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Storia della Chiesa Antica

02.10.08
Storia della Chiesa delle origini (dal 313 d.C. = editto di Costantino) fino al VII Sec. (prima di
Carlo Magno e dei Franchi = Sacro Romano Impero).
In questo periodo non c’è una storia uniforme per tutta la chiesa perché l’impero era estero tra est e
ovest, e ci sono numerose differenze tra la Chiesa Cattolica (=universale: i romani) e Chiesa
Ortodossa (giusta dottrina: gli orientali); nel 1054 ci fu lo scisma.
Le due parti hanno intrapreso strade diverse dando origine ad esperienze ecclesiali diverse, anche
dal punto di vista politico.
Storia di un’evoluzione estremamente complessa su tutti i piani umani (culturale, economico,
ecc…). Complessa articolazione sociale, culturale, linguistica, economica.

Bibliografia:
- “Storia della Chiesa in prospettiva delle idee” di Joseph Lortz ed. San Paolo

Temi trattati nel corso:

- la storia della Chiesa attraverso i primi 7 concili ecumenici (dove vengono definiti i
capisaldi della teologia). La cultura dominante nei primi secoli è di ispirazione platonica; il
compito dei padri conciliari è spiegare i concetti fondamentali del messaggio evangelico di
stampo ebraico/semitico a uomini formati in una cultura ellenistica.
- Le modalità di evangelizzazione tra Oriente e Occidente e, in parallelo, il sorgere di un
fenomeno che ha caratterizzato la storia della Chiesa: il monachesimo (orientale =nasce in
Egitto e in Siria nel deserto: EREMITI e occidentale= COMUNITÀ CENOBITICHE rette
da un abate da cenóbio=comunità)
- La figura di San Benedetto da Norcia, del quale non abbiamo notizie, ma solo delle sue
opere e del suo scritto (che non siamo nemmeno sicuri sia suo). Esamineremo la Regola di
San Benedetto.
9.10.08
I Concili ecumenici
I primi sette concili ecumenici sono gli unici riconosciuti da tutte e tre le confessioni cristiane:
Cattolici, Ortodossi e Protestanti.
Le chiese orientali le considerano fondamenta teologiche della dottrina (noi nonostante ne
utilizziamo i contenuti, non li conosciamo molto); e li ricordano anche dal punto di vista figurativo,
spesso infatti nel nartece ci sono immagini che li rappresentano.

Cos’è un Concilio?
È un’assemblea di prelati, generalmente vescovi (abati e superiori generali di ordini religiosi, ma
nell’antichità anche politici, imperatori, e nel Medio Evo esponenti dei comuni…) che si riunisce
per deliberare di problemi ecclesiastici.
CONCILIO deriva dal latino concilium; con questo termine nell’età romana imperiale si indicava
una assemblea regionale, non di tutti quindi, ma dei rappresentanti di una determinata regione;
costituiva l’organo rappresentativo dell’impero. Discuteva di questioni politiche/amministrative.
Nella Chiesa c’era un altro termine per indicare un’assemblea di prelati: SINODO (parola greca,
femminile), che designa un organismo collegiale che guida la Chiesa; è sinonimo di Concilio; però
nell’uso comune della Chiesa Romana.
Ora si utilizza il termine Concilio per indicare una riunione generale, e Sinodo per indicare un
concilio regionale, un’assemblea della diocesi…
I sinodi ebbero origine verso la fine del IV sec (secolo dell’editto di Costantino). Il primo che si

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ricorda fu convocato nel 387 dal vescovo di Roma (Papa); avevano principalmente lo scopo di
disciplinare il clero, esercitare un controllo.
Con il termine concilio quindi, si indicava quello ecumenico (dal termine greco ecumene); si
indicava così l’insieme delle terre conosciute e abitate allora: bacino del mediterraneo dallo stretto
di Gibilterra fino all’Indo (dopo Alessandro Magno), a sud fino all’Algeria col deserto del Sahara
(hic sunt leones). L’aggettivo ecumenico si può applicare solo ai primi sette concili:
1) Nicea (325)
2) Costantinopolitano primo (381)
3) Efeso (431)
4) Calcedonia (451)
5) Costantinopolitano secondo (553)
6) Costantinopolitano terzo (680)
7) Niceno secondo (787)
Concilio zero
Ce ne sarebbe un altro in base alle definizioni di prima: un concilio ecumenico zero: il concilio
apostolico di Gerusalemme nel 45 dC circa, ne parlano gli Atti al capitolo 15 e la lettera di San
Paolo ai Galati al capitolo 2,1-10.
Era sorto un problema: al cristianesimo si convertivano giudei, ma anche pagani, che non
osservavano la legge giudaica; nella comunità che si era creata attorno a Giacomo il minore, si
pretendeva che prima i gentili diventassero in qualche modo anche ebrei, ma Paolo diceva che non
contavano le opere, ma la fede, quindi secondo lui era inutile che i gentili passassero tramite la
legge e la circoncisione (opere= osservanza della legge giudaica)
Di fronte a questo contrasto teologico (non solo di azioni, ma di due modi diversi di intendere la
salvezza) Pietro dava un colpo al cerchio e uno alla botte (da buon Papa). Ci si riunisce a
Gerusalemme (cfr Galati). (Idolotiti= resti dei sacrifici dei pagani, a Paolo non interessava, ma per
quieto vivere avrebbe anche accettato)
È importante sottolineare che alla fine la decisione viene presa quasi all’unanimità; la decisione
presa venne comunicata alle singole comunità cristiane con una lettera (che rimarrà una costante
anche nei concili successivi) che riportava quanto era stato deciso. Nacque allora un’espressione
che si è protratta anche nei concili successivi; “Lo Spirito Santo e noi, abbiamo deciso che…” (cfr
At 15,28)mentre nel concilio medievale si cambiò la chiusura: “questo sacrosanto sinodo ha deciso
che…”
In Europa durante l’età medievale e fino al XIV e XV sec, cioè fino a Lorenzo Valla (fino
all’umanesimo che riconobbe che non era possibile) si ritenne ovvia l’identificazione del concilio
apostolico di Gerusalemme con la Pentecoste; non solo, ma questa credenza servì a legittimare la
confessione (dire pubblicamente = professione) di fede battesimale (il credo) della chiesa romana
(symbolum Apostolorum). Si pensava che ognuno degli articoli del credo fosse stato pronunciato da
uno degli apostoli nel giorno della Pentecoste. (cfr chiese del nostro territorio di fine ‘400 come la
Trinità a Momo, Casalvolone… nell’abside sono raffigurati gli apostoli con i diversi simboli che li
rappresentano più un cartiglio a testa con scritte le diverse parti del credo. Sono pitture pensate
teologicamente).
Era un’idea coniata da Agostino (che ai tempi era un personaggio estremamente autorevole) nel
sermone 240 “De symbolo” avvallava proprio questa tesi, che nella tradizione orientale non esiste.
Nel medioevo si pensava che quello stesso giorno la Madonna fosse stata assunta in cielo
(dormitio), credenze che dominarono diversi secoli della storia del cristianesimo (non solo per la
gente semplice, ma anche per pittori e artisti…)E sono in qualche modo la testimonianza della
grande importanza che questo concilio ha avuto per generazioni.
16.10.08

Dopo il concilio zero, non si hanno più notizie di concili fino al 325 d.C. ; ci furono assemblee
territoriali limitate (sinodi) ma non concili generali, perché la Chiesa era perseguitata, per cui non si
potevano avere riunioni a carattere generale, ma solo segrete; ci si riuniva solo per prendere

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decisioni particolarmente importanti.
Problemi nascenti:
1. le eresie che cozzavano contro la “opinio communis”;
2. il problema della datazione della Pasqua (i vescovi dell’est e dell’ovest si scomunicavano fra
di loro: il mondo cristiano litigò per 70 anni per determinare questa data (mentre per il
Natale non ci fu mai un sinodo, e fino a S.Agostino non si sapeva quale fosse la data del
Natale. Cristo sole dell’umanità, è per convenzione nato il 25 dicembre, seguendo la data di
un culto pagano: Eliagabalo (=festa del dio sole festa della nascita del nuovo sole=Cristo);
era un periodo nel quale si tentava la ristianizzazione delle date e degli eventi pagani. Fino
al romanico, le chiese furono architettonicamente orientate verso oriente. Il mondo orientale
invece celebra il natale quando noi festeggiamo l’epifania (6 gennaio= manifestazione di
Dio)
3. Lapsi (lapsus=caduto); erano quei cristiani che durante le persecuzioni, davanti al magistero
romano, rinnegavano la fede e che passato il periodo della persecuzione tornavano alla porta
della comunità per essere riammessi. Erano anche dei traditori: il magistrato in genere
chiedeva di portargli i libri sacri (consegnare in latino=trado; colui che consegna=traditor);
erano anche chiamati captivi (=prigionieri): lo facevano perché erano caduti prigionieri del
diavolo(captivi diaboli=prigionieri del diavolo). Il termine poi in italiano ha assunto il
significato morale di cattivo. Sul problema dei lapsi ci fu un duplice atteggiamento:
• Atteggiamento misericordioso, che concedeva sempre il perdono, ricordando che
anche Pietro aveva rinnegato Cristo
• Atteggiamento più duro che non voleva il rientro dei lapsi nella comunità, diffuso
soprattutto in Africa, dove vi erano comunità cristiane molto vivaci e attive (Africa
settentrionale, patria di S. Agostino)
4. Problemi disciplinari per la dignità di alcuni vescovi
Purtroppo non abbiamo molte notizie dei sinodi della Chiesa in questo periodo, ma ne abbiamo
molte sul fatto che questa prassi fu sempre adottata anche nel momento dell’ostilità del mondo
romano.
Concilio ecumenico di Nicea (325)
Fu il primo concilio universale fatto alla luce del sole; le cause furono principalmente:
• Il cambiamento dello statuto pubblico del cristianesimo dopo l’editto di Milano di
Costantino nel 313, con la libertà di culto
• Gravità della minaccia dell’arianesimo, contro il quale c’era la necessità di una presa di
posizione autorevole.
Quest’idea di una presa di posizione pubblica e autorevole fu proprio di Costantino, che non si
era convertito, ma in ogni caso, l’editto di Milano, sempre ammesso che ci sia stato, permetteva
la libertà di culto non solo ai cristiani, ma anche agli altri culti; ci si era resi conto che era inutile
porre costrizioni sul culto. Costantino vide nel cristianesimo il sostegno di una politica di
mantenimento dell’impero romano, la forza che avrebbe aiutato a tenere insieme l’impero che
stava traballando in molti punti. Costantino vede in Ario una minaccia alla pax sociale, e vi
vuole porre rimedio per la pace del suo impero.
ARIO
Prete africano di Alessandria d’Egitto (256-336 d.C.) è l’iniziatore di un’eresia trinitaria e
cristologica che prende il nome di Arianesimo, che negava l’uguaglianza del Figlio e dello Spirito
Santo con il Padre.
Questa posizione si inserisce all’interno di una struttura ellenistica che accoglie un messaggio
proveniente da un ambiente culturale totalmente diverso per linguaggio, cultura, strutture… ma
soprattutto per filosofia e strutture mentali: come fa un uomo a esprimere in una modalità ellenistica
una religione fondata sulla cultura semitica?
Il problema è di utilizzare categorie culturali comprensibili per chi è vicino a me: spiegare Cristo
con le strutture mentali, linguistiche e culturali di chi mi sta ascoltando. Ario si inserisce in questa

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problematica: dire Cristo con le strutture culturali della cultura neo-ellenistica.
Il problema di questi cristiani era affermare l’unicità di Dio senza negare la Trinità: Ario era un
monoteista convinto, e prende spunto dal concetto della missione del Verbo; il Padre manda il
Figlio, allora Dio è colui che ha mandato ed è più in alto gerarchicamente; Cristo invece, che ha una
missione data dal Padre, è sottoposto al Padre  SUBORDINAZIONISMO.
Chi da la missione e chi la riceve non possono essere uguali, chi la riceve è subordinato
Le eresie di questo periodo tendono ad affermare l’unicità di Dio, che non può essere due o tre
persone: il “Dio” è uno solo, gli altri sono aspetti di Dio e quindi non sono uguali a Lui.
Chi era Gesù in rapporto al Padre? Il Vangelo esprime questo rapporto con le categorie culturali
ebraiche.
Il cristianesimo si collocò subito come monoteista, ma che senso aveva professarsi monoteisti se si
affermava l’esistenza delle 3 persone?...
Il monoteismo era in polemica con il politeismo greco/romano.
Ario è un subordinzionista: negava la natura divina di Cristo: il figlio non è Dio, ma un uomo amato
da Dio, eccelso, ma pur sempre uomo e non Dio.
Ripercorreva quelle domande nel monoteismo annunciato a caro prezzo durante 250 anni, e nella
cultura greca; il mondo ellenistico non si poneva queste domande, così anche l’idea di immortalità
che nel mondo semitico non c’è: corpo e anima sono uno, se uno dei due viene meno, si finisce
nello Sheol.
23.10.08
Siamo quindi in un periodo in cui i cristiani venivano uccisi perché dichiaravano di essere
monoteisti e si rifiutavano di offrire sacrifici agli dei e all’imperatore.
Nasce allora l’interrogativo: cosa vuol dire che Gesù è il Figlio di Dio? I cristiani affermavano che
era Dio anche Lui, il problema era inquadrare questa cosa nel monoteismo. (NB questa è l’accusa
che l’islam avanza ancora oggi nei confronti dei cristiani).
Gesù era uguale o solo simile al Padre o a Lui subordinato?
Ario sosteneva che il fatto di essere Figlio di Dio non fa di Gesù una divinità; e ragionando sulla
missione dal Padre, parlava di una subordinazione dell’uomo Gesù nei confronti del Padre.
IL CONCILIO
Questo creava divisione e polemiche, tanto che Costantino (che si dichiarava vescovo di quelli di
fuori) vide nella vivacità del dibattito una minaccia per la pace sociale nell’impero romano (che già
stava scricchiolando), e decise di convocare un concilio (una tradizione già presente nell’impero da
almeno 250 anni!), convoca cioè i responsabili delle chiese (diocesi). Lo convoca autonomamente
in quanto imperatore ; senza interventi esterni: è una sua preoccupazione di tipo politico.
Le modalità con cui convoca il concilio di Nicea sono le stesse norme procedurali del senato di
Roma (i vescovi vengono equiparati ai senatori). Le sedute del concilio si tennero nel palazzo
imperiale di Nicea (Costantinopoli, oggi sobborgo di Istambul).
L’imperatore era presente ma non era il presidente del consiglio, non aveva neanche il voto.
Presiedeva il vescovo Osio di Cordoba (spagnolo) che era il consigliere per gli affari ecclesiastici di
Costantino.
I padri conciliari presenti erano circa 200; erano tutti vescovi, mentre in altri concili ci sono stati
imperatori, rappresentanti di comuni e altri, ma negli scritti posteriori venne scritto che erano 318 a
causa del numero biblico che in Gen 14,14 indicava i servi di Abramo.
Non fu presente il vescovo di Roma, ma fu rappresentato da mandati, i presenti provenivano da tutte
le chiese, ma principalmente dalla parte orientale; i vescovi occidentali non erano più di 7/8.
Sul piano teologico, l’imperatore spinse perché passasse la formula della stessa divinità per il Padre
e per il Figlio. Il problema era quello di far passare il concetto che volevano esprimere del mistero
di Cristo con strutture lessicali e di pensiero tipiche di quel periodo; usarono allora un termine non
biblico: “homousia”= stessa sostanza=consustanzialità.
Decisioni del concilio:
- Affermazione della divinità di Cristo
- Condanna di Ario che viene scomunicato e esiliato

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- Disposizioni disciplinari (ad esempio al numero 12 si dice che durante la Messa non ci si
inginocchia perché siamo figli di Dio e non servi
La vicenda di Ario però non finì nel concilio di Nicea; aveva un forte numero di sostenitori
nell’impero: Costantino non avrebbe convocato il concilio se la posizione di Ario non fosse stata
sostenuta da molti, perché non ci sarebbe stato pericolo.
Dopo la scomparsa di Costantino l’imperatore successivo (Costante) si proclamò ariano e
perseguitò i niceni tra cui anche Eusebio di Vercelli, che andò in esilio in Palestina insieme a
Lucifero, vescovo di Cagliari (la madonna nera di Oropa è stata portata da lì). Eusebio là conobbe il
monachesimo e si portò quello stile di vita anche qui, e ogni tanto andava a fare l’eremita proprio a
Oropa.
L’altro aspetto dell’arianesimo che lo diffuse in Europa fu che i sostenitori delle tesi teologiche che
vengono sconfitte, vengono spinti verso i confini orientali del’impero. L’ambiguità dei primi concili
fu che bisognava tenere separato il piano teologico da quello politico che vista la presenza
dell’imperatore era difficile da fare.
Gli oppositori delle tesi teologiche decise erano in pratica oppositori dell’imperatore.
Il vescovo Ulfila, che tradusse la Bibbia nelle lingue germaniche, era ariano: Vandali, Goti, Unni,
Visigoti, quando vengono in Italia sono cristiani, ma ariani, a causa della spinta degli ariani ai
margini dell’impero, che entrarono in contatto con i popoli germanici.
200 anni dopo anche i longobardi sono ariani, si convertono al cristianesimo non ariano con la
regina Teodolinda
30.10.08
ATTI DEL CONCILIO
Ci sono due tipi di atti sul concilio di Nicea:
1) Il DECRETO FINALE, approvato dal concilio, è quello che oggi chiamiamo SIMBOLO
NICENO, ma al tempo era detto anche PROFESSIONE di FEDE dei 318 padri;
2) Le raccolte di norme a carattere disciplinare; i CANONI

1) Dichiarazione che il Figlio ha la stessa sostanza del Padre, è cioè consustanziale: è un Dio che
viene da Dio come la luce dalla luce.
Dogmi= sono da credere come verità di fede.
Si dice di credere nello Spirito Santo, ma non che è consustanziale al Padre. Nei 50 anni che
intercorrono tra il concilio di Nicea e il Costantinopolitano I, grazie ai padri cappádoci (Basilio di
Cesarea, Gregorio di Nissa e Gregorio Nazianzieno) si inizia a dire che anche lo Spirito Santo è
consustanziale al Padre e al Figlio.

2) i CANONI: sono 20, servono a dare direttive su alcuni problemi disciplinari che sorgono in
questi anni

- Un battezzato non può essere ammesso subito al sacerdozio


- I sacerdoti devono avere una certa preparazione e un minimo di formazione
- Si devono tenere i sinodi due volte l’anno
- I sacerdoti non possono avere amanti e concubine, ma possono sposarsi (fino all’XI sec)
- Sui lapsi (coloro che avevano abiurato) il concilio tiene una posizione rigida: non possono
diventare preti o prendere i voti, anche se possono ritornare nella comunità
- I chierici non possono prestare denaro a usura (prestito con alti interessi)
- Quando uno diventa prete, deve essere ordinato in una Chiesa e incardinato in una Diocesi;
ogni sacerdote quindi, è legato alla chiesa in cui avviene l’ordinazione
- Le preghiere a Dio si fanno in piedi (perché noi siamo figli di Dio e non schiavi) il salto di
gestualità del concilio di Nicea corrisponde ad un salto di teologia: c’è il passaggio epocale
da una forma mentis ad una totalmente diversa.
(la preghiera con le mani giunte è una eredità medievale: il vassallo giurava fedeltà al signore
inginocchiandosi e mettendo le mani giunte  Dio = signore feudale + angeli guerrieri con la

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spada… L’idea che si ha di Dio è fondamentale per l’ecclesiologia.)
Nicea finisce nel 325, il concilio Costantinopolitano I è del 381 (poco più di 50 anni dopo). Ancora
negli anni 60 il concilio di Nicea e le sue affermazioni erano ben lungi dall’essere state recepite; è
diverso ciò che viene espresso e deciso da ciò che viene effettivamente assimilato e recepito dalla
gente.
Nicea non ha avuto ricezioni unanimi anche per la diffusione dell’arianesimo.
Concilio Costantinopolitano I (381)
Nel 381 l’imperatore Teodosio promosse a Costantinopoli la convocazione di un nuovo concilio di
vescovi (che ancora sono per la maggior parte orientali: 120 vescovi delle diverse comunità sparse
intorno all’area del Mediterraneo).
Lo scopo con cui Teodosio convoca il concilio, è quello di condannare l’arianesimo e tutti quelli
che, rifiutando la cunstanzialità del Figlio, rifiutavano la cunstanzialità dello Spirito Santo, che per
costoro era una creatura del Figlio  Pneumátochi (dal greco: pneuma = spirito, soffio e matókos =
combattente, avversario) o Macedoniani (dal vescovo Macedonio di Costantinopoli dal 360);
secondo loro lo Spirito Santo è una realtà intermedia tra Dio e le creature.
Il concilio risolse il problema Dello Spirito Santo affermando che è consustanziale al Padre e, di
conseguenza, anche al Figlio.
La professione di fede che viene redatta dal nuovo concilio è simile a Nicea, la ricalca e aggiunge le
affermazioni sulla Chiesa: una, santa, cattolica (=universale) e apostolica (= fondata sull’autorità
degli apostoli); le affermazioni sul Battesimo, sulla resurrezione dei morti, sull’incarnazione di
Gesù, parla di Ponzio Pilato, e sullo Spirito Santo che procede dal Padre (questione del “filioque”);
non dice ancora che procede anche dal Figlio; si inizia a dirlo da Carlo Magno. Questo è detto
simbolo dei 150 padri.
Gli orientali dicono che sono dei “falsari”; ma gli occidentali Carolingi ribattono che non viene
modificato nulla perché se procede dal Padre, procede anche dal Figlio; (gli orientali dicono che è
vero, ma che il testo non lo dice).
Cambio del gesto della preghiera: mani aperte e alzate: cambio della visione di Dio e del mondo 
dal VOI al TU.

06.11.08
PRODOTTI DEL CONCILIO DI COSTANTINOPOLI
Nel concilio Costantinopolitano I è stata approvata una serie di Canoni (norme). Molte riguardano il
monachesmo, fenomeno crescente in Oriente dalla seconda metà del IV sec.
PIANO POLITICO
Fra i canoni approvati dal concilio ce n’è uno particolarmente importante dal punto di vista politico:
il canone 3 in cui prima volta la sede episcopale di Costantinopoli rivendica un ruolo privilegiato tra
le altre Chiese.
Le più grandi città dell’epoca erano: Roma, Costantinopoli, Gerusalemme, Alessandria d’Egitto e
Antiochia; le loro sedi episcopali, di conseguenza erano molto importanti.
Nel 318, come oggi, le sedi episcopali non erano tutte uguali, ma erano più o meno importanti in
base all’importanza delle città che le ospitavano. Quelle delle grandi città avevano dunque un peso
politico (non religioso) maggiore di quello degli episcopati delle città più piccole e meno
importanti. Dalle loro sedi episcopali dipendevano molti altri episcopati minori, ed è per questo che
vengono chiamate sedi episcopali metropolitane.
È una terminologia che è rimasta ancora oggi, perché vi sono sedi episcopali metropolitane che
fanno capo ad altre sedi vescovili proprie. Ad esempio Novara dipende dalla sede vescovile di
Vercelli (il vescovo di Vercelli è arcivescovo), anche se è rimasta legata alla sede di Milano fino al
1817 (S. Carlo Borromeo è della diocesi di Milano; oggi Cannobbio ha rito ambrosiano).
Si ebbe quindi la suddivisione della chiesa in 5 Sedi metropolitane (eptarchia); sottoposte alle quali
stavano altre sedi meno importanti, e si costituirono 5 patriarcati.
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È una distinzione geografica legata al quel tempo, ma che è rimasta ancora oggi nella parte orientale
che si riferisce ancora ai 5 patriarcati della Chiesa. Gli ortodossi quindi riconoscono ancor oggi
questa struttura e non riconoscono la giurisdizione universale del papa, che per loro non è altro che
il vescovo di Roma, Il patriarca di Roma, uguale al patriarca di Costantinopoli, di Antiochia...
Questa posizione rappresenta uno scoglio per il discorso ecumenico.
Ogni patriarca ha sulla sua sede potere giurisdizionale completo, ma non ha alcun potere sulle altre
sedi.
Canone 3 del concilio di Costantinopoli:
“la sede episcopale di Costantinopoli, riveste un ruolo privilegiato tra le chiese subito dopo la
chiesa di Roma.”
Si è sempre riconosciuto una specie di primato di tipo morale della sede di Roma che veniva sempre
interpellata a livello teologico per avere pareri, risolvere discussioni (NB: non politico
giurisdizionale).
Perchè Costantinopoli si fa approvare questa dichiarazione di posto d'onore? non per essere contro
Roma, ma contro Alessandria d'Egitto, e contro Antiochia: città ricche e forti sul piano civile,
economico, politico e in contraddizione tra loro. Si nota in questi passaggi la commistione tra il
piano religioso e quello politico: la rivendicazione non è a livello religioso, ma è una dichiarazione
di superiorità economica e politica. È l'inizio del fenomeno del Cesaropapismo: sottomissione del
potere religioso all'autorità politica. Un’altra motivazione che spiega l'atteggiamento di
Costantinopoli è questa: perchè subito dopo Roma? Costantinopoli è la nuova Roma! E rivendica
un ruolo subito dopo l'antica Roma (Costantino, Teodosio e figli: separazione della parte orientale e
occidentale dell'impero...).
Più tardi 1300 anni più tardi, ci fu uno zar moscovita: (Pietro il Grande) che costruì l'attuale San
Pietroburgo, vero iniziatore dell'impero russo, creò capitale dell'impero russo Mosca, ma diede ai re
e sovrani della Russia un titolo molto significativo: Zar=Caesar (titolo che c'era già, ma lui lo
sanziona...) ma andò oltre: come c'è stata una prima Roma, e una seconda Roma=Costantinopoli,
ora c'è una nuova Roma: Mosca= nascita del nuovo patriarcato: patriarcato ortodosso di Mosca= il
più problematico nel dialogo ecumenico.
Il canone 3 introduceva il criterio dell'importanza politica della città per stabilire l'importanza dei
relativi vescovi. È un canone la cui importanza ha avuto una ricaduta storica molto importante.
PIANO TEOLOGICO
Tornando sul piano più religioso/teologico: controversia Ariana, quella sulla divinità dello SS;
questa grande riflessione teologica piena di controversie (controversie trinitarie) sollecitarono
ulteriori riflessioni soprattutto delle due principali scuole catechetiche dell'impero romano del
quarto secolo (Centri di elaborazione teologica. Tipo facoltà di teologia; forse qualcosa di più; di
alto livello; non sono le classi di catechismo) che accanto all'insegnamento teologico, nel corso dei
decenni, proprio perchè certe caratteristiche teologiche venivano sviluppate in particolar modo; due
in particolare assunsero molto rilievo, diventando i due maggiori centri di riflessione teologica del
tempo: Antiochia e Alessandria (nata e avviata prima del 313, ancora nel periodo delle persecuzioni
(uno dei grandi maestri era Origene) Con caratteristiche diverse e a volte contrastanti tra loro.
Ciò che si andava affermando investì anche questi due centri: dopo aver definito che Gesù è Dio e
Che lo Spirito Santo è Dio, non basta mica! Siamo in un processo in cui i cristiani tentano di capire
razionalmente in cosa credono: in primis credono nel messaggio di Gesù, ma chi è Gesù? E che
rapporti ha con il Padre? E lo Spirito Santo chi è? È vero che Gesù è Figlio di Dio e Dio anche lui,
però era anche uomo; è innegabile, l'hanno visto tutti!
Che rapporto c'è nell'essere Dio e Uomo? Cosa vedo? L'uomo o Dio? Qual è il rapporto tra il divino
e l'umano che stanno in una persona sola?

Nucleo delle risposte:


Alessandrini: inaugurando un metodo di ricerca; una linea di riflessione teologica che avrebbe
sempre privilegiato la parte spirituale; la divinità di Cristo; non ne negavano l'umanità, ma
dicevano: quello che conta è la sua natura divina! La natura divina compenetra quella umana come

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fa il fuoco in un carbone ardente (fuoco e carbone sono talmente compenetrati che non si possono
distinguere... quasi a trasformare il pezzo di carbone originario)
Antiochia: si muove su una linea diversa: le categorie culturale di quella scuola erano diverse da
quelle alessandrine! Sottolineavano soprattutto l'umanità di Cristo; non ne negano nemmeno loro la
divinità, ma le due correnti di pensiero tentano di sottolineare maggiormente o l'umanità, o la
divinità. Immagine: il Verbo abita nell'uomo Gesù come in un tempio. secondo loro si può più
facilmente distinguere il Verbo dal tempio.

Nei primi decenni del secolo successivo, progressivamente, queste due posizioni andarono
divaricandosi (il problema politico era quella della lidership dei due patriarcati... NB: questi
problemi non sono mai né solo a livello teologico, né solamente politico; se tentassimo di vederli in
questo modo non capiremmo nulla della storia della Chiesa. Dopo la rivoluzione francese che ha
separato i due piani, il religioso e il civile, noi ci siamo abituati a ragionare separando questi due
aspetti, ma non è sempre stato così.
Iniziò tra le due scuole una controversia che toccò anche un campo diverso: i titoli da attribuire alla
Vergine Maria. Secondo la cristologia alessanrina Theotocos=mater Dei=madre di Dio (del Dio
Gesù)
secondo gli antiocheni: madre di Cristo=Cristotocos (dell'uomo Gesù); questa posizione fu fatta
propria da un vescovo di costantinopoli dal 428 sulla sede costantinopolitana Nestorio; suscitando
l'opposizione degli alessandrini; esposta proprio dal vescovo di Alessandria: Cirillo di Alessandria,
il quale si rivolge a Roma, il papa convoca il Sinodo nel 430 che condanna Nestorio; il conflitto
andò generalizzandosi, Concilio, anticoncilio, condanna, ammazzarono uno a bastonate nel concilio
e contribuì a diffondere il cristianesimo al di là dei confini orientali dell'impero, fino alla
mesopotamia, attuale Iraq, dove evangelizzarono la zona con comunità (nestoriani; oggi caldei) che
hanno avuto esponenti conosciuti tipo Tareq Azziz.

13.11.08
CONDANNA DI NESTORIO: LE DUE NATURE DI CRISTO
La condanna di Nestorio finì per provocare reazioni di conflitto sul piano teologico circa la natura
umana; ma sotteso al dibattito teologico vi era un conflitto di natura politica.
La discussione sul piano teologico andò generalizzandosi e si complicò ulteriormente per la
terminologia usata. Siamo nel V sec; le culture iniziano a differenziarsi da quella ellenistica per
aspetti e mentalità. La terminologia è diversa e non chiarita a sufficienza, ad esempio Cirillo e la
scuola di Alessandria usavano il termine greco “natura” sia nel senso di natura (umana e divina) sia
nel senso di persona; Nestorio invece, e la scuola antiochena, parlavano di persona in termini di
“volto”, che per Cirillo e gli alessandrini aveva un significato diverso! Nestorio riteneva che gli
alessandrini, con la loro terminologia, affermassero che Maria era madre di Dio e della divinità.
Nestorio accettava il termine di “Colei che ha ricevuto Dio”; Maria come madre di Cristo e non di
Dio, perché Maria è umana.
I due avversari, Cirillo e Nestorio, non erano tanto dissimili nelle loro strutture mentali,
metodologiche e terminologiche; dicevano cose piuttosto simili, anche se le esprimevano con
termini diversi.
Il “dramma di Efeso” fu che c’erano differenze, ma non così contrapposte come appariva ai
partecipanti. Fu un grande equivoco terminologico.

Concilio di Efeso (431)


Venne indetto dall’imperatore Teodosio II con l’intento di sentire le diverse posizioni; furono anche
invitati il vescovo di Roma (che non andò, ma mandò degli ambasciatori) e il vescovo di Ippona (S.
Agostino) che morì prima di parteciparvi
I vescovi alessandrini, che erano arrivati prima perché erano i più vicini, il 22 giugno del 431
aprirono il concilio senza aspettare gli altri (in qualche maniera col favore dell'imperatore, istigati
da Cirillo di Alessandria) mancavano gli antiocheni (gli oppositori), e anche il mandato di Roma.

8
L'atmosfera era già turbolenta, perchè Nestorio avvertì che l'assemblea conciliare gli era ostile e
preferì non andare al concilio, per ragioni di salvaguardia fisica!
Cirillo chiese e ottenne la condanna di Nestorio, sottoscritta dai 197 vescovi presenti, nel primo
giorno del concilio (che non era ancora ufficialmente aperto!). I legati del papa quando arrivarono
sottoscrissero la condanna anche loro anche se con un po' di incertezza: le posizioni di Nestorio
erano già state condannate nel sinodo romano del 430; Nestorio fu deposto da vescovo di
Costantinopoli e i suoi sostenitori furono deportati ai confini nord orientali dell'impero verso Edessa
e la Persia (regione dell'attuale Iran) e si stanziarono in parte all'interno dei confini dell'impero e in
parte appena al di là; il loro allontanamento (come per gli ariani), favorì da parte loro un'intensa
azione missionaria verso oriente che nel giro di diversi anni li portò lontano: furono i veri
evangelizzatori della Mesopotamia (Iraq, caldei).
Il modo in cui si è svolto il concilio di Efeso, non è stato corretto, tanto è vero che la polemica da
parte dei nestoriani continuò molto vigorosa, e negli anni successivi, sotto le continue polemiche
degli antiocheni, ad Alessandria si diffuse come reazione, un orientamento che tendeva a
privilegiare nella figura di Cristo, la dimensione divina, affermando che in Cristo vi è un'unica
natura, quella divina che aveva assorbito quella umana: monofisismo da phisis=natura.
Diosforo di Alessandria, succeduto a Cirillo nel patriarcato e Eutiche, patriarca di Costantinopoli
(monaco) affermarono che Cristo possedeva soltanto la natura divina, almeno in forma prevalente.
Il corpo di Cristo per Eutiche, non era consustanziale al nostro, non era della stessa natura di quello
che abbiamo noi; venne condannato da un sinodo riunito a Costantinopoli nel 448; ricorre a papa
Leone I. (NB: problema teologico: chiamo Roma.) A Roma ci si rende conto che questa volta il
problema tocca il fondamento importante della fede, se Cristo non si è incarnato, e non era uomo,
non era morto, se non è morto non è resuscitato, se non è resuscitato, è vana la nostra fede! (cfr
Paolo) e per la prima volta la sede romana decide di occuparsene personalmente; interviene
scrivendo una lettera al patriarca, conosciuta con il titolo di (Flaviano era il nuovo patriarca) Tomus
ad Flaviano (una lettera corposa; è un trattato) particolarmente importante perché in esso il papa
distingueva la natura (sostanza o essenza) dalla persona e affermava l'esistenza di due nature (cioè
due sostanze: quella divina e quella umana) in un'unica persona; e conclude dicendo che esistono
due nature in un'unica persona, che è quella di Cristo, cioè quella del Verbo. Per risolvere tutto
questo problema che continuava a dividere, l'imperatore convoca nel 449 un altro concilio sempre e
Efeso, l'assemblea conciliare si riunisce; Cirillo non c'è più c'è Dioscoro, che sostiene le tesi di
Eutiche; non permise di leggere il tomus ad Flavianum dove si esponeva la critica ad Eutiche, ma
anzi fece condannare Flaviano, riaffermando la dottrina di Efeso, riletta però in chiave monofisita; e
poiché Flaviano protestò, Dioscoro sobillò i vescovi orientali, i quali passarono sul corpo di
Flaviano, che morì poco dopo per le ferite subite nel concilio. Questo secondo concilio di Efeso non
viene riconosciuto come un concilio, ma anzi viene chiamato nella storia della chiesa, con un nome
con il quale il papa Leone primo, quando gli riferirono l'accaduto, l'aveva chiamato: il brigantaggio
di Efeso (Latrocinum Efesi). Eutiche aveva vinto grazie all'appoggio indiretto dell'imperatore
Teodosio secondo, ma finito il brigantaggio Teodosio muore; venne eletto Marciano, che cercò
subito l'accordo col vescovo di Roma e convocò poco dopo un nuovo concilio a Calcedonia (uno
dei concili chiave dell'antichità) aperto nel 451 e segnò la prima volta in cui Roma in un'assemblea
conciliare prendeva un'iniziativa sia politica, sia dottrinale.
20.11.08

Concilio di Calcedonia (449)


Per la prima volta c’è una decisione politica del papa; il vescovo di Roma convince il nuovo
imperatore, Marciano, a convocare un nuovo concilio. Questo non era semplice soprattutto dal
punto di vista organizzativo, per i viaggi, la logistica… si riprese la procedura di Nicea con
l’organizzazione romana e senatoria.
Questo concilio si riunì in una chiesa e non nel palazzo imperiale e fu presieduto dal papa e non
dall’imperatore.
A questo concilio parteciparono 500 o 600 vescovi, di cui l’8/10% erano occidentali (come nei

9
vecchi concili)
TEMI
1) condanna del “brigantaggio di Efeso”: assemblea dichiarata non valida, non conciliare, non
ecumenica.
2) Riabilitazione della memoria di Flaviano
3) Il tomo di Flaviano costituì la base dottrinale per la discussione di questo concilio
4) Si arriva a stilare un testo con una nuova professione di fede  il concilio definì tre concetti
fondamentali: Natura, Persona e Ipostasi
Si afferma che la divinità e l’umanità di Cristo sono inscindibili e si afferma la salvaguardia della
sua individualità: unica persona con due nature.
Calcedonia ha richiesto due secoli e mezzo di dibattiti cristologici: da Ario in poi la domanda
fondamentale è stata: chi è Cristo?
Nonostante la partecipazione ampia, un bel po’ di vescovi non furono presenti, di cui alcuni
sostennero di non essere stati invitati, altri di non saperne nulla, altri che non si voleva che
intervenissero.
Dopo il concilio di Calcedonia di ebbero due tipi di chiese:
a) Chiese Calcidonesi = che accettano le due nature di Cristo
b) Chiese non Calcidonesi (Nestoriane dell’Iraq, Monofisite di area mediorientale)
RECEZIONE DEL CONCILIO
Il concilio sancì che il patriarcato di Costantinopoli avesse un’autorità speciale in oriente, su
Antiochia, Alessandria d’Egitto e Gerusalemme, e che estendesse la sua autorità sul Ponto Eusino
(Mar Nero) fino alla Tracia (Tra la Turchia e la Bulgaria). Decisione approvata nonostante il voto
contrario dei legati del papa. Questa decisione pose il confine tra occidente e oriente (fra l’impero
bizantino e il più tardo sacro romano impero). La divisione della penisola balcanica, definisce il
confine tra due mondi culturali diversi: a sud gli ortodossi, e a nord i cattolici.
Un altro tema del concilio fu il principio di adattamento: l’autorità, in ambito ecclesiastico poteva
essere dedotta solo dall’autorità in ambito politico (premesse del cesaropapismo) Principio non
condiviso dal papa per il criterio dell’apostolicità, dava la sottomissione del potere religioso a
quello politico/imperiale, tipico delle chiese orientali.
CANONI
Furono formulati 27 canoni di carattere disciplinare; sono formulati in negativo, testimonianza
storica dei “mali” esistenti (ad esempio, se dico no agli usurai, è perché gli usurai ci sono)
- Canone 6: nessun chierico può essere ordinato se non per la Chiesa (ogni sacerdote deve essere
incardinato in una comunità ecclesiastica locale)
- Chi appartiene al sacerdozio non può unirsi in matrimonio a donne eretiche
- Non si ordini diacono una donna prima dei 40 anni (età sinodale) e non senza diligente esame 
se contrae matrimonio dev’essere scomunicata con il marito
- Le vergini consacrate non devono sposarsi
- i monasteri non devono diventare degli alberghi
- non si deve usare violenza a una donna per scopo di matrimonio; non vi devono partecipare preti o
monaci
- ogni vescovo abbia un economo per amministrare i beni della diocesi
- i monaci devono essere sottoposti all’autorità del vescovo  problema per le Chiese orientali
(sono numerosi i canoni sul monachesimo, i monaci e il monastero). Siamo nel V secolo: è un
fenomeno ormai diffuso.
PROBLEMA SULLA RICEZIONE DELLA DOTTRINA DI CALCEDONIA
Divisione chiese calcidonesi, e non calcidonesi; ricezione molto complessa, faticosa e lenta.
A Calcedonia, l’opposizione monofisita (credono nella natura divina di Cristo) non fu convinta; la
rivalità tra Alessandria d’Egitto e Costantinopoli è sempre maggiore; separatismo crescente: gioca
un ruolo determinante nella recezione del concilio.
L’epicentro della rivolta fu lì Egitto (da cui poi deriveranno i Copti = storpiatura del termine greco
per “egiziani”) e Alessandria (eredi del monofisismo alessandrino) dove diversi gruppi di persone

10
(in Palestina e nell’attuale Libano) erano a favore di Calcedonia, e vengono detti dai Copti:
Imperiali o Melchiti (dottrina sostenuta dall’imperatore) che sono un gruppo di cristiani che
accettarono da subito la dottrina calcedoniese.
I due piani: teologico e politico, si sovrappongono molte volte in questi periodi.

27.11.08
CHIESE NON CALCEDONESI
Ci sono ancora oggi delle chiese che si dichiarano non calcidonesi (spiegano dicendo che a
Calcedonia non vennero invitati, non perché contrari e oppositori).
Chiesa copto-ortodossa (Egitto) (ci sono anche i Copti-cattolici, in comunione con Roma, ma
mantengono un loro rito, quello del 4° 5° secolo. ) di confessione monofisita. Fino alla metà del 5°
secolo apparteneva all'area bizantina, alla chiesa imperiale, circa 100 anni dopo Calcedonia, si
organizzò contro il concilio e ruppe con la Chiesa imperiale: si staccò da Costantinopoli; partendo
dal 7/8 secolo, quell'area venne conquistata dall'islam, ma questa fu una chiesa che mantenne le sue
strutture istituzionali anche sotto la dominazione islamica. Nei primi due secoli e mezzo del
dominio islamico fu un periodo di relativa tolleranza nei confronti di confessioni religiose non
islamiche, non facevano pagare le tasse a coloro che si convertivano, ma permettevano a ciascuno
di professare la propria religione (pagandole tasse) (copto= abbreviazione del termine greco per
“egiziano”). In questi tempi la chiesa copta produsse una grande letteratura in lingua araba. Questa
chiesa copto-ortodossa rimase senza contatti né con costantinopoli, né con antiochia, rimase isolata;
la riscoperta di questi copti, fu di Napoleone, nella spedizione in Egitto, che permise a questa
comunità di entrare in contatto con la modernità europea. Negli anni 60/70 i Copti sono stati
soggetto (e lo sono tutt'ora) di una crescente opposizione islamica.
Chiesa etiopica: fino al 1974 la casa regnante si considerava discendente di Salomone
Chiesa nestoriana: fondata da gruppi di nestoriani dopo il concilio di Efeso (zona della
Mesopotamia, attuale Iraq) detta anche chiesa Caldea.
Svolse un’intensa attività missionaria in direzione dell’India e della Cina. Una crisi di questa chiesa
fu causata dall’invasione mongola nella metà del 300.
Il loro patriarca si chiama “católicos”, le comunità però sono disperse in Iraq, Iran, Russia, India,
Siria e Stati Uniti ( a causa dell’emigrazione dal Medioriente tra ‘800 e ‘900) il católicos della
comunità nestoriana dell’USA risiede a Chicago.
I caldei emigrati in USA si rivoltarono contro il loro católicos perché voleva adattare la comunità al
calendario gregoriano.
Chiesa Armena: dal III secolo, prima dell’editto di Costantino. Nel secolo VI, dopo Calcedonia
abbandonò il calcedonismo e si riconobbe nel monofisismo, provocando quindi la rottura con la
chiesa della Georgia. Nel 1439, poco prima che Maometto II conquistasse Costantinopoli, in
coincidenza con il Concilio di Ferrara-Firenze, arrivò un gruppo di ortodossi che chiesero di porre
fine allo scisma del 1504. Allora i cattolici tirarono fuori il problema del “Filioque”. Avevano
ragione entrambi i padri conciliari, sia quelli orientali, che quelli occidentali.
Un altro problema era quello del purgatorio; ma si arrivò ad un decreto di unione nel quale nessuno
credeva realmente, fatto perché si temeva la conquista dei musulmani.
Dopo la conquista di Costantinopoli i Greci tornarono in Occidente e si inizia a studiare il greco e si
scoprono testi neo-platonici e di Aristotele in greco.
Il decreto di unione fu accettato dalla chiesa armena. Nel 1700 una parte della chiesa armena si
divise, dando vita alla chiesa cattolica armena.
Chiesa dei cristiani di san Tommaso: comunità che vivevano sulle coste indiane nord-occidentali
(stato del Malabar). Facevano risalire la loro origine all’apostolo Tommaso: nella “Legenda aurea”
di Jacopo da Varazze, Tommaso era un architetto che incontra Cristo risorto che gli dice:
“Tommaso, ho promesso al re dell’India che andrai ad evangelizzare il suo paese”.
Ancora nel 1498, quando i portoghesi arrivarono in India, a Ghoa, incontrarono i cristiani, che però
erano nestoriani; i portoghesi fecero la cosiddetta “latinizzazione”, scegliendo il loro vescovi.
Alcuni cristiani indiani di s. Tommaso accettarono, altri no.

11
Chiesa siro-ortodossa (della Siria dell’antichità: nord della Palestina, più Siria attuale, più regione
attorno, diversa dalla Siria odierna) o Giacobita (dal nome del suo organizzatore, vescovo di
Odessa, Giacomo Baradai, della metà del VI secolo.
La chiesa siriaca occidentale è diversa da quella orientale, che è invece nestoriana. Mantenne la
propria identità cristiana e la propria struttura organizzativa ininterrottamente, fino ad oggi (circa un
milione di fedeli). Nel 1700 un gruppo di giacobiti di Malabar (India nord-occidentale) si unì ad
essa, e si ebbe quindi un’espansione fino alle coste indiane.
04.12.08
Maroniti: prendono il nome da un monaco (Marone) (sono cristiani libanesi) del quarto secolo;
hanno una storia di resistenza (anche con l'uso delle armi; non era un paese diverso da quello che è
adesso: etnie diverse e religioni diverse). Il monastero eretto in memoria di Marone, fu famoso per
le resistenze contro i monofisiti siriani; nel 1184 la chiesa Maronita si aggregò alla chiesa di Roma
(è anche una forma di garanzia... un po' strategica...) (si formò come chiesa autonoma; si
costituiscono attorno a questo monastero e trovano la loro identità e la loro organizzazione
autonoma nella lotta contro i monofisiti siriani, erano calcedonesi, ma si strutturano come chiesa
perché hanno quel problema. E nell'essere calcedonesi accentuano la loro identità.) Roma non fu
generosissima con i Maroniti: tentò a più riprese, soprattutto con papa Leone 13 cercò una
latinizzazione della chiesa Maronita, con strutturazione propria della chiesa romana, ma i maroniti,
pur nella fedeltà a Roma, seppero sempre mantenere una loro identità, tanto che anche nel vat2
erano ancora facilmente riconoscibili.

Concilio di Costantinopoli II (553)


Patriarcato di Costantinopoli, politica religiosa degli imperatori bizantini, abbiamo visto che
Calcedonia non solo segnò un momento complicato di divisioni in oriente, ma anche al centro
dell'impero creò un po' di problemi, soprattutto perché verso la fine del 400 alcuni imperatori
cominciarono a preoccuparsi dal punto di vista politico dal continuo distacco dei gruppi che per
divergenze teologiche che si trasformavano in divergenze politiche, erano stati confinati alle
frontiere orientali dell'impero. Sullo sfondo rimanevano gli attriti tra Costantinopoli e Alessandria
(centro del monofisismo). Alcuni imperatori presero posizioni che andavano in direzione
dell'unione emanando Henoticon (decreti di unione); aveva incominciato Zenone, ma non aveva
avuto molto effetto. In contemporanea in Italia, all'inizio del 500 c'era S. Benedetto. Un sinodo di
Antiochia, istigato dal potere imperiale, ritenne di condannare come nestoriani gli scritti di alcuni
autorevoli teologi: Teodoro , Teodoreto e Iba. Erano già stati condannati durante un conciliabolo (il
brigantaggio di Efeso, e riabilitati da Calcedonia) che vengono chiamati i tre capitoli (da caput= tre
fondamenti). Nel 543, in un momento di particolari tensioni politiche all'interno della struttura
imperiale di Bisanzio, un imperatore molto noto: Giustiniano (che iniziò la guerra greco-gota) che
avvertì il pericolo dell'allontanamento di quei gruppi, e pubblica un Henoticon, e per recuperare i
gruppi monofisiti, in questo suo decreto, contiene una condanna contro gli scritti dei tre capitoli. La
condanna fu respinta dai sostenitori di Calcedonia che dicevano che era irrispettosa nei confronti del
concilio che li aveva riabilitati, e anche dai gruppi monofisiti, che capirono la mossa dell'imperatore
per riagganciarli, ma Giustiniano, di fronte a queste critiche, approfittando di situazioni molto
problematiche all'interno della chiesa bizantina, convocò un concilio a Costantinopoli: il
Costantinopolitano secondo. Gli atti del concilio andarono persi, quindi, non sappiamo nulla. Ma
noi sappiamo che Giustiniano sostenne un atto solenne della condanna dei tre capitoli. Un altro
motivo per la convocazione del concilio era stata anche la dissidenza dei monaci del deserto,
contrari all'imperatore e fautori della teologia di un celebre padre della chiesa Origene, che
sosteneva che l'inferno era vuoto e non era eterno; fu condannato dal concilio (NB: era morto da un
pezzo...) e Giustiniano ordinò il rogo degli scritti di Origene, cose originali quindi non ne abbiamo
più, abbiamo traduzioni, e sintesi...

Concilio di Costantinopoli III (680)


12
Tra il concilio costantinopolitano secondo e il successivo: il costantinopolitano terzo passarono 130
anni, avvennero sul piano politico eventi di particolare importanza:
- il primo, (cercate sul libro di storia la storia di questi due secoli) avanzata dei persiani in Siria e
Palestina (nb abitavano nella regione che oggi si chiama Iran),
- l'avanzata degli arabi (Maometto muore nel 632, 80 anni dopo il concilio costantinopolitano terzo)
che occuparono Antiochia nel 637 e poi Gerusalemme nel 642. L'occupazione di due dei patriarcati
orientali, mise in crisi alcune delle regioni più feconde del cristianesimo delle origini, e d'altra parte
la loro perdita, modificò sostanzialmente il rapporto di forza all'interno della chiesa imperiale:
Costantinopoli si era liberata dei suoi due più ostinati avversari. Tutte queste vicende, persiani e
arabi, all'inizio dell'ottavo secolo (700) riaprirono la questione monofisita, ma non perché si
rimisero a discutere se aveva due nature o una, non su piano teologico, ma dal tentativo continuo
che gli imperatori di Costantinopoli fanno per recuperare su piano politico i gruppi. Tentativi di
pacificazione. La prima iniziativa è quella dell'imperatore Eraclio (primi anni del 700). i persiani
erano arrivati nei territori bizantini, avevano conquistato la zona della Siria, Gerusalemme, la zona
dell'attuale Palestina e costituivano una minaccia, lui si ripropone di ricostituire l'unità politica,
sconfigge i persiani nel 718, ma anche sul versante interno, si adoperò per reinstaurare la pace
religiosa attraverso il tentativo di recupero dei gruppi monifisiti dei confini; proprio un tentativo di
unione emanata da Eraclio, diede origine ad una grossa controversia: Monenergita-monoteita (dal
greco: Energheia= modo di operare della volontà- telema=facoltà di volere) Eraclio, sostenne che:
Calcedonia, a cui era fedele sosteneva che vi erano due nature in una sola persona, però c'era una
sola energia e una sola facoltà di volere....(che era quella divina, parziale riconoscimento delle
teorie monofisite)

11.12.08
La questione al centro di questa controversia voluta per unificare era se si potesse o meno parlare di
una sola volontà nella persona di Cristo. Nonostante il tentativo fallì, fu causa nei tempi successivi,
di persecuzioni. Uno dei maggiori perseguitati per difendere le due volontà, fu Massimo il
confessore; figura della quale varrebbe la pena approfondire qualcosa. A Roma la questione non
sollevò molto interesse, solo molto lentamente a Roma ci si rese conto che la posta in gioco era una
questione dottrinale che metteva in discussione proprio la dottrina di Calcedonia, che era stata
portata avanti soprattutto dal vescovo di Roma; non avevano la sottigliezza e le strutture mentali del
mondo bizantino; all'inizio non fu nemmeno compresa bene, e di conseguenza, a Roma, il papa
Onorio (pontefice nel 634) approvò il monotelismo; solo una quindicina di anni dopo nel 649,
quando anche ai teologi Romani la questione si era presentata nella sua vera natura, Martino primo
condannò definitivamente il monotelismo e il monoenergismo, e anche nel 680/681 nel
costantinopolitano terzo.
Lo stesso costantinopolitano terzo, scomunicò una serie di persone appartenenti al monoteismo; fra
questi ci fu citato per nome anche papa Onorio. La questione di papa Onorio non finì col concilio,
ma fu ripresa nel 1500 ai tempi della riforma protestante, nella polemica contro i romani, ma
soprattutto nel Vaticano I 1869-1870, non fu mai dichiarato chiuso, a causa della presa di Roma.
Quando Gi aovanni XXIII annunciò il Vaticano II, venne la questione: è il Vaticano II o la
continuazione del Vaticano I? Lui disse che era il secondo, e non centrava niente con il primo.
(tanto che lo voleva fare a Ostia...).
Vat1 fu caratterizzato da un problema di fondo: quella dell'infallibilità del papa. La minoranza
contraria portò l'esempio della condanna di papa Onorio. Sull'obiezione però si passò sopra; fu
risposto che il concilio si apprestava a dibattere su quando il pontefice parlava ex cattedra, in
quell'occasione, non aveva parlato ex cattedra.
Torniamo alla fine del 600 e l'inizio del secolo successivo. Il bacino del mediterraneo ha cambiato
volto rispetto al periodo di Giustiniano: sono comparsi gli arabi che con i califfi successori di
Maometto, erano in espansione verso ovest, cominciando da Palestina, Egitto e africa del nord. Per
la prima volta queste popolazioni erano fuori dalla sfera cristiana; da tutti gli aspetti del
cristianesimo. Erano islamici, avevano una religione nuova rispetto a tutte le sfaccettature del

13
cristianesimo; inizialmente pensarono fossero eretici; solo dopo qualche anno capirono che
facevano parte proprio di una religione diversa. Scomparsa della chiesa africana che era
particolarmente vivace...
A occidente invece da papa Gregorio Magno, la chiesa romana era particolarmente impegnata
nell'evangelizzazione delle popolazioni germaniche che erano appena entrate nei territori dell'antico
impero di Roma: Goti, Visigoti...
E mentre l'oriente soccombeva sotto l'invasione araba, dal punto di vista politico non cambiava
molto, ma Roma seppe impostare una direttiva diversa, al posto di scomunicarli, lo sforzo del
vescovo di Roma fu quello di integrare la cultura e il diritto romano, con quello delle popolazioni
che erano arrivate. Piano e progetto vittorioso durato due secoli: il papato riesce a fondere
l’elemento latino con quello germanico delle popolazioni arrivate.
(dipinto di Raffaello nelle stanze vaticane: incontro tra Attila e papa Leone Magno)  formazione
dell’Europa medievale attraverso questo processo di unificazione tra due visioni del mondo diverse:
quella latina e quella germanica.
Sul versante bizantino non ci fu nulla di simile: solo scontro e non confronto; posizioni di difesa
dell’impero bizantino e suo soccombere per molti secoli.
Processi paralleli e separati tra oriente e occidente dell’impero e diverse visioni del mondo e della
Chiesa.
18.12.09
CONQUISTA MUSULMANA A ORIENTE E BARBARI A OCCIDENTE
Il cristianesimo, dunque, perde Alessandria, Antiochia e Gerusalemme ad opera della conquista
musulmana. Per questo Costantinopoli si rafforzò, diventando l’unico centro della Chiesa bizantina.
Quello che era stato l’impero occidentale, con il patriarcato di Roma, vedeva una situazione diversa,
Erano, infatti, in corso le trasmigrazioni dei popoli barbari (Goti, Vandali, e diverse tribù
germaniche). Finita la grande ondata di trasmigrazioni germaniche, la parte occidentale dell’impero
si rafforzò, grazie ad un’intuizione che ebbe il papato (vedi riferimento a papa Gregorio Magno,
590-604); una scelta politica nei confronti dei popoli del nord. Mentre in Oriente ci si fronteggiava
solo sul piano militare, in Occidente, dato che le popolazioni germaniche erano ancora barbare o
convertite al cristianesimo ariano, c’era una base comune (cristiana) sulla quale il papato puntò
iniziando una paziente operazione di sintesi tra la cultura latina e quella germanica.
Il processo fu lento ma funzionò (dopo Carlo Magno) e creò i germi della cultura Europea.
Papa Gregorio Magno (590-604) è stato sicuramente uno tra i più grandi pontefici dell’età antica. A
cominciare da lui i pontefici ricorsero all’aiuto dei Franchi, il cui re Colodoveo, a metà del VI
secolo, si era convertito ed era stato battezzato ( di conseguenza si era convertito tutto il suo
popolo).
Questo rapporto sarà carico di conseguenze: il suo culmine sarà la nascita dello Stato della Chiesa
(patrimonio di San Pietro).
Saranno sempre i Franchi, nel 732, con Carlo Martello, che a Poitiers fermeranno i musulmani e di
conseguenza l’avanzata araba in Europa.
In Oriente, invece, gli arabi non saranno mai fermati; in realtà nel 751 papa Bonifacio (santo ed
evangelizzatore della Germania) consacrò a Scissons Pipino il Breve, re dei Franchi, con una
consacrazione che veniva dall’autorità più grande che c’era: il papato.
Intanto grazie ad un’iniziativa già presa da Gregorio Magno, si erano costituite le missioni inviate
da Roma in Irlanda, terra che non conosceva le città come caposaldo amministrativo de un
territorio. I vescovi irlandesi erano abati che risiedevano nei loro conventi. Dall’Irlanda arrivano
una serie di monaci missionari che percorrono l’Europa predicando (nuova evangelizzazione); vedi
anche Colombiano il Giovane.
Papa Gregorio mandò anche una missione in Gran Bretagna, composta da Bonifacio, il quale è
considerato il vero evangelizzatore della Germania, dove creò una rete di episcopati. Dopo di lui si
continuò nello stesso modo con una struttura sta---.
Lo scisma iniziò con la Bulgaria. Nel l’865 l’area fu occupata dagli Slavi come buona parte della
penisola balcanica. Tra loro c’erano anche i Bulgari e nello stesso anno, il principe bulgaro Boris,

14
stanziatosi là, si convertì al cristianesimo e venne battezzato da missionari bizantini; nella speranza
di allacciare rapporti migliori con la chiesa d’occidente chiede al papa di creare alcune sedi della
Bulgaria, ma la chiesa estende la sua giurisdizione sulla Chiesa di Costantinopoli.
Questo crea irritazione a Bisanzio e anche l’imperatore è allarmato; una delle reazioni fu un
contrasto che rimase aperto per moltissimo tempo: la denuncia, come dottrina eretica professata
dagli occidentali, del “filioque”. Tale diatriba rimase aperta e irrisolta per dieci secoli. Nell’867 il
patriarca di Costantinopoli, Fozio, scrisse una lettera di fuoco a tutti i patriarchi occidentali,
denunciando il “filioque” dei cristiani dell’ovest come dottrina eretica.
All’interno della Chiesa bizantina ci fu una grossa crisi che durò circa 100 anni, l’Iconoclastia,
durante la quale spezzavano le immagini sacre.
Per comprendere il perché (proprio nel mondo bizantino), bisogna sapere che l’immagine è sempre
stata presente nel cristianesimo, che è nato in contesto semita, e nella Bibbia vi è la proibizione di
creare immagini (in seguito all’episodio del vitello d’oro). Mentre nel Cristianesimo abbiamo
immagini perché, se Dio non è stato visto, Cristo sì. Il problema uscì già all’inizio del cristianesimo,
subito dopo la libertas. Nel IV-V secolo d C, c’è la festa del Sole che si diffuse soprattutto nella
Chiesa Orientale. Abbiamo poi gli scritti dei padri della Chiesa che sono contrari al culto delle
immagini. Tra i negatori della validità del culto delle immagini c’è anche Eusebio di Cesarea, al
quale l’imperatore Costanzo aveva posto la domanda sulla liceità o meno di avere culto per le
immagini pittoriche sacre. Questo testimonia che non tutti erano d’accordo sul culto delle immagini.
Questo ritorno del problema era risultato dal confronto ravvicinato con il mondo islamico: infatti
nelle moschee non ci sono immagini.
L’altro confronto tra VII e VIII secolo fu quello con le comunità giudaiche che vivevano all’interno
del mondo bizantino. Dal ceppo di questa religione (che proibiva la venerazione delle immagini fin
dal libro dell’Esodo) era sorto il cristianesimo che, fin dall’inizio, ha raffigurato la divinità, prima
con simboli (il pesce, l’ancora…) e poi proprio con l’immagine di Cristo. Infatti, se è vero che
nessuno ha mai visto Dio, Gesù è stato visto e aveva le nostre sembianze.
Questa rappresentazione aveva raccolto anche molte critiche; in ogni caso era soprattutto l’Islam ad
accusare i cristiani di essere politeisti e idolatri.
Fu l’imperatore Costantino V che prese posizione piuttosto decisa contro il culto delle immagini,
tanto da ordinarne la completa distruzione; da una parte si basava su motivazioni di natura
teologica, ma si accompagnavano quelle di carattere politico. Costantino infatti si appoggiava alla
classe militare e mirava contro il monachesimo bizantino.
08.01.09
È lecito ad un cristiano il culto delle immagini?
Il primo storico della Chiesa. Eusebio di Cesarea, nega la validità teologica delle immagini di Cristo
in una lettera in cui risponde alla figlia dell’imperatore Costantino.
Costantino V accusa il monachesimo orientale di essere arrivato a forme di superstizione di
raffigurazione di immagini sacre. Due motivazioni lo spingono: quella teologica e quella militare, e
si allea con i militari contro il monachesimo orientale.
1) Motivo teologico= Secondo Costantino le immagini dovevano essere consustanziali al loro
prototipo, quindi affermava che le icone di Cristo separavano le sue due nature (cfr Concilio di
Calcedonia); erano quindi eretiche perché rappresentavano solo la natura umana di Gesù. Gli
avversari di Costantino, detti Iconóduli = dal greco “venerazione”, sostenevano che l’immagine è
diversa dal prototipo per essenza (un dipinto di Cristo non è Cristo; è legno, tela, etc…) e quindi la
venerazione delle immagini non è idolatria.
Le argomentazioni più valide furono sostenute da Giovanni Damasceno di etnia araba (cioè Siriaco,
di Damasco, la sua famiglia era a servizio del califfo di Damasco e della corte islamica del califfo).
Egli diceva che le icone sono dei “Sermoni silenziosi” perché ciò che comunica un’immagine di
Cristo, dei santi o della Vergine, sono come un “libro per gli illetterati” e comunicano qualcosa di
profondo ai credenti (cfr Gregorio Magno). Le icone sono i segni visibili della santificazione della
materia, resa possibile dall’incarnazione di Cristo: per Giovanni Damasceno le immagini di Cristo
nel suo aspetto visibile e umano sono veramente delle rappresentazioni di Dio, attraverso la sua

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incarnazione. Occorre però avere ben presente la distinzione tra l’adorazione che è dovuta a Dio
soltanto e la venerazione, che è possibile per le immagini di Cristo e della Madonna e dei santi. La
vicenda iconoclastica vide lo scontro tra i rappresentanti del monachesimo che avevano l’appoggio
delle popolazioni e dei ceti umili e l’imperatore con la classe militare.
La polemica che durò circa 100 anni, si diffuse anche in occidente: alcuni vescovi (pochissimi in
realtà) aderirono all’iconoclastia e fecero distruggere le immagini; ma in generale in occidente non
ci furono violenze e scontri.
Tra la fine del 700 e l’inizio dell800, i più grandi sostenitori di iconóduli e di Giovanni Damasceno
furono gli ecclesiastici della corte di Carlo Magno (es: Alcuino e Giova di Orléans).
2) Motivo politico= lotta tra Costantino V contro il mondo monastico; scontro tra il potere
imperiale che si appoggia alla casta militare e i monaci, che hanno una loro linea politica ed erano
molto seguiti dalla popolazione comune.
La crisi iconoclastica iniziò ad essere risolta grazie all’iniziativa dell’imperatrice Irene, madre e
reggente del successore di Costantino V: Costantino VI, che indisse un concilio.
Il papa, Adriano I, accettò il concilio ad una condizione: che aderissero anche gli altri patriarchi per
poter definire il concilio “Ecumenico”.
Concilio di Nicea (787)
Ultimo concilio riconosciuto dai cinque patriarchi.
Si stabilisce che:
- le venerate sante immagini in diversi materiali possono essere esposte nelle sante chiese, per le
strade, nelle cappelle devozionali…
- sono possibili immagini di Cristo, dei santi, della Vergine…
- Modelli per i fedeli: rispetto e venerazione per queste immagini, che non vuol dire idolatria;
l’adorazione si deve a Dio solo (cfr Damasceno)
- Venerazione come per la croce
- Onore che va dall’immagine alla persona che questa rappresenta
- Scomuniche per chi non accetta queste immagini.

Quando nel 1500, al tempo di Martin Lutero, i protestanti accusano i cattolici di avere il culto delle
immagini che scivola dell’idolatria e nella superstizione.
Alla fine del concilio di Trento 1563, si affrontò anche il tema della venerazione delle immagini
(nella 25° sessione del 4 dicembre 1563), dove vennero riprese le stesse parole con cui il Niceno II
aveva condannato gli iconoclasti.

12.02.09
Professoressa Airoldi
(cfr Atti degli Apostoli 1,12)
Dopo l’ascensione di Gesù, c’è la comunità degli Apostoli, con Maria e alcune donne; che pregano
e vivono in comunità.
Poi c’è la Pentecoste, e la comunità si apre ad altri: At 1,42 con unione fraterna: frazione del pane
(fractio panis = primissima liturgia), preghiera, rinuncia ai beni personali che vengono messi in
comune, letizia, semplicità di cuore.
At 5,32 = un cuor solo, un’anima sola, comunione dei beni.
At 6 = Imperativo categorico è occuparsi di chi ha bisogno: prima lo fanno gli apostoli, poi si
scelgono 7 diaconi, che hanno lo scopo di occuparsi della vita pratica della comunità e di curare le
vedove, i poveri e gli orfani. Stefano primo martire, è a capo dei diaconi.
Tra i 12 e i 7 ci sono delle differenze, per la divisione dei ruoli:
- gli apostoli si occupavano dell’insegnamento, della preghiera, del ministero della Parola,
dell’annuncio del Regno di Dio, dell’attenzione all’evento della resurrezione;
- I diaconi si occupano delle mense, dei poveri, etc… Gli apostoli impongono loro le mani
(imposizione per passare il potere di Gesù: gesto antichissimo rimasto nella tradizione fino ai giorni
nostri; è il passaggio dello spirito di Cristo dalle persone autorevoli agli altri = Cresima, unzione

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infermi, unzione dei sacerdoti ordinati, etc…)
Questa è la prima comunità di Gerusalemme; poi si ha la comunità di Paolo in Asia minore (le
lettere di Paolo sono mandate per lodare o redarguire le comunità e dar loro i consigli).
Inizia ad esserci una gerarchia nella Chiesa, nelle lettere a Tito e a Timoteo, nasce il termine
Episcopo. Inizialmente come sinonimo di presbitero, indica il gruppo dirigente (gruppo di anziani)
che veglia sull’ortodossia.
Capo= vescovo= colui al quale si deve obbedire perché ha un prestigio all’interno della comunità.
Dal punto di vista morale è irreprensibile.
Lettera di San Paolo a Timoteo
Caratteristiche del vescovo: Non deve un neofita, deve godere di stima all’interno e fuori dalla
comunità cristiana. Il vescovo deve essere sposato una sola volta, deve saper dirigere bene la
propria famiglia e la comunità a lui affidata.
I diaconi e le diaconesse devono essere irreprensibili e non pettegoli.
Le vedove hanno un ruolo importante nella comunità, più delle vergini; non devono avere meno di
60 anni, devono essere state sposate una sola volta, che abbiano soccorso le persone bisognose,
allevato figli, che siano assennate, con esperienza, autorevoli e con tempo a disposizione.
I presbiteri di impegnano nella predicazione, nella preghiera e nell’insegnamento.
Vescovi- presbiteri- diaconi/esse- fedeli
Gli schiavi devono accettare la loro condizione e le regole della società; devono rispettare il
padrone, anche se è cristiano e quindi fratello. I cristiani vivono nel mondo, ma non sono del
mondo, come chi è di passaggio (cfr lettera a Diogneto). Il cristiano non si distingue in nulla e non
si deve cercare lo scontro con la società, ma rispettarla senza però andare contro i precetti
evangelici. Il cristiano all’interno della società si deve sentire libero: non gli si deve imporre
qualcosa contro la sua coscienza ( come i sacrifici in onore degli imperatori).
Lettera di San Paolo a Tito
Tito è a Creta per continuare ad organizzare le comunità create da Paolo. Presbitero= irreprensibile,
sposato una sola volta, con figli che credono, ospitale, assennato, giusto, pio, padrone di sé,
attaccato alla dottrina, esempio concreto di vita e insegnamento; non deve essere disonesto,
attaccato al vino e al denaro… ecc…

Il Mediterraneo è al centro dell’impero romano per gli scambi economici; è una grande via di
comunicazione, e non c’è separazione tra l’oriente e l’occidente. Per questo il cristianesimo
raggiunge ogni angolo del Mediterraneo.
Nelle grandi scuole filosofiche di Roma, Antiochia, Alessandria d’Egitto, Atene, si diffonde anche il
cristianesimo; e c’è una sua rielaborazione ripensato secondo le categorie filosofiche del tempo. C’è
l’incontro tra la cultura greca e latina, si parla di filosofia platonico-stoica, si sta formando la cultura
cristiano-ellenistica. Le lingue usate sono il greco e il latino.
REAZIONI DEI PAGANI
Il cristianesimo è visto come una superstizione con dottrine strane, una setta malefica con cerimonie
segrete (antropofagismo) e orge notturne, così incontra un’avversione diffusa e crescente a livello
popolare di cui qualche imperatore si serve utilizzando i cristiani come capri espiatori quando c’è
qualche difficoltà.
Tra gli imperatori, prima del l’editto di tolleranza di Costantino del 313, ci sono diverse posizioni.
Tacito negli annales (vedi brano) parla dell’incendio del 64 d.C. quando è imperatore Nerone,
descrive il cristianesimo come una perniciosa superstizione nata in Palestina e poi giunta anche a
Roma (dove giungono in quegli anni anche culti orientali come quello di Cibele e di Mitra, per cui
si pensava che anche il cristianesimo fosse un culto orientale.)
La persecuzione di Nerone fu abbastanza isolata a quel periodo e a quel frangente; e non si sapeva
come comportarsi con questi cristiani. Roma e l’impero sono abbastanza tolleranti nei confronti
delle diverse religioni nazionali e le accolgono; con il cristianesimo però fu differente perché non è
una religione nazionale e si diffonde per tutto il Mediterraneo, non tollera la venerazione degli altri
dei, è totalizzante.

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Gli altri culti invece venivano affiancati a quelli già esistenti.
Plinio nella lettera a Traiano, (vedi tessto) scritta tra il 107 e il 111 d.C., essendo governatore della
provincia Romana della Bitinia, sul Mar Nero, chiede all’imperatore come comportarsi con i
cristiani; c’era una denuncia da parte della popolazione: molte erano le persone sospette, e c’era un
libello anonimo con i nomi dei cristiani sospetti, nonostante le denunce anonime non fossero
ammesse dal diritto romano.
Plinio chiede di sacrificare agli dei, e di incensarne le statue, di adorare l’immagine dell’imperatore
e di bestemmiare Cristo.
In questo periodo, i cristiani parlano di ciò che fanno e del fatto che non hanno colpe particolari.
Plinio vieta i banchetti sacri, non per motivi religiosi, ma politici: per tutelare l’impero e impedire
l’associarsi di persone che potrebbero tramare contro Roma.
Plinio sottopose a tortura due schiave che si dicevano diaconesse, perché secondo il diritto romano
solo gli schiavi potevano essere torturati, ne deduciamo che per i cristiani potevano diventare
diaconesse anche le schiave.
Il cristianesimo però si diffonde nelle campagne, tra persone di ogni età e ceto sociale.
Nella sua risposta a Plinio (vedi testo), Traiano afferma che per la condanna è sufficiente il nome
cristiano: chi è cristiano va condannato. Non c’è una norma generale, ma la denuncia non deve
essere anonima perché questo non era permesso dal diritto romano.
19.02.09
GENERE APOLOGETICO
Tertulliano scrive in latino, ha una profonda conoscenza giuridica e si rivolge soprattutto ai
magistrati e ai giuristi per difendere i cristiani dalle accuse di antropofagismo, incesto, etc…
Giustino (martire) scrive ai greci e fonda la prima scuola filosofica cristiana, lui che era maestro di
filosofia: il cristianesimo era stato la risposta più alta nel suo percorso filosofico, un punto di arrivo:
il Logos è Cristo morto e risorto.
Nel periodo di Marco Aurelio i filosofi tenevano dei “Contraddittori”, che erano quasi degli
spettacoli nei quali si vedevano in campo dei filosofi che sostengono tesi differenti; Giustino si
scontra con Crescente che lo accusa di essere cristiano e per questo viene condannato a morte.
Giustino parla di tutto quello che fanno i primi cristiani (il Battesimo, del fatto che sono tutti
fratelli, della preghiera comune, sostiene siano dei bravi cittadini, osservanti dei comandamenti,
parla del pane e della coppa con acqua e vino, descrivendo il rito eucaristico nel quale il preposto
consacra pane, vino e acqua e i diaconi li distribuiscono anche a coloro che neon sono presenti;
spiega l’”Amen”…)
Fa una spiegazione per coloro che non sono cristiani: descrive il battesimo come rigenerazione e
remissione dei peccati, parla delle affinità con i riti di Mitra, sostenendo che malvagi demoni hanno
fatto in modo che ci fosse questa imitazione con i riti cristiani; descrive i riti della domenica: un
lettore legge, il preposto (capo della comunità) fa una breve omelia e benedice pane, vino e acqua
che vengono distribuiti dai diaconi.
Dopo la celebrazione della primitiva messa, coloro che lo desiderano possono portare doni ai piedi
del preposto, offerte che vengono indirizzate a vedove, orfani, malati, forestieri e prigionieri, come
opere di misericordia.
Domenica è il giorno della luce, della creazione, della resurrezione.
Atti di Giustino: riportano l’andamento del processo, in particolare quelle giuridiche: il prefetto
Rustico, filosofo stoico, cerca di capire cosa pensano i cristiani e come agiscono; in particolare gli
interessa Giustino; anch’egli filosofo (dal nome del prefetto si deduce che ci troviamo all’incirca nel
165 d.C.).
Giustino spiega che Dio è creatore, che Gesù è il Figlio di Dio e maestro, e più di un profeta; gli
altri processati insieme a Giustino, vengono dalla Cappadocia, dalla Frigia, etc… alcuni sostengono
di aver appreso la religione cristiana dai genitori (c’è già una tradizione).
Per Giustino si potrà raggiungere la Vita Eterna solo dopo la fine del mondo.
Atti dei martiri di Lione: (177-178 d.C.) sollevazione popolare che parte dal basso contro i
cristiani e che trova nell’autorità romana un grande apoggio.

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Sevizie e torture fino al martirio finale, tra cui il martirio di Blandina che viene apposta uccisa per
ultima; è un supplizio terribile, ma lei non cede perché le viene dall’alto la forza per sopportare
questi supplizi.
Atti dei martiri scillitani (180 d.C.)
Atti di Perpetua e Felicita a Cartagine nel 203 d.C.: diario di Perpetua in cui si parla dell’arresto,
della prigionia…
Perpetua faceva parte di un gruppo di catecumeni, apparteneva ad una famiglia importante ed
agiata, è molto istruita ed è sposata, ha 22 anni, ha un figlio. Il marito però nel diario non compare,
compare solo il padre, forse perché era vedova, o perché lui era pagano.
Le donne spesso erano pià sensibili e aperte al messaggio di Cristo.
È una testimonianza patetica: lei prova dolore, fa provare dolore ai familiari, ha paura, è triste per il
bambino, ma non ha paura per il martirio.
Il padre prova affetto per lei, non vuole rassegnarsi all’idea che lei venga uccisa. In prigione lei
riceve il battesimo, e chiede allo Spirito la forza per affrontare la prigionia e tutto il resto.
Viene inizialmente posta in una cella buia e affollata, ma due diaconi corrompono le guardie
affinchè i prigionieri venissero portati in una parte del carcere meno dura; può così allattare il
piccolo e si può sistemare; qualche giorno dopo ottiene di tenerlo con se, e ne è così felice che il
carcere le sembra un palazzo splendido.
Il diario riporta una serie di visioni di Perpetua sul martirio; al processo accorre molta gente, tra cui
il padre che continua a cercare di convincerla ad abiurare, ma senza successo; dopo alcuni giorni, il
bambino non ha più bisogno del latte materno, e Perpetua interpreta questo fatto come un miracolo.
Vengono condannati ad beluas.
Successivamente lei ha un’altra visione in cui viene trasformata in maschio, un gladiatore che vince
e che si trova a varcare la porta della vita, così capisce che avrebbe affrontato il martirio in modo
vittorioso, e qui si conclude il racconto.
Prosegue poi per mano di qualcun altro (forse Tertulliano?) che narrerà il suo martirio; insieme a lei
c’è anche un’altra donna schiava catecumena: Felicita che è incinta; i prigionieri pregano perché
possa partorire e possa essere martirizzata con i compagni; le donne incinte infatti non potevano
essere martirizzate. Il bimbo nasce (altro miracolo) così Felicita affronta il martirio con Perpetua e i
compagni. Perpetua affronta il martirio con dignità, sistemandosi i capelli e coprendosi con la tunica
lacerata, le cosce e le gambe per pudore.
26.02.09
Portare all’esame la lettera a Diogneto e la Didachè, Ignazio di Antiochia e le lettere.

MONACHESIMO
È il fenomeno più importante tra il IV e il V secolo; si diffonde dall’Egitto e dalla Siria, in Palestina
e in Occidente.
Questo accadde grazie all’editto di Costantino (313 d.C.) che rese il cristianesimo religione lecita
all’interno dell’impero romano; in questo modo i cristiani possono vivere alla luce del sole, e una
conseguenza fu un certo lassismo.
Nel IV secolo allora si sentì l’esigenza di tornare al rigore dello spirito evangelico delle prime
comunità cristiane: alcuni infatti erano cristiani di nome più che di fatto.
Ci furono allora due tendenze: il deserto vissuto in solitudine (anacoretico /Eremitico)
Il deserto vissuto in comunità (cenobitico)
Eremus=deserto
Eremía=pace
È allora una scelta per fare un percorso che staccasse dalla vita quotidiana (fuga mundis) e portasse
a trovare la pace interiore, a cercare Dio in solitudine.
Monacus=solitario, ma anche celibe, in un secondo tempo.
Doveva affrontare un cammino che comporta grande fatica, ed è aiutato dall’ascesi (=lungo
allenamento che si faceva nelle palestre greche; il monaco è atleta di Cristo).
Il monaco è considerato santo e martire: i primi martiri avevano dato il sangue, i monaci sono

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martiri perché devono lottare contro il male, contro i demoni, contro le tentazioni e la parte peggiore
di sé; il loro è un martirio incruento, che va per gradi, ma è comunque faticoso. È rinuncia alla vita
sociale, alle comodità, al cibo, alle bevande: tutto è ridotto al minimo, per escludere tutto ciò che
può essere d’ostacolo tra l’uomo e Dio. Grande modello di questa vita è Giovanni Battista nel
deserto.
Lo scopo era salire verso il mondo trascendente, un cammino dell’uomo verso Dio, si trovano però
demoni, che cercano di ostacolare questa salita. (Simeone lo stilita = in cima alla colonna)
Il modello è Antonio di Alessandria: Antonio abate, da Abbà=Padre: il monaco può diventare padre
di coloro che vanno presso di lui per chiedere consiglio; il monaco è maestro e guida. Sono detti
anche padri apostolici perché hanno il potere di compiere quello che facevano gli apostoli: passare
sui serpenti, scacciare demoni…
ATANASIO
Vescovo di Alessandria, scrive la “Vita di Antonio” in greco (Antonio muore nel 356 ca) Evagrio la
traduce pochi anni dopo in latino, per cui quest’opera è conosciuta in tutto il mondo cristiano.
L’opera e la vita di Antonio diventano un esempio per tutta la cristianità.
Atanasio è un confessores; subisce diversi esili perché è contrario all’arianesimo, ha una vita
travagliata; va a Roma e anche a Traviri, quindi fa conoscere il monachesimo anche in Occidente.
Il vescovo di Milano, Dionigi; quello di Vercelli, Eusebio; quello di Cagliari, Lucifero, si riuniscono
perché dovrebbero condannare Atanasio, ma non lo fanno e vengono a loro volta esiliati nel 355 ca.
Antonio ha lasciato solo due volte il deserto per tornare ad Alessandria: una volta per difendere il
vescovo Atanasio, e la seconda per sostenere i martiri.
L’esperienza particolare di Antonio: proveniva da un villaggio egiziano, da una famiglia modesta;
già cristiano, rimase orfano con una sorella, viene colpito dal passo di Vangelo del giovane ricco.
Allora decide di lasciare tutto e dà la sorella in custodia a delle vergini. Conduce una vita di radicale
povertà e si inoltra sempre di più nel deserto, facendo anche progressi spirituali.
Si ritira in una tomba, poi un fortino abbandonato, vive tra i serpenti, si aggrega ad una carovana e
si addentra ancora di più nel deserto. Qui trova la serenità e la pace con se stesso, qui molti si
recano a trovarlo e chiedergli consigli.
I monaci del deserto erano detti anche “santi viventi” e “Padri del deserto”.
Antonio, quando muore, ha solo il mantello, che lascia in eredità ad Atanasio, il suo vescovo, nel
356.
Nel delta del Nilo, a Nitria e Celle, si ritira intorno al 330 Amun (Ammonio) un giovane ricco
contrario al matrimonio che i suoi volevano imporgli, che viene inseguito da alcuni discepoli.
Nel deserto di Scete, si ritira Macario, che era un cammelliere; anche attorno a lui si forma una
comunità di monaci, ma ognuno vive per suo conto. Si ritrovano solo per scambiarsi esperienze
spirituali.
Si organizzano pellegrinaggi per vedere e conoscere i padri del deserto (cfr Egeria)
A Tabannesis, Pacomio organizza una comunità cenobitica nel 320, e scrive la prima regola
monastica. Per la leva obbligatoria aveva conosciuto l’esercito romano e la sua organizzazione
rigorosa negli accampamenti: tende regolari, decurioni, centurioni… ed è colpito anche dai soldati
cristiani che vivono in modo solidale e fraterno anche durante il servizio militare.
Tornato ala vita civile, fa una scelta radicale, ma decide di vivere in comunità, per aiutarsi
reciprocamente all’ascesi verso Dio.
Antonio è paragonato ad Abramo, che lascia tutto e va; Pacomio, è invece paragonato a Mosè, il
legislatore; la sua regola monastica è tradotta in latino da Girolamo.
I monaci si autofinanziavano vendendo prodotti del loro lavoro e dando il superfluo ai bisognosi; il
monastero aveva delle cinta di mura intorno e all’interno una chiesa, il refettorio per i pasti comuni
e le liturgie.
Si organizzavano in tribù e case; ogni casa aveva dai 20 ai 30 monaci, e viveva in autonomia, con il
preposito il capo della comunità, a cui si doveva obbedienza e a cui si faceva riferimento.
I vari monasteri, quando si moltiplicarono, fecero tutti riferimento all’Abate che sta a Tabennesi, e
si ritrovano una volta all’anno.

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I tre voti dei monaci erano Povertà, Castità e obbedienza (mi umilio, abbandono la mia libertà di
scelta: l’obbedienza all’abate vuol dire obbedienza al Signore).
Pacomio scrive anche una regola femminile per la sorella Maria, a sua volta monaca.
C’erano monasteri doppi, maschili e femminili, nei quali gli uomini si occupavano
dell’amministrazione e le donne della liturgia perché non avevano potere giuridico.
DONNE MONACHE E DEL DESERTO
Ci sono anche monache del deserto, che vivevano da sole; le loro vite sono state scritte dai monaci
per far vedere ai giovani novizi che anche le donne ce la facevano… alcune si travestono da uomo.
Esempi:
Madre Sincletica e sua sorella cieca, vivono nel deserto;.
Madre Teodora, fa la scelta di vivere da uomo; solo dopo morta si accorgono che era una donna;
viveva in un monastero maschile.
Marina/Marino: accusata di aver messo incinta una donna , non si difende. (toposo letterario…)
Maria Egiziaca, prostituta di Alessandria che si imbarca su una nave di pellegrini che vanno in Terra
Santa, ma a Gerusalemme ha una conversione improvvisa; va nel deserto e vive lì per 40 anni, non
legge le scritture perché è analfabeta, ma quando un monaco la incontra, lei le dice che anche se è
analfabeta, il Signore parla al suo cuore.
Pelagia, attrice di Antiochia, bella e ricca. Il vescovo Nonno la guarda, vedendo in lei l’opera
meravigliosa del Signore. A Pelagia vengono riportate queste parole e lo va ad ascoltare di nascosto
nelle sue omelie; si converte, lascia tutto e scappa a Gerusalemme.
Taide, prostituta, convertita da un monaco, si fece murare viva per tre anni, quando esce muore.
La sua vita è messa per iscritto da una scrittrice medievale, Rosmita, che scrive un’opera teatrale.
Maria, nipote di Abramo monaco, orfana, a 8 anni viene portata nel deserto; un monaco vagabondo
la seduce, allora lei va in città, ad Alessandria e diventa prostituta (Storia al contrario). Ma lo zio va
a cercarla travestito da ricco cliente; nel loro dialogo, lei dice di pensare di essere perduta, e lo zio
le dice che il peccato più grave che lei abbia compiuto, è quello di aver dubitato della grande
misericordia e del perdono di Dio.
Allora lei torna volontariamente nel deserto e vive una vita di penitenza per espiare la sua colpa.

C’erano anche i “santi pazzi” che sia umiliavano al massimo grado; alcuni vivevano a 4 zampe
brucando l’erba, ma gli altri monaci mettevano in guardia, perché non è facendo queste cose che ci
si eleva, ma solo con l’ascesi interiore, quindi no agli eccessi.
05.03.09
Editto di Costantino: momento fondamentale di grande saggezza politica; è un editto di tolleranza,
non solo per i cristiani quindi, ma per tutte le religioni presenti all’interno dell’impero romano.
Riforma di Diocleziano prevedeva due augusti e due cesari.
Durante il periodo in cui viene indetto l’editto di Costantino, sono augusti sia Costantino che
Licinio.
Da questo momento la storia del cristianesimo cambia. Le proprietà delle comunità cristiane e dei
singoli fedeli che erano state confiscate vengono restituite. Si ha lo sviluppo del monachesimo
(discussione aperta sulle origini del monachesimo cristiano, se sia stato influenzato da Qumran e
dagli esseni, e quello dell’estremo oriente, da quello buddista; forse hanno avuto grande influenza le
filosofie ellenistiche, come lo stoicismo e l’epicureismo).
In Egitto e in Medio Oriente i grandi modelli sono Antonio, per il monachesimo eremitico, e
Pacomio per il monachesimo cenobitico.
Basilio di Cesarea (330-379 d.C.)
È un momento drammatico per la storia della Chiesa: ci sono grandi conflitti teologici all’interno;
Basilio, che aveva scritto numerose lettere e trattati, muore due anni prima del concilio; le chiese
sono divise, e Giuliano l’Apostata, imperatore tornato al paganesimo, è succeduto da Valente, un
imperatore ariano.
Basilio è sconvolto da questa divisione all’interno della Chiesa e vorrebbe che si svolgesse un
nuovo concilio; vorrebbe la pace e la concordia; appartenente ad una famiglia agiata e cristiana (già

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i nonni erano stati perseguitati), il padre è insegnante di retorica e lo manda a studiare ad Atene
(dove è compagno di Gregorio di Nazianzio) e a Costantinopoli.
Al suo ritorno scopre che la madre e la sorella maggiore e il fratello minore si sono ritirati in un
podere per vivere una vita povera; una scelta di solitudine, ma in piccole comunità maschili e
femminili. La madre ha 9-10 figli; l’ultimo fratello, Pietro, nasce dopo la morte del padre e viene
allevato come un piccolo monaco, e diventa vescovo di Sebaste. Basilio è vescovo di Cesarea, un
altro fratello, Gregorio, diventa vescovo di Nissa.
Molti santi in famiglia:
La nonna: Macrina senjor  confessore della fede
La sorella: Macrina, di cui il fratello Gregorio di Nissa, scrive una biografia, che è la prima
biografia di santa donna, è discepola di Eustazio in Armenia, che poi diventerà eretico perché di
posizioni troppo ripide.
Basilio, finiti gli studi, torna a casa e decide di vivere come monaco, poi però, viene richiamato in
città dal vescovo Eusebio e viene ordinato sacerdote. Nel 370 diventa vescovo. Per lui però il
monachesimo deve essere cenobitico, perché solo in comunità si può esercitare la carità. Basilio è
convinto però che i monaci non debbano isolarsi troppo, ma che siano a servizio del vescovo e della
Chiesa che diano testimonianza.
Basiliade= città nella città fondata da lui, con il palazzo del vescovo i monaci, con scuole, officine,
luoghi di accoglienza per gli stranieri e gli ammalati e per i pellegrini. È un uomo d’azione; amato
dalla popolazione che lo considera padre dei poveri; infatti si scaglia contro i ricchi, per cui non è
amato dal gruppo dirigente.
La legge per i cristiani è l’amore di Dio e del prossimo, che deve essere concretizzato da tutti
(fratelli e sorelle) non solo dai monaci.
2 regole di Basilio:- una per i monaci, per i quali c’è la preghiera, la vita in comunità,
l’ascolto della parola di Dio, la povertà e il dedicarsi agli altri
- una per tutti, per i laici, per i quali c’è la famiglia, e per il resto è uguale
a quella dei monaci.
“le regole diffuse” consigli di spiritualità,
“le regole brevi” risposte a domande che gli erano state poste durante i suoi viaggi.
“Vita angelica” nessuna distrazione per orientare tutti i pensieri a Dio.
------------------- nessuna distrazione , pensiero stabile in direzione di Dio; rinuncia alla vita
familiare, alle parentele; vivere insieme, aiutarsi a crescere nella vita angelica; scelte ispirate a
quanto Gesù ha insegnato.
“Cammino di perfezione” obbedienza ad imitazione di Cristo: Figlio obbediente che ha obbedito al
Padre fino ad accettare la morte in croce.
Superiore (scelto dall’insieme di tutti i superiori che c’erano nelle altre comunità vicine; come per
Pacomio; diversamente da San Benedetto dove tutto si svolgeva all’interno del monastero) più
gruppi di anziani che vegliano sulla retta condotta del superiore e dell’intera comunità monastica.
Valorizzazione del lavoro manuale (lavori semplici, agricoli, artigiani, seguendo anche diversi
carismi di ciascun monaco, più aiuto ai poveri, agli stranieri…) come per la regola di Pacomio;
Benedetto quindi non è il primo che valorizza il lavoro.
Vengono allevati in monastero anche i bambini (orfani, poveri o per altre ragioni); sono seguiti, si
insegna loro a leggere, ad alcuni anche a scrivere; per loro c’era una regola più blanda. Quando
crescono poi possono scegliere se fare la scelta definitiva di diventare monaci oppure no (diversa
rispetto a S Benedetto).
I monasteri basiliani sono spesso doppi: Maschili e Femminili.
Gregorio di Nissa; scrive la vita della sorella Macrina, modello di donna, che ha vinto le debolezze
femminili, raggiungendo una dimensione più elevata della vita umana, della quale la vita monastica
è il vero modello, grazie alla filosofia.
Macrina supera totalmente la madre, tanto da diventare Madre a sua madre. (Es: Naucrazio, uno dei
fratelli, vive nei boschi dove muore in una battuta di caccia; egli con la caccia, procurava cibo ai
poveri. La madre è oppressa dal dolore ed è sostenuta dall’atteggiamento fermo e impassibile della

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figlia Macrina; atteggiamento del vero cristiano; ragione diversa dalla natura femminile. Educa la
madre alla pazienza e al coraggio. Altro esempio: Macrina è morente e Gregorio accorre da lei e,
vescovo, impara da lei cosa voglia dire una morte santa; Macrina prega e Gregorio riporta
nell’opera la preghiera della sorella in punto di morte. Da lei ha avuto l’insegnamento che la morte
è un passaggio verso la vita eterna, verso la misericordia di Dio.
Soprattutto nel mondo orientale, ci sono grandi figure maschili e femminili; sempre più il vescovo
sarà considerato santo proprio perché è anche monaco (Agostino, Eusebio, ecc…).
Episcopio  scelta di vita monastica in cui il vescovo vive in comunità con i suoi collaboratori.
12.03.09
CORRISPONDENZA TRA OLIMPIADE E GIOVANNI CRISOSTOMO
Corrispondenza e amicizia tra i due.
Giovanni Crisostomo: muore intorno al 419-420, e quindi ha visto la presa di Roma da parte dei
Visigoti di Alarico (410), assistendo dalla capitale dell’impero d’Oriente, Costantinopoli.
Olimpiade: erede di una grande famiglia nobilare perché rimane orfana in giovanissima età. È la
stessa casa imperiale a trovarle un marito verso i 14-15 anni (nel 384 ca). è allevata da Teodosia,
cugina di Gregorio di Nazianzio. Si sposa con Nebidrio, che però muore giovanissimo, tanto che
nella letteratura ci si chiede se le loro nozze fossero state consumate o meno; in questo periodo
inizia a diventare molto importante la verginità. La famiglia imperiale cerca di procurarle il secondo
matrimonio, ma lei si oppone e riesce ad evitarlo, ricorrendo ad uno stratagemma insolito: si fa
nominare dal vescovo di Costantinopoli Diaconessa (di solito erano vedove di una certa età che
assistevano le donne povere e ammalate). Questo permette a Olimpiade di non sposarsi; ha poi a
disposizione il suo immenso patrimonio, che inizia a distribuire a chi le chiede qualcosa; esce anche
una legge contro le donazioni, e lo stesso Giovanni Crisostomo, quando diventa vescovo (nel 397),
cerca di convogliare la generosità di Olimpiade verso obiettivi più precisi.
Molti vescovi ottengono donazioni, che poi vengono distribuite nelle loro diocesi.
Allora Olimpia fa scelte più oculate; fa anche costruire un monastero femminile, in cui si ritira con
altre donne vicino alla casa del vescovo di Costantinopoli; nasce una amicizia tra Giovanni
Crisostomo e queste donne.
Ci fu un conflitto tra l’imperatore Arcadio e sua moglie e Giovanni Crisostomo, che venne esiliato;
il popolo si rivoltò in modo violento (incendiando Santa Sofia). Olimpiade viene processata perché
non accetta di giurare fedeltà al nuovo vescovo: Crisostomo torna una volta ma poi riparte in esilio
in Armenia dove muore nel 407. Anche Olimpiade muore in esilio non molto tempo dopo.
(Biografia di Olimpiade pubblicata da Jacka Book in una collana sulle donne tra Oriente e
Occidente; le lettere tra Olimpiade e Giov Cris sono dell’edizioni di Bose)
GIROLAMO CON MARCELLA E PAOLA
Altro esempio di amicizie tra uomini e donne; papa Damano, nel 382 chiama Girolamo a Roma per
tradurre la Bibbia in latino; c’erano già alcune versioni in latino, tra cui la “Vulgata”.
Girolamo veniva da Stridone, tra la Dalmazia e la Pannonia; è chiamato il “leone dalmata”.
Ha una vita travagliata, sempre insoddisfatto delle esperienze che faceva; studia a Roma, va a
Treviri e ad Aquileia (in Occidente, grande porto dell’Adriatico), dove vive una prima esperienza di
monachesimo con Rufino e il vescovo Eliodoro.
Si trasferisce in Oriente per andare a scoprire le fonti del monachesimo orientale; va ad Antiochia e
Costantinopoli, perfeziona l’ebraico e poi il greco. È un discepolo di Gregorio Nazianzieno, legge e
traduce l’opera di Origene e di Eusebio di Cesarea, poi torna a Roma chiamato dal papa per due
anni; qui incontra delle esperienze di monachesimo molto particolare, sono le matrone romane che,
nei loro palazzi o nella campagna, tentano di riprodurre la vita monacale con povertà, preghiera e
carità. Non hanno però una regola vera e propria; rinunciano alla vita sociale, alle vesti lussuose, ai
gioielli, alle acconciature belle, al vino, ai bagni, ai piaceri del cibo… rinunciano alla cura
maniacale del corpo per curare lo spirito; per questo fanno una vita povera, con vesti umili insieme
alle schiave.
Diversamente dalle monache orientali studiano la Bibbia, leggono i Padri della Chiesa, discutono su
ciò che hanno letto e appreso, quindi c’è una grande separazione culturale.

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Ci sono due circoli: quello di Marcella, vedova, proveniente dalla grande famiglia dei Marcelli,
molto colta, che sa l’ebraico e il greco. Invita Gerolamo nel suo circolo, dove lui è colpito e
affascinato dalla grande cultura di queste donne che dibattono su questioni di tipo teologico e, a
volte, mettono in difficoltà Gerolamo stesso, tanto che egli vivrà un rapporto di soggezione nei
confronti di Marcella.
Conosce poi Paola, altra vedova, che con l’ultima figlia, Eustochia, è nei cenacoli delle matrone.
Paola discende dall’antica famiglia dei Gracchi; tra i due nacque una grande amicizia.
Quando Gerolamo decide di lasciare Roma, lei lo segue a Betlemme, dove tutto è nato; lì
costruiscono due monasteri, uno maschile e uno femminile, dove oltre la preghiera, è molto
importante l’opera di traduzione e dello studio dei primi padri della Chiesa.
Rufino invece, con un’altra donna colta, Melania (senjor) è a Gerusalemme sull’orto degli ulivi.
Nasce anche il dissidio tra Rufino, traduttore ed estimatore di Origene (la cui opera verrà poi
ritenuta eretica), e Gerolamo. Gerolamo elogia la validità dell’esperienza di Marcella, che muore
nel 410 durante il saccheggio di Roma, picchiata e torturata; in occidente non c’era il titolo di
diaconessa probabilmente. A Betlemme Paola è così brava che viene consultata anche per pareri
esegetici; però, visto che una donna non poteva insegnare, doveva fare passare il suo atteggiamento,
come l’insegnamento di un uomo. Alla sua morte, Gerolamo scrive un’orazione funebre bellissima,
dove traspare un grande affetto e una grande stima da parte di Gerolamo che con lei ha avuto una
forte affinità, ed è molto commosso.
Aveva conosciuto anche un’altra vedova Romana, Fabiola, che con le sue ricchezze aveva fatto
costruire ospedali e curato poveri. Traduce la regola di Pacomio, solo per far piacere alla figlia di
Paola, che dopo la morte della madre aveva preso la direzione del monastero femminile di
Betlemme.
LETTERA DI GEROLAMO SULLA MORTE DI PAOLA
Donna ormai povera di tutto, anche Gerolamo la redarguisce perché non ha lasciato nulla ai figli,
invece lei gli dice che aveva loro lasciato la fede in Dio. Fu una moglie e una madre esemplare, gli
schiavi e le schiave sono fratelli e sorelle per lei. Ha un grande amore per Dio, che supera quello per
i figli; martirio incruento, in cui decide di lasciare i figli per seguire il Signore; per Gerolamo questo
è prova di virtù. Si è diseredata in terra per trovare eredità in Cielo. Visita i posti più importanti del
monachesimo e Gerusalemme.
ORGANIZZAZIONE DEL MONASTERO
Divisione in tre gruppi di vergini (donne nobili, di medio e basso rango); il lavoro viene inteso
come qualcosa che nobilita (filatura, tessitura per confezionare vestiti); nessuna deve rimanere
inattiva. La preghiera è divisa nelle diverse ore del giorno e della notte; schema che rimarrà sia nel
monachesimo orientale, sia in quello occidentale; con la lettura dei salmi. La domenica, escono per
la Messa; devono dimenticare cosa hanno avuto prima e come hanno vissuto; hanno vesti uguali per
tutte: possiedono solo il vitto, l’alloggio e un vestito; sono separate dagli uomini.
Paola cambia metodo con le consorelle a seconda del loro carattere; riconcilia quelle che hanno
litigato, fa digiunare il doppio le più giovani, punisce chi parla troppo e separa dalle altre chi
spettegola. Muore a circa 56 anni, è vissuta per 5 anni a Roma e per 20 a Betlemme in quel modo;
Gerolamo dice: “è storia quello che scrivo, non panegirico!”
Lettera n°127 = Lode a Marcella
Lettera di Paola e Eustachio a Marcella.
“la dolcezza nella lotta. Donne e ascesi” Ed. Qiqajon di Luciana Mirri”
19.03.09
EGERIA
Appunti di viaggio di una donna anonima che scrive ad alcune sorelle; ci sono stati numerosi studi
per capire che fosse questa donna. Lo studioso che trovò tal scritto nel 1884 fu Gamurrini; egli
collocò l’opera tra fine IV secolo e inizio V secolo, presso la corte di Costantinopoli. La donna
viaggiò almeno tre anni con grandi onori dei vescovi delle città che visitava; Probabilmente aveva
disponibilità di tempo e di denaro; alcuni ipotizzano fosse Galla Placidia (figlia di Teodosio) o
Silvana, sorella di Rufino di Aquileia; ma probabilmente la protagonista è Egeria (o Etéria) che era

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partita dalla Galizia per arrivare fino a Gerusalemme; essa fu esaltata dal monaco Valerio che la
addita ai suoi monaci come esempio di donna virile.
Il testo non ha un titolo, ma sono uscite diverse edizioni con diversi titoli “viaggio/pellegrinaggio in
Terra Santa”. Si ipotizza non fosse una monaca per la lunga durata del viaggio; conosce le Sacre
Scritture, è una laica che decide di visitare i luoghi della salvezza. È un viaggio materiale e
spirituale avvenuto tra il 381 e il 384 d.C. perché non parla ancora di Natale ed Epifania, e incontra
un’amica, la diaconessa Martana, che è testimoniata in questo periodo. Il libro si interrompe
bruscamente.
È un pellegrinaggio non fatto per vedere i luoghi, ma nell’opera vengono descritte le emozioni
provate: è un viaggio per pregare; ogni volta che si giunge in un luogo sacro, avviene la lettura di un
testo biblico, la recita di un salmo e la preghiera; le guide spesso sono monaci o vescovi. Non
viaggia da sola, per cui già allora c’era un’organizzazione di pellegrinaggi.
Scrive in lingua latina, è una donna istruita, e il suo viaggio è come una liturgia ambulante; rileva
che la liturgia orientale di Gerusalemme del IV secolo è un po’ diversa da quella occidentale.
Nel suo viaggio, passa da luoghi dell’AT, a luoghi del NT, a quelli che riguardano più da vicino la
vicenda di Cristo, e poi descrive la liturgia a Gerusalemme; è una donna entusiasta, contenta
dell’esperienza che sta facendo.
In Egitto è scortata perché i barbari premono ai confini; altro termine ante quem: non viene descritto
il monastero di Santa Caterina sul Sinai, voluto da Giustiniano, mentre descrive l’ascensione al
monte; nel suo viaggio troverà monasteri e monaci ovunque.
Quali erano i luoghi santi?
L’imperatrice Elena, madre di Costantino, fa costruire a Gerusalemme:
- una chiesa che si chiama “Ecclesia Major” o “Martyrion” sul Golgota o Calvario
- Anastasis = rotonda con una grande cupola, dove c’era il sepolcro
- Croce
- Luogo dell’ultima cena
- Colonna della flagellazione

Fuori da Gerusalemme:
- Sul monte degli ulivi c’erano una chiesa detta dell’Eleona (che è l’uliveto)
- Imbomon = luogo sell’ascensione, dove si svolgevano alcune liturgie

Da Costantino fu fatta costruire:


- la Chiesa della natività a Betlemme
- Il Lazarium = Piccola cappella dove c’era la casa di Lazzaro, Marta e Maria, verso Betania.

Egeria ci dice che la liturgia era in greco e veniva tradotta in latino e in siriaco (era in greco anche
in occidente a quel tempo); a Gerusalemme arrivavano cristiani da molte parti.
La liturgia ha sempre al centro il vescovo; depositario della Parola; legge i testi, li commenta e
guida la sua comunità alla salvezza.
Egeria ci presenta anche la liturgia della domenica, della settimana santa (domenica delle palme =
Processione dal monte degli ulivi e a sera, si scende; scendono anche i bambini con i genitori); è
colpita perché la popolazione vive con molta commozione i passi delle sacre scritture in cui si parla
della passione di Cristo. Descrive le luci, le stoffe preziose (aspetto molto femminile)
La Quaresima è diversa da quella occidentale, si contano 40 giorni senza contare però il sabato e la
domenica, che sono giorni in cui non si può digiunare. Per il digiuno c’è molta tolleranza: ognuno
fa come può. Apottati = quelli che riescono a digiunare per tanto tempo; le vergini sono chiamate
Parthénes.

PELLEGRINAGGIO DI DUE CONIUGI


Roma = Melania senjor, vedova, va a Gerusalemme con Rufino di Aquitania; lascia a Roma il figlio
minore con il tutore.

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Valerio Publicola sposa Albina, i due uniscono i loro patrimoni; hanno una figlia, Melania (nata nel
383 ca), chiamata come la nonna. La piccola cresce sentendo parlare della nonna e di un cugino,
Paolo, senatore, ricco, intellettuale; che poi lascia tutto e con la moglie si trasferisce a Nola per
vivere una vita ascetica (Paolino da Nola).
Melania a 14 anni si sposa con Priniano di 16 anni; nel 402 torna la nonna da Gerusalemme;
Melania conosce sia la nonna che il cugino Paolino, ed è colpita dal loro vestiario (abiti molto
semplici). Nasce così in lei il desiderio di fare un percorso spirituale; come Macrina, Melania
trascina in questa esperienza anche le madre e il marito; con in quali decide di fare una scelta di vita
modesta (no gioielli, vestiti semplici, vita ritirata, no feste, no bagno…).
Chiede al marito di fare una scelta di vita casta come il cugino Paolino con Arasia; tipico dei primi
secoli dell’era cristiana e nel Medio Evo: la moglie chiedeva al marito la rinuncia del sesso.
Priniano la asseconda, però le chiede di avere due maschi, perché hanno già una bambina. Quando è
il momento del parto però, il piccolo muore; Priniano allora decide di non “toccare” più la moglie;
poi muore anche la piccola, e loro lo interpretano come un segno.
Il padre di Melania, inizialmente non condivide, ma in punto di morte concede il suo benestare nel
403 (nel mondo romano infatti i figli, anche se sposati, erano sotto la potestà del padre fino alla
maggiore età; 30 anni). I due giovani coniugi, vorrebbero dare le loro ricchezze ai poveri, ma non
possono, perché vorrebbe dire scialacquare il patrimonio imperiale.
In occidente in quel periodo regnava Onorio, che è ancora minorenne, e quindi è sotto la tutela di
Stilicone e della sua sposa Serena, per cui è come se fosse lei l’imperatrice.
Melania va da Serena per chiederle di far sì che lei e il marito possano distribuire le loro ricchezze; i
loro schiavi si rivoltarono perché volevano stare con loro perché erano trattati bene.
Melania e il marito si sposano in Africa; fanno tappa in Silicia, dove hanno una grande villa; lì
ospitano Rufino d’Aquitania di ritorno da Gerusalemme, che muore loro ospite.
Crisi di Melania, che visto il luogo così bello, vorrebbe fermarsi lì per fondare una comunità; ma
vengono raggiunti dalla triste notizia del sacco di Roma del 410, allora vanno in Africa, ospitati dal
vescovo di Tagaste, Alipio, amico di Agostino, Melania, Priniano e la madre di lei.
La città vicina, Ippona, insorge perché gli abitanti lamentano il fatto che con i lasciti di Melania e
della sua famiglia, si arricchivano alcuni, ma non tutti, e questo non era giusto.
Ippona vuole che Priniano diventi sacerdote, ma lui non vuole, ma viene sequestrato e Agostino lo
ordina. Egli riesce a fuggire con Melania e Albina; dopo 17 anni riescono a liberarsi delle loro
ricchezze. Melania tiene solo un piccola somma per andare a Gerusalemme; vive reclusa per 11
anni in una cella dove la vanno a trovare finchè sono in vita la madre e il marito. Fonda a
Gerusalemme un monastero maschile in onore del marito e poi vive in comunità con altre monache;
muore nel 440; ma il monastero viene distrutto con altri nel VI secolo, e non ve n’è oggi alcuna
traccia.
(cfr “Melania” Jaca Book; e “donne d’Oriente e d’Occidente” Jaca Book).
26.03.09
Regola di S. Agostino; maschile e femminile; più blanda di quella di San Benedetto; è conosciuta
come regola “Ante Omnia” (prima di tutto l’amore per Dio); il modello è la comunità di
Gerusalemme.
Agostino è una figura chiave del IV Secolo; nasce nell’Africa Occidentale, influenzata dalla cultura
latina. Mentre Basilio va ad Atene a studiare, Agostino si sposta da Tagaste a Cartagine per studiare;
qui si incontrano lingua latina, greca e punica, ma la lingua più diffusa a livello scolastica è quella
latina. Agostino incontra i classici dell’antichità ed è affascinato in particolare dalle opere
filosofiche di Cicerone. Agostino non era cristiano, né lo era suo padre; lo era invece la madre
Monica; egli diventa professore di retorica; trova la Bibbia attraente dal punto di vista letterario.
Si avvicina al Manicheismo, che poi combatterà con forza.
I manichei sottolineavano la lotta tra bene e male; hanno uno stile di vita elitario; sono divisi in
adepti (devoti normali) e eletti.
Nel 383 si trasferisce a Roma; Gerolamo è a Roma, Egéria è a Gerusalemme, Basilio è morto da 2
anni.

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Incontra Simmaco e le classi elevate, che fanno una battaglia per le tradizioni pagane e per rimettere
in senato la statua della vittoria. Agostino incontra però anche dei cristiani molto motivati. La
capitale dell’impero d’Occidente, prima era Treviri, poi nel 381 era Milano, dove Agostino viene
trasferito per il suo lavoro; si trova così nella capitale, nella diocesi di Ambrogio (vescovo, poeta,
retore, pastore…).
Conosce la vita di Antonio, in un monastero vicino all’episcopato di Ambrogio. Scrive le
“Confessiones” , in cui racconta il suo percorso spirituale: arriva a Milano con la madre, la
compagna e il figlio Adeodato (=dato da Dio). Amava profondamente questa donna, che però deve
strapparsi dal cuore perché sceglie radicalmente di aderire al cristianesimo. Il figlio sceglie di
seguire il padre, ma “opportunamente” muore.
Un grande modello di quei tempi, era la sacra famiglia, dove il matrimonio non è consumato; cfr
Melania e Priniano, Paolino e sua moglie.
San Paolo diceva: “è meglio fare come me, non sposarsi, ma se proprio non se ne può fare a meno,
eliminare tutto ciò che distrae dal rapporto con Dio (nella linea del contrasto tra spirito e corpo in
molte culture religiose); e le cose cambiano solo con il Vaticano II.
Agostino ha avuto molti problemi e ripensamenti, però dopo essere stato battezzato da S. Ambrogio
non ha più ripensamenti. Torna a Roma e poi prosegue per l’Africa dove, con alcuni amici, decide
di fare una scelta di vita monastica comunitaria. Ad Ippona a furor di popolo viene consacrato
sacerdote dal vescovo, e alla morte di questo, nel 395, viene eletto vescovo.
Lascia tutte le ricchezze; vive in comunità vicino all’episcopato, come Basilio.
Il vescovo poteva essere sposato, ma gli si consigliava di sposarsi una sola volta, con una donna
integrale: la famiglia del vescovo doveva essere d’esempio per tutti.
Fonda un monastero femminile per la sorella vedova; sarà una comunità che seguirà anche dopo la
morte della sorella, perché le monache si ribellarono alla nuova badessa che per loro è troppo rigida.
Agostino risponde con una lettera blanda in cui si dice che l’obbedienza deve essere al primo posto.
Per tutte le comunità monastiche l’obbedienza è fondamentale, quindi c’è la rinuncia ai propri beni
(Povertà), alla famiglia (Castità) e anche alla propria personalità, con un appiattimento al volere del
superiore (Obbidienza) (anche al confessore e al vescovo).
REGOLA DI SANT’AGOSTINO PER LE MONACHE
È una scelte comune, guidata dalla grazia di Dio, scelta di amore e libertà; viene esaltata la bellezza
spirituale, che è l’immagine della bellezza e l’immagine di Cristo e di Dio; occorre fare sentire il
“Profumo di Cristo” non come serve, ma come donne libere. (presente in diverse epoche il tema
della bellezza di Dio, fino ai nostri giorni, con Von Balthasar).
Vesti semplici, umili, contegno, amore per le persone, odio per i vizi (cfr Giovanni XXIII=amare i
peccatori, ma essere inflessibili con il peccato). Agostino muore quando i Vandali sono alle porte di
Ippona. Da lì in poi ci sarà la decadenza del Cristianesimo in Africa.
EGERIA
(Cfr. Cartina)
Pellegrinaggio itinerante anche dal punto di vista liturgico. Vengono presentati i luoghi della liturgia
di Gerusalemme:
Martyrion o Ecclesia Major
Anàstasis (a pianta circolare con grande cupola)
Monte degli ulivi = ascensione di Gesù
Lazarium = dove Lazzaro era stato resuscitato o dove Marta corre incontro a Gesù per dirgli che
Lazzaro era morto (discordanza degli studiosi).
Liturgia del Battesimo: Preparazione durante il tempo di Quaresima.
Il vescovo interroga il padrino e la madrina se il candidato aveva uno stile di vita irreprensibile;
Egeria descrive bene questa liturgia. I catecumeni non possono entrare; donne da una parte e uomini
dall’altra. Avveniva la spiegazione del vescovo sulla fede cristiana (= catechesi con tutte le
scritture). Poi ricevono il simbolo apostolico (o Niceno).
Ripasso per tutti e lezione per chi riceverà il battesimo. La catechesi durava sette settimane, per tre
ore al giorno. Nell’ottava settimana iniziavano le cerimonie.

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La domenica delle Palme, la liturgia avveniva sull’Eleona = monte degli ulivi.
Nella liturgia di Gerusalemme, è la domenica dei bambini; ci sono rami di palma e ulivo, vi
partecipa il vescovo, il popolo dei fedeli e i bambini, più alcuni personaggi insigni; poi si procede a
piedi fino all’Anàstasis.
Il giovedì Santo, c’è una veglia all’Eleona (un’ora dopo il tramonto = verso le sette di sera); alla
grotta in cui Gesù aveva parlato ai discepoli, fino alla quinta ora della notte. All’alba si ridiscende
all’Ibomon. C’erano letture e un’orazione; veniva letto il brano in cui Gesù dice “Vegliate per non
entrare in tentazione”.
Si procede pian piano vesto il Getzemani con la lettura dell’arresto di Gesù, ancora al buio; mentre
quelli che partecipano piangono e urlano; e quando fa chiaro si giunge davanti alla croce.
Venerdi Santo: il vescovo incoraggia il popolo che si è affaticato tutta la notte; alla seconda ora del
giorno, tutti sono davanti alla croce. I diaconi vegliano sulla croce per non lasciare che la reliquia
venda rovinata; i fedeli non toccano con le mani, ma baciano la croce. Venerano l’anello di
Salomone e l’ampolla con l’olio per l’unzione dei re; sfila tutto il popolo fino alla ora sesta; questo
rito si fa con qualsiasi tempo.
C’è una catechesi continua per tutta la Quaresima e per tutta la settimana Santa; si leggono i salmi, i
profeti (passi nei quali è predetto che Gesù avrebbe sofferto), Vangeli in cui sia parla della Passione,
Atti degli Apostoli, scritti apostolici e lettere.
Dalla ora sesta ala nona ci sono letture e preghiere; il popolo piange e partecipa commosso. Poi si
va all’Anastasis, dove si legge la parte in cui Giuseppe chiede a Pilato il corpo di Gesù, poi si veglia
fino a quando si può e successivamente c’è il commiato. La veglia pasquale è come quella che si fa
in Occidente; perciò non viene descritta, perché Egeria la conosce già.
Parla anche di una catechesi post-battesimale.
La catechesi avveniva in greco, siriaco, e anche in latino (con persone che traducono quello che il
vescovo dice).
02.04.09
Tuniz.
MONACHESIMO OCCIDENTALE
In Occidente, quella di San Benedetto non è l’unica regola, ma dopo Carlo Magno e suo figlio,
Ludovico il Pio, il monachesimo benedettino è stato quello più importante e diffuso, da cui sono
nati anche altri ordini monastici, tra cui i cistercensi.
Il monachesimo orientale, si sviluppa in Egitto e Palestina, come stile di vita adottato da solitari o
anacoreti che vivevano nel deserto (Monaco, da monos=quello che vive da solo).
Anche i monaci cenobiti però, stanno da soli davanti a Dio, lontani comunque dal mondo, pur
vivendo in comunità.
Il monachesimo è un fenomeno della storia della Chiesa di tipo laico; non sono sacerdoti. Il monaco
è colui che lascia il mondo per cercare Dio, e può avvenire in forme diverse: o vivendo da soli
(eremitismo) o vivendo in comunità, sotto la guida di un capo spirituale, l’abate, e sotto la guida di
una regola (monachesimo cenobita).
Il monachesimo cenobita si diffuse soprattutto in Occidente; le sue caratteristiche erano:
1- fuga dal mondo (rinuncia ai beni, alla famiglia, ecc…)
2- ricerca di Dio
Allontanamento fisico, ma soprattutto rinuncia interiore (alla società, al vivere in società…)
Ma perché questa fuga? Perché il monachesimo nasce in Oriente?
Dal punto di vista storico le risposte sono varie e nessuna è esaustiva.
San Girolamo dice che molti andavano nel deserto per sfuggire alle persecuzioni, alle pressioni
fiscali, per sfuggire a condanne (casi documentati).
Altra motivazione era una risposta all’indebolimento morale delle comunità cristiane dall’editto di
Costantino (313) in avanti (cfr anche l’editto di Teodosio, per il quale il cristianesimo diventa
religione di stato); la conversione per molti, tra il IV e il V secolo, consisteva nel cambio di culto,
non in una vera conversione interiore.
Di fronte ad una società cristiana per legge, molti vedono in questa situazione un indebolimento

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morale da cui fuggire.
MONACO= fugge dal mondo per andare a incontrare direttamente Dio (da solo o in comunità),
senza mediazioni umane o istituzionali.
Il ritiro ascetico dal mondo, è una caratteristica di molte religioni:
cfr gli Esseni del mar Morto descritti da Plinio il Vecchio nella “Naturalis Historia”: gente solitaria
che ha rinunciato al mondo, priva di donne, che ha rinunciato al denaro, amici delle palme. Cfr
Giovanni Battista, che viveva nel deserto, con poco cibo, rinunciando al mondo, Cfr le parole di
Gesù al giovane ricco, Cfr il monachesimo buddista, tentativo e sforzo dell’uomo di ascendere
verso Dio, diversamente dal cristianesimo nel quale è il Figlio di Dio che è sceso fino all’uomo,
facendosi egli stesso uomo.
Ma allora, se il cristianesimo è capovolto, perché i monaci cristiani rinunciano a tutto per ascendere
a Dio se è Lui che, attraverso il Figlio, è disceso fino a noi?
Gesù non è vissuto come un monaco, non si è isolato dalla storia, non ha disprezzato il corporeo,
amava stare in compagnia di amici, bere e mangiare. Ha invitato i suoi ad andare fino ai confini del
mondo per portare il suo Vangelo; il Regno comporta dimensioni storiche, che non implicano la
fuga dal mondo. Nel NT sta al centro che Gesù è figlio di Dio, anzi, Dio stesso, non per fuggire
dalla storia, ma per compiere l’esperienza umana fino all’ultimo.
Il monachesimo, fino al III secolo, non ha dimensioni rilevanti; è solo dopo l’editto di Costantino
che il fenomeno inizia a diffondersi. Cfr Lettera a Diogneto (II secolo): i cristiani sono cittadini del
cielo, ma vivono nel mondo, obbediscono alle leggi, ma sono superiori alle leggi.
16.04.09
Airoldi
L’organizzazione della Chiesa in Occidente, genera esperienze diverse: nelle campagne e nelle valli
ancora nel IV secolo, è molto diffuso il paganesimo; i possessores, proprietari terrieri, costruiscono
chiese private e chiamano i missionari per evangelizzare le popolazioni locali.
S. EUSEBIO DI VERCELLI
Nato in Sardegna, studia a Roma, nella metà del IV secolo; viene mandato da Roma come vescovo
a Vercelli per evangelizzare l’Italia settentrionale nella zona occidentale, che faceva capo ad
Aquileia, nominato direttamente da papa Giulio nel 345 d.C.)
Eusebio, a Roma, aveva conosciuto i monaci orientali che erano stati esiliati con Antonio, del quale
conosce la vita, quindi quando arriva a Vercelli, organizza un cenobio in cui il vescovo fa vita
comune con i suoi presbiteri; poi organizza anche una scuola per i futuri presbiteri.
(cfr Pacomio) L’abate è anche vescovo; i presbiteri, oltre che ad essere monaci, si dedicano alla cura
delle anime.
Eusebio muore dopo aver fatto una terribile esperienza: nel 355 viene organizzato un sinodo in cui
firmare la condanna di Atanasio, perché l’imperatore era ariano; tre vescovi: Dionigi di Milano,
Eusebio di Vercelli e Lucifero di Cagliari, si rifiutarono di firmare e furono esiliati rispettivamente
in Armenia, a Scitopoli di Siria, e in Cappadocia.
A Milano, reggerà la diocesi per 15 anni al posto di Dionigi, un vescovo ariano, Ausenzio, che
rimase fino alla morte nel 371.
Da Scitopoli, Eusebio scrive una lettera, dall’Egitto scrive ad un vescovo in cui lo invita a
mantenere la fede nicena.
Nel 361-363 Giuliano l’apostata, tornato al paganesimo, è più conciliante; fa una grande amnistia,
per cui Eusebio torna a Vercelli. Ad Alessandria d’Egitto, Eusebio fa un sinodo dei confessori che in
tempo di persecuzione erano rimasti dalla parte di Atanasio; in questo sinodo, riconferma la fede
nicena.
Torna poi in Italia, ma non rientra a Milano per far destituire il vescovo ariano Ausenzio; nel 371
viene eletto vescovo dal popolo il governatore di Milano, Ambrogio.
Di famiglia romana, nasce a Treviri, studia a Roma sui classici greci e latini, conosce l’esperienza
dei cenacoli femminili romani perché la sorella Marcellina era vergine consacrata. Nel 370 giunge a
Milano come governatore, è solo catecumeno, non è nemmeno battezzato, anche per problemi di
carriera. Acclamato vescovo dal popolo, deve essere battezzato, ordinato sacerdote e poi vescovo, in

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fretta e furia.
Suo maestro fu Simpliciano, che a Milano aveva fondato dei cenacoli di uomini dotti, che aveva
come scopo quello di conciliare la dottrina pagana con quella cristiana
Nel 381, con l’imperatore Graziano (è un momento complicato per la storia politica, nel quale
vengono assassinati diversi imperatori), Milano diventa capitale dell’impero d’Occidente, quindi i
vescovo di Milano ha una grande importanza, pari a quella del vescovo di Roma.
Teodosio e Ambrogio si conoscono e collaborano, ma hanno anche due scontri; uno per la
ricostruzione della sinagoga ebraica distrutta da alcuni fanatici da parte del vescovo di Milano
(Ambrogio è contrario e lo rimprovera); e gli scontri di Tessalonica nel 390 in cui Teodosio muove
contro la popolazione. Ambrogio gli impone pubblica penitenza e lo minaccia di scomunica;
Teodosio si sottomette alla penitenza e chiede perdono.
Oriente e Occidente hanno storie molto diverse; in Oriente, l’imperatore è capo della Chiesa, in
Occidente, c’è la lotta tra il potere politico e gerarchia ecclesiastica che ha sempre voluto
indipendenza dal potere politico, e anzi voleva essere superiore, poiché l’imperatore, come figlio di
Dio, deve sottostare al vescovo/papa, per tutto quello che riguarda l’ambito religioso.
Ambrogio è un vescovo metropolita che ha sotto di se alcuni vescovi di diocesi minori, che
incominciano a formarsi in questo periodo (vescovi suffraganei).
Leggenda di Novara: Ambrogio incontra Gaudenzio e dopo la morte di Eusebio gli dice: “Ti farò
vescovo”, ma muore prima di ordinarlo, per questo Gaudenzio viene ordinato dal successore di
Ambrogio, Simpliciano.
EPISODIO DEI MISSIONARI DELLA VAL DI NON
Mandati dal vescovo di Trento, in collaborazione con Ambrogio, per un’opera di evangelizzazione,
si chiamavano Martino, Alessandro e Sisinio, martirizzati dalle popolazioni locali perché
distruggevano edifici pagani.
EPISODIO DI EVANGELIZZAZIONE DI CUSIO
Attraverso l’opera dei santi Giulio e Giuliano. Il mandato è dell’imperatore (Editto di Teodosio del
380, in cui il cristianesimo è proclamato religione di stato; da qui si ha il rovesciamento della
situazione precedente: vengono perseguitati i pagani.
Abbiamo la descrizione dei riti pagani fatta da Massimo da Torino, del quale abbiamo circa 80
omelie; sappiamo poco di lui, forse fu il primo vescovo di Torino, forse fu nominato durante un
sinodo di vescovi di Gallia. Grossa azione di evangelizzazione nelle valli, aiutato dai proprietari
terrieri, visse tra il IV secolo e l’inizio del V secolo. Ambrogio muore nel 397, Gaudenzio è eletto
vescovo nel 398.
Massimo descrive i sacerdoti celtici: hanno parrucche in testa, sono mezzi nudi, con un grmbiule,
che si percuotono fino a farsi male; sembrano più gladiatori che uomini religiosi; riti pagani: altari
al diavolo, teste di capri appesi alle soglie.
All’inizio del V secolo, frana l’impero, nel 410 arrivano i Barbari a Roma. Erano cristiani, anche se
ariani; in questo periodo si avevano conversioni di popoli interi, quando si convertivano i capi.
La storia d’Europa politica cambierà completamente, però questo non comprometterà il diffondersi
del cristianesimo in occidente; nell’Europa occidentale il cristianesimo si rafforza (Colombano
dall’Irlanda).
23.04.09
“Chiesa e società: appunti delle diocesi lombarde” bibliografia sulla storia della chiesa antica
dell’Italia settentrionale.
Confronto e scontro tra il mondo ellenistico-romano e il mondo dei “Barbari” (stranieri), che
avanzavano in Italia. È una storia complicata, non lineare: questi barbari hanno approcci diversi,
con la cultura che incontrano, in una cultura basata sulla scrittura (filosofia, Padri della Chiesa).
Questi popoli, premono ai confini dell’impero; gruppi intere di popolazioni barbariche, non solo
singoli individui; quindi ad essere accettati sono i capi con le loro tribù (prima come coloni, poi
come federati, come per esempio i Visigoti. Teodosio è chiamato “l’amico dei Goti” perché il suo
predecessore, Valente, era stato ucciso in battaglia da questi popoli, quindi Teodosio deve mediare).
Queste popolazioni sono già cristiane, grazie al missionario Ulfila (340-360 d.C. grande azione di

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inculturazione, aveva anche tradotto la Bibbia nelle lingue germaniche). Però erano cristiani ariani,
essi si devono confrontare con i Niceni; i Visigoti vengono accolti all’interno dell’impero.
Un capo barbaro, Gaimas, fa irruzione a Costantinopoli (nel 395, alla morte di Teodosio al quale
succede Arcadio, imperatore fragile, di 17/18 anni) e uccide il magister officio rum (primo ministro)
Rufino di Aquitania; nel 408 Arcadio muore giovane lasciando un bambino piccolo;
successivamente terrà il potere la sorella Pulcheria, che cercherà di mandare i barbari verso
occidente. I visigoti vengono dirottati verso l’illirico (zona dei Balcani); Gaimas e i suoi, nel 400
vengono trucidati.
In Occidente, alla morte di Teodosio, il figlio è ancora un bambino; Onorio; reggente è Stilicone, un
generale vandalo. Egli aveva sposato una nipote di Teodosio, Serena (cfr storia di Melania).
Stilicone fu difensore dell’impero anche contro lo altre popolazioni barbare, che non esita a
combattere se minacciano i confini dell’impero. La notte tra il 31-12 e il 01-01 del 406-407, il Reno
era ghiacciato per il freddo, Alani, Svevi, Burgundi, e Vandali, alleati, attraversarono il Reno a piedi
e scesero in Gallia. Con loro anche alcuni Franchi Salii. L’impegno di Stilicone si sposta in Gallia,
ma poi ci sono accordi e queste popolazioni si stabiliscono in posti diversi; alcuni vanno in Spagna,
altri verso la Borgogna, etc…
Altro problema rimangono i Visigoti, con a capo Alarico che si considera un dipendente
dell’esercito d’Oriente e porta i suoi nell’Illirico da cui risale verso l’Italia. Nel 408 c’è il primo
assedio di Roma, dopo il rifiuto del pagamento; una parte di Italici, non tollera più Stilicone, che fa
il buono e il cattivo tempo (aveva fatto sposare le due figlie al giovane imperatore Onorio).
Stilicone va verso Ravenna e viene catturato e accusato di collusione con il nemico. È condannato a
morte; l’imperatore ne era invidioso. Morto lui però c’è il crollo; Serena stessa è accusata e
condannata a morte, perché probabilmente a Roma aveva tentato una mediazione.
A Roma, c’era un’altra principessa: Galla Placidia, figlia di Teodosio e sorella di Arcadio e di
Onorio. Aveva 16 anni, era figlia di un secondo matrimonio di Teodosio.
Alarico e i suoi chiedono solo un riscatto, che non viene pagato, e nel 410, con l’esercito, entra a
Roma (sacco di Roma) che era però ormai una città secondaria, perché la capitale era Ravenna.
Alarico e i suoi però non si fermarono a Roma essendo popolazioni nomadi; quindi si diressero
verso sud, per andare nei “granai” dell’impero. Prendono come ostaggio Galla Placidia.
A Cosenza, Alarico muore e i suoi si fermano con lo “scomodo” ostaggio; come nuovo capo viene
eletto Ataulfo. Decidono poi di risalire l’Italia e cercare una terra dove vivere in pace. Si fermano
nella Gallia del sud (in Aquitania).
Per dare segno di buona volontà (coesistenza pacifica con le popolazioni locali e con l’impero),
Ataulfo, sposa Galla Placidia, con il suo consenso nel 413. La cerimonia nuziale è all’insegna del
fasto romano. Cerca un accordo in modo che il suo popolo possa coabitare pacificamente con gli
altri. In segno di fratellanza, quando nasce un bambino, lo chiamano Teodosio, ma a Ravenna non
capiscono e vogliono lo scontro. Si sceglie un nuovo generale (Costanzo), che spinge i visigoti
verso la Spagna (zona dei Pirenei, e poi verso Barcellona).
Anche alcuni capi Visigoti attaccano Ataulfo e lo uccidono, con i figli del primo matrimonio,
seguendo la pratica delle invasioni barbare. Era accusato di aver tradito le tradizioni barbare. Il
nuovo capo però, viene ucciso dopo pochi giorni. Egli tratta Galla Placidia come una schiava; il
piccolo Teodosio era già morto. Il nuovo successore è più diplomatico, decide di trattare con
l’impero, rilascia Galla Placidia e la nomina “regina dei Visigoti” con uno stuolo di guardie. Ella
torna a Ravenna ed è costretta dal fratello Onorio a sposare il vecchio generale Costanzo. Dal
matrimonio nascono due bambini: Valentiniano e _______. Nel 417 Onorio celebra il trionfo a
Roma (come gli imperatori romani); i Visigoti si sistemano in Aquitania come “soci federati”.
Il generalo Costanzo muore presto (nel 421), e pochi anni dopo muore anche Onorio (423) senza
figli. A Roma, il senato nomina un suo imperatore, Giovanni, che comincia ad appoggiarsi a Ezio,
un generale vissuto presso gli Unni come ostaggio, che aveva anche imparato la loro lingua e aveva
sposato una visigota.
Galla Placidia, va a Costantinopoli con i figli e chiede protezione; l’imperatore d’Oriente è di fronte
alla scelta di chi aiutare; decide di aiutare Galla Placidia e il figlio Valentiniano III a tornare in

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Italia, dove incontrano lo pseudo imperatore Giovanni e Galla Placidia decide di condannarlo a
Morte. Vanno a Ravenna e poi a Roma, dove lei governa l’impero e regge il trono per il figlio
Valentiniano, fino alla maggiore età; lui diventa imperatore nel 438. Finchè governa Galla Placidia,
si cerca un equilibrio tra le popolazioni italiche e barbariche; sceglie come generale Ezio, che vivrà
in Gallia, per non che prendesse troppo potere; quando però la madre lascia il trono, Valentiniano
non rivela le sue stesse doti: uccide di sua mano Ezio, nel 454 e l’anno dopo, viene ucciso a sua
volta. Aveva sposato la figlia dell’imperatore Teodosio II. Vengono elaborate durante l’impero di
Teodosio II le leggi dell’impero d’Oriente (438-439), in coordinazione con il celebre giurista
Apelle; in Occidente verrà adottato lo stesso codice; poi Giustiniano farà ulteriormente elaborare
questo codice, che sarà legge e base del diritto per tutto il Medio Evo.
La sorella di Valentiniano, Onoria, è molto scontenta del comportamento del fratello, e va a
Costantinopoli; chiede aiuto ad Attila che nel 450 va in Gallia perché crede che la giovane si voglia
offrire come fidanzata (a causa del dono di un anello); dove viene però fermato dal generale Ezio;
allora scende in Italia, attraverso Aquileia nel 452 e la devasta saccheggiandola; verrà fermato da
papa Leone I, e tornerà indietro. Alla sua morte, il suo popolo si disperde.
Nel 455, il vandalo Genserico arriva a Roma, che crea scompigli, finchè verrà messo sul trono
Romolo Augustolo (un ragazzino con tare mentali) e l’anno seguente, nel 476, Odoacre, re degli
Eruli, fa cadere l’impero Romano d’Occidente deponendo Romolo Augustolo, ma senza ucciderlo,
facendolo ritirare in convento.
Nel 493 si affaccia un nuovo popolo, gli Ostrogoti di Teodorico; l’impero d’Occidente non c’è più;
l’unico imperatore è quello orientale. Anche Teodorico cerca la coesistenza pacifica tra la
popolazione latina-italica e il suo popolo. Teodorico si appoggia e fa accordi con il senato romano e
con la Chiesa Cattolica; Teodorico è ariano, però è affascinato dalla cultura romana, ma vorrebbe
anche mantenere la tradizione e la cultura del suo popolo; si fa riconoscere come “patricius” nel 484
(funzionario dell’impero) e si circonda di funzionari italici.
Teodorico ha una figlia: Malassunta (madre franca), fa accordi con i Franchi, i Burgundi, i Visigoti,
anche grazie ai matrimoni (egli stesso sposa la figlia di Clodoveo, re dei Franchi, 465-511); dà una
cultura cristiana, e anche greoc-romana allq figliq, facendole ricevere un’educazione trilingue
(greco, latino e gotico), vincendo le resistenze degli estremisti di entrambe le parti.
Egli però, ad un certo punto, incomincia a vedere nemici e cospiratori ovunque, e uccide i suoi
collaboratori, tra cui il celebre filosofo Severino Boezio. Poi si appoggia a Cassiodoro, ma ormai ha
contro tutta la popolazione italica e la classe dirigente.
Dà in sposa la figlia ad un capo visigoto di Spagna che apparteneva alla sua tribù; nascono due figli
(un maschio e una femmina). Malassunta, rimasta vedova, prende il potere per il figlio, ma anche
questi muore e lei sposa il cugino, Teodato, che la fa prigioniera e la manda su un’isoletta sul lago
di Bolsena; muore nel 535 strangolata.
Giustiniano è imperatore d’Oriente e, con il pretesto di questo assassinio, muove guerra contro
l’Occidente (guerra greco-gotica); i Greci vincono, spazzando via i Goti, ma poco tempo dopo,
arriveranno i Longobardi.
07.05.09
Il monachesimo acquista un rilievo storico dalla fine del IV secolo, con Antonio abate, che vive nel
deserto. Di lui rimangono poche lettere; ma ci rimane la “Vita Antonii” di Atanasio (biografia, o
meglio, agiografia), tradotta anche in latino.
Ebbe molta diffusione e lettori celebri; Ambrogio la lesse a Treviri e Agostino a Milano.
Dalla biografia di Atanasio, viene fuori il ritratto di un religioso che interpreta bene le caratteristiche
espresse anche da Origene. (cfr Patrologia, e il concilio di Costantinopoli di due secoli dopo la sua
morte, in cui l’imperatore Giustiniano lo fa condannare post mortem come eretico, e ordina che le
sue opere vengano bruciate).
Origene aveva tentato una mediazione tra la teologia del NT e la cultura pagana; per lui la divinità è
estranea all’uomo, e l’uomo si stacca dalle cose terrene e dal suo corpo per avvicinarsi a Dio; la
salvezza si ottiene appunto con questo cammino, che è lo stesso cammino praticato dai monaci.
Il cristianesimo diventa così certamente più comprensibile alla mentalità pagana, impregnata di

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neoplatonismo; in questo modo però, perde alcuni concetti chiave:
1- la divinità va verso l’uomo con l’incarnazione
2- l’importanza del corpo, che è un valore dovuto alla resurrezione di Cristo.
Antonio, vive nella solitudine del deserto, abbandona le cose, disprezza il corpo e le sue esigenze
(modello di impostazione di Origene).
La GRANDE INVENZIONE (da inventio = ritrovare) MONASTICA IV SEC.
Chi vuole salvarsi, molli tutto e trovi la sua via per trovare Dio.
Il prezzo da pagare per una visione di questo tipo, è la separazione dei cristiani in Perfetti, coloro
che hanno lasciato il mondo, e tutti gli altri che sono imperfetti.
Si intende Dio come essere perfetto, ma estraneo alla storia e al corpo, per raggiungerlo bisogna
praticare un’ascesi perfetta, lottare contro il demonio e i sette vizi capitali (accidia=indolenza
spirituale, ira, gola, invidia, lussuria, superbia, avarizia).
Nel mondo orientale, furono i deserti d’Egitto, Siria, Palestina ad accogliere i primi asceti,
comparvero fin dalle origini due modelli di vita per cercare di salire verso Dio:
1) EREMITI, Eremo (dal greco deserto) il cui capo fu riconosciuto in S. Antonio Abate,
modello per eccellenza grazie alla vita di Atanasio, che però non era stato il primo eremita,
aveva seguito altri. Il porcello = il maiale = il demonio nella tradizione orientale, contro cui
S.Antonio dovette combattere per tutta la vita. Gli eremiti vivevano in capanne, grotte, ecc..
non si vedevano se non la domenica per la preghiera comune e l’Eucarestia.
2) CENOBITI, Cenobio (dal greco vita comune) secondo la tradizione del modello cenobitico,
il riferimento è S. Pacomio, che fondò una comunità intorno al 230 d.C. sulle rive del Nilo.
Era un ufficiale romano, e quando costruisce il suo monastero, si ispira all’accampamento
dell’esercito (cardo, decumano, accampamenti, luoghi dove stare in comune…). C’era la
necessità di lavorare per i poveri, ma anche di sostenersi: vendevano oggetti fatti a mano da
loro.
La consapevolezza dell’eremita era di essere lui e Dio uno di fronte all’altro, e solo così si poteva
raggiungere la pace spirituale.
Pacomio creò anche comunità femminili; Basilio è uno dei grandi padri Cappadoci, insieme a
Gregorio di Nissa e Gregorio di Nazianzio. Era un uomo di grande cultura, aveva studiato ad Atene,
Costantinopoli e Cesarea; aveva viaggiato in Palestina ed Egitto ed aveva conosciuto i padri del
deserto (gli eremiti), ma anche le comunità di Pacomio; reputa migliore la vita cenobita e fonda una
comunità a Cesarea.
Scrisse due regole: quella lunga e quella breve; i concetti fondamentali erano l’ubbidienza al
superiore che deve però concedere mortificazioni che devono essere moderate; insiste sulla virtù del
lavoro in monastero e che ad ogni novizio venga insegnato un mestiere. Intraprende un’opera di
legislatore monastico e di vescovo, pone il monachesimo sotto il potere ecclesiastico.
I pellegrinaggi nascono anche per andare a scoprire e conoscere i monaci e gli eremiti.
Eusebio di Vercelli, quando tornò dall’esilio, iniziò a vivere in modo simile ai cenobiti; andava a
Oropa ogni tanto per isolarsi e ritemprarsi spiritualmente.
Girolamo, in Palestina, aveva tradotto le regole di Pacomio.
Rufino di Aquileia aveva tradotto le “vitae patruum”.
GIOVANNI CASSIANO
Nasce nel 360 in Dobrugia, nella penisola illirica. È citato anche da Benedetto.
In Provenza dove vive poi, scrisse due testi: “de institutiis cenobiorum” (le istituzioni monastiche
cenobitiche) e le “Collationes (dal latino conferenze). Nel primo testo parla dei modi di impostare la
vita cenobitica; nel secondo, parla dei discorsi dei padri del deserto per istruire il cristiano che vuole
diventare perfetto. Definisce la vita monastica con il termine “libertas” (il monaco è libero dal
mondo).
L’obbedienza è la virtù fondamentale del monaco, che poi trasborda nel campo del cristianesimo
tout cour; ma in realtà, non fa parte né delle virtù teologali (fede, speranza, carità), né in quelle
cardinali, che sono il cardine della vita dei cristiani (temperanza, prudenza, giustizia, fortezza).
Rinuncia al mondo, alla famiglia, alla sessualità (castità), alla propria patria, ai beni terreni

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(povertà). Castità e povertà sono i due lati della rinuncia al mondo; ma c’è per G. Cassiano una
rinuncia più importante: la rinuncia alla propria volontà; è quella più ardua, la trasposizione
interiore a questa rinuncia è l’umiltà.
14.05.09
BENEDETTO DA NORCIA
Non è il fondatore del monachesimo, ma dà le regole; prima di lui Martino di Tour (morto nel 397),
aveva fondato nel 372 un monastero, ebbe la fortuna di avere un grande biografo, Sulpicio Severo,
che cercò di dimostrare che a Martino non mancava nulla rispetto ai padri del deserto, cioè che in
Occidente il monachesimo era valido e rigoroso. “la Vita” di Sulpicio Severo, divenne un modello
agiografico, e molte vite di santi furono scritte ispirandosi ad essa (anche quella di S. Gaudenzio di
Novara).
Poi ci furono altri monaci: Gerolamo che va in Siria con varie matrone che fondano monasteri
(Paola a Betlemme). Onorato fonda il monastero di Lerein (di fronte a Cannes).
S. Agostino aveva scritto nell’ “ordo monasterium” come doveva essere condotta la vita in
monastero, scritto anche per sua sorella.
Diversamente dalla situazione del monachesimo orientale, che fu sempre in conflitto con le autorità,
in Occidente, il monachesimo fu sempre ben integrato con le autorità anche se i monaci sapevano di
costituire la parte laica della cristianità. (Benedetto non sopportava i preti).
Benedetto allora non è fondatore, ma legislatore dei monaci; il monachesimo in Occidente c’era da
più di 200 anni.
Per la vita di S. Benedetto non abbiamo nessuna fonte storica. Ma non si può dire che non sia mai
esistito; è nato a Norcia nel 480 e morto a Montecassino intorno al 547, ma sono date
convenzionali. È certo che S. Benedetto sia morto prima dell’arrivo dei longobardi a Montecassino.
L’unica fonte che abbiamo, è una fonte agiografica: nel secondo libro dei “Dialoghi” di papa
Gregorio Magno (590-604) in cui parla di Benedetto, anche se non lo conobbe personalmente,
conobbe alcuni monaci suoi compagni.
Una fonte agiografica però non è una fonte storica, perché l’agiografico non vuole scrivere la vita
storica del santo, ma mettere in rilievo gli aspetti morali per cui debba essere preso a modello.
L’agiografo non è mai uno storico e non lo vuole essere, anche se gli scritti di questo tipo possono
contenere anche dati storici, sono un prodotto culturale dell’ambiente Medievale, mentre le
biografie appartengono all’ambiente post-illuminista.
In Occidente c’erano stati santi molto importanti e da ammirare; i Dialoghi di Gregorio Magno
parlano dei santi vissuti nella penisola italica. Sono scritti in forma di dialogo tra maestro e
discepoli. Gregorio scrisse i “Dialoghi” intorno al 600-601 nei quali dice che Benedetto scrisse una
regola per i monaci.
Prima della II guerra mondiale, due monaci benedettini rimisero in discussione l’autenticità della
Regola di Benedetto e anche il suo autore.
Era da considerare anche la Regula Magistri, semplificazione del testo benedettino, che era
considerata una derivazione della Regola di Benedetto, anche se non si sa chi fosse questo maestro.
La regula magistri era in forma dialogica, e ha molte parti in comune alla regola di Benedetto.
Sono uguali il prologo e i capitoli I e II, e anche la successione degli argomenti (titoli dei capitoli).
Questo lasciò pensare che il maestro avesse copiato Benedetto, ci sono cambiamenti dal 66esimo al
73 esimo capitolo.
Nel 1938 un monaco spagnolo (Matteo Alamo), sostenne invece che la regula magistri fosse
precedente a quella di Benedetto; oggi questa tesi è accettata come valida, ma all’epoca suscitò
scalpore.
Adalbert de Volnet dimostrò questa tesi nei trent’anni successivi e scrisse 12 volumi
sull’argomento; oggi si ritiene che la Regola del maestro sia stata scritta tra il 500 e il 530. Allora la
regola di Benedetto deve essere stata scritta dopo il 530 e prima della morte di Benedetto, per la
quale si erano proposte due date: 542 e 547, e la nascita intorno al 480. Oggi gli studiosi
concordano nel collocare la morte più avanti, nel 560; in tal modo si spiegherebbero meglio alcune
influenze bizantine presenti nel testo della Regola e introdotte dal 540 c.a.

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La Regola di San Benedetto fu scritta a Montecassino mentre quella del meaestro, nel sud di Roma;
i longobardi distrussero Montecassino nel 540 c.a. anche la nascita di Benedetto allora è da spostare
avanti di 10-15 anni.
Altri elementi interni alle due regole, danno ulteriori notizie, anche cronologiche.
Il maestro chiede ai monaci di non allontanarsi dal monastero più di 300 passi perché non ce n’è
necessità; i monaci di Benedetto invece si allontanano.
Il monastero di Benedetto ha anche laboratori e officina, è una unità produttiva, perché poi vendono
i loro prodotti.
Il monastero del maestro non aveva campi se i monaci non potevano allontanarsi più di 300 passi,
oppure (più verosimile) andava qualcun altro a lavorare i campi; questo perché ai tempi della
Regola del maestro, le campagne sono popolate, e il monastero ha le sue terre che però sono
lavorate da molti uomini che abitavano nelle campagne.
30 anni dopo, sono arrivati i goti, le campagne di sono spopolate e allora sono i monaci di
Benedetto che devono andare a lavorare i loro campi; è cambiata la situazione economico-politica.
A prova di ciò, nell’agiografia di Gregorio Magno, il monastero è pieno di Goti.
Dal VI secolo infatti, la Chiesa riuscì nel processo di integrazione dei popoli germanici.
Il primo aspetto del monaco è la rinuncia al mondo; il secondo, è come si diventa monaci (la
procedura):
Cap 58: della rinuncia al mondo, fa parte anche la rinuncia alla propria volontà, cioè l’obbedienza
totale all’abate (impostazione del diritto romano).
Cap 59: I figli cadetti che non avevano diritto all’eredità, venivano mandati in monastero verso i 7
anni; erano gli Oblati (=offerti).

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