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JEAN-PAUL SARTRE

Uno degli esponenti più importanti dell’esistenzialismo, oltre ad Heidegger, è Jean-Paul Sartre. Fu
proprio Jean-Paul Sarte a utilizzare il termine ‘Esistenzialismo in umanesimo’, proprio in una
conferenza a Parigi, dove vennero pubblicati una serie di lezioni proprio con il titolo
‘L’Esistenzialismo è un Umanesimo’.
Jean-Paul Sartre nasce a Parigi nel 1905. Fu un filosofo, un drammaturgo, un critico letterario ed è
uno dei maggiori rappresentanti dell’esistenzialismo, inteso come umanesimo ateo, nel senso che
ogni individuo è responsabile delle proprie scelte, secondo una prospettiva soggettivistica. Nel 1964
gli viene conferito il premio Nobel per la letteratura, un premio Nobel che rifiuterà, perché
affermava che solo dopo la morte di un letterato è possibile esprimere un giudizio di valore. Jean-
Paul Sartre fu amato e criticato da più parti, anche e soprattutto per quanto riguarda il suo pensiero
politico; durante il periodo della guerra fredda, infatti, appoggiò le decisioni prese dall’Unione
Sovietica anche se ne criticò duramente la politica all’interno dei suoi scritti. Fondò
l’organizzazione per i diritti umani, insieme a Camus e a Russell. Morirà a Parigi, in seguito a un
edema polmonare, nel 1980. Il suo fisico era abbasta provato, anche per il fatto che Jean-Paul Sartre
faceva spesso uso di droghe per sostenere i ritmi incessanti del proprio lavoro. Le sue spoglie sono
conservate nel cimitero di Montparnasse, a Parigi.
Per capire meglio la personalità di questo grande filosofo è opportuno ricordare le parole con cui lo
descrive una scrittrice e filosofa femminista francese, Simone de Beauvoir, collaboratrice di Sartre
sia dal punto di vista professionale ma anche dal punto di vista privato. Questa filosofa francese
descriveva Jean-Paul Sartre come una persona che detestava la routine, detestava le gerarchie, non
amava rispettava le regole, detestava tutto ciò che di serio vi fosse all’interno della vita, non si
adattava all’idea di avere un mestiere, dei colleghi, dei superiori; non sarebbe mai diventato, diceva
questa filosofa, né un padre di famiglia né un uomo sposato. Quindi, Jean-Paul Sartre era una
persona abbastanza singolare.
IL PENSIERO
Il pensiero di Jean-Paul Sartre rappresenta il vertice dell’esistenzialismo del 900, in quanto seppe
abilmente coniugare il marxismo e il comunismo con il rispetto delle libertà dell’umanesimo. Il suo
pensiero fu molto influenzato dalle idee di Karl Marx e possiamo sintetizzarlo nell’affermazione
che egli stesso dà dell’esistenza, all’interno dell’opera ‘L’Esistenzialismo è un Umanesimo’:
‘L’uomo è condannato ad essere libero’. L’uomo è condannato perché non si è creato da se stesso,
diceva Sartre, ed è libero perché una volta gettato nel mondo è libero di compiere le proprie scelte
ed è responsabile di ciò che fa. 
Jean-Paul Sartre sostenne in modo particolare la preminenza del libero arbitrio sul determinismo, e
il pensiero di Sartre lo possiamo dedurre in modo particolare dalla sua opera ‘L’essere e il nulla’.
Quest’opera rappresenta la testimonianza della prima fase del pensiero di Jean-Paul Sartre,
testimonianza anche del suo esistenzialismo ateo. Infatti, Sartre era ateo, non credeva nell’esistenza
di Dio e il tema fondamentale dell’opera riguardava la libertà dell’uomo, un uomo che è libero nel
compiere le proprie scelte perché Dio non esiste, quindi Dio non limita in nessun modo la libertà
dell’uomo. 
Inoltre, affermava all’interno dell’opera che l’uomo non è altro che un Dio mancato. L’uomo cerca
in ogni momento di conformarsi a Dio. Tuttavia, questo tentativo rimane comunque un tentativo
vano, e quindi porta l’individuo a non essere in grado di autorealizzarsi. Quindi, diceva Jean-Paul
Sartre, da una parte c’è l’essere in sé e dall’altra parte l’essere per sé. L’uomo è in sé perché si trova
gettato nel mondo, quindi è prigioniero in qualche modo della banalità della vita quotidiana, banale
perché l’uomo non ritrova all’interno di questa realtà quei valori che sono in grado di fornire un
senso alla propria esistenza. Ma nello stesso tempo è un per sé perché si ritrova gettato nel mondo,
cerca in qualche modo di liberarsi dalla banalità della vita quotidiana, nei confronti della quale
l’uomo prova una sorta di nausea.
LE CRITICHE NEI CONFRONTI DI SARTRE
Nell’opera ‘L’Esistenzialismo è un Umanesimo’, che inizialmente era un discorso in una
conferenza a Parigi del 1945, Jean-Paul Sarte risponde alle critiche che gli arrivano da più parti.
Innanzitutto, lo si accusava di aver ridotto gli uomini a una sorta di pietismo di disperazione, senza
riuscire a trovare un punto di risoluzione a questa disperazione. Gli stessi marxisti ravvisavano
nell’esistenzialismo di Sartre i caratteri di un pensiero disperato, che impedisce all’uomo di
spingersi verso l’azione rivoluzionaria, cioè di cambiare se stesso. Anche i cattolici gli
rimproveravano di non aver voluto vedere gli aspetti positivi della vita, di aver negato nella vita
dell’uomo l’esistenza di Dio, di aver descritto soltanto gli aspetti peggiori dell’essere umano, di
aver trascurato le bellezze della natura, di aver dimenticato il sorriso di un bambino, e soprattutto di
aver isolato l’uomo. 
A queste critiche Jean-Paul Sartre risponde dicendo che l’esistenzialismo è un umanesimo, dove per
esistenzialismo intendiamo una dottrina che rende possibile la vita: un ‘umanesimo’ perché, diceva
Sartre, non esiste un altro mondo trascendente, perché il destino dell’uomo è soprattutto un destino
terreno.
L’esistenzialismo è un modo di essere dell’uomo. Questo significa che, secondo Jean-Paul Sartre,
l’esistenza è un modo di essere dell’uomo, poiché all’improvviso l’uomo si ritrova gettato nel
mondo, non per sua scelta, e quindi deve ritrovare all’interno della banalità della vita quotidiana la
propria esistenza. Quindi, deve fornire un senso alla propria vita.
Jean-Paul Sartre sosteneva il concetto dell’esistenza che precede l’essenza, un concetto che si
distacca da pensiero filosofico di Heidegger, che identificava l’essere con il dasein, l’essere nel
mondo. Per comprendere l’essere occorre comprendere l’essenza dell’essere, cioè in che modo
l’essere si rapporta al mondo e il significato stesso dell’essere è legato alla comprensione che
l’essere ha delle cose. Quindi, ricordiamo che i primi a parlare di essere erano stati Parmenide,
Platone e Aristotele. Secondo Jean-Paul Sartre, invece, l’esistenza precede l’essenza. Questo
significa che all’origine, l’uomo, diceva Sartre, non è nulla. Solo in seguito acquisisce l’essenza,
cioè diviene qualcosa. Per poter comprendere questo concetto, dobbiamo ricordare ciò che diceva
Cartesio. Cartesio diceva che l’uomo possiede delle idee innate e tra le idee innate c’è l’idea di
perfezione, cioè l’idea di Dio. Jean-Paul Sartre, invece si riteneva ateo, quindi esclude l’esistenza di
Dio, una nature preesistente.  
Diceva Jean-Paul Sartre, l’esistenza del presente è ciò che conta, non ciò che si è stati nel passato.
Anche qui si discosta da Heidegger, perché Heidegger aveva detto che l’errore della metafisica
tradizionale era stato quello di aver considerato l’uomo come oggetto, di aver identificato l’uomo
soltanto nel tempo presente, e invece per poter ricostruire la storia dell’essere era necessario
ricostruire l’effettiva storia dell’individuo. Sartre invece non è d’accordo; secondo Sartre l’esistenza
dell’essere deve essere valutata nel presente non nel passato. 
Secondo Jean-Paul Sartre, si è liberi solo perché non esiste nulla, cioè non esiste Dio, perché
altrimenti la libertà dell’uomo sarebbe condizionata da un essere superiore. Quindi, se l’esistenza
precede l’essenza, occorre partire dalla soggettività. Praticamente, Jean-Paul Sartre rimette l’uomo
al centro di tutto, così com’era successo durante il periodo umanistico-rinascimentale, in cui l’uomo
era diventato il padrone del mondo.
L’uomo non è ma si fa, diceva Jean-Paul Sartre, e quando si scontra con la durezza del mondo,
diventa veramente uomo. In pratica, è un Dio fallito, perché nell’uomo c’è la pretesa di essere un
Dio, ma nel momento in cui c’è questa pretesa, l’uomo diventa un Dio fallito, perché Dio non
esiste. 
L’uomo segue un progetto, con cui traccia il proprio avvenire e la sua essenza e quindi nel momento
in cui traccia la sua essenza è responsabile non soltanto di se stesso ma anche degli altri, diceva
Jean-Paul Sartre. Sartre riprende il pensiero di Kant, quando dice ‘tu devi, quindi puoi’, la prima
formulazione Kantiana, nella critica della ragion pratica. Kant dice ‘io devo agire come se la mia
azione possa valere per tutti’. Un principio morale, diceva Kant, per poter essere assoluto doveva
obbedire a tre principi fondamentali: l’autonomia, la necessità e la libertà, perciò doveva essere
libera e valida per tutti, cioè universale. Però, c’è una differenza con Kant, perché Kant distingueva
la ragione teoretica dalla ragione pratica; Kant diceva che ci sono cose che l’uomo può conoscere
con la ragione teoretica e altre cose che può conoscere con la realtà noumenica, l’uomo può
conoscere solo ciò che appare. Due cose sono quelle che mi riempiono l’animo di ammirazione,
diceva Kant, il cielo stellato sopra di me e la legge morale dentro di me. Voleva dire che l’unica
realtà accessibile all’uomo è la realtà fenomenica, il cielo stellato, ma quello che è dentro di me non
è altro che la voce della mia coscienza, che l’uomo può ascoltare ma può anche non ascoltare, ma
che invita l’uomo a sentirla. 
Però, mentre per Kant questi principi dell’agire morale dipendevano dalla volontà razionale, dalla
volontà buona, quella spinta interiore che spinge l’uomo a compiere il bene, il dovere per il dovere,
una spinta che possiedono tutti gli uomini, diceva Kant, anche i più malvagi, per Jean-Paul Sartre,
invece, è l’uomo che li crea; siamo noi a creare questi principi universali. 
Jean-Paul Sartre diceva che l’uomo entra in rapporto con gli altri attraverso lo sguardo. Anche in
questo riprende un concetto già espresso nel passato da Cartesio, cogito ergo sum, io sono dunque
esisto, ma lo capovolge, con la frase ‘mi si vede, dunque sono’. Quindi, riprendendo questa famosa
formula Cartesiana, Sartre voleva dire che nello sguardo di un’altra persona io sono quel me che un
altro conosce. 
Però, nel momento in cui io mi relaziono con gli altri, questo mio relazionarmi con gli altri può far
scaturire un rapporto di amore e di odio; amore perché io cerco di farmi amare dall’altro, ognuno di
noi cerca di farsi amare dagli altri, però nel momento in cui io cerco di farmi amare dagli altri, io
uso tutto quello che è in mio possesso per farmi amare, mi accontento di quello che dicono gli altri,
però in questo modo io sto negando, diceva Jean-Paul Sartre, la libertà degli altri, perché io
concepisco gli altri come uno strumento per ottenere i miei scopi, per farmi amare. Tuttavia, posso
scaturire nell’altro anche l’odio, perché nel momento in cui mi rendo conto che l’amore degli altri
non è un amore libero e incondizionato, e che la sua libertà si contrappone alla mia libertà, allora io
cerco di annientare la libertà dell’altro odiandolo. Gli altri uomini, quindi, sono lo specchio di me
stesso. 
Quindi, l’uomo è totalmente responsabile ed è totalmente libero, però nello stesso tempo, diceva
Jean-Paul Sartre, è anche terribilmente solo. Sartre diceva che dato che l’uomo non ha nulla che lo
possa superare, non ha nulla con cui confrontarsi, allora si ritrova solo con se stesso a determinare il
proprio futuro. L’uomo è ciò che avrà progettato di essere. E di fronte a questo senso di
responsabilità, l’uomo non può sfuggire, e quindi da qui nasce l’angoscia, la famosa angoscia di cui
parlava anche Kierkegaard e Heidegger, un’angoscia perché l’uomo è obbligato a fare delle scelte,
non può sottrarsi da queste scelte, di cui non può prevedere le conseguenze. 
Kierkegaard diceva che Abramo pur di scegliere Dio sacrifica il suo unico figlio, venendo meno a
qualsiasi codice etico. È questo quello che intende dire Jean-Paul Sartre; quando l’uomo fa delle
scelte, non può prevedere le conseguenze, così come Abramo pur di scegliere Dio non sapeva che
Dio gli avrebbe chiesto di sacrificare suo figlio Isacco, ma di fronte a questa richiesta ad Abramo
non resta che obbedire, perché ha fatto una scelta. 
Quelli che si vogliono sottrarre all’angoscia, al loro senso di responsabilità, sono quelli che
ingannano se stessi, sono quelli che Jean-Paul Sarte chiama vigliacchi. Per l’uomo che non ha
nessuna sicurezza, l’unica cosa sicura è l’agire, è inutile rifugiarsi in un mondo illusorio, di quello
che avrebbe potuto verificarsi e non si è verificato. La vita dell’uomo è solo quella che ha saputo
vivere. Progettare significa che noi scegliamo l’avvenire, un avvenire che può restare possibile
oppure non realizzarsi mai.
L’angoscia non impedisce di agire, diceva Jean-Paul Sartre, anzi ci permette di analizzare a fondo
ogni nostra possibilità, facendo in mondo che ogni decisione sia quella giusta. 
Come abbiamo detto, nella filosofia di Jean-Paul Sartre Dio non esiste. Se Dio non esiste l’uomo è
libero, perché se Dio esistesse non sarebbe più libero. Quindi, non possono esistere delle norme
assolute, quindi nel momento in cui l’uomo afferma che Dio esiste, si illude, perché vorrebbe essere
lui stesso Dio, ma questo non è possibile. L’uomo è un Dio mancato, e quindi ogni suo tentativo di
conformarsi a Dio gli impedisce di autorealizzarsi. 
Quindi l’uomo deve decidere da solo e tutto è ricondotto alla responsabilità del singolo. La libertà
dell’uomo è una libertà condivisa con quella degli altri, cioè la scelta è assunzione di responsabilità
da parte di ognuno di noi. Sartre faceva un esempio: diceva che in una guerra dichiarata da altri,
nella quale mi trovo, io sono in qualche modo responsabile, perché io posso in qualche modo
sottrarmi alla guerra con la diserzione (reato militare, cioè abbandono del corpo in cui si presta
servizio) o con il suicidio. Nel momento in cui io non lo faccio, allora quella guerra diventa anche la
mia guerra. La scelta è assunzione di responsabilità. 
Scegliere, diceva Jean-Paul Sartre, significa affermare il valore delle nostre scelte, perché noi non
possiamo scegliere il male, ma scegliamo sempre il bene. E nulla può essere bene per noi senza
esserlo per tutti. Sono responsabile per me stesso e per tutti e creo una certa immagine dell’uomo
che scelgo, scegliendomi io scelgo l’uomo, diceva Sartre. L’uomo non può far a meno di scegliere,
perché l’uomo sarà ciò che ha progettato di essere. 

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