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Antonio Milone

ANGELO MARIA BANDINI (1726-1803)


E GLI AVORI DI 'GRADO' E 'SALERNO'

Gli studi di erudizione e antiquaria del XVIII secolo in bell'agio vo mettendo insieme disegni di pitture e sculture
Italia aprono una nuova pagina della fortuna dei primiti­ sac re le più antiche che io posso, che siano qua nella no­
vi: la scoperta degli avori medievali. Questo capitolo trova stra Toscana. Vo in cerca ancora di Dittici, in somma di
un primo caposaldo nelle pubblicazioni di Filippo Buo­ antichità sacre di ogni sorta"3•
narroti (1661-1733) sugli oggetti d'arte della tarda anti­ Bisogna riconoscere che Gori, con l'ostinazione nella
chità e del medioevo e in particolare nelle Osservazioni ricerca di avori, apre e definisce un nuovo campo di studi
sopra tre dittici antichi d'avorio (1716) 1. Il percorso si vie­ suJia scorta della lezione di Buonarroti. Senza per ora poter
ne definendo nei decenni successivi grazie all'interesse affrontare una disamina degli oggetti individuati per il 111e­
sempre più vivo per l'argomento da parte del suo allievo, saurus, occorre segnalare almeno che dalla corrispondenza
Anton Francesco Gori (1691-1757), autore del primo at­ viene fuori anche un problema metodologico: la distinzione
lante della produzione eburnea medievale, il 11,esaurus tra il ristretto numero dei dittici e il mare magnum degli
veterum diptychorum (1759), pubblicazione postuma cu­ avori medievali. Intorno al 1742, Gori mostra di voler re­
rata da Giovanni Battista Passeri (1694-1780)2. alizzare un'opera sui dittici, come appare da una lettera a
Nei testi e nella ricca corrispondenza dell'antiquario Domenico Fontanini, nella quale chiede al nipote di cerca­
fiorentino frequenti sono i richiami al progetto di racco­ re tra le carte dello zio, lo studioso Giusto Fontanini: "altri
gliere e pubblicare oggetti d'arte medievale e, in primis, i dittici antichi, tanto sacri che profani consolari, o di scritti,
dittici tardoantichi, insieme all'idea di illustrare monu­ o di fogli stampati, ovvero di qualche opuscolo dagli oltra­
menti medievali della Toscana e di Firenze (del Battistero, montani stampato, poiché io sto preparando i materiali
in particolare, di cui era preposto). In una lettera all'abate per fare un'opera molto bella di tal genere"◄• Dello stesso
Guido Grandi del 1738, Gori annuncia che va raccoglien­ tenore è la lettera dellerudito napoletano Matteo Egizio del
do dittici e antichità cristiana, una prerogativa comune 12 Dicembre 1741, frutto di uno scambio di idee sul tema:
con !erudito Domenico Maria Manni, i cui studi sono in­ "Quanto à Dittichi, non mi par che abbiano alcun merito
farciti di riferimenti ad opere d'arte medievale, e con l'an­ quelli che non hanno lettere, o almeno figure significanti,
tiquario fiorentino trapiantato a Roma Francesco Vettori, ed insegne di dignità, come nella Notizia dell'uno, e
la cui ingente raccolta passerà ai musei vaticani: ''A mio dell'altro Imperio: onde di altri avori no farei caso".

I li saggio di F. Buonarroti, Os.senrazioni sopra tre antichi dittici d'avorio appar\'e in appendice a F. Buonarroti, Osservnzio11i sopra a/ermifrmmne,rti di
vasi a11tichi di vetro ornati difig11re trovati 11e' cimiteri di Roma (Firenze, 1716), 231-83; sull'antiquario, Filippo Buo11arroti e la rnltura a11tiquaria
sotto gli ultimi Medici, cat. moslra, Firenze, Casa Buonarroti, 25 Mar. - 25 Sett. 1986, ed. D. Gallo (Firenze, 1986).
2 A. F. Gori, Thesa11r11s veterw11 diptychorum co11solari11111 et ecclesiasticor,1111, ed. G. D. Passeri, 4 voll. (Firenze, 1759); l'opera era già in slampa nel 175-1
e prima della morte dell'autore si era giunti alle tavole dell'appendice, che, insieme al terzo volume, appare la parte più disomogenea, comprendendo
sia avori non provenienti da dittici che codici, dipinti e oreficerie.
3 L'epistolario di A11ton Fra11cesco Cori, cd. C. De Bencdictis (Firenze, 2004), URL: <http://electronica2.unifi.it/gori/a.f.gori.htm> (consultato ncll'Apr.
2015); sullo studioso si veda L'epistolario di Anton Frn11cesco Cori; C. Gambaro, Anto11 Francesco Cori col/ezionista:formazionc e dispersione della
raccolta di nntic/1ità, Studi-Accademia Toscana di Scienze e Lellerc La Colombaria 244 (Firenze, 2008); A. Visconti, "'Ella sogna Dittici.' Gli avori
bizantini e medievali nell'opera di Anton Francesco Gori (1691-1757)� Arte Medievale s. IV, 2 (2012), 22 1-70.
4 Già nel 1736, in occasione della morte di Giusto Fontanini, Gori aveva chiesto al nipote di vendergli il volume di Wiltemio sul dillico Jeodiense 0
altre opere a stampa e disegni di antichità sacre in possesso del monsignore; si veda Racco/I/I di lettere scritte i11 cliverse 111aterie all'abate Dome,rico
Fo11tn11ini (Venezia, 1765), 131, 142.

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Antonio ,\1,lo n�

Tuttavia è molto probabile che lo stesso Gori, nel corso per ]a qual cosa gli si accese nell'animo un ardentissi­
del tempo, abbia cambiato idea sulla composizione del mo deside rio, non solo di acquistare libri, ma ancora
Tliesnurus. Aver raccolto dai più svariati corrispondenti antichi monumenti di ogni genere, sacri e profa ni'
in Italia e all'estero disegni e notizie su molte Jccine di Sulla scia di questo discepolato presso Gori, inizia ad.In­
avori medievali lo aveva convinto che si potesse dar vita, teressarsi di avori, come rivela la sua corrisponde nza. 1
Jopo l'esame dei dittici veri e propri, ad una sorta di ap­ occasione della villeggiatura estiva del I 743, condotta nel�
pendice nella quale inserire molti degli avori reperiti (e la residen za di campagna del giureconsulto fiorentino
tanti ancora resteranno sepolti nelle sue carte) e altri og­ Antonio Filippo Sarchi, suo benefattore, e della rnoglie , la
getti d'arte, come quelli del tesoro del battistero fiorenti­ pisana Livia Pieri (per lui una seconda famiglia), come
no. Infatti, nell'avviso dell'opera pubblicato nel.la primave­ egli stesso annota:
ra del 1754 si annuncia la presenza di un centinaio di
tavole di avori, numero più o meno corrispondente a nel tempo che li altri si divertivano o in giochi O in
quello definitivo dell'opera a stampa. In questo man forte balli e nel rappresentare commedie all'improvviso, si
darà Passeri che, inoltre, comporrà le Expositiones alla ritirava il nostro giovanetto in alcune torri o sta nze
quarta parte di monumenti sacri predisposti da Gori. Alla segregate dai rumori per attendere con quiete ai suoi
fine, quindi, vedrà la luce il primo onnicomprensivo pro­ studi, applicandosi ad illustrare alcune tavole tte di
getto di Gori, di sicuro inviso a molti studiosi del tempo avorio che aveva osservate nel Museo Gori.
che, nel nuovo clima di studi, mal digerivano ammassi di Primo frutto di questi studi sarà una dissertazione pre­
oggetti in opere dal disegno enciclopedico ma profonda­ sentata nell'autunno del 1743 probabilmente presso !Ac­
mente superficiali;. cademia degli Apatisti a Firenze e dedicata al conte di Ri­
Per tutta la vita, il canonico fiorentino Angelo Maria checourt, presidente del Consiglio di reggenza lorenese
Bandini, bibliotecario della Marucelliana (dal 1752) e del­ che, memore probabilmente della cortesia, nel 1746 gli
la Laurenziana (dal 1756), coltiva la passione per l'anti­ assegnerà un posto al Collegio della Sapienza a Pisa. La
quaria. Trascorre gli anni della formazione giovanile tra frequentazione dello studio di Gori aveva condotto, dun­
Firenze e Pisa, dove si addottorerà nel 1751. Non ancora que, Bandini ad interessarsi di questo nuovo campo di
ventenne, sotto la guida del suo primo mentore, Anton studi intrapreso con la solita tenacia dal versatile antiqua­
Francesco Gori, e ricalcando le orme del grecista Anton rio fiorentino e, per non essere da meno del suo maestro,
Maria Salvini ( 1653-1729) e di Buonarroti, comincia a intraprende ricerche parallele per procacciarsi avori da
dare prova delle sue qualità di ricercatore, dimostrando
studiare o da possedere8.
notevoli capacità letterarie e grande interesse per i libri e i
La prima pubblicazione di Bandini sull'argomento ri­
manoscritti oltreché per l'antiquaria 6• Bandini int.rapren­
sale al 1746: riguarda un frammento erratico della catte­
de la sua carriera di studioso segnalando da Pisa iscrizioni
dra di Massimiano a Ravenna, la placchetta dello schiena­
antiche a Gori e grazie alla scoperta di queste epigrafi
le con le Nozze di Cana e il Sogno di Giuseppe/ Viaggio a
presso collezioni private cittadine:
Betlemme, di cui si era procurato da qualche anno un
si conciliò sua benevolenza onde lo ammesse nella sua calco in gesso che con grande liberalità aveva donato a
scelta e copiosa biblioteca e dovizioso museo, dove Gori9• Lopera, con una prefazione scritta "e meo Museo" e
doppo le ore della scuola si tratteneva per ricreazione; con le due tavole dell'avorio nelle dimensioni naturali,

5 Lorenzo Mehus , in una lettera a Ferdinando Galiani del 14 maggio I 754, dà notizia dell'inizio della stampa del I11esa11rns, rimarcando: "Vorrei cose
nuove, e vantaggiose o alle scienze, o all'uman genere": Il carteggio inedito Ferdi11a11do Galfrmi-lorenzo 1\,fe/ms ( / 753-86), cd. G . Nicolelti (Napoli,
2002), 70. Anche Angelo Maria Bandini, in una lettera a Mario Guarnacci del gennaio 1765, non appare molto soddisfano del lavoro compiuto da
Passeri; si veda E. Spalletti. "Collezionismo, intrighi di mercato e tutela delle antichità etrusche volterrane nei carteggi Guarnacci, Gori e Bandini",
Rasseg11a l'olterra11a 79 (2002): 177-213, in pari. 207.
6 l'vl. Rosa, s. v. Bandini, Angelo Maria". in Dizionario biografico degli italiani (Roma, 1963), 5: 696-706; i saggi contenuti in U11 erudito del Settecenro:
00

A11gelo Maria Ba11cli11i, atti di convegno, Firenze, 22 Ott. 1990, Itinerari eruditi 4, ed. R. Pintaudi (Messina, 2002); Il i\foseo Ba11di11i a Fiesole. ed.
M. Scudieri (Firenze, 1993).
7 Le segnalazioni sono pubblicate in A. F. Gori, /11scriptio11es a11tiq11ae quae i11 Etruriae 11rbib11s exstm1t, voli. 3 (Firenze, I i26-43), 3: XXIX. 363.
8 Le due citazioni sono estratte dalla biografo manoscritta preparata dallo stesso Bandini per la pubblicazione di G. M. i\fazzucchelli , Gli scrittori
17),
,l'Italia, voli. 6 (Brescia, 1753-63), 2.1: 217-25, do,•e comparirà con notevoli tagli (Biblioteca Marucelliana di Firenze IBMFl, ms BI 48, cc. 15,

I manoscritti di Bandini sono conservati per la gran parte presso la Biblioteca Marucelliana di Firenze. In proposito, ringrazio il direttore e il pers
nale della Sala Consultazione per la cortesia e la disponibilità.
46);
9 A. M. Bandini, /111mtiq11am tab11/a,11 ebumeam sa cra q11aeda111 D. N. lesu C/1risti mysteria a11aglyp/,o opere exhiben te111 observ11tio11es (Firenze. _1?
,nv,ò
le tavole furono eseguite grazie alla munificenza del nobile fiorentino Giovan Battista Bargigli, cognato ed erede del giureconsulto Sarchi . Gon

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Angelo MJria lhmlon1 ( 1726-1803) e gli a,·ori d1 'Grado' e ·�•lerno'

viene illu�trata sulla scorta delle trJtlazioni di IJuonJrroti


e di Giovanni Lami ( 1 697-1770), senLa porre tuttavia at­
tenzione al contesto originario dell'opera e al monumento
da cui proveniva e portando a confronto opere medievali,
tra cui una steatite con il Redentore della sua collezione'".
La seconda prova dell'antiquario fiorentino è del 1747:
una Dissertazione sopra 1111'a11tica tavoletta di avorio, già
in preparazione nell'autunno dd 1746, pubblicata nella
Raccolta di Calogerà e offerta al cardinal Angelo Maria
Querini. Come riferisce nella lettera dedicatoria, la plac­
chetta:
si conserva in Pisa, una copia della quale mi fu corte­
semente comunicata da un mio illustre amico nella
dimora che facevo in quella insigne Accademia, acciò
potesse io fare sopra di essa ne' tempi delle vacanze
alcuna riflessione 1 1 •
L'autore ammette le difficoltà nello studio dellopera che
gli "sembra de' tempi antichi" e nella quale riconosce la
rappresentazione di soldati che versano vino:
si potrebbe con maggiore sicurezza credere che sia
stata scolpita in occasione di qualche magnifico e
lauto pranzo a' propri soldati dal loro imperadore Fig, I Nozze di Cana, da A, M. Bandini, In anliquam tab11la111
apprestato, avanti d'intraprendere qualche fiera e eburneam sacra quaedam D. N, Iesu Cltristi mysteria a11aglyplto
disastrosa battaglia per animarli maggiormente alla opere ex/1ibe11tem observationes (Firenze, 1746)
pugna,
La notizia della sua presenza a Pisa e la pubblicazione
Riconosciamo, invece, nell'incisione pubblicata a corredo dell'incisione da parte di Bandini scalza l'ipotesi avanzata
del saggio di Bandini (Fig. 1) la lastra eburnea frammen­ da Paul Williamson circa la presenza dell'avorio a Venezia
taria (oggi al Victoria and Alberi Museum di Londra) delle a metà del Settecento sulla base di un disegno presente
Nozze di Cana (Fig. 2) con il particolare del riempimento nella città lagunare {Fig. 3). Infatti, lo schizzo, opera di Jan
delle giare, associata dalla storiografia artistica, per stile e van Grevenbroeck, al servizio di Pietro Gradenigo tra gli
dimensioni, al gruppo degli avori di Grado 12 , anni 1 755-76 al fine della preparazione di numerose rac-

l'oggello a Giovanni Gaetano Bollari che pubblicò le Nozze di Cana quasi contemporaneamente a Dandini; si veda G. Dollari, Sculture e pitture sagre
estratte dai cimìterj di Roma .. ,, 3 voli. (Roma, 1737-54), 2: XIV-XV): ringraziando "!'eruditissimo signor Gori che mc l'ha comunicato con quella
cortesia, colla quale tanto volentieri promuove la pubblicazione delle finora riposte e sotterrate antiche memorie�
10 La scena del Viaggio a Betlemme compare, per volontà di Gori che riceve da Dandini i rami nel Febbraio 1756, in Gori. Thesaurus veterum diptyc/ro­
ru m, 4: 36-37 e tav. XlL li curatore del 'flresa11r11s, Passeri ripropone le note di Gori che identificava la scena come la Fuga in Egiuo, tralasciando
quanto egli stesso ave-•a scritto in precedenza criticando Dandini per l'identificazinnc della scena del Viaggio come Fuga in Egitto, si veda G. B.
Passeri, JEPO0PONOT. sive de tlrrono sacro, in A, F. Gori, Thesaurus gemmar11111 <111tiq11arum astriferarum, 3 voli. (Firenze, 1750), 3: 226-27. Sui
frammenti dispersi della cattedra di Massimiano interviene anche Carlo Trivulzio, che ne acquista un frammento nel 17H componendo sullòpera
una dissertazione inedita, resa nota da M. Pontone, "Collezionismo di avori in casa Trivulzio nella seconda metà del Settecento. Un autografo ine­
dito di don Carlo Trivulzio con sue osservazioni su una tavoletta eburnea della cattedra episcopale di Ravenna·: Libri&Documenti 38 (2012): 81-105,
e F. Tasso, "li codice NA C 88-89 della Biblioteca Trivulziana di Milano. Un importante manoscritto di don Carlo Trivulzio sulla cattedra di Massi­
miano", Libri&docume11ti 38 (2012): 107-16.
Il A. �1. Dandini, "Dissertazione sopra un'antica tavoletla di avorio': Raccolta dopusco/i scientifici efìl<>logici 37 ( l ì47): 227-51. L'estratto con lettera
dedicatoria (Di Angel<> Maria Bandini Dissertazione soprn r111'a11tica tavoletta di avorio a s11a Emi11en:a il signor cardinale Angelo Mana Querini Bi­
bliotecario di Santa Chiesa e Vescovo di Brescia ec., Vinegia, presso Simone Occhi, MDCCXLVII) è conservato presso la Biblioteca Nazionale Cen­
trale di Firenze. A differenza della dissertazione sull'avorio ravennate, il saggio <Id 1747, forse anche per le incomprensioni che contiene, è stato
completamente ignorato dalla storiografia successiva.
12 E, Maclagan, "An Earl)' Christian Ivory Relief of the Miracle ofCana� B11rli11gto11 Magazine 38 (1921): 178-95. L'opera, comprata dal museo nel \921,
proviene dalla raccolta del pittore inglese Thomas Gambicr Parry ( 1816-88) che acquistò numerose opere nei suoi viaggi in Italia, si veda 11,omas
Gambier Parry (/816-88) as Artist and Collector, cat, mostra, Londra, Courtauld Institute of Art, 3 Mar. - l Sett. 1993, Cheltenham, Cheltenham Art
Gallery and Museum, 1 1 Sett. - 6 Nov. 1993, cd. D, f-arr (Londra, 1993),

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Antonio 1'hlone

Fig. 3 Jan van Grcvenbroeck, Riprod11zio11e di avorio


i'�t
Fig. 2 Nozze di Cana, frammento con il Riempimento delle ubb/ '
giare, VII secolo, 1 1 .3 x 9.2 cm, avorio, Londra, Victoria and (Bamli11i 1 747), 1 7-17-76, Venezia, Biblioteca Corr
e;,ms
Alberi l'v(useum, num. inv. A. I - I 921 3, fol. 4r

colte di antichità, si rivela una copia dell'incisione pubbli­ vento teatino dei SS. Apostoli di Napoli, riconoscendone
cata nella Raccolta di Calogerà 13 • il valore erudito più che cultuale, come rivela la didascalia
Lo stato frammentario della lastra delle Nozze di Cana che accompagnava l'operaH.
e la sua presenza a Pisa nel 1747 allontanano l'avorio dalla
Vencrandae vetustatis monumentum in Lazaro ad
'cattedra di Grado'. Le sue condizioni suggeriscono un ri­
vitam revocato, morem antiquum sepeliendi mortuos
trovamento casuale o una conservazione accidentale
fascia circumligatos representans ex eburnea Theca
dell'opera nella città toscana e non permettono di ipotiz­
sacrarum reliquiarum quam Pius S.us P. M. in templo
zare un arrivo da Grado alle coste tirreniche, per via anti­
Amalphitano divi Andreae collocaverat.
quariale o grazie ad un acquisto; appare, infatti, poco pro­
babile che un avorio mutilo e di difficile lettura possa aver Lòpera, quindi, era stata recuperata da monsignor Bo­
attirato l'attenzione di eruditi o antiquari per un'acquisi­ logna quando risistemò tutte le reliquie della chiesa amal­
zione a fine collezionistico nella prima metà del secolo fitana in una nuova cappella; essa risultava proveniente da
XV I I I. una "theca eburnea" offerta da Pio I I ( 1 458-64) alla catte­
Questo nuovo elemento si associa alla presenza a/J a11- drale. I l pontefice ebbe relazioni per via familiare con la
tiq110 ad Amalfi di un altro avorio del gruppo con la Re­ città campana e un rapporto particolare con l'apostolo
surrezione di Lazzaro. L'opera, dal 1856 nel British Mu­ Andrea, i l cui corpo era custodito nella cripta del duomo
sewn, restò presso la cattedrale lino a quando l'arcivescovo di Amalfi. Nel 1461 il nipote Antonio Todeschini Piccolo­
cittadino Michele Bologna (1 70 1-3 1 ) non la donò al con- mini ebbe i n feudo il ducato di Amalfi, dote per le nozze,

1 3 P. \Villiamson, Medievnl ll'ory C11rvi11gs. Enrly Cliristia11 to Rom1111esque ( Londra, 2010), 60-61. Sui disegni e sull'autore I. Favaretto, "le 'Antich1ta
profane' di Giovanni Grevembroch: disegni dall'antico nella Venezia del XV 111 secolo': Aquileia 11ostr11 57 ( 1986): 597-616. li disegno è presente in
un volume che accoglie fogli erratici non inclusi nelle Varie ve11ete mriosità sncre e prof1111e quale loro append ice o completamento. In proposito,
ringrazio il doti. Piero Lucchi della Biblioteca Correr di Venezia per le notizie.
1-1 Sulla vicenda settecentesca dcU'opt:ra, si veda S. Dc Mieri, "Per una fortuna critica degli avori di Salerno", in L'e11igma degli avori medievali da Am<1/­
fi II Salerno, c•t. mostra, Salerno, l-luseo Diocesano, 20 Dic. 2007 - 30 Apr. 2008, cd. F. Bologna, 2 voll. (Pozzuoli, 2007-08), I: 99-131, in part
102-04.

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Angdo Maria llandm1 ( I ;26- 1803) e gli .1,ori <li ' Grado' t 'Salerno'

cclebrJte il 6 Gennaio 1462, con una figlia naturale di re copia della pianta, in posses�o dell'erudito lombardo l\lau­
Ferrante d'.Aragona, rinsaldando i legami tra la curia pon­ ro Boni, che ne approntò una replica nel 1 8 1 3 per Aubin­
tificia e il regno di Napoli. Nel 1462 il papa depose nella Louis Millin ( 1 759-1818), nel cui fondo parigino di dise­
basilica vaticana la testa del santo per tradizione con�er­ gni oggi si conserva••. Nelle due copie troviamo versioni
vata a Patrasso, e ricevuta nel 1 460 da Tommaso Paleolo­ differenti della didascalia della lettera H, relativa al tesoro:
go, fratello dell'imperatore bizantino. Quando collocò in
San Pietro la testa di Andrea inserita nel husto reliquiario Porta che introduceva per una scala al ripostiglio delle
eseguito per l'occasione dall'orafo fiorentino Simone di reliquie, dove conservasi ancora alcuni pezzi della
Cattedra di S. Marco d'avorio, che usava in Alessan­
Giovanni Ghini, inviò al duomo della sua Pienza la teca
dria, nobile prezioso dono dell'imperatore Eraclio a
originale bizantina con un frammento della mandibola
questa chiesa sino l'anno 632 (Farruglio, 1 780); Porta
del santo.
Possiamo ipotizzare che, con fare analogo, nella stessa che introduce al sacrario sotteraneo delle reliquie
(Boni, 1813 ).
occasione il papa abbia donato alla cattedrale amalfitana
il reliquiario eburneo che conteneva la placchetta con la Le testimonianze, pur diverse, devono essere ritenute at­
Resurrezione di Lazzaro. La "theca" fu destinata, molto tendibili e traggono origine dalla pianta originale della
probabilmente, all'altare nella cripta dove si conservava il prima metà del Settecento. Esse rivelano una traccia si­
corpo del santo; infatti, come riferisce nel secolo successi­ gnificativa per la ricostruzione delle vicende dei fram­
vo l'erudito napoletano Giovan Battista Bolvito, "questo menti della cattedra eburnea: conservati, come gli avori <li
altare è tutto vacuo da dentro, et vi si conservano anco Salerno, nel tesoro della cattedrale almeno fino al 1733.
dentro d i esso molte altre reliquie de' santi et sante, poste Ne consegue che solo in seguito essi siano stati dispersi.
dentro certe casciette di avolio, et in altri vasi hellissimi" 15. Alla luce di quanto ipotizzato, possiamo ritenere che le
La presenza ab antiquo dell'avorio con la Resurrezione lastre con episodi della vita dell'apostolo Marco, che la
di Lazzaro ad Amalfi come la comparsa delle Nozze di critica ha riferito alla 'cattedra di Grado: concentrate oggi
Cana in uno stato frammentario a Pisa prima della metà nelle raccolte milanesi e provenienti dalla collezione <lei
del Settecento ci inducono a riflettere sull'insieme stilisti­ pittore romantico Giuseppe Bossi ( 1 777- 1 8 1 5), appaiano
camente omogeneo dei cosiddetti avori di Grado. Finora più convincentemente associabili alla sedes eburnea della
la critica si è mossa, quasi unanimemente, nel riferire ad città patriarcale. Invece, la disseminazione ab antiquo delle
un medesimo monumento i numerosi pezzi dispersi oggi placchette neo-testamentarie in un ampio triangolo geogra­
nei musei di mezzo mondo e per i quali non abbiamo fi­ fico che comprende Pisa, Amalfi, o, in alternativa, Roma
nora alcuna attestazione certa sulla loro destinazione ori­ (dove potrebbe essere stato confezionato il reliquiario di
ginaria. Le analogie nelle dimensioni, le stringenti rela­ Pio II estraendo frammenti dal patrimonio artistico-cul­
zioni formali, alcune particolarità iconografiche hanno tuale medievale della città), suggerisce due strade: la ri­
indirizzato gli studi verso la 'cattedra di Grado: monu­ cerca di un secondo monumento sul versante tirrenico,
mento che sembra essere stato presente nella sede patriar­ oppure la possibilità che queste opere siano il frutto di
cale della città friulana, come ci assicurano le numerose pratiche comuni di bottega, dello stesso milieu artistico,
testimonianze storiografiche lungo tutta !età moderna, ma con destinazioni diversificate. Quest'ultima ipotesi
che tuttavia lo mostrano già in uno stato frammentario. non appare certo la più remota, come rivela il numeroso
A tal proposito richiamo l'attenzione sulla pianta del nucleo di opere satelliti che ruotano attorno a due massi­
duomo di Grado pubblicata nel 1972 e ritenuta opera di mi monumenti della tradizione eburnea del medioevo: il
don Stefano Ferruglio coadiutore del parroco lagunare trono di Massimiano e gli avori del duomo di Salerno.
( 1758-90). Il contenuto delle accurate annotazioni fanno Ritornando a Bandini, nella dedica della dissertazione
invece ritenere che essa sia la copia di un originale più <lei 1747 al cardinal Querini annunciava un nuovo lavoro
antico risalente al 1733. Ciò è confermato da una seconda sugli avori:

15 La testimonianza è in G. B. Bolvilo, Registri delle cose familinri di rnsa nostra (Biblioteca Nazionale di Napoli, Fondo S. 1'1artino, mss. 101-102), Il, I 58.
16 La pianta Fcrruglio, con la trascrizione delle annotazioni, è in G. Cuscito, "Una pianta se11ecentesca del Duomo <li Grado e le iscrizioni musive del
secolo VI", At/uileia Nostra 43 (19i2): 105-24; per la pianta Boni-Millin e le sue didascalie, in Il vit,ggio disegnato. A11bi11-Louis J\lilli11 11ell'Jtalia tli
Napoleone /81 1-13, cd. A. M. D'Achille et al. (Roma, 2012), 190, 283; G. Toscano, "'Le lion de Saint-1'larc a été brisé, j'en suis fàché!' lviili in ii Venise·:
in Vorages et conmence patm11011iale. A11bi11-Louis Mii/in 1 759-1818 entre Frm1ce et ltalic I Viaggi e coscie11za pe1tri111011iale. Aub111-Lo11is Mii/in
1759-1818 tm Francia e Italia, alti di convegno, Parigi, 27-28 Nov. 2008, Roma. 12-13 Dic. 2008, ed. A. J\l. D'Achille et al. (Roma, 20 1 1 ), 478-79.

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Antonio ,\ hlnnt

melagra no col �crpe . .


avYit acchiato al fusto S eg
. • ue la
;-.1 i a rdirò sotto gli auspicj fa,·orevoli dell'E. \·. dt far Cacciata dal Parads�o. 1 !J,·on della terra ai
quali fu
vedere la luce ad una mia lab orio�a fatica colla quale
condan nato l'uomo dopo il peccato , la corruttela
nell'occasione d'illustrare una ta,oletta amatori,t de'
dell'uomo, la fabbricazione d ell'a rca , il dilu vio et p .
bassi secoli, Yengo a rischia rare molte graziose coSIU­ . . c. 01
seguono I fatti del Nuovo Testamento, cominciando
manzc pr aticate da' nostri antichi.
dall.1 Na tività fino alla Crocefission e del Sig nore dov
. . . e
Tutta, i a, le vicende biografiche di Bandini, che nel g iro di il Cristo s1 o se� va c_on q ua ttro ch1od 1 col supp eda
neo
pochi anni si dovrà spostare a Volte r ra, poi a Vien � a e � e con i fe moral i sta 111 mez10 alla Madon na e a San
Ro ma, la sua separazione dall'ambiente goriano e das �uot Giovan ni Evangelista sopra de' quali si legge s. MA.
percorsi d'indagine, il rinnovato legame co n Lami e, infi­ RIA SCS IOHS. Altri peZ7i levati dai suoi luoghi 5ooo
ne, la scelta della carriera di bibliotecario, lo sep areranno posti la teralmente ali 'altare appartenen ti parte al Vec.
definitiva mente dagli studi di antiquaria sugli avori me­ chio, parte al Nuovo Test a mento essendo stati tutt i i
dievali'-. Resterà tuttavia l'interesse per le opere, soprat­ pezzi, come abbiamo osservato, mal collocati, qua ndo
tutto nel ca mpo collezionistico, e l'attrazione p er tali ma­ si è preteso di metterlo assieme e di q ui collocarlo. Vi
nufatti quando vi si imba tte in giro per l'Italia. Proprio in sono pure va ri contorni bellissimi di fregi, che doveva.
occasione del viaggio a Rom a e a Napoli (I 780-81 ), du­ no ricorrere a U'intorno tra mezzati d a vari busti di santi.
rante la lunga permanenza in Campania, l'erudito visiterà
Sa lerno il 28 Febbra io, dedicando particolare attenzione Bandini, con un attento es ame, ci presenta per la prima
al duomo e la sciandoci la più a ntica descrizione de l grup­ vo lta puntu almente la disposizione dei pezzi secondo il
po di avori di Salerno, allora custoditi gelosamente nel riallestimento degli avori re alizzato intorno al 1730, in
tes o ro dell a cattedrale 18: occasione dei restauri all a sa l a del tesoro del duomo saler­
Quello cbe sarebbe degno di una particola re osserva­ nitano 1 9. L'antiquario prest a attenzione al ciclo nel suo
zione e di un lungo esame si è il paliotto di avorio i nsieme e nella successione tra Antic o e Nuov o Testa­

istoriato che in antico dovea se rvire per il grande mento, alle peculiarità iconografiche e alla presenza di
alta re della Chiesa e che disfatto in appresso è stato iscrizioni; rivela, inoltre, un inusitato interesse per i pezzi
mal a mente adattato all'alta re della sagrestia. Quivi in non istori ati come le cornici e i clipei e le tessere con bus­
46 pezzi di avorio, male disposti, si osserva no rappre­ ti (che interpreta come figure di santi), suggerendo anche
sentati i fatti del Vecchio e del Nuovo Testamento. À u na lo ro disposizi one primitiva qu al i elementi infram­

di lunghezza braccia 4 e un terzo e braccia 2 e ½ d'al­ mezzati di contorno alle scene sacre, e ipotizzando una
teua. Comincia dalla Crea zione del cielo, dove si vede destinazione originari a dell'intero complesso di avori per
l'ente supremo che forma la luce e le tenebre colla l'antependium dell'altare maggiore della cattedrale. Nella
parola LUX ET NOX. Segue la Crea zione degli a ngeli, descrizione si sottoline a a più riprese l'inesatto ordine dei
della terra, degli alberi, fru tti etc., dell'uomo ed è os­ pezzi e lo studioso, con ac u me, intuisce che anche tutti gli
servabile che si vede la donn a sa ltar sù dalla cost a altri pezzi, relegati a llo ra sui fia nchi dell'altare e al di fuori
dell'uomo giacente. Ne viene Adamo che mangia il del paliotto , si a no appartenuti, fin d all'origine, allo stesso
po mo offertogli dalla donna che sembra un limone o monu mento. Dimost ra quindi una precoce consapevolez-

I 7 I saggi non furono accol11 con grande favore nel circolo di Cori e queste critiche si inserivano nel clima delle polemiche tra Cori e Lami, che 1idero
Dandini tentare dapprima on difficile equilibrio tra le posizioni divergenti dt•i suoi numi tutelari per poi aderire alle istanze culturali rappresentate
da Giovanni Lami; lo si percepiva dalla critica di Passeri citata in precedenza e appare ancora più evidente in uno stralcio di lellcra a Cori ddl'ant1·
quario torinese Paolo Maria Paciaudi in occasione della dissertazione ravennate di Bandini: "Bella maniera di pensare. Se ciò gli insegna il suo
Maestro, va benissimo. lo mi ;upello di essere Oagellato da Lami per le ingenue, e vere lodi date a lei".
18 DMF, Angelo Maria Bandini, Viaggio a Roma t 11el Rcg110 ,I, N11pol1, 1780-81, ms. B I 18, cc. 239r-240r. Sul resoconto del viaggio, ancora inedito: G.
Ferr.iù, "I diari di viaggio a Roma, Napoli e in Padania di Angelo lllma Bandini� in Un tmdito del Settect11to: Angelo Maria Bandi11i, 95-1 15. Galia·
m annota in una lettera a lllehus del Giugno 1781: ·11 can. lla.n dini visse qui quasi incognito, e si seppclll nelle nostre biblioteche"; si veda /I c,,rtcggro
mtdito Ferdi11a11do Galiani-Lore11:o Mtl111s (175J-86), 167.
19 Sulle vicende degli avori A. Braca, Gli a,·orl med,cvn/1 dd Museo diocesa110 d, Salemo (Salerno, 1994), t t-14; Dc l\lieri, "Per una fortuna critica degli
avori di Salerno"; M. Cali, "Sull'.issctto origin3rio degli 3\'0ri di Salerno: storia delle testimonianze e delle supposizioni", in Il'lligma degli a,-on mt­
d1evt1li da Amnlji a Salerno, I 33-53; A. Mllone, "La morte di Anania: un avorio salernitano perduto� in 11ie "Amalfi" - "Salerno· /l'OniS and rh,
Meditval Medilerra11ean, atti di com·cgno, Amalfi, 10-13 Dic. 2009, Quaderni del Centro di Cultura e Storia Amalfitana 5, ed. F. Dell'Acqua (Amai·
fi, 201 I), 33-16. Aggiungo nuove notizie di restauri Ira il I 754 e il 1756: nel Luglio t 7S-1 un pagamento di ducati 0.0.60 al maestro marmoraro Nic·
cola VicinJni.i "per avere accomodato alcuni pcui d'avolio nel paliotto del Reliquiario"; nel t 756, lavori più impegnativi: si pagano ducali 3.50.o·�r
3CC�moda�ura de( paliotto d'avoli� nell'altare del reliquiario" e ducali O.SO per "pulitura dei quadrelli d'avorio" e ducati t .SO per "avanti dell'altare
0

aggiustato (Arch1v10 diocesano d, Salerno, fase. 388, Libro del/ introito e del/esito del Reliquiario).

58
Angdo i\lJ11J n•nJint (17i6- 180J) e gh JH>ri di 'Gmlo' e ·�alerno'

za ddl'unitariet,\ del gruppo d1c, purtroppo, mJturer.\ che cosa il fargli disegnare. Onde ditemi cosa possa io
solo molto più tardi Ira gli �tudio�i e, 1,oprattutto, tra i re­ fare per servirvi, che niente da me si trascurerà.
sponsabili della tutclJ del monumento; una mancanza di
consapevoleua che concorrerà a determinare la disper­ Gori è di nuovo interessato:
sione e alìenazione di molti dei pezzi collocati ,11 di fuori Quando bisogni spendere uno zecchino o una doppia
del pannello centrak• 20. per far disegnare l'altare di avorio storiaio di Salerno
La testimonianza del bibliotecario fiorentino app.ire, fatelo; e basta che il r,1me non ecceda la grandezza di
per molti aspetti, più preziosa dei precedenti riferimenti tutto intero questo foglio, e sia fatta bene con esattez­
di Ferdinando Galiani ( 1 728-87). ll giovane illumin ista za, cd io ascriverò a Voi tutto il merito della scoperta e
napoletano, infatti, nel 1 7 5 1 aveva scoperto il complesso dell'assistenza e però subito che avete un sottoscritto,
nella penombra del sancta sa 11ctoru111 delJa calledrale, impiegate in tal disegno questo denaro. Fatelo prima
probabilmente sulla spinta del circolo di studiosi napole­ che si entri ne' gran caldi.
tani (Matteo Egizio, il canonico Mazzocchi, Martorelli,
Paciaudi tra gli altri) in contatto con Gori per l'impresa Alla fine, lòstinazione del fiorentino vince l'indolenza d i
del 171esa11rus e, forse, su suggerimento del celebre filoso­ Galiani: sappiamo d i una lettera dello studioso napoleta­
fo economista Antonio Genovesi ( 1 713-69), originario no, giunta a Dicembre di quell'anno e che doveva conte­
nere un'illustrazione dell'opera, alla quale Gori risponde2 1 :
del Salernitano, già insegnante nel seminario cittadino.
Primo nel mondo degli studi, li aveva segnalati allo stu­ Quelle figure dell'altare salernitano saranno del
dioso fiorentino, facendogli visita nella primavera del Xlii o XIV secolo; non vi pigliate più briga, e non spen­
1 752, con una promessa espressa per lettera nell'Agosto dete che porreste anche me in una spesa troppo esorbi­
dello stesso anno: tante. Quello che più m i preme è aver notizie delle
è impossibile avere i gessi di que' che sono nella sacre­ scoperte di Ercolano, specialmente dal 1 749 fino ad ora.
stia della Cattedrale di Salerno, ma un disegno non Queste parole confermano che egli possiede dati nuovi
dispero di poterlo far fare, benché l'anno passato mi ci per giudicare l'opera: un disegno probabilmente, non fe­
sia provato con infelice esito. Se m i riuscirà glielo dele allo stile dell'opera al punto da far scivolare, agli oc­
manderò. Sicché su d i ciò riposi in me, perché quello chi di Gori, la collocazione cronologica corretta di Galia­
che non fo io non lo farà alcun altro. ni verso l'età gotica 22 . Non sarà tuttavia la datazione a far
arrendere lo studioso (che inserisce nel 171esaurus anche
Nel Giugno del 1 754, in occasione della raccolta di ade­
avori del Trecento), tantomeno la cogenza delle notizie su
sioni per la prossima stampa del 171esaurus, Galiani rin­
Ercolano, ma di certo la conformazione dell'opera, oltre
nova a Gori la segnalazione:
alla spesa che ne sarebbe conseguita per la sua riproduzio­
A Salerno ci è un altare con trentasei pezzi d i avolio ne completa: un paliotto non trova infatti corrispondenza
che si possono benissimo metter tra' vostri dittici, e tra le pur diversificate tipologie che compaiono nell'atlan­
sarebbero senza dubbio i più illustri. Sono a parer mio te goriano. Gli avori di Salerno, come, ad esempio, la cat­
del X l 0 o duodecimo secolo, e forse più antichi ancora. tedra ravennate (allora già ben nota), non hanno possibi­
Contengono fatti del vecchio, e nuovo testamento. lità di djaJogo con i dittici e gli altri oggetti eburnei accolti
Ditemi se fanno al vostro proposito. Costerebbe qual- dal pur accomodante enciclopedismo di Gori e Passeri.

20 Anche nel conteggio degli avori (36 per Galiani nel 1754, 46 per Bandini) e nel dare le misure ("braccia 4 e un terzo e braccia 2 e ½ d'altezza" = m
1,45 x 2,50), lo studioso fiorentino comprende le due ali laterali e la predella dell'altare.
21 La lettera di Galiani con il disegno, per ora irreperibile se non perduta definitivamente, dové giungere a Gori in prossimità del 1 2 Dicembre 1 754,
giorno della risposta definitiva citata. Sulla vicenda, G. Nicoletti, "li primo soggiorno fiorentino di Ferdinando Galiani e il suo carteggio inedito con
Anton Francesco Gori'; in Studi difilologia e critica offerti dagli allievi a la11fra11co Caretti, 2 voli. (Roma, 1985), I: 355-40 1; De Micri, "Per una
fortuna critica degli avori di Salerno'; 100- 02.
22 Jl disegno più antico conservato del paliotto fu fatto eseguire dall'eruJito fra11ccse Millin in occasione del suo viaggio i n Italia ( 1 8 1 1 - 1 3), si veda ed.
Dì\chille, li viaggio disegnato, 42-43, 278; della visita alla cattedrale (Maggio 1812) e degli avori riprodotti è menzione in A.·L. Millin, "Extrait de
quelques lettres adressés à la Classe de la Littérature ancienne de l'lnstitut impérial par A. L. Mili in, pendant son voyage d'ltalie': 1Wagasi11 encyclopédi­
q11e 3.2 ( 1 8 1 4 ) : 5-75, in pari. 42: "un grand cadre, qui contient des morceaux quadrangulaires d'ivoire au nombre de 30� Lo studioso (A.-L. Millin,
Voyage dans le Milannis, a Plaisance, Panne, Modéne, Ma11/011e, Cré111011e et da11s pl11sie11rs a11tres vii/es de l1111cie1rne lombardie, voli. 2 [Parigi, 1 8 1 7],
I: 66 nota) ricorda ancora il complesso salernitano descrivendo il Dittico 'greco' con le Feste del Signore nel tesoro del duomo di Milano: "l'ai fait
dessiner une suite de vingt-quatre tablettes scmblables dans l'eglisc de Salerne''.

59
Fabrizio Crivello

GLI AVORI DI 'AMALFI/SALERNO':


CONSIDERAZIONI SUI PRESUPPOSTI ARTISTICI,
SULLA CRONOLOGIA E LA LOCALIZZAZIONE

Dopo l'incontro tenutosi ad Amalfi nel Dicembre 2009, Un punto discusso ad Amalfi e che ha trovato un certo
che segnò l'inizio del progetto di studio sugli avori di consenso è quello dell'esistenza di due gruppi principali di
'Amalfi/Salerno' 1 , ci si sarebbe aspettati una serie di nuove opere, quello di Amalfi e quello di Salerno - dei quali il
acquisizioni sulla cronologia e la localizzazione di queste primo è tra i presupposti per il secondo - e della presenza
importanti opere, per le quali l'attenzione degli studiosi era di un gruppo secondario accanto a quest'ultimo. Per que­
stata risvegliata dalla mostra salernitana del 2007-082 • In sta produzione in avorio si è ritenuto che le opere andas­
quelle occasioni, la mostra e l'incontro, furono presentate sero considerate in una cornice più ampia, mediterranea,
e discusse alcune delle numerose questioni ancora irri­ in cui centri minori si affiancavano a que!Ii di più antica
solte connesse agli avori 'amalfitani/salernitani' con l'aus­ tradizione, collocandole all'interno di un fenomeno di
picio di uno studio interdisciplinare che tenesse conto pluralismo culturale. In questo scenario, importante ma­
degli aspetti storici e culturali, cosi come di quelli relativi teriale di confronto è offerto dalla produzione degli oli­
alla tecnica dell'intaglio e al grado di usura delle placche. fanti, per i quali è ora disponibile uno studio sistematico3 .
Rimaneva e rimane incerto il contesto storico che li ha In realtà non è semplice trovare con quello strano stru­
visti sorgere: la Salerno capitale normanna - con la pre­ mento che è l'interdisciplinarità risposte precise per la
senza di Gregorio VII, Roberto il Guiscardo e Alfano di storia dell'arte; lo stato delle conoscenze non è sostanzial­
Montecassino-, oppure la Salerno dellepiscopato di Gug­ mente cambiato e ci si trova ancora di fronte a domande
lielmo da Ravenna (1137-52) - con i suoi rapporti con per le quali non si dispone di nuovi e validi argomenti ri­
Ruggero II e la Palermo normanna - o ancora quella del solutivi. Gli avori di 'Amalfi/Salerno: così come quelli più
vescovo Romualdo II Guarna ( 1152-81), storico, medico, antichi milanesi del 'gruppo di Magdeburgo'\ sollevano,
promotore di una riforma liturgica e di magnifici arredi infatti, questioni di fondo sui loro inizi, ovvero sui loro
in cattedrale. Anche la funzione di quelle placche conti­ presupposti artistici e sulla cronologia. In ogni caso, no­
nua a essere incerta e dibattuta, così come la localizzazione nostante le incertezze che li contraddistinguono, sono
dell'atelier che le produsse. probabilmente questi consistenti gruppi di avori prodotti

Queste pagine tengono conto delle discussioni avvenute durante le giornate di studio di Amalfi (Dicembre 2009) e di Firenze (Giugno-Luglio 2012);
in par ticolare si sono giova te dei suggerimen ti di Francesca Dell/\cqua, Herbert Kessler e Valentino Pace. Altri contributi non meno impor tanti sono
giunti in un secondo momento, come quelli di Charles T. Li ttle, Giulia Orofino e Michele Tornasi. A giovani studiosi coinvolti in ricerche su temi
dell'avorio medievale _ a Giampaolo Distefano e, soprattutto, a Francesca Pis tone - si devono gli aiuti occorsi per riunire alcune voci bibliografiche.
J Si vedano i co11 tributi in forma breve riuniti in T11 e "Amalfi" - "Salerno" lvories a111i tl1e Medicval Mediterra11ea11 , atti di convegno, Amalfi, 10-13 Dee.
2009, Quaderni del Centro di Cultura e Storia Amalfitana 5, ed. F. Dell'Acqua (Amalfi, 2011). Cfr. anche i resoconti di S. Armando, Rasscg11a Storica
Salemitana 28.56 (2011): 229-45; E. Scirocco, Rassegna del Ce11tro di C11lt11ra e Storia Amaljita11a, 22=32.43-44 (2012): 249-53, e il tes to di Kathrin
Miillcr ("Old and New. Divine Revelation in thc Salerno Ivories•: Mitteihmge,, des K1msthistorisc/1 e11 li1stitules i11 Flore1 1z 54.1 [2010-12I: 1-30) pre-
sentato all'incontro di Amalfi.
2 I.enigma degli avori medievali da Ama!fi a Salerno, cat. mostra, Salerno, Museo ?_iocesano, 20 ?ic. 2007_ - 30 Apr. 2008, e.?· F. Bologna, 2 voli. (Poz-
zuoli, 2007-08). Prima della mos t ra gli studi si erano sostanzialmente ass�stat1 m torno alle ncer�hc d1 R. P. Bergman, � School of Romanesque
lvory Carving in Amalfi': Metropolitan Muse11111 Joumal 9 (1974): 163-_86; idem, Tl1e Salerno Ivories. Ars Sacra/rom Med,eval Amalfi (�ambndge '.
MA, 1980). Si veda anche D. Gaborit-Chopin, fl'oires du moyen age (Fnburgo, 1978): 121-25; A. Braca, GI, avori med1eva/1 del /l'hlseo D1oces11110 dr
Salerno (Salerno, 1994). . . 2014).
· d'1 M . Glaser, Die mittelalterlic/1e11 OJifa11te,
�• Die Elfenbemskulpturen, 2 voli. (Berhno,
3 A. ShaIem con Ia coIla borazione . 1 Kaiser
. Stift111 . Ottos des Grofte11 .. de11
·
,.,11,· tz , Die Gruppe der Magdeb11rger
1 10grafia prece d ent e, H. r,
4 S.1 veda, con b'bl' Elfe1 1l1ei1 1 tafel11. Eme g fur Magdebur-
ger Dom (Magonza, 200 I).

61
Fabnziu Cnullo

Fig. 2 Capua, cattedrale di Santa Maria Assunta, base del fonte


battesimale, simbolo dellevangelista Marco, Xl secolo, pietra

sca l'Italia con la varietà dei vasi o delle gemme e di ossi 0


di incisioni in oro") 5• L'Italia, all'inizio del XII secolo, van­
tava - accanto ad altre tecniche di arte suntuaria - un pri­
mato nell'intaglio dell'avorio, dal momento che in questo
caso il termine os, letteralmente osso, indica una delle fonti
di materiale eburneo, della cui lavorazione Teofilo parla in
due appositi capitoli nel terzo libro del suo trattato6•
Se intorno all'anno 1100 la fama dell'Italia, in partico­
Fig. 1 Agnus Dei e simboli degli evangelisti, X-Xl secolo,
23.5 x 13.7 cm, avorio, New York, Metropolitan Muscum lare della Campania, per la lavorazione dell'avorio appar e
of Art, 17.190.38 giustificata dalle opere ancora conservate, meno chiara
doveva essere la situazione alcuni decenni prima. Tra X e
in Italia che possono avere impressionato, all'inizio del XI secolo si colloca la placca in avorio con l'Agm1s Dei e i
XII secolo, il monaco tedesco celato dietro lo pseudonimo simboli degli evangelisti di New York (Metropolitan Mu­
di Teofilo. Nel prologo al primo libro del suo celebre trat­ seum of Art, num. inv. 17.190.38), che probabilmente de­
tato, il De diversis artibus, egli offre una delle più antiche e corava la legatura di un manoscritto (Fig. 1) 7. I confronti
preziose testimonianze di un artista medievale di fronte con l'illustrazione dell'Exultet di Benevento (Città del
alla geografia delle tecniche del suo tempo. Chi si fosse Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, ms. Vat. lat. 9820,
dedicato allo studio del suo testo, avrebbe potuto scoprire sezione 1) 8, realizzato tra il 981 e il 987, e con i rilievi
"quicquid in vasorum diversilate seu gemmarum ossium­ della base del fonte battesimale della cattedrale di Capua
ve sculptura auro decorai Italia" ("qualsiasi cosa abbelli- (Fig. 2)9, riferito all'XJ secolo, non lasciano dubbi sulla

5 Theophilus, De diversis artibus (The Various Arts), Oxford Mcdieval Texts, ed. e I rad. C. n. Dodwell (Oxford, 1961 ): 4. li trattalo di Teofilo vanta una
vasla bibliografia; si vedano i recenti contribuii e la bibliografia riuniti in Zwiscl1t11 Kr111st/11111dwerk rmd Kwrst: die "sclred11la dil-marum artrrmr•,
Mrscellanea mediacvalia 37, ed. A. Speer (Berlino, 2014}, in particolare ivi G. Sprigath, "Die sakramentalc Bcstimmung der Kunslfcrligkeiten in dtn
drei Prologen der 'Schedula diversarum artium' von Theophilus Prcsbyler": 408-22. Sui prologhi si veda anche P.-A. Mariaux, "La 'double' forma1ion
dc l'artisle selon Théophile. Pour une lecturc dHférente dcs prologues du 'De diversis artibus�. in Florilegium. Scritti dr storia del/arte ili orrort dr
Carlo Berte/li, cd. L Golay et al. (Milano, 1995): 42-45.
6 Theophilus, De diversis artib11s (lire Vario11s ,1rts), capp. XCIII-XCIV: 166-68.
7 M. E. Frazer, "Medieval Church Trcasuries� Metropolita11 Musewn o/ Ari Bul/etin 43.3 (1985-86): 1-56, in pari. 13, 16; \\� D. Wi.�om e M. Lawson._
"Picturing lhe Apocalypse. Illuslrated Leaves from a Medieval Spanish Manuscrip1·: Metropo/itar, Mrrseurrr o/ Art Bullcti11 59.3 (2003): 1-56, rn
pari. 5; W. D. Wixom, "Medicval Sculpture al thc Metropolitan, 800 lo I 400� Metropolita11 M11se,mr o/ Art Bulletirr 62.4 (2005): 1-�8. in part. S:
V. Pace, Arte medievale in Italia meridionale, I, Campa11ia, Nuovo Medioevo (Napoli, 2007): 14-15.
8 Exultet. Rotoli liturgici dell'Italia meridionale, cal. mostra, Abbazia di Montecassino, 20 Magg. - 31 Ag. 1994, cd. G. Cavallo, G. Orofino e O. Pecert
(Roma, 199�): 101-18 (V. Pace).
9 M. T. Tozzi, "Sculture medioevali campane. Marmi dal IX al XII secolo a Cimilile e a Capua", Balletti11o darle 25 (1931-1932): 505-17, in pari.
513-15; Pace, Arte medievale: 13; F. Gandolfo, La scultura 11or111a11110-sveva irr Campania: botteghe e modelli, Centro Europeo di Studi Normanni -
Collana di fonli e studi 9 (Bari, 1999): 7, 16.

62
Gli avon di 'Amalfi/SJ!cmo': Cons1dcraz1oni sui presupposti artìstict, sulla cronologta e la local1z1azìonc

sua origine campana, che si può forse precisare in ambito utilizzati per l'altare maggiore, le icone dell'iconostasi, le
beneventano. Tuttavia l'altissima qualità dell'intaglio new­ travi del ciborio, il grande candelabro (il phnrus); il legno
yorchese rbulta isolata, senza presupposti e, soprattutto, delle travi dell'arco dell'abside maggiore, dell'arco trion­
senza possibilità di collegamento con la produzione in fale e della fronte del coro; lo stucco e il vetro delle tran­
avorio successiva, che in confronto appare del tutto estra­ senne da finestra; la pietra dei cancelli dell'iconostasi; i
nea, al punto che in un primo momento si era proposto di marmi incrostati della decorazione pavimentale. Purtrop­
riconoscere nella placca del Metropolitan un'opera d'Ol­ po non si conosce cosa Desiderio avesse fatto realizzare
tralpe. Questa diversità formale potrebbe corrispondere a in avorio, ma se il principio adottato da Leone di Ostia
una distanza cron ologica, che spingerebbe a collocare la nell'elencazione dei materiali è stato quello di seguire la
placca di New York e gli avori di 'Amalfi/Salerno' agli es­ realizzazione delle opere volute da Desiderio, si dovrebbe
tremi di un ambito cronologico, per il quale non si dispo­ ammettere non solo che il grande abate si sarebbe procu­
ne di un orientamento ricavabile su basi oggettive. rato "studiosissimos artifices" anche nella lavorazione
Di legature in avorio, accanto ad altre in oreficeria, par­ dell'avorio, ma che essi sarebbero stati incaricati di esegui­
la Leone di Ostia nella Cronaca di Montecassino, dove re una rilevante opera di arredo per la nuova hasilica. For­
non si manca di ricordare i libri liturgici fatti realizzare da se - come nel caso dei mosaicisti - Leone Marsicano inte­
Desiderio nei suoi primi anni di governo abbaziale ( 1058- se anche sottolineare, attraverso un artificio retorico, il
71 ), il periodo che corrisponde alla fase protodesideriana ruolo di Desiderio nell'aver dato un impulso alla rinascita
dello scriptorium (" I 066-1071: innovatio")' 0 : "Fecit et li­ dell'intaglio eburneo. Montecassino si configurerebbe,
bellum ad cantandum in gradu sive ante altare eumque quindi, come uno dei centri documentati della lavorazio­
tabulis eburneis mirifice sculptis et argento ornatis an­ ne dell'avorio in Campania nel secondo terzo dell' XI seco­
nexuit" ("Fece fare anche un piccolo libro per cantare al lo, di cui però non si conosce esattamente il ruolo 13.
gradus o davanti all'altare e lo fece rilegare con tavole d'a­ Gli anni che vedono sorgere la rinnovata Montecassino
vorio mirabilmente scolpite e ornate con argento") 11• Più di Desiderio coincidono con la realizzazione della casset­
avanti, di seguito al famoso passo relativo alla necessità ta di Farfa (Tesoro dell'Abbazia), una cassetta reliquiario
della chiamata dei mosaicisti da Bisanzio, che avrebbero con scene cristologiche e una grande raffigurazione della
dovuto educare anche alcuni giovani monaci del mona­ Dormitio della Vergine ( Fig. 3) 14. Si tratta dell'opera cen­
stero, Leone di Ostia ricorda che "Non autem de his tan­ trale del gruppo di Amalfi, con una datazione che si ricava
tum, sed et de omnibus artificiis, quecumque ex auro ve! dall'iscrizione di dedica. Come è noto, accanto al commit­
argento, ere, ferro, vitro, ebore, ligno, gipso ve! lapide pa­ tente, Mauro di Amalfi, sono ricordati sei suoi figli; due di
trari possunt, studiosissimos prorsus artifices de suis sibi essi - Giovanni e Mauro il Giovane -, in base alla testimo­
paravit" ("Tra i suoi, quindi, si procurò maestri abilissimi nianza offerta da Amato di Montecassino, risultano morti
non solo in queste arti, ma anche in tutti quei lavori che si nella guerra contro i Longobardi di Salerno poco dopo la
possono eseguire con l'oro, l'argento, il bronzo, il ferro, il consacrazione della basilica di Desiderio del 1071. Il limi­
vetro, l'avorio, il legno, lo stucco o la pietra") 12• È stato os­ te cronologico dell'opera si colloca quindi tra la fine del
servato che in questo elenco di materiali sembrano riflet­ 1071 e l'inizio del 1072. Dal momento che il committente
tersi le opere fatte realizzare in occasione dei lavori di rico­ della cassetta, Mauro di Amalfi, si ritirò nel 1071 a vita
struzione della basilica desideriana: l'oro e l'argento monastica a Montecassino, è stata più volte argomentata

10 G. Orofi no, "La miniatura a Montecassi no. 1066-1071: ìnnovalio'; Miniatura a 1Wo11tecassi110. Letà desideriana, direzione scientifica di G. Orofi n o,
coordinamento scientifico dì R. Casavecchia, Ebook interattivo (Cassino, 2013).
1 1 Leo Marsican us, Clrronica monasterii Casine11sis, 3, 18 (MGH SS 34: 384); F. Newton, Tl,e Scriptoriwn mrd Library al Mo11tecassi110. 1058-1105,
Cambridge Studics in Palaeograph)' and Codicology 7 (Cambridge, 1999): 22, 56, 255.
12 Leo Marsicanus, Clr ronim 111011asterii Casinensis, 3, 17 (MGH SS 34: 396); H. Bloch, Mo11te Cassino in lire Middle Ages, 3 voli. (Roma, 1986): 45-46,
87; Cronaca di Montecassino (Ill 26-33), Biblioteca <li Cultura Medievale, cd. F. Aceto e V. Lucherin i (Milano, 2001): 56-57.
13 Collegamenti tra gli avori di Salerno e l'ambiente cassinese sono stati proposti da L. llechcruccì, "Gli avori di Salerno", Rassegna Storica Salemitana
2.1 ( 1938): 62-85, in part. 85; P. Williamson, recensione a R. P. llergman, Tl1e Salerno lvories, B11rli11gto11 1Wagazi11e 124 ( 1982): 299-300, in part. 299;
c. Greenia, "The Salerno Ivories Unsolvcd Problems & Unanswercd Questions·: lvlo1111menta Ap11liae ac Japygiae 6.6 (1995): 7-32, in part.
17-18; F. Dell 'Acqua, "'Il grande foglio del mare': gli avori di Salerno e il Mediterraneo medievale': Rassegna Storica Salemitana 50.2 (2008): 103-24,
in pari. 1 1 2.
14 P. Tocsca, "Un cimelio amalfitano''. Bollettino darle 27 (1 933-34): 537-43; J. Enckell Julliard, "Entre patricìat urbain et pouvoir nobiliaire: Maurus
d'Amalfi et le destinataire du coffret en ivoire dit de Farfa", Li1ristocratie, /es arts et liirclritect11re tÌ l'époq11e romane, actes des X.XXV II' Journées Ro­
manes de Cuxa (8-15 Lug. 2004), Ca/riers de Saint-Micliel de C1ua J6 (2005): 141 -49; A. Braca, "I ntorno alla cassetta di avorio di Farfa. li cimelio, il
donatore e b bottega amalfitan a", l.im igma degli avori medievali, I: 161 -201 . Per una descrizione tecnica dell'opera, si veda il contributo di Giovanni
Guardia in questo volume.

63
Fig. 3 Cassetta reliquiario cli Farfa, ca. I 072, 2 1 x 37 x 17 cm, avorio, Farfa,
Tesoro dèl[\bbazia

la possibilità che la cassetta di Farfa sia stata offerta al mo­ che si ritrovano in Italia meridionale e in particolare in
nastero di San Benedetto e che solo in u n secondo tempo ambito cassinese io.
l'opera sia passata al cenobio della Sabina. Se si considera Dal punto <li vista stilistico, se la cassetta di Farfa fosse
la testimonianza di Leone Marsicano sugli "studiosissimos un'opera cassinese, si dO\-rebbe constatare che gli "artifi­
artifices" dell'avorio a Montecassino, si deve ammettere la ces" dell'avorio chiamati da Desiderio non sarebbero
possibilità che, secondo una prassi nota, il committente giunti da Bisanzio, ma sarebbero probabilmente degli ar­
avesse fatto realizzare lopera nel centro di destinazione, tisti di ambito occidentale. La conduzione dell'intaglio,
mettendo a disposizione il prezioso materiale eburneo. La infatti, ha un lontano precedente in Italia centrale nel dit­
cassetta di Farfa potrebbe, quindi, essere una testimo­ tico di Rambona (Città del Vaticano, Musei Vaticani,
nianza cassinese di intaglio in avorio e, se cosi fosse, gli num. inv. 6N-l2) 1 -, la cui datazione nel X secolo si colloca
inizi <lei gruppo di Amalfi si collegherebbero alla Monte­ dopo la fondazione del monastero dal quale !opera pren­
cassino di Desiderio. Gli elementi che uniscono la cassetta de il nome, avvenuta intorno all'898; purtroppo non si
alla miniatura desideriana sono stati da tempo ricono­ dispone di un tcr111i1111s a11tc quem.
sciuti: si tratterebbe di una donazione come quella che ha Nelle discussioni che si sono svolte nel 2009 ad Amalfi,
avuto per oggetto il celebre Cod. Cas. 99 15, offerto da Gio­ è stato anche segnalato il fatto che la scena della Donnitio
vanni Marsicano a San Benedetto nel 1072 in occasione della Vergine della cassetta di Farfa richiamerebbe non
della sua monacazione e destinato a completare gli arredi solo prototipi orientali, ma per struttura e disposizione
liturgici voluti dall'abate Desiderio per la nuova basilica; del letto anche alcune miniature inglesi del X e dell'Xl se­
soprattutto la cassetta presenterebbe clementi iconografi­ colo, in particolare la Natività del Benedizionale di
ci di origine bizantina con caratteristiche - come quelle sant'Etelvoldo (Londra, Tue British Library, ms. Add.
dei pesci tra le acque nella scena del Battesimo di Cristo -, 49598, f. 1 Sv) 1 8• Come è noto, molte delle scelte stilistiche

15 F. Newton, "Leo Marsicanus and the Ded1ca1ory Text and Drawing in Monte Cassino 99': Scriptor,11111 33 (1979): 181 -205; <ul manoscritto si .eJ1
ora Mima/lira a Mo11tuassino. utd desidtriarra, caL Codice Casin. 99 (R. Casavccchia-E. Elba-G. Orofino).
16 11. Bloch, "Mont,, Cass,no, 8)'Ullt1um, and the West in 1he Earlicr Middlc Ages': D11mbarto11 Onks Pnpers 3 (19�6): 163-224, in pari. 207-12
17 Goldschmidt, Dit E/ft11beirrsk11lpturen, I: 86-87, cat. 181; Otto dtr Grofle. Magcltburg 1111cl Europa, cat. mostra, Magdeburgo, Kulturh1storis,h<>
Muscum, 27 Ag. - 2 Dic. 2001, ed. M. Puhle (lllagonz:i, 2001): 424-25, et. VI. 21 (H. Fillilz); Roma t i Barbari. La nascita 1/1 un rr1101-o nronJo.ul
mostra, Venezia, Palazzo Grassi, 26 Genn. - 20 Lug. 2008, ed. J.-J. Aillagon (Milano, 2008): 568-71 (L. Cracco Ruggini).
18 E. Tempie, Anglo-Saxo11 Ma1111scripts 900-1066 (London, 1976): 49-53, cat. 23, in part. 49-50; R. Deshman, 11,c Benedrctiounl of,ft/id11-ol,I, StuJoei
in Manuscripl lllumrnation 9 (Princelon, NJ, 1995).

64
Gli a,ori ù1 'Amalfi/Salerno': Con,iùerazioni sui presuppo<li drllltici, ,ulla cronologia e la localizz.uione

Fig. 4 Cassetta reliquiario di Braunschweig, tardo IX secolo, 22 x I I x 15 cm, avorio,


l3raunschweig, Herzog Anton Ulrich-Museum, MA59

e iconografiche della miniatura prodotta alla scuola di "figure appiattite e scomposte, con pieghe a solchi" 21 • Si
Winchester tra il X e !'XI secolo dipendono a loro volta tratta di figure dal disegno ritmato e geometrico, ottenute
dall'arte carolingia di Metz, e in particolare dal secondo quasi per scontorno; le superfici in rilievo tendono ad al­
gruppo di avori di quella scuola 19 • Come è stato ricono­ linearsi su un unico piano, eliminando livelli intermedi. È
sciuto, le miniature del Benedizionale di sant'Etelvoldo si uno stile essenzialmente figurativo: sono infatti quasi del
possono confrontare, a loro volta, con la cassetta di hltto assenti elementi e cornici ornamentali. Alle figure
Braunschweig (Herzog Anton Ulrich-Museum, num. inv. della cassetta di Farfa sono state avvicinate alcune opere,
MA59; Fig. 4) 20, che permette quindi di riconoscere tra i tra le quali spicca la placca della Crocifissione di Berlino
presupposti della cassetta di Farfa non solo alcune affinità (Staatliche Museen zu Berlin, Skulpturensammlung und
iconografiche, ma soprattutto la medesima tipologia di Museum ftir Byzantinische Kunst, num. inv. 589; Fig. s) iz.
oggetto. Va osservato che la cassetta di Farfa corrisponde L'intaglio, come rivela il caratteristico modellato delle fi­
per forma e programma decorativo a una tipologia di cas­ gure, è tra quelli più prossimi allo stile della cassetta di
sette reliquiario occidentali, sostanzialmente estranee Farfa, al punto che è stato ritenuto opera degli stessi arti­
all'arte mediobizantina; i suoi precedenti più significativi sti. Sul verso della Crocifissione è presente un ciclo della
sono in ambito carolingio, come mostra ad esempio l'ac­ Genesi (Fig. 6) con caratteri stilistici sostanzialmente di­
costamento con l'appena citata cassetta di Braunschweig. versi da quelli della scena sul recto, sia per le piccole e
Gli intagli della cassetta di Farfa hanno uno stile carat­ animate figure modellate plasticamente senza intenti di
teristico, tendenzialmente monumentale, ma sostanzial­ monumentalità, sia per il repertorio ornamentale delle
mente grafico. Pietro Toesca, in relazione a questa prima cornici, estraneo alle opere riunite intorno alla cassetta di
fase dell'intaglio in avorio del gruppo di Amalfi, parlò di Farfa e ai successivi avori del gruppo di Salerno. Fin
. dai

19 O. Hamburger, "J.:art carolingien de Metz et 'l'École de Winchcster": Gazelle des bea11x-arts 62 ( 1 963): 35-46.
20 A. Goldschmidt, Die Elfenbeinsk11/pt11re11, l: 52-53, cat. 69; Otto der Grofle: 150, cat. lii. 27 (H. Fillitz).
21 P. Toesca, Storia dell'arte classica e italiana, 3, // Medioevo (Torino, 1927), 1.2: 1095-97.
22 Goldschmidt, Die Elfenbeinsk11lpt11ren, 4: 42-43, cat. 146; Toesca, Storia dell'arte classica e itt1lia11a: 1 142, nota 39; idem, "Un cimelio amalfitano": 542;
H. Kessler, "An Eleventh Century Ivory Plaque from South ltaly and the Cassincse Revival'; Jalirlmc/1 der Berline, Museen 8 (1966): 67-95; Mci•
sterwerke aus Eife11bein der Staatliche11 M11see11 ZII Ber/in, cat. mostra, Darmstadt, Hessisches Landesmuscum, 19 Oic. 1999 - 12 Mar. 2000, Monaco,
Bayerisches Nationalmuseum, 16 Mag. - 20 Ago. 2000, eù. R. Marth (Berlino, 1 999): 79-81, cat. 28 (R. Marth); Canossa 1077. Erschiittenmg dcr We/t.
Geschichte, Kimst 1111d K11/tur am Aufga11g der Roma11ik, cat. mostra, Paderborn, Museum der Kaiserpfalz, Erzbischofiiches Diozesanmuseum und
Stadtische Galerie am Abùinghof, 21 Lug. - 5 Nov. 2006, ed. C. Stiegemann und M. Wemhoff (Monaco, 2006). 2: 273-74, cat. 379 ( P. Williamson);
I.enigma degli avori medievali, 2: 250-51, cat. 5 (F. Bologna e M. Call).

65
FJbrmo Cm elio

dell'ltaliJ lentro- meridionalc di età pre-d esideriana I ov.


vero a un ciclo della Genesi decisamente
.
più antico ri·sp
et-
.
to al più noto gruppo salernitano. Se invece le sce ne dell
Genesi di Berlino fossero posteriori alla . Croci fissione, SI�
'
avrebbe a che fare con unopera sii T1sllcamente diverg
ente
rispetto al gruppo <li Salerno.
Nel tentativo <li riconsiderare le due possibilità , si deve
innanzitutto premettere che, tra i due lati della placca di
Berlino, solo quello con la Crocifissione mostra i caratteri
di un'opera finita: la scena è racchiusa da una cornice coe­
rente, costituita da un semplice listello che definisce i lati
verticali e superiore, mentre quello inferiore è ornato da
semplici palmette stilizzate. Le scene della Genesi, raffigu.
rate all'interno <li due file di cinque riquadri incorniciati
presentano invece livelli di finitura differenti, che si mo'.
strano chiaramente negli elementi ornamenta li: da sini ­
stra verso destra l'intaglio diventa meno preciso nei detta­
gli e, soprattutto, si interrompe dopo aver previsto la
realizzazione di poco meno di un terzo di due ulteriori
riquadri. Qui avrebbero potuto trovare posto le scene con
la creazione degli animali terrestri e il lavoro dei Progeni­
tori23 . La placca sarebbe stata quindi intagliata per realiz­
zare la parete di una cassetta. L'interruzione venne spiega­
ta da Goldschmi<lt immaginando che si fosse verificata
una frattura nell'avorio durante la lavorazione dellbpera11 .
In questo modo la placca, resasi inutilizzabile, sarebbe stata
adoperata poco dopo sul lato opposto. Secondo questa
ipotesi, quindi, è verosimile che l'intaglio della Crocifis­
sione sia stato realizzato nello stesso ambito: difficilmente
queUo che si potrebbe definire un errore o uno scarto di
lavorazione sarebbe stato inviato altrove per essere rilavo­
Fig. 5 Crocifissione, terzo quarto dell'XJ secolo, rato. Si avrebbe, quindi, a che fare con due stili radical­
27.1 x 12 cm, avorio, Berlino, Staatlichc Museen zu Bcrlin, mente differenti, ma ravvicinati nel tempo e nello spazio.
Skulpturensammlung und Museum fùr BrLantinische Kunst, Diverso è lo scenario che si aprirebbe se si invertisse il
589, recto rapporto tra le due fasi di lavorazione. L'avorio berlinese,
in un momento successivo agli anni Settanta dell'X.I seco­
primi studi si è, quindi, ritenuto che i due lati della placca lo, sarebbe stato intagliato sul verso con uno stile diverso,
cli Berlino appartengano a momenti diversi: per Adolph non necessariamente in rapporto con quello della Croci­
Gol<lschmidt il ciclo della Genesi sarebbe anteriore alla fissione. D'altra parte, l'ipotesi di una frattura perpendi­
scena della Crocifissione, per Toesca sarebbe vero il con­ colare aUe venature dell'avorio non è del tutto giustificata,
trario. Gli studi successivi hanno optato ora per la prima, in quanto l'intagliatore delle scene della Genesi ha seguilo
ora per la seconda possibilità. La questione non è un fin sul taglio destro dell'avorio il perimetro predefinito
dettaglio trascurabile, soprattutto se si ammette l'ipotesi dalla retrostante Crocifissione. Si può quindi legittima­
iniziale, ovvero che la cassetta <li Farfa e le opere a essa mente ritenere che le scene della Genesi possano essere
strettamente colJegate possano essere state realizzate a successive alla Crocifissione. Si tratterebbe dì un intaglio
Montecassino. Se il ciclo della Genesi fosse anteriore alla che avrebbe previsto, nel caso in cui fosse stato portato a
Crocifissione, ci si troverebbe infatti di fronte a un avorio termine, un completamento per i due riquadri incon1pleti

23 Sullo sviluppo del ciclo della Genesi si veda in particolare Kessler, "An Eleventh Century lvory Plaquc from South ltaly and the Cassinese Revivat
24 La frattura che si osserva al centro del 1�10 dove si interrompono le scene della Genesi sembra potersi attribuire a un foro circolare praticato sucW·
sivamentc nello spessore dell'avorio, forse per fissare verticalmente la scena della Crocifissione del recto.

66
Gli aH,n J, ',\maln Saltrnù: Cun,ideru,001 sui rr�<urrosti Jrt Ì5tlCI. sulla cn,n,,loi:i• e iJ loc.Ù ill JLh> ne

Fig. 6 Scene della Genesi, tardo XII secolo, 2i. I x 1 2 cm, avorio, Berlino, Staatliche t-.luseen zu Berlin.
Skulpturensammlung und Museum fùr Ilyzanlinische Kunst, 589, verso

realizzato con l'accostamento di una piccola placca secon­ spandente scena degli avori salernitani. A Bisanzio, come
do una prassi ampiamente documentata sia in Occidente, segnalato dai repertori, l'Abisso compare invece come ma­
sia in Oriente; non si può neppure escludere la possibilità scherone in uno dei testimoni degli Otlateuchi (Istanbul,
che la placca con la Crocifissione fosse caduta in disuso e, Topkap1 Palace, Museum Manuscript Library, G.1.8, f.
quindi, utilizzata per un esercizio di intaglio. 26v); in Occidente figura nel secondo quarto dell'XI seco­
Non solo lo stile figurativo e ornamentale delle scene lo nella Bibbia di Ripoll (Città del Vaticano, Biblioteca
della Genesi si distanzia dagli avori di 'Amalfi/Salerno: ma Apostolica Vaticana, ms. Vat. lat. 5729, f. Sv) e nella più
anche alcuni particolari iconografici non trovano con­ tarda Bibbia di Roda (Parigi, Bibliothèque nationale de
fronto nelle corrispondenti scene salernitane. In partico­ France, ms. lat. 6, f. 6); in Italia (esempio più noto è offer­
lare, è significativa l'iconografia del primo giorno della to nel XII secolo dai celebri mosaici di Monreale, accanto
Creazione: in alto il Signore benedicente è inscritto a ai quali si collocano le diverse testimonianze presenti in
mezzo busto in un clipeo, al di sotto del quale sono divise alcuni pulpiti campani, in particolare in quelli delle catte­
le due sfere della luce e delle tenebre; tra le due è raffigu ­ drali di Salerno (pulpito Guarna) e di Sessa Aurunca.
rata la colomba dello spiritus Dei al di sopra delle acque Meno noto è il collegamento con l'età sveva, quando il
primordiali, nelle quali è chiaramente riconoscibile il ma­ tema compare in ambito librario: l'Abisso figura nella
:e scherone deU'Abisso25. Si tratta di un motivo iconografico grande iniziale della Genesi della Bibbia di Manfredi (Cit­
!Ic piuttosto raro, che deriva dall'iconografia classica dell'Oce­ tà del Vaticano, Bihlioteca Apostolica Vaticana, ms. Vat.
ano: un mascherone o un volto senile con barba e capelli lat. 36, f. 4) 26 , databile tra il 1258 e il 1266, e in quella pres­
fluenti che traspare tra le acque. Nei principali cicli figura­ soché coeva di Torino (Biblioteca Nazionale Universita­
tivi della Genesi, come quelli facenti capo alla recensione ria, ms. E.IV. I 4, f. 6; Fig. 7)n, dove luce e tenebre sono
Cotton, (/\bisso primordiale è rappresentalo da una sem­ personificate. Questa particolare variante rispetto alla re­
plice distesa di acqua; così è raffigurato anche. nella corri- censione Cotton nella placca di Berlino potrebbe essere il

25 O. Erich, s. v. "Abyssus", Reallexikon wr Deutsche11 K1mstgesc/1ichte, IO voll., A-Baubetrieb (Stoccarda, 1937), I: 108-10; M. V. Marini Clarelli, s. v.
"Abisso·: Enciclopedia del/arte medievale, 12 voli. (Roma, 1991), I : 52-57; A. lacobioi, -Hoc clemcntum ceteris omnibus impcrat'. racqua nell'uni­
verso visuale dell'alto medioevo': wcqua nei secoli altomedicvali, alti di convegno, Spoleto, 12-17 Apr. 2007, Settimane di Studio del Centro Italiano
di Studi sull'Alto Medioevo 55 (Spoleto, 2008): 985- 1028, in part. 996-98. Sul tema si veda anche W. F. Volbach, "Ein antikisicrcndcs Bruchstuck von
einer kampanischen Kanzel io Ilerlio': Jalrrlmch der Preussischen K1111stsa111111/1111ge11 53 ( 1 932): 183-97; K. Muller, "Fragwurdige Ililder. Die Geoe­
sismosaikeo in Monreale': in Das Atrium vo11 San Marco in Vcnedig. Die Genese der Ge11esis111osaiken umi ihre mitte/alterlic/1e \Virklicl,keit/11re
Atriwn of Sa11 Marco i11 Venice. 71,e Genesis of the Genesis Mosaics 1111</ t/1eir Medieval Reality, Neuc Fraokfurter Forschuogeo zur Kunst 15, ed. l\l.
IJuchsel et al. (Berlino, 2014): 231-46, in pari. 238; N. Zchomelidsc, Art, Rilual, ami Civic ldentity in Medieval Soutliem /taly (University Park, PA,
2014): 1 1 - 12.
26 A. Erbach-Furstcoau, Die Manfredbibel, Kuostgeschichtliche Forschungen I (Lipsia, 1910): 16-17.
27 S. Pelleoali, "Un'altra 'Bibbia di Manfredi"; Prospettiva 4 ( 1 976): 7-15, in part. 1 1 .

67
h}t,n no Cmdlo

'
l

Fig. 7 Iniziale della Genesi, Bibbia, ca. 1 250-60, 25.-1 x 16.8 cm, miniatura su
pergamena, Torino, Biblioteca Nazionale Universitaria, ms. E.IV.14, f. 6

frutto di una contaminazione con una fonte occidentale e Salerno': esse sono probabilmente posteriori alla Crocifis­
si deve riconoscere che la distanza dal ciclo di Salerno si sione, frutto di una rilavorazione avvenuta forse nel tardo
accresce anche dal punto di vista iconografico. Se le scene Xli secolo o all'inizio di quello successivo in ambito meri­
della Genesi fossero più antiche della Crocifissione e dionale. La caratteristica disposizione delle scene della
quindi anche delle placche salernitane, ci si troverebbe di Genesi, in riquadri quadrangolari, all'interno di cornici
fronte a due tradizioni illuslrative distinte. Anche da que­ ornate, trova confronto con i rilievi delle lastre marmoree
sto punto di vista appare necessario disgiu ngerc le scene con storie di san Gennaro, Sansone e i santi cavalie ri della
della Genesi della placca di Derlino dagli avori di 'Amalfi/ basilica di Santa Restituta a Napo1i 2K. Qui si ritrova anche

nalt,
28 G. Corso, "La cattedrale in età romanica. Indagini sulle sopravvivenze artistiche': in La btlsilica di Sc1t1l/l Restituta a Napoli e il s110 arredo medi
Mezzogiorno medievale 7, cd. idem cl al. (Pescara, 2012): 77-141, in part. 96- 1 4 1 .

68
<,h amr, d, 'i\m.1l fi/�,,lcrno'· Con,1 d
era11oni
· su, pre,uppml1 arlistic,, ,ulla cronologia e la locJhllaz,ont'

Fig. 8 Battesimo di Cristo / Tras figurazione, Xl-XII secolo,


24.6 x 13.2 cm, avorio, Salerno, Musco Diocesano

un analogo stile concepito per piccole figure plasticamen­


te modelJate.
Se si guardano ora gli avori del gruppo di Salerno, si
apre un altro scenario. Qui gli elementi a disposizione sui
presupposti sono ancora più scarsi rispetto al gruppo
amalfitano, per il quale esiste almeno un orientamento
cronologico che vede protagonisti gli anni Settanta dell'XI
secolo. La datazione del gruppo di Salerno, come si è vi­
sto, oscilla tra il tardo Xl secolo e il pieno secolo successi­ Fig. 9 Scene della vita di Cristo, V secolo, 20 x 8. 1 cm, avorio,
vo. Un elemento difficile da valutare per le sue implicazio­ Berlino, Staatlichc Museen zu Berlin, Skulpturensammlung
und Museum fur Byzantinische Kunst, 2 7 1 9
ni cronologiche e di localizzazione sono le corrispondenze
con gli avori della cosiddetta cattedra di Grado, opere ori­
ginarie del Mediterraneo orientale e riferibili al VU-VI!I delle Nozze di Cana (Londra, Victoria and Albert Museum,
secolo 29• Si tratta di una vecchia ma indiscutibile constata­ num. inv. A.1- 1 92 1 ; Salerno, Museo Diocesano; Tav. 24) 30.
zione: gli artisti impegnati nella realizzazione degli avori li rapporto, come è stato dimostrato, ha avuto conseguen­
di Salerno conobbero le placche di quel più antico gruppo ze stilistiche rilevanti, che si osservano soprattutto nelle
di opere, oppure d i un insieme del tutto analogo, come scene neotestamentarie. Il fatto che la placca con la Resur­
mostra il più volte ricordato confronto tra le due scene rezione di Lazzaro (Londra, British Museum, num. inv.

29 K. Weitzman n, "1hc Ivories of the So-CaJled Grado Chair," D11111/Jnrton Onks Pnpers 26 (1972): 45-9 1 ; P. Williamson, "Gli avori della cosiddetta
'Cattedra di Grado': lo stato delle ricerche': in Le11ig111a degli nvori medievali dn A malfi n Salemo, 1: 1 55-59. Si vedano anche i contributi di Francesca
Tasso e Antonio Mii on e nel presente volume.
30 Cfr. risp ettivam ente P. Wil liamson, Medievnl frory Cnrvi11gs. Early Clzristinn lo Ro111n11esq11e. Victoria 1111d Alberi M11se11111 (Londra, 201 0): 60-61.
cat. IO; Lenigma degli avori medievali, 2: 356-358, cat. 47 (M. T. Tancredi). Per il confronto tra le due scene si veda anche E. Maclagan, ''An Early
Christian lvory Relief of the l'vliracle of Cana': B11rlingto11 Mngnzine 38.217 ( 1921 ): 1 78-95.

69
FJbr11io Cfl \cll n

Fig. IO Apparizione di Cristo agli Apostoli / Pentecoste, Xl-Xli Fig. 1 1 Cristo impone le mani sugli Apostol i, Jegarura
secolo, 23.9 x 1 1 .6 cm, avorio, particolare, Salerno, del Sacramentario di Drogone Ji Metz, particolare
Museo Diocesano 8 .JS-55, avorio, Parigi, Bibliothèque nationale de Fril!'ice,
ms. lat. 9428

1 856,0623.26)! 1 rechi la notizia di una provenienza da può offrire un confronto, anche se generico, per intrave.
Amalfi non basta per isolare un centro di produzione, ma dere in alcune delle scene del Nuovo Testamento di Saler­
conferma ulteriormente il rapporto tra i due gruppi di no gli effetti d i simili modelli (Fig. 8; Tav. 25).
avori. Con minore evidenza affiora nelle placche salernitane
Accanto agli avori della cattedra di Grado bisogna an­ il possibile contributo derivante dalla conoscenza di ope­
che sottolineare che lo stile complessivo delle placche sa­ re carolinge. Tra i pochi confronti proponibili è quello tra
lernitane mostra, soprattutto nelle scene dell'Antico Te ­ lì\pparizione di Cristo agli Apostoli (Salerno, Museo Dio­
stamento, di conoscere modelli più antichi, dal momento cesano (Fig. 1 0; Tav. 37) 33 e una analoga scena nella lega­
che l'impostazione monumentale delle figure e la narra­ tura del Sacramentario di Drogone di Metz (Parigi, Bi­
zione essenziale delle storie paiono improntati a quel clas­ bliothèque nationale de France, ms. lai. 9428; Fig. 11)" e
sicismo che segna la produzione in avorio a Roma all'ini­ in una sua derivazione del X secolo (Q uedlinburg,
zio del V secolo. Il dittico a cinque parti frammentario Domschatz, cassetta reliquiario di Enrico l)l5• Anche la
con scene cristologiche diviso tra Berlino, Parigi e Nevers LavanJa dei piedi (Salerno, Museo Diocesano; Tav. 29)"
(Staatliche Museen zu Berlin, Skulpturensammlung und mostra caratteristiche che si ritrovano in questo ambito:
Museum fiir Byzantinische Kunst, num. inv. 2719; Musée la scena è caratterizzata dalla figurn di Cristo che si rivolge
du Lou\'re, num. inv. OA 7876, 7877, 7878; Nevers, Musée a Pietro, il quale arretra tenendo un solo piede nel bacile.
Municipal Frédéric Blandin, num. inv. NOA 20; Fig. 9) 31 Si tratta d i un elemento iconografico considerato dagli

3 1 Bywnt1111n and 15/am. Age o/Tra11sitio11, 7'' - 9'" Cc11t11ry, cat. mostra, New York, 111c Metropotitan J\luscum of Art, 14 Mar. - 8 Lug. 2012, ed. H. C
Evans con B. Raùilf(New York, NY, 2012); 47, cat. 241 (G. DGhl).
32 799. K1111st 1111d K11/t11r der Karolmger:eit. Karl der Grofle ,md Papst Leo 111. i11 Paderbom, cat. mostra, Padcrborn. Stadtischc Galerie am Abdmghof,
23 Lug. - I Nov. 1999, ed. C. Stiegcmann e M. Wcmhoff, 2 rnll. (Magonza. 1999), 2: 693-96, cat. X.4-6 (G. Bùhl).
33 llmigma degli avori medievali, 2. 406-409, C"J l. 59 (M. T. Tancredi).
34 Goldschmidt, Die Elfenbei11sk11lpt11re11, I; 4 1-42, cat. 74.
35 Goldschmidt, D1e Elfe11bemsk11lpt11re11, 1: 71 -i2, cat. 14i; Der Quedlinburger Schatz wieder vereint, cat. mostra, Berlino, Kunstgewerbemuseum. 3 1
011. 1 992 - 30 Mag. 1 993, ed. D. Kotzsche (Derlino, 1992); 68-71, cat. 9 (D. Kiitzsche).
36 l.ènigma degli avori medievali, 2: 372-75, cat. 51 (M. T. Tancred i ).

70
Gli a\Ort d1 'A malfi/Salerno'• Com1'dcra21om
• • su,· presupposti. amsltct,
. . . sulla ·
cronologia e I• Ioc�1·1z.z.aZ1one

Fig. 12 Presentazione al Tempio, Xl secolo, 16.5 x 10.5 cm, avorio,


Londra, Victoria and Alberi Museum, 238-1867

studi 3; che compare nella prima scuola di Melz (Berlino, quelle opere che non appartennero all'insieme salernita­
Bode Museum, num. inv. Voege Nr. 29)38 e in alcuni inta­ no, ma che ad esso sono strettamente connesse per l'ico­
gli del X secolo che a essa si ricollegano (Quedlinburg, nografia, meno per lo stile più semplificato.
Domschat1,, cassetta reliquiario di Enrico I; Bonn, Rhei­ La questione di fondo sollevata da questi avori è il rap­
nisches Landesmuseum, num. inv. A 809) 39• Quanto an­ porto con quelli salernitani: le opere cbe formano questo
che superficialmente osservato può bastare per riconosce­ gruppo secondario sono anteriori, come qualche volta si è
re che l'atelier che realizzò gli intagli di Salerno doveva ritenuto, posteriori, come si è prevalentemente proposto,
essere specializzato nella lavorazione dell'avorio e che o coeve al gruppo salernitano? Qualche stimolo alla ri­
conosceva modelli tardoantichi e medievali risalenti a pe­ flessione è stato offerto dalle due placche del Victoria and
riodi e appartenenti ad ambiti diversi. Questa constata­ Albert Museum - la Presentazione al Tempio (num. inv.
zione si arricchisce, aggiungendo le considerazioni deri­ 238-1867) e nuovamente il Sogno di Giuseppe (num. inv.
vanti dal cosiddetto gruppo secondario di Salerno, ovvero 70 1-1884) -, che sono state sottoposte a indagini median-

37 K. \Vessel, "Das J'\lailander Passiondiptychon. Ein Werk der karolingischen Renaissance·: Zeitscliriftfiir K1111stwisse11schafi 5 (1951): 125-38, in pari.
130; H. Giess, Die Dnrste/1,mg der Fuj1wnsc/11111g C/,risti i11 de11 K1111s1werken des 4. - 12. Jalirl11111derts (Roma, 1962): 107-8, I 18.
38 Goldschmidt, Die Elfenbei11sk11/pt1irc11, I: 43, cat. 76.
39 Goldschmidt, Die Elfe11bei11sk11lpt11re11, I: 2 1 , cat. 37; Otto der Grafie: 404-05, cat. VI. 7 (H. Fillitz).

71
Fabriuo Cm-elio

te radiocarbonio'". I risult:iti hJnno offerto per la prima cino complessivamente al modellato . .


plasti co delle fìgure
,
una datazione compresa tra il 898 e 11 10.D; per la sccondJ in parlicolar modo ,1. 1 panneggio bagn:ito, che è caratten.
tra il 780 e il 1 0 10. Come si dc\'0110 interpretJre questi slico delle plJcche d 1 Salerno. La Pre cntazione al Tempio
di Lon dra e· un esempio • cm biematic . 12):
• o (F 1g.
risultati? Gli artisti possono aver rilarnrato avori più Jnti­ mostra 1
chi, :inche se non è facile immaginare che abbi:1110 opera­ figure come m.inichini d isposti geometric amen te e rt(o. · e
lo con .ivori che potevano essere precedenti di appenJ un perii da tessuti che ricadono in pieghe parJllele, co sì come
secolo oppure, come spesso si fa in questi casi, ci si CJ\'a fa la to\•aglia sull',iltare al centro della scena.
dall'imbarazzo, dicendo che l'avorio poteva essere lavora­ Comunque si datino gli avori salernitani, un fatto s m.
e
to anche molto tempo dopo che la z,111na era stata preleva­ brerebbc chiaro: dopo l'antefatto del gruppo di Am alfi
ta dal pachiderma. Lo stile essemialmente grafico e bidi­ ancorato negli anni Settanta dell'XI secolo e segn ato dal);
mensionale della cassetta di Farfa e delle opere a essa rinascita di J\lontecassino, emerge nella cattedrJle di Sa­
collegabili costituiscono un argine al tenlati\"O di colloca­ lerno l'attività di un atelier specializzato nella lavorazione
re le placche del gruppo seconJario di Salerno prima dell'avorio, operante con artisti diversi che dispongono _
dell'ottavo decennio dell'Xl secolo. Se si volessero ritenere come si è visto - di modelli tardoantichi e altomedievaJi;
più antiche del gruppo di Salerno, queste ultime verreb­ la loro attività si � probabilmente svìluppata nel tempo,
bero quindi spinte in avanti, nel XII secolo. La maggior come lascia supporre lesistenza di un gruppo secondario
parte del gruppo secondario sembra semplificare e cri­ che mostra di adottare composizioni ripetute con pro:
stallizzare le soluzioni compositive e formali delle placche gressive semplificazioni. Resta da chiarire se le opere del
di Salerno; si ha l'impressione che gli artisti abbiano ripe­ gruppo secondario possano essere appartenute a una sola
tuto uno schema ottenuto per via di semplificazione. Col­ impresa decorativa e dove questa avrebbe potuto emulare
pisce il fatto che le placche del gruppo secondario rinun- il grande modello salernitano.

40 u,11g111t1 degli avori med,emli, 2: 426-29, cat. 67-68 (M Cali F Bolo na w· •


8 .' ); ,lliamson, Metlic1'11/ 1'-ory Can•111gs: 338-3-13, cat. 86-87. I rbullJti
delle indagini furono anticipati in idem• ·on thc Date 0·f lhe ' ymma
• 1 pancl and the So•C:tlleJ GraJo Cha,r
cH
Stml,es m Byumtmc t111d .\fcdieml Art a11tl Arclwco/oW • •, 11mmg/1 11 G/11S$ BrigI,rI1
• 1vones
•-11IetI tO D/IVI·tt B11ckto11 ed
,ou Pr•w : • r 2003)· 47-50. Sugli arnri bolognoi J•I
C• Entw,j SII e (Ox,ord,
gruppo secondario, si veda il contributo di Gabriella Bernardi e G",o,ann
. 1. Gasbarri nel presenlc volume.

72
Pietro Baraldi, Paolo Bensi, Andrea Rossi, Paolo Zannini

LA POLICROMIA SUPERSTITE DEGLI


AVORI DI SALERNO*

Le indagini su una porzione consistente dei reperti ebur­ La tradizione di decorare oggetti in avorio o materiali
nei del Museo Diocesano di Salerno hanno indicato la similari è quindi di antica tradizione. Una ricerca in que­
persistenza di piccole tracce di colore, in particolare del sto campo specifico risulta tuttavia assai complessa, do­
rosso vermiglione nelle rare iscrizioni. La scarsità delle vendo considerare i vari tipi di materiali che possono ri­
persistenze di pigmentazione e doratura può derivare da­ scontrarsi e per i quali a volte le tracce sono assai ridotte.
gli interventi di conservazione, consolidamento, imbi­ Un confronto con le coeve dipinture su altri supporti,
anchimento e in genere dal restauro eseguito lungo un come le statue, le pergamene o le pitture murali può esse­
intervallo cronologico molto ampio. E' del resto accertata re utile. Esse possono indicare la propensione ad illustrare
la tradizione di rendere bianco l'avorio ingiallito dal tem­ e decorare in modo talora vistoso le superfici anche in
po con materiali ossidanti, in questo caso anche docu­ ambito liturgico e con un insieme di materiali simile. Si
mentata da dati archivistici. osservino, ad esempio, la decorazione e la doratura sul
portale di età romanica della Sagra di Carpi (Figg. 1-2) o
del cosiddetto 'pontile' del Duomo di Modena o la fre­
quenza d'uso dei pigmenti nelle pergamene dell'Abbazia
Introduzione
di Nonantola (Tab. 1).

La decorazione di opere eburnee, anche polimateriche, Tab. I. Frequenza d' uso dei pigmenti (valutata come numero
con pigmenti e lamine metalliche appare una tradizione delle miniature o capilettere che hanno quel pigmento in
antica. Un piccolo contenitore cosmetico di Pompei (De­ 55 codici) nella policromia dei codici miniati di Nonantola
posito di Casa di Bacco num. inv. 12412 C) contenente un eseguiti prima e dopo il I000
purpurissum, un rossetto da preparare al momento,
colorante frequenza prima frequenza dopo
ricavato con abile tecnica da una zanna di avorio, presenta del 1000 il 1000
all'esterno una decorazione in lamina d'oro stesa su
un'assisa a formare una serie di foglie che corrono paral­ minio 89 67
vermiglione 20 83
lele su tutto il corpo dell'oggetto. Il nero dell'assisa può
malachite 55 8
essere originale o può derivare da alterazione di un legan­ vergaut 8
te organico presente in antico e del quale gli eventi dovuti indaco 10 33
alleruzione del 79 d. C. hanno determinato alterazioni oltremare IO 34
anche cromatiche. La testimonianza di una doratura si orpimento 20 12
ritrova anche in secoli successivi su oggetti di un certo lacca gialla 27 36
rilievo. In uno scavo di Rimini un'arma del lil secolo
mostra una evidente doratura su un'immanicatura di Seguendo le fasi esecutive della realizzazione di un'opera
pugnale con la sopravvivenza di un'assisa violacea. di questo genere si possono ricostruire le seguenti fasi:

• Si ringraziano per la loro Jisponibilit:1 e per i permessi di studio rilasciati le direzioni dell'Archivio Capitolare di MoJena, del /\lusco Diocesano di
Nonantola, del Musco Civico Medioevale di Bologna, del Museo del Bargello, del Museo Diocesano di Salerno e i responsabili delle Soprintendenze
Ji Bologna e di Salerno.

31
Pietro Dar.aIJ •• Pjolo Bcnsi • And
rea Rossi, Paolo Zannini

Fig. I Sagra <li Carpi, portale, Xli secolo, lunetta con rc;idui <li
policromia e doratura

I-ammorbidimento e appiattimento della zanna per


realizzare la placca;
2-incisione per realizzare il rilievo;
3-prcparazione dell'assisa e la doratura o la realizza­
zione di altre laminature;
4-tintura eventuale dell'intero corpo dell'avorio o di
parti; Fig. 2 Sagra di Carpi, portale, XII secolo, arco,
particolare con residui d i policromia e doratura
5-pittura a tempera su avorio per realizzare i motivi
decorativi;
6-processi di sbiancatura attuati nel corso dei secoli;
inde locum, petula quem vis componere, signa.
7-operazioni di restauro con o senza interpolazione di
Sic eboris facile potes ipsam consolidare.
colorazioni e dorature.
Traduzione: Le sculture in avorio decorerai con foglia
Per la comprensione del presente stato dei manufatti in
d'oro. Ascolta come questa cosa viene fatta. Cerca di
avorio è importante anche un esame dettagliato e un con­
ottenere il pesce che si chiama /ruso1 e fa dissolvere la
fronto delle procedure di preparazione del materiale
come riportato nelle fonti antiche. sua vescica bollendola in acqua e con questa segna la
Alcuni manoscritti trasmettono ricette sulle modalità zona dove vuoi stendere l'oro e così facilmente potrai
di lavorare l'avorio, il corno e l'osso (molto simili tra loro) fissarla all'avorio.
e quelle per tingere o preparare una doratura, e queste Un'altra ricetta di come si spiana e orna l'avorio (Libro lii,
sono relativamente abbondanti. Rare sono invece le ricet­ ricetta 19 Quo modo dirigitur et ornatur ebur); in essa "di­
te di pittura su avorio, forse perché tale operazione era di rigere" sta per "spianare" per poi imprimerne o inciderne
pertincn1a dell'intagliatore. Ad esempio Eraclio trasmette la superficie:
alcune ricette in proposito'. Una ricetta tratta di come si
mette la foglia <l'oro sull'avorio (Libro I, ricetta 8 De petula Quod si volueris ebur dirigere et ornare, in hac supra­
auri, q110111odo in ebore mittatur): dieta conectione mittatur tribus diebus et tribus noc­
tibus. Hoc facto, cavabis lignum quali modo volueris;
Sculpturas eboris auri petulis decorabis. deinde, posito ebore in cavitura, dirige illud, et plica­
Quo tamen ipsa tibi ordine congrua! audi. bis ad placitum. Tabula cupri quae decem pollices
Quare libi piscem qui dicitur husa, liquentem habct in latitudine, et totidem in longitudine, denario
Vesicam tantum serva cum flumine costam: auri deaurari potest.

1 Cfr. Erachus, Dt coloribus et artibus Ro111a11or11111, in Mtd,eval t111d Rerraissance Tr atises


e 011 tl,e Ar ts ofPaiuting: Orrgma/ te�ts with E11g/,s/1 T,ansla·
tions, ed. M. P. Merrificld (Londra, 1849), 1: 193 e 225.
2 Jluso è in linguo germ,nica il nome dello stortone, che forniva una colla di pesce.

32
La policromia superstite degli a,·ori di Salerno

Traduzione: Come spianare e ornare l'avorio. blasolis postia p(ro)ice sicut sis et potes eis dare
Se vuoi spianare e ornare l'avorio, immergilo nella que(m) colore volueris
suddetta mescolan� per tre giorni e Ire notti. Ciò Si v(ero) volueris ebur vetu(s) ad p(ri)stinu(m)
fatto, scava un legno come vorrai, quindi infila l'avorio colore(m) reducere po(n)e illud i(n) aq(ua)
nella cavità e raddrizzalo o piegalo a piacimenlo. Una fusa in calce viva et p(er)mite ea(m) �tare p(er)
lastra di rame di dieci pollici quadrati potrà essere die(m) et nocte(m) et erit realbatu(m).
dorata con una quantità <l'oro del valore di un denaro.
Traduzione: Per tingere l'avorio del colore voluto.
Tra le fonti pertinenti di area italo-settentrionale è da Gratta il corno di bue con vetro o con coltello e fa
citare un codice modenese del >.'V secolo (Modena, Bib­ bollire la polvere con feccia di vino bianco e succo di
lioteca Estense Universitaria, Alfa. T.7.3), contenente in­ ' blasolis' 4 e poi gettalo come sai e potrai dare il colore
formazioni risalenli probabilmente al XIII secoloi . In che vorrai. Se vuoi riportare l'avorio vecchio al colore
questo manoscritto, la ricetta 134 riporta le modalità per originario ponilo in acqua di calce e lasciavclo per un
tingere un oggetto in osso come un pettine o un manico giorno e una notte e sarà bianco.
in verde:
Nell'ultima parte della ricetta apprendiamo che per ripor­
A<l tingendu(rn) ossa ve! petinos quo vis colore. tare l'avorio al colore primitivo si usava acqua di calce,
R(ecipe) manubriu(m) vel ossa una soluzione a pH molto basico che poteva sbiancare
alt(e)rius forme et po(n)e ip(s)a in vase ereo cu(m) l'avorio, ma era in grado di asportare anche porzioni della
lacte cap(ri)no misto patina pittorica.
cu(m) virid(e) eris ita ut lac remaneat b(e)n(e) t(ri) Le due ricette successive, la 136 e la 137, riguardano
tum a d(i)cto colore et ossa stent sempre la tintura di osso, corno, penne e capelli in colore
b(e)n(e) mersa in <lieto colore et coop(er)to vaxe nero o qualunque altro colore si voglia:
po(n)e illa sub fimo cali<lissimo
136. Ad tingendu(m) ossa penas lignu(m) et capillos
ita q(uod) lac sit senp(er) calidu(m) et p(er)mite sic
in colore nig(ro). Si
stare p(er) .v. vel .6. dies et invenie(s) ossa virida
coq(ue)s predicta(m) in lisivio facto ex duab(us) p(ar)
ecia(m) ap(er)te int(er)iorj et si d(i)cta aq(ua) ossa
tib(us) cineris clavilatj
volueris alio colore colorare bulias ip(s)a(m) i(n) olio
et p(ar)te .j. litargiri subtilit(er) pulvirizatj cu(m) aqua
nucu(m) et asumet aliu(m) colore Et sias q(uod) i(n)
pluvialj fiet
qualib(et) bulicione mutabit color.
nig(ra) et tanto plus quanto bulient p(re)d(i)cta et
Traduzione: Per tingere ossa o pettini del colore che nota q(uod) i(n) qualib(et)
vuoi. Prendi il manico o l'osso di altra forma in un ebulicio(n)e mutabit colore(m).
vaso di rame con latte di capra e verderame in modo
Traduzione: Per tingere ossa penne, legno e capelli di
che il latte rimanga ben mescolato al colore e l'osso sia
colore nero. Se cuoci la detta cosa in ranno preparato
bene immerso e coperto il vaso ponilo sotto letame
da due parti di cenere clavellata e una parte di litargi­
caldissimo, in modo che il latte sia sempre caldo e
rio macinati finemente con acqua pluviale, diventerà
lascia stare cosi per 5 o 6 giorni e troverai l'osso verde
m-ra, e tanto più quanto più bollirà e nota che con
anche all'interno e se con quell'acqua vorrai colorare
ogni bollitura cambierà colore).
l'osso di altro colore, bolli in olio di noci e prenderà
un altro colore. E sappi che in ogni bollitura muterà 137. Ad tingendu(m) cornua bovu(m). R(ecipe) cor­
colore. nua bovis Al(bi) et rad(c)
cu(m) cultello et illa rasura fac bulire cu(m) fece vinj
Nello stesso codice la ricetta I 35 indica:
Al(bi) et cu(m)
Ad Lingendu(m) ebur quo vis colore. Rad(e) corno suco brasale. Posti a proice sicut vis et q(uod) colore
bovis cu(m) vit(ri)o aut dare volueris
cum cultello et facias q(uod) rasura bulias cu(m) fece poteris. Rubeu(m) vel virid(cm) vel alio colore vis et
vinj al(bi) et suco sica et fiet.

3 P. Baraldi, Cotlict Alfa .T.7.J. il. /31. Liber I./. Recepte, Biblioteca Estense Universitaria di Modena, trascrizione e commenti fo rn iti da P. Travaglio
(Modena, 2005); P. Travaglio, "Il liber colorum secundum �13gistrum Bernardum", Quaderni dell'Abbazia di Morimondo 15 (2008): 103-46.
4 C. Battisti e G. Alessio, s. v. "bi:lsciola': in Dizionario Etimologico Italiano (Firenze, 1950-57), I: 507, ritengono che biascio/a siJ il nome antico del
solano negro.

33
rea Ro551 l'Julo Z•nnint
Pietro Baral<l1, Paolo Sensi, An<l
753. A molificar(e) os�o o av� lio_
Traduzione: Per tingere corna d•I bue. Prendi corna di
Fa bolire sabia i(n) aceto fort1ss (1mo) et cola co(n)
bue bianche e gratta con coltello e fa bollire la po_lvere
uno drapo forte et i(n) quella colladura meti lo avolio
con feccia di vino bianco e con succo brasale. '.01
et osso et Venira mole et q(uan)to piu stara veni ra
getta come sai e potrai dare il colo:e cbc vorrai, rosso,
ta(n )to piu mole.
0 verde o altro colore e secca e sara fatto.
• • Traduzio ne: Per rendere molle osso o avorio. Boll ire
Un altro ricettano importante e• I·1 cosi·ddeltu "Pseudo Sa-
vonarula" (Ferrara, Biblioteca Ariostea, ms. coli. Cl.I l 14 ?)­ sabbia in aceto fortissim o e filtrare attraverso u n pan.
Alcune ricette alla riportano la procedura per rammollire no robusto. Nel filtrato immergere l'avorio o l'osso che
il corno e l'avorio: diventeranno molli tanto più quanto più a lun go
resteranno imm ersi.
762. A mollificar corno p(er) stamparlo
R(ecipe) cenere di lume catina overo di fece di vino et Il ricettario Antonelli 861 del secolo X0V, se� pre dalla Bib­
fane liscia et lioteca Ariostea di Ferrara, riporta un altra importante is­
mettj il corno p(er) una notte et di poi scalda al foco truzione:
et impronta. A indulcire el corno del bave e de bufalo o alt ro osso.
Traduzione: Per rendere molle il corno e poterlo mo­ Fa cosi pilia lo corno e mellelo a molo nella broda
dellare. Prepara ranno con allume catina (potassa) o dcla calcina
feccia di vino bruciati e lasciavi il corno per una notte, stemperata el corno vole stare uno di quello della
poi scalda e modella. buffala
p(er)o che senteneriscc e piu vacuo.
693. A molificar(e) corno osso avolio i(n) modo ch(e)
lo sigilarai come cera Traduzione: Per rendere tenero il corno di bue o di
R(ecipe) succo di mobjo bianco, succo di millefolio, bufalo o altro osso. Prendi il corno e mettilo a bagno
succo di apio, succo di nella calce stemperata con acqua; il corno deve stare
radice di rafano, Aceto fortiss(imo) et mesceda og(n)i un giorno, quello di bufala (meno) perché diventa
cosa i(n)sieme, et meti tenero essendo più vuoto.
dentro quello ch(e) voj mollificar(e) et meli i(n) uno Il celebre manoscritto bolognese 2861 (Bologna, Biblio­
vaso ottime serata teca Universitaria), già trascritto nel XIX s. da Mary Phil­
et meti sotto letame di cavallo et lascia ta(n)to ch(e) adelphia Merrifield, ha due importanti ricette che riguar­
sia mole a tuo modo. dano il rammollimento dell'osso e dell'avorio;.
Traduzione: Per rendere molle corno, osso o avorio in A mollificare tosso.
modo che li si possa modellare come cera. Prendi
Talle sale comuno, vitriolo romano, ana, e macinali
succo di mobio, di millefoglie, di sedano, di radice di
insiemi molto bene, poi distilla per lambico e serva
rafano, aceto forte e mescola ogni cosa e ponivi ciò
l'aqua distillata bene turata. E quando varai mollifica­
che vuoi rendere molle, in un vaso sigillato e metti
re tosso, o corno, o avorio, metilo in la dieta aqua per
sotto a letame di cavallo lasciandovelo finché non sarà
spatio dc 5 hore e moli ficarasse che parai impromptar
molle come vuoi.
quello che tu voli e indurarasse corno prima.
712. A mollificar(e) Avolio
Traduzione: Prendi sale comune, vetriolo romano
R(ecipe) succo di bitta salvatica et meti dent(ro) il tuo
[solfato fe rroso] in parti uguali, macina insieme bene
avorio et lascia
e poi distilla all'alambicco e raccogli il distillato in un
per tre di et sara si mole ch(e) se ne fora quel ch(e) si
recipiente chiuso. Quando vorrai rendere molle osso,
vara.
corno o avorio, immergilo in esso per cinque ore e
Traduzione: Per rendere molle l'avorio: prendi succo diventerà molle tanto che potrai modellarlo come
di bieta selvatica e ponivi l'avorio, lasciandovelo per vorrai e tornerà poi duro come prima.
tre giorni: diventerà così molle che se ne potrà fare ciò Ad mollificandum ossa.
che si vorrà. Pone ossa in liscivio facto de calce viva et cinera recai·

5 M. P. �lerrifiel<l, "Brussels Manuscrip1", in ,lttedievnl an,/ Re11a1ssance Trentiscs on t/1e Arts o/ Pai11t111g, t: 820-22; P. Baraldi, Secreti per colori: nott sul
mt111oscritto 2861 della Biblioteca Universitaria (2010): URL: <hltp:l/www.bub.unibo.il/it-IT/Bibliotcca-digita)e/Conlributi/Manoscrillo•bolognese.
JSpx?LN=it-lT&idC-=618 17> (consuha10 il 2 Marzo 2015).

34
La policromia superstite degli avori Ji Salerno

Fig. 3 Coperta di codice, XII secolo, argento e avorio, prima del restauro, Modena,
Archivio Capitolare, ms. O.IV.I

la ana, et maneant per diem novem. Tu nc habebis Gli studi scientifici


passadutilem ad libitum, et si vis colorare, impone
quem colorem vis, et retucta in forma, lineas cum oleo Tra gli studi scientifici condotti su opere di avorio deco­
lini et dimicte sicari per 7 dies in equi fimo. rate, ve ne sono alcuni importanti e corposi sulla policro­
Traduzione: Metti l'osso in ranno ottenuto da calce mia7. Sia per gli avori gotici sia per quelli bizantini viene
viva e cenere cotta due volte, in parti uguali, e vi resti posta in risalto la policromia abbondante, principalmente
per nove giorni. Allora avrai l'osso duttile come vorrai con doratura, vermiglione e blu oltremare. Elena Cris­
e se lo vorrai colorare, vi porrai il colore che vorrai e tofcri e Cesare Fiori hanno indagato in particolare i mate­
posto nella forma, ungerai con olio di lino e lascerai riali prodotti per levigazione della collezione di opere
seccare per sette giorni in letame equino. eburnee del Museo Nazionale di Ravenna. Le loro indagi­
ni mostrano come siano presenti nelle fessure e in po­
Un manoscritto datato 1793, conservato presso l'archivio
sizioni protette tracce di policromia e di prodotti derivati
Capitolare del Duomo di Mo<lena, mostra un'altra vari­
dai trattamenti shiancanti eseguiti nel passato�.
ante della ricetta per rammollire l'avorio6:
Il presente studio ha avuto come specifico oggetto l'esa­
Ricetta numero 40. me dello stato superficiale di 42 reperti di varia prove­
Per molificare l'avorio come pasta metilo nienza, ma ascrivibili allo stesso periodo, ossia i secoli X­
dentro l'aceto stilato tre volte mà meglio è XII. Oggetto delle indagini su tintura, pittura e doratura
se dentro il deto acetto vi farai bolire tre su avorio sono stati i seguenti manufatti: una coperta di
pugni di salvia et in eso meterai à holire manoscritto dal Museo Capitolare del Duomo di Modena
l'avorio lasiandolo un pezo che diverà mole (ms. Ordo IV. I ) (Figg. 3-6); una coperta di Graduale dal
et è provato. Museo Diocesano di Nonantola (Figg. 7 - 9); quattro plac-

6 P. Baraldi et al., "Una procedura integrata per l'intervento sui materiali lapidei del recinto del pontile del duomo di Modena': in Lo stato dell'arte 7.
Congresso nazionale Jell'IGl!C, Gruppo italiano dcll'International Institute for Conscrvation (Castel dcll'Ovo, Napoli, 8 - 10 Ottobre 2009) (Fircn•
ze, 2009): 59-66.
7 B. Guineau, .. La Polrch romie cles Ivoircs Medicvaux� 8111/e1i11 de la Sociélé 11atio11ale des a11tiq11aires dc France ( 1996): 188-210; J. Levy e A. Cascio,
"Jvoires gothiques: Pol )'ch rom,e originale et repeints': in Xli Trie1111i11I Mee1i11g of the /COM (Lione, 1999), I : 429-33; C. L. Con nor, Tlre Co/or of
/vory. Polychromy o11 Byza11t111e /vories (Princeton, NJ, 1998).
8 E. Cristoferi e C. Fiori, ..Polishing Treatments on lvory Materials in thc Nation.11 Museum in Ra,,enna� S111die5 i11 Co115erva1io11 37 (1992): 259- 66.

35
Piclro BJrJkli, P•olo Ucn>1, AnJreJ Rossi, PJolo Z•nnin,

Fig. 5 Coperta di codice. Xli secolo, Fig. 6 Coperta d i codice Xli


Fig. -I Copcrt.i d1 codice, Xli m:olo, . • ' seco lo,
a, orio. dettagli della supc:rficie dopo la avono, detta gli. della superfici
a\'nrin, dettagli dcli,, ,uperficie dopo la • d
pulitura, Modena, Arduvio Capitolare, pulitura, Modena, Archi\'iO Capitolare, pulitura, Modena, Archivio Cae Opo la
. 1 are
Pilo
ms. O I V. 1 ms. 0.1\'. I ms.O .IV.I

Fig. 7 Copert.i di Graduale, avorio, Fig. 8 Coperta di Graduale, arnrio, Fig. 9 Coperta di Graduale, a\'orio,
particolare, Nonantola, �lusco Diocesano particolare microscopico della cornice particolare microscopico della poh·ere
con tessuto di seta, patina nera, oltremare d'oro, Nonantola, Museo Diocesano
e poh·ere d'oro, Nonantola, Museo
Diocesano

che dal /\lusco CiYico Medicrnk di Bologna: La Lavanda me ai fini di un confronto cromatico e tipologico anche
dei piedi (num. inv. 691), L'Orazione nell'Orto (num. inv. opere d'arte coeve eseguite su altri materiali, come la mi­
692), La Fuga in Egitto (num. inv. 790), LAnnunciazione / niatura e la doratura romanica su pergamena, e la pittura
La :'.\fatività (nurn. inv. 7 9 1 )9; quattro placche dal Musco romanica su parete e marmo. Le indagini sono state con­
Nazionale del Bargello di Fi renze: Crocifissione (num. dotte applicando nuo\"e metodologie che prevedono ana­
inv. 32 C), le Pie Donne al Sepolcro (num. inv. 36), Cristo lisi non invasive o poco invasive, a seconda del livello di
dell'Apocalisse (num. inv. 42 C), Cristo in Gloria (num. informazione che interessa ai conservatori e agli studiosi.
inv. 43 C); trentadue placche di a,·orio del celebre gruppo Innanzitutto si è proceduto ad un'attenta analisi della su­
degli avori di Salerno conservate presso il Museo Dioce­ perficie delle opere, dapprima autoptica e poi con micro­
sano di Salerno, ossia tutte le placche del Vecchio Testa­ scopi digitali, tramite i quali sono stati effettuati ingrandi­
mento e del Nuovo Testamento - solo le cornici, i meda­ menti progressivi che hanno eventualmente rivelato la
glioni e le colonnine non sono stati esaminati. presenza di particelle di colore o di doratura non percepi­
Come detto, gli avori analizzati risalgono allo stesso bili a prima vista. Si è quindi proceduto all'ossen-azione
periodo, m a hanno diversa provenienza, e sono stati con­ delle superfici con luce infrarossa o ultravioletta, che può
siderati al fine di un esame dei materiali, della lavorazio­ fornire altre informazioni: con la prima si possono intrav •
ne, della doratura e dei pigmenti. Sono state prese in esa- vedere tracce di iscrizioni o decorazioni apparentemente

9 S1 , ,,fa in questo ,·olume 11 .:ontnbuto di Gabriella Bema.di e Gio,,mni Gasbarri.

36
la policromia supi:rstite degli J\'0ri <li �alcrno

scomparse, oppure disegni preparatori o �inopie; con la dell'archivio Capitolare di Modena si trova inserita la
seconda si possono intravvedere recenti interventi di re­ placca di ,f forio rappresentante la Crocefissione con a
stauro. Altre indagini possono es�cre molto utili per iden­ sinistra /',!aria e a destra Giov,mni, risalente al XII s., men­
tificare la composizione chimica dei materiali decorati tre il legno è ricoperto da un tessuto di seta a due colori,
stessi e delle tracce di altri materiali utilizzati per le deco­ azzurro dovuto all'indaco e rosso dovuto allJ robbia. li
razio ni metallica e pittoriche. Tre <ldlc tecniche impiegate tessuto è ricoperto da una lamina d'argento lavorata ad
per questo fine sono la fluorescenza di raggi X (XRF), intarsio in modo da lasciar intravedere delle figure e la
spettroscopia infrarossa (FT-IR) e la microscopia Raman placca in avorio. La lamina <l'argento è fissata sul legno
(mR). La prima fornisce una valutazione della composi­ con chiodi di rame argentati e a sua volta è incisa e pre­
zione elementare di una piccola arca superficiale, dando senta scritte che sono evidenziate da una meccatura scu­
uno spettro che mostra una serie di picchi indicativi degli ra. Dopo la pulitura all'ICR 1 2 sono risultati evidenti una
elementi presenti e della loro abbondanza approssimati­ sottolineatura delle parti ferite con vermiglione per indi­
va. La seconda e la terza sono invece due spettroscopie care il sanguinamento e la doratura in molte parti dello
che forniscono risposte complementari sulla composizio­ sfondo e sulla corona. La doratura è stata realizzata con
ne molecolare della piccola area indagata. La seconda può una polvere d'oro finissima, probabilmente ottenuta per
indicare, qualora si operi su una pastiglia in KBr oppure macinazione, legata alla placca da un collante organico
con il dispositivo di riflettenza ATR, la composizione di sopra all'assisa rossa, come traspare in numerosi punti
un materiale inorganico o organico e quindi anche di oli o (Figg. 3-6). Solo un grano di colore azzurro è stato iden­
materiali proteici impiegati come leganti pittorici. La ter­ tificato sulla superficie, troppo poco per indicare che
za, a parità di risoluzione spettrale, che è determinata dal­ qualche particolare fosse realizzato in colore azzurro.
la strumentazione, ha una risoluzione spaziale che giunge Potrebbe trattarsi di una contaminazione dai chiodi di
fino a I micrometro, il che significa che è in grado di iden­ rame che possono essersi alterati ad azzurrite, carbonato
tificare particelle adiacenti in u.na m iscela. basico di rame.
Di volta in volta nel corso delle osservazioni sugli og­ Il secondo codice preso in esame è un Graduale di No­
getti sopra elencati, è stata data prevalenza a una tecnica nantola dell'XI-XII s. del Museo Benedettino e Diocesa­
invece che a un'altra in base al materiale da identificare e no d'Arte Sacra che rappresenta un caso interessante di
allo scopo dell'indagine. In alcune ricerche relative ai vari placca di avorio incisa e a copertura completa con poli­
tipi di avorio il gruppo di Edwards ha registrato spettri cromia. Questa appare ripresa durante un restauro con
Raman su avori di elefante africano, indiano, di mammut, incomprensione dei colori, evidentemente già perduti o
ippopotamo e capodoglio 10• Gli spettri risultano tutti obliterati dallo strato di sporcizia. La placca anteriore rap­
molto simili, ma non identici: è evidente la componente presenta l'ispirazione a san Gregorio Magno del canto da
di idrossiapatite e collagene. Recenti ricerche rivelerebbe­ parte di un angelo e la dettatura da parte del santo a uno
ro la possibilità di identificare la specie animale di prove­ scriba. In questo caso la esecuzione di alcune prove con
nienza proprio dalla gestione degli spettri Raman me­ fotografia infrarossa sulla placca ha mostrato che sotto
diante tecniche computazionali 1 1 • alla patina nera che attualmente ricopre gran parte dello
sfondo è presente un colore blu deteriorato in molti punti.
L'abito di Gregorio è realizzato in rosso vermiglione, come
Risultati spettroscopici e discussione i tituli in alto e in basso e la sottolineatura del contorno
degli stessi della placca. Soprattutto le iscrizioni "ANGELU S", "GRE­
GORIUS" e "DISCIPULUS" poste vicino ai tre personag­
Passando ad esaminare i vari reperti identificati in Italia gi, sono diventate chiaramente leggibili. La patina nera è
in area settentrionale e centrale e poi in quella meridio­ di materiale aggiunto successivamente, quando l a patina
nale, si osserva innanzitutto che due reperti di area colorata era ormai molto abrasa. La superficie presenta
modenese presentano interessanti policromie. Nel piatto evidente l'azzurro oltremare oltre alla polvere dorata (Figg.
posteriore della coperta del manoscritto Onlo IV. I 7-9). A sinistra si può osservare un frammento di tessuto

IO H. G. M. E<lwards et al., "Jdcntification of Archacological lvorics Using FT-Raman Spectroscopy", A11alytirn Chimica Acta 559 (2006): 64-72.
I I C. Paris et al., "ATR-FTJR Spectroscopy as a \-Vay to Jdentif)· Natural Protein-Based Materials, Tortoise Shcll and Horn, from 'lheir Protein-Based
Imitation, Galalith� Spectroc/1i111irn Acta 62A (2005): 532-38.
12 C. Federici e F. Pascalicchio, "A Census of Medicval Bookbindings: Early Examples·: in A11cie11t a11d Medicval Book Alaterinls and Tec/111iq11es. 2 voi/..
atti di COlll'egno, Ericc, 1 8 _ 25 Sett. 1992, Biblioteca Apostolica Vaticana Studi e testi 357 e 358, ed. M. �laniaci e P. E �tunafò (Roma, 1993), 2:
201-37.

37
Pietro DarJldì, Paolo Bensì, Andrea Ro�çi, Paolo LJnnim

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Fig. I O Spellri Ff- lR della patina nera del Graduale d i Fig. 1 1 Spettri Raman della patina nera del Gradu ale
Nonantola: si riconoscono calcite, lazurilc e oli di Nonantola, stesso campione: blu di Lazurile

placca si rilevano molte macchie, tracce di ruggine trasfe­


rite da parti metalliche all'avorio e vari punti con stucca­
ture antiche. Queste sono sembrate interessanti per capire
quali tecniche venivano utilizzate in passato per trattare 0
ricomporre la placche. Si sono prelevate quindi piccole
quantità dei materiali presenti nelle stuccature e si sono
sottoposte ad alcune analisi. In Fig. 1 3 si riportano gli
spettri infrarossi dei materiali indagati sulla placca 791
del Musco Civico Medievale di Bologna che indicano uno
stucco tradizionale a base di colla proteica e gesso.
Al Museo Nazionale del Bargello di Firenze sono state
analizzate quattro placche in avorio che appartengono più
Fig. 12 Spellri Raman della patina nera del Graduale
di Nonantola, stesso campione: rosso di vermiglione
o meno allo stesso periodo degli avori bolognesi, tra il X e
il XII s. Gli avori sono quello rappresentante la Crocifis­
sione (num. inv. 32 C), risalente al X s., con toni molto
di seta con i colori rosso e azzurro come per la placca di bruni e rossastri; le Pie donne al Sepolcro (num. inv. 36 C)
avorio di Modena. Lo spettro FT-I R realizzato sul fram­ del Xli s., brunito al punto da fa pensare che essa abbia
mentino che si era staccato dalla patina nera ha indicato subito un incendio; Cristo dell'Apocalisse (num. inv. 42
che esso era costituito da un olio calcite, lazurite e tracce C) dell'Xl s.; Cristo in Gloria (num. inv. 43) del XII s.,
di altri silicati. anch'essa con toni rossastri nella croce e nelle aureole. Su
Al Museo Civico Medievale di Bologna sono stati esa­ questi avori sono state registrate solamente alcune micro­
minati al microscopio ottico i seguenti avori risalenti alla fotografie per evidenziare i particolari con colorazioni del
fine dell'Xl s.-inizio Xli s.: La Lavanda dei piedi (num. supporto.
inv. 69 1 ); L'Orazione nell'Orto (num. inv. 692); La Fuga in Nel gruppo degli avori di Salerno conservati al Museo
Egitto (num. inv. 790); LAnnunciazione / La Natività Diocesano di Salerno abbiamo potuto esaminare trent a•
(num. inv. 791 ). Il primo mostra chiaramente colorazioni due placche sulle quali è stata rilevata una scarsa presenza
rosso-violacee sulle architetture, nelle aureole di Cristo e di particolari policromi. Solo il vermiglione è di sicuro
degli Apostoli. Il colore fa pensare a una preparazione per presente, in particolare in alcune lettere. E' dubbia la pre­
una doratura più che a una rubricatura estesa, anche se le senza attuale dell'azzurro ( oltremare o azzurrite) avendo
diverse colorazioni, alcune più violacee, altre più rossastre identificato un solo punto con questo colore. La presenza
possono far pensare a due intenzioni diverse. Nella placca della doratura non è stata accertata, sebbene si ripete che
dell'Orazione nell'Orto di nuovo compaiono evidenti l'osservazione sia stata eseguita su circa la metà delle tav� ­
tracce di pigmentazione rossa negli abiti degli angeli e lette superstiti del cosiddetto gruppo di Salerno. Su geni !:
nelle aureole. Nella Fuga in Egitto solo poche tracce di le segnalazione di Antonio Milone riportiam o le seguenti
colorazione rossastra su alcune parti delle architetture e notizie trascritte presso l'archivio diocesano di Salerno,
nelle aureole di Maria e del Bambino. Infine per l'ultima inerenti mandati di pagamento per interven ti di accoino·

38
La policrom1a superstite degli arnn di Salerno

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Fig. 13 Spettri FT-IR (4000--100-1) registrati sui Fig. 14 Spettro FT-IR del materiale superficiale di
granelli J1 campione prelevati dalla placca 791 del una placca in avorio del Museo Diocesano di Salerno
,\lusco Civico Medievale di Bologna confrontato con confrontato. in b.isso, con lo �peltro della cera d'api
lo spettro del bianco d'uovo e del gesso Jiidrato

Fig. 1 5 I Magi da EroJe, XI-Xli secolo, 24.5 x 1-l.4 cm, avorio, Fig. 16 Crocifissione, XI-XII secolo, 24.1 x 12.8 cm, avorio,
particolare, testa con pupille blu, Salerno, Musco Diocesano particolare, testa di Maria con le pupille nere, Salerno,
Musco Diocesano

datura degli avori nelle montature nelle quali furono siste­ c. Iv Pulitura quadretti avorio d.0.50
mati nei secoli dell'epoca moderna: avanti dell'altare aggiustato due 1 .50 13 .
Fascio 388: Libro dell'introito e dell'esito del Reliquia­ Sembra quindi sia stata una prassi diffusa (come ricorda­
rio, fascicolo: Esiti no la ricetta 134 riportata sopra, del secolo XV, e le in­
1754-1 794 (di cc. 4 nn.nn.) dagini di Elena Cristoferi 1 •) quella di intervenire sulle
c. lr 1 0.07. 1 754: pagati a M 0 Niccola Vicinanza mar­ placche di avorio per ripararle o schiarirle dall'ingialli­
moraro per avere accomodato alcuni pezzi d'avolio mento. Sugli avori considerati sono invece presenti nu­
nel paliotto del Reliquiario 0.0.60 merose tracce di trattamenti superficiali o di consolidam­
ento o restauro, come la cera d'api (Fig. 14), la grafite,
1 756 Per accomodatura del paliotto d'avolio nell'altare
probabile residuo di copiatura delle immagini, tracce di
del reliquiario
composti bruni a base di ferro nei fori (tracce di ruggine
due. 3.50.0

13 Si ringraLia Antonio Milone, Università d1 Napoli "Federico IT''.


14 E. Cristoferi, "Indagini e Rest auri� in Avori Bizantini e Medievali nel i\'/useo Nazionale di Ravenna, cd. C. Rizzardi e L. ì\,lartini ( Ravenna, 1990 ),
123-33.

39
P,cun IJJrJIJ1, PJolo llcn�,. AnJreJ Rossi, l'�olo 7�nmn,

Fig. I 7 Crocifissione, Xl-XII secolo, avorio, p:1r11colare, testa Fig. 18 Annuncio ai pastori, Xl-Xli secolo, 23.8 x 13.J cm,
di Cristo con tracce di collante per le pupille in vetro, alerno, avorio, particolare, pupille rosse dt una capra, Salerno,
.Museo Diocesano .Musco Diocesano

Fig. 1 9 Mosè ricc\"e le tavole della Legge sul Monte Sinai, Fig. 20 Mosè riceve le ta,•olc della Legge sul Monte Sinai,
Xl-Xli secolo, 1 1 .4 x 8.9 cm, avorio, p:irticolare, le pupille Xl-Xli secolo, 1 1 .-l x 8.9 cm, avorio, particolare, rubricatura
rosse, Salerno, Museo Diocesano delle lettere dell'iscrizione MOT SINAI, Salerno,
Musco Diocesano

dei chiodi usati per la sospensione di alcune delle tavo­ Varie placche d'avorio hanno piccole quantità di mate·
lette, come attestano le fonti del XVJ s., mentre è meno riale colorato inserito in cavità ad accesso difficile, per cui
probabile che si tratti di residui di assisa per la doratura). si è conservata qualche informazione in più (Figg. 18-20).
Sugli avori di Salerno conservati al �lusco Diocesano Da un prelievo della placca con lì\nnuncio ai Pastori si è
di Salerno, un elemento interessante è dato dalle pupille ricavato che si tratta di cera d'api con probabile alterai.io·
dei personaggi, enfatizzate da emisfere di vetro di due tipi ne degli esteri e formazione parziale di acidi grassi liberi
di materiale di fferente fissato alla superficie con un legan­ (Fig. 18). La placca con Dio che benedice Noè e i suoi di·
te grigiastro (si rimanda alle foto a colori alla fine delle scendenti ha una vistosa banda gialla lungo la quale si
tavole fuori testo). In alcuni casi le pupille, che ad occhio identificano granelli grigiastri. Si tratta di grafite adesa
nudo paiono nere, sono in realtà di colori diversi: in vetro alla superficie della placca, forse per un tentatiro - non
::w urro intenso (Fig. 1 5), oppure nero (Fig. 16). Di alcune databile - di copiatura dell'im magine.
rimane solo la traccia del collante ( Fig. 17).

-10
u policromia supersllte degli avori di Salerno

Considerazioni e prospettive dell'avorio, ma anche lo strato di metallo o di colore con il


legante. Tra gli avori esaminati, quelli di Salerno \Ono
Da uno sguardo generale �ulle placche di avorio prese in poveri di sopravvivenze, solo di vermiglione si è accertata
considerazione - le placche modenesi, le quattro del finora la persistenza. E' attestato però che gli avori subi­
:-.1useo Civico :-.lcdievale di Bologna, gli avon del Museo rono nel XVIII s. vari interventi di pulitura, per cui non è
del Bargello e il più ampio gruppo degli avori di Salerno improbabile che siano state tolte quasi completamente la
- emergono alcuni el�menti di rilievo. Qualora si osservi doratura e la stesura pittorica. L'indagine sull'altra metà
la sopravvivenza della policromia, c�sa è rappresentata, degli avori salernitani potrebbe fornire forse qualche al­
soltanto su alcune placche, principalmente da tre colori, tro dato per capire !esistenza della policromia e dellJ
cioè il giallo, il rosso ed il blu, e questi sono materialmente doratura nel caso del gruppo complessivo. In particolare
realizzati in oro, vermiglione e oltremare. Alcuni avori dei gli avori di Salerno presenti in altri musei potrebbero
gruppi d i Bologna e Salerno hanno subito spesso inter­ indicare, a seguito di un percorso diverso e di eventi di
venti, più che altro per la pulitura e lo sbiancamento con consolidamento e restauro differenti, alcuni dati di in­
materiali aggressivi che possono a,·er alterato la proteina teresse.

:.

-Il
Giovanni Guardia

ASPETTI CONSERVATIVI DEL COFANETTO


EBURNEO DI FARFA

Gli esiti conservativi del cofanetto eburneo dell'Abbazia utilizzati per supplire alla perdita della struttura interna
di Farfa presentano un manufatto dalla volumetria ridotta di legno che, per consolidata prassi esecutiva, fungeva da
all'essenziale, privata delle funzionalità e di parte delle supporto al totale o parziale rivestimento di lamine in
caratteristiche iniziali che ne facevano oggetto di uso ec­ avorio o osso (Fig. 6). La presenza di vari fori di ingresso
cezionale e concettualmente elevato (Figg. 1-5). Attual­ non utilizzati, attualmente chiusi da piccoli tappi cilin­
mente il manufatto poggia su di una base non originale in drici leggermente più chiari, confermano l'esistenza di
legno rivestita di pergamena al fine di renderla 'cromati­ una struttura lignea interna. A questi fori se ne aggiun­
camente' compatibile con l'avorio, su cui si imposta un gono altri, forse da riferirsi a un recente assemblaggio, che
parallelepipedo rettangolare sormontato da un coperchio non sempre tengono conto della gerarchia dell'intaglio,
tronco-piramidale. L'oggetto è composto in totale da 13 andando ad interferire con la leggibilità delle lettere
placche di avorio; nel numero di otto a definizione del dell'iscrizione. Sulla placca orizzontale di coronamento
corpo di base del cofanetto e nel numero di cinque lamine sono visibili 18 perni che chiudono i fori che indicano con
a determinarne il coperchio 1 . Lo spessore del materiale certezza funzioni di aggancio alla struttura in legno in­
costitutivo varia, anche relativamente alla stessa placca, terna (Figg. 7-8). La presenza di cerniere metalliche sul
da mm 6 a mm 132 • Singolarmente le placche in avorio dei retro del coperchio, che ne avrebbero consentito l'apertura,
due corpi sono assemblate con perni, sempre in avorio, è testimoniata dalla presenza di macchie provocate

1 La base, non originale, misura cm 34,2 x 17,2, spessore cm 1.6. li parallelepipedo della cassetta misura cm 13,6 >< 33,2 x 15,8; il coperchio tronco·
piramidale cm 7,1 x 32,4 x 14,5. Su di esso una placca di forma trapezoidale (lato sn. 8,5 dx. 7,5 sup. 23,7 inf. 32,3 cm) presenta L'Annunciazione, la
Visitazione, la Natività; una placca di forma trapezoidale (lalo sn. 7,9 dx. 8,1 sup. 7,5 inf. 14,2 cm) presenta l'Annunzio ai pastori ed è composta
dall'assemblaggio di due pezzi di avorio con una linea di congiunzione sapientemente mascherala passante dietro la lesta del pastore di destra; mo­
stra anche una rottura dovuta all'inserimento di un perno a metà del lalo superiore; una placca di forma trapezoidale (lato sn. 8, I dx. 9 sup. 23,2 inf.
32,·1 cm) presenta !'.Adorazione dei Magi, la Presentazione al Tempio, la Fuga in Egitto; una placca di forma lrapezoidale (lalo sn. 9,4 dx. 8,7 sup. i,2
inf. 14,5 cm) presenta il Ilattesimo. Sul corpo del cofanetto si notano la placca di forma quadrata (!alo sn. 13,3 dx. 13,1 inf. 13,8 sup. 14,1 cm) con la
Lavanda dei piedi; quella di forma rellangolare (lato sn, 11,2, dx. 11,6 inf. 33,4 sup. 33,4 cm) con la Crocifissione e la Discesa al Limbo; quella di
forma quadrala (!alo sn. 12, dx 12 inf. 14 sup 14 cm) con l'Ascensione; quella di forma reltangolare (lalo sn. 11,7 dx. 11,9 sup. 33,3 inf. 33 cm) con la
Dormizione della Madonna. Sui due lali lunghi della cassetta, sia sul coperchio che sul corpo, corre inlorno alle placche scolpite una fascia alta 1,3
cm con una lunga iscrizione: "Suscipe vas mudicum divinis cullib[us] aptum/ Ac libi direclum devola mente tuorum/ Nomina nostra tibi, quesu­
mus, sint cognila passim/ Haec tamen hic sgribi [sic) voluit cau1ela salubris/ Iure vocor Maurus quoniam sum nigr[os?/a?I secutus / Me sequitur
proles, cum Pantaleone Johannes / Sergius et Manso, Maurus Frater quoque Pardo/ Da scelerum veniam, caelestem prebe coronam", cfr. A. Braca,
"lnlorno alla cassella di avorio di Farfa: il cimelio, il donatore e la bollega amalfitana'; in L'enigma degli avori medievali da Amalfi a Salerno, cat.
Mostra, Salerno, Museo Diocesano, 20 Dic. 2007 - 30 Apr. 2008, ed. F. Ilologna, 2 voli. (Pozzuoli, 2007-08), 161-201, in part. 162. Sul lato della
Crocifissione e della Discesa al Limbo compare una lamina recanle parie dell'iscrizione, ridolla in due pezzi dall'inserimenlo successivo di una la­
mina quadrata di 3 x J,2 cm, per riempire lo spazio deslinalo all'originaria serratura, come testimonialo da un vuo10 sagomalo che interessa le due
lamine e da quattro fori di aggancio visibili all'interno. M. Faloci Pulignani, "Odeporico dell'abate don Giuseppe di Costanzo� Archivio storico per le
Marcire e l'Umbria, 2 ( t885): 510-702, in pari. 682, descrive il cofanello privo dell'attuale placchella che risulta dello slesso colore di una integrazio­
ne angolare rela1iva alla Fuga in Egillo.
2 G. V. Villavccchia e G. Eigenmann, s. v. "Avorio'; in Nuovo dizionario di merceologia e e/rimica applicata (l\lilano, 1973), 1: 507. Le zanne di elefante
sono composte prevalentemente da dentina, sostanw densa e compatta. Esami islologici individuano il 57-60% di sostanze minerali ed il 40-43%
di sostanze organiche definibili come fosfato di calcio idralo. L'avorio ha un aspetto traslucido con una struttura particolarmente densa e compatta.
L'clefanle africano fornisce zanne parlicolarmente lunghe con diametri di ulilizzo consistenti. Considerando le misure della lamine del cofanetto di
Farfa, le zanne derivano da elefante africano. La lamina recanlc la Lavanda dei piedi, al suo interno evidenzia la cavità pulpare della zanna. Le varia­
zioni di colore possono riguardare la stessa zanna, a seconda del luogo di prelievo.

73
Fig. I Ca,setta reliquiario <li Farfa, ca. 10i2, 21 x 37 x 17 cm.
avorio, I.Ilo anteriore, prnna <ld n:,tauru <lei 2007, Farfa, Tesoro
<lelli\bbatia

F1g. 4 Ca�etta reliquiario di Farfa, laterale, coperchio:


Annuncio ai pastori; corpo: Ascensione, dopo il restauro
dcl2007

Fig. 2 Cassclla reliquiario <li Farfa, lato anteriore. coperchio:


Annunciazione, \'isitaLione, Natività; corpo: Crocifis ione,
Anastasis, dopo il restauro del 2007

Fig. 3 Cassetta reliquiario <li Farfo, lato posteriore, coperchio: Fig. 5 Cassella reliquiario di Farfo, laterale, coperchio:
Adorazione dei �!agi, Presentazione al Tempio, Fuga in Egitto; Battesimo; corpo: Lavanda dei piedi, dopo il restauro
corpo: Dormitio Virgi11is, dopo il restauro del 2007 del 2007

74
Aspetti con<ervati,·i del cofonctto churnco ti, rarfJ

Fig. 6 Cassetl,1 reliquiario 1.h Farfa, interno durante


il rc,tauru del 2007
Fig. 9 Ca,setta reliquiario di Farfa, lato anteriore, ta�s cllo
_ _
di avorio inserito in un precedente re�tauro in sost11uz1one
dell'origin<1ria serratura

Fig. 7 Cassetta reliquiario cli Farfa, coperchio

F1g. I O Cassetta reliquiario di Farfa, lato anteriore,


tassello Ji restauro all'interno

__,. - agevolare il trasporto del cofanetto, come farebbe sup­


" porre il numero elevato di perni sulla placca superiore,
'
o che superano di gran lunga le necessità di aggancio alla
-0.ls sottostante struttura lignea. Attualmente il cofanetto ed il
coperchio sono collegati dall'emergere, nella parte apicale
dei Jue lati corti del corpo, da tre perni che trovano la loro
Fig. 8 Cassetta reliquiario di Farfo, interno del coperchio sede in altrettanti fori presenti sui lati corti del coperchio;
durante il restauro del 2007 il quarto perno, che risulta spezzato, non è relazionabile
ad alcuna sede corrispondente al coperchio3, per via della
perdita dell'angolo sinistro di base della lamina dell'An­
dall'ossidazione di elementi metallici in corrispondenza nuncio ai pastori. La scelta di aver sigillato il cofanetto,
simmetrica tra il corpo del cofanetto e il coperchio. risalente ai primi del '900, è da ritenersi anomala se non
L'originaria presenza di una serratura con chiave è testi­ addirittura estemporanea, in quanto impedisce di fatto
moniata da un vuoto a forma di pentagono irregolare e da l'apertura del cofanetto. L'attuale definizione contrnsta
quattro fori di aggancio visibili solo dall'interno, in quan­ con quanto di seguito riferito.
to l'esterno è stato chiuso Ja una piccola placca in avorio Infatti dalla descrizione che il Faloci fa nel 1885 del co­
che malamente integra l'intaglio (Figg. 9-10). E' possibile fanetto definendolo "un'urnetta da riporre reliquie coper­
ipotizzare l'esistenza Ji una maniglia sul coperchio per ta da lamine di avorio, o piuttosto di osso"\ si ha la storica

3 Questo tipo di relazione ricnlra nella revisione del manufalto operata dopo il suo rilrovamento databile ai primi del NO\·ccento. P. Toesca, "Un ci­
melio amalfitano� Bollettino d'Arte 27 (1933-34): 537-43, riferendosi ad "un vago ricordo del dotto padre Gregorio Palmieri di S. Paolo Fuori le
Mura", allribuiscc il ripristino ciel manufalto alla volonlà "dcll'abalc farfense Piscilclli''.
4 Faloci Puhgnani, "Odcporico dell'abale don Giuseppe di Coslanzo': 682.

75
..
G,ov�nni Guardi•

50 degli anni a ven_ire. Riferendosi alla desc rizione del


cofoncllo che ne fa 11 Toesca nel 1933, ne eme rge un • .
montaggio in forma modern.1.,. con una nuova basen-e
Un'arm,1tura interna in legno della quale non vi è traceta.
E' solo pos�ibile ipotiuarc che anche la succ essiva ar ma.
tura in legno sia .m dala perduta. Poco si può dire della
base in legno totalmente rivestita di pergamena, se no n
considera re cht! da quest � cmcrg� no quattro pern i di ag.
gancio al cofanetto che invece dispone alla base di ben
dodici fori dislocati sulle quattro placchelle ( Fig. 1 1 ). Co­
evi manufatti bilantini ed islamici' rimandano a so1 112ioni
che valoriuano sia l'utili210 dell'avorio, sia quello del le­
gno. Pietro Toesca ci fornisce ulteriori informazioni tec­
Fig. 1 1 Cassetta reliquiario di Farfa, base d1 legno rivestila in nico stilistiche relative al tipo di intaglio assegnabile ad
pergamena, prima del re�tauro del 2007 una bottega, individuando più operatori che contestual­
mente potevano operare sulle stesse lamine di avorio'.
Impropriamente Ildefonso Schuster, nel 1907, dichiara
Ja cassetta farfense "da gran tempo perduta"', riferendosi
essenzialmente all'importanza dell'iscrizione sulla quale
è opportuna qualche osservazione da estendere anche ai
numerosi piccoli incavi che l'accompagnano. l'attuale de­
finizione delle lettere, oltre agli incavi, conserva varie
tracce di stucco policromo, e minime tracce di stucco di
colore simile all'avorio�, quale riempitivo dei segni di in­
terpunzione triangolari tra le lettere, nonché qualche
traccia di possibili stuccature di raccordo mirate ad un ef­
fetto visivo senza soluzione di continuità. Le lettere otte­
nute per incavo nell'avorio denunciano il prevaler<! della
durezza della materia, (tra 2 e 2,5 nella scala Mohs). Le
lettere dell'iscrizione evidenziano irregolarità nella forma
grafica. All'interno degli incavi di alcune si notano resi­
due tracce di pigmentazione rossa, verde, ocra, blu, dalla
consistenza vetrosa che può ricondursi all'utilizzo di un
legante resinoso, il solo capace di rendere brillante il pig­
mento che doveva competere o imitare la qualità degli
Fig. 1 2 Cassetta reliquiario di Farfa, pigmenti nelle lettere
dell'iscri1ione smalti (Fig. 12). Si ritiene aperta l'ipotesi di una policro­
mia della superficie dell'avorio puntuale o totale (Fig. 13).
Da un punto di vista esecutivo si deve tener conto di un
certezza della corretta configurazione del manufatto, che tipo di intaglio che denuncia l'apporto di più esecutori
sembra essere stata confermata nel rimontaggio dell'abate che, pur nella complessità di alcune figure, tende a risol­
farfense Piscitelli, la cui azione emerge dai ricordi del versi in una semplificazione e stil izzazione dei piani, in
"dotto padre Gregorio Palmieri" per poi perdersi nel cor- semplici sottolineature grafiche delle vesti e dei dettagli

5 Si veda E. Kiihnd, D1e ls/111mscht11 Elfe11bei1ukulpt11rt11, V/1/.-XJII. J11/,r/1u111/ert, Die Elfcnbcinskulplu�n 3 (Berlino, 1971 ), cassetta di Berlino u,. n.
82 a-c; cassetta di Leningrado la\'. 83 a, cassella dt Veroli 83b.
6 Toesca, "Un cimelio amalfitano� 537-43.
7 I. Sch115ter, "Spigolature Farfens,•, Rivista Storica Bc11cdtt1111a 2 ( 1907): 402-1 5, in pari. 4 12.
8 In occasione della mostra L'tmgma dcglr m·or, mcdiel'llli da Amalfi a Salerno (Salerno, Mll5eo Dioccsanu, 20 Dic. 2007 - 30 Apr. 2008), il dotL
nato Inverso ha dfeuuato una serie di mdagini rdam·e alle problemattehe esecutive e con ervative. In sin lesi: la composizione dell"impaslo �• "''.·
lw·
denzialo che la preparazione multa costitutla dalla mescolanza di uovo con fun:r.ione di legante, più gesso finemente macinato e polvere d avono
(sicuramente pro,·emenle dalla la\"Oratione del manufatto) con fun11one di carica. La sezione lucida trasversale mostra una punttggiatura co�
fluorescenza rossa, li pica della risposla che l'a,orio rilascia alla fluorescenza ultravioletta. Mediante la tenie d'Ingrandimento, fattore IOX, sono 51311
visua.linal1 pigmenti all'interno degli mtagh di varia colorazione roso arancio, verde, blu.

76
A spelli con<en atl\'i dd cofanetto eburneo di Farla

Fig. I 3 Visitazione, cassetta reliquiario di Farfa, Fig. 14 Ascensione, cassella reliquiario di Farfa
tracce di pigmento rosso-bruno nella colonna sulla
sinistra e negli abiti dell'ancella sulla destra

anatomici, in un convenzionale arrotondamento dell'ana­ apprezzabile in particolare nella placca della Crocifissione
tomia, con uno sporadico utilizzo del trapano a fini / Discesa al limbo, dove lo spanciamento ad onda supera
espressivi. Gli strumenti utilizzati9 , quali il bulino, piccole il centimetro, determinando due vistose fenditure. Queste
raspe, coltelli taglienti, sono accompagnati da abrasivi hanno reso necessarie due stuccature finalizzate ad un in­
quali la pomice, il cui utilizzo è stato accertato dalle inda­ tervento espositivo - L'enigma degli avori di Salerno (Sa­
gini del dottor Donato Inverso. Una serie di piani inclina­ lerno, Museo Diocesano, 2007-08) - atte a mascherare la
ti, ottenuti con affilati ferri di varia grandezza, definisco­ perdita di continuità-contiguità degli elementi. Tale in­
no l'anatomia delle orbite oculari tendendo a realizzare conveniente ha anche comportato l'esecuzione, nella stes­
forme più morbide nei nasi e nelle bocche. L'intensità dello sa congiuntura, di limitati bendaggi applicati all'interno
sguardo è stata accentuata con l'ausilio di pigmentazione di tutto il cofanetto, utili per aumentare la stabilità del si­
scura in corrispondenza delle pupille (Fig. 14). Minime stema. Risultano definitivamente perduti l'angolo in basso
tracce di pigmentazione, sia pure in maniera molto resi­ a sinistra dell'Annuncio ai pastori (Figg. 17-18) e l'angolo
duale, si riscontrano in alcuni <lei piani di fondo. Notevo­ in basso a sinistra dell'iscrizione in corrispondenza dell'A­
le importanza riveste la lamina relativa alla Lavanda dei dorazione dei Magi, perdite già evidenti nelle fotografie
piedi in quanto mostra sul verso parte della cavità pulpare pubblicate dal Toesca nel 1933 (Fig. 19). L'angolo in basso
della zanna dell'elefante, di cui è visibile la naturale rastre­ a destra della stessa placchetta della Fuga in Egitto risulta
mazione che procede verso la punta (Figg. 15-16). Consi­ integrato in epoca imprecisabile. L'intervento di restauro
derandone l'andamento, si capisce come gli esecutori pre­ più recente, finalizzato all'esposizione del manufatto in
ferissero scolpire le forme in una sorta di rimozione della occasione della mostra del 2007-08, è stato preceduto da
materia leggermente contro venatura. analisi preliminari di Donato Inverso che hanno anche
In considerazione di quanto prima detto, lo stato di identificato la natura dell'alterazione cromatica dovuta gli
conservazione del manufatto evidenzia naturali deforma­ esiti di un composto di vernice terpenica, olio di lino e
zioni riscontrabili nelle placche eburnee, in linea con la cera, applicata in un periodo non identificabile. Si è quin­
consueta risposta di un materiale organico particolar­ di deciso di rimuovere l'alterazione riconducibile agli in­
mente sensibile alle variazioni termo-igrometriche. Ciò è terventi novecenteschi che seguivano la prassi, dopo aver

9 A. Cutler, Tlre Crafi of Ivory. S011rces. Teclmiques, and Uses in tlre Mediterra11ea11 \Vorld: A.O. 200-J,JO0, Dumbarton Oaks llyzantinc Collection Pu­
blications s (Washington, DC, 1985): 1-19. L'avorio viene ridotto in lamine, viene tracciato con un disegno che individua generalmente le figure
consentendo cosi di eseguire I fondi e le eventuali cornice. Individuati i blocchi che potenzialmente contengono le immagini si lavora con piccoli
scalpelli, bulini, raspe, trapano, abrasivi. Le fonti riferiscono della permanenza dell'avorio nell'aceto per renderlo più morbido e lavorabile. Non si
esclude l'apporto del calore.

77
Fig. 1 5 1 .1,·Jnda dei piedi. cassc11,1 rdiqui:irio di F.1rfa fig. 16 l.l\',1ndJ dei piedi. wr.; v, ,,1,-cttJ rdiqu1ml1 di Farfa,
trac.e dell,1 ,,l\'ll,\ pulp,uc dcll.1 1annJ di eldante

Fig. 17 Annuncio ai pastori, cJsse11,1 reliquiario di Farfo Fig. lS Annundo ,ti pJstori, ,assctt.1 rdiqui,1rio Ji FariJ.
durante il rt•stauro dd 200ì

dfettuato una radicale pulitura anche con procedimenti


abrasivi, <li procedere alla stesura di una vernice legger­
mente pigmentata atta a ripristin.uc-rìcquilibrJrc la lu­
centezza dell'avorio. La rimozione � stata eseguita con
semplice alcool puro, talvolta leggermente addiz ionato
con qualche goccia di fiele di bue. L1 particolare lcggcrcz·
za dell'i ntervento, che può ckfinirsi manutenth·o, non
ha deliberatamente intaccato le dh·asità della risposta
dl.'ll'avorio al tempo, conservando la patina restituita nella
sua diversità. Ciò in virtì1 della particolarità dell'avorio, la
cui superficie, anche se abrasa, tende a conservare tracciJ
delle originarie finiture, non ultime qudlc relative ad un
Fig. 19 Adorazione dei Magi. cassetta reliquiario di Farfa topico utilizzo di cromie e lavoraz ioni. L'operazione di pu·
litura ha leggermente evidenzialo k molteplici fossurazio·
ni che l' imbrunimento del protettivo aveva in parte atte·
nuato. Le tracce di ossidazioni dovute al contatto con

78
Aspc111 conscrvat11i del cofancllo eburneo d, Farfa

metalli ferrosi e/o rameosi, visibili �immetricamente nelle facile riconoscibilità della scelta di u n diverso materiale,
zone d'angolo, sono state da subito escluse da qualunque dell'eliminazione del disturbo visivo causato dalla for­
tratt amento. Scartata l'ipotesi di uno smontaggio delle ma di una base geometricamente estranea al manufatto,
placche, si è deciso in accordo con il direttore dei lavori di della intrinseca capacità di integrarsi cromaticamente con
restauro, dott. Antonio Braca della Soprintendenza di Sa­ l'avorio, nonché, in futuro, di fornire un appoggio per il
lerno ed Avellino, di ri muovere la base in legno, sosti­ ripristino di una struttura interna che preveda la possibi­
tuendola con una nuova base in legno di acero stagionato lità di poter aprire il cofanetto come in origine. Questa
da venticinque anni' 0 • La decisione ha tenuto conto della seconda fase è tuttora oggetto di riflessione.

10 Esprimo i miei sentiti ringraziamenti al prof. Eugenio Sin '. scalchi che ha donato la base in acero. Purtroppo della � uova � ase non è stato possibile
_
effettuare una ripresa fotografica prima che la cassena vemssc esposta m mostra nel 2007-08 e qu1nd1 ritornasse all:.\bbazia d1 Farfa.

79
Gabriella Bernardi e Giovanni Gasbarri

TAVOLETTE QUADR ATE BISLONGHE.


NOTE CRITICHE SUGLI AVORI 'SALERNITANI' DEL
MUSEO CIVICO MEDIEVALE DI BOLOGNA

La valva di dittico con scene cristologiche sua destra siede Giuseppe e alla sua sinistra è raffigurato
Gesù, ai lati del quale sono il bue e l'asinello; al di sopra,
Presso il Museo Civico Medievale di Bologna sono con­ appare la stella cometa in forma di fiore a otto petali. In
servate le quattro tavolette eburnee che vengono qui prese basso compare, tratta dalle narrazioni apocrife (Proto­
in esame. La prima, che raffigura l'Annunciazione, la Visi­ vangelo di Giacomo 20, I), l'incredula levatrice Salomè
tazione, la Natività, li\nnuncio ai pastori (Fig. I), provie­ avvolta da un velo; nella parte inferiore della scena tre pa-
ne dalla raccolta del marchese Ferdinando Cospi (Fig. 2);
le altre tre, che illustrano La Fuga in Egitto (Fig. 3), La
Lavanda dei piedi (Fig. 4); Cristo nell'Orto (Fig. 5), dalla
raccolta del pittore neoclassico e raffinato collezionista
d'arte Pelagio Palagi (Fig. 6). Si tratta di opere che, sebbe­
ne note, sono state oggetto di indagini discontinue con
attribuzioni che spaziano dall'ambito orientale a quello
occidentale, in particolare italiano, entro un arco cronolo­
gico che va dal VJI al XIT secolo.
li pezzo proveniente dalla raccolta Cospi (Fig. I) faceva
parte di un dittico. Lo testimoniano gli innesti di cerniera
sul bordo destro (Fig. 7), che presentano tracce di stucca­
ture eseguite in una data imprecisata, come risulta dalle
analisi chimiche effettuate da Pietro Baraldi '. Sulla super­
ficie, in alto al centro e sui lati lunghi, sono inoltre visibili
dei fori che, secondo Wolfgang Fritz Volbach, sarebbero
stati fatti in un periodo successivo alla realizzazione del
pezzo2• Le tre scene sovrapposte raffigurate sulla tavoletta
sono incorniciate e separate tra loro da un intreccio a na­
stri. In alto sono raffigurate nello stesso riquadro a sini­
stra l'Annunciazione e a destra la Visitazione (Fig. 8); al
centro, la Natività (Fig. 9); in basso, l'Annuncio ai pastori
(Fig. 10). Nella scena dell'Annunciazione, la Vergine è rap­
presentata in piedi a sinistra del quadro, mentre a destra
vi è l'angelo benedicente. Nella scena della Visitazione, Fig. I Annunciazione/ Visitazione/ Natività/ Annuncio ai
Elisabetta e Maria si abbracciano. Nella Natività, Maria pastori, XI secolo?, 33 x 12 cm, avorio, Bologna, Museo Civico
giace su un letto ovale posto trasversalmente, mentre alla Medievale, num. inv. 791

I S1 rimanda al contributo di Pietro Baraldi et al. in questo volume.


2 W. F. Volbach, Elfenbeinarbeite11 der Spiitantike 1111d des fri,lren Mittelalters (Magonza, 1952'), 104, cat. 250; idem, Elfe11bci11arbeite11 der Spiitamike
und dcs friihw Mittelalters (Magonza, I 9i6'), 142, cat. 250.

81
""!

GJhridl,1 8crn.1rJ1 ,. G1ovann1 (,."b,rri

Fig. 2 Anonimo, Ritratto di Ferdinando Cospi, XVIII secolo, Fig. 3 Fuga in Egitto, Xl secolo, 16.6 x 11.5 cm, avorio,
olio su tela, Bologna, Biblioteca Universitaria Bologna, Museo Civico Medie\'ale, num. im·. 790

Fig. 4 Lavanda dei piedi, Xl-XII secolo?, 33 x 11.2 cm, a\'orio, Bologna, Museo
Civico Medievale, num. in\'. 691

--:"
••


,,i
-� ,
---��6-\--

Fig. 5 Orazione nell'orto, Xl-XII secolo?, 31.8 x 11.8 cm, avorio, Bologna, Museo
Civico l\ledievale, num. inv. 692

82
T�soleuc quadrale b1slonghc

stori indicano con la mano destr.i \'erso l'alto riferendosi


all'evento della Nati\'ilà. Questa tavoletla è pen·enuta al
!\lusco Civico Medievale d1 Bologna attraverso p,Visaggi
successivi, dal seicentesco Musco Cospi. L'incisione <li
Giuseppe Maria J\litelli, contenuta nel catalogo redatto da
Lorenzo Legati in occasione della don.11ione della colle­
zione del marchese Cospi al Senato bologne5e nel 1660',
mostra l'aspetlo della raccolta concepita come una Wim­
derka111 111er. Essa era costituita da 11at11ra/ia straordmari,
animali imbalsamati, manufalli c5otici, oltre a peui d i
scavo, ecc: La tavolella eburnea, come emerge da u n mio
recente spoglio del catalogo della raccolta, non compare
tra i pezzi elencati; essa è citata molto più tardi, in un in­
ventario del 1 890, tra le opere provenienti dalle Collezio­
ni Universitarie di Bologna 5 che, a quella data, erano già
trasferite presso il neonato Museo Civico6• Va precisato però
che nel Thesaurus veterum diptycorum' di Anton France­
sco Gori, edito postumo nel 1 759, è pubblicata l'incisione
di questo avorio (Fig. l i ), datato al V I I - V I I I secolo e ri­
portato il luogo in cui era conservato ossia in "Bononien­
si Museo Cospiano"8• In realtà, come è emerso dalle ricer­
che condotte da Abra Visconti, il primo a citare l'avorio
bolognese come appartenente alla collezione Cospi non è
Fig. 6 Anonimo, copia dcll'autorilrntto di Pelagio Palagi, posi
Gori, bensì il letterato senese Padre Giovanni Girolamo
1 8 6 1 , olio su tela, Bologna, Collezioni Comunali d'Arte
Carli. In una sua lettera, inedita, scritta a Bologna il 30
giugno 1 742 e indirizzata a Gori, il mittente riferisce in­
fatti di aver visto la tavoletta nel Museo Cospi9• All'epoca Biblioteca e manoscritti 1 °. Ma, mentre lo Studio raggiunse
esso si trovava ancora presso la sede del Senato, a fianco di lì a poco l'Istituto delle Scienze (l'attuale Museo di Pa­
dello Studio del naturalista enciclopedista Ulisse Aldro­ lazzo Poggi), denominato più tardi, nel 1 8 1 0, Museo delle
vandi ( 1 522- 1 605), strutturato in Museo naturalistico, Antichità della Regia Università, la raccolta cospiana fu

3 L. Legati, Il ,'vluseo Cospiano (Bologna, 1 677).


4 Legati, Il Museo Cospiano. Sulla collezione Cosp1 s1 veda anche G. Gualandi, "li Museo delle 'meraviglie' di Ferdinando Cospi", in Dalla Stanza delle
Anllcliità al Museo Civico. Storia della formazione del Museo Civico Archeologico di Bologna, ed. C. Morigi Govi e G. Sassatelli (Bologna, I 98�).
1 25-27; A. M. Brizzolara et al., "Ferdinando Cospi e l'antico'; in Ll1111ic/1ità del 111011do. Fossili, Alfabeti, Rovine, cat. mostra, Bologna, /lluseo di Palaz­
zo Poggi-Biblioteca Universitaria, 2 Mar. - 30 Giu. 2002, cd. W. Tega (Bologna, 2002), 27-31; D. Picchi, "Le antichità egiziane del l\luseo Cospiano�
Ricercl,e di Egi1tologia e di Antichità Copte REAC 6 (2004): 51-86, in pari. 53; G. Olmi, Il collezionismo e1wcloped1co ilalia110 da Ulisse Aldro1•1111di a
Fcrdi111111do Cospi, in W1111derka111111er. Arte, Natura, Meraviglia ieri e oggi, cat. mostra, l\lilano, !\lusco Poldi Pe1.2oli e Gallerie d'Italia, 15 Nov. 2013
- 2 ,\far. 2014, ed. L. Galli l\lichero e M. Mazzol!a (Milano, 2013), 37-43.
5 Bologna, Archivio Storico dei Musei Civici d'Arte Antica, Museo Civico, num. inv. 12.
6 li Museo Civico fu inaugurato nel 1881. a tal proposito si veda C. Morigi Govi, "li Museo Civico del 1881� in Dalla S1a11za delle A11tic/11tà al Museo
Civico, ed C. Morigi Govi e G. Sassatelli (Bologna, 1984), 347-64, in pari. 356.
7 A. F. Gori, Tliesaurus vetem111 diptyd1orr1111 co11solari11111 et ecclcsiasticorum, ed. G. 13. Passeri, voli. 4 (Firenze, 1759), 3: 272 e tav. XXXV.
8 Gori, 11iesaums veternm diptycorum, 3: 272: si veda anche G. Gasbarri, "Gli avori bizantini del Musco Civico Medievale di Bologna. Arte, collezio­
n1smo e imitazione in stile': in Vie per B1sm1zio, Alti del VII Congresso Nazionale delli\ssociazione Italiana di Studi Bizami11i, atti d1 convegno, Vene­
zia, 25-28 Nov. 2009, ed. A. Rigo et al. (Ilari, 2013), 903-18, in pari. 905-06.
9 Questo documento è stato portato alla luce e trascriuo nella tesi di laurea di A. Visconti, la riscoperta degli avori bi:m,tini e medievali nell'opera di
Anton Francesco Cori (1691-1757), tesi di laurea (Sapienza Università di Roma, a.a. 2008-2009). Si vedJ anche eadem, "'Ella sogna Dittici: Gli avori
bizantini e medievali nell'opera di Anton Fr,tncesco Gori ( 1691-1757)': Arte Medievale s. IV, 2 (2012), 221-70, in pari. 225-26; Gasbarri, "Gli avori
bizantini� 906-07.
10 Picchi, "Le antichità egiziane': 52-53, 57; S. Tugnoli Pàuaro, "Filosofia e storia della natura in Ulisse Ald rovandi", in Il tealro della natura di Ulisse
Aldrova11di, cJt. mostra, IJologna, Museo di Pala210 Poggi, ed. R. Simili (Bologna, 2001), 9-19, in pari. 9; S. Tugnoli Pilttaro, "Introduzione·: in Lo
Studio Aldro11a11di in Palazzo Pubblico (/617-1742), ed. eadem (Bologna, 1993), 1 1 -20, in pari. l i . Sullo Studio di Aldrovand1 si veda anche
A. M. IJrizzolara, "Il Museo di Ulisse Aldrovandi� in Dnlln S1a11za delle A11tic/Jità al Musco Civico, 1 1 9-2·1, e in generale in /I teatro della nalura di
Ulisse Aldrovandi; Olmi, Il collezio11is1110, 37-43.

83
"""'!

(jJbnclJJ 8rrnard1 e G,m·dnm GJsburi

Fig. 7 Annunciazione / Visitazione / Natività / Annuncio ai Fig. 8 Annunciazi one / Visitazione / Natività / Annuncio
pastori, X1 secolo?, 33 x 12 cm, avorio, dettaglio del verso, ai pastori, Xl secolo?, 33 x 12 cm, avorio, dettaglio
Bologna, Musco Civico Medievale, num. inv. 791 dell'Annunciaz ione e della Visitazione, Bologna, i\luseo CiVico
Medievale, num. inv. 791

Fig. 9 Annunciazione / Visitazione / Natività / Annuncio ai Fig. IO Annunciazione / Visitazione / Natività / Annuncio ai
pastori, XJ secolo?, 33 x 12 cm, avorio, dettaglio della Natività, pastori, Xl secolo?, 33 x I 2 cm, avorio, Jcttaglio dell'Annuncio
Bologna, Museo Civico Medievale, num. inv. 791 ai pastori, Bologna, Museo Civico Medievale, num. inv. ì9 1

84


111\ olctte quadrale b1slonghe

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Fig. 11 Annunciazione, Visitazione, Natività, Annuncio Fig. 12 Annunciazione, Visitazione, Natività, Annuncio ai
ai Pastori, incisione, da A. F. Gori, 171esa11rus veteru111 Pastori, incisione, da J.-D. Serowc d'Agincourt, Histoire de IÌlrt
diptyc/wmm (Firenze, 1 759) par /es 11101111me11ts (Parigi, 181 1-23)

temporaneamente custodita presso la dimora del senatore recente sono stati ritrovati i disegni corrispondenti alla
Girolamo Cospi 1 1 • Qui, gli oggetti della collezione venne­ scena superiore e inferiore della tavoletta (quello relativo
ro selezionati e suddivisi per enucleare quelli utili a scopi alla scena centrale è mancante) 15, mentre del calco, pur­
didattici, quindi alcuni di essi furono trattenuti ma nel troppo, non rimane traccia. E' certo dunque che Gori non
1743 trasferiti all' Istituto delle Scienze 1 2. conobbe mai de vis11 l'avorio 'Cospi' come del resto è atte­
Nel contempo, Padre Carli diede notizia del pannello stato nel 711esa11rus 16•
eburneo anche all'erudito bolognese Padre Giovanni Gri­ Più tardi anche Jcan Baptisle Louis George Seroux
sostomo Trombelli che, nel De w/111 Sanctorum del 1 743, d'Agincourl (1811-23), ripropone per il pezzo la stessa
lo cita come antichissimo 1 3 • Il letterato senese fece avere a datazione di Gori e ne pubblica un'incisione 17 (Fig. 12). Lo
Gori sia i disegni sia il calco dell'avorio in questione 14• Di studioso francese, ritiene lo stile dell'opera "défectueux" 18 •

1 1 .M. P. Torricelli, "Dal Palaz70 Pubblico all'Istituto delle Scienze: un diflicile trasferimento''. in Lo Studio Aldromndi in Palazzo Pubblico (1617- 1742),
i9-89, in part. 84; Picchi, "Le antichità egiziane", 57; A. M. 0rizzolara, "li Museo Universitario ( 1810- 1878)''. in Dalla Sta11za delle A11tic/11tti al M11-
seo Civico, 159-166, in pari. I 59.
12 Torricelli, "Dal Palazzo Pubblico''. 84-85; Picchi, "Le antichit:i egiziane� 57.
13 G. G. Trombclli, De cult11 Scmctorum, tomo Il, pars Il, dissert. IX, cap. XXXVII, X (Bologna, 1743), 160-62 e n. 14; Gori, 111esa11rus veterum dipty-
c/iorum, 3: 272-77.
14 Visconti, "Ella sogna Dittici� 260-62, cat. 23-a e b; si veda anche Gasbarri, "Gli avori bizantini� 907, n. 1 1 .
15 Visconti, -Ella sogna Dillici": 260-62, nn. 23-a e b.
16 Gori, 111esa11rus, 272: "Ectypum gypseum. me rogante, obhnuit, quum Bononiae anno 1746 morarctur, et ad me dctulit v.c. lohannes Hieronymus
Carlius� Si ,,eda anche Visconti, '"Ella sogna Dittici'", 260, n. 23a.
li J.-8. L. G. Scroux d'Agincourt, Histoire de l'art par Ics mo1111111e11s, dep11is sa décadence a11 IV siedej11sq11'a s011 re11011vclle111e11t 011 XVI', 6 voli. (Parigi,
1823), 4: tav. Xli, 13.
18 Seroux d'Agincourt, Histoire de l'art, 2: 46.

85
bJrrl
uJbmllJ lltrnarJi t Gi0\'Jnn1 GJs

?ione rimane invanJt.i. \Wgono pubblicate, nel 1 87 8


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francese fece fare anche una fo to dcli avorio 'C ospi'II o
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direttore della Sezio ne M
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ed·ie.
rrr vale e Moderna, Luigi Frati, il quale lo assegna all'Xl seco.
o 1 022 ' senza prendere posiJ.ione circa il luogo di prod uZIOnc• .
!il
i-;,�--��� Max Schmid invece, sostiene che la tavolett a sia da attri:
bui re ad una scuoi.i itJliana di VII I secolo1 . Anche Geo
'T)


l

� Stuhlfauth data l'avorio 'Cospi' ai primi decenni dell' V[�g


1
\.lt���� secolo e lo riconduce, insieme ad altre simili testi mon 1an. ·
11 • Qui, a suo
ze, alla città di Monza avviso, dall'i nizio del-
l'Vll secolo era attiva una "Elfcnbeinschni tzschule" ca rat-
terizzata da influenze siro-palestinesi che si riscontra�
anche nel nostro pezzo". NeI descrivere la scena della
Natività raffigurata in quest'ultimo, Stublfa uth pensa che
l'intagliatore abbia mal interpretato il modello orientale
del cuscino su cui è distesa la Vergi ne2•. Hans Graeven
che ritiene la tavoletta di produzione longobarda di vu;
secolo, si sofferma invece sulla figura di Salomè (Fig. 9)
nella stessa scena e noia ugualmente una incomprensione
da parte dell'autore. Secondo lo studioso tedesco, qui la
levatrice doveva essere rappresentata con la sola mano de­
stra rigida anziché con entrambe; inoltre, l'arco che in al­
Fig. 13 Annuncia1ione, Visitazione. Nativilt Annuncio tri simili esemplari sostiene la culla, sarebbe stato frainte­
ai Pastori, incisione, da C. Rohault de Fleury, La Sainte so con il velo di Salomè21 • Nella successiva edizione della
Vierge. t.tudes archéologiques et ico11ograp/1iq11es G11idn del Museo Civico ( I 914), viene nuovam.:nte ribadi­
(Parigi, 1878) to !'XI secolo quale cronologia dell'avorio 2•. Con Earl Bal­
dwin Smith si oltrepassano i confini nazionali per asse­
A suo parere, l'avorio sarebbe stato realizzato "d'un artiste gnare il pannello bolognese all'ambito copto-alessandrino
grcc transplanté en ltalie, ou l'imitation du fairc grec par di VIII secolo29 ; a seguire Pericle Ducati, il quale in un
la main d'un artislt' italien" 1 •. primo momento sembra allinearsi con GraevcnlO, per poi
Negli anni successivi, John Obadiah Westwood, consi­ accostare la valva <li dittico a "lavori copti" della prima
dera la tavoletta bolognese come "Early ltalian (7'h or 81h metà dell'VIII secolo31 . Anche Adolph Goldschmidt attri­
century)"20; tre piccole incisioni della stessa, la cui attribu- buisce l'avorio al contesto copto e, confrontandolo con

19 lbid.
20 J. O. Westwood, A Descriptive Catalogue oftlic Fictildvories i11 1/ie Sout/i Kensi11gto11 Muse,1111 (Londra, 1876), 361. cat. 2.
21 C. Rohaull de Fleury. la Sai11tr \lierge. /;tudes arc/1éo/ogiqucs et ico11ographiques, 2 voli. (Parigi, 1878). 1: 100, 128 e tavv. IX, XVII, XIX.
22 E. Brizio e L. Fra1i, Guida del Museo Civico d, Bolog11a (Bologna. 1887), 64, n. c.
23 M. Schmid, D,e Darstell,mg der Geburt Clirisli i11 der bildmde11 K,mst (Stoccarda, 1890), 38, cot. 56; 121.
24 G. Stuhlfauth, Die altchmtlicl,e Elfe11bei11p/astik, Arch3ologische Studien zum christlichen Altertum unJ Mittelalter 2 (Friburgo e Lipsia, 1896), 14;,
153; 201-02, ta,·. 111, 2.
25 Stuhlfauth, D,e altchristlic/1e Elfe11bei11plastik, IJ0-54, in part. 143, 147 e 149.
26 lbid, 130.
27 H. Gracven, Fruhclmstliche umi millelalter/icl,e Elfenbeimvcrke i11 pl1otograpl1ischer Nachbi/dung, 2 voi!., 2. A,,s Samml,mgm m ltalien : ,�,. 1-80
(Roma. 1900), 8-9. cat. 6.
28 E. Brizio et al., Guida del Museo Civico d, Bolog11a (Bologna, 1914 1), 141-42, n. c.
29 E. B. Smitl1, Early Christian lco11ograpl1y m1d II School of lvory Can,ers i11 Provence (Princeton, NJ, 1918), 25, 26, 1 14, Jav. I. cal. 36.
30 P. Ducati, "Alcuni avori del Museo Civico di Bologna� Bolle/lino d'Arte del Ministero della Pubblica fsrruziont s. 11. 1 ( I 922-23): 481-97, in parl. 481.
n. 6.
31 Ducati, Guida del Museo Civico di Bologna (Bologna, 1923), 183.

-
86
favolclle quadrate b1slonghe

Fig. 15 Cassetta reliquiario di Farfa, ca. l072, 21 x 37 x 1 7 cm,


avorio, dettaglio della Dormitio \/irginis, Farfa,
Tesoro dell'Abbazia

ti "'33 . Charles Rufus Morey propende allo stesso modo per


la pista copta: a suo parere, l'iconografia dell'A nnunciazio­
ne con la Vergine collocata a sinistra, seguirebbe la tradi­
zione egiziana. Secondo Morey però in oggetti di tarda
arte copta Maria è raramente mostrata in piedi 34, come
nel nostro caso. Facendo perno sul trattamento fo rtemen­
te lineare e sui fraintendimenti iconografici già osser­
vati da Graeven, Volbach sposta la datazione del pannello
Fig. 14 Annunciazione / Visitazione / Natività / Annuncio
aIJ'Xl secolo, inizialmente ritenendolo un probabile pro­
ai pastori, XI secolo?, 33 x 12 cm, avorio, dettaglio
dell'Annunciazione e della Visitazione, Bologna, Museo Civico
dot,to di una "stiditalienische Lokalschule"35 e successiva­
Medievale, num. inv. 791 mente di una "oberitalienische Lokalschule" 36 . L'assegna­
zione della tavoletta 'Cospi' all'XJ secolo viene in un
primo momento condivisa ma poi messa in dubbio da
altri pezzi, ne anticipa la datazione al VII secolo. Lo stu­ Giuseppe Bovini, che per essa non propone alcuna area di
dioso è del parere che il motivo decorativo a cerchietti con origine 37 • Anche Carlo Bertelli considera l'opera di XI se­
puntini visibile sul pannello 'Cospi' sia il più comune colo realizzata in Italia 38. Ivanka Nikolajevié invece non
nell'arte copta32 . Pietro Toesca accenna brevemente al prende posizione circa la datazione, citando quelle propo­
pezzo bolognese e lo accorpa ad un gruppo di avori di ste dagli studiosi precedenti 39 ; cosi anche Roberto Tollo40 •
probabile origine orientale "caratterizzato dalla fattura ra­ Cadotta Taddei, che ritiene il pannello di provenienza
pida e sprezzante [ . . . ] che trova riscontro in avori 'cop- ignota, lo assegna all'Italia settentrionale di fine Xl seco-

32 A. Goldschmidt, Die Elfenbei11skulpt11re11 aus der Roma11ische11 Zeil: Xl. - Xlfl. Jnhr/11111dert, 4 voli. (Ilerlino, 1926), 4: 36, cat. 1 25, tav. )..'LI.
33 P. Toesca, Storia dell'Arle Italia110, 2 voli., /, li k/edioevo (Torino, I 913-1927), I: 349, n. 45.
34 C. R. Morey, Ear/y Christia11 Art. An 011tli11e of t/re Evo/11tio11 o/Style and lconogmphy i,1 Sculpt11re a11d Pai11ti11gfro111 A11tiq11ity lo the Eiglrth Ce11/11ry
(Princeton, N/, 1953), 82, 2 1 2, n. 1 1 9.
35 Volbach, Elfenbei11nrbeite11 ( 1952 1), I 04-105, cat. 250, tav. 67.
36 \lolbach, Elfenbeinarbeiten (1976'), 142- 1 43, cat. 250, tav. 1 12.
37 G. Bovini, "Gli avori del Museo Nazionale di Ravenna e del Museo Civico dì Bologna che figureranno prossimamente in una mostra ravennate",
Felix Ravenna s. 111. 7 1 .20 ( 1 956), 50-80, in pari. 77-79, cat. 8; idem, in Catalogo della mostra degli avori dell'.4/to /Hediocvo, cat. mostra, Ravenna,
Chiostri Francescani, 9 Sett. - 21 Ott. 1956, ed. G. Bovini e L. Ilona Ottolenghi (Faenza, 1956), 1 1 1 - 1 2, cat. 1 1 3.
38 c. Ucrtelli, in I.Art Roma11. Expositio11 orga11isée par le go11vemcme11t esp11g110/ so11s /es auspices du Co,rsei/ de /'E11rope, cat. mostra, Barcellona e San­
tiago dc Compostela, 1961 (Barcellona, 1961), 247-48, cat. 388.
39 I. Nikolajevié, Gli avori e le steatiti medievoli dei 1'v/11sei Civici di Bologna (Bologna, 1991 ), 63-65, cat. 6. La studiosa riporta solo la prima attribuzio•
ne proposta da \lolbach.
40 R. Tollo, "Le pitture dell'Oratorio inferiore della Cappella di San Nicola a Galluccio", Bol/ctti110 di1rte. Mi11islero per i Beni C11/tumli e Amliie11tnli s.
VI, 79.86-87 ( 1 994), 85- 1 10, in pari. 1 03-04.

87
C.almcll• Bernardt e Gtu1 �noi Gasbarrt

Fig. l6 Annunciazione / Vi�itazione / Natività / Annuncio


a, pastori, Xl secolo?, 33 x 12 cm, avorio, dettaglio
dell'Annuncio a, pastori, Bologna, Museo Civico Medievale,
num. inv. 791

lo". In occasione della mostra L'enigma degli avori medie­


vali da Amalfi a Salerno (2007-08), dove, per altro, sono
Fig. 17 Olifante di Carlomagno, Xl secolo, 64 x 12.2 cm,
state esposte le tavolette sopra citate dalla collezione 'Pa­ avorio, particolare, la Vergine orante, Parigi,
lagi', queste ultime con l'avorio 'Cospi' sono state assegna­ Musée de Cluny-Musée National du Moyen Àge,
te da Ferdinando Bologna all'"area amalfitana della fine num. inv. Cl. l 3065
del secolo Xl"' 2 . Lo studioso ritiene che "il loro stile stac­
cato, morbidamente tornito e solcato da pieghe graffite
con ornati a bastoncino" dipenda da quello del maestro terizza, si rifà, a mio parere, a quello di un olifante ebur­
della Dormitio Virginis della 'Cassetta di Farfa', la cui ese­ neo conservato al Musée de Cluny di Parigi (num. inv. CL
cuzione è attribuita ad Amalfi ante 1072°. Infine, di re­ 13.065), di cui non si esclude una lavorazione in due tem­
cente Visconti che reputa giustamente l'avorio bolognese pi, non molto distanti tra loro. Secondo alcuni studiosi, si
di "datazione problematica"''. riporta l'Xl secolo come tratterebbe di un pezzo islamico di produzione egiziana
attribuzione ormai condivisa dalla critica attuale'5• Lipo­ di primo Xl secolo, 'cristianizzato' di lì a poco (tra XI e XII
tesi di Bologna circa una dipendenza stilistica dell'avo­ sec.), nel contesto dell'Italia meridionale, forse ad Amal­
rio 'Cospi' e di quelli di provenienza 'Patagi' dal Maestro fi.'6. Nella tavoletta bolognese e nell'olifante del Musée de
della Dormii io Virginis di Farf a andrebbe presa con caute­ Cluny appaiono simili sia il motivo dei panneggi nelle
la, in quanto l'avorio 'Cospi' non sembra stilisticamente parti superiori delle vesti delle figure, sia le mani: mi rife­
accostabile a quelli della raccolta 'Patagi: tanto meno alla risco, in particolare, a quella di destra del primo pastore
cassetta farfense, come si può ben cogliere da un loro con­ da sinistra nell'avorio di Bologna e a quelle della Vergine
fronto (Figg. 14-15). Dunque, in mancanza <li documenti orante nell'olifante (Figg. 16- 1 7). Un ulteriore procedi­
e di puntuali termini di paragone, non è facile risolvere la mento che richiama la tavoletta bolognese, consistente nel
vexata quaestio intorno alla nostra tavoletta, benché non delineare ad angolo acuto le vesti delle figure (Fig. 9), si
si rinunci ad avanzare qualche ipotesi. Più che alla casset­ ritrova in un avorio più antico dell'olifante appena citato,
tina di Farfa, lo stile sommario e semplificato che la carat- il quale ci porta ben al di fuori dal contesto amalfitano. Si

4 1 C. Taddei, in // Medioevo delle Cattedra/,. Cl,icsa e Impero: la lotta delle im111ag111i (seco/1 XI e Xli), cat. mostra, Parma, Salone deUe Scuderie in Pilo!·
ta, 9 Apr. - 16 Lug. 2006, ed. A. C. Quinla1-alle (Milano, 2006), 587-90, cat. 58.
42 F. Dologna, "Avori medioevali da Amalfi a Salerno, senza enigmi� in L'e11ig111a degli avori mediemli da Amalfi a Salerno, cat. mostra, Salerno, �luseo
D,ocesano, 20 Dic. 2007 - 30 Apr. 2008, ed. F. Dologna, 2 voll. (Pozzuoli, 2007-08), I: 2 1-97, in pari. 37, 39.
H Dologna, "Avori medioevali'', 30, 39.
44 Visconti, "'Ella sogna Dittici' � 260.
45 Jbid.
46 A. Draca, "Intorno alla cassetta di avorio d1 Farfa: 11 cimelio, il donatore e la bottega amalfitana", in Lènigt11a degli avori medievali da A111alji II Salerno,
I: 161-20 t, in part. 194; s1 veda anche L. Speciale, in unigma degli avori medievali da Amalfi a S11/er110, 2: 470-72, ca!. 86, con bibliografia precedente.

88
Ta,olettt quadrato b1slonght

Fig. 1 8 Cristo in gloria e angeli, fine VIII-inizi IX secolo, Fig. 1 9 13attesimo e Ascensione di Cristo, fine Vl l l -inizi
10.2 x 9.8 cm, avorio, Monaco, 13ayerisches Nationalmuseum, IX secolo, avorio, I 3.2 x 8.6 cm, Londra, Victoria and Alberi
num. inv. MA 158 Museum, num. inv. 257- I 867

tratta di un pannello ( Fig. I 8) raffigurante Cristo nella nata, è stata attribuita da Williamson all'ambito altoatesi­
mandorla sostenuta da angeli, conservato a Monaco di Ba­ no di fine VII I-inizi IX secolo 50•
viera, di recente assegnato da Paul Williamson probabil­ Più persuasivi appaiono i confronti di carattere icono­
mente all'Alto Adige (Sud Tirolo) tra la fine ddl'VIII-inizi grafico avanzati da Taddei tra la tavoletta 'Cospi' e il ditti­
IX secolo". In quest'ultimo, inoltre, come nel nostro, sono co bizantino di Milano, come si nota nella distribuzione
presenti i motivi a crocette sulle tuniche dei personaggi. delJe medesime scene nella parte superiore di entrambi
Per quanto riguarda la cornice a nastri intrecciati gli esemplari. A Bologna però, la Vergine dell'A nnuncia­
dell'avorio di Bologna analogie si riscontrano non tanto, zione è raffigurata in piedi anziché seduta, secondo uno
come pensa Taddei, con quella del dittico bizantino con le schema meno comune.
Feste (Milano, Tesoro del Duomo, num. inv. 1388) datato La scena della Natività del pezzo è stata avvicinata da
al X-XI secolo'8, quanto invece, come riteneva già Vol­ Volbach, tra le altre51 , a quella della tavoletta frammenta­
bach' 9, con ciò che resta della cornice di una frammenta­ ria della Dumbarton Oaks Collection 52, ultimamente da­
ria tavoletta raffigurante il Battesimo e l'Ascensione di tata da Williamson al 610 e ritenuta prodotto alessandri­
Cristo (Londra, Victoria and Albert Museum) (Fig. 19). no53 • Sembra forse più calzante riconoscere l'ispirazione
Anche quest'ultima, come quella di Monaco summenzio- in modelli più antichi, quali la placchetta della cathedra

.J7 P. Williamson, ,Wedieval lvory Carvings. Enrly Christian lo Ro111a11esq11e (Londra, 2010), 1 49-50, cat. 35.
48 Taddci, in Il Medioevo delle Calledrali, 590; si veda anche A. Pertusi, in Tesoro e Museo del Duomo, cd. R_ Bossaglia e M. Cinotti (Milano, 1978), I :
52-53, cat. n . 4a-b; K . Weitzmann, Dyza11ti11e Dook ll/11111111at1011 and Ivories (Londra, 1980), V I I I , 2 e lig. 2 ; C . Rizzardi, i n Splendori di Bisanzio, tc­
stimo11ianze e rrflessi darle e cultura biza11ti11a 11elle chiese d'Italia, cat. mostra, Ravenna, /1.lusco Nazionale, 27 Lug. - 1 1 Nov. 1 990, ed. G. Morello
(/1.lilano, 1990), 182-83. cat. 71; A. Panbeni, s. v. "Feste liturgiche'; in Enciclopedia dell'Arte medievale (Roma, 1995), 6: H7-152, in part. 149; M.
Navoni, "I dittici eburnei nella liturgia", in Eburnea diptycha. I dittici davorio tra A11tichità e Medioevo, ed. M. David (Bari, 2007), 299- 3 1 5, in part.
307; M. De Giorgi, in Torcei/o. Alle origi11i di Ve11ezia tra Occide11te e Oriente, cat. mostra, Venezia, Museo Diocesano. 29 Ag. 2009- 10 Gcnn. 2010,
ed. G. Caputo e G. Gentili (Venezia, 2009), 1 67, cat. 29.
49 Volbach, Elfenbei11arbeiten ( I 952'), l 05; idem, Elfe11bei11arbeitw (I 976'), 143.
50 W11liamson, Medieval Ivory Carvings, 149.
51 Volbach, Elfenbeinarbeiten ( 1 952'), 104- 105; idem, Elfenbei11arbeite11 (1 976'), 143.
52 Volbach, Elfe11bei11arbrite11 ( 1 9522), 104 e cat. 249; idem, Elfe11bei11arbeite11 ( 1976'), 1�2-43 e cat. 2-19.
53 P. Wilhamson, "Gli avori della cosiddetta 'Cattedra di Grado': lo stato delle ricerche� in lenigma degli avori medievali da J\ma!fi a Salerno, 1 55-59,

89
_.......,..,...,.-
.__,a>1.....·
Fig. 20 Cattedra di Massimiano, VI secolo, Fig. 2 1 Isaia in preghiera tra le personificazioni della Notte
60 x ISO cm, avorio e legno, particolare, Natività, Ravenna, e dell'Aurora, X secolo, miniaturn su pergamena, Parigi,
Museo Arcivescovile Bibliothèque nationale de France, ms. gr. 139, fol. 435v

eburnea di Massimiano"(S46-S6) di probabile fattura co­ esemplari più antichi: oltre all'avorio già accennato da
stantinopolitana (Ravenna, Museo Arcivescovile, Fig. 20) 55• Volbach a cui rimandos', va menzionato un pannello con­
Quanto alla figura di Salomc?, presente nella scena della servato a Parigi (Musée du Louvre, num. inv. OAl0672)o;s,
Natività del pannello 'Cospi: non credo, d'accordo con e una pisside ora a Rouen (Musée départemental des
Taddei, che l'artefice abbia confuso l'arco della mangiatoia Antiquités, num. inv. 1 10 A; Fig. 22a-b)". Il primo, rife­
con il velo che avvolge la levatrice: sembrerebbe, piutto­ rito al contesto costantinopolitano o siriaco alla metà o
sto, una citazione di modelli di derivazione classicas., ben terzo quarto del VI secolo, purtroppo frammentario sul
nota in tutto il Medioevo (Fig. 21). lato sinistro, reca nella parte inferiore, i pastori mentre
Infine, la scena del registro inferiore della tavoletta guardano la stella della Natività"° . Nella pisside, attribui­
'Cospi' con l'Annuncio ai pastori, si ritrova anch'essa in ta non senza dubbi all'ambito costantinopolitano della

in part. I 55 e 157. Si \'cda anche K. Wcllzmann, frorles m,d Stc11tites, Cataloguc of thc Dy-zJntlnc and Eorly J\ledicval Antiquities in the Oumbarton
Oaks Collection 3 (Washington, OC, 1972), 37-42, cat. 20, tJvv. XIX, XX, tav. 3.
5� \'olbach, Elfe11bci11arbeitc11 (1952'). 105; Idem, l;/fc11bc11111rbc1w1 (1976'). 143.
55 Riuardi, "l',lasso miano a Ravenna: la cattedra eburnea del Musco Arcivescovile alla luce di nuo\'c ricerche", in Ideologi" e rultura artistica tra Adrra•
tico e Med,terranto orientalt (IV-X secolo). Il ruolo ddll111tori11I ealesit1st1ra alla luce di 1111ovi scavi e ric,rc/re, atti di con\'egno, Bologna e Ravenn•,
26-29 Nov. 2007, Studi e Sca,•r n.s. 19, ed. R. Farioli C:impanati et al. (Bologna, 2009), 229-H, in part. 229-30, 238.
56 Taddcr, in li Medioevo dellt Catttdral,, 590; si veda I. Kalavrezou, in Tlrc Glory of Byumtium. ,\rt a11d Culture of tlre Middle By::a11ti11t Era, A D.
�J-1261, cat. mostra, New York. Mctropolit•n Muscum of Art, 1 1 Mar. - 6 lug. 1997, ed. li. E\'ans e W. O. Wixom (New York, N\', 199i), 240�1.
cat. 163
57 Volbach, Elfe11bemarbe1te11 ( 1952'), 61, cat. 1 18; 105; rdcm, E/ft11be111arbeite11, 1976'. 83-84. Sr tratta di pannello eburneo
che raffigura i Magi mcntrr
gu•rdano la �tella d�la Nativit:i, la N•trvita e l�dora oone dei Magi, il quale faceva parte, insieme ad altri due, di una
_ ! perJut• c.issettin• d1 recente
da attrrburrso probabilmente al Dmo Reno (\\crJcn.), e datata al VII secolo. da Williamson, i\Jc,/1 ,,,111 lvory
1 Con•i,rgs, 157-58. cat. 38. con bobloo·
grafia precedente.
58 O. Gaborit-Chopin, Jvoires méd,évaux l'-X\' site/e (Pmgi, 2003), 58-59, cat. 1 1 .
59 J. Ourand, i n By.ance. Llrrt brzn11ti11 dmrs lts col/ectio11s p11bl1q11es frm,çaises, c.it. mostro, Parigi, Mu,ée
du louvre' 3 Nov• 199'- _ I Febb. 1993, ed
idem (Parigi, 1992), 80-81, cat. 3 1 , con bibliografi• precedente.
60 Gaborit-Ch�prn, lvorres médifraux, �8, cat. 1 1. Va pr�cis•to che in un precedente contributo,
_ l'avorio succotato era stato assegnato Jlla seconda metà
del VI scc.; s, veda D. Gabont-Choprn, m Byzmrce. wrt byzantin dn11S /es collcctio11s publi,iucs
Jnrnçnises, 70, cat. 23.

90
1J,·olene quodr atr lmlonghc

Fig. 22 a-b Annuncio Ji pastori, prima metà dd VI secolo, 7.5 x 1 3 x 0.9 cm, Rouen,
Muséc départemcntal des Antiquités, num. ìnv. I I OA

prima metà del VI secolo, i pastori, giovani e imberbi, di felsineo di opere artistiche�3• Lo stesso catalogo della rac­
cui uno indica la stella, sono raffigurati attorno al Bam­ colta cospiana. redatto da Legati è dedicato proprio al
bino6 1 • principe Ferdinando I I I dc' Medici (Firenze 1 663- 1 7 1 3).
Come si può desumere, non è facile datare e contestua­ Si potrebbe dunque ipotizzare che l'avorio sia giunto a Bo­
lizzare l'avorio 'Cospi; in quanto in esso sono compresen­ logna attraverso canali fiorentini; è noto del resto che a1
ti elementi che rimandano a contesti cronologici e cultu­ marchese Cospi vennero donati dalla famiglia Medici
rali diversificati, forse mutuati da altrettanto diversificati "numerosissimi reperti"(>!.
modelli. Se per l'iconografia il pezzo bolognese sembra (G. B.)
ispirarsi a modelli orientali, lo stile ne è decisamente lon­
tano. Il confronto proposto con l'o lifante di Cluny riporte­
rebbe forse all'Italia meridionale dell'XJ secolo ma, come
abbiamo visto, non mancano legami con gli avori più an­ Le due tavolette con scene cristologiche
tichi attribuili da Williamson all'Italia nord-orientale; e il rilievo con la Fuga in Egitto
un'ipotesi, quest'ultima, che per altro andrebbe ulterior­
mente approfondita. Per la cronologia, propenderei allo Nel corso di un sopralluogo condotto intorno al 1870
stato attuale del dibattito scientifico per una attribuzione presso i locali dclli\rchiginnasio di Bologna, l'entomologo
a un periodo non anteriore all'XI secolo, mentre il luogo e archeologo inglese John Obadiah Westwood ( I 805-93)
di produzione rimane ancora sub iudice. si era imbattuto in una piccola raccolta di tredici oggetti
Infine un'ultima considerazione. Non ci è noto come eburnei paleocristiani, bizantini e medievali, oggi conflu­
Ferdinando Cospi sia venuto in possesso dell'avorio; sap­ iti nelle collezioni dei due Musei Civici della città 65 • Qual­
piamo tuttavia che, per motivi famigliari, egli trascorse il che anno dopo, mentre compilava il suo ponderoso reper­
periodo giovanile a Firenze presso la corte del granduca torio di avori pubblicato a Londra nel 1876, lo studioso
Cosimo II de' Medici ( 1 590-1621 ). La madre del marche­ rammentò66 di aver notato proprio a Bologna la presenza
se, Costanza, era la pronipote del cardinale Alessandro di due tavolette gemelle rappresentanti rispettivamente la
Ottaviano de' Medici62 • Il legame con l'illustre casata fio­ Lavanda dei Piedi (Fig. 4) e l'Orazione nell'Orto (Fig. 5),
rentina si mantenne vivo anche dopo il suo rientro a Bo­ più una placca rettangolare con la scena della Fuga in
logna, tanto che Cospi fu incaricalo dagli stessi Grandu­ Egitto (Fig. 3) 61 • Nel volume si ricordava espl icitamente il
chi di sostenere, tra gli altri, gli acquisti sul mercato nome del pittore bolognese Pelagio Palagi ( 1775-1860,

61 Durand, in /Jyzar,ce. I.:art byzantin dn11s /es col/ections p11bliq11es fr<111çaises, 80-8 1.
62 F. Pelrucci, s. v. "Ferdinando Cospi': in Dizionario biografico degli italiani (Roma, 1984), 30: 8 1 -82, in pari. 81; Picchi, "Le antichità egiziane'; 5 1 , n. I.
63 Petrucci, s. v. "Ferdinando Cospi"; Picchi, "Le antichità egiziane", 5 1-52.
6·1 Olmi, li collezio11is1110, �3.
65 Si vedo in sintesi Nikolajev1é, Gli avori, e, più di recente, Gasbarri, "Gli avori bizantini''.
66 Weslwood, A Descriptive Catalogue, 364, cat. 7-8, IO.
67 Le due 1avolet1e (num. inv. 69 1 e 692) misurano rispeltivamenlc cm 33 x 1 1 ,2 e cm 3 1 ,8 x 1 1 ,8, e si presentano in discreto slato di consernzione. La
Lavando dei Piedi rivela piccole scheggialure lungo il bordo inferiore, e più consislcnli lacune sui margini destro e sinistro, che appaiono mancanti.
Più danneggiala l'Orazione nell'Orlo, percorsa da una lunga crepa da sinistra verso il centro, e inlcressala da perdile di materiale in corrispondenza

91
GalmellJ Bernard1 e G10\'anni Ga,bJrn

Fig. 6) in qualità di precedente proprietario delle opere69• dievale e bizantina, tra le quali vanno natu ral mente a
. nno.
Riguardo alle prime due tavolette, \•\ lestwood si limitava a verat1· 1• nostn• tre avori.• DeI processo d I formazio ne d·
. . . a as I�
segnalare il soggetto delle rappresentazioni, la presenza di ecletuca raccolta offrono una test111101 11anz .
sai preZIO-
. . . .
un bordo esterno assai rialzato e lo stile degli sfondi archi­ sa i numerosi d ocument1 sopravvissuti , oggi sud div•1s1. - 1_ 1
1
tettonici, testualmente definito come "quite classica!''. Si modo per lo più arbitrario - tra la Biblio teca co rnu
, . 6 nate
considerava invece la terza come un "early rude Italian · •
del I Are I11g111nas1• 0 d 1 Bo I o�na • � g 1·I are11ivi dei M usei
_ . C i-
work'; e si sottolineava la presenza di grandi "rounded ar­ vici della stessa c1tta. Proprio ali mterno del fond o del !',\r
ches'' sullo sfondo. Queste sintetiche notazioni costitui­ chiginn asio si conser va un' importante lette ra datata
13
scono tuttora la più antica testimonianza scientifica della febbraio 1836-0 e indirizz ata a Palagi dall'an tiquario rn .1 -
1a
presenza a Bologna di tre opere eburnee riferibili a grandi nese Antonio Sanquirico, assiduo corrisponden te del pit-
linee a!Ja cosiddetta 'scuola salernitana: e forniscono allo tore e propnetano . . d I. una frequentat1. ssirna botteg a a
71 Nella missiva il mercante richiedeva
tesso tempo le prime notizie specifiche in merito alla Venezia • in sistente­
loro precedente collocazione all'interno della raccolta di mente la restituzione della celebre copia mar morea dell 'A­
antichità di Palagi. tena Lemnia di Fidia oggi al Museo Civico Arch eologico,
Nato a Bologna nel 1 775, formatosi a Roma presso l'Ac­ opera che lo stesso Patagi aveva acquistato da Sanq uirico
cademia di San Luca, Patagi aveva ottenuto i primi rico­ nel 1 829. Insieme ad essa , si domandava di poter riavere
noscimenti professionali dapprima a Milano - città nella indietro anche le due "tavolette quadrate bislo nghe rap ­
quale visse ini nterrottamente dal 1 8 1 5 al 1832 - e in se­ presentanti dei apostoli e nostro Signore": si tratt a, con
guito a Torino, dove aveva assunto il ruolo di pittore e ogni evidenza, delle due placche eburnee oggi a Bol og na
progettista ufficiale presso la corte di Carlo Alberto. I suoi (Figg. 4-5), le quali veniva.no dichiarate vendut e sette
interessi collezionistici, già manifesti negli anni giovanili, anni prima, e quindi nel 1 829 (probabilmente in Agosto,
trovarono compiuta concretizzazione soprattutto a parti­ come pare attestare una ricevuta dello stesso anno sem pre
re dal secondo decennio del secolo, dopo il trasferimento firmata da Sanquirico) 7'. La ricevuta rappresenta, a oggi,
a Milano. Attraverso un'intensa attività di compravendita la più antica testimonianza dell'esistenza di questi d ue
intrapresa con alcuni dei più noti mercanti d'arte italiani pezzi, che dunque prima del 1 829 dovevano trovarsi cer­
del tempo, Palagi riuscì ad allestire una raccolta di più di tamente a Venezia. Di particolare interesse è inoltre il giu­
40.000 monete e medaglie, e cli 6000 opere di diversa epo­ dizio espresso dall'antiquario, che pare molto indicativo
ca e tipologia: alla glittica e alla scultura d'età classica, alle di un certo pensiero critico diffuso tra i conoscitori d'arte
terrecotte e ai bronzetti etruschi, si erano gradualmente del primo Ottocento. Nell'estremo tentativo di ottenere da
affiancati anche rilievi egiziani, oggetti orientali e preco­ Palagi le opere richieste - forse per poterle rivendere ad
lombiani, nonché un cospicuo gruppo di opere d'arte me- altri acquirenti per u n prezzo superiore;, - Sanquirico ri-

dei volti di alcuni personaggi; il margine sinistro sembra resecato. Entrambi i pezzi conservano evidenti lraccc di colorazione rossastra. La placca
con la Fuga in Egitto (num. inv. 790) misura cm 16,6 x 1 1.5, e ai lrova in discreto stato di conservazione. Si osservano in particolare alcune scheg­
giature lungo i bordi rialzati inferiore e superiore, con conseguenle perdita di materiale. Si conservano tracce di colore giallo oro all'interno deU'au­
reola della Vergine.
68 La migliore raccolta di studi su Pelagio Palagi collczionisla resta il volume Pelagio Palagi arrista e collezionista, cal. mostra, Bologna, Musco Civico,
Aprile - Sellembre 1976, ed. R. Grandi e C. Morigi Govi (Bologna, 1976). Per la biografia del pittore, si veda in particolare E. Rizzoli, "Regesto della
vita e delle opere", in Pelagio Palagi artista e collezio11ista, 19-24, nonché i contributi in Pelagio Palagi pittore. Dipi11ti dalle raccolte del Comu11e d,
Bologna, cat. mostra, Bologna, Museo Civico Archeologico, 6 Ott. - 8 Dic. 1996, ed. C. Poppi (Milano, 1996); F. Franco, s. v. "Palagi, Palagio', in
Dizionario Biografico degli Italia11i (Roma, 2014), 80: 382-85. Sull'allività collezionistica si veda anche in generale S. To\'oli, "La collezione di Pelagio
Palagi� in Dalla Stanza delle Allliclrità al Museo Civico, 191-210, e, più recentemente, i ca1aloghi Pelagio Palagi alle Colle:io11i Comunali dilrte, cat.
moslra, Bologna, Palazzo Comunale, 2 1 Magg. - 20 Ag. 2004, ed. C. Bernardini (Ferrara, 2004), e Mag11ificlre prospetrive. Palagi e il sogno dc/limtico,
cat. mostra, Bologna, Collezioni Comunali d'Arte, 30 Nov. 2007 - 2 Mar. 2008, ed. C. Bernardini et al. (Rologna, 2007).
69 Sul vasto fondo Palagi conservalo presso l'Archiginnasio si veda L. Bonora e A. Scardovi, "Il carlcggio di Pelagio Palagi nella Biblioteca Comunale
dell"Archiginnasio'; 0\rclrigi1111asio 74 (1979): 39-68; L. Bonora, "Documenti e memorie riguardanti Pelagio Palagi nella Biblioteca Comunale
dell'Archiginnasio", L:Arc/1igi1111asio 82 ( 1987): 139-67.
70 La lenera è conservata presso l'Archivio dell'Archiginnasio di Rologna (da qui in avanti AAR), cartone 20, fol. 74. Si veda Gasbarri, "Gli avori bizan­
lini", 908-09.
71 Si veda in sintesi M. Pury, "Antonio Sanquirico, Art Merchant of Venicc': Labyri11thos 1-2 (1982): 67- 1 1 1 ; A. Morandolli, // collezio11is1110 i11 Lom­
bardia: studi e ricerche tra '600 e '800 (Milano, 2008), 122-24.
72 AAB, carlonc 12 bis, fol. 92. Non è dunque corrello quanto riporlato in Bologna, ''Avori medioevali", 89, n. 36, ove si afferma che le due tavolelte
provengono da sedi differenti.
73 Nella lettera sopra citala Sanquirico parlava esplicitamente di un "Signore fori di Gaele che è amatore di oggetli antichi in avorio", al quale egli inten·
deva rivendere le due tavolette.

92


Tamlettc quadr,lle bislonghc

Fig. 23 Ultima Cena, avorio, Xl-Xli secolo?, 10.7 x 26 cm, Baltimora, Wahers Art Muscum,
num. inv. 71.483

cordava infatti come le due tavolette fossero, tutto som­ anonimo funzionario della Giunta cittadina dopo la mor­
mato, "cose né Egiziane né Etrusche o Romane né dal Me­ te del pittore (6 marzo 1860) i•. Per la precisione, si tratta
dio Evo per cui potrebbero essere distaccate dalla tua di un inventario predisposto allo scopo di agevolare la va­
bella colezione in ogni genere di antichità''. Con ogni evi­ lutazione del patrimonio Patagi ancora rimasto a Milano,
denza, in questa operazione di compravendita le due par­ che era stato destinato per precisa volontà testamentaria
ti in causa non dovevano avere chiara coscienza della alle istituzioni deUa città felsinean. Ciascuna opera elen­
specifica identità storico-artistica di quanto stavano trat­ cata nell'opuscolo veniva pertanto accompagnata da una
tando. È anzi probabile che in origine i due pezzi fossero stima del prezzo in lire. Nella sezione intitolata "Avori An­
stati venduti a Palagi come opere non tanto riconducibili tichi e del Medio Evo·: si trova così il primo e più comple­
all'Occidente medievale, quanto piuttosto a Bisanzio: ma­ to elenco delle opere eburnee possedute dal pittore: assie­
gari associabili alla "cassetta bislonga con quadretti [ . . . ] a me alle due placche con l'Orazione nell'Orto e la Lavanda
basso rilievo profane': opera effettivamente costantinopo­ dei Piedi, come sempre nominate in coppia e sorprenden­
litana di X secolo, pure citata nella lettera di cui sopra e temente ben quotate (1300 lire), compare per la prima
ancora oggi custodita presso il Museo Civico Medievale volta anche la tavoletta con la Fuga in Egitto, dal valore
di Bologna74• stimato assai più basso (300 lire)78•
Della placca con la Fuga in Egitto (Fig. 3), purtroppo, All'inizio dell'anno successivo, i tre avori vennero di­
non si conoscono notizie parimenti antiche, ma è plausi­ rettamente trasferiti insieme agli altri nelle stanze dell'Ar­
bile che Palagi l'avesse potuta acquistare durante gli anni chiginnasio, dove Westwood poté esaminarli; da lì, forse
trascorsi a Milano - dunque prima del 1832 - e che lì sia già nei primi anni '80 del XIX secolo, trovarono posto
rimasta anche dopo il trasferimento a Torino, probabil­ nella XV sala del neonato Museo Civico della città (Sezio­
mente conservata in locali presi in affitto dal pittore75• A ne Medioevale e Moderna) ;"}.
suggerire questa ipotesi è soprattutto un secondo impor­ Un primo compiuto tentativo di avanzare un'ipotesi di
tante documento, presente in copia presso l'archivio del datazione e localizzazione per tutti e tre i pezzi fu intra­
Museo Civico Archeologico di Bologna, e redatto da un preso nel 1900 da Graeven, il quale riservò all'intero nu-

ì4 La cassettina fu acquistata verosimilmente nei primi mesi del 1 83S, come pare testimoniare una ricevuta risalente al 15 aprile di quell'anno e firma­
ta da Antonio Snnquirico, oggi presso MD, cartone 3 l, cartella 3, fol. D. Fatta eccezione per il documento citato infra, la cassetta viene menzionata
per la prima volta da Westwood, A Descriptive Cntnlogue, 364, cat. l l. Si veda più di recente Nikolajevié, Gli 11vori, 73-76, cat. l2; Taddei, in Jl Me­
dioevo delle Cattedrali, 471-74, cat. 2S.
ì5 Gasbarri, "Gli avori bizantini", 910, n. 26.
76 Archil'io del Museo Cil'ico Archeologico, cartone 46 - Carte Palagi, "Elenco degli Oggetti d'Arte e Antichità e Mobiliare esistenti nel Museo di Pela­
gio Palagi a Milano''.
77 Sulle 1·iccnde relative al testamento Palagi e alle complesse operazioni di acquisizione della raccolta da parte del Comune di Bologna, si ved ano i
riferimenti documentari in Gasbarri, "Gli avori bizantini': 910, n. 24; più in generale G. Gualandi, "li Palagi collezionista", in Pelagio Pnlagi artista e
collezio11istn, 23 1 ; Morigi Govi, "Il Musco Civico''.
78 Gasbarri, "Gli avori bi1.an1ini': 9 1 1 .
79 Drizio e Frati, Gi,ida del 1W11seo Civico, S2-79, i n particolare 59, 64.

93
Betlemme di ClcvelJnd (num. inv. 1978.40 F't . 2
eleo di opere in a\Orio e in osso conservate a Bologna al­ ' g -1) •.
cune �carne ma precise osservazioni, ancora oggi in Proposta .come . termine .
di paragone privi legi
.
' gia
ato• st. nota.
buona pJrtc condivisibili'". Le due tavolette gemelle ven­ no scmphfic az1om:. 11 manto della Verg ine si ra P re
sulla test,1 in una cuffia compatta, le pieghe scor P nd e
nero asscgn.ite all'XI �ecolo e considerate come imitazioni , rono pa
rallele sul corpo, e !ornamento a piccoli glo bi sul do
occidentali di prototipi biLantini; fu Graeven per primo . a e, n. d otto a un motivo
dell'asm • gra fii to. Le di mens·1 rso
- e non, come pure si è affermato, Adolfo Venturi o Pietro on1 e il
Toe�ca - ad accorgersi della vicinJnza tra queste placche e formato dell'oper,1 , lo spessore del bordo este rno 1a pr .
• '
ad a Icu m• d etta gli com e
un,1 terza rappresentante l'Ultima Cena, all'epoca di pro­ · t •I fon• , •111s1cme
senza d i picco e l' s
senza di rilievo sull'aureola della Vergi ne _ som rnana. �-
prietà del conte Grigorij Stroganoff a Roma e oggi custo­
mente incisa con linee sovrapposte, e recant e ancora trac .
dita nel Waltcrs Art Muscum di Baltimora (num. inv. .
7 1 . 483, Fig. 23)"'. In merito all'avorio con la Fuga in Egit­ ce di policrom ia - accomunano I1 pezzo ad altr e opere del
to, lo studioso identificava con sicurezza tutti i personaggi gruppo su dd etto, •1 cui• pro bi emi• d'I autografia e reciproche
(dal giovane portatore dell'asino alla personificazione relazioni devono essere ancora - a mio parere - affr ontati.
e portati a so I uzt0ne . .m mo d o meta doIogicamente con-
dell'Egitto in alto a destra), e nominava esplicitamente i
rilievi del Musco Diocesano di Salerno come plausibili vincente. Più che la ta\'olctta con il Sogno di Giuseppe d'
termini di confronto82 • Londra (Victoria and Alberi Museum, num. inv. 701- 1884/
Per quanto riguarda la tavoletta con la Fuga in Egitto, recentement e riproposta all'attenzione da Paul Willia m'.
la letteratura critica successiva ha sostanzialmenh! confer­ son, si riscontrano affu1ità persuasive con la Presentazio­
mato le impressioni di Graeven81. L'opera si colloca con ne al Tempio dello stesso museo (num. inv. 238-1 867' Fig.
facilità all'interno di un gruppo riconosciuto di pezzi ese­ 25 )so: ana Iogo e• I·t mo do d'1 ntag • 1·1are su1 piano liscio del
guiti su modelli simili a quelli degli avori del Museo Dio­ fondo i volti di tre quarti, con la fronte sporgen te e il naso
cesano, caratterizzati da un formato rettangolare verticale corto; analoga è la trattazione del panneggio a corsi paral­
e da dimensioni complessivamente costanti�'. Da un pun­ leli di pieghe, cbe ricadono a terra con u n serrato m otivo
to di vista iconografico la scena bolognese mostra genera­ a zig-zag sull'orlo.
le coerenza con quella analoga dell'avorio di Salerno. Fa Quanto alle due placche con la Lavanda dei Piedi e
eccezione la presenza di un giovane imberbe a guida l'Orazione nell'Orto, la loro storia critica ha imboccato
dell'asino, in sostituzione del più tradizionale angelo: so­ direzioni in un certo senso più variate. Un filone interpre­
stituzione che, come suggerito da Carlotta Taddei85 , può tativo che ha voluto riconoscere nelle tavolette il prodotto
forse trovare spiegazione nell'influsso esercitato dallo di una bottega dell'Italia settentrionale - sulla base so­
schema - per il resto assai simile - dell'Andata a Betlem­ prattutto di confronti con la scultura romanica d'Oltralpe
me. La resa formale del pezzo bolognese rivela un'eviden­ - è stato inaugurato negli anni '80 del XX secolo da Da­
te tendem.a alla decantazione e alla stilizzazione dei tratti nielle Gaborit-Chopin, e talvolta recuperato anche in
caratteristici dell'intaglio salernitano, pur conservandone tempi successivi8'. Il loro inquadramento cronologico si è
le inconfondibili peculiarità. Anche rispetto all'Andata a persino spinto fino al Duecento avanzato, con gli inter-

SO Gr:ieven, Fri1/1clirist/1c/1c 1111d mittdtlltrrl/c/,r Elfcnbei11ll'crkc, I: 7-8, cat. 5; 9, cat. 7-8.


8 1 Ohre che da Graeven, il collegamenlo fu riproposto da Venturi, Storia dell,\rtc lta/ra11a (l\tilJno. 1902), 2: 614- t6; Toesca, Storia de/1,lrre ltalia11a, I:
1 1 29-1 30, n. 39, e contemporaneamente da Goldschmidl, Dit Elfc11bei11sk11lpt11m1 tms der Roma11isclre11 Zeit, 4: 45, ta,•. LVII, 1 55-57; riguardo ali'•·
vorio di Bahimor:i ex-Stroganorf e alta sua relazione con i rilie,•i bolognesi, si veda ancora H. Randalt Jr., in 1\/astcrpieccs of fvory from the ll'alrers
Art Gallery, cat. mostra, Baltimora, Tue Wahcr; Ari Gatlery, 1985, cd. R. H. Randati Jr. (New York, NY, 1985), t 74, cat. 251 Più di recente, ma con
riserve, Bologna, "Avori medioevJli': 37-39; M. Cali e F. Bologna, in u11igm11 degli avori m�dicl'llli da Amalfi a Salcmo, 2: 254-55, cat. i-8.
82 Vale la pena di ricordare d1e tra t 905 e t 906 le Ire tavolette furono esposte in occasione dcli' Esposi:io11c di Arte ltalo-bi;n11ti1111 di Grottafumta,comc
testimoniano le schede di preslito conservale presso l'Archivio Storico del l\lonumento Nazionale di Grottaferrata, b. 1 1 . cat. 57-58.
83 Va segnalato in quest.1 sede un già noto errore di Toe,ca (Storia dell'Arte lta/i111111, I: 1 129, Fig. 788), che confuse la Fuga in Egitto di Botogn. coo
l'Andata a Betlemme del l\luseum of Art di Cleveland. Da uh imo, Catì e Bologna, in unigma degli avori 111c1/rcmli dn Amalfi II Salerno, 2: 256-5;,
cat. 9, con bibliografia, a cui va aggiunta almeno la recente scheda di Taddei, in Il /\lediocvo delle Cattedra/i, 590-93, cat. 59. Sul rilievo d, Cte,eland,
si veda ora Cali e Bologna, in u11lgm11 degli al'Or, 111e1/,ev11/1 d11 Amalfi a S11/er110, 2: 430-31, cal 69, alla cui bibliografia and�bbero almeno aggiunlc
le schede di W. D. Wixon, in 11,e Glory of By:11111/11111, 492. cat. 327; 11. A. Klein, in Sacred G1fu a,ul \\'orldly Treasures: 1\/cdiel'III Masterworks/rom
tl,e Cleveland /\111se11m of Art, cat. mostra, Los Angeles, J. Paul Getty l\luseum, 30 Ott. 2007 - 20 Genn. 2008, ed. H. A. Ktein (New York, 1'ì', 200ì).
131, cat. 42. Si veda anche URL. <http://w\\wclevclandart.org/arl/ 19i8.40> (consultato il t Apr. 2015).
84 S1 veda ,n proposito la recente sintesi di Williamson, /\led,eval Jvory Carvi11gs, 339-40.
85 Taddei, in Il /\led,oevo delle Cattedra/,, 592.
86 Williamson, /\ledieval lvory Carvlngs, 338--1 l, cat. 86; 342-43, cal. 87.
87 Si veda per esempio "Le arti sunluaric': in Il mondo ro111a11ico: il tempo delle crociate, ed. F. Avril et al. (Milano, 1983), 274-76; Randall lr.. in Masttr·
p1eces of froryfrom tht ll'alters Art Gallcry (in relazione all'avorio di Baltimora); R. Grandi, I,1trodu:ione 11/ /lluS('O Civico Mcdicl'Ule. PalC1.::0 Gh,.<i·

--
94
Td, olelle quaJute b1slonghe

Fig. 24 Andata a Detlernme, Xl-Xli secolo, Fig. 25 Presentazione al Tempio, XI-Xli secolo,
16.30 x 1 1.00 cm, avorio, Cleveland, Cleveland Museum of Art, 16.3 x 10.6 cm, avorio, Londra, Victoria and Albert Museum,
num. inv. 1978.40 num. inv. 238-1867

venti di Adolfo Venturi e di Pericle Ducati88, ma l'ipotesi Alla luce di un'analisi diretta e più attenta, si può forse
di una datazione alla fine dell'XI secolo-inizi del XJI, e di avanzare qualche considerazione ulteriore in proposito.
una provenienza italomeridionale è condivisa dalla mag­ Vi sono davvero pochi dubbi che le due placche bolognesi
gioranza degli studiosi. A partire dalle sintetiche conside­ costituiscano con quella di Balti mora un insieme inscin­
razioni di Toesca, che per primo fece notare l'analogia con dibile: sia per il formato equivalente, sia per i tratti stilisti­
gli avori del Museo Diocesano di Salerno89, i due pezzi ci molto omogenei, ben evidenti nonostante la maggiore
sono generalmente rimasti compresi nell'elastico e pro­ compressione e il conseguente ridimensionamento delle
blematico corpus della produzione eburnea campana. In figure nell'avorio americano. rintaglio degli occhi, dei
occasione della mostra di Salerno del 2007-08 è stato ri­ nasi e delle grosse ciocche di capelli, nonché i tratti ango­
proposto l'accostamento - già suggerito da Goldschmidt lati delle pieghe, che corrono incise sulle masse dei corpi,
- tra le tavolette bolognesi, quella ex-Stroganotf e una sono indizi difficilmente equivocabili; così come lo sono
quarta conservata presso il Musco del Bargello di Firenze le partiture architettoniche perfettamente coerenti tra
rappresentante Cristo in gloria tra angeli cd evangelisti loro, tanto che, in un'ipotetica sequenza narrativa, esse
(num. inv. 43 C, Fig. 26) 9°. Tutte insieme sono state ritenu­ potrebbero procedere senza reale soluzione di continuità
te parti di un medesimo cofanetto, da assegnarsi all'attivi- da sinistra verso destra, dalla Lavanda dei Piedi all'Ultima
tà di botteghe amalfitane, e da considerarsi come il risul­ Cena. Qualche concreta perplessità desta invece l'accosta­
tato di una linea di sviluppo che, a partire dalla cassetta di mento con il Cristo in gloria del Bargello, un'opera che,
Farfa, avrebbe condotto ai modi asciutti e sintetici dei oltre a non avere dimensioni del tutto congruenti con le
pezzi bolognesi. tavolette di cui sopra - è infatti di tre centimetri più alta

lardi-Fava (Bologna, I 98i), 29, cal. 3; G. Bernardi, in Vivere il Medioevo: Parma nl tempo de/In cnttcdmle, cat. mostra, Parma, Palazzo della Pilotta,
8 011. 2006 - I� Genn. 2007, cd. G. Damiani (Parma, 2007), 230-31, cal. 124.
88 Venturi, Sloria de/l'Arte //nliana, 614-16; Ducali, "Alcuni avori", 481-82, cat. 9-10.
89 Toesca, Storia dell'Arte ftalim,a, I: I 129.
90 Bologna, "Avori medioevali'; 37-39; Cali e Bologna, in /J:11igma degli avori medievali da Amalfi a Salerno, 2: 252-53, cat. 6, a cui va aggiunta la sche­
da di F. Zurli, in Vivere il Medioe110: />ar,na al tempo de/la cattedrale, 231 -32, cat. 125.

95
Gabriella llernardi e Giovanni Gasbarri

Fig. 26 Cristo in gloria tra angeli ed evangelisti, Xl-Xli secolo, 14 x 34.2 cm, avorio, Firenze,
Museo Nazionale del Bargello, num. inv. 43C.

- rivela difformità stilistiche ben più consistenti di quanto gendo - seppure con esiti differenti - ancora una volta ai
non appaia a un primo sguardo: la croce del nimbo del prototipi diffusi dal macrociclo salernitano. Alcune solu­
Cristo è patente ed è priva della decorazione a perline e zioni ornamentali ricorrenti nelle storie del Museo Dioce­
meandri; molto diverse sono le ricadute dei panneggi, che sano di Salerno, come per esempio la linea ondulata rac­
lasciano percepire le forme dei corpi sottostanti con vero­ chiusa entro due bordi lisci, sono recuperati direttamente
simiglianza maggiore rispetto a quanto visibile nelle ope­ nelle nostre tavolette; anche le occorrenze apparentemen­
re bolognesi. La tavoletta del Bargello mostra in generale te più insolite - come il piano roccioso a grosse scaglie che
un grado di politura superiore, il gusto per una resa più definisce l'orto del Gethsemani - possono trovare qualche
minuta dei dettagli, ma soprattutto una notevole attenzio­ plausibile antecedente nello stesso ciclo. Non mancano
ne nello scandire la sovrapposizione dei piani plastici dal poi punti di contatto con alcune delle placche facenti par­
fondo sottilissimo al massimo altorilievo - un'attenzione te dei cicli autonomi sopra ricordati. Un confronto con
di cui il meno sofisticato artefice delle altre tre opere pare certi dettagli della severa Presentazione al Tempio del
del tutto sprovvisto. Se si può forse ancora discutere sulla Victoria and Albert Museum 91 (num. inv. 238-1867), e so­
pertinenza delle quattro tavolette a un medesimo conte­ prattutto del Sogno di Giuseppe oggi al Musée des Anti­
sto geo-artistico, di certo si può seriamente dubitare che quités di Rouen92 (num. inv. 721), permette di scoprire
esse siano il prodotto dell'attività di un singolo intagliato­ vicinanze significative soprattutto per la comune tenden­
re, o che facessero parte in origine di un arredo unitario. za a costruire i volumi a partire da grandi masse piatte
Quanto alla localizzazione, ancora non sussistono in­ appena arrotondate sui bordi, poi panneggiate con linee
dizi davvero probanti che consentano di assegnare pro­ sottilmente incise, senza eccessivo riguardo per lo studio
prio ad Amalfi la produzione di questi pezzi: ciò anche della sovrapposizione dei piani.
volendo trascurare la pur molto evidente distanza che in­ Le tavolette bolognesi, in conclusione, sembrano testi­
tercorre tra essi e le opere oggi congetturalmente attribu­ moniare l'esistenza di una diversa variante del linguag­
ite alle botteghe della Costiera. A ben vedere, i due rilievi gio messo a punto nelle botteghe salernitane, che ha con i
bolognesi e quello americano mostrano un linguaggio che cicli ivi prodotti innegabili punti di contatto, ma è nel con­
partecipa delle medesime inclinazioni sintetizzanti già os­ tempo capace di esprimersi con autonomi sviluppi formali.
servate a proposito del rilievo con la Fuga in Egitto, atlin- (G. G.)

91 Williamson, Mcdieval lvory Cnrvi11gs, 342-43, cat. Bi.


92 R. P. llergman, 11ie Salerno lvories. Ars Sacra /rom Medieval A111111ji (Cambridge, MA, 1980), 135, cat. 8; A. Braca, Gli avori mc,lievali del Musco
Diocesano di Salerno (Salerno, 1994), 99; Cali e Bologna, in /Jmigma degli avori medievali da Amalfi a Salerno, 2: 432-33, ca!. 70.

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Sarah M. Guerin

THE TUSK: ORIGINS OF THE RAW MATERIAL


FOR THE SALERNO IVORIES

Sometime around the turn of the first millennium, an Salerno group, suggesting an innovative means by
elephant died on the Savannahs of Africa, likely some­ which it might have reached medieval Campania.
where in West Africa among the inter-crossing tribu­ While this proposal must necessarily constitute an act
taries of the Senegal and Niger rivers.' This mature el­ of historical imagination, and I very much consider the
ephant had lived a long life, perhaps of sixty or seventy following as a plausible hypothesis. Concentrating on
years - a fact evidenced by his massive tusks, over 15 cm the material of ivory itself enriches our understanding
in diameter, and perhaps as long as 2,5 m. He, for it is of the history of this extraordinary ensemble of medi­
male elephants that usually produce such enormous eval carving.
tusks as these, either died of natural causes or was Careful consideration of the morphology of the
killed in what was likely a ritual hunt. 2 The present es­ Salerno panels suggests an unexpected realization: it is
say is the story of the afterlife of one of his tusks, the possible that the thirty-eight narrative panels (includ­
tusk that was to become the impressive and enigmatic ing the lost Annunciation), the small portrait plaques,
group of ivory plaques in Salerno. A radical focus on and the decorative border fragments were all cut from
the material involved in the production of the Salerno a single enormous elephant tusk.3 lhe key to the puzzle
group, rather than on its iconography or liturgical lies in the extreme width of some of the New Testament
function, introduces another optic for deepening our panels: the Visitation and Last Supper panels measure
understanding of the Salerno ivories. This essay pro­ 14.4 and 14.3 cm, respectively, indicating tusks of enor­
poses a hypothesis for the supply of ivory used for the mous proportions" (Pis. 19 and 29).Tusks of such a dia-

I Paul Williamson recently carbon dated two plaques in the Victoria and Albert Museum. These plaques are related stylistically and iconographically
to the Salerno i,•ories, but are likely from two separate ensembles. The test of the plaque depicting loseph's Dream (inv. no. 701-1884) gave a date
between 780 and 1010 with a 95.4% degree of probability; the plaque of the PresentJtion in the Temple (inv. no. 238-1867) in turn yielded a date
between 898 and 1023 with a 95.4% degree of probability. P. Williamson, Medieval Ivory Carvi11gs. Early Christian to Roma11esque. Victoria and Albert
Museum (London, 2010), cats. 86 and 87; and iclcm, "On the Date of the Symmachi Panel and the So-called Grado Chair Ivories:' in 1/zrough a
Glass Brightly: Studies in Byzantine ,111d Medieval Art and Archaeology Presented to David D11ckto11, ed. C. Entwistle (Exeter, 2003), 47-50. For
my argument regarding the contribution of the trans-Saharan routes to South Italian ivory production, see S. M. Guerin, "Forgotten Routes? Italy,
lfriqiya and the Trans-Saharan Ivory Trade;' Al-Masiiq: Islam a11d the Medieval Mediterra11ea11 25.1 ( 2013): 71-92. In this article and elsewhere,
I have argued for diversity in the origin of i\'Ory tusks in the Middle Ages, which includes south African ivory via the Swahili Coast-Indian Ocean­
Red Sea route discussed by Mark Horton and others, but also acknowledges the contribution of the trans-Saharan routes .
2 P. Grubb et al., "Living African elephants belong to two species: loxodo11ta africa11a and Loxodonta cyclotis," Elephant 2 (2000), 1-4, esp. table 1;
male Loxodo11ta africa11a tusks average at the base 15.5 to 19.6 cm, while females of the species average between 8.0 to 11.9 cm.
3 Unfortunate!)', J have not been able to examine the Salerno ivories out of the ,·itrincs, as the opening of the new cases at the Musco Diocesano of Salerno
is very difficult. I have relied instead on the meticulous measurements, including heights, breadth, and importantly thickness, of Dr. Antonio Braca
(sec also A. llracJ, G/i avori medieva/i def Museo diocesa110 di Salerno !Salerno, I 994), 15, for height and breadths only), provided generouslr by
Dr. Emilia Allinito. Francesca Dcll'.Acqua, in addition to inviting me to participate in the project, selnessly shared her archive of photographs of the
Salerno ivories. Toe following hypothesis, therefore, is ba<cd on these photographs as well as on ob�crvations made of the objects in their cases.
4 Objects carved fr om such enormous tusks arc remarkable, but certainly not unique. l\lany late antique consular diptychs exceed 1-1 cm in breadth,
see W. F. Volbach, Elfc nbei,r