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Crocifissi lignei tedeschi in Italia nel Quattrocento.

L'interesse per la scultura lignea tedesca in Italia è nato molto tardi molto più tardi rispetto all'interesse per
la struttura lignea in generale. Sulla questione ha influito molto il giudizio vasariano che non nutre una
particolare simpatia ed in particolare ha influito una versione italiano centrica nello studio biografico delle
vite nonostante sia ben nota l'ammirazione di Vasari verso l'abilità dei tedeschi nella lavorazione del legno.
Detto questo è comprensibile il fatto che quest'arte è completamente trascurata dalla storiografia artistica
italiana nei secolo successivi. Non è un caso Dunque che una prima puntare interessa su questo argomento
sia stata una studiosa tedesca Lissner negli anni sessanta del Novecento. Ha dunque esplorato un
argomento di grande interesse storico artistico che ha influito profondamente sulla consapevolezza dei
rapporti tra arte italiana e straniera E ha ridisegnato la geografia artistica della penisola. Per molti studiosi
questa questione ha coinciso per molto tempo con quella di Giovanni Teutonico. in tempi piuttosto recenti
che ho potuto sciogliere il nodo considerando da un lato in maniera non ha grafica la figura dello scrittore
Giovanni teutonico e dall'altra il panorama composito delle botteghe dei maestri tedeschi in Italia. Il vero
giacimento a cui attinse la studiosa è costituito dalle pubblicazioni erudite di di secondo Ottocento frutto di
lavoro paziente di alcuni studiosi come Filangieri, Muntz, Manari e Rossi E scrupolosamente avevano
proceduto allo spoglio sistematico dei detersivi delle principali città italiane. ricerche Vanno messi in
relazione al grandioso lavoro che una studiosa stava portando avanti sui crocifissi lignei toscani del
Rinascimento e che la condusse a pubblicare la fondamentale monografia del 1970. In questa impresa
potete raccogliere molte testimonianze ligne riesci (datati intorno alla metà del quindicesimo secolo) ad
individuare un gruppo di sculture estranee al mondo figurativo italiano dotate di un dolente e drammatica
forza espressiva, puntando Prima di tutto l'attenzione su il crocifisso della Cappella Cambini in San Lorenzo
a Firenze riunì altri crocifissi affini come quello di San Giorgio Maggiore a Venezia, quello del Duomo di
Imola quello di San Petronio e San Michele in Bosco a Bologna e di Sant'Agostino a Roma. Elementi di
Maggiore distinzione vengono rintracciati nella accentuata inclinazione della testa sulla spalla, nella
sensibile curvatura del corpo rispetto all’asse della Croce, nell'incavo dell'addome che evidenzia le
sporgenze della cassa toracica e nel perizoma intrecciato o raccolto con un nodo sul fianco. Merito della
studiosa è anche quello di aver contestualizzato il successo di queste immagini ricordando l’ampia e
documentata presenza nella penisola di numerosi maestri tedeschi che organizzati in compagnie riuscivano
spesso a inserirsi perfettamente nel tessuto economico sociale e religioso delle realtà cittadini in particolare
a Roma e Firenze. Da questo contesto recuperò la figura di un certo Giovanni Enrico d'alemagna uno
scultore specializzato nei crocifissi è protagonista di una missiva del 27 maggio del 1457 indirizzata dalla
signoria di Firenze al cardinale Prospero Colonna per favorire un eventuale trasferta del tedesco a Roma.
Solo per un caso però era possibile associare autore e opera su base archivistica ovvero per il crocifisso di
San Pietro a Perugia pagato nel 1478 ad un maestro Giovanni teutonico. Il ritrovamento del documento si
deve a Luigi Manari Che pubblicò una grande quantità di notizie artistiche relative alla Basilica Benedettina
di Perugia intorno alla metà del XIX secolo. Considerando questo. Individua molte altre opere affini ovvero
alcuni crocifissi di Santa Maria Nuova di Perugia, Santa Maria degli Angeli di Assisi, Sistina di Roma,
convento di Sant'Antonio a Rieti. Alcune venivano poste in un periodo leggermente anteriore ovvero i
crocifissi di Urbino, Berlino e quello di monteripido di Perugia e della Chiesa di San Francesco di Terni.
Invece successivi al crocefisso di San Pietro di Perugia considerava il crocifisso del museo di Rieti. Un gruppo
a parte per stile e cronologia veniva rintracciato in area Emiliana nei crocifissi della della chiesa di Santi
Bartolomeo Rita di Rimini e del Duomo e nella chiesa di San Domenico di Faenza. La lezione della studiosa
dei ho una migliore conoscenza della produzione storia tedesca del Rinascimento in stanno un diffuso
interesse nei confronti di questo tipo di immagine quindi questo corposo saggio divenne punto di
riferimento per tutti gli studiosi che si imbatterono in opere di carattere tedeschizzante. il crocifisso della
chiesa sconsacrata dell’ospedalino di Rimini Pier Giorgio Pasini vi scorse in occasione della mostra sulla
pittura a Rimini curata da Carlo Volpe elementi di estraneità rispetto al linguaggio figurativo italiano e
proposte un riferimento a un maestro tedesco italianizzante “che fa veramente suo il modo tutto italiano di
concepire la rappresentazione come ricerca e creazione di una forma plastica organica l'attuale sottomessa
anche l'espressione dei sentimenti drammatici”. Un altro fondamentale momento nella conoscenza della
scultura lignea tedesca in Italia è costituita dalla mostra di Salò del 1982 organizzata all'indomani del
restauro del grandioso Crocifisso del Duomo che restituì un'opera di grande impatto espressivo e dalla
consolidata tradizione storiografica che inizia nel 1599 con la historia della Riviera di Bongiovanni
Grattarolo trasmesso non solo episodi della stima di Andrea Mantegna viaggio Sulle rive del Garda
l'originale manna del suo autore.

Entrambe le informazioni sembrano essere state confermate dai documenti da una parte e Monica ipsen ha
potuto dimostrare che la stima fu reale chiarendo Che probabilmente dovesse trattarsi di una vera e
propria perizia della scultura lignea da parte del padovano dall’altra l’erudizione locale aveva permesso il
recupero di una serie di documenti scalati tra luglio e settembre del 1449 in cui si rammenta che un
intagliatore un Teutonico di nome Giovanni che in cambio dell'assegnazione del ruolo di governatore e
rettore dell'ospedale di Santa Maria si era offerto di eseguire un crocifisso proponendolo in plebe nostra
Salòdi . La tesi di questo Giovanni inoltre venne sostenuta da un segno grafico posto sul polpaccio del
Cristo letto come jh sigla di Johannes dal punto di vista stilistico invece I primi confronti istituiti proprio con
il crocifisso del museo di Rimini. Nei decenni successivi questa identificazione e questo confronto hanno
favorito in molti casi la progressiva assimilazione di opere e documenti all'interno del catalogo e della
biografia di un maestro riconosciuto ufficialmente come Giovanni Teutonico attivo tra Salò,
Venezia ,Bologna ,Firenze ,Perugia e Roma tra il 1449 è il 1478. Del 1988 Massimo mussini presentava il
crocifisso di Ca’ de’ Caroli e i crocifissi lignei tedeschi in Italia accostandolo a quello di San Giorgio a
Venezia. lo studioso lo accosta anche alla cronologia dei crocifissi di Firenze Roma Imola a Bologna e
Venezia individuati dalla studiosa avvicinandolo al gruppo riferibile l'autore del Crocifisso di San Pietro nel
1478 lasciando intendere che potesse trattarsi di opere uscite da una unica mano o da un'unica bottega.
Ulteriore elemento favorevole all'aggregazione di opere e documenti molto eterogenei tra loro intorno ad
un unico personaggio convenzionalmente riconosciuto come Giovanni Teutonico si deve ad un articolo del
2004 gli in Elisabetta Franceschutti in arte Veneta in cui si presentava il crocifisso della chiesa del Cristo di
Pordenone come opera di Giovanni teutonico sulla scorta del carattere ultramontano dell'opera ma anche
di un documento del 1466 in cui veniva retribuito un certo maestro Giovanni.

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