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>Lo studiolo è inizialmente un luogo per la ri essione e la lettura, dopo verrà utilizzato per la
conservazione di strumenti utili allo studio e oggetti d’arte che lo rendono un piccolo museo privato. Lo
studio di Federico Da Montefeltro, ad esempio, è uno degli ambienti più celebri del Palazzo Ducale di
Urbino, poiché oltre che essere un capolavoro di per sé, è l'unico ambiente interno del palazzo ad essere
rimasto pressoché integro. Venne realizzato da artisti amminghi appositamente chiamati a corte dal Duca. Il
sof tto è a cassettoni dorati con le imprese ducali. I colori smaglianti e i continui rimandi tra architettura
reale e fantastica dovevano creare nello spettatore un effetto di grande meraviglia. Esso è caratterizzato
dunque da preziosi mosaici, intarsiature di decoro Gli artisti impiegati come il Botticelli realizzarono questi
mosaici e pitture con ventotto ritratti di loso , poeti e padri della chiesa. Sul nire del Quattrocento e
all’inizio del Cinquecento si assiste ad una trasformazione di usi e signi cati dello Studiolo. Si passa alla
volontà di condivisione e di esporre le proprie raccolte in uno spazio più vasto, potenzialmente capace di
accogliere un pubblico meno selezionato. Uno degli esempi più noti di Camerino è rappresentato da
quello di Isabella d’Este che, sposa ad un Gonzaga, allestì nel castello di San Giorgio uno nuclei
pittorici della storia rinascimentale. Fece realizzare uno spazio prestigioso in cui i quadri alle
pareti, secondo un disegno ben preciso, narrassero l’unione dei due casati, Este e Gonzaga,.Isabella
aspirò ad ottenere dipinti dei maggiori artisti italiani viventi contattò autori del calibro di Bellini e Leonardo
che tuttavia, per diverse traversie, non poterono accontentarla costringendola a rivolgersi a Perugino,
Mantegna, Lorenzo Costa e Correggio. Un altro esempio di camerino ovvero i precursori delle gallerie lo
abbiamo con palazzo Farnese. Esso è una piccola stanza al tempo ad uso personale al Cardinale Farnese
appunto ma non s sa se adibita a camera o a studio.
Non era uno del settore artistic ma si de nì un amatore: Nel suo rivoluzionario pensiero infatti
elesse quale più idoneo teorico e critico non il pittore ma appunto “il dilettante pratico ed istruito”
che, profondo conoscitore, darà vita alla gura del moderno storico dell’arte e attuale curatore
museale.
Del Mancini si evidenziano l’acutezza con cui suggerì particolari metodi per allestire le collezioni o
conservare i quadri ma anche in merito a quanto importante e sagace fu per la classi cazione
storica della pittura seicentesca.
Egli individuò infatti quattro scuole che illustrò non attraverso le consuete biogra e ma con
sintetiche annotazioni: quella dei Carracci, quella di Caravaggio, quella del Cavalier d’Arpino e
una quarta a cui associò tutti quelli non catalogabili nelle precedenti classi.
Riconobbe dunque tre delle maggiori correnti a sé contemporanee. Negli ultimi tre gradi della sua
classi cazione inserì infatti i manieristi del suo tempo, come Barocci o il Passignano, al decimo
posto i pittori che sanno ben ritrarre il naturale, come i caravaggeschi, e in ne coloro che
uniscono il dipingere di maniera ma con l’esempio del naturale davanti come Caravaggio, i
Carracci e Guido Reni.
secondo lo studioso esistevano due tipi di museo: quello dedicato agli artisti, che espone i
capolavori isolati e in ordine cronologico, e quello dedicato agli storici dell’arte, che enfatizza il
carattere documentario a discapito della qualità.
Entrambi i musei però, sbagliando, non tenevano conto del punto di vista del pubblico, delle
esigenze dello spettatore al quale un museo deve destinare il proprio messaggio e, anticipando il
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dibattito che si svilupperà sulle pagine della rivista “Mouseion”,Nei primissimi numeri la
preoccupazione maggiore di «Mouseion» sembrò essere la creazione di un centro di
documentazione internazionale, di una rete che permettesse di scambiare informazioni tra i vari
musei d’Europa comprese come il museo avrebbe dovuto svecchiare gli allestimenti, eliminare il
sovra ollamento a favore di una lettura più moderna e contestualizzata dell’opera.si parla di ruolo
sociale del museo SERVIRE E CONSERVARE
La rivista si fece quindi portavoce di un movimento internazionale, con la prima inchiesta sullo stato dei
musei datata 1929, dando un elenco delle principali riforme mosse in Europa e negli Stati Uniti.
Il British Museum espresse attraverso i suoi curatori in ambito museale un bagaglio decisamente
darwinista dispiegando una mentalità lontana dalla sensibilità dello storico dell’arte trattando i
pezzi piuttosto come fa un tassonomista (tassonomia: disciplina della classi cazione che si
applica a diversi ambiti disciplinari ma soprattutto scienti ci come la botanica o l’anatomia). Nel
1753 il testamento di Sir Hans Sloane, presidente della Royal Society, medico personale di
Giorgio II, appassionato naturalista e collezionista, consacrava il lascito di oltre 71 mila oggetti
(disegni, manoscritti, reperti, medaglie, stampe,...) al re in o erta alla nazione sei anni dopo il
museo aprì nalmente al pubblico nella Montagu House restaurata cinquant’anni prima da un
architetto francese, Pierre Puget, e divenuta un edi cio straordinario. L’atto di nascita sanciva la
destinazione pubblica della raccolta «per tutta la posterità» garantendo l’accesso libero a tutti gli
studiosi e alle persone curiose. Fin dal principio il suo allestimento lo fece assomigliare ad una
Wunderkammer ossia un accumulo disordinato e casuale di oggetti in cui il pensiero dominante
era il concetto della «catena dell’arte».
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La mania ossessiva dei curatori per la cronologia non riservava dunque alcuna considerazione per
l’osservatore che non fosse uno specialista: non sembrava essere contemplata la possibilità di
accogliere un visitatore non istruito al pari dei curatori stessi Fu così che nel 1914 si inaugurarono
due nuove sale, quella cinese e quella indiana, e, ormai alle soglie del Novecento, anche quella
africana, oceanica, e sudamericana espressioni di una politica colonialista sempre più intensa e
produttiva.
COME SI RAPPORTARONO GLI INGLESI ALLE PRESE CON I LORO PRIMI MUSEI BRITISH
MUSEUM PER PRIMO NEI CONFRONTI DEL GRANDE MODELLO DEL LOUVRE DA POCO
ISTITUITO?
>l’Inghilterra aveva disperatamente bisogno di rispondere alle esigenze di una classe nobiliare
borghese, che rappresentava un’ élite culturale in crescita nel solco delle Rivoluzione industriale.
Era dunque necessario epurare il modello francese da ogni implicazione politica
I Musei si fecero portatori di rivendicazioni culturali soprattutto storiche: grazie alla conservazione
delle vestigia del passato Dopo quanto appreso nora sulla storia dei musei europei È facile
capire come pian piano sia I politici che I curatori abbiano cominciato A concepire il MUSEO con
una duplice valenza: luogo idoneo all’istituzione di massa E simbolo della gloria nazionale.
COME SI COMPORTANO GLI ARTISTI DEL POST MODERNO NEI CONFRONTI DELLE
ISTITUZIONI MUSEALI
>Nell’epoca del post moderno, numerosi musei hanno elaborato una propria risposta a particolari condizioni
culturali, nazionali, politiche ed economiche. I musei sono quindi divenuti essenzialmente democratici e
l’ «apertura» è avvenuta in tutte le possibili direzioni: verso nuove categorie di pubblico; verso una certa arte
e gli artisti e verso alcuni curatori, che non avevano trovato posto nel sistema monodirezionale del museo del
passato. Anche il rapporto con le opere d’arte cambia: Al posto dell’espressionismo astratto che concepiva il
museo come un’ambita torre d’avorio, l’arte giunse ad abbracciare la cultura popolare, i materiali della vita
quotidiana. L’artista ora è un uomo che vive e opera, con la giusta autorevolezza, nel mondo di tutti i giorni
in mezzo alle persone,
Ora spesso le cornici spariscono, le opere non sono più quadri e non sono nemmeno più sculture.
come Diderot anche il poeta Charles Baudelaire si interessò dei salons dei quali ci fornisce dettagliati ed
estetizzanti resoconti, ma anche della gura emblematica del pittore della sua epoca, nell’opera del 1863 “Il
pittore della vita moderna”, dove la gura dell’artista moderno viene descritto da Baudelaire in qualità di
critico e poeta, che esercita uno sguardo libero, contraddittorio e paradossale nei confronti del mondo della
modernità. Secondo questi incarnava appieno la gura di tale pittore così descritta Costantin Guys.
Inoltre l’attività del critico d’arte non doveva essere così diversa dalla appassionata attività politica:
caratterizzata da una buona dose di parzialità e da un punto di vista esclusivo e, allo stesso tempo, capace di
aprire vasti orizzonti.
L’arte barocca infatti aveva puntato molto sul coinvolgimento dello spettatore. Chi osservava un’opera
barocca non poteva non esserne coinvolto dal punto di vista emotivo, espressivo, sensoriale:forme
avvolgenti, colori ammalianti, estrema verisimiglianza, illusioni ottiche.
Anche la Chiesa, prima rigida inquisitrice, assunse un atteggiamento più morbido incoraggiando e favorendo
l’attività originale
Il perugino Ripa arrivò a redigere la sua Iconologia con l’intento di spiegare «le imagini fatte per signi care
una diversa cosa da quella che si vede con l’occhio», con l’intenzione di farlo diventare uno strumento utile
«ai dipintori,
Nel 1603, la seconda edizione, quella romana, venne corredata anche da xilogra e su disegni in gran parte
realizzati dal Cavalier d’Arpino per meglio esplicare il rapporto fra parole ed immagini poi utilizzate da
Pomarancio, Palma, Bernini, Rubens, Albani, Vermeer nelle loro opere. Si trattava d’altra parte di attribuire
forma visiva e concreta ad un vasto repertorio di categorie del pensiero loso co, etico, retorico e teoretico
della tradizione classica e rinascimentale rielaborandole e trasmettendole visivamente nel contesto
seicentesco. E’ per questo che Ripa entra dunque a pieno titolo nel novero dei trattatisti.
A questo scopo venne rmato il trattato di Tolentino del 1797 dopo uno dei più gravi saccheggi ai
danni di Emilia, Umbria e Marche che frutto’ al Louvre uno dei nuclei più consistenti della sua
collezione. Lo stesso accadde con il trattato di Campoformio quando Venezia venne ceduta
all’Austria e le armate di Napoleone presero fra l’altro opere di Tiziano, Tintoretto e Veronese. Ma
fu Roma a pagare il prezzo più alto quando, nel 1798, Papa Paolo VI venne imprigionato in
Francia; fra le opere prese il Laocoonte, L’Apollo del belvedere, il Nilo e i capolavori donati da
Sisto IV come la Venere pudica e il discobolo. La ricostruzione storica degli eventi si conclude con
la restituzione della maggior parte delle opere d’arte agli stati di origine. Fra il 1814 (in minima
parte) ed il 1815 il Museo Napoléon venne smantellato
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COSA SI INTENDE PER COLLEZIONISMO DI STATO
>Con tale termine si intende quel principio secondo il quale le opere restituite da Napoleone in Italia non
furono ridistribuite ai singoli proprietari ma fatte con uire tutti a Roma. La Pinacoteca Vaticana, ad esempio,
nacque per riunire le opere disseminate nei palazzi vaticani: dal primo nucleo della quadreria no a quelle
razziate, e successivamente restituite, dopo la con sca napoleonica. Per attuare la ridistribuzione delle opere
sottratte dal francese, venne infatti utilizzato tale sistema del “collezionismo di Stato” , dunque i beni non
vennero riconsegnati ai loro luoghi originali ma vennero trattenuti a Roma e inseriti nel complesso della
Pinacoteca che vide luce nella sua sede de nitiva solo nel 1832, nel palazzo costruito da Luca Beltrami.
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DELINEARE LA FORMAZIONE DI BENEDETTO VARCHI
Benedetto Varchi è una gura importante per quanto riguarda lo studio della Storia della Critica d’arte,
poiché rappresenta il prototipo di quella gura che nel Settecento verrà de nita erudito: egli fece parte
dell'Accademia neoplatonica orentina, occupandosi di linguistica, di critica letteraria, di estetica, di
loso a, di alchimia e di botanica. Nato a Firenze nel 1503 da una famiglia di Montevarchi, studiò
giurisprudenza ma poi si dedicò anche allo studio delle lettere. Il suo impegno letterario andò di pari passo
con l’impegno politico: partecipò a varie imprese, fu arrestato e condannato per atti turpi, dai quali venne
prosciolto con l’aiuto del duca Cosimo e per intercessione di Pietro Bembo, prelato che canonizzò l’utilizzo
della lingua italiana in ambito letterario con le Prose della volgar lingua. La sua amicizia con quest’ultimo
personaggio ci riconduce anche ad un’altra delle tematiche affrontate nella sua produzione ed attività
letteraria, la nascita e la de nizione di una lingua comune italiana, parteggiando per la orentinità
dell’italiano e dell’importanza dell’uso di tale parlato nella costituzione del nuovo idioma. Egli ebbe l’idea di
comporre una Storia Fiorentina, che comprendesse il racconto delle vicende politiche e sociali della città tra
il 1527 e il 1530.
Fu, inoltre, grande esperto di Dante. Probabilmente fu proprio lo studio della Commedia dantesca, in cui
alcuni studiosi vogliono vedere il moderno principio del dibattito sul Paragone, ad ispirargli un’indagine
denominata Lezzione della maggioranza delle arti, scritta nel 1546 e pubblicata tre anni dopo. Essa si
presenta come una sorta di “lettera aperta”, inviata a tutti gli artisti più importanti della sua epoca, nonché di
sua personale conoscenza, che vengono incitati dall’intellettuale aretino, a seguito di una serie di ri essioni e
citazioni di testi poetici riguardanti l’argomento, a fornire la sua opinione sulla fondamentale importanza e
nobiltà di una delle arti.
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>Nella celeberrima diatriba rinascimentale tra l’arte pittorica e quella architettonica un ruolo fondamentale è
ricoperto dal disegno. Questo era il mezzo attraverso cui avveniva lo studio dell’opera da realizzare e la
copia delle antichità e della natura in tutti suoi aspetti. L’attività gra ca è la prima produzione artistica con
cui gli artisti si accostavano una volta entrati in bottega, quindi la naturale base da cui iniziare tutti i loro
lavori, siano essi di pittura, di scultura o di architettura.
Fin dai tempi di Cennino Cennini, pittore giottesco attivo afferma l’importanza dell’attività gra ca che è
principio dell’elaborazione artistica
Comunemente si possono riconoscere tre livelli di disegno legati alla progettazione di un’opera: il pensiero
iniziale, quindi un’idea di quello che l’opera dovrà essere una volta terminata, lo studio dei particolari,
dunque dei dettagli anatomici, del vestiario o delle sculture architettoniche, e l’opera de nitiva.
I Giustiniani a Roma si stabilirono in un palazzo di fronte alla chiesa di San Luigi dei Francesi
(palazzo Giustiniani, oggi sede della Presidenza del Senato), e Giuseppe qui intraprese la carriera
di banchiere: grazie ai suoi stretti rapporti con la Chiesa divenne uno dei più ricchi e potenti
uomini di Roma. Vincenzo seguì le orme del padre, morto nel 1600. Entrambi i fratelli furono
grandi mecenati, e importanti collezionisti d'arte, tra i maggiori del XVII secolo. La fama di
Vincenzo è legata anche al fatto che fu tra gli scopritori di Caravaggio. Infatti, oltre ad essere
vicino di residenza romana, fu amico intimo del Cardinal Del Monte, il più importante committente
di Caravaggio: la sua amicizia con il pittore si strinse dopo che il nobil’uomo acquistò il dipinto
San Matteo e l'Angelo, prima versione della pala d'altare per la cappella Contarelli in San Luigi dei
Francesi a Roma, ri utata dalla Chiesa per motivi di decoro (opera perduta nell'incendio di Berlino
del 1945). Alla morte di Vincenzo (Benedetto morì nel 1621), la Collezione Giustiniani contava più
di 300 dipinti, di cui 15 erano di Caravaggio, e ben 1200 sculture,
“La Lettera sulla Pittura”; si tratta di una ri essione che Vincenzo scrive al proprio grande amico
olandese avvocato Dirk van Ameyden al quale, con la pretestuosa intenzione di giusti care la
critica mossa ad un artista ammingo, di cui non fornisce il nome, propone la trattazione di un
tema così complesso come la categorizzazione della pittura. Ne emerge una suddivisione in
dodici categorie e in cui ne illustra con grande chiarezza una certa idea del fare artistico, del ruolo
dell’artista e della sua autonomia, nonché del rapporto che si instaura fra arte, collezionismo e
mercato (I. Balgrida).
>Alle soglie dell’Ottocento si assiste in maniera evidente ad un cambiamento per cui gli studiosi
individuarono nell’analisi diretta delle opere una condizione necessaria alla ricerca. A quel punto, il
confronto ravvicinato con l’opera, reso ormai indispensabile in funzione di una corretta conoscenza
dell’oggetto, giusti cava la presenza delle opere in un ambiente in cui, attorno a loro, si venne a creare un
dialogo, se non un vero e proprio dibattito, dando vita ad un approccio puramente scienti co che ben
caratterizza l’istituzione museale. Il museo diventa da quel momento il luogo in cui si discute sulle scelte
allestitive dei dipinti.Prese quindi piede l’idea di costruire una vera e propria Museuminsel (isola dei musei),
che diverrà uno dei complessi museali più importanti al mondo. Il progetto, af dato a Schinkel, venne poi in
realtà gestito dal suo allievo più promettente, August Stüler che, tra il 1841 e il 1859, realizzò il Neues
Museum, destinato alle collezioni egizie e greco-romane, di cui possiamo vedere oggi un accurato restauro
af dato all’inglese David Chipper eld e concluso nel 2010. Sempre a Stüler, nell’ambito del vastissimo
disegno di realizzare una vera e propria isola dei musei all’interno di Berlino, venne af data la realizzazione
della Nationalgalerie, museo nato per valorizzare ed esibire la collezione d’arte tedesca che apparteneva a
Federico Guglielmo IV, arricchita dalla donazione di duecentosessanta opere di proprietà del banchiere
Johann Wagener. La Museuminsel oggi comprende altre due strutture, entrambe del primo ‘900, il Kaiser
Friedrich Museum (1904) e il Pergamonmuseum (1930). Il primo si erge sulla punta dell’isola in un
maestoso palazzo neobarocco
DEFINIRE COSA SI INTENDE PER ISTITUTI PLURITIPOLOGICI IN RIFERMENTO
Questo tipo di museo divenne per questo un istituto pluritipologico essendo
contemporaneamente pinacoteca, museo archeologico, scienti co o storico, spesso congiunto
ad altre istituzioni cittadine come la biblioteca, l’archivio o la scuola d’arte.
>L’Italia post unitaria è caratterizzata dalla nascita dei musei cittadini, spesso nati come donazione di privati
per legare il proprio nome al territorio natale. A favorirne la comparsa, anche in città in cui già esisteva un
museo istituzionalizzato di impronta nazionale, fu il sentimento di adesione alle memorie patrie, il senso di
appartenenza ad una tradizione storica, sviluppatisi come reazione alla nascita di uno Stato che avrebbe
nazionalizzato in gran parte il patrimonio. Vengono quindi a crearsi istituti denominati musei civici,
disseminati in tutto il territorio nazionale, che ripercorrono le tumultuose vicende storiche del patrimonio
locale. Il museo civico è espressione di una comunità urbana e, come tale, ha accolto ogni tipo di documento
signi cativo per contribuire a rafforzare l’identità di un territorio.
il museo civico ha ragion d’essere anche per motivi politici legati al ridimensionamento del potere temporale
della Chiesa proprio in un momento storico in cui, dopo le soppressioni napoleoniche, un’enorme quantità di
beni rientrava nelle proprietà dello Stato, ed era chiamato a provvedervi.
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DELINEA L'OPERA DI VIVANT DENON
>Napoleone diede il compito di direttore del museo del Louvre a Vivant Denon, diplomatico,
arrivarono a Parigi le opere più pregiate del mondo, sottratte durante le conquiste napoleoniche.
Si trattava di un patrimonio enorme da gestire. I francesi cercarono più volte deboli giusti cazioni
per le requisizioni napoleoniche. Denon, inserendosi in un dibattito in nito che dura tutt’oggi,
a ermava per esempio che “i romani in origine rozzi, riuscirono a civilizzare la loro nazione
trapiantando sul proprio suolo ogni prodotto della Grecia vinta”. Denon si mise subito alla prova
allestendo le opere di Ra aello presenti in Galleria e quelle appena giunte dall’Italia. Si trovava a
dover organizzare un gruppo di dipinti di inestimabile importanza: la Tras gurazione,
l’Incoronazione della Madonna, la Sacra famiglia di Francesco I, il Ritratto di Baldassarre
Castiglione, alcune tavole della pala Baglioni, a cui accostò due dipinti di Perugino, maestro del
Sanzio
Di fronte ai marmi greci Denon dovette applicare altri criteri espositivi poiché, benchè la collezione
di cui disponeva il Louvre costituisse un completo repertorio.
Non si prestava inoltre ad una disposizione cronologica attendibile poiché la ri essione sulla
classi cazione temporale su base stilistica dei marmi antichi era appena agli inizi. Inoltre,si capì
che molte delle opere individuate da Winckelmann come apici dell’arte greca erano invece copie
di età romana.
Denon dovette dunque ricorrere a diverse regole e si appellò per i marmi antichi all’esempio
dell’allestimento vaticano da cui molte sculture erano state sottratte, basandosi su una
disposizione estetica.
Fondato principalmente sulla cronologia, sui percorsi artistici e sulle scuole nazionali il suo
allestimento poneva la nalità pedagogica su basi storiche ma soprattutto Denon era riuscito a
sottrarre il Louvre ad un programma politico restituendogli il ruolo di documentazione storica.
Dopo la scon tta napoleonica, nel 1815, la gran parte delle opere d’arte tornarono ai loro legittimi
proprietari ma a Denon si deve il merito di avere per primo donato un ordine a quella grande ed
articolata collezione.
Complice la sua origine modenese e il suo forte interesse per lo studio dei manufatti artistici, Adolfo Venturi
formulò numerose attribuzioni durante tutto l’arco della sua carriera, ancora oggi considerate attendibili dalla
critica: per citare un esempio il dipinto raf gurante una Ninfa e satiro conservata a Palazzo Pitti (Firenze),
che Venturi attribuì nel 1885 a Dosso Dossi. Venturi fu conoscitore (i conoscitori, o connoisseur, valutano le
opere d'arte sulla base della loro esperienza dello stile e della tecnica degli artisti) e docente universitario
(prima cattedra di storia dell’arte all’Università La Sapienza), ma fu anche tra i primi a interessarsi alle
pratiche di tutela del patrimonio, soprattutto come funzionario del Ministero dell’Istruzione, allora preposto
alla cura del patrimonio e a riconoscere al patrimonio un ruolo centrale per la cultura e la divulgazione.
Iniziò dunque a parlare del ruolo civile del patrimonio storico-artistico, restituendo un completo e
signi cativo quadro d'insieme degli svolgimenti dell'arte italiana con un accurato approfondimento sul
giudizio critico delle singole personalità capaci di aiutare la formazione dell’identità artistico- culturale sul
territorio italiano. Venturi operò in base ad un metodo prevalentemente positivista, basando la sua
osservazione delle opere alla luce dello stretto collegamento tra la storia e la valutazione del fatto artistico. A
Modena curò la riorganizzazione della Galleria Estense,
Venturi si pre sse lo scopo di rilanciare l'idea di un'Italia come madre delle espressioni artistiche studiate
attraverso una strenua ricerca lologica.oltre alla pubblicazione di numerosi articoli nelle riviste
specializzate, il suo pensiero ebbe la massima espressione nella Storia dell'arte italiana. In quest'opera,
complessivamente di 25 volumi, il senso della storia e la nezza critica, unita alla vastissima esperienza di
conoscitore, ha consentito a Venturi di restituire un completo e signi cativo quadro d'insieme degli
svolgimenti dell'arte italiana e un accurato approfondimento sul giudizio critico delle singole personalità. Fu
fondatore e direttore per un quarantennio della rivista L'Arte, poi sostituita da Archivio storico dell’arte
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ELENCARE BREVEMENTE I TEMI DELLA PRODUZIONE LETTERARIA DI LEON BATTISTA
ALBERTI EVIDENZIANDO I CONCETTI CHIAVE:
>Alberti, così come Leonardo, non fu “solo” pittore, ma si dedicò alla scrittura di veri e propri trattati
sull’arte. Entrambi, innanzitutto, arrivano alla conclusione che la pittura ha un fondamento scienti co. I
pittori conoscono attraverso la loro arte la natura; lo studio della natura diviene dunque lo scopo
fondamentale cui mira l’artista che contribuisce alla scoperta del mondo esteriore.
La pittura diviene dunque lo strumento per la conoscenza prospettica della natura che il pittore, ancor prima
di dipingere con la mano, deve comprendere col suo ingegno tanto da divenire una sorta di mago che
conosce la natura sica ed opera con essa. La natura perciò deve essere conosciuta dal pittore secondo
principi creati dalla mente umana che si sostituisce a Dio. Alberti fu anche un architetto, un losofo, un
poeta; egli imparò l’arte degli antichi ed elaborò teorie estetiche nuove
Per quanto riguarda il chiaroscuro, ad esempio, venne individuato come elemento capace di estromettere
l’utilizzo dell’oro dalla pratica pittorica. Al movimento dei corpi aveva af dato invece l’espressione dei moti
dell’animo, dei sentimenti; la grazia rimaneva invece un aspetto primario da perseguire non soltanto
attraverso l’imitazione del reale. Ogni zona del dipinto doveva essere bella per se stessa e coordinarsi.
Alberti si occupò anche di scultura ma l’opera prima rimane però il “De pictura”, scritto nel 1435 in latino e
poi volgarizzato l’anno successivo, anche se studi di Bertolini tendono ad invertire le due stesure
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ESPORRE SINTETICAMENTE LE TEMATICHE PRINCIPALE CHE LEGANO LE SINGOLE
VITE DI GIORGIO VASARI E CHE STANNO ALLA BASE DELLA SUA GRANDE OPERA.
>Giorgio Vasari viene ricordato soprattutto come autore de “Le vite de' più eccellenti pittori, scultori e
architettori”. Vi sono due edizioni: quella dello stampatore Torrentino del 1550, in cui non parla di artisti
viventi, o comunque non prende in considerazione personaggi di cui non è chiara la generale parabola
artistica, eccetto per uno: Michelangelo di cui Vasari fu allievo e l’altra del 1568, dello stampatore Giunti.
Egli individua tre età che corrispondono ai secoli XIV, XV, XVI. Nella prima si era lontanissimi dal
raggiungimento della perfezione sia in pittura, che in scultura che in architettura; nella seconda le cose erano
migliorate e nelle «invenzioni» e nella maniera di realizzarle ma ancora si era lontani dalla perfezione che si
ebbe invece durante il Cinquecento in cui ci si migliorò anche rispetto agli esiti degli antichi.
Inoltre, nell’edizione torrentina Vasari aveva considerato la parabola artistica di Raffaello un’evoluzione
verso la perfezione delle ultime opere, mentre nel 1568, opponeva la personalità di Raffaello a quella del
Buonarroti determinando i limiti di ciascuna. Altra questione importante è quella del disegno, secondo cui
nella mente dell’artista che si appresta a compiere l’opera prende forma prima un’idea, una sorta di «disegno
interno» al quale dà poi vita la mano avvezza all’esercizio, capace di rendere materiale l’opera. Esso è il
padre di tutte le arti, mentre la madre ne è l’invenzione. Vasari, come era consueto al tempo, oscilla fra il
principio del naturalismo e quello della stilizzazione. Da un lato è il vecchio modo di vedere che pone
l’essenza della pittura nell’imitazione della natura e non riesce mai a saziarsene, indicano di non volersi
impadronire della realtà materiale ma di volerla cambiare, dimostrando di affondare le loro radici
nell’antichità. Così come per il disegno, anche per la maniera Vasari suggerisce una storia evolutiva.
campanilismo che lo portò addirittura ad escludere nella prima versione la biogra a di Tiziano per
rispettare una ferrea visione toscanocentrica dell’arte basata sul modello di Michelangelo. Da
allora si susseguirono, nei diversi centri italiani, testi mirati a raccogliere le biogra e dei principali
artisti locali proprio per denunciare le mancanze delle “Vite vasariane”, proprio per dare voce e
spazio a quegli artisti esclusi dall’elite enciclopedica del Vasari. L’opera vasariana dunque creò,
dunque, due grosse tipologie di artisti: quelli di “serie a” (inclusi nelle “Vite”) e quelli esclusi
dall’opera, reputati secondari. Sulla base di questo i vari teorici del Seicento si dedicarono a
proporre le biogra e dei maestri loro contemporanei. Tuttavia, e qui invece si evince il limite dei
letterati del Seicento, i criteri adottati nella selezione di quali artisti introdurre nei loro scritti
costituiva una chiara e palese presa di posizione nell’ambito del più attuale dei dibattiti teorici:
essere fautori della fazione del classicismo, oppure caldeggiare per il naturalismo? Il loro grande
limite, dunque, fu quello di dividere l’arte in queste due grandi correnti di pensiero, limitandola in
pensieri loso ci e politici troppo de niti. Nel XVII secolo si fece un passo avanti quindi nella
fusione delle tradizioni rinascimentali convogliando in questo genere di scritti l’attenzione sulle
maniere degli artisti. Si cominciarono infatti a radunare le biogra e di artisti classi candoli
secondo diverse Scuole, generalmente distinte secondo la prevalenza dell’Idea o della Natura
suggerendo altresì un’ideale scala nella quale collocare i singoli personaggi secondo la loro
vicinanza ai due opposti poli: Manierismo inteso come la sintesi delle migliori maniere del secolo
XVI per cui divenne naturale trovare l’Idea con cui scegliere o il più attuale Naturalismo dall’altro.
Per Marino compito del poeta, così del pittore e di ogni artista, sarebbe quello di destare nel
fruitore la meraviglia attraverso tutti i mezzi possibili.
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Le Dicerie Sacre e la Galeria sono le sue opere più emblematiche. Attraverso di esse si esprime l’idea di
Marino sull’arte. Nella prima opera egli sostiene che la Pittura supera la Scultura ma il pittore, in quanto
uomo, non può tuttavia raggiungere l’assoluta perfezione nella propria opera. Il pittore perfetto è dunque Dio
che ha effettivamente lasciato traccia della sua opera pittorica nella Sacra Sindone di Torino. La seconda,
pubblicata nel 1619, è fatta da una serie di componimenti poetici, di diversa natura, dedicate ad una raccolta
di opere d’arte. Per lui, e in generale per gli intellettuali italiani, esisteva un grande vantaggio nello scrivere
d’arte af dando al potere delle immagini e della parola il compito di rappresentare la forza evocativa e
plasmabile di entrambe per suscitare nello spettatore/lettore emozioni e sentimenti ma soprattutto la grande
Meraviglia barocca.
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QUALI SONO LE PRINCIPALI DIRETTIVE PER LA TUTELA DEL PATRIMONIO CULTURALE
> La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e della ricerca scienti ca. Tutela il paesaggio e
il patrimonio storico e artistico della nazione”. Il concetto di tutela nell’Italia contemporanea parte
da questo presupposto, sancito dalla Costituzione, in cui si evince che tra le funzioni che lo Stato
garantisce ai suoi cittadini è espressamente enunciata non solo la salvaguardia dell’ambiente, in
termini moderni, ma anche la conservazione e la cura delle testimonianze del passato. Si intende,
infatti, per tutela artistica, l’insieme di azioni che la società dispone al ne di garantire la
conservazione di quei beni ritenuti tali da costituire il patrimonio culturale della società stessa Ma
è negli anni ’90 che il crinale tra la tutela del bene e la sua valorizzazione viene considerato in
relazione a una maggiore attenzione alle esigenze di un pubblico e ai servizi ad esso
correlati. Questo passaggio viene inaugurato con la Legge Ronchey del 1993, che colloca il bene
culturale in condizione di rendere anche economicamente
L’innovazione che caratterizza il Piano è volta soprattutto all’applicazione di una metodologia aperta e
partecipata grazie all’apporto congiunto di Amministrazioni competenti, centrali e regionali, e di tutti gli
operatori del turismo. Leve principali di tale sforzo sono soprattutto l’innovazione tecnologica e
organizzativa, l’adattamento alle variazioni del mercato e la valorizzazione del patrimonio culturale e
territoriale a cui corrispondono il bisogno di adeguare le competenze e di preparare un terreno più idoneo a
nuove attività imprenditoriali. Un intento che vede i musei attivamente coinvolti in una programmazione
congiunta.
QUALI SONO LE NUOVE PROFESSIONI CHE TORVANO SPAZIO ALL'INTERNO DELLE
ISTITUZIONI MUSEALI
Nuove professioni o competenze si aggiornano per rispondere ai bisogni del visitatore. Direttive in linea con
questo trend sono quelle elencate nei compiti della declaratoria dei nuovi pro li professionali all’interno
delle nuove strutture periferiche del MiBACT, ovvero: “la collaborazione operativa con le professionalità
dell’Area Funzionale Terza nella realizzazione di attività di natura didattica e divulgativa, la collaborazione
allo sviluppo dei servizi educativi, alla de nizione di modalità e alla predisposizione di strumenti per la
documentazione, la rilevazione statistica, l’accertamento del gradimento, la veri ca e la valutazione dei
servizi offerti”. Il ruolo dell’educazione e della formazione professionale all’interno dei musei è anche esso,
oggetto di modi cazione diventando la chiave non solo per la collaborazione tra la scuola e le istituzioni
culturali del territorio, ma anche per una integrata collaborazione nella piani cazione dei locali percorsi
turistici. Le nuovi professioni in ambito turistico si orientano in maniera più marcata verso il settore
culturale, si muovono in linea con le sue necessità attraverso l’organizzazione di attività di promozione che
coinvolgono gli operatori locali, sia pubblici che privati. Heritage promoter, destination manager, promotore
per lo sviluppo turistico sostenibile, community manager, sono alcune delle professioni che hanno tra le loro
speci che competenze l’identi cazione delle risorse presenti su un territorio da valorizzare: risorse culturali,
artistiche, storiche, di tradizioni, assolvendo all’esigenza sempre più marcata di forme di turismo alternativo.
L’Università, dunque, si trova a ricoprire un ruolo determinante: rivolgendo la ricerca sull’Educazione al
Patrimonio, partecipando a formare professionisti in grado di applicare metodologie didattiche innovative e
di condurre processi differenziati secondo diverse tipologie di destinatari, consolidando, in ne, il
partenariato con gli attori e le comunità territoriali.
la sua è una pittura di «diligenza»; il primo a inserirlo nella tradizione bresciana è il Lanzi,
Altro pittore importante per la costruzione della personalità del Merisi è Lorenzo Lotto, artista che
dimostra di conoscere e trattare al suo pari Ra aello, Giorgione, Leonardo e Dürer, senza
mescolarli tra di loro, ma traendo spunto per dei neologismi: Ultimo artista che fornisce
un’importante matrice pittorica al Merisi è Ambrogio Figino
Longhi riconosce in artisti come Moretto, Moroni, Lotto e Savoldo le personalità di «preparatori del
naturalismo caravaggesco»;E ancora: Lorenzo Lotto (Caravaggio accoglie del Lotto l immenso repertorio
naturalistico, fatto di umili verità particolari tendenti al capriccio); Savoldo (Savoldeschi sono i paesaggi
realizzati da Caravaggio nel Sacri cio di Abramo e nel Cristo nell’orto.); i fratelli Campi (ad esempio la
Ambrogio Figino,
QUALI SONO I PRINCIPALI CRITICI DEL 900 CHE SI SONO DEDICATI A CARAVAGGIO 58
>Nel 1912 su Bollettino d’arte, Lionello Venturi pubblica Opere inedite di Caravaggio, testo che si
presenta, n dal titolo, come un nuovo contributo all’ ampliamento del corpus caravaggesco. L’
anno successivo compare su L’ arte il primo articolo su Caravaggio di Roberto Longhi, studioso
che dedicherà decenni della sua carriera alla riscoperta di questo artista e a una riabilitazione del
ruolo della pittura secentesca nella Storia dell’ arte italiana a); Longhi ravvisa in quest’opera una
forte attenzione alla resa dell’ espressività extrapittorica, ovvero alla ri essione sui sentimenti nella
composizione, avvicinandosi a una più sobria espressività umana che contribuisce a non distrarre
l’ artista dalla solida rappresentazione pittorica delle cose Nel 1917 Matteo Marangoni pubblica
in Rivista d’arte un saggio sui pittori italiani secenteschi di nature morte, con l’ intento, anch’egli di
riabilitare alcuni dei valori di questo genere di pittura. Tra questi artisti considera come fondatore
del Naturalismo in Italia proprio Caravaggio, pittore dallo stile più alto di tutto il Seicento e che
ebbe una reazione realistica al Manierismo del suo tempo La perfetta antitesi della pittura di
Caravaggio è riscontrata nelle opere di Rembrandt, con il quale Marangoni attua un confronto sul
tema della luce:Mariano Luigi Patrizi, il quale si occupò della ricostruzione della personalità
psico siologica ed estetica del Caravaggio: questo studioso parte da un intento puramente
antropologico e riesce ad attribuire un’opera che chiarisce e completa il quadro psicologico dell’
artista, interessando coloro che si occupano di critica e di storia pittorica.
Nel 1920, Michele Biancale pubblica in Bollettino d’arte il saggio Attribuzioni caravaggesche, nel quale
esibisce dei dubbi sulla paternità di tre opere precedentemente attribuite a Caravaggio; mentre su Cronache
d’arte nel 1924, Emilio Ravaglia dedica un contributo alla questione del Bacco di Caravaggio. Per il forte
senso della realtà e l’ osservazione precisa degli elementi “naturali”, ravvisabili nell’ anatomia e nelle
nature morte, lo studioso ritiene che il quadro riferito da Baglione come prima opera del Caravaggio
sia il Bacco custodito presso la Galleria Corsini di Roma.
Non si predisposero sale espositive come il Moma perché l’intento era quello di creare un centro
interdisciplinare e sperimentale.. A differenza del Moma, il primo curatore del centro, Hulten, mostrò un’arte
moderna più viva e variegata di quella proposta da Barr. Al pari del Moma il Pompidou dovette rinunciare a
molti dei suoi originari obiettivi, si stabilizzò quindi al servizio di un pubblico multiforme in perenne crescita
ma raramente in modo veramente ispirato. Il museo nasce in maniera indissolubile al moderno, alle sue
esigenze, alla sua natura, e si lega alla modernità perché ne condivide la propensione alla gerarchia.
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QUANDO NACQUE IL MOMA CON QUALE IDEOLOGIE DI BASE
>A partire dal 1929 a New York nasceva un’istituzione che avrebbe rivestito il ruolo di modello per tutta la
seconda metà del 900, un museo dedicato solo all’arte moderna.
La nuova idea quella del Museum of Modern Art ovvero MOMA, era invece qualcosa di nuovo,
Bliss, Rockfeller, e Mary Sullivan furono coloro che gettarono le basi di quest’idea e nel 1929 appunto sotto
la guida del primo direttore Alfred Barr
Non fu infatti un edi cio appositamente costruito, ma un uf cio al 12o piano dello Heckscher Building.
L’idea fu quella di un laboratorio ai cui esperimenti il pubblico era invitato a partecipare. Il Moma avrebbe
dovuto non solo documentare, esporre l’arte ma avrebbe dovuto promuovere una ri essione su di essa e
suscitare un dibattito critico che fosse capace di orientare lo sviluppo successivo dell’arte. Per Barr
fondamentale era la funzione educativa; la sezione didattica venne af data a Victor D’amico.
le mostre erano accompagnate da conferenze e visite guidate,
Inoltre, nel 1930, Barr af dò l’immagine del museo ad un addetto stampa,
Il museo, controllato con attenzione in ogni suo aspetto, assunse un’immagine aziendale .La sede successiva,
sulla 53a strada, fu sempre affollata, soprattutto la domenica mattina. L’edi cio venne ideato dagli architetti
Goodwin e Durell. In ne si stabilì che trascorsi cinquant’anni dalla morte dell’artista, autore dell’opera,
quell’opera sarebbe stata ceduta in quanto non risultava poi più negli anni essere accreditata sotto l’aggettivo
moderno.
I primi musei nacquero per volontà dei papi a Roma. La donazione, nel 1471, da parte di Sisto IV, di statue
come la Lupa, simbolo di Roma, il Camillo e lo Spinario, rendono il Campidoglio sede del museo della città,
confermandosi il primo museo aperto al pubblico e sottoscrivendo l’atto di nascita delle collezioni capitoline
(i Musei Capitolini, tra i primi d’Europa, verranno inaugurati nel 1734). Per stessa ammissione papale fu il
primo luogo in cui si convalidò il principio della libera accessibilità delle raccolte,
Il granduca Francesco I allestì con opere d’arte la orentina Galleria degli Uf zi. La “galleria”, che nacque
in Francia, venne utilizzata in Italia come parte del progetto espositivo della collezione già nel palazzo
Gonzaga a Mantova, in cui venne adibita all’esibizione della raccolta delle statue a partire dal 1570. E’ però a
Firenze che abbiamo il primo vero signi cativo episodio che possiamo collegare alla nascita del museo
moderno, quando cioè Francesco I, intorno al 1581, trasformò la Galleria vasariana voluta dal padre Cosimo,
che collegava gli Uf zi alla nuova residenza di Palazzo Pitti, in un luogo dove “passeggiare, con pitture,
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statue e altre cose di pregio”. L’apertura uf ciale degli Uf zi è datata 1765, ma già due secoli prima questo
luogo veniva visitato su richiesta da un numero ristretto di amatori.
QUAL'E' IL RUOLO DELLE ACCADEMIE SORTE FRA 500-600 IN ITALIA EQUALI FURONI
LE PRINCIPALI?
>L’ Accademia è un’istituzione culturale, pubblica o privata, volta alla promozione e
all’insegnamento delle arti gurative sulla base di regole e canoni precisi,la prima ACCADEMIA
DEL DISEGNO, fondata da Giorgio Vasari nel 1563, a Firenze, sotto la tutela dei Medici
le accademie, svolgono una duplice funzione: forniscono una legittimazione teorica al processo creativo,
grazie all’elaborazione di una concezione dell’arte in cui prevale il momento inventivo rispetto a quello
operativo, e provvedono alla formazione dell’artista.
Giorgio Vasari, protagonista di una scalata sociale in seno alla corte medicea, si fece carico di ciò
inaugurando una tradizione che, pur mutandosi nei secoli, rimase ininterrotta. Dopo l’esempio orentino
altre città si mossero per fondare la loro Accademia e proporre così uno strumento di tutela della propria
peculiare tradizione artistica: nel 1580 a Bologna l’Accademia dei Desiderosi (poi rinominata degli
Incamminati) fondata dai fratelli Carracci e successivamente quella di San Luca a Roma, nel 1593, ad opera
degli Zuccari. Oltre ad impartire insegnamenti, pratici e teorici, l’Accademia si preoccupò anche di fornire
incarichi lavorativi a pittori che per qualche ragione, in particolari periodi, ne fossero privi, per esempio
nanziando i cantieri. Il termine Accademia, circoscritto all’ambito della formazione e della produzione
artistica, de nì nel corso del Seicento due realtà diverse; una istituzionale, posta sotto la protezione del
potere politico e nalizzata soprattutto alla promozione sociale degli artisti
l’altra intesa come iniziativa privata nalizzata alla formazione dei giovani aspiranti artisti
E’ infatti assodato che i migliori pittori si siano formati nell’ambito di un percorso esterno alle istituzioni che
permettesse una maggiore libertà di iniziativa.
QUALI SONO GLI ASPETTI PIU' IMPORTANTI MESSI IN CAMPO DA GIULIO MANCINI
NELLE SUE CONSIDERAZIONI?
>Giulio Mancini,, le Considerazioni sulla Pittura. Qui egli propose diversi temi di storia dell’arte ma
soprattutto suggerì le maniere più consone per conservare ed esporre i quadri all’interno delle abitazioni
private e non solo. Secondo questi, il teorico e critico più idoneo non è il pittore ma “il dilettante pratico ed
istruito” che, profondo conoscitore, darà vita alla gura del moderno storico dell’arte e attuale curatore
museale. La rilevanza delle pagine scritte da Mancini è indiscutibile perché propone pioneristiche valutazioni
sulla musealizzazione delle opere, in parte ancora oggi valide. Mancini si concentra sul mondo dei
conoscitori e dei collezionisti. Comincia a trattare del prezzo dei quadri, dato che dipende da molteplici
fattori quali la fama dell’autore ad esempio o il fatto che sia vivente o meno. Giulio Mancini parte dal
presupposto che i tesori privati, e nella fattispecie le collezioni d’arte, debbano essere condivisi.
La disposizione deve rispettare il soggetto, lo stile, l’antichità e la scuola di appartenenza. Sulla base di uno
schema vasariano, da tutti all’epoca condiviso, ma muovendosi con piena autonomia critica, enuclea il
concetto di Scuola o tendenza individuale e di maniera regionale, tramontana, lombarda, toscana e romana.
Altrettanto importante è anche la suddivisione per generi che si fanno “alti” o “bassi” in relazione alla
maggior o minore invenzione creativa dell’artista per cui all’ultimo posto si situa la natura morta.
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postula poi delle differenti funzioni attribuite ai quadri: decorative e didascaliche. Per le gallerie suggerisce
criteri spazio-temporali in opposizione alle più semplici distinzioni applicate nelle residenze seicentesche. Le
sue norme saranno poi adottate alla metà del Settecento nelle prime pinacoteche pubbliche come quella degli
Uf zi che avevano dichiarati e precisi intenti didattici. Si pro la una netta distinzione fra sfera pubblica e
privata che, nei secoli successivi, porterà all’istituzione delle discipline museologiche e museogra che.
Durante tutto il Rinascimento si assiste ad una progressiva affermazione, soprattutto sociale, del ruolo
dell’artista. E’ proprio in questa fase che i tempi sono maturi .le accademie, svolgono una duplice funzione:
forniscono una legittimazione teorica al processo creativo, grazie all’elaborazione di una concezione dell’arte
in cui prevale il momento inventivo rispetto a quello operativo, e provvedono alla formazione dell’artista. A
Firenze l’istituzione dell’Accademia si con gura come il naturale punto di approdo dell’evoluzione dalla
Compagnia di San Luca formata, nel 1339, tra gli artisti orentini. Dopo l’esempio orentino altre città si
mossero per fondare la loro Accademia e proporre così uno strumento di tutela della propria peculiare
tradizione artistica: nel 1580 a Bologna l’Accademia dei Desiderosi (poi rinominata degli Incamminati)
fondata dai fratelli Carracci e successivamente quella di San Luca a Roma, nel 1593, ad opera degli Zuccari.
Nel Seicento fu fondamentale il modello proposto dall’Accademia bolognese dei Carracci che vollero
opporsi alle tendenze manieristiche di riproposizione di prototipi precostituiti ritornando ad un processo
artistico simile a quello usato da Raffaello all’inizio del secolo nella sua bottega. Lo studio del naturale e la
rielaborazione intellettuale attraverso il disegno erano le basi del modus operandi.
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SINTETIZZARE IL METODO ADOTTATO DAI CRITICI DEL 900 PER RISCOPRIRE E
COLLOCARE IN UN PIU' AMPIO CONTESTO ARTISTICO LA FIGURA DI CARAVAGGIO
>In Europa, in particolare per quanto riguarda lo studio di Rembrandt e di Velásquez,
Michelangelo Merisi veniva ricordato e menzionato come “padre” della pittura olandese e
spagnola del XVII secolo, ed è proprio tramite queste analisi che la critica italiana comincerà a
riavvicinarsi a Caravaggio a inizio Novecento si fonda in Italia la lunga tradizione degli studi
caravaggeschi e a partire con la mostra di LONGHI NEL 1951 su Caravaggio e i caravaggeschi
che la critica inizia ad appassionarsi a questo autore considerato un genio innovatore
Negli anni che più si avvicinano a noi, molti sia Ono interessati alla gura del Merisi. Se si pensa
anche al solo termine “naturalismo”, comunemente impiegato per descrivere la modalità di pittura
caravaggesca di dipingere “dal naturale. Gli studi caravaggeschi ebbero larga di usione e proprio
in questo periodo si avvia la fama del pittore.inizio una vera caccia al Caravaggio”, portando a
delle attribuzioni che, il più delle volte, si basavano solo ed esclusivamente sull’ occhio del
conoscitore . Un secondo gruppo di studi è quello più direttamente interessato alla ricognizione
delle fonti antiche e alle corrispondenze tra le stesure delle vite secentesche e la cronologia
e ettiva della produzione e delle vicende biogra .
> Il Palazzo da cui ha preso origine l’imponente struttura era l’edi cio di residenza del re di Francia che, nei
secoli, aveva assunto il ruolo di deposito di opere d’arte appartenenti alle immense collezioni reali. Sotto il re
Luigi XVI, il conte d’Angiviller, direttore generale degli edi ci reali, aveva avuto l’incarico di seguire
l’impresa e si mosse innanzi tutto acquisendo opere che colmassero le «lacune» evidenti nelle raccolte reali e
poi incaricando illustri architetti af nchè la Grande Galeria fosse resa strutturalmente più accessibile al
pubblico. Nell’agosto del 1792 vi fu la caduta effettiva della monarchia francese e nove giorni dopo fu
emanato un decreto che trasformava in museo pubblico quello che era stato il palazzo reale. Ora tutti
potevano godere del patrimonio culturale no a quel momento goduto dai singoli poiché l’educazione e
l’istruzione sono concepite come un diritto senza distinzione alcuna.. Nel gennaio 1794, venne insediato il
direttivo del museo «il Conservatore» con l’obiettivo di promuovere azioni mirate a stringere sempre più
l’istituzione museale agli obiettivi politici della Rivoluzione. Vennero dunque rimosse opere considerate
inopportune a questo ne come quelle che inneggiavano alla regalità e qualche anno dopo, con
l’insediamento di un nuovo governo, il museo divenne il Musée Napoléon (1803). Il direttore nominato fu
Denon che ebbe l’incarico di direttore da Napoleone; in quel periodo arrivarono opere più pregiate del
mondo. Dopo la scon tta napoleonica, nel 1815, la gran parte tornarono ai loro legittimi proprietari. Nel
1827 il Louvre diventò il Musée Charles X le cui sale vennero decorate in maniera particolare richiamando le
opere esposte in ciascuna: famose saranno quelle egizie, curate da Jean-François Champollion. Poi si
costruirono, nel 1857, il Nuovo Louvre e i due edi ci simmetrici collegati a loro volta a nord da una serie di
edi ci che chiudono un quadrilatero. In tutti questi nuovi edi ci si poterono con grande agio dislocare tutte le
opere godendo di sale spaziose con un’illuminazione zenitale. Nel 1895 nacque la Réunion del Musées
Nationaux, inteso a nanziare i nuovi acquisti, mentre nel ‘97 fu fondata la Societè des Amis du Louvre,
sostenitori privati. Naturalmente un museo di questa portata non smette mai di crescere e, no ad oggi, il
Louvre ha intrapreso costanti campagne di acquisizioni per rendere sempre più completo e ricco il proprio
patrimonio.
SECONDO QUALI PRINCIPI OPERÒ LUIGI LANZI NELLA SISTEMAZIONE DEGLI UFFIZI?
Tra l'autunno del 1778 e la ne del 1779, Lanzi fu incaricato di redigere, in luogo del direttore, l'annuale
relazione programmatica delle attività generali della Galleria orentina, segno del crescente prestigio presso
il governo, culminato nella nomina a reale antiquario nel febbraio del 1790. Il granduca aveva dunque
af dato al Lanzi il progetto per un’impresa di straordinaria modernità: riordinare la collezione ed aprirla
perennemente al pubblico corredandola di un catalogo. Egli volle prima di tutto eliminare le armi e gli
oggetti naturali dal percorso museale, elementi che uscirono dagli Uf zi per trovare altre collocazioni, più
appropriate e speci che. In questo si richiamò al modello di classi cazione delle biblioteche e la
disposizione seguì criteri variabili e sperimentali istituendo legami storici, stilistici e territoriali fra le opere.
Tenendo in considerazioni fonti accreditate e studi aggiornati, Lanzi organizzò ad esempio un gabinetto
etrusco, riconoscendo la fortuna critica che certe indagini sul tema avevano avuto negli anni appena
precedenti e l’importanza che rivestivano nel contesto toscano. Sempre recependo i dibattiti contemporanei e
i confronti critici in corso, dedicò uno spazio speci co ai dipinti medievali registrando il passaggio dalla
mentalità antiquaria a una visione storicizzante della storia dell’arte che sarà poi determinante per la sua
Storia della pittura. La quadreria non era distinta dalle sculture ma c’erano dei raggruppamenti: le pitture
antiche (cioè i primitivi italiani) erano raccolte nel quarto gabinetto; gli autoritratti, in sequenza per scuole,
nell’ottavo e nono gabinetto; nel dodicesimo e tredicesimo le pitture amminghe. Nei restanti gabinetti
furono divisi il museo etrusco, i bronzi antichi dai bronzi moderni, le pietre dure, le stampe e i disegni.
L’organizzazione interna della Galleria degli uf zi si dava dunque in quegli anni una struttura quasi moderna
che sarebbe poi diventata un modello per tutta Europa. Anche i lucernari realizzati per illuminare le sale in
maniera il più possibile naturale ed ef cace furono presi ad esempio esattamente come la pratica di redigere
cartellini esplicativi e stilare saltuariamente ma costantemente inventari dei beni.
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IN COSA SI DIFFERENZIA LA FONDAZIONE DEL METROPOLITAN MUSEUM RISPETTO
ALLE DINAMICHE CHE HANNO DATO ORIGINE AI MUSEI EUROPEI
> Il Metropolitan nasce da un’idea ben precisa che si fa museo: l’arte eleva chiunque possa
accedervi. .Nel 1870 furono eletti un presidente e ventisette dirigenti del museo e subito dopo fu
riconosciuta l’istituzione del Metropolitan Museum of Art che poggiava su queste linee teoriche:
«Incoraggiare e sviluppare lo studio delle belle arti e la loro applicazione promuovendo la
divulgazione. Promuovere la divulgazione di tutte le forme d’arte e, a questo ne, fornire al
pubblico iniziative culturali e ricreative. La collezione doveva essere più o meno completa di opere
che illustrassero la storia dell’arte dalle origini sino al tempo presente».
Fu eletto John Pierpont Morgan, il grande magnate dell’acciaio, probabilmente l’uomo più ricco del mondo.
Egli adottò una gestione delle collezioni che mirasse a rendere, secondo un ordine storico, il percorso
dell’arte attraverso i secoli utilizzando solo capolavori di ciascun periodo provenienti da tutti i paesi. Per
mantenere questo altissimo rigore amministrativo, volto a formare una collezione di grande rilievo, incaricò
il critico e pittore inglese Roger Fry quale responsabile della pittura.
Dunque, se le opere del Louvre venivano selezionate da Denon, grazie all’escamotage di Napoleone, e
organizzato secondo la rigorosità e gli studi del suo direttore;
con il British Museum si assiste invece ad un allestimento, con opere “recuperate” più o meno con lo stesso
principio di quello francese, ma poi somigliante ad un accumulo disordinato di oggetti in cui il pensiero
dominante era il concetto della «catena dell’arte».
Con il Moma, invece, c’è l’idea di un gruppo di uomini più che benestanti, di un luogo in cui raccogliere
opere che raccontassero e testimoniassero la storia dell’arte lungo un percorso cronologico senza buchi.
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