il quale abbiamo rapporti. Chiunque si rinchiude
in una societ non pu evitare di adottarne i pregiudizi, soprattutto
se lusingano il suo orgoglio.
Chi pu sottrarsi ad un errore, quando la vanit, complice
dellignoranza, ve lo ha legato e gliel ha resa cara?
E per effetto della stessa vanit che la gente di mondo crede
dessere lunica detentrice delle belle maniere, che, secondo essa,
costituiscono il pregio primario, e senza il quale non ve n
nessunaltro. Non si accorgono che quelle maniere, che ritengono
come il saper vivere per eccellenza, non sono che una peculiarit del
loro mondo. In effetti, nel Monomotapa, dove quando il re starnuta, i
cortigiani sono tenuti, per educazione, a starnutire, e dove, lo
starnutire passando dalla corte alla citt e dalla citt alle province, fa
apparire limpero come afflitto da un raffreddore generale, chi
dubita del fatto che non vi siano cortigiani che non si vantino di
starnutire pi nobilmente degli altri uomini; che non si considerino,
perci, come i detentori unici delle belle maniere e che non trattino
di cattiva compagnia o di nazioni barbare, i singoli ed i popoli il cui
starnutire gli appaia meno armonioso?
Gli abitanti delle Marianne non pretendono forse che la civilt
consiste nel prendere il piede di colui al quale si vuol fare onore, a
strofinarsene delicatamente il viso, e nel non sputare mai davanti al
proprio superiore?
61

I Chiriguani non sostengono che bisogna portare mutande, ma che i


bei modi consistono nel portarle sotto braccio, come noi portiamo il
cappello?
Gli abitanti delle Filippine non diranno che non sta al marito far
provare le prime gioie dellamore alla propria moglie; che
unincombenza di cui si deve, pagando, sgravare su qualcun altro?
Non aggiungeranno che una ragazza che lo ancora allepoca del
matrimonio, una donna senza meriti, che degna solo di
disprezzo? Non si sostiene forse nel Pegu che fattore deleganza e
di decenza, che con un ventaglio in mano, il re avanzi nella sala
dudienze, preceduto da quattro giovinetti tra i pi belli della corte: e
che destinati ai suoi piaceri, ne sono allo stesso tempo interpreti ed
araldi che annunciano le sue volont? Se percorro tutte le nazioni,
trover dappertutto usanze diverse, ed ogni popolo, in particolare, si
creder necessariamente in possesso della migliore usanza. Ora, se
non c nulla di pi ridicolo di tali pretese, anche agli occhi delle
persone di mondo, che rientrino un po in s, vedranno che, sotto
altri nomi, di loro che se la ridono.
Per provare che ci che qui si chiama saper vivere, lungi dal piacere
universalmente, al contrario pi generalmente non gradito, si
conducano successivamente in Cina, in Olanda ed in Inghilterra il
giovanotto pi elegante ed esperto in questo compendio di gesti, di
propositi e maniere chiamate saper vivere e luomo sensato, la cui
ignoranza in merito lo fa trattare da stupido o di basse
frequentazioni, certo che questultimo passer, presso quei diversi
popoli, per pi istruito del vero saper vivere del primo. Qual il
motivo di un simile giudizio? E che la ragione, indipendente dai modi
e dai costumi di un paese, non in nessun posto straniera e ridicola;
succede invece al contrario che le maniere di un paese, sconosciute
in un altro paese, rendono sempre colui che ottempera a quelle
maniere tanto pi ridicolo, quanto pi vi aduso e vi si reso abile.
Se per evitare laria pesante e metodica in orrore alla buona societ, i
nostri giovani, si sono spesso dati alla balordaggine, chi dubita che
agli occhi degli inglesi, dei tedeschi o degli spagnoli i nostri leziosi
giovanotti non appaiano tanto pi ridicoli quanto pi saranno, a tal
62

proposito, pi attenti a adempiere quello che crederanno delle belle


maniere?
E dunque certo, per lo meno se se ne giudica dallaccoglienza che
viene riservata ai nostri manierosi allestero, che quello che
chiamano saper vivere, lungi dal trovare il consenso universale, non
piace al contrario in maniera pi generale, e che quel saper vivere
cos diverso dal vero saper vivere mondano, fondato sempre sulla
ragione, quanto la civilt lo della vera educazione.
Luno suppone solo la scienza delle maniere e laltro, un sentimento
fine, delicato e abituale di benevolenza verso gli uomini.
Del resto, sebbene non vi sia niente di pi ridicolo che queste
pretese esclusive alle buone maniere, e al buon costume, difficile,
come ho detto pi su, vivere nellalta societ senza adottare
qualcuno dei suoi errori, che gli intellettuali, i pi in guardia al
riguardo, non sono sempre sicuri di potersene difendere. Sicch, non
sono in questo campo, che gli errori estremamente moltiplicati, che
determinano il pubblico a porre gli eleganti al rango dei falsi e piccini,
dico piccini, perch la mente che in s non n grande n piccola,
adotta sempre luna o laltra denominazione della grandezza o della
piccolezza degli oggetti considerati e che la gente di mondo non
possono far altro che occuparsi di piccoli oggetti. Risulta da questi
due capitoli precedenti che linteresse pubblico quasi sempre
differente da quello delle societ particolari, che in conseguenza, gli
uomini pi stimati di queste societ non sono sempre i pi stimabili
agli occhi del pubblico.
Adesso mostrer che quelli che meritano pi stima da parte del
pubblico, debbono, con il loro modo di vivere e di spendere, essere
spesso sgradevoli alle societ particolari.

DISCORSO 2 - CAPITOLO 10
Perch luomo ammirato dal pubblico non sempre apprezzato dalla
gente di mondo.
63

Per piacere alle societ particolari, non necessario che lorizzonte


delle nostre idee sia molto esteso, occorre bens conoscere quello
che si chiama mondo, penetrarvi e studiarlo; al contrario, per
diventare illustre in unarte, o in una scienza qualsiasi, e meritare di
conseguenza, la stima del pubblico, occorre, come ho detto pi su,
fare studi diversissimi.
Supponiamo uomini desiderosi distruirsi nella scienza della morale.
E solo con il soccorso della storia e sulle ali della meditazione, che
potranno, secondo le forze disuguali del loro intelletto, innalzarsi a
differenti altezze, da cui luno scoprir citt, laltro luniverso intero.
E solo contemplando la terra da quel punto di vista, innalzandosi a
quellaltezza, chessa si riduce progressivamente, davanti al filosofo,
ad un piccolo spazio, e che prende ai suoi occhi la forma di una
borgata abitata da diverse famiglie che portano il nome di cinese,
inglese, francese, italiana, e di tutti quelli che si danno alle diverse
nazioni. E da l che, venendo a considerare lo spettacolo dei
costumi, delle leggi, delle usanze, delle religioni e delle differenti
passioni, un uomo, diventato quasi insensibile allelogio come alla
satira della gente, pu spezzare i legami dei pregiudizi, esaminare
con occhio tranquillo la contrariet delle opinioni degli uomini,
passare senza sbigottimento dal serraglio alla certosa, contemplare
con piacere la vastit della stoltezza umana, vedere con lo stesso
sguardo Alcibiade tagliare la coda al proprio cane e Maometto
chiudersi in una caverna, luno per prendere in giro la leggerezza
degli ateniesi, laltro per godere delladorazione del mondo.
Ora simili idee non si presentano se non nel silenzio e nella
solitudine. Se le muse, dicono i poeti, amano i boschi, i prati, le
fontane, che vi si gusta una tranquillit che rifugge le citt, e che le
riflessioni che un uomo, svincolato dai piccoli interessi delle societ,
vi fa su se stesso, sono riflessioni che fatte sulluomo in generale,
appartengono e piacciono allumanit. Ora, in questa solitudine in cui
si , come malgrado se stesso, portato verso lo studio delle arti e
delle scienze, come occuparsi d'una infinit di piccoli fatti che fanno
la conversazione giornaliera della gente di mondo?

64

Sicch i nostri Corneille e La Fontaine sono talvolta sembrati insipidi


nelle nostre cene mondane; la loro stessa bont danimo contribu a
farli considerare tali. Come potrebbe la gente di mondo riconoscere,
sotto le vesti della semplicit, luomo illustre? Ci sono pochi
conoscitori del vero merito. Se la maggior parte dei romani, dice
Tacito, ingannati dalla dolcezza e la semplicit di Agricola, cercavano
il granduomo sotto la modesta apparenza esteriore, senza poter
riconoscervelo, si capisce che, troppo lieto di sfuggire al disprezzo
delle societ particolari, il grand'uomo, soprattutto se modesto,
deve rinunciare alla stima sentita dalla maggior parte di loro. Sicch
animato soltanto debolmente dal desiderio d'esser loro gradito.
Sente confusamente che la stima di queste societ non proverebbe
che lanalogia delle sue idee con le loro. Che questa analogia sarebbe
spesso poco lusinghiera, e che la stima pubblica lunica degna di
brama, la sola desiderabile, giacch sempre un dono della pubblica
riconoscenza , e di conseguenza la prova di un merito reale. Ragion
per cui il granduomo, incapace di qualsiasi sforzo necessario per
piacere alle societ particolari, trova tutto possibile per meritare la
stima generale. Se lorgoglio di comandare ai re risarciva i romani
della durezza della disciplina militare, il nobile piacere dessere
stimato consola gli uomini illustri delle ingiustizie stesse della
fortuna. Hanno ottenuto tale stima? Si credono i detentori del bene
pi desiderato. In effetti, per quanta indifferenza si ostenti per
lopinione pubblica, ciascuno cerca di valutarsi da solo, e si crede
tanto pi stimabile quanto pi si vede generalmente stimato. Se i
bisogni, le passioni, e soprattutto la pigrizia, non soffocano in noi il
desiderio di stima, non c nessuno che non abbia fatto sforzi per
meritarla, e che non abbia desiderato il suffragio pubblico come
garante dell'alta opinione che ha di se stesso. Sicch il disprezzo della
reputazione, ed il sacrificio che se ne fa, si dice, alla fortuna ed alla
considerazione, sempre ispirato dalla disperazione di rendersi
illustre. Si deve vantare ci che si ha, e disdegnare ci che non si ha.
E' un effetto necessario dell'orgoglio: lo si rivolterebbe, se non se ne
sembrasse la vittima. Sarebbe, in tal caso, troppo crudele illuminare
un uomo sui veri motivi del suo disdegno. Sicch il merito non arriva
mai a questo eccesso di barbarie. Ogni uomo (mi sia consentito di
farne l'osservazione per inciso), quando non cattivo, e quando le
65

passioni non gli offuscano i lumi della ragione, sar tanto pi


indulgente quanto pi sar illuminato. E' una verit di cui mi rifiuto
tanto meno la prova, che rendendo giustizia, a tal proposito,
all'uomo di merito, posso, nei motivi stessi della sua indulgenza, far
pi nettamente percepire la causa del poco conto che tiene della
stima delle societ particolari, e di conseguenza del poco successo
che ci deve essere. Se il granduomo sempre il pi indulgente; se
guarda come un bene tutto il male che gli uomini non gli fanno, e
come un dono tutto quello che la loro iniquit gli lascia; se infine
versa sui difetti altrui il balsamo addolcente della piet e se lento a
coglierli, che l'altezza del suo spirito non gli permette di fermarsi
sui vizi e gli aspetti ridicoli d'un singolo, ma su quello degli uomini in
generale. Se ne considera i difetti, non affatto con l'occhio maligno
e sempre ingiusto dell'invidia ma con l'occhio sereno con il quale si
esaminerebbero due uomini che, desiderosi di conoscere il cuore e lo
spirito umano, si guardassero reciprocamente come due soggetti
d'istruzione e due corsi viventi d'esperienza morale: molto diversi, a
tal proposito, dalle mezze-intelligenze, avide d'una reputazione che
le fugge, sempre divorate dal veleno della gelosia, e che,
costantemente in agguato dei difetti altrui, perderebbero tutto il loro
piccolo merito se gli uomini perdessero le loro ridicolaggini. No
certo a simili persone che appartiene la conoscenza dello spirito
umano. Sono fatti per spegnere la celebrit dei talenti con gli sforzi
che fanno per soffocarli. Il merito come la polvere da
sparo:l'esplosione tanto pi forte quanto pi viene compressa. Del
resto, per quanta avversione si abbia per gli invidiosi, costoro sono
tuttavia ancor pi da compatire che biasimare. La presenza del
merito li importuna: se lo attaccano come un nemico, e se sono
cattivi, perch sono infelici; che perseguitano, nei talenti, l'offesa
che il merito fa alla loro vanit: il loro crimini non sono altro che
vendette. Un altro motivo dell'indulgenza dell'uomo di merito
attiene alla conoscenza che ha dello spirito umano. Ne ha tante volte
provato la debolezza; nel mezzo degli applausi d'un aeropago, tante
volte stato tentato come Focione, di voltarsi verso il suo amico per
domandargli se non abbia detto una grande sciocchezza, che, sempre
in guardia contro la sua vanit, egli scusa volentieri negli altri errori
nei quali caduto qualche volta egli stesso. Sente che alla
66

moltitudine degli sciocchi che si deve la creazione d'un uomo di


spirito; e che per riconoscenza, deve dunque ascoltare, senza,
acredine, le ingiurie che gli prodiga gente mediocre. Che quest'ultimi
si vantano, tra di loro ed in segreto, del ridicolo che danno al merito,
del disprezzo che hanno, dicono, per lo spirito; sono simili a quei
fanfaroni d'empiet che non bestemmiano se non tremando.
L'ultima causa dell'indulgenza dell'uomo di merito attiene alla visione
nitida che egli ha della necessit dei giudizi umani. Sa che le nostre
ide sono, se oso dire, conseguenze cos necessarie delle societ
nelle quali si vive, delle letture che si fanno e degli oggetti che si
offrono ai nostri occhi, che un'intelligenza superiore potrebbe
ugualmente, e attraverso gli oggetti che si sono presentati a noi,
indovinare i nostri pensieri; e, attraverso i nostri pensieri, indovinare
il numero e la specie d'oggetti che il caso ci ha offerto.
L'uomo di spirito sa che gli uomini sono quello che devono essere;
che qualsiasi odio contro di loro ingiusto; che uno sciocco porta
sciocchezze, come il pollone selvatico frutti amari; che insultarlo,
come rimproverare alla quercia di portare ghiande piuttosto che
olive; che, se l'uomo mediocre stupido ai suoi occhi, egli pazzo a
quelli dell'uomo mediocre: poich, se ogni pazzo non uomo di
spirito, almeno ogni uomo di spirito sembrer sempre folle alle
persone limitate. L'indulgenza sar dunque sempre effetto della luce,
quando le azioni non ne intercetteranno l'azione. Ma questa
indulgenza, principalmente fondata sulla grandezza d'animo che
inspira l'amore della gloria, rende l'uomo illuminato molto
indifferente alla stima delle societ particolari. Ora questa
indifferenza, aggiunta ai generi differenti di vita e di studio necessari
per piacere, sia al pubblico, sia a quelli che si chiama la buona
compagnia, far quasi sempre, dell'uomo di merito, un uomo
abbastanza sgradevole alla gente di mondo.
La conclusione generale di quello che ho detto dello spirito in
rapporto alle societ particolari, che unicamente sottomesse al
proprio interesse, ciascuna societ misura sulla scala di questo stesso
interesse il grado di stima che accorda ai diversi generi d'idee e di
spirito. E' cos per le piccole societ come per un individuo. Ha un
67

processo? Se questo processo considerevole, ricever il suo


avvocato con pi zelo, pi manifestazioni di rispetto e di stima di
quanto riceverebbero da lui Dascartes, Locke o Corneille. Il processo
accomodato? E' a quest'ultimi che manifester pi deferenza. La
differenza della sua posizione decider della differenza delle sue
accoglienze.
Vorrei, finendo questo capitolo, poter rassicurare il piccolissimo
numero di gente modesta, che distratta dagli affari, o dalla cura della
propria fortuna, non hanno potuto dar prova di grandi talenti; e non
possono, conseguentemente ai principi stabili qui sopra, sapere se, in
quando allo spirito, sono realmente degni di stima. Qualsiasi
desiderio che io abbia, a tal proposito, di render loro giustizia,
bisogna convenire che un uomo che si annuncia come un grande
spirito, senza distinguersi per alcun talento, precisamente nel caso
d'un uomo che si dice nobile senza avere titoli nobiliari. Il pubblico
non stima che il merito provato dai fatti. Deve giudicare uomini di
condizioni differenti? Chiede al militare, quale vittoria avete
riportato? All'uomo che conta, quale sollievo avete portato alle
miserie del popolo? Al privato, con quale opera avete illuminato
l'umanit? Colui che non nulla da rispondere a queste domande, non
n riconosciuto, n stimato dal pubblico. Io so che, sedotti dai
prestigi della potenza, dal fasto che lo avvolge, dalla speranza di
grazie di cui un uomo di potere il distributore, un gran numero
d'uomini riconoscono macchinalmente un gran merito dove
avvertono un gran potere. Ma i loro elogi, tanto passeggeri quanto il
credito di quelli ai quali li prodigano, non ne impongono per niente
alla sana parte del pubblico: al riparo da qualsiasi seduzione, esente
da qualsiasi interesse, il pubblico giudica come lo straniero, che non
riconosce per uomo di merito che l'uomo distinto per suoi talenti:
quello solo che ricercano con zelo, zelo sempre lusinghiero per
chiunque ne l'oggetto.
Quando non si affatto costituiti in dignit, il segno certo d'un
merito reale. Chi vuol sapere esattamente quello che vale, non pu
dunque apprenderlo che dal pubblico, e deve, di conseguenza,
esporsi al suo giudizio. Si sa il ridicolo che tal proposito ci si sforza de
dare a quelli che pretendono, in qualit d'autori, alla stima della loro
68

nazione: ma tal ridicolo non fa affatto impressione sull'uomo di


merito; egli li guarda come un effetto della gelosia di questi piccoli
spiriti, che, immaginandosi che, se nessuno facesse prova di merito,
potrebbero credersene altrettanto che chiunque, non possono
soffrire che si producano simili titoli. Senza questi titoli tuttavia,
nessuno merita, n ottiene la stima del pubblico.
Che si gettino gli occhi su tutti questi grandi spiriti, cos vantati nelle
societ particolari: si vedr che, piazzati dal pubblico nel rango degli
uomini mediocri, debbono la reputazione di spirito, di cui qualche
persona li fregia, solo all'incapacit nella quale sono di provare la
loro stupidit, anche attraverso cattive opere. Cosicch, tra questi
meravigliosi, quelli stessi che promettono di pi, non sono, se oso
dire, in quanto a spirito, tutt'al pi che dei forse. Quanto certa sia
questa verit, e qualunque ragione abbia la gente modesta di
dubitare di un merito che non passato attraverso la coppetta del
pubblico, tuttavia certo che un uomo pu, in quanto a spirito,
credersi realmente degno della stima generale: 1 quando per le
persone pi stimate del pubblico e delle nazioni straniere che si
sente pi attirato; 2 quando lodato, come dice Cicerone da un
uomo gi lodato; 3 quando in fine ottiene la stima di quelli che, in
opere o grandi piazze, hanno gi fatto scoppiare grandi talenti: la
loro stima per lui suppone una grande analogia tra le loro idee e le
sue; e questa analogia pu essere guardata, se non come una prova
completa, almeno come un'abbastanza grande probabilit che, se si
fosse, come loro, esposto agli sguardi del pubblico, avrebbe avuto,
come loro, qualche parte della sua stima.

Discorso 2 - Capitolo 11
Della probit in rapporto al pubblico.
Non pi della probit in rapporto ad un privato o ad una piccola
societ, ma della vera probit, della probit considerata in rapporta
al pubblico, ci di cui si tratta in questo capitolo.

69

Questo tipo di probit lunico che realmente ne merita e


generalmente ne ottiene il nome. E solo considerando la probit
sotto questo punto di vista, che ci si pu formare idee chiare
sullonest, e trovare una guida per la virt. Ora, sotto questo
aspetto, dico che il pubblico, come le societ particolari, , nelle sue
valutazioni, mosso unicamente dal motivo dellinteresse; che d il
nome doneste, grandi o eroiche, solo alle azioni che gli sono utili; e
che non commisura la propria stima per una tal o tal altra azione sul
grado di forza, coraggio, o generosit necessario per portarla a
termine, ma sullimportanza stessa di questazione ed il vantaggio
che ne ricava.
In effetti, se spinto dalla presenza di unarmata, un uomo si batte
solo contro tre uomini feriti, questazione, senza dubbio lodevole,
tuttavia solo unazione di cui mille dei nostri granatieri sono capaci, e
per la quale essi non saranno mai citati nella storia; ma se la salute di
un impero, che deve soggiogare luniverso si trova legata a quel
combattimento, Orazio un eroe: lammirazione dei suoi
concittadini ed il suo nome celebre nella storia passa nei secoli pi
remoti.
Che due persone si precipitano in un burrone, unazione comune a
Saffo e Curzio, ma la prima vi si getta per strapparsi alle pene
dellamore, il secondo per salvare Roma: Saffo pazza e Curzio un
eroe. In vano i filosofi daranno ugualmente a queste due azioni il
nome di pazzia, il pubblico, pi illuminato di loro su i propri interessi,
non dar mai il nome di pazzo a quelli che lo sono a proprio profitto.

Discorso 2 Capitolo 12
Del talento [esprit] in rapporto al pubblico.
Applichiamo al talento quello che ho detto della probit: si vedr
che, sempre lo stesso nelle sue valutazioni, il pubblico non prende
mai consiglio che dal proprio interesse; che non commisura affatto
l'apprezzamento per i diversi generi di talento alla differente
difficolt di tali generi, vale a dire al numero e alla finezza delle idee
70

necessarie per avervi successo, ma soltanto al vantaggio pi o meno


grande che ne ricava.
Poniamo che un generale ignorante vinca tre battaglie contro un
generale ancora pi ignorante di lui, sar, almeno in vita, ricoperto di
una gloria tale che non se naccorder altrettanta al pi gran pittore
del mondo.
Questultimo tuttavia ha conquistato il titolo di gran pittore, solo con
una gran superiorit su uomini ingegnosi, ed eccellendo in unarte,
senza dubbio meno necessaria, ma forse pi difficile di quella della
guerra. Dico pi difficile, perch agli albori della storia, vediamo
uninfinit duomini come gli Epaminonda, i Lucullo, gli Alessandro, i
Maometto, gli Spinola, i Cromwel, i Carlo XII, guadagnarsi la
reputazione di gran capitani il giorno stesso che hanno comandato e
battuto degli eserciti, e che nessun pittore, qualsivoglia fortunata
disposizione abbia ricevuto dalla natura, citato quale pittore
illustre, solo dopo avere passato dieci o dodici anni della propria vita
in studi propedeutici di questarte. Perch dunque accordare
maggior stima al generale ignorante che al pittore valente?
La differente attribuzione di gloria, cos ingiusta in apparenza, attiene
alla diversit dei vantaggi che questi due uomini procurano alla loro
nazione. Ci si chieda ancora perch il pubblico conferisce al
negoziatore esperto il titolo di mente superiore, che rifiuta
allavvocato celebre? Limportanza degli affari di cui si carica il primo
prova in lui una superiorit di talento sul secondo? Non c spesso
bisogno di tanta sagacit e finezza per discutere gli interessi e
portare a termine i processi di due Signori di parrocchia, quanto per
pacificare due nazioni? Perch dunque il pubblico, cos avaro della
propria stima verso lavvocato, n cos prodigo verso il negoziatore?
E che il pubblico, ogni volta che non accecato da pregiudizi o
superstizione, capace di fare, senza accorgersene, i ragionamenti
pi fini su quello che linteressa. Listinto, che gli fa rapportare tutto
al suo interesse, come letere, che penetra tutti i corpi senza farvi
alcunimpressione sensibile. Esso ha meno bisogno di pittori ed
avvocati celebri, che di generali e negoziatori abili; legher quindi al
talento di questi ultimi il prezzo della stima necessaria per indurre
71

sempre qualche cittadino ad acquisirli. Da qualsiasi parte si volga lo


sguardo, si vedr sempre linteresse presiedere alla distribuzione che
il pubblico fa della propria stima.

72

Quando gli olandesi erigono una statua a quel Guglielmo Buckelst


che gli aveva trasmesso il segreto per salare e mettere in barile le
aringhe, non per nulla alla grandezza del genio necessario a questa
scoperta che deferiscono onore, ma allimportanza del segreto e ai
vantaggi che procura alla nazione. In ogni scoperta, il vantaggio ne
impone talmente allimmaginazione, da decuplicare il merito, anche
agli occhi di persone intelligenti. Quando i piccoli frati agostiniani
deputarono Roma per ottenere dalla santa sede il permesso di
tagliarsi la barba, chiss se padre Eustacchio non utilizz in questo
negoziato tanta finezza di spirito quanto il presidente Jeannin nei
suoi negoziati dOlanda? [Pierre Jeannin, 1540-1622, statista,
giurista e scrittore francese, conosciuto con il nome di presidente
Jeannin, ndt]. Nessuno pu affermare nulla a tal proposito, a che
cosa quindi attribuire il sentimento di derisione o di stima che
esercitano questi due differenti negoziatori, se non la differenza dei
loro oggetti?

73

Supponiamo sempre grandi cause a grandi effetti. Un uomo occupa


un posto importante, per la posizione nella quale si trova, opera
grandi cose con poco talento: questuomo passer, per la massa,
come superiore a colui che, in un posto inferiore e circostanze meno
felici, con molto talento non pu che attuare piccole cose. Questi
due uomini saranno come pesi ineguali applicati a punti diversi di
una lunga leva, in cui il peso pi leggero, posto ad una delle
estremit, solleva un peso decuplicato posto pi vicino al punto di
leva. Ora, se il pubblico, come ho dimostrato, valuta solo secondo la
propria utilit, e se indifferente a qualsiasi altra specie di
considerazione, questo stesso pubblico, ammiratore entusiasta delle
arti che gli sono utili, non deve affatto esigere dagli artisti che le
coltivano questo alto grado di perfezione al quale vuole
assolutamente che arrivino quelli che si attaccano ad arti meno utili,
e nelle quali spesso pi difficile avere successo. Sicch gli uomini,
secondo che si dedicano ad arti pi o meno utili, sono paragonabili
ad attrezzi grossolani, o a gioielli: i primi sono sempre giudicati buoni
quando lacciaio n ben temperato, ed i secondi sono apprezzati
solo per la loro perfezione. Ragion per cui la nostra vanit in
segreto sempre tanto pi lusingata da un successo, quanto pi
otteniamo tale successo in un genere meno utile al pubblico, nel
quale si merita pi difficilmente la sua approvazione, nel quale infine
la riuscita suppone necessariamente talento e merito personale. In
effetti, da quali diverse prevenzioni non preso il pubblico, quando
valuta il merito di un autore o di un generale? Giudica il primo? Lo
paragona a tutti quelli che si sono distinti in quel campo, e non gli
accorda la propria stima che per quanto sorpassa o almeno uguaglia
quelli che lhanno preceduto. Giudica un generale? Non esamina
affatto, prima di farne lelogio, se uguaglia in abilit Scipione, Cesare,
o Sertorio. Se un poeta drammatico fa una buona tragedia su un
argomento gi noto, , si dice, uno spregevole plagiario; ma se un
generale si serve, in una campagna, dellordine di battaglia e degli
stratagemmi di un altro generale, spesso napparir solo pi
lodevole.

74

Poniamo che un autore riporti un premio su sessanta concorrenti: se


il pubblico non ammette il merito di questi concorrenti, o se le loro
opere sono deboli, lautore ed il suo successo sono ben presto
dimenticati.
Ma quando il generale ha trionfato, il pubblico, prima dincoronarlo
ha mai verificato labilit ed il valore dei vinti? Esige da un generale il
sentimento fine e delicato di gloria che alla morte del sig. De
Turenne, indusse Montecuculi a lasciare il comando dellesercito?
Non mi si pu pi, diceva, opporre nemici degni di me. Il pubblico
pesa dunque a bilance molto differenti il merito di un autore e quello
di un generale. Ora, perch disdegnare nelluno la mediocrit che
spesso ammira nellaltro? E che dalla mediocrit di uno scrittore non
ne tira alcun vantaggio, mentre pu tirare grandissimi vantaggi da
quella del generale, la cui ignoranza talvolta coronata da successo.
E quindi interessato ad apprezzare nelluno ci che disprezza
nellaltro.
Daltronde, se la felicit pubblica dipende dal merito delle persone
importanti, e se i posti importanti sono raramente occupati da grandi
uomini, per impegnare la gente mediocre a portare almeno nella loro
impresa tutta laccortezza e lattivit di cui sono capaci, occorre
necessariamente lusingarli con la speranza di una gran gloria.
Soltanto tale speranza pu elevare fino al livello della mediocrit
uomini che non vi sarebbero mai arrivati, se il pubblico, troppo
severo giudice del loro merito, li avesse nauseati della sua stima per
la difficolt dottenerla.

75

Ecco la causa dellindulgenza segreta con la quale il pubblico giudica


le persone importanti; indulgenza talvolta cieca nel popolo, ma
sempre illuminata nella persona di talento. Questa sa che gli uomini
sono i discepoli degli oggetti che li circondano, che la lusinga, assidua
nei grandi, preside a tutte le istruzioni che si danno loro; e che cos
si pu, senza ingiustizia, chiedere tanto talento e virt quanto se
nesige da un privato. Se lo spettatore illuminato fischia al teatro
francese quello che applaude negli italiani; se in una bella donna e un
bel bimbo, tutto grazia, spirito e intelligenza, perch non trattare i
grandi con la stessa indulgenza? Si pu legittimamente ammirare in
loro talenti che si trovano comunemente in un privato oscuro,
perch gli pi difficile dacquisirle. Viziati dagli adulatori, come le
belle donne dagli uomini galanti, impegnati daltronde in mille
piaceri, distratti da mille cure, non hanno per niente, come il
filosofo, il piacere di pensare, dacquisire un gran numero di concetti,
n darretrare sia i limiti della loro mente sia quelli della mente
umana. Non affatto ai grandi che si devono le scoperte nelle arti e
le scienze; la loro mano non ha sollevato il piano della terra e del
cielo, non ha affatto costruito navigli, edificato palazzi, forgiato il
vomere dellaratro, e neppure scritto le prime leggi: sono i filosofi
che, dallo stato selvaggio, hanno portato le societ al punto della
perfezione dove adesso sembrano pervenute. Se fossimo stati
aiutati soltanto dal genio degli uomini potenti, forse non avremmo
per nulla ancora la campagna per nutrirci, n forbici per farsi le
unghie.
La superiorit dingegno dipende principalmente, come dimostrer
nel prossimo discorso, da un certo concorso di circostanze nel quale
gli umili sono raramente piazzati, ma nel qual quasi impossibile che
i grandi sincontrano. Si devono dunque giudicare i grandi con
indulgenza, e rendersi conto che, in una gran piazza, un uomo
mediocre un uomo molto raro. Sicch il pubblico, soprattutto in
tempi di calamit, gli prodiga uninfinit delogi. Quanti encomi fatti a
Varrone [Marco Terenzio Varrone, ndt], per non aver affatto
disperato della salvezza della repubblica. In circostanze simili a quelle
in cui si trovarono i romani, luomo di vero merito un dio.
76

Se Camillo [Marcus Furius Camillus 446-365 ac, ndt] avesse fatto in


modo di prevenire le disgrazie di cui arrest il corso, se questeroe,
eletto generale nella battaglia dAllia, avesse sconfitto in quel giorno
i galli che vinse ai piedi del campidoglio, Camillo, paragonabile a
cento altri capitani, non avrebbe avuto il titolo di secondo fondatore
di Roma. Se in tempi di prosperit, M De Villars [ Louis Hector duca di
Villars, 1653-1734] avesse avuto in Italia la giornata di Denain
[battaglia di Denain 24.07.1712, ndt] avrebbe vinto la battaglia in un
momento in cui la Francia non sarebbe affatto stata accessibile al
nemico, la vittoria sarebbe stata meno importante, la riconoscenza
del pubblico meno viva, e la gloria del generale meno grande. La
conclusione di quello che ho detto, che il pubblico giudica solo
secondo il proprio interesse: si perde di vista questinteresse?
Nessunidea chiara della probit e del talento.

77

Se le nazioni soggiogate da un potere dispotico sono disprezzate


dalle altre nazioni, se, negli imperi del (Gran) Mogol (o Moghul) e del
Marocco, si vedono pochissimi uomini illustri, che il talento, come
ho detto pi su, non essendo in s n grande n piccolo, prende luna
o laltra di queste denominazioni dalla grandezza o la mediocrit
dagli oggetti che considera. Ora, nella maggior parte dei governi
arbitrari, i cittadini non possono senza urtare il despota, occuparsi
dello studio del diritto di natura, del diritto pubblico, della morale e
della politica. Non osano risalire, in questo campo, fino ai principi
primi di queste scienze, n elevarsi a grandi concetti, non possono
dunque meritare il titolo di grandi ingegni. Ma, se le valutazioni del
pubblico sono sottomesse alla legge del suo interesse, bisogna
trovare in questo stesso principio dellinteresse generale, si dir, la
causa di tutte le contraddizioni che si crede, a tal proposito,
individuare nelle idee del pubblico. Per questo, continuo il parallelo
cominciato tra il generale e lautore, e mi faccio questa domanda: se
larte militare, di tutte le arti, la pi utile, perch tanti generali, la
cui gloria eclissava, in vita, quella di qualsiasi uomo illustre in altri
campi, sono stati, essi stessi, la loro memoria e le loro imprese,
sepolti nella stessa tomba, quando la gloria degli autori loro
contemporanei conserva ancora il suo primo splendore? La risposta a
questa domanda, che, se si eccettua i capitani che realmente
hanno perfezionato larte militare, e che, tali i Pirro, gli Annibale, i
Gustave, i Cond, i Turenne, devono in questo campo essere messi al
rango dei modelli e degli inventori, i generali meno valorosi di
questi, cessando alla loro morte dessere utili al pubblico, non hanno
pi diritto alla sua riconoscenza, n di conseguenza alla sua stima. Al
contrario, cessando di vivere, gli autori non hanno smesso dessere
utile al pubblico; hanno lasciato nelle sue mani le opere che gli
avevano gi valso la sua stima; ora, siccome la riconoscenza deve
sussistere tanto quanto il beneficio, la loro gloria pu eclissarsi solo
nel momento in cui le loro opere cesseranno dessere utili alla patria.
E dunque soltanto allutilit differente e dissimile con cui lautore ed
il generale appaiono al pubblico dopo la morte, che si deve attribuire
questa successiva superiorit di gloria che in tempi differenti
ottengono volta per volta luno sullaltro.
78

Ecco per quale ragione tanti re, deificati sul loro trono, sono stati
dimenticati immediatamente dopo la loro morte: ecco perch il
nome degli scrittori illustri, che, in vita, si trova cos raramente a
fianco di quello dei principi, , alla morte degli scrittori, cos spesso
confuso con quelli dei pi grandi re; perch il nome di Confucio pi
conosciuto, pi rispettato in Europa di quello di un imperatore di
Cina; e perch si cita il nome dOrazio e Virgilio a fianco di quello
dAugusto. Applichiamo alla distanza dei luoghi quello che dico della
distanza dei tempi; chiediamoci perch il saggio illustre meno
stimato dalla sua nazione del ministro abile; e per quale ragione
Rosny, pi onorato da noi di Descartes, meno considerato dallo
straniero; che, risponder, un gran ministro non utile che al suo
paese; e che perfezionando lo strumento proprio alla cultura delle
arti e delle scienze, abituando lo spirito umano a pi ordine e
giustizia, Descartes si reso pi utile alluniverso, e deve, di
conseguenza, esserne pi rispettato.

79

Ma, si dir, se nei giudizi, le nazioni consultano sempre soltanto il


proprio interesse, perch il lavoratore ed il vignaiolo, pi utili, senza
dubbio, del poeta e del geometra, ne sarebbero meno stimati? E che
il pubblico avverte confusamente che la stima, tra le sue mani, un
tesoro immaginario, che non ha valore reale che per quanto ne fa
una distribuzione giudiziosa e controllata; che di conseguenza, non
deve accordare stima a lavori di cui tutti gli uomini sono capaci. La
stima, allora, diventata troppo comune, perderebbe, per cos dire,
tutta la sua virt; non feconderebbe pi i germi di genio e probit
diffusi in tutte le anime; e non produrrebbe pi infine quegli uomini
illustri in ogni campo, che esorta alla ricerca della gloria la difficolt
dottenerla. Il pubblico percepisce dunque che per quanto riguarda
lagricoltura, larte e non lartista che deve onorare; e che se
anticamente con il nome di Cerere e Bacco, ha deificato il primo
aratore ed il primo vignaiolo, questonore, cos giustamente
accordato agli inventori dellagricoltura, non deve affatto essere
elargito ai braccianti. In ogni paese in cui il contadino non
sovraccaricato dimposte, la speranza del guadagno legato a quello
del raccolto basta ad impegnarlo nella coltivazione delle terre; e ne
concludo che, in certi casi, come lha gi fatto vedere il celebre
Duclos [Charles Pinot Duclos 1704 1772, ndt ] dellinteresse delle
nazioni conformare la stima, non solamente allutilit di unarte, ma
ancora alla sua difficolt.
Chi dubita che una raccolta di fatti, tale quella della biblioteca
orientale, non sia cos istruttiva, cos divertente, e di conseguenza,
cos utile di uneccellente tragedia? Perch dunque il pubblico ha pi
stima per il poeta tragico che non per il dotto compilatore? E che
rassicurato, dal gran numero delle imprese paragonate al piccolo
numero dei successi, della difficolt del genere drammatico, il
pubblico sente che, per formare un Corneille, dei Racine, dei
Crebillon, o dei Voltaire, deve dare infinitamente pi gloria ai loro
successi; e che al contrario, basta onorare i semplici compilatori del
tipo di stima pi debole, per essere abbondantemente riforniti di
queste opere di cui tutti gli uomini sono capaci, e che sono
propriamente soltanto lopera del tempo e della pazienza.
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Gli eruditi totalmente privi di lumi filosofici, non fanno altro che
mettere insieme in raccolte i fatti sparsi nelle rovine dellantichit,
sono, in rapporto alluomo di genio, quello che i tagliatori di pietre
sono in rapporto allarchitetto: sono loro che forniscono i materiali
degli edifici, senza di loro, larchitetto sarebbe inutile. Ma pochi
uomini possono diventare buoni architetti, tutti sono adatti a tagliare
la pietra: dunque dinteresse pubblico accordare ai primi un tributo
di stima proporzionato alla difficolt della loro arte. E per questo
stesso motivo, e perch lo spirito dinvenzione e di sistema si
acquisisce ordinariamente solo con lunghe e penose meditazioni, che
si accorda pi stima a questo tipo di talento che a qualsiasi altro; e
che, infine, in tutti i campi di unutilit pi o meno simile, il pubblico
adegua sempre la propria stima alla differente difficolt dei diversi
generi. Dico di unutilit pi o meno simile, perch, se fosse possibile
immaginare una sorta dingegno assolutamente inutile, qualsiasi
difficolt ci fosse per eccellervi, il pubblico non accorderebbe alcuna
stima ad un simile talento; tratterebbe colui che lavrebbe acquisito,
come Alessandro tratt quelluomo che, davanti a lui, infilava, si dice,
con una maestria meravigliosa, dei semi di miglio attraverso la cruna
di un ago; e che ottenne dallequit dal principe solo uno staio di
miglio come ricompensa. La contraddizione, che si crede talvolta
scorgere tra linteresse ed i giudizi del pubblico, non mai che
apparente. Linteresse pubblico, come mi ero proposto di
dimostrare, dunque il solo distributore della stima accordata ai
diversi tipi di talento.

Discorso 2 - Capitolo 13
Della probit, in rapporto ai secoli ed ai popolo diversi.
Nei diversi secoli e paesi, la probit non pu essere che labitudine
delle azioni utili alla propria nazione. Per quanto certa sia questa
proposizione, per farne comprendere in maniera pi inequivocabile
la verit, prover a dare idee chiare e precise della virt.
A tale scopo, esporr i due sentimenti che, su questargomento,
hanno fin qui diviso i moralisti.
81

Gli uni sostengono che abbiamo unidea della virt assoluta e


indipendente dai secoli e dai diversi governi; che la virt sempre
una e sempre la stessa. Gli altri sostengono, al contrario, che ogni
nazione, se ne forma unidea diversa. I primi, a riprova della loro
opinione, adducono i sogni ingegnosi, ma inintelligibili, del
platonismo. La virt, secondo loro, non altro che lidea stessa
dellordine, dellarmonia e del bello essenziale. Il bello, per, un
mistero di cui non possono dare unidea precisa: sicch non fondano
affatto il loro sistema sulla conoscenza che la storia ci d del cuore e
dello spirito umano.
I secondi, e tra questi Montaigne, attaccano lopinione dei primi con
armi di tempra pi forte dei ragionamenti, vale a dire, con i fatti;
fanno vedere che unazione, virtuosa al nord, viziosa nel
mezzogiorno, e ne concludono che lidea di virt puramente
arbitraria. Tali sono le opinioni di questi due tipi di filosofi. Quelli, per
non aver consultato la storia, errano ancora nel dedalo di una
metafisica delle parole, questi, per non aver esaminato abbastanza in
profondit i fatti che la storia presenta, hanno pensato che solo il
capriccio decide della bont o della cattiveria delle azioni umane. Le
due sette di filosofi si sono tutte e due sbagliate, ma luna e laltra
avrebbero evitato lerrore, se avessero considerato, con occhio
attento, la storia del mondo. Allora avrebbero avvertito che i secoli
devono necessariamente apportare, nel fisico e nel morale,
rivoluzioni che cambiano la faccia degli imperi; che, nei grandi
sconvolgimenti, gli interessi dei popoli sperimentano sempre grandi
cambiamenti, che le stesse azioni possono diventargli
successivamente utili e nocive e, di conseguenza, prendere volta per
volta il nome di virtuose o viziose.
Coerentemente con tale osservazione, se avessero voluto formarsi
unidea della virt puramente astratta ed indipendente dalla pratica,
avrebbero riconosciuto che, con il nome di virt, si pu solo
intendere il desiderio di felicit generale, che, perci, il bene
pubblico loggetto della virt, e che le azioni che ordina sono i
mezzi di cui si serve per soddisfare tale oggetto; che cos lidea della
virt non affatto arbitraria, che nei secoli e nei paesi diversi, gli
uomini, almeno quelli che vivono in societ, hanno dovuto
82

formarsene la stessa idea, e che infine, se i popoli se la


rappresentano sotto forma diversa, che prendono per virt stessa i
diversi mezzi di cui essa si serve per soddisfare il proprio oggetto.
Questa definizione di virt ne d, penso, unidea chiara, semplice, e
conforme allesperienza; conformit che sola pu costatare la verit
di unopinione. La piramide di Venus-Urania, la cui cima si perdeva
nei cieli, e la cui base era appoggiata sulla terra, lemblema di
qualsiasi sistema, che crolla a mano a mano che viene edificato, se
non si sostiene sulla base solida dei fatti e dellesperienza. E proprio
sui fatti, vale a dire, sulla follia e la stravaganza fino ad ora
inspiegabili delle leggi e degli usi diversi, che fondo la prova della mia
opinione.
Per quanto stupidi si suppongano i popoli, certo che guidati dal
proprio interesse non hanno adottato senza motivo i costumi ridicoli
che si trovano radicati presso di alcuni di loro; la stravaganza di tali
costumi quindi causata dalla diversit degli interessi dei popoli: in
effetti, questi hanno sempre confusamente inteso, con la parola
virt, il desiderio di felicit pubblica; se, di conseguenza, hanno
assegnato il nome doneste solo alle azioni utili alla patria, e se lidea
dutilit sempre segretamente stata associata allidea di virt, si
pu esser sicuri che i costumi pi ridicoli, ed anche pi crudeli, come
dimostrer con qualche esempio, hanno sempre avuto per
fondamento lutilit reale o apparente del bene pubblico.
Il furto era consentito Sparta, era punita solo limperizia del ladro
colto in flagrante: v cosa pi strana che questo costume? Tuttavia,
se si ricordano le leggi di Licurgo, ed il disprezzo che si aveva per loro
e largento, in una repubblica in cui le leggi davano corso solo ad una
moneta di ferro pesante e frangibile, ci si accorger che il furto di
polli e di legumi era il solo che vi si pot commettere. Sempre fatti
con maestria, spesso negati con fermezza, simili furti allenavano i
lacedemoni allabitudine del coraggio e della vigilanza: la legge che
permetteva il furto poteva quindi essere utilissima a questo popolo
che non aveva da temere meno dal tradimento degli iloti che
dallambizione dei persiani, e che agli attentati degli uni, come agli
83

innumerevoli eserciti degli altri, poteva solo opporre il viale di queste


due virt.
E quindi certo che il furto, dannoso per qualsiasi popolo ricco, ma
utile a Sparta, vi doveva essere onorato. Alla fine dellinverno,
quando la penuria di viveri costringe il selvaggio a lasciare la propria
capanna, e che la fame lo spinge ad andare a caccia per fare nuove
provviste, alcune nazioni selvagge si radunano prima della partenza,
fanno salire i sessagenari sulle querce, e le fanno scuotere da braccia
energiche; la maggior parte dei vecchi cade, e sono massacrati nel
momento stesso della caduta. Tale fatto conosciuto, e nulla sembra
a prima vista pi abominevole che questusanza: tuttavia, con quale
sorpresa, dopo essere risaliti allorigine, si nota che il selvaggio
considera la caduta dei poveri vecchi come la prova della loro
impotenza per sostenere le fatiche della caccia! Li lascer nelle
capanne o nelle foreste in preda alla fame ed alle bestie feroci?
Preferisce risparmiare loro la durata e la violenza dei dolori, e
strappare, con parricidi immediati e necessari, i loro padri agli orrori
duna morte troppo crudele e troppo lenta. Ecco lorigine dun
costume cos esecrabile; ecco come un popolo vagabondo, che la
caccia ed il bisogno di viveri trattiene sei mesi in foreste immense, si
trova, per cos dire, costretto a questa barbarie; e come, in questi
paesi, il parricidio ispirato e commesso in base allo stesso principio
dumanit che ce lo fa considerare con orrore.
Ma, senza far ricorso alle nazioni selvagge, si consideri un paese
civile, come la Cina; ci si chieda perch si d ai padri il diritto di vita e
di morte sui propri figli e si vedr che le terre di questo impero, per
quanto estese siano, hanno potuto talvolta provvedere solo con
difficolt ai bisogni dei numerosi abitanti. Ora, siccome la
sproporzione troppo grande tra la molteplicit degli uomini e la
fecondit delle terre occasionerebbe necessariamente guerre
funeste allimpero e forse anche al mondo intero, si capisce che, in
un momento di penuria, e per prevenire uninfinit di delitti e di
disgrazie inutili, la nazione cinese, umana nelle proprie intenzioni, ma
barbara nella scelta dei mezzi, attraverso il sentimento di un'umanit
poco illuminata, ha potuto considerare tali crudelt come necessarie
alla pace del mondo. Vi sacrifico, essa si detta, qualche vittima
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sfortunata, alle quali linfanzia e lignoranza rubano la conoscenza e


gli orrori della morte, nella qual cosa consiste forse ci che ha di pi
temibile. E senza dubbio al desiderio di opporsi al troppo grande
incremento degli uomini, e conseguentemente alla stessa origine,
che si deve attribuire la venerazione ridicola che alcuni popoli
dAfrica conservano ancora oggi per dei solitari che vietano a se
stessi davere con le donne le relazioni che si consentono con i bruti.
Fu parimenti il motivo dellinteresse pubblico, ed il desiderio di
proteggere la bellezza pudica contro gli attentati dellincontinenza,
che una volta port gli svizzeri ad emanare un editto con il quale era
non solo permesso, ma anche ordinato a ciascun prete di procurarsi
una concubina. Sulle colline di Coromandel, dove le donne si liberano
con il veleno dal giogo importuno dellimene, fu infine il medesimo
motivo, che, con un rimedio odioso quanto il male, indusse il
legislatore a provvedere alla sicurezza dei mariti, forzando le donne a
bruciarsi sulle tombe dei mariti.
Coerentemente con i miei ragionamenti, tutti i fatti che ho appena
citato concorrono a provare che le usanze, anche quelle pi crudeli e
pi insensate, hanno sempre avuto origine dallutilit reale o almeno
apparente del pubblico.
Ma, si dir, non per questo quelle usanze sono meno odiose o
ridicole: certo, perch ignoriamo i motivi della loro origine e perch
tali usanze, legittimate dalla loro antichit o dalla superstizione, con
la negligenza o la debolezza dei governi, hanno retto a lungo dopo
che le cause della loro origine erano scomparse. Chi dubita che,
quando la Francia non era, per cos dire, che una vasta foresta, le
donazioni di terre incolte, fatte agli ordini religiosi, non dovessero
allora essere permesse, e che la proroga di un simile permesso non
sarebbe adesso tanto assurda e nociva allo stato quanto poteva
essere saggia ed utile ai tempi in cui la Francia era ancora incolta? Le
usanze che procurano solo vantaggi passeggeri, sono come
impalcature che bisogna abbattere quando i palazzi sono finiti.
Niente di pi intelligente da parte del fondatore dellimpero
deglIncas dellannunciarsi innanzitutto ai peruviani come figlio del
85

sole, e di persuaderli che gli apportava le leggi che gli aveva dettato il
dio suo padre. Questa menzogna incuteva ai selvaggi pi rispetto per
le sue leggi; questa menzogna era dunque troppo utile allo stato
nascente, per non essere considerata come virtuosa. Ma, dopo aver
consolidato le fondamenta di una buona legislazione, dopo essersi
assicurato, con la forma stessa del governo, della precisione con la
quale le leggi sarebbero state sempre osservate, occorreva che il
legislatore, meno orgoglioso o pi illuminato, prevedesse le
rivoluzioni che sarebbero potute sopraggiungere nei costumi e negli
interessi dei popoli, ed i cambiamenti che di conseguenza sarebbe
stato necessario apportare alle leggi; che egli stesso o tramite i suoi
successori dichiarasse a questi stessi popoli, la bugia utile e
necessaria di cui si era servito per renderlo felice; che con tale
ammissione, togliesse alle sue leggi il carattere divino che,
rendendole sacre ed inviolabili, doveva opporsi a qualsiasi riforma, e
che forse avrebbe un giorno reso quelle stesse leggi nocive per lo
stato, se, con lo sbarco degli europei, quest'impero non fosse stato
distrutto quasi appena fondato.
Linteresse degli stati , come tutte le cose umane, soggetto a mille
rivoluzioni. Le stesse leggi e gli stessi costumi diventano
successivamente utili e nocivi allo stesso popolo; da cui concludo che
le leggi devono essere volta per volta approvate e respinte, e che le
stesse azioni devono successivamente portare il nome di virtuose o
viziose; proposizione che non si pu negare senza convenire che vi
sono azioni contemporaneamente virtuose e nocive per lo stato,
senza scalzare, di conseguenza, le fondamenta di qualsiasi
legislazione e di qualsiasi societ.
La conclusione generale di quello che ho appena detto, che la virt
solo il desiderio di felicit degli uomini; e che cos la probit, che
considero come la virt messa in azione, non , presso i popoli ed i
diversi governi, se non labitudine delle azioni utili alla nazione. Per
quanto evidente sia questa conclusione, siccome non c nazione che
non conosca e non confonda insieme due differenti tipi di virt, una
che chiamerei virt di pregiudizio e laltra, vera virt, per non lasciare
nulla da desiderare su questo argomento, credo di dover esaminare
la natura dei diversi tipi di virt.
86

Discorso 2 Capitolo 14
Delle virt di pregiudizio e delle vere virt.
Do il nome di virt di pregiudizio a tutte quelle la cui esatta
osservanza non contribuisce in nulla alla felicit pubblica. Tali sono le
mortificazioni di quei fachiri insensati di cui lIndia popolata: virt
che, spesso indifferenti ed anche dannose per lo stato, cagionano il
supplizio di coloro che vi si votano. Nella maggior parte delle nazioni,
queste false virt sono pi onorate delle vere virt, e quelli che le
praticano tenuti in pi gran venerazione dei buoni cittadini.
NellIndostan, non v nessuno di pi onorato che i bramini: se
nadora finanche la nudit, se ne rispettano pure le penitenze,
penitenze che sono realmente orrende: alcuni restano tutta la vita
attaccati ad un albero, altri si dondolano sulle fiamme; questi
portano catene di peso enorme, quelli si nutrono solo di liquidi,
alcuni si chiudono la bocca con un catenaccio, ed altri si legano un
campanellino al prepuzio; da donna per bene andare in devozione
a baciare quel campanellino, ed un onore per i padri di prostituire
le proprie figlie ai fachiri. Tra le azioni o i costumi ai quali la
superstizione attribuisce il nome di sacro, una delle pi buffe,
incontestabilmente, quella delle juibus, sacerdotesse dellisola di
Formosa.
Per officiare in maniera adeguata e meritare la venerazione dei
popoli, dopo sermoni, contorsioni e urla, devono gridare che vedono
i loro dei; dopo aver gridato, si rotolano per terra, salgono sul tetto
delle pagode, scoprono le proprie nudit, si battono le natiche,
evacuano lurina, scendono nude, e si lavano alla presenza
dellassemblea. Oltremodo felici ancora quei popoli presso i quali, le
virt di pregiudizio sono almeno solo ridicole!: spesso sono barbare.
Nella capitale del Cochin, si allevano coccodrilli, e chiunque si espone
alla furia di questi animali e se ne fa divorare, annoverato tra gli
eletti. Nel regno di Martemban, nel giorno in cui si porta in giro
lidolo, atto di virt scaraventarsi sotto le ruote del carro, o tagliarsi
la gola al suo passaggio: chi si vota a questa morte reputato santo
e, a tale scopo, il suo nome iscritto in un libro.
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Ora, se vi sono virt, vi sono anche crimini di pregiudizio. Per un


bramino n uno quello di sposare una vergine. Nellisola di Formosa,
nei tre mesi durante i quali prescritto dandare nudi, se un uomo si
copre col pi piccolo pezzetto di tela, porta, si dice, un ornamento
indegno di un uomo. In questa stessa isola, un crimine per le donne
incinte partorire prima dellet di trentacinque anni. Restano incinte?
Si stendono ai piedi delle sacerdotesse, che, in applicazione della
legge, le calpestano fino a che abortiscono. Nel Pegu, quando i preti
o i maghi hanno predetto la convalescenza o la morte di un malato,
un crimine per il malato condannato riaversi. Durante la
convalescenza, tutti lo sfuggono e lingiuriano. Se fosse stato buono,
dicono i preti, Dio lavrebbe accolto in sua compagnia.
Non c paese, forse, in cui non si abbia per alcuni di questi crimini di
pregiudizio, pi orrore che per i misfatti pi atroci e pi nocivi alla
societ.
Presso i giaga, popolo antropofago che divora i propri nemici vinti, si
pu, senza (commettere) crimine, dice padre Cavazzi, [Giovanni
Antonio Cavazzi da Montecuccolo (1621-1678), ndt] pestare i propri
figli in un mortaio, con radici, olio e foglie, farli bollire, ricavarne una
pasta con la quale ci si strofina per rendersi invulnerabile; ma
sarebbe un abominevole sacrilegio non massacrare a colpi di vanga,
nel mese di marzo, un giovinetto ed una giovinetta innanzi alla regina
del paese. Quando il grano maturo, la regina, circondata dai
cortigiani, esce dal palazzo, sgozza quelli che si trovano sul suo
passaggio, e li offre in pasto al suo seguito. Questi sacrifici, dice, sono
necessari per calmare i Mani dei suoi avi, che vedono, con dispiacere,
gente comune godere di una vita di cui sono privi: solo questa debole
consolazione pu impegnarli a benedire il raccolto.
Nel regno del Congo, dellAngola e di Matamba, il marito pu, senza
vergogna, vendere la moglie, il padre il proprio figlio, il figlio il
proprio padre: in questi paesi, non si conosce che un solo crimine, ed
quello di rifiutare le primizie della propria raccolta al Chitomb,
gran prete della nazione. Questi popoli, dice padre Labat, cos privi di
vere virt, sono osservanti molto scrupolosi di tale usanza. Si capisce
bene che, preoccupato soltanto dellaumento delle proprie entrate,
88

proprio quello che gli raccomanda il Chitomb: questi non desidera


affatto che i suoi negri siano pi istruiti, teme, anzi, che idee troppo
rette della virt diminuiscano la superstizione ed il tributo che questa
gli paga.
Quello che ho detto dei crimini e delle virt di pregiudizio basta per
far capire la differenza tra queste virt e le vere virt, vale a dire
quella che incessantemente aumentano la felicit pubblica, e senza
le quali le societ non possono sussistere.
Coerentemente con questi due differenti tipi di virt, distinguer due
differenti tipi di corruzione di costumi: uno che chiamer corruzione
religiosa, e laltro corruzione politica. Ma, prima di iniziare lanalisi,
dichiaro che in qualit di filosofo e non di teologo che scrivo, e che
perci, in questo capitolo e nei seguenti, ambisco a trattare solo virt
puramente umane. Fatta questavvertenza, entro nel merito, e dico
che in fatto di costumi, si d il nome di corruzione religiosa ad ogni
sorta di libertinaggio, e principalmente a quello degli uomini con le
donne. Questo tipo di corruzione, di cui non sono lapologo, e che
senza dubbio criminale, poich offende Dio, non tuttavia
incompatibile con la felicit di una nazione. Diversi popoli hanno
creduto e credono ancora che questo tipo di corruzione non
criminale: lo senza dubbio in Francia, poich infrange le leggi del
paese, ma lo sarebbe di meno, se le donne fossero in comune, e i
bambini dichiarati figli dello stato. Questo crimine allora non avrebbe
politicamente pi niente di pericoloso. In effetti, se si percorre la
terra, la si vede popolata di nazioni diverse presso le quali quello che
noi chiamiamo libertinaggio, non solamente non considerato come
corruzione di costumi, ma si trova autorizzato dalla legge ed
addirittura consacrato dalla religione.
Senza contare, in Oriente, i serragli che sono sotto protezione della
legge; nel Tonchino, dove si onora la fecondit, la pena imposta dalla
legge alle donne sterili, di cercare e di presentare ai propri mariti
ragazze che gli piacciano. Come conseguenza di questa legge, i
tonchinesi trovano gli europei ridicoli per il fatto davere soltanto
una moglie: non riescono a capire come, da noi, uomini ragionevoli
credono donorare Dio con il voto della castit. Sostengono che,
89

quando si pu, tanto criminale non dare la vita a chi non ce lha,
quanto toglierla a chi ce lha.
E ugualmente con la protezione della legge, che le siamesi, portate
per le strade su palanchini con il seno e le cosce a met scoperte, vi si
mostrano in attitudini molto lascive. La legge fu emanata da una loro
regina di nome Tirada, la quale, per disgustare gli uomini di un amore
pi disonesto, cred di dover utilizzare tutta la potenza della
bellezza. Tale progetto, dicono le siamesi, le riusc. La legge,
aggiungono, daltronde abbastanza giudiziosa: gradevole per gli
uomini avere desideri, e per le donne eccitarli. E la felicit dei due
sessi, il solo bene che il cielo mescola ai mali di cui ci affligge: e quale
anima tanto barbara vorrebbe ancora strapparcela? Nel regno di
Batimena, ogni donna, di qualsiasi condizione sia, costretta per
legge e sotto pena della vita, a cedere allamore di chiunque la
desideri: un rifiuto per lei una sentenza di morte.
Non la finirei pi, se volessi fare la lista dei popoli che non hanno la
nostra stessa concezione di questo tipo di corruzione di costumi: mi
accontenter quindi, dopo aver nominato alcuni dei paesi in cui la
legge autorizza il libertinaggio, di citare qualcuno di quelli in cui
questo stesso libertinaggio fa parte del culto religioso.
Presso i popoli dellisola di Formosa, lubriachezza e limpudicizia
sono atti di religione. Le volutt, dicono questi popoli, sono figlie del
cielo, doni delle sua bont: goderne, onorare la divinit, usufruire
dei suoi benefici. Chi dubita che lo spettacolo delle carezze e delle
delizie dellamore non piaccia agli dei? Gli dei sono buoni, e i nostri
piaceri sono, per loro, lofferta pi gradita della nostra riconoscenza.
Di conseguenza, si danno pubblicamente ad ogni tipo di
prostituzione.
E ancora per accattivarsi il favore degli dei, che prima di dichiarare la
guerra, la regina dei giaga fa venire al suo cospetto le pi belle donne
ed i pi bei guerrieri che, in posture diverse, godono, in sua presenza,
dei piaceri dellamore. Quanti paesi, dice Cicerone, in cui la
depravazione ha i suoi templi! Quanti altari innalzati a donne
prostituite! Senza ricordare il vecchio culto di Venere, di Cotytto, i
90

baniani non onorano forse, con il nome di dea Banany, una delle loro
regine, che, secondo la testimonianza di Gemelli Carreri [Francesco
Gemelli Carreri, ntd] , lasciava godere la sua corte della vista di tutte
le sue bellezze, prodigava successivamente i suoi favori a parecchi
amanti, e addirittura a due per volta.
Non citer pi su questargomento che un solo fatto riportato da
Julius Firmicus Maternus, padre della chiesa del secondo secolo, in
un trattato intitolato: de errore profanarum religionum.
LAssiria, come pure una parte dellAfrica, dice questo padre, adora
laria, con il nome di Giunone o Venere vergine. Questa dea governa
gli elementi, ad essa sono consacrati templi, che sono gestiti da preti
i quali, vestiti ed agghindati come donne, pregano la dea con voce
languida ed effeminata, eccitano i desideri degli uomini, vi si
prestano, si vantano della loro impudicizia, e, dopo questi piaceri
preparatori, credono di dover invocare la dea con grandi grida,
suonare strumenti, dirsi pieni dello spirito della divinit, e fare
profezie.
C dunque uninfinit di paesi in cui la corruzione dei costumi, che
chiamo religiosa, autorizzata per legge, o consacrata dalla religione.
Quanti mali, si dir, legati a questo tipo di corruzione! Ma non si
potrebbe rispondere che il libertinaggio politicamente pericoloso in
uno stato, solo quando in contrasto con le leggi del paese, o che si
trova combinato con qualche altro vizio del governo? In vano si
aggiungerebbe che i popoli in cui regna il libertinaggio sono
universalmente disprezzati. Ma, senza parlare degli orientali e delle
nazioni selvagge o guerriere, che, abbandonati ad ogni sorta di
volutt,sono felici dentro e temibili di fuori, quale popolo pi celebre
del greco! Popolo che ancora oggi suscita lo stupore, lammirazione
ed il rispetto dellumanit. Prima della guerra del Peloponneso,
epoca fatale per la loro virt, quale nazione e quale paese pi
fecondo di uomini virtuosi e di grandi uomini! E tuttavia noto il gusto
dei greci per lamore pi disonesto. Tale gusto era cos generalizzato,
che Aristide soprannominato il giusto, quellAristide che dicevano gli
ateniesi erano stanchi di sentir sempre lodare, aveva tuttavia amato
91

Temistocle. Fu la bellezza dl giovane Stesilus, dellisola di Ceos, che,


suscitando nelle loro anime i desideri pi violenti, accese in loro la
fiamma dellodio. Platone era libertino. Anche Socrate, dichiarato
dalloracolo di Apollo il pi saggio degli uomini, amava Alcibiade e
Archelao, aveva due mogli, e viveva con tutte le cortigiane. E quindi
certo che, relativamente allidea che ci si e formata dei buoni
costumi, i pi virtuosi dei greci sarebbero passati in Europa solo per
uomini corrotti. Ora, questo tipo di corruzione di costumi trovandosi,
in Grecia, portato allestremo eccesso nel momento stesso in cui
questo paese generava ogni sorta di grandi uomini, in cui faceva
tremare la Persia e diffondeva il pi grande splendore, si potrebbe
pensare che la corruzione dei costumi, alla quale do il nome di
religiosa, non affatto incompatibile con la grandezza e la felicit di
uno stato.
Vi unaltra specie di corruzione dei costumi che prepara la caduta di
un impero e nannuncia la rovina: le dar il nome di corruzione
politica.
Un popolo n infetto, quando il pi gran numero di privati che lo
compongono separano il proprio interesse dallinteresse pubblico.
Questa specie di corruzione, che si unisce talvolta alla precedente, ha
dato adito a molti moralisti di confonderle. Se si esamina solo
linteresse politico di uno stato, questultima sarebbe forse la pi
pericolosa .Un popolo, pur avendo daltra parte i costumi pi puri, se
attacco da questa corruzione, necessariamente infelice
allinterno, e poco temibile allesterno. La durata di un tale impero
dipende dal caso, che solo ne ritarda o ne precipita la caduta .
Per far capire quanto lanarchia degli interessi pericolosa per uno
stato, consideriamo il male che vi produce la sola opposizione tra gli
interessi di un gruppo e quello della repubblica: assegniamo ai bonzi,
ai talapoini, tutte le virt dei nostri santi. Se linteresse del gruppo
dei bonzi non affatto legato allinteresse pubblico, se, per esempio,
il credito del bonzo dovuto allaccecamento dei popoli, questo
bonzo, necessariamente nemico della nazione che lo nutre, sar, al
riguardo di quella nazione, quello che i romani erano a riguardo del
mondo: onesti tra loro, briganti in rapporto alluniverso. Ciascun
92

bonzo, per quanto distacco abbia in particolare per le grandezze, non


per questo il gruppo ne sar meno ambizioso: i membri lavoreranno,
spesso senza saperlo, alla sua crescita, vi si crederanno autorizzati da
un principio virtuoso. Non c dunque nulla di pi pericoloso per uno
stato, che un gruppo il cui interesse non legato allinteresse
generale.
Se i preti del paganesimo fecero morire Socrate e perseguitarono
quasi tutti i grandi uomini, che il loro bene particolare si trovava
opposto al bene pubblico; che i preti di una falsa religione hanno
interesse a mantenere i popoli nellaccecamento, e, a tale scopo, a
perseguitare tutti coloro che possono illuminarlo: esempio talvolta
imitato dai ministri della vera religione, che, senza lo stesso bisogno,
hanno spesso fatto ricorso alle stesse crudelt, hanno perseguitato,
depresso i grandi uomini, sono divenuti panegiristi delle opere
mediocri, e critici di quelle eccellenti, e sono infine stati sconfessati
da teologi pi illuminati di loro.
Cosa v di pi ridicolo, per esempio, del divieto in certi paesi di farvi
penetrare esemplari dello spirito delle leggi? Opera che pi di un
principe fa leggere e rileggere al proprio figlio. Non si pu, secondo
un uomo razionale (homme desprit), ripetere a tal proposito, che
sollecitando quel divieto, i monaci hanno agito come gli scyti con i
loro schiavi? Gli crepavano gli occhi per fargli girare la macina con
meno distrazioni. Sembra quindi che solamente dalla conformit o
dallopposizione dellinteresse dei privati con linteresse generale,
che dipende la felicit o linfelicit pubblica; e che infine, la
corruzione religiosa dei costumi pu, come prova la storia, allearsi
spesso con la magnanimit, la grandezza danimo, la saggezza, i
talenti, ed infine con tutte le qualit che formano i grandi uomini.
Non si pu negare che cittadini tacciati di questo tipo di corruzione di
costumi non abbiano spesso reso alla patria servizi pi importanti
che i pi severi anacoreti. Che cosa non si deve alla galante
Circassiana, che per assicurarsi la bellezza, o quella delle sue figlie,
ha, per prima osato inocularle? Quanti bambini non ha strappato alla
morte linoculazione? Forse non c fondatrice dordine religioso che
sia diventata meritevole per il mondo intero attraverso un cos gran
93

beneficio, e che, di conseguenza, abbia tanto meritato la sua


riconoscenza.
Del resto, credo di dover ancora ripetere, alla fine del capitolo, che
non ho affatto voluto fare lapologo della depravazione. Ho soltanto
voluto dare nozioni chiare di questi due diversi tipi di corruzioni di
costumi, che sono troppo spesso confusi, e sui quali sembra che si
sono avute solo idee poco chiare. Pi consapevoli del vero nocciolo
della questione, se ne pu conoscere meglio limportanza, valutare
meglio il grado di disprezzo che si deve assegnare ai due diversi tipi di
corruzione, e riconoscere che esistono due specie diverse di cattive
azioni: quelle che sono viziose con qualsiasi forma di governo, e
quelle che in un popolo sono nocive, e di conseguenza delittuose,
solo per lopposizione che si trova tra queste stesse azioni e le leggi
del pese.
Maggiore conoscenza del male deve dare ai moralisti maggiore
abilit per la cura. Potranno considerare la morale da un punto di
vista nuovo, e, di una scienza vana, fare una scienza utile alluniverso.

Discorso 2 Capitolo 15
Di quale utilit pu essere per la morale la conoscenza dei principi
stabiliti nei capitoli precedenti.
Se fino ad ora la morale ha contribuito poco alla felicit umana, non
perch molti studiosi non abbiano unito ad espressioni felici, a
notevole eleganza e chiarezza, grande profondit di pensiero ed
elevazione danima. Per quanto superiori siano stati questi pensatori,
bisogna per convenire che non hanno considerato abbastanza
spesso i differenti vizi delle nazioni come derivazioni necessarie della
diversa forma di governo: tuttavia non che considerando la morale
da questo punto di vista, che essa pu diventare realmente utile agli
94

uomini. Che cosa hanno prodotto, fino ad oggi, le pi belle massime


della morale? Hanno corretto in qualche individuo difetti che, forse,
egli stesso si rimproverava, ma, daltra parte, non hanno prodotto
alcun cambiamento nei costumi delle nazioni. Quale n la causa? E
che i vizi di un popolo, se oso dire, sono sempre nascosti nel fondo
delle leggi: l che bisogna rovistare, per estirpare la radice che ne
genera i vizi. Chi non dotato n dellintelligenza n del coraggio
necessari per mettervi mano, non perci di quasi nessunutilit per
tutti. Voler distruggere i vizi legati alle leggi di un popolo, senza
apportare alcun cambiamento alle leggi stesse, pretendere
limpossibile: rigettare le giuste conseguenze dei principi che si
accettano. Cosa sperare da tanta invettiva contro la falsit delle
donne, se questo vizio leffetto necessario di una contraddizione
tra i desideri della natura e i sentimenti che, per legge, le donne sono
costrette ad ostentare? Nel Malabar, a Madagascar, se tutte le
donne sono schiette, che l esse soddisfano, senza scandalo, ogni
loro fantasia, che hanno mille amanti, e si decidono a scegliere uno
sposo solo dopo ripetute prove. Accade lo stesso per i selvaggi della
Nuova Orleans, per questi popoli presso i quali le madri del gran sole,
le principesse di sangue, quando si nauseano dei propri mariti,
possono ripudiarli per sposarne altri. In paesi simili, non si trovano
per nulla donne false, perch esse non hanno alcun interesse ad
esserlo.
Non voglio per forza insinuare, con questi esempi, che si debbano
introdurre da noi simili costumi. Dico solamente che non si pu
ragionevolmente rimproverare alle donne una falsit che la decenza
e le leggi rendono, per cos dire, necessaria, e che, infine, non si
cambiano gli effetti lasciandone sussistere la causa. Prendiamo la
maldicenza come secondo esempio. La maldicenza , senza dubbio,
un vizio, ma un vizio necessario, perch nei paesi in cui i cittadini
non avranno diritto alla gestione degli affari pubblici, quei cittadini,
poco interessati ad istruirsi, devono marcire in una vergognosa
pigrizia. Ora, se in quel paese di moda e costume buttarsi nel
mondo e che qui cosa pregevole parlare molto, lignorante, non
potendo parlare di cose, deve necessariamente parlare delle
persone. Il panegirico noioso, e la satira divertente: lignorante
95

dunque costretto ad essere maldicente fino alla noia. Non si pu


quindi distruggere questo vizio, senza annientare la causa che lo
produce, senza strappare i cittadini alla pigrizia e, di conseguenza,
senza cambiare forma di governo.
Perch, nelle societ particolari, luomo di pensiero di solito meno
seccante delluomo di mondo? E che il primo, interessato ad
argomenti pi grandi, di solito parla delle persone solo se queste
hanno, come i grandi uomini, un rapporto immediato con le grandi
cose. Il fatto che luomo di pensiero, che sparla solo per vendicarsi,
lo fa molto raramente, mentre luomo di mondo, al contrario, quasi
sempre costretto a sparlare per parlare. Quello che dico della
maldicenza, lo affermo per il libertinaggio, contro il quale i moralisti
si sono sempre violentemente scatenati. Il libertinaggio troppo
generalmente riconosciuto per essere una conseguenza necessaria
del lusso, perch io mi soffermi a provarlo. Ora, se il lusso, come
sono lontanissimo dal pensare, ma come si crede comunemente,
molto utile allo stato; se, com facile dimostrare, non si pu
reprimere il gusto, e ridurre i cittadini alla pratica delle leggi
sontuarie, senza cambiare la forma di governo; sarebbe quindi
soltanto dopo qualche riforma in merito che ci si potrebbe vantare di
smorzare il gusto del libertinaggio.
La retorica riferita a questargomento , teologicamente, ma non
politicamente, buona. Il fine che si propongono la politica e le leggi
la grandezza e la felicit temporale dei popoli: ora, relativamente a
tal fine, sostengo che, se il lusso realmente utile alla Francia,
sarebbe ridicolo volervi introdurre una rigidit di costumi
incompatibile con il gusto del lusso. Non v alcuna proporzione tra i
vantaggi che il commercio ed il lusso procurano allo stato costituito
cos com (vantaggi ai quali bisognerebbe rinunciare per bandirne il
libertinaggio), ed il male infinitamente piccolo che occasiona lamore
delle donne. E come lamentarsi di trovare, in una ricca miniera,
qualche paglietta di rame mista a vene doro. Dappertutto dove il
lusso necessario, unincongruenza politica considerare la
galanteria come un vizio morale: e, se gli si vuole conservare il nome
di vizio, bisogna allora convenire che ve ne sono dutili in taluni secoli
e taluni paesi, e che al limo del Nilo che lEgitto deve la sua fertilit.
96

In effetti, si esamini politicamente la condotta delle donne galanti: si


vedr che, biasimabili per certi aspetti, sono, per altri, molto utili al
pubblico; che fanno, per esempio, della propria ricchezza un uso
comunemente pi vantaggioso allo stato delle donne pi sagge. Il
desiderio di piacere, che conduce la donna galante dal nastraio, dal
mercante di stoffe o darticoli alla moda, le permette non solamente
di strappare uninfinit doperai dallindigenza in cui li ridurrebbe la
pratica delle leggi sontuarie, ma le ispira ancora gli atti della carit
pi consapevole. Nella supposizione che il lusso sia utile ad una
nazione, non sono forse le donne galanti che, stimolando lindustria
dellartigianato di lusso, diventano di giorno in giorno pi utili allo
stato? Le donne giudiziose, facendo elargizioni a mendicanti o
criminali, sono dunque meno bene consigliate dai loro direttori, che
le donne galanti dal desiderio di piacere: queste nutrono cittadini
utili, quelle uomini inutili, o anche i nemici della nazione.

Da quello che ho appena detto ne consegue, che non ci si pu


vantare dattuare cambiamenti nelle idee di un popolo, se non dopo
averne apportati alle sue leggi; che con la riforma delle leggi che
bisogna avviare la riforma dei costumi; che, nella forma attuale di
governo, ogni invettiva contro un vizio utile, sarebbe politicamente
nociva se non fosse vana, e lo sar sempre, giacch la massa di un
popolo non mai scossa se non dalla forza delle leggi. Daltronde, mi
sia consentito osservarlo per inciso, tra i moralisti, ce ne sono pochi
che, mettendo le nostre passioni le une contro le altre, sappiano
servirsene utilmente per far adottare le loro opinioni: i loro consigli,
per la maggior parte, sono troppo ingiuriosi. Dovrebbero pertanto
capire che le ingiurie non possono combattere vantaggiosamente
contro i sentimenti; che soltanto una passione pu trionfare di una
passione; che, per esempio, per suscitare, nelle donne galanti pi
ritegno e modestia nei confronti del pubblico, bisogna metterne in
contrapposizione la vanit con la civetteria, far capire loro che il
pudore uninvenzione dellamore e della volutt raffinata e che il
mondo deve la maggior parte dei propri piaceri alla mussolina di cui
questo stesso pudore copre le bellezze femminili; che nel Malabar,
dove i giovani piacenti si presentano seminudi nelle assemblee, che
97

in certi cantoni dellAmerica, dove le donne soffrono senza veli agli


sguardi degli uomini, i desideri perdono quella forza che la curiosit
gli procurerebbe; che in tali paesi, la bellezza svilita ha rapporto solo
con i bisogni; che al contrario, presso i popoli dove il pudore
sospende un velo tra i desideri e le nudit, questo velo misterioso il
talismano che trattiene lamante alle ginocchia dellamante; e che
infine il pudore che rimette nelle deboli mani della bellezza lo scettro
che comanda alla forza. Sappiate per di pi, direbbero alla donna
galante, che i disgraziati sono molto numerosi, che i miserabili,
nemici nati delluomo felice, gli rendono quella felicit un crimine;
che odiano in lui una felicit troppo indipendente da loro; che lo
spettacolo dei vostri divertimenti uno spettacolo che bisogna
allontanare dai loro occhi; e che lindecenza, tradendo il segreto dei
vostri piaceri, vi espone a tutti i moti della loro vendetta.
E sostituendo in tal modo il linguaggio dellinteresse al tono
dellingiuria, che i moralisti potrebbero fare adottare le loro
massime. Non mi dilungher oltre su questarticolo: rientro nel mio
soggetto e dico che tutti gli uomini mirano alla propria felicit, che
non si pu sottrarli a questa tendenza, che sarebbe inutile mettervi
mano, e pericoloso riuscirci, che di conseguenza, si pu diventare
virtuosi soltanto unendo linteresse personale allinteresse generale.
Posto questo principio, evidente che la morale non che una
scienza frivola, se non associata alla politica e le leggi: da cui
concludo che, per rendersi universalmente utili, i filosofi devono
considerare gli oggetti dal punto di vista dal quale li contempla il
legislatore. Senza essere muniti dello stesso potere, devono essere
animati dallo stesso spirito. Sta allo studioso della morale indicare le
leggi, di cui il legislatore assicura lesecuzione con lapposizione del
marchio della sua potenza.
Tra gli studiosi di morale, ce ne sono pochi, senza dubbio, che siano
colpiti in maniera abbastanza forte da questa verit: tra gli stessi la
cui mente fatta per raggiungere le idee pi alte, ce ne sono molti
che, nello studio della morale e le immagini che danno dei vizi, sono
animati solo dagli interessi personali e dagli odi particolari. Si
attaccano, di conseguenza, solo alla raffigurazione dei vizi scomodi
per la societ; e la loro mente, che poco a poco, si stringe nel cerchio
98

del proprio interesse, non ha presto pi la forza necessaria per


elevarsi fino alle grandi idee. Nella scienza della morale, spesso
lelevazione dello spirito dipende dallelevazione dellanima. Per
afferrare, in questo campo, le verit realmente utili agli uomini,
bisogna essere infervorati dalla passione del bene generale; ma
sfortunatamente, nella morale come nella religione, ci sono molti
ipocriti.

Discorso 2 Capitolo 16
Dei moralisti ipocriti
Per ipocrita intendo colui che, nello studio della morale, non essendo
animato dal desiderio della felicit umana, si prende troppo
fortemente cura di se stesso. Ci sono molti uomini di questo tipo: si
riconoscono da una parte, dallindifferenza con la quale considerano
i vizi distruttori dimperi, e dallaltra, dalla veemenza con la quale si
scatenano contro i vizi privati. Invano uomini simili si dicono spinti
dalla passione per il bene pubblico. Se foste, realmente animati da
quella passione, gli si risponder, il vostro odio per i vizi sarebbe
sempre commisurato al male che questi arrecano alla societ, e se la
visione dei torti meno nocivi allo stato fosse sufficiente ad irritarvi,
con quale occhio considerereste allora lignoranza dei mezzi idonei a
formare cittadini valorosi, magnanimi e disinteressati? Da quale
dispiacere sareste afflitti, nel momento in cui individuereste qualche
difetto nella giurisprudenza o nellassegnazione delle imposte,
quando ne scoprireste nella disciplina militare che decide cos spesso
della sorte delle battaglie e della devastazione di tante province?
Allora, pervasi dal dolore pi vivo, sullesempio di Nerva
(limperatore romano Marco Cocceio Nerva, ndt), detestando il
giorno che vi rende testimone dei mali della vostra patria, vi si
vedrebbe arrestarne il corso voi stessi, o almeno prendere esempio
da quel cinese virtuoso che, giustamente irritato dalle vessazioni dei
grandi, si presenta allimperatore e gli espone le sue lamentele:
vengo, dice, ad offrirmi al supplizio al quale sono stati trascinati
seicento dei miei concittadini in circostanze simili, e ti avverto di
prepararti a nuove esecuzioni, la Cina possiede ancora diciottomila
buoni patrioti, che, per la stessa causa, verranno successivamente a
99

chiedere lo stesso salario. Dopo queste parole tace e limperatore


stupito da tanta fermezza, gli concede la ricompensa pi lusinghiera
per un uomo virtuoso: la punizione dei colpevoli e la soppressione
dei tributi.
Ecco in che modo si manifesta lamore per il bene pubblico. A questi
censori direi, se siete realmente animati da questa passione, il vostro
odio per qualsiasi vizio proporzionato al male che esso arreca allo
stato: se siete preoccupati soltanto dei danni che subite voi, usurpate
il nome di cultori della morale (moralistes), siete solo degli egoisti.
E quindi col distacco assoluto dai suoi interessi personali, con lo
studio profondo della scienza legislativa, che un cultore della morale
(moraliste) pu rendersi utile alla propria patria. Costui allora in
grado di pensare ai vantaggi e gli inconvenienti di una legge o di
unusanza, e di giudicare se deve essere abolita o mantenuta in
vigore. Troppo spesso si costretti a prestarsi ad abusi e perfino ad
usi barbari. Se in Europa i duelli sono stati tollerati cos a lungo,
perch in paesi in cui non si animati, come a Roma, dallamore di
patria, in cui la temerariet non mantenuta in esercizio con
continue guerre, i cultori della morale (moralistes) non potevano
forse immaginare altri mezzi per mantenere vivo il coraggio nel corpo
dei cittadini e fornire validi difensori allo stato: con questa tolleranza
credevano dacquisire un gran bene al prezzo di un piccolo male. Si
sbagliavano nel caso particolare del duello, ma ce ne sono mille altri
in cui si costretti a questopzione. E spesso solo dalla scelta fatta
tra due mali che si riconosce luomo di genio. Lungi da noi questi
pedanti tutti presi da una falsa idea di perfezione. Nulla di pi
pericoloso per uno Stato che questi moralisti declamatori e senza
testa, che, concentrati in una piccola sfera didee, ripetono
continuamente quello che hanno sentito dire dalle loro balie,
raccomandano incessantemente la moderazione dei desideri, e
vogliono, annientare le passioni in tutti i cuori: non capiscono che i
loro precetti, utili a pochi in circostanze particolari, sarebbero la
rovina della nazione che li adottasse.
In effetti, se, come la storia cinsegna, le passioni forti, quali
lorgoglio ed il patriottismo di greci e romani, il fanatismo degli arabi,
100

lavarizia dei filibustieri, generano sempre i pi temibili guerrieri,


qualsiasi uomo che condurr contro simili sodati solo uomini senza
passione, non opporr che timidi agnelli alla ferocia dei lupi. Sicch la
natura saggia ha rinchiuso nel cuore delluomo un antidoto contro i
ragionamenti dei filosofi. Di conseguenza, le nazioni, assoggettate a
tali precetti nel proponimento, vi si scoprono sempre disubbidienti
nei fatti. Senza questa fortunata indocilit, il popolo,
scrupolosamente legato alle loro massime, diventerebbe oggetto di
spregio daltri popoli e loro schiavo.
Per stabilire fino a che punto si deve esaltare o moderare il fuoco
delle passioni, c bisogno di quei grandissimi uomini di pensiero che
abbracciano tutte le parti di un governo. Chiunque ne sia dotato ,
per cos dire, designato dalla natura a ricoprire, presso il legislatore,
la carica di ministro pensatore, e giustificare il motto di Cicerone, che
un uomo di pensiero non mai un semplice cittadino, ma un vero
magistrato.
Prima di esporre i vantaggi che procurerebbero al mondo intero idee
pi ampie e pi sane della morale, credo di poter notare, per inciso,
che queste stesse idee getterebbero luce in maniera infinita su tutte
le scienze, e soprattutto su quella della storia i cui progressi sono al
contempo effetto e causa dei progressi della morale. Conoscendo
meglio il vero oggetto della storia, gli scrittori allora illustrerebbero
della vita privata di un re solo i dettagli utili a farne emergere il
carattere, non ne descriverebbero pi in maniera cos intrigante i
costumi, i vizi e le virt domestiche: capirebbero che il pubblico
chiede conto ai sovrani degli editti, e non delle cene, che il pubblico
ama riconoscere nel principe luomo, solo se luomo prende parte
alle delibere del principe, e che, per informare ed interessare,
devono sostituire aneddoti puerili con la rappresentazione piacevole
o spaventosa della felicit o della miseria pubblica e delle cause che
le hanno prodotte. E alla semplice esposizione di questo quadro che
si dovrebbe uninfinit di riflessioni e di riforme utili.
Quello che dico della storia, lo affermo della metafisica, della
giurisprudenza. Ci sono poche scienze che non abbiano qualche
101

rapporto con quella della morale. La catena che le lega tutte tra loro
pi estesa che non si pensi: tutto si tiene nelluniverso.

Discorso 2 Capitolo 17
Dei vantaggi che derivano dai principi stabiliti sopra.
Passo rapidamente sui vantaggi che ne ricaverebbero le persone:
consisterebbero a dar loro idee chiare di questa stessa morale, i cui
precetti, fino ad ora equivoci e contraddittori, hanno permesso ai pi
insensati di giustificarne sempre la follia della condotta con qualche
sua massima.
Daltra parte, pi consapevole dei propri doveri, lindividuo sarebbe
meno dipendente dallopinione dei suoi amici: al riparo dalle
ingiustizie che gli fanno spesso commettere, a sua insaputa, le
societ nelle quali vive, sarebbe allora, nello stesso tempo,
affrancato dalla paura puerile del ridicolo, fantasma che annienta la
presenza della ragione, ma che il terrore delle anime timide e poco
colte che sacrificano i propri gusti, il riposo, i piaceri, e talvolta
finanche la virt, allumore ed ai capricci di questi atrabiliari, alla cui
critica non si pu sfuggire, quando si ha la disgrazia di esserne
conosciuto.
Sottomesso soltanto alla ragione ed dalla virt, lindividuo potrebbe
allora sfidare i pregiudizi, e armarsi di quei sentimenti virili e
coraggiosi che formano il carattere distintivo delluomo virtuoso,
sentimenti che si desiderano in ogni cittadino, e che si ha il diritto
desigere dai grandi. In che modo luomo arrivato alle pi alte cariche
rovescer gli ostacoli che taluni pregiudizi mettono al bene generale,
e resister alle minacce, ai raggiri delle persone potenti, spesso
interessate al danno pubblico, se la sua anima non inabbordabile
da qualsiasi sorta di sollecitazione, di paure e pregiudizi?
Sembra dunque che la coscienza dei principi qui sopra stabiliti
procuri almeno questo vantaggio allindividuo: quello di dargli
unidea chiara e sicura dellonest, di distoglierlo da qualsiasi specie
102

dinquietudine in merito, dassicurargli il riposo della coscienza, di


procurargli, di conseguenza, i piaceri intimi e segreti legati alla
pratica della virt.
In quanto ai vantaggi che il pubblico ne ricaverebbe, sarebbero senza
dubbio pi consistenti. Coerentemente con questi stessi principi, si
potrebbe, se oso dire, mettere a punto un catechismo di probit, le
cui massime semplici, vere ed alla portata di tutte le menti,
insegnerebbero ai popoli che: la virt, invariabile in quanto allo
scopo che si propone, non lo affatto rispetto ai mezzi specifici per
realizzare tale scopo; che, di conseguenza, si devono considerare le
azioni come indifferenti in se stesse, capire che sta alla necessit
dello stato determinare quelle che meritano dessere valorizzate o
deprezzate, ed infine al legislatore, per la conoscenza che deve avere
dellinteresse pubblico, fissare listante in cui ogni azione cessa
dessere virtuosa e diventa viziosa. Una volta recepiti questi principi,
con quanta facilit il legislatore spegnerebbe le fiamme del
fanatismo e della superstizione, sopprimerebbe gli abusi,
riformerebbe gli usi barbari, che, utili forse allinizio, sono diventati
da allora cos funesti per il mondo intero? Costumi che sussistono
soltanto per la paura nella quale ci si trova di non poterli abolire
senza far insorgere i popoli sempre avvezzi a prendere la pratica di
certe azioni per la virt stessa, senza innescare guerre lunghe e
crudeli, e senza infine occasionare sedizioni tali che, sempre
azzardate per luomo comune, possono realmente essere previste e
placate soltanto dagli uomini dal carattere fermo e dalla mente
vasta. E indebolendo quindi linsulsa venerazione dei popoli per le
leggi e gli usi antichi, che si mettono i sovrani in grado di ripulire la
terra dalla maggior parte dei mali che laffliggono, e che gli si
forniscono i mezzi per assicurare la durata degli imperi.
Ora, quando gli interessi di uno stato sono cambiati e che leggi utili al
momento della fondazione gli sono diventate nocive, queste stesse
leggi, con il rispetto che gli viene mantenuto, portano
necessariamente lo stato alla rovina. Chi pu dubitare che la
distruzione della repubblica romana non sia stata leffetto di una
ridicola venerazione per vecchie leggi, e che questo cieco rispetto
non abbia forgiato i ferri con cui Cesare attacc la propria patria?
103

Dopo la distruzione di Cartagine, quando Roma aveva raggiunto i


fasti della grandezza, i romani, con il conflitto che si era venuto a
creare allora tra i loro interessi, i costumi e le leggi, dovevano
intravedere la rivoluzione di cui limpero era minacciato, e capire
che, per salvare lo stato, la repubblica stessa doveva affrettarsi ad
attuare la riforma delle leggi e del governo, richiesta dai tempi e
dalle circostanze e soprattutto affrettarsi a prevenire i cambiamenti
che voleva apportarvi lambizione personale, la pi pericolosa
legislatrice. I romani avrebbero allora fatto ricorso a questo rimedio,
se avessero avuto idee pi chiare sulla morale. Istruiti dalla storia dei
popoli, avrebbero percepito che le stesse leggi che li avevano portati
allultimo grado delevazione, non avrebbero potuto mantenerveli e
che un impero paragonabile ad un vascello che i venti hanno
condotto ad una certa altezza, dove, ripreso da altri venti, si trova in
pericolo di perire, se, per evitare il naufragio, il nocchiere abile e
prudente non cambia prontamente manovra. Verit politica che
aveva conosciuto Locke [John Locke], il quale, al momento di
emanare leggi nelle Caroline, aveva voluto che queste restassero in
vigore soltanto per un secolo e che, scaduto questo termine,
diventassero nulle se non riesaminate e riconfermate dalla nazione.
Capiva che un governo guerriero e uno commerciante supponevano
leggi diverse e che una legislazione atta a favorire il commercio e
lindustria, sarebbe potuta diventare un giorno funesta per quella
colonia, nel caso in cui i vicini si fossero agguerriti, e che le
circostanze avessero richiesto a questo popolo di diventare allora pi
guerriero che commerciante. Applicando alle false religioni lidea di
Locke, ci si convincer presto dellidiozia del loro inventore e dei loro
seguaci. Chiunque, in effetti, analizzi le religioni (che, eccezion fatta
della nostra, sono tutte create dalla mano delluomo) sente che non
sono mai state opera della mente grandissima e profonda di un
legislatore, ma dello spirito angusto di un individuo e che, di
conseguenza, queste false religioni non sono mai state fondate sulla
base delle leggi e del principio della pubblica utilit, principio sempre
immutabile, ma che, adattabile nelle sue applicazioni alle diverse
situazioni in cui pu venire a trovarsi successivamente un popolo,
lunico principio che devono ammettere quelli che vogliono,
sullesempio degli Anastasio, dei Ripperda, dei Thamas Kouli-kan , e
104

Gehan-Guir, tracciare il piano di una nuova religione, e renderla utile


alluomo. Nella creazione di false religioni, se fosse sempre stato
seguito questo piano, le religioni avrebbero conservato tutto ci che
hanno dutile e il Tartaro e lEliseo non sarebbero stati distrutti; il
legislatore navrebbe sempre fatto, a suo gradimento, dei quadri pi
o meno piacevoli o terribili, secondo la forza pi o meno grande della
sua immaginazione. Le religioni, semplicemente spogliate di quanto
hanno di nocivo, non avrebbero piegato le menti sotto il giogo
vergognoso di una stupida crudelt, e quanti crimini e superstizioni
sarebbero scomparsi dalla terra! Non avremmo visto labitante della
grande Giava, persuaso alla pi leggera indisposizione che lora fatale
fosse venuta, affrettarsi a raggiungere il dio dei suoi padri, implorare
la morte ed accettare di riceverla; i preti avrebbero invano voluto
estorcergli lassenso per strangolarlo poi con le loro stesse mani e
rimpinzarsi con la sua carne. La Persia non avrebbe nutrito questa
setta abominevole di dervisci che chiede lelemosina con le armi in
pugno, che uccide impunemente chiunque non nammetta i principi,
che alz la mano omicida su un suf e affond il pugnale nel petto
dAmurath [Murad I, sultano ottomano, ucciso dal serbo Milosh nel
1389]. Parte dei romani, superstiziosi come negri, non avrebbero
regolato il proprio coraggio sullappetito dei polli sacri. Infine, le
religioni, in Oriente, non avrebbero fecondato i germi delle lunghe e
crudeli guerre che i saraceni si fecero tra loro, e che, senza dubbio,
fecero inventare la fiaba di cui si serv un principe dellIndustan per
reprimere lo zelo indiscreto di un imano.
Sottomettiti, gli diceva limano, allordine dellAltissimo. La terra
ricever la sua santa legge, la vittoria avanza dappertutto davanti ad
Omar. Vedi l'Arabia, la Persia, la Siria, lAsia intera soggiogata,
laquila romana calpestata dai fedeli, e il gladio del terrore rimesso
nelle mani di Khaled. Riconosci la verit della mia religione a questi
segni certi, e pi ancora alla sublimit del Corano, alla semplicit dei
suoi dogmi, alla dolcezza della nostra legge. Il nostro dio non
crudele, si onora dei nostri piaceri. Dice Maometto: respirando
lodore dei profumi, provando le voluttuose carezze dellamore, che
la mia anima si accende di maggior fervore e si slancia pi
rapidamente verso il cielo. Insetto coronato, lotterai a lungo contro il
105

tuo dio? Apri gli occhi, vedi le superstizioni ed i vizi di cui il tuo
popolo affetto: lo priverai sempre della luce del Corano?
- Imano, rispose il principe, ci fu un tempo in cui, nella repubblica dei
castori, come nel mio impero, ci si lamentava di qualche furto nei
depositi ed anche di qualche assassinio. Per prevenire i crimini,
bastava aprire qualche magazzino pubblico, allargare le grandi vie di
comunicazione e creare qualche gendarmeria. Il senato dei castori
era pronto ad abbracciare questo partito, quando uno di loro,
gettando lo sguardo allazzurro del firmamento, grida ad un tratto:
Prendiamo esempio dalluomo. Egli crede che il palazzo dei cieli sia
costruito, abitato e retto da un essere pi potente di lui. Questo
essere porta il nome di Michapour. Pubblichiamo questo dogma e
che il popolo dei castori vi si sottometta. Convinciamolo che, su
ordine di questo dio, un genio stato messo di guardia su ogni
pianeta, e che da l, osservando le nostre azioni, si occupa di
dispensare i beni ai buoni ed i mali ai cattivi. Una volta accettata
questa credenza, il crimine fuggir lontano da noi. Poi tace; si passa
ai consulti, alle delibere, lidea piace per la sua novit, viene adottata
ed ecco fondata la religione, ed ecco i castori vivere innanzitutto
come fratelli. Tuttavia, subito dopo, viene sollevata una gran
controversia. E la lontra, dicono gli uni, il ratto muschiato
rispondono gli altri, che per primo present a Michapour i granelli di
sabbia da cui form la terra. La disputa saccende, il popolo si
divide, si arriva alle ingiurie, dalle ingiurie si passa alle botte, il
fanatismo suona la carica. Prima di questa religione, si commetteva
qualche furto e qualche assassinio ma poi la guerra civile si accende,
e la met della nazione viene sgozzata. Istruito da questa favola, non
pretendere, o crudele imano, aggiunse il principe indiano, di
provarmi la verit e lutilit di una religione che devasta luniverso. Da questo capitolo risulta che, se, coerentemente con i principi
stabiliti qui sopra, il legislatore fosse autorizzato ad apportare i
cambiamenti richiesti dai tempi e dalle circostanze, a leggi, costumi e
false religioni, egli potrebbe prosciugare la fonte di uninfinit di mali
e, senza dubbio, assicurare la pace dei popoli, prolungando la durata
degli imperi. Daltronde, questi stessi principi quanta luce non
spargerebbero sulla morale, facendoci percepire la dipendenza
106

necessaria che lega i costumi alle leggi di un paese, e insegnandoci


che la scienza della morale non altro che la scienza stessa della
legislazione? Chi pu dubitare che, i pi assidui in questo studio, i
cultori della morale [moralistes], non possano allora portare questa
scienza a quellalto grado di perfezione che le menti migliori possono
soltanto intravedere adesso ed al quale forse non immaginano che
possa mai arrivare?
Se in quasi tutti i governi, leggi incoerenti tra loro sembrano essere
lopera del puro caso, che, guidati da vedute ed interessi diversi,
quelli che le fanno si preoccupano poco del rapporto di queste leggi
tra loro. Accade per la formazione dellintero corpo delle leggi quello
che accade per la formazione dalcune isole: dei contadini vogliono
liberare i campi da legni, pietre, erbe e limo inutili; a questo scopo, li
gettano nei fiumi dove vedo questi materiali, trasportati dalla
corrente, ammonticchiarsi intorno a qualche giunco, consolidarvisi e
formare infine terra ferma.
E tuttavia luniformit dei punti di vista del legislatore,
linterdipendenza delle leggi tra loro, che ne costituisce leccellenza.
Per stabilire tuttavia detta eccellenza, bisogna poter rapportarle
tutte ad un principio semplice, quale quello della pubblica utilit,
vale a dire, del pi gran numero duomini assoggettati alla stessa
forma di governo: principio di cui nessuno conosce tutta lestensione
e la fecondit, principio che racchiude la morale e la legislazione, che
molta gente ripete senza capirlo, e di cui i legislatori stessi non hanno
ancora che unidea superficiale, almeno se si giudica dalle disgrazie
dei popoli della terra. [traduzione di Franco Virzo]

Discorso 2 Capitolo 18
Dello spirito, considerato in rapporto ai secoli ed ai diversi paesi.
Ho dimostrato che le stesse azioni, successivamente utili e nocive in
secoli e paesi diversi, erano volta per volta apprezzate o disprezzate.
N delle idee come delle azioni. La diversit degli interessi dei popoli
ed i cambiamenti sopravvenuti in questi stessi interessi, producono
107

rivoluzioni nei gusti, provocano la creazione o lannientamento


subitaneo e totale di taluni tipi di mentalit [esprit], e il disprezzo,
ingiusto o legittimo, ma sempre reciproco, che in fatto di forma
mentis [esprit], secoli e paesi diversi hanno sempre gli uni per gli
altri.
Proposizione di cui mi accingo a provare la verit con degli esempi,
nei due capitoli che seguono.

Discorso 2 Capitolo 19
La stima per i diversi generi di menti superiori [esprit] , in ogni
secolo, commisurata allinteresse che si ha di stimarli.
Per far comprendere lestrema esattezza di questa proposizione,
prendiamo innanzi tutto i romanzi come esempio. Dagli Amadis fino
ai romanzi dei nostri giorni, questo genere ha conosciuto volta per
volta mille cambiamenti. Se ne vuole conoscere la causa? Ci si chieda
perch i romanzi pi apprezzati trecento anni fa ci sembrano oggi
noiosi o ridicoli e si riuscir a comprendere che il principale merito
della maggior parte di queste opere dipende dalla meticolosit con la
quale vi si descrivono vizi, virt, passioni, usi ed aspetti ridicoli di una
nazione.
Ora, i costumi di una nazione cambiano spesso da un secolo allaltro
ed il cambiamento deve quindi indurne nel genere dei suoi romanzi e
del suo gusto: una nazione perci, per linteresse del proprio piacere,
quasi sempre costretta a disprezzare in un secolo quanto ammirava
nel secolo precedente. Quello che sostengo in merito ai romanzi, pu
essere applicato a quasi tutte le opere. Per far cogliere, per, in
maniera pi forte questa verit, forse occorre paragonare lo spirito
dei secoli dignoranza con lo spirito del nostro secolo. Soffermiamoci
un momento su questanalisi.

108

Siccome gli ecclesiastici erano in quel tempo gli unici in grado di


scrivere, non posso che trarre i miei esempi dalle loro opere e
sermoni. Chi li legger non scorger minore differenza tra quelli di
Menot [Michel Menot, predicatore francescano m. 1508, ndt] e
quelli di padre Bourdaloue [Louis Bourdaloue, predicatore gesuita,
1632-1704, ndt], che tra il Cavaliere del sole e La Principessa di
Clves. Essendo i nostri costumi cambiati e le informazioni
aumentate, ci si far scherno oggi di ci che si ammirava una volta.
Chi non riderebbe del sermone di quel predicatore di Bordeaux, che
per dimostrare tutta la riconoscenza dei trapassati per chiunque fa
pregare Dio per loro, e di conseguenza d soldi ai monaci,
proclamava solennemente dal pulpito che al solo rumore dei soldi
che cadono nella cassetta delle elemosine o nel cestello, facendo tin,
tin, tin, tutte le anime del purgatorio cominciano talmente a ridere
che fanno, ha, ha, hi, hi? Nella semplicit dei secoli dignoranza, gli
oggetti si presentano sotto un aspetto molto diverso da quello sotto
il quale sono considerati nei secoli illuminati. Le tragedie della
passione, edificanti per i nostri antenati, ci appariranno adesso
scandalose. Accadrebbe lo stesso per quasi tutte le questioni sottili
che erano sollevate allora nelle scuole teologiche. Nulla
sembrerebbe oggi pi indecente delle dispute in buona regola, per
sapere se Dio nellostia vestito o nudo, se Dio onnipotente, se ha
il potere di peccare, se Dio pu prendere laspetto della donna, del
diavolo, dellasino, della roccia, della zucca, e mille altre questioni
ancora pi stravaganti.
Tutto, fino ai miracoli, portava, in quei tempi dignoranza, limpronta
del cattivo gusto del secolo. Tra numerosi pretesi miracoli riportati
nelle memorie dellAccademia delle Iscrizioni e Belle Lettere [ fondata
nel 1663, una delle cinque accademie dellIstituto di Francia, ndt],
ne ho scelto uno fatto in favore di un monaco. Un monaco ritornava
da una casa nella quale sintrufolava ogni notte ecc.. Si sarebbe
senza dubbio poco edificati da un tale miracolo, e si riderebbe pure
109

di questaltro miracolo, tratto dalle lettere edificanti e curiose, sulla


vita del vescovo dAlicarnasso, e che mi sembrato troppo
divertente perch possa resistere al desiderio di collocarlo qui.
Per dimostrare leccellenza del battesimo, lautore racconta che una
volta, nel regno dArmenia, ci fu un re che aveva molto odio per i
cristianiecc
Quei miracoli, sermoni, tragedie e questioni teologiche che adesso ci
sembrano cos ridicoli, erano e dovevano suscitare ammirazione nei
secoli dignoranza, perch erano conformi allo spirito del tempo, e
perch gli uomini ammireranno sempre idee conformi alle proprie.
La grossolana imbecillit della maggior parte di loro non gli
permetteva di conoscere la santit e la grandezza della religione. In
quasi tutte le teste, la religione non era, per cos dire, che una
superstizione ed unidolatria: a tutto vantaggio della filosofia, si pu
affermare che noi nabbiamo idee pi elevate. Per quanto ingiusti si
sia verso le scienze, di qualsivoglia corruzione di costumi siano esse
accusate di diffondere, certo che quelle del nostro clero sono
adesso tanto pure quanto erano allora depravate, almeno se si
consulta la storia ed i vecchi predicatori. Maillard e Menot, i pi
celebri di loro, hanno sempre queste parole sulla bocca: sacerdotes,
religiosi, concubinarii [sic]. Dannati, infami, grida Maillard, il vostro
nome scritto nei registri del diavoloecc.. e non mi attarder oltre
a considerare questi secoli grossolani, in cui gli uomini, superstiziosi e
prodi, si divertivano solo con racconti di monaci e gesta di cavalleria.
Lignoranza e la semplicit sono sempre monotoni: prima del
rinnovamento della filosofia, gli autori, sebbene nati in secoli diversi,
scrivevano tutti sullo stesso tono. Quello che si chiama gusto
presuppone conoscenza. Non c gusto, n di conseguenza
rivoluzioni di gusto nei popoli ancora barbari: almeno solo nei
secoli illuminati che sono notevoli. Ora questi tipi di rivoluzioni sono
sempre preceduti da qualche cambiamento nella forma di governo,
110

nei costumi, nelle leggi e nella posizione di un popolo. C dunque


una dipendenza stretta tra il gusto di una nazione ed i suoi interessi.
Per chiarire questo principio con qualche riferimento, ci si chieda
perch la descrizione tragica delle vendette memorabili, come quella
degli Atridi, non accenderebbe pi in noi gli stessi trasporti che
suscitava una volta nei greci, e si vedr che questa differenza
dovuta alla differenza tra la nostra religione, la nostra polizia, e la
polizia e la religione dei greci.
Gli antichi innalzavano templi alla vendetta: questa passione, oggi
messa nel novero dei vizi, era allora considerata una virt. La polizia
antica favoriva questo culto. In un secolo troppo guerriero per non
essere un po feroce, lunico mezzo per contenere la collera, il furore
ed il tradimento, era di legare il disonore alloblio dellingiuria, di
porre sempre il quadro della vendetta a fianco di quello dellaffronto:
cos che si manteneva nel cuore dei cittadini, una rispettiva e
salutare paura, che sopperiva al difetto di polizia. La
rappresentazione di questa passione era quindi troppo simile al
bisogno, al pregiudizio dei popoli antichi, per non esservi considerata
con piacimento.
Nel secolo in cui viviamo noi, per, in un tempo in cui la polizia al
riguardo molto perfezionata, in cui daltra parte non siamo pi
asserviti agli stessi pregiudizi, evidente che consultando
ugualmente il nostro interesse, dobbiamo vedere solo con
indifferenza la descrizione di una passione che, lungi dal mantenere
la pace e larmonia nella societ, vi provocherebbe soltanto disordini
e crudelt inutili. Perch tragedie piene di quei sentimenti virili e
coraggiosi ispirate dallamore per la patria, non farebbero pi su di
noi che lievi impressioni? Il fatto che molto raro che i popoli
uniscano un certo tipo di coraggio e di virt con lestrema
sottomissione, che i romani diventarono bassi e vili appena ebbero
un padrone e che infine, come dice Omero, listante terribile che
mette un uomo libero ai ferri, gli sottrae la met della sua innata
virt. Da cui concludo che i secoli di libert, nei quali si generano
111

grandi uomini e grandi passioni, sono anche gli unici in cui i popoli
ammirano veramente i sentimenti nobili e coraggiosi.
Perch il genere di Corneille, meno apprezzato adesso, lo era di pi,
mentre viveva questillustre poeta? E che si usciva allora dalla lega,
dalla fronda, dai tempi dagitazione in cui gli animi, ancora
surriscaldati dal fuoco della sedizione, sono pi audaci, apprezzano di
pi i sentimenti arditi, e pi suscettibili dambizione; perch i
caratteri che Corneille conferisce agli eroi, i progetti che fa concepire
a questi ambiziosi, erano di conseguenza pi simili allo spirito del
secolo di quanto non lo sarebbero ora che sincontrano pochi eroi,
cittadini e ambiziosi, ora che una felice calma succeduta a tanta
tempesta, e che i vulcani della sedizione sono dappertutto spenti.
Come potrebbe, un artigiano abituato a gemere sotto il fardello
dellindigenza e del disprezzo, un uomo ricco ed anche un gran
signore avvezzo a strisciare davanti ad un uomo di potere ed a
guardarlo con il santo rispetto che legiziano ha per i suoi dei ed il
negro per il suo feticcio, essere fortemente colpiti dal verso in cui
Corneille dice: Per essere pi di un re ti credi qualcosa?.
Sentimenti simili devono sembrargli pazzeschi e giganteschi, non ne
potrebbero ammirare la grandezza, senza dover spesso arrossire
della bassezza dei loro: per questo motivo, se si eccettua un piccolo
numero dintellettuali [esprits] e di personalit forti, che conservano
ancora per Corneille una stima ragionata e sentita, gli altri
ammiratori di questo gran poeta lo stimano meno per sentimento
che per pregiudizio e su parola.
Qualsiasi cambiamento nel governo o nei costumi di un popolo, deve
necessariamente comportare rivoluzioni di gusto. Da un secolo
allaltro, un popolo impressionato in maniera differente dagli stessi
oggetti, secondo la diversa passione che lanima. Accade per i
sentimenti degli uomini come per le loro idee: se concepiamo negli
altri soltanto idee analoghe alle nostre, non possiamo, dice Sallustro,
112

essere colpiti che dalle passioni che colpiscono noi stessi fortemente.
Per essere colpito dalla descrizione di una passione, bisogna esserne
stato personalmente in balia.
Supponiamo che il pastore Tircis e Catilina sincontrino e si facciano
reciprocamente confidenze dei sentimenti damore e dambizione
che li agitano: non potranno certamente comunicarsi le differenti
impressioni che suscitano in loro stessi le diverse passioni da cui sono
animati. Il primo non concepisce quello che ha di cos seducente il
potere supremo, ed il secondo ci che ha di cos lusinghiero la
conquista di una donna. Ora, per applicare ai diversi generi tragici
questo principio, sostengo che in ogni paese in cui gli abitanti non
prendono parte alla gestione degli affari pubblici, in cui si citano
raramente le parole patria e cittadino, si arriva a piacere al pubblico
soltanto rappresentando in teatro passioni adatte ai privati, come,
per esempio, quella dellamore. Non tutti gli uomini, per, vi sono
sensibili in maniera simile: certo che anime fiere ed ardite, uomini
ambiziosi, politici, avari, anziani o gente daffari, sono poco
impressionati dalla descrizione di questa passione. E' precisamente
questa la ragione per la quale le rappresentazioni teatrali hanno
pieno e completo successo soltanto negli stati repubblicani, in cui
lodio dei tiranni, lamore della patria e della libert, sono, se oso
dire, punti dincontro per il pubblico apprezzamento. In ogni altra
forma di governo, non essendo i cittadini uniti da un interesse
comune, la disparit degli interessi personali deve necessariamente
ostacolare luniversalit degli applausi. In questi paesi, si pu aspirare
soltanto a successi pi o meno ampi, descrivendo passioni pi o
meno generalmente interessanti per i singoli. Ora tra le passioni di
questo tipo, non c dubbio che quella dellamore, fondata in parte
sul bisogno naturale, sia la pi universalmente sentita. Si preferisce
perci adesso, in Francia, il genere di Racine a quello di Corneille, il
quale, in un altro secolo o in un paese diverso come lInghilterra,
avrebbe verosimilmente la preferenza.
113

E una certa debolezza di carattere, conseguenza necessaria del lusso


e del cambiamento sopravvenuto nei nostri costumi, che, privandoci
di qualsiasi forza delevazione danima, ci fa pertanto preferire le
commedie alle tragedie, che non sono pi adesso che commedie di
grande stile, e la cui azione si svolge nel palazzo dei re.
E il felice sviluppo dellautorit sovrana che, disarmando la
sedizione, avvilendo la condizione dei borghesi, ha dovuto quasi
interamente bandirli dalla scena comica, in cui non si vedono pi che
persone della buona e dellalta societ, le quali vi tengono realmente
il posto che occupavano genti di condizione comune, e che sono
propriamente i borghesi del secolo.
Si vede quindi come in tempi diversi, alcuni tipi di menti sublimi
[esprit] fanno impressioni molto diverse sul pubblico, sempre, per
commisurate allinteresse che questo ha di apprezzarli. Ora,
linteresse pubblico talvolta, da un secolo allaltro, abbastanza
diverso in se stesso, per provocare, come dimostrer, la creazione o
lannientamento subitaneo di certi tipi didee e dopere: tali sono le
opere di controversia, opere adesso tanto ignorate quanto dovevano
essere conosciute e ammirate una volta.
In effetti, in un tempo in cui i popoli, divisi sulle credenze, erano
animati dallo spirito del fanatismo, in cui ciascuna setta, ardente nel
sostenere le proprie opinioni, armata di ferro o dargomenti, voleva
annunciarli, dimostrarli, farli adottare universalmente, le
controversie erano, in primo luogo in quanto alla scelta del soggetto,
opere troppo generalmente interessanti, per non essere
universalmente apprezzate: daltra parte, queste opere dovevano
essere fatte, almeno da parte dalcuni eretici, con tutta la maestria e
lintelligenza immaginabili, poich infine per persuadere delle favole
di Pelle dasino e di Barbabl, come sono alcune eresie, era
impossibile che i controversisti non impiegassero nei loro scritti,
tutta la duttilit, la forza e le risorse della logica, che le loro opere
114

non fossero capolavori dacume, forse, nella fattispecie, lultimo


sforzo della mente [esprit] umana. E quindi certo che, tanto per
limportanza della materia, che per la maniera di trattarla, i
controversisti dovevano allora essere considerati come gli scrittori
pi apprezzati. In un secolo, per, in cui lo spirito fanatico quasi
interamente scomparso, in cui i popoli ed i re, istruiti dalle disgrazie
passate, non si occupano pi delle dispute teologiche, in cui daltra
parte i principi della vera religione si consolidano giorno dopo giorno,
questi stessi scrittori non devono pi fare la stessa impressione sugli
animi. Luomo di mondo perci non ne leggerebbe adesso gli scritti
se non con il disgusto che proverebbe alla lettura di una controversia
peruviana, nella quale si esaminasse se Manco-Capac o no figlio del
sole. A conferma di quanto ho appena detto con un fatto accaduto
sotto i nostri occhi, ci si ricordi il fanatismo con il quale si disputava
della preminenza dei moderni sugli antichi. Quel fanatismo fece
allora la reputazione di numerose dissertazioni mediocri composte su
questargomento. E proprio lindifferenza con la quale si
considerato questa disputa, che da allora ha lasciato nel
dimenticatoio le dissertazioni dellillustre De La Motte e dello
scienziato abate Terrasson, dissertazioni che, considerate a giusto
titolo come capolavori e modelli di questo genere, non sono tuttavia
quasi pi conosciute se non dai letterati.
Questi esempi sono sufficienti a dimostrare che allinteresse
pubblico, modificato in maniera diversa secondo i diversi secoli, che
si devono attribuire la creazione e lannientamento dalcuni tipi
didee e dopere.
Non mi resta pi che dimostrare come questo stesso interesse
pubblico, nonostante i cambiamenti prodotti giornalmente nei
costumi, nelle passioni ed i gusti di un popolo, pu tuttavia
assicurare ad alcuni tipi dopere lapprezzamento costante nei secoli.
A questo scopo, bisogna ricordarsi che il tipo di spirito pi apprezzato
115

in un secolo ed in un paese, spesso il pi disprezzato in un altro


secolo ed in un altro paese, e che, perci, lo spirito non altro che
quello che si convenuto di chiamare cos. Ora, tra le convenzioni
fatte in merito, alcune sono passeggere ed altre durature. Si pu
dunque ridurre a due i diversi tipi di spirito. Il primo, la cui utilit
momentanea dipendente dai cambiamenti sopravvenuti nel
commercio, il governo, le passioni, le occupazioni ed i pregiudizi di un
popolo, non , per cos dire, che uno spirito mondano, laltro, la cui
utilit eterna, inalterabile, indipendente dai costumi e dai diversi
governi, inerente alla natura stessa delluomo, e di conseguenza
sempre invariabile e pu essere considerato come il vero spirito, vale
a dire, come quello pi desiderabile. Avendo cos ridotto tutti i tipi di
spirito a questi due soli, distinguer, di conseguenza, due tipi diversi
dopere.
Alcune sono fatte per avere un successo brillante e rapido, altre un
successo ampio e duraturo. Un romanzo satirico in cui si
descriveranno, per esempio, in maniera veritiera e maligna, gli
aspetti ridicoli dei grandi, sar certamente ricercato dalle persone di
condizione comune. La natura, che grava nei cuori il sentimento di
unuguaglianza originale, ha messo un germe eterno dodio tra i
grandi ed i piccoli; questultimi colgono, dunque, con tutto il piacere
e la sagacit possibile, i tratti pi fini delle rappresentazioni ridicole
in cui i grandi appaiono indegni della loro superiorit. Opere simili
devono dunque avere un successo rapido e brillante, ma poco ampio
e poco duraturo: poco ampio perch ha necessariamente per limiti i
paesi in cui questi aspetti ridicoli sorgono, poco duraturo, perch la
moda, sostituendo continuamente un vecchio aspetto ridicolo con
uno nuovo, cancella presto dal ricordo degli uomini le vecchie
ridicolaggini e gli autori che le hanno rappresentate, perch infine,
stanchi della contemplazione dello stesso aspetto ridicolo, la
malignit dei piccoli cerca, nei nuovi difetti, nuovi motivi per
giustificare il proprio disprezzo per i grandi. La loro impazienza, in
116

merito, affretta quindi ulteriormente la caduta di questi tipi dopere


la cui celebrit non uguaglia spesso la durata della ridicolaggine.
Tal il genere di riuscita che devono avere i romanzi satirici rispetto
ad unopera di morale o di metafisica: il loro successo non pu essere
lo stesso. Il desiderio di istruirsi, sempre pi raro e meno vivo di
quello di censurare, non pu fornire, in una nazione, n un cos gran
numero di lettori, n lettori cos appassionati. Daltra parte, i principi
di queste scienze, quanta sia la chiarezza con la quale sono
presentati, esigono sempre lettori con una certa attenzione, cosa che
deve considerevolmente diminuirne ancora il numero.
Se, per, il pregio di quellopera di morale o di metafisica colto in
maniera meno rapida di quello di unopera satirica, invece pi
generalmente riconosciuto: perch trattati, quali quelli di Locke o di
Nicole, in cui non si parla n di un italiano, n di un francese, n di un
inglese, ma delluomo in generale, devono necessariamente trovare
lettori in tutti i popoli del mondo, ed anche serbarli in ogni secolo.
Un opera che trae il proprio merito soltanto dalla finezza delle
osservazioni fatte sulla natura delluomo e delle cose, non pu
cessare di piacere in nessun tempo.
Ne ho detto abbastanza da far conoscere la vera causa dei diversi
apprezzamenti dati dei differenti tipi dintelletto: se resta ancora
qualche dubbio in merito, si pu, con nuove applicazioni dei principi
stabiliti qui su, acquisirne altre prove di verit.
Si vuole, per esempio, conoscere quali sarebbero i diversi successi di
due scrittori, di cui luno si distinguerebbe unicamente per la forza e
la profondit dei suoi pensieri, e laltro per la maniera felice di
esprimerli? Coerentemente con ci che ho detto, la riuscita del primo
deve essere pi lenta, perch ci sono molti pi giudici della finezza,
della grazia, del piacere di una costruzione o di unespressione, ed
infine di tutte le bellezze di stile, che non giudici della bellezza delle
117

idee. Uno scrittore educato, come Malerbe, deve avere quindi


successi pi rapidi che ampi, e pi brillanti che duraturi. Vi sono due
cause di ci: la prima, che unopera, tradotta da una lingua in
unaltra, perde sempre, nella traduzione, la freschezza e la forza
espressiva, e passa di conseguenza agli stranieri priva del fascino
dello stile, che, nella mia supposizione, ne facevano il piacere
primario; la seconda che la lingua invecchia insensibilmente, che le
costruzioni felici diventano alla lunga le pi comuni, e che unopera,
infine sprovvista, nel paese stesso in cui stata composta, della
bellezza che ve lo rendeva piacevole, non deve tuttal pi
conservarne allautore che una stima di tradizione.
Per ottenere un pieno successo, alle grazie dellespressione, bisogna
aggiungere la scelta delle idee. Senza questa felice scelta, unopera
non pu sostenere la prova del tempo, e soprattutto di una
tradizione, che si deve considerare come il crogiuolo pi adatto per
separare loro puro dal lustrino. Si deve pertanto attribuire soltanto a
questo difetto, troppo comune ai nostri vecchi poeti, il disprezzo
ingiusto che alcune persone ragionevoli hanno concepito per la
poesia. Aggiunger solo una parola a quello che ho detto: che tra le
opere la cui celebrit deve estendersi nei secoli e nei diversi paesi, ce
ne sono che, pi vivamente e pi generalmente interessanti per
lumanit, devono avere successi pi pronti e pi grandi. Per
convincersene, basta ricordarsi che, tra gli uomini, ce ne sono pochi
che non abbiano provato qualche passione; che la maggior parte di
loro meno colpita dalla profondit delle idee che dalla bellezza di
una descrizione; che, come dimostra lesperienza, quasi tutti hanno
pi sentito che visto, ma pi visto che riflettuto; che cos la
rappresentazione delle passioni deve essere pi generalmente
piacevole, di quella degli argomenti della natura e la descrizione
poetica di questi stessi argomenti deve trovare pi ammiratori delle
opere filosofiche. Al riguardo stesso di queste ultime opere, essendo
gli uomini comunemente meno curiosi della conoscenza della
118

botanica, della geografia e delle belle arti, che della conoscenza del
cuore umano, i filosofi, eccellenti in questultimo genere, devono
essere pi generalmente conosciuti e stimati dei botanici, geografi e
grandi critici. Sicch, De La Motte (mi sia consentito ancora di citarlo
come esempio) sarebbe stato, incontestabilmente, pi stimato in
generale, se avesse applicato ad argomenti pi interessanti la stessa
finezza, la stessa eleganza e la stessa chiarezza che ha portato nei
suoi discorsi sullode, la favola e la tragedia. Il pubblico, contento
dammirare i capolavori dei grandi poeti, fa poco caso ai grandi
critici; le loro opere non sono lette, giudicate apprezzate, se non
dalle persone dellarte alle quali sono utili. Ecco la vera causa della
sproporzione che si nota tra la reputazione e il merito di De La
Motte.
Vediamo adesso quali sono le opere che devono unire al successo
rapido e brillante, il successo prolungato e duraturo.
Si ottengono contemporaneamente questi due successi soltanto con
opere in cui, conformemente ai miei principi, si saputo unire
allutilit momentanea, lutilit duratura: tali sono certi generi di
poemi, romanzi, opere teatrali e scritti morali o politici. Su ci
conviene osservare che queste opere, presto private delle bellezze
dipendenti dai costumi, dai pregiudizi del tempo e del paese nel
quale sono state concepite, non conservano, agli occhi della
posterit, che le sole bellezze comuni a tutti i secoli e a tutti i paesi e
che Omero, per questa ragione, deve apparirci meno piacevole di
quanto era apparso ai greci del suo tempo. Questa perdita, per, e,
se oso dire, questo residuo di merito, pi o meno grande, secondo
che le bellezze durature che entrano nella composizione di unopera,
e che sono sempre combinate in maniera disuguale con le bellezze
del giorno, vincono pi o meno su queste ultime. Perch Le donne
intellettuali [o Femmine saccenti, ndt] dellillustre Molire sono gi
meno stimate del suo Avaro, il suo Tartufo ed il suo Misantropo? Non
119

si considerato il numero didee contenute in ciascuna delle sue


opere, non si determinato di conseguenza, il grado di stima che
loro dovuto, ma si dimostrato che una commedia come lAvaro, il
cui successo fondato sulla rappresentazione di un vizio sempre
permanente e sempre nocivo agli uomini, conteneva
necessariamente, nei dettagli, uninfinit di bellezze analoghe alla
scelta felice di quel soggetto, vale a dire, bellezze durature. Al
contrario, una commedia come le Donne intellettuali, il cui successo
poggia su un aspetto ridicolo passeggero, poteva brillare soltanto per
le sue bellezze momentanee, che, pi conformi alla natura che
questo soggetto, e forse pi adatte a fare viva impressione sul
pubblico, non ne poteva fare di altrettanto durature. E perci che,
nelle diverse nazioni, si vedono soltanto le opere caratteriali passare
con successo da un teatro allaltro.
La conclusione di questo capitolo, che la stima accordata ai diversi
tipi di menti superiori, , in ciascun secolo, sempre commisurata
allinteresse che si ha di apprezzarli.

Discorso 2 Capitolo 20
Dello spirito considerato in rapporto ai diversi paesi.
Quello che ho detto dei diversi secoli, lo applico ai diversi paesi e
dimostro che la stima o il disprezzo per gli stessi tipi dintellettuali
[esprit], nei diversi popoli, sempre leffetto della diversa forma di
governo, e perci, della diversit degli interessi. Perch leloquenza
cosi fortemente reputata dai repubblicani? Perch, con la loro forma
di governo, leloquenza apre la carriera delle ricchezze e degli onori.
Ora, lamore ed il rispetto che gli uomini hanno per loro e le dignit
devono necessariamente ripercuotersi sui mezzi per acquisirli. Ecco
perch, nelle repubbliche, si onora non solamente leloquenza ma
per di pi tutte le scienze che, come la politica, la giurisprudenza, la
120

morale, la poesia o la filosofia, possono servire alla formazione degli


oratori.
Nei paesi autoritari, al contrario, se si considera poco questo stesso
tipo deloquenza, perch non porta alla fortuna, perch, in quel
paese, non di quasi nessun utilizzo, e perch non ci si d la pena di
persuadere, quando si pu comandare.
Perch i lacedemoni ostentavano tanto disprezzo per il genere di
mente [esprit] capace di perfezionare le opere di lusso? La ragione
che una repubblica povera e piccola, che poteva opporre solo virt e
valore alla potenza temibile dei persiani, doveva disprezzare tutte le
arti fatte per rammollire il coraggio, che si sarebbe forse, a ragion
veduta, divinizzato a Tiro o a Sidone. Da cui deriva: si ha minore
considerazione in Inghilterra che a Roma per la scienza militare? Ed
in Grecia se naveva per questa stessa scienza? Il fatto che gli
Inglesi, oggi pi cartaginesi che romani, con la loro forma di governo
e la loro posizione fisica, hanno meno bisogno di grandi generali che
dabili negozianti; che lo spirito commerciale, che porta
necessariamente con s il gusto del lusso e della mollezza, deve ogni
giorno far aumentare ai loro occhi il prezzo delloro e dellindustria,
deve ogni giorno far diminuire la loro stima per larte della guerra
come per il coraggio: virt che, in un popolo libero, sostiene a lungo
lorgoglio nazionale ma che, indebolendosi nondimeno di giorno in
giorno, , forse, la causa lontana della caduta o dellasservimento
della nazione. Se, al contrario, come dimostra lesempio dei Locke e
degli Adisson, celebri scrittori sono stati, fino ad ora, pi onorati in
Inghilterra che dappertutto altrove, che impossibile che non si
tenga in gran considerazione il merito, in un paese in cui ogni
cittadino prende parte alla gestione degli affari generali, in cui ogni
uomo colto pu illuminare il pubblico sui suoi reali interessi. E la
ragione per la quale sincontra cos comunemente a Londra gente
istruita, incontro pi difficile da fare in Francia: non che il clima
121

inglese, come si preteso, sia pi favorevole alla mente del nostro.


La lista dei nostri uomini celebri, nella guerra, nella politica, nelle
scienze e le arti, forse pi lunga della loro. Se i signori inglesi sono
in generale pi istruiti dei nostri, che sono costretti ad istruirsi,
che in compenso dei vantaggi che la forma del nostro governo pu
avere sulla loro, essi hanno in questambito un vantaggio molto
considerevole su di noi: vantaggio che conserveranno fino a che il
lusso non abbia interamente corrotto i principi del loro governo, non
li abbia insensibilmente piegati al giogo della servit, e non gli abbia
insegnato a preferire le ricchezze ai talenti. Fino ad oggi, a Londra
un merito istruirsi, a Parigi una cosa ridicola. Questo fatto basta a
giustificare la risposta di uno straniero che il duca dOrleans,
reggente, interrogava sul carattere ed il genio diverso delle nazioni
dEuropa: la sola maniera, gli disse lo straniero, di rispondere a
vostra altezza reale di ripetere le prime domande che i diversi
popoli pongono pi comunemente sul conto di un uomo che fa
ingresso nella societ. In Spagna, aggiunse, si chiede: si tratta di un
grande di prima classe? In Germania: pu entrare in gioco? In
Francia: adatto alla corte? In Olanda: quanto oro possiede? In
Inghilterra: che uomo ? Lo stesso interesse generale che, negli stati
repubblicani e quelli a costituzione mista, regola la distribuzione
della stima, anche, negli imperi sottomessi al dispotismo, il
distributore unico di questa stessa stima. Se, in questi governi, si
tiene in poco conto la cultura [esprit], e se si ha pi considerazione
ad Ispahan [antica capitale dellIran, oggi Esfahan, ntd], a
Costantinopoli, per leunuco, licoglan [paggio del sultano, ntd] o il
pasci, che per luomo meritevole, che in questi paesi non si ha
nessun interesse a stimare i grandi uomini: questi vi sono certo utili e
auspicabili, ma poich nessun privato, che insieme con gli altri forma
il pubblico, ha interesse a diventarlo, si capisce che ciascuno stimer
sempre poco quello che non vorrebbe essere. Chi potrebbe, in questi
imperi, impegnare un privato a sopportare la fatica dello studio e
122

della meditazione necessaria a perfezionare le sue doti? I grandi


talenti sono sempre sospetti per governi ingiusti: non vi procurano
n onori, n ricchezze. Ora ricchezze ed onori sono tuttavia gli unici
beni visibili dagli occhi di tutti, i soli che siano reputati veri beni, e
siano universalmente desiderati. In vano si affermerebbe che sono
talvolta scomodi per i loro possessori: sono, se si vuole, decorazioni
talvolta sgradevoli agli occhi dellattore ma che nondimeno
apparranno sempre ammirabili dal punto di vista da cui lo spettatore
li contempla. E per ottenerli che si fanno i pi grandi sforzi. Gli
uomini illustri, pertanto, fioriscono solo nei paesi in cui onori e
ricchezze sono il premio dei grandi talenti. Di conseguenza, i paesi
dispotici sono, per la ragione contraria, sempre sterili di grandi
uomini. Sulla qual cosa osserver che loro adesso di un prezzo cos
elevato agli occhi di tutte le nazioni che, in governi infinitamente pi
savi e pi illuminati, il possesso delloro quasi sempre considerato
come il primo merito. Quanta gente ricca, inorgoglita dagli omaggi
universali, si crede superiore alluomo di talento, si felicita con tono
superbamente modesto, di aver preferito lutile al dilettevole e, in
mancanza di talento, dice daver fatto incetta di buon senso, che, nel
significato che danno a questa parola, il vero, il buono ed il
supremo talento [esprit]! Tali persone devono sempre prendere i
filosofi per speculatori visionari, i loro scritti per opere seriamente
frivoli, e lignoranza per un merito.
Le ricchezze e gli onori sono troppo generalmente desiderati, perch
si onorino mai i talenti nei popoli in cui le pretese al merito sono
esclusive delle pretese alla fortuna. Ora, per far fortuna, in quale
paese luomo di talento non costretto a perdere, nellanticamera di
un protettore, un tempo che, per eccellere in una qualunque
categoria, occorrerebbe impegnare in studi perseveranti e
continuati? Per ottenere il favore dei grandi, a quali adulazioni, a
quali bassezze non si deve piegare? Se nasce in Turchia, occorre che
si esponga allarroganza di un mufti o di un sultano, in Francia, alle
123

bont oltraggianti di un gran signore o di un uomo di potere che,


disprezzando in lui un genere dingegno [esprit] troppo differente dal
suo, lo considerer come un uomo inutile allo stato, incapace daffari
seri, e tuttal pi come un ragazzo grazioso impegnato in bagattelle
ingegnose. Daltra parte, segretamente geloso della reputazione
delle persone di merito, e sensibile alla loro censura, luomo di
potere le riceve da lui meno per gusto che per fasto, soltanto per
mostrare che ha di tutto a casa sua. Ora, come immaginare che un
uomo, animato da questa passione per la gloria, che lo strappa alle
dolcezze del piacere, si avvilisca fino a questo punto? Chiunque
nato per dar lustro al proprio secolo sempre in guardia contro i
grandi: si lega almeno solo con quelli il cui spirito ed i cui carattere,
fatto per apprezzare i talenti ed annoiarsi nella maggior parte delle
societ, vi ricerca, vincontra luomo colto con lo stesso piacere che
sincontrano in Cina due francesi che vi diventano amici a prima
vista. Il carattere specifico per la formazione duomini illustri, li
espone dunque necessariamente allodio, o almeno allindifferenza
dei grandi e degli uomini di potere, e soprattutto nei popoli come gli
orientali, che abbrutiti dalla forma del governo e dalla religione,
languiscono in una vergognosa ignoranza e stanno, se oso dire, tra
luomo e la bestia. Dopo aver dimostrato che la mancanza di stima
per il merito , in Oriente, fondata sullo scarso interesse che i popoli
hanno di stimare i talenti: per far meglio intuire la potenza di
questinteresse, applichiamone il principio a soggetti che ci siano
familiari. Sesami perch linteresse pubblico, modificato secondo la
forma del nostro governo, ci d, per esempio, tanto disgusto per il
genere della dissertazione, perch il tono ce ne sembra
insopportabile, e si capir che la dissertazione penosa e stancante;
che i cittadini, con la forma del nostro governo, avendo meno
bisogno distruzione che di divertimento, in generale desiderano solo
il genere di talento che li rende piacevoli a cena; che devono, perci,
tenere in poco conto la mente razionale, e rassomigliare tutti, pi o
124

meno, a quelluomo di corte che, meno annoiato che imbarazzato


dagli argomenti che un saggio adduceva come prova della sua
opinione, grid vivamente: "Ah! Signore non voglio prove. Tutto da
noi deve cedere allinteresse della pigrizia. Se, nella conversazione,
non ci si serve che di frasi scucite ed iperboliche, se lesagerazione
diventata leloquenza particolare del nostro secolo e della nostra
nazione, se non si d per niente importanza alla correttezza ed alla
precisione delle idee e delle espressioni, che non siamo per niente
interessati a considerarle. E col riguardo per questa stessa pigrizia
che consideriamo il gusto come un dono di natura, come un istinto
superiore a qualsiasi conoscenza ragionata, ed infine come un
sentimento vivo e pronto del buono e del cattivo, sentimento che ci
dispensa da qualsiasi esame, e riduce le regole della critica a due sole
parole: delizioso e detestabile. E a questa stessa pigrizia che
dobbiamo anche qualcuno dei vantaggi che abbiamo sulle altre
nazioni. La scarsa abitudine allapplicazione, che presto ce ne rende
del tutto incapaci, ci fa desiderare, nelle opere, una chiarezza che
supplisce a questincapacit dattenzione: siamo bambini che
vogliono, nelle letture, essere sempre sostenuti dallausilio
dellordine.
Un autore deve quindi adesso darsi ogni immaginabile pena per
risparmiarla ai suoi lettori. Deve spesso ripetere con Alessandro: O
ateniesi, quanto mi costa essere lodato da voi!. Ora la necessit
dessere chiari per essere letti, ci rende, a questo proposito, superiori
agli scrittori inglesi: se questultimi tengono in poco conto la
chiarezza, perch i loro lettori vi sono meno sensibili, e che menti
pi allenate alla stanchezza dellattenzione, possono supplire pi
facilmente a questo difetto. Ecco ci che, in una scienza come la
metafisica, deve darci qualche vantaggio sui nostri vicini. Se a questa
scienza stato sempre applicato il proverbio, niente meraviglia senza
velo, e se le sue tenebre lhanno resa a lungo rispettabile, ora la
nostra pigrizia non si applicherebbe pi a dissiparle, la sua oscurit la
125

renderebbe disprezzabile: vogliamo spogliarla del linguaggio


inintelligibile di cui ancora rivestita, sgombrarla delle nubi
misteriose che lavvolgono. Ora questo desiderio, che si deve
soltanto alla pigrizia, lunico mezzo per fare una scienza di cose
della stessa metafisica, che fino ad ora non stata che una scienza di
parole. Ma, per soddisfare su questo punto il gusto del pubblico,
occorre, come nota lillustre storiografo dellaccademia di Berlino:
le menti spezzino gli ostacoli di un rispetto troppo superstizioso,
riconoscano i limiti che devono separare per sempre la ragione dalla
religione, e che i giudici, follemente rivoltati contro ogni opera
razionale, non condannino pi la nazione alla frivolezza. Quello che
ho detto basta, penso, per rivelarci nello stesso tempo la causa del
nostro amore per le storielle ed i romanzi, della nostra abilit in
questo campo, della nostra superiorit nellarte frivola e tuttavia
molto difficile di dire nulla, ed infine della preferenza che diamo al
carattere [esprit] divertente su ogni altro genere di carattere [esprit]:
preferenza che ci abitua a considerare luomo dingegno come
divertente, ad avvilirlo confondendolo con la pantomima,
preferenza, infine, che ci rende il popolo pi galante, pi amabile, ma
pi frivolo dEuropa. Dati i nostri costumi, dobbiamo essere tali. La
strada dellambizione, per la forma del nostro governo, chiusa alla
maggior parte dei cittadini: non gli resta che quella del piacere. Tra i
piaceri, quello dellamore il pi vivo, per goderne, bisogna piacere
alle donne: appena il bisogno damore si fa sentire, quello di piacere
deve quindi accendersi nella nostra anima. Sfortunatamente,
succede per gli amanti come per gli insetti alati che prendono il
colore dellerba alla quale si attaccano: soltanto assumendo la
somiglianza con loggetto amato, che un amante arriva a piacergli.
Ora se le donne, per leducazione data loro, devono acquisire pi
frivolezza e grazie che forza e correttezza nelle idee, la nostra natura,
modellandosi sulla loro, deve pertanto risentire degli stessi vizi. Ci
sono solo due mezzi per difendersene. Il primo, di perfezionare
126

leducazione delle donne, di dare pi elevazione alla loro anima, pi


spessore alle loro menti. E fuori dubbio che non ci si potrebbe
elevare alle pi grandi cose senza lamore per il precettore e senza
che la mano della bellezza gettasse nella nostra anima il seme
dellintelligenza [esprit] e della virt. Il secondo mezzo (e non certo
quello che consiglierei), sarebbe di sbarazzare le donne da un residuo
di pudore, il cui sacrificio le conferisce il diritto desigere il culto e
ladorazione perpetua dei loro amanti. Allora i favori delle donne,
diventati pi abituali, apparirebbero meno preziosi, allora gli uomini,
pi indipendenti, pi assennati, perderebbero con loro solo le ore
consacrate ai piaceri dellamore, e potrebbero di conseguenza,
ampliare e fortificare il loro spirito con lo studio e la meditazione. In
tutti i popoli ed in tutti i paesi votati allidolatria delle donne, bisogna
farne delle romane o delle sultane: il centro tra questi due partiti il
pi pericoloso.
Quello che ho detto qui sopra dimostra che alla diversit dei
governi e, di conseguenza, degli interessi dei popoli, che si devono
attribuire la stupefacente variet dei loro caratteri, genio e gusto. Se
si crede talvolta individuare un punto dincontro per
lapprezzamento generale, se, per esempio, la scienza militare , in
quasi tutti i popoli, considerata come la prima, che il gran capitano
, in quasi tutti i paesi, luomo pi utile, almeno fino al trattato di una
pace universale e inalterabile. Una volta confermata tale pace, si
darebbe, incontestabilmente, agli uomini celebri nella scienza, nelle
leggi, nelle lettere e le belle arti, la preferenza sul pi gran capitano
del mondo: da cui concludo che linteresse generale , in ogni
nazione, il dispensatore unico della sua stima. E a questa stessa
causa, come dimostrer, che si deve attribuire il disprezzo, ingiusto o
legittimo, ma sempre reciproco, che le nazioni hanno per i loro
costumi, i loro usi e caratteri differenti.

127

Discorso 2 - Capitolo 21
Il reciproco disprezzo delle nazioni dovuto allinteresse della loro
vanit.
Succede con le nazioni esattamente come con i singoli: se ognuno di
noi si crede infallibile, pone la contraddizione nel rango delle offese e
non pu n stimare n ammirare negli altri che la propria intelligenza
[esprit], ogni nazione, alla stessa maniera, non stima negli altri se
non le idee simili alle proprie: qualsiasi opinione contraria quindi
un germe di disprezzo tra loro. Si dia unocchiata rapida al mondo:
qui, linglese che ci prende per teste frivole, quando noi li
prendiamo per una testa calda, l, larabo che, persuaso
dellinfallibilit del suo Khalife, ride della credulit ottusa del tartaro
che crede il gran lama immortale. In Africa, il negro che, sempre in
adorazione dinanzi ad una radice, una zampa di granchio, o il corno
di un animale, vede nella terra solo una massa immensa di divinit, e
se ne infischia della penuria di dei nella quale siamo noi, mentre il
musulmano, poco istruito, ci accusa di riconoscerne tre. Pi lontano,
sono gli abitanti della montagna di Bata ad essere persuasi che
qualsiasi uomo che mangia prima di morire un cuc arrosto, un
santo; prendono perci in giro lindiano: Cosa c di pi ridicolo, gli
dicono, dellavvicinare una vacca al letto di un malato e
dimmaginare che, se alla vacca, a cui si tira la coda, le viene da
pisciare e che qualche goccia durina cade sul moribondo, costui
diventa santo? Che cosa c di pi assurdo da parte dei bramini
d'esigere dai loro nuovi convertiti che, per sei mesi, si mantengano
con lo sterco di vacca come unico nutrimento?
E sempre su di una differenza dusanze e di costumi simile che si
fonda il reciproco disprezzo delle nazioni. E per questo motivo che
labitante dAntiochia disprezzava una volta, nellimperatore
Giuliano, la semplicit di costumi e la frugalit che gli valevano
lammirazione dei Galli. La differenza di religione, e di conseguenza
dopinione, spingeva nello stesso tempo i cristiani, pi zelanti che
giusti, ad offuscare con le pi infami calunnie, la memoria di un
principe che, abbassando le tasse, ristabilendo la disciplina militare e
rianimando la virt agonizzante dei romani, ha cos giustamente
128

meritato dessere messo nel novero dei loro pi grandi imperatori. Si


dia uno sguardo da qualsiasi parte, tutto pieno di queste ingiustizie.
Ogni nazione, convita di possedere da sola la saggezza, prende tutte
le altre per folli e rassomiglia molto a quellabitante delle Marianne
[marinois] che, persuaso che la sua lingua sia la sola delluniverso, ne
conclude che gli altri uomini non sanno parlare.
Se scendesse dal cielo un saggio, che, per sua condotta tenesse conto
solo dei consigli della ragione, questo saggio passerebbe
universalmente per pazzo. Sarebbe, dice Socrate, nei confronti degli
altri uomini, come un medico che fosse accusato da dei pasticcieri,
davanti ad un tribunale di minori, daver vietato pasticcini e
crostatine, e che sicuramente vi apparirebbe per prima cosa
colpevole. Baserebbe invano le sue opinioni sulle pi forti
dimostrazioni, tutte le nazioni sarebbero nei suoi confronti, come
quel popolo di gobbi, dal quale, dicono i narratori indiani, pass un
dio bello, giovane e ben fatto. Questo dio, aggiungono, entra nella
capitale, si vede circondato da una moltitudine dabitanti: la sua
faccia sembra loro straordinaria, risate e frecciate ne dichiarano lo
stupore. Si stava per spingere pi in l loltraggio, se, uno degli
abitanti, che senza dubbio aveva visto uomini diversi dai gobbi, per
scongiurare il pericolo, non avesse allimprovviso esclamato: Eh,
amici miei, che stiamo facendo? Non insultiamo questinfelice
contraffatto: se il cielo ha dato a tutti noi il dono della bellezza, se ha
ornato la nostra schiena con una montagna di carne, pieni di
riconoscenza per gli immortali, andiamo al tempio a ringraziarne gli
dei. Questa favola la storia della vanit umana. Ogni popolo
ammira i propri difetti e disprezza le qualit contrarie: per aver
successo in un paese, bisogna portare la gobba della nazione nella
quale si viaggia.
In ogni paese, ci sono pochi avvocati che difendono la causa delle
nazioni vicine, pochi uomini che riconoscono in s il ridicolo di cui
accusano lo straniero e che prendono esempio su non so quale
tartaro che, a tal proposito, fece destramente arrossire il gran lama
in persona per la sua ingiustizia.

129

Il tartaro aveva percorso il nord, visitato il paese dei lapponi e vi


aveva anche comprato vento dagli stregoni. Di ritorno nel suo paese,
riferisce le sue avventure: il gran lama vuole ascoltarle e a quel
racconto scoppia a ridere. Di quale follia, dice, non capace la
mente umana! Quanti costumi bizzarri! Quale credulit, nei lapponi!
Sono questi uomini?
Si, veramente, risponde il tartaro, apprendi per di pi qualcosa di
pi strano: il fatto che questi lapponi, cos ridicoli con i loro
stregoni, non ridono di meno della nostra credulit di quanto tu ridi
della loro.
Empio! risponde il gran lama, osi proferire questa bestemmia, e
paragonare la mia religione alla loro? Padre eterno, riprende il
tartaro, prima che limposizione sacra della tua mano sulla mia testa
mi abbia mondato dal peccato, ti far capire che, con il tuo riso, non
devi impegnare i tuoi sudditi a fare un uso profano della ragione. Se
locchio severo dellesame e del dubbio si posasse su ogni oggetto
della credenza umana, chi sa se il tuo culto stesso sarebbe al riparo
dalle beffe dellincredulo? Forse la tua santa urina e i tuoi santi
escrementi, che distribuisci come regalo ai principi della terra, gli
appariranno meno preziosi; forse non vi troverebbero pi lo stesso
sapore, non ne spruzzerebbero pi gli spezzatini di carne e non ne
mischierebbero pi alle salse. Lempiet nega gi alla Cina le nove
incarnazioni di Visnu. Tu, la cui vista abbraccia il passato, il presente
e lavvenire, tu ce lhai ripetuto spesso: al talismano di una
credenza cieca che devi la tua immortalit e la tua potenza sulla
terra. Senza lintera sottomissione ai tuoi dogmi, saresti costretto a
lasciare questo soggiorno di tenebre e a risalire al cielo, la tua patria.
Sai che i lama, sottomessi alla tua potenza, devono un giorno
innalzarti degli altari in ogni parte del mondo: chi pu assicurarti che
eseguiranno questo progetto senza il soccorso della credulit umana,
e che, senza di questa, lesame sempre empio, non prenda i lama per
stregoni lapponi che vendono vento agli stolti che lo comprano?
Scusa quindi, o Fo [Budda, ndt] vivente, i discorsi che linteresse per il
tuo culto mi detta, e che il tartaro apprenda da te a rispettare
lignoranza e la credulit di cui il cielo, sempre impenetrabile nei suoi
intenti, sembra servirsi per sottomette la terra a te.
130

Pochi uomini, su questesempio, fanno capire alla loro nazione il


ridicolo di cui si coprono agli occhi della ragione, quando, sotto un
nome straniero, ride della propria follia: ma ci sono ancora meno
nazioni che sappiano approfittare di simili consigli. Tutte sono cos
scrupolosamente legate allinteresse della loro vanit, che in ogni
paese non si dar mai il nome di saggio se non a coloro che, come
diceva De Fontanelle, sono pazzi della pazzia comune. Per quanto
bizzarra sia una favola, sempre creduta da qualche nazione, e
chiunque ne dubita trattato da pazzo da questa stessa nazione. Nel
regno di Juida [Togo, ndt], dove si adora il serpente, quale uomo
oserebbe negare la favola che i marab raccontano di un maiale che,
dicono, insult la divinit del serpente e lo mangi. Un santo marab,
aggiungono, se naccorge, e lo denuncia al re. Subito decreto di
morte per tutti i maiali, poi lesecuzione e la razza sta per estinguersi,
quando il popolo fa notare al re che, per un colpevole, non giusto
punire tanti innocenti. L osservazione sospende la collera del
principe, il gran marab si calma, il massacro cessa ed i maiali hanno
ordine, in avvenire, dessere pi rispettosi verso le divinit. Ecco,
esclamano i marab, come il serpente sa accendere la collera dei re,
per vendicarsi degli empi: che luniverso ne riconosca divinit, al suo
tempio, al suo sacrificatore, allordine di marab destinato a servirlo,
infine alle vergini consacrate al suo culto. Sicch, appartato nel fondo
del suo santuario, il dio serpente, invisibile agli occhi stessi del re,
non riceve domande e non d risposte se non attraverso lorgano dei
preti, non sta affatto ai mortali guardare questi misteri con occhio
profano: il loro dovere di credere, di prosternarsi e dadorare.
In Asia, al contrario, quando i persiani, sporchi del sangue dei
serpenti immolati al dio del bene, correvano al tempio dei magi per
vantarsi di questatto di piet, simmagina forse che un uomo che li
avesse fermati per dimostrargli il ridicolo della loro opinione ne
sarebbe stato ben accetto? Pi unopinione folle, pi onesto e
pericoloso mostrarne la follia
De Fontanelle, perci, ha sempre ripetuto che, se avesse tenuto tutte
le verit in una mano, si sarebbe guardato bene dallaprirla per
mostrarle agli uomini. In effetti, se la scoperta di una sola, nella
stessa Europa, ha fatto trascinare Galileo nelle prigioni
131

dellInquisizione, a quale supplizio non si condannerebbe colui che le


rivelasse tutte?
Tra i lettori giudiziosi che ridono in questistante della stupidit dello
spirito umano, e che sindignano per il trattamento riservato a
Galileo, forse non ce n nessuno che, nel secolo di questo filosofo,
non navrebbe sollecitato la morte. Avrebbero allora avuto opinioni
differenti: e in quale crudelt non ci precipita il barbaro e fanatico
attaccamento alle nostre opinioni? Quanti mali non ha seminato
sulla terra questattaccamento? Attaccamento, tuttavia, di cui
sarebbe tanto giusto quanto utile e facile disfarsi. Per imparare a
dubitare delle proprie opinioni, basta esaminare le forze del proprio
spirito, considerare il quadro delle stoltezze umane, ricordarsi che fu
seicento anni dopo listituzione delle universit che ne usc infine un
uomo straordinario, che il suo secolo perseguit, e mise poi nel
rango di semi-dei, per aver insegnato agli uomini ad ammettere per
veri solo quei principi di cui avevano idee chiare; verit di cui poche
persone sentono tutta la portata: per la maggior parte degli uomini, i
principi non includono conseguenze.
Grande che sia la vanit degli uomini, certo che, se ricordassero
spesso fatti simili, se, come De Fontanelle, dicessero spesso a se
stessi: nessuno sfugge allerrore, sarei io lunico uomo infallibile?
Non sarebbe proprio nelle cose stesse che sostengo con pi
fanatismo che mi sbaglio? Se gli uomini avessero abitualmente
presente alla mente questidea, sarebbero pi in guardia contro la
vanit, pi attenti alle obbiezioni dei loro avversari, pi in grado di
percepire la verit; sarebbero pi docili, pi tolleranti, e senza
dubbio avrebbero unopinione meno alta della loro saggezza. Socrate
ripeteva spesso: tutto quello che so che non so niente. Si sa tutto in
questo secolo, eccetto ci che sapeva Socrate. Gli uomini non si
sorprendono cos spesso nellerrore, perch sono ignoranti, e che in
generale la loro follia pi incurabile, di credersi saggi. Questa follia,
comune a tutte le nazioni e causata in parte dalla loro vanit, gli fa
non soltanto disprezzare i costumi e gli usi differenti dai loro, ma gli
fa anche considerare come un dono della natura la superiorit che
qualcuno di loro ha sugli altri: superiorit che deve soltanto alla
forma politica del suo stato.
132

Discorso 2 - Capitolo 22
Perch le nazioni mettono nel rango dei doni di natura qualit che
devono soltanto alla forma del loro governo.
E ancora la vanit il principio di questerrore: e quale nazione pu
trionfare su un simile errore? Supponiamo, per fare un esempio, che
un francese abituato a parlare molto liberamente e ad incontrare qui
e l uomini veramente cittadini, lasci Parigi e sbarchi a
Costantinopoli: quale idea si former dei paesi sottomessi al
dispotismo, quando prender in considerazione lavvilimento in cui vi
si trova lumanit? Quando scorger dappertutto limpronta della
schiavit? Quando vedr la tirannia infettare con il suo alito i germi
dogni talento e virt, portare labbrutimento, la paura servile e lo
spopolamento dal Caucaso fino allEgitto? Quando infine apprender
che, chiuso nel suo serraglio mentre il persiano ne batte le truppe e
ne distrugge le province, il tranquillo sultano, indifferente alle
calamit pubbliche, beve un sorbetto, accarezza le proprie mogli, fa
strangolare i suoi pasci e sannoia? Colpito dalla vigliaccheria e dalla
schiavit di questi popoli, animato insieme dal sentimento dorgoglio
e dindignazione, quale francese non si creder di natura superiore al
turco? Quanti avvertono che il disprezzo per una nazione sempre
un disprezzo ingiusto? Che dalla forma pi o meno felice dei
governi che dipende la superiorit di un popolo rispetto ad un altro?
E che infine il turco pu dargli la stessa risposta che un persiano
diede ad un soldato lacedemone che gli rimproverava la vigliaccheria
della sua nazione: Perch insultarmi? - gli diceva- sappi che non ci
sono pi dappertutto nazioni in cui si riconosce un capo assoluto. Un
re lanima dispotica universale di uno stato dispotico: il suo
coraggio o la sua debolezza che fa languire o che vivifica limpero.
Vincitori sotto Ciro, se siamo vinti sotto Serse, perch Ciro dovette
fondare il trono dove Serse si seduto nascendo; perch Ciro,
nascendo, ebbe dei pari, mentre Serse fu sempre circondato da
schiavi, e i pi vili, lo sai, abitano il palazzo dei re. E dunque la feccia
della nazione che vedi ai primi posti, la schiuma dei mari che
arrivata in superficie. Riconosci lingiustizia dei tuoi disprezzi. E, se ne
133

dubiti, dacci le leggi di Sparta, prendi Serse come maestro: tu sarai il


vile ed io leroe.
Ricordiamoci del momento in cui il grido di guerra aveva risvegliato
le nazioni dEuropa, in cui il suo tuono si faceva sentire dal nord al
mezzogiorno della Francia. Supponiamo che in quel momento un
repubblicano, ancora tutto infervorato dallo spirito di cittadino, arrivi
a Parigi, e si presenti nella buona societ: quale sorpresa per costui
vedervi ciascuno trattare con indifferenza gli affari pubblici, ed
interessarsi vivamente soltanto di una moda, di una storia galante, o
di un cagnolino! Colpito, a tal proposito, dalla differenza riscontrata
tra la nostra nazione e la sua, non c quasi pi inglese che non si
creda un essere di natura superiore, che non prenda i francesi per
teste frivoli, e la Francia per un regno di bagattelle: pu certo
accorgersi facilmente che non soltanto alla forma del governo che i
compatrioti devono lo spirito di patriottismo e delevazione
sconosciuto a qualsiasi altro paese che ai paesi liberi, ma che lo
devono anche alla posizione fisica dellInghilterra.
In effetti, per capire che la libert, di cui gli inglesi sono cos fieri e
che rinchiude realmente il germe di tante virt, meno il premio del
loro coraggio che un dono del caso, consideriamo il numero infinito
di fazioni che una volta hanno lacerato lInghilterra e saremo convinti
che, se i mari, abbracciando questimpero, non lavessero reso
inaccessibile ai popoli vicini, questi, approfittando delle divisioni degli
inglesi, o li avrebbero soggiogati, o almeno avrebbero fornito al loro
re i mezzi per asservirli, e che cos la loro libert non affatto il frutto
della loro saggezza. Se, come pretendono, la dovessero soltanto dalla
fermezza e da una prudenza particolare alla loro nazione, dopo il
crimine orrendo commesso nella persona di Carlo I, non avrebbero
almeno tratto da quel crimine il partito pi vantaggioso? Avrebbero
sopportato che, con servizi e processioni pubbliche fosse messo nel
rango dei martiri un principe che, dicono alcuni di loro, sarebbe stato
nel loro interesse far considerare come una vittima immolata al bene
generale, ed il cui supplizio, necessario al mondo, avrebbe dovuto
spaventare per sempre chiunque avesse intrapreso a sottomettere i
134

popoli ad unautorit arbitraria e tirannica? Qualsiasi inglese sensato


converr quindi che alla posizione fisica del suo paese che deve la
libert, che la forma del suo governo non potrebbe sussistere tale e
quale sulla terra ferma, senza essere infinitamente perfezionata, e
che lunico e legittimo soggetto del suo orgoglio si riduce alla felicit
dessere nato insulare piuttosto che abitante del continente. Un
privato far senza dubbio una simile ammissione, ma un popolo mai.
Un popolo non dar mai alla sua vanit gli intralci della ragione: pi
equit nei suoi giudizi supporrebbe una sospensione della
ragionevolezza [esprit], troppo rara nei privati per trovarla mai in una
nazione.
Ogni popolo metter quindi sempre nel rango dei doni di natura le
virt che gli provengono dalla forma del suo governo. Linteresse
della propria vanit glielo consiglier: e chi resiste al consiglio
dellinteresse? La conclusione generale di quello che ho detto dello
spirito considerato in rapporto ai diversi paesi, che linteresse il
dispensatore unico della stima o del disprezzo che le nazioni hanno
per le loro usanze, costumi e generi di pensiero [esprit] differenti. La
sola obiezione che si possa opporre a questa conclusione e questa: se
linteresse, si dir, fosse lunico dispensatore della stima accordata ai
diversi generi di scienze e dintelligenze, perch la morale, utile ad
ogni nazione, non la pi onorata? Perch il nome dei Descartes, dei
Newton pi celebre rispetto a quelli dei Nicole, dei La Bruyre e di
tutti gli studiosi di morale, che forse, nelle loro opere, hanno fatto
prova daltrettanta intelligenza [esprit]? E, risponder, che i grandi
fisici, con le loro scoperte, hanno talvolta reso servizio alluniverso,
mentre la maggior parte degli studiosi di morale non stata, fino ad
ora, dalcun soccorso allumanit. A che serve ripetere
incessantemente che bello morire per la patria? Un apoftegma non
fa un eroe. Per meritare la stima, i moralisti devono utilizzare nella
ricerca dei mezzi atti a formare uomini bravi e virtuosi, il tempo e
lintelligenza [esprit] che hanno sprecato nel comporre massime sulla
virt. Quando Omar scriveva ai siriani, invio contro di voi uomini
tanto avidi della morte quanto voi lo siete del piacere, allora i
saraceni, ingannati dal prestigio dellambizione e della credulit,
vedevano nel cielo soltanto la spartizione del valore e della vittoria, e
135

nellinferno quella della vigliaccheria e della sconfitta. Erano allora


animati dal pi violento fanatismo, e sono le passioni e non le
massime morali che formano gli uomini coraggiosi. I moralisti devono
intuirlo, e sapere che, simile allo scultore, che, da un tronco dalbero
fa un dio o un banco, il legislatore forma a suo piacimento eroi, geni
e gente virtuosa. Ne do come testimonianza i moscoviti trasformati
in uomini da Pietro il Grande.
In vano i popoli, follemente innamorati della propria legislazione,
cercano, nellesecuzione delle leggi, la causa delle loro disgrazie.
Linadempienza delle leggi, dice il sultano Mahmouth, sempre la
prova dellignoranza del legislatore. La ricompensa, la punizione, la
gloria e linfamia, sottomesse alle sue volont, sono quattro specie di
divinit con le quali egli pu sempre operare per il bene pubblico, e
creare uomini illustri dogni genere. Tutto lo studio dei moralisti
consiste nel determinare luso che si deve fare di ricompense e
punizioni, ed i vantaggi che se ne possono trarre per legare
linteresse personale allinteresse generale. Questa unione il
capolavoro che deve proporsi la morale. Se i cittadini non potessero
fare la propria felicit particolare senza fare il bene pubblico, di
viziosi non ci sarebbero allora che i pazzi, ogni uomo sarebbe indotto
alla virt e la felicit delle nazioni sarebbe un beneficio della morale:
ora, chi dubita che, in questa supposizione, questa scienza non
sarebbe infinitamente onorata, e che gli scrittori eccellenti in questo
genere non sarebbero almeno per lequa e riconoscente posterit,
messi nel rango dei Solone, dei Licurgo e dei Confucio?
Tuttavia, si replicher, limperfezione della morale e la lentezza dei
suoi progressi, pu soltanto essere un effetto della scarsa
proporzione che si trova tra la stima accordata agli studiosi di
morale, e gli sforzi di pensiero [esprit] necessari per perfezionare
questa scienza. Linteresse generale, si aggiunger, non governa
quindi la distribuzione della stima pubblica? Per rispondere a
questobiezione, occorre, negli ostacoli insormontabili che si sono
fino ad ora opposti allavanzamento della morale, cercare le cause
dellindifferenza con la quale stata considerata fino ad ora una
scienza i cui progressi annunciano sempre quelli della legislazione, e
che, di conseguenza, i popoli hanno interesse a perfezionare.
136

Discorso 2 - Capitolo 23
Delle cause che, fino ad ora, hanno ritardato i progressi della morale.
Se la poesia, la geometria, lastronomia, e generalmente tutte le
scienze tendono pi o meno rapidamente alla loro perfezione,
quando la morale sembra appena uscire dalla culla, perch gli
uomini, riunendosi in societ, costretti a darsi leggi e costumi, hanno
dovuto dotarsi di un sistema di morale prima che losservazione
gliene avesse fatto scoprire i veri principi. Fatto il sistema, si
smesso dosservare: perci non abbiamo, per cos dire, che la morale
dellinfanzia del mondo, e come perfezionarla? Per accelerare i
progressi di una scienza, non basta che questa sia utile al pubblico,
occorre che ciascuno dei cittadini che compongono una nazione,
trovi qualche vantaggio a perfezionarla. Ora, nelle rivoluzioni che
tutti i popoli della terra hanno sperimentato, linteresse pubblico,
vale a dire, quello del pi gran numero, sul quale devono sempre
essere basati i principi di una buona morale, non essendosi sempre
trovato conforme allinteresse del pi potente, questi, indifferente al
progresso delle altre scienze, ha dovuto opporsi efficacemente a
quelli della morale. Lambizioso, in effetti, che per primo si elevato
al di sopra dei suoi cittadini, il tiranno che li calpesta, il fanatico che li
tiene prosternati, tutti questi diversi flagelli dellumanit, tutte le
diverse specie di scellerati, spinti, dal proprio interesse particolare ad
istituire leggi contrarie al bene generale, hanno ben capito che la loro
potenza aveva per fondamento soltanto lignoranza e limbecillit
umana: sicch hanno sempre zittito chiunque, svelando alle nazioni i
veri principi della morale, gli avesse rivelato tutte le loro disgrazie e
tutti i loro diritti, e li avesse armate contro lingiustizia.
Tuttavia, si replicher, se nei primi secoli del mondo, quando i
despoti tenevano le nazioni asservite sotto uno scettro di ferro, era
allora nel loro interesse nascondere ai popoli i veri principi della
morale; principi che, sollevandoli contro i tiranni, avrebbe fatto della
137

vendetta un dovere dogni cittadino. Oggi che lo scettro non pi il


premio del crimine, che rimesso con unanime consenso tra le mani
dei principi, lamore dei popoli ve lo conserva, che la gloria e la
felicit di una nazione, rispecchiate nel sovrano, naccrescono la
grandezza e la prosperit, quali nemici dellumanit, si dir, si
oppongono ancora ai progressi della morale?
Non sono pi i re ma due altre specie duomini potenti. I primi sono i
fanatici, e non li confondo con gli uomini veramente pii: questi sono
il sostegno delle massime della religione, quelli ne sono i distruttori,
gli uni sono amici dellumanit, gli altri dolci fuori e barbari dentro,
hanno la voce di Giacobbe e le mani dEsa. Indifferenti alle azioni
oneste, si giudicano virtuosi, non su quello che fanno, ma soltanto su
quello in cui credono. La credulit degli uomini , secondo loro,
lunica misura della probit. Odiano a morte, diceva la regina
Cristina, chiunque non n la vittima, ed il loro interesse ve li
costringe: ambiziosi, ipocriti e discreti, comprendono che, per
asservire i popoli, devono accecarli, sicch questi empi gridano
incessantemente allempiet contro qualsiasi uomo nato per
illuminare le nazioni, qualsiasi nuova verit loro sospetta e
rassomigliano ai bambini che qualsiasi cosa spaventa nel buio.
La seconda specie duomini potenti, che si oppongono ai progressi
della morale, sono i semi-politici. Tra questi, ce ne sono che, portati
al vero naturalmente, sono nemici delle verit nuove soltanto perch
sono pigri e vorrebbero sottrarsi alla fatica dellattenzione necessaria
per analizzarle. Ve ne sono altri animati da motivi pericolosi e questi
sono i pi temibili: sono uomini il cui spirito sprovvisto di talento e
lanima di virt, ai quali non manca che il coraggio per essere grandi
scellerati. Incapaci di vedute elevate e nuove, questultimi credono
che la loro considerazione proviene dal rispetto imbecille o finto di
cui fanno mostra per tutte le opinioni e gli errori accreditati: furiosi
contro qualsiasi uomo che vuole scuoterne limpero, armano contro
138

di lui le passioni ed i pregiudizi stessi che disprezzano, e non cessano


dimpaurire i deboli di spirito con la parola novit.
Come se le verit dovessero bandire le virt dalla terra, che tutto vi
fosse talmente a vantaggio del vizio che non si pu essere virtuoso
senza essere imbecille, che la morale ne dimostrasse la necessit e
che lo studio di questa scienza diventasse di conseguenza funesto
per luniverso; vogliono che i popoli siano tenuti prosternati davanti
ai pregiudizi accettati, come davanti i coccodrilli sacri di Menfi. Si fa
qualche scoperta nella morale? Sta a noi soli, dicono, che bisogna
rivelarla, noi soli, sullesempio degli iniziati dEgitto, dobbiamo
esserne i depositari, che il resto degli umani si avviluppato dalle
tenebre del pregiudizio: lo stato naturale delluomo laccecamento.
Molto simili ai quei medici che, gelosi della scoperta dellemetico,
abusarono della credulit di qualche prelato per scomunicare un
rimedio il cui aiuto cos pronto e salutare, abusano della credulit
di qualche uomo onesto, la cui probit stupida e sedotta, per,
potrebbe, sotto un governo meno saggio, trascinare al supplizio la
probit illuminata di un Socrate.
Tali sono i mezzi di cui si sono serviti queste due categorie duomini
per imporre il silenzio agli spiriti illuminati. Al fine di resistere ci si
appoggerebbe invano al favore pubblico. Quando un cittadino
animato dalla passione della verit e del bene generale, so che esala
sempre dalla sua opera un profumo di virt che lo rende gradito al
pubblico, e che questo diventa il suo protettore: ma siccome, dietro
lo scudo della riconoscenza e della stima pubblica, non si al riparo
delle persecuzioni dei fanatici, tra la gente saggia, ce n pochissima
abbastanza virtuosa da osare sfidare il loro furore.
Ecco quali ostacoli insormontabili si sono opposti, fino ad ora, ai
progressi della morale, e perch questa scienza, quasi sempre inutile,
conformemente con i miei principi, ha sempre meritato poca
considerazione.
139

Non si pu, per, far capire alle nazioni lutilit che ricaverebbero da
uneccellente morale? E non si potrebbe accelerare i progressi di
questa scienza, onorando maggiormente quelli che la coltivano?
Visto limportanza della materia, col rischio di una digressione, mi
accingo a trattare questargomento.

Discorso 2 - Capitolo 24
Dei mezzi per perfezionare la morale
A tale scopo, basta eliminare gli ostacoli che mettono ai suoi
progressi le due categorie duomini che ho citato. Lunico modo per
riuscirci di smascherarli, di mostrare nei paladini dellignoranza i
pi crudeli nemici dellumanit, dinsegnare alle nazioni che gli
uomini sono, in generale, perfino pi stupidi che cattivi, che
guarendone gli errori, sarebbero guariti dalla maggior parte dei vizi; e
che, a tal proposito, opporsi alla loro guarigione, commettere un
crimine di lesa umanit. Qualsiasi uomo che, nella storia, prende in
esame il quadro delle pubbliche miserie, si accorge ben presto che
lignoranza che, addirittura pi barbara dellinteresse, ha rovesciato
pi calamit sulla terra. Colpito da questa verit, si sempre tentati
desclamare: felice quella nazione in cui i cittadini, se non altro, non
si permettano che crimini dinteresse! Quanto li moltiplica
lignoranza! Quanto sangue non ha fatto spandere sugli altari!
Luomo, tuttavia, fatto per essere virtuoso: in effetti, se la forza
risiede essenzialmente nel pi gran numero, e se la giustizia consiste
nella pratica delle azioni utili al pi gran numero, evidente che la
giustizia , per sua natura, sempre munita del potere necessario per
reprimere il vizio e costringere gli uomini alla virt. Se il crimine
audace e potente mette cos spesso in catene la giustizia e la virt, e
se opprime le nazioni, ci solo con il soccorso dellignoranza:
questa che, nascondendo ad ogni nazione i suoi veri interessi,
140

impedisce lazione e la riunione delle sue forze, e mette, in questo


modo, il colpevole al riparo dal gladio e dalla giustizia.
A quale disprezzo bisogna quindi condannare chiunque vuole far
rimanere i popoli nelle tenebre dellignoranza? Non si finora
insistito abbastanza fortemente su questa verit: non che si debbano
rovesciare in un giorno tutti gli altari dellerrore. So bene con quale
attenzione bisogna avanzare una nuova opinione. So anche che nel
distruggerli, bisogna rispettare i pregiudizi e che prima dattaccare un
errore generalmente accettato, bisogna inviare, come le colombe
dellarca, qualche verit in avanscoperta, per vedere se il diluvio dei
pregiudizi non copra ancora la faccia del mondo, se gli errori
cominciano a svanire, e se si scorge qua e l nelluniverso qualche
isola in cui la virt e la verit possano approdare per essere
comunicate agli uomini.
Tante precauzioni, per, si prendono soltanto con pregiudizi poco
pericolosi. Cos dovuto ad uomini che, gelosi del potere, vogliono
abbrutire i popoli per tiranneggiarli? Occorre, con mano ardita,
spezzare il talismano dimbecillit, al quale legata la potenza di
questi geni malefici, svelare alle nazioni i veri principi della morale,
insegnargli che, insensibilmente trascinati verso la felicit apparente
o reale, il dolore ed il piacere sono i soli motori delluniverso morale;
e che il sentimento dellamor proprio lunica base sulla quale si
possano gettare le fondamenta di una morale utile.
Come vantarsi di privare gli uomini della conoscenza di questo
principio? Per riuscirci, occorre quindi impedirgli di sondarne i cuori,
desaminarne la condotta, daprire i libri di storia dove si vedono i
popoli, dogni secolo e paese, attenti soltanto al richiamo del piacere,
immolare i loro simili, non dico a grandi interessi ma alla propria
sensualit ed al proprio divertimento. Ne prendo come
testimonianza, sia i vivai in cui la golosit barbara dei romani
annegava schiavi dandoli in pasto ai loro pesci, per renderne la carne
141

pi delicata, sia lisola del Tevere in cui la crudelt dei maestri


trasportava gli schiavi infermi, vecchi e malati, e ve li lasciava perire
nella sofferenza e la fame. Ne prendo ancora a testimonianza le
rovine delle vaste e superbe arene in cui sono impressi i fasti della
barbarie umana, in cui il popolo pi civile delluniverso sacrificava
migliaia di gladiatori per il solo piacere che produce lo spettacolo dei
combattimenti, in cui le donne accorrevano in massa ed in cui questo
sesso, nutrito nel lusso, la mollezza ed i piaceri, questo sesso che,
fatto per lornamento e le delizie della terra, sembra non dover
respirare che la volutt, portava la barbarie al punto desigere dai
gladiatori feriti, di cadere, morendo, con una postura gradevole.
Questi fatti e mille altri simili, sono troppo veri, per vantarsi di
privarne gli uomini della vera causa. Ciascuno sa di non essere di
natura diversa dai romani, che la differenza della sua educazione
produce la differenza dei suoi sentimenti, e lo fa fremere al solo
racconto di uno spettacolo che labitudine gli avrebbe
incontestabilmente reso gradevole, se fosse nato ai bordi del Tevere.
Invano qualche uomo, ingannato dalla pigrizia della riflessione, e
dalla propria vanit di credersi buono, simmagina di dover
alleccellenza particolare della loro natura i sentimenti umani di cui
sarebbe assalito ad un simile spettacolo: luomo sensato conviene
che natura, come dice Pascal, e come dimostra lesperienza, non
altra cosa che la nostra prima abitudine. E dunque assurdo voler
nascondere agli uomini il principio che li muove.
Supponiamo, per, che ci si riesca: quale vantaggio ne ricaverebbero
le nazioni? Non si farebbe certamente che velare agli occhi delle
persone grossolane il sentimento dellamore di s, non
simpedirebbe lazione di questo sentimento su di loro, non se ne
cambierebbero gli effetti, gli uomini non sarebbero altro che quello
che sono, questignoranza non gli sarebbe utile. Dico che gli sarebbe
addirittura nociva: , in effetti, alla conoscenza del principio
dellamor proprio che le societ devono la maggior parte dei vantaggi
142

di cui godono. Tale conoscenza, imperfetta com ancora, ha fatto


capire ai popoli la necessit darmare di potenza la mano dei
magistrati, ha fatto avvertire confusamente al legislatore la necessit
di fondare sulla base dellinteresse personale i principi della probit.
Su quale altra base, in effetti, si potrebbe appoggiarli? Forse sui
principi delle false religioni che, si dir, per quanto false sono,
potrebbero essere utili alla felicit temporale degli uomini? La
maggior parte delle religioni, per, troppo assurda perch offra
simili supporti alla virt. Non si potrebbero basare nemmeno sui
principi della vera religione; non che la morale non ne sia eccellente,
che le sue massime non elevino lanima fino alla santit, e non la
riempiano di una gioia interiore, saggio della gioia celeste, ma perch
i suoi principi non potrebbero convenire se non ad un piccolo
numero di cristiani sparsi sulla terra, e che un filosofo che, nei suoi
scritti, sempre ritenuto parlare alluniverso, deve dare alla virt dei
fondamenti sui quali tutte le nazioni possano ugualmente costruire, e
di conseguenza edificarla sulla base dellinteresse personale. Deve
tenersi tanto pi fortemente attaccato a questo principio quanto pi
motivi dinteresse temporale, manipolati con perizia dal legislatore
abile, bastano per formare uomini virtuosi.
Lesempio dei turchi che, nella loro religione, ammettono il dogma
della necessit, principio distruttivo di qualsiasi religione, e che
possono, di conseguenza essere considerati come deisti, lesempio
dei cinesi materialisti, quello dei sadducei che negano limmortalit
dellanima e che ricevono dagli ebrei il titolo di giusti per eccellenza,
infine lesempio dei gimnosofisti che accusati sempre dateismo, e
sempre rispettati per la loro saggezza ed il loro ritegno, adempievano
con la pi grande precisione i doveri della societ; tutti questi
esempi, e mille altri simili, provano che la speranza o il timore delle
pene o dei piaceri temporali sono tanto efficaci, tanto adatti a
formare uomini virtuosi, che le pene ed i piaceri eterni che,
considerati nella prospettiva dellavvenire, fanno comunemente
143

unimpressione troppo debole per sacrificarvi piaceri criminali ma


presenti.
Come non si darebbe la preferenza ai motivi dinteresse temporale?
Non ispirano alcuna delle pie e sante crudelt condannate dalla
nostra religione, questa legge damore e dumanit i cui ministri,
per, ne hanno fatto cos spesso uso: crudelt che saranno per
sempre la vergogna dei secoli passati, lorrore e lo stupore dei secoli
a venire.
Da quale sorpresa, in effetti, non deve essere preso il cittadino
virtuoso, ed il cristiano penetrato dello spirito di carit tanto
raccomandato dallevangelo, quando getta un colpo docchio
sulluniverso passato! Vi vede diverse religioni evocare tutti i
fanatismi, ed abbeverarsi di sangue umano. L, sono differenti sette
di cristiani accanite le une contro le altre che lacerano limpero di
Costantinopoli; pi lontano, sorge in Arabia una religione nuova che
ordina ai saraceni di percorrere la terra col ferro ed il fuoco in mano.
Alle invasioni di questi barbari, vede succedere la guerra contro gli
infedeli: sotto il vessillo delle crociate, nazioni intere disertano
lEuropa per invadere lAsia, per mettere in atto per strada i pi
orrendi brigantaggi, e correre a seppellirsi nelle sabbie dArabia e
dEgitto. E poi il fanatismo che mette le armi in pugno ai principi
cristiani, ordina ai cattolici il massacro degli eretici, fa riapparire sulla
terra le torture inventate dai Falaride, dai Busiris e dai Nerone:
allestisce, accende, in Spagna, i roghi dellInquisizione, mentre i pii
spagnoli lasciano i loro porti, attraversano i mari, per piantare la
croce e la desolazione in America. Guardiamo il nord, il mezzogiorno,
loriente e loccidente del mondo: dappertutto vediamo il coltello
sacro della religione alzato sul seno delle donne, dei bambini, dei
vecchi e la terra, fumante di sangue delle vittime immolate ai falsi dei
o allessere supremo, offrire, da ogni parte, soltanto il vasto,
disgustoso ed orribile carnaio dellintolleranza. Ora quale uomo
144

virtuoso, e quale cristiano, se la sua anima tenera colma della


divina unzione che esala dalle massime dellevangelo, se sensibile
ai lamenti degli sventurati, e se ne ha qualche volta asciugato le
lacrime, a tale spettacolo, non sarebbe per niente toccato da
compassione per lumanit, e non proverebbe a fondare la probit,
non su principi cos rispettabili come quelli della religione, ma su
principi di cui sia meno facile abusare, quale che siano i motivi
dinteresse personale?
Senza esseri contrari ai principi della nostra religione, questi motivi
bastano per spingere gli uomini alla virt. La religione dei pagani,
popolando lolimpo di scellerati, era incontestabilmente meno adatta
della nostra per formare uomini giusti: chi pu tuttavia dubitare che i
primi romani non siano stati pi virtuosi di noi? Chi pu negare che
la gendarmeria abbia disarmato pi briganti della religione? Che
litaliano, pi devoto del francese, non abbia col rosario in mano,
fatto pi uso del pugnale e del veleno? E che, nei tempi in cui la
devozione pi ardente e la polizia pi imperfetta, non si
commettano infinitamente pi crimini dei secoli in cui la devozione
sintiepidisce e si perfeziona? E quindi unicamente con buone leggi
che si possono formare uomini virtuosi. Tutta larte del legislatore
consiste quindi a forzare gli uomini, attraverso il sentimento
dellamore per se stessi, ad essere sempre giusti gli uni verso gli altri.
Ora, per comporre leggi simili, occorre conoscere il cuore umano, e
preliminarmente sapere che gli uomini, sensibili solo per se stessi,
indifferenti per gli altri, non sono nati n buoni n cattivi ma pronti
ad essere o luno o laltro, secondo che un interesse comune li
riunisce o li divide; che il sentimento di preferenza che ciascuno
prova per s, sentimento al quale legata la conservazione della
specie, impresso dalla natura in maniera indelebile; che la
sensibilit fisica ha prodotto in noi lamore del piacere e lodio per il
dolore; che il piacere ed il dolore hanno poi deposto e fatto
schiudere in tutti i cuori il germe dellamore per s, il cui sviluppo ha
145

dato luce alle passioni e da cui sono usciti i nostri vizi e tutte le
nostre virt. Ci sono uomini che, persuasi che un cittadino senza
coraggio un cittadino senza virt, sentono che i beni e la vita stessa
di un privato non sono tra le sue mani, per cos dire, che un deposito
che deve essere sempre pronto a restituire, quando la salute del
pubblico lesige. Uomini simili, per, sono sempre in numero troppo
piccolo perch illumini il pubblico; daltronde, la virt sempre senza
forza, quando i costumi di un secolo vi attaccano la ruggine del
ridicolo. Perci la morale e la legislazione, che considero come una
sola e stessa scienza, non faranno che progressi insensibili. E
soltanto il lasso del tempo che potr ricordare i secoli felici, designati
con i nomi dAstrea o di Rea, che erano solo lemblema ingegnoso
della perfezione di queste due scienze.

Discorso 2 - Capitolo 25
Della probit in rapporto alluniverso.
Se esistesse una probit in rapporto alluniverso, questa sarebbe
soltanto labitudine delle azioni utili a tutte le nazioni: ora non c
azione che possa immediatamente influire sulla felicit o la sventura
dei popoli. Lazione pi generosa, con il beneficio dellesempio, non
produce, nel mondo morale, un effetto pi sensibile di quello che la
pietra, gettata nelloceano, produce sui mari, di cui innalza
necessariamente la superficie.
Non c dunque probit pratica, in rapporto alluniverso. In merito
alla probit dintenzione, che si ridurrebbe al desiderio costante e
abituale della felicit universale, dico che questa specie di probit
ancora soltanto una chimera platonica. In effetti, se lopposizione
degli interessi dei popoli li mantiene, gli uni rispetto agli altri, in uno
stato di guerra perpetua; se le paci concluse tra le nazioni non sono
146

propriamente che tregue comparabili al tempo che dopo un lungo


combattimento due vascelli prendono per rifornirsi e ricominciare
lattacco; se le nazioni possono espandere le conquiste ed il
commercio soltanto a spese dei propri vicini; infine se la felicit e lo
sviluppo di un popolo sono quasi sempre legati alla disgrazia e
lindebolimento di un altro, evidente che la passione patriottica,
passione cos desiderabile, cos virtuosa e cos apprezzabile in un
cittadino, , come prova lesempio dei greci e dei romani,
assolutamente esclusiva dellamore universale.
Bisognerebbe, per mettere in essere questa specie di probit, che le
nazioni, con leggi e convenzioni reciproche, sunissero tra loro, come
le famiglie che compongono uno stato; che linteresse privato delle
nazioni fosse sottomesso ad un interesse generale; e che infine
lamore della patria, spegnendosi nei cuori, vi accendesse il fuoco
dellamore universale: supposizione che non si realizzer per molto
tempo. Da cui concludo che non ci pu essere probit pratica e
nemmeno probit dintenzione, in rapporto alluniverso, ed
soltanto in questo punto che la mente [esprit] differisce dalla
probit. In effetti, se le azioni di un privato non possono contribuire
in nulla alla felicit universale, e se linfluenza della sua virt non pu
sensibilmente estendersi al di l dei limiti di un impero, non cos
delle sue idee: che un uomo scopra uno specifico, che inventi una
macchina, quale un mulino a vento, queste produzioni del suo
intelletto possono farne un benefattore del mondo.
Daltronde, in materia di mente, come in materia di probit, lamore
della patria non affatto esclusivo dellamore universale. Non a
spese dei propri vicini che un popolo acquisisce conoscenze. Al
contrario, pi le nazioni sono illuminate, pi esse si rimandano
reciprocamente idee, e pi la forza e lattivit dello spirito universale
aumenta. Da cui concludo che, se non c probit relativa
alluniverso, ci sono almeno alcuni tipi di menti che possono essere
considerate sotto questaspetto.
147

Discorso 2 - Capitolo 26
Dello spirito in rapporto alluniverso.

Lo spirito, considerato sotto questo punto di vista, sar,


conformemente alle definizioni precedenti, soltanto labitudine delle
idee interessanti per i popoli, sia perch istruttive, sia perch
gradevoli.
Questo genere di spirito , incontestabilmente, il pi desiderabile.
Non c epoca in cui il genere didee reputate spirito da tutti i popoli,
non sia veramente degno di questo nome. Non cos del genere
didee al quale una nazione talvolta d il nome di spirito. Vi , per
ciascuna nazione, un tempo di stupidit e davvilimento, durante il
quale non ha idee nette dello spirito. Assegna allora questo nome ad
alcuni assemblaggi didee alla moda, e sempre ridicoli agli occhi della
posterit: questi secoli davvilimento sono ordinariamente quelli del
dispotismo. Allora, dice il poeta, Dio priva le nazioni della met
dellintelligenza, per indurirli contro le miserie ed il supplizio della
servit.
Tra le idee atte a piacere ad ogni popolo, ce ne sono distruttive:
sono quelle che appartengono ad alcuni generi di scienze e darte.
Ce ne sono, per, anche di piacevoli, quali, in primo luogo, le idee ed
i sentimenti ammirati in alcuni pezzi dOmero, di Virgilio, di Corneille,
del Tasso, di Milton, nei quali, come ho gi detto, questi illustri
scrittori non si fermano alla descrizione di una nazione o di un secolo
148

in particolare, ma a quella dellumanit. Tali sono, in secondo luogo,


le grandi immagini di cui questi poeti hanno arricchito le loro opere.
Per dimostrare che in qualsiasi campo, vi sono bellezze fatte per
piacere in maniera universale, scelgo queste stesse immagini come
esempio: ed affermo che, nelle rappresentazioni poetiche, la
grandezza , una causa universale di piacere. Ci non vuol dire che
tutti gli uomini ne siano colpiti in ugual modo. Ve ne sono addirittura
dinsensibili alle bellezze descrittive come al fascino dellarmonia, e
che, perci, sarebbe anche tanto ingiusto quanto inutile voler
demistificare: con la loro insensibilit, hanno acquisito il disgraziato
diritto di negare un piacere che non provano. Questi uomini,
tuttavia, sono in piccolo numero.
In effetti, sia che il desiderio abituale ed impaziente di felicit, che ci
fa bramare tutte le perfezioni come dei mezzi per accrescere la
nostra felicit, ci rende graditi questi grandi temi, la cui
contemplazione sembra dare maggiore estensione alla nostra anima
e pi forza delevazione alle nostre idee; sia che attraverso se stessi i
grandi temi facciano su di noi unimpressione pi forte, pi continua
e pi gradevole; sia infine per qualche altra causa, noi intuiamo che
la vista odia tutto ci che si restringe, che essa ama al contrario
percorrere una vasta pianura, a stendersi sulla superficie dei mari,
perdersi in un orizzonte lontano.
Tutto ci che grande ha il diritto di piacere agli occhi ed
allimmaginazione degli uomini: questa specie di bellezza prevale,
nelle descrizioni, infinitamente su tutte le altre bellezze, che
dipendenti, per esempio, dalla precisione delle proporzioni, non
possono essere n cos vivamente n cos generalmente percepite,
poich le nazioni non hanno le stesse idee delle proporzioni.
In effetti, se opponiamo alle cascate che larte proporziona, ai
sotterranei che scava, alle terrazze che innalza, i caratteri del fiume
149

Saint-Laurent, le caverne scavate nellEtna, le masse enormi di rocce


ammucchiate senzordine sulle Alpi, non ci accorgiamo che il piacere
prodotto da questa prodigalit, da questa magnificenza rude e
grossolana che la natura mette in tutte le sue opere, infinitamente
superiore al piacere che risulta dalla giustezza delle proporzioni?
Per convincersene, un uomo salga di notte in montagna, per
contemplarvi il firmamento: qual il fascino che ve lo attira? E la
simmetria piacevole nella quale gli astri sono sistemati? Ma, qui,
nella via lattea, sono gli innumerevoli soli ammassati, senza ordine,
gli uni sugli altri, l, vasti deserti. Qual dunque la fonte dei suoi
piaceri? Limmensit stessa del cielo. In effetti, quale idea formarsi di
questimmensit, quando mondi infuocati appaiono soltanto come
punti luminosi seminati qui e l nelle piane delletere, quando dei
soli, situati pi lontano nelle profondit del firmamento, vi
sintravedono con difficolt? Limmaginazione, che prende lo slancio
da queste ultime sfere per percorrere tutti i mondi possibili, non
sinabissa nelle vaste e incommensurabili concavit dei cieli, non si
tuffa nellestasi che produce la contemplazione di un oggetto che
occupa lanima intera, senza tuttavia stancarla? E quindi la
grandezza di questi scenari, che, qui, ha fatto ritenere larte cos
inferiore alla natura. Ci che, in termini intelligibili, non significa altro
che le grandi raffigurazioni ci sembrano preferibili alle piccole. Nelle
arti suscettibili di questo genere di bellezze, come la scultura,
larchitettura, e la poesia, lenormit delle masse che colloca il
colosso di Rodi e le piramidi di Menfi tra le meraviglie del mondo. E
la grandezza delle descrizioni che ci fa considerare Milton
quantomeno come limmaginazione pi forte e pi sublime. Sicch il
suo soggetto, poco fecondo in bellezza di un altro genere, lera
infinitamente in bellezze descrittive.
Diventato con questo soggetto, larchitetto del paradiso terrestre,
doveva riunire, nel corto spazio di un giardino deden, tutte le
150

bellezze che la natura ha disperso sulla terra per lornamento di mille


climi diversi. Portato, per la scelta di questo stesso soggetto, sul
bordo dellabisso informe del caos, doveva trarre la materia prima
atta a formare luniverso, scavare il letto dei mari, coronare la terra
di montagne, coprirla di verde, muovere i soli, accenderli,
spalancargli il padiglione dei cieli, dipingere, infine, la bellezza del
primo giorno del mondo, e questa freschezza primaverile di cui la sua
viva immaginazione abbellisce la natura appena dischiusa. Doveva,
quindi, non soltanto presentarci le pi grandi raffigurazioni, ma
anche le pi nuove e le pi varie, che, per limmaginazione degli
uomini, sono ancora due cause universali di piacere. Lo stesso dicasi
dellimmaginazione come della mente: con la contemplazione e la
combinazione, sia delle raffigurazioni della natura, sia delle idee
filosofiche, che perfezionando limmaginazione o lo spirito, i poeti ed
i filosofi arrivano ugualmente ad eccellere in generi molto diversi, e
nei quali anche raro e, forse, anche difficile avere successo.
Quale uomo, in effetti, non sente che il cammino della mente [esprit]
umana deve essere uniforme, a qualsiasi scienza o arte sia applicata?
Se per piacere alla mente, dice De Fontanelle, bisogna tenerla
occupata senza affaticarla; se si pu tenerla occupata soltanto
offrendole verit nuove, grandi ed originali, le cui novit, importanza
e fecondit ne fissano fortemente lattenzione; se si evita di stancarla
solo presentandole idee sistemate con ordine, espresse con le parole
pi adatte, il cui soggetto sia uno, semplice e di conseguenza facile
da comprendere, ed in cui la variet si trova identificata con la
semplicit, parimenti alla triplice combinazione della grandezza,
della novit, della variet e della semplicit nelle rappresentazioni,
che legato il pi gran piacere dellimmaginazione. Se, per esempio,
la vista o la descrizione di un gran lago c gradita, quella di un mare
calmo e senza limiti c senzaltro ancora pi gradita. La sua
immensit per noi la fonte di un piacere pi grande. Per quanto
bello sia questo spettacolo, tuttavia, la sua uniformit diventa ben
151

presto noiosa. E la ragione per la quale, se, avvolta in nuvole nere, e


portata dai venti del nord, la tempesta, personificata
dallimmaginazione del poeta, si distacca dal mezzogiorno facendo
rotolare davanti ad essa le montagne mobili delle acque, chi dubita
che la successione rapida, semplice e variata degli scenari spaventosi
che presenta lo sconvolgimento dei mari, non faccia, ad ogni istante,
sulla nostra immaginazione, impressioni nuove, fissi fortemente la
nostra attenzione, ci occupi senza affaticarci, e ci piaccia di
conseguenza di pi? Ma se la notte viene ancora a raddoppiare gli
orrori di questa tempesta, e che le montagne dacqua, la cui catena
termina al centro dellorizzonte, siano allistante illuminate da
bagliori ripetuti e riflessi dei lampi e delle folgori, chi dubita che il
mare oscuro, cambiato di colpo in un mare di fuoco, non formi con la
novit unita alla grandezza e alla verit di questa immagine, uno
degli scenari pi adatti a stupire la nostra immaginazione? Allo stesso
modo larte del poeta, considerata puramente come descrizione
quella porre in vista soltanto oggetti in movimento, ed anche di
colpire, se pu, nelle sue rappresentazioni, pi sensazioni
contemporaneamente. Lo scenario del borbottio delle acque, del
fischiare del vento e del prorompere del tuono, potrebbe non
accrescere maggiormente il terrore segreto e, di conseguenza, il
piacere che ci fa provare lo spettacolo di un mare infuriato? Al
ritorno della primavera, quando laurora discende nei giardini di
Marly, per dischiudere il calice dei fiori, in questistante i profumi che
emanano, il cinguettio di mille uccelli, il mormorio delle cascate, non
aumenta ancora il fascino di questi boschetti incantati? I sensi sono
altrettante porte attraverso le quali le impressioni gradevoli possono
entrare nelle nostre anime: pi se naprono per volta, pi vi entra
piacere.
Si vede quindi che, se vi sono idee generalmente utili alle nazioni in
quanto istruttive (come sono quelle che appartengono direttamente
alle scienze), ce ne sono anche duniversalmente utili in quanto
152

gradevoli, e che la mente di un privato, differente, in questo punto,


dalla probit, pu avere rapporti con luniverso intero.
La conclusione di questo discorso che, tanto in materia dintelletto
[esprit] quanto in materia morale, sempre, da parte degli uomini,
lamore o la riconoscenza che loda, lodio o la vendetta che
disprezza. Linteresse quindi lunico dispensatore della loro stima:
lintelletto, sotto qualunque punto di vista sia considerato, non
quindi mai che un assemblaggio didee nuove, interessanti, e di
conseguenza utili agli uomini, sia perch istruttive, sia perch
piacevoli.

Discorso 3 - Capitolo 1

Se lintelligenza [esprit] deve essere considerata come un dono della


natura, o come un effetto delleducazione.

Esaminer, in questo discorso, quello che la natura e l'educazione


possono sull'intelligenza: alluopo, devo innanzitutto stabilire quello
che sintende con la parola natura.
Questa parola pu suscitare in noi lidea confusa di un essere o di
una forza che ci ha dotato di tutti i nostri sensi. Ora i sensi sono le
fonti delle nostre idee: privati di un senso, siamo privi di tutte le
relative idee. Un cieco nato non ha, per questa ragione, alcunidea
dei colori: quindi evidente che, in questo senso, lintelligenza deve
essere considerata per intero come un dono della natura.
Prendendo, per, questa parola in unaccezione differente, e
supponendo che tra gli uomini ben formati, dotati di tutti i sensi,
153

nella cui organizzazione non sindividua alcun difetto, la natura abbia


tuttavia posto cos grandi differenze, e disposizioni dintelletto cos
disuguali, che gli uni siano organizzati per essere stupidi e gli altri per
essere intelligenti, la questione diventa pi delicata.
Ammetto che non si pu prima considerare la gran disuguaglianza
dintelligenza degli uomini, senza ammettere tra gli intelletti la stessa
differenza che tra i corpi, per cui gli uni sono deboli e delicati, mentre
gli altri sono forti e robusti. Chi potrebbe, si dir, a tal proposito,
provocare differenze nella maniera uniforme in cui opera la natura?
Questo ragionamento, vero, fondato solo su di unanalogia. E
abbastanza simile a quello dastronomi che concludessero che il
globo della luna abitato perch composto di una materia
pressoch uguale al globo della terra. Per quanto debole sia in se
stesso questo ragionamento, deve tuttavia apparire dimostrativo,
poich in fine, si dir, a quale causa attribuire la gran disuguaglianza
dintelligenza degli uomini che sembrano avere avuto la stessa
educazione? Per rispondere a questobiezione, bisogna innanzitutto
esaminare se parecchi uomini possono, a rigore, aver avuto la stessa
educazione, e, per tal effetto, fissare lidea che legata alla parola
educazione. Se, per educazione, sintende semplicemente quella che
si riceve negli stessi luoghi e dagli stessi maestri, in questo senso,
leducazione la stessa per uninfinit duomini.
Dando, per, a questa parola un significato pi vero ed esteso, e
comprendendovi generalmente tutto ci che serve alla nostra
istruzione, allora sostengo che nessuno riceve la stessa educazione,
perch ciascuno ha, se oso dire, per precettori sia la forma di
governo sotto il quale vive, sia gli amici, le amanti, la gente di cui
attorniato, le letture, ed infine il caso, vale a dire, uninfinit deventi
di cui la nostra ignoranza non ci permette di percepire il
concatenamento e le cause. Ora, il caso ha pi parte di quel che si
pensi nella nostra educazione. E esso che mette certi oggetti sotto i
154

nostri occhi e, di conseguenza, d origine alle nostre idee pi felici,


conducendoci talvolta alle pi grandi scoperte. Fu il caso, per fare
qualche esempio, che guid Galileo nei giardini di Firenze, quando i
giardinieri nazionavano le pompe: fu esso che ispir i giardinieri,
quando, non potendo innalzare lacqua sopra laltezza di trentadue
piedi, ne chiesero la causa a Galileo, e stuzzicarono, nelloccasione, lo
spirito e la vanit del filosofo. Fu in seguito la sua vanit, messa in
azione da quel colpo di fortuna, che lobblig a fare di questeffetto
naturale, loggetto delle sue meditazioni, fino a che infine, con la
scoperta del principio della gravit dellaria, non ebbe trovato la
soluzione di questo problema.
In un momento i cui lanimo pacifico di Newton non era impegnato in
nessun affare, agitato da alcuna passione, parimenti il caso che,
attirandolo sotto un viale di meli, stacc qualche frutto dai rami, e
diede al filosofo la prima idea del suo sistema: realmente da questo
fatto da cui part, per esaminare se la luna non gravitasse verso la
terra, con la stessa forza con cui i corpi cadono sulla sua superficie.
Quanta gente dingegno resta confusa nella folla degli uomini
mediocri, in mancanza di una certa tranquillit danimo o
dellincontro di un giardiniere, o della caduta di una mela!
Sento che non si pu innanzitutto, senza qualche difficolt, attribuire
cos grandi effetti a cause cos lontane e cos piccole in apparenza.
Tuttavia lesperienza cinsegna che, nel mondo fisico come in quello
morale, i pi grandi eventi sono spesso leffetto di cause quasi
impercettibili. Chi dubita che Alessandro non abbia dovuto, in parte,
la conquista della Persia, al fondatore della falange macedone? Che il
cantore dAchille animando questo principe del furore della gloria,
non abbia avuto parte nella distruzione dellimpero di Dario, come
Quinto-Curzio nelle vittorie di Carlo XII. Che i pianti di Veturia non
abbiano disarmato Coriolano, non abbiano consolidato la potenza di
Roma pronta a soccombere sotto gli sforzi dei Volsci, non abbiano
155

causato il lungo concatenamento di vittorie che cambiarono la faccia


del mondo, e che non sia, di conseguenza, alle lacrime di Veturia che
lEuropa deve la sua situazione presente? Quanti fatti simili
potrebbero essere citati? Gustavo, dice labate di Vertot, percorreva
in vano le province della Svezia, errando da pi di un anno nelle
montagne della Dalecarlia. I montanari, sebbene circondati dal suo
bellaspetto, dalla grandezza della sua taglia e la forza apparente del
corpo, non si sarebbero tuttavia decisi a seguirlo se, il giorno stesso
in cui questo principe arring i dalecarliani, i vecchi della contrada
non avessero notato che il vento del nord aveva sempre soffiato.
Questo colpo di vento gli apparve come un segno certo della
protezione del cielo, e come lordine di prendere le armi a favore
delleroe. E quindi il vento del nord che mise la corona di Svezia
sulla testa di Gustavo. La maggior parte degli eventi ha cause
altrettanto piccole: le ignoriamo perch la maggior parte degli storici
stessi le ha ignorate, o perch non hanno avuto occhi per percepirle.
E vero che la mente pu, a tal riguardo, rimediare alle loro
omissioni, la conoscenza dalcuni principi supplisce facilmente la
conoscenza di certi fatti. Perci, senza soffermarmi pi a lungo a
dimostrare che il caso esercita in questo mondo il pi gran ruolo che
non si pensi, concluder da quello che ho appena affermato che, se
si comprende sotto il nome deducazione generalmente tutto quello
che serve alla nostra istruzione, questo stesso caso deve
necessariamente prendervi una grandissima parte, e che poich
nessuno sottoposto allo stesso concorso di circostanze, nessuno
riceve precisamente la stessa educazione.
Stabilito questo fatto, chi pu assicurare che la differenza
deducazione non produca la differenza che si nota tra le menti? Che
gli uomini non siano simili a quegli alberi della stessa specie, il cui
germe, indistruttibile e assolutamente lo stesso, non essendo mai
seminato esattamente nella stessa terra, n precisamente esposto
agli stessi venti, allo stesso sole, alle stese piogge, sviluppandosi,
156

deve necessariamente prendere uninfinit di forme diverse. Potrei


quindi concludere che la disuguaglianza dintelligenza tra gli uomini
pu essere indifferentemente considerata come leffetto della natura
o delleducazione. Per quando vera sia, per, questa conclusione,
siccome sarebbe alquanto vaga, e che si ridurrebbe, per cos dire, ad
un forse, credo dover considerare la questione sotto un punto di
vista nuovo, ricondurla a principi pi certi e precisi. Per tal effetto,
bisogna ridurre la questione a punti semplici, risalire fino allorigine
delle nostre idee, allo sviluppo della mente, e ricordarsi che luomo
non fa che sentire, ricordarsi e osservare le rassomiglianze e le
differenze, vale a dire i rapporti che hanno tra loro gli oggetti diversi
che gli si offrono, o che gli presenta la sua memoria, che, cos, la
natura non potrebbe dare agli uomini pi o meno disposizioni
allintelligenza, che dotando gli uni preferibilmente agli altri di un po
pi di finezza di sensi, destensione di memoria, e di capacit
dattenzione.

Discorso 3 Capitolo 2
Della finezza dei sensi
La maggiore o minore perfezione degli organi dei sensi, nella quale si
trova necessariamente compresa quella dellorganizzazione interiore,
dato che qui giudico della finezza dei sensi solo con i loro effetti,
sarebbe la causa della disuguaglianza delle menti degli uomini?
Per ragionare su questargomento con una certa accuratezza,
bisogna esaminare se il grado di finezza dei sensi dona alla mente o
una maggiore estensione o un miglior grado di quella precisione che,
presa nel suo vero significato, racchiude tutte le qualit della mente.
La maggiore o minore perfezione degli organi dei sensi non influisce
per nulla sulla precisione della mente, poich gli uomini, qualunque
157

impressione ricevano dagli stessi oggetti, devono tuttavia sempre


percepire gli stessi rapporti tra questi oggetti. Ora, per dimostrare
che li percepiscono scelgo il senso della vista come esempio, come
quello al quale dobbiamo il pi gran numero delle nostre idee, e
sostengo che ad occhi diversi, se gli stessi oggetti appaiono pi o
meno grandi o piccoli, brillanti o oscuri, se la tesa [antica misura
corrispondente a sei piedi circa o 1,949m, ndt] per esempio, agli
occhi di un tale risulta pi piccola, la neve meno bianca, e lebano
meno nero che agli occhi di un tal altro, questi due uomini
nondimeno percepiranno sempre gli stessi rapporti tra i due oggetti:
la tesa, di conseguenza, apparir sempre ai loro occhi pi grande del
piede, la neve la pi bianca di tutti i corpi e lebano il pi nero di tutti
i legni.
Ora, siccome la precisione di mente consiste nella visione netta dei
veri rapporti che gli oggetti hanno tra loro, e che ripetendo sugli altri
sensi quello che ho detto su quello della vista, si arriver sempre allo
stesso risultato, ne concludo che la maggiore o minore perfezione
dellorganizzazione, tanto esterna quanto interna, non pu influire
sullesattezza delle nostre valutazioni. Dir inoltre che, se si distingue
lestensione dalla precisione della mentre, la maggiore o minore
finezza dei sensi non aggiunger nulla a detta estensione. In effetti,
prendendo sempre il senso della vista come esempio, non evidente
che la maggiore o minore estensione della mente dipenderebbe dal
numero pi o meno grande doggetti che, escluso gli altri, un uomo
dotato di una vista molto fine potrebbe porre nella sua memoria. Ora
ci sono pochissimi oggetti impercettibili per la loro piccolezza, che,
considerati precisamente con la stessa attenzione, con occhi
ugualmente giovani ed ugualmente esercitati, siano percepiti dagli
uni e sfuggano agli altri: ma la differenza che la natura mette, a tal
riguardo, tra gli uomini che chiamo ben organizzati, vale a dire, nella
cui organizzazione non si percepisce alcun difetto, sia pur essa
infinitamente pi considerevole che non , questa differenza posso
158

dimostrare che non ne produrrebbe alcuna sullestensione della


mente. Supponiamo due uomini dotati di una stessa capacit
dattenzione, di una memoria ugualmente estesa, infine due uomini
uguali in tutto, eccetto che nella finezza dei sensi: in questipotesi,
quello che sar dotato della vista pi fine potr, incontestabilmente,
porre nella sua memoria e comparare tra loro parecchi di questi
oggetti che la piccolezza nasconde a quegli la cui organizzazione , a
tal riguardo, meno perfetta. E ancora certo, per, che, di questi due
uomini, avendo nella mia supposizione una memoria ugualmente
estesa e, se si vuole, capace di contenere duemila oggetti, il secondo
potr sostituire con fatti storici, gli oggetti che un minor grado di
finezza della vista non gli avr permesso di percepire, e che potr
pareggiare, se si vuole, il numero di duemila oggetti contenuti nella
memoria del primo. Ora, di questi due uomini, se quello il cui senso
della vista il meno fine pu tuttavia depositare nel magazzino della
sua memoria un altrettanto gran numero doggetti dellaltro, e se
daltra parte questi due uomini sono uguali in tutto, devono, di
conseguenza, fare altrettante combinazioni, e, nella mia
supposizione, avere altrettanta intelligenza [esprit] poich
lestensione della mente si misura con il numero didee e di
combinazioni. Il maggior o minor grado di perfezione dellorgano
della vista non pu, di conseguenza, che influire sul genere della loro
mente, fare delluno un pittore, un botanico, e dellaltro uno storico
ed un politico, ma non pu in nulla influire sullestensione del loro
intelletto. Non si nota pertanto una costante superiorit di mente in
quelli che hanno maggiore finezza del senso della vista e delludito o
in quelli che, con luso abituale docchiali e di cornetto acustico,
intendessero, con tale mezzo, mettere tra loro e gli altri uomini
maggior differenza che ne mette in merito la natura. Da cui concludo
che tra gli uomini che chiamo ben organizzati, non alla maggiore o
minore perfezione degli organi dei sensi, tanto esterni che interni,
che legata la superiorit di chiarezza, e che necessariamente da
159

unaltra causa che dipende la grande disuguaglianza delle menti.

Discorso 3 Capitolo 3
Dellestensione della memoria
La conclusione del capitolo precedente far, senza dubbio, cercare
nellineguale estensione della memoria degli uomini la causa
dellineguaglianza della loro mente [esprit]. La memoria il
magazzino in cui si depositano le sensazioni, i fatti e le idee, le cui
diverse combinazioni formano quello che si chiama mente. Le
sensazioni, i fatti e le idee devono dunque essere considerati come la
materia prima della mente. Ora, pi il magazzino della memoria
spazioso, pi contiene questa materia prima e pi, si dir, si hanno
attitudini della mente. Per quanto fondato possa apparire questo
ragionamento, forse, approfondendolo, lo si trover solo specioso.
Per darvi una risposta esauriente, occorre innanzitutto esaminare se
effettivamente la differenza destensione della memoria degli uomini
ben organizzati, tanto considerevole quanto lo in apparenza, e,
supponendo questa differenza effettiva, occorre in secondo luogo
sapere se bisogna considerarla come la causa dellineguaglianza delle
menti. In quanto al primo oggetto del mio esame, sostengo che solo
lattenzione pu imprimere nella memoria gli oggetti che, visti senza
attenzione, farebbero su di noi soltanto impressioni insensibili e pi
o meno simili a quelle che un lettore riceve successivamente da
ciascuna delle lettere che compongono il foglio di unopera. E perci
certo che per valutare se la mancanza di memoria negli uomini
leffetto della loro disattenzione o di unimperfezione dellorgano che
la riproduce, bisogna far ricorso allesperienza. Questa cinsegna che,
tra gli uomini, ve ne sono molti, come santAgostino e Montaigne
affermano di se stessi, che, sembrando dotati solo di una debole
memoria, sono tuttavia arrivati, con il desiderio di sapere, a mettere
160

un numero abbastanza grande di fatti e didee nel loro ricordo, per


essere annoverati nel rango delle memorie straordinarie. Ora, se il
desiderio distruirsi basta almeno per sapere molto, ne concludo che
la memoria quasi interamente fittizia. Lestensione della memoria
dipende perci:
1, dalluso giornaliero che se ne fa,
2, dallattenzione con la quale sono considerati gli oggetti che vi si
vuole imprimere e che, visti senza attenzione, come ho appena
detto, vi lascerebbero soltanto una traccia leggera e pronta ad essere
cancellata e,
3, dallordine nel quale si sistemano le proprie idee. E a questordine
che si debbono i prodigi di memoria, ed esso consiste nel legare
insieme le proprie idee, a non caricare perci la propria memoria se
non doggetti che, per natura o maniera con la quale sono
considerati, conservano tra loro un rapporto sufficiente per ricordarsi
luno dellaltro.
I frequenti richiami degli stessi oggetti alla memoria sono, per cos
dire, altrettanti colpi di bulino che ve li imprime tanto pi
profondamente quanto pi vi si ripresentano di frequente.
Daltronde, lordine cos idoneo a richiamare gli stessi oggetti al
nostro ricordo ci d la spiegazione dei fenomeni della memoria:
cinsegna che la sagacia della mente delluno, vale a dire la prontezza
con la quale un uomo colpito da una verit, dipende sovente
dallanalogia di quella verit con gli oggetti che ha abitualmente
presenti in memoria e che, la lentezza di mente di un altro a tal
proposito, , al contrario, leffetto della scarsa analogia di quella
stessa verit con gli argomenti di cui questi si occupa. Non potrebbe
coglierla, percepirne tutti i rapporti, senza rigettare le prime idee che
si presentano al suo ricordo, senza sconvolgere i magazzini della sua
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memoria, per cercarvi le idee legate a questa verit. Ecco perch


tante persone sono insensibili allesposizione di certi fatti o di certe
verit, che colpiscono vivamente altre solo perch questi fatti o
quelle verit scuotono lintera catena dei loro pensieri,
risvegliandone un gran numero nella loro mente: un lampo che
getta una luce rapida sullorizzonte dei loro pensieri. E quindi
allordine che si deve spesso la sagacia della mente, e sempre
lestensione della memoria: parimenti la mancanza dordine,
effetto dellindifferenza che si ha per certi generi di studi che, in certi
settori, priva assolutamente di memoria quelli che, in altri settori,
sembrano essere dotati della memoria pi estesa. Ecco perch lo
studioso di lingue e di storia, che, tramite lausilio dellordine
cronologico, imprime e conserva facilmente nella propria memoria
parole, date e fatti storici, spesso non riesce a trattenervi la prova di
una verit morale, la dimostrazione di una verit geometrica, o il
quadro di un paesaggio che avr considerato a lungo: in effetti,
questo tipo dargomenti non avendo alcunanalogia con il resto dei
fatti o delle idee di cui egli ha riempito la memoria, non pu
ripresentarsi ripetutamente ed imprimersi profondamente qui, n, di
conseguenza, conservarvisi a lungo. E questa la causa artefice delle
differenti specie di memoria, e la ragione per la quale quelli che
sanno di meno in un genere di cose, sono quelli che, nello stesso
genere, abitualmente dimenticano di pi. Sembra quindi che la
grande memoria , per cos dire, un fenomeno dellordine, che
quasi interamente fittizio, e che tra gli uomini che chiamo ben
organizzati, questa grande ineguaglianza di memoria meno leffetto
di unineguale perfezione dellorgano che la produce, che di
unineguale attenzione a coltivarla.
Supponendo, per, anche che lineguale estensione della memoria
che si nota negli uomini sia interamente opera della natura, e sia
effettivamente tanto considerevole quanto lo in apparenza,
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sostengo che non potrebbe influire in nulla sullestensione della


mente,
1, perch la grande mente, come dimostrer, non suppone la grande
memoria, e
2, perch ogni uomo dotato di una memoria sufficiente per elevarsi
al pi alto grado di facolt intellettive [esprit].
Prima di dimostrare la prima proposizione, bisogna osservare che, se
la perfetta ignoranza fa la perfetta imbecillit, lintellettuale
[lhomme desprit, ndt]sembra talvolta mancare di memoria,
soltanto per il fatto che si d troppo poca estensione alla parola
memoria, che se ne limita il significato al solo ricordo dei nomi, delle
date, dei luoghi e delle persone per le quali gli intellettuali sono
senza curiosit e si trovano spesso senza memoria. Includendo,
per, nel significato di questa parola il ricordo o delle idee, o delle
immagini, o dei ragionamenti, nessuno di loro n privo: da cui risulta
che non c mente senza memoria. Fatta questosservazione, occorre
sapere quale estensione di memoria suppone la grande mente.
Scegliamo per esempio due uomini illustri in generi diversi, come
Locke e Milton ed esaminiamo se la grandezza della loro mente deve
essere considerata come leffetto dellestrema estensione della loro
memoria. Se si considera per primo Locke e se si suppone che,
illuminato da una felice idea o dalla lettura dAriosto, di Gassendi, o
di Montaigne, questo filosofo abbia scorto nei sensi lorigine comune
delle nostre idee, si capir che, per dedurre il suo sistema da
questidea prima, gli occorreva meno estensione della memoria che
ostinazione nella meditazione, che la memoria meno estesa era
sufficiente per contenere gli oggetti della comparazione dai quali
doveva risultare la certezza dei suoi principi, per svilupparne il
concatenamento e fargli meritare ed ottenere, di conseguenza, il
titolo di grande mente.
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Riguardo a Milton, se lo considero sotto il punto di vista dal quale, a


parere generale, egli infinitamente superiore agli altri poeti, se
considero soltanto la forza, la grandezza, la verit, ed infine la novit
delle sue immagini poetiche, sono costretto ad ammettere che la
superiorit della sua mente in questo campo non suppone nemmeno
una grandestensione di memoria. Per quanto grandi siano, in effetti,
le composizioni delle sue raffigurazioni (come quella in cui, riunendo
lo sfavillio del fuoco alla solidit della materia terrestre, dipinge il
terreno dellinferno che brucia con un fuoco solido, mentre il lago
brucia con fuoco liquido), per quanto grandi siano le sue
composizioni, dicevo, evidente che il numero delle immagini ardite,
ed atte a formare simili rappresentazioni, deve essere estremamente
limitato e che, di conseguenza, la grandezza dellimmaginazione di
questo poeta meno leffetto di una grandestensione di memoria
che di una meditazione profonda della sua arte. E questa
meditazione che, facendogli cercare la fonte dei piaceri
dellimmaginazione, gliela ha fatta percepire sia nella nuova unione
delle immagini capaci di dar forma a grandi rappresentazioni, vere e
ben equilibrate, sia nella scelta costante delle impressioni forti che
sono, per cos dire, i colori della poesia, con i quali ha reso le sue
descrizioni visibili agli occhi dellimmaginazione.
Come ultimo esempio della scarsa estensione di memoria che esige
la bellimmaginazione, do qui, nelle note [nota mancante nel testo,
ndt], la traduzione di un pezzo di poesia inglese. La traduzione, e gli
esempi precedenti, dimostreranno, credo, a quelli che
decomporranno le opere degli uomini illustri, che la grande mente
non suppone la grande memoria. Aggiunger addirittura che
lestrema estensione delluna esclude in maniera assoluta lestrema
estensione dellaltra. Se lignoranza fa languire la mente per
mancanza di nutrimento, la vasta erudizione, con la sovrabbondanza
di nutrimento, lha spesso soffocata. Basta, per convincersene,
esaminare il diverso uso che devono fare del tempo due uomini che
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vogliono diventare superiori agli altri, luno per mente, laltro per
memoria. Se la mente non che un accoppiamento didee nuove, e
se ogni idea nuova non che un rapporto nuovamente percepito tra
taluni oggetti, colui che vuole distinguersi per mente deve
necessariamente utilizzare la maggior parte del tempo
nellosservazione dei rapporti diversi che hanno tra loro gli oggetti, e
perderne solo una minima parte a collocare fatti o idee nella
memoria. Ora, con un uso cos diverso del tempo, evidente che il
primo dei due uomini deve essere anche inferiore per memoria al
secondo, che gli sar superiore per mente: verit che aveva
verosimilmente percepito Descartes, quando afferma che, per
perfezionare la propria mente, bisogna meno apprendere che
meditare. Da cui concludo che non solamente la grande mente non
suppone la grande memoria, ma che lestrema estensione delluna
esclude sempre lestrema estensione dellaltra. Per terminare questo
capitolo, e dimostrare che non allineguale estensione della
memoria che si deve attribuire la forza ineguale delle menti, non mi
resta pi che mostrare che gli uomini, comunemente ben organizzati,
sono tutti dotati di unestensione di memoria sufficiente per elevarsi
alle pi alte idee. Ogni uomo, in effetti, , a questo proposito,
abbastanza favorito dalla natura, se il magazzino della sua memoria
capace di contenere un numero didee o di fatti, in modo tale che
paragonandoli incessantemente tra loro, possa sempre cogliervi
qualche nuovo rapporto, sempre accrescere il numero delle proprie
idee, e, di conseguenza, dare sempre pi estensione alla propria
mente. Ora se trenta o quaranta oggetti possono essere paragonati
tra loro in tanti modi, come dimostra la geometria, che, nel corso di
una lunga vita, nessuno possa osservarne tutti i rapporti, n dedurne
tutte le idee possibili, e se tra gli uomini che chiamo ben organizzati,
non ve n nessuno la cui memoria non possa contenere non
solamente tutte le parole di una lingua, ma ancora uninfinit di date,
di fatti, di nomi, di luoghi e di persone, ed infine un numero doggetti
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pi considerevole di quello di sei o settemila, ne concluder


arditamente che ogni uomo ben organizzato dotato di una capacit
di memoria molto superiore a quella di cui pu fare uso per
laccrescimento delle proprie idee, che maggiore estensione di
memoria non darebbe maggiore estensione di mente, e che cos,
lungi dal considerare lineguaglianza della memoria degli uomini
come la causa dellineguaglianza delle loro menti, questa
unicamente leffetto o dellattenzione pi o meno grande con la
quale essi osservano i rapporti degli oggetti tra loro o della cattiva
scelta degli oggetti di cui caricano il ricordo. Vi sono, in effetti,
contenuti sterili, e che, come le date, i nomi di luogo, delle persone,
o altri simili, rivestono una grande importanza nella memoria, senza
poter produrre n idee nuove, n idee interessanti per il pubblico.
Lineguaglianza delle menti dipende dunque in parte dalla scelta
degli oggetti posti nella memoria. Se i giovani i cui successi sono stati
i pi brillanti nei collegi, non ne hanno sempre di simili in unet pi
avanzata, che la comparazione e lapplicazione felice delle regole
del Despautere, che fanno il buon scolaro, non provano per niente
che in seguito, questi stessi giovani volgeranno lo sguardo verso
oggetti della comparazione dai quali risultano idee interessanti per il
pubblico: ed il motivo per il quale si raramente un grande uomo,
se non si ha il coraggio dignorare uninfinit di cose inutili.

Continua
Discorso 3 Capitoli 4 a 30
Discorso 4 Capitoli 17

FINE
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