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Evagrio Pontico

SENTENZE
GLI OTTO SPIRITI
DELLA MALVAGITÀ
Introduzione, traduzione e note
a cura di Lucio Coco

Città Nuova
Copertina di Gyòrgy Szokoly. Restyling di Rossana Quarta

© 2010, Città Nuova Editrice


Via Pieve Torina, 55 - 00156 Roma
tel. 063216212 - e-mail: comm.editrice@cittanuova.it

Con approvazione ecclesiastica

ISBN 978-88-311-8215-7

Finito di stam pare nel m ese di settembre 2010


dalla tipografia Città N uova della P.A.M .O.M .
Via S. Rom ano in G arfagnana, 23
00148 Rom a - tel. 066530467
e-mail: segr.tipografia@cittanuova.it
INTRODUZIONE

Vuoi conoscere D io?


Comincia a conoscere te stesso.
Evagrio Pontico

1. G l i O p er a gnom ica

Evagrio, nato ad Ibora nel Ponto verso il 345, aveva seguito a


Costantinopoli, in occasione della sua nomina a vescovo (380), Gre­
gorio di Nazianzo che l’aveva ordinato diacono. Successivamente, in
seguito al ritiro del Padre cappadoce (381) per le controversie sorte
sulla legittimità del suo insediamento, dopo essersi trattenuto nella
città, si era trasferito a Gerusalemme e qui su consiglio di Melania
maggiore, fondatrice sul Monte Oliveto di due monasteri, uno ma­
schile e uno femminile, e di un ospizio per pellegrini, nel 383 si era
recato nel deserto egiziano per dedicarsi alla vita monastica prima a
Nitria e poi alle Celle (385) dove sarebbe morto nel 399.
Di questa esperienza di monaco nel deserto Evagrio ci ha lascia­
to testi capitali come il Trattato pratico (Practicus, CPG 2430), che
descrive il percorso che deve fare l’asceta per vincere le passioni e giun­
gere alla beatitudine della contemplazione di Dio; le Ragioni delle os­
servanze monastiche (Rerum monachalium rationes, CPG 2441), sui
requisiti imprescindibili e fondamentali della vita monastica; il trat­
tato Al monaco Eulogio (Tractatus ad Eulogium, CPG 2447), che
affronta il tema della confessione dei pensieri e fornisce contempora­
neamente diversi consigli di vita, riprendendo in esso uno stile, quello
apoftegmatico (cf. Eul. capp. 4, 7, 19, 24, 25, 27), che contraddistingue
molte opere di Evagrio. Infatti già nel Trattato pratico (Practic. capp.
91-100), con l'intestazione Detti di santi monaci ('Ρήσεις μοναχών
άγιων, Practic. SC 171, 692), e nel libro su La preghiera (De or. nn.
106-109 e 111.-112) egli aveva inserito un discreto numero di detti e di
massime per illustrare e dare risalto al suo insegnamento. Seguendo la
traccia di questa particolare produzione letteraria e allo scopo diappro-
6 Introduzione

fondirla, nella prima parte di questo lavoro, sotto il titolo redazionale


di Sentenze, si raccoglie la serie completa dei testi gnomici del monaco
pontico. Per buona parte si tratta di materialifinora inediti perché affi­
dati a tradizioni manoscritte per lo più sconosciute ai compilatori della
Patrologia graeca e ricostruite in tempi decisamente più recenti. La lo­
ro edizione, che qui si propone insieme ad un aggiornato studio critico,
viene a colmare un vuoto relativo alla conoscenza diretta dell’opera e
del pensiero ascetico di questo importante Padre del deserto. In queste
sentenze infatti è possibile ritrovare disseminati, in ragione della sua
predilezione per il frammento - ma proprio tramite questo resi più ef­
ficaci e incisivi -, molti temi della riflessione evagriana che a loro volta
riprendono le istanze spirituali e religiose del monacheSimo del deserto
egiziano, alla cui vita e al cui sviluppo Evagrio ha dato un impulso no­
tevole tanto che la critica recente ha potuto definirlo «il primo teorico
del monacheSimo» (Regnault, p. 92).
Lo storico Gennadio di Marsiglia, vissuto nel V secolo, elenca
tra le opere di Evagrio alcune collezioni di sentenze - un gruppo di
cento «per gli anacoreti», un gruppo di cinquanta «per gli eruditi e gli
studiosi», che lui stesso dichiara di aver tradotto - e ancora altre «sen­
tenze veramente oscure la cui comprensione... è possibile solo al cuo­
re dei monaci» (Edidit et paucas sententiolas valde obscuras... solis
cordibus monachorum cognoscibiles: Gennadio, De scriptoribus
ecclesiasticis, 11; PL 58, 1067). Egli raccoglie così il mito della oscu­
rità degli scritti e dello stile di Evagrio, assimilabile alla difficoltà di
un altro pensatore "oscuro” per definizione che è Eraclito (cf. Diogene
Laerzio, Vite dei filosofi, IX, 6, 16; Aristotele, Retorica, 3, 5, 1407b
11) e ci mette per altro verso in contatto con la tradizione classica
anche per il riferimento alla produzione di sentenze del monaco egi­
ziano. Il genere gnomico infatti appartiene in maniera precipua alla
storia della filosofia e della letteratura greca antica e sin dalle origini
si era consolidato attraverso le raccolte di detti di Esiodo, Solone e Te-
ognide fino a innervarsi nell’opera del citato Eraclito e negli Aforismi
di Ippocrate !. Lo stesso genere facilmente passa nella cultura cristia-

1È questa la tesi di Jaeger, che vede nei frammenti di Eraclito una raccol­
ta di sentenze affiancabili nella forma ai proverbi degli Erga di Esiodo, ai di-
Introduzione 7

na. «I nostri padri —scrive dom Wilmart - amavano l’insegnamento


dei proverbi, molto più di quello delle ammonizioni diffuse e delle
considerazioni prolisse. Piaceva senza dubbio di più al loro tipo di me­
moria e al loro senso della meditazione prolungata; aveva più affinità
con la rettitudine e il rigore della loro volontà» (Wilmart, p. 152).
In questo senso le sentenze di Evagrio si pongono all’interno di una
produzione sentenziosa e aforistica che trova un riscontro fin nei titoli
che nella tradizione manoscritta vengono attribuiti a queste collezioni
(Proverbia ad instructionem morum; Regula ad bene vivendum; cf.
Leclercq, pp. 196, 198) e che si inserisce in un genere già ben definito
e strutturato, comprendente il Discorso sull’ascesi di san Basilio (cf.
PG 31, 648-652) e l’antica traduzione latina di questo Discorso risa­
lente. al V-VI secolo, che si presenta con meno manipolazioni del testo
greco che ci è pervenuto2 - i Monita dell’abate Porcario1’ - e giunge
fino alla Regula Benedicti, il cui quarto capitolo contiene una serie
di brevi precetti - gli Instrumenta bonorum operum - che san Be­
nedetto riprende da una tradizione gnomologica già da lungo tempo
acquisita e consolidata (cf. Wilmart, p. 152).

1.1. Sentenze ai monaci - Sentenze a una vergine

1.1.1.1 testi

Un altro storico, Socrate, ci fa sapere che Evagrio è autore di


«due libri in forma metrica indirizzati il primo ai monaci che vivono
nei cenobi e il secondo a una vergine» (Socrate, Historia ecclesiastica
TV, 23; PG 67, 515). In questo passaggio, a fronte di una indicazione
piuttosto generica, si possono senza dubbio ravvisare le due raccol-

stici elegiaci di Teognide di Megara, agli aforismi ippocratici (cf. W. Jaeger, La


teologia dei prim i pensatori greci, L a Nuova Italia, Firenze 1982, pp. 175-177).
2Cf. A. Wilmart, L e discours de saint Basile sur l'ascése en latin , in «Re-
vue Bénédictine», 27 (1910), pp. 226-233.
3 Cf. A. Wilmart, Les Monita de l’abbé Porcaire, in «Revue Bénédictine»
26 (1909) pp. 475-480.
8 Introduzione

te di sentenze indirizzate rispettivamente ai monaci e a una vergine


(cf. Wilmart, p. 144: «E estremamente probabile che queste siano
le due collezioni di sentenze indicate più precisamente da Socrate e
Gennadio»), che vengono a costituire un primo gruppo di testi per la
formazione dell’opera gnomica del Pontico. Da una lettera di san Ge­
rolamo apprendiamo inoltre dell’esistenza di una traduzione in latino
di questi testi di Evagrio ad opera di Rufino: «I libri in greco di costui
sono assai letti in Oriente e, attraverso la traduzione che ne ha fatto
il discepolo Rufino anche molto in Occidente» (Gerolamo, Epistola
132, 3; PL 22, 1151). Ed è proprio questa traduzione, che si ritiene
tradizionalmente opera di Rufino, che viene inserita nelle due Patro­
logie del Migne (PG 40, 1277-1286 è uguale a PL 20, 1181-1188).
Dal punto di vista della storia editoriale tanto il testo delle Sentenze
ai monaci che quello delle Sentenze a una vergine risultano esse­
re una ristampa della traduzione presente nella Appendix al Codex
Regularum, pubblicato nel 1661 da Lucas Holstenius4 ed entrambi,
a loro volta, sono fondati sul codice Vaticanus Reginensis 140 (IX
secolo, ff. I14v-118v; cf. Wilmart, pp. 144-145 e Muyldermans 1, p.
206). Per quanto riguarda la versione latina delle Sentenze ai mona­
ci, J. Leclercq segnala una traduzione diversa da quella inserita nel
Migne ripresa daU’Holstenius. Lo studio dei codici nei quali questa
appare rivela che la traduzione latina riportata alla luce è più antica e
più vicina all’originale greco di quella inserita nelle due Patrologie,
che risulta essere «un rimaneggiamento più letterario ma meno preci­
so» (Leclercq, p. 199), tanto che questa in alcuni casi si offre per una
maggiore comprensione del testo o per un miglioramento dello stesso
(cf. Leclercq, p. 201 e relative note 43 e 44; è il caso per esempio
della sentenze nn. 55, 93 e 112 - vedi infraj. Inoltre delle Sentenze ai
monaci si segnala anche la.presenza di una traduzione siriaca (codice
Vaticanus syriacus 126, ff. 236v-238v), come pure per le Sentenze
alle vergini (cf. W. Frankenberg, Evagrius Ponticus, Abh. der klg.
Gesellsch, der Wissensch. zu Gòttingen, Phil.-hist. Klasse, N.F. 13,

4 Codicis Regularum Appendix in qua Sanctorum patrum exhortationes


ad monachos, et virgines de observantia vitae religiosae, collectae olim a s. Be­
nedicto Anianensi abbate, excudit Vitalis M ascardus, Romae 1661; Migne se­
gue la riedizione di Marian Brockie, Augsburg 1759.
Introduzione 9

2), «che essenzialmente non si differenzia dalla traduzioni latine»


(Muyldermans 1, p. 207; Muyldermans ricorda in questo luogo anche
una versione piuttosto frammentaria in armeno).
Per quanto riguarda la traduzione latina delle Sentenze a una
vergine, A. Wilmart ha trovato in un manoscritto di Silos (secc. X-
XI, conservato nella Biblioteca Nazionale di Parigi) una versione pa­
rallela a quella di Ps.ufi.no e indipendente da questo interprete, come
dimostrano le numerose varianti e la diversità di lessico usato (cf.
Wilmart, pp. 151-152), tanto che il monaco benedettino può defini­
re questa epistola Evacri ad virginem5 «un doppio autentico, una
seconda antica traduzione delle sentenze per le vergini, non meno
degna d’attenzione della forma già prodotta (Wilmart, p. 147). A suo
luogo (all’altezza della Sentenze a una vergine n. 54) sarà indicata
l’importante variante che manca al manoscritto greco, considerata
da Gressmann una interpolazione (cf. Gressmann, TU 39, p. 144)
e che invece Muyldermans ritiene autentica (cf. Muyldermans 1, p.
210). Benché dunque conosciuti fin dall’antichità e noti in tradu­
zione latina oppure siriaca e armena, il testo greco delle Sentenze
ai monaci e delle Sentenze a una vergine è stato pubblicato solo
agli inizi del secolo scorso da H. Gressmann con il titolo redazionale
di «Nonnenspiegel und Mònchsspiegel des Euagrios Pontikos» (TU
39, rispettivamente alle pp. 153-165 e 146-151). In questo lavoro
lo studioso tedesco collaziona un discreto numero di codici (cf. pp.
152-1.53 per le sentenze ai monaci e pp. 144-145 per quelle a una
vergine). Di recente R. Sinkewicz ha fornito una nuova recensione
dell’opuscolo indirizzato ai monaci prendendo in esame altri codici
dove questo testo risulta essere presente (mss. ACE, cf. Ascetic cor­
pus, pp. 299-300).

1.1.2.1 temi

G. Bunge ha osservato «la stretta parentela stilistica e tematica»


delle Sentenze ai monaci e delle Sentenze a una vergine (Bunge, p.

5 Così il titolo nel manoscritto citato, ff. 34r-38v.


10 Introduzione

36). Le due raccolte infatti corrono pressoché parallele per le istru­


zioni che vengono date riguardo al modo di riconoscere le passioni
principali di gola, lussuria, avarizia, tristezza, ira, accidia, vanagloria
e superbia e circa i rimedi per curarle. In tal senso la riparazione al
peccato di gola ha sempre una valenza spirituale; infatti più che una
privazione di cibi «fame e sete estinguono i desideri cattivi» (Vir. 40),
così come il digiuno « estingue le turpi immaginazioni» (Monac. 11).
Anche per la lussuria le virtù della continenza e della castità servono
a purificare l’anima (Monac. 7) e a vivere più pienamente l’unione
con Cristo (Vir. 52). 1!avarizia è curata dalla generosità (Vir. 36)
e dal desiderio di povertà (Monac. 17-18). Per il gruppo di peccati
che comprende tristezza, ira e accidia Evagrio indica il rimedio delle
lacrime del pentimento per l’eccessivo attaccamento alle cose di que­
sto mondo - la tristitia saeculi di cui scrive san Paolo (2 Cor 7, 10;
Vir. 39; Monac. 56) -, della virtù della mitezza (Vir. 19.45; Monac.
30.34) e dello spirito di preghiera (Vir. 39; Monac. 56). Infine sono
le virtù dell’umiltà e della carità a purificare l’anima dalla vanagloria
e dalla superbia (Vir. 18.29; Monac. 61-62).
Limitatamente alle Sentenze ai monaci lo sviluppo successivo di
quest’opera, ben più estesa delle Sentenze a una vergine, affronta al­
tri temi centrali nella riflessione evagriana. J. Leclercq distingue degli
«insiemi abbastanza omogenei: per esempio, lo sviluppo della dottri­
na, e ancora la serie successiva di sentenze dove è marcata la progres­
sione degli stati d’animo che si generano gli uni dagli altri, secondo
questo ordine: fides Christi, timor Domini, prudentia, impassibilitas,
dilectio, scientia, sapientia (67-69; cf. 94, 99, 105. Altra gradazione
in 118-120)» (Leclercq, p. 202 e nota 62). A sua volta J. Driscoll ne
approfondisce maggiormente la struttura, individuando in esso due
partizioni maggiori relative alla vita pratica e alla vita conoscitiva,
i principali segmenti in cui si articola l’itinerario spirituale tracciato
dal monaco egiziano. Quindi, all’interno di questa suddivisione, isola
diverse sequenze di sentenze relative ai diversi momenti della pratica
e della conoscenza (cf. Driscoll, pp. 361-392). Al di là tuttavia degli
schematismi e delle strutture formali che si possono cogliere in tra­
sparenza, è evidente che Evagrio disegna attraverso queste sentenze
un percorso spirituale che, attraverso il citato esame delle passioni,
Introduzione 11

tocca la definizione dei “pensieri”, che rappresentano gli strumenti


attraverso i quali i demoni esercitano la loro azione sull’uomo (nn.
58-60), e viene stabilito il riferimento all’impassibilità intesa come
capacità del monaco di confrontarsi con le passioni per distaccarsene e
separarsene (nn. 66-68). Un ruolo decisivo in questo percorso di for­
mazione è quello svolto dal padre spirituale - alla cuifigura è dedicato
un discreto numero di sentenze (nn. 73, 88-92) -, il quale favorendo il
discernimento e facilitando la confessione dei pensieri porta a compi­
mento quella che Evagrio definisce la vita pratica. La parte conclusiva
di questo scritto riguarda la vita conoscitiva che pone l’uomo difronte
alla scienza di Dio e segna lo stato finale di un processo di elevazione
dell’anima che, resa libera dal giogo delle passioni, giunge fino alla
contemplazione di Dio e alla conoscenza della Trinità (nn. 132-136).

1.2. Esortazione ai monaci - Sentenze parenetiche - Sentenze spiritua­


li - Altre sentenze

1.2.1.1 testi

L'Esortazione ai monaci (Paraenesis ad monachos, CPG 2454),


le Sentenze parenetiche (Capita paraenetica, CPG 2443), le Sen­
tenze spirituali (Spiritales sententiae per alphabeticum dispositae,
CPG 2444) e le Altre sentenze (Aliae sententiae, CPG 2445) forma­
no un gruppo di quattro collezioni che vengono tradotte e raccolte per
la prima volta in volume. Con riferimento alla Esortazione ai monaci
la tradizione manoscritta evidenzia una linea di continuità con le pre­
cedenti sentenze indirizzate ai monaci e alle vergini. Infatti per rimar­
care questa affinità, che riflette a sua volta anche l’unitarietà dei temi
e dei contenuti, nel codice Barberinianus graecus 515 Esortazione
ai monaci (Paraenesis ad monachos,^! 61r-65v) è inserita tra le Sen­
tenze ai monaci (Sententiae ad monachos, ff. 50v-57r) e le Sentenze
a una vergine (Paraenesis ad virgininem, ff. 65v-68t) 6. Inoltre alla
fine ^//'Esortazione ai monaci nel manoscritto citato si può leggere

6 Per una descrizione del codice cf. Muyldermans 1, pp. 192-196.


12 Introduzione

questo breve colophon; «Ricordatevi di colui che vi ha dato nel Si­


gnore questi chiari proverbi e non dimenticate la mia umile anima
nel tempo della preghiera», che corrisponde alfinale delle Sentenze ai
monaci (cf. Muyldermans 1, pp. 194-195). L'Esortazione è stata pub­
blicata per la prima volta nell’edizione delle opere di Evagrio edita da
J.M. Suarès (Tractatus seu Opuscula, Romae 1673)1. Tuttavia è lo
stesso editore ad accorgersi che si tratta di un testo lacunoso, in quan­
to all’altezza della sentenza n. 8 annota: «Qui mancano numerosi ca­
pitoli dello stesso Evagrio che si trovano in un altro codice BB. BB. (=
Barberinanus graecus 515, f. 61) sotto il nome di Evagrio»9·. Inoltre
è presumibile che la fonte di Suarès non sia /'Ottobonanus graecus
25 (che rappresenta il testimone base per l’edizione del bibliotecario
della Vaticana) 9, poiché il codice non riporta questa collezione di sen­
tenze, ma un altro manoscritto che l’editore non indica e che in base
ad alcuni riscontri risulta essere il Vaticanus graecus 653 (f. 188) 10.
Le lacune nel testo evidenziate dal Suarès sono state colmate da J.
Muyldermans, che ha pubblicato le parti mancanti della collezione
sulla base dello studio del codice Barberinianus graecus 515 (= b ; cf.
Muyldermans 1, pp. 200-203). Di recente R. Sinkewicz ha esaminato
un altro codice contenente /'Esortazione ai monaci (Athos, Lavra Γ
93 - E), del quale fornisce l’apparato delle varianti rispetto a b e Pg
(Ascetic corpus, pp. 305-306).
Le Sentenze parenetiche (Capita paraenetica, CPG 2443) fu­
rono pubblicate per la prima volta da Fronton du Due, nella Biblio­
theca veterum Patrum, t. II, p. 1168, Paris 1624. J.M. Suarès nella
sua edizione dei Tractatus seu Opuscula non ha voluto riprodurre
questa collezione che sapeva essere già presente nel testo a stampa
frontoniano e che sarebbe poi confluita in PG 79, 1249-1252; così
infatti egli ha modo di scrivere nella Dissertatio de operibus che fa
precedere al suo lavoro: «Ho omesso le sentenze che cominciano con
Principio di sapienza... e terminano con Grande il pericolo delle

7Corrispondente alle pp. 553-557 di questa edizione (cf. P G 79, 1235-


1240).
8Cf. Gribomont , p. 191.
9Cf. Gribomont, p. 202.
10 Cf. Gribomont , p. 200.
Introduzione 13

orecchie e della lingua, perché sono pubblicate in greco e latino nella


Bibliotheca Graeco-Latina sanctorum Patrum» n. Invece a Suarès,
sempre nella citata edizione romana del 1673, si deve la pubblica­
zione per la prima volta di un altro gruppo di sentenze. Infatti oltre
alla citata Esortazione ai monaci egli edita le Sentenze spirituali
("Spiritales sententiae per alphabeticum dispositae, CPG 2444)12
e le Altre sentenze (Aliae sententiae, CPG 2445), che sono fondate
sul manoscritto Ottobonianus graecus 2 5 13.
In seguito Antonio Elter ha fornito una nuova edizione più
critica delle Sentenze parenetiche, delle Sentenze spirituali e delle
Altre sentenze, prendendo in esame altri codici e attribuendole de­
finitivamente ad Evagrio (cf. Elter, pp. LII-LIV). Tuttavia ad Elter
manca il riscontro del Vaticanus graecus 515: «Sono rammaricato
- scrive - di avere omesso il codex Barberinum»14. A completare la
conoscenza di questi testi gnomici si deve perciò aggiungere la rico­
gnizione, ad opera di Muyldermans, del manoscritto Barberinianus
graecus 515 che contiene queste collezioni con importanti varianti
(cf. Muyldermans 1, pp. 217-221) e il recente studio di R. Sinkewicz
che collaziona altri codia e in particolare quello athonita Lavra Γ 93
(—E; cf. Ascetic corpus, pp. 307-309). Tutti documenti questi di cui
si avvale la presente edizione e di cui si riportano in nota i riferimen­
ti alle varianti più significative.

1.2.2.1 temi

Come già osservato a proposito delle sentenze ai monaci e alle


vergini anche in questi detti è possibile ritrovare, disseminata nelle
differenti raccolte, una rassegna e un approfondimento dei diversi
vizi capitali e delle virtù che si contrappongono ad essi. Si va perciò
dalla gola (cito in base all’ordine con cui le passioni vengono presen-

n P G 79,1351.
12 Corrispondenti alle pp. 548-552 dei Tractatus seu Opuscula (P G 40,
1268-1269).
13 Corrispondenti alle pp. 552-553 dei Tractatus seu Opuscula (PG 40,
1269).
14 Elter , p. LI.
14 Introduzione

tate in questo gruppo di testi), contro la quale il monaco consiglia il


digiuno (Ex. 1), invitando a scegliere tra cibi buoni e cibi che fanno
bene (Par. 18), alla lussuria (a cui bisogna opporre la continenza, Ex.
1) e alla avarizia, contro la quale si consiglia insieme all’elemosina
(Ex. 2) il disprezzo delle cose del mondo (Ex. 5). Lacciàia viene
riguardata sotto il profilo della pigrizia e della sonnolenza (Ex. 8; Al.
23), ma anche attraverso le sue forme meno evidenti della loquacità
(Ex. 8) e dello svago (Ex. 11); contro di essa i rimedi proposti sono
l’operosità (Par. 21), la pazienza (Ex. 5) e anche la lettura (Ex. 3).
Dell’ira oltre alla forma parossistica del classico attacco d’ira, Evagrio
segnala le varianti più subdole del rancore (Ex. 20), della mormora­
zione (Ex. 11); il farmaco in ogni caso è la generosità, la makrothy-
mia, cioè, in base all’etimo, la grandezza d’animo capace di andare
oltre le asperità della meschinità. La trattazione, come dicevo, non è
sistematica eppure non manca uno sguardo all’invidioso che finisce
sempre per recare «danno a se stesso» (Par. 15), oppure al superbo,
anche in questo caso ritratto tanto nel suo abito tradizionale, di colui
che alimenta uno smisurato concetto di sé (Ex. 6; Al. 12), quanto
nel tratto più sfumato dell’orgoglioso (Al. 3) e del vanesio (Al. 11).
Molto bello è anche il passaggio sul monaco presuntuoso, al quale
Evagrio ricorda che se anche dovesse trascorrere tutta la vita tra le
mura di un monastero non si dovrà «aspettare di ricevere in eredità
il regno dei cieli» (Ex. 13).
I vizi capitali rappresentano in Evagrio solo un capitolo della
più ampia lotta contro il peccato che continuamente deve tener desta
l’attenzione del solitario: « Come un torrente finisce in una forra e si
crea un varco così anche un peccato accolto genera la rovina di colui
che ce l’ha in sé», avverte in un suo detto (Ex. 41). Dietro di essi
infatti il monaco egiziano invita costantemente a riconoscere ciò che
ne costituisce la ragione e l’origine. Nella sua indagine, come già è
stato notato in precedenza, quello che anima questo mondo sordo
alla legge di Dio e ai suoi precetti (cf. Ex. 54; 55; 57; 58) sono i pen­
sieri (loghismóij. Essi sono la causa della contravvenzione e della
caduta: «E impossibile che un monaco che abbia accolto un pensiero
cattivo non ne sia rovinato» (Ex. 44). In base alla dottrina ascetica
di Evagrio i pensieri sono il modo con cui i demoni esercitano la
Introduzione 15

loro azione sull’uomo spingendolo «a un modo di vita irragionevo­


le» (Spir. 6). Tutto lo sforzo di un monaco deve allora essere teso a
riconoscere e a smascherare la loro subdola attività tesa alla falsifica­
zione e all’inganno e ad alimentare attraverso la tentazione il falso
sé dell’individuo.
E proprio su questo terreno che si combatte la battaglia più du­
ra e anche più importante per l’asceta. Evagrio dedica molte massi­
me al tema del combattimento spirituale, alla necessità cioè di non
nascondersi queste dinamiche psicologiche, dedicandosi ad esse con
un’attenzione tale da rivelarcelo e mostrarcelo come un fine inter­
prete dell’animo umano. Egli infatti sottolinea l’urgenza di entrare
in contatto con i pensieri (loghismói), analizzando le passioni e le
affezioni che sono loro sottesi (cf. Ex. 20; 42 e Al. 6) e che veicola­
no, riconoscendoli e confessandoli (Texegorfa dei pensieri in questo
contesto assume un ruolo importantissimo, cf. a questo riguardo tutto
il trattato A Eulogio,) per inattivare la carica negativa che essi produ­
cono nell’anima. E proprio questa dinamica spirituale che esprime e
riassume la praktiké. evagriana. Molte di queste sentenze la descrivo­
no perfettamente: «Come non è possibile costruire una torre senza
un muratore, così non è possibile acquistare la sapienza di Dio senza
il combattimento» (Ex. 21); «Chi fugge la prova utile, fugge la vita
eterna» (Ex. 24); «Come non è possibile che un lottatore riceva il
premio senza aver combattuto, così non è possibile diventare un cri­
stiano senza lottare» (Ex. 32). Solo dopo questi sforzi e dopo queste
fatiche (il sostantivo per indicare questo impegno è pónos, cf. Spir. 1,
che compendia nel vocabolario monastico la vita stessa del monaco) si
può maturare la vera conoscenza spirituale. Luomo che si è purificato
dalle passioni è iniziato ai misteri della scienza, la gnosis del lessico
evagriano (cf. Al. 12). E questa la parte alta della riflessione del Padre
del deserto, che si è già incontrata e descritta a proposito delle Sen­
tenze ai monaci, quella che tocca la sfera superiore dell’anima umana
e conduce il solitario fino alla contemplazione di Dio (cf. Spir. 20).
Attraverso questi brevi cenni si può così ricostruire, anche me­
diante il percorso necessariamente frammentario e discontinuo di un
repertorio di sentenze, la traccia dell’itinerario ascetico di Evagrio
che vede il monaco impegnato in un processo di elevazione dalla co­
16 Introduzione

noscenza sensibile a quella spirituale, che deve considerarsi la ve­


ra aspirazione di chi sceglie la via del deserto e il vero compimento
della vita di ogni monaco. Tuttavia all’interno di questo disegno è
possibile rinvenire molti altri spunti di vita spirituale. Per esempio
quello delle lacrime (Ex. 14; Al. 14), che rappresentano la prova più
evidente del pentimento per il proprio peccato. Esse sintetizzano il
tema del pénthos, del lutto buono che si accompagna a un cammino
di conversione e che richiama il significato della «tristezza secondo
Dio» di san Paolo (2 Cor 7, 10). Molto presente è anche la riflessione
sulla preghiera intesa come capacità di adesione a Dio: «Come non è
possibile apprendere Un’arte, senza che si sia dedicata ad essa tempo
ed attenzione, così non è possibile pregare a colui che non aderisce a
Dio con rettitudine di cuore» (Ex. 34; cf. anche Ex. 35). Contigua al­
la preghiera è /'esichia, un concetto fondamentale del monacheSimo
del deserto, che in linea generale si riferisce a uno stato silenzioso di
contemplazione e di raccoglimento, alimentato da una ininterrotta
orazione e che, come dimostra l’itinerario evagriano, non è sinonimo
di quiete, di passività oppure di immobilità, ma continuo confron­
to, riconoscimento del proprio mondo interiore, presa di coscienza,
dinamismo spirituale che fa dell’e.sichia uno stato positivamente in
tensione verso l’autenticazione di sé e dell’esicasta una persona co­
stantemente impegnata nelle questioni dell’anima, che si mette in di­
scussione e si riconosce sempre bisognoso di conversione e di verità.
Un’altra cosa che vorrei notare nell’analisi di questo gruppo di
sentenze è l’interscainbiabilità dell’interlocutore. Questi detti infatti
si adattano bene non solo all’asceta ma a chiunque è impegnato in
una personale ricerca spirituale. Evagrio ha sempre pensato che la
singolarità del monaco, come risulta evidente anche dalla etimologia
della parola (mónos), non è chiusura o diversità ma universalità. In
un altro suo celebre apoftegma egli infatti afferma che «il monaco
è uno che, separato da tutti, è unito a tutti» (De or. 124), quasi
per sottolineare e rimarcare il carattere generale di questa esperienza
che, proprio per l’affinità tra il solitario e il mondo, non può pensar­
si solo nel chiuso di un monastero ma deve arrivare anche “fuori”,
all’esterno. Ed è appunto in questa comunicazione e condivisione di
esperienze spirituali tra chi ha scelto la vita del chiostro oppure le vie
Introduzione 17

del mondo che si può rinvenire l’utilità di queste Sentenze. Esse rive­
lano che l’uomo e il monaco si trovano a condividere una condizione
molto simile su questa terra. Entrambi infatti, il monaco e l’uomo
comune, debbono lottare con le passioni, entrambi debbono mettersi
in ascolto di Dio e della verità, entrambi pregano. Per entrambi vale
quell’altissimo ideale religioso, espresso da un altro solitario del de­
serto egiziano, che consiste nel vivere come se non ci fossero che due
esseri al mondo: «Io solo e Dio» (A, Aionio 1, 78). Attraverso queste
massime Evagrio ci insegna che un monaco non è più santo perché si
è chiuso tra quattro mura ma perché ha riconosciuto le sue passioni,
i suoi limiti, il suo peccato, ha ammesso dentro di sé questo bisogno
primario di verità e di conversione. Diceva Dostoevskij che proprio
questa consapevolezza è il coronamento non solo della vita di un mo­
naco ma di ogni uomo: «Poiché —conclude, lasciando parlare lo sta-
rez Zosima ne I fratelli Karamazov - 1 monaci non sono diversi dagli
altri, ma sono soltanto come dovrebbero essere tutti sulla terra».

2. Il t r a t t a t o G li. o t t o s p i r i t i d e l l a m a l v a g i t à

La seconda parte di questo lavoro è riservata a un’opera molto


nota di Evagrio Pontico: Gli otto spiriti della malvagità. La partico­
larità in tal caso, che ha reso necessaria una nuova edizione del testo
evagriano, consiste nel fatto che viene tradotta per la prima volta
la recensio longior del trattato, che presenta rispetto al testo finora
conosciuto attraverso la Patrologia graeca delle importanti aggiunte
testuali. Nel paragrafo che segue ho cercato di ricostruire la storia
che ha portato alla scoperta di questi nuovi materiali e che oggi ci
permette di leggere Gli otto spiriti della malvagità in una forma non
solo più lunga ma anche più completa e corretta.

2.1 .11 testo

Pietro Francesco Zino, canonico veronese, pubblicò per la prima


volta a Venezia, nel 1557, in traduzione latina, il trattato De octo
18 Introduzione

spiritibus malitiae insieme ad altri testi di sant’Efrem, Marco l’Ere­


mita e Isaia diScete (Praeclara ac divina quaedam... opera, a Petro
Fr. Zino, Venetiis, apud Bologninum Zalterium, 1557). Successiva­
mente e pressoché contemporaneamente escono l’edizione (1672)
del padre domenicano Franqois Combéfis (Bibliothecae graecorum
Patrum auctarium novissimum, Prima pars, Paris 1672, il testo è
alle pp. 303-313) e l’edizione di Joseph Maria Suarès (S. P. N. Nili
Abbatis Tractatus seu Opuscula, Romae 1673) dove il trattato è
riportato alle pp. 456-475.
Il lavoro di quest’ultimo sarà pressoché integralmente riprodot­
to da Migne nel voi. 79 della Patrologia graeca, nel quale sotto il no­
me di Nilo si raccolgono opere di Evagrio o a lui attribuite (il trattato
è inserito con il titolo Περί των όκτώ πνευμάτων τής πονηριάς,
coll. 1145-1164). Bisogna notare che traduzioni anche recenti del
De octo spiritibus malitiae si fondano su questo testo, che tuttavia
si rivela un testimone solo parziale della tradizione manoscritta del
trattato.
E lo stesso Suarès a specificare a più riprese di aver seguito per
il suo lavoro un codice che egli chiama Barberinus e che, coliazio­
nato con altri manoscritti, costituisce la base per la sua recensione
dei Tractatus seu Opuscula15. Tuttavia nessuna ricerca sistematica
nel fondo Barberini permetteva di risalire ad un codice che potesse
costituire il modello principale di Suarès16. Successivamente gli studi
di Gribomont hanno mostrato che questa edizione si fonda su un
manoscritto di provenienza cipriota datato 1564 e realizzato, come
si può leggere nel colophon (f. 297v), dalle mani dell’igumeno della
Theotokos di Hierax per l’allora vescovo latino di Nicosia, Filippo
Mocenigo che aveva l’intenzione di pubblicarlo, sulla scia dell’edizio­
ne di qualche anno precedente di Pietro Francesco Zino 17. La caduta
di Nicosia in mano turca (1570) e la perdita di Cipro da parte dei
veneziani impedirono la realizzazione del progetto editoriale. Filippo
Mocenigo terminò i suoi giorni a Roma, mentre il codice entrò a far

15Cf. Gribomont, p. 189.


16Cf. Gribomont , p. 189.
17 Cf. Gribomont, p. 202.
Introduzione 19

parte della biblioteca del duca d’Altemps e quindi dell’Ottobonia-


na, classificato come Ottobonianus graecus 25. Da questo codice ff.
186ν-195ΐ dipende il testo riprodotto in P G 18.
E stato J. Muyldermans a fornire una nuova recensione del De
octo spiritibus malitiae condotta a partire da un altro gruppo di
manoscritti, che contengono degli elementi nuovi rispetto a come il
trattato tradizionalmente veniva presentato. I principali elementi di
novità sono da individuare nel titolo che gli viene attribuito, Gli otto
pensieri (Περί των οκτώ λογισμών)19 in un certo numero di va­
rianti che differenziano iprimi sei capitoli (la divisione in diciannove
capitoli, come risulta in PG, è di Suarès e non corrisponde a quella
originale dell’Ottobonianus graecus 25, che riporta a sua volta il
trattato diviso in otto capitoli in base alla distinzione degli otto vizi,
cf. Gribomont, p. 198; nella presente versione si è mantenuta l’origi­
nale suddivisione ottonaria) e soprattutto nell’aggiunta negli ultimi
due capitoli, il settimo e l’ottavo, che trattano rispettivamente della
vanagloria e della superbia, di alcuni importanti inserimenti che non
figurano della Patrologia graeca.
La tradizione manoscritta del trattato sugli Otto spiriti della
malvagità presenta dunque un percorso alquanto articolato e com­
plesso. Accanto a un primo gruppo di manoscritti, a cui appartiene
/Ottobonianus graecus 25, preso come modello di riferimento per
l’edizione Suarès, che propone una forma più breve del trattato, esi­
ste un secondo gruppo di codici che, oltre alle citate differenze di ca­
rattere estrinseco (titolo e suddivisione in capitoli), presenta diverse
varianti (circa una ottantina) e una forma più lunga. La recensio
brevior è quella che viene sostanzialmente riprodotta nelMigne (PG
79, 1145-1164), che a sua volta riprende, come è stato detto, l’edizio­
ne dei trattati e degli opuscoli di Suarès. Su questo testo sono state
svolte le versioni correnti del trattato. La recensio longior è invece
quella riconducibile al secondo gruppo di codici, individuati per la
prima volta da Muyldermans. Una nuova recensione della forma più

18Per una descrizione completa del manoscritto cf. Gribomont, pp. 193-
202.
19Per il dettaglio nei differenti codici cf. Muyldermans 2, p. 247.
20 Introduzione

lunga del De octo spiritibus malitiae è stata recentemente appron­


tata da R. Sinkewicz20· Lo studioso canadese prende in esame altri
manoscritti rispetto a quelli studiati da Muyldermans e su tale lavoro
si fonda la presente nuova traduzione in lingua italiana del trattato
evagriano. In nota mi sono limitato a riportare le varianti più signi­
ficative dei diversi codici coliazionati nel suo studio.

2.2. La deduzione degli otto vizi in Evagrio

Già in precedenza, a proposito dei contenuti delle Sentenze, si


è avuta più volte l’occasione di tornare sul discorso dei vizi e delle
passioni, situandole all’interno di un percorso di affrancamento da
queste che rappresenta il contenuto stesso della vita pratica (prakti-
ké) del monaco e al contempo costituisce il necessario passaggio per
accedere alla vita conoscitiva. Perciò in questo paragrafo vorrei sof­
fermarmi sul modo con cui Evagrio arrivi alla definizione degli «otto
spiriti della malvagità» e attraverso quale percorso giunga a proporre
questa classificazione, che è poi risultata canonica ed è stata adottata
dalla teologia morale cristiana.
La psicologia evagriana riprende l’impianto classico di deriva­
zione platonica (cf. Repubblica, IX, 580e) della composizione dell’ani­
ma in tre parti: quella razionale, quella concupiscibile e quella irascibi­
le (cf. Practic. 89; SC 171, 681-683). Ad esse corrisponde un’attività
naturale, quando la loro azione è orientata al progresso spirituale e
alla virtù (cf. Practic. 86; SC 171, 676). Nel Trattato pratico egli
analizza le caratteristiche spirituali generate da un uso corretto di que­
ste tre funzioni. Le qualità corrispondenti sono la prudenza, l’intelli­
genza e la sapienza per la facoltà razionale; la continenza, la carità e
l’astinenza per la parte concupiscibile, il coraggio e la pazienza per la
parte irascibile (cf. Practic. 89; SC 171, 680-689). Quello che manca
è lo studio relativo ai vizi che derivano da un uso distorto, disordinato
o «contro natura» di queste tre funzioni a cui Evagrio si limita sol­
tanto a fare un cenno (cf. Practic. 24; SC 171, 556-557). Nel ms. Vat.

20Ascetic corpus, Appendix I, Variant Readings, 294-298.


Introduzione 21

gr. 1088, f. 208v-209 è contenuto, sotto il nome di Evagrio, un testo


che sviluppa, a partire dalla nota tripartizione, la parte relativa ai vi­
zi: «Lanima è divisa in tre parti, quella razionale, quella irascibile e
quella concupiscibile. Ipeccati della parte razionale sono la mancanza
di fede, l’eresia e la follia... Loro cura e terapia...» (Muyldermans 3,
p. 11). La distinzione sembra ricalcare il testo di Practic. 89. Solo che
nel primo caso Evagrio considera l’azione della virtù in ciascuna delle
tre sfere dell’anima razionale. In questo frammento invece viene dato
risalto alle affezioni che colpiscono ciascuna sfera. Egli guarda cioè il
lato malato per il quale è necessaria «una cura e una terapia». Pur­
troppo il testo evagriano nel manoscritto risulta mutilo, quindi non
ci è dato di sapere quali sono gli altri mali che affliggono l’anima per
ciò che concerne l’irascibile e il concupiscibile. Per questa evenienza
ci viene in aiuto un altro testo, attribuito a Giovanni Damasceno e
intitolato De virtute et vitio, nel quale l’autore analizza distintamen­
te le affezioni delle tre parti dell’anima. L’elenco è molto dettagliato.
Accanto alle citate passioni del loghistikón egli ne aggiunge altre,
quindi passa a considerare quelle del thymikón e infine analizza quel­
le J<?//'epithymetikón. I vizi che se ne deducono in questa redazio­
ne sono una ventina, corrispondenti alle tre distinte aree dell’anima
razionale con l’intento di abbracciare tutto lo spettro delle passioni
umane generate da un uso innaturale delle sue facoltà. Allora è pos­
sibile vedere che le “malattie” del razionale sono - oltre alle già citate
mancanza di fede, eresia e follia - la bestemmia e l’ingratitudine; del
concupiscibile la gola, l’ingordigia, l’ebbrezza, la lussuria, l’adulterio,
l’immoralità, l’incontinenza, l’avarizia, la vanagloria, la ricerca dei
piaceri; dell’irascibile: la crudeltà, l’odio, la mancanza di misericordia,
il risentimento, l’invidia e il continuo rimuginare (cf. pseudo-Giovan-
ni Damasceno, De virtute et vitio, PG 95, 92). Lo studio si conclude
con una elencazione degli otto vizi capitali, che coincide con l’elenco
canonico che fornisce Evagrio in diversi suoi scritti21. Si tratta di un

21 Cf. la sequenza in A nt ., Vit. e Practic. 6; per questi testi bisogna notare


la variante secondo cui la tristezza risulta in quarta posizione e viene prima
dell’ira che è inserita in quinta posizione. L’ordine dei vizi risulta pertanto il
seguente: gola, lussuria, avarizia, tristezza, ira, accidia, vanagloria e superbia.
La ragione morale di tale differenza è da ricercare nel fatto che in questo
22 Introduzione

piccolo sommario in cui vengono ricapitolate le principali affezioni


delle tre parti dell’anima razionale, che vanno così a comporre l’elen­
co degli otto spiriti della malvagità. L’elenco è il seguente: gola, lus­
suria, avarizia, ira, tristezza, accidia, vanagloria e superbia, e risulta
essere perfettamente coincidente con la serie che viene presa in esame
ed analizzata nel trattato da Evagrio.
Alla luce di queste considerazioni è interessante notare come la
deduzione degli otto vizi sia inserita in uno schematismo più ampio
corrispondente all’articolazione dell’anima razionale stessa. Non si
tratta quindi di una estrazione casuale oppure di un processo sempli­
cemente induttivo, per cui attraverso l’esperienza si può ricavare una
serie di passioni. In base a queste considerazioni risulta evidente una
certa concatenazione dei vizi e una certa loro progressione in base
al loro generarsi all’interno dell’anima tripartita. Avremo così i vizi
del concupiscibile, più legati alla sfera sensibile: la gola, la lussuria e
l’avarizia; quelli dell’irascibile, più legati all’interiorità: la tristezza,
l’ira e l’accidia; e infine i vizi della parte razionale, la vanagloria e
la superbia, secondo una direzione ascendente che orienta dal basso
verso l’alto i gruppi di vizi. Nella parte inferiore quelli della sfera del
concupiscibile, quindi quelli della sfera dell’irascibile e infine quelli
della sfera logica e razionale, dove si arriva alla negazione di Dio, alla
incredulità e alla blasfemia, come rivelano i due peccati più gravi,
quelli della vanagloria e della superbia. Sono questi infatti, al di là
del loro significato estrinseco di un certo autocompiacimento e di una
grande sopravvalutazione di sé, i vizi intellettuali per eccellenza che
esaltano la centralità dell’uomo e gli fanno dimenticare la sua dipen­
denza da Dio e dalla sua grazia, il suo essere in relazione necessaria
con Lui per ogni cosa («Senza di me non potete far nulla», Gv 15, 5)
e introducono l’individuo in un ordine di peccati molto vicino a quel-

caso si accentua il sentimento di privatio boni che si accompagna alla tristez­


za. N ell’elenco degli Otto spiriti invece la tristezza ha una connotazione più
spirituale. Essa non è collegata direttamente alla «privazione di un piacere»
come la definisce lo stesso Evagrio in Practic. 19 (SC 171, 546), ma piuttosto
esprime una condizione più immateriale di frustrazione e distanza dalla con­
dizione della beatitudine e della gioia.
Introduzione 23

lo della nostra modernità dove l’uomo, che ha reciso ogni legame con
la Trascendenza, esprime la condizione di un essere drammaticamen­
te solo, bruciato dall’orgoglio di considerarsi misura di tutte le cose
e prigioniero di uno spazio troppo angusto, perché volontariamente
dimentico del suo legame con l’Infinito.

Lucio C oco
NOTA BIBLIOGRAFICA

A v vertenze - A b b r e v ia z io n i / B ib l io g r a f ia - S ig l e

Il testo della Bibbia a cui Evagrio fa riferimento, adottato nella


presente traduzione, anche per la numerazione dei Salmi, è quello
della versione greca dei Settanta (= LXX). In alcuni casi, per illu­
strare meglio il senso di alcuni passaggi si è fatto ricorso anche al
testo della Bibbia della CEI-UELCI (= BCU) e alla Vulgata di san
Girolamo (= Volg.).
Se non diversamente indicato la traduzione delle citazioni è
mia, fatta eccezione per il Trattato pratico di cui si è adottata la
traduzione di L. Dattrino in TP 100.
I Detti dei padri del deserto della serie alfabetica sono citati
con la lettera maiuscola della collezione (A), seguiti dal nome del
padre col relativo numero dell’apoftegma e dal numero di colonna
dell’edizione Migne (PG 65, 71-440).
Per i testi di cui non si fa esplicita menzione in questa biblio­
grafia si rinvia al riferimento contenuto nelle note ad essi inerenti.
I titoli delle opere patristiche sono indicati in latino così come
sono registrate in CPG e in CPL.

1. Opere di Evagrio

Al. Aliae sententiae (CPG 2445); PG 40,1269; ed. gr. Elter, I,


pp. LIII-LIV; Muyldermans 1, pp. 220-221.
Ani. Antirrheticus (CPG 2434); versione siriaca ed. W. Frank-
enberg, Evagrius Ponticus, Berlin 1912, pp. 472-545; ed. it.
Evagrio Pontico, Contro ipensieri malvagi. Antirrhetikos, a
cura di V. Lazzeri, Qiqajon, Comunità di Bose 2005.
Nota bibliografica 25

Basi Rerum monachalium rationes (CPG 2441) (= Basi della


vita monastica); PG 40, 1252-1264; ed. it. [con il titolo
Ragioni delle osservanze monastiche] in Evagrio Pontico,
Per conoscere lui, a cura di P. Bettiolo, Qiqajon, Comuni­
tà di Bose 1996, pp. 166-175.
De or. De oratione tractatus in centum quinquaginta tria capitu­
la distinctus (CPG 2452); PG 79, 1165-1200; ed. it. La
preghiera, a cura di V. Messana, TP 117, 1994.
Eul. Tractatus ad Eulogium monachum (CPG 2447); recensio
brevior in PG 79, 1093-1140; recensio longior in Ascetic
corpus, pp. 12-59; ed. it. della recensio longior con testo
greco a fronte in Evagrio Pontico, A Eulogio. Sulla con­
fessione dei pensieri e consigli di vita, a cura di L. Coco,
Edizioni San Paolo, Milano 2006.
Ex. Paraenesis ad monachos (CPG 2454); PG 79, 1236-
1240; J. Muyldermans, Evagriana. Le Vat. Barb. Graec.
515, in «Le Muséon» 51 (1938), pp. 198-204.
Lettere Lettere dal deserto, a cura di G. Bunge con traduzione
di S. Di Meglio e G. Bunge, Qiqajon, Comunità di Bose
1995.
Monac. Sententiae ad monachos (CPG 2435); ed. H. Gres­
smann, Nonnenspiegel und Mònchsspiegel des Euagrios
Pontikos, TU 39 (1913), pp. 153-165; tr. it. in Evagrio
Pontico, Per conoscere lui, a cura di P. Bettiolo, Qiqajon,
Comunità di Bose 1996, pp. 145-163.
Oct. spir. De octo spiritibus malitiae (CPG 2451); PG 79, 1145-
1164 (= recensio brevior); tr. it. di F. Moscatelli, Gli otto
spiriti della malvagità, Edizioni San Paolo, Milano 2006,
pp. 35-70; tr. ingl. recensio longior in Ascetic corpus, pp.
66-89.
Par. Capita paraenetica (CPG 2443); PG 79, 1249-1252; ed.
gr. Elter, p. LII; Muyldermans 1, pp. 219-220.
Practic. Practicus (CPG 2430); PG 40, 1220-1236.1244-
1252.1272-1276. Testo critico: A. e C. Guillaumont (edd.),
26 Nota bibliografica

Évagre le Pontique, «Traitépratique» ou «Le moine», SC


170-171 (con testo greco a fronte), Paris 1971; ed. it. Trat­
tato pratico sulla vita monastica, a cura di L. Dattrino, TP
100, 1992.
Spir. Spiritales sententiae per alphabeticum dispositae (CPG
2444); PG 40, 1268-1269; ed. gr. Elter, p. LUI; Muylder­
mans 1, pp. 220-221.
Vir. Ad virginem (= CPG 2436); H. Gressmann, Nonnens-
piegel und Mónch sspiegel des Euagrios Pontikos, TU 39
(1913), pp. 146-151; tr. it. in Evagrio Pontico, Per co­
noscere lui, a cura di P. Bettiolo, Qiqajon, Comunità di
Bose 1996, pp. 131-143.
Vit. De vitiis quae sunt opposita virtutibus (CPG 2448); re­
censio brevior in PG 79, 1140-1144; recensio longior in
Ascetic corpus, pp. 60-64; ed. it. della recensio longior
con testo greco a fronte in Evagrio Pontico, I vizi op­
posti alle virtù [fa parte di A Eulogio ...], a cura di L.
Coco, Edizioni San Paolo, Milano 2006.

2. Altre fonti, traduzioni, articoli

Apophtegmata patrum
A: (collezione alfabetica greca) PG 65,71-440. Tra le tante edizioni
italiane: Detti dei padri del deserto, a cura di L. Coco, Piemme,
Casale Monferrato 1997.
S: (collezione sistematica) J.C1. Guy, Les apopbtegmes des pères.
Collection sistématique, voi. I/III, SC 387, Paris 1993; voi. II/
III, SC 474, Paris 2003; voi. III/III, SC 498, Paris 2005.
N: (collezione anonima) F. Nau, Collection des Apopbtegmes ano-
nymes du manuscript Coislin 126, in «Revue de l’Orient Chré-
tien» 1907-1913.
Nota bibliografica 27

Ascetic corpus
Evagrius of Pontus, The greek ascetic corpus, by Robert E. Sinke-
wicz, Oxford University Press, Oxford 2003.
Bunge
G. Bunge, Origenismus-Gnostizismus: Zum Geistesgeschichtlichen
Standort des Evagrios Pontikos, in «Vigiliae Christianae» 40
(1986), pp. 24-54.
Démon
A. e C. Guillaumont, s.v. Démon. Dans la plus ancienne littérature
monastique, DiSp., t. Ili, 1957, coll. 189-212.
Driscoll
J. Driscoll, A Key for Reading thè ‘A d Monachos” of Evagrius Pon­
ticus, in «Augustinianum» 30 (1990), pp. 361-392. .
Elter
A. Elter, Gnomica I, Sexti Pythagorici, Clitarchi, Evagrii Pontici
Sententiae, Teubner, Leipzig 1892.
Etudes
A. Guillaumont, Etudes sur la spiritualité de l’Orient chrétien (Spi-
ritualité Orientale 66), Bégrolles-en-Mauges 1996.
Evagre
A. e C. Guillaumont, s.v. Evagre lepontique, DiSp.,t. IV, 1961, coll.
1731-1744.
Gribomont
J. Gribomont, L’édition romaine (1673) des Tractatus de S. Nil
et l'Ottobonianus gr. 25, in Texte und Textkritik, hrsg. von J.
Dummer, TU 133, Berlin 1987, pp. 193-202.
HE, Socr.
Socrate, Historia Ecclesiastica, PG 67, 33-841.
HL
Palladio, La Storia Lausiaca, intr. C. Mohrmann, testo critico e
commento G J . Bartelink; tr. it. M. Barchiesi, Mondadori, Mi­
lano 19983.
28 Nota bibliografica

Leclercq
J. Leclercq, 1!ancienne version latine des Sentences d’Evagre pour
les moines, in «Scriptorium» 5 (1951), pp. 195-213.
Muyldermans 1
J. Muyldermans, Evagriana. Le Vat. Barb. Graec. 515, in «Le Mu-
séon» 51 (1938), pp. 191-226.
Muyldermans 2
J. Muyldermans, Une nouvelle recension du “De octo spiritibus ma­
litiae” de S. Nil, in «Le Muséon» 52 (1939), pp. 235-274.
Muyldermans 3
J. Muyldermans, Evagriana de la Vaticane, in «Le Muséon» 54
(1941), pp. 1-15.
Pénthos
I. Hausherr, Pénthos. La doctrine de la componction dans l’Orient
Chrétien, Pont. Inst. Orient. Stud., Roma 1944.
Regnault
L. Regnault, Les sentences des pères du desert. Collection alphabeti-
que, Solesmes 1981.
Wilmart
A. Wilmart, Les versions latines des Sentences d’Evagre pour les
vierges, in «Revue Bénédictine» 28 (1911), pp. 143-153.

3. Sigle

BCU La Sacra Bibbia, ed. CEI-UELCI, l a ed. ottobre 2008,


Roma.
CCG Corpus Christianorum, Series Graeca, Brepols, Turnhout.
CCL Corpus Christianorum, Series Latina, Brepols, Turnhout.
CPG Clavis Patrum Graecorum, Brepols, Turnhout.
CPG Clavis Patrum Latinorum, Brepols, Turnhout.
DiSp Dictionnaire de Spiritualité, Beauchesne, Paris 1932-1995.
Nota bibliografica 29

LLM A. Blaise, Lexikon Latinitatis Medii Aevi, Brepols, Turn-


h o u t1975.
LX X Septuaginta. Vetus Testamentum graece iuxta 70 inter­
pretes, edidit A. Rahlfs, Deutsche Bibelgesellschaft, Stut­
tgart 1935.
PG Patrologiae cursus completus. Series Graeca, ed. J.-P.
Migne, Paris 1857-1866.
PGL G.W.H. Lampe, A Patristic Greek Lexicon, Clarendon
Press, Oxford 1961-1968.
PL Patrologiae cursus completus. Series Latina, ed. I. -P. Migne,
Paris 1844-1864.
SC Sources Chrétiennes, Les éditions du Cerf, Paris.
TP Collana Testi patristici, Città Nuova Editrice, Roma.
TU Texte und Untersuchungen zur Geschichte der altchrist-
lichen Literatur, Teubner, Leipzig-Berlin.
Volg Biblia sacra. Vulgatae editionis. Sixti V Pontificis Maximi
iussu recognita et Clementis VIII auctoritate edita, Edi­
zioni San Paolo, Cinisello Balsamo 20032.

4. Codici

Per comodità si riportano di seguito le sigle dei codici citati


all’occorrenza in nota secondo lo studio critico di R. Sinkewicz in
Ascetic Corpus, pp. 292-309 (i titoli usati sono quelli di CPG). Per
la descrizione di alcuni dei manoscritti citati vedi anche i lavori di
C. Guillaumont (SC 170, 127-463) e di P. Géhin e C. Guillaumont
(SC 438,34-136).

A Parigi, Coislinianus graecus 109 (X secolo), ff. I5r-23v [De oc­


to spiritibus malitiae\, ff. 185r-189r [Sententiae ad monachos\.
a Vaticano, Vaticanus graecus 703 (XIV secolo), ff. 252y-255r
[.Sententiae ad monacbos\.
30 Nota bibliografica

b Vaticano, Barberinianus graecus 515 (XIII secolo), ff. 50t>-


57r [Sententiae ad monachos]·, ff. 61r-65v [Paraenesis ad
monachos]; ff. 65v-68r [Ad virginem]; ff. 68r-78y [Dì? octo
spiritibus malitiae]·, ff. 82v-83r [Capitaparaenetica]·, f. 83r-
f [Spiritales sententiae]·, f. 83f W/mé1Sententiae].
C Parigi, Coislinianus graecus 1188 (XI secolo), ff. 125v-130v
[Sententiae ad monachos]·, ff. 228v-231r [De octo spiritibus
malitiae].
c Parigi, Coislinianus graecus 123 (XI secolo), ff. 349f-359r
[De octo spiritibus malitiae].
D Athos, Protaton 26 (X secolo), ff. Y3v-2\r [Sententiae ad
monachos].
E Athos, Lavra Γ 93 (XI secolo), ff. 2ò5v-240v [Sententiae
ad monachos]·, ff. 304r-307r [Paraenesis ad monachos]·, ff.
302w-303r [Capita paraenetica]·, f. 303 r-v [Spiritales sen­
tentiae per alphabeticum dispositae]·, f. 303f-304^ [Aliae
sententiae]·, ff. 308r-315w [De octo spiritibus malitiae].
Ma Venezia, Marcianus graecus 131 (XI secolo), f. 31 r-v [Capi­
ta paraenetica)·, f. 31y-32r [Spiritales sententiae per alpha­
beticum dispositae]·, f. 33 r-v [Aliae sententiae]·, ff. 45v-54v
[De octo spiritibus malitiae].
St Gerusalemme, Stavrou 55, ff. llv-85r [De octo spiritibus
malitiae].
Y Vaticano, Ottobonianus graecus 25 (XVI secolo); su questo
codice si fonda essenzialmente l’edizione Suarès confluita
successivamente in PG; per la descrizione cf. J. Gribo-
mont, TU 133, 193-202.
Pg Con questa sigla si indica il riferimento al testo greco dei
trattati che si presentano così come appare nella Patrolo­
gia greca, il cui testo base è Y con l’aggiunta di qualche
elemento proveniente da altri manoscritti vaticani {Vatica­
ni gr. 653 e 1434) o di Montecassino (G 432) (cf. J. Gribo-
mont, TU 133,202).
Nota bibliografica 31

L1 traduzione latina delle Sententiae ad monachos, in PL 20,


1181-1186 = PG 40, 1277-1282.
L2 traduzione latina delle Sententiae ad monachos in J. Le­
clercq, Il ancienne version latine..., cit., pp. 204-213.
D traduzione latina àél'A d Virginem in PL 20, 1185-1188 =
PG 40,1283-1286.
L4 traduzione latina AdOUAd Virginem in A. Wilmart, Les ver­
sion latines..., cit., pp. 148-151.
Evagrio Pontico
SENTENZE
SENTENZE AI MONACI i

1. Eredi di Dio a, ascoltate le parole di Dio;


coeredi di Cristo b, accogliete i detti di Cristo
per trasmetterli ai cuori dei vostri figli
e insegnare loro le parole dei sapienti.

2. Un padre buono istruisce i suoi figli,


un padre cattivo li rovina.

3. La fede è l’origine della carità,


il fine della carità la conoscenza2 di Dio.

4. Il timore del Signore custodirà l’anima,


la bella temperanza la rafforzerà.

5. La perseveranza3 dell’uomo genera la speranza,


la buona speranza gli renderà gloria.

a Rm 8, 17. b R m 8 , 17.

1Sententiae ad monachos, C P G 2435.


2 H o reso preferibilmente con conoscenza il termine greco gnósis che
nella teoria evagriana ha un significato particolare, in quanto la gnosi rap­
presenta la vita conoscitiva o la scienza (altri modi con cui talvolta ho reso il
vocabolo) e segna lo stato finale di un processo di elevazione dell’anima, resa
libera dal giogo delle passioni, fino alla contemplazione di Dio.
3 L a versione latina presenta il termine patientia dal verbo patior, che
esprime la capacità di sopportare, di tollerare e anche di soffrire. L a pazienza
della spiritualità orientale è invece hypomoné, che in base all’etimo greco è
costanza, capacità di durare, perseverare, avere la forza di continuare.
Evagrio Pontico

6. Chi riduce in schiavitù le sue carni sarà impassibile4,


chi le alimenta soffrirà per esse.

7. Lo spirito della lussuria nei corpi degli incontinenti,


10 spirito della continenza nelle anime dei temperanti.

8. L’anacoresi nella carità purifica il cuore,


invece l’anacoresi [vissuta] nell’odio lo disturba.

9. Meglio stare in mezzo a mille uomini


che da solo con odio in segrete spelonche.

10. Chi fissa il rancore nell’anima sua


è simile a chi nasconde un fuoco in un pagliaio.

11. Non dare molti cibi al tuo corpo


e non farai sogni con fantasie cattive,
infatti come il fuoco divora una foresta5
così la fame estingue le turpi immaginazioni.

12. L’uomo collerico si spaventerà,


quello mite sarà senza paura.

13. Un vento forte allontana le nubi,


11 rancore la mente dalla conoscenza.

14. Colui che prega per i nemicic non nutrirà rancore,


chi trattiene la lingua d non rattristerà il prossimo suo.

c Cf. M t5 ,4 4 . d Cf. Sap 1,11.

4 L’aggettivo apathés e il sostantivo apàtheia hanno un significato impor-


e nella psicologia evagriana e rinviano a una condizione spirituale in cui
si è soggetti alle passioni.
5ZA «com e l’acqua spegne il fuoco».
Sentenze ai monaci, 6-22 37

15. Se un tuo fratello ti infastidisce,


portalo a casa tuae,
né ti rincresca di andare da lui,
mangia invece il tuo pane insieme a lui,
facendo in questo modo salverai l’anima tua
e non ti sarà d’inciampo nel tempo della preghiera.

16. Come la carità si compiace della povertà,


così l’odio si sazia della ricchezza.

17. Un ricco non arriverà alla conoscenza


e un cammello non passerà per la cruna di un ago f,
ma niente di questo sarà impossibile al Signore s.

18. Chi ama il denaro non vedrà la conoscenza


e chi lo accumula sarà ottenebrato.

19. Sotto le tende degli umili soggiornerà il Signore,


nelle dimore dei superbi si moltiplicheranno le maledizioni.

20. Offende il Signore chi trasgredisce la sua legge h,


chi invece la custodisce renderà gloria al suo creatore.

21. Se imiterai Cristo, diventerai beato;


l’anima tua morirà della sua morte
e dalla sua stessa carne non prenderà malizia
ma la tua fine sarà come il tramonto di una stella
e la tua risurrezione come un sole che splende ‘.

22. Guai all’iniquo nel giorno della morte,


l’ingiusto perirà in un giorno sventurato i;

e Cf. Is5 8 ,7 f Cf. Mt 19,24. e C f.M tl9 ,2 6 . h C f.R m 2 ,2 3 iC f


Mt 13,43. ) C f .P r 2 5 ,19.
38 Evagrio Pontico

infatti come un corvo vola via6 dal suo nido


così l’anima impura dal proprio corpo.

23. Gli angeli guidano le anime dei giusti,


le anime dei malvagi se le prenderanno i demoni.

24. Dove entra la malvagità lì c’è anche l’ignoranza,


i cuori dei santi saranno colmati di scienza.

25. Un monaco non misericordioso7 è in difetto,


chi provvede ai bisognosi avrà in eredità tesori.

26. Meglio povertà e scienza


che ricchezza e ignoranza.

27. Ornamento del capo una corona,


ornamento dell’anima la conoscenza di Dio.

28. Procurati scienza e non danaro,


sapienza più di molta ricchezza.

2 9 .1 giusti erediteranno il Signore,


i santi saranno da lui nutriti.

30. Chi ha misericordia dei poveri distrugge la collera


e chi provvede a loro sarà colmato di beni.

31. In un cuore mite riposa la sapienza,


trono dell’impassibilità un’anima pratica8.

6Altri codici: «si separa».


7 Alcuni codici solo: «C hi non è misericordioso».
8Evagrio collega l’impassibilità (apàtheia ) con la vita pratica (praktiké),
volendo significare che solo attraverso un processo di liberazione dalle p as­
sioni (la pratica appunto nel suo lessico) è possibile pervenire all’impassibilità.
Sentenze a i monaci, 22-39 39

32. Gli operatori di iniquità percepiranno un cattivo compen­


so, agli operatori di bene sarà corrisposto un buon compenso.

33. Chi colloca trappole finirà in esse,


e chi le nasconde ne sarà preso k.

34. Meglio un laico mite


che un monaco collerico e adirato.

35. La collera disperde la conoscenza,


la magnanimità la mette insieme.

36. Come un forte vento meridionale a mare,


così la collera nel cuore di un uomo.

37. Chi prega continuamente1sfugge alle tentazioni9,


i pensieri10 disturbano il cuore di chi è trascurato.

38. Non ti inebri il vino


e la carne non ti diletti
perché tu non nutra la carne del tuo corpo
e i turpi pensieri vengano meno in te.

39. Non dire: «Oggi è festa e berrò vino,


domani è Pentecoste e mangerò carne».
Perché non c’è festività per i monaci11
e neppure è possibile che un uomo riempia la sua pancia.

k Cf. Sai 118,110. ‘ Cf. 1 T s 5, 17.

9 Nel lessico evagriano una tentazione (peirasmós ) ha la funzione di al­


lontanarci dal nostro percorso di autenticità e di verità; sulla funzione delle
tentazioni cf. sentenza n. 60.
10Un pensiero (loghisfnós) è lo strumento di cui si servono i demoni per
la tentazione (peirasmós) (cf. A. e C. Guillaumont, Démon, 201).
11Altri codici aggiungono: «sulla terra», come pure L 1: «in terra».
Evagrio Pontico

40. Pasqua del Signore transitare oltre il peccato,


sua Pentecoste la risurrezione dell’anima.

41. Festa del Signore dimenticarsi dei mali [ricevuti],


afflizione coglierà chi serba rancore.

42. Pentecoste del Signore il risorgere della carità,


chi odia il suo fratello cadrà di una caduta infausta m.

43. Festa del Signore la scienza vera,


chi invece attende alla falsa scienza finirà miseramente12.

44. Meglio il digiuno nella purità di cuore


di una festa con l’anima impura.

45. Chi distrugge i cattivi pensieri nel suo cuore


è simile a chi sfracella i suoi piccoli contro la pietra n.

46. Il monaco sonnacchioso cadrà in cose cattive,


invece quello che veglia sarà come il passero °.

47. Non darti nella veglia a fatui discorsi


e non respingere le parole spirituali
perché il Signore osserva la tua anima
e non ti assolverà da ogni male.

48. Molto sonno ottunde la coscienza,


la giusta veglia la rende acuta.

49. Molto sonno procura tentazioni,


chi invece veglia le eviterà.

mCf. G b 3 7 ,1 6 (L X X ). n Sai 136, 9. ° Cf. Sai 101, 8.

12L 1 presenta queste ultime tre sentenze con il seguente ordine: 42 ,4 1 ,4 3 .


Sentenze a i monaci, 40-58 41

50. Come il fuoco scioglie la cera,


così la giusta veglia i pensieri cattivi.

51. Meglio un uomo che dorme


di un monaco sveglio che fa pensieri vani.

52. Un sogno di angeli rallegra il cuore,


un sogno di demoni lo turba.

53. Pentimento e umiltà risollevano l’anima,


misericordia e mitezza la rafforzano.

54. Ricordati sempre del tuo transito


e non dimenticare il giudizio eterno,
così non ci sarà peccato nell’anima tua.

55. Se lo spirito dell’accidia sale verso te, tu non lasciare la tua


casa
e non allontanarti in un momento, per altri versi, utile13,
come chi lucida l’argento
così risplenderà l’anima tua.

56. Lo spirito dell’accidia allontana le lacrime14,


lo spirito di tristezza disturba l’orazione.

57. Nutrendo il desiderio di ricchezze avrai molte preoccu­


pazioni,
attaccandoti ad esse ti pentirai amaramente.

58. Non indugi uno scorpione nel tuo petto


e un pensiero malvagio nel tuo cuore.

13 L 1: in tempore tristitiae·, L 2: in tempore luctum utilem.


14 Si tratta del pianto che nasce dalla consapevolezza del proprio limite e
che ci consente di non sopravvalutare mai quello che facciamo. In questo senso
esso è simile al lutto, pénthos, della tradizione monastica orientale che designa
uno stato di afflizione spirituale in relazione alla coscienza del proprio peccato.
42 Evagrio Pontico

59. Non avere riguardo di uccidere i piccoli delle serpi


e non darai alla luce i pensieri del loro cuore.

60. Come il fuoco saggia l’oro e l’argento,


così le tentazioni il cuore del monaco.

61. Rimuovi la superbia da te


e allontana da te la vanagloria;
chi infatti non raggiunge la gloria si rattristerà
e chi la ottiene si insuperbirà.

62. Non consegnare alla superbia il tuo cuore


e non dire in faccia al Signore: «Sono potente»,
affinché il Signore non abbandoni l’anima tua
e i demoni maligni la umilino.
Allora infatti dal cielo ti terrorizzeranno i nemici
e notti paurose si succederanno per te.

63. La conoscenza custodisce la condotta del monaco,


chi rinuncia ad essa finisce tra i ladroni p .

64. Dalla roccia spirituale 9 scorre un fiume,


l’anima pratica beve da esso.

65. Vaso d’elezioner un’anima pura,


quella impura sarà riempita di amarezza.

66. Senza latte non si potrà nutrire un bimbo


e senza l’impassibilità il cuore non si eleverà.

67. L’impassibilità viene prima della carità,


la carità viene prima della conoscenza.

p Cf. L e 10, 30. <5Cf. 1 C or 1 0 ,4 . r At 9 ,1 5 .


Sentenze a i monaci, 59-75 43

68. Alla conoscenza si affianca la sapienza,


l’impassibilità genera la prudenza.

69. Il timore del Signore genera prudenza,


la fede in Cristo reca il dono del timore di Dio.

70. Un dardo infuocatos appicca un incendio nell’anima,


il pratico15 lo spegne.

71. La conoscenza detesta gli strepiti e la bestemmia,


la sapienza fugge i discorsi ingannevoli.

72. Soave il miele e dolce il favo,


più dolce di entrambi la conoscenza di Dio *.

73. Ascolta, monaco, le parole del tuo padre


e non rendere inutili le sue istruzioni.
Quando ti manda altrove, portalo con te
e idealmente fa’ il cammino insieme a lui.
In questo modo infatti disperderai i cattivi pensieri
e i demoni malvagi non avranno potere su di te.
Se ti consegna del denaro, non dilapidarlo
e, a lavoro finito, restituiscilo.

74. Un cattivo economo rattrista le anime dei fratelli


e chi serba rancore non avrà misericordia di quelle.

75. Chi sperpera le sostanze del monastero offende Dio


e chi non si cura di esse non rimarrà impunito.

5Cf. E f 6 ,1 6 . tC f. Sai 18,11; 118, 103.

15Pratico, praktikós nel lessico evagriano, indica chi è impegnato nel


processo di liberazione dalle passioni.
44 Evagrio Pontico

76. Un cattivo economo farà malamente le parti,


quello giusto invece darà in base al merito.

77. Chi parla male del fratello sarà annientato,


chi non si cura del debole non vedrà la luce.

78. Migliore un laico che serve un fratello infermo


di un anacoreta che non ha compassione del suo prossimo u.

79. Un monaco irragionevole non si preoccupa degli strumen­


ti della sua arte16,
quello sensato invece ne avrà cura.

80. Non dire oggi resterò e domani andrò v


perché non è saggio pensarla così.

81. Un monaco che va in giro mediterà parole false v


e ingannerà il padre suo.

82. Chi orna i suoi vestimenti e si riempie il ventre


nutre turpi pensieri
e non siede con i saggi.

83. Se vai in paese non avvicinarti a una donna


e non intrattenerti in discorsi con loro,
infatti come uno che abbocca all’amo
così sarà attratta l’anima tua.

84. Un monaco comprensivo sarà amato,


chi invece irrita i suoi fratelli sarà odiato.

u Cf. L e 10,37. v Cf. Pr 19,27 (LX X ).

16 Si può trovare una corrispondenza di questi strumenti (organa ) del


monaco nel capitolo IV della Regula Benedicti laddove vengono elencati gli
instrumenta bonorum operum del claustrale.
Sentenze aìm onad, 76-92 45

85. Il Signore ama un monaco mite,


l’arrogante lo scaccia da sé.

86. Un monaco pigro brontolerà molto


e uno sonnolento troverà la scusa del suo mal di testa.

87. Se il tuo fratello è triste, confortalo;


se soffre, soffri con lui;
facendo questo infatti allieterai il suo cuore
e metterai da parte un tesoro grande in cielo.

88. Un monaco che trascura di custodire le parole del padre,


ingiuria la canizie di chi lo ha generato
e maledice la vita dei suoi figli:
Dio non terrà conto di costui.

89. Chi cerca il pretesto si separa dai fratelliw


e incolperà il padre suo.

90. Non dare ascolto ai discorsi contro il padre tuo,


eccitando l’anima al suo disprezzo
affinché il Signore non si adiri per le tue azioni
e cancelli il tuo nome dal libro dei viventix.

91. Chi presta ascolto alle parole del padre vuol bene a se
stesso,
chi invece si oppone a lui finirà male.

92. Beato il monaco che custodisce i precetti del Signore


e santo quello che osserva le parole del padre suo.

w Cf. Pr 18,1 (LX X ). x Cf. A p 3 ,5 .


46 Evagrio Pontico

93. Il monaco pigro riceverà molti danni


e se si ostinerà ci rimetterà anche l’abito17.

94. Chi custodisce la lingua appiana le sue vie?


e chi ha cura del suo cuore sarà ricolmato di scienza.

95. Un monaco falso turba i fratelli,


quello leale li rasserena.

96. Chi confida nella sua temperanza cadrà,


chi invece umilia se stesso sarà esaltato2.

97. Non pensare alla pienezza del ventre


e non saziarti di sonno notturno;
in questo modo infatti diventerai puro
e lo spirito del Signore scenderà su di te aa.

98. La collera in chi recita i salmi si calma


e chi è di animo generoso non si farà turbare.

99. La conoscenza è generata dalla mitezza,


l’ignoranza dall’arroganza.

100. Come l’acqua farà crescere una pianta,


così la mortificazione della collera esalta il cuore.

101. Chi va in cerca di conviti spegnerà la lucerna


e la sua anima vedrà l’oscurità.

102. Pesa il tuo pane e bevi con misura la tua acqua


e lo spirito della lussuria fuggirà da te.

V Cf. Pr 3, 6; 11,5. 2 Gf. M t2 3 ,1 2 . »» Cf. Le 1,35.

17 Confermano questa interpretazione L 1·. et habitum suum adjiciet


dere e L 2: si autem superbit et habitum suum adponet.
Sentenze a i monad, 93-111 47

103. D a’ agli anziani vino e ai deboli offri cibi


perché sono deperite le carni della loro giovinezzaab.

104. Non fare lo sgambetto al tuo fratello


e non rallegrarti per la sua caduta.
Il Signore infatti conosce il tuo cuoreac
e te la farà pagare18 nel giorno della morte.

105. Un monaco prudente sarà impassibile,


quello imprudente patirà dei mali.

106. Il Signore acceca un occhio maligno,


invece libererà dalla tenebra il semplice.

107. Come la stella del mattino in cielo e la palma in un giar­


dino,
così la mente pura in un’anima mite.

108. L’uomo saggio scruterà le parole di Dio,


lo stolto si prenderà gioco di esse.

109. Chi odia la conoscenza di Dio e respinge la sua contempla­


zione19
è simile a chi con una lancia ne ferisce il cuoread.

110. Migliore la conoscenza della Trinità della conoscenza


delle cose incorporee
e la sua contemplazione delle ragioni di tutti i secoli.

111. Canizie degli anziani la mitezza,


la loro vita la conoscenza della verità.

abC f . P r 5 , 11. acCf. At 1,2 4 . ad Cf. G v 19,34.

18Letteralmente «ti consegnerà alla pena».


19L a contemplazione (theoria) di D io rappresenta il compimento del
percorso di elevazione spirituale del monaco.
48 Evagrio Pontico

112. Un giovane mite sopporta molte cose


ma chi sopporterà un anziano grettoae?
Ho visto un vecchio iroso alzato sul suo trono20
tuttavia il giovane ebbe più speranza di lui.

113. Chi scandalizza i laici non resterà senza pena


e chi li irrita disonora il proprio nome.

114. Il fuoco divoreràaf chi turba la Chiesa del Signore,


la terra inghiottirà chi si oppone al sacerdote.

115. Chi ama l’ape mangerà il suo miele


e chi ne raccoglie sarà colmo di Spirito21.

116. Onora il Signore e apprenderai le parole degli incorporei,


servilo e ti mostrerà le ragioni dei secoli.

117. Senza la conoscenza un cuore non sarà elevato


e un albero non fiorirà senz’acqua.

118. Carni di Cristo le virtù pratiche,


chi ne mangia diventerà impassibile.

119. Sangue di Cristo è la contemplazione degli esseri divenuti22


e chi lo beve sarà reso sapiente da lui.

ae Cf. Pr 14,17; 18,14. af Cf. D t 5, 25.

20L 1: ultra tempus suum·, L 2: in tempore suo.


21L 1: «C hi ama la pace mangerà il suo miele e chi la procura sarà col­
mato di miele».
22 Si tratta di una contemplazione (theoria) di secondo livello, relativa
agli esseri corporei e visibili, che viene definita come «fisica» (theoria physi-
ké). A d essa si affianca la contemplazione degli esseri invisibili, incorporei e
intelligibili. Nell’itinerario spirituale prospettato segue a queste due theoriai
Sentenze ai monaci, 112-126 49

120. Petto del Signore la conoscenza di Dio


e chi si china su di esso a§ sarà teologo23.
»
121. Lo gnostico e il pratico si incontrarono
e in mezzo a loro si pose il Signore24.

122. Chi ha acquistato la carità ha acquistato un tesoro,


ha ricevuto grazia dal Signore.

123. Le dottrine dei demoni le riconosce la sapienza,


la loro astuzia la scova la prudenza.

124. Non violare le sante dottrine,


quelle che hanno fissato i tuoi padri;
non abbandonare la fede nel tuo battesimo
é non respingere il sigillo spirituale
affinché il Signore sia nell’anima tua
e ti offra riparo nella giornata cattiva.

125.1 discorsi degli eretici sono messaggeri di morteah


e chi li accoglie perderà l’anima sua.

126. Ora dunque, figlio, ascoltami,


non ti accostare alle porte degli uomini iniqui

aeC f. G v 1 3 , 25. ah Cf. Pr 16,14.

inferiori la prima contemplazione, la theologia cioè la scienza della Santa Tri­


nità (cf. M essana, T P 117, 45).
23 N ell’accezione evagriana la teologia è la scienza essenziale di D io e
precede la beatitudine finale (cf. Practic., Prologo 8: « L a carità è la porta della
conoscenza naturale, alla quale succedono la teologia e la beatitudine finale»,
T P 100, 63).
24 In questo passaggio sono concentrati i due momenti essenziali della
dottrina evagriana della pratica, intesa come movimento di affrancamento delle
passioni e della gnosi intesa come conoscenza di Dio. L a presenza del Signore,
come afferma questo aforisma, è la garanzia della autenticità di questo processo.
50 Evagrio Pontico

e non ti aggirare attorno alle loro trappole per non essere cat­
turato.
Tieni lontana la tua anima dalla falsa scienza,
infatti anch’io spesso ho parlato con loro
e ho investigato le loro parole oscure
rinvenendo in esse veleno di vipere ai
perché non c’è saggezza e non c’è sapienza nei loro discorsi.
Tutti quelli che li accolgono andranno in rovina
e quelli che li hanno a cuore saranno colmati di mali.
Io ho visto i padri delle loro dottrine
e nel deserto mi sono imbattuto in loro.
Infatti i nemici del Signore mi sono venuti contro
e i demoni hanno lottato a parole con me
ma non ho visto la luce veraai nei loro discorsi25.

127. L’uomo che dice menzogne cade via da Dio,


chi inganna il suo prossimo incappa nei mali.

128. Migliore il giardino del Signore di un orto di erbaggiak


e il fiume del Signore del grande fiume che oscura la terra.

129. Più degna di fede l’acqua del cielo


dell’acqua che i sapienti egizi attingono dalla terra.

130. Come coloro che montano su una ruota vanno giù,


così coloro che innalzano i loro discorsi sono umiliati in essi.

aiCf. Sai 139,4. a)C f. G v l , 9 . akCf. D t 11,10.

25 II capitolo relativo ad Evagrio della Storia Lausiaca conserva un rife­


rimento a quanto espresso in questa sentenza: «G li si avvicinarono in pieno
giorno tre demoni in forma di chierici, che volevano interrogarlo sulla fede;
uno si professò Ariano, un altro Eunomiano e un altro Apollinarista; dicendo
poche parole egli li vinse tutti grazie alla sua sapienza» (H L 3 8 ,1 1 , p. 201).
Sentenze a i monaci, 126-137 51

131. La sapienza del Signore eleva il cuore,


il suo senno lo purifica.

132. Le ragioni oscure della provvidenza


e le rappresentazioni difficili da comprendere ύ del giudizio
le riconoscerà l’uomo pratico.

133. Chi purifica se stesso vedrà le nature intelligibili,


il monaco mite conoscerà le ragioni degli esseri incorporei.

134. Chi dice una creatura la santa Trinità bestemmia Dio


e chi respinge il suo Cristo non lo conoscerà.

135. Le contemplazioni dei mondi allargano il cuore


le ragioni della provvidenza e del giudizio lo elevano.

136. La conoscenza degli esseri incorporei esalta la mente


e la pone accanto alla santa Trinità.

137. Ricordatevi di colui che vi ha dato nel Signore questi


chiari proverbi
e non dimenticate la mia umile anima nel tempo della preghiera26.

alCf. 2 P t 3 , 16. amCf. Sai 118,32.

26 Q uesto ultimo distico con cui si concludono le Sentenze a i monaci ha


l’evidenza e la forza evocativa di un colophon, tant’è che in alcuni codici, per
esempio b, appare in fondo ad altre raccolte di sentenze evagriane e, nel caso
specifico, alle Esortazioni a i monaci (cf. Muyldermans 1, pp. 194.211).
SENTENZE A UNA VERGINE i

1. Ama il Signore ed Egli ti amerà,


servilo e illuminerà il tuo cuore.

2. Onora la tua madre come la madre di Cristo


e non esasperare la canizie di colei che ti ha generato.

3. Ama le sorelle tue come figlie della tua madre


e non abbandonare la via della pacea.

4. Il sole che sorge ti veda sempre con il libro nelle mani


e dopo l’ora seconda al lavoro.

5. Prega ininterrottamente b
e ricordati di Cristo che ti ha generato.

6. Evita gli incontri con gli uomini


perché non si formino immagini nell’anima tua
che finiscano per danneggiarti nel tempo della preghiera.

7. Hai Cristo da amare:


respingi da te tutti gli uomini
e non vivrai una vita disonorevole.

8. Collera e ira tieni lontano da te


e non trovi dimora in te il rancore.

a Cf. L e 1,79. b Cf. 1 T s 5 ,1 7 .

l A d virginem, C P G 2436.
Sentenze ad una vergine, 1-16 53

9. Non dire: «Oggi mangerò e domani non mangerò»,


perché non è ragionevole fare così.
Infatti potrà recare danno al tuo corpo
e dolore al tuo stomaco.

10. Mangiare carne non è bello e bere vino non è bene,


tuttavia è necessario offrire queste cose a chi è debole2.

11. Una vergine insolente non sarà salvata


e quella sregolata non vedrà il suo sposo.

12. Non dire: «La serva mi ha infastidito e gliela farò pagare»,


perché non c’è servitù tra le figlie di Dio.

13. Non dare ascolto a vani discorsi


e fuggi i racconti di vecchie sfaccendate3.

14. Sta’ alla larga da feste dove ci si ubriaca


e non andare ai matrimoni di estranei:
è impura davanti al Signore ogni vergine che fa queste cose.

15. Apri la tua bocca alla parola di Dio


e preserva dalle chiacchiere la tua lingua.

16. Davanti a D io4 umilia te stessa


e la sua destra ti innalzeràc.

c Cf. Sal 117,16.

2 Q uesta sentenza è presente in L } ma manca in L 4.


3 Letteralmente «che vanno in giro», cf. Monac. n. 81.
4 Altri codici: «al Signore».
54 Evagrio Pontico

17. Non allontanare un povero nel momento della difficoltà


e non mancherà olio nella tua lampada d.

18. Fa’ tutto per il Signore


e non cercare la gloria degli uomini,
questa infatti è come fiore di campoe,
la gloria del Signore rimane in eterno.

19. Il Signore ama nella vergine la mitezza,


quella che si adira sarà odiata.

20. La vergine obbediente otterrà misericordia,


quella che contraddice è davvero stolta5.

21. Il Signore rovina la vergine che mormora,


quella che invece rende grazie sarà liberata dalla morte.

22. Sconveniente il riso e deprecabile la sfacciataggine,


ogni stolta si accompagna a tali atteggiamenti.

23. Colei che fa belle le sue vesti


rimarrà anche al di fuori della continenza.

24. Non vivere insieme alle laiche


affinché non stravolgano il tuo cuore
e rendano vane le giuste determinazioni.

25. In lacrime di notte chiama il Signore:


nessuno si accorga di te che stai pregando e troverai grazia.

d Cf. Mt 25,1-13. e Cf. Sai 102,15.

5 L 4 aggiunge qui una sentenza che manca sia al testo greco sia a U \
«Q uella che ha cura di fare con diligenza il suo lavoro riceverà una ricompen­
sa grande; quella che lo trascura sarà negletta».
Sentenze ad una vergine, 17-35 55

26. La voglia di andare e il desiderio delle altrui dimore


altera la stabilità dell’anima e corrompe la sua buona dispo­
sizione.

27. La vergine fedele non avrà paura,


quella infedele fuggirà anche la sua ombra.

28. L’invidia consuma l’anima


e la gelosia la divora.

29. Colei che disprezza la sorella che è debole


sarà lontana anche da Cristo.

30. Non dire: «Questo è mio e questo è tuo»,


perché in Cristo Gesù tutto è in comunef.

31. Non ti impiccerai dell’altrui vita


e non ti rallegrerai della caduta della tua sorella.

32. Provvedi alle vergini indigenti


e non inorgoglirti della tua nobiltà.

33. Non esca parola dalla tua bocca nella chiesa del Signore
e non levare in alto i tuoi occhi s.
Il Signore infatti conosce il tuo cuore h
e scruta tutti i tuoi pensieri.

34. Tieni lontano da te ogni cattivo desiderio


e non ti rattristeranno i tuoi nemici.

35. Recita i salmi a partire dal cuore


e non muovere solo la tua lingua nella bocca.

f Cf. At2,44. 8 Cf. Sai 130,1. hCf.Atl,24.


56 Evagrio Pontico

36. La vergine stolta amerà il denaro,


quella saggia invece darà anche il suo boccone.

37. Come impeto di fuoco è diffìcile da estinguere,


così l’anima ferita di una vergine difficilmente è sanabile.

38. Non consegnare la tua anima a cattivi pensieri


per non contaminare il tuo cuore
e tenere lontana da te la preghiera pura6.

39. Pesante è la tristezza e intollerabile l’accidia,


ma le lacrime per il Signore sono più forti di entrambe.

40. Fame e sete estinguono i desideri cattivi,


una buona veglia rende pura la mente.

41. La carità ribalta l’ira e la collera,


i doni cancellano il rancore.

42. Colei che parla male di nascosto della sua sorella


sarà respinta dalla camera nuziale,
e griderà davanti alle sue porte
ma non ci sarà chi [le] darà ascolto.

43. La lampada di una vergine che non è misericordiosa si


spegnerà
e non vedrà giungere il suo sposo K

i Cf. Mt 25,1-13.

6Per Evagrio la «preghiera pura» è quella preghiera che riesce a stabilire


un contatto con D io senza essere disturbata da questioni materiali e continue
preoccupazioni (cf. De or. 67, 70, 72, 97).
Sentenze ad una vergine, 36-53 57

44. Un vetro che cade si infrangerà su un sasso


e una vergine che si avvicina a un uomo non resterà illesa.

45. Migliore una donna mite


di una vergine animosa e collerica.

46. Colei che col riso tira fuori le parole di un uomo


è simile a quella che avvolge un laccio attorno al suo collo.

47. Come una perla incastonata nell’oro,


così una vergine celata dal pudore.

48. Canti di demoni e flauti infiacchiscono l’anima


e dissipano il suo vigore;
tu preservala sempre
per non diventare riprovevole.

49. Non godere del riso


e non stare allegra con quelle che scherzano
perché il Signore ha abbandonato costoro.

50. Non disprezzare la tua sorella che mangia


e non ti esaltare perché tu riesci a controllarti,
perché tu non sai quali sono le determinazioni del Signore
e chi starà davanti a lui.

51. La monaca che ha commiserazione dei suoi occhi cerchiati


e del suo corpo spossato
non troverà diletto nell’impassibilità dell’anima.

52. Gravosa è l’astinenza e difficile da raggiungere la castità


ma non c’è niente di più dolce dello sposo celeste.

53. Le anime delle vergini saranno illuminate,


invece le anime delle impure vedranno le tenebre.
58 Evagrio Pontico

54. Ho visto uomini corrompere vergini con dottrine [false]7


e vanificare la loro verginità.
Tu, figlia, ascolta le dottrine della Chiesa del Signore
e nessun estraneo ti farà cambiare parere8.
I giusti infatti erediteranno la luce,
gli empi invece abiteranno le tenebre.

55. Occhi di vergine9 vedranno il Signore,


orecchie di vergini ascolteranno le sue parole.
Bocca di vergini bacerà il suo sposo i,
olfatto di vergini correrà dietro l’odore dei suoi profumik.

i Cf. Ct 8 , 1 . k Cf. Ct 1 , 4 (L X X ).

1U aggiunge: «eretiche».
8 A questo punto tanto L} che L4 aggiungono un passaggio che manca
nell’originale greco. Gressmann ha giudicato che non si tratta di una lacuna
di b quanto piuttosto di una interpolazione delle versioni latine, perché non
ravvisa una legame stretto con il contesto della sentenza e anche la struttura
è diversa perché non c’è quel parallelismo delle parti («parallelismus mem­
brorum », Gressmann , p. 144) che caratterizza tutto il testo. Inoltre il fatto
che il passaggio non sia presente in greco sarebbe già di per sé una ragione
sufficiente per escludere la sua autenticità. Di parere opposto è Muyldermans
(cf. Muyldermans 1, p. 210), cf. anche Wilmart che parla dello studio delle
versioni latine come una fase preliminare per la ricostruzione del testo greco
soggiacente (cf. 'Wilmart, p. 148). D i seguito fornisco la traduzione italiana
secondo L4 e tra parentesi quadre indico le varianti più importanti rispetto a
L?·. «D io ha fondato il cielo e la terra, provvede per tutti e se ne rallegra. Non
c’è angelo incapace di malvagità e non c’è demone cattivo per natura; D io ha
fatto entrambi liberi di scegliere. Com e l ’uomo è costituito di un corpo cor­
ruttibile e di un’anima razionale, cosi anche nostro Signore è nato senza pec­
cato, mangiando mangiava realmente e venendo crocifisso realmente veniva
crocifisso e non era un fantasma fasullo \1J·. “una visione fittizia”] davanti agli
occhi degli uomini. Certa [questo aggettivo manca in U ] sarà la risurrezione
dei morti, questo m ondo passerà e noi prenderemo i nostri corpi spirituali
(cf. 1 Cor 15, 44)».
9 Altri codici: «occhi vergini».
Sentenze ad una vergine, 54-56

Mani di vergine10 carezzeranno il Signore


e la castità della carne sarà bene accetta u .
Un’anima vergine sarà incoronata
e vivrà per sempre col suo sposo.
Le sarà data una veste spirituale
e festeggerà nei cieli con gli angeli.
Accenderà una lampada inestinguibile
e non mancherà olio nei suoi vasi *.
Riceverà una eterna ricchezza
ed erediterà il regno di Dio.

56. Le mie parole, figlia, sono state dette per


Il tuo cuore conservi i miei detti.
Ricordati di Cristo che ti custodisce
e non dimenticare l’adorabile12 Trinità.

1 Cf. M t 2 5 ,1-15.

10Altri codici: «m ani vergini».


11L·5 e L 4 aggiungono: «a lui».
12L 3 e L 4 aggiungono: «e consustanziale».
ESORTAZIONE AI MONACI i

1. Il (digiuno recide il disordine alimentare,


la continenza insieme alla preghiera rimuove
l’intemperanza della lussuria.

2. L’elemosina2 riduce l’avarizia,


madre della idolatria, la speranza in Dio recide
il pensiero per le cose materiali.

3. La lettura delle parole di Dio rappresenta


un limite per una mente che vaga3.

4. La generosità e la salmodia
mitigano l’attacco d’ira4.

5. La pazienza e le lacrime frenano l’accidia;


la tristezza per le cose di questo mondoa viene messa
a tacere dal disprezzo verso ciò che è voluttà.

6. L’umiltà e l’avversione per la brama di potere


e di comando dispongono all’accoglienza;
l’immensa umiltà, che afferma:
«Io sono terra e cenere» b e ancora:

a Cf. 2 C or 7, 9-11. b G e n l8 ,2 7 .

1Paraenesis ad monachos, C P G 2454.


2Pg: «la povertà».
3C f .Practic. 15; Eul. 19.
4 Q uesta sentenza viene ripresa da Pg in quanto manca in bE.
Esortazione ai monaci, 1-12 61

«Se il Signore non costruisce la casa


invano vi fatica il costruttore e tenta di custodirla»c,
fa cessare la superbia, il male antico,
abominio al cospetto del Signore,
davanti al quale anche Dio si oppone.

7. Come non è possibile che acqua torbida torni pura


senza rimanere ferma, così non è possibile conservare
intatta la condizione di quiete5 del monaco
sé con ogni cura e perseveranza non si manterrà l’esichia6.

8. Il molto parlare disturba l’anima,


un sonno senza misura ottunde la coscienza7.

9. Il vagare del desiderio mina una mente innocente.

10. Un riso smodato rovina un carattere formato.

11. Molti incontri disturberanno una buona condizione


spirituale,
le mormorazioni ci allontanano dalla pace.

12. La familiarità con i malvagi rende simili a un uomo trafitto


da frecce, se uno continua a farsi trafiggere
finirà col rimetterci anche la sua vita.

c Cf. Sai 126,1.

5Katdstasis nell’accezione evagriana deve essere intesa «non come sem ­


plice disposizione, ma come stato di pace, equilibrio» (cf. Guillaumont, Tratte
pratique , p. 599); cf. Practic. 43.
6Esichia è un concetto fondamentale della vita monastica: essa in linea
generale si riferisce a uno stato silenzioso di contemplazione e di raccoglimen­
to, alimentato da una ininterrotta orazione. Pg più brevemente: «così non è
possibile riconoscere la condizione di quiete del monaco senza 1’esichia».
7 Le sentenze 8-31 di b mancano in Pg; cf. Muyldermans 1, pp. 200-203
e Sinkewicz Ascetic corpus, pp. 305-306.
62 Evagrio Pontico

13. Se passerai tutto il tuo tempo in un monastero,


non acquisterai la virtù che dà pienezza alla tua anima,
quantunque fossi divenuto Figlio di Dio
e fossi passato dalla morte alla vita,
pur dimorando in te il Signore, non ti dovrai aspettare
di ricevere in eredità il regno dei cieli.

14. Cura, sforzo e morte del corpo producono lacrime,


le lacrime a loro volta detergono l’anima dai peccati,
nello stesso modo in cui la pomice rimuove la ruggine del ferro.

15. Dolce è il piacere, ma turpe l’ombra che proietta


all’esterno; difficile da raggiungere la virtù,
ma perpetua la gloria dei santi e dei giusti.

16. Come un uccello nel suo bel volo fende l’aria,


così un’anima, dotata delle ali delle virtù,
è capace di volare in alto.

17. Come una nuvola impedisce ai raggi del sole


di mostrarsi, così l’ira spegne la luce dell’anima.

18. Come le gocce di pioggia non si possono contare,


così la sapienza di Dio è inaccessibile d.

19. Come non è possibile portare l’acqua verso l’alto


senza averla completamente racchiusa
perché non abbia modo di uscire, così anche la mente
non potrebbe pensare alle cose di lassùe
e trovarsi nella regione delle cose incorporee,
senza aver purificato il cuore: bisogna infatti
che esso si volga contro le cose dalle quali è dominato.

d Cf. Rm 11,33. e Cf. Col 3, 2.


Esortazione a i monaci, 13-26 63

20. Come non è possibile vedere la propria immagine


nell’acqua agitata, così anche la mente non potrà
vedere il Signore come in uno specchio 1
senza aver messo ordine dentro di sé e purificato
l’anima dalle affezioni materiali.

21. Come non è possibile costruire una torre


senza un muratore, così non è possibile acquistare la sapienza
di Dio senza il combattimento e non è possibile riuscire
nello scontro senza l’inteUigenza e non è possibile trovare
l’intelligenza senza il desiderio di Dio e l’impegno.

22. Come non è possibile che una pianta dia frutto


senza che sia stata a lungo nella terra,
rimanendo bagnata dalla pioggia,
così un uomo non porterà un frutto compiuto di giustizia,
se non sopporta affanni ed inquietudini per la verità.

23. Come non è possibile ricavare vasi dal ferro


senza averlo messo nella fornace, così non è possibile
che si diventi santi senza le prove e le tentazioni
dell’avversario, senza essere perseveranti.

24. Chi fugge la prova utile,


fugge la vita eterna.

25. Chi non sopporta la tribolazione per il Signore,


non vedrà il talamo di Cristo.

26. Come l’acqua fa crescere le piante, così le difficoltà


fanno crescere il senso di giustizia nell’anima8 del giusto.

f Cf. 1 C or 13, 12.

8 E: «C osì le difficoltà tramite il senso di giustizia fanno crescere l’anima».


64 Evagrio Pontico

27. Chi non maltratta e sottomette le proprie carni,


ma cerca desideri carnali,
non mangerà il cibo di verità
e non indosserà una veste di luce.

28. Come il sole non è causa per il cieco


del fatto che non lo illumina, infatti la causa è nella debolezza
della vista, così chi è privato del sole di giustizia
rimproveri se stesso, perché questo gli capiterà
in seguito a una condotta sconsiderata.

29. Come un morto non sente la lode o l’insulto,


così un uomo di fede disprezza la gloria e il disonore.

30. Come una fonte ripulita dalle scorie presenti


versa un’acqua pura, così anche la mente
purificata dall’ira, dal rancore
e dalle preoccupazioni per il corpo trova la conoscenza pura
e al possessore rende un dolce piacere.

31. Come chi ha intrapreso un viaggio,


qualora non abbia portato a termine il cammino,
ma si sia fermato a metà strada, si copre di ridicolo
senza raggiungere nessuna delle due mete,
né quella dalla quale è partito né quella verso cui tende,
così chi ha cominciato a seguire la legge di Dio,
se non porta a termine la corsa e, divenuto spregevole
e totalmente oggetto di riso, sarà privato della vita eterna.

32. Come non è possibile che un lottatore riceva il premio


senza aver combattuto, così non è possibile diventare
un cristiano senza lottare.

8Cf.2Tm4,7.
Esortazione ai monaci, 27-39 65

33. Come non c’è bilanciamento, se pende da una parte,


così non è possibile compiere il mandato di Dio
se vince il pensiero della carne.

34. Come non è possibile apprendere un’arte, senza che si siano


dedicati ad essa tempo ed attenzione, così non è possibile
pregare per colui che non aderisce a Dio con integrità di cuore.

35. Chi non ha acquisito la preghiera pura9,


non ha come difendersi nel combattimento.

36. Chi non è adornato10 dalle virtù di Dio,


diventerà dimora dei demoni.

37. Come non è possibile ospitare una regina


in casa di un povero, così non è possibile accogliere
Cristo in un’anima resa sordida dai peccati.

38. Come un luogo incolto viene dissodato con il lavoro


operoso e diligente, così un’anima resa selvaggia dai peccati
viene addomesticata se vivrà in base alla legge di Dio.

39. Come uno scoglio nel mare resta fermo


e immobile pur essendo battuto dai marosi,
così chi si è assestato nelle virtù
e si è tutto permeato di esse,
non sarà scosso dal diavolo.

9Nel De oratione Evagrio definisce «p u ra» (kathard) quella preghiera


che «non si lascia coinvolgere da questioni materiali e turbare da continue
preoccupazioni» {De or. 70, cf. anche 67, 72; 97), riuscendo a intrattenere una
conversazione con D io senza alcuna intermediazione.
10Seguo E; b: «chi è spazzato [ó σεσαρω μένος]»; Pg: «chi è adornato e
spazzato [ό κ£κοσμημένος καί σεσαρω μένος]»; cf. M t 12, 44.
Evagrio Pontico

40. Come un medico pensa a un farmaco per la cura


di un male, così la conoscenza meditata di Dio istruisce
chi è partecipe di essa circa il modo in cui possa
custodire se stesso e giungere a cose più grandi.

41. Come un torrente finisce in una forra


e si crea un varco, così anche un peccato ammesso
genera la rovina di quello che lo ha accolto.

42. Come un cervo che è caduto nella rete


non può liberarsi facilmente, così non sfugge
al peccato chi insegue i suoi desideri
e rimane impigliato in questo mondo:
le passioni cattive sono lacci difficili da slegare.

43. Come una vite che non porta frutti buoni


viene tagliata perché il terreno non resti improduttivo,
così pure sarà sradicato chi non dà frutti di Spirito Santo.

44. Come è difficile che un uomo colpito da un dardo


non ne riceva un danno, così è impossibile che un monaco
che abbia accolto un pensiero cattivo non ne sia rovinato.

45. Come chi va fuori dalla retta via


si smarrisce in una regione sconosciuta,
così pure un uomo erra se non crede
alla consustanziale Trinità.

46. Come ognuno, pur essendo diviso in tante parti,


è uno per natura, così pure la Santa Trinità,
anche se si distingue in persone e ipostasi, è una per natura.
Non potresti comprendere la natura di Dio,
neppure se potessi volare con le ali;
Dio è incomprensibile, perciò è anche il creatore nostro.
Esortazione a i monaci, 40-54 67

47. Come un vaso che è stato fabbricato ignora l’origine


e la natura di colui che l’ha prodotto, così anche un uomo
non potrà scoprire il principio e l’essenza di Dio.

48. Non affaticarti inutilmente sulla Trinità, ti basta credere


e adorare: colui infatti che si mette ad indagare non crede.

49. Procuratevi la sapienza non il denaro,


fatevi una veste che splende di Cristo Signore nostro,
più di un qualsiasi abito di tessuto finissimo
perché questo possesso non vi gioverà nel giorno della morte.

50. Come un fuoco divora la boscaglia,


così ogni peccatore sarà divorato dal fuoco perenne
che non può finire: costui sarà saggiato eternamente.

51. Niente di grande, se siamo stati giusti,


per il fatto che siamo stati creati in principio da Dio
come cosa molto buona h, e noi questo dovremo diventare.

52. Chi vive contro natura non serba i precetti di Dio.

53. Tutta la sapienza sta nel timore del Signore*,


tutta quell’educazione che non insegna la legge del Signore
è stoltezza e follia.

54. Fede e battesimo non ti libereranno dal fuoco eterno,


senza opere di giustizia. Se infatti ti sei conformato
a Cristo, medita i suoi precetti e se credi nel futuro
impegnati per la vita eterna e temi la spada folgorante i:
se non custodisci correttamente i precetti di Dio
non dire di te che sei uomo di fede.

h Cf. G en 1, 31. ‘ C f.P r 9 , 10. iC f .G e n 3 ,2 4 .


Evagrio Pontico

55. Ogni creatura ottempera al precetto di Dio, solo l’uomo,


per il quale tutto è stato fatto, non obbedisce.

56. Non offriremo niente a Dio, se conserveremo


noi stessi casti, ma ci procureremo la vita
e l’indicibile godimento11 dei beni eterni.

57. Non dire: «Non posso custodire il mandato di Dio


per via del padre, per via della madre, per via della moglie,
per via dei figli o per via di qualcun altro» k. Non saranno
questi infatti che ti salveranno dall’ira imminente1
e da ogni verme mche non muore12. Chiunque si oppone
all’azione positiva dei precetti di Dio
e delle virtù sia per te spregevole e odioso:
con uno simile non è bello neppure mangiare.

58. Ognuno che ascolta l’insegnamento di Dio


e non lo mette in pratica riceverà molte percosse n,
in quanto costui pur conoscendo la volontà del Signore
non ha agito in base ad essa;
la disobbedienza di chi respinge la parola di Dio sarà punita,
invece chi ascolta e mette in pratica la volontà del Signore è felice
in quanto sarà partecipe della vita eterna.
Amen13.

k Cf. Le 14, 26. *Cf. R m 2 ,5. mCf. Me 9, 48. " L e 12,47.

b: «sollievo».
12 II riferimento è al giudizio di Dio.
13 Q uesto pensiero finale è un’aggiunta di b.
SENTENZE PARENETICHE i

1. Principio di salvezza il condannare se stessi.

2. Meglio lanciare una pietra a caso che una parola.

3. Fa’ a tutti come tu vuoi che tutti [facciano a te ]a2.

4. Pratica la giustizia più nei fatti che a parole.

5. Pio non è chi è compassionevole con molti


ma chi non reca ingiustizia a nessuno.

6. Meglio vivere su un pagliericcio e stare tranquilli


che avere un letto d’oro ed essere turbati.

7. Dolce quell’amico che nutre l’anima3.

8. Venera Dio con le opere, lodalo con le parole


e onoralo con i pensieri.

9. La saggezza, lo stile di vita e la nobiltà d’animo fanno un


sacerdote.

10. Pessima cosa è essere servi di turpi passioni.

a Cf. M t7 , 12; L e 6 ,3 1 .

1Capita paraenetica , C P G 2443.


2 Seguo E ; Pg, più direttamente: «com e vuoi che tutti [facciano] a te».
3b: «che non mette scompiglio nell’anima».
70 Evagrio Pontico

11. Insegna la virtù con le parole,


ma proclamala con i fatti.

12. Stima che è bello non l’avere una virtù


ma [il servirsene] come si deve.

13. Rispettando la legge, vivrai secondo la legge.

14. Straniero è chi è estraneo alle cose del mondo4.

15. Chi prova invidia per le cose del mondo


reca danno a se stesso; chi parla male di un altro
si fa male da sé5.

16. Non adulare un ricco e non irritarlo.

17. Il vino corrobora il corpo,


la parola di Dio l’anima.

18. Consumare non i cibi buoni ma quelli che fanno bene.

19. Se cercherai di piacere alla gente,


finirai per assomigliare ad essa.

20. Più di tutto mortifica il corpo.

4L’estraneità, xenitéia, che deriva dall’aggettivo xénos di questa senten­


za, è una condizione che il monaco deve perseguire nella sua ricerca ascetica:
essa equivale a un doppio tipo di straniamento, quello fisico dai propri luoghi
e quello esistenziale di distacco dalle cose del mondo, come è anche qui affer­
mato; sullo stesso tema cf. Eul. 2.
5Pg omette «p er le cose del m ondo». L a versione latina riprodotta nel
Migne, che riprende l’edizione di Fronton le D ue (Biblioteca veterum Patrum,
Paris 1624, t. II, p. 1168), aggiunge inscius, «inconsapevolmente».
Sentenze perenetiche, 11-24 71

21. A chi è operoso non avanza tempo6.

22. Non accogliere soltanto la forma esteriore del cristiano,


ma anche il sentire dell’anima.

23. È un peccato prendersela con Dio che non ha colpa.

24. Grande il pericolo delle orecchie e della lingua.

6 Seguo Pg; si può notare come, anche adottando E: «A chi è operoso


avanza tem po», la sentenza ha ugualmente un valore pregnante e significativo.
SENTENZE SPIRITUALI»

1. È assurdo che chi cerca gli onori fuggà le fatiche,


attraverso le quali gli onori si ottengono.

2. Vuoi conoscere Dio? Comincia a conoscere te stesso.

3. Vero amico è chi condivide le difficoltà2.

4. È intollerabile aver fatto piccole cose e avere una grande


idea di sé.

5. In assoluto la supponenza impedisce la conoscenza.

6. Un demone ti fa vivere in modo irragionevole.

7. La nobiltà d’animo si vede dalla tensione spirituale.

8. Mostra di essere devoto a Dio chi non parla contro se stesso.

9. Tempio di Dio, un uomo irreprensibile.

10. Pessimo guadagno una vita riprovevole.

11. D i’ quello che si deve e quando lo si deve


e non sentirai quello che non si deve.

1Spiritales sententiae per alphabeticum dispositae, C P G 2444; b unisce


e fonde insieme questa serie di sentenze e la successiva, cf. Muyldermans 1,
p. 221.
2 L a versione latina del Migne propone: qui occasionum prosperam oppor­
tunitatem communicat, «chi condivide il momento favorevole».
Sentenze spirituali, 1-24 73

12. Ottimo acquisto un amico che non sbaglia.

13. Malattia dell’anima una mente che cerca la gloria.

14. Lo straniero e il povero sono le medicine di Dio.

15. Chi accoglie costoro3 presto recupererà la vista.

16. Bello è fare del bene a tutti, in modo particolare a chi


non può contraccambiarea.

17. Chi parla di giustizia è come un bicchiere di acqua fredda.

18. Temperanza e mitezza, i cherubini.

19. La stima nella vecchiaia è la conseguenza dell’essere stati


operosi prima della vecchiaia; l’essere attivi nella giovinezza
è una garanzia per essere stimati nella vecchiaia4.

20. Parte superiore dell’anima: la contemplazione autentica.

21. Amando ciò che non si deve, non si amerà ciò che si deve.

22. Meglio procurarsi oro non buono che un amico falso.

23. Un’anima pura dopo Dio, Dio.

24. O quanto bisogna stare alla larga dall’amor proprio


che ha in odio tutto!

a Cf. Le 14,12.

3 II riferimento è alla sentenza che precede.


4 N el Migne questo detto viene diviso in due all’altezza di « l’essere atti­
vi. ..», per cui la serie alfabetica risulta alterata in quanto presenta 25 sentenze
(cf. P G 40, 1269); per la sequenza corretta cf. Elter , p. LUI.
ALTRE SENTENZE i

1. Principio di carità è la risposta alla gloria.

2. È bello diventare ricchi in mitezza e carità.

3. Distruttore di virtù, un pensiero orgoglioso.

4. La via piana proviene dalla misericordia.

5. Giudice ingiusto, una coscienza sporca.

6. È orribile essere servi delle passioni della carne.

7. Se vuoi vivere senza affanni, cerca di piacere a Dio.

8. Chi si prende bene cura di sé,


è oggetto di cura da parte di Dio.

9. Un cuore saggio è un porto di contemplazione.

10. Quando vuoi sapere chi sei, non fare un confronto


con quello che eri, ma con quello che sei diventato dall’inizio.

11. Un lago secco, l’anima che cerca la fama.

12. L’anima superba, una taverna di ladri,


che aborre il richiamo della conoscenza.

1Aliae sententiae, C P G 2 4 4 5 ; cf. nota 1 a. Sentenze spirituali.


Altre sentenze, 1-26 75

13. Un brutto errore di un uomo giusto


è non conoscere le Scritture.

14. Se temi Dio, lo sai dalle lacrime.

15. Un’arma indistruttibile l’umiltà d’animo.

16. Albero da giardino l’uomo virtuoso.

17. Cristo è legno di vita. Tratta con lui come si deve


e non morirai in eterno.

18. Fa’ del bene a chi è davvero povero


e ti nutrirai di Cristo.

19. Forza autentica è mangiare il corpo di Cristo.

20. Se ami Cristo, non dimenticherai2


di osservare i suoi precetti.

21. Da ciò3 si vede chi è, dopo Dio, uno che fa il bene.

22. Chi è amico secondo Dio fa scorrere il latte


e il miele dei suoi discorsi veri.

23. Un’anima pigra non avrà un amico che sia tale.

24. Un signore crudele, un pensiero che si abbandona alla voluttà.

25. Tacere la verità è come seppellire oro.

26. Chi teme Dio fa tutto secondo Dio.

2 Pg: «non dimenticare».


3 II riferimento è alla sentenza che precede.
Evagrió Pontico
GLI OTTO SPIRITI DELLA MALVAGITÀ
G LI OTTO SPIRITI D ELLA MALVAGITÀ i

I. S u l l a g o l a

Principio del portare frutto è il fiore; principio della pratica2 è la


temperanza. Chi è vinto dal ventre, è soggiogato dalle passioni;
sconfitto dai cibi accresce i piaceri. Prima delle nazioni è Ama-
lek a3, prima delle passioni è la gola. Materia del fuoco è la legna,
materia della gola i cibi. Tanta legna fa un fuoco grande, cibo in
abbondanza alimenta il desiderio. La fiamma si affievolisce se vie­
ne a mancare l’alimento, la scarsità di cibi estingue il desiderio. Chi
è padrone della mascella, uccide gli stranieri e facilmente spezza
le catene dalle sue mani. Chi si è liberato della mascella, ha fat­
to nascere una fonte d’acqua4 e, essendo stata inattivata la gola,

a Cf. N m 24 ,2 0 .

1D e octo spiritibus malitiae , C P G 2451.


2 Con questo vocabolo si traduce il termine greco praktiké, che in Evagrio
ha un significato decisivo in quanto con esso si intende il processo di liberazione
dalle passioni intrapreso dal monaco. Esso costituisce il primo momento del suo
percorso ascetico al quale segue la gnósis, la conoscenza oppure la scienza di
Dio. Come fa notare Bunge, alla base di un cammino spirituale è l’intuizione
fondamentale di Evagrio per la quale «non c’è vera conoscenza di Dio senza la li­
berazione dalle passioni che snaturano il vero essere dell’uomo» (Lettere, p. 11).
3 II riferimento è all’origine molto antica di questo popolo.
4 Q ueste immagini fanno riferimento all’episodio di Sansone che ser­
vendosi di una mascella come clava, dopo essersi liberato dai lacci che lo le­
gavano, «uccide con essa mille uom ini» e dopo averla gettata trova una fonte
d ’acqua per soddisfare la sua sete (cf. Gdc 15, 9-20). L’allegoria può essere
interpretata riferendosi al fatto che il dominio sulla gola impedisce l’accesso
ad altre passioni e l’affrancarsi da essa dà adito a un percorso ascetico di puri­
ficazione che Evagrio definisce di «contemplazione pratica».
80 Evagrio Pontico

egli ha posto le basi per la contemplazione pratica. Un paletto da


tenda che giunse sulla mascella uccise il nemico b5 e una parola
di temperanza ha ucciso la passione. Voglia di cibi è presupposto
della disobbedienza e un gradevole assaggio determinò la cacciata
dal paradiso6. Cibi sontuosi dilettano il gozzo e nutrono il verme
insonne della smoderatezza. Uno stomaco vuoto dispone a vegliare
in preghiera, uno pieno invece porta molto sonno. I sensi vigili
richiedono un regime alimentare strettissimo, uno stile di vita mol­
le immerge la mente nell’abisso. La preghiera di chi digiuna è un
piccolo d’aquila che vola in alto, quella invece di chi gozzoviglia,
appesantita dalla sazietà, è spinta verso il basso. La mente di chi
digiuna è un astro che brilla nel cielo, quella del crapulone è celata
da una notte oscura: una nuvola nasconde i raggi del sole e la som­
ministrazione abbondante di cibi ottenebra la mente.
Uno specchio sudicio non riflette distintamente la forma dell’og­
getto e un intelletto allentato dalla sazietà non è capace della
conoscenza di D io7. Terra incolta produce spine e la mente del
goloso sviluppa cattivi pensieri. Non è possibile sentire profumi
nella melma né nel goloso fragranza di contemplazione. L’occhio
del goloso scruta i conviti, l’occhio di chi è temperante i convegni
dei sapienti. L’anima del goloso si compiace8 delle memorie dei
martiri, quella di chi è temperante imita le loro vite. Un soldato
pavido trema di fronte alla tromba che annuncia il combattimen­
to, il goloso di fronte all’annuncio della moderazione. Un monaco
goloso è soggetto al ventre e, sferzato [da esso], deve versare un
quotidiano tributo. Un viandante veloce rapidamente giungerà in

b Cf. G dc 4 ,2 1 .

5 Nel racconto biblico il picchetto trapassa la tempia di Sisara.


6 Cf. il racconto della caduta nel cap. 3 del libro della Genesi.
7 II termine gnósis nel lessico evagriano ha un significato particolare.
Successivo alla pratica , esso costituisce il secondo segmento del suo itinerario
ascetico e indica la vita conoscitiva o la scienza, articolata in una fisica , quando
si ferma a considerare la natura, e in una teologia, quando arriva alla contem­
plazione di Dio.
8 Pg: «enumera».
G li otto spiriti della malvagità, I 81

città, un monaco moderato la condizione di pace; un viandante


lento si fermerà nel deserto senza un tetto, il monaco goloso non
arriverà alla casa dell’impassibilità9. Il fumo dell’incenso fa odoro­
sa l’aria, la preghiera di chi è temperante profuma di D ioc. Se cedi
alla brama dei cibi, niente sarà sufficiente a soddisfarne il piacere:
un fuoco è infatti il desiderio di cibi, che sempre prende e sempre
arde. Una misura adeguata ha riempito il vaso, un ventre sfonda­
to non dice: «Basta». Le mani sollevate [di Mosè] sbaragliarono
Amalek d, azioni elevate10 vincono le passioni della carne.
Annienta in te tutto ciò che spira malvagità e mortifica con forza le
tue membra di carne. Allo stesso modo in cui un guerriero ucciso
non ti trasmetterà paura, così un corpo mortificato non recherà
disturbo alla tua anima. Un corpo morto non conosce il dolore del
fuoco, né il temperante [avverte] la voluttà della morta bramosia.
Se percuoti l’Egiziano e lo nascondi nella sabbiae, non impinguare
neppure il corpo per la vittoria sulla passione, infatti come ciò che
è stato sepolto germina in terra grassa, così la passione rispunta
in un corpo adiposo. Un fuoco spento si riaccende se prende dei
fuscelli, la voluttà sopita si infiamma con cibo a sazietà. Non aver
compassione di un corpo che si lamenta per la debolezza e non
ingrassarlo con cibi ricercati. Infatti qualora riprenda vigore, si le­
verà contro di te e ti farà una guerra senza tregua finché non avrà
fatto prigioniera la tua anima e ti avrà reso servo del vizio della
lussuria. Un cavallo docile è un corpo tenuto a stecchetto e non
disarciona mai chi lo cavalca; quello infatti si tira indietro quando

c Cf. 2 Cor 2, 15. d Cf. E s 17, 8-15. e Cf. E s 2, 11-12.

9 II concetto di apdtheia , se nella filosofia stoica rinvia al significato di


assenza di passioni, in Evagrio assume una connotazione particolare che lo
lega a un processo dinamico di affrancamento dalle stesse. Non si tratta di
mantenere l'impassibilità e l’imperturbabilità di una inanimata pietra (è que­
sta la critica che gli rivolge san Girolamo, Ep. 133, 3; P L 22, 1151), ma di un
confronto continuo e instancabile con le passioni, cosa che costituisce l’essen­
za stessa della praktiké, per distaccarsene e separarsene ed arrivare al possesso
della virtù.
10 Pg nella versione latina chiarisce: «cioè rivolte a D io».
82 Evagrio Pontico

viene stretto dal morso e ubbidisce alla mano del cavaliere, il corpo
invece è domato dalla fame e dalla veglia e non recalcitra davanti
alle decisioni di chi lo monta, né nitrisce agitato da un moto pas­
sionale.

II. S u l l a lu s su r ia

La temperanza genera la continenza, la gola è madre della intem­


peranza. L’olio alimenta la fiamma della lucerna e l’incontro con
donne infiamma la torcia della voluttà. La violenza dei marosi fa
fluttuare un’imbarcazione non zavorrata e un pensiero11 di lussu­
ria una mente incontinente. Chi lotta contro lo spirito della lussu­
ria non prenderà come alleata la sazietà12, l’allontanerà ed essa si
metterà con gli avversari e fino alla fine combatterà con i nemici.
Non resta ferito dai dardi del nemico chi ama la quiete13, chi va
con la gente riceve colpi continui. La vista di una donna è una
freccia avvelenata, essa ha colpito l’anima e ha inoculato il tossico,
e quanto più a lungo dura tanto più grande è l’infezione. Chi si
guarda da questi dardi, non si reca alle riunioni di popolo, né si
aggirerà per le feste con la bocca spalancata; meglio starsene a casa
dedicandosi alle preghiere che, credendo di onorare le festività,
passare alle dipendenze dei nemici. Evita gli incontri con le don­
ne, se vuoi essere continente e non dare loro il permesso di aver
mai confidenza con te. In principio infatti hanno oppure simulano

11 II vocabolo loghismós è specifico del lessico di Evagrio. Nella sua dot­


trina «un pensiero» (loghismós ) è lo strumento di cui si servono i demoni per
la tentazione. E sso indica «il modo con cui agiscono i demoni sull’uomo e
l’estensione dei loro poteri» (A. e C. Guillaumont, Démon, p. 201).
12 Pg, molto meno chiaramente: « L a lussuria prenderà come alleata la
sazietà, ec c...».
13 Si traduce in questo modo o altrove, a seconda del contesto, con termi­
ni analoghi che fanno riferimento al campo semantico generato dal vocabolo
greco hesychia, che corrisponde presso i padri del deserto a uno stato silenzioso
di contemplazione e di raccoglimento, alimentato da una ininterrotta orazione
del monaco in Dio.
G li otto spiriti della malvagità, I-II 83

rispetto, ma dopo sono capaci di tutto spudoratamente. Durante


il primo incontro tengono lo sguardo basso, parlano dolcemente
e piangono con comunanza d’affetto, si presentano in abiti sobri,
sospirano amaramente, chiedono sulla castità e ascoltano attenta­
mente. Se le vedi una seconda volta, sollevano un po’ più in alto la
testa. La terza si accostano senza pudore, se hai fatto un sorriso, e
anch’esse si mettono a ridere smodatamente; si fanno un po’ belle
e con te si mostrano eleganti, si truccano il viso, annunciando la
passione, si allungano le sopracciglia, battono le palpebre, denu­
dano il collo, si atteggiano con tutto il corpo, fanno discorsi che
eccitano la passione e parlano con una voce che incanta l’udito,
finché non hanno assediato completamente l’anima. Queste cose
diventano per te degli ami con esche che ti attirano verso la morte
e reti con molte maglie che ti portano alla rovina. Non farti trarre
in inganno se esse si servono di discorsi a modo, perché in loro si
cela il veleno maligno dei serpenti.
Meglio che ti accosti a un fuoco ardente, piuttosto che a una gio­
vane donna, se sei giovane anche tu. Infatti se ti sei avvicinato al
fuoco, avendo provato dolore, rapidamente ti ritrarrai, invece se
le parole di una donna ti avranno reso molle, non facilmente riu­
scirai a farti indietro. Fiorisce un’erba che sta vicino all’acqua e la
passione della incontinenza nell’incontro con donne. Chi si riem­
pie lo stomaco e va dicendo di essere continente è simile a chi dice
di poter frenare la forza del fuoco con la paglia. Infatti allo stesso
modo in cui non è possibile arginare la violenza del fuoco che di­
vampa nella stoppia, così è impossibile far cessare il moto dell’in­
continenza che si infiamma con la sazietà. Una colonna poggia
sul basamento, la passione della lussuria riposa sulla sazietà. La
nave battuta dalla tempesta si affretta verso il porto e l’anima di
chi è continente va in cerca di luoghi deserti; l’una fugge i marosi
che minacciano pericoli, l’altra le forme delle donne che con do­
glie recano la rovina. Una forma che si presenta bene sprofonda
peggio di un flutto: a questo infatti si può scampare nuotando per
spirito di conservazione, la forma della donna invece, ingannan­
do, fa disprezzare la vita stessa. Un rovo solitario sfugge senza
danno alla fiamma del fuoco e chi è continente, essendosi separato
84 Evagrio Pontico

dalle donne, non viene infiammato dalla passione della dissolutez­


za. Infatti come il ricordo del fuoco non brucia la coscienza, così
neppure una passione ha vigore, se non è presente la materia.
Se avrai compassione del nemico, ti sarà avverso e qualora tu abbia
riguardo di una passione si rivolterà contro di te. La vista di una
donna stimola alla voluttà l’incontinente e invece muove il conti­
nente a glorificare Dio. Se hai calmato la passione negli incontri
con le donne non prestare fede ad essa pur se ti annuncia l’impas­
sibilità. Il cane infatti muove la coda quando viene trascurato dalla
gente, però andando avanti mostra la propria cattiveria. Quando
un ricordo di donna genera indifferenza e la fantasia di lei non
muove la passione14, allora considera che sei giunto alle soglie del­
la continenza. Quando una sua immagine ti spinge a contemplarla
e puoi collegare il suo corpo alle qualità dell’anima allora credi di
essere nel possesso della virtù15. Tuttavia non indugiare su simili
pensieri e non fare a lungo mentalmente familiarità con una figura
di donna, la passione infatti ama tornare indietro e ha vicino a sé il
pericolo. Come infatti un’adeguata fusione purifica l’argento e se
dura di più facilmente lo brucia16 e rovina, così una fantasia che si
attarda distrugge uno stile di vita improntato alla continenza. Non
presentare alla mente una fantasia di donna, perché non si sviluppi
una fiamma di voluttà17 e incendi il campo dell’anima tua. Infatti
come una scintilla che cova nella paglia fa sviluppare un fuoco,
così un ricordo di donna che permane accende il desiderio.

14 [e la fantasia... passione] manca in Pg.


15 [puoi... virtù] seguo EC c. Pg presenta un testo molto differente: «i
suoi dardi ti cingono l’anima, allora considera che sei finito fuori dalla virtù».
16 [brucia] manca in Pg.
17 [N on ... voluttà] seguo E; Pg: «N on stabilire a lungo un contatto con
l’immagine di un volto, per non accendere dentro di te una fiamma di voluttà».
G li otto spiriti della malvagità, II-III 85

III. S u l l ’a v a r iz ia

L’avarizia è la radice di tutti i m alif e nutre come rami maligni le


altre passioni; se tagli un ramo ne fa venire subito un altro18 e non
permette che si secchi quello che da lei è sbocciato. Chi vuole uc­
cidere il vizio deve strappare la radice. Infatti se perdura l’avarizia,
non serve a niente recidere i rami, perché qualora vengano tagliati,
subito ricrescono. Un monaco assai ricco è simile a una imbarca­
zione carica, che nel turbine dei marosi facilmente viene affondata,
infatti come una nave stracolma viene sommersa da ogni onda, così
un monaco agiato viene sprofondato dalle preoccupazioni. Un mo­
naco povero è come un viandante spedito che trova in ogni luogo
dimora. Un monaco che non ha niente è come un’aquila che vola
in alto la quale, quando la obbliga la necessità, allora scende giù in
cerca di alimento. Costui è tale da essere superiore a ogni tentazio­
ne, disprezza ciò che ha davanti e si leva fiero, staccandosi dalle co­
se terrene e frequentando quelle celesti s. Egli infatti ha un’ala agile,
non appesantita da preoccupazioni: se sopraggiunge una tribola­
zione, senza rattristarsi, abbandona [quel] posto. Si approssima la
morte, di buon animo se ne va, non essendo legata l’anima a nessun
vincolo terreno. Chi molto possiede invece è irretito dalle cure ed è
come un cane legato alla catena. Qualora sia obbligato a spostarsi,
si porta in giro, carico pesante e inutile fastidio, il ricordo delle ric­
chezze, viene punto dalla tristezza e soffre fortemente all’idea: ha
abbandonato gli averi ed è sferzato dall’afflizione. Se sopraggiunge
la morte miseramente lascia le cose presenti, rende l’anima ma non
stacca gli occhi dagli affari, viene trascinato contro voglia come uno
schiavo fuggitivo; è separato dal corpo ma non dai traffici: il vizio lo
trattiene più di chi lo trascina.
Il mare non è mai pieno, anche se accoglie fiumi in quantità11, e la
bramosia dell’avaro non si sazia mai di ricchezze. Ha raddoppiato
gli averi e desidera raddoppiarli ancora senza mai arrestarsi nella

f lT m 6 ,1 0 . B C f.C o l3 .l- 2 . h Cf. Q o l , 7 .

18 [se tagli... altro] manca in Pg.


86 Evagrio Pontico

moltiplicazione, finché non venga la morte ad interrompere questo


vano impegno. Un. monaco sensato porrà attenzione alle necessità
del corpo e soddisferà il bisogno dello stomaco con pane ed acqua,
senza tener dietro ai ricchi per il piacere del ventre e senza asser­
vire la mente libera a molti padroni. Gli bastano infatti le mani ‘
a provvedere al [suo] corpo e a soddisfare sempre ai bisogni fisi­
ci. Un monaco povero è un lottatore che non si fa prendere e un
corridore agile che rapidamente ottiene il premio della chiamata
divinai. Un monaco che ha tanto gioisce per le molte rendite, quel­
lo senza risorse per i riconoscimenti che gli derivano dalle buone
azioni. Il monaco avaro si dà assai da fare, quello povero si dedi­
ca alle preghiere e alle letture. Il monaco avaro riempie i forzieri
d’oro, quello povero accumula il suo tesoro in cielo k. «Maledetto
chi si fa un idolo e lo pone in luogo occulto»1parimenti anche chi
ha il vizio dell’avarizia: uno infatti adora un inutile falso e l’altro
coltiva dentro di sé una fantasia di ricchezza.

IV. S u l l ’i r a

L’ira è una passione folle, facilmente sconvolge chi la possiede19,


rende feroci gli animi, spinge a evitare ogni incontro. Un vento for­
te non smuoverà una torre e la collera non ghermirà un animo cal­
mo. L’acqua è agitata dalla violenza dei venti, l’irascibile è turbato
da pensieri stolti. Il monaco iroso è un porco selvatico e solitario20;
se vede qualcuno, mostra i denti. Il levarsi della nebbia rende den­
sa l’aria, lo scatto d’ira [fa lo stesso con] la mente dell’iracondo.

‘ Cf. At 2 0 ,3 4 . i C f . E f 3 , 14. k Cf. M t 6 , 19-20. 1C f . D t 2 7 , 15.

19 Seguo C ; Pg: «sconvolge chi è dotato di scienza».


20 «Selvatico e solitario» manca in Pg. È curioso notare come nella tra­
duzione latina fornita a fronte (la versione confluita nel Migne è quella del
Suarès, cf. P G 79, 1349-1351) rimanga traccia di questo passaggio: aper est
silvestris et solitarius , il che lascia pensare che il manoscritto greco utilizzato
da Suarès sia diverso e che il testo greco a stampa sia mutilo (cf. Muyldermans
2, p. 255).
G li otto spiriti della malvagità, III-IV 87

Una nuvola di passaggio oscura il sole e un pensiero che serba


rancore oscura la mente. Un leone, quando è in gabbia, scuote i
cardini della porta in continuazione, il collerico in cella [ha] pen­
sieri d’ira. Piacevole visione un mare calmo, ma non più piacevole
di uno stato d’animo sereno: infatti nel mare calmo nuotano i del­
fini e in un animo tranquillo nuotano pensieri divini. Il monaco
generoso è una fonte quieta, che offre a tutti acqua gradevole, la
mente dell’iracondo invece è sempre disturbata e non fornirà ac­
qua a chi ha sete e se lo farà21 questa è torbida e inservibile. Gli
occhi dell’irascibile sono agitati e iniettati di sangue, messaggeri di
un cuore turbato. Il volto invece del generoso è tranquillo22 e gli
occhi miti guardano verso il basso.
La mitezza viene ricordata da D io 111 e un’anima che non si adira
diviene tempio dello Spirito Santo. Cristo posa il capo23 su uno
spirito generoso e una mente serena diventa dimora della santa
Trinità. Volpi fanno la tana in un’anima che serba rancore e be­
stie feroci si nascondono in una mente agitata. Un uomo onesto
evita un albergo sconveniente e Dio un cuore che serba rancore.
Una pietra cadendo agita l’acqua e un discorso ignobile il cuore di
un uomo. Tieni lontano dalla tua anima i pensieri d’ira, la collera
non prenda dimora nel tuo cuore e non essere turbato durante la
preghiera. Infatti nello stesso modo in cui il fumo delle stoppie
disturba gli occhi così il rancore [disturba] la mente nel tempo
della preghiera. I pensieri del collerico sono progenie di vipera e si
mangiano il cuore che li ha generati24. La preghiera del collerico
è un odore repellente e la salmodia dell’iracondo è un suono spia-

mCf. Sai 131,1 (LX X ).

21 Pg: « e qualora lo faccia».


22 Pg premette «giustamente».
23 « L e volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il
Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo» (M t 8, 20). La similitudine di
Evagrio continua nella frase successiva.
24 Così Basilio M agno riferisce questa leggenda: «S i racconta che le vi­
pere quando nascono divorino il ventre della m adre» (Homilia II in psalmum
XIV, 3; P G 29,273).
88 Evagrio Pontico

cevole. L’offerta di chi serba rancore è un sacrificio irritante e non


sarà portata all’altare per l’aspersione. Il collerico fa sogni agitati
e l’iracondo si figura belve che si avventano. L’uomo generoso ha
in visione assemblee di santi angeli e chi non serba rancore pratica
discorsi spirituali e di notte riceve le soluzioni dei misterin.

V. S u lla tr iste z z a

Il monaco triste non conosce il piacere spirituale. La tristezza è ab­


battimento d’anima ed è in relazione con pensieri d’ira. La collera
infatti è desiderio di vendetta; se la vendetta fallisce si produce la
tristezza. La tristezza è la bocca del leone che facilmente ingoia chi
è rattristato. La tristezza è un verme del cuore che divora la madre
che lo ha generato. La madre che partorisce un bambino ha dolore
ma quando ha partorito il dolore scompare. La tristezza generata
invece causa un grande travaglio e permanendo dopo il parto reca
non poca afflizione °. Il monaco triste non conosce il piacere spiri­
tuale25 così come chi ha la febbre alta non sente il sapore del miele.
Un monaco triste non si spingerà con la mente alla contemplazio­
ne26 e non pronuncia una preghiera pura27. La tristezza è un osta­
colo per ogni bene. Una catena ai piedi è d’impaccio nella corsa e
la tristezza è un impedimento per la contemplazione. Il prigioniero
è messo ai ferri dai barbari e la tristezza è un prigioniero che è le­
gato dalle passioni. La tristezza non ha vigore se non sono presenti
le altre passioni. Chi è preso dalla tristezza è vinto dalle passioni e
porta la catena come prova della sconfitta. La tristezza infatti sorge

n Cf. Sai 15,7. °C f. Gen 16,21.


25 Pg: «gioia spirituale».
26 Nel lessico evagriano il termine contemplazione (theoria) ha un parti­
colare significato in quanto definisce la condizione del monaco che si è libera­
to, attraverso la praktiké, delle passioni e può finalmente giungere alla visione
di Dio; per la gradazione allm terno della theoria cf. L a preghiera , a cura di V.
Messana, T P 117, p. 45 e supra nota 22 in Sentenze a i monaci.
27 Cf. supra nota 9 in Esortazione ai monaci.
G li otto spiriti della malvagità, IV-V 89

come frustrazione di un desiderio della carne28 e un desiderio è


legato ad ogni vizio. Chi ha vinto il desiderio ha vinto le passioni e
chi ha vinto le passioni non è soggiogato dalla tristezza. Chi è tem­
perante non si rattrista per la mancanza di cose da mangiare, né
chi è continente per non aver soddisfatto una passione29 dissoluta,
né il mite per non aver ottenuto vendetta, né l’umile per essere
stato privato di un umano riconoscimento, né chi non è avaro per
aver subito una perdita; essi infatti possibilmente hanno evitato di
desiderare queste cose. Come chi indossa una corazza non viene
colpito da un proiettile, così chi non è soggetto alle passioni non
viene ferito dalla tristezza.
Lo scudo è una sicurezza per il soldato, la torre per la città. L’im­
passibilità30 è più sicura di entrambi per il monaco. Spesso infatti
un dardo penetra31 lo scudo, se vibrato con forza, e il gran numero
di combattenti32 abbatte un muro, ma la tristezza non ha la meglio
sull’impassibilità. Chi domina le passioni domina la tristezza, inve­
ce chi si fa vincere dalla passione non sfuggirà ai suoi lacci. Chi è
continuamente triste e fìnge impassibilità è simile ad un malato che
simula di essere sano. Infatti come il malato lo si vede dal colore,
così chi è coinvolto nelle passioni33 lo si riconosce dalla tristezza.
Chi ama il mondo si rattristerà per molte cose e chi disprezza ciò
che è in esso sarà sempre lieto. L’avaro, se ha subito una perdita, si
affliggerà amaramente, chi invece disprezza le ricchezze non avrà
affanni. Il vanaglorioso si rattristerà se cade nel disonore, l’umile
invece lo accoglierà e saprà convivere con esso. La fornace rende
puro l’argento grezzo e la tristezza secondo Dio un cuore nel pec-

28 Alcuni codici (CESt) riportano solo «di un desiderio» e in questo sen­


so si avvicinano maggiormente alla definizione di tristezza riportata in Practic.
19 come «privazione di un piacere» (σ τέρ η σ ις ήδονής, SC 171, 546).
29 Altri codici: «piacere».
30 Cf. supra nota 9 in § I. Sulla gola.
31 Altri codici: «trapassa».
32 Altri codici: «nem ici».
33 L’aggettivo usato da Evagrio è empathés, cf. la definizione che ne dà
nel trattato ad Eulogio: «N o n soggetto alle passioni dell’anima (apathés) è chi,
passando per tanti combattimenti, le ha vinte, mentre ancora coinvolto in esse
(iempathés) è chi dice di aver raggiunto la virtù senza lottare» (E u l, cap. 3).
90 Evagrio Pontico

cato. Una continua fusione degrada il piombo e la tristezza del


mondo danneggia la mente34. La caligine fiacca l’efficienza degli
occhi e la tristezza ottunde una mente contemplativa; i raggi solari
non penetrano nella profondità dell’acqua e la luce della contem­
plazione35 non illumina un cuore rattristato. Il sorgere del sole è
un fatto gradito a tutti gli uomini ma un’anima triste si dispiace
anche di questo36. L’ittero priva del senso del gusto e la tristezza
priva del senso dell’anima. Tuttavia chi non si cura dei piaceri del
mondo non sarà turbato da pensieri di tristezza.

VI. S u l l ’a c c id ia

L’accidia è atonia dell’anima, un’atonia dell’anima che non è se­


condo natura e non sa opporsi con forza alle tentazioni. Quello
che è il nutrimento per un corpo sano, questo è la tentazione per
un’anima forte. Il vento di borea nutre i germogli e le tentazioni
rinsaldano la fermezza dell’anima37. Una nuvola scarica d’acqua è

34 II concetto di tristezza secondo Dio (tristitia secundum Deum) elabo­


rato da Paolo (2 Cor 7,9-11) contiene in sé un progetto di ravvedimento e di
conversione (metànoia) che porta a un cambiamento radicale degli stili di vita
e conduce alla salvezza; in questo passaggio della Seconda lettera ai Corinzi
ad essa egli oppone la tristezza per le cose di questo mondo (tristitia saeculi),
che porta alla morte.
35 Pg meno chiaramente: «la contemplazione della luce».
36 A aggiunge: «chi ama il Signore sarà senza tristezza; infatti la perfetta
carità estromette la tristezza».
37 E questo un passaggio centrale deU’ascesi evagriana: il confronto con
le passioni e le tentazioni. Non si tratta di negare una passione, ma attraverso
il discernimento e la confessione (è il tema del trattato ad Eulogio) di instau­
rare un confronto continuo e instancabile con essa dal quale uscire rafforzati e
rinsaldati. I Detti dei padri del deserto hanno voluto conservare un apoftegma
di Evagrio che rappresenta la perfetta sintesi di questa dinamica spirituale
quando dice: «Togli la tentazione e non ci sarà nessuno che si salva» (A, Eva­
grio 5, 176) e ci restituisce in un passaggio folgorante l’essenza stessa della
praktiké monastica.
G li otto spiriti della malvagità, V-VI 91

portata via dal vento e una mente che non è costante38 dallo spirito
dell’accidia. La rugiada primaverile farà crescere il frutto del cam­
po e la parola spirituale eleva la condizione dell’anima. Lo spirito
dell’accidia39 spinge il monaco fuori dalla propria cella40, chi inve­
ce è perseverante rimane sempre nella quiete41. L’accidioso trova
il pretesto della visita agli infermi per realizzare il proprio scopo.
Il monaco accidioso è rapido nell’ufficio e considera un coman­
damento la propria soddisfazione. Una brezza leggera p piega una
pianta senza vigore42 e una fantasia di viaggio attira l’accidioso. La
violenza del vento43 non scuote un albero ben radicato e l’accidia
non curva un’anima stabile. Un monaco che va in giro è un fuscello
del deserto: riposa un po’ e di nuovo viene trasportato qua e là sen­
za volerlo. Una pianta trapiantata non produce frutto e un monaco
girovago non darà frutto di virtù. Chi è malato non sopporta un so­
lo alimento e il monaco accidioso un unico lavoro44. L’amante dei
piaceri non si accontenta di una sola donna e al monaco accidioso
non basta una cella sola.
L’occhio dell’accidioso fissa continuamente le finestre45 e la sua
mente si immagina dei visitatori. La porta cigola e quello fa un
balzo. Ha sentito una voce e corre ad affacciarsi alla finestra e non
si muove di là finché per il torpore non deve sedersi. L’accidioso,

P Cf. 1 Re 19,12.

38 Un apoftegma bellissimo della serie alfabetica dei Detti dei padri del
deserto così sintetizza questa paziente (da hypomoné, cf. supra nota 3 in Sen­
tenze a i monaci') disposizione d ’animo del monaco: «D ell’abate Pior [l’abate
Poemen] diceva che ricominciava ogni giorno» {A, Poemen 85, 341).
39 Pg: «Il flusso dell’accidia»; a commento di questa interpretazione
Muyldermans scrive: «Suarès traduce “Fluctus desidiae” cosa che evidentemen­
te non ha alcun senso» (Muyldermans 2, p. 255).
40 Seguo E ; C: «d al suo p osto»; Pg: «dalla propria casa».
41 Cf. supra nota 13 in § II. Sulla lussuria.
42 Pg: «debole».
43 Pg: «dei venti».
44 Altri codici esplicitano il verbo di questa proposizione: «e il monaco
accidioso non seguirà un unico lavoro».
45 Alcuni codici: «la porta».
92 Evagrio Pontico

leggendo, spesso sbadiglia e facilmente si fa prendere dal sonno,


si sfrega gli occhi, stende le mani e, levato lo sguardo dal libro,
prende a fissare il muro. Quindi torna a girarsi, legge un poco e
inutilmente si affatica a sillabare le terminazioni delle parole, conta
le pagine, calcola i quartini46, critica la scrittura e la decorazione.
Infine, chiuso il libro, lo mette sotto la testa e cade in un sonno non
tanto profondo perché poi la fame desta la sua anima e lo porta a
darsene pensiero. Un monaco accidioso è lento nella preghiera e
non pronuncia mai le parole dell’orazione. Infatti come chi è mala­
to non sopporta un peso grave, così pure l’accidioso non sarà solle­
cito nel compiere l’opera di Dio, dal momento che uno è debilitato
nelle forze del corpo e l’altro è allentato nel tono spirituale. Cura
l’accidia la costanza e il fare tutto con molta attenzione e timore di
D io47. Fissa per te una misura in ogni lavoro e non separartene pri­
ma di averlo completato; prega continuamente e intensamente48 e
lo spirito dell’accidia fuggirà da te.

VII. S u l l a v a n a g lo r ia

La vanagloria è una passione illogica che si intreccia facilmente


con ogni opera di virtù49. L’edera si attorciglia all’albero e quando
raggiunge la cima dissecca la radice. La vanagloria cresce accanto
alle virtù e non se ne separa finché non ne abbia fiaccato il vigo­
re. Un grappolo caduto a terra marcisce rapidamente50 e la virtù
perisce quando si insinua la vanagloria. Un monaco vanaglorioso

46 Un quartino corrisponde a una serie di quattro pagine risultanti da un


foglio piegato in due.
47 A aggiunge: «e pazienza».
48 Pg: «con intelligenza e vigore».
49 Pg a questo punto aggiunge due sentenze: «U na linea tracciata sull’ac­
qua scompare e lo sforzo della virtù in un’anima vanagloriosa. La mano nasco­
sta nel seno è diventata bianca (cf. E s 4, 6) e un’azione compiuta nel segreto
brilla più chiara della luce» che nella recensio longior figurano più sotto infra-
mezzate da un altro inserimento testuale (cf. infra nota 54).
50 Pg: «facilmente».
G li otto spiriti della malvagità, VI-VII 93

è un operaio senza salario, che ha faticato ma non ha ricevuto il


compenso. Una borsa bucata non tiene quello che vi si mette e
la vanagloria disperde i premi delle virtù. La temperanza del va­
naglorioso è fumo di fornace: entrambi si dissolvono nell’aria. Il
vento cancella le orme di un uomo e il vanaglorioso l’elemosina.
Una pietra lanciata non raggiunge il cielo e la preghiera di chi vuol
piacere agli uomini non salirà a Dio.
La vanagloria è uno scoglio a fior d’acqua, se ci vai contro perdi il
carico della nave. L’uomo prudente nasconde il tesoro e il monaco
sapiente gli sforzi di virtù. Il monaco accorto imita l’ape che porta
dall’esterno i nettari e lavora dentro il favo51. La vanagloria con­
siglia di pregare in piazza, chi la combatte invece prega nella sua
stanza <i. Lo stolto rende pubblica la sua ricchezza e così spinge
molti a tendere insidie contro di lui. Tu invece nascondi le tue cose,
nel viaggio infatti puoi incontrare i ladri, finché non giungerai alla
città pacifica e allora potrai godere di esse in sicurezza. Considera
la vita presente una strada piena di briganti e il tempo futuro una
città ben regolata. Non fare lo spavaldo sulla via perché questa è
una cosa sciocca e provoca facilmente chi prepara trappole. Quan­
do rapidamente sarai entrato in città, allora potrai usufruire senza
rischi di tutti i tuoi beni e nessuno potrà vanificare i tuoi sforzi52.
La virtù del vanaglorioso è un sacrificio di ossa spezzate53 e non
viene presentato all’altare di Dio. Una54 linea tracciata sull’acqua
scompare e lo sforzo della virtù in un’anima vanagloriosa. Di notte

q C f.M t 6,5-6.

51 [Il monaco accorto... favo] manca in Pg.


52 [C onsidera... sforzi] manca in Pg. Il termine pónos, con cui termina il
periodo, nella tradizione monastica greca indica lo sforzo, la fatica che diventa
il lavoro dell’asceta, l’impegno ascetico, tutte espressioni che hanno valore di
sinonimi per questo vocabolo (cf. Spir. 1).
53 Alla vittima pasquale non doveva essere spezzato alcun osso (cf. E s 12,
46 e Nm 9 ,1 2 e anche Gv 19, 33-37), quindi risulta vano il sacrificio di «ossa,
spezzate» del vanaglorioso.
54 L a recensio longior presenta qui le due sentenze che in Pg erano all’ini-
zio del capitolo sulla vanagloria, inframezzate da un’aggiunta testuale [Di not­
te. .. all’aperto] (cf. Muyldermans 2, p. 250 e supra nota 49).
94 Evagrio Pontico

mangia la carne della Pasquar senza rendere nota la temperanza


celata né manifestarla alla luce di fronte a molti testimoni, affinché
E padre che vede nel segreto ti dia la ricompensa all’apertos. La
mano nascosta nel seno è diventata bianca ' e un’azione compiuta
di nascosto brilla più chiara della luce. L’accidia allenta la tensione
spirituale, la vanagloria invece rafforza la mente che ha trascurato
Dio, ridona gagliardia a chi è malato e rende più vigoroso il vecchio
del giovane, a condizione che siano presenti molti testimoni dell’ac­
caduto. In tal caso sono facili da sopportarsi il digiuno, la veglia, le
preghiere, perché la lode di tanti desta la prontezza d’animo. Non
svendere i tuoi sforzi per glorie umane e non tradire la gloria futura
per una lode a buon mercato55. L’umana gloria infatti riposa nella
polvere e il suo clamore si spegne in terra, la gloria della virtù invece
rimane in eterno.

V ili. S u l l a su p e rb ia

La superbia è un rigonfiamento pieno di umore dell’anima; qualo­


ra giunga a maturazione, scoppierà e farà molto disgusto. Il fulgore
di un lampo anticipa il fragore di un tuono e la presenza della
vanagloria annuncia la superbia56. L’anima del superbo sale a una
grande altezza e da lì precipita nell’abisso. Un masso staccatosi dal
monte precipita giù con un breve tonfo e chi si è separato da Dio
cade rapidamente57. Chi si è distaccato da Dio è malato di super­
bia e ascrive alla propria forza i buoni risultati. Come chi sale su
una rete, se va con un piede a vuoto, viene sbalzato giù, allo stesso
modo cade chi confida sulla propria forza. Molti frutti piegano i
rami dell’albero e dovizia di virtù fa umile il pensiero dell’uomo.

r Cf. E s 12, 8 s Cf. Mt 6, 6. 'C f. E s 4 , 6.

55 In Pg solo: «p er una lode»; è interessante notare come nella traduzio­


ne latina sia presente l’aggettivo vilem che traduce il greco eutelé probabil­
mente per la stessa ragione espressa più sopra, nota 20 nel § IV. Sull’ira.
56 Altri codici: «la vanagloria annuncia la presenza della superbia».
57 [Un m asso... rapidamente] manca in Pg.
G li otto spiriti della malvagità, VII-Vili 95

Al contadino non serve a niente un frutto marcio e Dio non saprà


che farsene della virtù di un superbo. Un palo tiene sollevato un
ramo carico di frutti e il timore di Dio un’anima virtuosa. Come
il peso di un frutto spezza il ramo, così la superbia rovescia l’ani­
ma virtuosa. Non consegnare l’anima tua alla superbia e non avrai
fantasie orribili. L’anima del superbo infatti viene abbandonata
da Dio e diventa il trastullo dei demoni. Di notte immagina una
moltitudine di fiere che si avventano e di giorno è turbata da vili
pensieri: se dorme si agita in continuazione e da sveglia è spaven­
tata dall’ombra di un uccello. Uno stormir di foglia terrorizza il
superbo, il rumore dell’acqua prostra la sua anima. Infatti chi poco
prima si è opposto a Dio, rifiutando il suo soccorso, dopo viene
spaventato da fatui fantasmi.
La superbia precipitò giù dal cielo l’arcangelo u e fece sì che si
abbattesse sulla terra come una folgore. L’umiltà innalza l’uomo al
cielo e lo dispone a far parte del coro degli angeli. Perché inorgo­
glirti, uomo, se sei fango e putredine, perché gonfiarti58 e spingerti
oltre le nuvole? Considera la tua natura: sei terra e polvere e in
breve in cenere ti dissolveraiv. Ora ti dai tante arie e fra poco sarai
un verme. Perché alzi quella testa che presto marcirà? E infatti
cosa grande che l’uomo venga soccorso da Dio: fu abbandonato e
ha conosciuto la debolezza della natura. Non hai niente che non
abbia ricevuto da Dio, perché dunque ti fai prendere dall’altrui co­
me se fosse il tuo? Perché ti vanti della grazia di Dio come se fosse
un tuo acquisto? Riconosci chi è che ha dato e non esaltarti tanto!
Tu sei una creatura di Dio, non rifiutare il Creatore; sei stato aiu­
tato da Dio non rinnegare il benefattore. Sei asceso fino alla patria
celeste* ma è stato lui a guidarti; sei cresciuto nella virtù ma è stato
lui che ha operato. Credi a colui che ti ha innalzato per rimanere
saldo in quell’altezza. Sei uomo, stai dentro i limiti della tua natu­
ra59. Riconosci il tuo simile perché è della tua stessa sostanza. Non
ricusare per iattanza la parentela.

llC f.I s 14,12. v Cf. G e n 3 , 1 9 ; G b 3 0 , 19. wC f.F il3 ,2 0 .


58 Pg: «se sei fango e putredine».
59 [Sei u om o... natura] manca in Pg.
96 Evagrio Pontico

Quello è umile, tu fiero60; tuttavia lo stesso creatore ha plasmato


entrambi. Non disprezzare chi è umile, in quanto egli è più saldo
di te: cammina per terra e non può cadere rapidamente. L’orgo­
glioso invece, se cade, si sfracellerà. Una scala rotta è la superbia
e a chi sale su di essa presto manca l’appoggio61. L’umile invece
è sempre solido e non lo impaccia il tentacolo della superbia. Il
monaco superbo è un albero senza radici e non resiste all’impeto
del vento. Una città fortificata è una mente senza boria e chi abita
in essa starà sicuro. Una brezza di vento solleva una pagliuzza e un
impeto folle esalta il superbo. Una bolla che scoppia svanisce e il
ricordo del superbo si perde dopo la morte62. La parola dell’umi­
le è un medicamento dell’anima, quella del superbo è colma di
arroganza. La preghiera dell’umile fa piegare Dio, la supplica del
superbo irrita Dio. Coronamento della casa è l’umiltà e tiene al
riparo chi vi entra. Quando sarai giunto al vertice delle virtù, allora
avrai molto bisogno di tutelarti. Infatti chi cade dal basso rapi­
damente si rialza, invece chi cade dall’alto rischia la morte. Una
pietra preziosa risplende dentro una montatura d’oro e l’umiltà
dell’uomo è ornata di molte virtù63.

A p p e n d ic e

Uno mangia pane azzimo x quando fa la Pasqua e l’anima virtuo­


sa si nutre di modestia. Infatti come l’impasto col lievito si gonfia,
quando comincia a venire a contatto con il fuoco, mentre quello
azzimo mantiene una forma ridotta, così la virtù esalta il superbo

x Cf. N m 9,1 1 .

60 Pg: «quello è umile e misurato».


61 [Una scala... appoggio] manca in Pg.
62 [dopo la morte] manca in Pg.
63 Qui termina Pg. L a recensio longior finisce con un testo più lungo che
si traduce come appendice, «in quanto è possibile e sembra estremamente
probabile che questa parte finale non appartenga alla forma autentica del trat­
tato» (Muyldermans 2, p. 255).
G li otto spiriti della malvagità, VIII-app. 97

e invece non rende sfrontato l’umile. Quando fuggi da Làbano il


Siro64, fallo di nascosto e non credergli quando annuncia di volere
accompagnare [Giacobbe], perché lo avrebbe fermato per mezzo
di quelle cose con cui dice di volerlo salutare v. Infatti congedando­
lo per mezzo di musici, a suon di flauti e timpani, macchina di trat­
tenere colui che intende sottrarsi di nascosto, ingannando costui
con giri di parole e sbarrandogli il passo con le armonie del canto.
Il bastone è il simbolo dell’educazione: tenendo quello attraversa
il Giordano della vitaz. Il bastone nelle mani del viandante è utile
a tutto e l’educazione nella pratica ascetica guida la vita di un uo­
m o65. Il bastone gettato via è diventato un serpenteaa. Non temere
la serpe che striscia verso di te per terra nella macchia, né la passio­
ne della voluttà che avanza per territori selvatici; infatti se afferri la
coda il bastone tornerà nelle tue mani e se domini la passione essa
sarà dissolta. Il serpente che punge nell’eremo uccide l’anima e le
ferite del piacere rovinano con facilità la mente.
Chi guarda al serpente di bronzo fugge la morte e chi fissa la sua at­
tenzione sulla continenza sempre vivràab. Un serpente che morde
lo zoccolo del cavallo urta con violenza [contro di esso] e un pen­
siero ispirato a continenza blocca la passione66. Un ascesso croni­
co è curato dalla cauterizzazione e un atteggiamento improntato a
vanagloria [è curato] dal disprezzo e dalla tristezza. L’incisione e la
cauterizzazione fanno assai male e tuttavia fermano l’ulcerazione

y Cf. Gen 31, 26-27. 2 Cf. G s 3. 33 Cf. E s 4, 3. ab Cf. Nm 21,


4-10.

64 N ei Settanta e nelle più antiche versioni latine Làbano è detto «il Si­
ro», cf. per esempio Gen 25, 20 (L X X ); per la fuga di G iacobbe da Làbano
cf. Gen 31.
65 Seguo cSt; A C: « l’educazione separata dalla pratica diventa voluttà».
66 St aggiunge: « S e il cavallo è stato morso dal serpente, il cavaliere ricade
indietro e la mente di chi cerca i piaceri si volge verso la malvagità per essere
stata afferrata dal vizio. Il cavaliere che è caduto dal cavallo abbattuto aspetta
la salvezza del Signore e la mente caduta invoca l’aiuto di Dio. L e mani alzate
volsero in fuga i nemici (cf. E s 17, 8-16) e le azioni protese verso l’alto in verità
uccidono le passioni».
98 Evagrio Pontico

della ferita67. Per cui se da una parte l’intervento reca dolore a chi
è curato, dall’altra fa cessare le cattive passioni della vanagloria e
della superbia.

67 St aggiunge: «Il disprezzo rattrista il vanaglorioso ma fa cessare le tur­


pi passioni. L a presenza della vanagloria genera la superbia. Il Signore ebbe
in odio la vanagloria e la superbia».
INDICI
INDICE SCRITTURISTICO

A n t ic o T e st a m e n t o Deuteronomio
5,2 5 :4 8
11, 10:50
Genesi
27, 15: 86
1,31:67
3:80 Giosuè
3, 19: 95
3:97
3,2 4 :6 7
16,21:88
18,27:60 Giudici
25, 20 (LXX): 97 4,2 1 :8 0
31:97 15, 9-20: 79
31,26-27:97
I Re
Esodo
19, 12: 91
2, 11-12:81
4,3 :97 Giobbe
4, 6: 92, 94
12, 8: 94 30, 19: 95
12,46: 93 37, 16 (LXX): 40
17,8-15:81
17, 8-16: 97 Salmi
15, 7: 88
Numeri 18, 11:43
9, 11:96 101,8:40
9, 12: 93 102,15:54
21,4-10: 97 117, 16: 53
24, 20: 79 118, 32:51
102 Indice scritturistico

118, 103:43 N uovo T e s t a m e n t o


118, 110:39
126, 1: 61
130, 1:54 Matteo
131, 1 (LXX): 87 5 ,4 4 :3 6
136, 9: 40 6,5-6: 93
139,4:50 6, 6: 94
6, 19-20: 86 .
Proverbi 7, 12: 69
3, 6: 46 8, 20: 87
5, 11:47 12, 44: 65
9, 10: 67 13,43:37
11,5:46 19, 24: 37
14, 17:48 19, 26: 37
16, 14: 49 23, 12:46
18, 1 (LXX): 45 25, 1-13:54,56
18, 14: 48 25, 1-15:59
19,27(LXX): 44
25, 19:37 Marco
9, 48: 68
Qoelet
1, 7: 85 Luca
1,35:46
Cantico dei Cantici 1,79: 52
1,4 (LXX): 58 6 ,3 1 :6 9
10, 30: 42
8, 1:58
10,37:44
12, 47: 68
Sapienza
14, 12:73
1, 11:36 14, 26: 68

Giovanni
14, 12: 95 1,9 :5 0
58,7:37 13,25:49
Indice scritturistico

15,5:22 Efesini
19,33-37:93 3, 14:86
19, 34: 47 6, 16: 42
Atti degli Apostoli Filippesi
I,2 4 :4 7 ,5 5 3,20:95
2, 44: 55
9, 15: 42 Colossesi
20,34: 86
3, 1-2: 85
3 ,2 :6 2
Romani
2 ,5 :6 8 1 Tessalonicesi
2,23:37
5, 17:39,52
8, 17: 35
II,3 3 :6 2
1 Timoteo
1 Corinti 6, 10: 85
10, 4: 42 2 Timoteo
13, 12: 63
15,44:58 4, 7: 64

2 Corinti 2 Pietro
2, 15: 81 3, 16:51
7,9-11:60, 90
7, 10: 10, 16 Apocalisse
3 ,5 :4 5
INDICE DEI NOMI

Aristotele: 6 18, 20, 21, 22, 24, 33, 38,


50, 56, 65, 77, 79, 81, 82,
Barchesi M.: 27 87, 89, 90
Bartelink G.J.: 27
Basilio Magno (santo): 7, 87 Frankenberg W.: 8, 24
Benedetto (santo): 7
Géhin P: 29
Bettiolo R: 25, 26
Gennadio di Marsiglia: 6, 8
Blaise A.: 29
Gerolamo (santo): 8, 24, 81
Bunge G .:9 , 25,27,79
Giacobbe: 97
Gregorio di Nazianzo: 5
Coco L.: 22, 25, 26
Gressmann H.: 9, 25, 26, 58
Combéfis F.: 18
GribomontJ.: 12,18,19,27,30
Guillaumont A.: 25,27,39, 61,
Dattrino L.: 24, 26
82
Di Meglio S.: 25
Guillaumont C.: 25,27,29,39,
Dostoevskij F. M.: 17
61,82
DriscollJ.: 10,27
Guy J.CL: 26
Duc le F.: 12, 70
Dummer J.: 27
Hausherr L.: 28
Holstenius L.: 8
Efrem (santo): 18
Elter A.: 13,27,73 Isaia di Scete: 18
Eraclito: 6
Esiodo: 6 Jaeger W.: 7, 8
Eulologio (monaco): 5, 89, 90
Evagrio Pontico: 5, 6, 7, 8, 10, Làbano il Siro: 97
11, 12, 13, 14, 15, 16, 17, Laerzio Diogene: 6
106 Indice dei nomi

Lampe G.W.H.: 29 Porcario (abate): 7


Lazzeri V.: 24 pseudo-Giovanni Damasceno:
Leclercq J.: 7, 8, 10, 28, 31 21

Marco l’eremita: 18 Rahlfs A.: 29


Melania maggiore (monaca): 5 Regnault L.: 28
Messana V.: 25, 49, 88 Rufino: 8, 9
Migne J.P.: 8, 18, 19, 24, 29,
70, 72,73,86 Sansone: 79
Mocenigo F.: 18 Sinkewicz R.E.: 9, 12, 13, 19,
Mohrmann C.: 27 27,29,61
Moscatelli F.: 25 Sisara: 80
Mosè: 81 Socrate: 7, 8, 27
Muyldermas J.: 8, 9, 11,12,13, Solone: 6
19, 20, 21, 25, 28, 51, 58, Suarès J.M.: 12, 13, 18, 19,30,
86,91
6 1 ,7 2 ,8 6 ,9 1 ,9 3 ,9 6

Nau F.: 26 Teognide di Megara: 6, 7


Nilo (padre della Chiesa): 18
Wilmart A.: 7, 9, 28,31,58
Palladio: 27
Paolo (santo): 10, 16, 90 Zino P.F.: 17, 18
Poemen (abate): 91 Zosima (monaco): 17
INDICE DEI TERMINI NOTEVOLI

Conoscenza ignósis] : nota 2 in Pratica [praktiké]: nota 2 in Gli


Sentenze ai monaci, p. 35. otto spiriti della malvagità,
Contemplazione [theoria\ : nota p. 79.
26 in Gli otto spiriti della Preghiera pura [katharà pro-
malvagità, p. 88. seucbé]: nota 6 in Sentenze
Esichia [hesychia]: nota 13 in a una vergine, p. 56 e nota
Gli otto spiriti della malva­ 9 in Esortazione ai monaci,
gità, p. 82. p. 65.
Estraneità [xenitéia]: nota 4 in Sforzo \pónos\. nota 52 in Gli
Sentenze parenetiche, p. 70. otto spiriti della malvagità,
Impassibilità [apàtheia]: nota 9 p. 93.
in Gli otto spiriti della mal­ Tentazione [peirasmós] : nota 9
vagità, p. 81. in Sentenze ai monaci, p. 39.
Lutto [pénthos]: nota 14 in Sen­ Teologia [theologia]: note 22
tenze ai monaci, p. 41. e 23 in Sentenze ai monaci,
Pazienza [hypomoné]: nota 3 in pp. 48-49.
Sentenze ai monaci, p. 35.
Pensiero [loghismós]: nota 11
in Gli otto spiriti della mal­
vagità, p. 82
INDICE GENERALE

I n t r o d u z i o n e .......................................................................
pag. 5
1. Gli Opera gnomica........................................................... » 5
1.1. Sentenze ai monaci - Sentenze a una vergine » 7
1.1.1.1 te s ti.......................................................................... » 7
1.1.2. I t e m i.......................................................................... » 9
1.2. Esortazione ai monaci - Sentenze parenetiche - Senten­
ze spirituali - Altre sentenze ......................................... » 11
1.2.1.1 t e s ti.......................................................................... » 11
1.2.2. I t e m i.......................................................................... » 13
2. I l t r a t t a t o G li o t t o spir it i d e l l a m a l v a g it à » 17
2 . Il testo ............................................................................ » 17
2.2. La deduzione degli otto vizi in Evagrio ........................ » 20

N o ta b ib l io g r a f i c a ............................................................................. » 24
Avvertenze - Abbreviazioni / Bibliografia - Sigle » 24
1. Opere di E vagrio .............................................................. » 24
2. Altre fonti, traduzioni, articoli......................................... » 26
3. S ig le ................................................................................... » 28
4. Codici................................................................................. » 29

SENTENZE

Sentenze a i m o n a c i .................................................................................... » 35

S en tenze a u n a v e r g in e ........................................................................ » 52
110 Indice generale

E s o r t a z io n e ai m o n a c i .................................................................... p a g . 60

S e n t e n z e PARENETicHE........................................................................ » 69

S e n t e n z e s p ir it u a l i ............................................................................. » 72

A ltre s e n t e n z e ..................................................................................... » 74

G L I O T T O S P IR IT I D E L L A M A L V A G IT À

G l i o t t o s p ir it i d e l l a m alv a g ità . .............................................. » 79

I. S u lla g o l a ............................................................................................. » 79

II. S u lla l u s s u r i a ..................................................................................... » 82

I I I . S u ll’ a v a r i z ia ..................................................................................... » 85

IV . S u ll’i r a ................................................................................................ » 86

V. S u lla tr is t e z z a ..................................................................................... » 88

V I. S u ll’a c c i d i a ..................................................................................... » 90

V II . S u lla v a n a g l o r i a ............................................................. »

V I I I . S u lla s u p e r b i a ............................................................................. » 94

A p p e n d i c e ................................................................................................ » 96

I n d ic e s c r it t u r is t ic o ........................................................................... » 101

I n d ic e d e i n o m i ..................................................................................... » 105

I n d ic e d e i t e r m in i n o t e v o l i ........................................................... » 107

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