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preromanica e
romanica
di Jean-Pierre Caillet
Edizione di riferimento:
Indice
LVIII e il IX secolo
La miniatura
Mosaici e pitture murali
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dimostra che queste ultime erano state a lungo dimenticate. A partire dalla seconda met del IX secolo, la
rapida disgregazione dellImpero carolingio, che ebbe
come diretta conseguenza il diffondersi di una condizione feudale piuttosto anarchica, provoc un effetto
altrettanto disastroso sul piano artistico, tanto pi che
alla frammentazione del potere laico si accompagnava la
disorganizzazione dei centri e delle reti religiose: questa letargia della maggior parte dei grandi centri culturali spiega facilmente la quasi totale assenza di opere
sopravvissute databili al periodo compreso tra l875 e
lanno mille. Il rinnovamento della produzione pittorica, sia su scala monumentale che nella decorazione dei
libri, riusc ad affermarsi solo con la ricostituzione delle
strutture monastiche e vescovili, seguita da quella di
alcuni principati territoriali sostenuti proprio dalla gerarchia ecclesiastica.
Passiamo ora dallesame di carattere generale di questi fattori a quello delle condizioni che esercitarono
uninfluenza pi diretta sulla produzione pittorica. Nel
periodo carolingio, la grande importanza attribuita alla
ricostruzione dei grandi testi sacri latini nella loro purezza originaria e quindi nellesattezza e nella profondit
del loro significato diede origine a una proliferazione
di raccolte di Vangeli e di Bibbie, come pure di Sacramentari destinati a fissare le norme delluffizio divino.
Oltre alla revisione filologica, considerata rigorosamente prioritaria, lestrema accuratezza della calligrafia e,
per gli esemplari da cerimonia, delle illustrazioni non
affatto gratuita, ma tende a esaltare nel modo pi conveniente la parola e le opere del Signore, infine ricostruite nella loro integrit. E la frequenza con cui limmagine del sovrano fa la sua comparsa in questi stessi
manoscritti, va ricondotta non solo al volere di questultimo, ma anche allintento di sottolineare che,
secondo la concezione teocratica del potere ereditata
dalla tarda antichit, il re il garante dellordine divino sulla terra, il principale divulgatore del messaggio di
Cristo e la guida del popolo verso la Salvezza. Nel corso
del periodo romanico, acquista unimportanza fondamentale una nuova componente: lesaltazione dei santi,
e, in particolare, dei patroni locali, attraverso la narrazione della loro vita o la loro raffigurazione accanto alle
grandi figure della sfera celeste, una componente direttamente legata alla valorizzazione delle reliquie, sul possesso delle quali i chierici fondavano in particolar
modo nel contesto dello sviluppo dei pellegrinaggi i
loro tentativi di aumentare il prestigio dei loro santuari. Si discerne anche unaltra importante componente,
che riflette una preoccupazione di carattere esclusivamente ecclesiologico, nata allo stesso tempo con la rifondazione istituzionale promossa a partire da Roma nella
seconda met dellXI secolo dalla Riforma gregoriana,
e dalla necessit di rispondere alle numerose deviazioni
pi o meno apertamente eretiche: si trattava di sottolineare lautorit della gerarchia, riconducendola ai suoi
fondamenti teologici, e la sacralit dei sacramenti (e in
primo luogo dellEucarestia). Infine, a partire dal XII
secolo, lo sviluppo della devozione mariana la Vergine inizi infatti ad essere sistematicamente associata
alla Chiesa introdurr una nota supplementare nellaffermazione di questa corrente.
Dopo aver individuato le principali idee guida, rivolgiamo ora la nostra attenzione agli uomini che le tradussero nella pratica. Purtroppo lidentit degli autori
dellimmensa maggioranza delle opere che ci sono pervenute rimane sconosciuta: la plausibile attribuzione
allabate Odbert di una parte delle miniature dei manoscritti di Saint-Bertin databili verso lanno mille, , a
questo riguardo, una rara eccezione... Alcune immagini
e riferimenti testuali offrono tuttavia qualche indicazione sulla personalit di questi pittori. Sembra che
abbastanza spesso si trattasse di religiosi, e, pi in particolare, di monaci (come, ad esempio, Hugo, un monaco di probabile origine normanna, che verso il 1100
dipinse la sua effigie alla fine di un manoscritto conservato a Oxford (Bodleian Library, ms. Bodley 717); o
Sawalon, firmatario di molti libri provenienti dallabbazia di Saint-Amand, tra cui una Bibbia in cinque volumi (1150 circa; Valenciennes, Bibliothque Municipale,
mss.1-5 ); ma tra questi pittori figuravano anche dei laici
(ad esempio un certo Flix, attivo a Corbie nel terzo
quarto del XII secolo, come testimonia il suo ritratto
contenuto nel codice ms. lat. 11575 della Bibliothque
Nationale di Parigi). Osserviamo inoltre che allesecuzione di alcune opere parteciparono probabilmente molti
praticanti (tra i manoscritti che esamineremo pi avanti, il caso del celebre Commentaire de lApocalypse
della chiesa di Saint-Sever databile alla met dellXI
secolo, ma anche di alcune opere monumentali, e, in particolare, degli affreschi della chiesa di Saint-Savin-surGartempe del 1100 circa, o delle vetrate dellabbazia di
Saint-Denis del 1140-1145); altri insiemi invece, talvolta di non trascurabile importanza, sono attribuibili a
una sola mano (come, ad esempio, le quattordici decorazioni pittoriche a piena pagina e le nove iniziali del
Sacramentario di Saint-Etienne a Limoges eseguito
verso il 1100, o la totalit degli affreschi della navata e
del coro della chiesa di Vicq successivi di alcuni decenni). Del resto, frequentemente attestata lattivit di
artisti itineranti: sappiamo, ad esempio, che nella Francia settentrionale verso lanno mille un miniaturista
inglese formatosi certamente a Winchester lavor per la
chiesa di Saint-Bertin e per labbazia di Saint-Vaast
dArras; e alcune fonti cluniacensi parlano di una Bibbia alla quale avevano lavorato allinizio del XII secolo
in Borgogna un certo Albert proveniente da Treviri e un
certo Opizo, il cui nome sembra indicare unorigine ita-
liana. Tenendo conto di tutti questi dati, sembra quindi abbastanza vano voler attribuire a questo o quel centro o persino a questo o quellambiente caratteri stilistici esclusivi e assolutamente originali e anche la
nozione tradizionale di scuola locale o regionale viene
spesso rimessa in causa... Aggiungiamo che, se gli esempi summenzionati si riferiscono al periodo romanico, la
situazione non doveva essere molto diversa nel periodo
carolingio: al contrario, lunificazione dellImpero occidentale, per quanto fragile e teorica, consentiva senza
dubbio ai pittori di spostarsi pi facilmente da un luogo
allaltro. Come dimostrano alcune testimonianze, infine,
gli artisti del tempo non si dedicavano esclusivamente al
trattamento di un solo tipo di supporto: possibile ravvisare, ad esempio, nelle evidenti analogie formali esistenti tra una pagina di un manoscritto cluniacense dellinizio del XII secolo (Parma, Biblioteca Palatina, ms.
1650, in particolare f. 102 v) e alcune figure dellinsieme che decora la cappella di Berz, lopera della stessa
mano; inoltre, un contratto concluso verso il 1100 tra labate Girard di Saint-Aubin dAngers e un tale chiamato Foulque stabilisce che questultimo avrebbe eseguito
sia vetrate sia altri tipi di opere, tra i quali figuravano
forse le miniature che illustrano la vita del santo eponimo di cui parleremo pi avanti, e senza dubbio anche
alcuni affreschi: tenendo conto di questo genere di testimonianze ci sembrato opportuno non esaminare
disgiuntamente nella seguente presentazione le opere
eseguite con tecniche diverse.
Allo stesso modo, per quanto riguarda le scelte che
informano questo panorama, precisiamo anzitutto che
non faremo nessun preciso riferimento agli autori di lavori anteriori, sia per alleggerire il testo, sia perch la bibliografia render giustizia a tutti. Ma, prima di concludere
questintroduzione, ci sembra doveroso menzionare i
nomi di coloro che, nel corso degli ultimi decenni, con
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LVIII e il IX secolo
La miniatura
La fine del periodo merovingio, dopo una lunga fase
di apparente letargia, caratterizzata da una produzione pittorica contrassegnata soprattutto dalla ricchezza ornamentale. Il Sacramentario detto (impropriamente) gelasiano della Biblioteca Apostolica Vaticana, miniato senza dubbio nel monastero di Chelles
poco prima del 750, rappresenta uno degli esempi pi
significativi di questa produzione. La decorazione,
limitata ai frontespizi e alle iniziali delle grandi suddivisioni del testo, si distingue soprattutto per labbondanza dei motivi zoomorfici che, oltre ad accompagnare il soggetto principale, si combinano tra loro per
formare delle lettere. Il ricordo delloreficeria cloisonne, che in questo ambiente aveva una lunga tradizione, sembra essere ben vivo in questo manoscritto,
come dimostrano, ad esempio, certe serie di fibule dei
secoli precedenti, probabilmente ancora in uso; anche
la gamma cromatica limitata ai verdi e al rosso ocra
applicati in modo uniforme, si richiama a questi oggetti metallici che erano dotati di piccole cavit riempite
di pasta di vetro. Ma in queste miniature si possono
scorgere anche riferimenti ad altre eredit o influenze.
Come dimostrano molti sarcofagi ravennati, il tema
della croce raffigurata sotto unarcata era gi diffuso nel
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panneggi degli abiti di personaggi piuttosto statici tradisce una dipendenza eccessiva da modelli a loro volta
condizionati da certi stereotipi; ma la leggerezza del
tocco, accompagnata alla dolce armonia dei blu e dei
verdi pallidi, bruno ocra e rosa, conferisce a questi piccoli quadri una squisita delicatezza.
Verso l870, le composizioni pi significative furono
commissionate dallo stesso monarca. Alcune di queste
opere svolsero un ruolo non trascurabile negli eventi
politici del tempo, come, ad esempio, la Bibbia detta di
San Paolo fuori le mura, molto probabilmente donata da
Carlo il Calvo a papa Giovanni VIII in occasione della
sua incoronazione a imperatore avvenuta a Roma
nell875. A fronte di un prologo in lode del sovrano, il
ritratto in maest di Carlo testimonia ancora pi eloquentemente il desiderio di esaltare il re e il carattere
sacro della sua missione. Attorniato dalla regina e dai
dignitari di corte, ma anche dalle quattro virt cardinali e da due angeli, Carlo appare in effetti in una cornice in cui si giustappongono il regno terrestre e la sfera
celeste, e la sua appartenenza a entrambi si traduce
immediatamente nelle dimensioni colossali della sua
figura, che abbraccia tutti e due i registri; larchitettura in cui si inserisce abbastanza goffamente, del resto
leffigie reale svolge in questo senso un ruolo determinante per limpiego del duplice simbolismo del baldacchino e del frontone. Ma in contrappunto a questa
idealizzazione cos imponente del potere, lillustrazione
colpisce anche per laccurato trattamento della fisionomia del sovrano: bench non si possa parlare di un vero
e proprio intento verista nella descrizione dei tratti del
modello, lincontestabile caratterizzazione e la tensione
di questo volto severo esprimono unautentica profondit psicologica. Malgrado la probabile mancanza di
attenzione per la rassomiglianza, questa pagina magistrale rappresenta uno dei primi tentativi di ritornare
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alla disposizione uniforme allinterno di aree nettamente delimitate. Linsieme di questo repertorio rinvia a una
ben nota fonte altomedievale: la miniatura doltre Manica (anglosassone e irlandese), introdotta nellambiente
franco sin dall800 circa da alcune personalit di alto
rango (ci riferiamo in particolare al consigliere imperiale Alcuino, originario di York); nel corso dei decenni
successivi, il nord dellattuale Francia in cui si trovava il grande centro monastico di Saint-Amand, a cui ci
si riferisce indirettamente nella dedica di questo libro
divenne, grazie ai giochi dinfluenza determinati dalla
prossimit geografica, larea in cui si diffuse pi largamente la tendenza abitualmente definita franco-insulare.
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co; questa scelta va ricondotta al contesto della polemica sulla liceit delle immagini che a quel tempo divideva i greci e i latini. Gli occidentali, bench non iconoclasti, sostenevano che tutto ci che veniva prodotto
dalle mani delluomo dovesse essere considerato inferiore: era quindi logico che scegliessero di rappresentare un oggetto che, secondo la Bibbia, era stato ideato da
Dio e costruito secondo i Suoi dettami. Del resto, uno
dei principali contributi di questo mosaico proprio
quello di aver dimostrato che gli artisti carolingi privilegiavano abitualmente come testimoniano anche le
fonti relative alla cupola della cappella di Aix il ricorso a questa tecnica dispendiosa nellesecuzione delle
grandi decorazioni parietali; lo scintillio prodotto dalle
tessere a lamine doro dello sfondo e da quelle in pasta
di vetro colorata con ossidi metallici utilizzate per le
figure, conferiva allinsieme uno splendore che evocava
la luce divina molto pi efficacemente dei toni smorti
degli affreschi. Molto probabilmente fu ancora una volta
linfluenza dei prestigiosi esempi della Roma pontificale che favor la diffusione di questa tecnica.
Ma limpossibilit di ricorrere a squadre di esperti
mosaicisti ed evidenti ragioni economiche, indussero
nella maggior parte dei casi i committenti ad accontentarsi della tecnica dellaffresco. A prescindere dal suo
aspetto per natura pi spento, laffresco consent di raggiungere risultati altrettanto pregevoli, come dimostrano, ad esempio, le scene della vita di santo Stefano,
databili alla met del IX secolo, che decorano una delle
cappelle della cripta della chiesa abbaziale di Saint-Germain dAuxerre; tra cui va segnalata, in particolare, la
scena della lapidazione, in cui, avvalendosi di una grande linea obliqua che si incrocia con quelle definite dalle
braccia dei boia e dalle mura della citt, lartista traduce in modo estremamente suggestivo lo slancio verso la
mano di Dio; eseguiti con una tavolozza limitata ai bian-
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chi, ai bruni e agli ocra, ma anche con una grande vivacit e fermezza di tratto, questi dipinti rivelano un
senso del movimento che ricorda lo spirito, se non la
forza espressiva, di alcune delle miniature precedentemente esaminate.
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Il nord
Dopo qualche tentativo piuttosto maldestro di illustrare le vite di alcuni santi, labbondante produzione
che su iniziativa dellabate Odbert vide la luce nel monastero di Saint-Bertin e probabilmente in gran parte
attribuibile allo stesso abate segna verso lanno mille
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tista inglese rappresentata dalle esuberanti combinazioni di foglie di acanto agli angoli delle cornici. Ma
anche leredit carolingia dorigine locale ha lasciato
una traccia in questo manoscritto: i sottili intrecci al
margine dello sfondo inchiostrato di fregi rinviano a
molti manoscritti della corrente franco-insulare eseguiti verso l870, alcuni dei quali ancora conservati ad
Arras. La duplice composizione che mette in scena la
morte di David e la visione in cui al suo successore Salomone appare Cristo una di quelle in cui si misura
meglio la ricerca di adeguamento dellimmagine al contenuto spirituale: le corrispondenze nella presentazione
dei due personaggi traducono efficacemente anche se
sommariamente, attraverso un procedimento estremamente ripetitivo la prosecuzione del disegno divino
nella successione genealogica veterotestamentaria. Questa significativit, in un programma di inusuale vastit,
fa della Bibbia di Saint-Vaast una delle opere pi importanti dellXI secolo, anche se la qualit dellinsieme,
alla cui lunga elaborazione lavorarono diverse mani, si
rivela piuttosto eterogenea.
Del resto ci si trova ben presto in presenza di un
nuovo orientamento degli ultimi artisti che lavorarono
a questa stessa Bibbia, come pure a un Sacramentario
destinato allabbazia di Saint-Denis. Questa evoluzione
riguarda soprattutto la tecnica: al leggero cromatismo
allacquerello (che, come abbiamo visto, lasciava scoperte numerose aree di pergamena) succede un trattamento molto pi denso, in cui le luci e gli incarnati sono
eseguiti in bianco e ocra; anche la tonalit generale subisce una decisa modificazione con linserimento di bruni,
blu e verdi scuri. Queste caratteristiche, cos come il
notevole indurimento dei tratti, lingrandimento delle
mani e le pose pi statiche dei personaggi, contrassegnavano anche i manoscritti ottoniani dei secoli precedenti: limmediata vicinanza dellImpero ha evidente-
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mente facilitato la diffusione di questo genere di modelli o i viaggi degli artisti nel nord della Francia.
Unulteriore prova di questa penetrazione rappresentata, ad esempio, dalle illustrazioni della Vita di
santOmero eseguite per i canonici della collegiata eponima verso il 1070. Questopera appartiene infatti a un
gruppo di manoscritti che gravitavano nellorbita di
Liegi, i cui tratti distintivi sono individuabili nello sviluppo in altezza delle cornici e nellordito geometrico di
molti sfondi. Levidente difficolt di inserimento del
soggetto nel campo risolto con frequenti sconfinamenti nel bordo unaltra caratteristica di queste
miniature, riscontrabile anche successivamente; essa,
del resto, conferisce per reazione una maggiore monumentalit ai personaggi, e non nuoce allespressivit dei
loro gesti rappresentati con una maggiore o minore veemenza, a seconda del temperamento del pittore.
In seguito, la met del XII secolo vide imporsi nellambito dellarea settentrionale una tendenza sapientemente interpretata nella produzione di uno degli artisti
che lavorarono nel monastero di Saint-Amand al secondo ciclo narrativo dedicato alla vita del patrono locale,
in cui viene confermata la preferenza per le tonalit ricche e piene: blu, verdi e rossi profondi, ma accostati in
diverse combinazioni e passaggi graduati che sottolineano le forme anatomiche e il gioco dei panneggi. Le
figure acquistano cos una vera e propria plasticit. Inoltre, i tratti delle fisionomie divengono pi regolari, e leleganza delle proporzioni e larmonia dei movimenti dei
personaggi infondono allinsieme un tono di grande
nobilt. Lorigine di questa evoluzione e, come vedremo in seguito, di quella di alcune aree orientali, stata
spesso individuata negli apporti italo-bizantini, ma
non bisogna dimenticare che il mondo germanico e i territori vicini, di cui abbiamo gi sottolineato la costante
influenza, erano a loro volta profondamente influenza-
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La Normandia
Questa regione, che fu una delle aree privilegiate
dellespansione monumentale romanica, non sembra
abbia dato vita nel corso di questo periodo a una produzione pittorica di analoga importanza: qui, infatti, la
miniatura si svilupp solo a partire dal terzo quarto dellXI secolo nei grandi centri monastici di Fcamp e di
Mont Saint-Michel, seguendo tuttavia piuttosto pedissequamente lesempio delle opere anglosassoni dei secoli precedenti. Ma, a partire dal secondo quarto del XII
secolo, si manifestarono i primi segni di insofferenza
verso i vecchi modelli, probabilmente grazie al nuovo
dinamismo dei territori circostanti: da un lato lInghilterra, e dallaltro le province della Francia centro-occidentale che, a partire dal 1152, costituiranno i pi
importanti poli dello Stato plantageneto. Tuttavia, nellintervallo di tempo compreso tra queste due date,
verso il 1100, la bassa Normandia vide fiorire uno stile
assolutamente originale, che si tradusse in un relativo
abbandono delle decorazioni pittoriche a piena pagina
a vantaggio delliniziale. Come abbiamo visto, questultima era gi stata valorizzata in alcuni manoscritti carolingi. Ma, in questa fase, non si tratta pi delliniziale a
decorazione geometrica di ispirazione franco-insulare;
motivi fitomorfici e zoomorfici di carattere fantastico
compongono una cornice tormentata, circondando con
le loro proliferazioni il soggetto: questultimo si trova
cos completamente incorporato alla lettera, e non pi
semplicemente inscritto nel campo da questa delimita-
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Larea centro-occidentale
Dal 1100 circa e per tutto il secolo seguente, larea territoriale corrispondente al Poitou e alle sue propaggini
orientali e settentrionali (vale a dire, in particolare, il
Berry e la Marche, cos come i paesi della Loira a valle
di Orlans) vide una superba fioritura di opere pittoriche monumentali; in questarea si svilupp infatti uno
stile che, pur presentando varianti ben distinte, rimase
costantemente caratterizzato da una comune inclinazione per la rappresentazione del movimento. Non facile
identificare le origini di questa corrente. Certo, nel periodo carolingio Tours era stata il principale centro creativo di questa regione e, anche se in una versione moderata, aveva riproposto la vivacit tipica dei modelli di
Reims in miniature di elevata qualit. Ma in seguito,
verso la met del IX secolo, con la distruzione del grande monastero del bacino della Loira da parte dei vichinghi, questevoluzione artistica si era interrotta bruscamente. Sulle origini della rinascita dellXI secolo sono
state avanzate diverse ipotesi. Quella secondo cui que-
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di ocra e di giallo con lumeggiamenti di bianco, e unammirevole gamma di delicate sfumature (gli effetti di trasparenza dellacqua sono, a questo riguardo, tra i pi riusciti). Questo ciclo, che illustra molti episodi successivi
alla Passione che vedono riuniti i discepoli di Cristo,
molto interessante anche dal punto di vista iconografico: laccento posto sul valore dellEucarestia e sullautorit della Chiesa apostolica, riflette infatti la reazione
dei chierici che operavano in questambiente (e, in particolare, di Goffredo di Vendme) contro le tesi in odore
deresia formulate da Berengario di Tours nei decenni
precedenti.
Basandosi sulle evidenti analogie formali esistenti tra
questi dipinti e quelli del nartece e della tribuna occidentale dellabbazia di Saint-Savin-sur-Gartempe, si
pensato di riconoscere in queste opere lintervento degli
stessi artisti o, almeno, di artisti formatisi in ambienti molto vicini. Tuttavia, nellesecuzione dellinsieme di
Saint-Savin (che, per quello che ne stato conservato, si
estende ancora alla cripta e alla volta della navata) possibile riconoscere la mano di diversi pittori. Gli affreschi
della navata, sui quali ora ci soffermeremo, sono considerati, grazie alle pagine che Mrime gli ha dedicato
nella prima met del XIX secolo, uno degli insiemi pi
imponenti ed emblematici di tutta larte romanica. Si
tratta di una lunga sequenza veterotestamentaria, che
abbraccia la storia del mondo dalla Genesi allEsodo, la
cui organizzazione estremamente originale, con sovrapposizione dei registri, prevede numerose eccezioni nel
senso della lettura da ovest a est; bench in un primo
momento si sia pensato alla riproposizione di un sistema
impiegato in alcune Bibbie paleocristiane (o persino
ebraiche), pi probabile che questa disposizione, in cui
sono posti in corrispondenza e valorizzati alcuni episodi
dalla connotazione simbolica molto precisa, sia stata dettata dalla partizione liturgica dello spazio della chiesa:
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cos la vendemmia di No (unaltra allusione allEucarestia), Mos che riceve le Tavole della Legge e il trionfo
del patriarca Giuseppe (grande prefigurazione di Cristo)
sono collocati allestremit orientale della navata centrale
(vale a dire nel settore pi vicino allaltare maggiore, che
senza dubbio era circondato da una tematica neotestamentaria oggi perduta). Dal punto di vista stilistico questi dipinti rivelano invece una minore ricercatezza rispetto a quelli di Vendme (e anche a quelli del nartece e
della cripta dello stesso Saint-Savin); evidentemente
tenendo conto dellaltezza della volta, e quindi della
maggiore distanza dellosservatore, gli autori qui hanno
accentuato lo schematismo che tuttavia conferisce una
maggiore monumentalit alle figure e consente una percezione pi chiara dellinsieme. Notiamo, in particolare,
che il parallelismo delle pose dei personaggi inseriti in
numerosi gruppi, giova alla caratterizzazione delle scene
e allefficacia del discorso. Daltra parte, la moltiplicazione delle figure in contrapposto e dei lembi inferiori
degli abiti sollevati intensifica qui al massimo la dinamica di cui parlavamo sopra. Grazie a questi accorgimenti,
la narrazione acquista un tono intensamente epico.
I dipinti dellantico battistero di Poitiers, cos come
quelli della cripta della chiesa di Saint-Nicolas a Tavant,
in cui certe figure sono quasi del tutto ridotte a una rete
di tocchi e di linee estremamente duttili, si inscrivono
ancora direttamente in questa tendenza. Anche il programma della piccola chiesa di Vicq, eseguito senza
dubbio non molto dopo, nel XII secolo, pu essere considerato una derivazione di questa tendenza: infatti,
bench si sia pensato alle influenze pi lontane (dalla
Catalogna alla Linguadoca o alle rive della Manica),
oggi, in base allindividuazione di alcune precise analogie con le miniature eseguite a Tours allincirca nel
1100, si ritiene che questinsieme vada inserito in un
contesto esclusivamente regionale. Una recente ed
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ne pittorica dalle restrizioni imposte dalla cornice architettonica, lornamento acquist una maggiore importanza nella strutturazione del discorso.
Il programma della cripta della chiesa di NotreDame a Montmorillon del 1200 circa, in cui sono gi
riscontrabili alcuni tratti essenziali del gotico, altrove
ormai quasi giunto alla maturit, rappresenta uno dei
pi importanti risultati raggiunti dallarte romanica in
questarea: questo nuovo spirito evidente nella finora inconsueta naturalezza della posa in cui ritratta la
Vergine; mentre il bacio della mano di Cristo annuncia il gioco delle relazioni affettive, che verr sviluppato in una fase ancora pi tarda; nel movimento delle
pieghe, il cui effetto amplificato dalle ondulazioni
che riprendono il profilo della mandorla, si scorge invece leco dei panneggi bagnati che nelle arti plastiche
coeve, denotano una pi intensa ricerca di naturalismo.
Ma, dopo tutto, i dipinti di Montmorillon sono ancora improntati a una forte stilizzazione, in cui si traduce lultima resistenza a questa corrente: le pieghe decisamente irrealistiche del tessuto sulle gambe di Maria
ne sono uneloquente testimonianza; pi che di imperizia, o di imperfetta assimilazione, si tratta della scelta di rafforzare il dinamismo con variazioni supplementari interne al sistema delle curve qui ancora
sostanzialmente confermato.
Prima di lasciare larea centro-occidentale, dobbiamo ricordare che nel XII secolo questa regione fu teatro di unevoluzione di capitale importanza: qui infatti conobbe una larga diffusione, forse per la prima
volta in Francia, luso delle vetrate istoriate gi attestato nel periodo altomedievale, ma, a quanto sembra,
solo episodicamente. Secondo alcune fonti testuali, la
cattedrale di Mans era provvista di vetrate sin dallinizio del 1100; ma gli elementi pi antichi che ci sono
pervenuti risalgono solo al 1140: si tratta, in partico-
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lare, di unAscensione, oggi ricomposta con componenti moderne nel collaterale sud. Verso il 1160-1170,
anche labside della cattedrale di Poitiers venne dotata di tre vetrate di elevatissima qualit molto probabilmente donate da Enrico II Plantageneto e dalla
sua sposa Alinor dAquitania. Nella vetrata centrale,
una monumentale Crocifissione sovrasta la Resurrezione e i martri di Pietro e Paolo, che a sua volta
domina unAscensione: il centro del santuario ospita
quindi una sintesi dei misteri della Redenzione e dei
fondamenti della Chiesa apostolica rappresentata dai
suoi due capi. Le figure allungate, e le pose danzanti della maggior parte dei protagonisti, cos come i
lembi degli abiti sollevati e la disposizione geometrica
dei panneggi, derivano incontestabilmente dalla tradizione regionale gi menzionata nella sezione dedicata
agli affreschi. Ma nella ripartizione della cornice, si
possono scorgere altre influenze: il sistema dei semimedaglioni, ciascuno dei quali ospita una scena (quadrilobo inferiore) rinvia indubbiamente allIle-de-France, di cui parleremo pi avanti, a proposito di SaintDenis. Inoltre, la dimensione di certe figure e, in particolare del Cristo in croce, che misura quasi quattro
metri ha richiesto un trattamento diversificato: mentre i personaggi pi piccoli sono definiti soprattutto da
accentuati contorni, in questo caso la pittura a grisaglia ha consentito di rendere in modo pi naturalistico gli incarnati. Infine, i giochi cromatici tipici della
pittura su vetro in cui dominano il blu e il rosso
segnano un ulteriore allontanamento dalla tavolozza
abitualmente usata in queste regioni. Queste ultime
caratteristiche preludono, molti decenni prima degli
affreschi di Montmorillon, che abbiamo gi inserito in
questa prospettiva, alle grandi opzioni del gotico.
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Il Limosino
Negli anni compresi tra la fine del IX secolo e linizio del X che corrispondono forse al nadir della produzione pittorica in Francia, la grande abbazia di SaintMartial a Limoges si segnala come uno dei rari centri in
cui con ogni probabilit videro la luce opere di notevole
importanza: potrebbe infatti risalire ai decenni intorno
al 900 una Bibbia (Parigi, Bibliothque Nationale, ms.
lat. 5 II) con iniziali e tavole di canoni decorate con ricchi motivi vegetali e animalistici disegnati con grande
precisione, in cui gli ocra sapientemente sfumati contrastano con la luminosit del verde e del blu turchese;
questopera, la cui calligrafia ancora molto simile a
quella del periodo carolingio, costituirebbe quindi un
importante punto di riferimento per lo studio dello sviluppo della miniatura romanica in questarea. In ogni
caso, alcune di queste iniziali servirono da modello a
quelle di un Lezionario (Parigi, Bibliothque Nationale,
ms. lat. 5301) compilato verso lanno mille, dalla gamma
cromatica pi spenta e dal disegno meno nitido, ma in
cui compaiono figure decisamente classicizzanti di apostoli evidentemente riprese da modelli ben pi antichi (o
forse di derivazione bizantina). Risale invece al 1100
circa unaltra Bibbia (Parigi, Bibliothque Nationale,
ms. lat. 8 I e II) miniata per Saint-Martial, che, grazie
alla maestria di uno dei due pittori che parteciparono alla
sua realizzazione, pu essere considerata lopera pi
importante prodotta in questo centro; accanto a componenti forse provenienti per il tramite di Cluny dallItalia centrale, troviamo qui alcune lettere decorate di tradizione autoctona sapientemente reinterpretate.
Anche la decorazione di un Sacramentario commissionata in questo stesso periodo sempre a Limoges dal
capitolo della cattedrale di Saint-Etienne pu essere
considerata unopera eccezionale. Come il pittore pi
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dotato della seconda Bibbia di Saint-Martial, qui lartista, trasformando a suo modo la tipica iniziale aquitana, si rivela profondamente influenzato dallo stile in
quel periodo dominante nella Loira e nel Poitou: lo
dimostra lallungamento delle figure, che conferisce un
aspetto estremamente mobile alle composizioni; i modellati, eseguiti con tocchi dintensit graduata e lumeggiamenti di bianco, sono anche loro analoghi a quelli
degli affreschi delle regioni centro-occidentali (e, in particolare, a quelli di Vendme); lo schematismo dei contorni e la frammentazione delle strutture anatomiche
che qui conferisce un insolito aspetto androgino al Cristo nudo del Battesimo appartengono certamente alla
stessa sfera dinfluenza. Ma lincisivit della linea e, in
misura ancora maggiore, lo splendore della tavolozza
che si distingue per la profondit del verde, del blu e
del rosso, indicano la presenza di altre fonti: ci riferiamo in particolare ad alcuni incunaboli a smalto meridionali, in cui lantica tecnica del cloisonn e limpiego
di paste traslucide producono effetti di analoga intensit
cromatica.
Lestremo sud-ovest
Concludiamo lesame delle regioni occidentali con la
Guascogna. Qui linfluenza della vicina Spagna, per tre
quarti ancora soggetta al dominio islamico, si rivela nella
produzione di opere estremamente singolari, tra cui, ad
esempio, una copia dei Commentaires de lApocalypse
compiuti dal monaco asturiano Beatus, decorata per
labbazia di Saint-Sever verso la met dellXI secolo. I
violenti contrasti dei colori applicati in modo uniforme
derivano direttamente da quelli dei numerosi esemplari
degli stessi Commentari illustrati dai cristiani mozarabi della Penisola nel secolo precedente. Tuttavia, uno
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degli artisti della piccola quipe che decor il manoscritto di Saint-Sever riesce ad attenuare considerevolmente gli aspetti pi rudimentali di questa corrente: la
morfologia dei personaggi, bench ancora stilizzata, si
rivela molto meno irrealistica; i volti, in particolare,
presentano tratti quasi regolari; le pose acquistano una
certa naturalezza, e le pieghe dei panneggi sono rese con
vera morbidezza. possibile ravvisare in queste caratteristiche, come qualcuno ha suggerito, gli indizi di una
precoce diffusione dellestetica che ben presto prevarr
nelle regioni centro-occidentali? uneventualit che
non pu essere esclusa, anche se difficile riuscire a precisarla in modo dettagliato. Riscontriamo questo stesso
genere di indizi in altre miniature eseguite in questambiente, tra cui, ad esempio, quelle di un esemplare della
Guerra giudaica di Flavio Giuseppe, eseguite verso il
1100 per labbazia di Moissac (Parigi, Bibliothque
Nationale, ms. lat. 5058; osserviamo che un tempo si
pensava, al contrario, di aver individuato in questopera le fonti dello stile degli affreschi di Vicq). In realt
quasi impossibile definire questa questione, dal momento che mancano le opere intermedie che potrebbero
chiarire questo o quel rapporto di filiazione...
Larea sud-orientale
A Saint-Chef-en-Dauphin, nella cappella situata al
di sopra del braccio nord del transetto dellabbaziale,
conservato uno degli insiemi monumentali pi completi e forse pi antichi dellarea sud-orientale dellattuale
Francia: infatti, bench a volte si sia preferito datarlo
al periodo successivo al 1150, questo programma potrebbe risalire al terzo quarto del secolo precedente; sembra,
in effetti, che la grafia delliscrizione dedicatoria dellaltare anchessa dipinta possa essere ricondotta al
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periodo pi antico; in questo caso gli affreschi sarebbero stati eseguiti nel corso della campagna di restauro
intrapresa dallarcivescovo di Vienne, Lger, dal 1030
al 1070. Questo santuario era dedicato a Cristo, agli
arcangeli e a san Giorgio, che vengono raffigurati nellabside. Le altre pareti ospitano invece una teoria di
profeti, di apostoli e di santi (tra cui gli evangelisti) che
si svolge su due registri. Sulla volta, infine, di nuovo
raffigurato un Cristo in gloria, al centro di una composizione suddivisa in quattro quarti: sul lato orientale
raffigurata Maria orante, circondata da alcuni angeli; a
nord e a sud, altri due gruppi di angeli, ciascuno dei
quali accompagna un serafino che srotola un filatterio;
e dal lato ovest, al di sotto di unimmagine dellAgnello, si erge la Citt celeste nella quale sono introdotti
alcuni santi. La sovrapposizione della Maest divina alla
Vergine, e la prossimit di questultima allaltare, corrispondono a uno schema iconografico dellepoca paleocristiana, riproposto pi volte nellItalia altomedievale
(e in particolare a Roma). Questo tema era stato sistematicamente adottato a Bisanzio successivamente al
periodo iconoclasta e da qui si diffuse di nuovo in Occidente, trovando in Italia e nel mondo germanico i suoi
principali divulgatori; nel caso di Saint-Chef, questo
rapporto di filiazione ancora pi plausibile, dal
momento che lintera regione a quel tempo faceva parte
dellImpero. Lordine rigoroso e la ieraticit della scena
confermano questipotesi; il repertorio ornamentale e
soprattutto il fregio di palmette del perimetro indica
la stessa provenienza. Ma qui ci troviamo chiaramente
in presenza, come dimostrano i volti e i panneggi in
miglior stato di conservazione, di una traduzione piuttosto provinciale di questo schema.
Le pitture nella tribuna del braccio nord del transetto della cattedrale di Le Puy costituiscono unaltra testimonianza di permeabilit alle stesse correnti. Si tratta
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La Borgogna
Anche la cronologia delle pitture nella cappella del
priorato di Berz-la-Ville, una dipendenza di Cluny, ha
dato luogo a lunghe discussioni. Ma oggi, grazie al raffronto con le miniature dei manoscritti provenienti dalla
grande abbazia, si concordi nel ritenere che si tratti di
unopera eseguita nel corso del primo quarto del XII
secolo, su incarico di unimportante figura che a quel
tempo guidava lordine, Hugues de Semur, o del suo
diretto successore, Pons de Melgueil. Ci troviamo in
questo caso in presenza di un programma decorativo
completo dellabside, nel cui tenore iconografico si riflettono le concezioni a quel tempo prevalenti in uno dei
maggiori centri della cristianit romanica e che merita
quindi di essere descritto nei dettagli. Tutto organizzato in rapporto al Cristo in maest raffigurato nella
semicupola della volta, che in presenza di Paolo e di altri
discepoli consegna a san Pietro la Legge: questo soggetto rinvia alla tematica di fondo dorigine paleocristiana
in cui Roma illustrava la sua preminenza con la tradizione
apostolica; nellambiente cluniacense si faceva frequentemente riferimento a questa tematica perch sin dal
momento della sua fondazione il monastero borgognone
dipendeva direttamente dalla Santa Sede. Questa asserzione ecclesiologica si estende del resto anche a tempi pi
recenti, e probabilmente anche a un contesto di immediata prossimit dal momento che, in posizione simmetrica rispetto alle figure dei santi diaconi (forse Lorenzo
e Vincenzo) situate di fronte a Paolo, notiamo la presenza di altre due figure di fronte a Pietro, probabilmente identificabili con due abati di Cluny (raffigurati
come vescovi perch il papa aveva riconosciuto agli abati
cluniacensi il privilegio di indossare le insegne vescovili). Non manca neppure la prospettiva dei fini ultimi, rappresentata dalle Vergini savie della parabola del Regno
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dei cieli (Matteo, 25, 1-3) raffigurate agli angoli della graticciata. Linserimento di Cluny in questa evocazione
potentemente sintetica viene rafforzato dallassimilazione delle Vergini savie con alcune sante venerate nellabbazia (unidentificazione che trova una conferma in alcune iscrizioni); anche nella parte inferiore dellemiciclo si
scorgono i busti di alcuni santi venerati a Cluny. Lo
stesso vale, infine, per le scene del martirio di Biagio e
Vincenzo (e non Lorenzo, come si a lungo creduto) che
si succedono lungo i due aggetti laterali; ma a prescindere
dalla loro presenza nel santorale cluniacense, la particolare attenzione riservata a queste ultime figure potrebbe derivare dal tentativo di valorizzare alcune pratiche
sacramentali (la vita futura promessa da Biagio in cambio del cibo che i fedeli dovevano portare per la messa,
e il patronato dellattivit dei vignaiuoli assegnato a Vincenzo, assumono in questarea cos vicina allaltare una
precisa risonanza eucaristica).
Oltre alle analogie sopra ricordate con i manoscritti
cluniacensi, lo stile dei dipinti di Berz stato accostato a quello di alcune opere dellItalia centrale, e, in particolare, a un trittico conservato nella cattedrale di Tivoli: ci soprattutto per una certa affinit della disposizione in strette pieghe del panneggio del Cristo che
trova una conferma nel confronto dei visi dei personaggi. A sostegno dellipotesi secondo cui il maestro di
Berz si sarebbe formato a Roma, si sono inoltre rilevate alcune analogie nel cromatismo, e, in particolare,
nello sfondo blu notte, spesso associato al verde. Del
resto, gli stretti legami che, come abbiamo ricordato
sopra, univano lambiente cluniacense a quello pontificale giustificherebbero perfettamente lesistenza di contatti artistici paralleli. Non bisogna tuttavia trascurare
linfluenza del vicino mondo germanico, e le relazioni
di carattere personale, ugualmente attestate, esistenti
tra labate Hugues de Semur e il suo figlioccio, limpe-
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ratore Enrico IV (relazioni che avrebbero potuto protrarsi sotto Pons de Melgueil, nel caso in cui gli affreschi fossero stati commissionati da questultimo); lassociazione piuttosto inusuale della Consegna della
Legge con lintero collegio apostolico si ritrova anche
in un dipinto eseguito negli stessi decenni a Degenau
(nellattuale Svizzera); e, ritornando allo stile, ricorderemo in particolare le analogie riscontrabili negli affreschi della chiesa di Sankt Gereon a Colonia e in quelli
considerati in generale pi tardi, ma senza prove decisive del convento di Nonnberg a Salisburgo, che presentano sorprendenti affinit con alcuni busti di santi,
di carattere decisamente grafico, raffigurati lungo il
basamento dellemiciclo di Berz.
Nel primo quarto del XII secolo, la Borgogna vede
inoltre manifestarsi una tendenza completamente diversa. Ci riferiamo alle miniature eseguite verso il 1100 in
un primo gruppo di manoscritti cistercensi. Dobbiamo
ricordare che lOrdine fondato a Cteaux nel 1098 si
proponeva di rispondere con il pi rigoroso ascetismo e
la pi severa sobriet al fasto ostentato dal monachesimo benedettino dosservanza cluniacense. In effetti,
osserviamo che nella Bibbia decorata durante il periodo
in cui labate Etienne Harding guidava lordine (Digione, Bibliothque Municipale, mss. 12-15) si rinuncia
alla ricca policromia a vantaggio di un disegno dai tratti minuziosi, che presenta lumeggiature in toni leggeri
solo in alcune parti dei soggetti. La qualit di questopera estremamente elevata: il grafismo elegante e preciso traduce infatti efficacemente sia la vivacit della
narrazione (in particolare nella sequenza, magistralmente svolta, delle diciassette scene della vita di David
riunite in una sola pagina), sia la pi imponente ieraticit (espressa dal re che troneggia dalle mura di Gerusalemme, raffigurato a piena pagina). La tecnica e lo stile
di questo insieme rinviano alle opere insulari, di cui nel
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LIle-de-France
Con Auxerre, siamo praticamente giunti ai confini
del territorio corrispondente al Dominio reale, verso il
1140 ancora di modeste dimensioni, ma destinato a
conoscere nei decenni seguenti una costante espansione, grazie alla decisiva azione della monarchia capetingia. Il riferimento a queste circostanze non superfluo,
dal momento che Luigi VI e, in seguito, Luigi VII trovarono un valido sostegno nellabate di Saint-Denis,
Suger, promotore di un importante progetto di rinnovamento delledificio affidato alle sue cure; per quel che
riguarda liconografia, il detto progetto, a grandi linee,
si basava sullesaltazione della dinastia regnante e del
suo ruolo nellattuazione dei piani divini. Gi tra le
sculture della facciata, si scorgono le figure dei re biblici considerati i precursori dei re moderni (i cui sepolcri si trovano allinterno dellabbaziale). Ma in corrispondenza dellaltra estremit, troviamo le vetrate dellabside che precisano e completano lidea di questo
rapporto di filiazione: nellalbero di Iesse, disposto
lungo lasse, sono indicati i rapporti che univano i re
della discendenza di David a Cristo, mentre un com-
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plesso gioco di allegorie e analogie amplifica le connessioni tra i due Testamenti; le imprese (leggendarie) di
Carlo Magno in Oriente, e poi quelle dei primi crociati, completano linsieme riferendosi implicitamente alle
iniziative di Luigi VII (uno dei capi della seconda Crociata, intrapresa in quegli stessi anni). Si tratta certamente di una delle prime occasioni almeno per quanto riguarda i programmi monumentali sufficientemente
conservati o documentati in cui le vetrate rivestono
un ruolo di cos grande importanza. Ci richiameremo
anche alle affermazioni contenute nel Libellus de consecratione (1144-1145) redatto dallo stesso Suger, in cui
vengono evocate le cappelle disposte a raggiera del
deambulatorio grazie alle quali tutta la chiesa risplende della luce meravigliosa e costante di santissime vetrate. Quindi, indipendentemente dallelevato numero di
queste vetrate e dalla loro importanza iconografica, si
riteneva che la loro concentrazione a chiusura dei grandi vani del centro del santuario assicurasse a questultimo lirradiazione della luce divina. Si pensava, infatti,
basandosi sulle concezioni formulate dai neoplatonici
cristiani alla fine dellantichit, che la luce fosse considerata come una manifestazione del Signore e delle sue
opere; tanto pi che ormai essa veniva filtrata da vetri
le cui sfumature iridescenti assomigliavano a quelle delle
gemme e dei metalli preziosi, a cui da lunga data veniva riconosciuto il potere di diffondere questo tipo di
irradiazione; Suger, infatti, definisce materia di zaffiro il blu di queste vetrate. La particolare luminosit di
questo blu abbastanza chiaro richiede unaltra precisazione: impiegato per gli sfondi esso assicurava in effetti la massima traslucidit alla vetrata. Questa qualit
(propria anche delle vetrate di altri insiemi del XII
secolo) rispondeva perfettamente ai criteri architettonici
che informavano ledificio romanico, in cui la continua
presenza dei muri e le strette aperture il deambulato-
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chitettura della Francia settentrionale aveva attraversato gi da molti decenni). In questa stessa prospettiva,
ritorniamo infine allaltra importante transizione compiuta dallultimo secolo romanico: la diffusione delle
vetrate. Grazie alle propriet di trasfigurare la luce che
gli veniva riconosciuta, questo supporto appariva come
il sostituto ideale del mosaico a tessere doro e paste di
vetro colorate che, nei grandi programmi monumentali
paleocristiani e carolingi si era rivelato il mezzo pi
adatto a esprimere la presenza divina nel santuario. Se
i cristiani dOriente, e in larga misura gli italiani, rimasero fedeli alle vecchie scelte, i mutamenti architettonici che si imposero nel resto dellOccidente con lopus
francigenum sconvolsero questi dati; il carattere cruciale delle esperienze di questultima fase si rivela nella trasformazione del muro in vetrata: fu il desiderio di salvaguardare alcuni concetti improntati alla pi elevata
spiritualit che favor la diffusione del mezzo pi adatto al loro nuovo sviluppo.
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