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CITARE UN ESMPIO DI STUDIOLO E UNO DI CAMERINO

>Lo studiolo è inizialmente un luogo per la ri essione e la lettura, dopo verrà utilizzato per la
conservazione di strumenti utili allo studio e oggetti d’arte che lo rendono un piccolo museo privato. Lo
studio di Federico Da Montefeltro, ad esempio, è uno degli ambienti più celebri del Palazzo Ducale di
Urbino, poiché oltre che essere un capolavoro di per sé, è l'unico ambiente interno del palazzo ad essere
rimasto pressoché integro. Venne realizzato da artisti amminghi appositamente chiamati a corte dal Duca. Il
sof tto è a cassettoni dorati con le imprese ducali. I colori smaglianti e i continui rimandi tra architettura
reale e fantastica dovevano creare nello spettatore un effetto di grande meraviglia. Esso è caratterizzato
dunque da preziosi mosaici, intarsiature di decoro Gli artisti impiegati come il Botticelli realizzarono questi
mosaici e pitture con ventotto ritratti di loso , poeti e padri della chiesa. Sul nire del Quattrocento e
all’inizio del Cinquecento si assiste ad una trasformazione di usi e signi cati dello Studiolo. Si passa alla
volontà di condivisione e di esporre le proprie raccolte in uno spazio più vasto, potenzialmente capace di
accogliere un pubblico meno selezionato. Uno degli esempi più noti di Camerino è rappresentato da
quello di Isabella d’Este che, sposa ad un Gonzaga, allestì nel castello di San Giorgio uno nuclei
pittorici della storia rinascimentale. Fece realizzare uno spazio prestigioso in cui i quadri alle
pareti, secondo un disegno ben preciso, narrassero l’unione dei due casati, Este e Gonzaga,.Isabella
aspirò ad ottenere dipinti dei maggiori artisti italiani viventi contattò autori del calibro di Bellini e Leonardo
che tuttavia, per diverse traversie, non poterono accontentarla costringendola a rivolgersi a Perugino,
Mantegna, Lorenzo Costa e Correggio. Un altro esempio di camerino ovvero i precursori delle gallerie lo
abbiamo con palazzo Farnese. Esso è una piccola stanza al tempo ad uso personale al Cardinale Farnese
appunto ma non s sa se adibita a camera o a studio.

CITA QUALCHE ESEMPIO DI PIATTAFORMA DIGITALE O DATABASE UTILI AGLI STUDI DI


STORIA DELL'ARTE
Tra le principali piattaforme che conosciamo c’è la Biblioteca Hertziana di Roma. La piattaforma utilizzata
su cui vengono caricati i progetti digitali è ZUCCARO, un sistema informativo complesso in continuo
sviluppo dal 2003 e che si basa sul principio del cosiddetto semantic web.
Si tratta di una vera e propria l’evoluzione dell’attuale world wide web che permette, attraverso una serie di
collegamenti tra dati e metadati, di costruire una rete di informazioni attorno al dato immesso, immagini,
testi, contenuti audio, che ne permette la facilità dello scambio di comunicazioni tra uomo e macchina,
confronto e ricerca.
La Fondazione Memofonte è un centro di eccellenza per l’elaborazione informatica delle fonti storico
artistiche
La fondazione in Italia è nata a Firenze nel 2000 per mano di Paola Barocchi.
Nel contesto internazionale trova, invece, il suo polo di ricerca nel bacino scienti co e tecnologico del Getty
Research Institute. Insieme alla Digital Library che consente l’accesso alla maggior parte della bibliogra a
artistica digitalizzata proveniente dalle principali biblioteche del mondo, consente il libero accesso e
download dei documenti elettronici.
Risorsa indispensabile per gli studiosi è il Getty Provenance, il database che contiene milioni voci tratte da
fonti archivistiche nell’arco temporale tra metà 1550 e meta 1800, cataloghi d’asta, e registri di vendita
comprende elenchi di opere d’arte provenienti da raccolte private di Olanda, Italia, Spagna, e Francia.

CHI E' BUTADE E COME ENTRA NEI MITI FONDATIVI DELL’ARTE?


>Tra il XV e il XVIII secolo, gli artisti ebbero l’esigenza, così come le nobili famiglie regnanti, di
rintracciare delle radici nella mitologia per capire quali personaggi delle storie leggendarie tramandate dagli
antichi letterati potessero essere assunti al ruolo di ‘padri’ della loro disciplina. Plinio il Vecchio naturalista e
scrittore romano, scrisse un’opera monumentale ed enciclopedica in 37 volumi intitolata Naturalis historia
(la Storia Naturale) in cui vengono trattati argomenti di vario genere.
Oltre a parlare di sculture, Plinio raccontòdel mito di un vasaio, Butade di Sicione, che per primo inventò i
ritratti in argilla a seguito di una particolare necessità.
Sua glia era, infatti, innamorata di un giovane e poiché questi doveva partire tratteggiò su un muro una
linea dell’ombra del suo volto proiettata dalla luce; il padre allora ne impresse l’argilla riproducendo il volto
e, fatto seccare, poi lo mise in forno con gli altri vasi.
Così come Leon Battista Alberti aveva fatto riemergere la storia del vanitoso Narciso innalzando a padre
della pittura, Heinrich Fussli nel 1801 riportò alla luce la storia del vasaio Butade. Fussli in quel periodo
stava seguendo i primi tentativi di avvicinamento all’arte fotogra ca ed evidenziare il mito di Butade creò un
immediato richiamo all’arte della fotogra a. Tale narrazione poi si allargò al genere di ritratti noti come
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ritratti di silhouette ottenuti ritagliando la sagoma di un soggetto a partire dalla sua ombra proiettata. Così dal
XIX secolo le raf gurazioni della creazione di Butade iniziarono a moltiplicarsi assumendo questi il ruolo di
padre di tutte le arti.

CHI FU GIULIO MANCINI:


>Giulio Mancini era un medico, fu molto importante in quanto egli fu in grado di individuare
esattamente le scuole artistiche a sé contemporanee. Nato nel 1559 a Siena dove iniziò gli studi
presso i gesuiti per poi trasferirsi prima a Padova per gli studi di medicina e poi a Bologna giunse
a Roma nel 1952 per intraprendere la carriera di medico dove divenne successivamente il medico
personale di Urbano VIII.

Non era uno del settore artistic ma si de nì un amatore: Nel suo rivoluzionario pensiero infatti
elesse quale più idoneo teorico e critico non il pittore ma appunto “il dilettante pratico ed istruito”
che, profondo conoscitore, darà vita alla gura del moderno storico dell’arte e attuale curatore
museale.

Del Mancini si evidenziano l’acutezza con cui suggerì particolari metodi per allestire le collezioni o
conservare i quadri ma anche in merito a quanto importante e sagace fu per la classi cazione
storica della pittura seicentesca.

Egli individuò infatti quattro scuole che illustrò non attraverso le consuete biogra e ma con
sintetiche annotazioni: quella dei Carracci, quella di Caravaggio, quella del Cavalier d’Arpino e
una quarta a cui associò tutti quelli non catalogabili nelle precedenti classi.

Riconobbe dunque tre delle maggiori correnti a sé contemporanee. Negli ultimi tre gradi della sua
classi cazione inserì infatti i manieristi del suo tempo, come Barocci o il Passignano, al decimo
posto i pittori che sanno ben ritrarre il naturale, come i caravaggeschi, e in ne coloro che
uniscono il dipingere di maniera ma con l’esempio del naturale davanti come Caravaggio, i
Carracci e Guido Reni.

CHI FU FEDERICO BORROMEO


Federico Borromeo fu cugino del grande Carlo Borromeo, santo canonizzato nel 1610; fu cardinale a Roma
negli anni di Sisto V
egli era stato guidato dalla gura di Filippo Neri, suo maestro di spirito,
La sua predilezione per l’arte si manifestò ben presto e naturalmente a Roma trovò quali cati artisti capaci di
attirare le sue attenzioni
Nel 1593 divenne il primo cardinale Protettore dell’Accademia di San Luca fondata in quell’anno a Roma
dal pittore Federico Zuccari e da qui si stimolò in lui non solo un interesse estetico e collezionistico nei
confronti dell’arte ma anche un impegno concreto che fruttò poi successivamente in ambito milanese. Nella
città lombarda,Federico investì enormi somme di denaro per arricchire la sua variegata collezione composta
di libri, pitture, sculture antiche e disegni nell’ottica di rendere questo patrimonio quanto più possibile
«pubblico».
Nel 1607 fondò la Biblioteca Ambrosiana, inaugurata nel 1609, in cui il cardinale depositò tutta la sua
raccolta libraria. l’istituzione divenne pubblica, cioè aperta a chi volesse accedervi.
La Pinacoteca poi doveva essere perfettamente integrata con la Biblioteca ma anche risultare un organismo
di supporto, didattico naturalmente, all’Accademia del Disegno. Il connubio con la Biblioteca si rivelò
vincente, anche perché presso quest’ultima continuavano a crescere i disegni, le stampe ma anche
straordinari codici miniati. La fede e la cultura erano i due capisaldi del suo credo. Nel 1624 concluse il De
pictura sacra mentre l’anno successivo compose il Musaeum Bibliothecae Ambrosianae.

CHI FU HENRI FOCILLON


>Henri Focillon, docente di Archeologia e Storia dell’Arte Medievale alla Sorbona, era membro di
una delle sottocommissioni dell’OCI e principale responsabile di un centro internazionale dedicato
esclusivamente ai musei, l’OIM (O ce International des Musées La sua formazione in ambito
museale risale al 1913 quando a Lione venne incaricato di riorganizzare la raccolta del museo di
belle arti così che la nuova attività di piani cazione, unita all’insegnamento, gli permise di vedere il
museo e la sua collezione come luogo di confronto, quasi un laboratorio per lo studio
dell’evoluzione della società, che dovesse a ancare lo sviluppo della conoscenza anche di nuovi
attivi protagonisti.

secondo lo studioso esistevano due tipi di museo: quello dedicato agli artisti, che espone i
capolavori isolati e in ordine cronologico, e quello dedicato agli storici dell’arte, che enfatizza il
carattere documentario a discapito della qualità.

Entrambi i musei però, sbagliando, non tenevano conto del punto di vista del pubblico, delle
esigenze dello spettatore al quale un museo deve destinare il proprio messaggio e, anticipando il
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dibattito che si svilupperà sulle pagine della rivista “Mouseion”,Nei primissimi numeri la
preoccupazione maggiore di «Mouseion» sembrò essere la creazione di un centro di
documentazione internazionale, di una rete che permettesse di scambiare informazioni tra i vari
musei d’Europa comprese come il museo avrebbe dovuto svecchiare gli allestimenti, eliminare il
sovra ollamento a favore di una lettura più moderna e contestualizzata dell’opera.si parla di ruolo
sociale del museo SERVIRE E CONSERVARE

La rivista si fece quindi portavoce di un movimento internazionale, con la prima inchiesta sullo stato dei
musei datata 1929, dando un elenco delle principali riforme mosse in Europa e negli Stati Uniti.

CHI OPERA OGGI ALL'INTERNO DEI MUSEI


>L’Università ha un ruolo determinante: rivolgendo la ricerca sull’Educazione al Patrimonio,
partecipando a formare professionisti

i musei devono diventare «spazi di trasmissione culturale, di dialogo interculturale, di apprendimento, di


discussione e di formazione» e sono chiamati a svolgere un ruolo importante nell’educazione (formale,
informale e permanente) e a fornire un contributo importante alla coesione sociale e allo sviluppo sostenibile.
Il DM 113 del 21 febbraio 2018 ha indicato tra i requisiti minimi, necessari a tutti i musei per ottenere
l’accreditamento e l’inserimento nel Sistema museale nazionale, le seguenti gure: direttore del museo;
conservatore/responsabile delle collezioni; responsabile dei servizi educativi; responsabile di pubbliche
relazioni, marketing, fundraising e comunicazione; responsabile della sicurezza, responsabile delle procedure
amministrative ed economico- nanziarie.
un’azione sistemica d’insieme per lo sviluppo del bene culturale; un’ottica progettuale dunque dove sono
chiamati a partecipare differenti tipologie di settori: della gestione, della comunicazione, delle innovazioni
didattiche e tecnologiche... il tutto per favorire l’accesso a diversi cate tipologie di utenti.

CHI FU LUIGI LANZI?COME OPERO' NELLA SISTEMAZIONE DEGLI UFFIZI?


>Luigi Lanzi nasce nel 1732 erudito, prende i voti,vive nella casa nell'ordine di Roma, scrive LA
STORIA PITTORICA DELL'ITALIA 1792 da molta importanza al singolo pittore attenendosi alla
trattazione biogra ca del Vasari.
diventare la base di partenza per tutte le storie della pittura italiana successive, Prese i voti nel 1756 a Firenze
e vivendo gran parte della sua vita successiva presso la casa dell’Ordine di Roma. Qui egli entrò in contatto
con studiosi e collezionisti di grande rilievo aggiornandosi attentamente su quanto stava accadendo nel
settore museale e approfondendo la sua conoscenza di epigra a e numismatica. Quando si mise a ragionare
sulla storia della produzione pittorica d’Italia egli si atteggiò come fanno i botanici con le piante
classi cando i pittori come se fossero piante. Li raggruppò infatti secondo le scuole regionali ( orentina,
romana, senese, bolognese, ecc...), secondo il loro ruolo individuale (maestri e discepoli) e secondo i generi
per giungere ad individuare il merito di ciascuna scuola e di ciascun artista. Lanzi diede molta importanza
all’arte del singolo pittore attenendosi alla tradizione della trattazione biogra ca della storia dell’arte
(inaugurata da Vasari). Il centro della sua ri essione non fu il bello ideale o il grado di perfezione
raggiungibile dall’arte: per il Lanzi ciò che importava era l’Italia e la necessità di riportare la pittura italiana
sul primo scalino del podio.Bisognava dunque documentare la grandezza d’Italia sotto l’aspetto della pittura
e per farlo Lanzi si pose nei confronti della materia cercando di selezionarla, organizzarla, catalogarla con un
approccio erudito abbandonando l’atteggiamento critico

CHI FU SIR HANS SLOANE?RACCONTARE LA NASCITA DEL BRITISH MUSEUM

Il British Museum espresse attraverso i suoi curatori in ambito museale un bagaglio decisamente
darwinista dispiegando una mentalità lontana dalla sensibilità dello storico dell’arte trattando i
pezzi piuttosto come fa un tassonomista (tassonomia: disciplina della classi cazione che si
applica a diversi ambiti disciplinari ma soprattutto scienti ci come la botanica o l’anatomia). Nel
1753 il testamento di Sir Hans Sloane, presidente della Royal Society, medico personale di
Giorgio II, appassionato naturalista e collezionista, consacrava il lascito di oltre 71 mila oggetti
(disegni, manoscritti, reperti, medaglie, stampe,...) al re in o erta alla nazione sei anni dopo il
museo aprì nalmente al pubblico nella Montagu House restaurata cinquant’anni prima da un
architetto francese, Pierre Puget, e divenuta un edi cio straordinario. L’atto di nascita sanciva la
destinazione pubblica della raccolta «per tutta la posterità» garantendo l’accesso libero a tutti gli
studiosi e alle persone curiose. Fin dal principio il suo allestimento lo fece assomigliare ad una
Wunderkammer ossia un accumulo disordinato e casuale di oggetti in cui il pensiero dominante
era il concetto della «catena dell’arte».

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La mania ossessiva dei curatori per la cronologia non riservava dunque alcuna considerazione per
l’osservatore che non fosse uno specialista: non sembrava essere contemplata la possibilità di
accogliere un visitatore non istruito al pari dei curatori stessi Fu così che nel 1914 si inaugurarono
due nuove sale, quella cinese e quella indiana, e, ormai alle soglie del Novecento, anche quella
africana, oceanica, e sudamericana espressioni di una politica colonialista sempre più intensa e
produttiva.

COME SI COLLEGANO NATURA INTELLETTO E SENTIMENTO NELLA CULTURA DEL 600


EUROPEO
Il collegamento fra natura, intelletto e sentimento passa attraverso tre importanti pensatori che proposero il
problema dell’arte con idee completamente diverse ma che illustrano in toto la varietà culturale ed
intellettuale del Settecento europeo.
Dal punto di vista loso co è necessario prendere le mosse da Locke, il losofo tedesco che per primo,
nell’età dell’Illuminismo, rivalutò le sensazioni e l’immaginazione. Egli si concentrò sulla ri essione sulle
sensazioni per cui, chi si occupa di arte,
Dubos, vicino al Locke, afferma che la pittura debba in primo luogo «toccare» e quindi è il sentimento a
dover insegnare e stabilire se un’opera sia o meno una buona opera sulla base del linguaggio del sentimento
e non più le dissertazioni intellettuali della critica.
Denis Diderot parlando, nei suoi scritti, del motore del sentimento, la “passion”. L’arte come sentimento fa
parte dunque di una nuova concezione della realtà fondata sulle passioni alle quali si attribuiva un valore
primario negando il valore delle regole.
si sviluppò un ampio campo del pensiero che si interrogò sui concetti di gusto, di genio, di pittoresco, di
piacere artistico, dell’immaginazione.
Le idee più chiare le ebbero gli inglesi che seppero esprimere al meglio i concetti che ruotavano attorno al
tema dell’immaginazione e vi legarono strettamente quello di “pittoresco”, a sua volta dipendente dal
concetto di “sublime”. teorizzato da Burke nel 1756 distinguendo il Bello, piacevole, grati cante, gentile,
tenero da ciò che attrae ma in maniera più torbida, inquietante, dif cile, paurosa, in nita.
Price aggiunse a questi, nel 1974, la categoria del “Pittoresco” che, come afferma Venturi, si caratterizza per
“rudezza, irregolarità, per il continuo mutare delle forme, colori, di luci e di suoni’’

COME SI RAPPORTARONO GLI INGLESI ALLE PRESE CON I LORO PRIMI MUSEI BRITISH
MUSEUM PER PRIMO NEI CONFRONTI DEL GRANDE MODELLO DEL LOUVRE DA POCO
ISTITUITO?
>l’Inghilterra aveva disperatamente bisogno di rispondere alle esigenze di una classe nobiliare
borghese, che rappresentava un’ élite culturale in crescita nel solco delle Rivoluzione industriale.
Era dunque necessario epurare il modello francese da ogni implicazione politica
I Musei si fecero portatori di rivendicazioni culturali soprattutto storiche: grazie alla conservazione
delle vestigia del passato Dopo quanto appreso nora sulla storia dei musei europei È facile
capire come pian piano sia I politici che I curatori abbiano cominciato A concepire il MUSEO con
una duplice valenza: luogo idoneo all’istituzione di massa E simbolo della gloria nazionale.

COME SI COMPORTANO GLI ARTISTI DEL POST MODERNO NEI CONFRONTI DELLE
ISTITUZIONI MUSEALI
>Nell’epoca del post moderno, numerosi musei hanno elaborato una propria risposta a particolari condizioni
culturali, nazionali, politiche ed economiche. I musei sono quindi divenuti essenzialmente democratici e
l’ «apertura» è avvenuta in tutte le possibili direzioni: verso nuove categorie di pubblico; verso una certa arte
e gli artisti e verso alcuni curatori, che non avevano trovato posto nel sistema monodirezionale del museo del
passato. Anche il rapporto con le opere d’arte cambia: Al posto dell’espressionismo astratto che concepiva il
museo come un’ambita torre d’avorio, l’arte giunse ad abbracciare la cultura popolare, i materiali della vita
quotidiana. L’artista ora è un uomo che vive e opera, con la giusta autorevolezza, nel mondo di tutti i giorni
in mezzo alle persone,
Ora spesso le cornici spariscono, le opere non sono più quadri e non sono nemmeno più sculture.

COME SI RACCONTA OGGI IL MUSEO


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>La nuova dinamica che attraversa il concetto di museo è quella del racconto. Il contenitore, luogo della
memoria collettiva, è scosso dall’esigenza di esprimersi. Perché il tesoro in esso custodito o che rappresenta
rischia di perdersi nell’oblio inteso non come dimenticanza, ma come consuetudine, abitudine e ovvietà. La
ri essione di Nuccio Ordine (Professore e losofo che si è occupato a lungo di questi temi) introduce quella
visione olistica in materia di beni culturali che descrive il ruolo della nuova ‘Commissione regionale per i
beni culturali’ un organismo collegiale che “coordina, armonizza l’attività di tutela e di valorizzazione nel
territorio regionale, favorisce l’integrazione inter-multidisciplinare tra i diversi istituti, garantisce una visione
olistica del patrimonio culturale e paesaggistico, svolge un’azione di monitoraggio, valutazione e auto
valutazione. I musei hanno dunque il compito di diventare luoghi vitali, inclusivi, di scambio e soprattutto di
riappropriazione culturale.
La corretta comunicazione del bene culturale in coerenza con un piano di insegnamento che agisca su
differenti forme di apprendimento (continuo, formale, non-formale e informale) attua poi il processo di
riconoscibilità, assimilazione e identi cazione con il bene culturale, permettendo una rinnovata aderenza con
la propria memoria storica.
il “Piano nazionale per l’educazione al patrimonio culturale 2015” pone l’accento, innanzitutto,
sull’importanza del rapporto tra i musei, le scuole primarie e secondarie e le istituzioni locali per la
progettazione di attività educative rivolte a un pubblico ampio e costituito, in primo luogo, dai
cittadini. Questo esempio è un pretesto per insistere sull’importanza che i musei assumano parte
attiva nel processo di apprendimento e siano essi stessi non solo l’involucro ma anche il tramite
delle proprie storie.

COSA SONO I SALONS E IN QUALE CONTESTO NASCONO


>I salons sono delle esposizioni periodiche di pittura e scultura organizzate periodicamente
d'accademia reale di Francia dal 1667,Denise Diderot durante l'illuminismo con gli appunti e le
lettere sui salons apre le porte alla critica di attualita' e all'arte impegnata.

come Diderot anche il poeta Charles Baudelaire si interessò dei salons dei quali ci fornisce dettagliati ed
estetizzanti resoconti, ma anche della gura emblematica del pittore della sua epoca, nell’opera del 1863 “Il
pittore della vita moderna”, dove la gura dell’artista moderno viene descritto da Baudelaire in qualità di
critico e poeta, che esercita uno sguardo libero, contraddittorio e paradossale nei confronti del mondo della
modernità. Secondo questi incarnava appieno la gura di tale pittore così descritta Costantin Guys.
Inoltre l’attività del critico d’arte non doveva essere così diversa dalla appassionata attività politica:
caratterizzata da una buona dose di parzialità e da un punto di vista esclusivo e, allo stesso tempo, capace di
aprire vasti orizzonti.

COSA SCRISSE CESARE RIPA ARGOMENTA


>Cesare Ripa scrive L'ICONOLOGIA nel 1593 IL PIU' COMPLETO REPERTORIO DI IMMAGINI
ALLEGORICHE a cui attinsero piene generazioni di artisti e di poeti per spiegare «le imagini fatte
per signi care una diversa cosa da quella che si vede con l’occhio» con l’intenzione di farlo
diventare uno strumento utile «ai dipintori, ovvero a quelli che per mezzo di colori o d’altra cosa
visibile possono rappresentare qualche cosa di erente da essa»

L’arte barocca infatti aveva puntato molto sul coinvolgimento dello spettatore. Chi osservava un’opera
barocca non poteva non esserne coinvolto dal punto di vista emotivo, espressivo, sensoriale:forme
avvolgenti, colori ammalianti, estrema verisimiglianza, illusioni ottiche.
Anche la Chiesa, prima rigida inquisitrice, assunse un atteggiamento più morbido incoraggiando e favorendo
l’attività originale
Il perugino Ripa arrivò a redigere la sua Iconologia con l’intento di spiegare «le imagini fatte per signi care
una diversa cosa da quella che si vede con l’occhio», con l’intenzione di farlo diventare uno strumento utile
«ai dipintori,
Nel 1603, la seconda edizione, quella romana, venne corredata anche da xilogra e su disegni in gran parte
realizzati dal Cavalier d’Arpino per meglio esplicare il rapporto fra parole ed immagini poi utilizzate da
Pomarancio, Palma, Bernini, Rubens, Albani, Vermeer nelle loro opere. Si trattava d’altra parte di attribuire
forma visiva e concreta ad un vasto repertorio di categorie del pensiero loso co, etico, retorico e teoretico
della tradizione classica e rinascimentale rielaborandole e trasmettendole visivamente nel contesto
seicentesco. E’ per questo che Ripa entra dunque a pieno titolo nel novero dei trattatisti.

COSA SI INTENDE PER PITTORESCO E SUBLIME


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>Nel Settecento, si diffonde l’idea che non sono più le scienze intellettuali preposte a giudicare l’arte ma la
sfera che fa capo alla sensibilità, all’immaginazione e al gusto. L’arte viene intesa come sentimento e inizia
una nuova concezione della realtà fondata sulle passioni alle quali si attribuiva un valore primario ed
essenziale distruggendo l’assolutismo della ragione e negando il valore delle regole. E’ con queste premesse
che si sviluppò un ampio campo del pensiero che si interrogò sui concetti di gusto, di genio, di pittoresco, di
piacere artistico, dell’immaginazione. Nel contesto europeo, le idee più chiare le ebbero gli inglesi che
seppero esprimere al meglio i concetti che ruotavano attorno al tema dell’immaginazione e vi legarono
strettamente quello di “pittoresco”, a sua volta dipendente dal concetto di “sublime”. Quest’ultimo era stato
teorizzato da Burke nel 1756 distinguendo il Bello, piacevole, grati cante, gentile,
Price aggiunse a questi, nel 1974, la categoria del “Pittoresco” che, come afferma Venturi, si caratterizza per
“rudezza, irregolarità, per il continuo mutare delle forme, colori, di luci e di suoni”. Si trattava di una
proiezione nella natura di quel valore pittorico che la pittura aveva assunto da quando aveva rinunziato al
gareggiare con la scultura per ottenerne valori plastici.
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COSA SI INTENDE PER FIDECOMMESSO


>In Italia per preservare il comparto originale della raccolta era stato introdotto n dal Seicento il
decommesso,
ossia un vincolo notarile attraverso il quale si sanciva l’obbligo di mantenere e tramandare intatto il
patrimonio di generazione in generazione, secondo la linea successoria stabilita di volta in volta dagli eredi, i
quali non potevano smembrare o vendere. Questo strumento si rivelò di fondamentale importanza perché
permise la sopravvivenza di molte collezioni ancora attualmente apprezzabili nella loro totalità, anche se
durante la Rivoluzione Francese il decommesso venne abolito dal Codice Napoleonico quale limitazione
illegittima del diritto di proprietà venendo poi irrevocabilmente soppresso nel 1865, art. 899. Sono noti ed
eclatanti alcuni casi in cui questa restrizione venne aggirata, soprattutto durante il periodo del Grand Tour,
permettendo il commercio di antichità a favore di illustri aristocratici stranieri.

COSA HANNO IN COMUNE LA PINACOTECA DI BRERA L'ACCADEMIA DI BOLOGNA E LA


GALLERIA D'ARTE A VENEZIA
In Italia la Pinacoteca di Brera è senza dubbio uno dei musei che più risente dell’operato di Napoleone:
inaugurato nel 1809 la sua istituzione nacque sulla base della precedente istituzione austriaca, cui aveva dato
vita l’imperatrice Maria Teresa quando trasformò il Palazzo di Brera in un moderno complesso di istituti per
rispondere ad una serie di esigenze economico giuridiche, letterarie, scienti che e artistiche. Carlo Bianconi,
alla guida dell’Accademia dal 1778, le diede un’impostazione prevalentemente didattica, dotandola di
strumenti d’insegnamento come disegni architettonici, incisioni e calchi di sculture antiche e moderne.. Con
Andrea Appiani conservatore del museo (1807) invece in breve tempo si formò una delle maggiori quadrerie
d’Italia.
anche Bologna istituì una propria Accademia Nazionale nel 1802: trasferita nell’ex novizia di Sant’Ignazio,
venne incrementata dalle spoliazioni ecclesiastiche;
allo stesso modo a Venezia, le Gallerie dell’Accademia nacquero con la stessa modalità. Le direttive di
Edwards, nominato nel 1771 direttore del restauro, prevedevano il rispetto della materia di origine, la
documentazione del processo utilizzato e l’inserimento di prodotti che rendessero reversibile il processo.
Questi tre musei napoleonici, Brera, Bologna e Venezia, si somigliano per le modalità di acquisizione delle
opere, oltre che per la comune condivisione del concetto di “collezionismo di stato” su cui si basano,
differente da quello autoritario e aristocratico rimarcato nel secolo precedente

COSA SONO LE REQUISIZIONI NAPOLEONICHE


>Napoleone nel tentativo di rendere legittime le sue razzie, incluse le requisizioni di opere d’arte
nei trattati di pace, imponendo la cessione dei manufatti artistici come parte Lo stato francese per
principio diveniva proprietario dei beni requisiti e, riportando in Francia i capolavori razziati, li
restituiva alla patria delle libertà garantendone una migliore conservazione.

A questo scopo venne rmato il trattato di Tolentino del 1797 dopo uno dei più gravi saccheggi ai
danni di Emilia, Umbria e Marche che frutto’ al Louvre uno dei nuclei più consistenti della sua
collezione. Lo stesso accadde con il trattato di Campoformio quando Venezia venne ceduta
all’Austria e le armate di Napoleone presero fra l’altro opere di Tiziano, Tintoretto e Veronese. Ma
fu Roma a pagare il prezzo più alto quando, nel 1798, Papa Paolo VI venne imprigionato in
Francia; fra le opere prese il Laocoonte, L’Apollo del belvedere, il Nilo e i capolavori donati da
Sisto IV come la Venere pudica e il discobolo. La ricostruzione storica degli eventi si conclude con
la restituzione della maggior parte delle opere d’arte agli stati di origine. Fra il 1814 (in minima
parte) ed il 1815 il Museo Napoléon venne smantellato

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COSA SI INTENDE PER COLLEZIONISMO DI STATO
>Con tale termine si intende quel principio secondo il quale le opere restituite da Napoleone in Italia non
furono ridistribuite ai singoli proprietari ma fatte con uire tutti a Roma. La Pinacoteca Vaticana, ad esempio,
nacque per riunire le opere disseminate nei palazzi vaticani: dal primo nucleo della quadreria no a quelle
razziate, e successivamente restituite, dopo la con sca napoleonica. Per attuare la ridistribuzione delle opere
sottratte dal francese, venne infatti utilizzato tale sistema del “collezionismo di Stato” , dunque i beni non
vennero riconsegnati ai loro luoghi originali ma vennero trattenuti a Roma e inseriti nel complesso della
Pinacoteca che vide luce nella sua sede de nitiva solo nel 1832, nel palazzo costruito da Luca Beltrami.

COSA SONO I CLOISTER THE MET CLOISTER


>Il the Met Cloisters è stato inaugurato, come sede staccata del Metropolitan, nel 1938. Si tratta dell’unico
museo americano dedicato solo all’arte e all’architettura medievale. Il complesso si trova a nord di
Manhattan e prende il nome dai resti di cinque chiostri medievali integrati nella struttura moderna
dell’edi cio. Nel 1909 William Valentiner divenne il primo curatore della sezione arti decorative del museo,
Nel 1927 si seguì questa idea pensando di trasportare delle strutture originali di chiese e monasteri ma non di
esporle come pezzi a sé ma nella loro completezza; queste strutture ospitarono le collezioni medievali del
museo,
I chiostri del museo fungono da corridoi per accedere alle gallerie e permettono al visitatore di sostare e di
rilassarsi. Ciò fu possibile grazie al magnate Rockfeller J. che ne offrì i nanziamenti utili al Met per
acquisire l’intera collezione che era stata assemblata dallo scultore appassionato di arte medievale George
Grey Bernard in un suo museo che aveva chiamato Cloisters. Rockfeller, appassionato di arte medievale,
donò al Metropolitan la serie di arazzi che raf gurano la caccia all’unicorno. Il progetto de nitivo dei
cloisters si deve all’architetto Charles Collens e al conservatore James Rorimer che nel 1954 divenne il
direttore.
Inoltre, il museo è famoso per tre giardini all’interno dei chiostri, cornice ideale per la collezione di arte
medievale e resi unici dall’atmosfera tipica di quell’epoca.

COSA SI INTENDE PET TABLEAU VIVANT


>Un ulteriore fattore di contatto tra pittura e cinema è rappresentato dai tableaux vivants. Questi
sono dei veri e propri quadri viventi, dove una o più persone vestite come nelle opere pittoriche
vere, ripropongono quella scena, ma con uomini e donne in carne ed ossa. Per tutta la durata
dell’evento scenico, i personaggi non parlano e non si muovono. L'approccio è quello tipico delle
forme d'arte del palcoscenico ma applicato alla pittura o alla fotogra a.
Il più recente periodo di massimo splendore del tableau vivant è stato il XIX secolo. Presupposto comune a
tutti i tableau vivant è che a fungere da modello sia l’arte, non la vita. E forse proprio per questo suo status di
arte nata dall’arte, contaminata, per giunta, da generi e sottogeneri popolari, quella dei “quadri viventi” è
stata spesso ritenuta una pratica secondaria nel novero delle arti visive. Essa però ha saputo sopravvivere
assecondando il mutare dei tempi
il tableau vivant si intreccia anche con le sperimentazioni fotogra che e lmiche.

COSA SI INTENDE PER DIGITAL HUMANITIES?


>L’Informatica Umanistica o Digital Humanities è un campo di studi che nasce dall’integrazione di
procedure computazionali e sistemi multimediali nelle discipline umanistiche, relativamente in particolare
alla rappresentazione dei dati, alla formalizzazione delle fasi di ricerca e alle tecniche di diffusione dei
risultati.
Le Digital Humanities permettono, attraverso l’uso dei sistemi informatici e grazie alla sua accessibilità,
dunque, di ampliare la conoscenza delle materie citate grazie alla loro messa in condivisione all’interno di
una rete di relazioni che le rende accessibili a un vasto numero di utenti e altresì disponibili a un confronto
interdisciplinare. Si tratta di una disciplina che abbraccia tutti i soggetti di ricerca modi candone la
metodologia di studio e stimolandone nuove interpretazioni. La prima risorsa è senza dubbio quella che
rientra nell’insieme dei cataloghi digitali delle biblioteche digitali. Tra le principali da segnalare per la storia
dell’arte, la Biblioteca Hertziana di Roma, http://www.biblhertz.it/it/biblioteca/. La piattaforma su cui
vengono caricati i progetti digitali è ZUCCARO, un sistema informativo complesso in continuo permette,
attraverso una serie di collegamenti tra dati e metadati, di costruire una rete di informazioni attorno al dato
immesso, immagini, testi, contenuti audio, che ne aumentano l’esattezza e ne speci cano il contesto
semantico, incrementando, nel facilitare lo scambio di comunicazioni tra uomo e macchina, le possibilità di
interrogazione, confronto e ricerca.
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DEFINIRE IL CONCETTO DI MUSEO VIRTUALE :
>Assieme alla pinacoteca e alla mostra il museo virtuale fa parte delle cosiddette “categorie espositive”. Si
tratta cioè di una tipologia di museo, ma innovativa ed in continua crescita. Un'esposizione digitale che
condivide con il museo tradizionale l’accessibilità al pubblico per la fruizione del bene culturale con scopi
educativi: in primis migliorare e aumentare l'esperienza museale attraverso forme di interazione ed
arricchimento dei contenuti e attraverso le moderne tecnologie multimediali. I musei virtuali stanno
acquisendo sempre più il ruolo di riferimento digitale di un museo sico, mantenendo l'autorevolezza,
l’istituzionalità, l’accessibilità e l’accoglienza verso gli studiosi per lo studio delle collezioni tipiche
dell’istituzione reale. può essere interamente digitale o basato sull’interazione tra manufatti reali e digitali e
può essere distribuito attraverso un sistema locale, su strumenti portatili o su web.
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DEFINIRE IL GENERE DEL RITRATTO


>Il ritratto è in generale ogni rappresentazione di una persona secondo le sue reali fattezze e sembianze; si
riferisce a un'opera artistica realizzata nell'ambito della pittura, della scultura, del disegno, della fotogra a,
ecc... . Anticamente il ritratto era riservato ai grandi personaggi, sovrani, imperatori, ricchi esponenti
dell'aristocrazia. Venivano realizzati busti e mezzi busti in marmo, che raf guravano la sionomia della
persona con gran cura dei dettagli e realismo;
I ritratti non sono mai stati solo semplici rappresentazioni della sionomia, ma vanno oltre la
documentazione e mostrano sempre uno sguardo interpretativo dell'artista sul soggetto.
Il ritratto nell'accezione moderna nacque nel Quattrocento, quando nell'arte fu riscoperta la centralità
dell'uomo. Se no ad allora i ritratti erano prerogativa della nobiltà, con l'Umanesimo si diffusero anche tra
la nuova borghesia e diventarono uno status symbol,
In seguito la pittura amminga introdusse una nuova postura del personaggio raf gurato: si passò così dalla
descrizione di pro lo alla posa a tre quarti. Tale posizione permetteva una più minuta analisi sica e
psicologica del personaggio. Le in uenze amminghe si sentirono anche in Italia: i pittori si concentrarono
sui tratti somatici e peculiari dei loro soggetti, ripresi con gran cura dei dettagli, e sulla rappresentazione di
abiti e acconciature, che ci raccontavano la storia del personaggio, le mode e le usanze dell'epoca. Iniziarono
ad essere ritratte anche le donne. All'inizio del Cinquecento le trasformazioni accelerarono, grazie alle
ricerche di artisti come Leonardo, Raffaello, Giorgione, Tiziano,

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DELINEARE LA FORMAZIONE DI BENEDETTO VARCHI
Benedetto Varchi è una gura importante per quanto riguarda lo studio della Storia della Critica d’arte,
poiché rappresenta il prototipo di quella gura che nel Settecento verrà de nita erudito: egli fece parte
dell'Accademia neoplatonica orentina, occupandosi di linguistica, di critica letteraria, di estetica, di
loso a, di alchimia e di botanica. Nato a Firenze nel 1503 da una famiglia di Montevarchi, studiò
giurisprudenza ma poi si dedicò anche allo studio delle lettere. Il suo impegno letterario andò di pari passo
con l’impegno politico: partecipò a varie imprese, fu arrestato e condannato per atti turpi, dai quali venne
prosciolto con l’aiuto del duca Cosimo e per intercessione di Pietro Bembo, prelato che canonizzò l’utilizzo
della lingua italiana in ambito letterario con le Prose della volgar lingua. La sua amicizia con quest’ultimo
personaggio ci riconduce anche ad un’altra delle tematiche affrontate nella sua produzione ed attività
letteraria, la nascita e la de nizione di una lingua comune italiana, parteggiando per la orentinità
dell’italiano e dell’importanza dell’uso di tale parlato nella costituzione del nuovo idioma. Egli ebbe l’idea di
comporre una Storia Fiorentina, che comprendesse il racconto delle vicende politiche e sociali della città tra
il 1527 e il 1530.
Fu, inoltre, grande esperto di Dante. Probabilmente fu proprio lo studio della Commedia dantesca, in cui
alcuni studiosi vogliono vedere il moderno principio del dibattito sul Paragone, ad ispirargli un’indagine
denominata Lezzione della maggioranza delle arti, scritta nel 1546 e pubblicata tre anni dopo. Essa si
presenta come una sorta di “lettera aperta”, inviata a tutti gli artisti più importanti della sua epoca, nonché di
sua personale conoscenza, che vengono incitati dall’intellettuale aretino, a seguito di una serie di ri essioni e
citazioni di testi poetici riguardanti l’argomento, a fornire la sua opinione sulla fondamentale importanza e
nobiltà di una delle arti.
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DELINEARE IL RUOLO DEL DISEGNO NELL'ARTE RINASCIMENTALE

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>Nella celeberrima diatriba rinascimentale tra l’arte pittorica e quella architettonica un ruolo fondamentale è
ricoperto dal disegno. Questo era il mezzo attraverso cui avveniva lo studio dell’opera da realizzare e la
copia delle antichità e della natura in tutti suoi aspetti. L’attività gra ca è la prima produzione artistica con
cui gli artisti si accostavano una volta entrati in bottega, quindi la naturale base da cui iniziare tutti i loro
lavori, siano essi di pittura, di scultura o di architettura.
Fin dai tempi di Cennino Cennini, pittore giottesco attivo afferma l’importanza dell’attività gra ca che è
principio dell’elaborazione artistica
Comunemente si possono riconoscere tre livelli di disegno legati alla progettazione di un’opera: il pensiero
iniziale, quindi un’idea di quello che l’opera dovrà essere una volta terminata, lo studio dei particolari,
dunque dei dettagli anatomici, del vestiario o delle sculture architettoniche, e l’opera de nitiva.

DELINEARE BREVEMENTE IL PERSONAGGIO DI VINCENZO GIUSTINIANI


>Vincenzo Giustiniani 1564 di provenienza genovese, appartenete al ceto dei ricchissimi
mercanti,egli e' un uomo addentro alla materia ha avuto esperienze nella pittura ma non puo'
de nirsi un addetto ai lavori egli scrive LA LETTERA SULLA PITTURA.

I Giustiniani a Roma si stabilirono in un palazzo di fronte alla chiesa di San Luigi dei Francesi
(palazzo Giustiniani, oggi sede della Presidenza del Senato), e Giuseppe qui intraprese la carriera
di banchiere: grazie ai suoi stretti rapporti con la Chiesa divenne uno dei più ricchi e potenti
uomini di Roma. Vincenzo seguì le orme del padre, morto nel 1600. Entrambi i fratelli furono
grandi mecenati, e importanti collezionisti d'arte, tra i maggiori del XVII secolo. La fama di
Vincenzo è legata anche al fatto che fu tra gli scopritori di Caravaggio. Infatti, oltre ad essere
vicino di residenza romana, fu amico intimo del Cardinal Del Monte, il più importante committente
di Caravaggio: la sua amicizia con il pittore si strinse dopo che il nobil’uomo acquistò il dipinto
San Matteo e l'Angelo, prima versione della pala d'altare per la cappella Contarelli in San Luigi dei
Francesi a Roma, ri utata dalla Chiesa per motivi di decoro (opera perduta nell'incendio di Berlino
del 1945). Alla morte di Vincenzo (Benedetto morì nel 1621), la Collezione Giustiniani contava più
di 300 dipinti, di cui 15 erano di Caravaggio, e ben 1200 sculture,

“La Lettera sulla Pittura”; si tratta di una ri essione che Vincenzo scrive al proprio grande amico
olandese avvocato Dirk van Ameyden al quale, con la pretestuosa intenzione di giusti care la
critica mossa ad un artista ammingo, di cui non fornisce il nome, propone la trattazione di un
tema così complesso come la categorizzazione della pittura. Ne emerge una suddivisione in
dodici categorie e in cui ne illustra con grande chiarezza una certa idea del fare artistico, del ruolo
dell’artista e della sua autonomia, nonché del rapporto che si instaura fra arte, collezionismo e
mercato (I. Balgrida).

DELINEARE LA GENESI DELLE GALLERIE


>La galleria si con gura come uno spazio mentale che ri ette, intorno alla metà del Cinquecento, le
trasformazioni della cultura occidentale nel passaggio dall’introspezione umanistica all’esposizione e alla
“dimostrazione” tardo- rinascimentale; a quell’epoca infatti nei palazzi romani cominciò a comparire quella
sala lunga e stretta, “dove si va per passeggiare e si tengono le cose di pregio”, come la de nirà alla ne del
Seicento il Vocabolario della Crusca. Gli studiosi non sono concordi sull’individuazione della sua origine:
Prinz la riconosce nelle gallerie dei palazzi francesi di primo Cinquecento, mentre secondo i teorici
rinascimentali lo stesso nome di galleria derivava da Gallia, cioè dalla Francia ed effettivamente in palazzo
Spada a Roma, uno degli esempi più precoci, venne adottata nel 1555 dal primo proprietario, Girolamo
Capodiferro, reduce da un lungo soggiorno in Francia. Lo studioso von Schlosser ritiene invece che si tratti
di uno spazio architettonico tutto italiano. Generalmente riconosciuta è comunque la sua origine quale
corridoio di passaggio, originato dalla chiusura delle logge, sale affacciate sui giardini comunemente usate
negli edi ci italiani del primo Rinascimento mantenendo una caratteristica che era propria degli studioli
umanistici ossia il contatto con la natura funzionale alla ricreazione dello spirito. In confronto allo studiolo,
la galleria, dalla ne del XVI secolo, è espressamente destinata a contenere ed esibire, non solo le sculture
come Vitruvio suggeriva, ma tutte le opere d’arte più signi cative del palazzo, ed era aperta a familiari, ospiti
e selezionati visitatori. Da corridoio di esigue dimensioni, soprattutto in area francese, divenne velocemente
un vano assai vasto. Inoltre, i collezionisti italiani, sul nire del XVII secolo avvertirono l’esigenza di
disporre di un luogo con funzione espositiva e la “galleria” fornì loro una adeguata risposta. In merito al loro
sviluppo in Francia, va sottolineato che la struttura ambientale dei castelli francesi era basata su una
progressiva disposizione delle stanze in la, una conseguente all’altra, e ciò avrebbe infatti dato vita, una
volta eliminata ogni suddivisione, ad uno spazio assai vasto ed allungato. Uno dei più emblematici esempi è
quella realizzata da Francesco I nel castello di Fontainebleau poco lontano da Parigi. Sull’esempio di
Fontainebleau, alla metà del Cinquecento, cominciano ad apprezzarsi anche in Italia le prime gallerie che
traggono dalle francesi sia la tipologia architettonica che la funzione di raccolta ed esposizione di oggetti.
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DESCRIVERE BREVEMENTE L'ATTUALE STRUTTURA DEI MUSEI VATICANI
L’attuale raccolta dei Musei Vaticani, fondata nel XVI secolo intorno ai cortili della residenza papale, è una
delle raccolte di opere d’arte più grandi del mondo, poiché espone l'enorme collezione di oggetti
commissionati ed accumulati nei secoli dai vari Ponte ci. La totalità dei Musei Vaticani è suddivisa in due
istituzioni, i Musei e i Palazzi. In essi sono compresi: la Pinacoteca vaticana, 16 sale che espongono opere
pittoriche appartenenti all’arco temporale XII-XIX secolo come i dipinti di Giotto, Leonardo, Raffaello,
Tiziano e Caravaggio; la Collezione d'Arte Religiosa Moderna, con circa 800 opere di quasi 250 artisti
operanti tra Ottocento e Novecento, tra i quali ricordiamo Rodin, Van Gogh, De Chirico e Bacon; il Museo
Pio-Clementino, fondato nel 1711 nelle sue 12 sale contiene antiche sculture greche e romane; il Museo
missionario-etnologico, fondato nel 1926 accoglie opere, provenienti da tutte le parti del mondo; il Museo
gregoriano egizio, nelle cui 9 sale vi è un cospicuo numero di reperti dell'antico Egitto; il Museo gregoriano
etrusco, otto gallerie con importanti reperti di epoca etrusca, provenienti direttamente dagli scavi
archeologici; il Museo Pio Cristiano con sarcofagi ed epigra appartenenti alla più antica età della civiltà
cristiana; il Museo Gregoriano Profano che ospita al suo interno tutti i reperti archeologici ritrovati entro i
territori dello Stato Ponti cio; il Padiglione delle Carrozze che conserva alcuni dei veicoli protagonisti dei
viaggi dei ponte ci del passato; il Museo Filatelico e Numismatico, nato nel 2007 conserva tutti i
francobolli, le monete e le medaglie prodotti dallo Stato Città del Vaticano; i Musei della biblioteca
Apostolica Vaticana, con la raccolta di manufatti non pittorici facenti parte delle raccolte papali; il Museo
Chiaramonti, fondato da Papa Chiaramonti, è composto da un'ampia galleria dove si trovano sculture,
sarcofagi e fregi. Il Braccio Nuovo, costruito da Raphael Stern, ospita sculture come l'Augusto di Prima
Porta, importante ritratto a gura intera del primo imperatore romano, mentre la Galeria lapidaria contiene
più di 3000 epigra ed è la più grande collezione del mondo di questo tipo di manufatti. Viene aperta ai
visitatori solo su richiesta.

DESCRIVERE COSA E' LA MUSEUMINSEL AD OPERA DI CHI NACQUE

>Alle soglie dell’Ottocento si assiste in maniera evidente ad un cambiamento per cui gli studiosi
individuarono nell’analisi diretta delle opere una condizione necessaria alla ricerca. A quel punto, il
confronto ravvicinato con l’opera, reso ormai indispensabile in funzione di una corretta conoscenza
dell’oggetto, giusti cava la presenza delle opere in un ambiente in cui, attorno a loro, si venne a creare un
dialogo, se non un vero e proprio dibattito, dando vita ad un approccio puramente scienti co che ben
caratterizza l’istituzione museale. Il museo diventa da quel momento il luogo in cui si discute sulle scelte
allestitive dei dipinti.Prese quindi piede l’idea di costruire una vera e propria Museuminsel (isola dei musei),
che diverrà uno dei complessi museali più importanti al mondo. Il progetto, af dato a Schinkel, venne poi in
realtà gestito dal suo allievo più promettente, August Stüler che, tra il 1841 e il 1859, realizzò il Neues
Museum, destinato alle collezioni egizie e greco-romane, di cui possiamo vedere oggi un accurato restauro
af dato all’inglese David Chipper eld e concluso nel 2010. Sempre a Stüler, nell’ambito del vastissimo
disegno di realizzare una vera e propria isola dei musei all’interno di Berlino, venne af data la realizzazione
della Nationalgalerie, museo nato per valorizzare ed esibire la collezione d’arte tedesca che apparteneva a
Federico Guglielmo IV, arricchita dalla donazione di duecentosessanta opere di proprietà del banchiere
Johann Wagener. La Museuminsel oggi comprende altre due strutture, entrambe del primo ‘900, il Kaiser
Friedrich Museum (1904) e il Pergamonmuseum (1930). Il primo si erge sulla punta dell’isola in un
maestoso palazzo neobarocco
DEFINIRE COSA SI INTENDE PER ISTITUTI PLURITIPOLOGICI IN RIFERMENTO
Questo tipo di museo divenne per questo un istituto pluritipologico essendo
contemporaneamente pinacoteca, museo archeologico, scienti co o storico, spesso congiunto
ad altre istituzioni cittadine come la biblioteca, l’archivio o la scuola d’arte.
>L’Italia post unitaria è caratterizzata dalla nascita dei musei cittadini, spesso nati come donazione di privati
per legare il proprio nome al territorio natale. A favorirne la comparsa, anche in città in cui già esisteva un
museo istituzionalizzato di impronta nazionale, fu il sentimento di adesione alle memorie patrie, il senso di
appartenenza ad una tradizione storica, sviluppatisi come reazione alla nascita di uno Stato che avrebbe
nazionalizzato in gran parte il patrimonio. Vengono quindi a crearsi istituti denominati musei civici,
disseminati in tutto il territorio nazionale, che ripercorrono le tumultuose vicende storiche del patrimonio
locale. Il museo civico è espressione di una comunità urbana e, come tale, ha accolto ogni tipo di documento
signi cativo per contribuire a rafforzare l’identità di un territorio.
il museo civico ha ragion d’essere anche per motivi politici legati al ridimensionamento del potere temporale
della Chiesa proprio in un momento storico in cui, dopo le soppressioni napoleoniche, un’enorme quantità di
beni rientrava nelle proprietà dello Stato, ed era chiamato a provvedervi.
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DELINEA L'OPERA DI VIVANT DENON

>Napoleone diede il compito di direttore del museo del Louvre a Vivant Denon, diplomatico,
arrivarono a Parigi le opere più pregiate del mondo, sottratte durante le conquiste napoleoniche.
Si trattava di un patrimonio enorme da gestire. I francesi cercarono più volte deboli giusti cazioni
per le requisizioni napoleoniche. Denon, inserendosi in un dibattito in nito che dura tutt’oggi,
a ermava per esempio che “i romani in origine rozzi, riuscirono a civilizzare la loro nazione
trapiantando sul proprio suolo ogni prodotto della Grecia vinta”. Denon si mise subito alla prova
allestendo le opere di Ra aello presenti in Galleria e quelle appena giunte dall’Italia. Si trovava a
dover organizzare un gruppo di dipinti di inestimabile importanza: la Tras gurazione,
l’Incoronazione della Madonna, la Sacra famiglia di Francesco I, il Ritratto di Baldassarre
Castiglione, alcune tavole della pala Baglioni, a cui accostò due dipinti di Perugino, maestro del
Sanzio

Di fronte ai marmi greci Denon dovette applicare altri criteri espositivi poiché, benchè la collezione
di cui disponeva il Louvre costituisse un completo repertorio.

Non si prestava inoltre ad una disposizione cronologica attendibile poiché la ri essione sulla
classi cazione temporale su base stilistica dei marmi antichi era appena agli inizi. Inoltre,si capì
che molte delle opere individuate da Winckelmann come apici dell’arte greca erano invece copie
di età romana.

Denon dovette dunque ricorrere a diverse regole e si appellò per i marmi antichi all’esempio
dell’allestimento vaticano da cui molte sculture erano state sottratte, basandosi su una
disposizione estetica.

Fondato principalmente sulla cronologia, sui percorsi artistici e sulle scuole nazionali il suo
allestimento poneva la nalità pedagogica su basi storiche ma soprattutto Denon era riuscito a
sottrarre il Louvre ad un programma politico restituendogli il ruolo di documentazione storica.
Dopo la scon tta napoleonica, nel 1815, la gran parte delle opere d’arte tornarono ai loro legittimi
proprietari ma a Denon si deve il merito di avere per primo donato un ordine a quella grande ed
articolata collezione.

DESCRIVERE I VIAGGI COMPIUTI DA ISABELLA STEWART GARDNER PER


TRATTEGGIARE IL GUSTO COLLEZIONISTICO
una delle più grandi collezioniste fu Isabella Stewart Gardner (1840 – 1924). Nata a New York e glia del
commerciante David frequentò dai cinque ai 15 anni un’accademia per ragazze dove ebbe occasione di
studiare arte, musica e danza, oltre che di approfondire la conoscenza di lingue come il francese e l’italiano.
All’età di 16 anni con la sua famiglia si trasferì a Parigi dove frequentò una scuola americana e nel 1857
visitò Milano dove vide la collezione di arte rinascimentale di Gian Giacomo Poldi Pezzoli, situata secondo
il criterio delle period rooms in stanze progettate a rievocare le epoche storiche. Tempo dopo incontrò John
Lowell Gardner che sposò nel 1860. Insieme i due coniugi visitarono diversi paesi, dal Medio Oriente alla
Scandinavia, all’Europa e all’Asia; da qui nacque l’idea delle prime opere della collezione Gardner
acquistate grazie all’eredità avuta dal padre di Isabella come Il concerto di Vermeer e altre opere provenienti
da Egitto, Turchia, estremo Oriente, non solo dipinti e statue, ma anche arazzi, fotogra e, argenti, ceramiche,
manoscritti, vetrate... alcune delle quali acquistate con l’aiuto dello storico d’arte Berenson, personalità
importante del tempo: fra questa la Madonna col bambino e l’Angelo di Botticelli, l’Europa di Tiziano e
l’Altare di Colonna di Raffaello. A ne ottocento, essendo ormai la raccolta ampia, si dovette trovare un
luogo ad essa dedicato e così si fece costruire una nuova residenza FenWay Court, aperta al pubblico a
partire dal 1903. Isabella morì poi nel ‘24 e da qui divenne un museo pubblico. L’edi cio venne progettato
dall’architetto William Sears, sul modello dei palazzi lagunari del XVII secolo, proprio per l’amore della
proprietaria verso Venezia.

DELINEARE CON QUALCHE ESEMPIO IL CONCETTO DI PATHOSFERMEL


Il termine Pathosformel si riferisce a immagini che condensano una creazione espressiva originaria in una
“formula” che si ripete, inconsapevolmente, in elementi dall’espressività simile. La nascita del termine è
legata allo studio Dürer e le antichità italiane, 1905, all’interno del quale Warburg afferma il principio della
presenza nell’arte europea del gesto espressivo tratto dall’antichità pagana e quello di inversione, secondo il
quale un gesto troppo espressivo viene generalmente mutato, nelle raf gurazioni artistiche, nel suo opposto.
Le Pathosformel sono dunque fermi- immagine che condensano la creazione originaria (pathos) con la
ripetitività del canone a cui fanno involontariamente riferimento (Formel, ovvero formule). Warburg si
concentra maggiormente su alcune immagini dinamiche, esempi massimi di Pathosformel: Orfeo, la
centauromachia e soprattutto la Ninfa, ossessione rinascimentale di derivazione classica. Sono immagini la
cui forma è inscindibile dal contenuto, che trasportano in eredità sionomia e contenuto. Warburg dunque
individuò nelle formule patetiche la trasformazione stilistica della gura umana che nella "pittura profana del
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Quattrocento" acquisiva una mobilità intensi cata del corpo e delle vesti ispirata a modelli dell'arte gurativa
e della poesia antiche. Lo studioso riscontrava tali caratteristiche specialmente in Botticelli e in Filippino
Lippi, nella retorica dei muscoli del Pollajuolo. Senza dimenticare il mondo favoloso pagano del giovane
Dürer (dalla «Morte di Orfeo» alla «Grande Gelosia») che deve la potenza drammatica della sua espressione
ad analoghe «formule patetiche» sopravviventi, in fondo schiettamente greche, a lui mediate dall'Alta Italia.
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DELINEA BREVEMENTE IL CONCETTO DI LABRIRINTO WARBURGHIANO


> warburg fonda una biblioteca ad Amburgo,non una normale biblioteca ma una biblioteca
labirinto con libri di vari argomenti,
>L’utilizzo delle riproduzioni fotogra che dei manufatti artistici, dei testi illustrati, ma anche di oggetti di
uso quotidiano, come i francobolli, Da qui l’idea del progetto dell’Iconoteca Warburg (un istituto ancora oggi
esistente) che rappresenta pienamente l’ideale di movimento culturale e mentale che lo storico dell’arte
amburghese poneva come fondamento della sua scienza dell’arte. Tale istituzione doveva prevedere quattro
grandi sezioni, che dialogavano serratamente, no al punto di ri ettersi l’una nell’altra, nell’organizzazione
della Biblioteca: immagine, parola e immagine, orientamento e immagine, azione e immagine; queste quattro
parti parlano del movimento,
Salvatore Settis a tal proposito ha sostenuto che la biblioteca ri ette sostanzialmente il lavoro del suo
fondatore, ed è stata concepita come un itinerarium mentis che conducesse il lettore lungo vie determinate (i
problemi di Warburg). L’“itinerario” è concepito in modo che il passaggio da un settore all’altro sia avvertito
come “naturale”: “È proprio questa “naturalezza” che trasforma il labirinto in una prigione, nel senso che
cattura l’attenzione obbligando il lettore ora ad arrestarsi su un nodo che non entrava nelle sue attese, ora a
percorrere un lo che gli appariva marginale, ma può contenere l’informazione vitale per la sua ricerca .
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DESCRIVERE QUALI SONO LE ATTIVITA' SVOLTE DAL RICERCATORE NARRATE DA


VENTURI AL TERMINE DELLA GALLERIA ESTENSE DI MODENA.

Complice la sua origine modenese e il suo forte interesse per lo studio dei manufatti artistici, Adolfo Venturi
formulò numerose attribuzioni durante tutto l’arco della sua carriera, ancora oggi considerate attendibili dalla
critica: per citare un esempio il dipinto raf gurante una Ninfa e satiro conservata a Palazzo Pitti (Firenze),
che Venturi attribuì nel 1885 a Dosso Dossi. Venturi fu conoscitore (i conoscitori, o connoisseur, valutano le
opere d'arte sulla base della loro esperienza dello stile e della tecnica degli artisti) e docente universitario
(prima cattedra di storia dell’arte all’Università La Sapienza), ma fu anche tra i primi a interessarsi alle
pratiche di tutela del patrimonio, soprattutto come funzionario del Ministero dell’Istruzione, allora preposto
alla cura del patrimonio e a riconoscere al patrimonio un ruolo centrale per la cultura e la divulgazione.
Iniziò dunque a parlare del ruolo civile del patrimonio storico-artistico, restituendo un completo e
signi cativo quadro d'insieme degli svolgimenti dell'arte italiana con un accurato approfondimento sul
giudizio critico delle singole personalità capaci di aiutare la formazione dell’identità artistico- culturale sul
territorio italiano. Venturi operò in base ad un metodo prevalentemente positivista, basando la sua
osservazione delle opere alla luce dello stretto collegamento tra la storia e la valutazione del fatto artistico. A
Modena curò la riorganizzazione della Galleria Estense,
Venturi si pre sse lo scopo di rilanciare l'idea di un'Italia come madre delle espressioni artistiche studiate
attraverso una strenua ricerca lologica.oltre alla pubblicazione di numerosi articoli nelle riviste
specializzate, il suo pensiero ebbe la massima espressione nella Storia dell'arte italiana. In quest'opera,
complessivamente di 25 volumi, il senso della storia e la nezza critica, unita alla vastissima esperienza di
conoscitore, ha consentito a Venturi di restituire un completo e signi cativo quadro d'insieme degli
svolgimenti dell'arte italiana e un accurato approfondimento sul giudizio critico delle singole personalità. Fu
fondatore e direttore per un quarantennio della rivista L'Arte, poi sostituita da Archivio storico dell’arte

DELINEARE LA STORIA DELLA GALLERIA BORGHESE


>Alla ne del XVI secolo la famiglia senese dei Borghese acquisì un terreno a nord di Roma, fuori Porta
Pinciana, per la realizzazione di un immenso parco, tuttora esistente. Il massimo picco di popolarità di questa
famiglia venne raggiunto quando Camillo Borghese fu eletto Papa nel 1605 con il nome di Paolo V,
intraprendendo così importanti opere di costruzione, tra le quali una villa nel parco del Pincio.
vari architetti, si avvicendarono ai lavori di costruzione dell’edi cio e dei giardini. A partire dal marzo del
1613, le opere della collezione raccolta dal Cardinale Scipione Borghese, nipote di papa Paolo V, vennero
trasferite dal palazzo Dal Borgo, alla villa del Pincio. Questa, dalla struttura tipicamente rinascimentale, ha
un portico che si apre sui giardini ed è decorata nello stile caratteristico del XVI secolo. L'intera facciata
viene impreziosita da 144 bassorilievi e 70 busti antichi. L'edi cio presenta numerose nestre per dare la
luce necessaria alla buona visione delle opere e anche la distribuzione delle stanze segue la logica espositiva.
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A partire dal XVIII secolo inizia una più importante campagna decorativa commissionata da Marcantonio
Borghese, durante la quale vengono eseguiti affreschi, stucchi e decorazioni in marmo policromo.
Lo Stato italiano ha poi acquistato la villa e tutte le sue collezioni nel 1902 per trasformarla in un museo,
aprendola de nitivamente al pubblico nel giugno 1997. L’attuale Museo Galleria Borghese custodisce ed
espone una collezione di sculture, bassorilievi e mosaici antichi, nonché dipinti e sculture che coprono il
vasto arco cronologico dal XV al XIX secolo. Tra i capolavori della raccolta ci sono opere di Caravaggio,
Raffaello, Tiziano, Correggio, Antonello da Messina, Giovanni Bellini e le sculture di Gian Lorenzo Bernini
e del Canova.

DEFINIRE IL CONCETTO DI ISTANZA STORICA


>I prodotti dell'attività umana sono divisi in due categorie: • prodotti industriali • opere d'arte
Queste ultime hanno due caratteristiche che le de niscono, l'istanza estetica (deriva dalla
artisticità dell'opera d'arte) e l'istanza storica (quali ca l’opera come prodotto nato in un certo
periodo storico e luogo e “vivente” in un tempo e luogo attuali.
>La funzione speci ca del museo non è mostrare, ma preservare l’arte. Questa funzione viene però spesso
trascurata nei dibattiti sul ruolo dell’arte nella società. Infatti, il compito di produrre e disseminare le
immagini proprio del sistema dell’arte è ormai condiviso con altri sistemi: la televisione, Internet, i telefoni
cellulari ecc.
L’istituzione dei musei viene denunciata spesso come il cimitero dell’arte. Ma in altre aree culturali che
provano a creare la loro memoria collettiva, il museo artistico è considerato un modello. Per esempio, a
Washington è stato aperto di recente un museo delle notizie – il cosiddetto “Newseum” – la cui missione è
quella di registrare e preservare la storia delle notizie, delle forme e dei veicoli della loro disseminazione.

E
ELENCARE BREVEMENTE I TEMI DELLA PRODUZIONE LETTERARIA DI LEON BATTISTA
ALBERTI EVIDENZIANDO I CONCETTI CHIAVE:

>Alberti, così come Leonardo, non fu “solo” pittore, ma si dedicò alla scrittura di veri e propri trattati
sull’arte. Entrambi, innanzitutto, arrivano alla conclusione che la pittura ha un fondamento scienti co. I
pittori conoscono attraverso la loro arte la natura; lo studio della natura diviene dunque lo scopo
fondamentale cui mira l’artista che contribuisce alla scoperta del mondo esteriore.
La pittura diviene dunque lo strumento per la conoscenza prospettica della natura che il pittore, ancor prima
di dipingere con la mano, deve comprendere col suo ingegno tanto da divenire una sorta di mago che
conosce la natura sica ed opera con essa. La natura perciò deve essere conosciuta dal pittore secondo
principi creati dalla mente umana che si sostituisce a Dio. Alberti fu anche un architetto, un losofo, un
poeta; egli imparò l’arte degli antichi ed elaborò teorie estetiche nuove
Per quanto riguarda il chiaroscuro, ad esempio, venne individuato come elemento capace di estromettere
l’utilizzo dell’oro dalla pratica pittorica. Al movimento dei corpi aveva af dato invece l’espressione dei moti
dell’animo, dei sentimenti; la grazia rimaneva invece un aspetto primario da perseguire non soltanto
attraverso l’imitazione del reale. Ogni zona del dipinto doveva essere bella per se stessa e coordinarsi.
Alberti si occupò anche di scultura ma l’opera prima rimane però il “De pictura”, scritto nel 1435 in latino e
poi volgarizzato l’anno successivo, anche se studi di Bertolini tendono ad invertire le due stesure

ESPORRE SINTETICAMENTE LA TEORIA DELL'OMBRA DI LEONARDO DA VINCI


>Leonardo considera la pittura come l'unica arte per apprendere la forma e la vera natura delle
cose e riprende il concetto di prospettiva identi candone tre tipologie: oltre alla lineare,
individuata da Alberti, quella di colore e quella di spedizione; queste dovrebbero mirare a rendere
le profondità e i diversi piani della composizione attraverso la modulazione di alcuni colori. Inoltre,
fra il primo e l’ultimo piano della composizione esiste per Leonardo l’atmosfera (l’aria) e dunque il
pittore è tenuto a renderla quando rappresenta il naturale. La natura umana ricopre il primo posto
ma Leonardo la contempla immersa nell’atmosfera con tutte le conseguenze che questo
comporta in termini di percezione illuministiche. Ecco perché anche le ombre si inseriscono in
questo contesto. Esse divengono dunque un elemento importante che, non sono nere come
credeva Alberti, ma azzurre. Leonardo quindi scopre il grado di luminosità dei colori facendo
diventare questo un elemento cardine della sua teoria pittorica delineando in maniera chiara il
concetto di tono. Leonardo nel suo trattato sostiene tale importanza in quanto l’ombra è
quell’elemento fondamentale grazie al quale l’uomo può essere perfettamente inserito nel
contesto naturale, l’ombra riempie gli spazi, pervade le prospettive, avvolge le immagini e unisce
l’uomo al contesto. La bellezza è allora una gradazione dell’ombra e ogni forma possiede un certo
tipo di ombra che si con gura come una sua qualità artistica.

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ESPORRE SINTETICAMENTE LE TEMATICHE PRINCIPALE CHE LEGANO LE SINGOLE
VITE DI GIORGIO VASARI E CHE STANNO ALLA BASE DELLA SUA GRANDE OPERA.

>Giorgio Vasari viene ricordato soprattutto come autore de “Le vite de' più eccellenti pittori, scultori e
architettori”. Vi sono due edizioni: quella dello stampatore Torrentino del 1550, in cui non parla di artisti
viventi, o comunque non prende in considerazione personaggi di cui non è chiara la generale parabola
artistica, eccetto per uno: Michelangelo di cui Vasari fu allievo e l’altra del 1568, dello stampatore Giunti.
Egli individua tre età che corrispondono ai secoli XIV, XV, XVI. Nella prima si era lontanissimi dal
raggiungimento della perfezione sia in pittura, che in scultura che in architettura; nella seconda le cose erano
migliorate e nelle «invenzioni» e nella maniera di realizzarle ma ancora si era lontani dalla perfezione che si
ebbe invece durante il Cinquecento in cui ci si migliorò anche rispetto agli esiti degli antichi.
Inoltre, nell’edizione torrentina Vasari aveva considerato la parabola artistica di Raffaello un’evoluzione
verso la perfezione delle ultime opere, mentre nel 1568, opponeva la personalità di Raffaello a quella del
Buonarroti determinando i limiti di ciascuna. Altra questione importante è quella del disegno, secondo cui
nella mente dell’artista che si appresta a compiere l’opera prende forma prima un’idea, una sorta di «disegno
interno» al quale dà poi vita la mano avvezza all’esercizio, capace di rendere materiale l’opera. Esso è il
padre di tutte le arti, mentre la madre ne è l’invenzione. Vasari, come era consueto al tempo, oscilla fra il
principio del naturalismo e quello della stilizzazione. Da un lato è il vecchio modo di vedere che pone
l’essenza della pittura nell’imitazione della natura e non riesce mai a saziarsene, indicano di non volersi
impadronire della realtà materiale ma di volerla cambiare, dimostrando di affondare le loro radici
nell’antichità. Così come per il disegno, anche per la maniera Vasari suggerisce una storia evolutiva.

ESPORRE IL CONCETTO DI MANIERISMO E LE SUE EVOLUZIONI


>Dalle dottrine artistiche del Rinascimento giungono al Seicento due concetti importanti: l’interpretazione
della natura e la distinzione delle maniere, intese come stili diversi. La prima incorse in una battuta d’arresto,
mentre la seconda idea proseguì, modi candosi e precisandosi. Il Manierismo è inteso come la sintesi delle
migliori maniere del secolo XVI per cui divenne naturale trovare l’Idea con cui scegliere facendo sfociare il
manierismo nell’eclettismo. Secondo Vasari l’imitazione della “buona maniera” doveva muoversi entro gli
estremi della regola (analogia) e licenza (contraddizione).Attraverso la piena padronanza del disegno, del
colore e della composizione, l’artista doveva districarsi tra le costruzioni degli esempi esistenti,
contraddicendoli con eleganza, per arrivare a nuovi esiti mai scontati. Espressione tipica di questo stile è la
gura serpentinata, un modo di rappresentare il corpo umano contrapponendo le membra in torsioni a vite,
ESPORRE I LIMITI DELLA LETTERATURA ARTISTICA DEL 600'
Uno dei principali problemi dell’opera vasariana fu quello di manifestare un profondo

campanilismo che lo portò addirittura ad escludere nella prima versione la biogra a di Tiziano per

rispettare una ferrea visione toscanocentrica dell’arte basata sul modello di Michelangelo. Da
allora si susseguirono, nei diversi centri italiani, testi mirati a raccogliere le biogra e dei principali
artisti locali proprio per denunciare le mancanze delle “Vite vasariane”, proprio per dare voce e
spazio a quegli artisti esclusi dall’elite enciclopedica del Vasari. L’opera vasariana dunque creò,
dunque, due grosse tipologie di artisti: quelli di “serie a” (inclusi nelle “Vite”) e quelli esclusi
dall’opera, reputati secondari. Sulla base di questo i vari teorici del Seicento si dedicarono a
proporre le biogra e dei maestri loro contemporanei. Tuttavia, e qui invece si evince il limite dei
letterati del Seicento, i criteri adottati nella selezione di quali artisti introdurre nei loro scritti
costituiva una chiara e palese presa di posizione nell’ambito del più attuale dei dibattiti teorici:
essere fautori della fazione del classicismo, oppure caldeggiare per il naturalismo? Il loro grande
limite, dunque, fu quello di dividere l’arte in queste due grandi correnti di pensiero, limitandola in
pensieri loso ci e politici troppo de niti. Nel XVII secolo si fece un passo avanti quindi nella
fusione delle tradizioni rinascimentali convogliando in questo genere di scritti l’attenzione sulle
maniere degli artisti. Si cominciarono infatti a radunare le biogra e di artisti classi candoli
secondo diverse Scuole, generalmente distinte secondo la prevalenza dell’Idea o della Natura
suggerendo altresì un’ideale scala nella quale collocare i singoli personaggi secondo la loro
vicinanza ai due opposti poli: Manierismo inteso come la sintesi delle migliori maniere del secolo
XVI per cui divenne naturale trovare l’Idea con cui scegliere o il più attuale Naturalismo dall’altro.

ESPORRE LA TEORIE DELLE SCUOLE SECONDO AGUCCHI


Giovan Battista Agucchi., prelato bolognese, scrisse il suo trattato, pervenutoci frammentario, fra il 1607 ed
il 1615 in cui anticipa le posizione che saranno ampiamente sviluppate poi da Giovan Pietro Bellori sull’idea
di Bellezza ereditata dal Rinascimento. Inoltre Agucchi espose nella sua opera anche la visione storica della
produzione artistica passata e a lui contemporanea. Egli propose una suddivisione in quattro Scuole: Romana
(Raffaello), Veneta (Tiziano), Lombarda (Correggio, tenendo conto che nel Seicento la suddivisione
regionale non esisteva e i con ni territoriali delle diverse aree non corrispondono a quelli attuali), Toscana,
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da suddividere in orentina e senese. Tuttavia, va riconosciuto che questa distinzione non derivò dal solo
pensiero dell’Agucchi bensì dalla collaborazione con Domenico Zampieri, detto Domenichino, pittore
allievo dei Carracci e assai vicino all’Agucchi. L’artista offriva al prelato brani pittorici altissimi su cui
ri ettere e formulare le note teorie classiciste sicuramente af nate a stretto contatto con il giovane bolognese.

ESPORRE IL MODELLO TRA INDUSTRIA E MUSEI ATTRAVERSO LA NASCITA DI


PARTICOLARI ISTITUTI SORTI SU MODELLO ESTERO
Mentre in Italia si cercava di tutelare ciò che era espressione della storia locale, Francia e Inghilterra si
interrogavano sul modo in cui la realtà industriale di metà Ottocento potesse migliorare le condizioni di vita
delle classi lavorative, e in che modo si potesse trovare un punto d’incontro sinergico tra diversi ambiti quali
arte, industria e società. Queste ri essioni diedero luogo a grandi esposizioni nelle quali veniva data
possibilità alle Nazioni partecipanti di esporre i loro prodotti con lo scopo di educare i visitatori, fra i quali,
oltre ad un pubblico generico, erano presenti addetti ai lavori -operai, imprenditori e artigiani- che venivano
così aggiornati sulle produzioni industriali. Questo accadde con la Great Exhibition of the Works of Industry
of All Nations, inaugurata ad Hyde Park di Londra nel 1851, in una cornice di grande spessore come
l’imponente Crystal Palace, dell’architetto Joseph Paxton. L’innovativo palazzo ispirò l’architetto Gottfried
Semper per la costruzione del South Kensington Museum, una grande struttura costituita di tre corpi voltati a
botte, edi cata per conservare i manufatti acquistati alla Great Exhibition,
In Italia, invece, il connubio arte- industria mosse i suoi primi passi relativamente tardi, solo verso gli ultimi
decenni dell’Ottocento e interessò quasi esclusivamente le aree settentrionali. Un primo confronto tra questi
due mondi avvenne a Firenze, nel 1861, con la prima Esposizione Nazionale, nata per celebrare la nazione
cercando di conciliare il mondo agrario, industriale e artistico, nella cornice della nuova stazione Leopolda
edi cata secondo il modello inglese.
Fu una importante occasione di confronto in cui emerse la necessità di elevare la qualità della produzione
artigianale a una produzione industriale modernizzata e su larga scala. Il settore individuato come trainante
fu proprio quello dell’arte applicata all’industria,

ELENCARE ED ARGOMENTARE I PRINCIPALI PROBLEMI DEI MUSEI ODIERNI


>In funzione del pubblico, sempre ben monitorato dal momento in cui varca la soglia del museo, sono
cambiati diversi aspetti. La corsa ad accaparrarsi il pubblico più vasto è dunque una battaglia sempre aperta e
gli imprevisti sul piano nanziario sono sempre in agguato. Tanto più che il numero dei musei si è
moltiplicato e continua ad accrescersi rendendo la concorrenza di fatto spietata per attrarre più pubblico
possibile. Il sistema dell’arte perciò sta per diventare parte di quella cultura di massa da cui l’arte si è sempre
tenuta a distanza. La cultura di massa tuttavia crea delle comunità che vanno al di là di qualsiasi passato
comune – comunità incondizionate di tipo nuovo. Secondo le aspettative comuni l’arte prodotta oggi
sopravviverà alla società che l’ha prodotta. Era proprio questa aspettativa a ispirare le avanguardie del XX
secolo, incoraggiandole a fare arte contro il gusto del pubblico, contro le sue aspettative. L’istituzione dei
musei viene denunciata spesso come il cimitero dell’arte. Ma in altre aree culturali che provano a creare la
loro memoria collettiva, il museo artistico è considerato un modello. Gli attacchi contro il museo per mezzo
dell’arte più avanzata che chiedono la rottura, il superamento e la cancellazione del sistema dell’arte e in
particolare del museo, in modo tale da tracciare una via per la Nuova Arte non portano a ciò che hanno
richiesto, ma hanno portato invece alla creazione di un’arte a cui, nel tempo, è stato assegnato il posto che
meritava nei musei. Essendo non solo un luogo in cui si organizzano mostre, ma un luogo in cui ci si occupa
della preservazione dell’arte, il museo ha la missione di conservare il suo interesse anche per coloro che non
sono ancora nati. È solo così che il museo, che a differenza dei mass-media non dipende esclusivamente dal
giudizio del pubblico di oggi, può diventare il luogo di un discorso critico sulla sua contemporaneità.
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PERCHE' E' IMPORTANTE IL CARDINALE ALESSANDRO ALBANI PER LA STORIA DEI
MUSEI
>Il cardinale Alessandro Albani è nipote di Giovanni Francesco Albani,
Cardinale e bibliotecario di Santa Romana Chiesa, viene ricordato oggi soprattutto per i suoi interessi nel
campo dell’arte: collezionista, conoscitore e mecenate portò avanti numerosi scavi archeologici nel
sottosuolo di Roma e dintorni che gli valsero una ricca collezione di opere d’arte antica, che custodì nella
Villa suburbana fatta edi care lungo Via Salaria su progetto dell’architetto Carlo Marchionni.
La Villa divenne n da subito fucina culturale per la vita artistica romana, soprattutto grazie al lavoro di
Winckelmann che vi venne ad abitare nel 1758 divenendo bibliotecario uf ciale e catalogatore delle
collezioni. Così dunque Villa Albani divenne un modello di riferimento di una corrente artistica che ebbe
largo seguito in tutta Europa, ma anche struttura sica di sperimentazione tecnica in materia di museologia
con la disposizione ragionata delle opere d’arte, la cui impostazione venne ripresa direttamente dal futuro
Museo Pio-Clementino ai Vaticani, privilegiando la leggibilità delle opere a scapito delle decorazioni delle
sale espositive. Nella Quadreria della Villa sono conservati capolavori di alcuni dei maggiori maestri
dell’arte europea tra cui Nicolò da Foligno, Perugino, van Dyck, Tintoretto, Ribera, Guercino, Giulio
Romano, Borgognone, Luca Giordano, David. Il Parnaso (1760 – 61), ad opera di Mengs e sito nella Villa, è
considerato come il manifesto del neoclassico; quest’opera raf gura Apollo, protettore delle arti, circondato
dalle nove muse e da Mnemosine, dea della memoria, ed è un esempio chiaro della particolare concezione di
recupero dei modelli antichi promossa da Winckelmann.

PERCHE' E' IMPORTANTE SISTO IV NELLA STORIA DEI MUSEI ?


Dalla metà del Quattrocento, infatti, si inizia a concepire l’antico come materia di studio e di analisi,
documento storico a testimonianza delle epoche passate; a questo si unisce la tendenza sempre più
consolidata ad analizzare e conoscere i testi classici conferendo così nuovo risalto e valore a reperti e
monumenti. Se, dunque, l’atteggiamento dei papi nei confronti della tutela dei beni è costituito
dall’emanazione di bolle ed editti atti a difendere e proteggere il patrimonio esistente a Roma, insolito è
l’atteggiamento di Sisto IV, non più estetico ma autoreferenziale ed esaltatorio, molto più vicino ai parametri
dell’umanista dedito ad allestire il proprio studiolo piuttosto che a coloro che si stavano avviando verso la
tutela pubblica del bene. Ma allo stesso tempo il ponte ce sfruttò la sua in uenza per ni politici attraverso
mezzi simbolici, ed è proprio in questo senso che va letta la donazione, nel 1471, di statue dal valore
evocativo come la Lupa, simbolo di Roma,
Nella donazione di queste opere al popolo romano egli si propose come legittimo depositario delle opere che
avevano no a quel momento costituito il tesoro romano, ma allo stesso tempo confermava con forza
l’importanza del papato in opposizione alla magistratura e alle autonomie municipali cittadine. Il
Campidoglio divenne sede del museo della città, confermandosi il primo museo aperto al pubblico e
sottoscrivendo l’atto di nascita delle collezioni capitoline (i Musei Capitolini, tra i primi d’Europa, verranno
inaugurati nel 1734). Per stessa ammissione papale fu il primo luogo in cui si convalidò il principio della
libera accessibilità delle raccolte, come, in maniera analoga, si stava sviluppando a Firenze nel mediceo
giardino di San Marco. Il diritto del popolo a fruire del proprio patrimonio si può leggere in due modi
differenti: stimolo morale e al tempo stesso sinonimo di riappropriazione politica che incentiverà alla ne del
Cinquecento l’apertura degli Uf zi e dello Statuario di Venezia.

PERCHE' E' IMPORTANTE LA FIGURA DI GIOVAN BATTISTA MARINO PER IL BAROCCO?


Egli non è un pittore, non è uno scultore, non è un esperto d’arte come i trattatisti che abbiamo
visto nora ma è in primo luogo un letterato che gioca con le parole così come gli artisti fanno con
le immagini.

Per Marino compito del poeta, così del pittore e di ogni artista, sarebbe quello di destare nel
fruitore la meraviglia attraverso tutti i mezzi possibili.
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Le Dicerie Sacre e la Galeria sono le sue opere più emblematiche. Attraverso di esse si esprime l’idea di
Marino sull’arte. Nella prima opera egli sostiene che la Pittura supera la Scultura ma il pittore, in quanto
uomo, non può tuttavia raggiungere l’assoluta perfezione nella propria opera. Il pittore perfetto è dunque Dio
che ha effettivamente lasciato traccia della sua opera pittorica nella Sacra Sindone di Torino. La seconda,
pubblicata nel 1619, è fatta da una serie di componimenti poetici, di diversa natura, dedicate ad una raccolta
di opere d’arte. Per lui, e in generale per gli intellettuali italiani, esisteva un grande vantaggio nello scrivere
d’arte af dando al potere delle immagini e della parola il compito di rappresentare la forza evocativa e
plasmabile di entrambe per suscitare nello spettatore/lettore emozioni e sentimenti ma soprattutto la grande
Meraviglia barocca.

Q
QUALI SONO LE PRINCIPALI DIRETTIVE PER LA TUTELA DEL PATRIMONIO CULTURALE
> La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e della ricerca scienti ca. Tutela il paesaggio e
il patrimonio storico e artistico della nazione”. Il concetto di tutela nell’Italia contemporanea parte
da questo presupposto, sancito dalla Costituzione, in cui si evince che tra le funzioni che lo Stato
garantisce ai suoi cittadini è espressamente enunciata non solo la salvaguardia dell’ambiente, in
termini moderni, ma anche la conservazione e la cura delle testimonianze del passato. Si intende,
infatti, per tutela artistica, l’insieme di azioni che la società dispone al ne di garantire la
conservazione di quei beni ritenuti tali da costituire il patrimonio culturale della società stessa Ma
è negli anni ’90 che il crinale tra la tutela del bene e la sua valorizzazione viene considerato in
relazione a una maggiore attenzione alle esigenze di un pubblico e ai servizi ad esso
correlati. Questo passaggio viene inaugurato con la Legge Ronchey del 1993, che colloca il bene
culturale in condizione di rendere anche economicamente
L’innovazione che caratterizza il Piano è volta soprattutto all’applicazione di una metodologia aperta e
partecipata grazie all’apporto congiunto di Amministrazioni competenti, centrali e regionali, e di tutti gli
operatori del turismo. Leve principali di tale sforzo sono soprattutto l’innovazione tecnologica e
organizzativa, l’adattamento alle variazioni del mercato e la valorizzazione del patrimonio culturale e
territoriale a cui corrispondono il bisogno di adeguare le competenze e di preparare un terreno più idoneo a
nuove attività imprenditoriali. Un intento che vede i musei attivamente coinvolti in una programmazione
congiunta.
QUALI SONO LE NUOVE PROFESSIONI CHE TORVANO SPAZIO ALL'INTERNO DELLE
ISTITUZIONI MUSEALI

Nuove professioni o competenze si aggiornano per rispondere ai bisogni del visitatore. Direttive in linea con
questo trend sono quelle elencate nei compiti della declaratoria dei nuovi pro li professionali all’interno
delle nuove strutture periferiche del MiBACT, ovvero: “la collaborazione operativa con le professionalità
dell’Area Funzionale Terza nella realizzazione di attività di natura didattica e divulgativa, la collaborazione
allo sviluppo dei servizi educativi, alla de nizione di modalità e alla predisposizione di strumenti per la
documentazione, la rilevazione statistica, l’accertamento del gradimento, la veri ca e la valutazione dei
servizi offerti”. Il ruolo dell’educazione e della formazione professionale all’interno dei musei è anche esso,
oggetto di modi cazione diventando la chiave non solo per la collaborazione tra la scuola e le istituzioni
culturali del territorio, ma anche per una integrata collaborazione nella piani cazione dei locali percorsi
turistici. Le nuovi professioni in ambito turistico si orientano in maniera più marcata verso il settore
culturale, si muovono in linea con le sue necessità attraverso l’organizzazione di attività di promozione che
coinvolgono gli operatori locali, sia pubblici che privati. Heritage promoter, destination manager, promotore
per lo sviluppo turistico sostenibile, community manager, sono alcune delle professioni che hanno tra le loro
speci che competenze l’identi cazione delle risorse presenti su un territorio da valorizzare: risorse culturali,
artistiche, storiche, di tradizioni, assolvendo all’esigenza sempre più marcata di forme di turismo alternativo.
L’Università, dunque, si trova a ricoprire un ruolo determinante: rivolgendo la ricerca sull’Educazione al
Patrimonio, partecipando a formare professionisti in grado di applicare metodologie didattiche innovative e
di condurre processi differenziati secondo diverse tipologie di destinatari, consolidando, in ne, il
partenariato con gli attori e le comunità territoriali.

QUALI SONO SECONDO ROBERTO LONGHI I PITTORI FONDAMENTALI CHE HANNO


RIVESTITO IL RUOLO DI MODELLI PER GLI ESITI RAGGIUNTI DA CARAVAGGIO
>Longhi passa ad alcune considerazioni sulla pittura caravaggesca in relazione a quest’ultima
opera presentata, che de nisce come tutta costruita di carne e sangue, dalla composizione e dal
gesto di pathos plastico, dai motivi riconducibili alla natura; attua anche un confronto con le
composizioni michelangiolesche per quanto riguarda l’ anatomia, in particolare con gli Ignudi della
volta della cappella Sistina, mentre per quanto riguarda la composizione sembra aderire alla
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tradizione ra aellesca. Numerose sono le innovazioni introdotte da questo artista: il rapporto tra
gura e fondo, la luce che, cadendo, si dilata e che verrà poi ripresa dai maestri olandesi, il
trattamento dei capelli e la presenza, in primo piano, del davanzale sbeccato
Altro artista preso in considerazione è il Moretto per la sua variazione del colorire composto da un
chiaroscuro fatto di un bianco e nero particolare con una concertazione luministica prelude a
quella del Caravaggio.

la sua è una pittura di «diligenza»; il primo a inserirlo nella tradizione bresciana è il Lanzi,

Altro pittore importante per la costruzione della personalità del Merisi è Lorenzo Lotto, artista che
dimostra di conoscere e trattare al suo pari Ra aello, Giorgione, Leonardo e Dürer, senza
mescolarli tra di loro, ma traendo spunto per dei neologismi: Ultimo artista che fornisce
un’importante matrice pittorica al Merisi è Ambrogio Figino
Longhi riconosce in artisti come Moretto, Moroni, Lotto e Savoldo le personalità di «preparatori del
naturalismo caravaggesco»;E ancora: Lorenzo Lotto (Caravaggio accoglie del Lotto l immenso repertorio
naturalistico, fatto di umili verità particolari tendenti al capriccio); Savoldo (Savoldeschi sono i paesaggi
realizzati da Caravaggio nel Sacri cio di Abramo e nel Cristo nell’orto.); i fratelli Campi (ad esempio la
Ambrogio Figino,

QUALI SONO I PRINCIPALI CRITICI DEL 900 CHE SI SONO DEDICATI A CARAVAGGIO 58
>Nel 1912 su Bollettino d’arte, Lionello Venturi pubblica Opere inedite di Caravaggio, testo che si
presenta, n dal titolo, come un nuovo contributo all’ ampliamento del corpus caravaggesco. L’
anno successivo compare su L’ arte il primo articolo su Caravaggio di Roberto Longhi, studioso
che dedicherà decenni della sua carriera alla riscoperta di questo artista e a una riabilitazione del
ruolo della pittura secentesca nella Storia dell’ arte italiana a); Longhi ravvisa in quest’opera una
forte attenzione alla resa dell’ espressività extrapittorica, ovvero alla ri essione sui sentimenti nella
composizione, avvicinandosi a una più sobria espressività umana che contribuisce a non distrarre
l’ artista dalla solida rappresentazione pittorica delle cose Nel 1917 Matteo Marangoni pubblica
in Rivista d’arte un saggio sui pittori italiani secenteschi di nature morte, con l’ intento, anch’egli di
riabilitare alcuni dei valori di questo genere di pittura. Tra questi artisti considera come fondatore
del Naturalismo in Italia proprio Caravaggio, pittore dallo stile più alto di tutto il Seicento e che
ebbe una reazione realistica al Manierismo del suo tempo La perfetta antitesi della pittura di
Caravaggio è riscontrata nelle opere di Rembrandt, con il quale Marangoni attua un confronto sul
tema della luce:Mariano Luigi Patrizi, il quale si occupò della ricostruzione della personalità
psico siologica ed estetica del Caravaggio: questo studioso parte da un intento puramente
antropologico e riesce ad attribuire un’opera che chiarisce e completa il quadro psicologico dell’
artista, interessando coloro che si occupano di critica e di storia pittorica.

Nel 1920, Michele Biancale pubblica in Bollettino d’arte il saggio Attribuzioni caravaggesche, nel quale
esibisce dei dubbi sulla paternità di tre opere precedentemente attribuite a Caravaggio; mentre su Cronache
d’arte nel 1924, Emilio Ravaglia dedica un contributo alla questione del Bacco di Caravaggio. Per il forte
senso della realtà e l’ osservazione precisa degli elementi “naturali”, ravvisabili nell’ anatomia e nelle
nature morte, lo studioso ritiene che il quadro riferito da Baglione come prima opera del Caravaggio
sia il Bacco custodito presso la Galleria Corsini di Roma.

QUANDO NACQUE IL CENTRO POMPIDOU CON QUALE IDEOLOGIE DI BASE


> La situazione riuscì naturalmente a mutare rotta grazie soprattutto a tre fattori fondamentali. 1)
La ripresa economica 2) Lo sviluppo del turismo di massa 3) Le rivoluzioni culturali culminate nel
Sessantotto Avvenne dunque una decostruzione: le scelte, i processi di selezione si fecero loro
stessi museo e il pubblico veniva reso partecipe dell’intero processo che aveva portato a
determinate decisioni. A Parigi, un politico conservatore di ispirazione gollista, nel 1969, Georges
Pompidou, aprì un centro culturale in una zona degradata del centro città che dipendeva
direttamente dalla sua persona attraverso l’impiego di un’agenzia governativa indipendente,
escludendo il ministro della cultura in carica. Nel luglio del 1970 venne indetto un concorso per
selezionare l’architetto che avrebbe dovuto realizzare il progetto: vinse un gruppo anglo-italiano
allora poco noto capeggiato da Renzo Piano e Richard Rogers. il museo doveva diventare un
laboratorio a cui il pubblico, tramite gli esperimenti,

Non si predisposero sale espositive come il Moma perché l’intento era quello di creare un centro
interdisciplinare e sperimentale.. A differenza del Moma, il primo curatore del centro, Hulten, mostrò un’arte
moderna più viva e variegata di quella proposta da Barr. Al pari del Moma il Pompidou dovette rinunciare a
molti dei suoi originari obiettivi, si stabilizzò quindi al servizio di un pubblico multiforme in perenne crescita
ma raramente in modo veramente ispirato. Il museo nasce in maniera indissolubile al moderno, alle sue
esigenze, alla sua natura, e si lega alla modernità perché ne condivide la propensione alla gerarchia.
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QUANDO NACQUE IL MOMA CON QUALE IDEOLOGIE DI BASE
>A partire dal 1929 a New York nasceva un’istituzione che avrebbe rivestito il ruolo di modello per tutta la
seconda metà del 900, un museo dedicato solo all’arte moderna.
La nuova idea quella del Museum of Modern Art ovvero MOMA, era invece qualcosa di nuovo,
Bliss, Rockfeller, e Mary Sullivan furono coloro che gettarono le basi di quest’idea e nel 1929 appunto sotto
la guida del primo direttore Alfred Barr
Non fu infatti un edi cio appositamente costruito, ma un uf cio al 12o piano dello Heckscher Building.
L’idea fu quella di un laboratorio ai cui esperimenti il pubblico era invitato a partecipare. Il Moma avrebbe
dovuto non solo documentare, esporre l’arte ma avrebbe dovuto promuovere una ri essione su di essa e
suscitare un dibattito critico che fosse capace di orientare lo sviluppo successivo dell’arte. Per Barr
fondamentale era la funzione educativa; la sezione didattica venne af data a Victor D’amico.
le mostre erano accompagnate da conferenze e visite guidate,
Inoltre, nel 1930, Barr af dò l’immagine del museo ad un addetto stampa,
Il museo, controllato con attenzione in ogni suo aspetto, assunse un’immagine aziendale .La sede successiva,
sulla 53a strada, fu sempre affollata, soprattutto la domenica mattina. L’edi cio venne ideato dagli architetti
Goodwin e Durell. In ne si stabilì che trascorsi cinquant’anni dalla morte dell’artista, autore dell’opera,
quell’opera sarebbe stata ceduta in quanto non risultava poi più negli anni essere accreditata sotto l’aggettivo
moderno.

QUALI FURONO LE INIZIATIVE INTRAPRESE A LIVELLO ISTITUZIONALE NEI PRIMI


ANNI DEL 900 PER AGEVOLARE LA COOPERAZIONE TRA STATI SU ARGOMENTI COMUNI
RELATIVI ALL'ARTE ALLA MUSEOLOGIA E ALLA TUTELA DEL PATRIMONIO?
ARGOMENTA LA TUA RISPOSTA
museo come veicolo di comunicazione, vide un notevole incremento dopo la nascita, all’interno della Società
delle Nazioni, della Commission Internationale de Cooperation Intellectuelle (CICI). Si tratta di una speciale
commissione istituita dal Consiglio della Società delle Nazioni, avente lo scopo principale di organizzare e
tutelare le manifestazioni del lavoro intellettuale, specie nei suoi rapporti internazionali. La commissione,
nata su proposta francese e presieduta da Henri Bergson, vantava partecipanti illustri quali Einstein e Marie
Curie, e costituì il primo nucleo di una serie di iniziative volte alla cooperazione tra stati su argomenti
comuni, da cui discende ad esempio l’OCI (Organisation de Cooperation Intellectuelle), che è il diretto
antenato dell’UNESCO. Henri Focillon, docente di Archeologia e Storia dell’Arte Medievale alla Sorbona,
era membro di una delle sottocommissioni dell’OCI e principale responsabile di un centro internazionale
dedicato esclusivamente ai musei, l’OIM (Of ce International des Musées); secondo lui il museo doveva
necessariamente rinnovarsi, modernizzarsi con ogni mezzo che lo potesse allontanare dalla staticità in cui era
esistito durante il secolo precedente. I dibattiti su tale argomento continuarono per mezzo di “MOUSEION:
Bulletin de l’Of ce International des Musées”, rivista trimestrale internazionale di museogra a, destinata ai
direttori dei musei che venivano informati tramite questo strumento sui cambiamenti in ambito museale,
dalle novità americane alle conferme europee.
Secondo i dettami della Società delle Nazioni i monumenti artistici e storici vennero riconosciuti patrimonio
culturale dal valore universale e la loro salvaguardia divenne un imperativo comune a tutti i popoli. È
probabile che il tema della salvaguardia delle culture nazionali, vivissimo con il riassetto dell’Europa
all’indomani della Grande Guerra, abbia favorito un dibattito sul ruolo del museo come conservatore di
patrimoni speci ci, ma l’opera dell’OIM si spiega soprattutto alla luce di una concezione moderna
dell’istituzione museale che, in Europa come negli Stati Uniti, coniuga la funzione educativa con
un’esigenza di scienti cità.

QUALI FURONO I PRIMI MUSEI IN ITALIA?

I primi musei nacquero per volontà dei papi a Roma. La donazione, nel 1471, da parte di Sisto IV, di statue
come la Lupa, simbolo di Roma, il Camillo e lo Spinario, rendono il Campidoglio sede del museo della città,
confermandosi il primo museo aperto al pubblico e sottoscrivendo l’atto di nascita delle collezioni capitoline
(i Musei Capitolini, tra i primi d’Europa, verranno inaugurati nel 1734). Per stessa ammissione papale fu il
primo luogo in cui si convalidò il principio della libera accessibilità delle raccolte,
Il granduca Francesco I allestì con opere d’arte la orentina Galleria degli Uf zi. La “galleria”, che nacque
in Francia, venne utilizzata in Italia come parte del progetto espositivo della collezione già nel palazzo
Gonzaga a Mantova, in cui venne adibita all’esibizione della raccolta delle statue a partire dal 1570. E’ però a
Firenze che abbiamo il primo vero signi cativo episodio che possiamo collegare alla nascita del museo
moderno, quando cioè Francesco I, intorno al 1581, trasformò la Galleria vasariana voluta dal padre Cosimo,
che collegava gli Uf zi alla nuova residenza di Palazzo Pitti, in un luogo dove “passeggiare, con pitture,
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statue e altre cose di pregio”. L’apertura uf ciale degli Uf zi è datata 1765, ma già due secoli prima questo
luogo veniva visitato su richiesta da un numero ristretto di amatori.

QUAL'E' IL RUOLO DELLE ACCADEMIE SORTE FRA 500-600 IN ITALIA EQUALI FURONI
LE PRINCIPALI?
>L’ Accademia è un’istituzione culturale, pubblica o privata, volta alla promozione e
all’insegnamento delle arti gurative sulla base di regole e canoni precisi,la prima ACCADEMIA
DEL DISEGNO, fondata da Giorgio Vasari nel 1563, a Firenze, sotto la tutela dei Medici
le accademie, svolgono una duplice funzione: forniscono una legittimazione teorica al processo creativo,
grazie all’elaborazione di una concezione dell’arte in cui prevale il momento inventivo rispetto a quello
operativo, e provvedono alla formazione dell’artista.
Giorgio Vasari, protagonista di una scalata sociale in seno alla corte medicea, si fece carico di ciò
inaugurando una tradizione che, pur mutandosi nei secoli, rimase ininterrotta. Dopo l’esempio orentino
altre città si mossero per fondare la loro Accademia e proporre così uno strumento di tutela della propria
peculiare tradizione artistica: nel 1580 a Bologna l’Accademia dei Desiderosi (poi rinominata degli
Incamminati) fondata dai fratelli Carracci e successivamente quella di San Luca a Roma, nel 1593, ad opera
degli Zuccari. Oltre ad impartire insegnamenti, pratici e teorici, l’Accademia si preoccupò anche di fornire
incarichi lavorativi a pittori che per qualche ragione, in particolari periodi, ne fossero privi, per esempio
nanziando i cantieri. Il termine Accademia, circoscritto all’ambito della formazione e della produzione
artistica, de nì nel corso del Seicento due realtà diverse; una istituzionale, posta sotto la protezione del
potere politico e nalizzata soprattutto alla promozione sociale degli artisti
l’altra intesa come iniziativa privata nalizzata alla formazione dei giovani aspiranti artisti
E’ infatti assodato che i migliori pittori si siano formati nell’ambito di un percorso esterno alle istituzioni che
permettesse una maggiore libertà di iniziativa.

QUANDO NACQUE LA PINACOTECA AMBROSIANA


>La pinacoteca ambrosiana, nacque per volere di Federico Borromeo,
Nel 1607 fondò la Biblioteca Ambrosiana, inaugurata nel 1609, in cui il cardinale depositò tutta la sua
raccolta libraria.
l’istituzione divenne pubblica, cioè aperta a chi volesse accedervi. La Pinacoteca poi doveva essere
perfettamente integrata con la Biblioteca ma anche risultare un organismo di supporto, didattico
naturalmente, all’Accademia del Disegno che divenne attiva solo nel 1620. I lavori per l’edi cio destinato ad
accoglierla iniziarono nel 1611 per concludersi nel 1630:
Questo amore per la natura era presente in quanto per Borromeo essa era esaltata come orizzonte luminoso
nel quale l’uomo era chiamato a passeggiare come in un Paradiso terrestre lodando l’operato creativo del
Signore. Si giusti cano così le ricche serie di dipinti attribuiti a Bril e Brueghel ma anche la celeberrima
Canestra di frutta di Caravaggio, l’unica natura morta pura attestata nella produzione dell’artista.
L’annessa Accademia del Disegno, durò poco; chiusa già nel 1629 riaprì negli anni sessanta per qualche
tempo per poi trasferirsi nel 1775 a Brera istituendovi l’omonima accademia. Se dunque il progetto di
annessione fra la Pinacoteca e l’Accademia ebbe poca fortuna, assai pro cuo fu invece il connubio con la
Biblioteca anche perché presso quest’ultima continuavano a crescere i disegni, le stampe ma anche
straordinari codici miniati.

QUALI SONO GLI ASPETTI PIU' IMPORTANTI MESSI IN CAMPO DA GIULIO MANCINI
NELLE SUE CONSIDERAZIONI?
>Giulio Mancini,, le Considerazioni sulla Pittura. Qui egli propose diversi temi di storia dell’arte ma
soprattutto suggerì le maniere più consone per conservare ed esporre i quadri all’interno delle abitazioni
private e non solo. Secondo questi, il teorico e critico più idoneo non è il pittore ma “il dilettante pratico ed
istruito” che, profondo conoscitore, darà vita alla gura del moderno storico dell’arte e attuale curatore
museale. La rilevanza delle pagine scritte da Mancini è indiscutibile perché propone pioneristiche valutazioni
sulla musealizzazione delle opere, in parte ancora oggi valide. Mancini si concentra sul mondo dei
conoscitori e dei collezionisti. Comincia a trattare del prezzo dei quadri, dato che dipende da molteplici
fattori quali la fama dell’autore ad esempio o il fatto che sia vivente o meno. Giulio Mancini parte dal
presupposto che i tesori privati, e nella fattispecie le collezioni d’arte, debbano essere condivisi.
La disposizione deve rispettare il soggetto, lo stile, l’antichità e la scuola di appartenenza. Sulla base di uno
schema vasariano, da tutti all’epoca condiviso, ma muovendosi con piena autonomia critica, enuclea il
concetto di Scuola o tendenza individuale e di maniera regionale, tramontana, lombarda, toscana e romana.
Altrettanto importante è anche la suddivisione per generi che si fanno “alti” o “bassi” in relazione alla
maggior o minore invenzione creativa dell’artista per cui all’ultimo posto si situa la natura morta.
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postula poi delle differenti funzioni attribuite ai quadri: decorative e didascaliche. Per le gallerie suggerisce
criteri spazio-temporali in opposizione alle più semplici distinzioni applicate nelle residenze seicentesche. Le
sue norme saranno poi adottate alla metà del Settecento nelle prime pinacoteche pubbliche come quella degli
Uf zi che avevano dichiarati e precisi intenti didattici. Si pro la una netta distinzione fra sfera pubblica e
privata che, nei secoli successivi, porterà all’istituzione delle discipline museologiche e museogra che.

QUALI FURONO LE PRINCIPALI ACCADEMIE SORTE IN ITALIA FRA CINQUE E


SEICENTO?

Durante tutto il Rinascimento si assiste ad una progressiva affermazione, soprattutto sociale, del ruolo
dell’artista. E’ proprio in questa fase che i tempi sono maturi .le accademie, svolgono una duplice funzione:
forniscono una legittimazione teorica al processo creativo, grazie all’elaborazione di una concezione dell’arte
in cui prevale il momento inventivo rispetto a quello operativo, e provvedono alla formazione dell’artista. A
Firenze l’istituzione dell’Accademia si con gura come il naturale punto di approdo dell’evoluzione dalla
Compagnia di San Luca formata, nel 1339, tra gli artisti orentini. Dopo l’esempio orentino altre città si
mossero per fondare la loro Accademia e proporre così uno strumento di tutela della propria peculiare
tradizione artistica: nel 1580 a Bologna l’Accademia dei Desiderosi (poi rinominata degli Incamminati)
fondata dai fratelli Carracci e successivamente quella di San Luca a Roma, nel 1593, ad opera degli Zuccari.
Nel Seicento fu fondamentale il modello proposto dall’Accademia bolognese dei Carracci che vollero
opporsi alle tendenze manieristiche di riproposizione di prototipi precostituiti ritornando ad un processo
artistico simile a quello usato da Raffaello all’inizio del secolo nella sua bottega. Lo studio del naturale e la
rielaborazione intellettuale attraverso il disegno erano le basi del modus operandi.

S
SINTETIZZARE IL METODO ADOTTATO DAI CRITICI DEL 900 PER RISCOPRIRE E
COLLOCARE IN UN PIU' AMPIO CONTESTO ARTISTICO LA FIGURA DI CARAVAGGIO
>In Europa, in particolare per quanto riguarda lo studio di Rembrandt e di Velásquez,
Michelangelo Merisi veniva ricordato e menzionato come “padre” della pittura olandese e
spagnola del XVII secolo, ed è proprio tramite queste analisi che la critica italiana comincerà a
riavvicinarsi a Caravaggio a inizio Novecento si fonda in Italia la lunga tradizione degli studi
caravaggeschi e a partire con la mostra di LONGHI NEL 1951 su Caravaggio e i caravaggeschi
che la critica inizia ad appassionarsi a questo autore considerato un genio innovatore

Negli anni che più si avvicinano a noi, molti sia Ono interessati alla gura del Merisi. Se si pensa
anche al solo termine “naturalismo”, comunemente impiegato per descrivere la modalità di pittura
caravaggesca di dipingere “dal naturale. Gli studi caravaggeschi ebbero larga di usione e proprio
in questo periodo si avvia la fama del pittore.inizio una vera caccia al Caravaggio”, portando a
delle attribuzioni che, il più delle volte, si basavano solo ed esclusivamente sull’ occhio del
conoscitore . Un secondo gruppo di studi è quello più direttamente interessato alla ricognizione
delle fonti antiche e alle corrispondenze tra le stesure delle vite secentesche e la cronologia
e ettiva della produzione e delle vicende biogra .

SINTETIZZARE I COMPLESSI CONCETTI DELLA TEORIA DELLA PURA VISIBILITA'


NELLA CRITICA DI FINE 800
Come afferma Lionello Venturi il compito della critica è quello di superare questo dualismo e di
comprendere come l’espressione psicologica si sia fatta pittura e come la visione dell’artista esprima il suo
modo di sentire. E’ stato necessario dunque formulare una scienza della visione artistica sulla base di
generalizzazioni tratte dall’osservazione delle linee e dei colori usati dagli artisti. Ciò a cui si riferisce
Lionello Venturi, è stata de nita la teoria della pura visibilità, fondata da Konrad Fiedler con il supporto
dallo scultore Adolf Hildebrand e dal pittore Hans von Marées. Il principio fondante della teoria in questione
è quello per cui non occorra costruire una nuova estetica, quanto piuttosto formularne una che si basi sulla
‘capacità del vedere artistico’ secondo cui l’artista non si distingue per una particolare capacità visiva ma per
essere in grado di passare immediatamente dalla percezione visiva alla espressione visiva.
Adolf von Hildreband nel Problema della forma (1949) sarà colui che proverà ad indicare le modalità per
rendere questa teoria una «regola» del pensiero applicabile all’arte in maniera fattiva: egli tentò dunque una
classi cazione dei simboli visivi, distinguendo fra differenti forme in relazione agli oggetti artistici, che altro
non sono che categorie di rappresentazione. Egli formulò quindi il concetto di “forma attiva” in
contrapposizione a quella “esistenziale”, di “visione lontana” e “visione vicina”. Tuttavia, la vera
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sistematizzazione in categorie avverrà grazie allo sforzo di Heinrich Wölf in, nei Concetti fondamentali
della storia dell’arte (1946) nei quali mette in relazione le manifestazioni artistiche allo stile e al periodo,
facendo riferimento alla costruzione di elementi formali, distinti per opposizione, a esempio ‘visione lineare/
visione pittorica’, ‘forma chiusa/forma aperta’ ecc. In tal modo il Barocco, argomento nodale nel campo dei
suoi studi, altro non sarebbe che una sequenza di categorie: pittoricità-profondità-forma aperta-unicità-
chiarezza relativa della visione.
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SINTETIZZARE LE FASI DI EVOLUZIONE DE LOUVRE DA PALAZZO REALE A MUSEO


MODERNO

> Il Palazzo da cui ha preso origine l’imponente struttura era l’edi cio di residenza del re di Francia che, nei
secoli, aveva assunto il ruolo di deposito di opere d’arte appartenenti alle immense collezioni reali. Sotto il re
Luigi XVI, il conte d’Angiviller, direttore generale degli edi ci reali, aveva avuto l’incarico di seguire
l’impresa e si mosse innanzi tutto acquisendo opere che colmassero le «lacune» evidenti nelle raccolte reali e
poi incaricando illustri architetti af nchè la Grande Galeria fosse resa strutturalmente più accessibile al
pubblico. Nell’agosto del 1792 vi fu la caduta effettiva della monarchia francese e nove giorni dopo fu
emanato un decreto che trasformava in museo pubblico quello che era stato il palazzo reale. Ora tutti
potevano godere del patrimonio culturale no a quel momento goduto dai singoli poiché l’educazione e
l’istruzione sono concepite come un diritto senza distinzione alcuna.. Nel gennaio 1794, venne insediato il
direttivo del museo «il Conservatore» con l’obiettivo di promuovere azioni mirate a stringere sempre più
l’istituzione museale agli obiettivi politici della Rivoluzione. Vennero dunque rimosse opere considerate
inopportune a questo ne come quelle che inneggiavano alla regalità e qualche anno dopo, con
l’insediamento di un nuovo governo, il museo divenne il Musée Napoléon (1803). Il direttore nominato fu
Denon che ebbe l’incarico di direttore da Napoleone; in quel periodo arrivarono opere più pregiate del
mondo. Dopo la scon tta napoleonica, nel 1815, la gran parte tornarono ai loro legittimi proprietari. Nel
1827 il Louvre diventò il Musée Charles X le cui sale vennero decorate in maniera particolare richiamando le
opere esposte in ciascuna: famose saranno quelle egizie, curate da Jean-François Champollion. Poi si
costruirono, nel 1857, il Nuovo Louvre e i due edi ci simmetrici collegati a loro volta a nord da una serie di
edi ci che chiudono un quadrilatero. In tutti questi nuovi edi ci si poterono con grande agio dislocare tutte le
opere godendo di sale spaziose con un’illuminazione zenitale. Nel 1895 nacque la Réunion del Musées
Nationaux, inteso a nanziare i nuovi acquisti, mentre nel ‘97 fu fondata la Societè des Amis du Louvre,
sostenitori privati. Naturalmente un museo di questa portata non smette mai di crescere e, no ad oggi, il
Louvre ha intrapreso costanti campagne di acquisizioni per rendere sempre più completo e ricco il proprio
patrimonio.

SECONDO QUALI PRINCIPI OPERÒ LUIGI LANZI NELLA SISTEMAZIONE DEGLI UFFIZI?
Tra l'autunno del 1778 e la ne del 1779, Lanzi fu incaricato di redigere, in luogo del direttore, l'annuale
relazione programmatica delle attività generali della Galleria orentina, segno del crescente prestigio presso
il governo, culminato nella nomina a reale antiquario nel febbraio del 1790. Il granduca aveva dunque
af dato al Lanzi il progetto per un’impresa di straordinaria modernità: riordinare la collezione ed aprirla
perennemente al pubblico corredandola di un catalogo. Egli volle prima di tutto eliminare le armi e gli
oggetti naturali dal percorso museale, elementi che uscirono dagli Uf zi per trovare altre collocazioni, più
appropriate e speci che. In questo si richiamò al modello di classi cazione delle biblioteche e la
disposizione seguì criteri variabili e sperimentali istituendo legami storici, stilistici e territoriali fra le opere.
Tenendo in considerazioni fonti accreditate e studi aggiornati, Lanzi organizzò ad esempio un gabinetto
etrusco, riconoscendo la fortuna critica che certe indagini sul tema avevano avuto negli anni appena
precedenti e l’importanza che rivestivano nel contesto toscano. Sempre recependo i dibattiti contemporanei e
i confronti critici in corso, dedicò uno spazio speci co ai dipinti medievali registrando il passaggio dalla
mentalità antiquaria a una visione storicizzante della storia dell’arte che sarà poi determinante per la sua
Storia della pittura. La quadreria non era distinta dalle sculture ma c’erano dei raggruppamenti: le pitture
antiche (cioè i primitivi italiani) erano raccolte nel quarto gabinetto; gli autoritratti, in sequenza per scuole,
nell’ottavo e nono gabinetto; nel dodicesimo e tredicesimo le pitture amminghe. Nei restanti gabinetti
furono divisi il museo etrusco, i bronzi antichi dai bronzi moderni, le pietre dure, le stampe e i disegni.
L’organizzazione interna della Galleria degli uf zi si dava dunque in quegli anni una struttura quasi moderna
che sarebbe poi diventata un modello per tutta Europa. Anche i lucernari realizzati per illuminare le sale in
maniera il più possibile naturale ed ef cace furono presi ad esempio esattamente come la pratica di redigere
cartellini esplicativi e stilare saltuariamente ma costantemente inventari dei beni.
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IN COSA SI DIFFERENZIA LA FONDAZIONE DEL METROPOLITAN MUSEUM RISPETTO
ALLE DINAMICHE CHE HANNO DATO ORIGINE AI MUSEI EUROPEI
> Il Metropolitan nasce da un’idea ben precisa che si fa museo: l’arte eleva chiunque possa
accedervi. .Nel 1870 furono eletti un presidente e ventisette dirigenti del museo e subito dopo fu
riconosciuta l’istituzione del Metropolitan Museum of Art che poggiava su queste linee teoriche:
«Incoraggiare e sviluppare lo studio delle belle arti e la loro applicazione promuovendo la
divulgazione. Promuovere la divulgazione di tutte le forme d’arte e, a questo ne, fornire al
pubblico iniziative culturali e ricreative. La collezione doveva essere più o meno completa di opere
che illustrassero la storia dell’arte dalle origini sino al tempo presente».

Fu eletto John Pierpont Morgan, il grande magnate dell’acciaio, probabilmente l’uomo più ricco del mondo.
Egli adottò una gestione delle collezioni che mirasse a rendere, secondo un ordine storico, il percorso
dell’arte attraverso i secoli utilizzando solo capolavori di ciascun periodo provenienti da tutti i paesi. Per
mantenere questo altissimo rigore amministrativo, volto a formare una collezione di grande rilievo, incaricò
il critico e pittore inglese Roger Fry quale responsabile della pittura.
Dunque, se le opere del Louvre venivano selezionate da Denon, grazie all’escamotage di Napoleone, e
organizzato secondo la rigorosità e gli studi del suo direttore;
con il British Museum si assiste invece ad un allestimento, con opere “recuperate” più o meno con lo stesso
principio di quello francese, ma poi somigliante ad un accumulo disordinato di oggetti in cui il pensiero
dominante era il concetto della «catena dell’arte».
Con il Moma, invece, c’è l’idea di un gruppo di uomini più che benestanti, di un luogo in cui raccogliere
opere che raccontassero e testimoniassero la storia dell’arte lungo un percorso cronologico senza buchi.

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