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Architettura paleocristiana e bizantina krautheimer pdf

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By using our site, you agree to our collection of information through the use of cookies. To learn more, view our Privacy Policy. Scarica Architettura paleocristiana e bizantina, di R. Krautheimer e più Sintesi del corso in PDF di Storia Dell'architettura solo su Docsity! Architettura paleocristiana e bizantina. Capitolo primo. Gli inizi dell’architettura
cristiana.

Gli anni dal 50 al 150. - Durante i primi tre secoli dell’era cristiana, due furono gli elementi principali che determinarono il ruolo del cristianesimo: l’evolversi come nuova fede e il fatto che ciò avvenne nel contesto sociale, culturale e religioso del tardo impero romano.
Accettare o meno questo contesto influenzò l’organizzazione, le esigenze e perfino i contrasti con Roma della comunità cristiana. Ed anche la sua architettura. - Nella RM imperiale la religione era divisa in due sfere: il culto pubblico degli dei che assicurava il benessere dell’impero e la dimensione individuale. Nel primo caso si tratta di un dovere
civico (si pregano dèi quali Giove, il Sole Invincibile, la Divina Maestà dell’imperatore), nel secondo caso si possono adorare divinità scelte individualmente (divinità tribali indigene, orientali, v. Mitra, ecc..). - Fintanto che il culto dell’imperatore e quelli di salvezza personale riuscirono a coesistere non si verificarono conflitti. - Il cristianesimo rimase
inosservato per almeno una generazione dopo la morte di Cristo.
Fu solo grazie a San Paolo che si gettò nel cristianesimo il seme di una religione universale. - Così dalla Palestina si arrivò fino ai villaggi Orientali e si consolidò l’organizzazione interna del cristianesimo. Fino al II secolo i riti avevano ancora un’organizzazione sommaria: la comunità si riuniva all’alba della domenica per pregare e, verso sera, per un
pasto che ricordava quello ebraico della vigilia del sabato. - I fedeli di questo periodo non avevano né i mezzi né l’organizzazione né il minimo interesse a sviluppare un’architettura sacra. - Inizialmente ci si riuniva in qualsiasi posto idoneo allo scopo. Per fare proseliti ci si poteva ritrovare in un luogo di culto ebraico, v. la sinagoga. Ma ci si poteva
trovare anche all’angolo di una strada e, solo raramente, in un locale pubblico. - Diversamente da queste riunioni per far proseliti, cessate con la morte dei discepoli, i regolari incontri periodici si tenevano in privato presso qualcuno dei fedeli della comunità, di solito in una stanza da pranzo. - Si trattava di case modeste, poiché la maggior parte dei
fedeli proveniva da strati sociali medi o umili. - Case di questo tipo ci sono note tra il IV e il V secolo. - Nelle province orientali si trattava di costruzioni unifamiliari alte fino a 4 piani: in alto c’era la stanza da pranzo, unico ampio ambiente della casa che spesso si apriva in una terrazza. Questo era l’anàgaion (o uperòon), spesso menzionato negli Atti
degli Apostoli, la stanza “in alto, aperta alla luce”. - Il mobilio consisteva in un tavolo con tre triclini, da cui il nome greco latinizzato triclinium per le stanze da pranzo. - Il triclinio più grande era presumibilmente riservato all’anziano, all’ospite o a chi avrebbe tenuto un discorso. La congregazione si ammassava nella stanza, anche sui davanzali (si
pensi all’episodio di un giovane, a Troade, che precipitò da un davanzale e fu resuscitato da San Paolo). - A Roma erano frequenti appartamenti sviluppati in senso orizzontale, che non necessariamente avevano stanze da pranzo. Le riunioni si tenevano in qualsiasi altro ambiente capace. - I postulanti, coloro che volevano convertirsi, e i catecumeni,
convertiti ma non battezzati, non erano ammessi allo “spezzare del pane”: probabilmente uscivano prima di quel momento. - Il battesimo, originariamente eseguito solo in acqua corrente, dall’inizio del II secolo veniva invece amministrato in acqua ferma, calda o fredda. La cerimonia avveniva presso una fontana o un pozzo del cortile di casa, in una
stanza da bagno o in un piccolo ambiente termale privato. - Dunque, fino al 200 NON si delineò un’architettura cristiana. Solo la religione di Stato innalzava templi. Prima del 200 le comunità cristiane si accontentavano di un’architettura domestica e tipica delle modeste abitazioni delle classi inferiori. Questi limiti sono condizioni decisive per il primo
sviluppo di un’architettura cristiana.

Il periodo 150-250. - Intorno al 250 l’Asia Minore era per il 60% cristiana. La comunità di RM contava 150mila aderenti. - Si definirono a mano a mano i vari dogmi. Sulla fine del II secolo e nella prima metà del III vissero i primi grandi padri della Chiesa: Tertulliano e Cipriano in Africa, Ippolito a Roma, Clemente e Origene ad Alessandria. Uomini
ricchi e di alta condizione sociale assunsero posizioni di primo piano.

- Intorno al 230 la comunità annoverava tra i suoi membri alti funzionari e dignitari di corte. I cristiani ormai erano entrati nelle amministrazioni civiche, nella corte, nel senato, nel foro. I vescovi erano “procuratori” degli imperatori. - Si diede vita alla gerarchia di un clero stabile, con precise funzioni e amministrazioni particolari. - A partire da Roma
in ogni città vi era un vescovo a capo dei cristiani. Già nel 220 i vescovi dei centri metropolitani (Roma, Cartagine, Alessandria, Efeso) avevano raggiunto una reale preminenza nelle rispettive province. - Questa nuova forza del cristianesimo doveva portare a conflitti con lo Stato. Il rifiuto del culto ufficiale e il volontario appartarsi dei cristiani generò
sporadiche persecuzioni a partire dal II secolo. Ma i cristiani erano considerati innocui fanatici e le persecuzioni erano sporadiche.

- La situazione cambiò intorno al 250. I cristiani erano cresciuti per numero e influenza. Il loro rifiuto di partecipare ai sacrifici, alle preghiere e alle pubbliche cerimonie per il bene e il successo della divina maestà dell’imperatore costrinse il governo ad agire. - Milioni di cittadini erano apertamente sovversivi, non si poteva chiudere gli occhi.

- Due persecuzioni assai sanguinose, nel 250 e nel 257-260, potarono all’arresto e all’uccisione dei capi cristiani a Cartagine, Alessandria e Roma, nonché all’obbligo del sacrificio, al divieto di riunione e alla confisca dei beni. - Ma l’organizzazione della Chiesa era ormai troppo salda. Gallieno mise fine alle persecuzioni del 260 e restituì alle comunità i
loro beni, i loro edifici di culto e i loro cimiteri, nonché il diritto di riunione.
- Intorno al 250 i cristiani non vivevano di certo in clandestinità.
Celebravano funzioni religiose, svolgevano opera di proselitismo, battezzavano, seppellivano i loro morti, assistevano i poveri: e per questi scopi possedevano beni legalmente acquisiti o semplicemente tollerati.
- Gli edifici delle comunità dovevano soddisfare due esigenze: da un lato le attività religiose e il decoro sociale dei vivi, dall’altro il culto dei morti. - Fuori città si dovevano costruire cimiteri in cui i morti potessero riposare senza promiscuità con i pagani, in cui distinguere le tombe dei martiri e in cui i vivi potessero riunirsi in specifici edifici per le
cerimonie commemorative e i banchetti funebri.
- L’edificio incorporato nella chiesa dei Santi Giovanni e Paolo, degli inizi del V secolo, offre l’esempio di una casa d’abitazione del II secolo del tipo consueto (con botteghe giù e appartamenti su) che è stata unita, prima del 250 (?), a un piccolo edificio termale attiguo. Il pianterreno, liberato dalle botteghe, fu decorato con affreschi dai soggetti
cristiani già nel 250. All’epoca l’edificio doveva essere sede del titulus Byzantis, come risulta dai documenti. La distribuzione delle finestre sulla facciata del III secolo, nonché il rafforzamento dei muri al pianterreno a la costruzione di una scala monumentale, fano pensare all’esistenza di una grande sale al piano superiore. Diviene quindi plausibile
l’ipotesi che l’edificio fosse sede di una domus ecclesia già nel III secolo. Nell’ultimo terzo del IV secolo fu costruita, su un pianerottolo, una confessio in cui erano custodite reliquie di martiri e che segnava la posizione dell’altare, a ridosso del muro orientale nella sala sovrastante. L’edificio rimase in piedi fin dopo il 400, quando fu sostituito
dall’attuale basilica. - Vi sono altri casi simili a Roma, in altri tituli, come a San Clemente. - Risulta quindi chiaro che le domus ecclesiae nella Roma del III secolo avevano sede in case d’abitazione e altri edifici di uso corrente, che avevano subito ben poche modifiche, di carattere puramente pratico, passando alla nuova destinazione. - Anche gli edifici
funerari delle comunità cristiane degli inizi del III secolo si ispiravano ad analoghi criteri pratici e derivavano dall’architettura funeraria romana del tipo più semplice. - Il rituale funebre cristiano richiedeva un luogo per la sepoltura e un ambiente per i riti funerari. Questi comprendevano anche un banchetto che i famigliari e gli amici consumavano
raccolti intorno alla tomba, mangiando e versando libagioni dentro il sepolcro tramite l’apertura, la cateratta. - Da un punto di vista architettonico vi erano: una tomba, a volte coronata da una copertura piana a forma di mensa, una camera tombale che serviva per il banchetto, con sedili o triclini per i partecipanti alla cerimonia, oppure un ambiente a
sé, espressamente destinato al banchetto. - Gli usi cristiani si distaccarono dalle tradizioni romane. A partire dal 200 l’uso cristiano esigeva che i fedeli non fossero sepolti accanto ad un pagano. Inoltre era aborrita la cremazione, motivo per cui i cristiani non potevano usare i columbaria = sepolture collettive romane piene di piccole urne. - Essendo
inoltre per lo più poveri, i parenti dei defunti trovavano soluzioni semplici per le sepolture. - Una soluzione fu trovata costruendo grandi cimiteri comuni, all’aperto oppure sotto terra. I cimiteri sotterranei, le catacombe, avevano vari vantaggi: il terreno in superficie aveva un costo più elevato; il terreno sotterraneo poteva essere di roccia tenera,
riducendo le spese di scavo; poteva esistere uno scavo antecedente (ad es.
usato per una cisterna) che poteva costituire un punto di partenza. - Si iniziarono a scavare catacombe dall’ultimo quarto del II secolo e agli inizi del III, ma si continuò ad ampliarle per tutto il IV e ne furono costruite anche di nuove.
- Caddero in disuso nel V secolo. - Vi sono sensibili differenze tra le catacombe. - A Siracusa vi sono ampie gallerie con anguste diramazioni, tutte stipate di tombe terragne (formae) e qua e là vi sono tombe con nicchia (arcosolium) scavata nella parete di una galleria. - A Napoli e nell’Africa del Nord una galleria larga e diritta costituisce il centro della
catacomba; di quando in quando essa si allarga in uno spiazzo, dove pilastri di roccia si levano a sostenere il soffitto, formando così una sorte di baldacchino indipendente. - A Roma, strette gallerie formano un fitto tracciato a griglia, che spesso prende l’avvio da un precedente gruppo di ipogei oppure da una cava di tufo o di sabbia (arenarium). Si
sviluppano qui fino a 4 piani l’uno sull’altro, collegati da strette rampe a scale. Nelle pareti sono scavate anguste tombe (loculi), chiuse con mattoni o lastre di marmo, su cui si leggono un nome e una benedizione. Dai corridoi si diramano vani quadrati o poligonali (cubicula), destinati a singole persone o famiglie facoltose, con arcosolia alle pareti e
nicchie per i lampadari; i soffitti e le pareti erano decorati con affreschi. Questo archetipo si riscontra alla catacomba di Callisto a Roma (primo cimitero della comunità cristiana a RM), iniziato prima del 217 da uno dei grandi organizzatori della Chiesa, Callisto, e ampliato fino agli inizi del IV secolo. Lo stesso sviluppo si riscontra in altre catacombe
romane, dove a partire dal IV secolo le gallerie assumeranno un aspetto labirintico che sgomenta il visitatore moderno. - La comunità solitamente acquistava il terreno e pagava i lavori di scavo. Toccava ai singoli far fronte alle spese di un loculus privato.
- Le catacombe non sono mai state pensate, né utilizzate, per tenervi le normali funzioni religiose in tempi di persecuzione.
È impensabile che nel 220, quando i cristiani erano già migliaia a Roma, i fedeli marciassero verso le catacombe senza essere visti dalla polizia. Si tratta inoltre di luoghi bui, umidi, intricati, non adatti a più di 50 persone. - Solo i riti funebri si tenevano nelle catacombe. Ma, se vi erano troppi partecipanti, ci si spostava in superficie, dove si allestiva
anche il banchetto. - In genere, i cristiani del III secolo preferivano seppellire i loro mori in cimiteri in superficie (areae). - Si attesta l’esistenza di questi già dal 200 circa. Se ne attestano esempi successivi nell’Africa del Nord, in Asia Minore, nei Balcani, in Dalmazia, a Roma, in Spagna e in Renania. - Si tratta di semplici sepolture, spesso chiuse da
una lastra destinata al banchetto funebre, cui si alternavano sarcofaghi isolati. Qua e là sorgevano anche mausolei (cellae). Le sale per i banchetti funebri a volte erano costruzioni al coperto, altre volte erano all’aperto, altre volte ancora erano dei portici che correvano lungo i lati dell’area cimiteriale e accoglievano alcune mensae. - Strutture del
genere davano luogo a complessi leggermente più monumentali quando dovevano servire a qualcosa di più che ad un semplice rito funebre privato: si pensi al martyrium. - Da tempo immemorabile i pagani divinizzavano i morti più celebri dando luogo al culto di eroi mitici. Sui luoghi legati alle loro gesta e alla loro morte erano eretti heroa = edifici
che univano alla funzione e alla forma del tempio e del santuario quella del mausoleo. - Nella loro forma più semplice, gli heroa erano aree all’aperto che si concludevano in una nicchia protetta da un’edicola. Nelle forme più complesse si trattava di edifici chiusi: o aule rettangolari, sviluppate in senso longitudinale o trasversale, con absidi; oppure
rotonde, coronate da una cupola emisferica come la volta celeste. - Col tempo svanì la distinzione tra heroa e mausolei e il repertorio di forme dell’architettura religiosa pagana arricchì l’architettura funeraria romana. - Da qui derivano infatti i martyria cristiani e il culto cristiano del martiri. - Gli scavi sotto la Basilica di San Pietro a Roma hanno
portato alla luce il più antico martyrium conosciuto. Al centro di un cimitero con sontuosi monumenti è rimasta una piccola zona libera. Misura 5x7m e contiene alcune tombe modeste, probabilmente resti di una dimessa zona di sepoltura preesistente al fastoso cimitero. Il recinto è chiuso da un muro che passa al di sopra di una delle sepolture
povere; dai bolli laterizi il muro può essere datato all’ingrosso al 160 circa; sulla tomba, il muro forma una nicchia, che può risalire all’epoca in cui è stato costruito o almeno a un periodo anteriore al 200.
Di fronte alla nicchia era posta un’edicola formata da due colonne che sostenevano una lastra di pietra ad un metro e mezzo dal suolo. La nicchia continuava in alto, sopra l’edicola, e forse era fiancheggiata da semicolonne e sormontata da un timpano. - Già intorno al 100 si pensava che Pietro apostolo fosse stato ucciso a Roma. Dal 200 ormai il suo
tròpaion, il monumento che celebrava la sua vittoria sulla morte e sul paganesimo, era venerato sul colle Vaticano e con ogni probabilità era proprio l’edicola messa ora in luce. Vi sono invocazioni graffiate su un muro vicino che lasciano intendere come questo concetto fosse ritenuto reale tra i fedeli fin dalla fine del II secolo.
- Nel 320 la parte inferiore della nicchia era sotto terra, ma la parte superiore fu conservata e fu il centro intorno al quale gli architetti di Costantino organizzarono la grandiosa mole della loro basilica. Essa è tuttora il centro della devozione in San Pietro, sotto l’altare maggiore.
Gli anni dal 250 al 313. - Martyria di forma semplice furono costruiti in gran numero dopo l’insuccesso della persecuzione di Decio nel 260 e quella di Diocleziano nel 303-305. - Due vani della catacomba di Callisto, predisposti prima del 207 come sepoltura comune dei vescovi di Roma, vennero uniti in un unico ambiente intorno al 250 e decorati con
due colonne addossate alle pareti. Dalle iscrizioni si ricava che questo nuovo vano, la “Cappella dei Papi”, era un martyrium. Nel IV secolo furono eretti infatti un altare e delle transenne per delimitare il presbiterio. - I martyria all’aperto avevano forma di recinti, simili a quello che sorgeva sulla tomba di San Pietro. - Nell’area in cui sorge la chiesa di
San Sebastiano, sulla via Appia, a partire dal 258 si istituì una festa in memoria dei SS.
Giovanni e Paolo. Fu costruito un cortile, chiuso su uno dei lati da una loggia aperta, che fungeva da sala per i banchetti funebri (triclia). I muri sono ricoperti di invocazioni ai due apostoli.
All’interno del cortile, una nicchia rivestita di marmi costituiva il centro del culto. - Un martyrium molto più semplice venne realizzato nella stessa data, circa, in un cimitero cristiano trovato sotto la cattedrale cristiana di Bonn. Si tratta di un sedile rettangolare all’aperto che circonda due blocchi in muratura eretti sopra due tombe: di questi uno era
preparato per l’offerta di libagioni. - Molti piccoli martyria sono stati scoperti nei cimiteri di Salona (ora Marusinac), sulla costa dalmata. In essi è dato ritrovare una mezza dozzina di varianti. - È stato inoltre ritrovato un elaborato complesso tombale: un lungo cortile circondato da portici e concluso da un’abside e da due mausolei sporgenti ai lati.
Appare inizialmente come una basilica con transetto e difatti è stato definito “basilica discoperta” e interpretato come l’antenato di tutti i tipi di chiese cristiane. Ma la sua tarda data (426) e la rarità delle basiliche con transetto rendono insostenibile questa tesi. Rappresenta in realtà una soluzione antiquata rispetto ai criteri dei V secolo, essendo un
caso di dilatazione monumentale del luogo sacro. - Sembra che nel corso del IV secolo i luoghi sacri all’aperto siano stati sostituito da tipi di martyria più monumentali, si pensi al mausoleo di Anastasio a Salona (305-310), ad altri in Ungheria e Spagna. Si tratta di piccoli edifici a due piani, di forma rettangolare, con absidi interne, con coperture con
volta a notte e contrafforti esterni. A Salona, nel vano sotterraneo, vi è il corpo del martire sotto l’abside e vi sono i sarcofaghi dei fondatori sotto la navata. Il vano superiore serviva per i banchetti e le cerimonie funebri. Questo tipo architettonico deriva chiaramente dagli heroa romani, ma l’altare sulla tomba è di stampo prettamente cristiano. - Negli
stessi anni a Roma venivano costruititi martyria e sale per banchetti religiosi di forma complessa, al di sopra delle catacombe. Alcune di queste erano a tre absidi, una per ogni lato (cellae trichorae), il vano centrale a volta e la facciata si apriva in un unico grande arco o in tre archi, oppure era preceduto da una corta navata.
- Già dal II e I secolo a.C. di basiliche ve ne erano in tutto il mondo romano. Oggi per basilica si intende una costruzione divisa in una navata centrale e due o più laterali, illuminata da finestre sopra le due pareti della navata centrale e sopra i tetti delle navate laterali. - Ma le basiliche romane non sono forse mai state così. - Nello loro forma più
semplice, esse erano costituite da un ambiente unico. In una versione più complessa, la navata era circondata da navate laterali o da navate laterali e gallerie. Il muro della navata centrale al di sopra del colonnato, in cui si aprivano le finestre, poteva avere grande sviluppo in altezza o anche no, l’ingresso poteva essere sui lati lunghi o su quelli corti, o
su entrambi. - Intorno al 300 questa varietà di forme era ancora aumentata. L’architettura delle basiliche, infatti, era straordinariamente viva e mutevole, influenzata da altri modelli architettonici. La basilica di Massenzio, ad esempio, fu concepita come una gigantesca navata coperta a volta e affiancata da nicchie, che richiama un’aula termale. - Il
tipo più diffuso alla fine del IV secolo era un’aula allungata con tetto a travi, senza navate, che terminava in un’abside rialzata; grandi finestre sui fianchi, disposte su una o due file, davano luce all’interno. - Peraltro, nel linguaggio romano il termine “basilica” definiva più la funzione che non la forma dell’edificio che altro non era se non un vasto luogo
di riunione coperto. - La basilica del Foro, ritrovata in ogni città romana, era semplicemente un prolungamento coperto dell’attigua piazza del mercato: una grande sala dove trattare affari e scambiarsi pettegolezzi cittadini e le novità venute dall’impero, un souk in cui esporre la merce. Da una pedana, il tribunal, il magistrato e i suoi assessori
amministravano la giustizia. Sulla tribuna campeggiava un’edicola con il simulacro dell’imperatore, sotto la cui effigie la giustizia veniva amministrata e i contratti stipulati legalmente. - Nelle grandi città diverse basiliche potevano assolvere a diverse funzioni sempre ufficialmente indicate: borsa valori, cambio, bazar di stoffe, mercato dei fiori,
tribunali particolari. - Le grandi terme potevano vantare una basilica in cui il pubblico poteva intrattenersi. - Anche le grandi sale di ricevimento delle case patrizie venivano indicate col nome di basiliche. Si pensi alle aulae regiae che si trovavano all’interno o nelle immediate vicinanze dei palazzi imperiali, nelle quali l’imperatore si mostrava in
pompa solenne ai suoi sudditi. - Inoltre l’evoluzione dell’architettura cristiana risentirà anche di tutte le connotazioni religiose che per secoli avevano caratterizzato queste basiliche. Questi caratteri sacri crebbero con l’aumentare dell’importanza del culto delle divinità dell’imperatore. La basilica del palazzo imperiale in cui egli sedeva in trono era
ipso facto un edificio religioso. - Le basiliche cristiane di nuova costruzione non derivarono da alcun tipo specifico di basilica romana: non dalla basilica annessa al Foto, né dall’aula d’udienza imperiale, né da un tipo di basilica funeraria o religiosa.
Al contrario, la basilica cristiana, sia come funzione che come forma, è stata un fatto decisamente nuovo pur nell’ambito di una tradizione solidamente affermata. Agli occhi dei contemporanei non apparve affatto come qualcosa di straordinario: le nuove aule di riunione dei cristiane rappresentarono semplicemente un altro tipo di basilica creato per
rispondere a esigenze di nuovo genere. - All’epoca di Costantino, la funzione della nuova basilica doveva essere esplicitata da un modo particolare di designarla, ad esempio quello di basilica id est dominicum “sala di riunione, ossia casa del Signore”, oppure “basilica per la comunità apostolica e cattolica”. - Probabilmente basiliche di modeste
proporzioni erano già state costruite da comunità cristiane negli anni precedenti la pace della Chiesa: San Crisogono a Roma ne è un esempio.
Però solo sotto Costantino gli architetti seppero rispondere alle esigenze della liturgia cristiana, creando nuove varianti del tipo della basilica, che già di suo era di continuo soggetto a mutamenti.
- Da questi antefatti sono derivate alla basilica cristiana tre o quattro caratteristiche che intorno al 300 erano ormai divenute tratti essenziali della maggior parte delle basiliche: pianta rettangolare, asse maggiore longitudinale, tetto a travi, a vista oppure coperto da un soffitto piatto, infine una tribuna che concludeva l’edificio e poteva avere forma
rettangolare o absidata. - La divisione dell’ambiente in navata centrale, con le alte pareti aperte da grandi finestre, e navate laterali, finì per essere la soluzione prevalente, anche se non l’unica; i matronei rimasero rari. - Il committente poteva essere una povera comunità di campagna o un ricco vescovo o lo stesso imperatore.
- Le tradizioni architettoniche locali potevano prescrivere la pietra o il mattone o il calcestruzzo. La liturgia, anche se uniforme nelle sue linee generali, cambiava da luogo a luogo nel suo realizzarsi. - Ne veniva che il clero poteva prendere il posto nell’abside o nella navata maggiore, i tavoli delle offerte potevano essere collocati vicino all’altare o in
ambienti attigui; i catecumeni in certi casi si ritiravano nel vestibolo, in altri nell’atrio o nelle navate laterali, o infine in un edificio a sé stante. - In realtà prima del 350 non esisteva la basilica cristiana, esistevano solo numerose varianti del tema della basilica, determinate dalle esigenze liturgiche, dalle consuetudini architettoniche e dai desideri dei
committenti. - ES: La cattedrale di Aquileia, che sostituì una preesistente domus ecclesiae, constava di tre edifici, portati a termine prima del 319 e forse già nel 313; due aule principali, che si sviluppavano parallele in direzione est-ovest, erano legate all’estremità ovest da un’aula disposta in senso trasversale; un piccolo vano quadrato attiguo all’aula
trasversale aveva funzione di battistero. Le mura e i ricchi pavimenti in mosaico tanto dell’aula nord che di quella sud rimangono in gran parte sotto terra, a ridosso della cattedrale dell’XI secolo e sono incorporati nelle sue mura. - Ognuna delle aule principali (20x37) poteva contenere diverse centinaia di posti a sedere ed era divisa in tre navate di
uguale ampiezza. I sei pilastri o colonne delle navate sostenevano i soffitti; solo la campata orientale dell’aula sud era sormontata da una volta a botte trasversale a cassettoni.
Separata dal resto da plutei e da un diverso pavimento a mosaico, questa campata rettangolare accoglieva il seggio del vescovo, la sua cathedra, nonché il sedile per il clero. - L’altare era collocato più verso ovest, nella navata. All’esterno, le varie strutture dovevano risultare spoglie. All’interno invece i pavimenti in mosaico, formati da riquadri
geometrici che incorniciavano ritratti di donatori e simboli cristiani, e i dipinti murali con scene floreali componevano una decorazione piena di colore, anche se poco costosa. - Prese ognuna a sé, queste aule somigliavano alle sale di riunione precostantiniane, come quella di San Crisogono a Roma. Ma abbinate in un insieme architettonico,
costituiscono un complesso a sé.
- Come Aquileia, anche Asnam, nell’Africa settentrionale, era una sede vescovile importante. La sua cattedrale, fondata forse già nel 324, contemporanea quindi ad Aquileia, presenta una fisionomia assai diversa. - Piccola rispetto ad Aquileia (16x26), era un edificio solo, isolato. Lo spazio interno rettangolare era diviso da quattro file di pilastri
quadrati in quattro strette navate laterali e una vasta navata centrale, probabilmente più alta e illuminata dalle finestre; il pavimento era a mosaici. Un’abside, che sorgeva sopra una piccola cripta, era molto sollevata rispetto al pavimento delle navate ed era incorporata nell’edificio anziché sporgerne. - La cattedrale di Tiro (Sur) sulle coste libanesi,
consacrata nel 316-17, rappresenta un’altra concezione ancora. Era una chiesa molto ricca, da quanto scrisse Eusebio: c’era un propylaeum, un colonnato monumentale, sul lato est verso la strada. Da esso si accedeva a un cortile, un atrium, circondato da quattro portici a colonne, e con al centro una fontana. Tre portali dall’atrio immettevano nella
chiesa. La navata centrale, ben illuminata, dominava le due buie navatelle ed era coperta dalle travi dorate del tetto. Colonnati ad arco o architravi reggevano le alte pareti in cui si aprivano le finestre. In fondo, all’estremità occidentale della navata, c’era l’altare all’interno di un recinto, mentre il clero prendeva posto ancora più a ovest. Può darsi che
un battistero sorgesse in un punto o nell’altro della vasta area chiusa dal muro perimetrale che circondava l’insieme, comprendendo il cortile. - Le cattedrali di Tiro, Aquileia e Asnam rappresentano quindi delle varianti di cattedrali costantiniane. In tutte e tre, per quanto riguarda il materiale e l’esecuzione, si ha una prosecuzione di tradizioni
costruttive locali vecchie di secoli: ad Aquileia i muri sono di pietra, a piccoli blocchi; ad Asnam sono di piccole pietre tenute insieme da filari di pietra orizzontali e verticali; a Tiro si trattava di grandi blocchi di pietra. - La soluzione degli edifici doppi che si ha nelle cattedrali dell’Istria, può essere anch’essa frutto di una tradizione locale, mentre il
muro di recinzione che abbiamo visto a Tiro non è che il vecchio témenos tipico del mondo ellenistico e del Medio Oriente antico.
- Per quanto riguarda le tradizioni liturgiche locali: ormai nel 300 da quasi due secoli era stata stabilita la posizione dell’altare, del clero, dei catecumeni, dei fedeli. - Il clero ad Asnam prendeva posto in un’abside a un livello più elevato rispetto ai fedeli. Ad Aquileia invece il clero restava allo stesso livello della comunità, per quanto il vano in cui
prendeva posto fosse ricoperto da una volta e isolato da transenne. - L’altare ad Aquileia e a Tiro si trovava fra il clero e i fedeli. - A Tiro i catecumeni si ritiravano o in vani attigui o nelle navate laterali, che quando possibile erano chiuse con tende. - Nelle cattedrali doppie dell’Istria è certo che il problema del luogo in cui isolare i catecumeni
determinò l’intero complesso. - Per altri aspetti la cattedrale di Tiro si distingue nettamente dagli edifici analoghi di Asnam e Aquileia. I propilei, l’atrio e l’alta navata centrale piena di luce sono tutti elementi che la basilica di Tiro ha in comune con l’architettura dei palazzi imperiali. - In Siria i templi erano spesso preceduti da propilei e intorno al 300
portici del genere, sostenuti da colonne e con la trabeazione che, in corrispondenza dell’intercolumnio centrale, dava luogo a un arco incluso in un timpano, cioè un fastigium, erano ormai un elemento tipico anche dell’architettura dei palazzi imperiali. - Anche l’atrio della cattedrale di Tiro presenta richiami all’architettura imperiale: deriva infatti, con
tutta probabilità, dai cortili a colonne che precedevano l’aula delle udienze nei palazzi e nelle ville imperiali. Anche la navata centrale alta e ben illuminata è probabile si ricolleghi a una tradizione di edifici dedicati al culto dell’imperatore.
- Certamente non erano mancate basiliche romane con grandi finestre nella parte alta delle pareti centrali; è un fatto però che la luce diventa più viva e dilagante là dove un edificio del IV secolo accoglie l’imperatore, il Sole Invincibile, il Sole di Giustizia. - Queste connotazioni imperiali trasferite nell’architettura delle chiese ebbero profonda
risonanza. In fondo anche Cristo era identificato col Sole di Giustizia, era risorto all’alba, la sua seconda discesa in terra si pensava sarebbe avvenuta da oriente, era la luce del mondo. Di qui il misticismo della luce che avrebbe portato i cristiani, nel IV secolo, a pensare sia le sale d’udienza imperiali sia le chiese come piene di luce. - Si rese quindi
necessario un edificio di nuovo tipo vicino alla tomba del martire, tale da dare spazio sia alle sepolture, sia alle cerimonie commemorative e ai banchetti funebri che culminavano nella celebrazione della messa. - Vasti, coperti, col pavimento ricoperto di tombe, questi edifici racchiudevano mense per i banchetti funebri, una delle quali per il martire. I
cristiani del tempo di Costantino devono aver considerato questi edifici non tanto delle chiese, quanto delle sale per banchetti funebri e nello stesso tempo cimiteri coperti. - La distinzione non era netta e nel corso del IV e del V secolo questi coemeteria subteglata assunsero sempre più la funzione e la forma di normali chiese. - Sembra che queste aule
funerarie siano state diverse, in pianta, a seconda delle consuetudini locali. Del tutto eccezionale è un gruppo di giganteschi edifici portato alla luce, recentemente, fuori dalle mura di Roma. Ve ne sono in realtà diversi, tutti vicini a un luogo reso sacro dalla presenza degli apostoli o vicini alla tomba di un martire. - Le tombe dei martiri a quell’epoca
erano ancora incluse in martyria sotterranei, che solo in seguito saranno sostituiti da chiese appositamente destinate alle sepolture. In tutte il pavimento era coperto, da parete a parete, di tombe e molti mausolei si addensavano intorno all’edificio: v. il Mausoleo di Santa Costanza a Sant’Agnese. - Questi grandi edifici erano tutti di forma basilicale,
con navata centrale e navate laterali e un portico d’entrata (nartece). Le pareti della navata centrale, che sporgevano al di sopra dei tetti delle navate laterali, erano sostenute da pilastri o colonne.
La decorazione sembra sia stata uniformemente semplice. - Il centro della venerazione, la tomba del martire sormontata da un altare, in tutti questi edifici rimaneva nella catacomba, mentre all’esterno sorgeva l’edificio in cui i fedeli desideravano essere sepolti e si adunavano per i banchetti funebri e per le funzioni in memoria del martire. Però, negli
ultimi quindici anni del regno di Costantino, divenne necessario incorporare il martyrium nella basilica, dato il grande sviluppo raggiunto dal culto dei martiri. - Nel cimitero dei Cinque Martiri a Salona il martyrium (350 circa), mostra assai chiaramente un adattamento di questo genere. Nella metà posteriore dell’edificio fu adottata la pianta basilicale
con navata, navatelle, absidi e zona dove era collocato l’altare, assicurando uno spazio adeguato per le tombe dei martiri e per le funzioni; la metà anteriore serviva da cimitero coperto per i fedeli e, su tutti i lati, all’esterno era fiancheggiata da mausolei.
- A Tipasa, sulla costa algerina, intorno al 400 fu costruito un cimitero coperto sulla tomba del vescovo Alessandro utilizzando i muri di recinzione di un precedente cimitero coperto. Fu costruita una basilica di pianta irregolare, con la navata centrale e quelle laterali piene di tombe. L’abside, sul lato occidentale, ospitava solo una tomba. - Non si sa
tuttora con certezza quando Costantino abbia deciso di costruire intorno al santuario di San Pietro una gigantesca basilica capace di contenere migliaia di pellegrini, né si sa quando si sia realmente cominciato a costruirla. Probabilmente prima del 324. - Fu ideato un nuovo livello e fu realizzata qui un’ampia spianata che si sviluppava da est a ovest e
da sud a nord entro il fianco del colle Vaticano. Si lasciò intatta solo la sommità del monumento dell’apostolo. A questo nuovo livello si iniziò la costruzione di una grande basilica che incorporava il santuario e occupava l’intera area. - Per superare le difficoltà del terreno, le fondamenta della navata centrale e di quelle laterali a sud furono elevate di
circa 8m rispetto al pendio della collina, mentre quelle del lato nord e ovest furono interrate nel fianco sovrastante la collina stessa.
- La costruzione procedette rapidamente e fu completata nel 329. Alla morte di Costantino (337) furono collocate le scritte dedicatorie in mosaico sull’arco absidale e sull’arco trionfale.
- Le mura delle fondazioni sono tutte dello stesso tipo e risalgono alla primissima fase della costruzione. Il loro spessore e la tecnica muraria richiamano le fondamenta della Basilica Lateranense. - L’edificio serviva da cimitero coperto e da sala per banchetti funebri. I pavimenti risultarono ricchi di tombe, con alcuni sarcofaghi del IV secolo. - Questa
doppia funzione di santuario che accoglie un martyrium e di sala funeraria spiega sia le dimensioni sia la pianta dell’edificio. - I vivi e i morti richiedevano quanto più spazio possibile: folle immense si raccoglievano qui per venerare l’apostolo. - Perciò la basilica di San Pietro dovette assumere dimensioni più grandiose di qualsiasi altra chiesa di età
costantiniana. - La doppia funzione di San Pietro ne ha determinato anche la pianta eccezionale. La navata centrale, alta, e le doppie navate laterali (due per lato, quindi 4) richiamano la pianta della Basilica Lateranense. Però a differenza di quest’ultima, in San Pietro la navata centrale e quelle laterali non si concludevano semplicemente in una zona
presbiteriale. Erano invece tagliate da una struttura trasversale con dei vani terminali a un livello ancora più basso: un transetto continuo, senza divisioni interne se non alle estremità. - Transetto e abside formavano una zona a sé stante per funzione e che si connotava come zona autonoma della basilica. - Il transetto era separato dalla navata centrale
da un arco trionfale; dalle navate laterali era invece separato da diaframmi di colonne. Custodiva la memoria dell’apostolo, centro dell’intero edificio. - Elevandosi sulla corda dell’abside, il monumento era isolato da una cancellata di bronzo e sovrastato da un baldacchino sostenuto da quatto colonne tortili percorse da tralci di vite. Solo durante le
funzioni commemorative sembra che il transetto venisse lasciato al clero come se si trattasse di una zona presbiteriale. - L’altare, presumibilmente mobile, era separato dalla tomba. Durante le funzioni, il clero subalterno si disponeva dietro all’altare e ai due lati della tomba dell’apostolo, mentre il vescovo e gli alti prelati apparivano fra i tendaggi
dell’abside. - Il transetto era una zona comune sia ai fedeli sia al clero ed era il luogo dove i compivano tutti i riti ai quali partecipavano attivamente gli uni e gli altri: venerazione della tomba, comunione e offerta. - La navata centrale e quelle laterali erano un cimitero coperto. San Pietro risulta diverso qualsiasi altro edificio: il martyrium era emerso,
per così dire, dalla catacomba. - Anche qui i materiali preziosi e colorati e gli arredi splendidi finivano per concentrare l’attenzione all’interno e guidavano il visitatore nel suo pellegrinaggio. La strada, fiancheggiata da monumenti funerari romani, saliva dal fiume, superando un lieve pendio, ai tre accessi dell’atrio. - Il pellegrino si inoltrava nell’atrio
passando accanto al cantharus , la fonte = una pigna in bronzo del II secolo collocata sotto un baldacchino: sei colonne di porfido sostenevano quattro archi di bronzo schermati da grate e con pavoni di bronzo. - All’estremità occidentale dell’atrio il pellegrino vedeva la facciata della navata centrale, nuda come tutti gli esterni costantiniani. - Entrando
nella navata centrale, si trovava a camminare tra due file di 22 grandi colonne: erano tutte di spoglio e i colori andavano dal verde al giallo antico, al granito rosso e al grigio. Poste a distanza di due metri e mezzo (proporzione simile al Partenone), il loro effetto deve essere stato di sopraffacente monumentalità. - Al pari dei fusti, anche i capitelli di
spoglio erano diversi come altezza e ordine (corinzio e composito); sopra di essi poggiava una trabeazione anch’essa formata da pezzi di spoglio. Il sovrastante muro della navata centrale arrivava a un’altezza complessiva di oltre 32m!!! - Il doppio ordine di affreschi con storie del Vecchio Testamento, conservati fino al ‘500, e le loro cornici in stucco,
erano del V secolo. - Undici finestroni per lato, uno ogni tre colonne, illuminavano la navata centrale. - Come nella Basilica Lateranense, anche qui le file di colonne che separavano l’una dall’altra le navate laterali e che poggiavano su plinti reggevano, al di sopra di una serie di archi, una parete che sosteneva il tetto delle navate. - Una serie di
aperture nella parte alta di questo muro attenuava il peso che gravava sulle colonne.
- Le navate laterali sembra fossero di altezza uguale a quelle interne buie. - Nel transetto c’era il sacello di San Pietro, vera meta del pellegrino. Pertanto la Basilica di San Pietro non era una chiesa ordinaria ma un martyrium. - Nel IV secolo la sua pianta fu imitata a Roma una sola volta, presso la tomba di San Paolo nel 385. Fuori Roma rimase
altrettanto rara. - La basilica con transetto continuo divenne un modello comune solo dopo la rinascita carolingia. - San Pietro è l’unica grande chiesa costantiniana che racchiude la tomba di un martire. Al contrario, i martyria si limitavano ai luoghi in cui la divinità si era rivelata. Questi luoghi erano tutti in Terrasanta. - L’imperatrice madre Elena li
aveva visitati nel corso di un pellegrinaggio già nel 325-26.
Presumibilmente dietro sua richiesta, l’imperatore assegnò fondi per la costruzione di chiese su questi luoghi negli ultimi dodici anni del suo regno: alla grotta della Natività, nei luoghi della Resurrezione e Crocifissione, sul Monte degli Ulivi e a Mamre. - Forse contemporaneamente, o dopo un po’, reliquie della Vera Croce furono portate da
Gerusalemme in luoghi più lontani a rappresentare, simbolicamente, il sacro luogo del Golgota. - L’oggetto della venerazione nel martyria cristologici della Terrasanta continuò ad essere fuori dalla sala in cui si riunivano i fedeli. - Le soluzioni in pianta furono molto diverse nel caso dei santuari costruiti da Costantino per commemorare la vita e la
passione di Cristo. Alla grotta della Natività a Betlemme già nel 333 un pellegrino proveniente dalla lontana Gallia vide una “basilica costruita per ordine di Costantino”. L’edificio fu sostituito, nel VI secolo, da quello attuale. Però le fondamenta originarie, fatte di enormi blocchi di calcare, e il pavimento a mosaico, sono stati rimessi in luce da scavi
condotti una quarantina d’anni fa. - La navata centrale e le quattro navatelle costituivano all’incirca un quadrato. Può darsi che i fusti delle attuali colonne provengano dalla chiesa costantiniana. È certo che i loro capitelli ricalcano modelli del IV secolo. - Attaccata al lato orientale del vano basilicale sorgeva una costruzione ottagonale, comunicante
con le navate tramite archi. Forse l’ottagono era illuminato attraverso un occhio aperto nella copertura piramidale. - Il cortile antistante doveva servire come zona di sosta per i pellegrini e piccolo mercato per le necessità dei pellegrini stessi.
Anche l’atrio era ampio e forse era aperto sia ai credenti che ai non credenti. - Per gli edifici sul Golgota un rescritto imperiale ordinò che i materiali grezzi e la manodopera fossero forniti dal governatore locale; sarebbero state quindi le consuetudini locali a determinare la costruzione. - Costantino, seppur indirettamente, influenzò la progettazione
delle sue chiese. Egli caldeggiava un’architettura religiosa che coincidesse nello stile con l’architettura pubblica di più alto livello e che esprimesse la sua personale potenza e dignità assorbendo tutto il vocabolario architettonico proprio dei palazzi imperiali e degli edifici pubblici. - L’architettura religiosa di Costantino va vista nel quadro
dell’architettura civile costantiniana. L’accumularsi in un unico complesso di edifici, diversi come funzioni e spesso anche come pianta, è un aspetto essenziale delle terme e dei palazzi costantiniani non meno che delle cattedrali doppie, delle basiliche-martyria e dei cimiteri coperti contornati da mausolei. Analogamente, nei complessi religiosi come in
quelli civili, cortili precedevano l’edificio principale oppure lo circondavano. - Di conseguenza, le parti principali del complesso si susseguono lungo un’asse longitudinale. - Nonostante la progettazione di questi complessi elaborati, gli esterni delle chiese costantiniane erano assai semplici. - Tutta la ricchezza era concentrata all’interno: soffitti dorati,
arredi d’oro e d’argento, colonne di marmi variegati, decorazioni musive. Colonne, capitelli e architravi il più delle volte erano materiali di spoglio: eterogenei come forme e materia, diversi anche come misura e stile. - In Oriente la decorazione si mantenne più omogenea. Ma anche qui il concetto di ordine strutturale, prevalente per tutto il III secolo,
venne a essere gradualmente sostituito da una nuova sensibilità formale. - Certamente i colonnati sormontati da architravi rimasero la regola, come attestano San Pietro, la Basilica Lateranense, ecc.. - Anche gli ordini sovrapposti o gli ordini giganti erano impiegati, come nella basilica sul Golgota. Però questi residui del concetto classico degli ordini si
trovano più spesso in Oriente, e anche lì sono subordinati a una visione cromatica che investe l’intera parete. - L’idea originaria ci è nota quasi integra nel mausoleo della figlia di Costantino, Costantina (Santa Costanza), costruito intorno al 350 a ridosso del nartece del grande cimitero coperto di Sant’Agnese a Roma. - Qui il vano centrale, circolare e
coperto da una cupola, si innalza da una serie di archi sostenuti da dodici copie di colonne composite con stupendi blocchi d’imposta. Dodici finestroni nella parte alta del muro inondano di luce la parte centrale. questa è circondata da un deambulatorio in ombra, coperto da una volte a botte, che nella parte opposta all’entrata è interrotto da un vano
più alto e ben più illuminato, una sorta di baldacchino. - Questo “baldacchino” sorge al di sopra di una lastra di porfido al di sotto dell’arco mediano del varco centrale, sulla quale sembra poggiasse un tempo il sarcofago della principessa. - Della decorazione rimangono i mosaici della volta del deambulatorio: in un crescendo, si passa da disegni
geometrici, nella campata d’ingresso o in quelle attigue, a riquadri con viticci e putti, per culminare, nella zona buia ai lati del sarcofago, in riquadri pieni di vasellame dorato usato per le libagioni. - Di qui si passava ai mosaici del baldacchino, che rappresentavano la Gerusalemme celeste, gli apostoli sotto forma di agnelli e la volta dorata del cielo.
- I muri tra le finestre e al di sotto di queste erano rivestiti di marmi policromi. Materiali preziosi, luce e colore si fondevano in un insieme organico. - Gli archi in corrispondenza degli assi principali del vano centrale sono impercettibilmente più larghi e più alti di quelli sull’asse trasversale. Le piccole nicchie nel muro del deambulatorio non
corrispondono agli archi: solo dall’arco opposto al sarcofago diventano interamente visibili. - Gli interni delle grandi chiese costantiniane dovevano apparire simili a quello di Santa Costanza o, nel caso delle basiliche, all’aula delle udienze della basilica di Treviri. - Al Laterano e in San Pietro, la decorazione costantiniana della larga fascia di muro tra
gli archi e i finestroni sovrastanti , se mai è esistita, è andata perduta: può benissimo darsi che gli architetti di Costantino avessero pensato invece a un rivestimento in marmo, sormontato da mosaici ornamentali. Le colonne gialle e rosse della navata centrale della Basilica Lateranense contrastavano con le colonne di un verde variegato dei colonnati
intermedi; nel catino dell’abside scintillava il rivestimento in foglia d’oro. - Erano il colore e la luce che, più di tutto, facevano vivere questa architettura: la luce, entrando dai finestroni della navata centrale o, durante le funzioni notturne, propagata dalle migliaia di lampade ad olio e candele, brillava e si rifletteva sulle colonne marmoree, sui
rivestimenti, sui mosaici, sui soffitti dorati e sui preziosi arredi di metallo. - Gli elenchi delle donazioni imperiali alle chiese di Roma sono pieni di lampadari d’oro e d’argento, di lampade e candelieri, di calici, vasi e ampolle, ecc.. - I raggi del sole che brillano attraverso le finestre di una navata, lo splendore dei soffitti e dei mosaici, lo scintillare delle
colonne di marmo sono topoi ricorrenti nella prosa e nella poesia del tempo. - Tutti questi aspetti erano stati tipici, in misura sempre maggiore, di tutta l’architettura tardoantica a partire dal II secolo; l’architettura cristiana costantiniana ha finito per essere l’ultima fase dell’architettura della tarda antichità. Capitolo terzo. L’architettura cristiana
nelle capitali dopo Costantino. - Nei settant’anni successivi alla morte di Costantino i mutamenti politici sono stati di vitale importanza. - Fino al 395 i suoi successori regnavano su un impero tenuto insieme da un’amministrazione centralizzata e sempre più cristianizzata. Anche la divisione dell’impero decisa dopo Teodosio I (379-95) fu più nominale
che effettiva. Ma, come già era avvenuto precedentemente, la difesa delle frontiere e il governo di territori fuori mano spinsero gli imperatori a spostare di frequente il loro quartier generale. - Accanto alle capitali costantiniane dell’Oriente (Costantinopoli, Antiochia e Nicomedia) nuove capitali si affermarono in Occidente. Roma perse la sua
importanza politica, ma Milano, Treviri e Colonia acquistarono importanza come residenze imperiali e come sede di potenti capi ecclesiastici. - Contemporaneamente, tre città assunsero nel IV secolo una posizione preminente come centri religiosi e meta di pellegrinaggi: Gerusalemme, con i Luoghi Santi della Resurrezione e Ascensione di Cristo;
Alessandria, sede del patriarca d’Egitto e, come si credeva, luogo di sepoltura di San Marco; Roma, ove erano sepolti Pietro, Paolo e altri martiri, oltre che sede papale.
- Non sorprende che queste capitali politiche ed ecclesiastiche siano diventate anche dei centri di primaria importanza per quanto riguarda l’architettura, anche grazie alle donazioni della corte e della Chiesa. - In alcune di queste capitali (Alessandria, Nicomedia) nessun monumento testimonia questa attività architettonica. In altre è modesto, rispetto
alle testimonianze scritte (Gerusalemme, Costantinopoli, Antiochia). A Roma, Milano e Treviri abbondano sia le testimonianze scritte che i monumenti. - Si deduce da testimonianze attendibili che gli archetti dei nuovi edifici spesso venivano da fuori, mentre le maestranze erano spesso indigene. Per questo motivo i concetti stilistici e il vocabolario
architettonico degli edifici rimangono strettamente omogenei in tutte le capitali politiche e religiose del mondo romano. - Le differenze, spesso dovute alle tradizioni locali in merito alla tecnica costruttiva, non mancano mai.. ma hanno un’importanza secondaria. - A livello di corte, il vocabolario architettonico rimase saldamente legato alla tradizione
classica della tarda antichità. La forza di questa tradizione in Oriente poggiava sui doti e i retori, sia cristiani si pagani, legati alle università e alla corte imperiale. Grazie ad essi la Chiesa e al corte erano permeate di spirito classico, e il risultato fu che gli imperatori, i dignitari, i vescovi di corte e gli architetti di corte continuarono ad essere i
maggiori sostenitori dell’eredità classica del nuovo impero cristiano fino al V secolo inoltrato. - Lo spirito classico, indebolito fra III e IV secolo, si venne ravvivando nell’ambito della corte tra la metà del IV secolo e gli inizi del V. È ancora oscuro se sia stato l’Oriente greco a guidare questo “rinascimento”. È certo che a Roma lo spirito classico rimase
per molto tempo assai debole. La Chiesa a Roma continuò ad essere indifferente al sapere e alla cultura classica per quasi tutto il IV secolo, e questa posizione mutò solo quando, nel V secolo, in Occidente, il papato si sostituì come forza culturale al potere imperiale ormai indebolito. - Già dagli ultimi anni del regno di Costantino e per tutto il IV secolo
le esigenze di una nuova liturgia ecclesiastica e gli stretti legami tra Chiesa e impero portarono allo sviluppo di nuovi tipi di chiese nelle capitali dell’impero. - Sui luoghi venerati furono costruiti martyria non più legati a navate basilicali, ma indipendenti, con pianta cruciforme oppure circolare o ovale; all’interno o accanto ai recinti dei palazzi
imperiali sorsero chiese tetra- o ottoconche. Costantinopoli. - Delle chiese che Costantino fece costruire nella sua nuova capitale non resta quasi traccia. - La cattedrale iniziata vicino al palazzo imperiale, la prima Santa Sofia, può darsi sia stata una grande basilica con doppie navatelle e gallerie, rinchiusa in una cinta di mura e preceduta da un atrio
poco profondo, forse con propilei che si affacciavano sulla strada. - Non sono rimaste tracce nemmeno della chiesa dedicata ai Santi Apostoli, sostituita prima da una giustinianea e poi da una moschea. Da una descrizione di Eusebio sappiamo che sorgeva al centro di un vasto cortile, circondato da terme e piscine; era a croce greca. I quattro bracci
erano coperti da soffitti a cassettoni dorati, ma è incerto se fossero tutti senza navate o se fossero divisi in navata centrale e navatelle. Le pareti erano rivestite di marmi; all’incrocio dei bracci vi era un tamburo ben illuminato, con al di sotto il sarcofago dell’imperatore, con ai lati pilastri o cenotafi dedicati ai 12 apostoli. L’edificio era ostentatamente
mausoleo dell’imperatore e martyrium dedicato agli apostoli. - D’altra parte, esso si connotava come l’heroon-martyrium dell’imperatore stesso che, indicato come tredicesimo apostolo, egli riposava nel regno della Croce (v. pianta) con gli apostoli, ed era qui venerato. Inoltre proprio qui veniva celebrata la messa, e l’imperatore era quindi al centro
dell’attenzione anche (forse) più dell’eucarestia stessa. - Un santuario molto simile è stato messo in luce da scavi a Beisan, nella Palestina settentrionale. Senza dubbio si tratta di un martyrium, ma resta ignoto quale evento/reliquia commemorasse. - Martyria del genere, a pianta centrale, di forma circolare o poligonale, compaiono in altri luoghi santi
della Palestina (v. Valle di Giosafat, fuori Gerusalemme), ma anche nell’Europa medievale ne troviamo esempi. Antiochia. - Scavi iniziati alcuni anni fa hanno dato un quadro dell’architettura domestica di Antiochia. - Sono venute alla luce decine di case e di ville impostate secondo l’antica pianta della casa greca, con al centro un cortile a peristilio e
riccamente decorate con mosaici pavimentali. - Sono state trovate però poche chiese e una sola è del IV secolo. - Si tratta del martyrium del martire locale, il martyrium di san Babila, i cui resti mortali furono esumati durante il regno di Giuliano l’Apostata, e la cui tomba divenne un nuovo centro di venerazione nell’ottavo decennio del secolo. -
Costruito appena fuori dalla città vecchia a partire dal 379, è a pianta cruciforme. Nella parte centrale, quadrata, si sviluppava il recinto di una zona presbiteriale che racchiudeva l’altare, la tomba del santo, e le tombe di due dei suoi successori sulla cattedra episcopale di Antiochia. - Da questa parte centrale partivano quattro bracci, senza navate e
coperti in legno. I disegni geometrici colorati dei loro pavimenti in mosaico facevano vivace contrasto con il semplice pavimento in marmo del quadrato centrale. - Il modello era stata la chiesa dei Santi Apostoli. - Ma sono qui presenti nuovi elementi: un battistero fu costruito appoggiato a uno dei bracci della croce e una sagrestia fu addossata a un
altro, adattando così il martyrium alle normali funzioni religiose. - Più antico del martyrium di San Babila era l’Ottagono d’oro annesso al palazzo imperiale sull’isola dell’Oronte nel centro della città. - Iniziato da Costantino nel 327, era dedicato all’Armonia, la forza divina che unisce l’universo, la Chiesa e l’impero. Nulla sopravvive dell’edificio. Dalla
descrizione che ne dà Eusebio sappiamo che era ottagonale, preceduto da un nartece a due piani e coperto da un tetto dorato. All’interno, il vano centrale ottagonale si concludeva o con un tetto piramidale o con una cupola in legno. - Questo nucleo era circondato da navate a colonne su due livelli (deambulatorio e galleria) e da nicchie.
La pianta si può supporre in due modi: o il deambulatorio e la galleria comunicavano direttamente con il vano centrale, mentre le nicchie si aprivano dal deambulatorio verso l’esterno; oppure le nicchie creavano un gioco di rientranze e sporgenze dal vano centrale agli spazi circostanti del deambulatorio e della galleria. - Entrambe le soluzioni sono
possibili: la prima corrisponde alla pianta della chiesa del monte Garizim; la seconda anticiperebbe di due secoli la pianta di San Vitale a Ravenna. - L’Ottagono d’oro è stato considerato un martyrium, ma non si hanno prove che abbia mai custodito una reliquia importante. Inizialmente sembra che sia stato la cattedrale di Antiochia. Tuttavia, vista la
posizione, avrebbe potuto essere anche la chiesa collegata al palazzo nella quale l’imperatore, controparte di Dio in terra, assisteva alle sacre funzioni. - L’Ottagono di Antiochia è stato modello di chiese simili fatte realizzare in seguito da Giustiniano, oltre che della cappella di Carlomagno ad Aquisgrana. Si tratta di edifici con piante ottagonali,
composti da un vano centrale, da un deambulatorio e da una galleria e tutti vicini al palazzo del sovrano. - A cominciare dal I secolo grandi aule a pianta centrale divennero un elemento sempre più frequente e importante nelle disposizioni dei palazzi e delle ville-palazzo tardoromane e paleocristiane. Questi vani potevano essere circolari (v. grande
rotonda a cupola del palazzo di Diocleziano a Spalato) o esagonali (come la sala che diverrà poi la Chiesa di Sant’Eufemia), o addirittura decagonali (come il tempio di Minerva Medica a Roma). - Rotondi o poligonali, possono o meno presentare nicchie. Questi ambienti a pianta centrale dei palazzi potevano presentare anche pianta triconca, v. Piazza
Armerina.
- Quale che fosse la loro forma, è certo che avessero tutti una funzione assai simile. Collocati spesso sull’asse centrale e all’ingresso del palazzo può darsi fossero dei salutatoria. Altrove, tali vani a pianta centrale nei palazzi avevano la funzione di sale di udienza e del trono, cioè di basilicae, secondo la terminologia del tempo. O ancora, potevano
servire da triclini: non proprio sale da pranzo, ma sale per i banchetti ufficiali, nelle quali l’imperatore partecipava al convito. Oppure erano semplicemente sale d’udienza e sale del trono.
- Va da sé che in tutti questi triclinia, salutatoria e basilicae le funzioni religiose e civili s’intrecciavano. - Nel Chrysotriclinos, il Triclinio d’oro del Grande Palazzo di Costantinopoli, il tipo architettonico sopravvive ancora alla fine del VI secolo. Non ne rimane traccia, ma le descrizioni non lasciano dubbi sulla sua pianta: circolare, circondata da otto
nicchie con catino, forse a due piani. Sul vano centrale si aprivano sedici finestre poste negli spicchi di una cupola a ombrello.
Serviva come sala d’udienza per l’imperatore e come cappella di palazzo: aveva quindi funzione sia religiosa che secolare. - Se l’Ottagono d’oro era insieme cattedrale e chiesa palatina di Costantino ad Antiochia, è stato il primo caso di questo tipo. Però simili chiese di corte nel IV secolo erano più numerose di quanto non si immagini. - La chiesa di
San Giorgio a Salonicco ne è un esempio. Il suo nucleo centrale era stato costruito intorno al 300, vicino al palazzo imperiale, del quale faceva parte, e aveva la funzione di mausoleo o sala del trono. Coperto da una grande cupola di 24 metri di diametro, era una rotonda imponente. Questa rotonda, nel 400/450, fu trasformata in chiesa. Furono
aggiunti una zona presbiteriale, un’abside e un deambulatorio in calcestruzzo rivestito di mattoni. Un ricco vestibolo fiancheggiato da torri che contenevano le scale sporgeva verso la strada principale. Un ricco mosaico con santi in piedi contro complesse nicchie e fastigi riveste la cupola. - La pianta ovviamente richiama più da vicino martyria come
quello dei Santi Carpo e Policarpo di Costantinopoli che non l’Ottagono d’oro di Antiochia. Ma la sua vicinanza al palazzo imperiale e la sua pianta centrale rendono altrettanto plausibile l’ipotesi che dovesse servire come chiesa di palazzo. Milano. - Milano ci dà un’idea dell’influsso esercitato dalle nuove capitale sul formarsi di una grandiosa
architettura chiesastica a partire dalla metà del IV secolo. - Dal 353 la città era stata frequentemente residenza imperiale. Nel 373 divenne la residenza di sant’Ambrogio e, grazie a lui, per alcuni decenni fu anche il centro spirituale dell’Occidente. - La sua importanza è dimostrata da cinque grandi chiese, tre delle quali sopravvivono quasi complete:
San Nazzaro, San Simpliciano, San Giovanni in Conca, Santa Tecla e San Lorenzo. - Le piante molto diverse tra loro dimostrano l’inventiva dei costruttori che gravitavano allora intorno alla corte imperiale e a quella episcopale di Milano. - I cinque edifici hanno in comune la monumentalità della concezione, la grandiosità dei volumi, i muri forti e
poderosi, i pilastri che li articolano, le arcate cieche e le basse gallerie. Sono coperti da grandi volte semplici oppure da tetti a capriate e sono costruiti in muratura massiccia: mattoni spessi, con grossi ciottoli inseriti qua e là. - San Lorenzo è un grandioso edificio tetraconco, a doppio guscio: un guscio interno, costituito dal vano centrale, è circondato
da un guscio esterno, cioè deambulatorio e gallerie. - L’atrio, rivolto verso la strada, è preceduto da propilei. La sua trabeazione al centro s’incurva a formare un arco, l’antico simbolo del potere imperiale.
Quattro torri sorgono agli angoli della chiesa. Sono alte, ma non molto più del tamburo quadrato che in origine sovrastava lo spazio centrale in luogo dell’ottagono attuale, che risale al XVI secolo.
- L’interno è altrettanto complesso e splendido. Uno spazio centrale, quadrato (alto inizialmente 27,5m!) è rimarcato agli angoli da quattro pilastri a forma di L. in antico coperto da una torreggiante volta a crociera oppure da una cupola in laterizio, questo nucleo centrale si dilata ai lati in quattro ampie esedre a due piani. Nel XVI secolo, il quadrato
centrale fu trasformato in un ottagono per sostenere tamburo e cupola, ugualmente ottagoni. L’originario nucleo centrale tetraconco (una sorta di gigantesco baldacchino) è circondato dagli spazi subalterni delle navatelle e delle gallerie che formano una doppia fascia spaziale, ognuna illuminata da una serie di ampie finestre. - Questa magnificenza
era ulteriormente accentuata dalla decorazione originaria: pareti rivestite da lastre di marmo, zone di muro e volte separate da fregi in stucco, imbotti delle finestre decorati con stucco, tutto questo in contrasto con la robusta rigidità dell’esterno. - Questa austerità e l’esuberante decorazione dell’interno ritornano nell’attigua, ma molto più piccola,
chiesa di Sant’Aquilino. Questa era probabilmente un mausoleo imperiale. - Si tratta di un ottagono a nicchie con i muri esterni sormontati da una bassa galleria sostenuta da agili pilastri. L’interno era tutto rivestito in marmi e mosaici e coronato da una volta a padiglione in semplici mattoni. - Il tipo di volta trova dei paralleli in Oriente, forse
l’architetto era orientale?
- Rimane da chiarire l’esatta funzione di San Lorenzo. L’edificio sorgeva fuori dalle mura cittadine, per cui è difficile che sia stata la normale chiesa di una comunità o la cattedrale degli ariani. Non si ha notizia di reliquie importanti conservate qui. Sorge però vicino al palazzo imperiale, è quindi possibile che sia stato costruito come chiesa di corte per
gli imperatori (ariani, fino al 379). - Fra le chiese di MI San Lorenzo è un unicum, ma i legami con le altre capitali dell’impero rimangono forti in tutta l’architettura milanese del IV secolo e risultano evidenti nella chiesa degli Apostoli iniziata da Sant’Ambrogio nel 382. - Ne rimangono i muri, incorporati nella chiesa romanica di San Nazzaro. Una
gigantesca croce è formata dall’incrocio di quattro bracci senza navate. Il braccio longitudinale della croce, un po’ più lungo dei due trasversali, continua senza interruzioni oltre l’incrocio. I bracci trasversali, più bassi, comunicavano con la navata longitudinale attraverso ampi archi, ognuno diviso da una triplice arcata su colonne. - Al centro della
croce sorgeva l’altare, punto focale della venerazione. - Le reliquie degli apostoli erano state deposte in una cassetta d’argento, sotto l’altare, forse dallo stesso Sant’Ambrogio. - Il contributo del tesoro imperiale permette di ritenere che l’edificio fosse ormai completato nel 400. - Un incendio devastò la chiesa nel 1823, e la chiesa attuale non ci dà che
un triste idea di ciò che l’800 considerava come “architettura cristiana classica”. Ma le dimensioni, le proporzioni e pochi tratti delle mura originarie sopravvivono. - Preceduta da un atrio a colonne, la navata si estendeva per 97m! Da un lato e dall’altro due navatelle fiancheggiavano la navata maggiore.
Il sacrario di san Paolo si trova sotto l’altare, vicino all’arco trionfale che separava il transetto dalla navata. - Un transetto continuo copre il sacrario: verso est si concludeva in un’abside, grandiosa come quella di San Pietro. Quattro file di colonne ad arcate fiancheggiavano la navata centrale e separavano quelle laterali; in quella centrale sostenevano
grossi muri sovrastanti e nelle navatelle dei muri bassi. Come a San Pietro, i muri sostenuti da archi delle navatelle erano forati da una serie di aperture sotto il tetto. Vi erano 21 finestroni per lato. L’abside restava buia, però nel transetto finestre arcuate e oculi riversavano un’ondata di luce sul sacrario. - I costruttori di San Paolo emularono quelli di
San Pietro nelle proporzioni e nella pianta, compresa la rara soluzione del transetto continuo, ma realizzarono una variante, non una copia! - Il transetto era alto quasi quanto la navata centrale, più profondo e più corto, con i muri delle testate che sporgevano appena al di là del limite delle navatelle esterne.
Le ragioni di questa modifica ci sono sconosciute: si sia trattato del bisogno di più ampio spazio intorno al sacrario per il clero o per i pellegrini, o per altre ragioni. - Il sacrario comunque era posto a ridosso della navata e l’altare era posto sopra esso. - Il colonnato della navata maggiore era coronato da archi, non da una trabeazione. - I fusti delle
colonne erano stati scelti dal materiale di spoglio romano, ma i capitelli delle navate laterali furono disegnati apposta per l’edificio: la loro omogeneità attesta l’amore per i concetti classici tipico di una costruzione imperiale del IV secolo. - Prima dell’incendio del 1823 la decorazione interna certamente prevedeva stucchi, mosaici in vetro, pitture
murali: tutto ciò grazie al restauro voluto da Leone I (440-61), che aggiunse il mosaico con i 24 vegliardi dell’Apocalisse e le colonne dell’arco trionfale. - In realtà questa più tarda decorazione di San Paolo è sintomatica di una nuova svolta nell’architettura chiesastica romana. Mira a far rivivere le forme classiche di un’epoca già lontana, da tempo
conclusa. - Questo revival classico si afferma in modo decisivo con Sisto III (432-40) e continua fino al 470 circa. - La basilica di Santa Maria Maggiore rappresenta al meglio questa “rinascenza sistina”. - L’ampia navata centrale è fiancheggiata solo da due navate laterali, e tutte e tre le navate sono disegnate in proporzioni pacate e maestose.
Lunghe file di colonne con capitelli ionici sostengono una trabeazione “classica” e guidano l’occhi verso l’arco trionfale. - Sui muri della navata centrale, monumentali lesene formavano un secondo ordine, ogni lesena era fiancheggiata da un doppio ordine di colonnine con scanalature a spirali ruotanti da sinistra a destra o viceversa. - Lesene e
colonnine inquadravano le finestre, nonché i riquadri in mosaico della navata centrale, ognuno dei quali era incastonato in un’edicola con colonne e timpano. - Ovviamente, però, qualsiasi edificio “classico” del passato sarebbe servito altrettanto bene a Sisto III e ai suoi architetti, come dimostra il battistero al Laterano. - Non è difficile immaginare le
modifiche di due rifacimenti del XVI e XVII secolo. Costruito da Costantino in forma ottagonale, con colonne angolari, illuminato da due file di finestre nel muro esterno e presumibilmente coperto da un tetto in legno, fu completamente rifatto sotto papa Sisto. - Due ordini trabeati al centro, ognuno di otto colonne, componevano un “baldacchino”
ottagonale al di sopra del fonte. Questi ordini erano poi sormontati dalle otto grandi finestre del tamburo. Un deambulatorio ottagonale coperto da una volta a botte circondava questo nucleo centrale. - Eleganti rivestimenti di marmo ricoprivano i muri, e mosaici coprivano la volta a botte. - La pianta e i particolari richiamano Santa Costanza. - Lo
stesso spirito di rinascita sopravvive con la costruzione, nel 468-83, di Santo Stefano Rotondo : relativamente ben conservato, è costituito da una enorme navata cilindrica che poggia su un colonnato trabeato con capitelli ionici. Gli alti muri della navata, originariamente rivestiti in marmo, può darsi abbiano sostenuto una cupola in materiale leggero.
Questo nucleo centrale è circondato da un deambulatorio che si apre in serie di cinque e sei archi sostenuti da colonne. - Resti di una decorazione classica in stucco sono rimasti negli archivolti del primo deambulatorio. - Nulla si sa della funzione originaria di Santo Stefano, ma il fatto che fosse dedicato a un preciso santo, venerato protomartire,
nonché la sua forma circolare, fanno pensare che fosse un martyrium che custodiva le reliquie del santo.
- Vista la pianta complessa, può darsi sia stato influenzato dall’Anastasis e magari da altri martyria della Terrasanta. - Nell’insieme, il “rinascimento sistino” viene a illuminare l’accostarsi degli architetti cristiani e dei loro committenti di Roma al patrimonio dell’antichità classica.
- Nella pianta e nel vocabolario l’architettura classica monumentale era legata tradizionalmente ai templi, agli edifici pubblici e ai palazzi, e l’architettura cristiana temeva le connotazioni religiose, pagane, che essa conteneva. - I cristiani di Roma, per la maggior parte del IV secolo, erano stati nel complesso indifferenti, se non ostili, alla cultura
classica. Essi evitarono anche nei loro edifici il retaggio dell’antichità. - Solo quando nel 395 si ebbe a Roma l’ultima sconfitta del paganesimo e iniziò a sorgere di un’aristocrazia profondamente cristiana e di alta cultura solo allora il passato classico poté diventare accettabile, spogliato delle sue connotazioni pagane. Youtube to Mp3 Converter This
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