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OPERA
18
ORATIONES FVNEBRES
Mediolani Romae
Bibliotheca Ambrosiana Città N uova Editrice
M CM LXXXV
SANTAMBROGIO
Discorsi e Lettere /I
LE ORAZIONI FUNEBRI
M ilano Roma
Biblioteca Ambrosiana Città N uova Editrice
1985
Questo volume è pubblicato con il contributo della Fondazione
S. Ambrogio per la Cultura Cristiana, sostenuta dal Dr. Ing. Aldo Bonacossa
De excessu fratris
1 Cf. De exc. ir., II, 2: E rgo quia dudum dies m o rtis in ter lacrim abiles
aspectus debu it anim um inclinare fraternum , qui totu m tenebat, nunc, quo
niam die septim o ad sepulcrum redimus...
10 INTRODUZIONE
2 Cf. ibid., I, 54: Quis igitur non m iretu r uirum inter fratres duos, alte
ram uirginem, alterum sacerdotem , aetate m edium...
3 Cf. ibid., I, 49: N am quid spectatam stipen diis forensibus eius facun
diam loquar? Quam incredibili adm iratione in auditorio praefecturae subli
m is em icuit. Vedi ibid., trad., nota 1.
4 Cf. ibid., I, 25.58 e relative note alla traduzione.
5 Cf. ibid., I, 20.40.62.
6 Cf. ibid., I, 24.
7 Cf. ibid., I, 17.26.50.
8 Cf. ibid., I, 27.
9 Cf. ibid., I, 48.
10 Cf. ibid., I, 43-44. Vedi nota 67 al par. 43.
11 Cf. ibid., I, 27.50. Vedi nota precedente.
12 Cf. ibid., I, 30-32.
13 J ean -R é m i P a la nq ue , Saint A m broise et l'E m pire rom ain, De Boccard,
Paris 1933, pp. 488-489.
14 F . H o m e s D u d d e n , The Life and Tim es of S t. A m brose, Clarendon Press,
Oxford 1935, I, p. 176, nota 2.
is S a n c t i A m b r o s ii Opera, ree. O. F aller S. I., CSEL LXXIII, pars VII,
Vindobonae MCMLV, Introd., pp. 86-87.
i6 A. P aredi, S. Am brogio e la sua età, Hoepli, Milano I9602, p. 239.
i? P alanque , op. cit., p p . 489-490; D u d d e n , op. cit., p . 177.
INTRODUZIONE 11
18 F aller , ed. cit., In trod., pp. 87-88; P aredi, op. cit., p. 235.
» P ala nque , op. cit., p. 492; D u d d e n , op. cit., p. 177.
20 F aller , ed. cit., In trod., p. 87 (vedi nelle pp. precedenti lo sviluppo
dell’argomentazione), P aredi, op. cit., p. 237.
21 A. P alestra , N ote al libro prim o « De excessu fra tris » d i S an t’A m bro
gio, in « Ricerche storiche sulla Chiesa ambrosiana », IV, Archivio ambro
siano, XXVII, Milano MCMLXXIV, pp. 25-52. A p. 39, però, è inesatta la tra
duzione del passo del par. 44 citato in nota.
22 F aller, e d . c it ., In trod., p . 89.
23 Expl. ps. I, 51; cf. Avg. De pecc. orig., 41, 47, CSEL XLII, 205, 12:
...in opere quod scrip sit de resurrectione sanctus Am brosius.
12 INTRODUZIONE
sto, però, cioè oltre otta nta paragrafi, tratta della risurrezione.
In o ltre il m odo d i procedere del ragionam ento è analogo in entram
be le parti; m anca so p ra ttu tto quell’elem ento affettivo che carat
terizza in m aniera cosi p rep o ten te il p rim o discorso.
N o n m ancano invece, secondo un uso — o un d ife tto — di
Am brogio, le digressioni che il Carpaneto definisce « pareneti-
che » 34 Alcune si avvertono m eno, com e quella sulle esagerate m a
nifestazioni di lu tto (7-17), p er tacere di altre m inori; alcune inve
ce, com e quella su i patriarchi (95-101) e, soprattutto, quella sulle
trom be d ell’Apocalisse (105-115), p er l’argom ento, rispettivam en
te, e p er l’eccessivo sviluppo, disturbano lo svolgim ento del pen
siero e tolgono efficacia al procedere dell’argom entazione.
Quanto alle fo n ti dell’opera, rinvio alle num erose citazioni
riportate in n ota alla traduzione, con l'avvertenza che n o n sem
pre esse costituiscono la prova di una diretta derivazione. Come
nel p rim o libro, abbondano specialm ente quelle di Cicerone, V ir
gilio e Seneca; troviam o inoltre riferim en ti al De resu rrectio n e
di Atenagora, alle H om iliae in Genesim di Origene e, rip etu ta m en
te, allusioni polem iche a Platone nei riguardi della m etem psicosi.
De obitu Valentiniani
De obitu Theodosii
53 Ed. cit., In trod., p. 106 e nota 171. Anche il Palanque (op. cit., p. 465)
lo ritiene pubblicato « sans retouches ».
54 Cf. S ocr., H ist. Eccl., V, 26: Έ ν ύπατεία Ό λυμβρίου καί Προβίνου τη
έπτακαιδεκάτη τοΰ Ίανουαρίου μηνός = XVI Kal. Febr. Il Faller (ed. cit.,
Introd., p. 115) scrive « a. d. XV Kal. Febr. ». Deve trattarsi di una svista;
tra l ’altro, se cosi fosse, il conto dei quaranta giorni non tornerebbe.
55 Cf. De ob. Theod., 3.
56 Op. cit., pp. 98-99.
57 Op. cit., p p . 63-66.
18 INTRODUZIONE
quale com pensava l’im pulsività del carattere. Dal par. 17 al par.
38 lo svolgim ento del discorso ha la sua traccia nell’interpretazio
ne del salm o 114: Dilexi, quoniam audiet dom inus uocem o ratio
nis m eae, salm o che agli occhi di A m brogio acquista un partico
lare significato anche p er il valore sim bolico che viene attribuito
al suo num ero. T uttavia il partito, non solo retorico m a anche em o
tivo, di maggiore efficacia è la continua ripresa del verbo dilexi,
posto in bocca p rim a a Teodosio, poi allo stesso Am brogio.
L ’am ore cristiano del d efunto è la spiegazione delle sue virtù,
so p ra ttu tto d ell’um iltà, che gli ha consentito di sottoporsi, lui,
l’im peratore, alla pubblica penitenza per la strage di Tessalonica;
è la forza che lo ha reso capace di superare tu tte le difficoltà e
tu tte le prove.
Segue un breve accenno ad alcuni avvenim enti storici: l’uc
cisione d ell’im peratore Graziano, la vittoria su M assim o e, suc
cessivam ente, su E ugenio e Arbogaste (39-40). Di Valentiniano I I
e della sua fine crudele non si parla. Certo, l’averlo affidato ad
Arbogaste costituiva p er Teodosio una responsabilità, se non m o
rale quanto m eno storica. E ra dunque preferibile un pietoso si
lenzio.
O. Seeck (Geschichte des U nterganges, Stoccarda 1913,
p. 242) suppone invece che la m ancata m enzione di Valentiniano
dipenda dal fa tto che, a differenza di quanto appare dal discorso
funebre del 392, Am brogio successivam ente si sarebbe convinto della
realtà del suicidio del giovane im peratore. L ’ipotesi non m i sem bra
però cosi verosim ile com e afferm a l’autore.
I parr. 40-51 costituiscono un « excursus » che desta un certo
stupore anche in coloro che per lunga consuetudine sono avvezzi
alle digressioni di Am brogio. In tali paragrafi si narrano la ricer
ca e la scoperta della croce di Cristo da parte di sa n t’Elena, m a
dre di Costantino, e dell’uso fa tto da essa di due dei chiodi im pie
gati per la crocifissione. Da un p u n to di vista com positivo, l’inser
zione è del tu tto in o p p o rtu n a 58; m o lti anzi hanno supposto che
l’« excursus » sia stato aggiunto in una revisione su ccessiva 59. Io
tenderei ad escludere tale ipotesi, perché Am brogio, che non si
60 II Favez (ibid., p. 428), che pure suppone, com e s ’è detto, che l ’epi
sodio sia stato inserito nella successiva revisione, offre un argomento per
sostenere il contrario. L’episodio della croce sarebbe stato introdotto per
mostrare ad Arcadio ed Onorio che essi erano gli eredi di una venerabile
eredità di fede da Costantino in poi. Ma una sim ile considerazione doveva
essere ritenuta cosi essenziale da Ambrogio, da prospettarla subito agli eredi
di Teodosio, non da aggiungerla in seguito. Si veda, infatti, De ob. Theod.,
47: Principium itaque credentium im peratorum sanctum est, quod super
frenum.
61 Ed. cit., In trod., p. 116.
62 R o z y n s k i, op. cit., pp. 106-107, 110-112; C a r p a n e to , op. cit., p. 54. Polibio
accenna brevemente alle laudationes funebres a VI, 53, 2 e 54, 1.
20 INTRODUZIONE
ALTRE ABBREVIAZIONI
1. ^ c f. Phil 4, 18.
b Rom 5, 20.
2. a Cf. 2 Cor 5, 15.
LIBRO PRIMO
6 Come avverte il Faller (ed. cit., In trod., p. 97, nota 156) condicione
nascendi per uariatio è ablativo di causa
7 Propriamente usus significa qui « necessità »: vedi l'espressione usu
uenire.
* Cf. Verg., Aen., II, 637: abnegat excisa u itam producere Troia.
9 Ho conservato anche in italiano la ripetizione della parola « dolore »,
su cui intenzionalm ente insiste Ambrogio.
28 DE EXCESSV FRATRIS, I , 5 -8
tu a p a tie n tia tolerabilis, qui pio sem per sollicitus adfectu latu s
m eum tuo la te re saepiebas, ca rita te u t fra te r, cu ra u t p ater,
sollicitudine u t senior, re u ere n tia u t iunior? Ita in u n iu s necessi
tudinis g rad u co n plurium m ihi necessitudinum officia pendebas,
u t in te non unum , sed p lu res am issos req u iram , in quo uno
ig n o rata adulatio, expressa pietas. N eque enim habebas, quod si
m ulatio n e adderes, qui to tu m p ie ta te conprehenderas, u t nec
in crem en ta recip eres nec uicem expectares.
9. » 1 Thess 4, 13*.
b 1 Cor 11, 1.
10. » Cf. Ps 6, 7.
b Cf. Gen 5, 1.3.10.
c Cf. Io 11, 35.
11. a Cf. Mt 26, 38.
b Ps 86, 5*.
PER LA DIPARTITA DEL FRATELLO, I , 8-11 31
>5 Cf. De off., I, 1, 4: docere uos coepi quod ipse non didici.
16 Qui refert dal significato di « importare » passa a quello di « essere
diverso ». Si potrebbe anche tradurre: « Ed ha una grandissima importanza
se tu rimpiangi, ecc. ». Cf. H or., Sat., I, 1, 49-51, dove i due sensi di refert
si sovrappongono.
17 Cioè: chiunque io pianga, penserò a te. Data la precisa simmetria,
non credo che in om nibus possa significare « fra tutti », come traduce il
Coppa (op. cit., p. 777).
18 Sul m otivo del « pianto », cf. De paen., II, 7, 54-58.
19 Cioè nella natura umana.
20 I Settanta, dai quali deriva il versetto citato da Ambrogio, hanno καί
άνθρωπος έγενή θ η έν αύτί). Per l ’obiettiva interpretazione del versetto stesso,
vedi Libro dei Salm i, a cura di G. C aste llin o , Marietti, Torino 1965, pp. 636-637.
32 DE EXCESSV FRATRIS, I , 1 1 -1 4
to sto che elim in are la sensibilità, cosi che il rim p ian to sia lenito
anziché cancellato d a ll’oblio del sonno. N on desidero, infatti,
accrescere la d istan za che m i sep ara da m io fratello e con le
occupazioni insensibilm ente allo n tan arm i da lui, dal m om ento
che m i sono deciso a p ro n u n ciare questo discorso quasi p e r r i
m anere in sua com pagnia, p e r seguirlo p iù a lungo con le mie
facoltà m en tre p arte , e co nservarne n ell’anim o l ’im m agine che
o ra percepisco con gli occhi. Voglio fissare in lui tu tta la potenza
del m io sguardo, tra tte n e rm i con lu i con tu tte le m anifestazioni
del m io affetto, circondarlo co n tu tto l'om aggio delle m ie carez
ze. S to rd ito n ell’anim o qual sono, non cred o di averlo perduto,
p erché lo scorgo an co ra presente, né penso che sia m orto, perché
non sento an co ra la m ancanza di quelle m anifestazioni d ’a ffe tto 25
alle quali avevo consacrato tu tta la m ia v ita e ogni m io respiro.
15. Che cosa p o trei dare in cam bio di ta n te attenzioni,
ta n ta p re m u ra? Io avevo istitu ito te, fratello, m io erede, tu hai
lasciato erede me; io m i auguravo che fossi tu a sopravviverm i,
tu invece m i hai lasciato su p erstite. Io, in cam bio dei tuoi doni,
a m ia vo lta facevo voti di p o te r com pensare i tuoi benefici; ora
i m iei voti sono stati vani, m a io non h o p e rd u to i tuoi benefici.
Che debbo fare, essendo succeduto al m io erede? Che debbo fare,
essend o su p erstite alla m ia vita? Che debbo fare, essendo rim asto
privo di' q u esta luce che tu tta v ia vedo ancora? Quali ringraziam en
ti, q u ali d o n i posso d a rti in cam bio? Da m e tu n o n ricevi' che
lacrim e. O forse, certo del tuo m erito, non desideri le lacrim e
che sole m i restano. In fatti, anche quando eri in vita, m i proibivi
di piangere e afferm avi che ti recava m aggior dolore la n o stra
sofferenza che la tu a m orte. Le lacrim e si rifiu ta n o 26 di sgorgare
più oltre, i lam enti rito rn an o in gola. Si rifiutano anche p e r u n
riguard o verso di te, perché, m en tre piangiam o la n o stra sven
tu ra, non sem b ri che no n abbiam o fiducia nei tuoi m e r iti27. 16. Ma
tu certam en te h ai m itigato in noi l’acerb ità anche di questo no
s tro dolore: non ho p iù nulla da tem ere, m en tre p rim a tem evo
p e r te. O rm ai no n ho p iù nulla che il m ondo p o ssa strapparm i.
Sebbene sopravviva la n o stra san ta s o re lla 28, degna di venerazio
ne p e r la sua verginità, p ari a te nella condotta di vita, non infe
rio re nelle prem u re, tu tta v ia en tram b i tem evam o m aggiorm ente
p e r te, in te consideravam o rip o sta la gioia di q u e sta vita. Erava-
29 « Rinvio » della morte, non del ritorno. Vedi sotto esse dilatus. Frain
tende il Palestra (op. cit., p. 38).
30 Cf. Exh. uirg., 3, 15: ...considera cui te m uneri p a te r tali nomine
designauerit, qui uocauit Laurentium.
31 Sull’uso romano di raccogliere l’ultim o respiro del morente con un
bacio, vedi P alestra , op. cit., p. 30. Cf. inoltre V erg., Aen., I V , 684-685: et,
extrem us si quis super halitus errat, / ore legam; Cic., Verr., V, 45, 118:
Quae nihil aliud orabat nisi u t filiorum suorum postrem u m sp iritu m ore
excipere liceret; S e n ., Ad Mare., 3 , 2: N on licuerat m atri u ltim a filii oscula
gratum que extrem i serm onem oris haurire.
32 In rapporto al successivo quem tenebam , sottintenderei m ea a brachia,
non eius, come preferisce il Coppa (op. cit., p. 781).
33 Cf. V erg ., Aen., I I , 637: abnegat excisa u itam producere Troia.
38 DE EXCESSV FRATRIS, I , 1 9 -2 2
25. Q uam nec ipsi nos, fra te r carissim e, saeculi huius de
lectab an t honores, quod nos a nobis inuicem diuidebant! Quos
ideo ad ep ti sum us, non quia eorum fuit expetenda perceptio, sed
ne uilis dissim ulatio u id ere tu r. Aut fo rtasse ideo su n t trib u ti, ut,
quia m atu ro tu i o b itu n o strae fu tu ru s e ra t u o lu p tatis occasus,
sine nobis iam u iu ere discerem us. 26. E quidem praesagae m en
tis agnosco form idinem , d um repeto saepe, quae scripserim . Reuo-
cabam te, fra te r, ne ipse A fricam p eteres ac potius aliquem desti
nares. Tim ebam te co m m ittere uiae, fluctibus credere, et solito
m etus m aio r in cesserat anim um . Sed et peregrinationem explicui
sti et rem o rd in asti et u eteri et sentinoso — u t audio — nauigio
iteru m te fluctibus credidisti. N am que dum celeritatem aucupa
ris, cautelam p raeterm isisti, auidus n o strae gratiae, dissim ulans
periculi tui. 27. O fallax laetitia, o in certa h u m an aru m reru m
curricula! Ex Africa red d itum , ex m ari re stitu tu m , ex naufragio
seru atu m p u tab am u s iam nobis non posse eripi. Sed grauiora
n aufrag ia in te rris p ositi sustinem us; n am quem non p o tu e ru n t
naufrag ia ad m o rtem deducere strenuis n atatib u s eu itata, eius
m ors coepit nobis esse naufragio. Q uid enim su p erest suauitatis,
quibus tam praedulce decus, tam carum in his m undi tenebris
lum en extinctum est, in quo non n o strae solum fam iliae, sed
to tiu s p atria e decus occidit?
b Cf. Lc 7, 12 ss.
c Lc 7, 14.
<· Cf. Eph 6, 12.
« Lc 7, 15.
£ Cf. Dan 8, 19.
30. » Cf. Gen 5, 22-24; Hebr 11, 5 (Eccli 44, 16).
b Sap 4, 11*.
PER LA DIPARTITA DEL FRATELLO, I , 2 9 -3 1 45
quam tibi im m aturo et unde m inim e decuit uita erepta est, tam en laetan
dum m agis quam dolendum pu to casum tuum: non enim regnum, sed fugam,
exilium, egestatem e t om nis has quae m e prem u n t aerum nas cum anim a
am isisti.
54 Cf. Tac., Ann., I, 50: latera concaedibus m u n itu s; A m m ., XVI, 11, 8:
difficiles uias... concaedibus clausere; XVII, 10, 6: celsarum arborum obsisten-
te concaede.
55 Cf. S all ., Cat., 51, 9: rapi uirgines, diuelli liberos a parentum com
plexu, m atres fam iliarum p a ti quae uictoribus collubuisset...
56 Secondo il Faller (ed. cit., Introd., pp. 83-84) si tratta di Q. Aurelio
Simmaco, cioè dell'avversario di Ambrogio nella controversia per la statua
e l’altare della Vittoria nella curia romana. Di parere diverso il Palanque
(op. cit., p. 7, nota 43, e pp. 489-490) e il Dudden (op. cit., I, p. 176, nota 2),
che pensano a L. Avianio Simmaco, padre del precedente, morto nel 376.
Vedi Introduzione. Per il significato di parens nel senso di propinquus, cioè
di « parente », vedi, p. es.. De Abr., I, 3, 10: Frequenter indiuisa seruitia inter
parentes discordiam serunt.
57 Cf. V erg ., Aen., XI, 159: felix m orte tua neque in hunc sem a ta dolorem!
48 DE EXCESSV FRATRIS, I , 3 3 -3 7
58 Cf. S all ., lu g., 14, 24: R une neque uiuere lu bet neque m ori licet sine
dedecore.
59 Cf. Verg., Aen., II, 637: abnegat excisa uitam producere Troia.
60 Cf. Cic., Tusc., I l i, 14, 29: Haec igitur p raem editatio futurorum maio-
rum lenit eorum aduentum , quae uenientia longe uideris.
il Vedi Dudden, op. cit., I, p. 114, nota 9.
62 N ota il sigm atism o, forse voluto: solus... solari solebas.
50 DE EXCESSV FRATRIS, I , 3 7 -4 1
u id e re tu r sen ten tia, te iudicem sum ebam us, qui nulli laederes os.
A tque u triq u e satisfacere gestiens e t am andi adfectum tenebas et
censendi m odum , u t et u tru m q u e g ra tu m d im itteres et u triu sq u e
tib i gratiam uindicares. A ut si ipse aliquid disceptandum deferres,
quam g ra ta contentio tu a, quam sine felle ipsa indignatio, qu am
seruulis ip sis coercitio n on am ara, cum te fra trib u s m agis deferre
quam ex ad fectu diceres uindicare! N obis enim professio re p ressit
stu d ia coercendi, im m o tu, fra te r, ab om ni nos abducebas coerci
tionis ad fectu, u in d icare pollicens et lenire desiderans.
65 C f. T er ., Ad. 864: clem ens, placidus, nulli laedere os, adridere omnibus.
66 Espressione variam ente interpretata: vedi C oppa , op. cit., p. 792, nota 66.
67 Secondo il Coppa (ibid.), che rinvia al successivo par. 50, dovrebbe
trattarsi d i un naufragio diverso da quello del suo ultim o viaggio. Vedi inve
ce D u d d e n , op. cit., I, pp. 178-179, e P aredi , S. A m brogio e la sua età, cit.,
pp. 235 e 238. Effettivam ente, quanto si dice nel paragrafo sopra citato
indurrebbe a supporre che Satiro sia incorso più volte in pericolose avven
ture marittime. In tale paragrafo, infatti, si dice: quotiens p o st naufra
gium... transfretauerit... peragrarit. Inoltre l’episodio descritto ai paragrafi
43-44 viene citato quale esem pio della pietà religiosa di Satiro senza essere
riferito esplicitam ente al viaggio di ritorno daH'Africa. D’altra parte, che
al ritorno dall’Africa sia avvenuto un naufragio, risulta chiaram ente dal
par. 27: E x Africa redditum , ex m ari restitu tu m , ex naufragio seruatum
putabam us iam nobis non posse eripi; a m eno che in questo passo gli
avvenimenti non siano elencati in ordine inverso e senza diretto rapporto
di prossim ità cronologica.
68 Cf. V erg ., Aeri., I, 112: inliditque uadis atque aggere cingit harenae.
54 DE EXCESSV FRATRIS, I , 4 3 -4 6
69 Come osserva il Coppa (o p . cit., p. 793, nota 69), deve trattarsi del
l ’Eucaristia che aveva portato con sé al mom ento del naufragio.
70 Per liberare = seruare, cf. T ert ., De paen., 7, 5: Plerique naufragio libe
rati exinde repudium et naui et m ari dicunt.
71 Cf. Cic., De off., I, 15, 47: ...prim um illud est in officio u t ei plurim um
tribuam us, a quo plurim um diligamur.
72 Cf. Exam., VI, 6, 39: cognosce te ipsum , o homo, quod non, ut ferunt,
Apollinis Pythii, sed Solom onis sancti est.
73 Cf. Cic., De fin., V, 9, 26: ...dicim us om nibus anim alibus extrem um
esse secundum naturam uiuere. È fam osa m assim a stoica: vedi P o h l e n z ,
La Stoa, trad. it., La Nuova Italia, Firenze 1967, I, pp. 237 ss.
74 Cf. Cic., Cato M., 15, 51: ...terra, quae nunquam recusat im perium nec
unquam sine usura reddit quod accepit.
75 Cf. V erg ., A en., V I , 730: igneus est ollis uigor et caelestis origo. Da
un punto di vista formale, il colorito arcaico richiama Lucrezio.
56 DE EXCESSV FRATRIS, X, 4 6 4 9
51. Qua u ero pro secu tione sim plicitatem eius edisseram ? E a
est enim quaedam m o ru m tem p eran tia m entisque sobrietas. Date,
quaeso, u eniam et p e rm ittite dolori meo, u t d e eo m ihi paulo
uberiu s liceat loqui, cum quo iam non conceditur conloqui. C erte
et uobis proficit, u t ad u e rtatis non fragilitate q u ad a m uos hoc
officium, sed iudicio detulisse, nec m isericordia m o rtis inpulsos,
sed u irtu tu m honorificentia prouocatos. A nim a enim benedicta
om nis s im p le x a. T an ta autem sim plicitas, u t conuersus in pue
ru m sim p licitate illius aetatis innoxiae, p erfectae u irtu tis effigie
et quodam in nocentium m o ru m speculo reluceret. In tra u it ig itu r
in regnum caelorum , quoniam credidit dei uerbo, quoniam sicut
p u e r arte m rep p u lit a d u la n d ib, iniuriae dolorem clem enter absor
b u it quam inclem entius uindicauit, qu erelae quam dolo p ro m
ptior, satisfactio n i facilis, difficilis am bitioni, sanctus pudori, u t
freq u en ter in eo superfluam m agis uerecundiam praed icares quam
necessariam quaereres. 52. Sed num quam superflua fu ndam enta
u irtu tis; p u d o r enim non reuocat, sed com m endat officium. Itaq u e
u elu t quadam uirginali u erecundia suffusus ora, cum u u ltu adfec-
tum pro d eret, si fo rte aliquam subito ueniens offendisset p aren
tem , ueluti depressus et q u asi dem ersus in terram , licet in ipso
nequaq u am dissim ilis coetu u iro ru m , ra ru s adtollere os, eleuare
oculos, re fe rre serm onem . Quod pudico qu o d am m entis pudore
faciebat, cum quo castim o nia quoque corporis congruebat. E tenim
in tem era ta sacri b ap tism atis dona seru au it, m undo corpore, pu
rio r corde, non m inus ad u lterin i serm onis o b p ro b riu m quam cor
poris perh o rrescen s, no n m inorem ra tu s p udicitiae reu eren tiam
deferendam in teg ritate u erb o ru m quam corporis castitate. 53. De-
ιοί Cf. Cic., Cato M., 2 2 , 81: Iam uero u idetis nihil esse m o rti tam sim ile
quam somnum·, V erg., Aen., II, 369: e t plu rim a m o rtis imago; VI, 522: dulcis
e t alta quies placidaeque sim iliim a m orti.
102 c f . V e r g ., Aen., V I , 746-747: concretam exem it labem purum que relin
qu it / aetherium sensum.
103 Si avverte u n a qu alch e rem in iscen za p laton ica. S u i rapporti tra S. Am
b rogio e Platone, ved i C o u r c e ll e , op. cit., pp. 311-382. V edi in oltre, c o n parti
colare riguardo p er il De exc. fratris, H . Ch . P u e c h e t P . H adod, Nouveaux
aspects du platonism e chez sain t Am broise, « V igiliae C hristianae », XIII,
1959, pp. 204-234.
72 DE EXCESSV FRATRIS, I , 7 4 -7 8
ad tum ulum . Sed p riu s u ltim u m coram populo uale dico, pacem
praedico, osculum soluo. P raecede ad illam com m unem om nibus
et debitam , sed iam m ihi p rae ceteris desiderabilem dom um . P ara
hospitii consortium , e t q uem adm odum hic om nia nobis fuere com
m unia, ita illic quoque iu s diuiduum nesciam us. 79. Ne, quaeso,
cupientem tui diu deseras: p ro p e ran tem expecta, festin an tem adiu-
ua, et si d iu tiu s m o rari tibi uidebor, accerse. N eque enim um quam
prolixius afuim us a nobis, tu tam en solebas reuisere. N unc quo
niam tu re d ire iam non potes, nos ad te ibim us. Aequum est, u t
officium rependam us, subeam us uicem . N um quam nobis fu it uitae
condicio d iscretior, sem per au t sanitas au t aegritudo com m unis, ut,
cum a lte r aegresceret, a lte r in cu rrere t, et cu m alte r reualesceret,
u te rq u e con su rg eret. Q uom odo ius n o stru m am isim us? E t nunc
co n so rtiu m aegritudinis fuit, quom odo m o rtis consortium non fuit?
1 Vengono qui anticipati i m otivi che saranno svolti nel presente discorso.
78 DE EXCESSV FRATRIS, I I , 3-6
4 Cf. Ave., De pecc. orig., 41, 47: In eo opere quod scrip sit de resurrectio
ne sanctus Am brosius: « Lapsus sum , inquit, ...iustificatum ».
s Cf. V a l. M a x ., II, 6 , 13: Quocirca recte Lycii, cum iis luctus incidit,
m uliebrem uestem induunt, u t d eform itate cultus com m oti m aturius stu l
tu m proicere dolorem uelint. Cf. an ch e P l v t . , Cons. ad Apoll., 113 A, 5-9;
Cic., Tuse., I, 48, 116.
6 Cioè la m orte.
^ Cf. Cic., Ad A tt., XII, 10 ( S e n ., Ad Mare., 8, 1-3).
8 Cf. S e n ., A d Pol., 5, 2 : Ille enim indulgentiam tib i esse uult, torm ento
esse non uult.
9 Cf. S e n . A d Pol., 1, 1: ...si redigas ad condicionem naturae omnia
destruentis et unde edidit eodem reuocantis, caduca sunt; 10, 4: Rerum
natura illum tib i sicu t ceteris fratribu s fratres suos non m ancipio dedit,
sed com m odauit; Cic., Tuse., I, 39, 93: A t ea (la n atu ra) quidem d ed it usuram
uitae tam quam pecuniae nulla p ra estitu ta die. Quid est igitu r qu od querare,
si repetit, cum uolt? E a enim condicione acceperas.
10 Cf. Exam., III, 8, 35.
82 DE EXCESSV FRATRIS, I I , 9 -1 3
sposo 11 quella che non h a cam biato il nom e del p ro p rio m arito.
E non h ai p e rd u to l'ered e tu che aiu ti il coerede, m a, al posto di
u n successore di beni co rru ttib ili, hai otten u to u n com partecipe
di beni im m o r ta liI2. N on ti m anca chi faccia p e r te la p a rte del
l'erede: d a' al povero ciò che è dovuto all’erede, affinché egli pos
sa sopravvivere no n solo alla vecchiaia di sua m ad re e di suo
padre, m a anche alla p ro p ria vita. Tu lasci di p iù al tu o successo
re, se la sua p a rte no n serve al lusso dei beni p resen ti, m a
all'acquisto di quelli fu tu ri.
14. Ma sentiam o la m ancanza di chi abbiam o p erd u to . Due
sono, in fatti, i m otivi che m aggiorm ente ci angosciano: o il rim
pianto di coloro che abbiam o perd u to , com e posso giudicare dal
caso m io, o la convinzione che essi siano stati p riv a ti delle gioie
della vita, stra p p a ti ai fru tti delle loro fa tic h e 13. Quello dell’am o
re è u n im pulso che su scita u n im provviso slancio d'affetto, cosi
che ti re sta la cap acità di m itigare p iu tto sto che di elim inare il
dolore, p erch é nello stesso tem po sem bra u n a tto di p ietà rim
piangere ciò che h ai p erd u to e la debolezza a u m en ta sotto appa
renza di virtù.
15. M a p erch é tu credi ch e quella don n a che h a lasciato p a r
tire lo sposo diletto alla volta di paesi stran ieri e sa con certezza
che ha p assato il m are o p er il servizio m ilitare o p e r il dovere
d 'una carica assu n ta o p e r le necessità del suo com m ercio debba
essere più capace di so p p o rtare di te che non sei s ta ta abban
d onata p e r u n capriccio fo rtu ito o p e r b ra m a di denaro, m a p er
u n a legge di n atu ra ? « Ma ti è p reclu sa la speranza di riaverlo ».
Come se uno fosse certo di rito rn are! E p e r lo p iù l ’incertezza
logora m aggiorm ente, q u ando il tim o re di u n pericolo sussiste
nella sua interezza ed è più penoso tem ere che cap iti che non
l ’affliggersi p erch é sai già che è capitato: il prim o caso fa aum en
ta re l'in ten sità della p au ra, il secondo atten d e la fine del dolore.
16. Forse, m en tre i p ad ro n i hanno il d iritto di tra sfe rire i loro
schiavi, che non hanno creato, non lo avrà Iddio? « Ma non c'è la
possibilità di a tten d e re il suo rito rn o ». C'è però quella di segui
re chi ti h a preceduto. E, senza dubbio, la breve d u ra ta della no
s tra vita non sem b ra aver so ttra tto m olto a colui che ti è andato
innanzi né av er fatto rita rd a re tro p p o te che sei rim asto. 17. Che
se tu non potessi m itigare il tuo rim pianto, non ti sem b ra scon
veniente voler m u tare l'o rd in e della n a tu ra p e r l'in ten sità del tuo
rim pian to ? Senza dubbio il dolore del distacco nelle persone che
si am ano è m olto vivo, e tu tta v ia è m oderato dalla considerazio
ne della necessità; e se soffrono a separarsi, tu tta v ia solitam ente
non piangono e, rim aste sole, si vergognano di am are con tro p p a
sofferenza. Cosi la sopportazione della p en a dovuta alla separa
zione è m aggiorm ente lodata.
11 Coniugium = coniunx.
12 Cioè il povero, com ’è detto subito dopo.
13 Cf. Cic., Tuse., I, 34, 83: Illud angit uel potiu s excruciat: discessus ab
om nibus iis quae sunt bona in uita.
86 DE EXCESSV FRATRIS, I I , 18-21
20. » Cf. Io 3, 8.
PER LA DIPARTITA DEL FRATELLO, I I , 18-21 87
18. Che dire poi di coloro che pensano che i defunti siano
privati delle gioie della vita? N on vi può essere gioia alcuna tra
queste am arezze e tra q u esti dolori della vita, provocati o dalle
m alattie del corpo stesso o dagli inconvenienti di ciò che capita
fuori di noi. S em pre ansiosi ed esitanti, persino nel d esiderare
quello che ci è m aggiorm ente gradito, ondeggiam o, p e r cosi dire,
nell’incertezza, sperando ciò che è d u b b io al posto d i ciò che è
sicuro, quello che ci è dannoso invece di quello ch e ci è favorevo
le, ciò che è caduco a preferenza di ciò che è stabile, non avendo
alcun p o tere nelle decisioni, alcuna sicurezza nei desideri. Ma se
ci ca p ita qualcosa co n tro la n o stra volontà, ci crediam o p e rd u ti
e ci lasciam o a b b a tte re dal dolore della c o n tra rietà più di quanto
godiam o dei risu ltati a noi favorevoli. Di quali beni dunque sono
privi coloro che sono al rip aro dalle c o n tr a r ie tà 14? 19. La b u o
na salute, credo, giova di più di quanto non faccia trib o lare la
cattiva, o p p ure la ricchezza reca m aggior piacere di quanto non
sia m olesto il bisogno, o ppure è più am abile l ’am orevolezza dei
figli di quanto non sia lu ttu o sa la loro perd ita, o ppure la giovinez
za è più lieta d i q u an to non sia triste la vecchiaia, che p e r lo più
è disg u stata delle p ro p rie aspirazioni e si p en te di ciò che h a desi
derato, cosi da dolersi di aver o tten u to ciò che tem eva di non
ottenere. Quale p a tria può com pensare gli esili e l'asprezza di tu t
te le altre pene? Quali piaceri? Anche quando non m ancano, de
prim ono o con la disposizione d ’anim o che im pedisce di approfit
tarn e o con il tim o re di perderli. 20. Sia pure; il corso della vita
u m an a non conosca ostacoli, rim anga esente da sofferenze, si svol
ga costan tem en te in mezzo ai piaceri: quale vantaggio può tu tta
via conseguire l’an im a rin chiusa nella s tru ttu ra di u n sim ile cor
po e com e ris tre tta n ell’angusto spazio delle m em bra? Se la no
s tra carne fugge la prigione, se ab o rre tu tto ciò che le ostacola
la possibilità di a n d a re liberam ente, essa che senza dubbio sem bra
uscire fuori di sé m ediante le sensazioni lim itate dell’udito e della
vista, quanto p iù è sm aniosa di evadere da q u esta prigione corpo
rea l ’anim a n o s tr a 15 che, libera nel suo m oto aereo, non sappiam o
dove vada e donde venga! 21. Sappiam o tu tta v ia che essa soprav
vive al corpo e, o rm ai lasciate le b a rrie re della p ro p ria sensibilità,
senza im pacci vede con libero sguardo quelle re altà che prim a,
q u an d ’era nel corpo, non vedeva — cosa che possiam o valutare
riferendoci ai dorm ienti, il cui anim o, m en tre il corpo è come
sepolto nel sonno, si eleva verso più alti oggetti, svincolandosi dal
corpo stesso —, cioè visioni di esseri lo n tan i o a d d irittu ra celesti.
Dunque, se la m o rte ci lib era dalle tribolazioni della carne e del
m ondo, non è certam en te u n m ale, in quanto ci rende la lib ertà
e scaccia il dolore.
14 Cf. Cic., Tuse., I, 34, 83; Sen., Ad Poi., 9, 2. Cf., risp ettivam en te, par.
14, n ota 13, e I, 71, n o ta 160.
15 Cf. S e n ., Ad Poi., 9, 3: ...nunc anim us fratris mei, uelut ex diutino
carcere emissus, tandem sui iuris et arb itrii g e stit; cf. Ad Marc., 24, 5.
88 DE EXCESSV FRATRIS, I I , 2 2 -2 6
16 Nella caverna che era nel campo di Efron l ’Ittita (Gen 49, 29).
17 Amnon, prim ogenito di Davide, che violentò la sorella Tamar (2 Re
13, 1-14). Fu ucciso da Assalonne.
18 Assalonne, di cui sono note le vicende e la tragica morte.
i» E il figlio avuto da Betsabea (2 Re 12, 15-23).
90 DE EXCESSV FRATRIS, I I , 2 6 -2 9
33. a Ps 38, 6.
» Cf. Ps 38, 7.
c Cf. Ps 38, 11.
d Cf. Ps 38, 13.
= Cf. Ps 38, 13 (Eph 2, 19).
f Cf. Ps 119, 1-3.
i Cf. Ps 119, 5.
34. a Ier 15, 10 (S e p t.).
35. a 1 Cor 15, 31.
36. a Cf. Rom 6, 10.
PER LA DIPARTITA DEL FRATELLO, I I , 3 3 -3 6 95
39. E rgo m ors non solum m alum non est, sed etiam bonum
est. D enique p ro bono q u ae ritu r, sicut scrip tu m est: Q uaerent ho
m ines m o rtem et non in uenient e a m a. Q uaerent enim illi, qui
d ictu ri su n t m o n tibus: cadite super nos, et collibus: operite n o s b.
Q uaeret etiam « anim a illa, quae peccat » c, q u ae ret diues ille posi
tu s in inferno, qui u u lt digito Lazari re frig erari linguam s u a m d.
40. V idem us itaque, q u o d et m ors haec lucrum est et u ita poena
est. Vnde et Paulus ait: M ihi enim uiuere C hristus et m ori lu
crum a. Quid est C hristus nisi m ors corporis, sp iritu s u itae? E t
ideo co m m o riam u r cum eo, u t uiuam us cum eo b. S it quidam cot-
b Mt 8, 22.
c Ez 18, 4*.
37. a Gen 3, 17-19*.
38. a Cf. Lc 8, 11-14.
b Gen 3, 17-18.
39. a Apoc 9, 6.
b Lc 23, 30.
c Cf. Ez 18, 4.
d Cf. Lc 16, 24.
40. a Phil 1, 21*.
b Cf. 2 Tim 2, 11.
PER LA DIPARTITA DEL FRATELLO, I I , 3 6 4 0 97
25 Cf. Cic., Tusc., I, 48, 116. Si citano gli esem pi delle figlie di Erètteo,
di Codro, di Menèceo, di Ifigenia.
30 Cf. S all., /w g., 14, 4: cogor priu s oneri quam usui esse.
102 DE EXCESSV FRATRIS, I I , 4 8 -5 0
49. N ihil est igitur, quod in m o rte tim eam us, nihil, qu
debeam us dolere, si au t n atu ra e re p eten ti u ita, quae accepta est,
rep en d atu r, a u t p eten ti inpenda tu r officio, in quo religionis cultus
a u t u irtu tis u su s est. N eque enim quisquam sibi, u t sic m an eret,
optauit. Io h an n i p ro m issu m aestim atu m est, sed non est cred i
tum . V erba tenem us, sen tentiam deriuam us: ipso in libro negat
sibi, quod no n m o reretu r, esse p ro m iss u m a, n e quem u an a spes
exem plo incesseret. Quod si id uelle spes insolens, q u a n to inso
lentius, quod non p ra e te r m odum acciderit, u ltra m odum dolere?