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CHIESA DI SANTA MARIA IN TRASTEVERE

La chiesa venne costruita dopo il Concordato di Worms (1122) quando le teorie della Riforma della
Chiesa vennero sostituite da una pragmatica attuazione del potere pontificio. Durante la Riforma della
Chiesa si possono notare delle modifiche nel linguaggio visivo e nel processo di creazione e
ideazione. Questo non è un processo unitario ma diversificato nel tempo e non solo italiano, ma che si
estende oltre la penisola italiana, oltre le Alpi e nella penisola iberica. La decorazione a mosaico di
Santa Maria in Trastevere risente di questi cambiamenti.
LA RIFORMA GREGORIANA
Quando si parla di RIFORMA GREGORIANA si fa riferimento ad un periodo che si sviluppa dalla
metà dell’undicesimo secolo fino alla metà del dodicesimo. Fu la Chiesa a gestire questa rivoluzione,
il cui obiettivo era quello di riportare le istituzioni ecclesiastiche sotto il suo diretto controllo. Si
combatteva contro la vendita delle cariche ecclesiastiche (simonia), contro il concubinato del clero
(nicolaismo) e contro tutte quelle pratiche che minacciavano le proprietà della Chiesa stessa. Si prese
a modello la vita dei primi cristiani e al clero venne offerta come esempio la vita monastica. Si creò
anche una tensione tra il papato e l’Impero, per quanto riguarda l’investitura dei vescovi e tale
tensione raggiunse il proprio apice durante il pontificato di Gregorio VII, trovando una propria
soluzione temporanea solo con il Concordato di Worms (1122). Fu lo storico francese AUGUSTIN
FLICHE a chiamare questo periodo RIFORMA GREGORIANA perché individuava in Gregorio VII
un personaggio carismatico e attribuì tutte le decisioni prese in questo periodo a tale pontefice. In
realtà questo è un processo che si estese ben oltre il pontificato del suddetto. La fine del periodo della
Riforma si può trovare con il pontificato di INNOCENZO III che tenne il quarto concilio lateranense
nel 1215, in cui vennero raggiunti gli obiettivi della Riforma:
1) Il rinnovamento delle cariche ecclesiastiche
2) L’indipendenza della Chiesa
Importante è ricordare che la Riforma fu un movimento su larga scala, che deve essere analizzato in
varie sue componenti.
ANACLETO II e INNOCENZO II
La costruzione di Santa Maria in Trastevere fu direttamente legata allo scisma del 1130 che oppose
PIETRO PIERLEONI, eletto papa con il nome di Anacleto II, e GREGORIO STEFANESCHI,
conosciuto come Innocenzo II. Entrambi erano romani, provenivano da famiglie nobili. Interessante la
vita di Pietro Pierleoni perché aveva radici ebraiche ma grazie alle proprie amicizie riuscì ad ottenere
ruoli importanti. Studiò a Parigi e divenne amico di Luigi, futuro Luigi VI. Una volta ritornato a
Roma seguirono una serie di incarichi, fino a che divenne cardinale della chiesa di Santa Maria in
Trastevere.
L’ARTE E LA CHIESA DELLA RIFORMA
La comunicazione artistica e le strategie della chiesa subirono importanti cambiamenti a seguito delle
trasformazioni politiche. Possiamo individuare un periodo della pre-Riforma che si avvia sotto il
pontificato di Leone IX. Si sviluppa poi un periodo Gregoriano collegato alla prima crociata e alla
lotta per le investiture.
IL MODELLO DI ROMA
Senza l’esempio di Roma non ci sarebbe l’arte della Riforma. Tutti gli studi che trattano di questo
argomento hanno preso il loro punto di inizio a partire dai monumenti antichi e come da essi si sia
sviluppato un gusto di reinterpretazione. Ci sono tre temi legati saldamente alle arti:
- Espansione urbana
- Liturgia stazionale
- Alfabetizzazione
Il primo punto è legato al fatto che Roma, nonostante lo scontro con l’impero e l’aristocrazia
cittadina, subì, tra XI e XII secolo, un’espansione urbana.
Il secondo punto è legato al fatto che avvenne una riforma della liturgia. Si attestò l’uso di una liturgia
stazionale e l’abitudine di celebrare certe festività in determinate basiliche, secondo un rigido
calendario che permetteva al pontefice di presentarsi fisicamente.
Il terzo punto è legato alla crescita dell’alfabetizzazione e l’uso della scrittura come strumento di
propaganda, un uso che segnò anche la produzione artistica.
Durante il XII secolo Roma crebbe intensamente: vennero restaurati o ricostruiti edifici ecclesiastici o
privati. Un importante esempio è quello della ricostruzione della basilica di San Clemente,
commissionata da Pasquale II e finita attorno al 1118, e segna un importante precedente per il
mosaico absidale di Santa Maria in Trastevere.
WICKHAM mette in relazione la crescita delle fondazioni di nuove chiese o della loro ricostruzione
con la nascita di una fitta rete di vie processionali, senza dimenticare la crescita e l’affermazione
dell’aristocrazia a Roma.
È proprio il pontificato di Pasquale II ad essere al centro di un intenso periodo di ricostruzione e di
rinnovamento, che portò al nuovo livello della città. Il papa iniziò un progetto di rinnovamento urbano
che puntava non solo al alzare il livello stradale della città, importante perché serviva per le
processioni, ma anche di rifare e ricostruire quelle chiese che si dislocavano lungo queste vie
processionali. Questo rinnovamento urbano fu realizzato anche grazie al contributo delle famiglie
aristocratiche romane. Lo spazio urbano e il suo uso subirono una radicale trasformazione che pesò
sull’immagine della città. Questo avvenne anche grazie alle nuove epigrafi esposte nelle chiese,
nell’esterno, nei portici…
Le forme artistiche erano caratterizzate da:
- Recupero di modelli dell’antichità (senza distinzioni tra il classicismo romano, la rinascenza
carolingia e quella ottoniana)
- Narrazione che si sviluppa attraverso immagini e scritture con scopo didattico
- Elaborazione grafica di una scrittura che fa riferimento alle lettere capitali romane.
Così, l’arte figurativa e i manoscritti servirono alla Chiesa per diffondere il proprio messaggio
riformatorio.
Il rinnovamento del XII secolo fu una rinascita anche dell’arte, determinata dal recupero
dell’antico. TOUBERT sviluppò una definizione per questo periodo di rinnovamento, ovvero
NUOVO PALEOCRISTIANO perché vide nel ritorno all’antichità una precisa scelta formale. Quindi
non è solo un generale classicismo ma un deliberato gusto per l’arte paleocristiana. Questo
ideologicamente richiamava il ritorno alla prima età cristiana, quindi di purezza. La tesi di Toubert fu
subito accettata da KITZINGER che sosteneva che l’abate Desiderio di Montecassino dovrebbe essere
considerato come il promotore di questo riforma che proprio nel suo convento prende piede.
Secondo CLAUSSEN si possono distinguere tre diverse fasi del recupero dell’antico:
1) La prima di conservatio ovvero il consolidamento di quel materiale proveniente da
Montecassino
2) La seconda di restauratio dopo il saccheggio dei Normanni della città di Roma nel 1084
3) La terza della renovatio triumphans che seguì il Concordato di Worms, e che fu caratterizzata
dall’uso di spolia.
ESPERIENZA VISIVA
Durante il XII e XIII secolo gli scrittori hanno interpretato l’architettura e la decorazione di una chiesa
in modo allegorico. Secondo, ad esempio Bruno di Segni, la chiesa sarebbe un microcosmo che
riflette il macrocosmo. Bruno di Segni è stato uno dei primi a descrive lo spazio di una chiesa come
un universo simbolico, suggerendo una comparazione tra le sue diverse parti.
Una personalità importante che fornì delle comparazioni allegoriche fu BRUNO DI ASTI, poi eletto
vescovo di Segni da Gregorio VII. Ha partecipato al violento dibattito contro Berengario di Tours
circa la dottrina dell’eucarestia. Si ritirò poi nel convento di Montecassino dove ne divenne abate. Le
sue opere furono largamente diffuse durante il medioevo specialmente nell’ambiente monastico dove
trattò con il massimo rigore argomenti legati alla Riforma:
-le abitudini del clero
-l’interpretazione della bibbia
-il simbolismo della liturgia
Nel DE SACRAMENTIS ECCLESIAE e nelle SENTENTIAE Bruno di Segni provvede a dare una
correlazione tra l’architettura, gli strumenti liturgici, gli elementi decorativi e l’universo simbolico
della Chiesa.
PIER DAMIANI fu un attivo sostenitore della Riforma. Uno dei suoi scritti più importanti riguarda
la lettera che scrisse in risposta all’abate Desiderio che gli chiese perché le antiche rappresentazioni
presentassero Paolo alla destra di Cristo e Pietro alla sua sinistra, quando dovrebbe essere il contrario.
La risposta di Damiani si basa sul fatto che questa disposizione dei due santi già si trovava nelle
antiche basiliche paleocristiane. L’autorità che manifestavano questi monumenti aveva fatto sì che la
disposizione non venisse alterata. L’amicizia che lega Desiderio e Pier Damiani è simboleggiata
inoltre dal regalo che Damiani fece ai monaci di Montecassino: infatti regalò loro un bestiario. Mostra
come gli animali siano esempi che guidano gli uomini e in particolare i monaci, dalla meditazione
fino all’ascesi.
SANTA MARIA IN TRASTEVERE
Le origini della chiesa si datano al 38 a.C. quando, seconda una leggenda, avvenne un miracolo:
infatti nella zona est del Tevere iniziò a sgorgare un fiume d’olio. Nel IV secolo venne fornita anche
una versione cristiana dell’evento miracoloso. Il primo nucleo della basilica si trovava vicino al
Tevere e alle sue attività commerciali, in un quartiere tradizionalmente abitato da Ebrei. La chiesa è
stata probabilmente costruita nel VI secolo, ma la chiesa venne abbellita nel IX secolo da Gregorio
IV: nel 1091 l’edificio subì gli effetti di un violento terremoto e versò in povere condizioni fino al XII
secolo quando la basilica venne interamente ricostruita.
ARCHITETTURA, RESTAURO E CONSERVAZIONE
La chiesa fu costruita sulle stesse fondamenta e sulla stessa pianta della prima basilica cristiana, con
l’aggiunta di un transetto. Il nuovo edificio riutilizzò le fondamenta del IV secolo, i muri, le colonne e
forse anche la facciata. Nuove fondamenta furono costruite per l’abside e il transetto. La navata è
sorretta da una doppia teoria di 12 colonne. Il granito delle colonne è di riuso, probabilmente dal
tempio di Iside o dalle Terme di Caracalla. L’arco trionfale è sorretto da due colonne e separa la
navata dalla zona absidale, composta da transetto elevato, presbiterio e coro. Le colonne, il riuso dei
capitelli ionici e l’iscrizione che si sviluppa lungo la trabeazione sono delle citazioni delle prime
basiliche cristiane. Secondo KRAUTHEIMER , S.M. in Trastevere, SS. Quattro Coronati e San
Clemente rappresentano il manifesto della Riforma della Chiesa Romana in architettura. Sempre
secondo la tripartizione di Claussen, la chiesa di Santa Maria in Trastevere apparterebbe alla terza
fase, ovvero a quella della renovatio triumphans che include anche San Crisogono. Questa fase iniziò
con papa Callisto II; l’architettura rappresenta il potere, mentre le spolia ribadiscono il legame con il
passato imperiale di Roma.
Nella basilica vennero apportate importanti modifiche, tra il 1500 e il 1600, e alterarono l’assetto della
basilica.
Il mosaico oggi ci è pervenuto quasi nel suo stato originale
LA DECORAZIONE A MOSAICO
Il mosaico dell’abside si organizza attorno ad un asse centrale verticale che permette una costruzione
simmetrica. L’asse centrale è caratterizzato da una successione di motivi, che fanno tutti riferimento a
Cristo. All’apice dell’arco che incornicia l’abside c’è una croce dorata con i simboli dell’alfa e
dell’omega. Nel livello più alto della conca vediamo un velario con la mano di Dio che tiene una
corona di fiori, mentre al centro dell’abside vediamo un massiccio Gesù dentro un mantello dorato.
Sotto, un agnello con aureola e croce. L’asse verticale si interseca orizzontalmente con 4 distinti
livelli di immagini:
- il livello superiore dell’arco
- il livello centrale del catino absidale
- l’iscrizione monumentale
- la teoria di agnelli
ARCO ABSIDALE: APOCALISSE E PREFIGURAZIONE DI CRISTO
Nel’arco absidale una linea di simboli apocalittici appare sopra l’arco stesso: le quattro creature alate
e i sette candelabri. L’angelo e l’aquila tengono delle corone, mentre il leone e il toro alato tengono
dei libri. La rappresentazion del tetramorfo fa riferimento ad esempi della prima cristianità, ovvero
all’arco trionfale in Santa Maria Maggiore. La stessa iconografia la possiamo trovare nell’arco
absidale a San Clemente. Come in quest’ultima basilica, nell’alto dell’abside, due gruppi di nuvole
imitano figure animali, alcune delle quali hanno anche gli occhi; una di queste ha anche un volto
umano. Solo due simboli degli evangelisti presentano il nimbo, ovvero san Matteo e san Giovanni,
che sono anche più vicino al centro della composizione. Sotto i simboli degli evangelisti, i loro nomi
sono iscritti in placche con iscrizioni policrome. Questa iconografia, della scritta contenuta entro una
cornice, appare del tutto nuova.
Sotto gli evangelisti, a destra e a sinistra i profeti, Isaia e Geremia, vestiti come degli antichi romani;
sono sempre le iscrizioni ad identificarli. Vi sono anche delle citazioni tratte dai loro testi. Per
spiegare la presenza di questi due profeti bisogna fare riferimento al mosaico absidale di San
Clemente e le origini, invece, si possono individuare nel dialogo con l’abbazia di Montecassino. La
stessa iconografia di Isaia e Geremia potrebbe essere stata utilizzata nel mosaico absidale della
cattdrale di Salerno. Il mosaico utilizza anche immagini della prima cristianità, come l’uccello sulla
palma dietro le spalle di Isaia, che potrebbe essere identificato come una fenice. Questa è una
decorazione tradizionale proveniente dalla basilica dei SS: Cosma e Damiano, fino a S. Prassede e a
S. Cecilia. Accanto ai profeti ci sono delle gabbie. Un parallelo per queste gabbie si può trovare in
San Clemente. L’uccello dentro la gabbia simboleggia lo spirito imprigionato nel corpo, desideroso di
andare in cielo.
Il papiro di Isaia è un esplicito riferimento al concepimento di Cristo, preso direttamente dalla
Vulgata; l’iscrizione invece presente nel rotolo di Geremia è presa dalle Lamentazioni, interpretata
come il sacrificio di Cristo che raccoglie su di sé tutti i peccati degli uomini.
Sotto le scritte incorniciate dei nomi dei due profeti, vediamo due coppie di amorini che reggono una
ghirlanda di frutti e fiori. In ogni spazio tra le ghirlandec’è un kantaros con degli uccelli, sembrano
colombe. Questo è motivo desunto direttamente dal liguaggio classico greco e romano. Il tema
iconografico qui nella basilica è innovativo:
- i puttini, che dovrebbero stare in piedi, sono qui seduti e non reggono una ghirlanda, ma un
largo nastro che contiene frutti e fiori. Questo significa che i mosaicisti guardavano al passato
ma reinterpretandolo.
INTRADOSSO DELL’ARCO
Nell’intradosso dell’arco possiamo vedere mosaici di fiori e frutti che emergono da due vasi
simmetrici. Partendo dal basso verso sinistra vediamo un vaso romano con fiori, colombe bianche
dentro una cornice. Al centro dell’intradosso il cristogramma.
CONCA ABSIDALE: DECORAZIONE
La decorazione si basa su un sistema simmetrico; ogni immagina ha la propria corrispettiva nell’altro
lato. L’abside si organizza in 4 livelli:
- la parte superiore con il cielo simbolico
- la parte centrale con Maria e Cristo sullo stesso trono circondati da santi
- sotto, la processione degli agnelli che escono da Gerusalemme e Betlemme
- l’iscrizione monumentale alla base
nella parte superiore della conca absidale ci sono tre strati di tende divise in tre ripiegature ; nella
parte più bassa la mano di Dio connette la dimensione soprannaturale con quella terrestre. Questa
decorazione è ancora una citazione del mosaico di San Clemente. Interessanti qui sono i numeri,
perché recano con sé un significato simbolico: infatti il nove fa riferimento alle schiere angeliche.
Interessante in queta prima sezione del mosaico è la presenza di un’ombra. L’ombra mette in
connessione l’alfa e l’omega, la piccola croce e la mano divina. L’ombra è stata creata volutamente.
In questo caso l’ombra non ha un significato negativo, non è quindi legata all’oscurità e al male. Nella
vulgata si parla della protezione di Dio tramite l’ombra. Vi sono diversi riferimenti biblici che fanno
riferimento all’ombra come protezione divina. Oppure si può interpretare l’ombra come una
manifestazione divina (es. vangelo di Matteo, l’ombra che passa sopra Pietro, Giacomo e Giovanni,
durante la Trasfigurazione di Cristo, è Dio che parla).
Cristo occupa lo spazio centrale della conca absidale, con Maria e Pietro ai suoi lati. Attorno a loro
vediamo santi, martiri e papi.
A SINISTRA: Innocenzo II, San Lorenzo e Callisto papa;
A DESTRA: San Pietro, papa Giulio I e San Calepodio
Tutti questi personaggi sono identificabili grazie a iscrizioni che si trovano ai loro piedi. Gesù e Maria
sono seduti sullo stesso trono e Gesù tiene un braccio attorno alla spalla di Maria come se fosse la sua
sposa. La presenza di Maria alla destra di Gesù ha un preciso significato simbolico. È Pier Damiani a
dare una spiegazione sul perché la destra di Cristo sia riservata a persone importanti; il contesto è
sempre quello della lettera che scrisse per l’abate Desiderio, in cui spiega l’iconografia di Cristo
circondato da San Pietro e da San Paolo. La parte destra simboleggia la dimensione terrestre di Cristo,
mentre quella sinistra la dimensione celeste. Inoltre Pier Damiani cita le parole della sposa nel
Cantico dei Cantici, che sono riportate fedelmente nel cartiglio che tiene in mano Maria nel mosaico.
Secondo un’ipotesi, prima di questa iconografia con Maria in trono con Cristo, ve n’era un’altra che
rappresentava l’immagine della MADONNA DELLA PIETA’. Questa è una delle più importanti
icone della Madonna nel Medioevo a Roma. L’icona in origine si trovava a Trastevere mentre ora ha
cambiato luogo.
Guardando ai rotoli dei profeti nell’arco absidale abbiamo detto che in essi viene ribadito il tema del
matrimonio tra Cristo e Maria, dove Maria simboleggia la Chiesa. Il cartiglio tenuto da Isaia fa
riferimento diretto a Maria, mentre quello di Geremia è indirizzato a Cristo. Allora possiamo vedere
come l’arco absidale anticipi la decorazione della conca.
Il primo problema che ci appare nell’analizzare il gruppo della Vergine con Cristo è quello
dell’origine di tale rappresentazione, dal momento che questa sembra la prima volta di un’unione
di due temi:
1) Cristo e la Vergine come sposi nello stesso trono
2) Maria incoronata come rappresentazione della Chiesa
Importante punto di partenza è il CANTICO DEI CANITICI che venne ampiamento letto e studiato
durante il Medioevo, in particolare durante la Riforma; vennero scritti dei commentari .
Le parole che possiamo leggere sul rotolo che tiene Maria derivano direttamente dalla Bibbia; queste
parole erano cantate durante la festa dell’Assunzione. Maria è stata interpretata anche come sedes
Sapientiae, ovvero come il trono su cui si siede la Sapienza. Si può anche leggere un’allusione al
concepimento.
L’erotico misticismo che precedette il periodo della Riforma era in gran parte strutturato attorno al
tema dell’unione della sposa con il suo sposo, sul desiderio sessuale come metafora per il desiderio di
Dio. Durante il XII secolo, i commenti al Cantico dei Cantici sono sorprendenti per il loro livello di
erotismo: infatti paragonano l’adorazione spirituale con l’atto sessuale.
È stato Bruno di Segni il primo ad aver paragonato la Vergine alla Chiesa nelle SENTENTIAE. Il
Cantico dei Cantici e l’apocalisse erano spesso associati insieme.
- lettere di san Paolo
- cantico dei cantici
- apocalisse
questi sono i tre testi più studiati e commentati in questo periodo. Sono fondamentali per comprendere
la politica della Riforma. Dopo Bruno di Segni, l’esegesi non fece mai diretta menzione della
corrispondenza tra Maria, come la Chiesa, e la sposa nel Cantico dei Cantici.
Nel XII secolo si sviluppa una rappresentazione del Cantico dei Cantici molto più erotica, esaltando
l’unione della coppia come una coppia di amanti. La Vergine e Cristo vengono rappresentati
incoronati e seduti su un trono in un atteggiamento di reciproco affetto.
SI PUO’ PARLARE DI UN MOSAICO DI UNA PROCESSIONE NUZIALE?
C’è l’ipotesi che nel catino absidale sia stata rappresentata una processione nuziale, e questo aspetto
viene ripreso nella facciata di Santa Maria in Trastevere, dove vediamo il corteo della Vergine.
LA FESTA DELL’ANNUNCIAZIONE
Alcuni studiosi hanno messo in evidenza il fatto sul libro di Cristo e sul rotolo di Maria appaiono le
medesime parole che venivano pronunciate durante la liturgia dell’Assunzione. A Roma questa
festività celebrava Maria come regina, madre e sposa di Cristo. Durante questa festa, l’icona di Cristo
del Sancta Santorum vicino al Laterano veniva portata in processione per raggiungere l’icona di
Maria. La processione aveva inizio dal Laterano ed era cantata; proseguiva poi verso il Foro.
1) Santa Maria Nova era la prima fermata; qui venivano lavati i piedi di Cristo con de basilico
2) Seconda fermata era San Adriano
3) Terza fermata era la basilica dei Santi Cosma e Damiano
4) L’ultima fermata era quella presso Santa Maria Maggiore, dove qui aspettava il pontefice.
Il pontefice non partecipava alla celebrazione ma era lui a tenere la messa. Si richiedeva un’attiva
partecipazione dei fedeli. KITZINGER ha suggerito che il mosaico absidale di Santa Maria in
Trastevere sia la rappresentazione grafica di questo evento liturgico e che riproduca nei volti dei due
protagonisti i volti delle due icone, coinvolte nella processione. Quindi lo studioso suggerisce che vi
sia stata una pratica di copiatura delle antiche icone nel mosaico. Questa si potrebbe intendere come
un atto di antiquiarismo. Si può osservare una somiglianza tra il volto di Maria e quello di un’icona, la
MADONNA DELLA PIETA’ che era venerata a Trastevere, in particolare da Anacleto II.
In realtà nello schema rappresentativo la Vergine nel mosaico absidale di Santa Maria in Trastevere
possiamo vedere la combinazione di più scene tipo:
- Madonna della pietà (Vergine incoronata seduta su un trono con il Bambino in braccio)
- Madonna advocata (Vergine senza il Bambino, come mediatrice)
- Madonna come sedes sapientiae
Il mosaico rappresenta una nuova iconografia, ovvero quella della Vergine incoronata e seduta
sul trono, senza il Bambino, ma come mediatrice.
Kitizinger aggiunge che l’immagine del volto di Cristo nel mosaico assogmiglia al volto dell’icona
del Sancta Sanctorum. Questa è l’icona più importante, per quanto riguarda i ritratti di Cristo e ha un
rapporto speciale con il pontefice.
IL CODICE E IL VOLUME
Le diverse voci del dialogo tra Maria e Cristo sono rappresentate dai diversi supporti: infatti nel libro
possiamo vedere che il testo è scritto in nero, mentre nel rotolo le lettere sono capitali dorate su
sfondo blu. In aggiunta, i diversi supporti( libro e rotolo) hanno un diverso significato anche
simbolico. Il rotolo tenuto da Maria è un volumen che significava l’attività intellettuale, fino ad
indicare la dottrina di Cristo. Il libro tenuto da Cristo è invece il codex che simboleggia invece il
Nuovo Testamento. Si ha quindi un passaggio dal Nuovo al Vecchio Testamento (rotolo come Bibbia,
libro come Vangeli).
LA FIGURA DI SAN PIETRO
Un analisi della figura di San Pietro conferma questa ipotesi della integrazione di Nuovo e Antico
Testamento. Il santo si trova accanto a Cristo e lo indica e indossa un’antica toga romana, che lo
identifica come un apostolo. Si trova rappresentato in una posizione dinamica che lo rende differente
rispetto agli altri sant, invece rappresentati in una posizione frontale. La rappresentazione di San
Pietro deriva da modelli della prima cristianità. Già dalla prima antichità (guarda il mosaico absidale
dei SS. Cosma e Damiano), Pietro e Paolo sono stati sempre rappresentati insieme, inseriti in scene
teofaniche, dove Pietro, però, è la figura più importante. La posizione e l’atteggiamento di San Pietro
sono simili alle rappresentazioni tardo antiche dell’apostolo. La posizione della mano può essere
identificata come la ACCLAMATIO che trova le proprie origini nella Roma classica e che era anche
stata replicata nella porta lignea di Santa Sabina.
Il primo papa della Chiesa, con indosso la toga, introduce san Clemente a Cristo. Durante la Riforma
della Chiesa, l’immagine di Pietro serviva ad esprime la potenza del potere della chiesa, legato alla
tradizione romana apostolica. Nel caso di questo mosaico a San Clemente, Pietro è legato a Clemente
e a Pasquale II, il committente del mosaico.
L’immagine di San Pietro appartiene inoltre al programma di recupero dell’antico e per questo si lega
all’uso dell’icona della Madonna. La diffusione nelle conche absidali delle immagini di Pietro e Paolo
si sviluppa in contemporanea con la diffusione della scena della TRADITIO LEGIS. L’autore del
programma artistico per il mosaico in Santa Maria a Trastevere ha voluto imitare le prime opere d’arte
cristiane, in particolare quelle rappresentanti la MAIESTAS DOMINI aggiungengo la figura di Maria a
quelle di Cristo e Pietro; la Vergine prende così il posto di San Paolo. La presenza di Pietro serviva a
creare una connessione tra Cristo e il pontefice, secondo gli ideali della Riforma della Chiesa e, in
partciolare, secondo gli ideali della politica di Innocenzo II.
I SANTI E I MARTIRI DEL MOSAICO
Su entrambi i lati, a destra e sinistra, si trova una schiera di santi: sette uomini in piedi che possono
essere identificati grazie ai loro indumenti. Vi è la LEGENDA che parla di Innocenzo II: infatti egli
cercò i corpi dei santi che erano sepolti sotto la Chiesa. Vennero trovati i corpi di CALLISTO,
CORNELIO, GIULIO e CALEPODIO. Sulla destra, il primo santo ad apparire è il martire Calepodio.
Non abbiamo alcuna informazione su questo martire, ma solo una fonte che lo identifica come un
prete della Chiesa Romana. Venne catturato nella sua casa a Trastevere durante l’impero di
Alessandro il Severo e venne gettato nel Tevere insieme ad altri martiri.
Il pontefice Giulio I venne seppellito nello stesso posto. Non sorprende allora che Giulio I sia
rappresentato nel mosaico vicino a Calepodo. Giulio I viene ricordato come il fondator di Santa Maria
in Trastevere perché fu lui a costruire una basilica, vicino alla memoria di San Callisto. Alla destra di
Giulio I, si trova papa Cornelio che seppe combattere movimenti eretici. Venne martirizzato e lei sue
spoglie vennero poi traferite a Santa Maria in Trastevere. Alla sinistra del trono si trova papa Callisto
I, il fondatore della basilica a Trastevere.
La scelta di rappresentare questi personaggi si deve collegare ai motivi politici di ricostruzione della
Chiesa. In gran parte, i santi sono legati al quartiere di Trastevere, con la fondazione della basilica, e
alla storia di Innocenzo II. Alla destra di Callisto si trova San Lorenzo, vestito secondo la tradizione
romana come un diacono. È l’unico personaggio a tenere in mano una croce. La sua presenza nel
mosaico è giustificata dalla larga partecipazione che aveva il suo culto. La festa di san Lorenzo era
seconda per importanza solo a quella dei santi Pietro e Paolo. Alla fine, a sinistra, vediamo Innocenzo
II con in mano un edificio in miniatura che simboleggia la basilica.
GLI INDUMENTI ECCLESIASTICI
Giulio, Cornelio, Callisto e Innocenzo II indossano il pallio a Y, riservato ai vescovi. Tutti gli
ecclesiastici indossavano indumenti ricchissimi, con una decorazione in gran parte in oro. Le loro
scarpe sono sgargianti e riccamente decorate, e dovrebbero ricordare le applicazioni in gemme e pietre
preziose.
La codificazione deli indumenti ecclesiastici fu un’importante fenomeno che avvenne durante la
Riforma della Chiesa, che riorganizzò anche la funzione liturgica, in modo tale da renderla più
spettacolare. Le scelte per questi nuovi indumenti si possono in parte giustificare grazie a dei passi
biblici, ma vengono poi ben spiegati grazie alle interpretazioni di Bruno di Segni.
IL SIGNIFICATO DEI COLORI NEL MOSAICO
Vi è una connessione tra i colori, le immagini e le iscrizioni. Il mosaico utilizza il colore per
simboleggiare gli ideali della Chiesa durante la Riforma.
ARCO TRIONFALE: le scritte sui rotoli tenuti dai profeti sono scritti in bianco su uno sfondo rosso.
In decorazioni così monumentali, come quelle ad affresco o a mosaico, i rotoli utilizzano lettere nere
su uno sfondo bianco. In Santa Maria in Trastevere questo cambiamento nella tradizione si può
spiegare se si tiene in considerazione la posizione del papato. Il bianco delle lettere potrebbe
rappresentare l’impero e la divinità; inoltre il rosso e il bianco insime erano i simboli allusivi a Cristo.
Innocenco II era consapevole che questi colori avessero un loro significato. È stato lui il primo
pontefice ad utilizzare un sarcofago in porfido rosso, come gli antichi imperatori romani. Durante le
due importanti feste, una in onore di Pietro, l’altra di Paolo, il papa doveva indossare indumenti
liturgici bianchi e rossi. Per queste ragioni, il rosso e il bianco divennero i colori dello stemma della
Chiesa di Roma.
IL COLORE DELLE TAVOLE: nell’arco trionfale, il deliberato uso dei colori, con finalità
allegoriche, si ravvisa anche nelle cornici attorno ai nomi degli evangelisti e dei profeti. La
composizione è innovativa perché isola le scritte dal loro contesto e mette in evidenza il nome
dell’effigiato. Non vi sono rappresentazioni simili in casi precedenti. Vi possono essere iscrizioni che
identificano personaggi, ma queste appaiono senza cornice.
Vi è un passaggio nell’Apocalisse che ricorda tre colori: rosso, bianco e acquamarina. Fu Bruno di
Segni a dare un significato a questi colori.
Passando invece verso la conca absidale, vediamo subito un cambiamento. Lo sfondo dell’abside è
dorato. L’oro veniva utilizzato per alludere alla luce, il simbolo dell’incarnazione di Cristo, secondo la
formula del Vangelo di Giovanni. Inoltre il mezzo del mosaico dorato era utilizzato per esprimere
l’idea divina dell’atemporalità. I vestiti di Maria e Cristo sono quasi del tutto dorati. Tutti i santi nella
conca absidale indossavano indumenti diversi; la diversificazione, basata anche sull’utilizzo di diversi
colori, era innovativa all’epoca nel panorama romano; papa Cornelio e papa Callisto sono vestiti con
un abito blu/violetto. Papa Giulio I indossa un abito verde smeraldo; il prete Calepodo un rosso
scarlatto; papa Innocenzo II il viola e il giallo. Bruno di Segni interpreta vari colori nell’otttica delle
virtù cardinali e li considera necessari per la decorazione di una chiesa. Probabilmente, tutti questi
colori vennero impiegati per ricordare le virtù della Chiesa. Tra la fine dell’XI secolo e l’inizio del
XII, il fiorire di studi letterari e filosofici cambiò radicalmente la situazione. Questo cambiamento si
può ascrivere soprattutto all’azione di Bruno di Segni. Importante è il secondo capitolo delle
SENTENTIAE la più importante espressione della dottrina filosofica di Bruno di Segni; questi
attribuiva grande valore alle virtù cardinali, perché esse erano le fondamenta della Chiesa.
Calepodo e Cornelio sono connessi delle scritte gialle su uno sfondo blu; entrambi martiri e seppelliti
nello stesso cimitero. Lorenzo e Callisto, stesse scritte dorate ma sfondo diverso. La scritta dorata
vuole ricordare l’importanza di questi santi. Pietro e Innocenzo II sono legati da scritte in bianco su
sfondo nero. Solo papa Giulio I resta isolato.

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