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Fausto di Riez

LO SPIRITO SANTO
Introduzione, traduzione e note
a cura di Claudio Micaelli

Città Nuova
Copertina di Gyòrgy Szokoly

© 1997, C ittà N u o va E d itrice


via degli Scipioni 265 - 00192 R om a

Con approvazione ecclesiastica


ISBN 88-311-3136-2

Finito di stampare nel mese di aprile 1997


dalla tipografia Città Nuova della P.A.M.O.M.
Largo Cristina di Svezia, 17
00165 Roma - tel. 5813475/82
INTRODUZIONE

Il D e S p i r i t u S a n c t o n e l l ’a t t i v i t à l e t t e r a r i a
d i F a u s t o d i R ie z

Possiamo ricostruire le tappe principali della vita e del­


l’opera letteraria di Fausto di Riez attraverso le testimonianze
dei suoi contemporanei. Alcimo Avito e Sidonio Apollinare ci
attestano che era originario della Gran Bretagna, e non vi è
motivo per mettere in dubbio la verità di tale affermazione,
nonostante che Facondo di Ermiana e il vescovo africano Pos­
sessore parlino di lui definendolo «G allo» l Per quanto non
si abbiano notizie sicure circa la sua data di nascita, si può
tuttavia ragionevolmente congetturare che sia nato all’inizio
del quinto secolo, intorno al 410, in quanto è noto che nel
433 divenne abate del monastero di Lérins, e che verso il 480,
in esilio, scrisse alcune lettere prive di qualsiasi riferimento
alle difficoltà della vecchiaia: si tratta, tuttavia, di un argu-

1 Alcimo Avito, nell’epistola al re Gundobado (p. 30, 1 Peiper), parla


di Fausto definendolo ortu Britannum, habitaculo Reiensem, e Sidonio Apol­
linare, in una lettera indirizzata allo stesso Fausto (ep. IX, 9), parla dei Bri­
tanni come familiari al vescovo di Riez. Facondo di Ermiana (Contra Mocia-
num, PL 67, 855) e il vescovo Possessore, chiamandolo «Gallo», intendeva­
no probabilmente indicare, come pensa A. Engelbrecht (CSEL 21, p. VI),
che la vita di Fausto si era svolta in Gallia.
6 Introduzione

mentum ex silentio 2. Sembra più convincente, a tale riguar­


do, un’osservazione di A. Engelbrecht: è più verosimile che
Fausto abbia composto la sua opera più impegnativa, il De
gratia (datato intorno al 473), quando si trovava alla soglia dei
sessant’anni piuttosto che quasi ottuagenario, come risultereb­
be retrodatando la sua nascita al 400 o addirittura al 3 9 0 3.
Il giovane Fausto si dedicò, probabilmente, a seri studi
filosofici. Ce lo fa supporre una lettera, indirizzatagli da Si­
donio Apollinare, nella quale il vescovo di Riez è celebrato
per la sua dottrina: «Così, dunque, dotato di queste qualità
dello spirito e della cultura, ti sei unito, reverendo Padre, a
una bella donna, ma a una donna che hai sposato in confor­
mità al testo del Deuteronomio. Ancora giovane, tu l’hai
scorta in mezzo agli squadroni nemici, e di là, avendola ap­
passionatamente amata tra le file della parte avversa, senza
lasciarti respingere dai combattenti che si opponevano a te,
l’hai strappata con il braccio vincente del desiderio: intendo
parlare della Filosofia, che, sottratta a forza dal novero delle
arti sacrileghe, si è tagliata i capelli della falsa religione e le
sopracciglia sdegnose della scienza mondana4, e poi ha elimi­
nato le pieghe del suo antico vestito, vale a dire le tortuosità
della triste dialettica che velavano gli errori e i peccati della
condotta, e infine ha unito a te il suo corpo, ormai purificato,
in un mistico amplesso. Già da tempo, fin dai primi anni del­

2 Cf. le osservazioni di A. Engelbrecht in CSEL 21, p. VI.


3 Cf. C SEL 21, p. VII.
4 Si tratta di una interpretazione allegorica di Dt 21, 10-13, che vede
nella donna prigioniera una raffigurazione della filosofia. Secondo S. Pricoco
(Sidonio tra Claudiano Mamerto e Fausto di Riez e la datazione del De Spiritu
Sancto, in «Studi su Sidonio Apollinare», Nuovo Didaskaleion, 15 [1965],
pp. 115-140, in particolare p. 128) non pare dubbio che Girolamo (ep. 70, 2)
sia la fonte di Sidonio Apollinare.
Introduzione 7

la tua vita, lei è stata al tuo seguito, è stata al tuo fianco co­
me compagna inseparabile, sia che tu ti esercitassi nelle scuo­
le di città, sia che tu ti sottomettessi alla mortificazione nelle
remote solitudini; ha condiviso la tua sorte all’Ateneo, poi al
monastero; insieme a te ha rinunciato all’insegnamento del
mondo, e insieme a te predica la dottrina celeste. Ora che sei
unito a lei in matrimonio, chi vorrà provocarti sentirà che
l’Accademia di Platone combatte per la Chiesa di Cristo e
che tu eserciti una filosofia più nobile: apprenderà in primo
luogo che tu affermi l’ineffabile Sapienza di Dio Padre insie­
me all’eternità dello Spirito Santo...» 5.
Il monastero di cui parla Sidonio nella sua lettera è quel­
lo di Lérins, nel quale Fausto fu accolto in una data che è im­
possibile stabilire con precisione: vi giunse, tuttavia, assai gio­
vane, e nel 433 fu eletto abate della comunità succedendo a
Massimo, che era stato chiamato alla cattedra episcopale di
Riez. Con Fausto, osserva Salvatore Pricoco, «si chiude quella
che possiamo chiamare l’epoca d’oro della comunità, dall’arri­
vo di Eucherio alla metà del secolo» 6. Un’interessante testi­
monianza relativa ai molti anni che videro Fausto alla guida
del monastero di Lérins è costituita dalle omelie che egli ri­
volse ai suoi confratelli, confluite, insieme ad altri scritti di
dubbia attribuzione, nella cosiddetta Collectio Gallicana 7.
Come abate Fausto diede prova di grande fermezza nella gelo­
sa difesa delle prerogative del suo asceterio: si oppose con de­
cisione, infatti, al vescovo di Fréjus, Teodoro, che rivendicava
la giurisdizione sul monastero, e la sua ostinata resistenza

5 Sidonio Apollinare, ep. IX, 9,12-14.


6 S. Pricoco, L ’isola dei santi. Il cenobio di Lerino e le origini del mona­
cheSimo gallicano, Roma 1978, p. 55.
7 Cf. S. Pricoco, op. cit., pp. 55-56.
8 Introduzione

spinse il vescovo di Arles, Ravennio, a convocare un concilio


che ponesse fine alla controversia. Le decisioni del sinodo, pur
confermando il diritto del vescovo di conferire l’ordinazione
sacerdotale e la cresima, riconobbero tuttavia all’abate la giu­
risdizione sulla multitudo laica 8.
Soltanto la sua elezione a vescovo di Riez potè strappare
Fausto alla comunità di Lérins: ancora una volta egli succedeva
a Massimo, in una data che è sicuramente da collocare prima
del 462, anno nel quale il nuovo vescovo di Riez è a Roma con
il collega Auxanio di Aix per informare il papa llario àrea la
posizione dell’episcopato gallico in una vicenda riguardante la
diocesi di Narbona 9 Il Pricoco, in mancanza di dati certi, si li­
mita a fissare la data dell’elezione episcopale di Fausto al
460 10, mentre A. Engelbrecht accettava la tesi di chi la voleva
retrodatare al 452, con i seguenti argomenti: sembra inverosi­
mile che un vescovo ordinato da poco sia stato inviato a Roma
per una ambasceria così importante, per cui è necessario postu­
lare che Fausto, nel 462, fosse vescovo già da un congruo nu­
mero di anni u. Un simile ragionamento, tuttavia, non è affat­
to cogente: niente impedisce di pensare, infatti, che la forte per­
sonalità di Fausto, celebrato per la sua cultura e per la sua au­
stera ascesi, si sia imposta all’unanime ammirazione dei vescovi
della Gallia, così come le sue qualità gli avevano procurato,
quando era ancora molto giovane, l’elezione ad abate di Lérins.
Condividiamo, dunque, la giusta prudenza di S. Pricoco.
G li impegni del ministero episcopale non impedirono a
Fausto di mantenere stretti contatti con il monastero di Lé-

8 Cf. S. Pricoco, op. at., p. 56.


9 Cf. S. Pricoco, op. cit., p. 55, n. 122.
10 Cf. S. Pricoco, op. cit., p. 55.
11C SEL 21, ρ. IX.
Introduzione 9

rins, dove tornò frequentemente secondo la testimonianza di


Sidonio Apollinare 12 dal quale sappiamo anche che il vescovo
di Riez aveva conservato l’antico rigore di asceta: «niente è
stato mutato, dal sacerdozio, di quello che era l’abate, poiché
la nuova dignità non è stata, per te, un pretesto per allentare il
rigore dell’antica disciplina» 13. Loccupazione gotica costrinse
Fausto a lasciare la sua diocesi e a trascorrere un periodo in
esilio, forse in un monastero, ma gli fu possibile tornare nella
sua sede episcopale 14 La data della sua morte è imprecisata.
Circa il complesso della sua attività letteraria, la nostra
principale fonte di informazione è costituita dal cap. 86 del
De viris illustribus di Gennadio di Marsiglia: «Fausto, da
abate del monastero di Lérins divenuto vescovo di Riez nella
Gallia, uomo piuttosto acuto nella conoscenza delle Sacre
Scritture, colta l’occasione della traditio symboli compose un
libro sullo Spirito Santo, nel quale dimostra, secondo la fede
dei Padri, che è consostanziale e coeterno al Padre e al Figlio
e che possiede la pienezza della Trinità. Pubblicò anche
un’opera egregia sulla grazia di Dio dalla quale siamo salvati,
opera in cui insegna che la grazia di Dio sempre invita, prece­
de e aiuta la nostra volontà, e che qualunque ricompensa ab­
bia acquisito lo stesso libero arbitrio, in cambio del suo reli­
gioso impegno, non è un proprio merito, ma un dono della
grazia. Ho letto di lui anche un piccolo opuscolo contro gli
Ariani e i Macedoniani, nel quale afferma il carattere coessen­
ziale della Trinità, e un altro contro coloro che affermano es­
servi nelle creature qualcosa di incorporeo: in esso, con le te­

12 Cf. Sidonio Apollinare, Carm. 16, 104ss.: ...Lirinus... qua... saepe


venis.
13 Sidonio Apollinare, ep. IX, 3,4.
14 S. Pricoco, L ’isola dei santi..., cit., p. 56.
10 Introduzione

stimonianze della Sacra Scrittura e le sentenze dei Padri, con­


ferma che niente deve essere ritenuto incorporeo all’infuori di
Dio. E diffusa anche una sua epistola, in forma di libello, in­
dirizzata a un certo diacono di nome greco, che allontanando­
si dalla fede cattolica fin ì per andare verso l’empietà di Nesto-
rio: in questa lettera lo ammonisce a credere che la santa ver­
gine Maria non ha generato un semplice uomo, il quale poi
doveva accogliere la divinità, ma Dio vero in un uomo vero.
Vi sono anche altri suoi scritti, che non ho voluto nominare
perché non li ho ancora letti: a viva voce, tuttavia, è ritenuto
e dimostrato un egregio dottore. In seguito scrisse anche a Fe­
lice, prefetto del pretorio e uomo di dignità patrizia, figlio del
console Magno, una lettera piena di spirito religioso che esor­
tava al timore di Dio, adatta a una persona che si dispone a
fare penitenza di tutto cuore».
Il vescovo di Riez, come si può ben vedere, ha toccato tut­
ti i punti più importanti della dottrina cristiana: la Trinità, la
cristologia, la grazia e il libero arbitrio. Il De Spiritu Sancto,
la prima delle opere citate da Gennadio, non ha una precisa
datazione, ma sembra essere stato composto durante gli anni
del ministero episcopale a Riez: l’accenno alla traditio sym­
boli, uno dei momenti più importanti dell’iniziazione cristiana
dei catecumeni, rimanda necessariamente alla attività cateche­
tica di Fausto vescovo. Non è proponibile dunque, come già ri­
levava lo Engelbrecht I5, ipotizzare la composizione del De
Spiritu Sancto durante gli anni dell’esilio. La testimonianza di
Gennadio non lascia adito a dubbi circa l’autenticità del De
Spiritu Sancto, tuttavia i manoscritti che ci hanno tramandato
il testo dell’opera, tranne il più autorevole (Vat. Pai. 241), re-

15 CSEL 21, p. XIII.


Introduzione 11

cano l’attribuzione al diacono romano Pascasio, ed è sotto que­


sto nome che il trattato è stato edito nella Patrologia Latina.
11origine di questa attribuzione, come giustamente rileva lo
Engelbrecht 16, può forse essere individuata in un passo dei
Dialogi di Gregorio Magno: «Ho sentito dire che Pascasio,
diacono di questa sede apostolica, del quale si trovano, presso
di noi, libri sullo Spirito Santo molto ortodossi e ricchi di dot­
trina, era un uomo di ammirevole santità» 17.
Si può ben supporre, con Engelbrecht18, che l’archetipo
dei manoscritti recanti il nome di Pascasio fosse sprovvisto,
per caso o per altro motivo, del nome di Fausto, e che lo scri­
ba, influenzato dal passo di Gregorio Magno prima menziona­
to, vi avesse inserito, di propria iniziativa, l’attribuzione al
diacono romano. Che il De Spiritu Sancto sia opera di Fausto
è dimostrato essenzialmente dalla critica interna, la quale
mette in luce notevoli consonanze stilistiche e dottrinali con
gli altri suoi scritti. Non è però da trascurare un’altra testimo­
nianza di Sidonio Apollinare, amico del vescovo di Riez e suo
collega nell’episcopato. In una sua lettera egli parla di un non
meglio precisato trattato di Fausto, del cui contenuto non ri­
vela, purtroppo, alcunché, limitandosi a metterne in luce le
qualità letterarie e la struttura compositiva: « ben ripartito nei
suoi capitoli e ben provvisto di esempi, diviso in due sotto la
forma di dialogo e in quattro nella presentazione degli argo­
menti esposti» 19.
G li studiosi hanno generalmente identificato il trattato
di cui parla Sidonio con il De gratia, ma una diversa ipotesi è

16CSEL 21, p. XII.


17 Gregorio Magno, Dial., 4, 40.
18CSEL21,p. XIII.
19 Sidonio Apollinare, ep. IX, 9, 10.
12 Introduzione

stata formulata da S. Pricoco, secondo il quale si deve pensare,


piuttosto, al De Spiritu Sancto. Così si esprime lo studioso:
«A l De Spiritu Sancto sembra convenire meglio che al De
gratia la definizione di opus bipertitum sub dialogi schemate.
Né l’uno né l’altro dei due scritti ha forma di dialogo, ma nel
primo, assai più che nel secondo, l’autore spezza frequente­
mente la trama continuata delle sue riflessioni ed argomenta­
zioni per rivolgersi ad un interlocutore e oppositore, le cui
obiezioni sono a volte così fitte ed introdotte da formule parti­
colari di tanta evidenza che effettivamente il trattato assume
in non pochi passi l’aspetto di un dialogo...» 20. Prendendo in
considerazione, inoltre, un altro passo della lettera di Sidonio
Apollinare, il Pricoco osserva ancora: «...vedranno anche Fau­
sto ineffabilem dei Patris asserere cum sancti spiritus aeter­
nitate sapientiam. Questo ci sembra espressione che ben con­
venga al De Spiritu Sancto, non al De gratia, che affronta un
tema diverso da quello trinitario» 2l. Per quanto concerne, in­
fine, la possibile datazione del De Spiritu Sancto, ci sembrano
plausibili le conclusioni alle quali perviene il Pricoco, che ritie­
ne l’opera scritta, con buona probabilità, prima del 471 22.

20 S. Pricoco, Sidonio tra Claudiano..., cit., p. 135. Interessanti anche


le seguenti osservazioni dello studioso: «N oi riteniamo che solo la seconda
parte della definizione sidoniana, sub causarum themate quadripertitum, non
possa adattarsi a nessuno degli scritti di Fausto, sicché non rimane che rite­
nere, come già fece il Sirmond (PL 58, 623 B), che Sidonio alludesse ad
un’opera per noi perduta, oppure rinunciare ad intendere e supporre che
egli giudicasse quadripartito lo scritto di Fausto secondo un punto di vista
che a noi sfugge».
21S. Pricoco, art. cit., p. 135.
22 S. Pricoco, art. cit., p. 139. Lo studioso prende in considerazione
anche una diversa ipotesi avanzata da E.L. Fortin (Christianisme et culture
philosophique au cinquième siècle, Paris 1959, p. 45), secondo il quale Clau­
diano Mamerto, in due passi del De statu animae, polemizzerebbe non con
Introduzione 13

La d o t t r i n a t r i n it a r ia d e l D e S p ir itu S a n c t o

Lo scritto di Fausto, composto, come afferma Gennadio,


in occasione della traditio symboli, prende le mosse proprio
dal testo del Simbolo di fede: «Credo in Dio Padre, credo nel
Figlio suo unico Signore nostro, credo anche nello Spirito San­
to» 23. Può destare sorpresa il fatto che il vescovo di Riez, in
un’opera consacrata specificamente allo Spirito Santo, non ri­
porti il testo del Simbolo approvato dal Concilio Costantino­
politano del 381, molto più ampio e circostanziato circa la ter­
za persona della Trinità. E da notare, inoltre, che il nostro au­
tore incorre in una inesattezza di ordine storico: queste parole
del Simbolo, egli afferma, furono approvate a Nicea contro le
emergenti eresie di Ario e di Macedonio 24, il che è abbastan­
za discutibile, considerando che solo in un secondo momento,
ormai a decenni di distanza da Nicea, la controversia teologi­
ca arrivò a coinvolgere anche gli aspetti pneumatologici. La
testimonianza di Niceta di Remesiana, in proposito, appare
molto più precisa e circostanziata: «La formula del simbolo
ratificata dal sinodo di Nicea dichiara: Crediamo anche nello
Spirito Santo. Questo bastava allora ai fedeli, perché non si
erano ancora sollevate le questioni e i dibattiti sullo Spirito
Santo. Magari avessero fatto così coloro che in seguito agitaro­
no la polemica, continuando in semplicità a credere secondo
la tradizione nello Spirito Santo, unendolo al Padre e al Fi-

l’epistola 3 di Fausto, ma con due brani del De Spiritu Sancto. «Se così fos­
se», osserva il Pricoco, «il De Spiritu Sancto sarebbe anteriore all’opera clau-
dianea, redatta non oltre il 470. Ma raramente, nelle questioni di datazione,
argomenti del genere sogliono dimostrarsi risolutivi quando le analogie si
colgono fra scrittori contemporanei» (art. cit., p. 137).
23 Fausto di Riez, De Spir. San., I, 1.
24 Fausto di Riez, De Spir. San., I, 1.
14 Introduzione

glio! Avessero fatto così, per esempio, i Macedoniani e quanti


seguono la loro curiosità!» 25.
Comunque sia, Fausto ricava dal testo stesso del Simbo­
lo, come osserva il Kelly 26 la fede nella divinità dello Spirito
Santo, affermando che l’espressione «credere in» non può in
alcun modo essere riferita alle creature, ma deve essere gelosa­
mente riservata alla sfera della natura divina: «in nessuna
delle Scritture canoniche, dalle quali dipende il testo del Sim­
bolo, riceviamo l’ordine di credere nella Chiesa come nello
Spirito Santo e nel Figlio, e pertanto, poiché ogni creatura è
esclusa da tale onore, questo Spirito, nel quale ci è ordinato di
credere, è Dio» 27.
Stabilito questo punto fermo, che costituisce la premessa
generale di tutta l’argomentazione di Fausto, cerchiamo ora di
cogliere le linee portanti della sua dottrina trinitaria, tra le
quali si impone, con immediata evidenza, il tema del rapporto
tra lo Spirito Santo e il Figlio. Ancora una volta il vescovo di
Riez prende le mosse dal testo del Simbolo: «Poiché la Chiesa
cattolica confessa: ‘‘concepito di Spirito Santo”, dobbiamo qui
chiedere ai Macedoniani se ritengano lo Spirito Santo creatore
o padre del Redentore» 28. Considerare lo Spirito come padre
del Redentore, prosegue Fausto, porterebbe all’assurda affer­
mazione dell’esistenza di due Padri, mentre è evidente che lo
Spirito Santo è creatore della natura umana assunta dal Verbo:
«11uomo che il Signore ha assunto da Maria, infatti, fu opera
dello Spirito Santo, non sua porzione, e non fu da lui generato,

25 Niceta di Remesiana, De Spir. San. pot., 2 , trad. di C. Riggi.


26J.N .D . Kelly, I simboli di fede della Chiesa antica, trad. it. di B. Ma-
resca, Napoli 1987, p. 150.
27 Fausto di Riez, De Spir. San., I, 2.
28 Cf. J.N .D . Kelly, op. cit., pp. 176, 371.
Introduzione 15

ma creato» 29 Si può notare, nel ragionamento del vescovo di


Riez, una certa disinvolta combinazione tra le relazioni perso­
nali intratrinitarie e il ruolo delle persone divine nelle opera­
zioni ad extra: il rapporto tra lo Spirito e il Figlio nell’incarna­
zione viene ad essere espresso in termini esattamente opposti a
quelli che definiscono, nel Simbolo niceno, l’eterna generazio­
ne del Figlio da parte del Padre (generato, non creato).
La dottrina di Fausto, peraltro, si dimostra sostanzial­
mente in accordo con quella di Agostino, anche se il dottore
di Ippona si esprime in modo più chiaro e circostanziato: «Di­
remo forse che lo Spirito Santo è padre della natura umana di
Cristo, così che Dio Padre abbia generato il Verbo, e lo Spirito
Santo l’uomo? E da entrambe le sostanze risulterebbe l’unico
Cristo, Figlio di Dio Padre secondo il Verbo e dello Spirito
Santo secondo la natura umana, per il fatto che lo Spirito San­
to, in qualità di padre, lo avrebbe generato dalla vergine ma­
dre? Chi oserà dire questo? Non c’è neppure bisogno di dimo­
strare, con la discussione, quante altre assurdità ne seguireb­
bero, dal momento che questo stesso fatto è già talmente as­
surdo da risultare intollerabile alle orecchie dei fedeli... In che
modo diciamo, dunque, che Cristo è nato per opera dello Spi­
rito Santo, se lo Spirito Santo non l’ha generato? Lo diciamo,
forse, perché lo ha creato? In quanto nostro Signore Gesù Cri­
sto è Dio, tutto è stato fatto per mezzo di Lui, ma in quanto è
uomo, anche Lui è stato creato, come dice l’apostolo: Creato
dal seme di David secondo la carne. Ma dal momento che
quella creatura, concepita e partorita dalla vergine, è stata fat­
ta da tutta la Trinità, per quanto sia pertinente alla sola perso­
na del Figlio (sono inseparabili, infatti, le opere della Tri-

29 Fausto di Riez, De Spir. San., I, 3.


16 Introduzione

nità), perché nella sua creazione è nominato solo lo Spirito


Santo? O forse, quando una sola delle tre persone è nominata
in qualche operazione, si intende che è la Trinità tutta ad ope­
rare? In verità è così, e si può dimostrare con esempi... Ma è
difficile spiegare come non sia figlio dello Spirito Santo, e in­
vece figlio della vergine Maria, pur essendo nato per opera di
entrambi, colui che pure confessiamo nato dallo Spirito Santo
e dalla vergine Maria: certamente non è nato da quello come
da un padre, ma è nato da quella come da una madre» 30.
L’importanza di questa tematica nella teologia di Fausto
è confermata, indirettamente, anche da un trattato a lui attri­
buito, il De ratione fidei, dove una identica argomentazione
compare per dimostrare la divinità dello Spirito Santo: «Che
cosa risponderemo a coloro che definiscono lo Spirito Santo un
dio minore oppure, cosa ancora più scellerata, affermano con
sfrenata empietà che è un servitore piuttosto che Dio? Rispo­
sta. Come potrà essere detto una creatura, colui che è dimo­
strato essere il creatore del Signore nella sua nascita da Maria,
come leggiamo: concepito di Spirito Santo, nato da Maria ver­
gine? Cristo infatti non deriva dalla sostanza dello Spirito San­
to, ma dalla sua potenza, e non è stato concepito con una gene­
razione, ma con il comando e la benedizione» 31.
Il rapporto tra lo Spirito Santo e il Figlio è di nuovo pre­
so in esame nel secondo libro del De Spiritu Sancto, per con­
futare quella che egli ritiene l’opinione degli “inesperti”, se­
condo i quali anche lo Spirito si sarebbe incarnato. Il vescovo
di Riez afferma chiaramente i due distinti ruoli del Figlio e
dello Spirito: «Lo Spirito Santo, dunque, è entrato nella natu­

30 Agostino, Enchir., 12, 38. Cf. anche Ambrogio, De Spir. San., II, 5,
37-41.
31 Fausto di Riez, De rat. fid., 2, CSEL 21, p. 456.
Introduzione 17

ra umana, che il Figlio di Dio ha assunto all’inizio stesso della


sua formazione, non per assumerla, ma per santificarla, e in
essa si è comportato da compagno di Cristo, così come Cristo
se ne è dimostrato l’autore: quello, infatti, nasce, questo è in­
fuso» 32. Tutto ciò dimostra non la diversità di sostanza ma la
diversità di operazioni. Il rapporto tra lo Spirito Santo e il Pa­
dre è affrontato in De Spir. San. I, 7 e I, 9: nel primo dei due
passi Fausto si limita a chiarire, sulla base di numerosi passi
biblici, che le espressioni “Spirito del Padre” o "Spirito di Dio”
devono essere riferite allo Spirito Santo; nel secondo, invece,
affronta il problema della sua relazione di origine con il Pa­
dre. A questo proposito Fausto si limita a citare Gv 15, 26:
«Il Paraclito, che procede dal Padre». Il procedere dal Padre,
tuttavia, non è visto come il particolare modo di sussistenza
dello Spirito Santo: «procedere», infatti, è inteso in senso ab­
bastanza generico, come “trarre origine da”, e serve solo a di­
mostrare che lo Spirito Santo è Dio, non che la processione è
il suo stesso modo di sussistere: «Chi proviene dall’intima es­
senza di Dio, infatti, è riconosciuto non come una sua creatu­
ra, ma come sua sostanza» 33.
Fausto conosce i termini ingenerato (ingenitus,) e gene­
rato (genitus) come caratterizzanti, rispettivamente, il Padre e
il Figlio, ma quando passa ad esaminare lo Spirito Santo si li­
mita ad affermare che non è generato o ingenerato, giustifi­
cando la sua posizione con il silenzio della Sacra Scrittura a
tale riguardo: «Le Sacre Scritture parlano della potenza e della
divinità dello Spirito Santo, ma non dichiarano se debba esse­
re detto generato o ingenerato» 34. Stupisce il fatto che il ve­

32 Fausto di Riez, De Spir. San., II, 2.


33 Fausto di Riez, De Spir. San., I, 9.
34 Fausto di Riez, De Spir. San ., I, 9.
18 Introduzione

scovo di Riez consideri generato e ingenerato come le due


uniche forme conosciute di sussistenza personale, senza sfor­
zarsi di delineare un terzo modo: «Che lo Spirito Santo sia
Dio è cosa manifesta: non affannarti nello scrutare in qm l
modo lo sia» 35. Simili atteggiamenti di insofferenza verso que­
stioni ritenute inutilmente cavillose erano presenti anche nel
De Spiritus Sancti potentia di Niceta di Remesiana 36.
Fausto afferma anche, in Spir. San. I, 9, che lo Spirito
Santo procede ex utroque, ma è evidente che confonde tra la
relazione eterna di origine e l’invio nel mondo dello Spirito
Santo: «Poiché, dunque, lo Spirito Santo procede da entrambi,
per questo dice: Chi non ha lo Spirito del Signore non gli ap­
partiene, e in altro passo: Alitò e disse: ricevete lo Spirito San­
to» 37. Il vescovo di Riez, evidentemente, non aveva recepito i
risultati della teologia di Gregorio Nazianzeno, che pure erano
accessibili all’Occidente latino nella traduzione di Rufino: «Lo
Spirito Santo è veramente Spirito Santo, procedente dal Padre,
ma non è egli stesso il Figlio: infatti non è generato ma proce­
de, se ci è concesso usare termini nuovi, in argomenti così ardui
e difficili, per rendere chiari i concetti» 38; « ΐ ingenerato, il ge­
nerato e il procedente sono una sola natura e tre proprietà» 39.
La posizione di Fausto nei confronti della processione
dello Spirito Santo sembra piuttosto essere più vicina alla

35 Fausto di Riez, De Spir. San., I, 9.


36 Cf. De Spir. San. pot., 2, trad. di C. Riggi: «Essi infatti si mettono a
elucubrare sulle qualità proprie, sull’origine e sulla grandezza dello Spirito
Santo, se è nato o creato, e intanto non hanno fatto che dividere il popolo
fedele, provocando nella Chiesa, come disse l’Apostolo, interminabili que­
stioni».
37 Fausto di Riez, De Spir. San., I, 9.
38 Gregorio di Nazianzo, Orat. de lumin., 12, CSEL 46, p. 122.
39 Gregorio di Nazianzo, Orat. in semetips., 19, CSEL 46, p. 188.
Introduzione 19

complessa problematicità di Agostino. Quest’ultimo, nel De


fide et symbolo, affermava che la ricerca teologica non era
ancora riuscita a determinare con chiarezza in che cosa consi­
stesse il modo personale di sussistenza dello Spirito Santo:
«Circa lo Spirito Santo non si è ancora discusso con altrettan­
ta ampiezza e diligenza da parte dei dotti e autorevoli studiosi
delle Sacre Scritture, così da far capire facilmente la sua pro­
prietà, in base alla quale ha l’esistenza: ne consegue che non
possiamo chiamarlo né Figlio né Padre, ma soltanto Spirito
Santo, anche se affermano che è il dono di Dio... Si guardano
bene, tuttavia, dal sostenere che lo Spirito Santo sia generato
come il Figlio dal Padre (Cristo infatti è uno solo), o dal Fi­
glio come nipote del Padre supremo, e neppure affermano che
non debba a nessuno la sua origine, ma al Padre, dal quale so­
no tutte le cose, per evitare che vengano stabiliti due principi
senza principio, che è la più grande falsità ed assurdità» 40.
Anche nell’opera maggiore, il De Trinitate, non man­
cheranno dubbi e cenni problematici, circa la distinzione tra
nasci e procedere e circa il carattere temporale o atemporale
della processione: «Non è un problema di lieve entità il chie­
dersi se il Padre sia principio anche in relazione allo Spirito
Santo, dal momento che è stato detto: Procede dal Padre. Se è
così, viene ad essere principio non soltanto a ciò che genera o
fa, ma anche a ciò che dà. In questo viene anche chiarito, per
quanto è possibile, il quesito che suole turbare molti: perché
non sia Figlio anche lo Spirito Santo, pur uscendo anch’egli
dal Padre, come si legge nel Vangelo. Egli esce, infatti, non in
quanto nato ma in quanto dato» 41; « O forse lo Spirito Santo

40 Agostino, De fid. et symb., 19, CSEL 42, pp. 22-23.


41 Agostino, De Trtn., 5 ,1 4 ,1 5 , CC 50, p. 222.
20 Introduzione

procede sempre e procede non temporalmente ma eternamen­


te, ma poiché procedeva in modo da poter essere donato era
già dono, anche prima che vi fosse a chi donarlo?» 42.
Alla questione posta in quest’ultimo brano Fausto for­
nisce, nel De Spiritu Sancto, una risposta affermativa, sotto­
lineando il carattere eterno della processione dello Spirito
Santo: «Ma tu chiedi se lo Spirito procede sempre dal Padre:
è sempre con Lui e sempre originato da Lui, come il calore
dal fuoco, ed è incessantemente emesso, in modo tale da co­
noscere l’uscire al di fuori, ma non la separazione» 43; «Per­
tanto, allorquando si fa menzione del suo procedere, dalla
natura stessa dell’enunciato si riconosce che non è circoscrit­
to da alcuna legge temporale, ma è privo di inizio e di fine...
L’essere e il procedere, infatti, sono l’espressione di un’unica
eternità: si comprende, dunque, che la processione stessa,
non avendo né una fase iniziale né unaterminale, nonè sog­
getta ad alcun principio o ad alcuna fine» 44. Il vescovo di
Riez fonda la sua tesi sulla forma grammaticale del testo bi­
blico, che ha il presente atemporale procedit: è interessante
notare che sim ili affermazioni sono presenti in un frammen­
to del Liber de divinitate Spiritus Sancti di Alcimo Avito,
vale a dire nell’opera di uno scrittore vicino a Fausto nel
tempo e nello spazio: «Dicendo, infatti, non “è proceduto”,
ma “procede”, non ha insegnato la temporalità di colui che
procede, ma ha dimostrato, dopo aver rimosso il passato e il
futuro, che la potenza della processione soggiace all’eternità
di una presenza senza limiti» 45. E da tenere presente, peral­

42 Agostino, De Trin., 5,15, 16, CC 50, p. 224.


43 Fausto di Riez, De Spir. San., I, 11.
44 Fausto di Riez, De Spir. San., I, 13.
45 Alcimo Avito, Lib. divin. Spir. San., PL 59,385 D-386 C.
Introduzione 21

tro, che una simile distinzione tra procedit e processit era


già presente, ovviamente in relazione ai corrispondenti ter­
mini greci, nel De Trinitate di Didimo Alessandrino 46.
Abbiamo particolarmente insistito, sino ad ora, sul con­
fronto tra la pneumatologia di Fausto e quella di Agostino,
sottolineando alcune significative convergenze tematiche. Il
vescovo di Riez, tuttavia, apporta un proprio originale contri­
buto proponendo una distinzione tra nasci e procedere che
non mancherà di avere, nella tradizione teologica occidentale,
una certa fortuna: «...per quale motivo il Figlio è detto nasce­
re dal Padre e lo Spirito Santo procedere? Se tu desideri sape­
re quale differenza vi sia tra la nascita e la processione, ti ri­
sponderò così: differiscono, evidentemente, per il fatto che chi
nasce trae la propria origine da uno solo, chi procede la ricava
da entrambi» 47. Come avevamo osservato in altra occasione,
la processione ab utroque diviene il fondamento stesso della
distinzione tra nascere e procedere, distinzione fondata sul
semplice dato numerico, che ha però l’indubbio vantaggio del­
la comprensione immediata ed universale48.
Ritroveremo questa formulazione teologica di Fausto in
Isidoro di Siviglia: «Questa è la differenza tra il Figlio che na­
sce e lo Spirito Santo che procede: che il Figlio nasce da uno
solo, mentre lo Spirito Santo procede da entrambi» 49. Nono­
stante l’importanza di questo contributo di Fausto, tuttavia
dobbiamo rilevare che nel De Spiritu Sancto l’argomentazio­

46 Didimo Alessandrino, De Trin., 1, 15, 42, p. 60 Hònsched.


47 Fausto di Riez, De Spir. San., 1 ,13.
48 Cf. C. Micaelli, Osservazioni sulla pneumatologia occidentale dopo
Agostino, in «Atti del Congresso Internazionale su S. Agostino nel XVI cen­
tenario della conversione», Studia Ephemeridis, Augustinianum 25, Roma
1987, pp. 187-203, in particolare p. 193.
49 Isidoro di Siviglia, Etym., VII, 3.
22 Introduzione

ne è tesa a dimostrare la piena divinità dello Spirito Santo at­


traverso l’illustrazione di alcune sue prerogative, le quali non
consentono di collocarlo tra gli esseri creati. Le più importanti
di tali prerogative sono le seguenti: lo Spirito Santo elargisce i
perfetti doni spirituali50; si diffonde contemporaneamente in
una moltitudine di uomini, nel giorno di Pentecoste, senza
perdere la propria integrità 51; santifica le creature 52/ non ha
un carattere locale 53; ha riempito di Sé i profeti 54/ abita nel
cuore dell’uomo come in un tempio 55; distribuisce agli uomi­
ni i suoi doni come vuole 56.
Nessuna di queste argomentazioni presenta, di per sé, un
carattere particolarmente originale: sarebbe agevole trovare,
nella letteratura anti-ariana del quarto secolo, degli analoghi
esempi, e ci limitiamo a ricordare, tra gli occidentali, le opere
di Ambrogio e di Niceta di Remesiana. Notiamo, tuttavia, che
Fausto sembra insistere con particolare incisività sul carattere
non individuabile ed incorporeo dello Spirito Santo, sulla base
di un preciso principio filosofico: soltanto Dio sarebbe, in sen­
so proprio, incorporeo e non individuabile, mentre persino
l’anima, se confrontata con la suprema semplicità divina, appa­
re corporea. Il principio è chiaramente espresso da Fausto nei
termini seguenti: «Pertanto la sostanza dell’anima, in quanto
materia corporea, non può affatto essere infusa in un’altra
creatura razionale. Paragonata, infatti, allo spessore dell’uomo
esteriore, l’anima può essere detta incorporea; messa a con-

50 Fausto di Riez, De Spir. San., I, 10.


51 Fausto di Riez, De Spir. San. ,1, 11.
52 Fausto di Riez, De Spir. San., I, 12.
53 Fausto di Riez, De Spir. San., I, 13; II, 1.
54 Fausto di Riez, De Spir. San., II, 7.
55 Fausto di Riez, De Spir. San., II, 8.
56 Fausto di Riez, De Spir. San., II, 10-11.
Introduzione 23

fronto, invece, con il suo autore, che è in grado di afferrarne la


materia, e per il quale la creatura ha una consistenza, e dal
quale può essere rinchiusa e legata in un corpo e consegnata in
preda al fuoco eterno..., senza dubbio è per lui corporea, in
rapporto alla condizione del Creatore» 57. Queste affermazioni
del vescovo di Riez trovano una perfetta corrispondenza con
quanto egli scrive nell’epistola 3, espressamente dedicata alla
trattazione del concetto di incorporeità: è a quest’ultimo scrit­
to, del resto, che probabilmente alludeva Gennadio, parlando
di un opuscolo nel quale Fausto avrebbe dimostrato che nulla
è incorporeo all’infuori di D io 58
Tale tesi fu energicamente confutata, come è noto, da
Claudiano Mamerto, che a tale scopo compose il De statu ani­
mae: la controversia è stata magistralmente analizzata da E.L.
Fortin, ed è alle sue pagine che rimandiamo per una approfon­
dita conoscenza del problema 59. Qui ci interessa solamente ri­
levare che il principio filosofico è servito a Fausto per riservare
allo Spirito Santo, in quanto Dio, la capacità di conoscere l’in­
tima essenza dell’anima umana, dal momento che egli solo è
in grado di infondersi totalmente e sostanzialmente in essa:
«Entrare nel segreto delle coscienze è un privilegio da riserva­
re esclusivamente al loro autore. Un’anima, invece, può essere
unita ad un’anima, e un angelo ad un angelo, ma non può es­
servi infusa...» 60. Considerazioni analoghe saranno sviluppate,
nel Medioevo, da un teologo come Bernardo di Chiaravalle,
nella sua opera De consideratione 61.

57 Fausto di Riez, De Spir. San., II, 1.


58 Cf. Gennadio, De vir. ili, 86.
59 Cf. E.L. Fortin, Christianisme et culture philosophique au cinquième
siècle, Paris 1959.
60 Fausto di Riez, De Spir. San., II, 1.
61 Cf. Bernardo di Chiaravalle, De consid., V, 4-5, PL 182,791 B-795 B.
24 Introduzione

Nella nostra analisi dello scritto faustiano abbiamo preso


in considerazione, fino ad ora, i passi relativi allo Spirito Santo
in se stesso o in relazione alle altre due persone divine, ma
non dobbiamo mancare di sottolineare che il vescovo di Riez
non si stanca di riaffermare, nel corso delle sue argomentazio­
ni, l’unità di azione e di volontà tra le persone divine, pur nel­
la distinzione degli specifici ruoli ad esse attribuiti nell’econo­
mia salvifica. Tra i numerosi passi che potremmo citare in pro­
posito, il più ricco ed articolato ci sembra essere il seguente:
«La Trinità, infatti, è solita attribuire l’effetto dell’azione com­
piuta alla persona alla quale affida l’incarico di eseguirla, per
cui può forse risultare diverso l’agire, ma il proposito è comu­
ne. Anche se le singole persone compiono qualcosa di proprio,
permane nei tre il disegno di insieme, e pertanto, anche se
hanno compiti distinti nell’operare, mantengono un consenso
unitario nella disposizione generale» 62. Fausto, in realtà, non
si limita ad esaminare la tensione dialettica tra unità e distin­
zione nell’ambito dett’agire della Trinità, ma getta il suo
sguardo sulla stessa eterna esistenza delle persone divine, per­
venendo, a nostro avviso, ad alcune interessanti intuizioni: «se
la gloria incorporea, che si autocontiene, non penetra recipro­
camente, senza mescolanza, nell’uno e nell’altro soggetto, la
divinità sarà dunque confusa in una unità indistinta. La me­
scolanza infatti cancella la proprietà della triplice essenza,
mentre la vicendevole infusione, che può sembrare come me­
diatrice tra la sostanza e le persone, ci mostra una essenza di­
stinta. E proprio della sostanza il sussistere, è proprio della
persona il sussistere ciascuna per se stessa» 63.

62 Fausto di Riez, De Spir. San., 1 ,10.


63 Fausto di Riez, De Spir. San. ,1, 11.
Introduzione 25

Nella traduzione di questo brano abbiamo preferito, in


un punto, la lezione del codice P (Parisinus 12203, saec. X),
unione, a quella accolta da Engelbrecht nella sua edizione, er­
go humo ci sembra infatti che Fausto stia prospettando il
pericolo del Sabellianismo, che annullerebbe la reale distin­
zione delle persone in una confusa e indistinta unità, indicata
come unio. Quest’ultimo termine, nel linguaggio di Ilario di
Poitiers, è opposto a unitas ed indica precisamente la confu­
sione delle persone: «Sono una cosa sola, non per l’unicità
("unione) della persona, ma per l’unità (unitate) della sostan­
za» 65. Ricordiamo, inoltre, che nella Apotheosis di Pruden­
zio la sezione dedicata alla confutazione di Sabellio è intitola­
ta Contra Unionitas. Alla unio, dunque, il vescovo di Riez
oppone la infusio mutua, vale a dire la reciproca inabitazione
delle tre persone, la quale viene a salvaguardare, con una sor­
ta di mediazione, l’unità della sostanza e la distinzione delle
persone: queste ultime sussistono autonomamente, ma a mo­
tivo della loro reciproca inabitazione non sono separate e divi­
se. Fausto si è in qualche modo avvicinato, a nostro avviso, a
quella che sarà la dottrina circa la pencoresi trinitaria.
Per quanto concerne l’idea di permixtio, un altro passo
faustiano, tratto dall’epistola 8, ci aiuta a comprendere meglio
questo concetto: «E così il nostro Dio, non mescolato (per­
mixtus) né diviso nelle proprie persone, unica naturd non di­
visa né per la potenza né per il tempo, come è triplice nella
sussistenza, poiché ciascun soggetto sussiste per sé, così è sem­
plice nella sostanza, poiché l’Unico che non può precedere se

64 C SEL 21, p. 122,24.


65 Ilario di Poitiers, De Trin., 4, 42. Cf. C. Moreschini, Il linguaggio
teologico di Ilario di Poitiers, in La Scuola Cattolica, CHI (1975), pp. 339-375.
26 Introduzione

stesso non ammette alcuno né dopo né prima di sé» 66 Notia­


mo che Fausto, nel suo linguaggio teologico, per indicare le
persone divine impiega i termini essentia e subsistentia, da
lui considerati come equivalenti: «Abbiamo dunque dimostra­
to, con le parole di Dio, che una sola è la divinità: passiamo
ora ad insegnare che in essa vi sono tre realtà, tre nomi e non
tre regni, tre appellativi ma non tre poteri, tre essenze67 o sus­
sistenze ma non tre sostanze» 68. ha posizione qui espressa dal
vescovo di Riez è molto diversa dalla dottrina formulata da
Agostino nel De Trinitate. In quest’ultima opera, infatti, il
dottore di Ippona equipara essentia a substantia: «È stato
detto, dai nostri autori greci, “una essenza, tre sostanze”, dai
latini, invece, “una essenza o sostanza, tre persone”, perché,
come abbiamo già detto, nella nostra lingua, vale a dire in la­
tino, “essenza” suole essere intesa non diversamente da “so­
stanza”» 69. Fausto appare isolato in questo suo impiego di es­
sentia nel senso di ipostasi o subsistentia, mentre in un passo
del De gratia sembra ricondurre essentia al significato più dif­
fuso di substantia: «Dio è certamente semplice, perché non ha
niente che gli sia stato aggiunto dall’esterno, niente che gli sia
stato portato da altra origine, ma in Lui vi è la potenza, l’es­
senza e la sostanza» 70.
G li aspetti singolari ed interessanti del De Spiritu San­
cto, però, non si esauriscono in queste considerazioni relative
al termine essentia: la confutazione dell’eresia di Macedonio

66 Fausto di Riez, ep. 8, CSEL 21, p. 209.


67 Notiamo che nelle edizioni precedenti a quella dello Engelbrecht la
lezione dei manoscritti, essentias, era stata modificata nel termine più comu­
nemente usato hypostases.
68 Fausto di Riez, De Spir. San., I, 5.
69 Agostino, De Trin., 7,4, 7, CC 50, p. 255.
70 Fausto di Riez, De gratia, II, 9, C SEL 21, p. 71.
Introduzione 27

offre infatti al vescovo di Riez l’occasione per una importante


digressione cristologica, incentrata sul concetto di persona.
Largomentazione prende le mosse dalle affermazioni di Mace­
donio, secondo il quale lo Spirito Santo non ha una propria
persona. Secondo fausto, invece, l’uguaglianza di natura tra lo
Spirito e le altre persone divine implica necessariamente che
anch’Egli sia persona: «Se non fosse Dio, certamente non po­
trebbe avere una propria persona a fianco del Padre e del Fi­
glio» 71. Quest’affermazione viene poi meglio chiarita, per con­
trasto, attraverso quanto accade nell’economia dell’incarnazio­
ne: in quest’ultima, infatti, proprio perché non vi è parità di
natura tra la divinità e l’umanità di Cristo, la natura umana
non ha una propria persona. Il ragionamento sviluppato da
Fausto è il seguente: «Quando Dio si unisce al suo servo assu­
mendo la natura di schiavo, l’umiltà di colui che è inferiore
viene celata nella venerazione di colui che è più grande, ed è
assorbita, annullandosi, nella luce della realtà superiore; e così
la natura umana, poiché la divinità la oscura e la sovrasta, non
conserva una distinta proprietà personale. La parità tra le per­
sone può esistere laddove sussiste una uguaglianza di meriti e
di dignità, e pertanto, poiché vedi che lo Spirito Santo conserva
il proprio diritto di persona, sappi che possiede, insieme al Pa­
dre e al Figlio, l’unico privilegio della maestà divina» 72.
In questo passo il termine persona sembra indicare la
possibilità di configurarsi come soggetto autonomo: sta di fat­
to che Fausto, nello sviluppo dell’argomentazione, arriva a
porre una netta frattura tra la persona e la sostanza. Vale la
pena di riportare integralmente il brano che ci interessa: «Da

71 Fausto di Riez, De Spir. San., II, 4.


72 Fausto di Riez, De Spir. San., II, 4.
28 Introduzione

due diverse sostanze razionali, soprattutto da quelle di Dio e


dell’uomo, del creatore e della creatura, non ne può risultare
una sola, mentre è possibile che da due persone se ne formi
una sola, così come leggiamo che il capo e il corpo, Cristo e la
Chiesa hanno un’unica persona: “I due, infatti”, dice la Scrit­
tura, “saranno una carne sola”. E come tra noi uomini il figlio
del paterfamilias di fronte al padre, o lo schiavo di fronte al
padrone, non hanno diritto ad una propria autonomia perso­
nale, così in Dio e nell’uomo vi è certamente una duplice so­
stanza, ma non una duplice persona, perché la persona ne può
assorbire in sé un’altra, mentre la sostanza non può fare al­
trettanto, dal momento che la persona è una realtà giuridica,
la sostanza una realtà naturale» 73.
Il vescovo di Riez, dunque, sembra oscillare tra una acce­
zione giuridica di persona, allorquando tocca tematiche cristo­
logiche, ed una ontologica, allorquando affronta le tematiche
trinitarie: tali difficoltà, del resto, non sono soltanto sue: ba­
sterà qui ricordare che la celebre definizione di persona, ela­
borata da Boezio, non mancherà a sua volta di suscitare criti­
che, rivelandosi non egualmente utilizzabile nell’ambito trini­
tario così come in quello cristologico74. E da notare, inoltre,
che il concetto di persona qui delineato da Fausto eserciterà,
nel corso del Medioevo, una certa influenza: nel concilio di
Francoforte del 794, nel quale fu condannata la Hispanica
haeresis di Felice ed Elipando, si recepì la formulazione teolo­
gica di persona data da Fausto nel De Spiritu Sancto 75, la

73 Fausto di Riez, De Spir. San., II, 4.


74 Cf. C. Micaelli, Studi sui trattati teologici di Boezio, Napoli 1988,
pp. 69ss.
75 Cf. J. Moingt, Théologie Trinitaire de Tertullien, Paris 1966, voi. II,
p. 672.
Introduzione 29

quale si rivelerà nuovamente presente, in maniera più o meno


esplicita, in Ruperto di Deutz e negli scritti dubbi di Ugo di S.
Vittore76.
Occorre tuttavia non perdere di vista la caratteristica
d’insieme della teologia di Fausto, la quale ha per suo obietti­
vo principale non la definizione di concetti attraverso lo stru­
mento filosofico, ma la fedeltà al dato scritturistico. E signifi­
cativo, in tal senso, che il vescovo di Riez, dopo un rapido ac­
cenno alle liberales disciplinae, ne affermi chiaramente l’infe­
riorità rispetto all’unica vera fonte di conoscenza, vale a dire il
testo sacro: «Passati dunque in rapida rassegna questi argo­
menti, procediamo piuttosto ad affermare, con le sacre testimo­
nianze, che la Trinità sussiste nell’unità» 77. Più di una volta,
rivolgendosi agli eretici, Fausto li invita a fondare le loro dot­
trine non su presunzioni umane ma sulla testimonianza delle
Scritture. Esemplare, in proposito, la sfida che egli rivolge ai
Macedoniani: «In mezzo a queste considerazioni Macedonio
asserisce che lo Spirito Santo è una creatura. Può iniziare il suo
discorso da dove gli piacerà, purché non pretenda di trattare al­
cunché con parole da lui escogitate, né travalichi il solco della
santa legge con un modo di disputare estraneo al testo sacro,
ma in ogni cosa dimostri la sua autorità, se ne è capace, con
delle testimonianze in grado di avere la meglio, per numero e
per valore, contro la fede universale» 78. Il vescovo di Riez ben
sapeva, del resto, che l’accusa di introdurre nella teologia ter­
mini estranei alla Scrittura era stata rivolta dagli ariani stessi
contro i cattolici: a questa accusa egli risponde con alcune os­
servazioni mutuate dall’insegnamento grammaticale, ma so­

76Cf. C. Micaelli, op. cit., p. 73.


77 Fausto di Riez, De Spir. San., I, 5.
78 Fausto di Riez, De Spir. San., II, 2.
30 Introduzione

prattutto introducendo, accanto alla Scrittura, l’autorità della


tradizione ecclesiastica. Si veda, in proposito, il seguente bra­
no: «Ma tu dici: perché mi poni davanti i termini di “unità" e
“trinità”, che non trovi nel testo canonico?... Le parole ricava­
te da altre che precedono non devono essere discusse di per sé,
e non ha fondamento logico il giudicare come peregrini quei
termini che nascono dall’uno e dal tre, vale a dire dalla pro­
prietà di una chiara origine. Fai bene attenzione: in entrambi i
casi il discorso non è frutto di arbitraria presunzione, ma di
semplice derivazione. Queste parole le ha scoperte l’antichità
fin dal tempo della Chiesa primitiva, l’autorità le ha immesse
nell’uso, il lungo arco di tempo le ha rese stabili» 79
Non vi è dubbio, quindi, che la teologia di Fausto abbia
ancora una base essenzialmente scritturistica, con un’ampia
scelta di testimonianze sulle quali costruire l’argomentazione.
La tendenza a scoprire l’azione della Trinità nell’economia
salvifica ci fa pensare, talora, alla teologia di Ireneo, come nel
seguente passo: «Pietro si rivolge al centurione Cornelio di­
cendo: “Gesù Nazareno, come Dio lo unse di Spirito Santo”.
Dio lo unse, vale a dire: la potenza lo ricolmò, la benedizione
lo impregnò di sé, la natura divina penetrò in lui. “Come Dio
lo unse di Spirito Santo”. In questo passo sussìstono evidente­
mente tre soggetti, attraverso le loro proprietà: il dono, colui
che lo dà, colui che lo riceve; chi unge, chi è unto, l’unguento,
come anche in un altro brano dice la Parola di Dio: “Dio, il
tuo Dio ti ha unto con olio di letizia”» 80.

79 Fausto di Riez, De Spir. San., I, 5.


80 Fausto di Riez, De Spir. San., I, 11. Cf. Ireneo, Adv. Haer., 3, 18, 3:
«Nel nome di Cristo, infatti, si intende colui che ha unto e quello stesso che
è stato unto e l’unzione stessa, nella quale è stato unto: il Padre ha unto, il
Figlio, invece, è stato unto nello Spirito che è l’unzione».
Introduzione 31

L e f o n t i d e l D e S p ir it u S a n c t o

Per una corretta valutazione della dottrina trinitaria di


Fausto non possiamo esimerci dall’affrontare il problema delle
fonti utilizzate dal vescovo di Riez. Come ha affermato il Si-
monetti, è divenuto un vero e proprio luogo comune affermare
che il De Spiritu Sancto di Fausto sia largamente tributario
dell’omonima monografia di Ambrogio e, pertanto, scarsa­
mente originale, per cui ha attirato ben poco l’attenzione degli
studiosi della dottrina trinitaria del cristianesimo antico 81. Lo
studioso ha peraltro dimostrato che in realtà molti paralleli tra
lo scritto di Fausto e quello di Ambrogio sono stati istituiti in
modo alquanto affrettato e superficiale, non tenendo conto del
fatto che, in mancanza di corrispondenze verbali veramente si­
gnificative, non si possono stabilire rapporti certi di dipenden­
za, soprattutto quando si ha a che fare con argomenti che costi­
tuivano da tempo, nella letteratura anti-ariana, dei luoghi co­
muni. Anche quando la dipendenza da Ambrogio è evidente,
Fausto non manca di utilizzare la sua fonte con grande libertà,
inserendola in contesti anche profondamente diversi.
È il caso di Spir. San. II, 1, in cui il vescovo di Riez ha
certamente mutuato da Ambrogio la citazione di Le 4, 1 (Ie-
sus autem plenus Spiritu sancto regressus est ab Iordane),
in quanto la frase che segue immediatamente ricorre identica
nell’opera ambrosiana: «Chi dunque potrebbe ricolmare colui
che tutto riempie di sé, se non chi gode della medesima pie­

81 M. Simonetti, Le fonti del De Spiritu Sancto di Fausto di Riez, in Si­


culorum Gymnasium, 29 (1976), pp. 413-425, in particolare p. 413. Lo stu­
dioso osserva inoltre che «di Fausto i patrologi, gli studiosi del dogma, ecc.
studiano soprattutto la dottrina sulla grazia e il libero arbitrio, s’interessano
talvolta dell’affermazione della materialità dell’anima... ma trascurano del
tutto la dottrina trinitaria» (art. cit., p. 413, n. 2).
32 Introduzione

nezza?» 82. Si deve osservare, in proposito, che Ambrogio in­


serisce la citazione di Le 4, 1 in un contesto che tratta del­
l’universalità dello Spirito Santo, il quale riempie di sé tutto
l’universo, mentre Fausto intende dimostrare che solo lo Spi­
rito Santo si può trasfondere nelle creature, quali l’uomo Ge­
sù, gli Apostoli, tutto il popolo dei fedeli, in virtù della prero­
gativa divina dell’incorporeità 83. Quest’ultima caratteristica,
secondo Fausto, appartiene infatti solo a Dio, come egli affer­
ma anche nell’epistola 3: nel De Spiritu Sancto, peraltro, è
evidente che la fonte utilizzata dal vescovo di Riez per questa
argomentazione deve essere individuata negli scritti di Gio­
vanni Cassiano 84. In un altro caso, inoltre, si ritiene più pro­
babile non una dipendenza di Fausto da Ambrogio, ma
un’utilizzazione indipendente, da parte di entrambi, del De
Spiritu Sancto di Basilio 85.
Tra le altre possibili fonti di Fausto sono state inoltre in­
dicati·. il De Trinitate pseudo-atanasiano, la Expositio Symboli
di Rufino e, soprattutto, il De Principiis di Origene86. Su que­
st’ultimo autore è opportuno soffermare la nostra attenzione. Il
passo del De Spiritu Sancto che ha attirato l’interesse del Si-
monetti è il seguente: «I catecumeni e i pagani, dunque, parte­
cipano dei doni elargiti dal Padre e dal Figlio, ma non facil­

82 Ambrogio, De Spir. San., I, 7, 82.


83 Cf. Simonetti, art. cit., pp. 415-416.
84 Cf. in particolare Collat., 7,13.
85 Cf. Simonetti, art. cit., p. 418 e n. 15: «L a netta impressione che si
ricava dal confronto a tre è che Fausto, al di là del vago riscontro con Am­
brogio, dipenda in modo molto più consistente e diretto proprio da Basilio...
Non sembra che Fausto abbia avuto apprezzabile conoscenza del greco, sì
che dobbiamo pensare che egli abbia consultato il De Spiritu Sancto di Basi­
lio in traduzione latina».
86 Cf. Simonetti, art. cit., pp. 419.422.423.424.
Introduzione 33

mente della santificazione e della infusione dello Spirito Santo,


a meno che non abbiano già ottenuto il battesimo e siano dive­
nuti puri e spirituali, ed inoltre discepoli degli apostoli ed apo­
stoli essi stessi, preparati al martirio nella pienezza dello Spiri­
to» 87. Lo studioso ritiene che questo motivo sia stato mutuato
dal De principiis di Origene, che Fausto poteva benissimo leg­
gere nella traduzione di Rufino: l’Alessandrino infatti afferma
«che ogni essere razionale partecipa del Padre e del Figlio men­
tre invece lo Spirito Santo è accordato soltanto ai santi» 88. Il
parallelo è reso ancora più convincente dalla constatazione che
poco oltre Fausto, ricordando che sia il Figlio sia lo Spirito San­
to sono definiti nella Scrittura come Paracletus, osserva che la
stessa parola greca può significare advocatus, in relazione al Fi­
glio, e consolator, in relazione allo Spirito, riprendendo una
analoga argomentazione di Origene89
Un altro indizio della presenza dell’Alessandrino, a no­
stro avviso, può essere colto in De Spir. San. II, 1, quando il
vescovo di Riez parla della presenza del Figlio e dello Spirito
Santo nell’anima umana di Gesù: «Se lo Spirito Santo è uno
tra i molti esseri creati, come può la creatura pretendere di
avere con il creatore (vale a dire con il Figlio di Dio, come se
fosse di pari condizione), e il servo con il Signore, un comune
ricetto nell’anima del Salvatore? E il servo del creatore fa il
suo ingresso per accrescere la santità, come se Dio, in ciò, non
avesse capacità sufficiente? Non è cosi Accade invece che il
celeste collegio riconosce il tempio a lui comune, e non vi è da
meravigliarsi se il Figlio e lo Spirito Santo, che insieme, come

87 Fausto di Riez, De Spir. San., 1 ,10.


88 Simonetti, art. cit., p. 424. Cf. Origene, De prine., I, 3, 7-8.
89 Simonetti, art. cit., p. 424. I passi messi a confronto sono De Spir.
San., I, 10 e De prine., II, 7, 4.
34 Introduzione

sappiamo, possiedono il cielo, ricevono un’unica dimora in


quell’anima gloriosa e dal beato corpo». In De Principiis II,
6, 3-4 l’anima di Cristo è detta ricevere in se stessa tutto il Fi­
glio di Dio, e vi è anche un accenno alla presenza dello Spirito
Santo: «Per il merito del suo amore viene unta con olio di le­
tizia, vale a dire: l’anima, con il Verbo di Dio, diviene Cristo.
Essere unto, infatti, con olio di letizia, non significa altro che
essere riempito di Spirito Santo».
Più significativo al riguardo è un passo del commento
origeniano all’epistola ai Romani, anch’esso accessibile a Fau­
sto nella versione rufiniana: «Ciò dunque vuol dire, come io
credo, che in questo propiziatorio, cioè nell’anima di Gesù,
abitano sempre il Verbo di Dio, che è l’unigenito Figlio, e il
suo Santo Spirito: è questo che indicano i due cherubini posti
sopra il propiziatorio... Tra gli uomini non troverai nessuna
anima così beata e così eccelsa se non questa sola, nella quale
il Verbo di Dio e lo Spirito Santo hanno trovato tanta ampiez­
za, tanta capacità che sono detti non solo abitarvi, ma anche
aprirvi le ali...» 90.
L’influsso dell’Alessandrino, tuttavia, non sembra essere
circoscritto ai temi propriamente dogmatici, ma se ne può tro­
vare una possibile traccia anche nell’esegesi biblica di Fausto,
per quanto mescolata ad altre suggestioni. Tra le testimonian­
ze bibliche relative alle due nature di Cristo il vescovo di Riez
cita anche Es 12, 9: «Dice dunque il beato Mosè: “Mangerete
il capo con i piedi e divorerete i suoi intestini”. Sforziamoci di
credere presente, nei piedi, la natura umana, e la maestà divi­
na nel capo: accade così che, mentre con l’occhio penetrante

90 Origene, Comm. ep. Rom., Ili, 5 (8), pp. 240-241 Hammond-


Bammell.
Introduzione 35

della fede conosciamo queste realtà, nascoste nel senso lette­


rale, ci nutriamo degli intestini dell’agnello, vale a dire del
senso recondito dei misteri (mysteriorum occulta)»91. Liden­
tificazione della testa dell’agnello con la divinità di Cristo, e
dei piedi con la sua umanità, si trova, a dire il vero, in Grego­
rio di Nazianzo 92. E nel commento origeniano a Giovanni,
invece, che le parti dell’agnello sono associate ai diversi livelli
di interpretazione della Scrittura: «Nel mangiare l’agnello, si
deve incominciare dalla testa e finire con i piedi, vale a dire:
si deve incominciare dagli insegnamenti più importanti e fon­
damentali relativi alle cose celesti e si deve lasciare per ultima
la ricerca delle dottrine relative alla natura infima degli esse­
ri, vuoi di quelli più materiali, vuoi di quelli sotterranei, vuoi
degli spiriti malvagi e dei demoni impuri. Infatti la dottrina
relativa a questi esseri, essendo diversa da loro, in quanto è
implicita nei misteri della Scrittura, si può chiamare tropolo­
gicamente “piedi” dell’agnello. Non bisogna poi dimenticare
gli intestini (dell’agnello), ossia ciò che è dentro e nascosto:
dobbiamo infatti accostarci alla Scrittura nel suo complesso
(considerandola) come un unico corpo e cercare, quindi, di
non logorare o spezzare le tenacissime e robustissime connes­
sioni che si tendono attraverso l’armonia della sua composi­
zione complessiva» 93.
Vi è tuttavia un problema oggettivo: è possibile che Fau­
sto leggesse Gregorio di Nazianzo e Origene nel testo origina­
le? È pensabile che abbia avuto una così profonda conoscenza
dei due scritti da combinare insieme due motivi teologici pro­

91 Fausto di Riez, De Spir. San., II, 4.


92 Gregorio di Nazianzo, Orai., 45,16, PG 36, 645 A.
93 Origene, Comm. evang. Iob., 10, 18, 106-107, trad. di E. Corsini.
36 Introduzione

venienti da contesti così diversi? Ad un più attento esame


l’ipotesi più probabile ci sembra quella di una dipendenza di
Fausto da una fonte latina a lui più accessibile, nella quale si
trovassero già combinati i due temi, quello cristologico e quel­
lo esegetico. Tale fonte, a nostro avviso, può essere individua­
ta in Gaudenzio di Brescia, autore del Tractatus in Exodum;
«Vediamo che cosa significhi “il capo con i piedi e gli intesti­
ni”, affinché nel capo tu intenda la divinità secondo le testi­
monianze dei quattro evangelisti, i piedi li consideri come
l’incarnazione, celebrata verso la fine dei secoli (i piedi, infat­
ti, sono l’ultima parte del corpo), e negli intestini, invece, ri­
ceva i segreti misteri (occulta mysteria)» 94.
Resta da prendere in considerazione, tra le possibili fonti
del De Spiritu Sancto, l’omonima opera di Didimo Alessan­
drino. Ci spinge a questo un’affermazione del teologo medie­
vale Ratramno di Corbie, il quale, dopo avere citato ampi bra­
ni dell’opera didimea in difesa della processione dello Spirito
Santo ab utroque, riporta alcuni passi dallo scritto del vesco­
vo di Riez, da lui ritenuto opera di Pascasio, introducendoli in
questo modo: «Pascasio, antico dottore e diacono della sede di
Roma, nel piccolo libro, che ha scritto sullo Spirito Santo, se­
guendo le tracce di Didimo Alessandrino così afferma...» 95.
Ad un attento esame, tuttavia, non si riscontrano corrispon­
denze verbali o concettuali così probanti da permettere di sta­
bilire un sicuro rapporto di dipendenza: Ratramno, probabil­
mente, intendeva semplicemente indicare delle affinità dottri­
nali, le quali, peraltro, come ha di recente osservato L. Dou-

94 Gaudenzio di Brescia, Traci. Ex., 2, 17, CSEL 68, p. 27. Cf., in pro­
posito, R. Cantalamessa, L ’omelia in S. Pascha dello Pseudo-Ippolito di Roma,
Milano 1967, pp. 39-40.
95 Ratramno di Corbie, C. Graec. oppos., II, 6, PL 122, 267 A.
Introduzione 37

treleau, non bastano a dimostrare un rapporto diretto tra Fau­


sto e Didimo 96.
Non riteniamo certo di avere esaurito, con le nostre rapi­
de osservazioni, il problema delle fonti del De Spiritu Sancto,
ma ci sembra di avere contribuito a mettere ulteriormente in
luce la libertà con la quale il vescovo di Riez le ha utilizzate,
adattandole a contesti talora molto diversi da quello origina­
rio. Possiamo dunque fare nostre, in ultima analisi, le conclu­
sioni di M. Simonetti secondo il quale le linee della esposizio­
ne di Fausto ricalcano la dottrina cattolica della tradizione
senza rinunziare tuttavia ad una nota personale non priva di
originalità 97.

Lo s t i l e d i F a u s t o n e l D e S p iritu S a n c t o

La critica moderna non sembra avere dedicato particola­


re attenzione all’aspetto stilistico delle opere di Fausto. Il de
Labriolle, nella sua storia della letteratura cristiana, non vi
dedica alcun cenno 98 mentre il Moricca si limita a riprendere
i giudizi di Sidonio Apollinare e di Erasmo, corredandoli di
brevi osservazioni D ati i limiti della nostra esposizione, che

96 Didyme l’Aveugle, Traité du Saint Esprit, Introduction, Texte criti-


que, Traduction, Notes et Index, a cura di L. Doutreleau, Paris 1992, SCh
386, p. 127.
97 Cf. Simonetti, Le fonti del De Spiritu Sancto..., cit., p. 425.
98 Cf. P. de Labriolle, Histoire de la littérature latine chrétienne, Paris
1947’, voi. II, pp. 654-655.
99 Cf. U. Moricca, Storia della letteratura latina cristiana, Torino 1932,
voi. Ili, pp. 938-939: «L e lodi che il vescovo di Clermont tributa al suo col­
lega di Riez, peccano, per vero, del solito difetto di eccessiva ridondanza e di
retorica iperbole: tuttavia, sfrondate del troppo e del vano, valgono a dare
un’idea del valore di Fausto come filosofo e come scrittore».
38 Introduzione

ha solo un carattere introduttivo, ci limiteremo a riprendere


in esame alcuni giudizi di antichi e di moderni sullo stile di
Fausto, tentando una parziale verifica di tali valutazioni.
Un’approvazione senza riserve fu espressa dal contempo­
raneo Sidonio Apollinare: «Tu hai scritto spesso con calore, e
più spesso con enfasi; con semplicità, ma senza essere volgare;
con acutezza, senza essere capzioso; hai trattato con maturità i
soggetti gravi, con cura le questioni profonde, con fermezza le
materie dubbie, con solida logica i punti contestabili; certe co­
se con severità, altre con grazia; e sempre hai usato un modo
di scrivere pieno di moralità, di signorilità, di potenza, di elo­
quenza» 10°.
Erasmo, nella Prefazione alla editio princeps del De
gratia, da lui curata a Basilea nel 1528, stabilì degli interes­
santi confronti tra Fausto e altri scrittori della Gallia: «Nello
stile si riconoscerà facilmente l’espressione gallica. E infatti
abbondante e ricerca il ritmo prosastico, ed è più piacevole
che veemente, analogamente ai modi espressivi di Eucherio e
Sulpicio, giacchéllario... è più appassionato e non ugualmente
chiaro. Questo autore, Fausto, è più chiaro di llario, più sem­
plice di Eucherio, più severo di Sulpicio, ha adottato uno stile
quanto mai adatto ad insegnare, perspicuo, ordinato, conciso
e tuttavia non privo di grazia» 101.
A. Engelbrecht, dal canto suo, citava, come esatta descri­
zione dello stile di Fausto, un passo del Cabrol (Revue des
questione historiques, 1819, p. 238): «Il suo stile senza natu­
ralezza e senza grazia, sottile e talvolta involuto e prolisso, ri­
cerca il più delle volte una forma antitetica. Vi si notano mol­
ti termini impropri, delle costruzioni faticose, dei bizzarri giri

100 Sidonio Apollinare, Ερ. IX, 9,12, trad. di U. Moricca.


101 C SEL 21, p. XXXIII.
Introduzione 39

di frase che tradiscono la presenza di uno scrittore di età tar­


da: egli punta all’effetto e ricerca la cadenza, ed anche le asso­
nanze e la rima, a detrimento dell’idea che diviene schiava
della forma. Ma nonostante ciò questo stile non manca né di
vigore, né di vivacità, né di calore» m. Lo Engelbrecht, inol­
tre, notava che la lingua di Fausto è un latino ancora puro, in
quanto appreso nelle «scuole dei monaci», non nelle «palestre
dei retori», e rilevava la frequente ripetizione, negli scritti del
vescovo di Riez, di singole parole, di locuzioni, di concetti.
Si tratta di giudizi, come è facile vedere, abbastanza diffe­
renziati, dai quali emerge, tuttavia, l’immagine di uno scritto­
re dotato di una ben precisa personalità: vogliamo dunque se­
gnalare alcuni dei passi che, a nostro avviso, meglio la espri­
mono. Tra questi ci sembra in primo luogo meritevole di inte­
resse l’inizio stesso del De Spiritu Sancto, dove l’universale
diffusione della fede è espressa con un periodare ampio e so­
lenne, arricchito di efficaci metafore e similitudini: «La fede
cattolica è stata diffusa nel mondo intero attraverso i patriar­
chi, i profeti e i dispensatori della grazia, con l’azione dello
Spirito Santo che la insinuava nei cuori. La sollecitudine degli
Apostoli, che nulla lascia di incompiuto, come aveva esposto
questa fede nell’ampiezza delle sacre pagine, così ne ha offerto
un mirabile compendio nei salutari versi del Simbolo, dispo­
nendo in una struttura unitaria le disperse specie dei rimedi
spirituali, e quasi producendo, da innumerevoli aromi, un pre­
zioso unguento, il cui profumo ha riempito i confini della terra
con la potenza della fragranza spirituale, così che la forza della
verità si manifesta nella universalità del consenso stesso» m.

™lbid.
103 Fausto di Riez, De Spir. San., I, 1.
40 Introduzione

Fausto, tuttavia, si dimostra capace anche di un ragiona­


mento serrato ed incalzante, allorquando si tratta di confutare
le erronee convinzioni: «Chi crede “nella Chiesa” crede nel­
l’uomo: infatti non l’uomo dalla Chiesa, ma la Chiesa ha ini­
ziato ad esistere dall’uomo» 104. Il contrasto tra ortodossia ed
eresia è espresso, talora, con una minuziosa serie di antitesi,
da cui emerge, più che la ricerca del puro effetto retorico, la
preoccupazione di natura dottrinale dell’uomo di Chiesa:
«L’uomo che il Signore ha assunto da Maria, infatti, fu opera
dello Spirito Santo, non sua porzione, e non fu da lui genera­
to, ma creato. Fu concepito nella potenza, non nella sostanza;
nell’operazione, non nella partecipazione; nel potere divino,
non nella natura» 105. In modo analogo, del resto, Tertulliano
aveva chiarito la dottrina cattolica circa la Trinità 106.
Il medesimo procedimento è adottato da Fausto per rim­
proverare agli eretici la loro temeraria curiosità: «Tu non vuoi
sapere ciò che Dio ha proibito di ignorare, epretendi di sapere
ciò che non ha ordinato di indagare... Che lo Spirito Santo sìa
Dio è cosa manifesta: non affannarti nello scrutare in qual mo­
do lo sia. Te ne sfugge la ragione, ma la verità non ti è nasco­
sta» 107. Una più evidente concessione alla ricercatezza stilistica
si può forse scorgere in un passo come il seguente, nel quale si
susseguono due gradazioni ascendenti: «La sua ineffabile gran­
dezza penetra, ricolma e supera le profondità degli inferi, le di­
stese dei flutti, le estensioni delle terre, le altezze dei cieli» 108.
Quando si tratta di esprimere senza ambiguità i concetti teolo-

104 Fausto di Riez, De Spir. San., I, 2.


105 Fausto di Riez, De Spir. San., 1,3.
106 Cf. Tertulliano, Adv. Prax., 2, 4: tres autem non statu sed gradu, nec
substantia sed forma, nec potestate sed specie.
107 Fausto di Riez, De Spir. San., I, 9.
108 Fausto di Riez, De Spir. San., 1 ,13.
Introduzione 41

giti fondamentali, Fausto si rivela capace di formulare defini­


zioni chiare e concise: «Se tu desideri sapere quale differenza vi
sia tra la nascita e la processione, ti risponderò così: differisco­
no, evidentemente, per il fatto che chi nasce trae la propria ori­
gine da uno solo, chi procede la ricava da entrambi» 109/ «così
in Dio e nell’uomo vi è certamente una duplice sostanza, ma
non una duplice persona, perché la persona ne può assorbire in
sé un’altra, mentre la sostanza non può fare altrettanto, dal
momento che la persona è una realtà giuridica, la sostanza una
realtà naturale» uo.
Talora, invece, il vescovo di Riez si concede delle brevi
digressioni rispetto al tema principale dell’opera, amplifican­
do alcuni dati che gli vengono offerti dal testo biblico, e lo sti­
le si innalza ad una commossa effusione lirica, giustificata
dalla elevatezza della realtà evocata: «Troviamo scritto nel
salmo: La corrente del fiume rende lieta la città di Dio... Irri­
ga con ineffabili gioie, per la consapevolezza dell’eterna beati­
tudine, la città di Dio, vale a dire i cittadini dei regni celesti,
le schiere della superna milizia, i principati, le potestà e le do­
minazioni, le inebria in modo sovrabbondante con gioia fe­
conda, e suscita l’esultante concento celeste con il torrente
della sua santificazione» m .
Non prive di calore, infine, sono alcune espressioni indi­
rizzate agli eretici, nei confronti dei quali, a dire il vero, Fau­
sto non usa mai un linguaggio violentemente polemico:
«Guarda, sulla base di quali nude e vuote parole hai creduto
contro Dio; guarda, di quale grande argomento ti sei armato
contro la potenza della maestà divina! E dopo tutto ciò non

109 Fausto di Riez, De Spir. San. ,1, 13.


110 Fausto di Riez, De Spir. San. ,11,4.
111 Fausto di Riez, De Spir. San., 1 ,13.
42 Introduzione

hai paura di rimanere aggrappato a un così fragile ramoscello,


tu che sei sospeso sopra un baratro tanto orrendo?» m .
Ci siamo eccessivamente soffermati, forse, sugli aspetti
positivi dello stile di Fausto, ma ci premeva metterne in luce,
soprattutto, la varietà e la duttilità capace di passare dal pe­
riodare ampio e solenne ad un serrato sillogizzare: tutto ciò è
indubbiamente indice di una personalità letteraria forte e
originale.

L a t r a s m is s io n e d e l t e s t o

Dall’esame della tradizione manoscritta, compiuto da A.


Engelbrecht 113, il migliore testimone del testo del De Spiritu
Sancto risulta essere il codice Vat. Pai. 241, saec. X (indicato
con la sigla V), l’unico che riporti la genuina attribuzione
dell’opera a Fausto di Riez, mentre tutti gli altri codici tra­
mandano lo scritto come opera di Pascasio, diacono di Roma.
D i questa seconda famiglia di codici i principali rappresentan­
ti, utilizzati da Engelbrecht per la ricostruzione del testo, sono
i codici Paris. Lat. 12203 (P), saec. X, e Vat. Reg. 194 (R),
saec. XII, il cui apporto è indispensabile in quanto il testo di
V è incompleto a partire da De Spir. San. II, 4 (p. 143, 13 En­
gelbrecht). Le due famiglie, tuttavia, secondo l’indagine
dell’editore, discendono da un archetipo comune, come sem­
brerebbero provare alcune corruttele presenti in entrambe.
Per la nostra traduzione del De Spiritu Sancto, che è la pri­
ma, a quanto ci risulta, in lingua italiana, abbiamo sostanzial­

112 Fausto di Riez, De Spir. San., II, 3.


113 Cf. le osservazioni di Engelbrecht in CSEL 21, pp. XXXIX-XLVI.
Introduzione 43

mente seguito il testo di Engelbrecht, allontanandocene solo


in alcuni casi, nei quali la preferenza accordata al testo di V ci
sembrava insostenibile, per quanto si tratti, indubbiamente,
del codice migliore. D i tutte queste modifiche diamo avviso al
lettore nelle note alla traduzione.
Fausto di Riez

LO SPIRITO SANTO
LIBRO PRIMO

C a p it o l o p r im o

Lo Spirito Santo deve essere compreso apertamente a


partire dal compendio della fede, vale a dire dal Simbolo.

La fede cattolica è stata diffusa nel mondo intero attra­


verso i patriarchi, i profeti e i dispensatori della grazia, con
l’azione dello Spirito Santo che la insinuava nei cuori. La sol­
lecitudine degli apostoli, che nulla lascia di incompiuto, co­
me aveva esposto questa fede nell’ampiezza delle sacre pagi­
ne, così ne ha offerto un mirabile compendio nei salutari ver­
si (1) del Simbolo, disponendo in una struttura unitaria le di­
sperse specie dei rimedi spirituali, e quasi producendo, da
innumerevoli aromi, un prezioso unguento, il cui profumo
ha riempito i confini della terra con la potenza della fragran-

(1) Cf., in proposito, le osservazioni di J.N .D . Kelly, I simboli


della Chiesa antica, trad. it. di B. Maresca, Napoli 1987, p. 110: «Alcuni au­
tori antichi, come Fausto di Riez, lo qualificano addirittura come carmen o
inno... Per essere concreti e precisi, comunque, non è dato riscontrare nel te­
sto latino alcuno dei ritmi che erano di moda nello stile artificioso della pro­
sa imperiale... Anche il termine carmen non significa necessariamente sem­
pre composizione ritmica: potrebbe infatti essere usato in senso più ampio,
per indicare una formula liturgica solenne».
48 Fausto di Riez

za spirituale, così che la forza della verità si manifesta nella


universalità del consenso stesso. E poiché è necessario richia­
mare alla mente degli erranti, come a dei fanciulli ignari, i
primi elementi della tradizione cristiana, ecco che in questa
perfezione del Simbolo ci è chiaramente aperta la compren­
sione dell’unità e della Trinità, in quanto la confessione, tre
volte ripetuta, rende l’unico ossequio della fede al Padre e al
Figlio e allo Spirito Santo. In queste parole anche il sacro nu­
mero dei trecentodiciotto sacerdoti (2) formulò la condanna
dell’errore di Ario e di Macedonio, che allora emergeva: cre­
do in Dio Padre, credo nel Figlio suo unico Signore nostro,
credo anche nello Spirito Santo. Se la fragilità di pochi, infat­
ti, venne meno a questo numero, tuttavia non rese vano il mi­
stero espresso dalla cifra complessiva, e per questo motivo
abbiamo detto «sacro numero», perché i trecento, nel modo
greco di contare, mostrano il segno della croce, i diciotto in­
vece l’adorabile nome di Gesù (3). E dunque con la forza di
questo numero misterioso, in virtù del quale anche il santo
Abramo riportò il trionfo su innumerevoli genti, che la devo­
zione dei Padri confuse il nemico della fede, sotto l’unica
predicazione del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. Da
ciò si deve anche comprendere che chi bestemmia contro lo
Spirito Santo, rischiando la dannazione eterna, o è stato bat-

(2) Cf. Cassiodoro, Hist. eccles. tripert., VII, 25, 5-6, CSEL 71, p. 424:
«...la fede... approvata nella città di Nicea dai trecentodiciotto vescovi orto­
dossi, che contiene la perfetta verità e chiude la bocca di tutta la moltitudine
eretica e la dissolve. Non fu per una iniziativa spontanea, infatti, ma per di­
sposizione divina che si riunì un numero di vescovi equivalente alla schiera
con la quale Abramo distrusse, grazie alla fede, tante migliaia di uomini».
(3) Tra le numerose testimonianze patristiche circa questa interpreta­
zione del numero dei servi di Abramo citiamo, in particolare, Ambrogio,
Abr. 1, 3, 15, C SEL 32, p. 513: «L a lettera greca T, infatti, significa i trecen­
to, mentre la somma dei diciotto, IH, esprime il nome di Gesù».
Lo Spirito Santo, I, 1-2 49

tezzato con un Simbolo di fede imperfetto, o ha mentito a se


stesso proprio nella confessione della fede e nel battesimo,
prima del quale ogni uomo, rinunziando al diavolo, professa:
«credo anche nello Spirito Santo». «Credo», io dico, «anche
nello Spirito Santo»: cerchiamo di riconoscere il carattere
speciale delle parole stesse. «Credere a lui» puoi dirlo di
qualunque uomo, ma sappi che «credere in lui» lo devi riser­
vare alla maestà divina. Ma anche questa stessa espressione,
«credere Dio», è diversa da «credere in Dio». Secondo le pa­
role dell’Apostolo, è detto che anche il diavolo crede che Dio
sia: «Infatti anche i diavoli lo credono, e ne provano tremo­
re» !. Il credere in Dio, invece, lo si può autenticamente tro­
vare solo in chi abbia piamente riposto in Lui la speranza.
Credere in Dio significa dunque cercarlo con fede e trasferir­
si in Lui con un amore totale; credere in Lui equivale dun­
que a dire: Lui confesso, a Lui offro il mio culto, Lui adoro,
mi consegno e mi abbandono interamente alla sua signoria.
Nel senso di venerazione espresso in tale professione si rac­
chiude integralmente l’ossequio dovuto al nome di Dio.

C a p it o l o se c o n d o

Dobbiamo credere non «nella Chiesa», come «nello Spi­


rito Santo», ma, tolta la preposizione «in», dobbiamo credere
«la Chiesa cattolica».

Ma tu sollevi delle obiezioni, e dici che nell’espressione


da noi adottata, «credo nello Spirito Santo», non può essere
indicato Dio con immediata evidenza, perché fanno séguito

Ì G C 2 ,19.
50 Fausto di Riez

le parole: «credo nella santa Chiesa cattolica». Non so, in


primo luogo, come Macedonio osi nominare la Chiesa cat­
tolica, lui che, bandito al di fuori di essa, è stato escluso dal­
la salvezza, annoverato tra coloro dei quali è detto: «Gli em­
pi cammineranno all’intorno» 2. Tu dici, dunque: «credo
nella santa Chiesa cattolica». Perché tenti di stendere un
gran velo di nebbia introducendo di soppiatto una piccola
sillaba, vale a dire «in»? Noi crediamo «la Chiesa» in quan­
to madre della seconda nascita, non crediamo «nella Chie­
sa», come nell’autore della salvezza. Poiché, infatti, la Chie­
sa intera confessa questa fede circa lo Spirito Santo, può
forse essa credere anche «in» se stessa? Pertanto, dal mo­
mento che anche l’insegnamento dei Padri prima ricordati,
celebrati in tutto il mondo, conferma la necessità di una
particolare fede «nella» sola Trinità, allontana questa sillaba
dal nome della Chiesa, oppure sostieni di credere «nella
Chiesa» sulla base di una esplicita professione biblica, inse­
gnalo con le testimonianze della Scrittura, dimostralo in
modo inoppugnabile con la Parola di Dio, dopo aver messo
da parte la presunzione delle tue parole. Ricaviamo scrupo­
losamente ciò che dobbiamo credere dai sacri libri, dalla cui
fonte trae origine e fondamento il testo dello stesso Simbo­
lo. Chi crede «nella Chiesa» crede nell’uomo: infatti non
l’uomo dalla Chiesa, ma la Chiesa ha iniziato ad esistere dal­
l’uomo. Allontanati, dunque, dalla blasfema convinzione di
dover credere in una qualche creatura umana, mentre è
proibito del tutto credere persino in un angelo o in un ar­
cangelo. Nel Simbolo, infatti, ciò che segue dopo il nome
dello Spirito Santo tende a concludere la professione di fede
eliminata la preposizione «in», affinché noi crediamo la san­

2 Sai 11, 9.
Lo Spirito Santo, I, 2-3 51

ta Chiesa, la comunione delle cose sante, la remissione dei


peccati, la resurrezione della carne, la vita eterna «in Dio»,
vale a dire affinché confessiamo che queste realtà hanno il
loro fondamento in Dio, e da Lui sono ordinate nel piano di
salvezza. L’imperizia di alcuni, infatti, ha come trascinato a
forza questa preposizione dalla affermazione più vicina alla
successiva, ed ha fatto, con poca saggezza, un’aggiunta su­
perflua: ma in nessuna delle Scritture canoniche, dalle quali
dipende il testo del Simbolo, riceviamo l’ordine di credere
nella Chiesa come nello Spirito Santo e nel Figlio, e pertan­
to (4), poiché ogni creatura è esclusa da tale onore, questo
Spirito, nel quale ci è ordinato di credere, è Dio. Questa
espressione è riferita in modo particolare alla divinità dalla
voce del Signore e Salvatore, che così dice: «Credete in Dio,
credete anche in m e»3, e di nuovo: «Chi crede in me, non
crede in me, ma in colui che mi ha mandato»4.

C a p it o l o terzo

Cristo non è stato generato, ma creato dallo Spirito San­


to, che evidentemente è Dio.

Poiché la Chiesa cattolica confessa: «concepito di Spi­


rito Santo», dobbiamo qui chiedere ai Macedoniani se ri­
tengano lo Spirito Santo creatore o padre del Redentore. Se
per caso risponderanno che ne è padre, si troveranno ad

3 Gv 14,1. 4 Gv 12,44.

(4) Abbiamo seguito, per la traduzione, il testo del codice P (Par


12203), in quanto il codice V (Palatinus 241), la cui lezione è accolta da En­
gelbrecht, presenta un inciso (de Spiritu Sancto) che creerebbe confusione.
52 Fausto di Riez

ammettere, in modo confuso, che egli ha due padri, avendo


già detto, all’inizio del Simbolo: «Credo in Dio Padre onni­
potente». Se invece affermeranno, secondo la verità, che ne
è creatore, saranno necessariamente costretti a proclamarlo,
insieme a noi, Signore dell’universo. Ed è per questo che lo
Spirito, per bocca del profeta Isaia, parla come attraverso la
sua tromba e a proposito del suo tempio, mentre prefigura
due sostanze in Cristo: «Stillate, o cieli, dall’alto, e le nuvole
facciano piovere il giusto; si apra la terra e germini il Salva­
tore: io, il Signore, l’ho creato»5. L’uomo che il Signore ha
assunto da Maria, infatti, fu opera dello Spirito Santo, non
sua porzione, e non fu da lui generato, ma creato. Fu conce­
pito nella potenza, non nella sostanza; nell’operazione, non
nella partecipazione; nel potere divino, non nella natura.

C a p it o l o quarto

L’unità deve essere affermata con le testimonianze dei


profeti.

La fede cattolica venera la triplice maestà sotto la con­


fessione dell’unica divinità: «Ascolta, Israele. Il Signore tuo
Dio è l’unico Dio» 6, e: «adorerai il Signore tuo Dio e a Lui
solo servirai»7, e ancora: «io sono il Signore e non vi è Dio
all’infuori di m e»8, e nei Salmi: «tu sei il solo Dio che com­
pie meraviglie»9, e ugualmente: «tu solo sei l’altissimo in tut­
ta la terra» 10. Anche per bocca di Isaia è detto: «Dio di
Israele, che siedi sui Cherubini, tu sei l’unico Dio di tutti i

5 Is 45, 8. 6 Dt 6, 4. 7 D t6, 13. 8 D t3 2 ,3 9 . 9 Sai 85, 9.


10 Sai 82,19.
Lo Spirito Santo, I, 3-4 53

regni della terra» n, e poi: «io sono il Signore, io sono il Pri­


mo e l’Ultim o»12, e ancora: «Io sono il Signore: questo è il
mio nome. Non darò ad un altro la mia gloria» 13. Affinché
tu sappia che questa testimonianza, vale a dire le parole «pri­
mo e ultimo», riguarda il Cristo, in un altro passo ha detto di
sé: «Io sono il principio, ciò di cui vi parlo» 14, e inoltre:
«Prima di me non vi fu un Dio e dopo di me non vi sarà. Io
sono il Signore e non vi è Salvatore aU’infuori di me» 15, il
che si riferisce in modo particolare al Cristo, Salvatore del
genere umano; e ancora: «Questo dice il Signore tuo reden­
tore, che ti ha formato sin dall’utero: io sono il Signore che
compie ogni cosa, che estende i cieli, l’unico che rende stabi­
le la terra, e non vi è alcuno con m e»16. Questo ultimo passo
guarda propriamente a Gesù creatore e redentore, a propo­
sito del quale l’evangelista ricorda: «Tutto è stato fatto per
mezzo di Lui, e senza di Lui niente è stato fatto»17. Abbia­
mo inoltre il seguente brano: «Non vi è un altro Dio all’in-
fuori di me, e non vi è Salvatore tranne m e»18; e ancora: «Io
sono il primo e l’ultimo, e la mia mano ha fondato la terra e
la mia destra ha misurato i cieli»19, come Gesù Cristo, in un
altro passo, afferma evidentemente di sé dicendo: «Io sono
l’Alfa e l’Omega, il principio e la fine»20. Anche lo Spirito
Santo è contenuto in queste testimonianze, nelle quali l’unità
della sostanza divina (5) deve essere confessata in modo tale
da imporre di credere che in esse sia presente anche la pro­
prietà distinta delle persone e la pluralità indivisa.

11 Is 37, 16. 12 Is 41, 4. 13 Is 42, 8. 14 Gv 8, 25. 15 Is


43,10. 16 Is 44, 24. 17G v l , 3 . 18 Is 45,5; Os 13, 4. i9 Is48,
12. 20 Ap 1, 8; 21, 6.

(5) Anche qui abbiamo seguito il testo del codice P; il testo di V


colto da Engelbrecht, reca ancora l’inutile inciso de Spiritu Sancto.
54 Fausto di Rtez

C a p it o l o q u in t o

Anche le discipline liberali circa la Trinità hanno pensa­


to alle tre persone.

Abbiamo dunque dimostrato, con le parole di Dio, che


una sola è la divinità: passiamo ora ad insegnare che in essa
vi sono tre realtà, tre nomi e non tre regni, tre appellativi
ma non tre poteri, tre essenze o sussistenze ma non tre. so­
stanze. E chiaro che anche la sapienza del mondo ha com­
preso che la moltitudine di nomi, distribuita nel corso di
tutti i secoli, è racchiusa all’interno della regola delle tre
persone. Quali sono queste tre? E presto detto: io, tu, lui.
Come abbiamo detto, dunque, anche gli studi liberali, mu­
tuando l’insegnamento dalle discipline spirituali, hanno
pensato che nella realtà vi sono soltanto tre persone, e ad
essi è apparso in modo evidente che né la seconda persona
può bastare per la perfezione né si può andare oltre la terza,
poiché la pienezza, che tende al numero tre, accusa di in­
completezza la dualità, e la perfezione, portata a compimen­
to nei tre, respinge la quaternità.
Passati dunque in rapida rassegna questi argomenti,
procediamo piuttosto ad affermare, con le sacre testimonian­
ze, che la Trinità sussiste nell’unità. Ma tu dici: perché mi
poni davanti i termini di «unità» e «trinità», che non trovi
nel testo canonico? Non vi è da meravigliarsi, se chi non me­
rita l’ingresso nei penetrali della salvezza si spaventa e fugge
anche davanti alla porta della verità. Che cosa, infatti, è così
conseguente, così naturale, così proprio, quanto il fatto che
dall’uno prenda il nome l’unità e dal tre la trinità, secondo le
universali definizioni dei Padri? Le parole ricavate da altre
che precedono non devono essere discusse di per sé, e non
Lo Spirito Santo, I, 5-6 55

ha fondamento logico il giudicare come peregrini quei ter­


mini che nascono dall’uno e dal tre, vale a dire dalla pro­
prietà di una chiara origine. Fai bene attenzione: in entrambi
i casi il discorso non è frutto di arbitraria presunzione, ma di
semplice derivazione. Queste parole le ha scoperte l’anti­
chità fin dal tempo della Chiesa primitiva, l’autorità le ha im­
messe nell’uso, il lungo arco di tempo le ha rese stabili.

C a p it o l o se st o

Il Figlio, in quanto è detto volto del Padre, è riconosciu­


to a Lui coevo.

Accogli la Trinità dai sacri libri: «In principio Dio fece


il cielo e la terra e lo Spirito di Dio aleggiava sulle acque»21.
Il Padre è l’autore, il Figlio il principio coeterno, colui che è
diffuso sopra le acque è lo Spirito Santo. Aleggiava, dun­
que, sopra le acque, con l’eminenza di chi è Signore, già al­
lora prefigurando, io credo, i doni del battesimo. Anche
nella creazione dell’uomo la triplice ripetizione del nome di
Dio dimostra che è opera non di una, ma di tre persone.
Così, infatti, leggiamo: «E Dio disse: facciamo l’uomo a no­
stra immagine e somiglianza»22.
Nota la struttura del pensiero espresso, singolare nella
premessa, molteplice nella conclusione. «E Dio disse: fac­
ciamo l’uomo». Di che altro si tratta, se non del fatto che è
la sostanza unitaria a parlare e la potenza della Trinità ad
operare? Guarda con attenzione in che modo il nome di
Dio, nella creazione dell’uomo, è pronunciato tre volte. Co-

21 Gn 1,1. 22 Gn 1,26.
56 Fausto di Riez

sì, infatti, troviamo scritto nella Genesi: «E Dio disse: fac­


ciamo l’uom o»23, e di nuovo: «Dio creò l’uom o»24, e in ter­
zo luogo: «Dio lo benedisse»25. Dio disse, Dio creò, Dio be­
nedisse: a motivo delle tre persone l’unica divinità è ripetuta
tre volte.
Nell’evidenza di questo passo cerca di cogliere anche il
mistero dell’unità. Ecco che l’immagine e somiglianza di
Dio è data a ciascun uomo dai tre, e tuttavia è riconosciuta
essere una. «Dio disse: facciamo». Osserva con diligente at­
tenzione: poiché è uno solo a parlare e non uno solo ad
operare, e poiché, di nuovo, mischia il plurale al singolare, e
non dice: «a nostre immagini e somiglianze», e nemmeno:
«a mia immagine e somiglianza», è evidente che con il nu­
mero singolare insegna l’unità, con il numero plurale la Tri­
nità. Pertanto nelle parole: «facciamo secondo la nostra» è
reso manifesto il numero delle persone, mentre nell’espres­
sione pronunciata al singolare: «a immagine e somiglianza»,
la divinità indivisa è riunita in una sola sostanza. Essendo
Dio apparso ad Abramo all’ingresso della tenda (6), ed es­
sendosi mirabilmente offerti alla sua vista tre uomini invece
di uno solo, consapevole di essere al cospetto della maestà
divina adorò nei tre l’unico Dio.

23 Ibid. 24 Gn 1,27 . 25 Gn 1,28.

(6) Gn 18, 1. Fausto sembra ritenere che tutta la Trinità si sia m


stata ad Abramo: è questo un modo di concepire le teofanie dell’Antico Te­
stamento affermatosi dopo le grandi controversie teologiche del quarto seco­
lo e consacrato dalla riflessione di Agostino. Ambrogio, invece, era ancora
legato alla dottrina tradizionale secondo la quale protagonista delle teofanie
è il Figlio e non il Padre, sommo e inaccessibile. Cf. De Spir. San., 1, 3, 55:
«...uno è il Figlio che, secondo gli avvenimenti narrati nel Vecchio Testa­
mento, fu offeso da Adamo, fu visto da Abramo, fu adorato da Giacobbe...»
(trad. it. di C. Moreschini).
Lo Spirito Santo, I, 6 51

Anche nei Salmi l’unità è designata chiaramente dalle


singole persone: «Non respingermi», dice, «dal tuo volto, e
non togliere da me il tuo Spirito santo»26. Ecco che il profe­
ta, supplicando il Padre, teme di aver offeso lo Spirito Santo
non meno che il Padre e il Figlio. «Non respingermi», dice,
«dal tuo volto». Così come immagine del Padre, il Figlio è
ritenuto anche suo volto, e pertanto leggiamo: «Filippo, chi
vede me, vede anche il Padre»27, e ugualmente: «Dove an­
drò lontano dal tuo Spirito, e dove fuggirò dal tuo volto?»28.
Guarda, o uomo senza fede, come il mistero della Tri­
nità sia perfettamente confessato: il profeta parla al Padre,
proclama il Figlio volto del Padre, e non manca di testimo­
niare l’universale diffusione dello Spirito Santo. Ma del Fi­
glio parla il Signore anche a Mosè: «Il mio volto ti prece­
derà» 29. Questo nome, cioè «volto», si riferisce all’unità
della sostanza e alla coeternità della maestà divina. Rispon­
dendo all’obiezione di chi lo ritiene minore, in quanto nato,
poniamo la seguente domanda: che altro vuol dire «Dio è
nato da Dio», se non che da Dio ha ricevuto la sua naturale
esistenza? Ma tu dici: se trae origine da Lui, è più giovane
di Lui. Ecco che il braccio nasce dal corpo e il volto dal suo
capo, né tuttavia risulta che il volto sia più giovane del suo
capo o che il braccio sia posteriore al suo corpo (7).
Se dunque vi è mai stato alcun capo più antico del suo
volto, allora abbi pure la pretesa di sostenere che il Padre è
più antico della sua immagine, la quale sussiste nella perfet­
ta similitudine ed uguaglianza del Cristo. Il Figlio dunque

26 Sai 50,13. 27 Gv 14, 9. 28 Sai 138, 7. 29Es 33,14.

(7) Identiche riflessioni sono sviluppate da Fausto in Ep. 8, CSEL 21,


p. 209.
58 Fausto di Riez

non può conoscere distinzione di potestà o di tempo rispet­


to al Padre, così come il volto non può in alcun modo esse­
re separato dal capo o essere trovato più giovane di esso.

C a p it o l o se t t im o

Lo Spirito del Padre è lo Spirito Santo.

Ma tu dici: dimostrami che lo Spirito Santo sussiste


nella sua essenza. Tutte le volte che io leggo, in qualunque
brano, o «Spirito del Padre», o «il mio Spirito», o «Spirito
di Dio» vedo che deve essere riferito non alla persona dello
Spirito Santo, ma a quella del Padre: questo è quanto tu af­
fermi. E da qui che iniziano ad accumulare, nella loro em­
pietà, bestemmia su bestemmia, dicendo che lo Spirito San­
to di Dio deve essere ritenuto una creatura oppure, senza
alcun dubbio, il Padre stesso: il dilemma non ammette al­
ternative. Chi non confessa lo Spirito Santo ben merita di
essere precipitato, nella sua mente confusa, fino ad oltrag­
giare il Padre: se lo Spirito è una creatura, non può riguar­
dare la sostanza del Padre; se invece lo ritieni una potenza
del Padre, come puoi avere l’ardire di ingiuriarlo abbassan­
dolo al livello di una creatura? Con evidenti testimonianze
noi dimostreremo, al contrario, che «Spirito di Dio» non è
detto del Padre, ma in senso proprio dello Spirito Santo.
In Isaia leggiamo che sul Signore Gesù discese lo Spi­
rito del Signore, Spirito di sapienza e di intelletto, Spirito di
consiglio e di fortezza, Spirito di scienza e di pietà 30. Di
questo Spirito del Signore, che discese sopra il Salvatore

30 Is ll,2 s s .
Lo Spirito Santo, I, 6-7 59

con una sacra infusione, dice dunque il Figlio, per bocca di


Isaia: «Lo Spirito del Signore è sopra di m e»31, e l’evangeli­
sta Matteo: «Ecco si aprirono per lui i cieli e vide lo Spirito
di Dio discendere su di lui come una colomba»32. L’evange­
lista Luca insegnò chiaramente che questo Spirito di Dio,
ricevuto dal Salvatore nel battesimo, è lo Spirito Santo, di­
cendo: «Gesù pieno di Spirito Santo tornò dal Giorda­
n o »33. Leggiamo nel profeta Gioele: «In quei giorni effon­
derò del mio Spirito su ogni carne»34. E evidente che le pa­
role pronunciate dal profeta, «del mio Spirito», sono state
dette a riguardo dello Spirito Santo, dal momento che,
quando esso discese sugli Apostoli nella sacra solennità del­
la Pentecoste, allora l’apostolo Pietro fece ricorso a questa
testimonianza profetica. Esprimendosi in modi diversi, ma
nella consonanza della verità, i Vangeli hanno insegnato che
lo Spirito del Padre è lo Spirito Santo. Poiché infatti Matteo
ha detto: «Non sarete voi a parlare, ma lo Spirito del Padre
vostro, che parla in voi»35, Marco ha reso chiaro che questo
Spirito del Padre è lo Spirito Santo, dicendo: «Dite quello
che vi sarà dato di dire in quell’ora. Non siete infatti voi a
parlare, ma lo Spirito Santo»36. Anche Luca, in modo simi­
le, ha dimostrato che questo Spirito di Dio è lo Spirito San­
to, dicendo: «Non vi preoccupate di quello che dovete dire
e del modo in cui dirlo. In quell’ora, infatti, lo Spirito Santo
vi insegnerà che cosa occorre dire»37.
Secondo queste testimonianze, dunque, ogni volta che
leggerai «Spirito del Padre» o «Spirito di Dio» dovrai ne­
cessariamente ammettere, abbandonato l’errore, che l’e­
spressione è da riferirsi in senso proprio allo Spirito Santo.

31 Is 61, 1. 32M t3 , 16. 33 Le 4 ,1 . 34 Gl 2, 29. 35 Mt


10,20. 36 Me 13,11. 37L c l 2 , 11.
60 Fausto di Riez

Nello stesso modo anche Isaia annovera lo Spirito Santo


nella gloria della Trinità, quando dice: «Vidi il Signore che
sedeva su un trono eccelso, e i Serafini stavano al suo co­
spetto e gridavano l’uno all’altro: santo, santo, santo il Si­
gnore Dio degli eserciti»38. E nel seguito afferma: «E udii la
voce del Signore che diceva: vai e annunzia a questo popo­
lo: ascolterete e non comprenderete e con gli occhi vedrete
e non vedrete» 39. Chi fosse questo Signore degli eserciti,
apparso al profeta mediante l’aspetto che aveva assunto, e
che parlò in lui, ce lo dimostra negli Atti degli Apostoli
Paolo, dicendo: «Lo Spirito Santo ha ben parlato di voi ai
nostri padri per bocca del profeta Isaia: ascolterete e non
comprenderete e con gli occhi vedrete e non vedrete»40. Al­
meno sulla parola di Paolo, il più celebre araldo della verità,
crediamo che quel Signore degli eserciti, del quale Isaia eb­
be la visione e che parlò per bocca di Isaia, era lo Spirito
Santo: ma poiché nel testo è ripetuto, con triplice tripudio,
«santo, santo, santo», vediamo se questo onore riguarda o
no la Trinità intera. Quando Isaia dice: «Vidi il Signore de­
gli eserciti», si capisce che annuncia il Padre ai Giudei. Si
può dimostrare che l’evangelista Giovanni fa esplicito riferi­
mento al Figlio, così dicendo: «Per questo non potevano
credere in Gesù, perché Isaia ha detto: ha reso ciechi i loro
occhi e ha indurito il loro cuore. Questo disse Isaia, quando
vide la gloria del Figlio di Dio e parlò di L u i»41. Quanto al
fatto, poi, che il medesimo Isaia dice: «E udii la voce del Si­
gnore che diceva: vai e annunzia a questo popolo: vedrete
con gli occhi e non vedrete»42, l’apostolo Paolo, come ab­
biamo esposto, conferma che questo Signore è lo Spirito
Santo.

38 Is 6,1. 39 Is 6, 8. 40 At 28,35. 41 Gv 12,39. 42Is6,8.


Lo Spirito Santo, I, 7-8 61

Vedi dunque che questa espressione: «santo, santo,


santo», insieme celebra la Trinità intera, e come in queste
tre parole non vi è alcuna dissimilitudine, né alcuna diffe­
renza, così nella potenza della Trinità non vi può essere al­
cuna discrepanza.

C a p it o l o ottavo

Il dito di Dio.

Ma tu dici: si riconosce in modo evidente l’inferiorità


dello Spirito Santo dal fatto che è chiamato «dito di Dio».
Non è affatto così. Sappi, al contrario, che quando senti di­
re dello Spirito Santo: «Se io caccio i demoni nel dito di
D io »43, non viene dimostrata una diminuzione della gloria,
ma l’unità della sostanza, e che non vi è un differente onore,
ma una concordia nell’agire. Che diremo, dunque? Lo Spi­
rito Santo è ritenuto inferiore al Figlio e al Padre perché è
detto, talvolta, dito di Dio? Allontanati da questa erronea
convinzione, e guarda invece se la Scrittura, usando questa
immagine del dito, non comprenda anche il Padre e il Fi­
glio. Quando leggiamo: «Vedrò i tuoi cieli opera delle tue
dita»44, teniamo bene in mente che non si è parlato di un
solo dito. Ma tu dici che nell’immagine delle dita si fa esclu­
sivo riferimento al Figlio e allo Spirito Santo, uniti in una
sorta di dualità. Il tuo tentativo di sostenere questa tesi circa
le due persone è reso vano da Isaia, che in un altro passo,
con il numero delle dita, parla della Trinità intera (8), dicen-
43 Le 11,20. 44 Sai 8,5.

(8) Abbiamo tradotto seguendo il testo di P; il codice V presenta la le­


62 Fausto di Riez

do: «Chi tiene sospesa la mole della terra con tre dita?» 45.
Quale testimonianza è più evidente e più chiara circa l’unità
della Trinità? Non è forse vero che il profeta, in questo pas­
so, ha come soppesato l’uguaglianza dell’unica potenza con
una sorta di misteriosa bilancia?
Poiché, dunque, sei ormai stato istruito a riguardo del­
la comunanza dell’agire, non devi avere dubbi, come è stato
detto, sulla parità di potenza. Dicendo pertanto: «chi tiene
sospesa la mole della terra con tre dita?», il profeta ha qui
voluto parlare in particolare della potenza cooperante e del­
l’unità della sostanza, la quale, nelle tre dita, è dimostrata
essere unica e identica. Guarda nondimeno, nel profeta
Isaia, la persona propria dello Spirito Santo compresa nella
distinzione della Trinità, quando il Figlio, dicendo di sé: «Io
sono il primo e l’ultimo»46, di seguito aggiunge: «E ora mi
ha inviato il Signore e il suo Spirito»47.
Altro è dunque nella persona Dio Padre, altro lo Spiri­
to di Dio Padre. Quando si legge, pertanto, che il Figlio ri­
ceve la missione dal Padre e dallo Spirito Santo, sotto il no­
me delle tre persone è apertamente rivelato che lo Spirito
Santo ha una autonoma sussistenza, così come in un altro
passo il medesimo profeta presenta in modo distinto l’es­
senza della Trinità: «Ecco il mio servo, il mio diletto: lo esal­
terò; in lui si compiacque l’anima mia, ho effuso il mio Spi­
rito su di lu i»48. Il Padre chiama il Figlio il suo servo dilet­
to, sul quale ha effuso il suo Spirito: di questo rende testi­
monianza Gesù Cristo con la propria voce: «Lo Spirito del

45 I s 4 0 ,12 . 46 Is 48,12. 47 Is 48,16. 48Is42,1.

zione tantum, e lo Engelbrecht ha apportato la correzione congetturale


trium tantum.
Lo Spirito Santo, I, 8-9 63

Signore è su di me» 49. Ma affinché quella parola del Vange­


lo possa essere manifesta anche ai pagani dice: «Andate,
battezzate tutte le genti nel nome del Padre, del Figlio e
dello Spirito Santo»50.
In questo passo, sotto l’indicazione delle tre persone,
l’unità di operazione e di nome afferma che vi è una maestà
indivisa. «E d essendo stato battezzato Gesù, si aprì il cielo e
discese lo Spirito Santo in forma corporea come una colom­
ba, e risuonò una voce dal cielo: Tu sei il mio Figlio diletto,
in te mi sono compiaciuto»51: questa è la testimonianza che
abbiamo anche secondo il racconto evangelico di Luca. Nel
corpo battezzato, dunque, è manifestato il Figlio; lo Spirito
Santo nella forma della colomba, il Padre nella voce: ma in
questo passo si deve capire che nella colomba vi è una for­
ma transitoria, non una sostanza permanente (9).

C a p it o l o nono

Non si oppone alla divinità dello Spirito Santo il fatto


che non sembra essere né ingenerato né generato.

Nel bel mezzo di questi ragionamenti, mentre dimo­


striamo che lo Spirito Santo ha una persona propria e confes­
siamo che il Padre è ingenerato, conoscendo invece il Figlio
come unigenito, ecco che tu mi chiedi se lo Spirito Santo sia
ingenerato o generato, o se debba essere proclamato con

49 Le 4,18. 50 Mt 28,19. 51 Le 3,21.

(9) Una analoga precisazione, volta ad eliminare ogni dubbio


una presunta «incarnazione» dello Spirito Santo, si trovava già in Tertullia­
no, De car. Christi, 3, 8-9.
64 Fausto di Riez

qualche altra prerogativa. Le Sacre Scritture parlano della


potenza e della divinità dello Spirito Santo, ma non dichiara­
no se debba essere detto generato o ingenerato. Guarda quali
tenebre si appresta la mancanza di fede! Tu non vuoi sapere
ciò che Dio ha proibito di ignorare, e pretendi di sapere ciò
che non ha ordinato di indagare. Non lo ha detto «generato»,
perché tu non lo credessi il Figlio; non lo ha detto «ingenera­
to», perché tu non lo credessi il Padre, ma per distinguerne
l’essenza ha testimoniato che procede dal Padre, secondo
quanto leggiamo: «Il Paraclito, che procede dal Padre»52.
Stando così le cose, almeno per questa via riconosci
che lo Spirito Santo ha una persona propria. La diversità
del nome prova che oltre ai due vi è un terzo soggetto, men­
tre l’unità della maestà divina dimostra che Colui che pro­
cede da Dio non è terzo per ordine o per grado: chi provie­
ne dall’intima essenza di Dio, infatti, è riconosciuto non co­
me sua creatura, ma come sua sostanza. Che lo Spirito San­
to sia Dio è cosa manifesta: non affannarti nello scrutare in
qual modo lo sia. Te ne sfugge la ragione, ma la verità non ti
è nascosta: che motivo hai di chiedere come possa essere
compagno del Re, e a Lui uguale, colui che sappiamo essere
dotato di onore e di stirpe regale? Inutilmente si indaga cir­
ca il nome, quando non vi sono dubbi circa la condizione
divina. Poiché, dunque, lo Spirito Santo procede da en­
trambi, per questo dice: «Chi non ha lo Spirito del Signore
non gli appartiene»53, e in un altro passo: «Alitò e disse: ri­
cevete lo Spirito Santo»54.
Tu insisti a chiedere se sia ingenerato o generato: la Pa­
rola divina, a tale riguardo, non ha formulato alcun responso,
ed è sacrilego infrangere il silenzio di Dio. Egli ti ha proibito

52 Gv 15,26. 53 Rm 8, 9. 54 Gv 20,22.
Lo Spirito Santo, I, 9 65

di domandare o di conoscere, con inutile curiosità, quello


che non ha creduto opportuno rivelare con le sue Scritture:
ha ritenuto che dovesse giungere alla tua conoscenza ciò che
riguarda la tua salvezza. Rivolgiamoci alla Parola divina, per
sapere che cosa dobbiamo credere circa lo Spirito Santo.
Questo stesso termine di «generato», che tu attribuisci al Fi­
glio, oseresti forse pronunciarlo, se non lo avessi appreso dal­
le Scritture con la testimonianza che viene dal cielo? O forse
ti arrogheresti il diritto di asserire che Cristo è Signore, o na­
to dalla Vergine, o generato dal Padre coetaneo e coetemo, se
non avessi ricavato ciò dal testo della Bibbia e non avessi in­
terrogato la Parola di Dio? Pertanto, se vuoi sapere quale
debba essere il tuo pensiero intorno allo Spirito Santo, ti è
necessario ritornare agli Apostoli e ai Vangeli, con i quali e
nei quali hai la certezza che Dio ha parlato.
Per riprendere, dunque, il superfluo problema che hai
proposto, forse che la gloria o la sostanza dello Spirito San­
to consiste nell’essere dimostrato ingenerato o generato? Al
Figlio, infatti, non è tolta alcuna prerogativa, se non leggia­
mo che è ingenerato, e neppure al Padre, per il fatto che è
ritenuto non generato. In questo tipo di espressioni si ha la
specificità del nome, non la diversità di potenza o di maestà:
«generato» e «ingenerato» indicano una differenza di per­
sona, non di natura.
Poiché, dunque, a proposito di generato e ingenerato
hai detto o udito cose inutili e non necessarie, e adatte alle
sole calunnie, io ti chiedo: forse ti accontenterai di rimanere
fermo in questa definizione? Chiederai ancora, certamente,
se lo Spirito Santo sia Dio. Ma poiché hai appreso, dai brani
che si leggono, che è Dio, ormai non ti resterà più niente da
chiedere, in quanto, avendo iniziato a conoscere cose solide
e perfette, non sentirai il bisogno di futili indagini. La no-
66 Fausto di Riez

stra attenta ricerca, dunque, si indirizzi là dove si trova un


criterio di utilità, e dove si intuisce la presenza della pienez­
za della verità.

C a p it o l o d e c im o

Lo Spirito Santo è l’elargitore dei perfetti carismi.

Che lo Spirito Santo sia l’elargitore dei carismi celesti e


il dispensatore delle santificazioni lo testimonia la natura
stessa del nome; le sue grandi opere, invece, sono state ma­
nifestate anche nell’Antico Testamento. In esso, infatti, la
sua grazia non è stata concessa se non a persone ben deter­
minate, vale a dire ai patriarchi e parimenti anche ai profeti,
ai santi e agli eletti, affinché attraverso la perfezione stessa
dei doni tu comprenda la dignità del donatore.
Da quanto ci è dato di constatare, con la più grande
evidenza, nelle Sacre Scritture, risulta peraltro che il Padre
compie alcune cose di per sé, altre attraverso l’opera parti­
colare del Figlio, altre per mezzo dello Spirito Santo, per
quanto sotto il privilegio della comune potenza. La nostra
esistenza sembra essere riferita propriamente al Padre, «nel
quale», come ha detto l’Apostolo, «viviamo e ci muoviamo
ed esistiamo»55; invece il nostro essere capaci di ragione, di
sapienza e di giustizia è attribuito in particolare a colui che
è ragione (10), sapienza e giustizia, vale a dire al Figlio. At-

55 At 17,28.

(10) L ’argomento di Fausto presuppone la teologia di Cristo


Logos, parola che in greco significa, precisamente, «ragione» e «parola»: chi
partecipa del Logos-ragione, dunque, è per ciò stesso razionale.
Lo Spirito Santo, I, 9-10 67

traverso la Parola di Dio, poi, alla persona dello Spirito


Santo sono chiaramente ascritti la nostra chiamata alla rige­
nerazione, il rinnovamento che ne consegue e la successiva
santificazione. Ma le sacre pagine parlano di tutto ciò intro­
ducendo la distinzione nella Trinità indifferenziata, in modo
tale che, pur apparendo nei singoli la diversità di operazio­
ne, permanga tuttavia nei tre l’unità del volere.
I catecumeni e i pagani, dunque, partecipano dei doni
elargiti dal Padre e dal Figlio, ma non facilmente della santi­
ficazione e della infusione dello Spirito Santo, a meno che
non abbiano già ottenuto il battesimo e siano divenuti puri e
spirituali, ed inoltre discepoli degli Apostoli ed apostoli essi
stessi, preparati al martirio nella pienezza dello Spirito. E gli
empi, di fronte a queste realtà, giudicheranno ancora come
creatura colui che nella Trinità indivisibile ha il compito di
distribuire tutti i doni più mirabili e perfetti nel disporre la
salvezza dell’uomo? Ma forse potresti dire: è più grande lo
Spirito Santo, le cui opere sono più importanti e più nobili.
Non è così: la Trinità infatti è solita attribuire l’effetto del­
l’azione compiuta alla persona alla quale affida l’incarico di
eseguirla, per cui può forse risultare diverso l’agire, ma il
proposito è comune. Anche se le singole persone compiono
qualcosa di proprio, permane nei tre il disegno di insieme, e
pertanto, anche se hanno compiti distinti nell’operare, man­
tengono un consenso unitario nella disposizione generale.
E scritto che lo Spirito Santo è disceso dopo l’ascen­
sione del Signore, per aumentare e portare a compimento i
suoi benefici. Di lui parla il Salvatore stesso attraverso il
Vangelo di Giovanni: «Quello Spirito di verità, che il Padre
manderà nel mio nom e»56. Lo manderà il Padre, dice, «nel

56 Gv 14,26.
68 Fausto di Riez

mio nome»: è evidente che parla della Trinità. Di quale


creatura abbiamo mai letto o abbiamo sentito dire questo,
vale a dire che è venuta nel mondo nel nome di Dio? Que­
sto Spirito, dunque, del quale Cristo Signore, che è Dio, di­
ce: «Se io non andrò, non verrà a voi il Paraclito»57, è certa­
mente Dio, poiché è destinato in luogo di Dio per confer­
marne i doni. In queste due affermazioni, nella distinzione
della Trinità, è indicata con evidenza anche la persona dello
Spirito Santo: non a torto, dunque, si mette in relazione al­
l’uguaglianza della natura divina il fatto che anche lo Spirito
Santo, così come il Figlio, nelle Scritture è chiamato Paracli­
to. Da dove potremo ricavare la prova di tutto ciò? Natural­
mente dall’autorità dell’apostolo Giovanni, quando dice:
«Se qualcuno di voi ha peccato, abbiamo come avvocato
presso il Padre Gesù Cristo: è lui la vittima di espiazione
per i nostri peccati»58. Questa singola parola della lingua
greca, “Paraclito”, ha un duplice significato: avvocato, per
ciò che riguarda la persona del Figlio, oppure anche conso­
latore, per ciò che concerne lo Spirito Santo. Nel Vangelo
di Giovanni abbiamo il seguente passo: «E io pregherò il
Padre», dice il Signore, «e vi darà un altro Paraclito»59. Un
altro Paraclito, vale a dire di simile potenza, di pari gloria e
di identica natura. «E un altro Paraclito»: se tu ritieni che lo
Spirito Santo faccia parte delle creature, è cosa indegna che,
con la sua discesa, i benefici apportati dal Creatore siano
confermati da una creatura, e che ad una creatura, per
quanto di natura più elevata, sia riservato il portare a termi­
ne l’opera, evidentemente incompleta, come se la potenza
del Creatore fosse stata inefficace.

57 Gv 16,7. 58 1 G v 2 , 1. 59 Gv 14,16.
Lo Spirito Santo, I, 10 69

Tu dunque rivolgi un insulto blasfemo allo Spirito San­


to considerandolo una creatura, mentre il Figlio di Dio, con
divina testimonianza, si è dichiarato a lui pari sulla base del­
la propria autorevole affermazione: «E un altro Paraclito»:
in questo passo cerca di riconoscere, con un duplice livello
di comprensione, la distinzione della persona e l’uguaglian­
za della sostanza. Ma qui potresti forse obiettare: sembra
che il Cristo, con l’appellativo di Paraclito, si sia equiparato
allo Spirito Santo, che è certamente materia dell’agire di Dio
e sua creatura, perché è dimostrato che Gesù stesso è stato
formato da Maria. Questo argomento è tanto privo di fede
quanto di fondamento. Se infatti tu ritieni che il Cristo sia
stato assimilato al Paraclito secondo la natura umana, nep­
pure questo si addice alla verità. Poiché, infatti, è stato reso
di poco inferiore agli angeli60, ed è divenuto uno di noi, non
è stato possibile paragonarlo a quella che tu definisci la
creatura prima, celeste e più eccelsa. Se invece il Cristo ha
proferito queste parole secondo la natura divina, è certo che
non avrebbe dovuto paragonare la creatura al Creatore: e
così, se è l’uomo a farsi uguale alla creatura più eminente, si
tratta della superbia di chi è inferiore; se invece è Dio a far­
lo, si tratta di un’ingiuria alla sua superiore grandezza. Poi­
ché, dunque, questo paragone non sembra avere alcun fon­
damento nell’ambito della condizione creaturale, non resta
che credere alla divinità di entrambi e stabilire tra di essi
una reciproca comparazione nell’uguaglianza della natura
divina. Quando il Salvatore, infatti, dice attraverso Giovan­
ni: «E io pregherò il Padre e vi darà un altro Paraclito, lo
Spirito di verità, che questo mondo non può ricevere»61, è
evidente che chi può essere donato al mondo intero è Dio

60 Eb 2, 7. 61 Gv 14,16.
70 fausto di Riez

del mondo. Anche in questo passo riconosci la Trinità arti­


colata nelle tre persone: colui che è indicato come il destina­
tario della preghiera è il Padre; si comprende che sarà il Fi­
glio a pregarlo; colui del quale si promette l’invio da parte
del Padre è lo Spirito Santo. Renditi conto che la persona
dello Spirito Santo è associata non tanto alle creature a lei
sorelle, come tu affermi, ma piuttosto è completamente uni­
ta alla Trinità nell’operare, e le è equiparata nei poteri.

C a p it o l o u n d ic e s im o

Negli Atti degli Apostoli è ripetuta l’affermazione della


Trinità, nel passo in cui si proclama, contro i Novaziani, che
anche Cristo è stato mandato per concedere la penitenza.

Negli Atti degli Apostoli Pietro, parlando del Signore


Gesù, così dice: «Innalzato dunque dalla destra di Dio, e ri­
cevuta dal Padre la promessa dello Spirito Santo, ha effuso
questo, che vedete e udite»62. Nella «destra» è indicato il
Figlio, in «D io» il Padre, nel suo proprio nome lo Spirito
Santo. Anche nei passi successivi leggiamo: «Allora Pietro
pieno di Spirito Santo disse: E nel nome di Gesù Cristo il
Nazareno, che voi avete crocifisso, e che il Padre ha resusci­
tato dai morti, che quest’uomo sta di fronte a voi san o»63.
Osserva, anche in questo brano, la Trinità espressamente di­
stinta. Pietro, portando in sé lo Spirito Santo, parla del Fi­
glio che muore nella carne e del Padre che lo fa risorgere. Il
concetto, nondimeno, è ripetuto dalla ispirata parola degli
Apostoli: «E ora», essa dice, «o Signore, volgi il tuo sguardo

62 At 2,33. 63 At 4, 8.
Lo Spirito Santo, I, 10-11 71

alle loro minacce»64, e «Tutti furono pieni di Spirito Santo e


annunciavano la Parola di Dio con fiducia»65.
Fai attenzione: anche in questo passo lo Spirito Santo
è contenuto nella Trinità. Nella preghiera è supplicato il Pa­
dre, nella Parola di Dio si riconosce il Figlio, nella fermezza
degli Apostoli compie la sua opera il fuoco dello Spirito
Santo. «Tutti furono pieni di Spirito Santo». E un manifesto
segno della maestà divina la facoltà di penetrare simultanea­
mente nell’intimo di numerosi soggetti, in virtù dell’assenza
di materia della divinità incorporea, rimanendo integra e
senza detrimento. Gli Apostoli hanno detto di Gesù anche
quanto segue: «Dio lo ha esaltato con la sua destra come
principe e salvatore per concedere la penitenza in Israele
per la remissione dei peccati. Di queste cose siamo testimo­
ni noi e lo Spirito Santo, che Dio ha dato a tutti coloro che
gli obbediscono»66. Qui devi comprendere che il Figlio, nel­
l’economia della Trinità, è destinato dal Padre non solo a pre­
dicare la penitenza, ma anche a concederla, e che lo Spirito
Santo è infuso, in chi si sottomette, per remunerarne l’obbe­
dienza. Stefano è riempito di Spirito Santo nel momento del­
la passione, e, spalancate le porte della giustizia, gli è rivelato
il Figlio alla destra del Padre, come egli stesso proferisce ri­
colmo di Spirito Santo: «Ecco, vedo i cieli aperti e il Figlio
dell’uomo stare alla destra di D io »67. Vedi come nella con­
templazione della Trinità compiva il duro ufficio della passio­
ne. Pietro si rivolge al centurione Cornelio dicendo: «Gesù
Nazareno, come Dio lo unse di Spirito Santo»68. Dio lo unse,
vale a dire: la potenza lo ricolmò, la benedizione lo impregnò
di sé, la natura divina penetrò in lui. «Come Dio lo unse di

64 At 4, 29. 65 At 2, 4. 66A t5 ,3 1 . 67 At 7 , 55 . 68 At
10,38.
72 Fausto di Riez

Spirito Santo». In questo passo sussistono evidentemente tre


soggetti, attraverso le loro proprietà: il dono, colui che lo dà,
colui che lo riceve; chi unge, chi è unto, l’unguento, come an­
che in un altro brano dice la Parola di Dio: «Dio, il tuo Dio ti
ha unto con olio di letizia»69.
Nella natura umana assunta Dio è unto, e Dio unge, e
nella discesa della celeste colomba si riconosce la potestà del
Padre. Sarebbe un’empietà credere che questo Spirito Santo,
dal quale è ricolmato il figlio dell’uomo, Cristo, che era già
pieno del Figlio di Dio, sia qualche cosa di diverso da Dio.
Come potrebbe, se fosse una creatura, penetrare la natura in­
corporea, che tutto penetra? La Trinità, infatti, contiene se
stessa, secondo i dati della Scrittura: «Io sono nel Padre e il
Padre è in me» 70; e ancora: «Lo Spirito scruta anche le
profondità di D io»71, e ugualmente: «Lo Spirito, che procede
dal Padre»72. Se questo Spirito Santo non traesse origine dal
Padre, e non abitasse in Lui per natura, immerso nel suo inti­
mo essere, non potrebbe da Lui procedere.
Ma tu chiedi se lo Spirito procede sempre dal Padre: è
sempre con Lui e sempre originato da Lui, come il calore dal
fuoco, ed è incessantemente emesso, in modo tale da cono­
scere l’uscire al di fuori, ma non la separazione. Se la proces­
sione dello Spirito Santo, infatti, non fosse eterna, sembre­
rebbe una sostanza circoscritta nello spazio; se la gloria incor­
porea, che si autocontiene, non penetra reciprocamente, sen­
za mescolanza, nell’uno e nell’altro soggetto, la divinità sarà
dunque confusa in una unità indistinta (11). La mescolanza,

69 Sai 44 , 8. 70G v l4 , 10. 711 Cor 2,10. 72 Gv 15,26.

(11) Per le questioni testuali e teologiche relative a questo pas


mandiamo a quanto abbiamo scritto, nell’Introduzione, circa la dottrina tri­
nitaria del De Spiritu Sancto.
Lo Spirito Santo. I, 11 73

infatti, cancella la proprietà della triplice essenza, mentre la


vicendevole infusione, che può sembrare come mediatrice tra
la sostanza e le persone, ci mostra una essenza distinta. E
proprio della sostanza il sussistere, è proprio della persona il
sussistere ciascuna per se stessa. Paolo si rivolge ai suoi disce­
poli dicendo: «Non ho omesso di annunciarvi ogni disegno
di Dio. Badate a voi e a tutto il gregge, nel quale lo Spirito
Santo vi ha posto come vescovi per governare la Chiesa di
Dio, che ha acquistato con il suo sangue»73.
Con quale chiarezza la Trinità è indicata nelle sue per­
sone! Annuncia il disegno di Dio Padre, conferma che i ve­
scovi sono stati ordinati dallo Spirito Santo, dimostra che è
Dio anche Cristo, con il cui sangue la Chiesa è stata acqui­
stata. Anche ai Romani viene illustrata la Trinità nella pro­
prietà dei nomi: «Se lo Spirito di colui che ha resuscitato Ge­
sù Cristo abita in voi, colui che ha resuscitato Gesù dai morti
darà vita anche ai vostri corpi mortali in virtù del suo Spirito
che abita in voi»74. H Padre fa risorgere, il Figlio è resuscita­
to, e a causa dell’inabitazione dello Spirito è promessa la vita
ai corpi mortali che devono essere resuscitati. E nel seguito
del testo: «Voi invece non siete nella carne, ma nello Spirito,
se è vero che lo Spirito di Dio abita in voi. Se qualcuno non
ha lo Spirito di Cristo, non gli appartiene»75. Fai attenzione:
dicendo «Spirito di Dio» e poi, di seguito, «Spirito di Cri­
sto», con il nome di Dio indica la persona di Cristo. Se con
tale termine, invece, intende qui significare il Padre, del quale
è lo Spirito, ecco che in questo brano lo Spirito Santo, attra­
verso l'unità di sostanza, è dichiarato Spirito del Padre e del
Figlio, e giustamente se ne riconosce la processione da en­

73 At 20,27. 74 Rm 8,11. 75 Rm 8, 9.
74 Fausto di Riez

trambi, e nel vincolo della Trinità è visto in possesso di una


sua distinta persona, e si dimostra che chi non ha lo Spirito
Santo non possiede neppure Cristo.
E dunque Dio lo Spirito Santo, negato il quale si nega
anche Cristo, e poiché ha detto: «Nessuno viene al Padre se
non attraverso m e »76, chi è privo dello Spirito Santo non
appartiene a Cristo, ed ha perduto la via per la quale si
giunge al Padre.

C a p it o l o d o d ic e s im o

La santificazione della creatura è axione propria di Dio.

Nella prima lettera ai Corinzi si legge: «Voi siete stati


tali, ma siete stati lavati, ma siete stati santificati, ma siete
stati giustificati nel nome del nostro Signore Gesù Cristo e
nello Spirito del nostro D io »77. Ecco che anche in questo
brano lo Spirito Santo, con la cooperazione di Cristo, santi­
fica i fedeli di Corinto richiamando alla mente il nostro Dio,
vale a dire il Padre. Nessuna creatura può in alcun modo
santificarne un’altra: il comunicare la santificazione è un at­
to di donazione che appartiene esclusivamente alla maestà
divina. Nel passo prima citato riconosci, «nel nome di Gesù
Cristo» e «nello Spirito del nostro Dio», le tre persone. Nel­
la seconda ai Corinzi si legge: «L a grazia del Signore nostro
Gesù Cristo, l’amore di Dio, e la comunione dello Spirito
Santo sia con tutti voi»78: la grazia di Cristo, l’amore di Dio,
la comunione dello Spirito Santo hanno espresso, evidente­
mente, tre persone. Sempre nella seconda ai Corinzi: «Dio

76Gv 14, 6. 77l C o r 6 , 11. 78 2 C o rl3 ,1 3 .


Lo Spirito Santo, 1, 11-12 15

che ci conferma con voi in Cristo e ci ha unto, e che ci ha


segnati con il suo sigillo e ha posto nei nostri cuori il pegno
dello Spirito Santo»79.
Vedi nelle opere l’unità della Trinità indivisibile. Il Pa­
dre, attraverso Cristo, ci conferma e ci imprime il suo sigil­
lo, e nell’attesa di dare se stesso ci dona in prima persona,
nella vita presente, lo Spirito Santo come pegno. Negli affa­
ri di questo mondo l’entità della caparra è una certa parte di
quella somma pattuita, per la quale si è interposta come ga­
ranzia, mentre il criterio del pegno supera il valore della co­
sa per la quale appare dato in deposito (12). In queste
realtà, invece, è necessario che alla maestà divina sia reso
uguale il suo pegno, poiché non può essere considerato su­
periore. E impossibile, infatti, che si possa andare al di là
della perfezione, e dunque il Padre concede, in sua vece, il
pegno dello Spirito Santo.
Non si creda, pertanto, che nello Spirito Santo vi sia
qualcosa di incompleto, per il fatto che è messo a confronto
con la pienezza futura: è cosa empia, infatti, credere che
possa essere altro da Dio colui che è donato in sua vece co­
me pegno. Ugualmente, nella lettera a Tito, si legge: «Ci ha
salvato attraverso il lavacro della rigenerazione e del rinno­
vamento dello Spirito Santo, che ha abbondantemente effu­
so in noi attraverso Gesù Cristo»80. Ecco che anche in que­
sto passo il Padre, nel manifestarsi della Trinità, effonde per

792 Cor 1,21. 80Tt 3,5.

(12) Per questa distinzione tra caparra {arra) e pegno (pignus) cf.
stino, serm. 378: «Quando viene dato un pegno l’uomo restituisce ciò che ha
ricevuto una volta portata a termine la cosa per la quale ha ricevuto il pegno;
quando invece viene data una caparra, non è ripresa, ma vi si fa una aggiun­
ta, perché sia completa». Il passo di Agostino è stato ripreso da Isidoro di Si­
viglia, Etym.,5, 25, 20.
76 Fausto di Riez

mezzo del Figlio l’abbondanza dello Spirito Santo, e, cosa


oltremodo degna di nota, la potenza della rigenerazione e
del rinnovamento è attribuita proprio allo Spirito Santo.
Anche Pietro, nella sua epistola, espone attraverso le perso­
ne l’inseparabile Trinità, dicendo: «Secondo la prescienza di
Dio Padre, nella santificazione dello Spirito, nell’obbedien­
za e nell’aspersione del sangue di Gesù Cristo abbondino in
voi la grazia e la pace»81. Nella prescienza è rivelato il Pa­
dre, nella santificazione lo Spirito Santo, nell’aspersione del
sangue il Cristo.

C a p it o l o t r e d ic e s im o

Lo Spirito Santo non ha un carattere locale.

Passiamo ora a dimostrare, in base ai suoi poteri e alle


sue opere, che lo Spirito Santo è Dio. Ogni creatura, così
come è sottoposta ad un inizio temporale, ugualmente co­
nosce di essere locale in quanto circoscritta da ben precisi
spazi e limiti. Lo Spirito Santo non è racchiuso entro alcun
confine, come invece accade alla creatura, ed è necessario
che sia ritenuto Dio, proprio in virtù della libertà con la
quale è diffusa la sua maestà divina. Il Signore e Salvatore
rivolge agli Apostoli queste parole: «Il Padre vi darà», egli
dice, «lo Spirito di verità, perché sia con voi in eterno»82.
Se è di natura locale, e rimaneva per sempre in essi, certa­
mente non poteva essere altrove. Vediamo, dunque, se la
sua natura è determinata da limiti di luogo. Il Signore dice
agli Apostoli: «Riceverete la forza dello Spirito Santo che

811 Pt 1,2. 82 Gv 14,16.


Lo Spirito Santo, I, 12-13 77

scenderà su di voi, e mi sarete testimoni in Gerusalemme e


in tutta la Giudea e la Samaria e fino ai confini della ter­
ra » 83. Dopo la sua ascensione venne sopra di essi lo Spirito
Santo «e apparvero loro come lingue di fuoco divise, e si
posò su ciascuno di loro»84.
Vediamo per quale motivo è data, in primo luogo, la
facoltà di benedire Dio nelle diverse lingue: evidentemente
affinché siano resi idonei ad erudire i popoli che giungono
alla fede. Si fa menzione, invece, del fatto che lo Spirito si è
posato su ciascuno, perché si comprenda che non era stato
diviso in più spiriti, ma era rimasto intero nei singoli, come
è solito accadere ai fuochi: come infatti sappiamo, il fuoco
acceso ha una natura tale che gli consente di far godere del­
la sua luce tutti coloro che abbiano rivolto lo sguardo ad es­
so e al purpureo splendore dalla forma di crine, e di presta­
re loro il servizio della propria funzione rimanendo, nondi­
meno, nell’integrità. Allo stesso modo la potenza dello Spi­
rito Santo, per quanto abbondantemente si effonda, per
quanto numerosi siano coloro sui quali si riversa la grazia
della generosità divina, non avverte alcuna diminuzione, ed
è dimostrata estranea ad ogni misura.
Dalla dignità delle opere percepisci la presenza di Dio.
Gli Apostoli, pieni di Spirito Santo, per distribuire in tutto
il mondo i tesori della salvezza portano in sé questo dono
celeste, e lo trasmettono ad altri con l’imposizione delle ma­
ni. Il guadagno di chi lo riceve non comporta il danno di
chi lo elargisce; è trasmesso tutto intero ai credenti e tutto
intero è posseduto da coloro che lo trasmettono: sul mondo
intero si riversa la sua effusione, si diffonde senza perdere
vigore, è sparso senza divisione. Il medesimo Spirito, nella

83 At 1,8. 84 At 2,3.
78 Fausto di Riez

pienezza della sua unità, opera con particolare efficacia in


quella santissima notte della rigenerazione dall’oriente al­
l’occidente, dal sorgere del sole al suo tramonto (13), dal
nord e dal mare, in ogni luogo: con l’invocazione è creduto
presente attraverso ogni cosa, con la benedizione se ne av­
verte l’azione, innumerevoli moltitudini sono purificate con
un solo battesimo e, come ha detto l’Apostolo, bevono ad
un solo Spirito85, rinascono nell’unico grembo della madre
che le adotta.
Per questo Dio dice: «In quei giorni effonderò del mio
Spirito su ogni carne» 86. Fai attenzione: ha detto «effon­
derò del mio Spirito», non «effonderò il mio Spirito», vale a
dire: ne dispenserò soltanto quanto il mondo è in grado di
ricevere. Tu vedi che esce dal Padre e tuttavia non si separa
da Lui, è emesso ma non perduto, è effuso e conservato, e
quando leggiamo che è effuso viene resa evidente la sua
grande pienezza. Il libro della Genesi, all’inizio del sacro
volume, rende questa testimonianza: «L o Spirito del Signo­
re si muoveva sulle acque»87. «Si muoveva», dice, «sulle ac­
que». Le parole stesse sembrano indicare l’abbondanza di
chi riempie tutte le cose e l’eminenza di chi ne è Signore.
Anche il profeta si unisce alla celebrazione di questa sua

85 1 Cor 12, 13. 86A t2, 17. 87G v l,2 .

(13) Sai 112, 3; 106, 3; Is 49, 12. È evidente alla notte della vegl
squale, durante la quale veniva solennemente amministrato il battesimo. Un
brano concettualmente simile si trova in Ambrogio, De Spir. San. 1, Prol. 17:
«...tu oggi, o Signore Gesù, qui da noi ne hai mondati mille. E quanti ne hai
mondati nella città di Roma, quanti ad Alessandria, quanti ad Antiochia,
quanti anche a Costantinopoli!... Non è opera della potenza umana comuni­
care i beni divini, ma è dono tuo, o Signore, e del Padre che ha parlato attra­
verso i profeti dicendo: Io effonderò il mio Spirito sopra ogni carne» (trad. it.
di C. Moreschini).
Lo Spirito Santo, I, 13 79

magnificenza, non circoscritta da alcun limite spaziale, di­


cendo, con testimonianza parimenti autorevole: «Dove an­
drò lontano dal tuo Spirito?»88. Vale a dire: dove potrò na­
scondermi dal cospetto di colui che, senza alcun dubbio, so
essere presente attraverso ogni cosa, all’interno e all’ester­
no? Nel segreto del mio cuore ho timore del suo occhio che
penetra gli abissi, so che ogni cosa da lui creata è soggetta
alla sua presenza, capisco che è stato chiaramente detto a
suo riguardo, poiché è un fuoco che consuma, «non vi è
nessuno che possa sfuggire al suo calore»89: la sua ineffabile
grandezza penetra, ricolma e supera le profondità degli in­
feri, le distese dei flutti, le estensioni delle terre, le altezze
dei cieli.
Si dice che è inviato dal Padre e dal Figlio e che proce­
de dalla loro sostanza, e si riconosce che insieme ad essi
compie un’unica opera, e per questo il Figlio dice di lui: «Il
Paraclito, che procede dal P adre»90. Non ha detto «è stato
creato dal Padre», ma «procede dal Padre», vale a dire dal­
la condivisione della potenza paterna e dalla sua propria
natura. Ma quando è detto che procede dal Padre, dalle pa­
role stesse è dimostrato che non ha con Lui un comune ini­
zio: e per quale motivo il Figlio è detto nascere dal Padre e
lo Spirito Santo procedere? Se tu desideri sapere quale dif­
ferenza vi sia tra la nascita e la processione, ti risponderò
così: differiscono, evidentemente, per il fatto che chi nasce
trae la propria origine da uno solo, chi procede la ricava da
entrambi.
Lo Spirito Santo, dunque, nel suo procedere dal Pa­
dre, dimostra di possedere tre privilegi della condizione di-

88 Sai 138,7. 89 Sai 18,7. 90 Gv 15,26.


80 Fausto di Riez

vina: l’avere una propria sussistenza personale, il permanere


senza alcun limite temporale, il trarre origine proprio dalla
sostanza del Padre. Pertanto, allorquando si fa menzione
del suo procedere, dalla natura stessa dell’enunciato si rico­
nosce che non è circoscritto da alcuna legge temporale, ma
è privo di inizio e di fine. E poiché leggiamo: «Io sono colui
che sono»91 e «Colui che è mi ha inviato»92, questo concet­
to è indicato in modo simile dall’espressione «procede».
L’essere e il procedere, infatti, sono l’espressione di un’uni­
ca eternità: si comprende, dunque, che la processione stes­
sa, non avendo né una fase iniziale né una terminale, non è
soggetta ad alcun principio o ad alcuna fine.
Evitiamo di credere, allora, che lo Spirito Santo abbia
un carattere locale, per il fatto che dal testo biblico appren­
diamo il suo invio da parte del Padre: leggiamo infatti, an­
che a riguardo del Padre e del Figlio, che discendono e ven­
gono, come se in qualche modo si muovessero. Vediamo
dove è scritto. «Io e il Padre mio», dice il Figlio, «verremo e
faremo dimora presso di lu i»93; e di nuovo, quando i giganti
tentavano di innalzare una torre contro il cielo, la persona
del Padre proferisce: «Venite, discendiamo e confondiamo
le loro lingue» (14). Qui dunque, facendo risuonare le no­
stre parole, sono indicate al nostro pensiero delle azioni
compiute. La potenza divina, peraltro, non è soggetta al
movimento da un luogo all’altro, poiché essa non giunge
sotto la spinta di qualche forza, né si allontana trascinata dal
riflusso. Dove potrebbe ritirarsi, infatti, colui che è al di so­
pra di tutto?

91 Es 3,14. 92 Ibid. 93 Gv 14,23.

(14) Gn 11, 7. Non si comprende, a dire il vero, l’accenno ai g


dei quali il testo biblico non fa parola.
Lo Spirito Santo, I, 13 81

Circa lo Spirito Santo abbiamo appreso dal testo sacro


quanto segue: «La Chiesa aveva pace per tutta la Giudea
camminando nel timore di Dio, ed era piena della consola­
zione dello Spirito Santo»94. In mezzo a queste testimonian­
ze, come può qualcuno avere l’ardire di sostenere che è una
creatura limitata nello spazio colui che, come è provato, ri­
colma una Chiesa dagli innumerevoli fedeli? Ne risulta evi­
dente che proprio a lui si riferisce quello che dice l’Aposto­
lo: «Padre della misericordia e Dio di ogni consolazione»95.
Troviamo scritto nel salmo: «La corrente del fiume rende
lieta la città di D io »96. Chi è questa corrente del fiume? Co­
lui, certamente, del quale il Signore dice per mezzo di Gio­
vanni: «A chi crede in me, sgorgheranno dal ventre fiumi di
acqua viva. Queste cose dice il Signore Gesù circa lo Spirito
che avrebbero ricevuto i credenti in lu i»97.
Guarda la magnificenza della maestà divina: distribui­
sce i doni alla Chiesa di Dio sulla terra in modo tale da allie­
tare, tuttavia, la città di Dio nei cieli. Irriga con ineffabili
gioie, per la consapevolezza dell’eterna beatitudine, la città
di Dio, vale a dire i cittadini dei regni celesti, le schiere della
superna milizia, i principati, le potestà e le dominazioni, le
inebria in modo sovrabbondante con gioia feconda, e susci­
ta l’esultante concento celeste con il torrente della sua santi­
ficazione. Se tu ritieni che realtà tanto grandi possano essere
donate per mezzo di una qualche creatura, non riservi alcu­
no spazio alla potenza di Dio. Se tu pensi, ripeto, che tutto
ciò sia donato attraverso una creatura, rivolgi un insulto agli
angeli e agli arcangeli, credendo che tante e tali realtà siano
loro concesse dall’elargizione di chi, insieme ad essi, è al
servizio di Dio.

94 A t9 ,3 1 . 952 Cor 1,3. 96 Sai 45,5. 97 Gv 7,38.


LIBRO SECONDO

C a p it o l o p r im o

Nessuna creatura razionale può essere infusa in una


creatura della stessa natura.

Circa l’abbondante effusione dello Spirito Santo leg­


giamo: «Gesù pieno di Spirito Santo tornò dal Giorda­
no» 98. Chi dunque potrebbe ricolmare colui che tutto riem­
pie di sé, se non chi gode della medesima pienezza? A ri­
guardo degli Apostoli la Parola di Dio ci riferisce: «E tutti
furono pieni di Spirito Santo e annunciavano la Parola di
Dio con fiducia» " , e poco dopo: «Poiché il dono dello Spi­
rito Santo è stato effuso tra le nazioni» 10°. Di lui si racconta
che ricolma intere nazioni, e si riconosce che permane nella
sua inesausta pienezza. Se si tratta di uno spirito creato (15),
di quale angelo o arcangelo si è mai letto che si sia infuso
nell’intimo di un’anima e vi sia stato accolto? Dimmi se hai
mai letto che tra le creature esiste una potenza o una forza

98 Le 4,1 . 99 At 2,4. 100 At 10,45.

(15) Anche in questo caso abbiamo seguito 0 testo del codice P, m


Engelbrecht, basandosi sul codice V, ha accolto la lezione Spiritus Sanctus.
84 Fausto di Riez

che riempia o possieda simultaneamente molti uomini, e


che rimanga, cosa ancor più grande, non diminuita ed indi­
visa. E impossibile che una creatura spirituale e razionale
possa infondersi in una natura a lei affine. Similmente una
realtà materiale non è in grado di penetrare una sostanza
provvista di materia. Solo Dio, nel quale si intende presente
anche lo Spirito Santo, essendo semplice, sottile e puro, si
può introdurre in una creatura angelica o umana grazie al
potere della divinità incorporea, la quale entra nei segreti
del cuore umano avendo lei sola la possibilità di penetrare
nella propria opera. Qualunque creatura celeste, invece,
non è in grado di riempire di sé un uomo in misura tale da
poterne conoscere i pensieri nascosti. E pertanto solo a pro­
posito di Dio leggiamo: «Tu che solo conosci i cuori degli
uomini» 101, e di nuovo: «Egli infatti conosce i segreti del
cuore»102.
Se è proprio della divinità conoscere i segreti dell’uo­
mo, quanto più lo scrutare le profondità di Dio costituisce,
nella persona dello Spirito Santo, un chiaro indizio della su­
prema maestà! Entrare nel segreto delle coscienze è un pri­
vilegio da riservare esclusivamente al loro autore. Un’anima
invece può essere unita ad un’anima, e un angelo ad un an­
gelo, ma non può esservi infusa, perché creature di tale ge­
nere possono contenere in sé solo lo Spirito Santo, vale a di­
re soltanto Dio, poiché sono vasi che appartengono al loro
vasaio, e possono essere riempiti esclusivamente da Colui
che li ha creati dal nulla, senza la cui presenza sono sentiti
come vuoti. Pertanto la sostanza dell’anima, in quanto ma­
teria corporea, non può affatto essere infusa in un’altra

1011 Re 8, 39. 102 1 Cor 14,25.


Lo Spirito Santo, II, 1 85

creatura razionale. Paragonata, infatti, allo spessore dell’uo­


mo esteriore, l’anima può essere detta incorporea; messa a
confronto, invece, con il suo autore, che è in grado di affer­
rarne la materia, e per il quale la creatura ha una consisten­
za, e dal quale può essere rinchiusa e legata in un corpo e
consegnata in preda al fuoco eterno (così come leggiamo:
«Affinché vadano nel fuoco eterno, preparato per il diavolo
e i suoi angeli»103), senza dubbio è per lui corporea, in rap­
porto alla condizione del Creatore (16).
Ma forse tu potresti dire: è evidente che anche la im­
portuna violenza dei demoni si infonde, spesso, negli uomi­
ni che ha avuto la facoltà di tentare. Non è così: essi posso­
no, infatti, entrare nei segreti recessi del corpo, ma è loro
interdetto l’accesso all’intimità dell’anima. Dobbiamo sape­
re, dunque, che la sottile ingannatrice natura degli spiriti
malvagi turba, con il suo assalto, quelle parti delle membra
che, talvolta, sono messe alla prova dall’eccesso di vino o
dall’ardoré della febbre. Pertanto la tentazione del nostro
nemico è capace di serpeggiare, con la sua malizia, fino ai
sensi dell’anima, ma non è in grado di esercitare un influsso
naturale sul suo nucleo riposto, e per questo le menti e i
cuori degli uomini non ricevono tali spiriti immondi per
una infusione naturale, ma li accolgono con la depravazione
della volontà. E dunque evidente che essi non hanno la pos­
sibilità di penetrare nella sostanza delle anime, delle quali
non possono conoscere la coscienza. Se ai demoni, talvolta,

103 Mt 25,41.

(16) Per tutta questa argomentazione Fausto è debitore verso Gi


ni Cassiano, del quale cita, in Ep. 3 (CSEL 21, p. 174), un brano tratto da
Collat., 7,14.
86 Fausto di Riez

accadrà di conoscerla, non è frutto di un potere naturale,


ma di una complicità traditrice.
Solo la divina potenza, dunque, che è presente anche
nello Spirito Santo, si unisce intimamente alle creature ra­
zionali, diffusa al loro interno e al loro esterno: in un modo
simile, ma tutto particolare, si posò con sovrabbondanti
grazie su quel corpo della natura umana del Signore, preso
dalla madre Maria, come il Figlio stesso di Dio dice di sé:
«Lo Spirito del Signore è su di m e»104. Se dunque lo Spirito
Santo fosse una creatura di condizione subalterna, come es­
si dicono, sarebbe stato tanto impossibile quanto indegno
di Dio che quella creatura riempisse l’anima o il corpo nel
quale era già presente il Figlio di Dio, cioè Dio, nel quale
ormai, come afferma l’Apostolo, la pienezza della divinità
abitava corporalmente105.
Se lo Spirito Santo è una creatura, come può la corru­
zione possedere l’incorruttibilità, e una fragile natura posse­
derne una che contiene la maestà divina? Se lo Spirito San­
to è uno tra i molti esseri creati, come può la creatura pre­
tendere di avere con il creatore (vale a dire con il Figlio di
Dio, come se fosse di pari condizione), e il servo con il Si­
gnore, un comune ricetto nell’anima del Salvatore? E il ser­
vo del creatore fa il suo ingresso per accrescere la santità,
come se Dio, in ciò, non avesse capacità sufficiente? Non è
così. Accade invece che il celeste collegio riconosce il tem­
pio a lui comune, e non vi è da meravigliarsi se il Figlio e lo
Spirito Santo, che insieme, come sappiamo, possiedono il
cielo, ricevono un’unica dimora in quell’anima gloriosa e
dal beato corpo.

104 Le 4,18. 1Q5 Col 2, 9.


Lo Spirito Santo, II, 1-2 87

C a p it o l o sec o n d o

Se sia vero che lo Spirito Santo, come pensano gli


sprovveduti, si è incarnato come il Figlio, poiché anch’esso è
disceso in Maria, o se soltanto il Figlio è stato generato dalla
vergine.

Ci viene però rivolta un’obiezione: se lo Spirito Santo


ha abitato nel corpo e nell’anima del Redentore, sembrerà
dunque che lo Spirito stesso sia stato il soggetto dell’incar­
nazione. Non è così: infatti il sacro corpo di Maria è ricol­
mato di Spirito Santo prima che abbia inizio la formazione,
e quando questa ha inizio, il Figlio della vergine è concepito
con la cooperazione dello Spirito Santo, ma è la persona del
Figlio a riversarsi in lui in modo speciale, per possederlo
nove mesi e con lui uscire alla luce. E evidente che la perso­
na dello Spirito Santo non ha trascorso insieme al Figlio tut­
to questo tempo nel segreto del grembo verginale.
Lo Spirito Santo, dunque, è entrato nella natura uma­
na, che il Figlio di Dio ha assunto all’inizio stesso della sua
formazione, non per assumerla, ma per santificarla, e in essa
si è comportato da compagno di Cristo, così come Cristo se
ne è dimostrato l’autore: quello, infatti, nasce, questo è in­
fuso. L’anima o la carne del Figlio di Dio può essere attri­
buita in modo personale e particolare al Figlio della vergine,
ma non si può parlare in alcun modo di un’anima o di una
carne dello Spirito Santo. Non si può dire che lo Spirito
Santo ha subito delle sofferenze per il fatto che il Figlio di
Dio, vale a dire il Dio della gloria, è detto crocifisso: vi è
dunque diversità delle azioni, non delle sostanze. Non è
possibile affermare, infatti, che il Padre è disceso in forma
di colomba o che nella voce del Padre ha parlato il Figlio,
88 fausto di Riez

quando ha detto: «Questo è mio Figlio»106: allo stesso mo­


do non possiamo asserire che lo Spirito Santo sia nato dalla
vergine o che abbia agito in modo particolare nella carne
del redentore, o che sia stato crocifisso nella sua passione,
oppure che sia tornato alla corporeità nella resurrezione, o
che nell’ascensione sia stato innalzato alle glorie celesti. È
necessario che queste cose siano assegnate all’azione e alla
persona del Figlio, mentre è sconveniente ascriverle allo
Spirito Santo, fatta salva, s’intende, l’unità del volere.
In mezzo a queste considerazioni Macedonio asserisce
che lo Spirito Santo è una creatura. Può iniziare il suo di­
scorso da dove gli piacerà, purché non pretenda di trattare
alcunché con parole da lui escogitate, né travalichi il solco
della santa legge con un modo di disputare estraneo al testo
sacro, ma in ogni cosa dimostri la sua autorità, se ne è capa­
ce, con delle testimonianze in grado di avere la meglio, per
numero e per valore, contro la fede universale.
Vi è bisogno, senza dubbio, di grande e copiosa docu­
mentazione e di prove molto evidenti, perché chiunque ci
possa persuadere ad annoverare tra le creature colui che
tutti i regni della terra insieme celebrano con il Padre e il
Figlio nell’identità di onore e di gloria, che la Chiesa cattoli­
ca riconosce come suo creatore essendo stata in lui rigene­
rata. E giustamente non esita a credere creatore colui che
vede suo rinnovatore.

106 Mt 3,17.
Lo Spirito Santo, II, 2-3 89

C a p it o l o terzo

L’obiezione di Macedonio, con la quale afferma empia­


mente che lo Spirito Santo è una creatura più eccellente.

«Io dico», sono tue parole, «che è una creatura, ma


più eccellente di tutte». Abbiamo precedentemente formu­
lato un invito a svolgere il nostro dibattito non sulla base
dei convincimenti personali, ma con le autorità universal­
mente riconosciute. Quando dunque trattiamo di Dio, i no­
stri interlocutori siano un profeta, un apostolo, un evangeli­
sta. Tu dici: «una creatura più eccellente di tutte». Mostraci
in quali libri hai letto queste parole relative allo Spirito San­
to. Non potrai fondare il tuo insegnamento, io credo, né
sull’Antico né sul Nuovo Testamento.
Poiché, dunque, non sei in grado di mostrare la prova,
non spiegando le tue posizioni confermi le nostre, e non
riuscendo a provare che è una creatura dimostri invece, an­
che davanti al nostro silenzio, che è il Creatore. E così, dal
momento che la tua asserzione non ha niente a che vedere
con il sentire di tutti i fedeli e con l’insegnamento cristiano,
riconosci l’invenzione del diavolo, il quale, qualora abbia vi­
sto la dimora dell’anima priva dello Spirito Santo, la invade,
come uno spirito avversario, con la tremenda compagnia
della settiforme malvagità: chi infatti mette alla porta lo Spi­
rito Santo, accoglie il diavolo. Questa creatura più eccellen­
te, di cui tu parli, si identificava con lui, che, nello splendo­
re della sua gloria celeste, consapevole del dono, ma ignaro
del Creatore, se ne vide in possesso, ma non seppe di averlo
ricevuto, e pertanto perse, esaltandosi, la gloria che non riu­
scì a comprendere nel suo stato di beatitudine, così dicen-
90 Fausto di Riez

do: «Salirò sugli astri delle nubi, porrò il mio soglio al di so­
pra dei troni e sarò simile all’Altissimo» (17).
Costui dunque, come io penso, tra le creature non eb­
be nessuno al di sopra di sé, non vide tra sé e Dio qualcuno,
tanto da sentirsi spinto ad emularlo dallo stimolo della su­
perbia, e pertanto, non vedendosi preceduto da alcuno nel­
lo schieramento della milizia celeste, ebbe la presunzione di
farsi uguale al Signore stesso del mondo. Se avesse trovato
qualcuno di lui più eccellente nella gerarchia celeste, mal
sopportandone la superiorità, avrebbe piuttosto tentato di
paragonarsi o di anteporsi a lui. Gli esseri celesti si dividono
in Colui che governa e coloro che sono governati, nel crea­
tore e nella creatura: non è esistito, tra queste due realtà, un
terzo genere, che fosse al di sopra degli inferiori e al di sotto
delle realtà supreme. «Creatura più eccellente» si può forse
dire degli arcangeli, per quanto la loro preminenza consista
nell’ordinamento gerarchico piuttosto che nella natura. An­
che gli arcangeli, però, sono sottomessi allo Spirito Santo, e
uno di essi, come un servitore, ne ha annunciato la venuta
alla beata Maria.
Ma tu dici: ecco un passo nel quale il profeta Amos in­
dica evidentemente lo Spirito Santo come una creatura così
dicendo: «Ecco che io rafforzo il tuono e creo lo spirito»107.
Vi è da osservare, in primo luogo, che il puro nome di «spi­
rito» non può essere riferito alla persona dello Spirito santi-
ficatore, a meno che tu non abbia aggiunto o «Spirito di
Dio», o «Spirito Santo», o «lo Spirito soffia dove vuole»108,

107 Am 4,13. 108G v 3 ,8 .

(17) Is 14, 13. Questo passo era riferito alla ribellione del diavo
in Tertulliano, Adv. Marc., 5, 11, 11.
Lo Spirito Santo, II, 3 91

vale a dire, a meno che tu non abbia aggiunto la dignità o


dell’azione o del nome specifico. Se tu guardi, inoltre, la di­
sposizione del testo, questa creatura più eccellente, come tu
asserisci, è stata invece dimostrata molto disprezzabile: il
profeta, infatti, ne ha descritto la creazione dopo il tuono.
Sarebbe stato illogico, dunque, che posponesse o associasse
ad un elemento irrazionale e insensibile questa che tu ritieni
l’opera principale di Dio: credere questo è indegno, non
dirò della persona di un angelo, ma di qualunque giusto.
Sembra dunque più vicina e più conforme alla ragione l’in­
terpretazione che, dopo i tuoni, vede indicati i soffi dei ven­
ti, come accade in quel passo dei Salmi: «I venti delle tem­
peste, che compiono la sua parola»109, o in quello: «I venti
delle tempeste come zolfo» no, oppure nell’altro: «Con ven­
to gagliardo infrange le navi di Tarsis» m . Il termine «spiri­
to» può essere inteso in modi diversi, quando non è indica­
to in modo specifico con le sue prerogative.
Messe da parte, però, queste considerazioni, chiedi la
verità alla traduzione dalla lingua ebraica, e lì scoprirai di
quale vergognoso errore sia pieno il tuo convincimento. In
quel passo, infatti, troverai che è stato chiaramente detto
così: «Ecco che io formo i monti e creo il vento»112. Guar­
da, sulla base di quali nude e vuote parole hai creduto con­
tro Dio; guarda, di quale grande argomento ti sei armato
contro la potenza della maestà divina! E dopo tutto ciò non
hai paura di rimanere aggrappato a un così fragile ramoscel­
lo, tu che sei sospeso sopra un baratro tanto orrendo?

109 Sai 148, 8. 110 Sai 10,7. 111 Sai 47,8. 112 Am 4,13.
92 Fausto di Riez

C a p it o l o quarto

Macedonio, sostenendo la dualità, nega che lo Spirito


Santo abbia una propria persona.

Tu poi introduci la dualità e dici che lo Spirito Santo


non ha una propria persona, né ti accorgi di aver perduto la
grazia della rigenerazione, dal momento che rivolgi un in­
sulto a chi l’ha operata. Egli è unito alla verità divina nella
comunione della maestà e del potere, secondo quanto lui
stesso testimonia così dicendo: «Andate, battezzate tutte le
genti nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito San­
to» 113. «Nel nome», dice, «del Padre e del Figlio e dello
Spirito Santo». La singolarità del nome esprime l’unità, la
diversità degli appellativi, invece, la Trinità. Dio, dunque, è
uno nel nome, non nella distinzione delle persone. Che al­
tro dimostra, nei tre, l’awalersi di un unico nome, se non
l’inseparabile concordia della divinità? Stabilisci, se puoi,
una gradazione, quando all’infuori dell’unità non ti è possi­
bile trovare altro, come Dio testimonia.
Tu senti parlare di tre soggetti, affinché l’empietà di Sa-
bellio non mescoli e confonda l’unità (18); senti parlare del­
l’unità, affinché la perversità di Ario non divida la Trinità;
senti parlare dello Spirito Santo, affinché l’espressa proprietà
del nome distinto infligga a Macedonio il colpo mortale. Do-

113 Mt 28,19.

(18) Questo passo, nel quale compaiono i concetti di mesco


(,permisceat) e di confusione (confundat), conferma la scelta testuale da noi
operata in De Spir. San., 1, 10, della quale parliamo diffusamente nell’Intro­
duzione.
Lo Spirito Santo, II, 4 93

ve dunque viene elargita l’abolizione dei peccati, e la difesa


contro di essi, non si compie l’opera di una creatura, ma
l’azione del Creatore, che Egli solo può portare ad effetto. In
questo inseparabile vincolo della maestà divina, tuttavia, il
Padre è altro nella proprietà della persona, altro è il Figlio, al­
tro è lo Spirito Santo, ma non è diverso nella natura divina,
perché, se non fosse Dio, certamente non potrebbe avere una
propria persona a fianco del Padre e del Figlio.
Quando dunque il Verbo si trasferisce nella carne e
Dio riveste l’abito della natura umana, e «si avvolge intorno
a lui la sua tenda»114 e racchiude il suo splendore nelle tene­
bre della nostra fragilità, e «pone le tenebre come suo na­
scondiglio» 115, è duplice la sostanza di Dio e dell’uomo, ma
unica, tuttavia, la persona. Per quale motivo? Per il fatto
che, quando Dio si unisce al suo servo assumendo la natura
di schiavo, l’umiltà di colui che è inferiore viene celata nella
venerazione di colui che è più grande, ed è assorbita, annul­
landosi, nella luce della realtà superiore; e così la natura
umana, poiché la divinità la oscura e la sovrasta, non conser­
va una distinta proprietà personale. La parità tra le persone
può esistere laddove sussiste un’uguaglianza di meriti e di
dignità, e pertanto, poiché vedi che lo Spirito Santo conser­
va il proprio diritto di persona, sappi che possiede, insieme
al Padre e al Figlio, l’unico privilegio della maestà divina.
Poniamo il caso che qualcuno faccia obiezione e dica:
se parliamo di due sostanze in Cristo, che è parimenti Dio e
uomo, perché non dovremmo credere, analogamente, al­
l’esistenza di due persone? Non è affatto così. Chi infatti
duplica le persone in Cristo introduce empiamente la qua-

114 Sai 17,12. ^ Ib id .


94 Fausto di Riez

temità, che la natura si rifiuta del tutto di accettare. Da due


diverse sostanze razionali, soprattutto da quelle di Dio e
dell’uomo, del Creatore e della creatura, non ne può risultare
una sola, mentre è possibile che da due persone se ne formi
una sola, così come leggiamo che il capo e il corpo, Cristo e
la Chiesa hanno un’unica persona: «I due, infatti», dice la
Scrittura, «saranno una carne sola»116. E come tra noi uomini
il figlio del paterfamilias di fronte al padre, o lo schiavo di
fronte al padrone, non hanno diritto ad una propria autono­
mia personale, così in Dio e nell’uomo vi è certamente una
duplice sostanza, ma non una duplice persona, perché la per­
sona ne può assorbire in sé un’altra, mentre la sostanza non
può fare altrettanto, dal momento che la persona è una realtà
giuridica, la sostanza una realtà naturale (19).
Sembra dunque necessario, a questo punto, che con le
testimonianze scritturistiche affermiamo la presenza di una
persona e di due sostanze nel Cristo, parimenti Dio e uomo.
Ammetti, nel Redentore, l’esistenza di una sola persona di
Dio e dell’uomo, persona della quale parla l’Apostolo: «Se in­
fatti avessero conosciuto la sapienza di Dio, non avrebbero
mai crocifisso il Signore della gloria»117. Se tu chiedi in che
modo abbia potuto soffrire colui che è inviolabile, ed essere
crocifisso colui che è inafferrabile, questa è la risposta: l’unità
di persona ci fa credere che Dio abbia sopportato le sofferen­
ze dell’uomo (20). Ugualmente, quando l’evangelista ricorda:

116 Gn 2, 24. 117 1 Cor 2, 8.

(19) Per una più ampia illustrazione di questi concetti rimandiamo a


quanto abbiamo scritto nell’Introduzione.
(20) Questo motivo teologico è ampiamente sviluppato nella Ep. 7 di
Fausto, indirizzata ad un diacono greco per distoglierlo dall’eresia di Nesto-
rio: «Se dici che vi è solo la natura divina del nostro Dio, dunque la divinità
Lo Spirito Santo, II, 4 95

«Nessuno è salito al cielo se non colui che è disceso dal cielo,


il Figlio dell’uomo che è in cielo»118, come può qui asserire
che il Figlio dell’uomo, prima della passione e della resurre­
zione, o prima del giorno dell’ascensione, è disceso dal cielo
rimanendo nelle sedi celesti, se ciò non viene compiuto attra­
verso una vera e propria unità di persona? In un altro passo,
in modo simile, si presenta l’unica persona del capo e del cor­
po, quando leggiamo: «Avevo fame e mi avete dato da man­
giare, avevo sete e mi avete dato da bere» u9. Quali effetti ha
qui l’unità di persona? L’uomo è nutrito e Dio riprende vigo­
re, il piede riceve le cure ed è il capo che afferma di sentirne
il beneficio. Dice dunque la Scrittura: «Non avrebbero mai
crocifisso il Signore della gloria» 12°, e dall’altro lato: «Nessu­
no è salito in cielo se non chi è disceso dal cielo, il Figlio
dell’uomo che è in cielo»121. Guarda, come le qualità umane
si mescolano alle divine e le divine alle umane, in virtù
dell’unità di persona! Dio è crocifisso e si racconta che l’uo­
mo discende dal cielo e lì rimane.
Stando così le cose cerchiamo di scorgere, sulla base
dei sacri volumi, la distinzione della duplice sostanza. Dice
dunque il beato Mosè: «Mangerete il capo con i piedi e di­
vorerete i suoi intestini» 122. Sforziamoci di credere presen­
te, nei piedi, la natura umana, e la maestà divina nel capo:

118 Gv 3, 13. 119 Mt 25, 35. 120 1 Cor 2, 8. 121 Gv 3, 13.


122 Es 12, 9.

è stata crocifissa nella sostanza della sua maestà; se dici che vi è una sola na­
tura soltanto di Dio, la maestà divina è morta ed è stata sepolta nella sua so­
stanza. Tutte queste cose Dio le ha ricevute non in Sé, ma nella natura
dell’umanità assunta: nulla avvertì, infatti, con la sensibilità di chi soffre (pa­
tientis sensu), ma provò la sofferenza con la passione di chi la condivide
Ccompatientis affectu)·, non sentì nulla secondo la diversità della sostanza, ma
sentì secondo l’unità della persona» (CSEL 21, p. 203).
96 Fausto di Rtez

accade così che, mentre con l’occhio penetrante della fede


conosciamo queste realtà, nascoste nel senso letterale, ci nu­
triamo degli intestini dell’agnello, vale a dire del senso recon­
dito dei misteri (21). La brama di divorare, infatti, è intesa
come desiderio di scrutare, ed anche in un altro passo, in mo­
do analogo, il medesimo rivelatore dei misteri ci fa intuire la
completezza della duplice sostanza dicendo: «Le volpi hanno
le tane, e gli uccelli del cielo i nidi, ma il Figlio dell’uomo non
ha dove posare il capo»123. Ciò significa: le oscure eresie in­
gannatrici, e le potenze dell’aria, hanno posto la loro sede
nell’animo dell’uomo dominandolo nel profondo, mentre il
cuore di chi non ha fede non crede che dentro la mia natura
umana si celi Dio, poiché mi vede come un uomo composto
di carne. Le tane e i nidi, infatti, non indicano abitazioni
provvisorie, ma durature e fondate su un sicuro possesso, e
capaci di moltiplicare l’infido nutrimento dei vizi.
Anche l’Apostolo ha esposto con chiarezza le due so­
stanze, rimossa l’oscurità del mistero, così dicendo: «I nostri
padri, dai quali discende secondo la carne il Cristo, che è so­
pra ogni cosa, Dio benedetto nei secoli» 124. Ma tu dici:
l’Apostolo, nel complesso dei suoi scritti, professa l’esistenza
di due sole persone, così come scrive ai Corinzi: «Paolo
chiamato apostolo di Gesù Cristo attraverso la volontà di
D io »125, e ai Galati: «Paolo apostolo non per volontà dell’uo­
mo né per mezzo di un uomo, ma per mezzo di Gesù Cristo e
di Dio Padre, che lo ha risuscitato dai m orti»126, e ancora:
«Un solo Dio e Padre, dal quale sono tutte le cose, e noi in

123 Mt 8,20. 124 Rm 9 , 5. 125 1 Cor 1,1. 126 G a li, 1.

(21) Per le possibili fonti di questo brano rimandiamo all’esame


ne abbiamo fatto nell’Introduzione.
Lo Spirito Santo, II, 4 97

Lui; e un solo Signore Gesù Cristo, per mezzo del quale sono
tutte le cose, e noi attraverso L u i»127.
Sulla base di questi brani tu dici che non è fatta alcuna
menzione dello Spirito Santo. Hai dimenticato, per dirla in
breve, che l’Apostolo, pieno di Spirito Santo, sotto la sua
ispirazione predicava alle genti questa dottrina circa il Pa­
dre e il Figlio. Mentre dunque parlava dell’azione del Padre
e del Figlio non gli mancava la presenza di colui che sugge­
riva quanto doveva essere detto, secondo quel passo: «N es­
suno può dire che Gesù è Signore se non nello Spirito San­
to» 128. E chiaro, pertanto, che chi è destinato a credere in
Cristo, o a confessare e predicare il suo nome, dovrà prima
avere in sé lo Spirito Santo. Perciò non sia di peso alla tua
fede il fatto che talvolta si fa menzione del Padre e del Fi­
glio senza ricordare lo Spirito Santo: spesso, infatti, la sua
azione è annunciata senza che siano nominati il Padre e il
Figlio. Il santo Anania dice a Paolo: «Fratello Saulo, mi ha
mandato il Signore Gesù, che ti è apparso nella via che stavi
percorrendo, affinché tu veda e sia pieno di Spirito San­
to» 129. Vi è qui una palese connessione tra due persone: ec­
co che Paolo, reso cieco da Cristo, è redarguito, è ricolmato
della luce dello Spirito Santo e nessun accenno al Padre è
inserito in questo brano. Accadde una cosa simile quando
Paolo chiedeva ad alcuni discepoli: «Nel nome di chi siete
stati battezzati?» 13°. Risultava che essi, dopo l’ascensione
del Signore, e dopo l’annuncio del battesimo della Trinità,
erano stati battezzati con il battesimo di Giovanni, per
quanto nel loro battesimo si dimostrasse annesso anche
quel mistero in virtù del quale Giovanni era solito battezza­

127 E f 4, 6. 1281 Cor 12, 3. 129 At 9,17. 130 At 19,3.


98 Fausto di Riez

re, cioè l’attesa di colui che doveva venire: l’apostolo Paolo


diceva infatti a loro: «Giovanni ha battezzato, ma guardando
a colui che doveva venire»131, vale a dire, «voi non siete stati
battezzati così». Poiché Paolo chiedeva a questi: «Dopo aver
creduto avete ricevuto lo Spirito Santo?»132 (avrebbe certa­
mente dovuto confessarlo chi, dopo il battesimo del Salvato­
re, era stato legittimamente battezzato con l’imposizione del­
le mani), essi invece risposero: «Non abbiamo neppure senti­
to dire che ci sia lo Spirito Santo. Udite queste cose furono
battezzati nel nome del Signore Gesù, e dopo che Paolo ebbe
loro imposto le mani scese su di loro lo Spirito Santo e parla­
vano in lingue e profetavano»133.
Osserva attentamente: quando sono battezzati nel no­
me di Gesù ricevono poi lo Spirito Santo e il potere profeti­
co grazie all’invocazione del Paraclito: è veramente Dio co­
lui che, dopo il dono di Dio, può accrescerne la pienezza!
Ecco che, essendo state indicate due persone nel battesimo,
non leggiamo che il Padre sia stato invocato, e tuttavia, co­
me è opportuno credere, Egli opera con il Figlio e lo Spirito
Santo nell’unità della potenza e della divinità: il testo sacro
ne ha taciuto la presenza, ma non l’ha negata. Essendo dun­
que venuto su di loro lo Spirito Santo, allora parlavano in
lingue e profetavano: guarda, di quale grande potenza sia
dotato lo Spirito Santo!
Nel battesimo è donata la remissione dei peccati, nella
venuta dello Spirito Santo sono conferiti carismi prodigiosi, e
i confermati compiono segni miracolosi. Ma gli uomini estra­
nei alla verità sono soliti escogitare calunnie anche a proposi­
to delle sillabe. Pur essendoci noto, infatti, che è stato chiara­

131 At 19,4. 132 At 19,2. 133A tl9 , lss.


Lo Spirito Santo, II, 4 99

mente detto della Trinità: «Poiché da Lui e per Lui e in Lui


sono tutte le cose» (22), affermano che l’espressione «da Lui»
è più importante di «per Lui», e ugualmente che questa pre­
posizione, vale a dire «per», gode di maggiori prerogative ri­
spetto alla stessa «in». Se essi ritengono, però, che «in Lui»
sia stato detto dello Spirito Santo con diminuzione di potestà,
ascoltino la magnificenza di questa preposizione e la recepi­
scano, dal momento che, anche secondo le loro affermazioni,
è da intendersi riferita allo Spirito Santo. «In Lui», dice la
Scrittura, «viviamo, ci muoviamo e siam o»134. E giustamente
viviamo, ci muoviamo e siamo in Lui, nel quale siamo stati
rinnovati e rigenerati. Ma veniamo a sapere che anche
l’espressione «attraverso di Lui» deve essere riferita allo Spi­
rito Santo, secondo quanto trovi scritto: «A uno viene donato
il linguaggio della sapienza per mezzo dello Spirito, ad un al­
tro il linguaggio della scienza» 135; agli Ebrei, ugualmente:
«Che per mezzo dello Spirito Santo si è offerto a Dio come
vittima senza macchia»136, e ancora: «La carità di Dio è stata
diffusa nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è
stato dato»137. Se anche vogliamo intendere l’espressione «da
Lui» come riferita al Padre, più frequentemente troviamo
detto, in modo simile, «dallo Spirito Santo», come nel Vange­
lo di Giovanni: «Quello che è nato dalla carne è carne, e

134 At 17, 28. 135 1 Cor 12, 8. 136 Eb 9,14. 137R m 5,5.

(22) Rm 11, 36. Ambrogio aveva dovuto confutare simili obiezion


ca l’uso delle preposizioni: «Dal momento, dunque, che queste preposizioni
si attagliano, a quanto sembra, sia al Padre sia al Figlio sia allo Spirito Santo,
è chiaro certamente che niente di meschino si esprime con esse,... Pertanto,
come leggiamo che ogni cosa deriva “dal” Padre, così si può dire che tutte le
cose sono “dal” Figlio, “grazie al” quale tutte le cose sono state create, e
“dallo” Spirito, “in” cui sono tutte le cose» (Ambrogio, De Spir. San. II, 9,
94-96, trad. it. di C. Moreschini).
100 Fausto di Riez

quello che è nato dallo Spirito è Spirito»138, e nella conclusio­


ne della pericope: «Così è», dice la Scrittura, «chiunque è na­
to dallo Spirito»139.
Non è dunque arrecato alcun pregiudizio allo Spirito
Santo, quando sono ricordate le opere del Padre e del Figlio
senza nominarlo, così come non neghiamo il Padre e il Figlio,
quando è affermata in modo particolare l’opera o la potenza
dello Spirito Santo. Ne leggiamo un esempio negli Atti degli
Apostoli: «Voi sarete battezzati in Spirito Santo tra non molti
giorni»140, e analogamente, anche nel Vangelo, si trova scritto
della singola persona dello Spirito Santo: «Se uno non è rinato
dall’acqua e dallo Spirito Santo, non può entrare nel regno di
D io »141. In questo brano crederemo forse che il Padre e il Fi­
glio, poiché non sono stati nominati, non siano stati presenti
ad un così grande e divino dono? Non è affatto così. Senza
dubbio, infatti, sono uniti, nei sacramenti e nell’azione salvifi­
ca, allo Spirito Santo, con il quale hanno una comune sostan­
za, e se non sono espressamente ricordati, sono tuttavia resi
presenti dall’agire unitario della misericordia divina.

C a p it o l o q u in t o

Si obietta che quelle parole che leggiamo: «Se uno non è


rinato dall’acqua e dallo Spirito Santo», testimoniano che l’ac­
qua e lo Spirito Santo sono ugualmente creature.

Ma tu dici: lo Spirito Santo è una creatura per il fatto


che, secondo il pensiero del Vangelo prima ricordato («Se uno

138G v 3, 6. 139G v 3, 8. 140 At 1,5. 141G v 3 ,5 .


Lo Spirito Santo, II, 4-5 101

non è rinato dall’acqua e dallo Spirito Santo non può entrare


nel regno di Dio» 142), sembra aggiunto all’elemento dell’ac­
qua, che è collocato al primo posto nell’ordine del discorso.
E chiaro che chi si esprime in questo modo non solo
ignora la potenza divina che è nello Spirito Santo, ma lo
stesso significato del battesimo. Ma l’Apostolo dice: «Se sia­
mo morti con Cristo, crediamo anche che vivremo con Cri­
sto» 143. Se ti chiedi in che modo ci sia possibile morire e ri­
sorgere con Cristo, ascolta attentamente. Tutti noi, che sia­
mo immersi nel sacro fonte, imitiamo la morte e la sepoltura
del Redentore, come il medesimo Apostolo afferma: «Igno­
rate forse che, tutti noi che siamo stati battezzati in Cristo,
siamo stati battezzati nella sua morte? Siamo infatti stati se­
polti insieme a Cristo nella morte attraverso il battesi­
mo» 144. Come egli, infatti, rimase rinchiuso nel sepolcro
con una morte che durò tre giorni, così anche noi, deposti
con una triplice immersione nelle profondità dell’acqua,
cioè di una creatura affine, mentre discendiamo siamo sep­
pelliti, mentre emergiamo siamo risuscitati. Attraverso l’ac­
qua, pertanto, è celebrata l’imitazione della sepoltura, men­
tre per mezzo dello Spirito Santo è conferita la vera vita e la
speranza della salvezza eterna.
Proviamo dunque a togliere l’invocazione dello Spirito
Santo, e vediamo se la semplice infusione di quell’acqua
possa arrecare alcun giovamento: è pertanto una creatura
ad imitare l’ufficio della sepoltura, ma è Dio colui che dona
il beneficio della rinascita. Riconosci dunque che è autore
anche della resurrezione colui che vedi essere padre della ri-
generazione. Su di lui il profeta proferisce oracoli, e così

mibid. 143 Rm 6, 8. 144 Rm 6, 3.


102 Fausto di Riez

parla al Padre: «Manda il tuo Spirito e saranno creati, e rin­


noverai la faccia della terra» 145. In che cosa differiscono
l’azione dell’acqua e quella dello Spirito Santo? Per mezzo
dell’acqua sembriamo come condotti giù nel sepolcro, men­
tre attraverso lo Spirito Santo si dimostra la nostra prepara­
zione al regno.

C a p it o l o se st o

Ci si chiede se l’appellativo di Spirito Santo sia ritenuto


un soprannome o un nome.

Ma in mezzo a queste considerazioni tu credi che ci si


debba chiedere se l’appellativo di Spirito Santo, che è neces­
sario chiamare anche Dio, sia un nome oppure, forse, un so­
prannome. Riconosci, però, che non si addice alla maestà di
Dio quell’aggiunta al nome che siamo soliti praticare tra gli
uomini, in quanto tutto ciò che è espresso dal suo nome non
è affatto un’aggiunta, ma è, senza dubbio, eterno per natura.
Anche l’insegnamento della grammatica chiama alcuni nomi
comuni, cioè appellativi, altri speciali, cioè propri (23).
Vediamo se sia possibile trovare, nell’argomento che
stiamo trattando, qualcosa di simile. Prendi in considerazio­
ne, in Dio, un nome speciale o proprio, vale a dire Padre e
Figlio e Spirito Santo. Questi nomi sono propri, in quanto
«Padre» non si può predicare del Figlio, né si può facilmen­

145 Sai 103,30.

(25) Cf. Carisio, Ars gram., I, 153, 1: «I nomi o sono propri o sono ap­
pellativi».
Lo Spirito Santo, II, 5-7 103

te leggere «Spirito Santo» riferito al Padre. Ugualmente esa­


mina i seguenti nomi propri: ingenito, generato, procedente
da entrambi. Adesso considera, invece, il nome generale e
comune: maestà, immensità, pienezza, Uno, unico Dio. Ma
quando senti dire «Uno» non sei di fronte all’inizio del nu­
mero, ma all’espressione sintetica di una infinita perfezione.
Che cosa è «Uno», se non un nome incomunicabile, che
non ammette nessuno né prima né dopo di sé? Che cosa è
«Uno», se non una sostanza semplice, senza parti, e indivi­
sa? Che cosa è «Uno», se non un essere incommutabile,
uguale e sempre identico, che non può mai essere diverso
da se stesso? E così il nome comune esprime l’unità, il no­
me proprio la trinità.
Quando dunque hai detto: «Padre, Figlio, Spirito San­
to», hai esposto in modo particolare le persone dei singoli;
quando hai detto: «Un solo Dio» hai dimostrato la comune
sostanza della Trinità e la comune gloria. L’inesperienza si è
qui coperta con le tenebre dell’errore, in quanto, cancellata
la parola che esprime la maestà divina, considera lo Spirito
Santo solo in quel nome che, come abbiamo detto, gli è
proprio, piuttosto che in quello che ha in comune con il Pa­
dre e il Figlio.

C a p it o l o se t t im o

Si dimostra, con evidenti testimonianze, che lo Spirito


Santo ricolma in modo speciale i profeti ed è parimenti credu­
to e chiamato Dio.

Nonostante si dica che proprio lo Spirito Santo ha par­


lato per mezzo di Mosè, di Davide e di Isaia, o degli altri
104 Fausto di Riez

profeti, la Parola di Dio afferma che è Dio ad avere parlato,


come spesso è ripetuto nel volume del Pentateuco: «Il Si­
gnore parlò a Mosè dicendo...».
Domandiamoci, con maggiore sollecitudine, se sia pro­
prio lo Spirito Santo a parlare nei profeti. Negli Atti degli
Apostoli abbiamo un brano che conferma la premessa da noi
posta, nel contesto di un rimprovero rivolto da Paolo ai Giu­
dei: «Lo Spirito Santo», dice, «ha ben parlato per mezzo di
Isaia ai nostri padri: ascolterete e non comprenderete»146; nel
medesimo libro: «Fratelli, è necessario che si compia la Scrit­
tura, che lo Spirito Santo ha predetto per bocca di David»147,
e nell’epistola di Pietro leggiamo: «Non è mai accaduto che
una profezia sia stata riferita per volontà umana, ma i santi
uomini di Dio hanno parlato in virtù dello Spirito Santo»148.
Riconosciamo che il dono della profezia è evidentemente
connesso alla potenza dello Spirito Santo. Anche da un salmo
di David leggiamo il seguente brano, indirizzato agli Ebrei:
«Perciò, come dice lo Spirito Santo, oggi, se avete ascoltato la
sua voce...», eccetera 149. Anche qui la Scrittura testimonia,
con la più grande chiarezza, che lo Spirito Santo ha parlato
attraverso David.
Verifichiamo, allora, se sia Dio, costui che è ricordato co­
me l’ispiratore di ogni profezia. Luca attribuisce il titolo di
«Signore Dio» a colui che ha parlato per mezzo dei profeti,
così dicendo: «Benedetto il Signore Dio d’Israele, perché ha
visitato e redento il suo popolo»150, ed ha aggiunto: «Come ha
detto per bocca dei suoi santi profeti di un tempo»151. Il vati­
cinio evangelico proclama con chiarezza che lo Spirito Santo,

146 At 28, 25. 147 At 1, 16. 148 2 Pt 1, 21. 149 Eb 3, 7; Sai


94, 8. 150 Le 1,68. 151 Le 1,70.
Lo Spirito Santo, II, 7 105

il quale aveva ispirato i profeti, è il Signore e Dio d’Israele.


Nei passi successivi Simeone, pieno di Spirito Santo, «ha rice­
vuto dallo Spirito Santo», dice la Scrittura, «l’annuncio che
non vedrà la morte senza avere prima contemplato il Cristo
del Signore»152. Dopo averlo visto e preso nelle sue mani per
abbracciarlo, «benedisse Dio», vale a dire Colui dal quale
sembrava aver ricevuto il responso, «benedisse Dio e disse:
Ora lascia, o Signore, che il tuo servo vada in pace»153. Ecco
che chiama apertamente Signore e Dio lo Spirito Santo, per la
parola e per l’annuncio del quale aveva appreso che avrebbe
visto il Cristo. Quando nei profeti è detto: «H Dio degli dei, il
Signore ha parlato»154, e: «Ascolterò che cosa dice in me il Si­
gnore D io »155, tu vedi che dobbiamo intendere tali espressio­
ni come riferite, in particolare, allo Spirito Santo.
Sappi che questo nome, vale a dire «Signore Dio», de­
ve essere attribuito alla persona dello Spirito Santo che ha
parlato in David, o almeno riconosci, nell’unico Dio, la vo­
lontà, la potenza, la sostanza delle tre persone, perché,
quando hai detto «Padre», si intende la persona di uno solo,
quando hai detto «Dio», è tutta la Trinità ad essere indicata.
Anche negli Atti degli Apostoli apprendiamo che è cer­
tamente Dio colui che, per bocca dei profeti, aveva prean­
nunziato le sofferenze di Cristo. Così, infatti, dice la Scrittura:
«Ma Dio, che per bocca di tutti i profeti ha preannunziato la
sofferenza del suo Cristo, lo ha così ricolmato»156 (vale a dire
ha riversato in lui il carisma della sua unzione), e ancora:
«Ciò che Dio ha detto per bocca dei suoi santi profeti di un
tem po»157. Poiché la santificazione riguarda propriamente lo
Spirito Santo, per questo la Scrittura dice, in questo brano,

!52 Le 2, 26. 153 Le 2, 28. ™ Sai 49, 1. 155 Sai 84, 9.


156 At 3,18. 157 Le 1,70.
106 Fausto di Riez

«dei suoi santi». Leggiamo in Isaia: «Non riempio io forse il


cielo e la terra, dice il Signore?» (24). Chi è questo Signore,
che attraverso Isaia afferma di riempire il cielo e la terra, se
non lo Spirito Santo, che ha ricolmato Isaia stesso della po­
tenza profetica e dello spirito di verità?
Il volere della Trinità, dunque, assegna soprattutto allo
Spirito Santo, così come la distribuzione dei carismi profeti­
ci, anche il dono della seconda nascita, secondo quanto dice
nel Vangelo di Giovanni: «Quello che è nato dalla carne è
carne, quello che è nato dallo Spirito è Spirito»158. Anche in
un altro passo è scritto a chiare lettere che il potere di rinno­
vare l’uomo risiede presso lo Spirito Santo: «Voi sarete bat­
tezzati in Spirito Santo tra non molti giorni»159, e inoltre, co­
me prima è stato detto: «Se uno non è rinato dall’acqua e
dallo Spirito Santo»lé0, e nella lettera a Tito: «Ci ha salvato»,
dice la Scrittura, «attraverso il lavacro della rigenerazione e
del rinnovamento dello Spirito Santo» 161. Vediamo chi sia
costui, del quale diventiamo figli attraverso la grazia del­
l’adozione: «H a dato loro», dice la Scrittura, «il potere di di­
ventare figli di D io »162, e ancora: «I quali non sono nati dal
sangue né da volontà di carne, ma da D io »163.
Con la più grande evidenza tu vedi che questo Spirito
Santo nel quale rinasciamo, e la cui paternità ci è data in
dono, è Dio. Egli stesso, in un altro brano, lo afferma in
modo più chiaro della luce: «Io sarò loro padre ed essi mi
saranno figli e figlie, dice il Signore onnipotente»164: giusta-

15 8 G v 3 ,6 . 159 At 1,5. 160 Gv 3,5. 161 Tt 3 ,5 . 162 Gv


1,12. 163 Gv 1,13. 164 2 Cor 6,18.

(24) Si tratta, in realtà, di Ger 23, 24: Fausto è incorso in un er


memoria.
Lo Spirito Santo, II, 7 107

mente è onnipotente colui che cancella il testamento del


peccato, che allenta i vincoli delle coscienze e spoglia l’uo­
mo che ha fede in lui della bruttura della natura corrotta, lo
adorna con l’abito dell’innocenza, il decoro della giustizia,
la stola dell’immortalità, e con pietà di padre trasferisce i
suoi figli nella condizione degli angeli.
Nessuno pensi che lo Spirito Santo sia da associarsi al­
le creature: colui che può donare la libertà eterna è estraneo
alla condizione servile. «Voi infatti», dice l’Apostolo, «non
avete ricevuto uno spirito di schiavitù per rimanere ancora
nel timore, ma avete ricevuto lo spirito di adozione a figli, e
lo Spirito stesso rende testimonianza al nostro spirito che
siamo figli di D io » 165. E certamente Dio colui che ci rende
suoi figli attraverso la remissione dei peccati. Sappiamo che
tutte le creature sono state soggette al peccato, anche gli an­
geli e gli arcangeli: la caduta dei ribelli, tuttavia, gettò il fon­
damento della loro obbedienza verso Dio, della loro solleci­
tudine e della loro carità.
Vi fu la confermazione dell’umiltà, della sottomissione,
della stabilità, e il riconoscimento della fragilità (25). Lo
Spirito Santo, se non fosse libero al di sopra di tutti, non
potrebbe rendere libero chi era schiavo: se fosse una creatu­
ra, infatti, pur conferendo il dono della santità avrebbe tut­
tavia conservato in sé la consapevolezza di essere debitore, e
pertanto dice la Scrittura: «Nessuno può rimettere i peccati
se non Dio so lo»166.

165 Rm 8,15. 166Me 2 ,7; Le 5,21.

(25) Fausto intende dire che gli angeli ribelli furono condannati
appello, mentre gli angeli rimasti fedeli a Dio furono confermati nel loro sta­
to di santità, così da non poter più peccare.
108 Fausto di Riez

L’eretico, chiunque egli sia, scelga a suo piacere tra le


seguenti alternative: o ammette la piena divinità dello Spiri­
to Santo, che rimette i peccati, oppure, se non crede che at­
traverso di lui possa essere concesso il perdono dei peccati,
si trova ad avere annullato in sé il beneficio della rigenera­
zione e il sacramento del battesimo. E opera esclusiva di
Dio, dunque, sciogliere i legami, risanare ciò che è corrotto,
purificare ciò che è macchiato.
A Lui, pertanto, consapevoli della nostra debolezza e
della sua maestà, gridiamo gemendo: «H o peccato solo con­
tro di Te» 167, vale a dire: tu solo sei libero dalla legge del
peccato, tu solo sei estraneo ad essa non per un dato di fat­
to, ma per natura (26), e perciò tu solo puoi mandare liberi i
debitori essendo l’unico immune dal debito, poiché non hai
mutuato altrove ciò che possiedi, ma godi della tua pienez­
za. Non vi è alcuno, infatti, che per primo ti abbia dato, e
l’acqua della tua potenza non deriva da una sorgente estra­
nea, né è stata in te trasfusa da qualcun altro, ma tu stesso
sei la fonte del tuo fiume e sei la tua gloria; la tua natura è
tale che non ha preso nulla da un predecessore, così come
non conosce inizio.

167 Sai 50, 6.

(26) I termini naturaliter e actualiter, con i quali Fausto esprime


sto concetto, si trovano contrapposti anche in De grat., II, 12, CSEL 21, p.
94: «Consideriamo l’uomo in modo tale che abbia la bontà nella natura, la
malizia al di fuori della natura... e voglia il bene per natura (naturaliter), e
possa invece, di fatto (actualiter), compiere il male».
Lo Spirito Santo, II, 7-8 109

C a p it o l o ottavo

Dove si dimostra che il tempio di Dio è il tempio dello


Spirito Santo.

La Parola di Dio definisce lo Spirito Santo come colui


che, in senso proprio, abita il cuore dell’uomo: «Il Padre»,
dice la Scrittura, «vi darà un altro Paraclito, perché rimanga
con voi in eterno»168, e ai Corinti: «Vivificherà anche i vo­
stri corpi mortali in virtù del suo Spirito che abita in
voi» (27). E pertanto ben comprendiamo che è stato scritto
a proposito dello Spirito Santo: «Il regno di Dio è in mezzo
a v o i»169. Sono certamente regno di Dio coloro che merita­
no di prepararsi per Lui per formare il tempio di Dio, non
di una creatura. Ascolta, per bocca dell’Apostolo, la voce di
colui che dimora in noi: «Voi siete», dice, «il tempio del
Dio vivo e lo Spirito di Dio abita in voi» 170, e in un altro
passo: «Come dice Dio: abiterò e camminerò in mezzo a lo­
ro e sarò il loro D io »171. Ecco: proprio colui che risiede nel
tempio del cuore umano si autoproclama Dio.
Tra coloro che, onorando Dio, vendevano le proprie so­
stanze, frutto delle loro giuste fatiche, e ponevano il ricavato

168 Gv 14, 16. 169 Le 17,21. 170 1 Cor 3, 16. 171 2 Cor
6, 16.

(27) Si tratta, in realtà, di Rm 8, 11. Può essere un errore di me


ma potrebbe essere stato generato dalla lettura di un passo di Ambrogio, che
cita il passo senza indicarlo, esplicitamente, come appartenente alla lettera ai
Romani: «...e in quella ai Corinzi: Ad uno è dato, infatti, grazie allo Spirito il
linguaggio della sapienza; e altrove: Ma se, grazie allo Spirito, mortificate le
opere della carne, allora voi vivete; e sopra: Colui che risuscitò Cristo dai
morti vivificherà anche i vostri corpi mortali, grazie allo Spirito suo che abita
in voi» (De Spir. San., II, 9, 99, trad. it. di C. Moreschini).
110 Fausto di Riez

ai piedi degli Apostoli, sappiamo che Anania aveva formulato


una solenne promessa a Dio, ed è accusato di aver mentito al­
lo Spirito Santo, secondo quanto afferma l’apostolo Pietro:
«Anania, perché Satana ha tentato il tuo cuore per farti men­
tire allo Spirito Santo?»172. E proseguendo aggiunge: «Non
hai mentito agli uomini, ma a D io »173. Che significa ciò? Pec­
ca contro il Creatore, e in questo modo la Scrittura rende me­
no grave il suo peccato, tanto da dichiararlo colpevole, relati­
vamente all’empietà, verso una creatura, rendendolo così de­
bitore verso l’inferiore, piuttosto che colpevole dell’ingiuria
rivolta a colui che è superiore. No, non è affatto così. E mani­
festamente dotato di potenza divina, colui al quale è riferito
l’oltraggio sacrilego, del quale la Scrittura dice, in un altro
passo: «Chi avrà bestemmiato contro lo Spirito Santo, non
avrà perdono né in questo mondo né in quello futuro»174.
Poiché dunque, con la sua trasgressione, Anania ha
messo alla prova Dio, è detto che ha ingannato lo Spirito
Santo: apprendi, pertanto, che unica è la realtà, unica la glo­
ria, unica la venerazione dello Spirito Santo e di Dio. Per
questo Pietro, con le successive parole, ha concluso parlan­
do, con la più grande evidenza, dello Spirito Santo: «Non
hai mentito agli uomini, ma a D io »175. Mentre Pietro parlava
a Cornelio «si stupirono i fedeli provenienti dalla circonci­
sione, che erano venuti con Pietro, perché la grazia dello
Spirito Santo fu effusa anche sulle nazioni» 176. Vedi che lo
Spirito Santo ha conferito la grazia non in virtù di altri, ma
in modo autonomo. Se tu chiedi chi sia costui, che ha dato la
grazia, te lo ha insegnato la Scrittura nei brani successivi, di­
cendo: «Se dunque Dio ha dato loro la medesima grazia»177.

172A t5 ,3 . 173 At 5 ,4 . 174 Me 3 , 29. 175A t5 ,4 . 176 At


10,45. 177A t l l , 17.
Lo Spirito Santo, II, 8-9 111

Questo elargitore di grazia lo ha precedentemente di­


chiarato «Spirito Santo», in questo passo lo dichiara Dio in
senso proprio. La confessione di fede è stata formulata due
volte, nel primo passo con il nome personale, in quest’ulti­
mo con il nome comune. Quando poi la Scrittura dice:
«Anche sulle nazioni è stata effusa la grazia dello Spirito
Santo»178, ciò dimostra che l’autore della grazia è egli stesso
il Dio della natura. Spetta solo a Dio elargire, dalla propria
ricchezza, i doni carismatici, tanto che l’Apostolo sembra
aver parlato anche di ciò: «H o lavorato più abbondante­
mente di tutti loro; non io, però, ma la grazia di Dio con
me» 179. Giustamente è proclamato Dio, colui che dispensa
la grazia e la salvezza dell’uomo. E Pietro aggiunge: «Chi
ero io, per poter essere di impedimento a Dio?» 180. Quel
Dio, evidentemente, che si è effuso sulle nazioni e su Corne­
lio, inondandoli con l’empito della grazia.

C a p it o l o nono

Dove Dio, contro i Novaziani, ha concesso alle genti la


penitenza affinché vivano, il quale Dio, attraverso l’ordine
stesso del testo, è dimostrato essere lo Spirito Santo.

Guarda attentamente come nella persona dello Spirito


Santo, che improvvisamente ricolmò Cornelio e i suoi com­
pagni, sia celebrato il nome di Dio con la testimonianza di
molti: «Udite queste cose», dice la Scrittura, «tacquero e
glorificarono Dio dicendo: Dio dunque ha concesso la peni­

178 At 10,43. 1791 Cor 15,10. 18° A t l l ,1 7 .


112 Fausto di Riez

tenza anche alle genti affinché vivano»181. In questo brano è


da notare, contro i Novaziani, che Dio è detto concedere la
penitenza, la quale, evidentemente, non può essere altri­
menti elargita se non attraverso il ministero dei suoi servi.
Poiché dunque la Scrittura dice: «Chi ero io, per poter
essere di impedimento a D io ?»182, e di nuovo: «Dio dunque
ha concesso alle genti la penitenza affinché vivano»183, qua­
le interpretazione dobbiamo attendere, di fronte a tanta evi­
denza? Quale uomo ignorante o incredulo non rimarrebbe
soddisfatto dalla proclamazione del nome di Dio, così fre­
quentemente ripetuta nella venuta dello Spirito Santo?

C a p it o l o d e c im o

Dove si dichiara, con la prima lettera ai Corinzi, che lo


Spirito Santo è Dio, per il fatto che distribuisce i poteri.

Prendi, nella lettera ai Corinzi, ciò che da solo potreb­


be bastare per affermare la divinità dello Spirito Santo.
L’Apostolo dice, attraverso la lettera agli Ebrei: «Mentre Dio
rendeva testimonianza con segni e prodigi e vari miracoli, e
con le donazioni dello Spirito Santo, secondo la sua volon­
tà» 184. Chiediamo all’Apostolo stesso se questo distributore
di carismi faccia parte delle creature. Abbiamo, nella prima
lettera ai Corinzi, il seguente brano: «Vi rendo noto che nes­
suno, se parla nello Spirito di Dio, maledice Gesù, e nessuno
può dire: Gesù è Signore, se non nello Spirito Santo»185.

1S1 At 11, 18. 182 At 11, 17. 183 At 11, 18. 184 Eb 2, 4.
185 1 Cor 12,3.
Lo Spirito Santo, II, 9-10 113

Renditi conto di come abbia indicato, con la più gran­


de chiarezza, che lo Spirito di Dio è lo Spirito Santo. A pro­
posito di quest’ultimo, che l’Apostolo ha fatto parlare, nella
frase precedente, come Spirito di Dio, guarda quale eviden­
te testimonianza è offerta, da ciò che segue, circa il suo esse­
re Dio e Signore: «Vi sono divisioni di doni», dice l’Aposto­
lo, «ma lo Spirito è il medesimo, e divisioni di ministeri, ma
identico è il Signore, e divisioni di operazioni, ma uno stes­
so D io »186. Come se il beato Apostolo fosse stato consultato
circa la divinità dello Spirito Santo, fa una evidente aggiun­
ta all’espressione «il medesimo Spirito», che aveva prece­
dentemente formulato: «Uno stesso Dio, che opera tutto in
tutti» 187. Non potrebbe operare tutto, se fosse una delle
tante creature. Riconosci che in questo passo lo Spirito San­
to è evidentemente espresso tanto nel suo nome specifico
quanto nei titoli di Signore e Dio, o comunque ammetti che
è associato alla Trinità.
Ma si comprende che qui, nelle divisioni dei doni, la
Parola di Dio ha indicato piuttosto lo Spirito Santo, poiché
nei brani precedenti apprendiamo che la grazia delle elargi­
zioni compete a lui per un particolare piano di salvezza. Per
quanto riguarda le espressioni impiegate dall’Apostolo: «Un
medesimo Signore», «uno stesso Dio», nella seguente peri-
cope egli dimostra che sono da riferirsi allo Spirito Santo,
dicendo: «A uno viene dato il linguaggio della sapienza at­
traverso lo Spirito, a un altro il linguaggio della scienza se­
condo il medesimo Spirito, a un altro la fede nel medesimo
Spirito, a un altro il dono delle guarigioni nell’unico Spirito,
a un altro il compimento dei miracoli, a un altro la profezia,

186 1 Cor 12,4. 187 1 Cor 12, 6.


114 Fausto di Riez

a un altro il discernimento degli spiriti, a un altro il parlare


in lingue, a un altro l’interpretazione delle lingue. Ma tutte
queste cose le compie un solo e identico Spirito, che divide
fra i singoli come vuole» 188. Non è sottomesso a nessuno,
ma è Signore del cielo, colui che elargisce i doni celesti con
la propria volontà e con il diritto che gli deriva dalla sua
potenza.

C a p it o l o u n d ic e s im o

È da notare che la Scrittura dice: «Un solo Spinto San­


to», così come dice: «Un solo Dio», la qual cosa non può esse­
re in alcun modo affermata circa una umile creatura. Lo stes­
so vale per l’espressione: «Divide fra i singoli come vuole».

Tu vedi che, come unico è il Padre e unico il Figlio, co­


sì è unico anche lo Spirito Santo, come il testo indica in se­
guito: «E infatti ci siamo dissetati a un solo Spirito»189. Se
appartenesse all’umile moltitudine delle creature, in questo
passo non potrebbe in alcun modo essere detto unico. E
poiché qui trovi scritto: «A un altro è data la fede nell’iden­
tico Spirito»190, il medesimo Apostolo ha reso chiaro ai Co­
rinzi chi è che dona questa fede, dicendo: «E come Dio ha
ripartito a ciascuno la misura della fede» (28).
Egli senza dubbio proclama, come vedi, che questo di­
stributore della fede è Dio. Anche se nella molteplice elargi­
zione di così grandi doni la stessa magnificenza dell’opera

188 1 Cor 12, 8. 189 1 Cor 12, 3. 190 1 Cor 12, 9.

(28) Si tratta, in realtà, di Rm 12, 3.


Lo Spirito Santo, II, 10-11 115

esprime la potenza di chi l’ha compiuta, tuttavia ha così


concluso a suo riguardo: «Ma tutte queste cose le compie
un solo e identico Spirito, che divide ai singoli come vuo­
le» 191, come anche in un altro passo: «Lo Spirito soffia dove
vuole»192, e ancora: «Con le distribuzioni dello Spirito San­
to secondo la sua volontà»193.
Qui, dunque, non abbiamo a che fare con il ministero
di un servo sottomesso, ma con il volere di una libera pote­
stà, e nelle distribuzioni dei beni celesti l’inesausta pietà di­
vina si dimostra sommamente generosa. Circa l’espressione
«con le distribuzioni dello Spirito Santo», l’Apostolo ha in­
segnato ai Corinzi se questo distributore, o per meglio dire
divisore, sia o no Dio, dicendo: «E vi sono divisioni di ope­
razioni, ma un solo Dio» 194. Negli Atti degli Apostoli leg­
giamo: «Badate a voi e a tutto il gregge, nel quale lo Spirito
Santo vi ha posto come vescovi per governare la Chiesa di
Dio» 195. Il vaso di elezione, scrivendo ai Corinzi, dichiara
che chi ha stabilito i vescovi nella Chiesa è Dio, così dicen­
do: «Dio ha posto alcuni nella Chiesa» 196. Quale Dio, se
non lo Spirito Santo? L’Apostolo dimostra che la funzione
di questa persona è la distribuzione dei doni, proseguendo
il suo discorso senza interruzioni: «Dio ha posto nella Chie­
sa», egli dice, «in primo luogo gli apostoli, in secondo luogo
i profeti, in terzo luogo i dottori, poi i miracoli, il dono delle
guarigioni, il dono di assistere, di governare, il parlare in
lingue diverse» 197. «Dio», egli dice, «ha posto alcuni nella
Chiesa».
La stessa distribuzione delle santificazioni e dei poteri
straordinari, la quale è pertinente allo Spirito Santo, rende

1 Cor 12, 11. 192 Gv 3, 8. 193 Eb 2, 4. 194 1 Cor 12, 6.


195 At 20,28. 196 1 Cor 12,28. 197 Ibid.
116 Fausto di Riez

chiaro che in questo brano l’Apostolo ha detto «D io» rife­


rendosi allo Spirito Santo: è lui, infatti, che fa scorrere tor­
renti di eloquenza dalla bocca dei profeti, che distribuisce i
rimedi delle guarigioni e moltiplica gli ornamenti dei cari­
smi. Quando fu effuso negli Apostoli, i segni miracolosi e i
diversi generi di linguaggio proclamarono solennemente
che egli è Dio dell’universo.

C a p it o l o d o d ic e s im o

Dove dice che chi è divenuto tempio dello Spirito Santo


deve progredire in modo tale da meritare di portare Dio nel
proprio corpo.

Dice dunque l’Apostolo ai Corinzi: «Non sapete che i


vostri corpi sono tempio dello Spirito Santo?» 198. I prece­
denti passi della medesima epistola suggeriscono in modo
evidente che il tempio dello Spirito Santo è il tempio di
Dio, quando affermano: «Non sapete forse che siete tempio
di Dio e che lo Spirito Santo abita in v o i?»199. «E lo Spirito
Santo», dice l’Apostolo, «abita in voi». Chi potrebbe dubi­
tare che siano tempio di Dio coloro che sono dimostrati es­
sere la sua abitazione? E dopo aver detto: «Non sapete che i
vostri corpi sono tempio dello Spirito Santo?» 200, così
l’Apostolo ha concluso la sezione con la ricchezza della ve­
rità: «Glorificate e portate Dio nel vostro corpo»201.
E necessario, dunque, che chi prepara, pieno di zelo,
un puro tempio allo Spirito Santo nel proprio cuore, e por­

198 1 Cor 6, 19. 199 1 Cor 3, 16. 200 1 Cor 6, 19. 2011 Cor
6, 20.
Lo Spirito Santo, II, 11-12 117

ta Dio nel corpo attraverso la castità e la mortificazione del­


la carne, porti in modo corporale colui che ci possiede spiri­
tualmente. Sappi, pertanto, che deve essere adorato con
onori divini, celebrato con preghiere, venerato con sacrifici
quello Spirito che tu scorgi degno di possedere un tempio.
Perciò il maestro delle genti si rivolge alla Chiesa uni­
versale: «Non sapete che siete tempio di Dio e che lo Spiri­
to Santo abita in voi?»202. Non è possibile ad alcuna creatu­
ra, ma è un tratto distintivo della maestà divina il riempire
di sé i popoli attraverso ogni singolo individuo, e tuttavia ri­
manere nella sua incommensurabile pienezza. Intendo dire
che è caratteristica propria ed esclusiva della natura divina
l’essere presente in ogni luogo, entrare in ogni cosa, conte­
nere tutto. È una peculiare prerogativa di Dio, io dico, spo­
gliare i figli della perdizione dei loro debiti naturali, rinno­
varli con la purificazione delle coscienze, renderli figli di
Dio ed esaltarli alla gloria del regno celeste.

2021 Cor 3,16.


INDICI
IN D IC E S C R IT T U R IS T IC O

A n t ic o T e st a m e n t o 11,9: 50 43,10: 53
17, 12: 93 44, 24: 53
18, 7: 79 45, 5: 53
Genesi 44, 8: 72 45, 8:52
1, 1:55 4 5,5:81 48,12:53, 62
1 ,2 6 :5 5 ,5 6 47, 8: 91 48, 16: 62
1,27:56 49,1: 105 49, 12: 78
I,2 8 : 56 50, 6: 108 61, 1:59
2, 24: 94 50, 13:57
I I ,7 :8 0 82,19: 52 Geremia
18, 1:56 84, 9: 105 23,24: 106
85, 9: 52
Esodo 94, 8: 104 Osea
3, 14: 80 103,30: 102
106,30: 78 13,4:53
12, 9: 95
33,14:57 112,3:78
138,7:57,79 Gioele
Deuteronomio 148, 8: 91 2 ,2 9 :5 9
6, 4: 52 Isaia Amos
6,13: 52
32,39: 52 6, 1: 60 4,13: 90, 91
6, 8: 60
1 Re 11, 2ss.: 58
14,13: 90 Nuovo T e s t a m e n t o
8, 39: 84
37,16:53
40, 12: 62
Salmi Matteo
41,4:53
8,5 :6 1 42,1: 62 3, 13:59
10,7:91 42, 8: 53 3, 17:88
122 Indice scritturistico

8, 20: 96 14,16: 68,69,76,109 6,3: 101


10,20:59 14,23:80 6, 8: 101
25,35:95 14,26: 67 8, 9:64,73
25,41:85 15,26: 64,72, 79 8, 11:73
28, 19: 63, 92 16,7:68 8,15: 107
20,22: 64 9,5: 96
Marco 11,36: 99
Atti degli Apostoli 12,3: 114
2, 7: 107
3,2 9 :1 1 0 1,5:100,106 1 Corinti
13,11:59 1, 8: 77
I,16: 104 1, 1:96
Luca 2 ,3 :7 7 2, 8: 94, 95
1,68:104 2 ,4 :7 1 ,8 3 2, 10: 72
I,7 0 : 104,105 2,17: 78 3, 16: 109, 116, 117
2,26: 105 2 ,3 3 :7 0 6, 11:74
2, 28: 105 3 ,18:105 6, 19:116
3,2 1 :6 3 4, 8: 70 6,20:116
4 ,1 :5 9 , 83 4,29:71 12,3:97,112,1 1 4
4,18: 63, 86 5,3: 110 12,4:113
5,21: 107 5,4: 110 12,6: 113, 115
II,2 0 :6 1 5,31:71 12,8: 99,114
12, 11:59 7 ,55:71 12,9: 114
17,21: 109 9,17: 97 12,11: 115
9,31:81 12,13:78
Giovanni 10,38:71 12,28: 115
10,43: 111 14, 25: 84
1,2: 78 10,45:83, 110 15,10: 111
1,3:53 II, 17: 110, 111, 112
1,12: 106 11,18: 112 2 Corinti
1, 13: 106 17, 28: 66, 99
3,5 : 100, 101, 106 1,3:81
19, lss.: 98
3,6 :1 0 0 ,1 0 6 1,21:75
19,2: 98
3 ,8 : 90,100,115 6, 16: 109
19,3:97 6, 18: 106
3,13: 95 19,4: 98
7,3 8 :8 1 13, 13:74
20, 27: 73
8, 25: 53
20,28: 115 Galati
12, 39: 60
28,25: 104
12, 44: 51
28,35:60 1, 1: 96
14,1:51
14, 6: 74 Efesini
Romani
14, 9: 57
14,10: 72 5,5: 99 4, 6: 97
Indice scritturistico 123

Colossesi 3, 7: 104 2 Pietro


2, 9: 86 9,14: 99 1,21: 104

Tito Giacomo 2 Giovanni


3 ,5 :7 5 ,1 0 6 2 , 19:49 2 , 1: 68

Ebrei Apocalisse
2 Pietro
2 ,4 : 112, 115 1,8: 53
2 ,7 :6 9 1 ,2 :7 6 21,6: 53
IN D IC E D E I N O M I E D E L L E C O S E N O T E V O L I

Agostino: 15, 16 n. 30, 19, 20 n. 42, Elipando: 28


2 1 .2 6 .5 6 n. 6,75 n. 12 Engelbrecht A.: 5, η. 1, 6, 10, 11, 25,
Alcuno Avito: 5, 20 38, 39, 42, 43, 51 n. 4, 53 n. 5,
Ambrogio: 16 n. 30, 22, 31, 32, 48 n. 62 n. 8, 83 n. 15
3 .5 6 n. 6,7 8 n. 13,99n . 22,109 Erasmo: 37, 38
n. 27 Essentia: 26
Ariani: 9 Eucherio: 7, 38
Ario: 13,48,92
Auxanio, vescovo di Aix: 8 Facondo di Ermiana: 5
Fausto di Riez: 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11,
Basilio: 32 12, 13, 14, 15, 16, 17, 18, 20,21,
Bernardo di ChiaravaUe: 23 22, 23, 24, 25, 26, 27, 28, 29, 30,
Boezio: 28 31,32, 33,34, 35,36, 3 7 ,3 8 ,3 9 ,
40, 41, 42, 47, 56 n. 6, 57 n. 7,
Cantalamessa R.: 36 n. 94 85 n. 16, 94 n. 20,106 n. 24,107
Carisio, grammatico: 102 n. 25 n. 25,108 n. 26
Cassiodoro: 48 n. 2 Felice, eretico: 28
Claudiano Mamerto: 6 n. 4,12 n. 22, Felice, prefetto del pretorio: 10
23 Fortin E.L.: 12 n. 22, 23
Concilio Costantinopolitano I: 13
Concilio di Francoforte: 28 Gaudenzio di Brescia: 36
Concilio di Nicea: 13 Gennadio di Marsiglia: 9, 10, 13, 23
Credere “la Chiesa” : 50 Giovanni Cassiano: 32, 85 n. 16
Girolamo: 6 n. 4
de Labriolle P.: 37 Gregorio Magno: 11
Didimo Alessandrino: 21, 36, 37 Gregorio Nazianzeno: 18, 35
Distinzione tra nascita e processio­
ne: 22, 79 Ilario, papa: 8
Doutreleau L.: 36 Ilario di Poitiers: 25, 38
Indice dei nomi e delle cose notevoli 125

Incorporeità di Dio: 22, 23, 85 Processione eterna dello Spirito: 20,72


Ireneo: 30 Prudenzio: 25
Isidoro di Siviglia: 21, 75 n. 12
Rapporto tra lo Spirito Santo e il Fi­
Kelly J.N .D.: 14,47 glio: 16,17, 87
Rapporto tra lo Spirito Santo e il Pa­
Macedoniani: 9, 14, 29,51 dre: 17
Macedonio: 13, 26, 27, 29, 48, 50, Ratramno di Corbie: 36
88, 89, 92 Ravennio, vescovo di Arles: 8
Magno, console: 10 Rufino: 18, 32, 33
Massimo, vescovo di Riez: 7, 8 Ruolo dello Spirito Santo nella in­
Micaelli C.: 21 n. 48, 28 n. 77, 29 n. carnazione: 14,15,16,52, 87
86 Ruperto di Deutz: 29
Moingt JL: 28 n. 75
Moreschini C.: 25 n. 65, 56 n. 6, 78 Sabellianismo: 25
n. 13, 99 n. 22, 101 n. 27 Sabellio: 25, 92
Moricca U.: 37 Sidonio Apollinare: 5, 6, 7, 9, 11, 12,
37,38
Nestorio: 10, 94 n. 20 Simbolo di fede: 13, 14, 47,50, 51
Niceta di Remesiana: 13, 14 n. 25, Simonetti M.: 31,32
18, 22 Subsistentia: 26
Novaziani: 70, 111, 112 Substantia: 26
Sulpicio Severo: 38
Origene: 32, 33, 34 n. 90, 35
Tertulliano: 40, 63 n. 9, 90 n. 17
Pascasio, diacono: 11, 36, 42 Traditio symboli: 9,10,13
Permixtio·. 25
Persona: 27, 28, 94 Ugo di S. Vittore: 29
Platone: 7 Unio: 25
Possessore: 5 Unità di azione delle persone divine
Pricoco S.: 6 n. 4, 7, 8, 12 e loro distinzione: 24, 62, 66, 67,
Processione dello Spirito dal Padre e 98
dal Figlio: 18, 64, 79 Onitas: 25
IN D IC E G E N E R A L E

I n t r o d u z io n e ...................................................................pag. 5
Il De Spiritu Sancto nell’attività letteraria di Fau- .
sto di Riez ............................................................ » 5
La dottrina trinitaria del De Spiritu Sancto . . . » 13
Le fonti del De Spiritu Sancto ................................ » 31
Lo stile di Fausto nel De Spiritu Sancto ................ » 37
La trasmissione del t e s t o ......................................... » 42

F a u sto di R ie z
LO SPIRITO SANTO

L ibro p r im o ...................................................................... » 47
Capitolo p r i m o ......................................................... » 47
Capitolo secondo . ............................................... » 49
Capitolo terzo ............................................... ... . » 51
Capitolo q u a r to ......................................................... » 52
Capitolo q u in to ........................................................ » 54
Capitolo s e s t o ............................................................ » 55
Capitolo settimo ..................................................... » 58
Capitolo o t t a v o ......................................................... » 61
128 Indice generale

Capitolo n o n o ........................................................ pag. 64


Capitolo d e c im o ...................................................... » 66
Capitolo undicesimo ............................................. » 70
Capitolo dodicesimo ............................................. » 74
Capitolo tredicesimo ............................................. » 76

L ibro secondo ...................................................... » 83


Capitolo primo ...................................................... » 83
Capitolo secondo ................................................... » 87
Capitolo t e r z o .......................................................... » 89
Capitolo quarto ...................................................... » 92
Capitolo quinto ...................................................... » 100
Capitolo s e s t o .......................................................... » 102
Capitolo se ttim o ....................................................... » 103
Capitolo ottavo ...................................................... » 109
Capitolo n o n o .......................................................... » 111
Capitolo d e c im o ...................................................... » 112
Capitolo undicesimo ............................................. » 114
Capitolo dodicesimo ............................................. » 116

Indice scritturistico ................................................ » 121


Indice dei nomi e cose n o te v o li............................. » 124

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