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LE BENEDIZIONI
DI GIACOBBE
Traduzione introduzione e note
a cura di Manlio Simonetti
1. Ippolito
biblico della creazione del m ondo e dell'uom o in sei giorni; l’a ltra
opera com m entava i capitoli successivi della Genesi, non sappiam o
fino a che punto.
3 F ra tali opere G irolam o ricorda anche u n tra tta to De Saul et
Pythonissa, relativo a ll’episodio racco n tato in 1 Sam . 28.
Introduzione 7
teriale esegetico tra tto dalle Catene va utilizzato con m olta cautela,
perché, a cau sa di om issioni e confusioni, non sem pre i nom i degli
au to ri u tilizzati nelle Catene sono atten d ib ili. Ciò nonostante, l’im
p o rtan z a di queste com pilazioni esegetiche è p er noi notevole, p e r
ché solo da qui possiam o conoscere qualcosa di an tich i scritti ese
getici an d a ti p erd u ti nel testo integrale. La p iù a n tica Catena che si
conosca fu fatta sui p rim i libri del VT da Procopio di Gaza nella p ri
m a m età del VI secolo.
8 Anche q u est’u ltim a opera, p u r di c a ra tte re m onografico in
q u an to d ed icata a ll’A nticristo, in re a ltà è fondata su ll'in te rp re ta
zione di im a v asta silloge di passi del VT e NT p ertin en ti a questo
personaggio.
9 Q uest’op era viene c ita ta com unem ente com e Elenchos, cioè
Confutazione.
10 Del vasto m ateriale giunto a noi sotto il nom e di Ippolito, sia
alcune opere intere, com e Le benedizioni di Mosè, Sul Cantico, sia
vari fram m enti, ci sono pervenuti, com e a b b iam o già ricordato, sol
ta n to grazie a traduzioni in lingue o rientali: arm eno, siriaco e a n
che arabo.
Introduzione 11
m essianicità del passo pro p rio p er far fronte a ll’am pio uso che di
esso facevano i cristian i in tal senso: cf. Orig. Prine. IV, 1,3.
26 E questo il term ine tecnico u sato dagli antichi esegeti p er in
dicare u n ’espressione del VT considerata sim bolo, prefigurazione
di u n fatto del NT. Perciò i m oderni, con tipologia, in terpretazio n e
tipologica, ecc. indicano il procedim ento esegetico che in te rp re ta
figure e fatti del VT com e typoi di figure e fatti del NT. Gli antich i
indicarono questo tipo d 'in te rp reta zio n e com e interp retazio n e spi-
Introduzione 21
ritu a le, m istica. Essi adoperano n orm alm ente, in questo caso, a n
che il term in e « allegoria ».
27 Si ricordi che i sacerdoti ebraici traevano origine dalla trib ù
di Levi.
22 Introduzione
47 Come p e r Gen. 49, cosi anche p e r gli a ltri racconti non dob
biam o considerare l'in terp retazio n e cristologica di Ippolito del tu t
to originale: essa h a u tilizzato tipologie già tradizionali, quali Giu
seppe figura di Cristo, E sau e G iacobbe typoi dei G iudei e dei c ri
stiani. L’ap p o rto di Ippolito va visto, o ltre che in ta n te osservazioni
di dettaglio, n ell’a d a tta re queste tipologie in senso p iù specifica-
m ente cristologico e nel collegarle insiem e a form are u n tu tto o rga
nico.
^ Anche se non possiam o escludere che qualche passo di Deut.
33 fosse sta to già in te rp re tato cristologicam ente p rim a di Ippolito,
non possiam o certo pensare ad u n a tradizione in questo senso già
Introduzione 33
LE BENEDIZIONI DI GIACOBBE
Prefazione
Visione di Giuseppe
Le benedizioni di Isacco
venta trasp a ren te typos di G iuda il trad ito re di Gesù. Ma uno stesso
personaggio non è sem pre p o rtato re di u n a m edesim a tipologia: v e
drem o perciò, nell’interpretazione di Gen. 49, G iuda assunto com e
typos di C risto stesso.
12 Ippolito m odifica p e r m aggiore chiarezza la lette ra del passo
biblico, in cui è d etto che G iuseppe aveva il secondo cocchio, dopo
quello del re, com e distinzione onorifica.
13 Ippolito accenna al c a ra tte re com posito di Gen. 49, in cui si
fondono benedizioni, rim proveri, profezie, e se ne vale p e r avvalo
rarn e l'in terp retazio n e tipologica. Q uesto p u n to è da lui m eglio svi
lup p ato nel c.12.
52 Ippolito
2o Per capire lo svolgim ento letterale dei ta tti, prem essa alla
loro com prensione tipologica, si a b b ia presente che Isacco e ra allo
ra quasi cieco, e su q u esta inferm ità Rebecca costruisce il suo raggi
ro. Ippolito non ha occasione di ricordare questo p artico lare, p er
ché lo riten ev a p erfettam en te conosciuto d ai p ro p ri lettori; p o tre m
m o anche aggiungere che esso non si p resta v a bene ad essere in te r
p reta to allegoricam ente nella linea tipologica seguita dal nostro
auto re.
27 Q uest'allegoria era-sem plice e di im m ed iata com prensione:
nel linguaggio teologico dell'epoca, fino al V secolo, fu n o rm ale de
finire l’incarnazione del Logos com e u n rivestire, assum ere la c a r
ne. Le pelli dei c a p re tti sim boleggiano i peccati, in q u an to sono pe
lose (cf. sopra: « E sau è u n uom o villoso, cioè peccatore ») e perché
ab b iam o visto che il c a p retto stesso è sim bolo del peccatore.
28 Ancora u n a volta qui e n ell'episodio di Giosuè, rico rd ato subi-
58 Ippolito
to dopo, l'ap p rezzam ento allegorico del la tto tende a forzare il sen
so letterale: cf., sopra, n. 7. Infatti, il valore tipologico d ato a tali
fatti non p erm etteva che Isacco e Giosuè fossero s ta ti effettivam en
te in gannati.
29 Si tenga presente che in greco Gesù e Giosuè si scrivono allo
stesso m odo (Iesous), cosi com e in ebraico. P roprio questa id en tità
aveva favorito l’interp retazio n e cristologica dei fatti di Giosuè nel
lo Ps. B arn ab a e in G iustino: Giosuè che introduce gli E brei nella
te rra prom essa è figura di C risto che introduce i suoi fedeli nella
vera te rra prom essa, cioè nella lib e rtà dal peccato e nella pienezza
della grazia.
30 j] VT p rean n u n cia e an ticip a il NT con i typoi, cioè con perso
naggi e fatti che sim bolicam ente indicano personaggi e fatti del NT,
e con i logoi, cioè m ediante le p arole dei profeti che in m odo p iù im
m ediato p rean nunciano l ’econom ia neotestam en taria. Ma sia negli
uni sia negli altri è sem pre il Logos che opera. P roprio questo vuol
qui so ttolineare Ippolito, sfru ttan d o il riferim ento alla « voce » di
G iacobbe (= Cristo), facilm ente riferibile a ll'a ttiv ità profetica.
31 L’inganno in cui cade Isacco, che toccando le m ani e le b rac
cia di G iacobbe ricoperte dalle pelli di capretto, le crede di Esaù,
p erm e tte ad Ippolito u n ’allegoria m olto raffinata: C risto è raffigu
ra to d a G iacobbe, m a in q u an to si addossa i peccati degli uom ini si
Le benedizioni di Giacobbe,7 59
riveste anche della c a ra tte ristic a peculiare, cioè Tesser pelosi, che
faceva di E sau il sim bolo del peccato.
32 A differenza di altri autori a lui pili o m eno coevi (Giustino,
Ireneo, T ertulliano, ecc.), Ippolito riserva la qualifica di Figlio di
Dio al C risto in carn ato ed evita di estenderla al C risto preesistente,
che di n o rm a definisce soltanto Logos. A m aggior ragione, egli r i
serva aH 'Incarnato la qualifica di P rim ogenito, d eriv a ta da Col. 1,
15, C risto p rim ogenito di tu tta la creazione, che la tradizione ales
sa n d rin a rip o rtav a an c h ’essa al C risto preesistente.
33 A bbiam o qui un esem pio p artico la rm en te vistoso del proce
d im en to erm eneutico illu strato sopra a n. 7. La benedizione che
G iacobbe riceve da Isacco presa alla le tte ra nei singoli partico lari
non si è realizzata in lui, che non avrebbe m ai raggiunto la posizio
ne di grandezza preconizzatagli dal padre. In effetti la benedizione
aveva com e oggetto non G iacobbe in persona q u an to il popolo
ebreo che d a lui sarebbe disceso, e fa riferim ento alla posizione di
eccellenza che quel popolo avrebbe raggiunto al tem po di D avide e
Salom one. Ma Ippolito si fonda su un apprezzam ento strettam en te
letterale delle parole d'Isacco in q u an to rivolte al figlio, ne verifica
la non realizzazione in questo senso e perciò la trasferisce diretta-
60 Ippolito
Le benedizioni di Giacobbe
Ruben
13. Che la cosa stia cosi ce lo insegnerà proprio
S crittu ra nel modo più evidente. Dice infatti: « Ru
ben, tu sei il mio prim ogenito, la m ia forza e il princi
pio dei miei figli. Duro da sopportare e duro (54) arro
gante, hai traboccato come acqua bollente: non ribol
lire. Infatti sei salito sul letto di tuo padre e allora hai
contam inato il giaciglio dove eri salito » (Gen. 49,3-4).
Che, dunque? Definiremo questo passo profezia o
benedizione? Infatti, il dire « duro da sopportare,
duro arrogante » e « sei salito sul letto di tuo padre e
allora hai contam inato il giaciglio dove eri salito »
sem bra essere biasim o più di un fatto passato che di
uno che dovrà accadere. Ma uno dirà che questo è sta
to detto perché Ruben giacque con Balla, la concubi
na di suo padre, e cosi contam inò il letto del padre
(Gen. 35,22)60. Troviam o perciò che, secondo questa
Simeone e Levi
14. « Simeone e Levi sono fratelli. Insieme hann
com piuto u n ’ingiustizia di loro iniziativa. Non entri
l’anim a m ia nel loro consiglio e non venga a contesa il
mio cuore nel loro conciliabolo. Perché nella loro col
lera hanno ucciso uom ini e nella loro cupidigia hanno
tagliato i tendini al toro. Sia m aledetta la loro collera
perché è arrogante, e il loro furore perché si è induri
to. Li dividerò in Giacobbe e li disperderò in Israele »
(Gen. 49,5-7).
Allo stesso modo uno potrebbe credere 67 che an
che queste parole Giacobbe le abbia dette riferendosi
agli abitanti di Sichem, per rim proverare i suoi due
figli, Simeone e Levi, perché con l’inganno essi aveva
no persuaso i Sichem iti (62) a farsi circoncidere a cau
sa di Dina, la loro sorella, che Emor, il figlio di Si
chem, aveva violentata. Essi poi essendo entrati il ter
zo giorno, uccisero tu tti quelli che abitavano a Si
chem e razziarono i loro arm enti (Gen. 34).
Ma le cose non stanno cosi. E infatti allora essi in
loro difesa spiegarono al padre il m otivo per cui ave
vano agito giustam ente. Poiché quello diceva loro:
« Mi avete reso odioso, si che avete fatto di me un
uom o malvagio per tu tti quelli che abitano questa
terra, fra i Cananei e i Ferezei. Io ho solo pochi uom i
ni, e questi riunitisi insieme contro di me mi faranno
Giuda
15. Poiché, dunque, prim a abbiam o detto che n
le medesime parole sono contenute sia le benedizioni
sia le profezie, è naturale che, volendo persuadere
quelli che sono desiderosi di apprendere, non soltanto
dim ostriam o col ragionam ento la nostra esposizione,
m a la rendiam o evidente con la forza delle parole 72.
Infatti, Giacobbe, benedicendo Giuda, dice cosi:
« Giuda, ti lodino i tuoi fratelli. Le tue m ani stiano sul
dorso dei tuoi nemici, e ti adoreranno i figli di tuo p a
dre. Giuda è un leoncello di leone; da un germoglio, fi
concezione pili trad izio n ale p e r significare la dig n ità insiem e regia
e sacerdotale di Cristo. Per spiegare q uesta convergenza Ippolito si
rifà all'u n io n e della trib ù di Levi con quella di G iuda, ricavabile dal
fatto, già da noi rilevato (nn. 69 e 71), che la trib ù di Levi non aveva
occupato sede stabile in P alestina e i suoi m em bri erano sp a rp a
gliati in mezzo alle altre trib ù , perciò anche in m ezzo alla trib ù di
G iuda. Ambrogio spiega invece rifacendosi agli an ten a ti di Gesù,
Levi e N atan (Le. 3,29-31), che erano di stirp e sacerdotale, cioè d i
scendenti di Levi.
77 II rag io n am ento d ’Ippolito qui si vale del raffronto fra le p a
role di rim provero che G iacobbe rivolge a Levi e quelle laudative
che Mosè rivolge alla m edesim a trib ù in Deut. 33,8-11, p er rilevare
il duplice atteggiam ento dei discendenti di Levi nei confronti di
Cristo: i sacerdoti l’h anno osteggiato e p erseguitato, e questo spiega
le parole di Giacobbe; m a egli stesso h a tra tto origine anche da
Levi, e questo spiega le p aro le di Mosè, che integrano e perciò cor
reggono quelle di G iacobbe. La benedizione di Mosè a Levi è lun g a
m ente sp ieg ata da Ippolito nel tra tta to dedicato alle benedizioni di
Mosè: cf. PO 27,143 ss.
84 Ippolito
81 L’in terp retazio n e del sonno del leoncello com e typos della
m orte di C risto è com une a tu tti i com m enti e rim o n ta a tradizio n e
p iù a n tica dello stesso Ippolito.
82 Secondo u n procedim ento tipico dell'in terp retazio n e allego
rica, l'esegeta fonda la su a allegoria sul fatto che il testo biblico si
p resen ta diverso da com e vorrebbe il sem plice senso letterale. In
fatti, in questo senso, p e r in dicare che nessun anim ale ha il corag
gio di d istu rb a re il sonno del leone, sarebbe sta to sufficiente dire
che nessuno sveglia il leone; se il testo sacro si esprim e qui in form a
interro g ativ a è p er indicare, in senso allegorico, che C risto sarebbe
stato risu scitato dal Padre, secondo le testim onianze di Paolo e d e
gli Atti. A tal proposito, va rilevato che al tem po della controversia
arian a, nel IV secolo, q u esta interp retazio n e è se m b ra ta rilevare
troppo l ’in feriorità di C risto risp etto al P adre e perciò è s ta ta m odi
ficata, d a A mbrogio, Rufino e a ltri, nel senso che è il Figlio che risu
scita se stesso, sulla base di Gv. 2,19-21.
86 Ippolito
Zàbulon
20. Poi, il profeta dice: « Zàbulon abiterà presso
m are e starà presso l'ormeggio di navi, e si stenderà
fino a Sidone » (Gen. 49,13). Per mezzo di Zàbulon ha
preannunciato in figura i popoli pagani, che abitano
ora nel mondò presso il litorale, e sono torm entati,
come nel m are, dalla tem pesta delle tentazioni: per
ciò si muovono e cercano rifugio nei porti, cioè nelle
Chiese (86)91. Infatti, « ormeggio di navi » sono state
definite le Chiese, in quanto sono nel mondo come
porti aperti che diventano rifugio per i fedeli. Come
anche il profeta dice: « Terra di Zàbulon e terra di
Neftali, via del m are al di là del Giordano. Il popolo
che giaceva nelle tenebre ha visto una grande luce,
per quelli che giacevano nell'om bra della m orte è sor
ta una luce » (Is. 8,23 - 9,1 = Mt. 4,15-16), per indicare
la fede del popolo 92.
Issacar
21. « Issacar ha desiderato il bene e ha trovato
poso in mezzo alle terre tra tte a sorte (88). Avendo vi
sto il riposo, che è buono, e la terra, che è pingue, ha
sottoposto le sue spalle alla fatica ed è diventato agri
coltore » (Gen. 49,14-15).
Il testo, con parlare metaforico, indica allegorica
m ente con Issacar il Salvatore: questo solo, infatti, ha
desiderato il bene sin da bam bino, come dice anche
Isaia: « Prim a che il fanciullo im parasse a chiam are
padre e m adre, non ha prestato ascolto alla m alvagità
per scegliere invece il bene » (Is. 7,16). Egli ha trovato
riposo nella parte assegnata ai profeti, per realizzare
quanto da quelli era stato predetto. Infatti, sul m onte
si videro Mosè ed Elia che parlavano con lui stando
uno a destra e uno a sinistra, per dim ostrare che il
Salvatore riposava in mezzo a loro (Mt. 17,3)93.
« Avendo visto il riposo », cioè dei santi, « che è
buono, e la terra, che è pingue, ha sottoposto le sue
spalle alla fatica ed è diventato agricoltore ». « Ha
sottoposto le sue spalle alla fatica »: dove, se non sot
to la croce, portando la quale procedeva in piena li
bertà?, come anche Isaia dice: « Il suo principato fu
sulle sue spalle » (Is. 9,6). Egli avendo abbassato le
spalle sotto l’aratro (90) 94 e avendo accettato con suo
Dan
22. « Dan giudicherà il suo popolo come se fos
l’unica tribù in Israele. E sia Dan come un serpente
sul cam m ino, che sta sulla via a m ordere il calcagno
del cavallo, e il cavaliere cadrà all’indietro aspettan
do la salvezza del Signore » (Gen. 49,16-18).
« Dan — è detto — giudicherà il suo popolo come
se fosse l’unica tribù in Israele », e questo si è verifica
to parzialm ente con Sansone, che nato dalla tribù di
Dan, ha giudicato il popolo per venti anni (Giud.
16,31)95. Ma in modo com pleto la profezia si realizze
rà a proposito dell'Anticristo 96, che nato giudice terri
bile e re tiranno giudicherà il suo popolo e farà oppo
sizione, come serpente che sta sul cam m ino, cercando
di m ordere la parola di verità 97 e di uccidere quelli
che cam m inano per (92) la retta via.
^ Qui Ippolito am m ette che uno stesso passo sc rittu ristico pos
sa essere in te rp re ta to in due m odi, secondo la sto ria giudaica e se
condo l'allegoria cristian a, m en tre altrove aveva rifiu tato questa
possibilità: cf. n. 61. C om unque anche qui egli considera p ienam en
te rispondente al testo biblico solo l’in terpretazione allegorica. Am
brogio (7,32) p iù coerentem ente rifiu ta il riferim ento a Sansone.
Tale riferim ento era corrente in am biente giudaico.
96 U n 'in terpretazione m olto an tica (cf. Testam entum Dan, 5,6)
vedeva in Dan, qui raffigurato com e un serpente, il sim bolo di S ata
na, e forse p er questo m otivo Dan è om esso n ell’enum erazione delle
trib ù degli eletti di Ap. 7,4 ss. Si può a ttrib u ire ad Ippolito il trasfe
rim en to della tipologia da S ata n a all'A nticristo, dato il p artico lare
interesse che il nostro autore ha n u trito p e r questo sinistro perso
naggio, cui h a dedicato un intero tra tta to in cui è p roposta anche
questa tipologia (De Antichristo, 15).
97 Qui l ’espressione « p aro la di verità » sem bra utilizzata in
senso generico e non in esplicito riferim ento alla persona di Cristo,
p aro la divina p er eccellenza. Ma si tenga presente che in due passi
92 Ippolito
Gad
23. « Gad, una corte di nemici 100 lo m etterà a
prova, ed egli stesso m etterà quelli alla prova subito
dopo » (Gen. 49,19).
Come « corte di nemici » il profeta indica il m alva
gio sinedrio dei sommi sacerdoti e degli scribi, che
m ettevano alla prova il Salvatore con svariati prete-
delie Catene di com m ento a Gen. 49, 16-18, giuntici sotto il nom e di
Ippolito (fram m . 35 e 36), il cavallo insidiato da Dan è p roprio typos
di Cristo.
98 Cf. n. 162.
99 La m enzione di A damo ad indicare l'u m a n ità decaduta p er il
peccato e salv ata da C risto ci rip o rta a ll’opposizione paolina Ada
m o/Cristo di Rom . 5,12 ss., che Ireneo aveva am piam en te svilu p p a
to. Anche l’im m agine del cavaliere rivolto a ll’ind ietro = che a tte n
de la salvezza da p a rte di C risto a p a rtire dagli ultim i tem pi fino ai
prim i, ci rip o rta ad Ireneo, che aveva im postato il tem a della riv e
lazione progressiva, cioè aveva concepito tu tto il VT com e un tem
po in cui l’uom o e ra sta to progressivam ente educato dal Logos ad
accogliere il grande evento d ell’Incarnazione.
100 Con « corte di nem ici » traduco, un p o ’ im propriam ente, il
greco peiratérion, che può indicare insiem e la tentazione e chi la
m ette in opera, in considerazione dell’interpretazione forn ita d a Ip
polito. Alla le tte ra , la benedizione di G ad sem bra far riferim ento
alla bellicosità della trib ù e alle sue lotte con tro i nem ici provenien
ti dal deserto.
Le benedizioni di Giacobbe,23 93
101 Sono sv ariati gli episodi evangelici in cui Gesù è te n tato dai
suoi avversari, a p a rtire dal fam oso episodio delle tentazioni del de
serto (Mt. 4,1 ss.). Ma la scelta o p era ta dai vari com m entatori di
Gen. 49,19 è s ta ta condizionata dalle parole finali del passo « ed
egli stesso m e tte rà quelli alla prova subito dopo », che restringeva
di m olto l'am b ito. Com unque anche in questo più ristre tto am bito
la scelta o p era ta da Ippolito non è ap p a rsa significativa ad A m bro
gio, che p u r lo segue fedelm ente e che qui invece h a preferito illu
stra re l’in terp retazio n e tipologica con l’episodio del trib u to a Cesa
re (Mt. 22,17 ss.).
94 Ippolito
Aser
24. (96) « Aser, il suo pane è pingue, ed egli d is
buirà nutrim ento ai principi » (Gen. 49,20).
Qui il profeta indica copertam ente o gli apostoli,
che ebbero l’ufficio di fornire e distribuire il pane del
la vita, ovvero proprio il Salvatore, in quanto prean
nuncia e ci fa conoscere il pane che discende dal cielo
e che è cibo e bevanda per i santi l02. Infatti, Aser s'in
terpreta « ricchezza » 103, in quanto egli solo era tanto
ricco da poter saziare quelli che venivano a lu i. E pro
prio Cristo ha dato testim onianza di se stesso dicen
do: « Io sono il pane, quello ch’è disceso dal cielo. I vo
stri padri m angiarono la m anna nel deserto e sono
m orti; invece chi m angia del mio pane non vedrà
m orte in eterno » (Gv. 6,48-49.51; 8,51). Bisogna esa
m inare anche questo punto: Cristo non ha detto: Non
m orirà, bensì: « Non vedrà m orte in eterno », e questa
è la punizione etèrna per mezzo del fuoco, che è m orte
(98) eterna che non finisce m ai. Infatti, quella di ora è
m orte tem poranea e in tal senso tu tti gli uom ini deb
bono m orire. Perciò, il Signore non ha parlato di que
sta m orte, m a di quella futura 104.
Neftali
25. « Neftali è un fusto di vite lasciato crescere
libertà 105, che aggiunge anche bellezza ai suoi frutti »
(Gen. 49,21).
« Fusto di vite lasciato crescere in libertà » indica
il popolo ch'è chiam ato alla libertà per mezzo della
fede, perché tu tti possano p o rtar frutti a Dio. Infatti,
il Salvatore era la vite spirituale, i suoi tralci e i suoi
fusti sono i santi che credono in lui; i suoi grappoli
sono i m artiri; i tronchi di legno che sono legati alle
viti indicano la passione; i vendem m iatori sono gli
angeli; i cesti nei quali si raccolgono i frutti della vite
sono gli apostoli; il torchio è la Chiesa; il vino è la po
tenza dello Spirito Santo 106. Perciò dire « fusto di vite
lasciato crescere in libertà » indica coloro che sono
stati liberati dalle catene della m orte, come anche
Isaia 107 dice: « Verrete e tripudierete come vitelli
(100) lasciati liberi dalle catene » (Mal. 4,2 [3,20]).
Quanto a « che aggiunge anche bellezza ai suoi frut-
Giuseppe
26. « Figlio mio diventato grande, Giuseppe, figl
benedetto da me e oggetto d ’invidia, figlio mio il più
giovane, torna a me. Com plottando contro di lui l’in
sultavano e gli tendevano insidie i signori dell’arco; e
i loro archi furono spezzati con forza e persero ogni
forza i muscoli delle braccia delle loro m ani, ad opera
della m ano del potente di Giacobbe. Di qui proviene
colui che dà forza ad Israele da parte del Dio di tuo
padre, ed è venuto in tuo aiuto il mio Dio e ti ha bene
detto con la benedizione del cielo d a ll’alto e con la be
nedizione della terra che contiene ogni bene. Grazie
alla benedizione delle m am m elle e alla benedizione
dell'utero di tuo padre (102) e di tua m adre 109 hai pre
valso sulle benedizioni dei m onti saldi e sulle benedi
zioni dei colli eterni. Esse saranno sul capo di Giusep- -
pe e sull’alto della testa dei fratelli che egli ha com an
dato » (Gen. 49,22-26).
Il profeta ha benedetto Giuseppe più largam ente
che non tu tti i suoi fratelli, perché contem plava i m i
steri che, prefigurati da lui, si sarebbero realizzati in
Cristo: perciò, egli lodava non Giuseppe, bensì colui
125 Per « sostanza » il greco ha ousia, term ine d estin ato a diven
tare tecnico p e r indicare la duplice n atu ra , u m a n a e divina, di Cri
sto. Qui l’espressione va ovviam ente in tesa nel senso che il Logos è
sta to generato, qua deus, dalla sostanza del P adre e qua hom o d alla
sostanza della m adre, si che risaltan o ancora u n a volta le sue due
nascite: cf. n. 121.
126 L 'in terp retazione allegorica di m onti e colli in riferim ento
alle gerarchie della Chiesa è procedim ento com une al tem po di Ip
polito e dopo. C om unque, di q uesta specifica espressione della b e
nedizione di G iuseppe sono sta te d ate anche a ltre interpretazio n i:
vedi, p er esem pio, qui di seguito, il fram . 49 della Catene.
127 Ippolito sem bra prediligere q uesta citazione di più passi
n eo testam en tari: essa è s ta ta già ad d o tta, nella stessa identica for
m a, nel c.16.
Le benedizioni di Giacobbe,28 103
Beniamino
28. (114) « Beniam ino è un lupo rapace, al m a tti
no divorerà ancora ed a sera dona nutrim ento » (Gen.
49,27).
Il profeta ha definito con piena evidenza lupo ra
pace l'apostolo Paolo, che nacque dalla tribù di Be
niam ino 128 e al principio fu lupo rapace perché sbra
nava e divorava le pecore della Chiesa, come lo stesso
Paolo ha dichiarato dicendo: « Non sono degno di es
sere chiam ato apostolo, perché ho perseguitato con
accanim ento la Chiesa di Dio. Ma per grazia di Dio
sono ciò che sono » (1 Cor. 15,9-10; Gal. 1,13). Per que
sto, anche Rachele quando generò Beniam ino gli det
te nome: « figlio del mio dolore » (Gen. 35,18) ’29, pro
fetizzando ciò che sarebbe accaduto, cioè che Paolo,
nato dalla tribù di Beniamino, avrebbe addolorato e
afflitto sua m adre, cioè la Chiesa, cercando di uccide
re tu tti quelli che invocavano il nome del Signore. Ma
quello che in principio fu bestem m iatore e persecuto
139 Più volte, nei fram m enti (cf. anche fram m . 10,11,14,17,18), è
lo S p irito divino che introduce d irettam e n te le parole e i concetti
espressi nelle benedizioni. Invece, nel T ra tta to , è intro d o tto a p a rla
re G iacobbe o un generico « il profeta », ovvero le parole sono rip o r
ta te senza un soggetto espresso che le riferisca.
140 Q uesto « p rim a » fa pensare che nel testo originario da cui è
sta to tra tto e riassu n to questo passo, fosse conten u ta u n ’in te rp re ta
zione più am p ia, di cui solo la p rim a p a rte è sta ta escerta.
141 Invece, nel T ra tta to , il letto di G iacobbe è typos della carne
assu n ta dal Logos. La precisazione successiva del fram m ento: « E
questo co n tin u a a fare fino a oggi, ecc. » p ro ietta il tem a fondam en
tale d ell'in im icizia dei G iudei p e r la Chiesa fino al tem po d ell'au to
re; è un m otivo che rito rn a anche altre volte nei fram m enti (cf.
fram m . 15,17,44), m a non com pare m ai nel T ra tta to .
110 Ippolito
tue m ani », cioè la tua forza. « Sul dorso dei tuoi ne
mici », perché anche se cerca di sfuggirlo, negli ultim i
tem pi il popolo giudeo lo riconoscerà. Costoro sono,
infatti, i figli di suo Padre, secondo quanto dice Isaia:
« Ho generato e innalzato figli, m a essi mi hanno di
sprezzato » (Is. 1,2).
157 Cioè, gli apostoli (cf. n. 156). Il testo greco p erm e tte anche
una trad u zio n e più generica: « Coloro che osservano i com anda-
m enti... trovano riposo, ecc. »; m a l'a ltra si fa preferire p e r il riscon
tro con i fram m . 28 e 33 ed anche p er il riscontro con Rufino (11,13),
che qui concorda strettam en te coll’interp retazio n e dei nostri fram
m enti. Nel fram m ento che stiam o esam inando va rilev ata l’ad e ren
za alla Legge del VT p u r in un au to re che ci è app arso di tendenza
fortem ente an tig iu d aica (cf. n. 152): è u n ’aderenza che va spiegata
in senso antieretico, sta n te il rifiuto del VT da p a rte di G nostici e
M arcioniti.
158 II fram m ento è talm en te breve che non p erm ette di precisare
se coloro di cui qui si p a rla sono ancora gli apostoli — com e sem
brerebbe p iù n atu ra le — , ovvero l’espressione debba essere intesa
in senso p iù generico.
Frammenti,32-35 117
159 Cioè, « la te rra ». Il tem a di C risto te rra prom essa, introdo tto
qui anche d a Rufino (11,13), è m olto antico: si fonda sulla tipologia
d ell’Esodo = liberazione del cristian o attrav erso il B attesim o dal
dom inio del peccato e della m orte, e identifica in C risto stesso la
te rra prom essa agli Israeliti da cui scorrevano latte e miele, al cui
possesso ogni cristiano asp ira com e al fine suprem o della sua voca
zione.
160 La te rra qui assum e un significato diverso, risp etto a fram .
32. È n orm ale p er gli esegeti di tendenza allegorizzante assum ere
u n a stessa e n tità nom in ata nella S c rittu ra con diversa sim bolizza
zione in relazione ai vari contesti in te rp re tati.
161 A bbiam o già sottolineato l’an tich ità di q uesta in te rp re taz io
ne (cf. n. 96), che l’autore del T ra tta to ha m odificato neH’A nticristo
in forza di suoi specifici interessi in m ateria.
118 Ippolito
,B’ L’au to re del fram m ento integra l’interp retazio n e trad izio n a
le della benedizione di B eniam ino in riferim ento a Paolo (cf. n. 128)
col rich iam o al re Saul, a n c h ’egli ben iam in ita, in q u an to persecu to
re di Davide, altro tradizionale typos di Cristo. L’accostam ento sarà
sta to p er certo suggerito anche d a ll'id e n tità del nom e del re perse
cuto re col p rim o nom e di Paolo, che e ra ap p u n to Saul(o).
INDICI
INDICE DEI NOMI E DELLE COSE NOTEVOLI
Esaù: figura dei Giudei 52, tentato dai Giudei 92, 119
53, 54, 62, 64, 67, 105; del Gesù: 79; simboleggiato da
peccatore 56, 58; del dia Giosuè 58
volo 105; veste di Esau fi Giacobbe: 51, 52, 54, 55; be
gura delle Scritture degli nedizione di Isacco a Gia
Ebrei 107 cobbe 51 ss.; benedizione
di Giacobbe a Efraim e
Faraone: 51 Manasse 69ss.; ai figli
Fede: in Cristo 55, 89; fede e 72ss., 108ss.; la benedizio
libertà 95; mancanza di ne d’Isacco si è realizzata
fede 106 non in Giacobbe ma in
Ferezei: 77 Cristo 59, 60, 62, 63; Gia
Figlio: detto sempre del Cri cobbe figura di Cristo 52-
sto incarnato 59, 85, 97, 69, 80, 105-108; figura del
122; il F. è nel Padre e il Padre 109; figura del po
Padre nel F. 112 polo cristiano 64,105; let
Figura (= simbolo, typos): fi to di G. figura della Chie
gure cristologiche: vedi sa 109; della carne di Cri
Aser; cavallo e cavaliere; sto 76
Davide; Giona; Giosuè; Giona: figura di Cristo 85
Giuseppe; Giuda; Giacob Giordano: 87
be; letto (di Giacobbe); Giosuè: 57; figura di Cristo
Gad; Issacar; Isacco; leon 58
cello; pane; terra; veste Giuda (patriarca): benedi
(di Giuda); vite; altre figu zione di G. 80ss., lllss.;
re: vedi Aser; asina e asi da lui discende Cristo 81;
nelio; aratro; Beniamino; non è mancato il principe
capretto; cavallo e cava da Giuda fino a Cristo 8 6 ,
liere; Dan; Esaù; Efraim; 113; Giuda figura di Cri
fratelli (di Giuseppe); gra sto 81ss., 11 lss.; figura di
no; Giacobbe; letto di Gia Giuda traditore 50
cobbe; Giuda; Isacco; leo Giuda (traditore): originario
ne; Levi; Manasse; Nefta di Dan 118; G. e il diavolo
li; nave; Mesopotamia; 118; e l'Anticristo 92
pelle; pecora; Rebecca; Giudei (vedi Esaù, Legge):
Ruben; Simeone; vino; chiamati dal Logos 53;
veste (di Esau); sottove loro prevaricazioni 53,
ste; Zàbulon 62s., 73, 109, 119, 121;
Fratelli: di Giuseppe simbo pentiti di aver ucciso Cri
lo dei cristiani 102 sto 76; profezia di Isacco
sui Giudei 6 8 ; simboleg
Gabaoniti: 58 giati da Ruben 75; oltrag
Gad: benedizione di Gad giano la Legge 76; mal
92s., 119; figura di Cristo trattano e uccidono il Lo-
130 Indice dei nomi e delle cose notevoli
P r e f a z io n e ................................................... »4 7
Visione di G iu sep p e ..................................... »48
Le benedizioni di I s a c c o ............................ »51
Le benedizioni di Giacobbe . . . . » 69
I figli di Giuseppe: Efraim e Manas
se, 69-1 dodici figli di Giacobbe, 72
- Ruben, 73 - Simeone e Levi, 77 -
Giuda, 80 - Zàbulon, 89 - Issacar, 90
- Dan, 91 - Gad, 92 - Aser, 94 - Net
tali, 95 - Giuseppe, 96 - Beniamino,
103
Frammenti di Ippolito su Genesi 27 e 49 » 105
Indice dei nomi e delle cose notevoli . » 127
Indice s c rittu ris tic o ............................ » 133