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Gregorio il Taumaturgo

DISCORSO A ORIGENE
Una pagina di pedagogia cristiana

Traduzione introduzione e note


a cura di Eugenio Marotta

città nuova editrice


INTRODUZIONE

1. La v ita

Gregorio, detto Taum aturgo, nacque a N eocesa­


rea capitale del Ponto Polem oniaco, verso il 2 1 3 2.
Appartenne a fam iglia pagana, molto facoltosa. Il
suo nome originario era Teodoro che mutò in Grego­
rio, quando, allievo di Origene a C esarea di Palestina,
fu battezzato. Ebbe un fratello minore, Atenodoro,
suo inseparabile com pagno di studi, e una sorella che
andò sp o sa a un dotto giurista. Quattordicenne rim a­
se orfano del padre. La m adre si assun se il com pito
dell'educazione dei figli e curò che fosse adeguata al
loro rango sociale. Gregorio e Atenodoro, pertanto,
che avevano condotto a termine gli studi di gram m a­
tica, attesero a quelli di retorica; per un triennio, quin­
di, frequentarono un m aestro di lingua latina che,
esperto di giurisprudenza, li convinse ad applicarsi a
questa disciplina ed egli stesso ne im partì loro i pri­
mi elementi. I due giovani per com pletare la prepa­
razione erano incerti se recarsi a R om a o ad altra città
sede di studi di diritto romano. Optarono per Beri-

1 C ittà dell'A sia Minore, sulla riva d estra del Lieo; corri­
sponde all’odierna N iksar.
2 Per quanto concerne la cronologia della vita e degli scrit­
ti del T aum aturgo, ci atteniam o a P. Koetschau.
6 Introduzione

ί ο 3, indotti dalle circostanze. Il giurista, cognato di


Gregorio, nominato a ssesso re dal governatore di P a­
lestina, era partito alla volta di Cesarea, in un prim o
momento da solo; presto, però, sentendo la m ancanza
della giovane sp o sa volle che la donna lo raggiungesse
e pregò Gregorio e Atenodoro di accom pagnarla nel
lungo viaggio. Desiderio cui i due fratelli aderirono
volentieri: si offriva loro, tra l'altro, la possibilità di
frequentare corsi di diritto rom ano a Berito, a non
m olta distanza da Cesarea. Una volta, tuttavia, nella
città palestinese, l’incontro con Origene, che in essa si
era trasferito dopo essere stato bandito da A lessan­
d ria d ’Egitto, doveva sconvolgere i loro progetti. Affa­
scinati dalla personalità del m aestro cristiano rinun-
ziarono allo studio delle leggi per abbracciare quello
della filosofia, e stabilirono la dim ora a Cesarea.
In merito alla condanna inflitta ad Origene è op­
portuno rifarci un p o ’ indietro. Nel 230 il grande teo­
logo, direttore della scuola catechetica di Alessandria,
era stato inviato dal vescovo Demetrio in Grecia per
incombenze ecclesiastich e 4. D urante il viaggio, non sap ­
piam o se all’andata o al ritorno, passan d o per la Pa­
lestina era stato ordinato presbitero a Cesarea da
Teoctisto vescovo della città e da A lessandro presule
di Gerusalemme. Demetrio che da tempo aveva risen­
timento nei riguardi di Origene per l’arditezza di alcu­
ne sue speculazioni in m ateria dogm atica e, so p rat­
tutto, per lo spirito di indipendenza, aveva im pugnato
come illegittim a la consacrazione. Illegittim ità b asata
su l fatto che era stato elevato a dignità ecclesiastica
3 Beirut odierna, capitale della repubblica del Libano. Fio­
rente colonia rom ana sotto Augusto, fu, dal tem po in cui
visse G regorio sino al sec. VI, centro di studi di diritto rom a­
no. L ’insegnam ento di qu esta disciplina, fino a tutto il sec.
IV, era im partito in lingua latina.
4 Eusebio, vescovo di C esarea, dedica la m aggior p arte del
libro sesto della S to ria ecclesiastica al racconto delle vicende
della vita di Origene.
Introduzione 7

l’uomo che si era autoevirato. Demetrio aveva, per­


ciò, nel 231, indetto successivam ente due sinodi, com ­
posti uno da vescovi e presbiteri, l’altro da vescovi.
Il prim o, al termine dei lavori, aveva deposto Origene
dalla direzione della scuola catechetica e bandito da
A lessandria, il secondo aveva negato efficacia alla con­
sacrazione effettuata da Teoctisto e Alessandro. Il ver­
detto dei due sinodi era stato sancito d alla Chiesa di
Roma, ma non da quelle di Palestina, Fenicia, Arabia,
Acaia.
E spu lso da A lessandria, Origene era rim asto qual­
che tempo nei p ressi della città: sperava in una resipi­
scenza da parte dei severi giudici, tanto più che mor­
to allora Demetrio gli succedeva nell’episcopato Era-
cla, che era stato discepolo e poi collaboratore di Ori-
gene nell'insegnamento. Speranze vane: E racla riba­
diva la condanna esp ressa d ai due sinodi. Il m aestro
si era, pertanto, trasferito a Cesarea. Con l’ausilio del­
l'am ico Teoctisto apriva una s c u o la 5 che m odellava
su lla catechetica di A lessandria, dandole, però, un
carattere accentuatam ente filosofico.
Tra i prim i allievi di Origene furono Gregorio e
Atenodoro, giunti in P alestina nel 232-233 circa, poco
tempo dopo l'arrivo del m aestro. Il Taum aturgo, in­
fatti, quando tratta degli avvenimenti che lo avevano
spronato a m ettersi in viaggio alla volta di Cesarea,
scrive: « Altri eventi in m erito ai quali non so pro­
nunziarmi e che, pertanto, tralascerò, inducevano que­
sto santo uomo, quasi dovesse moverci incontro, a
trasferirsi qui da A lessandria di Egitto, città in cui
aveva precedentemente abitato » 6. L'espressione « qua­
si dovesse moverci incontro » sottolinea la sim ulta­

5 Su lla scuola di Origene a C esarea di Palestina, cf. H.


Crouzel, L'Ecole d'Origène à Césarée, in « Bulletin de Litté-
rature ecclésiastique », 11 (1970), pp. 15-27.
6 Or. Pan. V, 67-71. Citiam o i p assi del D isco rso del T au­
m aturgo, com e pure della Lettera di Origene a G regorio di
8 Introduzione

neità dell'arrivo del m aestro e dei due discepoli: un


appuntam ento quasi predeterm inato dalla Provvidenza.
Gregorio e Atenodoro frequentarono la scuola di
Origene per cinque anni, senza interruzione 7. Duran­
te questo periodo fu loro som m inistrato il battesim o,
forse, dal m aestro medesimo. Circostanza questa in
cui, come si è detto, il Taum aturgo assun se il nome
Gregorio, che vale « insonne », « sveglio » 8, e che è in
stretta relazione con il culto degli angeli e, in partico­
lare, del custode 9 cui lo scrittore nel Panegirico atte­
sta devozione.
Non è da sottacere che un prim o im patto con il
cristianesim o Gregorio lo aveva avuto all'età di quat­
tordici anni. Nel discorso, quando espone i fatti della
su a giovinezza, scrive: « Il padre, poi, m ori e la con­
dizione di orfano in cui mi trovai coincise per me con
l'inizio della conoscenza del vero. Allora, infatti, per la
prim a volta mi schierai dalla parte del Verbo salu ta­
re, vero. Come, non sap rei dirlo: costretto, forse, piti
che di mia volontà. Quale capacità di discernim ento
avrei potuto avere io che ero un quattordicenne? » l0.
Il verbo greco che noi traduciam o « mi schierai dalla
parte » è attinto al linguaggio m ilitare ed è proprio
di chi diserta, di chi p a ssa da una fazione alla parte
opposta: sentire parlare del cristianesim o e provare
istintiva repulsa per l’idolatria fino ad allora praticata
fu per il giovanetto una sola cosa. Il vocabolo « co­
stretto » ha indotto qualche critico " a supporre che

N eocesarea, riportando i num eri del capitolo e delle rig


del capitolo m edesim o, secondo il testo greco edito d a H.
Crouzel.
7 Cf. Eusebio, H ist. eccl. VI, 30.
8 Aggettivo riferito da G regorio all’angelo custode e a
Cristo (Or. Pan. V, 44; 17, 3).
• 9 È un m otivo dom inante.
10 Or. Pan. V, 5-9.
11 Cf. tra gli altri, Aimé Puech, H istoire de la Littérature
grecque chrétienne, II, Paris 1928, p. 490.
Introduzione 9

la m adre di Gregorio, forse cristiana, rim asta vedova


avrebbe im posto ai figli la fede da lei professata. No­
stro convincimento è che il Taum aturgo non alluda a
costrizione m ateriale, bensì ad una inconscia adesione
al Verbo, ad una sorta di « illuminazione interiore »,
come ben nota il C ro u zel l2.
Nella seconda m età del 238 13, Gregorio e Ateno­
doro abbandonarono la scuola di Cesarea richiam ati,
forse, in patria dalla m adre per attendere all'am m ini­
strazione del ricco patrim onio fam iliare. All’atto di
congedarsi dal m aestro, il Taum aturgo tenne a nome
dal fratello e suo 14 il D iscorso di ringraziam ento alla
presenza di Origene e di un folto pubblico 15.
R itornato a Cesarea, esercitò l’avvocatura per
poco tempo. I sem i dell’insegnam ento origeniano non
potevano non fruttificare. Dato per sem pre l'addio ai
beni mondani, si consacrò alla vita ascetica e alla me­
ditazione dei sacri t e s t i l6. La fam a della su a san tità
si andò rapidam ente diffondendo nelle città dell'Asia

12 Cf. H. Crouzel, Faut-il voir trois personnages en Gré-


gaire le T haum aturge?, in « G regorianum », 60 (1979), p. 294.
13 Eusebio nella S to ria ecclesiastica tratta di G regorio e
A tenodoro in un p asso (VI, 30) che tiene im m ediatam ente die­
tro a quello in cui p arla d ell'ascesa al trono di Gordiano III
che ebbe luogo nel luglio dell’anno 238: term inus ante quem
per d atare il Panegirico e, ad un tem po, post quem, d ato che
l’incontro tra Origene e i due fratelli avvenne nel 232-233. Da
notare, ancora, che quando Gregorio, in Or. Pan. II, 18, u sa
la m etafora « piedi non lavati » è sotto l’im pressione di ana­
loga espression e che è nel libro X X X II dei C om m entari a Gio­
vanni, com posto nel 238, l’anno in cui fu detto l’encom io di
Origene.
14 Nel D iscorso di ringraziam ento, il pronom e di prim a
persona è u sato ora al singolare, ora al plurale, a seconda
che l’autore si riferisce a casi personali od occorsigli in co­
mune con il fratello Atenodoro.
15 Cf. G irolam o, De vir. ili. 65.
16 Fonte im portante della vita del T aum aturgo, dopo che
ebbe lasciato la scuola di Origene, è la Vita greca attribu ita
a G regorio di N issa, in PG 46, 893-958.
10 Introduzione

Minore. Pertanto, Fedim o, presule di Am asea e me­


tropolita della provincia del Ponto, lo consacrò intor­
no al 242, non ancora trentenne l7, vescovo di N eocesa­
rea. Con lui fu innalzato alla dignità episcopale Ateno­
doro, ma non sappiam o quale sede gli fosse assegnata.
A Neocesarea, che era in preda dell’idolatria, Gre­
gorio con la predicazione e, soprattutto, con la con­
dotta di vita che s ’inform ava assolutam ente agli idea­
li inculcatigli da Origene, si procurò la stim a della
popolazione e operò num erosissim e co n version i l8. E b ­
be prova tangibile della venerazione e dell’affetto dei
fedeli, quando progettò la costruzione di una chiesa:
tutti vollero contribuire a ll’erezione dell’edificio sacro
con il lavoro manuale, con l'oblazione 19.
Nel 250-251, durante la persecuzione dell'im pe­
ratore Decio, esortò i cristiani che non fossero piena­
mente consapevoli della fede da poco abbracciata a
so ttrarsi con la fuga al pericolo dell’apostasia. E gli
stesso visse nascosto con il suo diacono tra i monti
del Ponto, perché non si infierisse contro il gregge.
Alla m orte di Decio, cessata la persecuzione, ritornò
in sede. Istitu ì allora la festa annuale dei m a rtiri 20.
L ’equilibrio di cui dava prova nel sovrintendere
agli affari ecclesiastici, la dottrina che attestava nel
confutare gli eretici, gli conferirono prestigio enorme
in tutte le regioni dell'Asia Minore. A lui si rivolge­
vano i fedeli di altre città perché organizzasse la loro
com unità e le assegn asse un vescovo; a lui si appella­
vano i pari in dignità ecclesiastica per avere suggeri­
menti in m ateria penitenziale.
Nel 264 giocò, con il fratello Atenodoro, un ruolo

17 Cf. Eusebio, H ist. eccl. VI, 30; G irolam o, De vir. ili. 65.
18 Cf. A. H arnack, Die M ission und A usbreitung des Chri-
stentum s, II, Leipzig 1924, pp. 757 s.
'» Cf. PG 46, 924B.
» Ibid., 953A - C.
Introduzione 11

di prim o piano nel sinodo di A ntiochia 21, convocato per


esam inare la condotta del vescovo della città, Paolo
di Sam osata, duram ente contestato sia per la predica­
zione inform ata a ll’eresia m onarchiana sia per il te­
nore di vita im prontato a fasto mondano. Il concilio
si concluse con l’ammonizione dell’accusato, che ave­
va prom esso di ravvedersi. Non avendo, però, m ante­
nuto la parola data, fu indetto nel 2 6 8 22 un secondo
sinodo che decretò la condanna dell’eretico. Grego­
rio e Atenodoro non figurano tra i pad ri che partecipa­
rono a questo concilio. Gregorio era, forse, am m alato.
S ta di fatto che chiuse la su a lab oriosa giorn ata ter­
rena non molto tempo dopo, verso il 270 2Ì. P rim a di
m orire, Gregorio visitò la su a diocesi e constatò con
dolore che v ’erano ancora diciassette pagani; rese, tut­
tavia, grazie al Signore, ricordandosi che al suo arrivo
non v’erano che diciassette c ristia n i 24. Fu sepolto nel­
la chiesa che aveva fatto erigere.
A ricordo dell’attività da lui dispiegata e dei m i­
racoli attribuitigli, i padri cappadoci lo denom inaro­
no « Grande », gli scrittori cristiani a partire d al sesto
secolo « Taum aturgo ». L a Chiesa lo annovera tra i
san ti e ne celebra la festa il 17 novembre.

2. Le fo n ti

L ’autore, in alcune pagine del D iscorso di ringra­


ziam ento 2S, le prim e a carattere autobiografico della

21 Cf. Eusebio, H ist. eccl. V II, 28.


22 Cf. ibid., V II, 29-30.
23 Cf. L essico Su da, s.v. G regorios. Nel p asso leggiam o che
G regorio di N eocesarea m ori « sotto Giuliano », erro re eviden­
te da em endare in « sotto Aureliano ».
» Cf. PG 46, 953D.
25 Cf. c. V.
12 Introduzione

letteratura cristiana 26, espone le vicende della sua gio­


vinezza fino al momento dell’incontro con Origene a
Cesarea di Palestina. Notizie ancora relative a que­
sto periodo e agli anni seguenti della vita di Gregorio,
ricaviam o da E usebio 27, G irolam o 28, e dal Lessico bi­
zantino intitolato S u d a 29. Notevole l’apporto di alcune
Vite del Taum aturgo, pervenuteci rispettivam ente in
lingua greca, la tin a 30, a rm e n a 3I, s ir ia c a }1. La greca è
attribuita a Gregorio di N issa. Sostanzialm ente è un
panegirico, alla cui base è la tradizione orale che fa
capo a M aerina, l’ava del Nisseno 33, la quale era stata
convertita e battezzata dal Taum aturgo. L ’autore della
biografia si sofferm a su i m iracoli operati dal santo.
Il vescovo di N eocesarea guarisce gli am m alati da
m orbi giudicati in gu arib ili 34; pone fine ad una pesti­
lenza 35; scaccia gli spiriti m aligni da un tempio paga­
no e converte il sacerdote addetto al culto sacrilego 36;
fa rientrare nell’alveo le acque del fiume Lieo che stra ­
ripate arrecavano danni incalcolabili ad uomini e co­
se 37; ottiene con la preghiera che si dissecchi uno sta ­
gno, causa di sanguinose lotte tra due fra te lli 38; punisce

26 H. Leclercq, in Catholic Encyclopedie, V II, New Y ork


1910, col. 16.
27 Hist. eccl. VI, 30; V II, 14; V II, 28.
2» De vir. ili. 65.
29 Cf. s. v. G regorios.
30 In Bibliotheca C asiniensis, III, Florilegium , pp. 168-
179. La Vita Ialina è sta ta oggetto di studio continuo.
31 In Vitae et P assion es san ctorum selectae ex Ecloga-
riis, I, Venise 1874, pp. 317-331.
32 Pubblicato da P. B ed jan , in Acta m artyrum et san cto­
rum, VI, Paris 1896, pp. 83-106.
33 Cf. P. K oetschau, in ZWTh, 41 (1898), pp. 246-247.
34 Vita graeca, in PG 46, 921D, 941D; Vita latina, pp. 172-173.
« Cf. PG 46, 956D - 957C; Vita latina, p. 175.
36 Cf. PG 46, 913D-917C; Vita latina, pp. 171-172.
37 Cf. PG 46, 928A-933B; Vita latina, pp. 173-174.
38 Cf. PG 46, 925C - 928D; Vita latina, p. 173.
Introduzione 13

con la m orte un giudeo che disteso a terra su di una


pubblica via fingeva di essere deceduto per dare modo
a un degno com pare di spillare ai passan ti il denaro
necessario alla se p o ltu ra 19. Il Taum aturgo per la gran­
d iosità dei m iracoli operati, per le doti profetiche, per
la scienza delle cose umane e divine, è paragonato ora
a ll’uno ora all'altro dei più insigni personaggi biblici.
Nella Vita, tuttavia, accanto a notizie che hanno del
leggendario non m ancano altre a carattere storico: la
consacrazione episcopale di Gregorio m, l’atteggiam en­
to tenuto dal vescovo al tempo della persecuzione di
Decio, la stesu ra della Professione di fede. Notizie
qua e là pur sem pre abbellite da particolari m eravi­
gliosi: il Taum aturgo, ad esem pio, sfugge con il suo
diacono ai persecutori che sui monti del Ponto scam ­
biano per alberi i due cristiani a sso rti in preghiera 4I;
Giovanni evangelista, ap p arso con la Vergine a G re­
gorio intento a m editare le verità di fede, lo am m ae­
stra in m ateria trinitaria, dietro ordine esplicito della
M adre del Signore 42.
Le Vite in latino, in arm eno e in siriaco, e cosi
anche alcune pagine riguardanti il Taum aturgo inserite
da Rufino nella Sto ria e ccle sia stic a 43, risalgono piti o
meno direttam ente al panegirico attribuito al Nisse-
n o 44: analogo il contenuto, m edesim o il carattere. Da
notare che, in generale, concordano su ll’origine pagan a
del vescovo di N eocesarea, sulla sua appartenenza a
fam iglia altolocata, e sull'essere stato Gregorio a llie ­

39 Cf. PG 46, 940C-941C; Vita latina, p.176.


40 Cf. PG 46, 908D-909C; Vita latina, p.170.
41 Cf. PG 46, 948B -C ; Vita latina, pp.177-178.
« Cf. PG 46, 909D-912C; Vita latina, p.170.
43 Hist. eccl. V II, 28 (E. S ch w artz-T h . Mommsen), II /2 ,
Leipzig 1908, pp. 953-956.
44 L a questione della dipendenza o meno delle Vite p e rv e ­
nuteci dalla greca attribu ita a G regorio di N issa è m olto di­
scu ssa.
14 Introduzione

vo di Origene. A ssai pregevole dal punto di vista for­


m ale la Vita latina, opera di Pietro, suddiacono di
Napoli, vissuto nel secolo decimo.

3. Le o pere

Tra gli scritti autentici del Taum aturgo, oltre al


Panegirico, annoveriam o:
1. Il trattato A Teopom po, sulla p assib ilità ed im ­
p assib ilità di Dio 4S, pervenutoci in traduzione siriaca.
Fu com posto poco dopo il D iscorso di ringraziam ento.
La form a è dialogica, m a chi parla a lungo è l’autore,
a volte brevemente interrotto dall'interlocutore, Teo­
pom po, un pagano convertitosi a l cristianesim o. Gre­
gorio im pugna la tesi gnostico m arcionita secondo cui
Dio giace per sua natura in quiete inattiva e non si
cura del mondo. Il Signore, al contrario, sostiene lo
scrittore, pur essendo im passibile in se stesso, non è
affatto indifferente alle azioni degli uomini, anzi ad
esse partecipa dando prova della su a im passibilità,
non diversam ente d all’atleta che deve affrontare l'ago­
ne per mettere in evidenza la propria valentia. Il
Creatore, fatto si uomo per redimerci, e, pertanto, di­
ventato passibile, si è rivelato im passibile debellando
per sem pre la morte.
2. La M etafrasi deH’Ecclesiaste!46 com posta ai
prim i tempi dell'episcopato. Non è m era parafrasi.

45 II trattato è stato pubblicato d a P. de L agarde, Analecta


syriaca, L ipsiae 1858, pp. 46 ss.; P. M artin in Pitra, Analecta
sacra, IV, Parisiis 1883, pp. 103 ss. (trad. lat., pp. 363 ss.). Lo
scritto è stato studiato da H. Crouzel, La Passion de l’Im passi-
ble, in L'hom m e devant Dieu (M élanges offerts au P. de Lu-
bac), tom e I, Paris 1963, pp. 269-279.
46 E d ita in PG 10, 987-1018. È condotta sulla b ase della tra­
duzione biblica dei S ettan ta. L a p atern ità del T aum aturgo è
atte stata da G irolam o (Comment. in E cclesiasten , 4; De vir.
ili. 65) e d a Rufino ( H ist. eccl. 7, 25).
Introduzione 15

In essa sono riflessioni, spunti originali di esegesi ten­


denti a presentare l'E cclesiaste, un testo im prontato
ad etica cristiana. In alcuni luoghi lo scrittore intra­
vede accenni a ll’inferno e al p arad iso a Satan a
al giudizio u n iv ersale49. S p esso Salom one considera i
suoi pensieri erronei convincimenti di un tempo, dei
quali si è ravveduto a l m omento in cui scrive. Il ce­
lebre p a sso : « G etta il tuo pane sulle acque perché con
il tem po lo ritroverai. Fanne sette oppure otto par­
ti... u 50, il Taum aturgo l’interpreta come esortazione
alla virtù cristiana della carità: « È giusto, scrive, divi­
dere con i bisognosi il pane e tutto ciò che è indispen­
sabile alla vita. Se, infatti, per il momento alcuni giu­
dicheranno che tu hai perduto quanto hai elargito,
quasi che abb ia gettato il pane sulle acque, con il tra­
scorrere del tempo la tua beneficenza non sarà per
te senza frutto. Dona, dunque, con generosità e d istri­
buisci le tue sostanze a piti persone ».
3. L ’E pisto la can o n ica5I, uno dei più antichi
im portanti docum enti in m ateria di pubblica peniten­
za. F u inserita nelle collezioni canoniche orientali.
E b b e nel secolo X I I illustri com m entatori: Teodoro
Balsam one, giurista, Giovanni Z o n a ra 52, storiografo,
Alessio Aristeno, diacono e nomofitace di San ta Sofia.
Fu scritta nell’autunno del 254, poco dopo che Goti e
B orad i avevano fatto irruzione nel Ponto e nella B iti­
nta, sem inando m orte e distruzione lungo il cammino.
C essato il flagello, non pochi cristiani colpevoli di aver
tratto profitto dalle tristi circostanze e di aver colla-

” Cf. PG 10, 996C.


« Cf. ibid., 996B.
« Cf. ibid., 1016C - 1017A.
50 Ibid., 1013D.
51 E d ita in PG 10, 1019-1048.
52 Cf. J. D ràseke, Joh an n es Z on aras K om m entar zum kano-
nischen B rie f des G regorios von N eokàsarea, in ZWTh, 37
(1894), pp. 246-260.
16 Introduzione

borato con il nemico, pentitisi dei reati perpetrati,


dom andavano di essere riam m essi nella com unità dei
fedeli. Il vescovo di una località vicina a N eocesarea
si rivolse a Gregorio chiedendo suggerim ento circa il
com portam ento da tenere nei loro riguardi. Il Taum a­
turgo scrisse allora /'E pistola in cui distinguo le colpe
e fìssa con equanim ità, caso per caso, la penitenza.
Se, ad esem pio, propone che si usi indulgenza verso i
cristiani accusati di aver m angiato i cibi che gli invaso­
ri solevano offrire agli id o li 53 e verso le donne che
non consenzienti avevano ceduto alla lussuria dei bar­
bari 54, esige però che, in attesa del verdetto definitivo
dei sinodi di vescovi e presbiteri, siano esclusi d al­
l ’accesso alla Chiesa i cristiani che, traendo vantaggio
dalla prigionia dei concittadini, si erano, in qualche
modo, im p ossessati dei loro beni o anche avevano fa t­
to causa comune con gli invasori, esercitando lo spio­
naggio e com m ettendo assurde atrocità. L 'E p isto la si
conclude con una disam ina dei casi nei quali è po ssi­
bile un m itigam ento del castigo e con l’elenco delle
diverse categorie dei penitenti.
4. La Professione di fede 55, breve ma precisa es
sizione del dogm a trinitario, scritta dal Taum aturgo
non molto tempo dopo avere partecipato al primo
sinodo antiocheno indetto contro l’eretico Paolo di Sa-
m osata. La distinzione delle tre persone, la loro asso ­
luta identità e coeternità, sono afferm ate in modo ine­
quivoco. Gregorio di N is s a 56, che ha tram andato il
testo greco della form ula, scrive che essa si leggeva
ancora nell'originale a i suoi tempi e che immune da

53 A conforto del suo m odo di vedere, il T aum aturgo cita


san Paolo, 1 Cor. 6, 13 e Mt. 15, 11.
54 II T aum aturgo si appella a Deut. 22, 26-27.
55 E d ita in PG 10, 983-988, con le traduzioni latine del
Voss. e di Rufino (Hist. eccl. 7, 26).
56 Cf. PG 46, 909 ss.
Introduzione 17

ogni contam inazione ereticale costituiva la base del­


l ’istruzione religiosa dei fedeli di Neocesarea.
Perdute sono le Lettere di Gregorio alle quali
accennano G iro lam o 57 e il Lessico bizantino S u d a 58;
perduto parim enti il Dialogo con Eliano di cui ci dà
notizia B a s ilio 39. In questo scritto i Sabelliani vedeva­
no espressi gli erronei principi da loro professati. S i
leggeva, tra l'altro, che il Padre e il Figlio sono due
nel concetto ma una sola cosa nell’ipostasi, ed erano
vocaboli a proposito del Figlio quali « creatura »,
« opera ». Basilio, a d ifesa dell'ortodossia del Taum a­
turgo, confuta coloro che m iravano a fare del dotto
vescovo il capostirpe degli eretici. Se Gregorio, egli
afferm a, usa certe parole e fra si non lo fa sul piano
dogm atico, bensì per necessità di polemica. Nel dia­
logo, aggiunge, m olti sono gli errori di trascrizione;
d ’altra parte, poiché lo scrittore si proponeva di con­
vincere un greco non poteva nel corso della disputa
sottilizzare sui vocaboli, essendo costretto ad ad attarsi
al carattere dell’interlocutore per trovare un accordo
sui punti fondam entali.
I critici ritengono, generalmente, che il dialogo
dovesse essere opera del Taum aturgo. Per contro, H.
Crouzel, considerato che la dottrina in esso espressa
è incom patibile con l'origeniana e con quella che è nel
D iscorso di ringraziam ento e nella Professione di fede,
giudica che B asilio ha dovuto prendere come genuina
del Taum aturgo l'opera di un falsario.
Sotto il nome di Gregorio di N eocesarea ci sono
pervenuti altri scritti: i Dodici capitoli della fe d e 60,
anatem atism i che vertono sul dogm a dell'incarnazio­
ne; la D ettagliata esposizione di fede 6I, più am pia del-
57 De vir. ili. 65; E p ist. 33, 5.
58 S. v. Gregorios.
59 Cf. PG 10, 976-977.
60 II trattato è in PG 10, 1127-1136.
61 II trattato è in PG 10, 1105-1124. Verte non soltanto
sul dogm a trinitario, m a anche su quello deH'Incarnazione.
18 Introduzione

/'Esposizione di fede cui abbiam o accennato; due d is­


sertazioni in form a epistolare: A Filagrio. Sulla con-
su stan zia lità 62 e A Taziano. S u ll’a n im a 63, e varie omelie.
Sono scritti spu ri: in essi ci sono accenni ad ere­
sie, form ule conciliari, feste religiose di età posteriore
a quella in cui visse il vescovo di N eocesarea; talora,
sono svolte dottrine del tutto in contrasto con quelle
professate dal Taum aturgo. Il trattato A Filagrio ha
una im postazione sabellianista. La dissertazione Su l­
l'anim a si ispira oltre che ad Aristotele al trattato
Sulla natura dell'uom o di Nem esio di E feso, vissuto
tra la fine del IV e la prim a m età del V secolo M. Le
omelie sono tram andate, parte in greco parte in tra­
duzione arm ena. Nella Patrologia greca ne sono pub­
blicate tre, nelle quali si com m em ora l’Annunciazio­
ne 65, una quarta in cui si celebra il B attesim o di Cri­

62 Opera nota in un prim o m om ento nella sola traduzio­


ne siriaca; se ne identificò l’originale greco in un trattato
pubblicato dal Migne sia tra le opere del Nazianzeno (PG 37,
383-386), sia del N isseno (PG 46, 1101-1108). M. Sim onetti, d ap ­
prim a favorevole all’attribuzione dello scritto al T au m atu r­
go (Rendiconti d ell'Istitu to Lom bardo. C lasse di Lettere, 86,
1953, pp. 101-117; « R iv ista di cultura c lassica e m edievale»,
IV [1962], pp. 360-363), in seguito ha preferito la tesi dell’anoni-
m ato (Letteratu ra cristian a antica greca e latina, Firenze 1969,
p. 132). Fr. Refoulé, in « Recherches de Science R eligieuse »,
49 (1961), pp. 520-540, ritiene che il trattato sia stato com po­
sto nel sec. IV e ne sia autore un qualche discepolo di M ar­
cello di Ancira.
63 II trattato è pubblicato dal Migne sia tra le opere del
T aum aturgo (PG 10, 1137-1146), sia tra quelle di M assim o il
C onfessore (PG 91, 353-361).
64 Cf. J. Lebreton, Le tr a iti de l’àm e de saint Grégoire le
Thaum aturge, in « Bulletin de L ittératu re ecclésiastiqu e »,
1906, pp. 73-83.
65 L a prim a, è in PG 10, 1145-1156; la seconda, è in PG 10,
1159-1169; la terza, in PG 10, 1172-1177 ed è attribu ita a Gio­
vanni C risostom o e riprodotta tra gli scritti del m edesim o, in
PG 50, 791-796.
Introduzione 19

s t o 66, ed una quinta in lode di tutti i s a n t i 67. Non


pochi critici hanno tentato di dare a questi scritti
patern ità: fatica ardua e poco suasivi i risultati. Le
omelie, analizzate a fondo, presentano il carattere del
centone; si aggiunga che i m anoscritti assegnano tal­
volta una m edesim a orazione a scrittori diversi: la
prim a m ariana ad A nastasio, al Nisseno, a Giorgio di
N ico m ed ia6>.
Le stesse considerazioni possiam o ripetere a pro­
posito delle omelie in arm eno edite negli Analecta
Sacra di J.B . P itra: due brevissim e in lode della Ver­
g in e 69, una terza, piuttosto un fram m ento di orazio­
ne, sulla incarnazione 70, e, ancora, un panegirico di
santo S te fa n o 1' ed una celebrazione della natività di
C r isto n. Un'altra om elia fu edita per la prim a volta
nel settem bre del 1895 nel giornale A rarat del con­
vento di Entschm iadzin. F.C. Conjbeare 11 ne pubblicò
l'anno seguente la versione inglese e considerò lo
scritto autentico del Taum aturgo. In seguito, però,
l'originale greco fu individuato, in redazione ridotta,
in un'om elia edita da G. La Piana e da lui assegnata al

66 È in PG 10, 1177-1189. È attribuita, tra gli altri, a Gre­


gorio di Antiochia, sotto il cui nom e ed in form a ridotta è
ripo rtata in traduzione latina, in PL 88, 1865-1872.
67 È in PG 10, 1197-1204. L ’anonim o autore attinge esp res­
sioni, sim ilitudini, vocaboli, dal D iscorso di ringraziam ento
di G regorio di N eocesarea, e dagli scritti del Crisostom o.
68 Le om elie m ariane sono state oggetto di studio da parte
di M. Ju gie, Les hom élies m ariales attribu ées a S. G régoire le
T haum aturge, in « Analecta Bollandiana », 43 (1925), pp. 86-95.
69 La prim a, è in Analecta S a c ra , pp. 156-159 (trad. lat.
pp. 404-406). Il testo greco è tra gli scritti spuri del C risosto­
m o (PG 61, 737-738). L a seconda, è in Pitra, op. cit., pp. 159-
162 (trad. lat. pp. 406-408).
70 È in Pitra, op. cit., pp. 144-145 (trad. lat. pp. 395-396).
71 In Pitra, op. cit., pp. 162-169 (trad. lat. pp. 408-412).
72 In Pitra, op. cit., pp. 134-144 (trad. lat. pp. 386-395).
73 F.C. Conybeare, On an ante-nicene homily of Gregory
T haum aturgus, in «T h e E x p ositor », 5 (1896), pp. 161-173.
20 Introduzione

N isse n o 1A: paternità discutibile, in quanto lo scritto


sem bra dipendere dalla sesta om elia di san Proclo 75.
Possediam o, infine, vari fram m enti di contenuto
prevalentem ente dogm atico ed esegetico, tram andatici
in greco, siriaco, arm eno, georgiano, sotto il nome del
Taum aturgo. S i tratta di cose di poco valore, nelle qua­
li, tuttavia, non è da escludere sia qualcosa di ge­
nuino.

4. Il « D isc o rso » ad O rig e n e

Gregorio definisce l’orazione da lui pronunziata in


onore del m aestro D iscorso di ringraziam ento 76 o an­
che E n co m io 11, term ini che, come l’altro di Panegi­
rico con cui è indicata nelle edizioni a stam pa, sostan ­
zialmente si equivalgono, in quanto un indirizzo di
ringraziam ento si risolve nelle lodi della persona cui
è rivolto. Un'orazione, tuttavia, che, tenuta a pochi
anni di distanza dalla condanna di Origene, assum e
carattere di scritto apologetico. Tale la considerò Pan­
filo che prim o la pubblicò, inserendola nell ’Apologia
di Origene 7", opera da lui com posta in collaborazione
con E usebio di Cesarea, suo allievo.
Gregorio accenna genericamente alle cause che
determ inarono l'esilio del direttore della scuola cate­
chetica di Alessandria, usando l’espressione « altri fa t­

74 Cf. « R ivista storico critica delle scienze teologiche », 5


(1909), Rom a, pp. 527-563.
75 Cf. P. M aas, in « Byzantinische Zeitschrift », 19 (1910),
p. 213. Il testo greco deH’om ilia è stato pubblicato anche da
D.M. M ontagna, in « M arianum », 24 (1962), pp. 536-539.
™ Or. Pan. I l i , 49; IV, 33.
77 Ibid., X , 19, 21; II, 23.
78 Cf. Socrates, H ist. eccl. IV, 27, in PG 10, 980. Secondo
il Nautin, op. cit., p. 146, l’orazione di ringraziam ento fu inse­
rita nel terzo libro deli’A pologia di Origene.
Introduzione 21

ti » n. Le lodi, però, sincere, che tributa al dotto teo­


logo suonano d ifesa dell’uomo, del m aestro. Origene
è un uomo nell'apparenza, ma, nella realtà, per chi
sap pia giudicare a fondo le cose, si è dispogliato del
più della su a natura m ortale in virtù della grandezza
delle doti che segnano il trap asso d all’um ano al divi­
no 80. È l'am ico, l’interprete del Logos Il Verbo entra
nelle sue orecchie chiaro e m anifesto, a piedi nudi, e
non già avviluppati in fitte p e llin.
Origene era stato ritenuto indegno di insegnare
nella scuola di A lessandria, in cui aveva profuso teso­
ri di sapienza per ventisette anni circa: il Taum aturgo
addita in lui il m aestro im pareggiabile della scienza
um ana e divina; l’essere cui il Signore ha elargito il
dono non soltanto di intendere con chiarezza la sua
parola, ma di sap erla spiegare agli uom ini in m aniera
loro accessibile 83. Vivere con Origene significa essere
in paradiso 84, allontan arsi dal m aestro è commettere
fallo non meno grave di quello perpetrato da Ada­
mo 85, è piom bare dalla beatitudine della vera terra
alla nostra terra, abbandonare la casa del padre, il
vero, per recarsi in paese straniero, essere trascinato
in catene da Gerusalem m e, la città santa, a Babilonia 86.
In un passo del Discorso, l ’autore, che pure affer­
ma esplicitam ente di volersi astenere d all’esprim ere

79 Or. Pan. V, 71.


80 Cf. ibid., II, 17-20. Per l’interpretazione del p asso, cf. E.
M arotta, in « Vetera C hristianorum », 8 (1971), p. 312.
81 Cf. Or. Pan. XV, 22, 39.
82 Ibid., II, 65-68.
« Ibid., XV, 40-41.
8,1 Cf. ibid., XV, 5 1 -X V I, 3. In proposito, cf. E. M aro
I riflessi biblici nell'orazione ad Origene di G regorio T au m a­
turgo, in « V etera Christianorum », 10 (1973), pp. 61-62.
85 Cf. Or. Pan. 16, 7 ss.; E. M arotta, A proposito di due p a s­
si dell’orazione panegirica di G regorio T aum aturgo, in « Vetera
Chrisitanorum », 13 (1976), pp. 81 ss.
86 Cf. Or. Pan. X V I, 63 ss.
22 Introduzione

giudizi in merito ai casi occorsi al m aestro, prende,


tuttavia, a nostro parere, posizione. « Le tue opere, dice
rivolgendosi ad Origene, sono inattaccabili, al di là di
qualsivoglia ingiuria » 87. Chiara l'allusione a ll’iniquità
del verdetto di condanna e, ad un tempo, al dignitoso
com portam ento dell’educatore nel frangente. Una eco
di quanto leggiam o nel proem io del sesto libro dei
Com m entari a Giovanni, com posto da Origene nei pri­
mi tempi d elle silio : nel m omento in cui si era ina­
sprita l’ostilità dell’avversario che lo attaccava con
sem pre nuovi scritti e radunava contro di lui tutti i
venti della m alvagità d ’Egitto, egli, invece, cosciente
del suo retto operare, ubbidiva alla ragione che lo
esortava a rifiutare la lotta e a custodire la parte do­
minante dell'anim a, affinché i perversi ragionam enti
non riuscissero ad introdurvi la tempesta.
Il D iscorso di ringraziam ento si apre con un proe­
mio in cui Gregorio espone i m otivi che lo rendono
dubbioso a prendere la parola. E gli da otto anni orm ai
ha abbandonato la retorica; ha la mente tutta presa
dallo studio del diritto rom ano e della lingua latina;
ritiene, soprattutto, di gran lunga superiore alle sue
possibilità l'argom ento propostosi, celebrare l'enco­
mio di un uomo santo, dotato di virtù celesti. Partito
sicuro sarebbe lo starsene silenzioso; il timore, però,
di essere tacciato di ingratitudine, il più terribile, il
più spaventoso dei mali, l'induce, sia pure con parole,
a suo giudizio, inadeguate, ad esternare la riconoscen­
za al m aestro. Prim a, tuttavia, di celebrare le lodi di
Origene, ritiene doveroso indirizzare un ringraziam en­
to al Padre che gli ha concesso d ’im battersi nell’educa­
tore esim io e all’angelo custode che sem pre gli è
stato accanto nel corso della vita. L ’accenno all'angelo
protettore è motivo per Gregorio di riandare le vicen­
de della sua giovinezza e gli eventi provvidenziali che

« Ibid., II, 51-52.


Introduzione 23

predisposero il suo viaggio a Cesarea. Tratta, quindi,


dei prim i contatti avuti con il m aestro, il quale con la
parola suasiva, con i modi im prontati ad affabilità e,
se necessario, a severità, riesce a conquistarlo e a con­
vìncerlo ad abbracciare la filosofia. La descrizione del
m etodo pedagogico di Origene occupa gran parte del­
lo scritto.
Conclude l'orazione un epilogo in cui il Taum a­
turgo esprim e dolore nel congedarsi d all’educatore:
ben egli sa che una volta partito da Cesarea lo atten­
dono giorni tristi, difficili; è, però, fiducioso che il
san to m aestro gli sarà spiritualm ente accanto, sem pre
e dovunque.

5. Il m aes tro

Il Panegirico è im portante, soprattutto, per la


descrizione del m etodo pedagogico di Origene. È do­
cumento, pertanto, prezioso, della paideia cristiana
antenicena, della quale presenta in m aniera organica
gli elementi costitutivi, elementi che, invece, è dato
cogliere soltanto isolati, e non sem pre agevolmente,
nella restante docum entazione letteraria, archeologica,
epigrafica e giuridica dell’e p o c a 88.
Il piano di studi di Origene, come desum iam o dal
Panegirico, era il m edesim o delle scuole pagane, ana­
loga la quadruplice distinzione della filosofia in logi­
ca, fisica, etica, m etafisica 89, identici i su ssidi didattici,
lo stesso il linguaggio filosofico, diversi, però, i cri­
teri cui il m aestro cristiano si ispirava nell’im par tir e
le singole discipline, diverso il fine. Meta dell’insegna­

88 Cf. A. Q uacquarelli, Le fonti della paideia antenicena


(Renovatio mundi), B rescia 1967, p. X X II.
89 Cf. A. V accari, l i prim o abbozzo di università cristiana,
in « La Civiltà C attolica », 68 (1917), pp. 421-433, 497-509.
24 Introduzione

mento di Origene era la vita ultraterrena: preparare


gradatam ente gli scolari ad acquisire l’intelligenza del­
la parola del Logos quale esp ressa nei sacri libri e ad
essa inform are la vita; introdurre gli allievi in una
sapienza che, come afferm a l’Apostolo, « non è di que­
sto mondo, né dei dom inatori di questo mondo che
vengono ridotti al nulla: una sapienza divina, m isterio­
sa che è rim asta n ascosta e che Dio ha preordinato
prim a dei secoli per la nostra gloria » 90.
Scrive G irolam o che Origene, intuita l'ottim a di­
sposizione a ll’apprendim ento di Gregorio e Atenodoro
« li esortò alla filosofia nella quale introducendo a
poco a poco la fede di Cristo li rese suoi fedeli » 91. Il
verbo subintroducere che ho tradotto con introdur­
re, in latino rende l'abilità, la circospezione, l’ocula­
tezza con le quali l'educatore, qualunque fosse l'argo­
mento trattato, sapeva introdurre la parola del Verbo.
M aestro che aveva, per cosi dire, la didattica nel
sangue: esperto psicologo, parlava non solo alla men­
te ma al cuore dei giovani. Li affascinava con la sua
straordin aria cultura ed ancor più con l’eccezionale
um iltà che allo scibile si accom pagnava, con la retti­
tudine di vita, con la coerenza del modo di pensare e
di agire. Tra m aestro e alunni si creavano vincoli affet­
tivi che l’educatore giudicava indispensabili perché
l’insegnamento fosse proficuo, fecondo di verità. « Fu
avvinta l'anim a di G ionata a quella di David » 92 escla­
ma il Taum aturgo a proposito dei legam i tra lui e Ate­
nodoro da una parte ed Origene dall'altra; sulla frase
biblica a lungo insiste a sottolineare l'indissolubitità
di quell’am icizia, destinata a durare ben oltre il pe­
riodò in cui i due fratelli frequentarono la scuola di
Cesarea. Un affetto che affondava le radici nella stim a,

90 1 Cor. 2, 6-7.
91 De vir. ili. 65, in PG 10, 978B.
92 1 Re, 18, 1.
Introduzione 25

nella devozione che i discenti avevano per l’educato­


re del quale constatavano quotidianam ente la solerzia,
la disponibilità. L ’educare era, infatti, per Origene
m issione cui dedicava le m igliori energie. Infaticabile,
paziente, con mitezza, um anità, non rifuggendo dai
rim proveri se necessario, forgiava l’anim o dei giovani,
avvezzandoli alla m odestia, stigm atizzando egli, il sa ­
piente per eccellenza, la stolidità, la prosopopea di
chi anche in un cam po lim itato dell'um ano scibile affer­
m asse di saper tutto n.
Teneva lezioni ad alto livello, ma dalla cattedra
discendeva a tempo e luogo per intrattenersi con i
giovani, per dialogare: s ’investiva della loro problem a­
tica, li assisteva nelle difficoltà che incontrassero nel­
l'irto cam m ino degli studi e della vita. Vita e cultura
erano per l’educatore cristiano un tutt'uno. Sterile
giudicava il sapere che non si traducesse nella prati­
ca; vano, anzi dannoso, l’insegnam ento di un m aestro
che non rendesse edotti gli allievi del significato delle
singole discipline, dei rapporti tra di esse intercorren­
ti e dell’unicità del loro fine. L ’interdisciplinarità tan­
to vagheggiata dai m oderni pedagogisti e che per lo
piti è lettera m orta nelle nostre scuole, egli l'attuava
con naturalezza, sem plicità. Una m etodologia, dunque,
viva, dinam ica, che si prefiggeva la form azione inte­
grale della personalità dei giovani: dare loro un patri­
monio culturale, in tanto valido in quanto preparazio­
ne alla vita, a quella vera.
Sin dal prim o im patto con i discepoli, quando era
ancora intento a saggiarne l’attitudine o meno alla fi­
losofia, spiegava loro in che effettivamente consistesse
l ’im portanza di questa disciplina. Se, infatti, diceva,
l'uomo, unico tra gli esseri viventi, può attestare al
Creatore la sua riconoscenza, soltanto chi si applica

93 Cf. Origene, Contra Celsum , I, 12; A. Q uacquarelli, op.


cit., pp. 194-195.
26 Introduzione

alla filosofia è in grado di sod disfare perfettam ente a


tale p riv ilegio 94. Intesseva, pertanto, ampi, frequenti
elogi della filosofia; biasim ava, invece, l'ignoranza e
tutti gli ignoranti: individui num erosi costoro che a
guisa di esseri irrazionali, non sanno cosa sia il bene,
né, purtroppo, vogliono saperlo, ed anelano unicamen­
te ai beni mondani, alle ricchezze, cioè, alla fam a, agli
onori popolari, al benessere del corpo, quasi che in
tutto ciò sia la felicità. « Non so », dice il Taum aturgo,
« quante parole di questa specie faceva risuonare alle
nostre orecchie, e non già per un giorno, m a per i
più dei giorni nei prim i tempi in cui lo frequentava­
mo » 9S.

6. Il piano di studi

a) La logica
La prim a disciplina che Origene im partiva era la
logica, la scienza cui assegnava una funzione non sol­
tanto di introduzione alle varie parti della filosofia,
ma di protezione della filosofia m edesim a e del sapere
scientifico in genere. Gli scolari erano inclini a dare
a caso l’assenso o a negarlo, ad esprim ere avventata-
mente giudizi su uom ini e cose. Due am pie sim ilitudi­
ni nel Panegirico 96 additano in Origene l’esperto agri­
coltore, l'abile orticoltore, alle cui cure sono, rispet­
tivamente, affidati terreni o piante di difficile lavora­
zione. Il m aestro vangava, rivangava, annaffiava, met­
teva in atto ogni riso rsa per strapp are via triboli, sp i­
ne, erbacce, per potare i germ ogli superflui. Poneva
quesiti agli alunni, confutava le risposte se erronee,

94 Cf. Or. Pan. VI, 40-46.


« Ibid., VI, 30-32.
96 Cf. ibid., V II, 3 ss.; cf. anche E. M arotta, in « V etera
Christianorum », 8 (1971), pp. 314-315.
Introduzione 27

li m etteva nella condizione di distinguere il vero dal


falso, di non lasciarsi abbindolare dai d iscorsi ingan­
nevoli. Giudicava, infatti, la parola un qualcosa di
terribile, di subdolo, di capzioso, capace in virtù della
sua sottigliezza, penetrando nelle orecchie, di im pri­
mere il suo sigillo nella mente e di farsi am are, anche
se falsa 91: il mago che con i suoi arcani poteri riesce
ad avere sostenitori i m edesim i individui che ha am m a­
liati 9i; il tiranno inesorabile che non perm ette alla
mente della quale si è im padronito di accogliere altro
discorso sia pure im prontato a saggezza M. Fu la paro­
la, appunto, dice Gregorio riecheggiando gli insegna-
menti del m aestro, a dare origine alle rivalità dei filo­
sofi, facendo si che aderissero a questa o a quella set­
ta l00. Né m ai il seguace di una scuola potè convertire
alla sua dottrina il seguace di altra; giacché non facil­
mente uno, abbandonato il proprio convincimento,
potrebbe seguire altri principi, e, questi, forse, tali
che se da essi fosse stato persuaso prim a di darsi al
filosofare, subito li avrebbe prediletti, avversando in
forza loro la dottrina che ora professa 101. Ciascuno pre­
dilige quel credo che prim o gli è stato insinuato nel­
l'anim o per mezzo della parola dolce, allettatrice. Da
qui l'esortazione di Origene a non dare l’assenso alle
parole o a negarlo, se non dopo attenta riflessione; a
non lim itarsi a ll’esteriorità delle cose, ma ad investi­
garne l'interiorità, l’essenza, a battere, prim a di pro­
nunziarsi, ciascuna torno torno come si fa con i vasi
per saggiarne la qualità 102.
Le sim ilitudini nel Panegirico rendono con im­
mediatezza il concetto dei pericoli cui è esposto chi

v Cf. ibid., X III, 29 ss.


* Cf. ibid., X III, 34-35.
Cf. ibid., X III, 44-45.
100 Cf. ibid., X IV , 14.
101 Cf. ibid., X IV , 17-23.
102 Cf. ibid., V II, 80-83.
28 Introduzione

non scaltrito nella logica presta ascolto alle parole di


certi filosofi. Il meschino ora è paragonato a chi, per
sua sventura, capitato in una palude finisce per anne­
gare nelle acque m elmose 103; ora a chi entrato in una
selva fitta di vegetazione si sm arrisce e, dopo lungo
vagare, scoraggiato, stabilisce colà la dim ora, per
sem pre l04; ora a chi m esso piede in un labirinto ne
am m ira la sapiente costruzione, ma poi, andando su e
giù per l'intricato andirivieni di strade e straduzze,
cerca invano una via di uscita dal subdolo edificio 105.
« Non c'è, tuttavia, labirinto, scrive il Taum aturgo,
inestricabile o com plicato, bosco fitto e intricato, pia­
nura o pantano, che possano trattenere a forza chi vi
si accosti, come la parola di questi filosofi, a qualunque
scuola appartengano, se una persona per caso si im bat­
ta in loro » l06.

b ) La fisica
Reso valido il giudizio critico degli allievi, Origene
li introduceva nella fisica. Trattava della m ateria e
della sua struttura, della natura del mondo e di ogni
sua singola parte, dell’eterno m utarsi di tutte le cose m.
Suo obiettivo era quello di trasform are in razionale
lo stupore, non disgiunto a volte da assu rdo timore,
che i discenti dim ostravano innanzi alla m eravigliosa,
grandiosa, sapientissim a opera del creato l08. Con l'in­
segnam ento della geom etria, che egli considerava il
sicuro fondam ento del sapere scientifico, e dell'astro­
nomia, la scala quasi di Giacobbe 109 che perm ette al­
l’uomo di ascendere al cielo, rendeva ai giovani acces­

103 Cf. ibid., X IV , 44-49.


'<w Cf. ibid., X IV , 49-61.
105 Cf. ibid., X IV , 61-68.
106 Cf. ibid., X IV , 69-73.
107 Cf. ibid., V ili, 7-12.
108 Cf. ibid., V ili, 12-16.
109 Cf. ibid., V ili, 25-26; cf. anche Gen. 28, 12.
Introduzione 29

sibile il firm am ento e dava loro la possibilità di sp a­


ziarvi. Conoscenza della natura e delle sue m eravi­
glie, che Origene reputava incentivo ad affrontare e a
risolvere i problem i dell'io e dei nostri rapporti con
la divinità: una propedeutica indispensabile allo stu ­
dio dell’etica e della metafisica.

c) L ’etica
In m ateria di filosofia morale, esigeva che la pa­
rola fosse in asso lu ta arm onia con l'azione. Del tutto
inutile che l’educatore trattasse, sia pure con valentia,
della prudenza, della giustizia, della temperanza, del­
la fortezza, quando egli per prim o non realizzasse nel­
la pratica i precetti etici e non sap esse inculcare ai
discepoli il desiderio di im itarlo. E ra, perciò, in aper­
to contrasto con i filosofi contem poranei che, pur de­
gni di am m irazione quanto a scibile ed abilità oratoria,
lim itavano l'insegnam ento della virtù a mera logo­
m achia M0. Egli, invece, piti con l'esem pio della sua
condotta di vita che con i discorsi, m irava a rendere
gli allievi realmente insensibili ai dolori, im passibili
ai m ali di ogni specie, veram ente sim ili agli dèi e
b e a t i" 1. Li am m aestrava a sap ersi muovere agevol­
mente negli intricati m eandri dello spirito " 2, ad esa­
m inare i moti psichici ed a riflettere su di essi, a di­
ventare a poco a poco non soltanto esperti ma padroni
degli affetti. Quando, infatti, l’anim a, egli insegnava,
ha im parato a concentrarsi in se m edesim a e, con­
tem plandosi come in uno specchio, tronca sul nascere
gli istinti che scaturiscono dalla sua parte irrazionale
ed alleva quasi dolce nutrice gli affetti che derivano
dalla su a parte razionale, si trasferisce dalla confusio­
ne in cui versa ad uno stato di ordine, di arm onia. Allo­

110 Cf. ibid., IX , 47 ss.


111 Cf. ibid., IX , 7-9.
112 Cf. ibid., IX , 12 ss.
30 Introduzione

ra allignano nello spirito le divine virtù, allora l’ani­


ma è in grado di percorrere il cam m ino ineffabile
che mena alla divinizzazione " 3. Il conosci te stesso,
che la tradizione attribuisce al più dotato di spirito
profetico tra i d e m o n im, è per Origene il punto di
partenza per sfociare alla virtù, ma non alla virtù fine
a se ste ssa come intendevano i sapienti pagani, ma pre­
parazione, mezzo di elevazione alla vita ultraterrena.
Filosofare è per Origene acquisire coscienza della liber­
tà, di questo dono m irabile elargitoci dal Signore.
« Dio, scrive il Siracide, ti ha posto davanti il fuoco
e l’acqua, là dove vuoi stenderai la mano. Davanti
agli uomini stanno la vita e la m orte: a ognuno sarà
dato ciò che a lui piacerà. E gli non ha com andato a
nessuno di essere empio e non ha dato a nessuno il
perm esso di peccare » " 5. E responsabilità esclusiva
dell’uomo operare la retta scelta, percorrere la via
della verità che i sacri testi ci additano e conform e­
mente im postare la condotta di vita.

d) La m etafìsica
Il corso di stud i si concludeva con la m etafìsica,
che Origene denom inava enoptica, la scienza che ha
per oggetto la realtà ultim a, l’essenza im m utabile di
tutte le cose. Con grande larghezza di vedute, il m ae­
stro perm etteva ai discepoli di leggere ogni docum en­
to dell’antica sapienza, greco o barbaro, in pro sa o in
poesia, e le opere di tutti i filosofi, qualunque fosse la
scuola di appartenenza " 6: unica eccezione gli scritti
degli atei, dei negatori della Provvidenza che d a se
m edesim i con il loro stolto credo si pongono al ban­

113 Cf. ibid., X I, 51-54.


114 Cf. ibid., XI, 46-48.
115 Sir. 15, 16-17.20; cf. anche Deut. 30, 15.
116 Cf. Or. Pan. X III, 7-11.
Introduzione 31

do dell'um ano buon senso, e che, pertanto, dovevano,


a giudizio di Origene, essere trascurati dalle anime
incam m inatesi per la via della pietà " 7.
L ’educatore cristiano valorizza al m assim o il pa­
trimonio culturale pagano: sante sono per lui la fisio­
logia, la geom etria, l’astron om ia " 8; riecheggiando
/'om nis sapientia a Deo del Siracide " 9. Inoltre affer­
m a che tutte le discipline profane, persino l’arte di
Balaam , sono buone: la m alvagità um ana e la perni­
ciosa influenza esercitata dai dem oni convertono in
m ale quanto ci è stato dato dal Creatore per il no­
stro bene. Le arti liberali, la filosofia, se male usate
sono un tutt’uno con i flagelli che afflissero gli E gi­
ziani. L a scienza pagana, però, se ad essa si accosta
la legge di Dio, si trasform a in linfa di vera vita.
Il ridim ensionam ento biblico dà al sapere profa­
no significato, efficacia form ativa. La Bibbia, pertanto,
era il libro su cui Origene poggiava l’insegnamento.
Leggeva, com m entava Platone, Aristotele, gli Stoici, i
N eopitagorici, i N eoplatonici: la Scrittu ra era la pie­
tra di paragone a saggiare l’attendibilità o meno delle
loro affermazioni. Insegnava la logica: ne segnalava
l'utile, soprattutto, nel non lasciarsi ingannare nella
esegesi del linguaggio biblico. A m m aestrava gli allievi
nella fisica e nelle arti liberali che con essa avevano
stretti rapporti, come la geom etria, l’astron om ia: sco ­
po era di innalzare gli anim i dei discepoli dal sen si­
bile a ll’intelligibile, dalla constatazione dell’arm onia
dell'universo all'afferm azione di una causa prim a, di
un essere suprem o creatore e provvidenza. In m ateria,
la Genesi e il Siracide erano i testi cui si appellava.
Im partiva le quattro virtù cardinali, direttam ente o

" 7 Cf. ibid., X III, 11 ss.


118 Cf. ibid., V ili, 17-20.
119 Sir. 1, 1.
32 Introduzione

indirettamente, rifacendosi a Platone, aggiungeva quin­


ta virtù la carità, « la virtù principio e fine di tutte le
virtù » giacché da lei prendendo le m osse è possibile
per noi entrare in po ssesso delle altre e m etterci in
grado di accostarci il più degnamente a Dio. Conclude­
va il corso di filosofia con l’insegnare la m etafisica:
questa disciplina era per il m aestro cristiano una cosa
unica con l’esegesi biblica cui aveva già indirizzato gli
allievi sin dalle prim e lezioni m a che, dopo averli for­
m ati nella logica e nell'etica, trattava nei particolari,
approfondiva, insistendo sui diversi sensi scritturisti-
ci, il letterale, cioè, o som atico, il m orale o psichico,
e principalm ente, lo spirituale o pneumatico.
Un program m a di studio, dunque, in apparenza si­
mile a quello delle scuole pagane, m a che, nella so­
stanza, come risulta d all’esposizione che ne fa il Tau­
m aturgo, coincideva con quello che Origene nel Pro­
logo al Com m entario del Cantico dei cantici attrib u i­
sce a Salom one, il re nei cui scritti allegoricam ente
interpretati ravvisa i più antichi testi di filosofia: di
logica ed etica nei Proverbi, di fisica nel Siracide, di
enoptica nel Cantico dei cantici. Un itinerarium m entis
in Deum, una graduale ascensione dell’anim a alla
chiara intelligenza della parola biblica elargitaci dal
Salvatore come mezzo salvifico. Intelligenza che, con­
seguita, significava per Origene avere acquisito la vera
libertà, essere cristiano perfetto.

7. Pregi s tilis tic i del « D is c o rs o di rin g ra z ia m e n to »

I critici, in generale, pur apprezzando il D iscorso


dal punto di vista del contenuto, riguardo la form a
vedono in Gregorio il sofista che applica m eticolosa­
mente, quasi ricette infallibili, le figure di parola e di
pensiero. È il vecchio modo di giudicare la retorica
Introduzione 33

già da noi confutato in uno studio relativo al Contra


fatum di Gregorio di N issa 12°.
Quando diciam o opera retorica diciam o niente,
se stim iam o la retorica un repertorio di luoghi com u­
ni, di figure cui fa r ricorso a seconda delle evenienze,
delle necessità; diciam o, invece, il vero, se la rite­
niamo una concezione di vita, un metodo d ’insegna­
mento per cui form a e contenuto costituiscono un tut-
t'uno 121. Nel Taum aturgo inscindibile è il nesso tra
sapientia ed eloquentia. I tropi che costituiscono il
so strato della su a pro sa affluiscono alla penna dello
scrittore inconsciam ente; le sinonimie, i pleonasm i, le
parentesi, le interrogazioni, le allitterazioni, gli iper­
bati traducono con im m ediatezza il modo di sentire,
di pensare del Taum aturgo. T alora lo scrittore può ap­
parire esuberante, e ci riferiam o, particolarm ente, al
proem io del Panegirico che si estende per tre capito­
li, a ll’incirca, nei quali Gregorio protesta l’incapacità
di trattare l’argomento. Se approfondiam o le cose, da­
gli schem i esula ogni artificio; essi rendono con concre­
tezza l’ansia, la perplessità dell’affezionato allievo chia­
m ato a pronunziare l’encomio di un m aestro della le­
vatura di Origene, e alla presenza dell'educatore mede­
sim o. Frequenti sono nello scritto i neologismi. A
volte sono m etafore, catacresi, a volte implicano una
sim ilitudine: sem pre sottolineano i sentimenti, gli
affetti dell’oratore cristiano nelle più lievi sfum ature.
Una prosa, dunque, artistica quella del Taum aturgo.
È in essa una dolcezza, una melodia, prodotta dalle
assonanze multiple, dagli om eoteleuti, dalle clausole
a carattere quantitativo e, talora, accentuativo: dol-

120 Cf. E. M arotta, L'ironia e altri schem i nel C ontra jatu m


di G regorio di N issa, in « Vetera Christianorum », 4 (1967),
pp. 85-105.
121 Cf. A. Q uacquarelli, Indirizzi e m etodi nella scuola ante-
nicena, in Q uestioni di sto ria della pedagogia, B rescia 1963,
pp. 93 ss.; Id., Le fonti della paideia antenicena, cit., p. X X II.
34 Introduzione

cezza e m elodia facili a rilevarsi, se leggiam o il discor­


so seguendo l’anim a degli antichi. È l’aura m edesim a
che affiora dagli scritti del Nisseno, il padre cappadoce
del quale, sia per quanto si riferisce al pensiero, sia
per la form a, Gregorio di N eocesarea può considerar­
si, sotto m olti aspetti, il precursore.

8. La « L e tte ra » di O rig e n e a G re g o rio di N e o c e s a re a

L 'E p isto la fu scritta a breve distanza di tempo


dal rientro in p atria del Taum aturgo, il 240 circa.
Il m aestro preoccupato, forse, che il discepolo de­
dicandosi all'avvocatura potesse in qualche modo de­
flettere dai san ti insegnam enti im partitigli, sente dove­
roso consigliarlo, am m onirlo. Ben sa che Gregorio
accoppia a doti d ’ingegno non com uni una solida pre­
parazione sia nel diritto sia nella filosofia, e che, per­
tanto, è in grado di eccellere in entram be le discipli­
ne. Ma, sottolinea, era suo desiderio che l’allievo u sas­
se le risorse del talento avendo m eta unica la dottrina
cristiana. « Mi auguravo, scrive, che tu ricavassi d al­
la filosofia ellenica gli insegnam enti validi a dare una
cultura di base, una form azione che fosse di prope­
deutica al cristianesim o; cosi anche che tu attingessi
alla geom etria e a ll’astron om ia gli am m aestram enti
utili a ll’interpretazione dei testi sacri. Ciò, affinché
quello che gli alunni dei filosofi afferm ano a proposito
della geom etria, della m usica, della gram m atica, della
retorica, dell’astronom ia, che sono, cioè, scienze ausi-
liarie della filosofia, questo ci fosse consentito dire del­
la filosofia m edesim a rispetto alla dottrina cristiana » m.
Concetti non nuovi questi e che ricorrono analoghi in

122 I, 8-18 (indichiam o il p arag ra fo e la riga della Lettera


di Origene, secondo l’edizione di H. Crouzel).
Introduzione 35

Clemente Alessadrino 123 e, prim a ancora, in Filone '-4.


Degna di rilievo è, però, l’interpretazione allegorica dei
luoghi scritturistici che Origene adduce a conforto delle
sue affermazioni. Dio m edesim o ha indicato nell’E so ­
do il valore che deve attribuirsi alla cultura pagana.
Quando fa dire ai figli di Israele di chiedere ai vicini e
ai com pagni di tenda oggetti preziosi e vesti, affinché
depredandone gli Egiziani disponessero del m ateriale
adatto ad apprestare gli arredi indispensabili al culto
divino, non altro vuole significare se non che le arti li­
berali e la filosofia sono utili se rivolte ad onorare il
Signore. Altrimenti adoperate è pericolo che diventino
strum ento di morte spirituale v inducendo i dotti ad
aggiungere invenzioni proprie àlla Scrittu ra ed a fal­
sarne il senso. Le arti liberali si trasform an o allora in
fonte di eresia, quasi le vitelle d'oro innalzate a Betel,
o l'idolo collocato a Dan; riducono chi le pratica alla
condizione di Ader l'Idum eo, che, pur allevato nella
fede dei padri, quando ritornò in patria dopo aver coa­
bitato con gli Egiziani, vi ritornò unicamente per ope­
rare lo scism a nel popolo. Da pericoli del genere, per­
tanto, Origene mette in guardia il Taum aturgo, conclu­
dendo la lettera breve ma interessante, esortando il
discepolo all'assidua, attenta meditazione biblica e, so ­
prattutto, alla preghiera.
L 'E pistola, sotto molti aspetti, suona risposta al
D iscorso di ringraziam ento pronunziato dal Taum atur­
go. L'educatore cristiano ricam bia l’affetto attestatogli
dal discepolo: a lui si rivolge teneramente chiam an­
dolo figlio l25, e amorevolm ente, come al tempo in cui
Gregorio frequentava la scuola di Cesarea, lo am m oni­
sce, gli indica la via della verità. Il Taum aturgo aveva
accennato nel Panegirico allo zelo, all'im pegno con cui

123 Cf. Clemente A lessandrino, Strom . I, 5, 30, I.


12,1 Cf. Filone, De congr. erud. gr. 79.
125 Cf. Or. Pan. X V I, 30, p asso in cui G regorio chiam a Ori-
gene « padre ».
36 Introduzione

il m aestro im partiva la fisica, la geom etria, l'astrono­


mia, aveva, però, vagam ente fatto parola del fine che
l'educatore si prefiggeva nell’im partirle: Origene, per­
tanto, ne//'Epistola si sofferm a sul valore da attribuire
agli studi profani. Il Taum aturgo aveva afferm ato 126:
« Nella S a cra Scrittu ra è un oracolo. Soltanto chi chiu­
de, apre, nessun altro assolutam ente l27. Il Verbo divi­
no, appunto, allorché spiega gli enigmi, apre ciò che
è chiuso », ed aveva subito dopo celebrato Origene,
come colui che solo tra i viventi « ha ricevuto da Dio
il dono grandissim o ed il privilegio eccezionale dal
cielo di essere presso i m ortali l’interprete della parola
del Creatore, d ’intendere i precetti del Signore quasi
sia Dio m edesim o a parlargli, e di spiegarli agli uomini
adeguandosi alla loro possibilità di recepire » l28. Ori-
gene ritiene l’elogio a lui tributato eccessivo; ribadisce
che chi può squarciare il velame degli enigmi biblici
è soltanto il Portiere cui accenna Giovanni: « A questi
apre il guardiano » l29, quindi am m onisce l’allievo che
è necessaria la preghiera, innanzi tutto, perché il S a l­
vatore ci illumini in m ateria scrittu ristica: « Ancora,
applicandoti alla divina lettura indaga con rettitudine
e fede incrollabile nel Signore il senso delle celesti
Scritture nascosto ai più. Ma non ti basti di bussare,
cercare. Per com prendere le cose sacre è indispensa­
bile soprattutto la preghiera. Ad essa, appunto, esor­
tandoci, il Salvatore non dice soltanto: "B u ssate e vi
sarà a p e rto ”, "cercate e troverete", ma anche: " Dom an­
date e vi sarà d ato " » l3°. Non b asta applicarsi con de­
vozione alla lettura biblica, non basta, a giudizio di
Origene, avere in m ateria scritturistica un insegnante

126 Ibid., XV, 34-38.


>27 Cf. Is. 22, 22; Giob. 12, 14; Ap. 3, 7.
I2« Or. Pan. XV, 3741.
129 Gv. 10, 3.
130 Epist. 92, 83 ss.
Introduzione 37

quanto vuoi san to, valente; è necessario pregare, pre­


gare il Salvatore che ci assista.
Il passo dell' E pistola, a nostro parere, suona ri­
sp o sta anche ad altro luogo del Panegirico in cui Gre­
gorio accennando al Logos dice che « rimane nascosto
e sconosciuto ai più » 131. L'espressione è pressoché iden­
tica a quella che ricorre nel passo citato della lettera
di Origene. Il Verbo rimane nascosto e sconosciuto ai
più, perché i più bussano, cercano, ma non dom anda­
no, non pregano, non sollevano, come leggiam o nella
M etafrasi dell’E cclesiaste del Taum aturgo, gli occhi al
cielo, non guardano in alto l32.

9. B isogna v e d e re tre perso nag g i in G re g o rio il T a u m a ­


turgo?

Cosi H. C ro u zel 133 ha intitolato un suo articolo,


in cui im pugna la tesi di recente sostenuta da P. Nau-
tin riguardo al D iscorso di ringraziam ento e alla Let­
tera scritta a a Origene all'allievo l34. Tesi secondo cui
non il Taum aturgo sarebbe l'autore del panegirico, ben­
sì un certo Teodoro; non Gregorio di N eocesarea sa ­
rebbe il destinatario della Lettera, bensì un giovane
omonimo trasferitosi dalla Palestina in A lessandria di
E gitto per attendere allo studio del diritto e della fi­
losofia. Alla base, un supposto fraintendim ento operato
da E usebio in un passo della Sto ria ecclesiastica l35,
cui abbiam o accennato, e che così suona: « Quando
Origene riprese a Cesarea la su a consueta attività, lo
frequentavano non soltanto num erosi allievi ab itan ti

131 Or. Pan. VI, 64-65.


132 Cf. PG 10, 989A.
133 In « G regorianum », 60/2 (1979), pp. 287-319.
134 P. Nautin, Origène, I, Paris 1977, pp. 81-86, 146, 153,
155-161, 183-197, 447448.
135 V I, 30.
38 Introduzione

del luogo, ma m igliaia di forestieri che abbandonavano


la patria. Due ne abbiam o conosciuti particolarm ente
insigni: Teodoro, che è un tutt’uno con il vescovo fa ­
moso del nostro tempo, e suo fratello Atenodoro. E ssi
attendevano con ardore alle discipline peculiari dei
Greci e dei Romani. Origene, tuttavia, infondendo in
loro l’am ore della filosofia, li convinse ad abbandonare
gli studi prediletti, per dedicarsi alla divina ascesi. I
due fratelli, essendo stati suoi allievi per cinque anni,
senza interruzione, conseguirono progressi cosi note­
voli nella scienza sacra che, ancora giovani, furono en­
tram bi ritenuti degni dell’episcopato delle chiese del
Ponto ».
Eusebio, ragiona il Nautin, non avrebbe avuto a
disposizione che due docum enti dai quali desum ere il
nome Teodoro: il Panegirico e /'E pistola. Ma, poiché
in essi non c ’è traccia del nome, deve averlo ricavato
dall'iscrizione del D iscorso, non pervenutaci, che è in­
dubbiam ente posteriore alla m orte del Taum aturgo l36;
l’originale, infatti, è andata perduta. Fraintendendo,
avrebbe identificato Teodoro con il destinatario della
Lettera, giacché i due giovani appaiono dediti agli studi
m edesim i di filosofia e di diritto, e avrebbe fatto di
Teodoro e Gregorio una sola persona con il più celebre
Gregorio, il vescovo di Neocesarea. L ’aver erroneam en­
te supposto il Taum aturgo allievo di Origene sarebbe
stato motivo ad E usebio per assegnargli, sic et simpli-
citer, il fratello Atenodoro com pagno di scuola a Ce­
sarea. D ’altra parte, sem pre secondo il Nautin, il teo­
logo alessandrino non avrebbe aperto, come asserisce
Eusebio, una scuola nella città palestinese: Teodoro,
l’autore del Panegirico, sarebbe stato, per cosi dire,
un alunno privato di Origene, e non già per cinque anni,

136 L ’intitolazione suona cosi: « D iscorso di saluto che san


Gregorio di N eocesarea, sul punto di ritornare in p atria,
rivolse in C esarea di Palestina ad Origene, dopo averne fre­
quentato per molti anni la scuola ».
Introduzione 39

come è detto nel passo in questione, bensì per sette 137


come si evince dal Proem io del Panegirico. Ancora,
Gregorio e Atenodoro non avrebbero partecipato al
concilio di Antiochia: « Il suffira, scrive il Nautin,
que la synodale du concile d'Antioche qui a condam-
né Paul de Sam osate mentionne un Théodore parm i
ses expediteurs (V II, X X X , 2) pour qu’Eusèbe identi-
fìe aussitót ce Théodore du D iscours et q u i i affirme en
conséquence que Grégoire le Thaum aturge a pris part
à ce concile; et non seulem ent Grégoire, m ais encore
son frère Athénodore (V II, X X V III, 1) » l38. Il Crouzel,
che confuta, capo per capo l'argom entare del Nautin,
replica: il Teodoro, autore del discorso, non può esse­
re assolutam ente persona diversa dal Gregorio cui è
diretta /'E pistola, tanti e tali sono i rapporti tra i due
scritti; né il Teodoro-Gregorio può scindersi dal Tau­
maturgo. Lo attesta la tradizione, della quale il Nautin
sem bra non tenere conto e che pure risale al Nisseno.
Indubbio è, infatti, che il padre cappadoce ebbe cono­
scenza diretta del Panegirico di Gregorio di N eocesa­
rea: lo si evince da non pochi p assi della Vita greca
del Taum aturgo. Né è am m issibile, indipendentemente
dalla tradizione, che Eusebio, parlando, ad esem pio,
della scuola di Cesarea, pur m agari esagerando nel-
l'attribuire ad Origene m igliaia di alunni, com m ettesse
gravi fraintendim enti in m ateria che doveva essergli,
per cosi dire, fam iliare. Non bisogna, infatti, dim enti­
care che il vescovo di Cesarea fu il depositario della
biblioteca e dell’archivio lasciati dal teologo alessan ­
drino alla città palestinese, ed, ancora, fu l’editore del­
la corrispondenza di Origene, della quale non ci rim an­
gono che le briciole, ed il collaboratore di Panfilo che
prim o pubblicò il D iscorso di rin graziam en tol39. In

137 Cf. P. Nautin, op. cil., p. 187.


138 Ibid., p. 81.
139 Cf. H. Crouzel, op. cil., p. 297.
40 Introduzione

merito, poi, alla non partecipazione di Gregorio e Ate­


nodoro al sinodo di Antiochia, sottolinea il Crouzel
che chi confonde è... il Nautin. I sinodi furono due, e,
mentre tra i padri del prim o concilio sono i due fra­
telli, tra quelli dell’altro è il presule Teodoro, non a l­
trimenti noto. « Im possible, scrive pertanto il Crou­
zel, de voir comment la présence de ce Théodore au
dernier concile a amené Eusèbe à conclure que Grégoi-
re et Athénodore se trouvaient dans le premier. Il est
moins couteàx de supposer q u i i a été exactement ren-
seigné » H0. Il Crouzel conclude il suo articolo, dopo
aver qua e là inficiato alcune inaccettabili interpreta­
zioni date dal Nautin di questo o di quel passo del
D iscorso e dell’E pistola, con l'adagio scolastico: « E ntia
non sunt m ultiplicanda sine necessitate ». In Gregorio
di Neocesarea sono da vedere non tre personaggi, ma
uno solo!
È la conclusione che anche noi facciam o nostra:
aggiungiam o, anzi, qualche considerazione a sottolinea­
re m aggiorm ente l'inaccettabilità dell'argom entare del
Nautin. Il dotto scrittore, infatti, non prescinde soltan­
to dalla tradizione, ma trascura gli altri scritti autentici
del Taum aturgo, i quali, particolarm ente la P rofessio­
ne di fede e la M etafrasi dell'Ecclesiaste, presentano
analogie dottrinarie, concettuali, linguistiche con l'ora­
zione di ringraziamento. Né ci sem bra sia fonte di se­
condo piano G irolam o il quale, nelle Vite degli uomini
illustri, trattando di Gregorio di Neocesarea, sarebbe,
alla cieca, incappato nei fraintendim enti di E usebio:
il dotto di Stridone che fu attento studioso degli scritti
del Taum aturgo e fu a Cesarea di Palestina,
In merito, poi, al nome Teodoro, ci chiediamo per­
ché Eusebio non avesse che la sola intitolazione del
discorso cui far ricorso. Ammesso anche, obiettiam o
che nulla esclude che in essa potesse, in qualche modo,

140 Ibid., p. 310, n. 70.


Introduzione 41

figurare il binomio Teodoro-Gregorio: una ipotesi che


ci sem bra valida quanto la congettura sulla quale H
Nautin costruisce la su a tesi. N ostro convincimento,
ancora, è che il Taum aturgo ricevette il battesim o du­
rante gli anni di frequenza della scuola di Cesarea e.
che, pertanto, al momento in cui pronunziò il discorso
in lode del m aestro aveva già assunto il nome Gregorio.
La fede con cui egli celebra nella parte iniziale del Pa­
negirico le lodi del Padre e del Figlio, la devozione che
attesta all'angelo custode, l'inno che leva alla Provvi­
denza in più parti dell’orazione, l'intensa gioia spiri­
tuale, l'entusiasm o che esprim e nell'accennare alla sua
viva, ardente partecipazione ai m isteri divini celebrati
dal santo m aestro, ci appaiono propri non di un pa­
gano che abbia sim patia per il cristianesim o, ma di un
cristiano di fatto.

10. E dizioni, m a n o s c ritti e v e rs io n i

L ’editio princeps del D iscorso di ringraziam ento


vide la luce a Magonza nel 1604 a cura di G. Voss, con
traduzione latina di J. Sirm ond.
Successivam ente il D iscorso fu pubblicato: da D.
Hoeschel, ad Augusta nel 1605 e ad Anversa nel 1613,
in appendice al Contra Celsum di Origene, con trad u­
zione latina di L. Rhodom ann e note di Is. C asaubon;
da J. A. Bengel, a Stoccard a nel 1722, con traduzione
latina e note del m edesim o e di altri illustri com m en­
tatori; da C. V. Delarue, a Parigi nel 1759, in appendice
al tomo IV, che lo scrittore aggiunse ai tre delle opere
di Origene editi dallo zio C. D elarue; da A. Galland in
Bibliotheca veterum patrum antiquorum que scripto-
rum ecclesiasticorum graeco-latina, editto nova, tom o
III, 1778, pp. 413-435, con traduzione latina di J. Sir-
mond; da C. Η. E. Lom m atzsch, in Origenis opera o m ­
nia, tomo XX V , Berlino 1848, pp. 339-381; da J. P-
42 Introduzione

Migne, in PG 10, P arigi 1857, 1049-1104, che riproduce


l’edizione del Galland, con traduzione latina di J. Sir-
m ond; da P. Koetschau, Des G regorios Thaum aturgos
Dankrede an Origenes, als Anhang der B rief des Ori-
genes an Gregorios Thaum aturgos, « Sam m lung ausge-
wdhlter kirchen-und dogm engeschlichtlicher Quellen-
schriften », Neuntes Heft, Freiburg i. B. und Leipzig
1894; da H. Crouzel, Rem erciem ent à Origène suivi de
la lettre d ’Origène à Grégoire, text grec, introduction,
traduction et notes. Les É ditions du Cerf, Paris 1969.
Il testo greco riproduce l’edizione del Koetschau. Nella
traduzione il Crouzel si attiene, talvolta, agli em enda­
menti proposti, tra gli altri, da A. Brinkm ann, Gregors
des Thaum aturgen Panegyricus auf Origenes, in « Rhei-
nisches Museum fiir Philologie » (F ran k fu rt a.M .),
Neue Folge 56, 1901, pp. 55-76.
I m anoscritti del Discorso, i quali tutti contengo­
no il Contra Celsum di Origene, sono: il Codex Vati-
canus gr. 386, del sec. X II, fol. 1-12, in base al quale
è condotta l’edizione del Koetschau. Ampi ragguagli
intorno a detto codice in Koetschau, Die textiiberlie-
ferung der Biicher des Origenes gegen Gelsus, in « Den
H andschriften dieses Werkes und der Philokalia »,
Leipzig 1889, pp. 28 ss., 33 ss., 57 ss., 67 ss.; il Parisinus
suppl. gr. 616, dell’anno 1339, fol. 2-18 ( cf. Koetschau,
op. cit., pp. 33 ss., 53 ss., 67 s s .); il Venetus M arcianus
gr. 44, del sec. XV, fol. 1-13 ( cf. Koetschau, op. cit.,
pp. 26 s s .) ; il Palatino-Vaticanus gr. 309, del 1545, fol.
1-18 (cf. Koetschau, op. cit., pp. 18 s s .) ; /’Oxoniensis
Novi Collegii gr. 146, del sec. XV I, fol. 1-13 (cf. K oet­
schau, op. cit., pp. 20 s s .); il Venetus M arcianus gr. 45,
del sec. XIV, fol. 1-5 (cf. K oetschau, op. cit., pp. 20 ss.).
A proposito dei codici, il Crouzel (op. cit., p. 35)
nota che un settim o m anoscritto, alla base dell’editio
princeps di G. Woss, è andato perduto; ancora, che
P. K oetschau non ha ritrovato il Codex Basiliensis e
Introduzione 43

il Codex W estenius consultati da C. V. Delarue per la


sua edizione.
Il D iscorso di ringraziam ento è stato tradotto: in
lingua tedesca, da J. M argraf, nella prim a « Bibliothek
der Kirchenvàter », 159, Kem pten 1875; da H. Bourier,
nella seconda « Bibliothek der Kirchenvàter », 31,
Kem pten und Muenchen 1911, con altri scritti del Tau­
m aturgo. Il D iscorso è alle pp. 1-49; in lingua inglese,
da S. D. F. Salm ond nel voi. X X della Ante Nicene
Christian Library: The w orks of Gregory Thaumatur-
gus, Dionysius of Alexandria and Archelaus, E dinburg
1871, pp. 36-80; da W. M etcalfe, a Londra e New York
nelle pubblicazioni della « Society for prom oting Chri­
stian knowledge. E arly Church classics », con il titolo
Origen thè teacher, e nell’edizione del 1920 con il ti­
tolo Address to Origen; in lingua spagnola, da D. R.
Bueno, in appendice alla traduzione del Contra Cel-
sum di Origene, in « Biblioteca de autores cristianos »,
M adrid 1967, pp. 587-615; alle pp. 616-618 è la tradu­
zione della Lettera di Origene a Gregorio; in lingua
russa, da N. I. Sagarde, a Pietrogrado, nel 1916, con
gli altri scritti del Taum aturgo; in lingua francese,
da H. Crouzel, in « Sources Chrétiennes », 148, Paris
1969.
Tra gli studi, particolarm ente degno di rilievo: V.
Ryssel, Gregorius Thaum aturgus. Sein Leben und seine
Schriften, Leipzig 1880.
In merito al valido contributo che il Panegirico
del Taum aturgo offre alla ricostruzione della paideia
antenicena, cf. A. Quacquarelli, Indirizzi e m etodi nel­
la scuola antenicena, La Scuola, Brescia 1963, passim ;
Le fonti della paideia antenicena ( Renovatio m undi),
La Scuola, B rescia 1967, pp. 2 ss.
L 'E pisto la al Taum aturgo costituisce il capitolo
X III della Filocalia, antologia origeniana com pilata
da B asilio e Gregorio Nazianzeno. È stata pubblicata
con le opere com plete di Origene da J. P. Migne, in
44 Introduzione

PG 11, Paris 1857, 87-92; in appendice al discorso di


Gregorio di Neocesarea, da P. Koetschau, op. cit., pp.
40-44, e da H. Crouzel, op. cit., pp. 186-195, che ripro­
ducono l’edizione della Filocalia a cura di J. Armitage
Robinson, The Philocalia of Origen, Cam bridge 1893,
c. X III, pp. 64-67.
Molte le traduzioni in lingua stran iera: pregevole
quella di H. Crouzel, che in un'am pia introduzione dà
interessanti ragguagli in merito alla corrispondenza di
Origene e, in particolare, alla bibliografia, cronologia,
e contenuto dell 'E pistola al Taum aturgo.
Istruttivi due stud i di 1. D ràseke: Der brief des
Origenes an Gregorios von N eocàsarea, in « Jahrbiicher
fiir protestantische Theologie », 7, 1881, pp. 102-126
(alle pp. 108-112 è il testo greco della Lettera ) ; Der
Brief an Diognetos, ibid., pp. 142-166.

Nota. L a traduzione del Panegirico (Or. Pan.) e della L ettera


di Origene a G regorio di N eocesarea è condotta sulla base
del testo greco pubblicato da H. Crouzel. Per quanto con­
cerne le citazioni scritturistich e, ci siam o attenuti alla ver­
sione italiana della Bibbia a cu ra della Cei.
Gregorio il Taumaturgo

DISCORSO A ORIGENE
1. Il timore di prendere la parola

1. Il silenzio, bene inestim abile per non poche


sone in molte circostanze, appare anche a me la cosa
m igliore in un momento, soprattutto come questo, in
cui, voglia o non voglia, sono im bavagliato e costretto
a tacere. 2. Non ho, infatti, l’esercizio e la pratica in­
dispensabili a discorsi del genere che devono infor­
m arsi a bellezza, eleganza, ed essere pronunziati o
m essi per iscritto con parole e locuzioni scelte, ap­
propriate, fluenti le une di seguito alle altre in arm o­
niosa concatenazione. Né, d ’altronde, è da escludere
che io per natura sia poco adatto a cim entarm i in un
com pito come questo che esige la grazia e la perizia
proprie dei Greci. 3. S ta di fatto che da otto anni
orm ai 1 non ho avuto più occasione di dire, di scrivere
discorsi, lunghi o brevi che siano, e di ascoltare per­
sone che com ponessero o pronunziassero in privato
0 anche tenessero in pubblico orazioni a carattere lau­
dativo oppure polemico. Ho avuto, invece, soltanto
m odo di sentire i d iscorsi di questi uomini esim i che

1 Come si è detto, gli otto anni sono com prensivi dei tre
durante i quali G regorio e Atenodoro, prim a ancora di esse­
re allievi di Origene, studiarono in p atria la lingua latina e
1 prim i elementi del diritto rom ano.
48 Gregorio il Taumaturgo

attendono alla bella filosofia 2. 4. Uomini, i quali non


si preoccupano m olto della bellezza del linguaggio,
dello stile m elodioso, bensì am ano indagare con m eti­
colosità le cose, chiarirle nella loro essenza, ponendo
l’espressione form ale in secondo piano 3. 5. Cosa que­
sta che non fanno di proposito. Anzi, suppongo de-
siderebbero vivamente rendere i loro pensieri elevati,
precisi, in form a raffinata, forbita, m a, forse, non sono
in grado di abbracciare, a ll’im pronta, con una sola e
m edesim a mente, che è pur sem pre piccola ed um ana,
la forza san ta e divina del loro pensiero e, ad un
tempo, un linguaggio finemente e la b o ra to 4: doti del
tutto opposte tra loro e che non possono coesistere in
uno stesso individuo. 6. Se, da una parte, infatti, il
silenzio è, per cosi dire, l’am ico, il collaboratore della
meditazione, della ricerca, d all’altra, la fonte di uno
stile elegante, vigoroso, se tu la ricercassi, non potresti
trovarla che nelle parole e nell’interrotto esercizio del
dire. 7. Né è da so tta c e re 5 che lo studio di un'altra
disciplina tiene a sso rta la m ia mente 6 e mi serra con
catene la lingua nella bocca 7, se m ai avessi in animo
di rendere in greco qualche concetto, anche insignifi­
cante: lo studio delle nostre magnifiche leggi, che re­

2 L ’accenno è ai collaboratori di Origene, forse a Teocti-


sto e a Firm iliano, vescovi rispettivam ente di C esarea di
P alestina e C esarea di Cappadocia.
1 Concetto analogo in Or. Pan. V II, 87-89.
4 I com m entatori citano 1 Cor. 4, 19-20: « Mi renderò con­
to allora non già delle parole di quelli, gonfi d'orgoglio, ma
di ciò che veram ente sanno fare, perché il Regno di Dio non
consiste in parole, m a in potenza ».
5 L ’intero p arag ra fo è una lunga parentesi che dà m odo
al T aum aturgo di accennare ai suoi studi di diritto e, ad un
tem po, di esaltare la R om a im periale e la grandezza delle sue
leggi.
6 Letteralm ente: « a ssa lta , invade la m ia mente »: m eta­
fora derivata dal linguaggio m ilitare.
7 Letteralm ente: « la bocca tiene avvinta com e con cate­
ne la lingua »: m etafora efficace quanto la precedente.
Discorso a Origene, 7-8 49

golano la condotta di vita di tutti gli uomini soggetti


al dominio di Rom a. Leggi che richiedono estrem o
impegno a volerle tra loro arm onizzare, approfondire.
Sono, infatti, sapienti, precise, varie, eccezionali, e, a
dirla in breve, del tutto consone allo spirito greco,
espresse, però, e tram andate in lingua latina. Un idio­
ma questo m eraviglioso, grande, adeguato alla m aestà
regale, ma a ssai faticoso per me ad im parare. D'al­
tronde non mi era dato fare altrim enti, né, devo dire,
lo avrei mai voluto.
Considerato, comunque, che le locuzioni non sono
che le immagini dei nostri sentimenti, concediam o
pure agli esperti di eloquenza, come a pittori valenti,
molto abili nella loro arte e forniti di abbondante m a­
teriale coloristico, di eseguire, senza alcuna difficoltà,
dipinti che non soltanto riproducano con perfetta so­
m iglianza le immagini, ma che siano anche vari e assai
pregevoli nella loro policrom ia.

2. La gratitudine a Dio dell'incontro con Origene

8. Noi, invece, ci troviam o nella condizione


desim a dei poveri. Siam o, infatti, privi di questi vari
colori che o non abbiam o m ai posseduto o ne abbia­
mo perduto, forse, la padronanza. Dobbiamo, pertanto,
riprodurre con carboni, per cosi dire, o con c o c c i8,
con un frasario, cioè, ordinario, comune, secondo p o s­
sibilità, i nostri affetti genuini, renderli alla buona,
tentando di m ettere in rilievo l’im pronta dei sentimen­
ti dell’animo, se non in m odo perspicuo, raffinato, per
lo meno come può consentirlo un disegno a carbon­
cino 9. Se, poi, una qualche immagine bella, eloquente,

8 Per l’espressione, cf. 2 Cor. 4, 7.


9 In m erito alle m etafore e ai neologism i di questo p asso,
cf. E. M arotta, in « V etera C hristianorum », 8 (1971), pp.
241-242.
50 Gregorio il Taumaturgo

ci si offra da una qualche parte, l'accogliam o volen­


tieri e la facciam o nostra dopo attento vaglio.
9. Ma un terzo m otivo ancora mi è di ostacolo
impedimento, e molto più di quelli finora addotti mi
inibisce di parlare, l’argom ento, cioè, che pure in un
prim o momento mi fu di stim olo a prendere la parola,
ma che ora mi rende dubbioso, esitante. 10. Ho in
animo di parlare di un uomo che è tale nell'apparen­
za, nel sem biante, ma, per chi sap pia bene giudicare,
si è già' dispogliato del più della sua condizione m or­
tale in virtù della grandezza delle doti che segnano il
trap asso d all’um ano al d iv in o 10. 11. Se sono perples­
so, esitante, estrem am ente circospetto, il motivo è
che non mi accingo a lodare la fam iglia, il fisico, la
bellezza, a trattare, insom m a, quella che è la m ateria
degli encomi dei giovanetti, la quale a svolgerla ina­
deguatam ente non cagiona eccessiva preoccupazione.
12. Tenere, infatti, con esitazione un qualche discorso
in form a apparentem ente grave e solenne intorno a
qualità non durevoli né stabili, m a in vario modo sog­
gette a corruzione, è inutile che io stia a sottolineare
quanto sia cosa frigida, insulsa. Se, comunque, a me
fosse proposto un argom ento del genere, sciocco, va­
cuo, e tale che di m ia volontà non sarei m ai in­
dotto a trattare, se, ripeto, mi fosse data un’incom­
benza del genere, il discorso " non avrebbe affatto
timore, preoccupazione se le cose da me dette non
sem brerebbero a ll’altezza del tema assegnatom i. 13.
Ora, invece, sto per fare menzione di ciò che in que­
st'uom o è sublim e, affine alla divinità, di doti racchiu­
se in un corpo visibile, caduco, m a che tendono con
sforzo assai intenso ad uguagliare le d iv in e l2. Sto,

10 In m erito alla interpretazione da noi data del p asso,


diversa dalla comune, cf. E. M arotta, art. cit., p. 312.
11 Personificazione frequente nel panegirico.
12 Cf. H. Crouzel, Théologie de l’im age de Dieu chez Ori-
gène, in «T h é o lo g ie », 34 (1956), pp. 35-36; 217-219.
Discorso a Origene, 13-17 51

inoltre, per porre mano ad argom ento ancora più alto:


ad esternare la m ia gratitudine a Dio per avermi
concesso, contro ogni aspettativa m ia od altrui, di im­
batterm i in un uomo siffatto. Mai avrei potuto im m a­
ginare, sperare un privilegio cosi grande. Non, dunque,
a ragione, io, individuo assolutam ente meschino, privo
di talento °, sono tim oroso, dubbioso e incline a ta­
cere? 14. Mi sem bra partito sicuro starm ene in si­
lenzio. C'è pericolo, infatti, che con la m ia pretesa di
tenere un'orazione di ringraziam ento e con l’esprim ere,
forse, per avventatezza pensieri indegni, banali, spre­
gevoli, su di un argom ento santo, sublim e, non sol­
tanto non raggiunga la verità, ma, per parte mia, lo
privi di attendibilità presso chi creda che la realtà sia
quella che le mie parole abbozzeranno. Un discorso,
pertanto, il mio, inefficace e destinato non già ad ugua­
gliare i fatti, bensì ad arrecare ad essi disdoro. 15.
Vero è, o diletto m aestro l4, che le tue azioni sono al
di sopra di ogni critica, oltraggio, e ancora di più,
le opere del Signore che perm angono quali esse sono,
senza m utam ento di sorta, senza ricevere danno dalle
nostre meschine, indegne parole. 16. Non so, com un­
que, in qual m odo noi, apprestandoci stoltam ente con
mente e preparazione insufficienti ad un com pito grave
e superiore alle nostre possibilità, potrem o sottrarci
alla taccia di tem erarietà, di avventatezza. 17. Se in
altra sede, innanzi ad altre persone, ci accingessim o
con giovanile baldanza alla trattazione del tema che
ci siam o proposto, forse, in questo caso, sarem m o giu­
dicati spavaldi, audaci, ma la nostra leggerezza non

13 Gregorio, com e è facile notare, di continuo um ilia la


su a persona per m aggiorm ente esaltare quella del m aestro:
c il tropo della tapinosi, com une neH'oratoria epidittica.
14 Letteralm ente: « o caro capo »; locuzione affettuosa e
rispettosa, ad un tem po; ricorre frequente negli scritti dei
Padri quando dedicano le loro opere o in esse rivolgono la
p arola a vescovi o ad illustri personaggi.
52 Gregorio il Taumaturgo

sarebbe tacciata di impudenza, non avendo noi parlato


alla tua presenza. 18. Ora, invece, raggiungerem o il
colm o dell’insensatezza, anzi lo abbiam o già raggiunto.
Abbiamo osato accedere con i piedi non lavati 15 ( l’e­
spressione è proverbiale) ad orecchie alle quali il
Verbo divino m edesim o si accosta non come a quelle
dei più degli uom ini con i piedi avvolti quasi in spesse
pelli, con locuzioni, cioè, enigmatiche, oscure, bensì
vi entra e vi soggiorna chiaro e m anifesto, con i piedi,
per cosi dire, nudi. Noi, al contrario, abbiam o avuto
la tracotanza di infondere le nostre parole m ortali,
fango soltanto e sudicium e, in orecchie esercitate ad
ascoltare voci divine, ineffabili. 19. Non dovremmo,
dunque, essere paghi di avere fino a questo momento
sbagliato e non sarebbe doveroso non spingere oltre
il discorso e porre ad esso fine? Sarebbe mio vivo
desiderio. 20. Comunque, mi sia perm esso, una volta
preso ardire, di esporre la cau sa che mi ha indotto ad
affrontare il cimento, se mai po ssa essere concesso
perdono alla m ia leggerezza.

3. Onore ai benefattori

21. L'ingratitudine è, a mio giudizio, un male tre­


mendo, orribile, assolutam ente spaventoso l6. 22. Chi,
ricevuto un beneficio, non si sforza di ricam biarlo, se
in altro modo non gli sia consentito, per lo meno con
un ringraziam ento verbale, si com porta da individuo
o del tutto stolto ed insensibile ai benefici o privo di

15 L'accenno ai piedi non lavati (Or. Pan. I l i , 63-64) deriva


dal libro X X X II, 6 del Com m ento a Giovanni (GCS IV, p. 438,
1), libro che fu com posto d a Origene poco prim a del 238. Non
solo la m etafora, ma, aggiungiam o, l’intero p arag rafo 18 del
Panegirico ap p are chiaram ente isp irarsi all’esegesi origeniana
di Gv. 13, 2-11.
16 Analogo concetto in Seneca, De ben. 3, 11.
Discorso a Origene, 22-28 53

m em oria l7. 23. Se ha, d 'altra parte, im m ediata la per­


cezione, la coscienza del bene fattogli e non ne con­
servi per sem pre im presso nel cuore il ricordo e non
senta im perioso il dovere di esternare la riconoscenza
a chi è stato per lui causa di bene, è un essere abulico,
ingrato, empio, reo di colpa che non si può perdonare
ad uomo sia di alta sia di umile condizione. 24. Se
persona illustre, dotata d'ingegno, perché non ha sem ­
pre sulle labbra con incessanti attestati di gratitudi­
ne ed onore i grandi vantaggi conseguiti; se, invece,
individuo umile, tapino, perché non celebra e loda,
come gli è possibile, chi è munifico non solo verso gli
uomini ragguardevoli ma anche verso i m iseri. 25.
Dunque, le persone altolocate e che eccellono per
grandezza d ’animo, dato che hanno possibilità di at­
tingere a risorse ingenti ed a ricchezze cospicue, de­
vono rendere in base ai mezzi di cui dispongono onori
più grandi ed insigni ai benefattori; 26. coloro che
sono umili e vivono nelle ristrettezze non devono,
d ’altra parte, essi neppure essere trascurati, negligen­
ti, né avvilirsi per il fatto che non possono dare in
cam bio nulla di adeguato, di conveniente. 27. B iso­
gna, invece, che essi, anche se poveri, non siano privi
di riconoscenza, ma com m isurando i propri mezzi e
non quelli della persona onorata, tributino, confor­
memente alle possibilità, lodi destinate, forse, ad es­
sere gradite, accette alla persona celebrata, la quale
terrà questi attestati in conto non minore di molti
e grandi, se saranno resi con affetto intenso e con
animo schietto. 28. Cosi nei sacri testi 18 è scritto che

17 In generale, a p roposito dei p aragrafi 21-29 dell'ora­


zione, e, in particolare, per quanto concerne i tropi che ren­
dono con im m ediatezza il pensiero esp resso dallo scrittore
in detti p aragrafi, cf. E. M arotta, in « V etera Christianorum »,
10 (1973), pp. 68-69.
18 Lo scrittore com bina Le. 21, 1-4 con Me. 12, 41-44. Da
notare che il T aum aturgo, indulgendo a una peculiarità artisti-
54 Gregorio il Taumaturgo

una donna umile, m isera, mentre i facoltosi, i potenti


elargivano dalle loro ricchezze offerte cospicue, son­
tuose, essa sola le dava piccole, minime. Poiché, però,
contribuiva con tutto ciò che possedeva, riportò il ri­
conoscim ento di aver dato di più. Il sacro Verbo non
com putò, a mio giudizio, lo splendore, la magnificenza,
da quella che è mera esteriorità, cioè, d all’entità m a­
teriale del dono, m a dall'intenzione, dal sentimento
con cui l'elem osina era fatta. 29. N eppure noi, dun­
que, dobbiam o esitare per il tim ore che il ringrazia­
mento po ssa essere non conform e al bene ricevuto,
m a tentare, osare, al contrario, rendere in contrac­
cam bio onori che, se non degni, siano almeno adeguati
ai nostri mezzi. Se con il discorso non coglierem o
l’obiettivo in pieno, lo raggiungerem o in parte, sot-
traendoci alla taccia di esserci m ostrati com pletam en­
te ingrati. 30. Il silenzio assoluto, infatti, che si fa
scherm o del seducente velame della incapacità di p ar­
lare, è indizio di m eschinità. Generoso è, invece, il
tentativo di rim unerare, sem pre, quand’anche la fa ­
coltà di chi ringrazia sia inferiore alla dignità del
donatore. Perciò, anche se non sono in grado di espri­
mermi adeguatam ente, non tacerò. Anzi, sarò soddi­
sfatto, se avrò dato fondo a tutte le mie risorse.
31. Pronunzierò, dunque, questo discorso di ringrazia­
mento. Non vorrei ardire di rivolgerlo al Dio dell'uni­
verso. Eppure tutti i beni ci provengono da lui ed è,
pertanto, necessario che da lui movano i nostri ringra­
ziamenti, i nostri inni, le nostre lodi. 32. Vero è che
se offrissi tutto me stesso, non già em pio impuro, in­
triso di sacrilegio e di colpa, quale sono presentem en­
te, m a me stesso nudo, assolutam ente innocente, del
tutto lum inoso e schietto, com pletam ente scevro di
ciò che è m ale, neppure, ripeto, se mi offrissi nudo

ca, am a affiancare ad ogni aggettivo un altro analogo con


lieve differenza di significato.
Discorso a Origene, 32-36 55

come un neonato, farei un dono adatto ad onorare


e a rim unerare il Signore e Creatore dell'universo.
33. Mai gli uomini, uno per uno o tutti insieme,
quand'anche gli esseri puri, uniti in un solo spirito
ed in un concorde, unanime slancio, form assero un
lu tt’uno, asso rti in Dio in estatico rapim ento, po­
trebbero lodarlo degnamente. 34. Infatti, tutti i pen­
sieri ottim i, perfetti che una sua creatura può con­
cepire nei riguardi di lui ed esprim ere, se possibile
adeguatam ente, sono il frutto di una capacità che le
deriva unicamente da Dio, il quale ha ritenuto lei
degna di un tale privilegio; non ha, pertanto, essa
assolutam ente modo in un rendimento di grazie, attin­
gendo ad altra fonte, di tributare al Creatore un
qualche bene più grande.

4. L ’angelo educatore

35. Ma noi affideremo le lodi, g l’inni, in onore


del re 19 e protettore dell’universo e fonte perenne di
ogni b e n e 20 all'essere che unico può sanare anche
sotto questo riguardo la nostra debolezza21 e sup­
plire la nostra insufficienza, al custode e salvatore
delle a n im e 22, al protogenito Figlio di Dio, al Verbo
c re a to re 23 e reggitore dell'universo. 36. Egli solo è
in grado per sé e per noi uomini, singolarm ente pre­
si o tutti insieme, di innalzare perenni, incessanti rin­
graziam enti al Signore. E gli che è la verità 24, la sa ­

19 II Padre è detto re in Sai. 46, 3; Mt. 5, 35 e in 1 Tim.


1, 17.
“ Cf. Gv. 4, 14.
21 II verbo « san are », « m edicare », usato m etaforicam ente,
è in Is. 6, 10; Gv. 12, 40; cf. anche Ignazio, Ephes. 1, 2:
C risto m edico del corpo e dello spirito.
22 Si ha una rem iniscenza di Sai. 120, 4.
23 Molti sono i riferim enti biblici che è superfluo riportare.
24 Cf. Gv. 14, 6.
56 G regorio il Taumaturgo

pienza e la potenza del Padre di tutte le c o s e 25, e


che è in lui e a lui assolutam ente u n ito 26, non può
per oblio, per m ancanza di saggezza, per qualsivoglia
debolezza, quasi fosse da lui disgiunto, non riuscire
con la sua forza a lodarlo o riuscirvi, m a volontaria­
mente — cosa em pia a dirsi — lasciarlo inglorificato.
37. Egli solo è, dunque, nella condizione di sod disfa­
re a ll’intera m isura delle lodi dovute a Dio. Il Padre
m edesim o dell'universo facendo di sé e del Figlio un
tu tt’uno e attraverso lui, in virtù della forza del me­
desim o assolutam ente pari alla propria, attorniando,
per cosi dire, se stesso, lo glorifica, in qualche modo,
ed è anche egli glorificato. Onore che il Figlio m ono­
genito 27, il Verbo-Dio che è nel Padre, prim o ed uni­
co tra tutti gli esseri ha avuto in sorte. 38. Noi
uomini, da parte nostra, possiam o m ostrare ricono­
scenza, devozione, soltanto se, tram ite il Figlio, atte­
sterem o al Padre, in cam bio dei benefici che ci ha elar­
giti, gratitudine, al m assim o delle nostre possibilità,
riconoscendo che la via unica ad esternare la pietà è
il ricordarci costantem ente, attraverso il Figlio, della
causa prim a di tutte le cose. 39. R iconosciam o, per­
tanto, che egli, l'essere perfettissim o e vivente, il
Verbo anim ato della mente prim a per se m edesim a 28
è la Parola adeguata ad offrire incessanti rendimenti
di grazie ed inni alla Provvidenza, la quale non viene
mai meno, si prende cura di noi in ciò che è molto
im portante e di minimo conto e guida presentem ente
i nostri passi. 40. Questo discorso sia, dunque, un
atto di gratitudine più che verso altri verso quest’uo­
mo santo. Ancora, se volessi celebrare qualcuno degli

25 Cf. Giob. 12, 13; 1 Cor. 1, 24.


26 Per il concetto, cf. Gv. 10, 38; 14, 11; 1 Gv. 4, 15; Igna­
zio, Sm vrn. 1, 13.
27 Cf. 1 Gv. 4, 9.
28 Cf. Ebr. 4, 12; Gv. 5, 26.
Discorso a Origene, 40-45 57

esseri che non si m ostrano ma che sono vicini a Dio e


hanno a cuore i m ortali, il ringraziam ento sia rivolto
a colui che per un qualche im portante disegno ebbe
la ventura di governarm i, allevarm i, tutelarm i sin dal­
l'infanzia: 41. al santo angelo di Dio, colui che mi
nutre dalla mia giovinezza 29, come dice quell’u o m o 30
caro al Signore, alludendo m anifestam ente al suo an­
gelo. 42. Ma egli è grande e, conseguentemente, par­
la di un essere grandissim o, un angelo, o forse « l'an­
gelo stesso del gran consiglio », il nostro comune sal­
vatore, che quell’uomo solo in virtù della sua perfe­
zione ebbe la sorte di avere custode. N ulla posso dire
in proposito se non che egli conosce e loda il suo
angelo quale che sia. 43. Noi, invece, oltre a colui
che è la guida di tutti gli uomini, conosciam o e lodia­
mo, chiunque egli sia, il pedagogo particolare, colui
che ci accom pagna passo passo come fanciulletti:
44. l’angelo che sem pre e dappertutto mi ha educato,
guidato, a suo modo. Non, infatti, giudica ciò che è
utile alla m aniera m ia o dei miei cari parenti, che,
ciechi, nulla vediamo di quanto è innanzi a n o i3I, e
non siam o, pertanto, in grado di discernere le neces­
sità. Egli, invece, prevede tutto ciò che giova alla no­
stra anim a e, come nel passato, tuttora mi educa, am ­
m aestra, accom pagna. 45. Soprattutto, poi, mi ha
procurato un bene che io considero superiore ad ogni

29 Gen. 48, 15.


30 Nel p asso citato, Gen. 48, 15, si parla di Israele che
prendendo in adozione E fraim e M anasse, figli di Giuseppe, li
benedice. Pertanto, l’esp ression e « come dice q uell’uom o caro
al Signore » sem brebbe riferirsi a Giacobbe, e in tal senso
l’abbiam o intesa in « Vetera Christianorum », 8 (1971), p.
310. Tuttavia, dopo aver considerato quanto scritto in pro­
posito dal Crouzel in « Bulletin de littérature ecclésiastiqu e »
71 (1970), pp. 25-26, non siam o alieni dall’accogliere l'opinione
del dotto critico, il quale ritiene che l'espressione sia da rife­
rire ad Origene, detto, appunto, l’uomo caro al Signore.
31 Cf. Mt. 15, 14; Le. 6, 39; Rom . 2, 19.
58 Gregorio il Taumaturgo

altro. Ha provveduto a legarm i a quest'uom o. Eppure


costui non era congiunto a me per stirpe, per umano
vincolo di sangue, non abitava nel mio paese o in
località che con esso confinasse, non apparteneva al
mio popolo. Mancavano, insom m a, i motivi tutti che
inducono gli uomini a conoscersi, a stringere rapporti
di amicizia. 46. Ma, a dirla in breve, sebbene non ci
conoscessim o, sebbene fossim o forestieri, estranei ed
abitassim o l’uno assai lontano d all’altro, in quanto
popoli, monti, fiumi, si frapponevano tra noi e ci
separavano, in forza, tuttavia, di una previdenza del
tutto divina, sapiente, ci guidò nel luogo m edesim o,
predisponendo questo incontro per me salutare. Cosa
questa che da tempo era nei suoi progetti, dal mo­
mento, credo, in cui nacqui e ricevetti la prim a edu­
cazione. 47. Come egli realizzasse il suo disegno,
sarebbe cosa lunga a dirsi, e ciò non soltanto se inten­
dessi sofferm arm i sui particolari senza om etterne al­
cuno, m a anche, se, tralascian do la m aggior parte dei
fatti, mi lim itassi a ricordarne som m ariam ente alcuni,
i più im portanti.

5. Non a Berito ma a Cesarea di Palestina

48. Venuti al mondo, la prim a educazione ci fu


im partita dai genitori. Le tradizioni avite erano in­
form ate al paganesim o. Nessuno, quindi, a mio giudi­
zio, avrebbe supposto che un giorno ci sarem m o libe­
rati dall'errore. Tanto meno potevo presum erlo io,
fanciulletto come ero, privo di giudizio, e sotto la
guida di un genitore idolatra. 49. Il padre, poi, mori,
e la condizione di orfano in cui mi trovai coincise
per me con l’inizio della conoscenza del vero. 50. Al­
lora, infatti, per la prim a volta mi schierai dalla parte
del Verbo salutare, vero. Come, non saprei dirlo: co-
Discorso a Origene, 50-54 59

stretto 32, forse, più che di m ia volontà. Quale capacità


di discernim ento avrei potuto avere io che ero un quat­
tordicenne? Eppure, la san ta Parola cominciò, in qual­
che modo, a risiedere in me, proprio quando avevo la
predetta età, giacché allora appunto la ragione comune
a tutti gli uomini raggiunge il pieno sviluppo ’3. Sia
come sia, in quel tempo, per la prim a volta il Verbo
prendeva in me dim ora. 51. Se per il p assato non
ho riflettuto sulla cosa, ora, tuttavia, ripensandoci,
considero segno non piccolo della divina, m eravigliosa
Provvidenza il fatto che quell’intrecciarsi degli eventi
fosse stato cosi accuratam ente predisposto sulla b ase
degli anni che allora avevo 34. 52. Da una parte, af­
finché le azioni precedenti questa età e che fossero
frutto di errore potessero ascriversi a fanciullezza, a
stoltezza; dall'altra, affinché il sacro Verbo fosse affi­
dato ad un’anim a in grado di ragionare, 53. ad un’a­
nima divenuta razionale e che, anche se non dotata
della Parola divina, pura, non fo sse priva del timore
che da lei ci proviene, cosicché avessero in me inizio,
sim ultaneam ente, la ragione um ana e la divina: que­
sta, da un lato, arrecando soccorso con la sua poten­
za che è per me ineffabile ed è di lei specifica, quella,
d all’altro, ricevendone aiuto. 54. Quando rifletto su
tutto ciò sono preso da gioia e, ad un tempo, da tur­
bam ento. Sono orgoglioso del privilegio accordato­

32 La conversione di G regorio fu interiore. Non è, pertan­


to, accettabile la tesi di chi dà un’interpretazione m ateriale
del « costretto », pensando ad una azione svolta dalla m adre
del T aum aturgo, forse cristian a, o ad d irittu ra dal giurista
cognato di G regorio e Atenodoro (cf. H.Crouzel, in « Grego-
rian u m », 60 [1979], pp. 290-291).
33 La proposizione greca ha qui valore causale e non già
com parativo ipotetico, com e intendono i traduttori in gene­
rale.
34 Gli stoici, com e è noto, fissavano all'età di quattordici
anni lo sviluppo com pleto della ragione um ana.
60 G regorio il Taumaturgo

mi, temo, però, che, pur ritenuto degno di una cosi


grande prerogativa, mi p o ssa ugualm ente m ancare la
m eta. 55. Ma senza che me ne accorgessi, il discorso
mi è proceduto, a questo punto, lentamente, preso
come esso era dal desiderio di sofferm arsi p aratam en ­
te sui prodigiosi fatti che avevano predisposto il viag­
gio verso q u est’uomo. Prim a, infatti, moveva spedi­
to 35, puntava diritto agli avvenimenti nel loro su sse­
guirsi, non già perché pretendesse di tributare a chi
cosi aveva tutto predisposto il dovuto attestato di
lode, o anche di ringraziam ento, di devozione — non
intendiam o ingenerare fastidio usando term ini del ge­
nere senza nulla dire che sia ad essi rispondente — ,
m a perché era suo desiderio di abbozzare un raccon­
to, una confessione, qualcosa, insom m a, che non aves­
se alcuna pretesa.
56. Mia m adre, m orto il m arito, rim aneva sola
a prendersi cura di noi. Fu essa a decidere che, una
volta istruiti nelle altre discipline com e si addiceva a
giovanetti nati ed allevati signorilm ente, ci recassim o
alla scuola di un m aestro di retorica. E ra in animo suo
che un giorno potessim o esercitare questa pro fessio ­
ne. Noi, dunque, frequentavam o l'insegnante, ed alcu­
ne persone, in quel tempo, asserivano che in breve sa ­
rem mo diventati retori. E ssi esprim evano un giudizio
in tal senso, io, però, per conto mio, né potrei né
vorrei fare un'afferm azione del genere. 57. Non ce
ne era, d ’altronde, alcuna ragione, cosi come non c e r a
fondato motivo che ci inducesse a venire qui, a Cesa­
rea 36. Ma, senza che i miei parenti progettassero nulla
in proposito ed io esprim essi in m ateria il mio vole­
re, il divino pedagogo 37, sem pre vigile, 58. mi ven­

35 II discorso, com e in altri p assi del Panegirico, è qui


personificato.
36 Le interpretazioni del p asso sono diverse.
37 A proposito dell’angelo custode, cf. Origene, Hom. in
Num. 20, 3 (PG 12, 733B -C ); ibid., 24, 3 (PG 12, 762B).
Discorso a O rigene, 58-63 61

ne in soccorso. Poiché, infatti, uno dei miei insegnan­


ti, cui, tra l’altro, era stato affidato l’incarico d'impar-
tirmi la lingua latina 38 (non perché l’im p arassi a fon­
do ma perché non ne fossi del tutto digiuno), aveva
per caso una certa conoscenza della giurisprudenza,
59. l'angelo, ispirandolo, fece si che io, attraverso le
esortazioni rivoltemi dall’insegnante, mi applicassi
allo studio delle leggi. Il m aestro attendeva con im pe­
gno a questo com pito ed io gli prestavo ascolto più per
fargli cosa grad ita che per la passione del diritto.
60. Mi prese, dunque, come suo discepolo e incomin­
ciò con zelo ad im partirm i le lezioni. Una cosa disse
che si è realizzata assolutam ente: lo studio delle leggi
sarebbe stato per me il più grande viatico — fu que­
sto, appunto, il vocabolo da lui usato — sia che desi­
derassi un giorno in qualità di oratore trattare cause
in tribunale, sia che intendessi dedicarm i ad altra
professione. 61. Si espresse in questa m aniera, dan­
do alla parola « viatico » un significato umano. Invece,
è m ia im pressione che pronunziasse un oracolo in
virtù di una ispirazione ben più divina di quanto sup­
ponesse. 62. Indubbiam ente, una volta che io, vo­
lente o nolente, ero avviato allo studio delle leggi
rom ane, mi erano state, in qualche modo, im poste
orm ai catene. La città di Berito diventava pretesto,
incentivo al mio viaggio sin qui. Poco distante, infat­
ti, da Cesarea, Berito era un centro che s'inform ava
in tutto alla latinità e godeva fam a di essere la palestra
del diritto rom ano 39. 63. Altri eventi, in m erito ai
quali non so pronunziarm i e che, pertanto, tralascerò,
inducevano questo santo uomo, quasi dovesse moverci

38 Lo studio della lingua latina era indispensabile per i


giovani che asp irassero alla carriera politica. In lingua latina
era insegnato a B erito il diritto rom ano al tem po in cui visse
il T aum aturgo.
39 Berito, cui ab biam o accennato, era con sid erata la città
delle leggi.
62 Gregorio il Taumaturgo

incontro, a trasferirsi qui da A lessandria di Egitto,


città in cui aveva precedentem ente abitato. 64. Tut­
tavia, non c ’era pressante motivo perché io venissi a
Cesarea e stringessi con lui legami. Per quanto con­
cerne lo studio delle leggi ci sarem m o anche potuti
recare a Rom a. 65. Donde scaturì l’occasione? Il
governatore di allora della Palestina, per avere chi
con lui collaborasse e condividesse la fatica di am m i­
nistrare la provincia, aveva assunto e condotto qui un
mio parente, il m arito di m ia sorella. Il fatto si era
verificato all'im provviso, senza che mio cognato il
quale era assessore, e lo è ora parim enti, se la sentis­
se di vivere da solo, lontano dalla sposa. 66. Dun­
que, partito con il governatore, dopo non molto tem­
po, pensava bene di chiam are la moglie per averla ac­
canto, giacché a m alincuore si era separato da lei, e
m anifestava il desiderio che anche noi l’accom pagnas­
simo. 67. All’im provviso, pertanto, non so come,
mentre avevamo progettato di partire, m a di recarci
alla volta di tutt'altra località che questa, si presentò
un soldato con il m andato di scortare, di proteggere
nostra sorella finché non raggiungesse lo sposo e di
condurre anche noi come suoi com pagni di viaggio.
68. Per noi si trattava di fare cosa gradita al cogna­
to, alla sorella, soprattutto, perché con decoro e deci­
sione si disponesse al viaggio, e, infine, ai fam iliari,
ai congiunti che m ostravano di apprezzare la nostra
risoluzione e si adoperavano a farci intravedere il
vantaggio non piccolo che sarebbe a noi derivato dal
recarci a Berito e dall'attendere colà allo studio del
diritto. 69. Tutto, dunque, ci induceva a m etterci
in viaggio: il dovere fraterno, i nostri studi di giuri­
sprudenza, e, inoltre, il soldato. Non dobbiam o, infat­
ti, dim enticarci di lui, che ci apprestava mezzi pubblici
di trasporto in m isura superiore a ll’occorrente e salva-
condotti in quantità m aggiore di quella necessaria
alla sola nostra sorella. 70. Questi i motivi apparen-
Discorso a Origene, 70-72 63

t i A l t r i , però, ve ne erano non m anifesti e pili va­


lidi: gli stretti legam i che dovevano unirci a que­
s t ’uom o, la possibilità di conoscere ad opera sua la
verità sugli insegnam enti del Verbo, e, ancora, il gio­
vamento che le nostre anime dovevano trarne per la
loro salvezza. Questi, dunque, i veri motivi che guida­
vano noi, ciechi ed ignari come eravam o, per il nostro
bene. 71. Pertanto, colui che nell'apparenza era un
soldato, ma nella realtà il celeste com pagno di viag­
g io 41, la fida guida e il custode, l'angelo, insom m a,
che ci governa durante tutta la vita come attraverso un
lungo cam m ino, ci fece qui ferm are, dopo che ebbe
superato non poche località, e, tra le altre, Berito, cit­
tà questa che avevam o ritenuto la m eta principale
del nostro viaggio. Egli non si sottrasse a fatiche, fin­
ché non ci ebbe legati con tutti i mezzi di cui dispo­
neva a quest'uom o, che doveva essere per noi causa
di beni cosi grandi. 72. Il divino m essaggero qui
giunto, dopo essersi tanto adoperato, affidò a costui
il com pito di guidarci e allora, forse, si riposò. Non
già perché stanco, sp o ssato — la stirpe dei celesti mi­
nistri è, infatti, instancabile — , m a perché ci aveva
m essi nelle mani di un uomo che era all'altezza di
soddisfare ad ogni possibile incombenza e cura nei
nostri riguardi.

1,0 A proposito dell’intero p arag ra fo 70, cf. E. M arotta, in


« V etera C hristianorum », 8 (1971), p. 313.
41 E agevole cogliere il riferim ento all’angelo R afael che
guida i p assi di T obia e, per quanto concerne l'espressione,
in particolare, a Tob. 5, 22, il luogo scritturistico in cui il vec­
chio Tobia rassicu ra la m oglie Anna circa il viaggio che il
figlio sta per intraprendere alla volta della Media.
64 G regorio il Taumaturgo

6. Il fascino im perituro della parola am ica di Origene

73. Egli ci accolse fin dal prim o giorno: il prim o,


effettivamente, e devo dirlo, il più prezioso di tutti.
Infatti, allora, per la prim a volta, cominciò per me a
risplendere il vero s o le ‘l2. Noi, da principio, alla m a­
niera di fiere selvatiche, pesci, uccelli, che caduti nei
lacci, nelle reti, tentano di sgusciarne fuori, fuggire
via, desideravam o allontanarci alla volta di Berito o
della patria. 74. Egli, pertanto, si adoperò con tutti
i mezzi a legarci a sé. Intrecciava discorsi di ogni spe­
cie, spiegava, come è detto proverbiale, tutte le vele,
m etteva in opera tutte le sue risorse. 75. Lodava la
filosofia e gli appassion ati studiosi di questa discipli­
na con elogi am pi, frequenti, adeguati. Asseriva che
soltanto coloro i quali trascorrono una retta esisten­
za menano la vita che si addice a persone dotate di ra­
ziocinio: si rendono, infatti, conto, da una parte, di
chi essi sono, dall’altra, dei beni reali che l'uomo
deve perseguire e dei m ali veri dai quali rifuggire.
76. B iasim ava l’ignoranza e tutti gli ignoranti. Indi­
vidui num erosi costoro che, alla m aniera delle be­
stie, ciechi di mente, non hanno acquisito coscienza
di ciò che sono e vagano come esseri irrazionali, sen­
za sapere in che consista il bene e il male e senza
volerlo affatto apprendere. Sm aniano, anelano alla
ricchezza, alla fam a, agli onori popolari, al benesse­
re corporale, quasi che in tutto ciò sia la felicità.
77. Hanno stim a im m ensa di detti beni e, conseguen­
temente, delle professioni che ci mettono nella con­
dizione di procurarceli, delle attività che ci perm ettono
di conseguirli: la milizia, l’eloquenza giudiziaria, la
scienza delle leggi. Soprattu to egli con grande abili­
tà trattava argom enti che valessero a scuoterci nel­
l’intimo, giacché m ostravam o di trascurare quello che

« Cf. Or. Pan. X V I, 74.


Discorso a Origene, 77-82 65

come egli afferm a, è il più im portante dei nostri beni,


la ragione. 78. Io non so ora dire quante parole di
questa specie facesse risuonare alle nostre orecchie, e
non già per un giorno, ma per i più dei giorni nei pri­
mi tempi in cui lo frequentavam o, di continuo spro­
nandoci alla filosofia. L a sua parola ci aveva trafitti a
guisa di un dardo, e fino dal prim o m om ento: era in
essa una m escolanza di soave grazia, di persuasione,
e, direi, di forza di costrizione. Eppure eravam o dub­
biosi e ancora, in un certo senso, perplessi: da un
lato, non eravam o del tutto decisi a dedicarci con a s­
siduità allo studio della filosofia, d all’altro, non so
come accadesse, eravam o incapaci di allontanarci da
q u est’uomo, trascinati verso lui dalle sue parole, qua­
si come da ineluttabile necessità. 79. Egli asseriva,
e ben a ragione, che soltanto chi si applica alla filoso­
fia può attestare nei riguardi del padrone dell'univer­
so, nel m odo più perfetto, quella pietà di cui l’uomo
solo tra tutti gli esseri che vivono sulla terra fu ono­
rato e ritenuto degno; pietà che ogni m ortale ha viva­
mente a cuore, tranne che non si tratti di individuo
il quale abbia sm arrito il senno a cau sa di m alattia
mentale. 80. Con foga pronunziava discorsi del ge­
nere, gli uni di seguito agli altri finché non ebbe m essi
noi, che eravam o come am m aliati, nella condizione di
non opporre alcuna resistenza e non ci ebbe indotti
con la sua parola a ferm arci presso di lui, non so come,
in virtù di un divino potere. 81. Im m ise, infatti, in
noi il pungiglione dell'am icizia, tutt'altro che facile ad
essere estirpato, sottile, efficacissim o: l’aculeo, frutto
di destrezza e, ad un tempo, di una benevolenza che ci
si m anifestava quanto m ai salutare nei suoi discorsi,
ogni volta che s ’intratteneva con noi. Non già che
si adoperasse a circuirci con le sue parole, bensì a
salvarci con accorta, generosa ed assa i giovevole inten­
zione, e a renderci partecipi dei beni della filosofia
82. e degli altri, particolarm ente, che la divinità ha
66 Gregorio il Taumaturgo

elargiti a lui più che alla m aggior parte o, forse, più


che a tutti gli uomini del nostro tempo: essere, cioè,
partecipi del M aestro di pietà, del Verbo salvatore che
visita m olte persone e soggioga tutti coloro nei quali
si im batte. Non c e , infatti, essere che sia in grado di
opporgli resistenza, poiché egli è e sem pre sarà il re
dell'universo. Rimane, però, nascosto: i più, si ado­
perino o non si adoperino, non possono acquisirne
conoscenza tale da dire, se interrogati, qualcosa di
chiaro su di lui. 83. Come una scintilla, dunque,
im m essaci nel cuore, da una parte, ardeva, avvam pa­
va in noi l’am ore verso il Verbo santo, am abilissim o,
che alletta tutti som m am ente con la su a ineffabile
bellezza, dall'altra, verso quest'uom o suo am ico ed
interprete. 84. Amore che mi tr a fisse 43, inducendo­
mi a trascurare le altre attività e gli studi che appa­
rivano essere a noi convenienti e, persino, le mie belle
leggi, la patria, i parenti che dim oravano a Cesarea e
per i quali avevam o intrapreso il viaggio. Uno solo
era l'oggetto del mio am ore, della m ia predilezione:
la filosofia e l'uomo divino che l’insegnava. 85. E ri­
m ase avvinta strettam ente l'anim a di Gionata a Da­
vid 44. Questo lessi in seguito nei libri sacri, ma lo spe­
rim entai prim a non meno chiaram ente di quanto è
stato detto: eppure, almeno, è stato chiarissim am ente
vaticinato. 86. Non, in verità, fu avvinto soltanto
Gionata a David, ma la parte loro sovrana, l'anim a,

43 Non diversam ente d alla sp osa del Cantico dei cantici


<2, 5), la quale dice di essere ferita d alla p assion e per lo spo­
so, G regorio dichiara di essere ferito dall'am ore per il Logos
e per Origene am ico ed interprete del Verbo.
44 La citazione è da 1 Sam . 18, 1 dove, com pleta, suona:
« L ’anim a di Gionata rim ase strettam en te avvinta all'anim a
di David ». S u ll’espressione biblica, G regorio si sofferm a con
lunga e sottile disquisizione, che certam ente rispecchia il
m odo di Origene di in terpretare, discutere i luoghi scritturi-
stici, esam inando m eticolosam ente il perché delle singole p aro­
le e della loro collocazione nell'am bito delle frasi bibliche.
Discorso a Origene, 86-90 67

questa parte che neppure se vengono separate le cose


che appaiono e si vedono potrà essere costretta dal­
l’uomo, con qualsivoglia mezzo, ad essere anch’essa
disgiunta: contro sua volontà, mai assolutam ente.
87. L 'anima, infatti è libera e non la si può im prigio­
nare in alcun modo, neppure se tu rinserrandola in un
piccolo am biente m ontassi la guardia. E ssa è per na­
tura, per quanto almeno si riferisce alla sua ragion
prim a, là dove si trova ad essere la mente. E se, per
contro, ti sem bra che sia in un piccolo am biente, tu
im m agini che sia li per una sua ragion d ’essere, per
cosi dire, secondaria 4\ perché niente affatto è im pe­
dita di trovarsi là dove essa voglia essere. Anzi, asso ­
lutamente, può essere solo colà, e deve credersi che
logicam ente vi stia, in quel luogo e presso quel luogo
nel quale appaiono le opere di lei sola per se stessa.
88. Dunque, la frase biblica in cui è detto che l'ani­
m a di G ionata è stata avvinta a quella di David non
dim ostrò in form a concisa, assai chiara ciò che io spe­
rim entai? L ’anim a che, contro voglia, in nessun modo,
com e dissi, sarà costretta ad essere separata, di sua
volontà non lo vorrà facilm ente. 89. Non, infatti,
credo, è in balia del peggiore, che è m utevole e più
incline a m utare volontà, la facoltà dello scioglim en­
to di questi santi, affettuosi legami, com e neppure egli
da principio ebbe quella di stringerli da solo, bensì è
nella potestà del m igliore che è costante e non sog­
getto a m utam enti e fa piuttosto stringere i vincoli e
questi santi nodi. Fu avvinta, dunque, dal divino Ver­
bo non l’anim a di David all'anim a di G ionata, 90. ma
l’anim a del peggiore, come quella che dovette a ciò
soggiacere, è detto che rim ase avvinta a ll’anim a di
David. Non, infatti, la parte migliore, essendo auto­

45 L ’antitesi contrappone efficacemente la re altà delle cose


(la p rim aria ratio, cioè la ragion prim a d 'essere) alla loro
apparenza (la secu ndaria ratio, cioè la ragion d ’essere secon­
daria).
68 Gregorio il Taumaturgo

sufficiente, potrebbe scegliere di essere legata a ll’in­


feriore, m a l’inferiore abbisognando di soccorso dalla
superiore era necessario che una volta avvinta alla
m igliore restasse ad e ssa unita: da un lato, affinché la
parte im m utabile non ricevesse alcun danno dall’unio­
ne con la peggiore, e la parte, d ’altro lato, che è di
per sé disordinata, una volta avvinta e divenuta una
sola cosa con la m igliore, soggiacesse, senza arrecare
danno alla necessità dei legam i con essa. 91. Per­
ciò, elaborare i legam i fu proprio della parte supe­
riore e non della inferiore, essere avvinta, invece, fu
proprio della parte peggiore, cosi che non avesse in
qualche m odo po ssibilità di essere sciolta dai vinco­
li. 92. Con legam i a un dipresso di tale sorta que­
sto David ci ha tenuti e ci tiene avvinti, né, se voles­
sim o essere liberati dai lacci, lo potrem m o. Dunque,
anche se destinati a vivere lontani da lui, egli non
lascerà libere le nostre anime, m a le terrà a sé stret­
te cosi come è nella divina lettera.

7. Non ferm arsi alle apparenze ma investigare la so­


stanza delle cose

93. Per altro, dopo che ci ebbe cosi da principio


conquistati e, in ogni modo, m essi alla prova, poiché
il più era stato da lui ottenuto e avevamo deciso di
rimanere, da allora fu per noi il lavoratore esperto
alle cui cure sia affidata una terra non dissodata, nien­
te affatto fertile, m a salm astra, riarsa, pietrosa, sab ­
biosa, oppure non com pletam ente arida, im produttiva,
anzi eccellente per natura, m a incoltivata, abbando­
nata, irta di spini e di cespugli selvaggi, difficile a la­
vorarsi. 94. Fu per noi il giardiniere, per cosi dire,
alle cui cure sia affidata una pianta selvatica, im pro­
duttiva di dolci frutti, non, tuttavia, del tutto inutile,
se uno con l’abilità di orticoltore la sottoponga ad in­
Discorso a O rigene, 94-97 69

nesto, la spacchi, cioè, nel mezzo e vi inserisca e fissi


un germ oglio, finché insieme, pianta e m arza, come
un tu tt’uno fioriscano e si sviluppino (cosi, infatti,
potresti vedere qualche albero prom iscuo e spurio,
fertile da sterile che era, portare alle sue r a d ic i46 fru t­
ti di bell’ulivo; o una pianta, dunque, selvatica, non
però, im produttiva, grazie all'abilità del giardiniere,
o, anche, coltivata m a non feconda in quella parte
che l’orticoltore si attendeva che desse frutti, o, una
pianta, per m ancanza di lavorazione, non potata, arida,
squallida, soffocata da virgulti che spuntano a caso
num erosi e superflui, im pedita dal loro intrecciarsi di
giungere a m aturità, di fruttificare. 95. Noi erava­
mo in condizione analoga, quando egli ci prese come
allievi. Pertanto, ci andava torno torno con la sua
perizia di agricoltore; considerava non soltanto ciò
che tutti potevano vedere ed era alla superficie, ma
scavava, tentava le parti più riposte, interrogava, po­
neva quesiti, ascoltava le nostre risposte. Poiché com ­
prese che era in noi qualcosa di buono, di proficuo, di
positivo, 96. vangava, rivangava, annaffiava, sm ove­
va ogni cosa, m etteva in atto tutta la sua abilità e
solerzia, e ci lavorava. Il nostro animo esagitato, ecces­
sivam ente rigoglioso, in preda del disordine e dell'av­
ventatezza, produceva, effondeva spine, tr ib o li47, ogni
specie di erbe e piante selvagge: tutto egli recideva,
toglieva via, con il confutarci, con l’opporci i suoi di­
vieti. 97. Ci m etteva alle strette e, in m aniera del
tutto analoga alla so c ra tic a 48, ci faceva talvolta ince­
spicare con il suo ragionare, se vedeva che noi com­

46 Rem iniscenza di Rom . 11, 17.24.


47 Cf. Gen. 3, 18.
48 Socrate, com e è noto, fingendo di non sap ere, poneva
quesiti agli interlocutori e, confutando le risp o ste da loro
date, a poco a poco, li m etteva in grad o di avvicinarsi alla
verità. Diceva, pertanto, di esercitare il m estiere d ella leva­
trice, ereditato dalla m adre.
70 Gregorio il Taumaturgo

pletam ente restii alle briglie, come cavalli selvaggi,


saltavam o fuori strad a e correvam o in giro all’im paz­
zata, qua e là. Finalm ente con la persuasione e forza
di costrizione, quasi che un m orso fosse stato im po­
sto alle parole che uscivano dalla nostra bocca, ci rese
a lui soggetti. 98. La cosa, inizialmente, era per noi
dura, penosa, dal momento che ci rivolgeva i suoi
discorsi quando non eravam o ancora abituati, adde­
strati ad un ordinato ragionare. Comunque, ci puri­
ficava.
Non appena ci ebbe predisposti, m essi in grado
di intendere le parole della verità, 99. allora, appun­
to, spandeva semi a piene mani, come su una terra ben
lavorata, resa soffice, ad atta a fa r fruttificare i germi
in essa im m essi. A tem po giusto attendeva alla sem i­
na, al m omento opportuno ad ogni altro lavoro: espli­
cava convenientemente ciascuna m ansione e con le
parole adeguate. 100. Quanto era di ottuso, di spu­
rio nell’anim a, o perché cosi d isp osta per natura o
perché resa crassa d all’eccessivo nutrimento del cor­
po, tutto egli aguzzava, affinava con i suoi sottili di­
scorsi e modi im prontati ad affetti razionali, 101. e
che, inizialmente assa i sem plici, sviluppandosi, poi,
gli uni di seguito agli altri e svolgendosi m ultiform i,
sfociano in un intreccio ineluttabile, inestricabile. Per­
tanto, scuotevano noi che vivevamo, per cosi dire, in
preda del sonno e ci insegnavano ad applicarci con
cura agli argomenti proposti senza che tentassim o di
sgattaiolare fuori ora con il pretesto della loro lun­
ghezza ora della loro sottigliezza. 102. Ciò che in
noi era di avventato, di tem erario, giacché davam o a
caso l’assenso ad argom enti di qualsivoglia natura,
egli cercava di correggere con i discorsi cui abbiam o
accennato e con altri di diverso tenore. M ultiform e è,
infatti, questa parte della filosofia che ci avvezza a
non dare avventatam ente, alla cieca, l’assenso o a
negarlo. Egli, perciò, ci insegnava a non lim itare la
Discorso a Origene, 102-108 71

nostra indagine alle mere apparenze. 103. Molte opi­


nioni, infatti, giudicate da noi a prim a vista pregevoli,
magnifiche, penetrando nei nostri orecchi sotto l’am ­
manto di speciosi discorsi, quasi fossero veritiere e
non già false ed ingannevoli, erano riuscite ad acca­
parrarsi, ad assicu rarsi la delibera da parte nostra
dèlia loro inoppugnabile attendibilità; non molto tem­
po dopo, però, risultarono putride, non degne di fede,
una m alriuscita copia della verità; m isero, pertanto,
chiaram ente in rilievo che eravam o stati ridicolm ente
beffati e che avevamo dato alla cieca l'assenso ad ar­
gomentazioni cui non bisognava affatto. 104. Al con­
trario, altre opinioni im prontate a serietà, scevre di
m illanteria, ma che, espresse in linguaggio inadeguato,
ci erano apparse del tutto incredibili, parad ossali e
subito erano state ripudiate come false e im m eritata­
mente disprezzate, in seguito, tuttavia, indagando con
m eticolosità e riflettendo, furono da noi riconosciute
le più vere di tutte e assolutam ente inoppugnabili;
eppure fino ad allora erano state ritenute spregevoli,
erronee. 105. Ci insegnava, ripeto, a non lim itarci
all’esteriorità e a ll’apparenza, talora fallaci, false, m a
ad investigare con diligenza la sostanza delle cose, a
battere ciascuna torno torno per saggiare la bontà
del suono, ed allora soltanto, quando ci fossim o resi
perfettam ente conto della loro essenza, ad approvar­
ne l'esteriorità, a dare un giudizio in merito. 106. Co­
si, dunque, era razionalm ente educata la parte del
nostro animo che valuta il modo in cui ci si debba
esprim ere, parlare. 107. Ed era am m aestrata non
secondo la m aniera di giudicare dei bravi retori, se,
cioè, nella lingua sono grecism i o barbarism i — disci­
plina questa m eschina ed inutile — 108. bensì a
non essere ingannata. Cosa questa indispensabile ai
Greci e ai barbari, ai sapienti e agli ignoranti, e, in
generale, perché il discorso non sia prolisso con il
p assare in rassegn a una per una le arti e le attività,
72 Gregorio il Taumaturgo

a tutti gli uomini, qualunque genere di vita abbiano


scelto. Non c ’è persona, infatti, che discuta su qual­
sivoglia argom ento, la quale non am bisca, non aspiri
a non essere abbindolata.

8. Rendeva accessibile il cielo

109. Né e ra am m aestrata q u e sta parte soltanto


dello spirito che la dialettica ha avuto in sorte di cor­
reggere. Dal momento, infatti, che eravam o colti da
stupore innanzi alla magnificenza, alla grandiosità del
creato e alla sua varia, sapiente struttura, e allo stu­
pore accoppiavam o, alla m aniera di anim ali irraziona­
li, un assurdo timore determ inato dalla incapacità di
riflettere su qualsiasi fatto, anche questo strato infe­
riore del nostro animo 110. egli risvegliava, emen­
dava con altre discipline, le fisiche. Ci chiariva le cose
tutte che sono, risolvendole con m olta sapienza nei
loro elementi costitutivi e con criterio ricom ponen­
dole; trattava della natura del tutto e di ciascuna par­
te, e del m olteplice m utarsi, trasform arsi delle cose
del mondo, 111. finché, in virtù del suo insegna­
mento perspicuo e dei ragionam enti che, in parte
appresi e in parte suoi, ci teneva intorno alla santa
arm onia dell’universo e alla natura incensurabile, tra­
sform ò nel nostro anim o in razionale lo stupore per
l'innanzi irrazionale. 112. Tale sublim e, divino in­
segnam ento è oggetto della fisiologia, scienza a tutti
a ssa i piacevole. 113. Che dire, poi, delle altre sacre
discipline: la geom etria a tutti cara, inoppugnabile, e
l’astronom ia che spazia nei cieli? E gli inculcava ai no­
stri animi ciascuna di queste scienze, non saprei dire
se con l’insegnarcele o con il richiam arcele alla men­
te o in altro modo ancora. 114. Poneva senz'altro a
b ase di tutto, a fondam ento sicuro la geom etria, che
è irrefutabile; m ediante l'astronom ia ci sollevava in
Discorso a O rigene, 114-118 73

alto, come lungo una scala 49 che attinge il firmamento:


ci rendeva, insom m a, accessibile il cielo con l'im par­
tirci l’una e l’altra disciplina.

9. Le divine virtù etiche

115. L ’obiettivo suo, tuttavia, il più im portante,


era il m edesim o in vista del quale si travaglia l’in­
tera stirpe dei filosofi che, come da una ricca pianta­
gione, m ira a raccogliere da tutte le discipline e, par­
ticolarm ente, dall'alta filosofia, succulenti frutti, le
divine virtù etiche, le quali sole procurano lo stato
di calm a, di equilibrio degli im pulsi psichici. 116.
Voleva renderci, pertanto, indifferenti ai dolori, im­
passibili ai m ali di ogni specie, disciplinati, equilibra­
ti, sim ili alla divinità, beati. 117. Questo il fine in
vista del quale si adoperava con discorsi appropriati,
suasivi, sapienti, eppure a ssa i im periosi, a proposito
dei nostri costum i e della nostra condotta di vita.
118. Né soltanto con le parole, ma con i fatti, in qual­
che modo, disciplinava orm ai gli istinti che m anifesta­
vamo, m ettendoci nella condizione di in d ag are 50 gli
im pulsi, gli affetti dell’anim a ed a riflettere51 su di
essi: introspezione in forza della quale lo spirito è
naturalm ente portato a prendere coscienza di sé e a
correggersi della disarm onia in cui versa e a trasfe­

49 Allusione evidente alla scala di Giacobbe, cf. Gen. 28, 12.


A proposito dell’astro n om ia che ci avvicina a Dio, cf. Cle­
m ente A lessandrino, Strom . 6, 90, 3-4: « E ssa , m ediante un’in­
vestigazione sublim e intorno alla form a dell’universo, al m o­
vim ento del cielo e al corso degli astri, p orta l’anim a m olto
vicina alla potenza creatrice... e dalle cose sensibili ci trasfe ­
risce a quelle intelligibili » (A. Q uacquarelli, Le fonti della
paideia antenicena, cit., p. 86).
50 Letteralm ente, « m ediante la contem plazione »: il voca­
bolo greco « theoria » è da G regorio u sato in senso m etaforico.
51 Letteralm ente, « m ediante la considerazione ».
74 Gregorio il Taumaturgo

rirsi, conseguentemente, dallo stato di confusione in


cui si trova ad altro che si ispiri a raziocinio, ad ordi­
ne. 119. L ’anim a, dunque, in un prim o momento,
contem plandosi come in uno specchio, vede sia quel­
le che sono le scaturigini, le radici del male, l’irrazio­
nale, insom m a, da cui si levano contro di noi le assu r­
de passioni, sia la parte sua sovrana razionale che, do­
m inando dall’alto, le perm ette di rim anere indenne
nel suo io, scevra di passioni; 120. in un secondo
momento, poi, dopo aver attentam ente riflettuto tra
sé e sé, allontana, scaccia i m ali che nascono dal suo
strato inferiore e che ci avviliscono con la disarm o­
nia che ingenerano, ci prostrano, addirittura soffoca­
no con la bassezza di cui sono causa. Mali, quali, ad
esem pio, i desideri, i dolori, i tim ori e la schiera
tutta delle calam ità che a queste passioni si accom ­
pagnano, contro cui essa com batte al loro prim o rive­
larsi, insorgere e non perm ette che m inim am ente si
accrescano, com pletam ente distruggendoli, annientan­
doli. 121. Per contro, alim enta, custodisce i beni che
provengono dalla sua parte razionale, allevandoli am o­
revolmente al loro prim o m anifestarsi e custodendoli
con diligenza finché non raggiungano la perfezione.
122. Allora soltanto, egli ci insegnava, allignano nel­
lo spirito le divine virtù: la prudenza che sa giudicare
con immediatezza g l’im pulsi dell’anim a, in sé per sé
e secondo quella che è la scienza dei beni e dei mali
esteriori, am m esso che ne esistano di tal fatta; la tem­
peranza che sa com piere rettam ente la scelta tra gli
im pulsi, non appena si m anifestano; la giustizia che
assegna a ciascuno il suo; la fortezza che salvaguarda
le dette virtù. 123. Né ci avvezzava ad asserire a
parole che la prudenza è la scienza dei beni e dei
mali, del da farsi o meno. Sarebbe, infatti, una dot­
trina vuota, inutile, se la parola non fosse in arm o­
nia con l’azione. Né sarebbe, del resto, prudenza quel­
la che non operasse ciò che si deve fare e non disto-
Discorso a O rigene, 123-128 75

gliesse dalle cose che non bisogna com piere, m a si


lim itasse ad infondere una conoscenza m eramente
teorica di sé a persone che già ne sono in po ssesso, e
sono non poche. 124. Né ci avvezzava ad afferm are
a parole che la tem peranza è la scienza delle cose da
scegliere o da non scegliere. A sseriva che di e ssa non
sono affatto m aestri i filosofi, in generale, e quelli dei
nostri tempi, in particolare. Questi ultim i, infatti, an­
che se efficaci, autorevoli nel parlare e tali da susci­
tare spesso la m ia am m irazione quando dim ostrano
che la virtù di Dio e dell’uomo è la m edesim a e che
nel mondo il sapiente è pari in saggezza alla divinità,
tuttavia, non sanno im partire la prudenza cosi che
si sia indotti ad operare quanto è proprio di questa
virtù, né la tem peranza in m odo che si sap pia sce­
gliere in forza di quanto da essi si sia appreso. 125.
Lo stesso si dica a proposito della giustizia, della for­
tezza. 126. Egli, invece, non cosi a parole trattava
delle virtù, ma ci spronava a tradurle nella pratica.
E ci stim olava con l'esem pio del suo agire più che con
i discorsi che teneva.

10. Elogio rispondente a verità

127. Prego i filosofi del nostro tempo, sia quel­


li che ho personalm ente conosciuti sia quelli dei qua­
li ho avuto indirettam ente notizia, e cosi anche gli
altri uomini, di non offendersi a cau sa delle cose che
diciam o. Né alcuno creda che io sia indotto a parlare
d all’am icizia per q u est’uom o o anche d all’avversione
che provo verso i rim anenti filosofi. 128. Anzi, più
di ogni altro, am bisco all'am icizia di costoro per la
facondia di cui danno prova e desidero lodarli ed
ascoltare altri che si esprim ano in m odo lusinghiero
nei loro riguardi. Ma, in verità, le cose sono a un
punto tale che add irittu ra il nome della filosofia di
76 Gregorio il Taumaturgo

per sé è oggetto di gravissim e ingiurie da parte di


tutti; del resto poco è m ancato che io preferissi esse­
re assolutam ente ignorante che apprendere le dot­
trine insegnate da quei filosofi, convinto che non m et­
tesse conto per il rim anente tem po della m ia vita di
avere rapporti con loro: un m odo di sentire questo
mio, forse, tutt'altro che giusto. 129. Comunque,
nessuno creda che io sia indotto a parlare dal deside­
rio unico di intessere le lodi di q u est’uom o o, al con­
trario, da un sentim ento di av v ersion e52 verso gli
altri filosofi. Ciascuno sia, invece, convinto che noi,
per il tim ore di apparire adulatori, diciam o cose infe­
riori alle sue opere, 130. e non andiam o alla ricer­
ca di frasi, vocaboli, di quelli che sono artificiosi pre­
testi degli encomi. Tanto più che io, già da ragazzo,
quando ero istruito neH’ordinaria eloquenza da un
retore, evitavo, da allora, di celebrare qualcuno, se
l’elogio non fo sse stato rispondente a verità. 131.
Neppure oggi, pertanto, dal m om ento che mi sono
proposto di pronunziare un encomio, penso di dover
onorare quest'uom o soltanto in forza dei biasim i m os­
si ad altri. Significherebbe per me parlare di lui nel
peggiore dei modi, se ne parago n assi la vita beata ai
vizi altrui, per avere, cosi, qualcosa di più grande da
dire intorno alla su a persona. Non siam o folli fino a
questo punto. 132. Ma, lungi da q u alsiasi parago­
ne e lungi dagli espedienti cui si ricorre nei discor­
si, mi lim iterò ad esporre mie personali esperienze.

11. Prudenza um ana e prudenza divina

133. Costui, prim o e unico, mi convinse a dedi­


carm i alla filosofia greca, persuadendom i con l'esem ­

52 Letteralm ente, « da un desiderio opposto », s ’intende, a


quello da cui sono indotto ad elogiare il m aestro.
Discorso a Origene, 133-138 77

pio che scaturiva dalla sua condotta di vita a pre­


stare ascolto alla dottrina m orale e ad applicarm i ad
essa con perseveranza. 134. Studio al quale mai,
devo di nuovo dirlo, mi avrebbero indotto gli altri
filosofi, sia pure per un nostro erroneo criterio di
giudicare e, aggiungerei, quasi con nostro danno. Co­
munque, da principio, non mi im battei in molti, bensì
in pochi che facevano professione di filosofia e che,
senza eccezione, lim itavano l’insegnam ento di questa
scienza alle parole. 135. Costui, invece, per prim o
mi spronò a filosofare con i suoi discorsi, preoccupan­
dosi, tuttavia, che i fatti precedessero l'esortazione
verbale. Lungi dal pronunziare parole ricercate, egli
riteneva che non valesse neppure la pena di parlare,
se non lo facesse con anim o schietto, proteso a tra­
durre in atto i precetti im partiti. Tentava, pertanto,
di realizzare nella pratica quel tipo ideale di uomo,
da lui a parole abbozzato, che asp ira a vivere retta-
mente. Vorrei tanto dire che offriva se stesso come
esem pio di saggezza, 136. ma poiché questa m ia
orazione, da principio, ci ha garantito la verità e non
la m illanteria, non afferm o che egli è il m odello del
sapiente, anche se ho la certezza che lo è effettivamen­
te. Per il momento mi astengo da una asserzione del
genere. Diciamo, dunque, che non era il m odello per­
fetto, m a che assa i voleva ad esso accostarsi, adope­
randosi con cura estrem a, con zelo, e se è lecito dirlo,
al di là delle umane possibilità. 137. E ra anche suo
intento di renderci sim ili a lui, di non essere, cioè,
padroni ed esperti della dottrina relativa agli im pulsi
psichici, m a degli im pulsi m edesim i, nella pratica. Ci
spronava energicam ente alle opere e alle parole, m et­
tendoci con la teoria nella condizione di acquisire
conoscenza di ciascuna virtù non in piccola parte ma,
se m ai ne fossim o stati capaci, nella sua interezza.
138. Ci piegò, devo am m etterlo, con la forza a pra­
ticare la giustizia m ediante l’attività che è propria del-
78 Gregorio il Taumaturgo

lo spirito e a dedicarci ad essa. Ci distoglieva dalle


vane, m olteplici occupazioni della vita, dal frastuono
della pubblica piazza, e ci am m oniva ad indagare il
nostro io, a prenderci cura degli affari di effettiva
pertinenza deH'anima. 139. Anche alcuni degli anti­
chi filosofi53 hanno asserito che in ciò consiste l’ope­
rare con giustizia, e che in ciò è la vera essenza di
questa virtù. Hanno, in altri termini, voluto significare,
almeno credo, che un'attività del genere giovava alla
loro felicità e di chi li frequentava, se è com pito sp e ­
cifico della giustizia quello di assegnare secondo il
merito e di dare a ciascuno ciò che spetta. 140. Qua­
le com pito, infatti, potrebbe essere proprio dell'anim a,
quale cosi degno quanto l’avere cura di se ste ssa? E
che altro ciò significa se non che e ssa non deve p re­
stare attenzione alle cose che sono al di fuori di lei,
interessarsi degli affari altrui, che non deve, insom m a,
fare torto a se stessa, m a badare al proprio io, ad
esso applicarsi ed agire rettam ente? Q uest’uomo, dun­
que, cosi ci educava, piegandoci, ripeto, anche con
la forza a praticare la giustizia; 141. allo stesso
modo, ad esser prudenti con il concentrarci nel no­
stro spirito e con il volerne acquisire conoscenza a
tutti i costi. Attività questa che è propria della filoso­
fia e si risolve nel sapientissim o im perativo « conosci
te stesso », attribuito a colui che tra i demoni fu m ag­
giorm ente dotato di spirito profetico 54. 142. Gli an­
tichi sostengono, ed a ragione, che con quel comando
si esprim e l’ufficio peculiare della prudenza um ana la
quale è un tutt’uno con la prudenza divina, giacché
identica è, - a loro giudizio, la virtù della divinità e
dell'uomo. Lo spirito, infatti, una volta che abbia
acquisito con la pratica la capacità di contem plarsi

53 Gli antichi filosofi, cioè i platonici; cf. Or. Pan. IX , 49.


54 Cioè Apollo. Come è noto, gli dèi pagani erano ritenuti
demoni dagli E brei e dai cristiani.
Discorso a Origene, 142-147 79

come in uno specchio e di rim irare in se stesso la


mente divina, sem pre che sia degno di questa com par­
tecipazione, è in grado di percorrere il cammino inef­
fabile che mena alla divinizzazione. 143. In m anie­
ra del tutto analoga ci esortava alla temperanza, alla
fortezza. Ad essere tem peranti con il custodire la pru­
denza, giacché se questa è la virtù propria dell’anim a
che conosce se stessa, sem pre, naturalm ente, che le
sia concesso un privilegio di tal fatta, la tem peranza
è, a sua volta, una prudenza, per cosi dire, salvaguar­
data. 144. Ad esser forti, con il perseverare nelle
pratiche virtuose cui abbiam o accennato, senza mai
venire ad esse meno né volontariam ente né per co­
strizione, m a custodirle, esserne padroni: com pito que­
sto specifico della fortezza, che è la zelante preserva-
trice, la guardiana del credo che si professa.

12. In com pagnia di ogni virtù e saggezza

145. In verità, pur im pegnandosi a fondo, non ha


potuto renderci giusti, prudenti, temperanti, forti, a
cagione della nostra pigrizia e ignavia. Non possedia­
mo, dunque, e non rasentiam o neppure la virtù um a­
na o la divina, anzi siam o da esse assolutam ente lon­
tani. 146. L'una e l’altra sono, infatti, virtù gran­
dissim e e non è dato ad alcuno di farle proprie, se
Dio non gliene ispiri la forza. Noi, dobbiam o con­
fessarlo, non siam o predisposti per natura adeguata-
mente e non siam o ancora degni di conseguirle. Per
trascuratezza, debolezza, non abbiam o agito come deve
operare chi aspiri a ll’ottim o, chi am bisca alla perfe­
zione. 147. Indugiam o, perciò, ad essere giusti, tem­
peranti, e a possedere alcuna delle altre virtù. Que­
s t ’uomo eccezionale, però, che è di esse am ico, propu­
gnatore, ci ha m essi nella condizione di am arle di un
am ore ardentissim o: cosa questa che unica, forse, era
80 Gregorio il Taumaturgo

nelle sue possibilità. 148. H a inculcato a noi, con


l'esem pio della su a vita, l'am ore della bella giusti­
zia, rivelandocene il volto che risplende effettivamen­
te come l'oro; della prudenza cui tutti aspirano; della
sapienza, la vera, assa i am abile; della divina tem pe­
ranza che è tranquillità di spirito e pace per coloro
che la possiedono; della fortezza assolutam ente me­
ravigliosa, 149. e che è un tu tt’uno con la nostra
pazienza; e, in m odo particolare, della pietà che è
detta, ben a ragione, m adre delle virtù, giacché di
tutte è principio e fine 55. Movendo, infatti, da e ssa p o s­
siam o m olto agevolmente conseguire anche le altre. È
necessario, però, che mentre aneliam o e aspiriam o a
diventare am ici e zelanti assertori del Signore, un pri­
vilegio questo che deve essere a cuore di ogni uomo
che non sia un em pio ed un vizioso S6, non trascu ria­
mo le rimanenti virtù: ciò, affinché non ci avviciniamo
a Dio immeritevoli, squallidi, bensì in com pagnia di
ogni virtù e saggezza, che assolvano il com pito di guida
sicura e di sacerdote sapientissim o. Credo, infatti, che
fine nostro suprem o è di renderci sim ili a Dio con
purezza di mente, accostarci a lui, in lui rimanere.

13. Gli atei privi dell’umano buon senso

150. Per dare un'idea com pleta della cura e


lo zelo che m ostrava nei nostri riguardi, come descri­
vere con la parola il suo insegnam ento della teologia
e la cautela con cui im partiva questa disciplina? Come
tentare di addentrarm i nella m aniera di sentire di
quest’uomo, con quale spirito e preparazione era suo
volere che noi apprendessim o a fondo i discorsi tutti

55 L ’espressione, alla lettera, è nella raccolta di sentenze


del m onaco Antonio M elissa (secc. X I-X II); cf. PG 136, 772B.
56 Letteralm ente, « am ato re dei piaceri »; cf. 2 Tim . 3, 4.
Discorso a Origene, 150-154 81

riguardanti la divinità, e con quale diligenza vegliava


affinché non avessim o, in qualche modo, a correre
pericolo nella cosa la più necessaria di tutte, la
conoscenza, cioè, della cau sa prim a dell'u n iv erso?57.
151. E ra suo convincimento che dovessim o studiare
filosofia leggendo i libri di tutti gli antichi filosofi e
poeti, con impegno m assim o, senza esclusioni o pre­
clusioni di sorta; giacché, a suo giudizio, non eravam o
ancora dotati di sufficiente capacità selettiva. 152.
Unicamente ci proibiva i libri degli atei, i quali, m et­
tendosi al bando dell’um ano buon senso negano la
divinità, la P rovvidenza58. Non riteneva opportuno
che leggessim o scritti del genere, perché l’anim a de­
stin ata ad essere pia non s ’im brattasse della prim a
dottrina nella quale per caso si fosse im battuta, pre­
stando orecchie a discorsi contrari al culto di Dio. A
proposito, soleva dire che neppure chi frequenta i
templi, qualunque sia il credo che professi, am a affat­
to toccare alcunché di profano. Riteneva, dunque, che
gli scritti degli atei non devono essere tenuti in conto
da persone che si fossero consacrate alla pietà. 153.
N ecessario era, invece, a suo giudizio, avere rapporto,
dim estichezza con tutti gli altri filosofi e, senza pre­
ferenza o preclusione nei riguardi di alcuna scuola o
dottrina, sia greca che b arb ara, applicarsi a tu tte 59.
154. Un m odo d ’insegnare che si ispirava a saggez­
za e sagacia davvero grandi: non correvam o, infatti,
il rischio che la parola unicam ente di questo o quel
filosofo, ascoltata e giudicata veritiera anche se non
lo fosse affatto, insinuandosi nel nostro animo ci
ingannasse e, plasm andoci a suo modo, ci soggiogasse,
senza possib ilità per noi di evasione, quasi lana im ­

57 In m erito all'interpretazione del p arag ra fo 150, cf. E.


M arotta, in «V e te ra C h ristian oru m », 8 (1971), p. 315.
58 S i allude agli epicurei e, in m isu ra m inore, ai perip ate­
tici.
59 Cf. Or., Contra Celsum , III, 13.
62 Gregorio il Taumaturgo

bevuta di una tinta del tutto indelebile. 155. La


parola um ana, infatti, è un qualcosa di possente, di
subdolo, di capzioso. È capace, penetrando nelle orec­
chie, di im prim ere prontam ente, in virtù della sotti­
gliezza di cui è dotata, il suo sigillo nell’anim a, di
im porsi, di farsi am are, quasi fosse la vejità per ec­
cellenza, dalle persone m edesim e che ha fatte sue con
la forza. Rimane im pressa nel loro spirito anche se
falsa, ingannevole, ed esercitando su di esso il suo
potere, alla m aniera di uno stregone finisce per avere
come sostenitore l’individuo stesso che è stata capace
di abbindolare. 156. Vero è che l'anim a um ana è
incline a lasciarsi allettare dalle parole e concede con
facilità l’assenso prim a di rendersi conto delle cose
e di sottoporle ad attento, m eticoloso vaglio. Sia, in­
fatti, per l’ottusità e debolezza che la caratterizzano,
sia per la forza di penetrazione della parola, viene
meno ad una accurata indagine ed è spesso pronta ad
indulgere a ragionam enti falsi, a dottrine di per sé
erronee e che inducono in fallo chi le abbia recepite 60.
157. Aggiungo, ancora, che se una qualche altra pa­
rola tentasse em endarla, non l'accetta, non m uta il
proprio convincimento, bensì rim ane avvinta a quel­
la che è già im pressa in lei, quasi che un tiranno ine­
sorabile l'abbia soggiogata.

14. La conoscenza di Dio e l'um ana pietà

158. Non è stata forse la parola ad introdurre


queste dottrine opposte e in lotta tra loro e le rivalità
dei filosofi, i quali si com battono reciprocam ente in
m ateria dogm atica, gli uni professando determ inate
idee e gli altri aderendo a teorie co n tra rie ?M. 159.

60 Cf. 2 Tim. 3, 13.


61 Per quanto concerne l’interpretazione del p aragrafo
Discorso a Origene, 159-162 83

Non essi tutti vogliono essere filosofi e si professano


cultori di questa scienza dal prim o momento che han­
no com inciato a stu d iarla? E non afferm ano forse di
am arla ora che sono im m ersi nel vivo del suo argo­
m entare non meno intensam ente di quando si sono
ad essa applicati per la prim a volta? Anzi, di predili­
gerla con più grande ardore ora che hanno principiato,
per cosi dire, a gu starla ed a trascorrere il tempo nel-
l'approfondirla che non quando, inizialmente, inesper­
ti, sono stati indotti ad essa da un qualche slancio?
Non fanno essi forse dichiarazioni del genere, eppure
non sono affatto inclini a prestare ascolto alle dottri­
ne di altri che professano teorie diverse dalle loro?
160. Nessuno che pratichi l'antica filo so fia62 è riu­
scito a convertire al suo credo un seguace del moderno
indirizzo o anche un peripatetico, né, mai, si è d’al­
tra parte, verificato il caso opposto: nessuno, insom ­
m a, è stato assolutam ente capace di convertire un
altro. 161. Né alcuno potrebbe facilm ente essere
convinto, abbandonato il proprio punto di vista, a
seguire principi diversi, eppure tali questi che se fo s­
se stato da essi persuaso prim a ancora di accostarsi al
filosofare subito li avrebbe prediletti. Non avendo,
infatti, l'anim o preso da altra dottrina, avrebbe dato
il proprio assenso a quei principi, li avrebbe am ati e
avrebbe in forza loro avversato parim enti le idee che
ora professa. 162. Tale criterio hanno tenuto nel
filosofare i nostri Greci, assai valenti, per altro, fa ­
condi, e molto perspicaci nell’indagare: ciascuno asse ­
risce che sono veri unicam ente i principi in cui si è
inizialmente im battuto, trascinato, per cosi dire, da
un qualche im pulso, e che, al contrario, quelli altrui
sono inganno, vana ciancia. Né alcuno, tuttavia, sostie-

158, cf. E. M arotta, in « V etera Christianorum », 8 (1971), pp.


315-316.
63 I seguaci dell'antica filosofia sono, com e già si è detto,
i platonici; i seguaci della m oderna, sono gli stoici.
84 Gregorio il Taumaturgo

ne con la forza del ragionam ento le proprie idee più


di quanto gli altri filosofi riescano a far valere le loro,
quasi sia scritto che non debbano m utare parere, con­
siglio, ad opera di costrizione o, anche, di persuasio­
ne. 163. Uno slancio irrazionale, se vogliam o dire
il vero, li induce, quando sono ancora digiuni di filo­
sofia, a professare un qualche credo. Il cieco caso, non
sem bri parad ossale a dirsi, è il criterio unico della
scelta di quella che essi giudicano essere la verità.
Ciascuno predilige le idee delle quali da principio ha
fatto per caso esperienza e incatenato, quasi, da esse,
non presta ascolto ad altre. 164. Ciò, quando an­
che egli, con il sussidio della ragione, fosse in grado
di parlare dim ostrando assolutam ente la fondatezza
dei suoi convincimenti e la falsità di quelli degli av­
versari, dal momento che anche senza l’ausilio della
ragione ha dato tutto se stesso a quelle idee che pri­
me si sono accaparrate il suo assenso, sconsiderata­
mente, riprom ettendosi, in forza loro quasi un tesoro
insospettato. 165. Idee che solitam ente ingannano
sotto ogni aspetto gli individui che le praticano, e,
soprattutto, in ciò che m aggiorm ente conta ed è ne­
cessario: la conoscenza di Dio e la pietà. 166. E ssi,
pertanto, rim angono im pigliati, in qualche modo, nel
credo di cui sono seguaci e non è dato ad alcuno di
salvarli agevolmente. Sarebbe operazione analoga al
trarli fuori da un pantano che si apre su di una pia­
nura assai vasta, inguadabile: chi sia in quello caduto
non può tornare indietro, attraversarlo, per m ettersi
in salvo, m a deve rim anere colà im pigliato sino alla
morte. 167. O, anche, un’operazione analoga al trarli
fuori da un bosco profondo, fitto, alto. Il viandante
vi si è addentrato con l’intenzione, naturalm ente, di
uscirne e di trovarsi di nuovo in luogo aperto, m a
non è capace, data l’ampiezza, la densità della foresta:
si aggira, perciò, a lungo, in essa, percorre in vario
senso le vie che gli si parano innanzi le une di segui­
Discorso a O rigene, 167-171 85

to alle altre, convinto che attraverso qualcuna debba


pure uscire alla luce, m a quelle menano soltanto ad
altre interne della selva, senza sbocco verso l’esterno,
trattandosi di sentieri appartenenti esclusivam ente ad
essa; alla fine, il viandante stanco, sfiduciato, quasi
che orm ai non esista per lui che il solo bosco e non ci
sia sulla terra altra dim ora, decide di rim anere in
quella boscaglia, di fissarvi il focolare, e cerca di pro­
curarsi nella selva l’estensione di suolo la più vasta
possibile. 168. O, ancora, sarebbe im presa analoga
al trarli fuori da un labirinto che lascia intravedere
un solo ingresso. Chi vi entra, attraverso la porta che
unica appare, non sosp etta d all’esterno alcun inganno;
m an mano che si addentra è colpito dalla varietà
dello spettacolo, dalla costruzione ingegnosam ente ar­
chitettata che gli si presenta agli occhi: num erosissim i
corridoi, entrate ed uscite che si succedono le une alle
altre. Se, però, tenta di ritornare sui passi, non è
capace e resta intrappolato nell’edificio che, pure, ave­
va giudicato squ isita opera d ’arte. 169. Non c ’è,
tuttavia, labirinto inestricabile e com plicato, bosco
fitto e intricato, pianura o pantano che possano trat­
tenere a forza chi vi si accosti, come la parola di
questi filosofi, a qualsiasi scuola appartengano, se per
caso una persona s ’im batta in loro. 170. Il m aestro,
pertanto, affinché non ci toccasse la sorte m edesim a
della m aggior parte degli uomini, non ci indirizzava ai
dettam i di una sola scuola filosofica né perm etteva
che ad essa unicam ente ci inform assim o, bensì ci av­
viava a quelli di tutte le scuole. Esigeva, insom m a, che
non fossim o inesperti di alcuna dottrina greca. 171.
Egli stesso, quasi stessim o effettuando un viaggio, ci
accom pagnava passo passo, ci teneva per mano, affin­
ché, se m ai una difficoltà, u n ’insidia, un qualche ingan­
no fossero a noi di ostacolo, egli, da provetto inten­
ditore, di tutto al corrente e di tutto esperto per la
lunga fam iliarità con la scienza filosofica, potesse sta­
86 Gregorio il Taumaturgo

re in alto, al sicuro, e di là porgere la mano agli altri


e m etterli in salvo, quasi che traesse d all’acqua perso­
ne in essa som m erse. 172. Sceglieva con cura e ci
proponeva tutto ciò che era vero ed utile di ciascun
filosofo. 173. Scartava, invece, quanto era falso, so­
prattutto, a proposito dell'um ana pietà.,

15. Origene interprete dei precetti del Signore

In m ateria consigliava di non attenerci ad alcun


filosofo, anche se giudicato da tutti sapientissim o, ma
esclusivam ene a Dio e ai suoi profeti. 174. Egli spie­
gava, chiariva le oscurità, gli enigmi che frequenti
ricorrono nel linguaggio scritturistico, o, perché, forse,
il Creatore am a cosi conversare con gli uomini affin­
ché il divino verbo non entri nudo, scoperto in anime
indegne63 come sono quelle dei più; o, anche, perché
il celeste oracolo, pur essendo m olto perspicuo e sem ­
plice per natura, ci appare incom prensibile per esser­
ci, nel lungo volger del tempo, allontanati da Dio e
per aver disim parato a prestargli ascolto. Comunque,
egli spiegava, delucidava i concetti, sia che fossero
enigmi, giacché era esperto ed intelligentissim o udi­
tore della divinità, 175. sia che per lui nulla pre­
sentassero di am biguo e di incom prensibile quanto
alla loro natura, poiché unico degli uomini del nostro
tempo, quelli che ho di persona conosciuti o dei quali
ho udito altri parlare, è esercitato ad accogliere nel

63 II m otivo addotto dal T aum aturgo a spiegazione del­


l’oscu rità biblica è analogo a quello che suona in Mt. 13,
13-14: « Per questo p arlo loro in parabole: perché pur ve­
dendo non vedono, e p u r udendo non odono, e non com pren­
dono. E cosi si adem pie per loro la profezia di Isaia che dice:
Udirete con le vostre orecchie e non intenderete e m irerete
coi vostri occhi e non vedrete » (Is. 6, 9; cf. Gv. 12, 40; Atti,
28, 26).
Discorso a Origene, 175-181 87

suo animo le pure, lum inose profezie 64 ed a renderne


partecipi gli uomini. 176. Il Creatore, infatti, che
suggerisce, ispira ogni vaticinio, ogni parola m istica
e divina ai profeti suoi am ici, lo ha reso, come persona
a lui cara, interprete dei suoi oracoli, 177. e le verità
che può, tram ite gli altri, esprim ere soltanto sotto
veste di enigmi, riesce, invece, a farle intendere agli
uomini in virtù dell’insegnam ento di costui, elargen­
dogli il privilegio di indagare, trovare le cause di
tutto ciò che egli, l’essere assolutam ente degno di
fede, ha regalm ente predisposto, rivelato. 178. Pre­
rogativa questa concessagli, affinché nel caso che qual­
cuno duro di cuore ed incredulo, am ante, però, del
sapere, lo avesse come m aestro, fosse, in qualche
modo, costretto a frequentarlo, a credere nella sua
parola e a diventare seguace del Signore. 179. Egli
parla, a mio giudizio, per com partecipazione dello
Spirito S a n to 65, giacché abbisognano della ste ssa po­
tenza i profeti e i loro uditori: non potrebbe recepire
il vaticinio persona cui lo Spirito Santo che ha pro­
fetato non elargisse l’intelligenza della sua p a r o la 66.
180. Nella Sacra Scrittu ra è un oracolo: soltanto chi
chiude, apre, nessun altro asso lu tam en te67. Il Verbo
divino, appunto, allorché spiega gli enigmi, apre ciò
che è chiuso. 181. Quest'uomo ha ricevuto il dono
grandissim o da Dio ed il privilegio eccezionale dal cielo
di essere presso i m ortali l’interprete della parola
del Creatore, d ’intendere i precetti del Signore quasi
sia Dio m edesim o a parlargli, e di spiegarli agli uo­
mini adeguandosi alla loro possibilità di recep ire 68.

<* Cf. Sai. 18, 9.


« Cf. 2 Cor. 13, 13.
66 T ra lo S pirito Santo, il p rofeta che parla in suo nome
e l’uditore c’è uno stretto vincolo.
Cf. Is. 22, 22; Giob. 12, 14; Ap. 3, 7.
68 Come in M atteo (13, 15-16; Le. 10, 23-24), il Logos, a
coloro che hanno un cuore insensibile e sono duri d ’orecchie
88 G regorio il Taumaturgo

182. Non c'era pertanto, cosa che fosse per noi in­
com prensibile, nascosta, inaccessibile. Ci era lascia­
ta facoltà di apprendere dottrine di ogni specie: b ar­
bare e greche, m istiche e politiche, divine ed umane.
Studiavam o, investigavam o tutti gli argom enti con
estrem o impegno. Ci saziavam o, godevam o dei beni
spirituali di ogni genere. S ia che si trattasse di un'an­
tica dottrina di verità sia d'altra, comunque la si
voglia denominare, ci sofferm avam o a m editarla e
trovavam o in e ssa m ateriale abbondante, prezioso, ric­
co di idee a ssa i belle. 183. A dirla in breve, era
questo il nostro paradiso, im itazione di quello gran­
de di Dio, nel quale non bisognava lavorare la terra
di quaggiù, né nutrire i corpi, ingrassandosi, m a ac­
crescere i beni spirituali, quasi piante in pieno rigo­
glio che noi m edesim i piantam m o o che furono pianta­
te in noi dal Creatore di tutte le cose perché godessi­
m o e vivessim o piacevolm ente69.

16. L a partenza e il futuro

184. Un parad iso questo veram ente di fe lic ità !70.


Delizie e voluttà non effimere queste che assap o ram ­
mo nel tempo trascorso! 71. Tem po non breve, eppure

ed hanno chiusi gli occhi contrappone i discepoli, dicendo


beati i loro occhi che vedono e i loro orecchi che odono; cosi
il T aum aturgo, dopo aver accennato all'am biguità dei luoghi
scritturistici, contrappone, im plicitam ente, alle anim e inde­
gne di penetrare gli ineffabili tesori di sapienza velati dal­
l’allegoria nei sacri testi l’anim a p u ra e san ta di Origene.
69 Nel p asso cogliam o, d a una parte, rem iniscenze della
Genesi (3, 23), e, d all'altra, di M atteo (15, 13) e Giacom o (1, 21),
i luoghi neotestam entari nei q u ali i due apostoli afferm ano la
perennità dei beni p ian tati nell’uom o d a Dio.
70 Cf. Gen. 3, ‘23-24; Ez. 28, 13; Gioe. 2, 3.
71 In questo p arag ra fo e nei seguenti, m olte sono le escla­
m azioni e le interrogazioni, che, le une di seguito alle altre.
Discorso a O rigene, 184-188 89

del tutto esiguo se sta per avere termine nel m om ento


m edesim o in cui partiam o e ci allontaniam o da questo
luogo. 185. Non so, in verità, per quale accidente
o per quale colpa devo andarm ene, sono scacciato.
N ulla posso dire se non che io sono un secondo Ada­
mo espulso dal p a r a d iso 72 e che ho com inciato a
parlare. Come vivevo bene allorché ascoltavo il verbo
del m aestro e tacevo! V olesse il cielo che anche ora
potessi starm ene tranquillo, silenzioso, e non trasfo r­
m are l’insegnante — spettacolo nuovo questo — in
allievo! 186. Ma che bisogno c ’era per me di que­
sto discorso ? A che pronunziare queste parole, dal
m omento che non sarei dovuto partire bensì rim ane­
re? Le colpe, in verità, sono, a mio giudizio, le me­
desim e che tennero dietro a ll’antico in gan n o73. Mi at­
tendono, pertanto, i castighi stessi inflitti ai progeni­
tori 74. 187. F o r s e 75 non sem bra bene a me, a m ia
volta, disubbidire, osando trasgredire i com andam en­
ti divini nei quali e presso i quali sarei dovuto rim a­
nere? 76. Io me ne vado, fuggo lontano da questa vita
beata, anche io, come quell'uom o antico fuggì lonta­
no dal volto di Dio 77, e ritorno alla terra dalla quale
provenni 78. 188. Ivi, dunque, m angerò p o lv ere79 per
tutti i giorni della v it a 80, anzi, già d a ora lavoro la

rendono con efficacia il travaglio interiore del T aum aturgo per


aver trasgredito le parole del Signore, i divini com andam enti
cui avrebbe dovuto m antener fede.
72 Cf. Gen. 3, 23-24.
73 Cf. Giustino, I Apoi. 54.
74 Cf. Gen. 3, 23-24.
75 In m erito al p arag ra fo 187, cf. E. M arotta, in « V etera
Christianorum », 13 (1976), pp. 81-84.
™ Cf. Gv. 15, 7.9.10; 1 Gv. 4, 13.
77 Cf. Gen. 3, 8.
™ Cf. Gen. 3, 23.
7’ Cf. Gen. 3, 14.
8" Cf. Gen. 3, 17.
90 Gregorio il Taumaturgo

terra che produce per me spine e trib o li81, i miei do­


lori e le mie preoccupazioni spregevoli, dopo aver detto
addio ai pensieri belli e buoni. 189. A quelle cose
che ho lasciate, ad esse ritorno ancora: alla terra don­
de u s c ii82, alla parentela m ia di quaggiù, alla casa del
padre mio 83. Abbandono, invece, la buona terra dove
era — ma, purtroppo, soltanto tardi dovevo render­
mene conto! — la m ia buona patria. Abbandono i
parenti che soltanto dopo lungo tem po ho com inciato
a com prendere che erano parte dell'anim a mia, e la
casa del vero padre nostro, in cui egli dim ora, piam en­
te onorato, riverito dai figli, i veri, che vogliono in
e ssa rimanere. Io, invece, empio, indegno, mi allon­
tano da loro: ritorno sui miei p assi Μ, corro a ritroso.
190. Si dice che un fig lio 85, dopo aver ricevuto dal
padre la porzione di eredità che a lui toccava nei
confronti di un altro suo fratello, si allontanò dal pa­
dre, volontariam ente, per dirigersi alla volta di un
paese lontano. Vivendo tra i bagordi dilapidò, consu­
mò com pletam ente la sostanza ereditata. Alla fine, per

8' Cf. Gen. 3, 18; E br. 6, 8.


82 Cf. Gen. 3, 19.
« Cf. Gen. 12, 1; Is. 22, 23.
« Cf. Mt. 24, 18; Me. 13, 16; Le. 17, 32; Gen. 19, 26.
85 Cf. Le. 15, 11-32. L a m isera situazione in cui versa, sug­
gerisce al T aum aturgo un raffronto con quella del fìgliol pro­
digo: com e il giovane d issip ato si accom iata di su a volontà
dal padre, anche egli spontaneam ente si congeda dal m ae­
stro; com e il fìgliol prodigo, detto addio alla regale m ensa
paterna, finisce ad d irittu ra p er n utrirsi del cibo dei porci,
cosi G regorio dalla vita lum inosa dello sp irito è per trap a s­
sare a quella im pura del secolo. Mentre, tuttavia, il giovane
tlella p arab ola esige dal genitore all'atto della partenza la
porzione dei beni a lui spettanti, il T aum aturgo si m ette in
viaggio senza la p arte di ered ità che a lui tocca; il giovane
prodigo ritornerà un giorno alla c a sa avita e sa rà festo sa­
mente ricevuto; Gregorio, invece, allontanatosi da Origene,
m enerà per sem pre vita gram a tra le lacrim e, il pentim ento e
l'accorato ricordo del m aestro.
Discorso a O rigene, 190-194 91

indigenza, si ridusse, dietro com penso, a fare il guar­


diano dei porci. A ttanagliato dalla fam e, desiderò
partecipare con i m aiali al loro pasto, m a neppure ciò
potè ottenere. Pagò, dunque, il fio della vita d issip ata,
perm utando la m ensa paterna degna di un re con il
nutrim ento dei porci e degli infimi servi: una iattura
che non aveva certo preveduta. 191. Penso che a
noi capiterà qualcosa di sim ile allontanandoci da qui
e, per giunta, neppure con tutta la porzione di eredità
spettanteci. Senza aver preso le cose necessarie, ce ne
andrem o, tuttavia, lasciando con te e presso di te
quanto è di bello, di am abile, ottenendo in cam bio le
cose peggiori. 192. Per il futuro ci attende un a s­
soluto squallore: non più la pace, m a schiamazzo, con­
fusione; non la vita ordinata, tranquilla, ma sregola­
ta; non la libertà, bensì la dura sch iav itù 86, fori e
tribunali e assem bram enti e vanità. 193. Non avre­
mo neppure un po’ di tempo da dedicare alle attività
più onorevoli; non parlerem o dei divini oracoli, ma,
cosa questa che già di per sé è, a giudizio del pro­
feta 87, una vera maledizione, delle opere degli uom i­
ni, e per giunta, degli uomini m alvagi. 194. Notte
effettivamente da giorno 88, da fulgida luce tenebre, da
festività lutto! Esuli dalla terra patria ci accoglie­

86 Vivo è il dolore dello scrittore che avverte il trap a sso


« dalla libertà alla schiavitù », venendo meno ai precetti di
Paolo che in Gal. 5, 1 ci am m onisce: « Cristo ci ha liberati
perché restassim o liberi; state dunque saldi e non lasciatevi
im porre di nuovo il giogo della schiavitù », e in Rom. 8, 21
iaddita la speranza del creato di essere liberato dalla schiavitù
della corruzione ed essere am m esso alla libertà della gloria
dei figli di Dio.
87 L ’allusione è a David, cf. Sai. 16, 4.
88 Cf. Ap. 21, 23-25.
89 Cf. Amos, 8, 10; Tob. 2, 6. Il T aum aturgo è l’em pio di
cui parla B ald ad il Suh ita a Giobbe: il lume si oscu rerà nella
su a tenda e la su a lucerna in lui si spegnerà (Giob. 18, 6); lo
scacceranno dalla luce nelle tenebre (Giob. 18, 18). Le antitesi
e il concetto da esse esp resso ci richiam ano alla mente l’ana-
92 Gregorio il Taumaturgo

rà un paese nemico 90, in cui mi è proibito di cantare


un inno sacro. Come potrei, del resto, esserne capace
in una terra estranea al mio spirito e in cui chi dim o­
ra non può essere unito a Dio? Avrò soltanto la p o ssi­
bilità di piangere, di gemere, richiam ando alla mente
i beni di qui, seppure mi sa rà dato di conservarne il
ricordo 91.
195. Si tram anda che i nemici, una volta assalita
una città grande e san ta nella quale si adorava Dio,
trascinassero prigionieri gli abitanti e i cantori e i
profeti in una ste ssa terra, a Babilonia. I deportati,
per quanto pregati dai vincitori, non vollero cantare
inni in onore della divinità, suonare in terra straniera,
ma, avendo appeso gli strum enti m usicali ai salici le-
gandoveli strettam ente, piansero presso i fiumi di B a ­
bilonia. 196. Ho l'im pressione di essere uno di loro,
bandito dalla città, da questa p atria m ia e santa, dove
sia di giorno che di notte riecheggiano i divini com an­
damenti, gl'inni, i canti, le m istiche parole e risplende
una luce, del tutto sim ile alla solare e perpetua 92. Di
giorno, infatti, siam o asso rti nei divini m isteri, di not-

logo luogo della V ita di san ta M acrina di G regorio di N issa.


L a sorella del vescovo sp ira san tam en te: le donne della co­
m unità di Annesi da lei fon data piangono afflitte la m orte di
colei che sino a quel m om ento è sta ta per loro fonte di sal­
vezza: « Sotto la tua guida p er noi anche la notte era illum inata
alla p ari del giorno d alla tua p u ra vita; ora, invece, anche il
giorno si m uterà in tenebre » (V ita s. M acrinae, testo edito
da V. Woods Callahan, in G regorii N ysseni opera, a cura di
W. Jaeg er, voi. V ili, p ars I [ G regorii opera ascetica, Leiden
1951], pp. 400-401).
90 Cf. Sai. 136, 1-4.
91 Cf. Sai. 136, 6.
92 L a scu ola di Origene ignora le tenebre; in essa b rilla
la luce del vero sole, afferm a G regorio rifacendosi per il con­
cetto ad Ap. 21, 23-25: com e la nuova G erusalem m e, la illu­
m ina la gloria di Dio e il suo lum inare è l’Agnello; le sue porte
non saranno m ai chiuse di giorno, perché la notte non ci
s a rà m ai.
Discorso a O rigene, 196-200 93

te, poi, riviviam o neH’im m aginazione tutto ciò che lo


spirito vide e operò nelle ore diurne. Per non dilun­
garm i, da questo luogo in cui tutto parla di Dio,
197. sono cacciato in e s ilio 93, trascinato in un paese
straniero. Ivi, una volta appesi ai salici gli strum enti
m usicali, come fecero anche i Giudei, non potrò suo­
nare il flauto; vivrò lungo le rive dei fiumi, lavorerò
fa n g o 94, e non vorrò cantare inni richiam andoli alla
mente. Ma, forse, li avrò dim enticati, indebolito nella
m em oria a causa del m io cattivo operare. 198. D’al­
tra parte, allontanandom i da qui — se anche mi accin­
go al viaggio non contro la m ia volontà come un pri­
gioniero m a spontaneam ente, non da altri sconfitto
che da me stesso, mentre avrei avuto la possibilità
di rim anere — 199. può darsi che allontanandom i,
ripeto, da qui, uscendo da una città tranquilla e paci­
fica, debba viaggiare senza alcuna sicurezza. Forse,
durante il viaggio m ’im batterò nei ladroni, sarò ca t­
turato, denudato, trafitto con m olte ferite, e giacerò
mezzo m orto, abbandonato dove che s i a 95.

17. L a divinità ci a ssista

200. Ma perché cosi mi lam ento? C’è il salvat


di tutti, il protettore e il medico dei m oribondi, dei
d e p re d ati96, il Verbo, il v ig ile 97 custode degli uomini.

93 Per questo p aragrafo , cf. Sai. 136, 1-3.


94 Cf. E s. 1, 14.
95 Lo scrittore ad atta alle proprie vicende la prim a parte
della p arab ola del buon S am aritan o; cf. Le. 10, 30-37.
96 II riferim ento è alla p arab o la del buon sam aritano.
Come Origene, il T aum aturgo intravede in C risto il buon
S am aritan o, e, analogam ente, com e è d ato desum ere dal con­
testo, nell’uom o che discendeva da Gerico, Adamo; in Geru­
salem m e, il p arad iso ; in Gerico, il m ondo; nei ladroni, le
potenze nem iche; nelle ferite inferte al viaggiatore, la disub­
bidienza.
97 R em iniscenza di Sai. 120, 4.
94 Gregorio il Taumaturgo

201. Abbiamo sem i che in virtù tua abbiam o com pre­


so di possedere ed altri da te im m essici 9\ i bei pre­
cetti di vita. Con essi ce ne andrem o, piangendo per­
ché partiam o, m a portandoli, tuttavia, con noi. Può dar­
si che il custode standoci accanto sia disposto a sal­
varci. 202. Forse ritornerem o ancora da te, portan­
do dai semi infusici frutti e covoni, non dico per­
fetti (com e, infatti, potrem m o?), m a quali ci sarà
stato possibile ricavare dalla pubblica attività: covo­
ni deteriorati, in qualche modo, dalla nostra natura
sterile o che produce frutti non buoni m a che non è
destinata ad essere ulteriorm ente rovinata da noi, se
la divinità ci a ssiste ".

18. Lacrim e di congedo dagli am ici

203. A questo punto 100 abbia term ine il disco


che, se ha troppo osato innanzi a persone cui non
doveva, ha, però, almeno, a mio giudizio, pronun­
ziato con sincerità e gratitudine un ringraziam ento
adeguato, credo, alle nostre capacità. Se, infatti, non
abbiam o espresso concetti convenienti, non siam o, tut­
tavia, rim asti del tutto silenziosi. Inoltre, ha anche
versato lacrime, come sono soliti coloro che si conge­
dano dagli amici. Non so se in esso non sia forse qual­

98 Cf. 1 Gv. 3, 9.
99 Le espressioni e il concetto di questo p arag rafo sono
quelli del Salm o 125, il canto dei reduci d alla cattività babilo­
nese. I Giudei si sono allontanati dal loro p aese recando con
sé i sem i da gettare (Sai. 125, 6), G regorio p arte d a C esarea
di Palestina portando con sé i sèm i, i buoni precetti di Orige­
ne; i Giudei fanno ritorno alla loro terra natia, felici, solle­
vando i covoni, Gregorio si au gura di ritornare dal m aestro
portando con sé frutti e covoni, anche se di sc a rsa consistenza,
anche se non buoni.
i°o per l'interpretazione del p arag ra fo 203, cf. E. M arot­
ta, in « V etera Christianorum », 13 (1976), pp. 84-86.
Discorso a Origene, 203-207 95

cosa di puerile, qualcosa che presenti traccia di adula­


zione, qualcosa di alquanto sciatto o ricercato; tutta­
via, questo so con certezza, che in esso non è nulla di
artefatto m a la verità nel m odo assoluto, per sana
disposizione d ’animo e per proposito genuino e schietto.

19. Speranza di ritornare

204. Tu, o diletto m aestro, dopo esserti levato


averci im partito la benedizione, congedaci orm ai. Tu
che ci hai tratto in salvo con i tuoi santi insegna-
menti quando ti stavam o accanto, continua a proteg­
gerci con le tue preghiere una volta da qui lontani.
205. Mettici, dunque, nelle mani di Dio che ci ha
condotti da te, a lui raccom andaci, ma, soprattutto,
mettici nelle sue mani. Ringrazialo per i benefìci che
ha elargiti a noi nel passato ; pregalo di volerci ac­
com pagnare per il futuro, passo passo, di vegliare su
di noi incessantem ente, di ispirare alla nostra men­
te i suoi comandi, di infonderci il suo divino timore,
che sarà il m igliore pedagogo. Una volta, infatti, da
qui lontani non darem o ascolto alla parola del Signo­
re con la m edesim a libertà di cui godevam o presso di
te. 206. Supplicalo anche di dare a noi un qualche
conforto nel congedarci da te e di inviare come fida
scorta un angelo che ci sia com pagno di viaggio 101.
207. Chiedigli che ci faccia ritornare e ci guidi pres­
so di te: speranza questa che sola sarà a noi partico­
larm ente di consolazione.

101 L 'espressione si isp ira a Tob. 5, 22; cf. Or. Pan. V,


105-108.
Origene

LETTERA A GREGORIO IL TAUMATURGO


Quando e a chi gli insegnam enti della filosofia,
secondo quanto attesta la Scrittura, sono utili ai fini
dell'esegesi biblica

Salute a te in Dio, o Gregorio, mio eccellente si­


gnore e figlio assai venerando.
1. Una buona intelligenza cui si accoppi l'ese
zio è in grado, come tu sai, di attendere con successo
a fatiche che, quanto è possibile, le perm ettano di
realizzare, per cosi dire, il fine ultim o dell’attività che
uno si è proposto di praticare. Il naturale ingegno può,
dunque, fare di te un perfetto giurista e un filosofo
greco di una delle scuole più celebri. E ra, però, mio
desiderio che tu u sassi le risorse del talento, avendo
come unica m eta il cristianesim o. Mi auguravo che a
realizzare questo fine tu ricavassi dalla filosofia elle­
nica gli insegnamenti validi a dare una cultura di base,
una form azione che fosse di propedeutica al cristiane­
sim o e cosi anche che attingessi alla geom etria e al­
l'astronom ia gli am m aestram enti utili a ll’interpreta­
zione dei sacri testi. Ciò, affinché quello che gli alunni
dei filosofi afferm ano a proposito della geom etria, del­
la m usica, della gram m atica, della retorica, dell'astro-

1 Questo è l’argom ento, in breve, prep osto al capitolo X III


della Filocalia di B asilio e G regorio Nazianzeno.
100 O rigene

nomia, che sono, cioè, scienze ausiliarie della filosofìa,


questo ci fosse consentito dire della filosofia m edesim a
rispetto alla dottrina cristiana.
2. Concetto analogo, se non sbaglio, è espre
nell’Esodo per bocca di Dio stesso. Egli fa dire ai
figli d ’Israele 2 di chiedere ai vicini e ai com pagni di
tenda oggetti d ’argento e d ’oro e vesti \ affinché spo­
gliandone gli E g iz ian i4 disponessero del m ateriale
adatto ad apprestare gli arredi indispensabili al culto
divino. Con il bottino, infatti, che i figli d ’Israele raz­
ziarono a quel popolo sono stati fabbricati tutti gli
oggetti del Santo dei S a n t i5: l’arca con il coperchio,
i cherubini, il propiziatorio, il vaso d ’oro in cui era
la m an n a6, il pane degli a n g e li7, arredi, s ’intende,
eseguiti con l’oro degli Egiziani, il pili raffinato. Con
quello, invece, per cosi dire, di qualità inferiore sono
stati apprestati, in prossim ità del velo interno, il can­
delabro m assiccio e le lam pade che lo sorm ontano,
l’aurea m ensa su cui erano i pani della propiziazione,
e, tra la m ensa e il candelabro, l’altare dell’olocausto,
anch’esso d ’oro. Con il m etallo m edesim o, di terza,
però, e quarta qualità, erano fatti i vasi sacri; altri
utensili, ancora, con l'argento. I figli d ’Israele, infat­
ti, abitando in Egitto 8, hanno ricavato da questo sog­

2 Dio dette a Mosè l’incarico di com unicare ai Giudei il


suo volere.
3 Cf. Es. 11, 2; 12, 35.
4 Cf. E s. 12, 36.
5 Per l’enum erazione degli oggetti, cf. E s. 25, 10-28; 37, 1 -
40, 33.
6 Cf. Es. 16, 33. La m anna era una sostan za dalla form a
di chicchi bianchi; aveva il sap ore di una focaccia con miele;
cf. E s. 16, 31. Fu cibo degli E brei durante l’esodo, cf. E s. 16,
11 ss.; Num. 11, 6-9.
7 Cf. Sai. 77, 25. È detta anche « pane del cielo », cf. Sai.
77, 24; Gv. 6, 31; cf. Ap. 2, 17. E ssa divenne il sim bolo del
pane spirituale, l'E ucaristia.
* Gli Ebrei dim orarono in Egitto 430 anni, cf. E s. 12, 40.
Lettera a Gregorio il Taumaturgo, 2-3 101

giorno il vantaggio di avere a disposizione grande ab­


bondanza di m ateriale prezioso per confezionare gli
oggetti occorrenti al culto di Dio. Con le vesti degli
Egiziani sono stati eseguiti gli addobbi per i quali fu
necessario, come si esprim e la Scrittura, un lavoro di
c u c itu ra 9, l’opera, cioè, di sarti, che, in virtù della
saggezza loro ispirata da Dio l0, congiungessero le sto f­
fe le une alle altre, per farne veli e cortine all’interno
e a ll’esterno del Santo dei Santi.
3. Ma quale il fine di questa inopportuna dig
sione volta a dim ostrare i vantaggi che i figli di Israele
ricavarono dagli oggetti tolti agli Egiziani, da quel
m ateriale che costoro non seppero usare debitam ente
e gli Ebrei, invece, in forza della saggezza ispirata loro
da Dio, adibirono al culto del Signore? La Sacra Scrit­
tura non ignora certo che per alcuni si è risolto in
danno il trasm igrare dalla terra dei figli d’Israele in
E gitto: velatam ente ci fa intendere che è sventura il
coabitare con gli Egiziani, il vivere, cioè, nel mezzo
delle scienze profane dopo essere stati allevati nella
legge del Signore e nel culto a lui tributato dagli Ebrei.
Ader l’Idum eo ", ad esem pio, finché visse nella terra
d ’Israele senza gustare il sapore del pane egiziano, non
fabbricava idoli. Quando, però, venne in Egitto fug­
gendo lontano dal saggio Salom one, quasi che abor­
risse la sapienza di Dio, divenne affine del faraone,
sposandone la sorella della moglie e generando un
figlio che fu allevato con quelli del m onarca. Se, poi,
ritornò nella terra d ’Israele, fu unicamente per ope­
rare uno scism a in seno al popolo di Dio e per fare
si che gli Ebrei dicessero a proposito del vitello d ’oro:
Questi sono, o Israele, i tuoi dèi che ti hanno fatto
uscire dalla terra d ’Egitto l2. Ed io, avendolo im parato

9 Cf. E s. 26, 36; 27, 16.


"> Cf. E s. 28, 3; 31, 3.
11 Origene confonde Ader con Geroboam o.
12 E s. 32, 4.8.
102 O rigene

con l’esperienza, posso dirti che raram ente è dato tro­


vare persona che, dopo avere preso d all’Egitto ciò
che è utile, abbandonato, poi, questo paese, abbia fab­
bricato gli arredi indispensabili alla religione. Num e­
rosi, invece, sono i fratelli di Ader: coloro che moven­
do da una certa perizia delle dottrine greche genera­
rono opinioni eretiche e fabbricarono, per cosi dire,
vitelli d ’oro in Betel °, parola questa che vale casa di
Dio l4. A me sem bra, pertanto, che il Verbo voglia si­
gnificare che essi aggiunsero invenzioni proprie alle
Scritture nelle quali abita la parola del Signore e che
figuratamente sono dette « Betel ». Secondo il Verbo
un altro idolo fu collocato a Dan ls, città agli estrem i
confini, come risulta da quanto è scritto nel libro di
Gesù Nave l6. Pertanto, alcune delle invenzioni che i
fratelli di Ader, come abbiam o detto, architettarono,
confinano con le eresie dei pagani.
4. Tu, dunque, mio signore e figlio, attendi so
ogni cosa alla lettura dei sacri testi, e con estrem a
cura. Quando, infatti, leggiam o i divini libri è neces­
sario che ci applichiam o intensam ente ad evitare di
esprim erci con avventatezza e di concepire pensieri
tem erari nei loro riguardi. Nel dedicarti, poi, alla
lettura dei sacri testi con fede e disposizione d’anim o
gradite al Signore, bussa a quanto in essi è racchiuso
e ti aprirà il portiere di cui Gesù ha detto: A questi
apre il guardiano l7. Ancora, applicandoti alla divina
lettura indaga con rettitudine e fede incrollabile nel

13 Oggi Bètln. Antica città regia dei Cananei, a sud di Silo.


Originariam ente, si denom inava Luz; fu detta Betel da Gia­
cobbe (cf. Gen. 28, 19), che in e ssa ebbe la visione della scala
e degli angeli, cf. Gen. 28, 11-22.
14 Gen. 28, 17.22.
15 Dan era sita p resso le fonti del Giordano, all'estrem o
nord della Palestina. Il nom e originario della città era L ais;
fu denom inata Dan dai danaiti che la conquistarono.
16 Gios. 19, 47.
17 Gv. 10, 3.
Lettera a Gregorio il Taumaturgo, 4 103

Signore il senso delle celesti Scritture nascosto ai più.


Ma non ti basti di bussare, cercare. Per com prendere
le cose sacre è indispensabile soprattutto la preghiera.
Ad essa, appunto, esortandoci, il Salvatore non dice
soltanto: B u ssate e vi sarà aperto, cercate e troverete,
ma anche dom andate e vi sarà dato l8.
Tanto ho osato per il paterno affetto che ho per
te. Se la mia audacia sia giustificabile o meno, lo sa
Dio e cosi Cristo, suo Figlio, e chi è partecipe dello
Spirito di Dio e dello Sp irito di Cristo. Possa tu anche
esserne partecipe, e sem pre più, affinché ti sia consen­
tito dire non soltanto: « Siam o diventati partecipi di
Cristo » 19, ma anche: « Siam o diventati partecipi di
Dio ».

'8 Mt. 7, 7; Le. 11, 9.


19 E br. 3, 14.
INDICE DEI NOMI E DELLE COSE NOTEVOLI

A caia: 7 A ra b ia : 7
A c c e sso a lla C h ie sa : 16 A risten o A le ssio : 15
A d a m o : 21, 89, 93 A risto te le : 18, 31
A d e r l ’Id u m e o : 35, 101 A rm itag e J .: 44
A d u lazio n e: 95 A rm o n ia d e ll’U n iv erso : 71
A ffetti ra z io n a li: 70 A rte di B a la a m : 31
A F ila g rio . S u lla co n su sta n - A rti lib e ra li: 34
z ia lit à : 18 A sc e si: 38
A gnello: 92 A sia M in ore: 8, 9, 10
A le ssa n d r ia di E g itto : 6, 7, A sse n so : 70, 71, 82, 83
62 A sso n a n ze: 33
A le ssa n d ro , v e sc o v o d i G e­ A stro n o m ia : 28, 31, 34, 72,
ru sa le m m e : 6, 7 99
A lle g o ria: 88 A T azian o. S u ll’a n im a : 18
A llitte razio n e : 33 A tei: 81
A m a se a : 10 A ten o d o ro : 5, 6, 7, 8, 9, 10,
A m b ig u ità b ib lic h e : 88 11, 24, 38, 39, 40, 47, 59
A m ore d e lla filo so fia: 38 A T e o p o m p o , su lla p a s s ib ili­
A n alogie d o ttrin a rie , c o n c e t­ tà ed im p a s s ib ilità d i D io:
tu ali, lin g u istic h e : 40 14
A tro c ità a s s u r d e : 16
A n a sta sio (sa n ): 19
A tte sta to di d ev o zio n e: 60
A n a te m a tism i: 17
A v v en tatezza: 69
A ngelo c u sto d e : 8, 57, 60, 63
A v v ersio n e: 75, 76
A nim ali ir ra z io n a li: 72
A nna, m a d r e di T o b ia : 63 B a b ilo n ia : 21, 92
A n n esi: 92 B a ld a d il S u h ita : 91
A n n u n ciazio n e: 18 B a ld a n z a g io v an ile: 51
A n tio ch ia d i S ir ia : 11 B a lsa m o n e T .: 15
A n titesi: 67, 91 B a r b a r is m i: 71
A po llo: 78 B a s ilio (san ): 17, 43, 99
A p o lo g ia d i O rig e n e : 20 B a tte s im o di C risto : 18-19
A p o sta sia : 10 B a tte sim o di G re g o rio : 8,
A p p are n ze : 71 41
106 Indice dei nomi e delle cose notevoli

B e d ja n P.: 12 C occi: 49
B e lle z z a d el lin g u a gg io : 48 C o d ex B a s ilie n s is : 42
B en e d izio n e : 95 C od ex O x o n ien sis N ovi Col-
B en e ficio : 52 leg ii gr. 146: 42
B en e v o le n z a: 65 C o d ex P a latin o -V atic an u s gr.
B e n g e l J .A .: 41 309: 42
B e n i m o n d an i: 9, 26 C o d ex P a r isin u s su p p l. gr.
B en i s p ir itu a li: 88 616: 42
B e r ito : 5, 6, 61, 62, 63 C o d ex V a tic a n u s gr. 386: 42
B e te l: 102 C o d ex V en etu s M a rc ia n u s
B ib b ia : 31 gr. 44: 42
B ib lio te c a di C e sa re a p a le ­ C o d ex V e n e tu s M a rc ia n u s
stin e se : 39 gr. 45: 42
B ib lio th e c a C a sin ie n sis: 12 C o d ex W esten iu s: 43
B itin ia : 15 C o eren za: 24
B o n tà del su o n o : 71 C o e te rn ità d elle tre p e r s o ­
B o r a d i: 15 ne: 16
B o sc o : 84, 85 C o g n a to di G re g o rio : 5, 6,
B o u r ie r H .: 43 62
B rin k m a n n A.: 42 C ollezio n i c an o n ic h e o rie n ­
B u e n o D. R .: 43 ta li: 15
C a la m ità : 74 C o m a n d a m e n ti d iv in i: 89, 92
C am m in o v e rso la d iv in izza­ C o m p a rte c ip a z io n e d ello
zion e: 30 S p ir it o S a n to : 87
C an tic o dei c a n tic i: 32 C o m u n ità di fe d e li: 16
C a p a c ità di d isc e rn im e n to : C o n d a n n a di O rigen e: 7
59 C o n d a n n a di P a o lo di Sa-
C a rb o n i: 49 m o sa ta : 11
C a r ità : 15 C o n jb e a re F. C.: 19
C a r r ie r a p o litic a : 61 C o n o sc e n z a del v ero : 58
C a sa u b o n Is.: 41 C o n o sc e n za di D io: 81, 84
C a ta c r e si: 33 C o n o sc i te s te s s o : 30, 78
C ate g o rie di p e n ite n ti: 16 C o n sa c ra z io n e e p isc o p a le di
C a u sa p r im a : 56 G re g o rio : 13
C av alli se lv a g g i: 70 C o n tra fa tu m , sc ritto del
C en to n e: 19 N isse n o : 33
C e sa re a d i C a p p a d o c ia : 48 C o n su sta n z ia lità : 18
C e sa re a 'di P a le stin a : 5, 6, C on ven to di E n tsc h m ia d z in :
7, 9, 12, 23, 37, 38, 48, 60, 19
61, 62, 66, 94 C o p ia d e lla v e rità : 71
C h ie sa di R o m a : 7 C o rru z io n e: 91
C la u so le q u a n tita tiv e e ac- C o sc ie n z a d e lla lib e rtà : 30
c e n tu a tiv e : 33 C o stru z io n e di u n a c h ie sa :
C lem en te A le ssa n d rin o : 34, 10
73 C ov on i d e te rio ra ti: 94
Indice dei nomi e delle cose notevoli 107

Crisostomo G.: 18, 19 Disposizione all’apprendi­


Cristiani che hanno collabo- mento: 24
rato con l’invasore: 16 Disubbidienza: 89
Cristo: 53, 56, 93 Dividere il pane con i biso­
Crouzel H.: 7, 8, 9, 14, 17, gnosi: 15
34, 37, 39, 40, 42, 43, 44, Documenti dell'antica sa­
50, 57, 59 pienza: 30
Culto degli angeli: 8 Dodici capitoli della fede:
Cultura di base: 99 17
Cultura preparazione alla Dogma dell'Incarnazione: 17
vera vita: 25 Dogma trinitario: 16, 17
Cultura straordinaria di Ori- Dolori: 74, 90
gene: 24 Donare con generosità: 15
Curare gli affetti di perti­ Doti profetiche: 13
nenza dell’anima: 78 Dottrina cristiana: 34
Dottrina dei barbari: 81, 88
Dan: 102 Dottrina greca: 81, 85, 88
David: 24, 66, 67, 68, 91 Dottrina politica: 88
Debolezza: 55, 79 Draseke J.: 44
Decio: 10, 13 Ecclesiaste: 15
De Lagarde P.: 14 Efficacia della consacrazio­
Delarue C.: 41 ne: 7
Delarue C. V.: 41, 43 Efraim: 57
De Lubac H., 14 Egiziani: 100, 101
Demetrio, vescovo di Ales­ Eleganza: 47
sandria: 6, 7 Elemosina: 54
Demoni: 30 Elogio della filosofia: 26
Desideri: 74 Eloquenza giudiziaria: 64
Destrezza di Origene: 65 Encomio: 9, 20, 22, 33, 76
Dettagliata esposizione di Enigmi: 86
fede: 17 Epilogo del Panegirico : 23
Devozione all’angelo custo­ Epistola canonica : 15-16
de: 41 Equanimità: 16
Dialettica: 72 Eracla: 7
Dialogo con Eliano: 17 Eresia monarchiana: 11
Digressione: 101 Esclamazione: 88
Dio partecipa alle azioni de­ Esegesi biblica: 31, 99
gli uomini: 14 Esempio: 75
Diritto romano: 6, 22, 47, 61 Esercizio del dire: 48
Disarmonia: 73 Esilio di Origene: 7, 20, 93
Discorsi ingannevoli: 27 Esodo: 34
Discorso di ringraziamento: Esperienze personali: 76
9, 20-23 Espressione formale: 48
Discorso di saluto: 38 Esseri irrazionali: 64
Disegno a carboncino: 49 Esteriorità: 71
108 Indice dei nomi e delle cose notevoli

Eusebio di Cesarea: 6, 8, 9, Gerusalemme: 21, 92, 93


10, 11, 12, 37, 38, 39 Gesù Nave: 102
Eventi provvidenziali: 22 Giacobbe: 28, 73
Giobbe: 91
Fama: 9, 64 Giogo della schiavitù: 91
Faraone: 101 Gionata: 24, 66, 67
Fasto mondano: 11 Giorgio di Nicomedia: 19
Fede: 24 Giornale Ararat: 19
Fedimo: 10 Giovanni Evangelista: 9, 13,
Fenicia: 7 35
Festa annuale dei martiri: Girolamo: 9, 10, 12, 14, 17,
10 24, 40
Feste religiose: 18 Giudei: 93, 94
Fiere selvatiche: 64 Giudizio universale: 15
Figli di Israele: 100 Giuliano l’Apostata: 11
Figliol prodigo: 90 Giurisprudenza: 5, 61, 62
Figure di parola e di pen­ Giustino (san): 89
siero: 32 Giustizia: 74, 75
Filone Alessandrino: 34 Gordiano III: 9
Filosofi antichi: 78, 81 Grammatica: 34, 99
Filosofi moderni: 29, 75 Gratitudine: 51, 94
Filosofia antica: 83 Greci: 71, 83
Filosofia propedeutica del Grecia: 6
cristianesimo: 34 Grecismi: 71
Firmiliano, vescovo di Cesa­ Gregorio di Antiochia: 19
rea di Cappadocia: 48 Gregorio di Nissa: 9, 12, 13,
Fisica: 28-29 16, 18, 19, 20, 32, 34, 39, 92
Fisiologia: 31, 72 Gregorio Nazianzeno: 18, 43,
Flagelli che afflissero l’Egit­ 99
to: 31
Forma e contenuto: 33 Harnack A.: 10
Formazione integrale: 25 Hoeschel D.: 41
Formule conciliari: 18
Fortezza: 74, 75, 79, 80 Identità delle tre persone:
Forza di costrizione: 65, 70 16
Frammenti di omilie: 20 Idolatria: 8, 10
Frasi bibliche: 66 Idoli: 101
Frasi, vocaboli artificiosi: 76 Idolo collocato a Dan: 35
Fratelli di Ader: 102 Ignavia: 79
Ignazio (san): 55, 56
Galland A.: 41, 42 Ignoranza e ignoranti: 26, 64
Genesi: 31 Immaginazione: 93
Genitore idolatra: 58 Impassibilità ai mali: 29
Geometria: 28, 31, 34, 72, 99 Impostazione sabellianista:
Gerico: 93 18
Geroboamo: 101 Impudenza: 52
Indice dei nomi e delle cose notevoli 109

Impulsi psichici: 73, 74, 77 Lode della Vergine: 19


Incapacità di parlare: 54 Lode di tutti i santi: 19
Incapacità di riflettere: 72 Logica: 26
Indissolubilità deH'amicizia: Logomachia: 29
24 Lommatzsch C. Η. E.: 41
Inferno: 15 Lussuria dei barbari: 16
Influenza dei demoni: 31 Lutto: 91
Inganno antico: 89
Ingratitudine: 22, 52 Maas P.: 22
Innesto: 68-69 Macrina, ava del Nisseno:
Insegnamenti del Verbo: 63 12, 92
Intelligenza della parola di­ Macrina, sorella del Nisse­
vina: 24, 32 no: 92
Interdisciplinarità: 25 Madre di Gregorio: 5, 9, 60
Interiorità delle cose: 27 Maestro di lingua latina: 5
Interrogazione: 33, 88 Magnificenza del creato: 72
Intitolazione del Discorso: Mali veri: 64
38 Malvagità: 22, 31
Introspezione: 73 Manasse: 57
Iperbato: 33 Maniera socratica: 69
Isaia: 86 Manna, pane degli angeli:
Israele: 57 100
Itinerarium mentis in Deum: Marcello di Ancira: 18
32 Margraf J.: 43
Marotta E.: 21, 26, 32, 49, 50,
Jaeger W.: 92 53, 63, 89, 94
Jugie M.: 19 Martin P.: 14
Materia degli encomi: 50
Koetschau P.: 5, 12, 42, 44 Materia penitenziale: 10, 15
Materia trinitaria: 13
Labirinto: 28, 85 Meandri dello spirito: 29
La Piana G.: 19 Media: 63
Lavoro di cucitura: 101 Meditazione dei testi sacri: 9
Lebreton J.: 18 Melissa A.: 80
Leclercq H.: 12 Memoria: 53
Legge del Signore: 31, 101 Metafisica: 30-32
Leggerezza: 52 Metafora: 9, 33, 48, 49
Lessico Suda: 11, 12, 17 Metafrasi dell'Ecclesiaste:
Lettera di Origene a Grego­ 14-15, 37, 40
rio: 34-37, 99-103 Metodo pedagogico: 23
Lettere di Gregorio: 17 Millanteria: 71, 77
Libano: 6 Ministri celesti: 63
Libertà: 30, 32, 91, 95 Miracoli operati da Grego­
Lieo (fiume): 5, 12 rio: 11-13
Linguaggio filosofico: 23 Missione dell’educare: 25
Lingua latina: 22, 47, 49, 61 Misteri divini: 93
110 Indice dei nomi e delle cose notevoli

M itezza, m o d e stia di O rige­ P ace: 91


ne: 25 P a d re d i G re g o rio : 5, 8, 58,
M itig a m e n to dei c a stig h i: 16 60
M o m m sen Th.: 13 P a d ri c a p p a d o c i: 11
M o n tag n a D. M .: 20 P a g a n e sim o : 58
M o rte di G re g o rio : 11 P a id e ia c r istia n a antenice-
M o sè : 100 n a: 23
M u sic a : 34, 99 P a le stin a : 6, 7, 62
P an e e g iz ia n o : 101
N a tiv ità di C risto : 19 P a n e g ir ic o : 9, 12, 13, 20, 23,
N a tu r a d el m o n d o : 28 36, 37, 50
N a tu r a in c e n su ra b ile : 72 P a n e g iric o d i s. S te fa n o : 19
N a u tin P.: 20, 37, 38, 39, 40 P an filo : 20, 39
N e m e sio di E fe so : 18 P a n ta n o : 84, 85
N e o c e sa r e a : 5, 8, 10 P a o lo di S a m o s a t a : 11, 16
N e o lo g ism i: 33, 49 P a r a b o la : 90
N e o p ita g o ric i: 31 P a r a d iso : 15, 88, 93
N e o p la to n ic i: 31 P a re n te si: 33
N ik s a r : 5 P a ro la b ib lic a : 32
N o m e di filo so fia o g g e tto d ’ P a ro la in a rm o n ia con l ’a ­
in g iu rie : 75-76 zio n e: 29, 74
N o tte : 92 P a ro la su b d o la , a lle tta tr ic e :
N u trim e n to c o rp o re o : 70 27
P a ro la u m a n a : 82
O cu latezza di O rigen e: 24 P a ro le e fa tti: 73
O ggetti d 'a rg e n to , d ’o ro , e P a rte in fe rio re d e ll’a n im a :
v e sti: 100 29, 68
O m elie in g re c o e in a r m e ­ P a rte m ig lio re d e ll’a n im a :
no: 18-19 29, 67
O m e o teleu to : 33 P a rte c ip i di C risto : 103
O m n is sa p ie n tia a D eo: 31 P a rte c ip i di D io: 103
O p ere d e ll’a n im a : 67
P a s s ib ilità e im p a s s ib ilità di
O p ere di D io: 51
D io: 14
O p in io n i: 71
O ra to ria e p id ittic a : 51 P a ssio n i: 74
O ra to ria p o le m ic a : 47 P azien za: 80
O rigene, d ire tto re d e lla sc u o ­ P e d a g o g isti m o d e rn i: 25
la di A le ssa n d ria : 6, 20; P en iten za p u b b lic a : 15
d o ta to di v irtù c e le sti: 22; P e rfe z io n e : 74
e s p e r to a g ric o lto re e o r ­ P e rip a te tic o : 83
tico lto re : 26, 68, 69; in­ P e rizia di a g ric o lto re : 69
te r p r e te del L o g o s: 21, 35; P e rse c u z io n e di D ecio : 10, 13
m a e stro d e lla sc ie n z a u- P e rse v e ra n z a n elle p ra tic h e
m an a e d iv in a: 21; p sic o ­ v ir tu o se : 79
lo g o : 24 P e rso n ific azio n e : 50
O r to d o ssia di G re g o rio : 17 P e rsu a sio n e : 65, 70
Indice dei nomi e delle cose notevoli 111

Pesci: 64 Retorica come concezione di


Pestilenza: 12 vita: 33
Piano di studi: 23, 26-32 Rhodomann L.: 41
Pianta selvatica: 68, 69 Ricchezza: 65
Pianura: 84, 85 Ridimensionamento biblico:
Piedi non lavati: 9, 52 31
Pietà, madre delle virtù: 80 Ringraziamento all'angelo
Pietro, suddiacono di Napo­ custode: 22
li: 14 Ringraziamento al Signore:
Pitra J. B.: 14, 19 22
Platone: 31, 32, 78 Ringraziamento verbale: 52
Pleonasmo: 33 Roma: 5, 48, 49, 62
Policromia: 49 Rufino: 13, 14, 16
Ponto polemoniaco: 5 Ryssel V.: 43
Portiere divino: 35
Potenza della parola: 27 Sabelliani: 17
Potenze nemiche: 94 Sacrilegio: 54
Poveri: 49 Sagarde N. I.: 43
Praticare la giustizia: 78 Salici: 92, 93
Predicazione: 10 Salmond S. D. F.: 43
Preghiera: 35, 103 Salomone: 15, 32, 101
Proclo (san): 20 Salvacondotto: 62
Proemio del Panegirico : 22, Salvezza: 63
33, 39 Samaritano: 93
Professione di fede : 13, 40 Santa Sofia: 15
Profeti: 86, 87 Santo dei Santi: 100, 101
Prosa artistica: 33 Sapientia ed eloquentia: 33
Proverbi: 32 Satana: 15
Provvidenza: 56, 81 Scala di Giacobbe: 73
Puech A.: 8 Schwartz E.: 13
Purezza di mente: 80 Scisma: 101
Scritti degli atei: 30
Quacquarelli A.: 23, 25, 33, Scuola catechetica di Ales­
43, 73 sandria: 67
Quadruplice distinzione del­ Scuola filosofica di Cesarea
la filosofia: 23 •palestinese: 7, 9, 24, 37, 38,
Quiete inattiva: 14 39
Selva fitta: 28
Ragione divina: 59 Semi: 9, 94
Ragione prima: 67 Seneca, filosofo: 52
Ragione secondaria: 6, 7 Sensi scritturistici: 32
Ragione umana: 59, 65 Severità: 23
Raphael: 63 Silenzio: 22, 47, 48, 54
Refoulé Fr.: 18 Similitudine: 26, 27, 33
Responsabilità dell'uomo: Simonetti M.: 18
30 Sinodi di Alessandria: 7
112 Indice dei nomi e delle cose notevoli

Sinodi di Antiochia: 11, 16, Terra lavorata: 70


39, 40 Terra salmastra, riarsa, pie­
Sinonimia: 33 trosa, sabbiosa: 68
Siracide: 30, 31 Tesi gnostico-marcionita: 14
Sirmond J.: 41, 42 Tesoro insospettato: 84
Slancio irrazionale: 84 Timore divino: 59, 95
Socrate, storiografo cristia­ Tipo ideale di uomo: 77
no: 20 Tobia: 63
Solerzia di Origene: 25 Tradizioni avite: 58
Sorella di Gregorio: 5, 6, 62 Trapasso dall’umano ai di­
Specchio: 74, 79 vino: 21
Spine: 69, 90 Triboli: 69, 90
Spionaggio: 16 Turbamento: 59
Spiriti maligni: 12
Spirito Santo: 87 Uccelli: 64
Stato di confusione: 74 Umiltà: 24
Stesura della Professione di Uomo antico: 89
fede: 13 Utilità delle arti liberali e
Stile melodioso e vigoroso: della filosofia: 35
48 Vaccari A.: 23
Stoici: 31 Vanità: 91
Stoltezza di chi afferma di Vaticinio: 87
saper tutto: 25 Veli e cortine: 101
Strumenti musicali: 92, 93 Verbo: 8, 54, 55, 56, 58, 59,
Struttura della materia: 28 66, 67, 93
Studio della filosofia, delle Verdetto di condanna: 7
leggi: 6 Vergine Maria: 13
Stupore irrazionale: 72 Vesti degli egiziani: 101
Supposto fraintendimento Viatico: 6
operato da Eusebio: 37 Vincoli affettivi: 24
Sussidi didattici: 23 Virtù cardinali: 31, 74, 75
Sviluppo della ragione: 59 Vita ascetica: 9
Tapinosi: 51 Vita e cultura: 25
Taumaturgo: 5, 11 Vitae et passiones sancto-
Taziano: 18 rum : 12
Temperanza: 29, 74, 75, 79 Vita di Gregorio: in armeno:
Teoctisto, vescovo di Cesa­ 12; in greco: 9, 12, 39; in
rea palestinese: 6, 7, 48 latino: 12; in siriaco: 12
Teodoro, nome originario di Vita sregolata: 91
Gregorio: 5 Vitello d'oro: 35, 101
Teodoro, supposto autore Vizi: 76
del Panegirico: 37, 38, 39 Woods Callahan V.: 92
Teodoro, vescovo: 40 Woss G.: 16, 41, 42
Teologia: 80
Teopompo: 14 Zonara G.: 15
INDICE SCRITTURISTICO

A n tic o 31, 3 : 101 Salmi


T e s ta m e n to 32, 4.8 : 101
37, 1 - 40, 33 : 100 16, 4 : 91
18, 9 : 87
46, 3 : 55
N u m e ri 77, 24-25 : 100
Genesi 120, 4 : 55, 94
11, 6-9 : 100
125, 6 : 94
3, 8 : 89 136, 1-3 : 93
3, 14 : 89 D e u te ro n o m io 136, 1-4.6 : 92
3, 17 : 89 136, 6 : 91
3, 18 : 69, 90 22, 26-27 : 16
3, 19 : 90 30, 15 : 30
3, 23-24 : 88, 89 Cantico dei cantici
12, 1 : 90
19, 26 : 90 G io su è 2, 5 : 66
28, 11-22 : 89 19, 47 : 102
28, 12 : 28, 73 Siracide
28, 17-22 : 102
48, 15 : 57 1 Re 1, 1 : 31
18, 1 : 24, 66 15, 16-17.20 : 30
Esodo
I, 14 : 93 T o b ia Isaia
I I , 2 : 100
12, 35 : 100 2, 6 : 91 6, 9 : 86
12, 36 : 100 5, 22 : 63, 95 6, 10 : 55
12, 40 : 100 22, 22 : 36, 87
16, 11 ss. : 100 22, 23 : 90
G io b b e
25, 10-28 : 100
26, 36 : 101 12, 13 : 56 Ezechiele
27, 16 : 101 12, 14 : 36, 87
28, 3 : 101 18, 6.18 : 91 28, 13 : 88
114 Indice scritturistico

Gioele 17, 32 : 90 G a la ti
21, 1-4 : 53
2, 3 : 88 5, 1 : 91
Giovanni
Amos 1 T im o te o
4, 14 : 55
8, 10 : 91 5, 26 : 56 1, 17 : 55
6, 31 : 100
10, 3 : 36, 102
N uovo
10, 38 : 56 2 T im o te o
12, 40 : 55, 86
T e s ta m e n to 13, 2-11 : 52 3, 4 : 80
14, 6 : 55 3, 13 : 82
Matteo 14, 11 : 56
15, 7.9.10 : 89
5, 35 : 55 E b rei
7, 7 : 36, 103
13, 13-14 : 86 Atti degli Apostoli 3, 14 : 103
13, 15-16 : 87 28, 26 : 86 4, 12 : 56
15, 11 : 16 6, 8 : 90
15, 13 : 88 Romani
15. 14 : 57 G iac o m o
24, 18 : 90 2, 19 : 57
8, 21 : 91 1, 21 ??
11, 17.24 : 69
Marco
12, 41-44 : 53 1 Corinti 1 G io v an n i
13, 16 : 90 1, 24 : 56 4, 9.15 : 56
2, 6-7 : 24 4, 13 : 89
Luca 4, 19-20 : 48
6, 13 : 16
6, 39 : 57 A p o c a lisse
10, 23-24 : 87
10, 30-37 : 93 2 Corinti 2, 17 : 100
11, 9 : 36, 103 4, 7 : 49 3, 7 : 36, 87
15, 11-32 : 90 13, 13 : 87 21, 23-25 : 91, 92
INDICE GENERALE

Introduzione pag. 5
1. La v i t a .................................................................. » 5
2. Le f o n t i.................................................................. » 11
3. Le o p e r e ............................................................» 14
4. Il « Discorso » ad O rigen e.................................» 20
5. Il m a e s t r o ............................................................» 23
6. Il piano di s t u d i .............................................. » 26
a) La logica, 26 - b) La fisica, 28 - c) L’eti­
ca, 29 - d) La metafisica, 30
7. Pregi stilistici del « Discorso di ringrazia­
mento » .................................................................. » 32
8. La « Lettera » di Origene a Gregorio di
N e o c e sa r e a ............................................................» 34
9. Bisogna vedere tre personaggi in Gregorio
il T au m atu rgo ?..................................................... » 37
10. Edizioni, manoscritti e versioni . . . » 41

Gregorio il Taumaturgo - Discorso a Origene . » 45


1. Il timore di prendere laparola . . . » 47
2. La gratitudine a Dio dell’incontro con Ori-
gene .................................................................. » 49
3. Onore ai b e n e fa tto ri........................................» 52
4. L’angelo e d u cato re .............................................. » 55
5. Non a Berito ma aCesarea di Palestina . » 58
6. Il fascino imperituro della parola amica di
O r ig e n e .................................................................. » 64
7. Non fermarsi alle apparenze ma investi­
gare la sostanza delle c o s e .................................» 68
8. Rendeva accessibile ilcielo . . . » 72
9. Le divine virtù e tic h e ........................................» 73
116 Indice

10. Elogio rispondente a verità . . . . pag. 75


11. Prudenza umana e prudenza divina » 76
12. In compagnia di ogni virtù e saggezza » 79
13. Gli atei privi dell’umano buon senso » 80
14. La conoscenza di Dio e l'umana pietà » 82
15. Origene interprete dei precetti del Signore » 86
16. La partenza e il fu tu ro ............................» 88
17. La divinità ci a s s i s t a ............................» 93
18. Lacrime di congedo dagli amici . . . » 94
19. Speranza di r ito r n a r e ............................» 95
Origene - Lettera a Gregorio il Taumaturgo . » 97
Indice dei nomi e delle cose notevoli . » 105
In d ic e s c r ittu r istic o » 113

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