Introduzione
Con il presente elaborato ho deciso di analizzare con accuratezza e il più possibile nel dettaglio il
sistema bibliotecario nel Granducato di Toscana nel corso del XVIII secolo, osservando come il
passaggio di dinastie e di governi abbiano portato alla creazione e allo sviluppo di biblioteche nel
territorio, anche al di fuori della città di Firenze. Accademie, soppressioni religiose, intellettuali ed
eruditi ne hanno indubbiamente alimentato il fenomeno preso in esame rendendo il regno illuminato
e all’avanguardia nell’Europa del Settecento.
La biblioteca nel Settecento non era soltanto un luogo fisico dove erano raccolti volumi, libri e
manoscritti ma bensì iniziò ad entrar a far parte di quelle che erano le “immagini” di rappresentanza
dei poteri centrali e locali. Con il concludersi del XVII secolo e l’inizio del XVIII, in Europa, si andò
sempre più a sviluppare il concetto di architettura bibliotecaria dove il luogo doveva essere
all’altezza della sua importanza politica e sociale mostrandone la valenza attraverso l’arte e le
bellezze artistiche tardo barocche e nei decenni successivi rococò.
L'architettura bibliotecaria non era è soltanto bella in quanto tale, cioè esteticamente irrilevante con
dei progetti anche iconografici, ma era un’architettura che naturalmente non era destinata solo ad
implementare lo spazio da occupare, bensì doveva diventare uno spazio funzionale ai diversi lavori
svolti nella biblioteca
Incomincia proprio dal ‘700 una
architettura bibliotecaria, cioè una architettura che non è soltanto bella in quanto tale, cioè
esteticamente
irrilevante con dei progetti anche iconografici, ma è un’architettura che naturalmente non è, come
prima,
destinata solo ad implementare lo spazio da occupare, bensì diventa uno spazio che deve essere
funzionale
ai diversi lavori che devono essere svolti nella biblioteca
L’intervento del Granduca Gian Gastone de Medici, ultimo dei granduchi medicei, stabilì la volontà
del Regno di appropriarsi delle due raccolte. Incaricò Antonio Cocchi, docente di Filosofia nello
Studio Fiorentino, di redigere l’inventario e di compilare il catalogo di tutti i volumi presenti ai quali
sarebbe stato apposto infine il sigillo pubblico di Firenze1.
Il Granduca donò alla Biblioteca Magliabechiana il locale che in origine aveva dovuto prendere in
affitto dallo Stato e fece compiere importanti lavori di adattamento dei locali favorendo con ogni
mezzo l'integrazione delle opere. Gian Gastone de Medici non fece però in tempo a vederne
l’apertura al pubblico poiché avvenne dieci anni dopo la sua morte, nel 17472.
1
C. Rotondi, Il diritto di stampa in Toscana, Leo S. Olschki s.r.l, 1980
2
Ibidem
anche ai fatti di cronaca di Firenze, la bottega era fornita di libri in lingua latina, francese e inglese.
Durante una perquisizione eseguita nel dicembre del 1738 dall’Inquisizione per mano del padre
francescano Ambrogi, venne ricercato all’interno della libreria un manoscritto considerato eretico
ovvero la Histoire du Diable pubblicato anonimo da Daniel Defoe nel 17263. L’Inquisitore Ambrogi
procedette alla confisca dei libri proibiti senza però la preventiva autorizzazione della Reggenza e
questo scatenò lo sdegno generale del popolo illustre e acculturato.
Non essendo sufficienti i due lasciti bibliografici, venne imposta l’acquisizione di tutte le maggiori
opere dalle stamperie ed editorie del Granducato e non solo. Fu per ordine del marchese Carlo
Ranucci al bibliotecario Giovanni Targioni Tozzetti che, già durante la reggenza di Francesco
Stefano di Lorena, nel 1738 furono raccolte e ritirate dalle stamperie della città di Firenze le
maggiori opere presenti sul mercato libraio.
Il responsabile della Stamperia Granducale, Rosso Antonio Martini, alla fine del 1742 fece però
presente alle autorità governative che il numero degli esemplari da consegnare era troppo gravoso
per gli stampatori, specialmente se si consideravano le spese necessarie per la pubblicazione di
un'opera.
Vennero ritenute valide le osservazioni del responsabile della Stamperia Granducale, sia perché la
pubblicazione delle opere era effettivamente più cara in Toscana che negli altri stati della penisola,
sia perché dalla maggiore spesa derivava il maggior prezzo dei libri e la loro minore vendita, sia
perché il numero delle copie da consegnare incideva, in maniera notevole, sui bilanci delle
stamperie. Si decise di conseguenza di ridurre il numero delle copie da consegnare alle biblioteche,
passando da otto a quattro, ad eccezione di quelle spettanti alla Biblioteca Magliabechiana. Questa ed
altre leggi imposte non vennero rispettate né dai bibliotecari, né dai stampatori e né tantomeno dalle
autorità competenti.
Nella società della nobiltà e dell’aristocrazia del Settecento divenne d’uso comune finanziare
economicamente il mercato editoriale specie, in questo caso specifico, nelle città di Firenze e Lucca,
dove dal 1759 venne concessa la riedizione dell’Encyclopédie; mentre l’edizione livornese del
grande dizionario venne finanziata e protetta direttamente dal Granduca di Toscana4.
3
G. Adilardi, C. Lenzi Iacomelli, Accademie, salotti, giochi di società e amori segreti nella Firenze del Settecento, Angelo Pontecorboli
Editore, 2017
4
R. Pasta, Mediazioni e trasformazioni: operatori del libro in Italia nel Settecento, Archivio Storico Italiano, 2014
Per comprendere gli eventi inerenti al sistema bibliotecario del Granducato di Toscana nel Settecento
è importante soffermarsi sulla figura del Granduca Pietro Leopoldo il quale fu in grado, attraverso
una serie di politiche riformatrici ed illuministe, di aprire una nuova parentesi nella storia della
Toscana e di Firenze. Pietro Leopoldo nacque il 5 maggio 1747 a Vienna, nono figlio
dell’Imperatrice Maria Teresa d’Asburgo e di Francesco Stefano di Lorena. Dotato di intelletto,
empatia e consapevolezza della propria posizione provava maggior interesse nell’avvicinarsi alle
esigenze del popolo piuttosto che a quelle di corte, dettaglio caratteriale che si ripresenterà
nell’attività politica del suo regno. Succedette alla morte del padre al governo del Granducato nel
1765 prendendo sede a Palazzo Pitti5.
Sin da subito diede la possibilità al popolo di ricevere udienza e dimostrò già nel primo anno di
governo il suo animo caritatevole attraverso l’elemosina. Visitò, affiancato dalla moglie Maria Luisa
di Borbone Spagna, alcune città del Granducato fra le quali Pisa, Livorno e Siena volendo constatare
personalmente la situazione negli ospedali, orfanotrofi, scuole, biblioteche e chiese e stilando
documenti e relazioni precise e dettagliate. Riformò l’istruzione volendo trasformare il sistema
scolastico in un servizio civile, laico e pubblico.
Garantendo l’alfabetizzazione condusse il popolo verso una maggiore consapevolezza della loro
importanza.
Per quanto in età giovanile fosse stato seguito in ambito educativo dal precettore gesuita Carl Anton
Martini, nel 1773 decise di seguire l’onda delle corti europee e soppresse l’ordine della Compagnia
di Gesù conducendo una Riforma Ecclesiastica atta ad abolire l’arricchimento degli ordini e della
chiesa stessa. Il governo decretò, nel marzo del 1786, l’abolizione delle compagnie, congregazioni,
centurie e confraternite di natura ecclesiastica o secolare compresi i terzi ordini6.
I beni delle istituzioni soppresse non furono confiscati ma devoluti alla sovvenzione del clero
bisognoso. Naturalmente le reazioni furono diverse da quelle sperate poiché l’alto clero e la nobiltà
non giansenista gli furono contrari oltre al popolo che vide in queste manovre un attacco diretto alla
pietà religiosa comune ed antica.
Nella Toscana Leopoldina centri editoriali come Lucca e Livorno fornirono la base e l’appoggio
culturale ed economico alla ristampa e all’introduzione di opere in francese come alla nascita
imprenditori librari come ad esempio quella di Pazzini di Siena, di Aubert e di Marco Coltellini che
5
H. Peham, Pietro Leopoldo Granduca di Toscana, Bonechi, 1990
6
P. F. Listri, Pietro Leopoldo Granduca di Toscana. Un riformatore del Settecento, Firenze Leonardo Edizioni, 2016
nel 1764 aveva dato alla stampa la prima edizione de “Dei delitti e delle pene” del celebre e filosofo
milanese Cesare Beccaria, il cui volume divenne fondamentale per la riforma criminale del Granduca
Pietro Leopoldo7. D’altro canto, più precisamente in questo periodo di governo, la maggior parte
della produzione editoriale divenne strettamente legata alla contraffazione delle opere tratte dal
catalogo della nuova produzione editoriale8.
Gli episodi di soppressione ecclesiastiche degli anni Ottanta del Settecento segnarono una svolta
importante nella storia delle biblioteche e dell’editoria. La dispersione delle biblioteche conventuali
ebbe un impatto immediato sull’economia del libro, privando i librai di uno sbocco importante e
gettando sul mercato una grande quantità di libri di seconda mano. Queste soppressioni sconvolsero
la geografia urbana dell’accesso al libro che si era consolidata nel susseguirsi dei secoli intorno agli
istituti religiosi.
Dopo l’espulsione dei membri dell’ordine dei Gesuiti, avvenuta nel 1773, le soppressioni volute da
Pietro Leopoldo negli anni Ottanta colpirono circa duecentoquaranta conventi nel territorio del
Granducato di Toscana, uno Stato dov’era stata messa in opera in Età Moderna una legislazione
destinata a proteggere i manoscritti, i libri rari e intere biblioteche in quanto parte del decoro
pubblico. Nella maggior parte degli Stati italiani, la redistribuzione dei libri gesuitici è legata alle
riforme scolastiche e universitarie. Accanto o in assenza di una politica scolastica forte, i libri dei
Gesuiti furono spesso utilizzati per fondare nuove biblioteche pubbliche, per iniziativa del Sovrano,
del Comune o di privati. La soppressione della Compagnia di Gesù rese più rapide le di disposizioni
locali preesistenti, nel render disponibili un edificio o un nucleo di libri e nel suscitare donazioni
private e l’intervento dei pubblici poteri.
In Toscana, la sorte delle biblioteche fu strettamente legata agli sviluppi della politica scolastica, di
cui la soppressione dei collegi ne segnò l’inizio. Pietro Leopoldo scrisse nel 1773 le “Note
sull’educazione” nelle quali sviluppò la sua concezione di un’educazione pubblica e laica al servizio
del popolo. Il Granducato contava nove collegi distribuiti fra le città di Siena, Firenze, Livorno,
Prato, Borgo San Sepolcro, Pistoia, Arezzo e Montepulciano. L’amministrazione del patrimonio ex
gesuitico venne affidata nel settembre 1773 al conte Federico Barbolani da Montauto il quale,
7
G. Adilardi, C. Lenzi Iacomelli, Accademie, salotti, giochi di società e amori segreti nella Firenze del Settecento, Angelo Pontecorboli
Editore, 2017
8
E. Di Rienzo, Intellettuali, editoria e mercato delle lettere in Italia nel Settecento, Studi Storici, 1998
nell’aprile del 1774, avanzò proposte in merito alle scuole da mantenere, le trasformazioni da recare
agli istituti e al loro funzionamento.
Le riforme, risultate da una stretta collaborazione politica tra il Granduca e il vescovo di Prato e
Pistoia Scipione de Ricci, affrontarono il problema della trasformazione delle istituzioni
ecclesiastiche e il rinnovamento economico e sociale del Granducato di Toscana. Obbiettivo era
quello di perseguire un progetto di razionalizzazione della rete monastica tale ridurre numericamente
le comunità di religiosi e di orientare le loro attività verso compiti socialmente utili alla comunità
come l’istruzione e l’assistenza pubblica. Ordini come i Celestini, gli Agostiniani Scalzi, i
Cistercensi e i Teatini vennero soppressi fra il 1781 e il 1785 mentre gli altri, ad esempio i
Domenicani, venero radunati in un numero limitato di proprietà. Secondo le istruzioni dell’ottobre
1784 un’amministrazione del Patrimonio Ecclesiastico, cui compito assegnato era quello di gestire i
patrimoni degli istituti soppressi e amministrare le rendite delle parrocchie, venne incaricata di
riaffittare, vendere o concedere in gestione le terre e gli edifici e di vendere la mobilia9. Un quarto
dei beni e delle rendite venne restituito alla congregazione originaria, la metà fu assegnata al
mantenimento del clero secolare, il rimanente venne concesso ai seminari, alle scuole pubbliche e
agli ospedali. Gli edifici invenduti vennero trasformati in seminari, scuole o case per altri ordini
religiosi presenti nel territorio dello Stato. Per i libri degli istituti religiosi, l’assenza di uno schema
organizzatore lasciò libero sfogo alle rivendicazioni delle istituzioni, che mobilitarono le loro
relazioni negli ambienti ecclesiastici e amministrativi. Ad esempio i libri dei Domenicani di
Montepulciano furono così disputati nel 1785 tra la biblioteca pubblica di Arezzo e le scuole
pubbliche di Montepulciano. Il contenuto libraio della biblioteca dei Domenicani di Arezzo venne
distribuita nel 1785 tra l’accademia ecclesiastica e il seminario arcivescovile per l’educazione del
popolo e del clero10.
Angelo Maria Bandini nacque a Firenze il 25 Settembre 1726 e, sotto la guida del latinista gesuita
Girolamo Lagormasini, fu introdotto allo studio della letteratura e della scienza. Giunto ai trent’anni
d’età e dopo gli studi, divenne bibliotecario alla Biblioteca Marucelliana nel 1752 e alla Laurenziana
nel 1756.
Il Granduca Francesco Stefano di Lorena gli accordò una pensione per le sue fatiche di bibliotecario
mentre il figlio Pietro Leopoldo in un primo momento gliela sospenderà nel 1769, pur
riconfermandogliela nel 1771. L’antipatia e l’astio nei confronti del Granduca traspare dagli scritti
dell’erudito e studioso. Si aprì la seconda e più lunga fase di attività del Bandini, il cui impegno
culturale sembra identificarsi con il lavoro di catalogazione dei manoscritti della celebre biblioteca.
Proseguendo la catalogazione del suo predecessore il Bandini dedicò nel 1763, nel 1768 e nel 1770,
altri tre tomi alla catalogazione dei manoscritti greci ai quali furono affiancati, con scansione annuale
tra il 1774 e il 1777, i quattro tomi del catalogo dei manoscritti latini e nel 1778 il catalogo dei
manoscritti italiani, comprendente anche la catalogazione delle accessioni più recenti. Di quei
manoscritti che provenivano da diverse altre biblioteche pubbliche e private fiorentine e soprattutto
da biblioteche di monasteri e conventi soppressi in conseguenza delle riforme è che la politica
leopoldina tendeva a concentrare appunto nella Laurenziana la maggior parte dei volumi11.
L'impresa del Bandini rispondeva dunque ad una esigenza profondamente diffusa in grado di porre a
disposizione degli studiosi, nel caso specifico della Biblioteca Laurenziana, i tesori manoscritti di
una delle più famose biblioteche europee. A confermare tale analisi fu la qualità e la quantità del
carteggio dello stesso Angelo Maria Bandini che, proprio a partire dagli anni Ottanta e Novanta del
Settecento, periodo nel mentre i tomi del catalogo iniziarono a circolare a raggio più largo subì
un'impennata per l'infittirsi dei rapporti che il bibliotecario intrattenne con innumerevoli
corrispondenti sparsi un po' dovunque in tutto il vecchio continente ed in particolare con l'Inghilterra,
i Paesi Bassi austriaci e l’Impero Asburgico.
11
M. Rosa, Cultura toscana e cultura europea nel Settecento: intorno ad Angelo Maria Bandini, Archivio Storico Italiano, 2005
Angelo Maria Baldini fu un anti gesuita e, pur rimanendo in alcuni casi amico di ex confratelli
dell’ordine soppresso, non simpatizzò mai per il giansenismo tant’è che spesso si trovò in contrasto
con l’ideologia e le riforme politiche portate avanti dal governo del Granduca Pietro Leopoldo12.
Bibliografia
12
F. Sabba, Angelo Maria Bandini in viaggio a Roma (1780 – 1781), Firenze University Press, 2019
E. Chapron, Il Patrimonio Ricomposto . Biblioteche e soppressioni ecclesiastiche in Toscana
da Pietro Leopoldo a Napoleone, Archivio Storico Italiano, 2009
E. Di Rienzo, Intellettuali, editoria e mercato delle lettere in Italia nel Settecento, Studi
Storici, 1998
F. Sabba, Angelo Maria Bandini in viaggio a Roma (1780 – 1781), Firenze University Press,
2019
G. Adilardi, C. Lenzi Iacomelli, Accademie, salotti, giochi di società e amori segreti nella
Firenze del Settecento, Angelo Pontecorboli Editore, 2017
H. Peham, Pietro Leopoldo Granduca di Toscana, Bonechi, 1990
M. Rosa, Cultura toscana e cultura europea nel Settecento: intorno ad Angelo Maria
Bandini, Archivio Storico Italiano, 2005
P. F. Listri, Pietro Leopoldo Granduca di Toscana. Un riformatore del Settecento, Firenze
Leonardo Edizioni, 2016
R. Pasta, Mediazioni e trasformazioni: operatori del libro in Italia nel Settecento, Archivio
Storico Italiano, 2014