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(secoli XII-XIII)
Papal Legates, Delegates and the Crusades
(12th-13th Century)
ECCLESIA MILITANS 3
Histoire des hommes et des institutions de l’Église au Moyen Âge
a cura di
Maria Pia Alberzoni
Pascal Montaubin
con la collaborazione di
Lucia Veronica dell'asta
F
Cover:
Illumination of a manuscript of the Chronique de France (London, British Library, Royal
16 G VI), made between 1332 and 1350 in Paris for Jean le Bon, then duke of Normandy
and future king of France, fol. 439v (discussion between King Louis IX of France,
Cardinal legate Raoul Grosparmi and some bishops about the destination of the crusade
to Tunis in July 1270).
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pying, recording, or otherwise without the prior permission of the publisher.
D/2014/0095/235
ISBN 978-2-503-55441-9
Printed in the EU on acid-free paper.
Indice
Klaus Herbers
Das göttinger Papsturkundenwerk, Legaten, Delegaten und die
Kreuzzugsforschung 15
Uta-Renate Blumenthal
Ad liberandam Terram sanctam und die Kanonistik 31
Jochen Johrendt
Der vierte Kreuzzug, das lateinische Kaiserreich und die päpstliche
Kapelle unter Innocenz III. 51
Marco Rainini
Gioacchino da Fiore predicatore della crociata 115
Cristina Andenna
Fidelissimus mediator: Alberto patriarca di Gerusalemme e legato
papale in Terra Santa. I suoi interventi nelle questioni della
successione dei regni d’Oriente 161
Werner Maleczek
Die päpstlichen Legaten beim vierten Kreuzzug (Petrus Capuanus,
Soffred von S. Prassede) 195
Barbara Bombi
Papal legates and their preaching of the crusades in England between
the twelfth and the thirteenth centuries 211
6 INDICE
Christian Grasso
Legati papali e predicatori della quinta crociata 263
Pascal Montaubin
L’homme-clé de la croisade de 1270 : le légat Raoul Grosparmi,
cardinal-évêque d’Albano 327
Pietro Silanos
‘Adhereat lingua mea faucibus meis si non praeposuero Ierusalem in
capite laetitiae meae’. Gerolamo d’Ascoli, l’impresa d’Oltremare e la
legazione ad Graecos (1272) 365
Giuseppe Ligato
Nicola de Hanapes, patriarca di Gerusalemme e legato pontificio,
alla caduta di S. Giovanni d’Acri 407
Franco Cardini
Riflessioni conclusive 443
Abstracts 459
A
lla fine del concilio di Clermont, svoltosi nel 1095, papa Urbano II
fece appello ai cavalieri cristiani perché si riappacificassero tra loro e
concentrassero le proprie energie militari per riconquistare Gerusa-
lemme ancora in mano ai musulmani; questi, infatti, se n’erano impadroniti
nel 638 ma sullo scorcio dell’XI secolo i Turchi avevano reso assai più diffi-
coltoso l’accesso ai Luoghi Santi. La promozione di un pellegrinaggio armato,
che a partire dal XIII secolo prese il nome di ‘crociata’ e al quale si accompa-
gnava la concessione di indulgenze, divenne d’ora in poi e per più secoli uno
degli assi portanti della politica internazionale della sede apostolica.
Il tema della crociata ha favorito senza dubbio una delle più prolifiche
produzioni bibliografiche su scala internazionale per il periodo medievale.1
Occorre notare, però, che la storiografia ha insistito soprattutto sul ruolo dei
principi, che si misero alla testa degli eserciti, o su quello dell’aristocrazia, che
prese le armi e trovò una giustificazione cristiana alla sua missione militare,
o ancora su quello degli ordini religiosi cavallereschi. La maggior parte degli
studi, tuttavia, mette il papato in secondo piano, anche se negli ultimi anni si
nota qualche eccezione.2
La sede apostolica, infatti, non fu solo all’origine del movimento crociato
alla fine dell’XI secolo, ma almeno fino al XVI questo fenomeno originale
costituì per i papi un grande strumento politico, affiancato all’idea di ‘riforma
della Chiesa’, per sollecitare i cristiani latini a impegnarsi per unificare la
cristianità, al fine di presentarla unita di fronte a coloro che erano designati
come i suoi nemici: i musulmani in Terra Santa, ma anche nella penisola ibe-
rica e nel Maghreb; a costoro si aggiunsero più tardi i pagani dei paesi baltici,
1
Per una panoramica relativa alla produzione storiografica sul tema delle crociate si veda
l’annuale Bollettino della Society of the crusades and the Latin East, 1981-2001, che dopo il
2002 ha preso il nome di Crusades. Un quadro sintentico si trova anche in Michel Balard,
Les Latins en Orient, XIe-XV e siècles, Paris, Presses universitaires de France, 2006 (Nouvelle
Clio); Id., Croisades et Orient Latin: (XIe-XIV e siècle), Paris, A. Colin, 2003; The Crusades: an
Encyclopedia, ed. Alan Murray, 4 voll., Santa Barbara-Oxford, ABC-CLIO, 2006.
2
Cfr. ad esempio La papauté et les croisades. Actes du VIIe congrès de la Society for the study
of the crusades, ed. Michel Balard, Farnham-Burlington, Ashgate, 2011 (Crusades. Subsidia,
3) e Benjamin Weber, Lutter contre les Turcs. Les nouvelles formes de la croisade pontificale
au XV e siècle, Roma, École française de Rome, 2013 (Collection de l’École française de
Rome, 472).
10 Prefazione
gli eretici albigesi, i nemici politici del papato (per esempio gli Hohen-
staufen e i Colonna), gli eretici della Boemia (gli Ussiti), i Turchi che invasero
i Balcani e così via. In tal modo il papato, unitamente agli ecclesiastici, giocò
un ruolo essenziale sia nella definizione canonica della crociata sia nella pro-
tezione giuridica accordata ai crociati sia nella messa a punto di un sistema
di finanziamento basato su una nuova fiscalità sia, infine, nella mobilitazione
delle coscienze, affinché i fedeli che avevano aderito al progetto vi partecipas-
sero realmente, combattendo e/o finanziandolo.
Troppo spesso gli storici della crociata trascurano il fatto che la spedizione
era in via teorica indetta dal papa e che, se non era nei fatti direttamente
condotta da lui, egli si faceva però rappresentare da un legato, posto al fianco
dei principi laici che conducevano l’esercito. Le eccezioni sono rare.3 Questa
lacuna negli studi sulle crociate è accentuata dall’idea dominante nella sto-
riografia, secondo la quale il ruolo del papato nella crociata, di grande impor-
tanza alle origini, sarebbe divenuto progressivamente marginale a vantaggio
di quello svolto dai sovrani laici; e così, per esempio, i cardinali legati che
accompagnarono le due crociate di Luigi IX – Oddo di Châteauroux nel
1248-1254 e Raoul Grosparmi nel 1270 – hanno finora ricevuto poca atten-
zione da parte degli studiosi di queste spedizioni.4
D’altro canto, se la sottostima del ruolo svolto dal papato nelle crociate
ha significato anche scarsa attenzione per i suoi legati, il rinnovato interesse
rivolto in questi ultimi anni al tema della rappresentanza papale nel suo com-
plesso può indubbiamente giovare a precisare il quadro entro cui si svolsero le
crociate. In tale campo di ricerca, negli anni appena trascorsi, si è soprattutto
segnalata la storiografia in lingua tedesca, alla quale è possibile accostare i
numerosi contributi anche in ambito francofono e anglofono, questi ultimi
soprattutto nel campo del diritto canonico, mentre la storiografia italiana si è
tenuta ai margini di queste tematiche, producendo per lo più saggi su singole
personalità o eventi.5
3
Il ruolo del legato papale, Pelagio, cardinale vescovo di Albano, durante la V crociata è
stato messo in luce da James Matthew Powell, Anatomy of a Crusade, 1213-1221,
Philadelphia, University of Pennsylvania Press, 19942 (The Middle Ages series).
4
Si veda, ad esempio, la poca considerazione di cui sono stati oggetto in William Chester
Jordan, Louis IX and the Challenge of the Crusade, Princeton–Guildford, Princeton
University Press, 1979 e in Dirk Reitz, Die Kreuzzüge Ludwigs IX. von Frankreich
1248/1270, Münster, Lit, 2005.
5
Ci limitiamo a rinviare a Claudia Zey, Maria Pia Alberzoni, Legati e delegati papali
(secoli XII-XIII): stato della ricerca e questioni aperte, in Legati e delegati papali. Profili, ambiti
Prefazione 11
d’azione e tipologie di intervento nei secoli XII-XIII, edd. Maria Pia Alberzoni, Claudia Zey,
Milano, Vita e Pensiero, 2012 (Università. Storia. Ricerche), pp. 3-27.
6
Come sottolinea il titolo del convegno svoltosi a Zurigo nel settembre del 2007 e citato
sotto, alla nota 8.
7
Les légats pontificaux. Paix et unité de l’Église, de la restructuration grégorienne à l’aube du Concile
de Trente (mi XIe-mi XVIe siècle). Parigi, 12-14 febbraio 2009 (in corso di stampa presso l’editore
Brepols); O papado limitado. Legado. Juízes delegados - Limites / The Limited Papacy. Legates-Judges
delegates-Limits, Lisbona, Universitade Católica Portuguesa, 9-10 luglio 2010, i cui atti sono stati
pubblicati: Das begrenzte Papsttum Spielräume päpstlichen Handelns Legaten, delegierte Richtern,
Grenzen, edd. Klaus Herbers, Fernando López Alsina, Frank Egel, Berlin, Walter de Gruyter &
Co., 2013 (Abhandlungen der Akademie der Wissenschaften zu Göttingen. Neue Folge, 25).
8
Aus der Frühzeit europäischer Diplomatie. Zum geistlichen und weltlichen Gesandtschaftswesen
vom 12. bis zum 15. Jahrhundert, edd. Claudia Zey, Claudia Märtl, Zürich, Chronos Verlag,
2008; Römisches Zentrum und kirchliche Peripherie. Das universale Papsttum als Bezugspunkt
der Kirchen von den Reformpäpsten bis zu Innozenz III., edd. Jochen Johrendt, Harald Müller,
Berlin, Walter de Gruyter & Co., 2008.
9
Legati e delegati papali (secoli XII-XIII), vedi il volume citato sopra, alla nota 5.
10
Die Ordnung der Kommunikation und die Kommunikation der Ordnungen. Band 2.
Zentralität: Papsttum und Orden im Europa des 12. und 13. Jahrhunderts, edd. Cristina
Andenna, Gordon Blennemann, Klaus Herbers, Gert Melville, Stuttgart, Steiner-Verlag, 2013
(Aurora. Schriften der Villa Vigoni, I/2).
12 Prefazione
I testi contrassegnati con * non sono stati consegnati per la stampa del volume.
11
Prefazione 13
ricostruire le linee della politica europea a partire dal XII secolo, quando, gra-
zie al diritto canonico, l’istituto della legazione assunse tratti meglio definiti
e divenne consueto anche come rappresentanza del potere politico, aprendo
in tal modo interessanti prospettive di ricerca che si protendono verso l’età
moderna.
Il presente volume, con gli atti del Convegno internazionale di studio
svoltosi presso l’Università Cattolica di Milano dal 9 all’11 marzo 2011, si
colloca a conclusione di un progetto, reso possibile da un finanziamento del
Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca [PRIN (2007)],
sul tema: Gerusalemme, Oriente latino e Levante: aspetti e problemi dei rap-
porti tra Italia e il ‘continente-Mediterraneo’, coordinato a livello nazionale
da Franco Cardini, entro il quale l’Unità di ricerca dell’Università Catto-
lica, coordinata da Maria Pia Alberzoni, ha lavorato sul progetto partico-
lare: L’impresa d’Oltremare e la diplomazia papale nel contesto delle strategie
politiche dell’Italia comunale. Nel quadro di queste iniziative di ricerca si
collocano sia il workshop milanese del giugno 2009 sopra ricordato sia la
pubblicazione di diversi, importanti contributi, in particolare un paio di
monografie e numerosi articoli su riviste o volumi miscellanei.12 La pro-
12
Oltre al volume ricordato sopra alla nota 5, mi riferisco alle monografie di Alfredo
Lucioni, Anselmo IV da Bovisio arcivescovo di Milano (1097-1101). Episcopato e società
urbana sul finire dell’XI secolo, Milano, Vita e Pensiero, 2011; Pietro Silanos, Gerardo
Bianchi da Parma († 1302). La biografia di un cardinale-legato duecentesco, Roma, Herder,
2010 (Italia Sacra. Studi e documenti di storia ecclesiastica, 84); Miriam Rita Tessera,
Orientalis Ecclesia. Papato, Chiesa e regno latino di Gerusalemme (1099-1187), Milano, Vita
e Pensiero, 2010; tra i contributi presentati in occasione di diversi convegni, mi limito qui
a ricordare Maria Pia Alberzoni, Gli interventi della Chiesa di Roma nella provincia
ecclesiastica milanese, in Das Papsttum und das vielgestaltige Italien. Hundert Jahre Italia
Pontificia, edd. Klaus Herbers, Jochen Johrendt, Berlin, Walter de Gruyter & Co., 2009
(Abhandlungen der Akademie der Wissenschaften zu Göttingen. Studien zu Papstgeschichte
und Papsturkunden. Neue Folge, 5), pp. 135-181; Ead., Quia causa ipsa non poterat
apud sedem apostolicam terminari. Innocenzo III e la controversia tra monaci e canonici di
S. Ambrogio a Milano, in Päpste, Privilegien, Provinzen. Beiträge zur Kirchen-, Rechts-
und Landesgeschichte. Festschrift für Werner Maleczek zum 65. Geburtstag, edd. Johannes
Gießauf, Rainer Murauer, Martin P. Schennach, Wien-München, Böhlau-Oldenburg, 2010
(Mitteilungen des Instituts für Österreichische Geschichtsforschung. Ergänzungsband, 55),
pp. 17-40; Ead., Il rigore del legato. Gerardo da Sesso a Bologna (1211), in Scritti di storia
medievale offerti a Maria Consiglia De Matteis, ed. Berardo Pio, Spoleto, Fondazione Centro
italiano di studi sull’alto medioevo, 2011 (Uomini e mondi medievali, 27), pp. 1-29; Ead.,
Il papato e le comunità religiose dell’Italia settentrionale, in Die Ordnung der Kommunikation
und die Kommunikation der Ordnungen, pp. 71-86.
14 Prefazione
Klaus Herbers
I. Einleitung
E
nde 1187: Schrecken breitet sich in der lateinischen Christenheit
aus, Jerusalem ist gefallen. Die Truppen Saladins haben die christli-
chen Heere im Heiligen Land bei den Hörnern von Hattin besiegt
und wenig später Jerusalem erobert. Waren der Kreuzzug, die neuen Ins-
titutionen des Westens im Heiligen Land nur eine Episode geblieben?
Audita tremendi severitate iudicii so lautet das sprechende Incipit einer Bulle
Gregors VIII., die er am 29. Oktober aus Ferrara an alle Christen richtete.1
1
Philip Jaffé, Regesta pontificum Romanorum, 2 voll., Lipsiae, Veit et comp., 1885-18882,
n. 16019; Regesta Imperii IV: Lothar III. und ältere Staufer 1125-1197. 4. Abt. Papstregesten
1124-1198, Teil 4, Lfg. 3: 1185-1187, edd. Johann Friedrich Böhmer, Ulrich Schmidt, Wien
– Köln – Weimar, Böhlau, 2012, n. 1307 (mit Angabe der Drucke und Übersetzungen; eine
kritische Edition fehlt noch), ed. u. a. PL, CCII (1855), coll. 1539-1542:
GREGORIUS episcopus, servus servorum Dei, universis Christi fidelibus ad quos litterae
istae pervenerint, salutem et apostolicam benedictionem. Audita tremendi severitate judicii,
quod super terram Jerusalem divina manus exercuit, tanto sumus nos et fratres nostri horrore
confusi, tantisque afflicti doloribus, ut non facile nobis occurreret, quid agere aut quid facere
deberemus, nisi quod Psalmista deplorat, et dicit: Deus, venerunt gentes in haereditatem
tuam, coinquinaverunt [p. 1540A] templum sanctum tuum: posuerunt Jerusalem in pomorum
custodiam: carnes sanctorum tuorum bestiis terrae, et escas volatilibus coeli, etc. (Psal. LXXVIII.)
Ex occasione quippe dissensionis quae malitia hominum ex suggestione diaboli facta est nuper
in terra, accessit Saladinus cum multitudine armatorum ad partes illas, et occurrentibus eis
rege, et episcopis, et Templariis, et Hospitalariis, baronibus ac militibus cum populo terrae,
et cruce Dominica (per quam ex memoria et fide passionis Christi, qui pependit, et genus
humanum redemit, certum solebat esse tutamen, et contra paganorum incursus desiderata
defensio), facta congressione inter eos, et superata parte nostrorum, capta est crux Dominica,
trucidati episcopi, captus est [p. 1540B] rex, et universi fere aut occisi gladio, aut hostilibus
Legati, delegati e l’impresa d’Oltremare (secoli XII-XIII) / Papal Legates, Delegates and the Crusades (12th
13th Century), Maria Pia Alberzoni, Pascal Montaubin (eds), Turnhout 2014 (Ecclesia militans 3),
pp. 15-30
© F H GDOI: 10.1484/M.EMI-EB.5.103484
16 Klaus Herbers
Er und seine Kardinäle seien confusi, von Schmerz erfüllt, er wisse kaum, was er
tun solle. So flüchtet Gregor VIII. sich zu den Worten des Psalmisten (Ps. 78),
beschreibt die Eroberungen Saladins, kommentiert sie aus seiner Sicht,2
beklagt die Sünden der Christen, verspricht himmlischen Lohn und gewährt
Erleichterungen für alle, die das Kreuz auf sich nehmen wollen. Die Wort-
gewalt des Schreibens ist kaum in eine moderne Sprache zu übertragen,3
und so lasse ich es zunächst bei diesen Bemerkungen bewenden. Diese und
andere Schreiben zeigen aber, wie sehr auch noch am Ende des 12. Jahrhun-
derts die Kreuzzüge und Auseinandersetzungen im Heiligen Land in einer
heilsgeschichtlichen Perspektive erscheinen.4 Interessant ist aber vor allem
die Adresse: universis Christi fidelibus ad quos litterae istae pervenerint, salu-
tem et apostolicam benedictionem, denn der Papst richtet sich an die ganze
manibus deprehensi, ita ut paucissimi per fugam dicantur elapsi. Ipsi quoque Templarii et
Hospitalarii in ejus oculis decollati. Superato autem exercitu, qualiter subsequenter invaserint
et rapuerint universa, ita ut non nisi pauca loca remansisse dicantur, quae in eorum non
devenerint potestatem, non credimus nostris litteris explicandum. Nos autem, licet cum
propheta dicere habeamus: Quis det capiti meo aquam, et oculis meis fontem lacrymarum, et
plorabo nocte ac die interfectos populi mei? (Jer. IX) non tamen adeo dejicere nos debemus,
ut in diffidentiam decidamus, et credamus Deum ita populo iratum, ut quod communium
faciente multitudine peccatorum fieri permisit iratus, [p. 1540C] non cito per misericordiam
poenitentia placatus alleviet, et post lacrymationem et fletum exsultationem inducat.
2
Cfr. zur Nutzung früherer Kreuzzugsaufrufe und zu den Bibelzitaten bereits Ursula
Schwerin, Die Aufrufe der Päpste zur Befreiung des Heiligen Landes von den Anfängen bis
zum Ausgang Innozenz IV.: ein Beitrag zur Geschichte der kurialen Kreuzzugspropaganda und
der päpstlichen Epistolographie, Berlin, Ebering, 1937 (Historische Studien, 301), pp. 81-85;
Valmar Cramer, Kreuzpredigt und Kreuzzugsgedanke von Bernhard von Clairvaux bis
Humbert von Romans, in «Das Heilige Land», XVII/XX (1939), pp. 43-204, pp. 68-73,
Penny J. Cole, ‘O God, the Heathen Have Come into Your Inheritance’ (Ps. 78.1). The Theme
of Religious Pollution in Crusade Documents, 1095-1188, in Crusaders and Muslims in Twelfth-
century Syria, ed. Maya Shatzmiller, Leiden, Brill, 1993 (The Medieval Mediterranean, 1),
pp. 84-111, p. 106 seq.; Penny J. Cole, The preaching of the crusades to the Holy Land: 1095-
1270, Cambridge (Mass.), Medieval academy of America, 1991 (Medieval Academy Books,
98), pp. 63-66 und Sylvia Schein, Gateway to the Heavenly City. Crusader Jerusalem and
the Catholic West (1099-1187), Aldershot, Ashgate, 2005 (Church, faith, and culture in the
medieval West), pp. 159-187. Die Forschung zu diesen Fragen jetzt bestens aufbereitet bei
Regesta Imperii, n. 1307.
3
Cfr. eine Übersetzung ins Deutsche bei Amand Reuter, Summa Pontificia. Lehren und
Weisungen der Päpste durch zwei Jahrtausende, 2 voll., Abensberg, Kral, 1978, I, pp. 248-250,
cfr. Regesta Imperii, n. 1307 mit der Angabe weiterer Übersetzungen.
4
Zu den alttestamentarischen Zitaten cfr. z. B. Schwerin, Die Aufrufe der Päpste, p. 85.
Das göttinger Papsturkundenwerk 17
Christenheit,5 ad quos litterae istae pervenerint. Wie aber sollten diese Schrei-
ben an alle Christen gelangen? Wer fungierte als Multiplikator? Wer sorgte
dafür, dass die Sorgen des Papstes den Gläubigen wirklich bekannt wurden?
Den Papst oder seinen Vorgänger hatten schon zuvor Hilferufe aus dem Hei-
ligen Land erreicht, Patriarch Heraklius hatte im September 1187 geschrie-
ben,6 weitere Bitten sind erst jüngst von Nikolas Jaspert ins Blickfeld gerückt
worden.7 Der vielfach diskutierte päpstliche Aufruf Audita tremendi, eine lit-
tera, führt – so glaube ich – auch zum Thema des Kongresses und des vorlie-
genden Sammelbandes. Der Papst selber äußert 1187 seinen tiefen Schmerz;
25 Jahre später, 1212, sollte Innozenz III. um ein Vielfaches verstärkt seiner
Freude darüber Ausdruck geben, dass die Christen in Las Navas de Tolosa
gegen die Muslime in Spanien gesiegt hatten.8 ‚L’impresa d’Oltremare’ war
von Anfang an, seit 1095, ‘Chefsache’ gewesen und blieb es auch weitge-
hend. Ich möchte mit meinen einleitenden Bemerkungen nur einige Hin-
weise für mögliche Streitfragen geben, will sie in die Zusammenhänge der
Papsturkundenforschung stellen und zugleich die Mittel und Formen disku-
tieren, die mit den Titelstichworten ‘Legaten’ und ‘Delegaten’ in den Vor-
dergrund gerückt werden. Dies bedeutet aber auch, dass eigentlich Rudolf
Hiestand – als Bearbeiter des Oriens pontificius – mehr zum Orient selbst
sagen könnte,9 deshalb wird es meine Aufgabe in diesem Zusammenhang
5
Zum problematischen Konzept der christianitas cfr. zuletzt Nora Berend,
Christianization and the Rise of Christian Monarchy. Scandinavia, Central Europe and Rus c.
900-1200, Cambridge, Cambridge University Press, 2007 sowie Ead., Concept of Christendom:
A Rhetoric of Integration or Disintegration, in Hybride Kulturen im mittelalterlichen Europa.
Vorträge und Workshops einer internationalen Frühlingsschule, ed. Michael Borgolte, Berlin,
Akademie-Verlag, 2010 (Abhandlungen und Beiträge zur historischen Komparatistik, 16),
pp. 51-62.
6
Benjamin Zeev Kedar, Ein Hilferuf aus Jerusalem vom September 1187, in «Deutsches
Archiv für Erforschung des Mittelalters», XXXVIII (1982), pp. 112-120; Edition pp. 120-
122 cfr. Regesta Imperii, n. 1307.
7
Chronica regia Coloniensis, ed. Georg Waitz, MGH. SRG 18 (1880), repr. 1999 p. 137 seq.
und Nikolas Jaspert, Zwei unbekannte Hilfsersuchen des Patriarchen Eraclius vor dem Fall
Jerusalems (1187), «Deutsches Archiv für Erforschung des Mittelalters», LX (2004), fasc. 2,
pp. 483-516, Edition pp. 508-516, cfr. Regesta Imperii, n. 1307.
8
Cfr. hierzu den Brief Innozenz III. an den kastilischen König vom 26. Oktober 1212:
Reg. Lib. XV 183, PL, CCXVI (1891), col. 703 seq.; cfr. Klaus Herbers, Geschichte des
Papsttums im Mittelalter, Darmstadt, WBG, 2012, p. 205 mit nt. 71.
9
Zu Audita cfr. etwa Rudolf Hiestand, The Military Orders and Papal Crusading
Propaganda, in The Military Orders, 4 voll., Aldershot, Ashgate,1994-2008, III (2008)
(History and heritage), pp. 155-165, pp. 157-159.
18 Klaus Herbers
‚Für das Papsttum war die Welt im 12. Jahrhundert größer und dichter
geworden’, so beginnt Ernst-Dieter Hehl seine Einleitung des Bandes Das
Papsttum in der Welt des 12. Jahrhunderts.10 Diese Grundaussage wird all-
gemein akzeptiert, und seit dem Erscheinen des Bandes 2002 reißen die
Stimmen nicht ab, welche die neue Orientierung des Papsttums im 12. und
13. Jahrhundert immer wieder unterstreichen. Gerade die Kreuzzüge hatten
im Horizont der Päpste ganz neue Welten eingeführt, Wünsche geweckt,
die zeigen, dass die Umwälzungen des hohen Mittelalters keinesfalls nur
mit dem Stichwort der Auseinandersetzung von Sacerdotium und Regnum
gekennzeichnet werden können. Gewann damit das Papsttum eine entschei-
dende Rolle bei der Formierung Europas? Wurde erst jetzt Rom zum Zen-
trum, wurden die anderen Gebiete des Orbis Christianus zur Peripherie, wie
ein Sammelband von Harald Müller und Jochen Johrendt suggeriert?11 Die
Zwischenergebnisse der jüngeren Forschung möchte ich kurz in Erinnerung
rufen.
Nach der sogenannten ‘papstgeschichtlichen Wende’, wie Rudolf Schief-
fer die Neuorientierung seit dem ausgehenden 11. Jahrhundert bezeichnet
hat,12 entwickelte sich vor allem im 12. Jahrhundert ein Papsttum, das nicht
mehr nur auf Anfragen, Bitten und Streitfälle reagierte, sondern in immer
stärkerem Maße agierte. Dies hing auch mit den neu ausgebildeten und den
Verhältnissen angepassten Strukturen und Verfahren zusammen, die mit
10
Ernst-Dieter Hehl, Das Papsttum in der Welt des 12. Jahrhunderts. Einleitende
Bemerkungen zu Anforderungen und Leistungen, in Das Papsttum in der Welt des 12.
Jahrhunderts, edd. Ernst-Dieter Hehl, Ingrid Heike Ringel, Hubertus Seibert, Stuttgart,
Thorbecke, 2002 (Mittelalter-Forschungen, 6), pp. 9-23, p. 9.
11
Römisches Zentrum und kirchliche Peripherie. Das universale Papsttum als Bezugspunkt der
Kirchen von den Reformpäpsten bis zu Innozenz III., edd. Jochen Johrendt, Harald Müller,
Berlin, de Gruyter, 2008 (Abhandlungen der Akademie der Wissenschaften zu Göttingen.
Neue Folge, 2).
12
Rudolf Schieffer, Motu proprio. Über die papstgeschichtliche Wende im 11. Jahrhundert,
«Historisches Jahrbuch», CXXII (2002), pp. 27-41.
Das göttinger Papsturkundenwerk 19
13
Rom und die Regionen. Studien zur Homogenisierung der lateinischen Kirche im
Hochmittelalter, edd. Harald Müller, Jochen Johrendt, Göttingen, de Gruyter, 2012
(Abhandlungen der Akademie der Wissenschaften zu Göttingen. Neue Folge, 19).
14
Papsturkunde und europäisches Urkundenwesen. Studien zu einer formalen und rechtlichen
Kohärenz vom 11. bis 15. Jahrhundert, edd. Peter Herde, Hermann Jakobs, Köln – Weimar –
Wien, Böhlau, 1999 (Archiv für Diplomatik. Beiheft, 7).
15
Zentrum und Netzwerk. Kirchliche Kommunikationen und Raumstrukturen im Mittelalter,
edd. Gisela Drossbach, Hans-Joachim Schmidt, Berlin, de Gruyter, 2008 (Scrinium
Friburgense, 22).
16
Rudolf Hiestand, Das Papsttum und die Welt des östlichen Mittelmeers, in Das Papsttum
in der Welt, edd. Hehl, Ringel, Seibert, pp. 185-206.
17
Ich setze dies in Anführungszeichen, weil mit Blick auf die Besonderheiten mittelalterlicher
Staatlichkeit der Vorschlag gemacht wurde, eher von Kreuzfahrerherrschaften zu sprechen,
cfr. Nikolas Jaspert, Die Kreuzzüge, Darmstadt, WBG, 20084.
18
Hierzu Folker Reichert, Begegnungen mit China. Die Entdeckung Ostasiens im
Mittelalter, Sigmaringen, Thorbecke, 1992 (Beiträge zur Geschichte und Quellenkunde des
20 Klaus Herbers
Mit Oltremare war zugleich Jerusalem verbunden, das auf vielen Weltkar-
ten als Zentrum erschien. Wie stellte sich das Zentrum Rom zum Zentrum
Jerusalem dar? Was bedeutet es, wenn der Plenarablass, den Jerusalemfahrer
erwerben konnten, 1300 mit dem Ablass zum römischen Jubeljahr aufgegrif-
fen wurde?19 Waren für zwei Jahrhunderte große Teile des Mittelmeerraumes
der Aktions- und Kommunikationsraum für päpstliches Handeln, bei dem
Legaten und Delegaten eine besonders wichtige, vielleicht auch eine andere
Rolle spielten?
Erlauben Sie mir nun einen Blick auf einige für unsere Tagung wich-
tige Begriffe.20 Es gilt gegenüber den jüngeren Forschungsbeiträgen zum
Papsttum und Legatenwesen bei dieser Tagung offensichtlich, die räum-
liche Erweiterung im Osten angemessen zu berücksichtigen, einen Schritt
weiterzugehen und neue Perspektiven zu entwickeln. Was bedeutete dieser
hinzugewonnene Raum für die Fragen von Papsttum und Europa? Lag das
Zentrum der westlichen Christenheit zum Beispiel dort in Jerusalem oder
lag es 1187 in Rom, wo der Papst damals gar nicht residierte? Inwieweit sind
also die Begriffe ‘Zentrum’ und ‘Zentralität’ in ihrer räumlichen Aufladung
gerade mit Blick auf Oltremare zu überdenken? Speziell das römische Zent-
rum konnte, besonders zu Zeiten von Schismen, mit den Personen wechseln
und war keinesfalls durchgehend in Rom anzutreffen. Die mehrfache Verla-
gerung des Zentrums zeitigte auch Konsequenzen für das, was als Peripherie
zu verstehen war. Obwohl der Satz Ubi est papa, ibi est Roma erst im 13.
Jahrhundert das Problem zu erledigen suchte, wo denn nun der Hauptort
Mittelalters, 15); Felicitas Schmieder, Europa und die Fremden. Die Mongolen im Urteil
des Abendlandes von 13. bis in das 15. Jahrhundert, Sigmaringen, Thorbecke, 1994 (Beiträge
zur Geschichte und Quellenkunde des Mittelalters, 16); Folker Reichert, Erfahrung
der Welt. Reisen und Kulturbegegnung im späten Mittelalter, Stuttgart, Kohlhammer, 2001,
pp. 181-205.
19
Jochen Johrendt, Die Diener des Apostelfürsten: das Kapitel von St. Peter im Vatikan
(11.–13. Jahrhundert), Berlin, de Gruyter, 2011 (Bibliothek des Deutschen Historischen
Instituts in Rom, 122), pp. 335-350 bes. 335 Anm. 335 und Jochen Johrendt, Alle Wege
führen nach Rom. Zur Erfindung des ersten Heiligen Jahrs (1300), in Rom – Nabel der Welt.
Macht, Glaube, Kultur von der Antike bis heute, edd. Jochen Johrendt, Romedio Schmitz-
Esser, Darmstadt, WBG, 2010, pp. 87-102.
20
Ich greife mit den Bemerkungen dieses Abschnittes einige Überlegungen auf, die ich in
der Zusammenfassung zum Band Römisches Zentrum formuliert habe: Klaus Herbers,
Im Dienste der Universalität oder der Zentralisierung? Das Papsttum und die ‘Peripherien’
im hohen Mittelalter – Schlussbemerkungen und Perspektiven, in Römisches Zentrum, edd.
Johrendt, Müller, pp. 323-343.
Das göttinger Papsturkundenwerk 21
der Kirche zu suchen sei,21 scheint er bereits zuvor gerade zu Beginn des 12.
Jahrhunderts und während der Schismen, aber auch durch die Situation in
der Stadt Rom de facto eine gewisse Rolle gespielt zu haben. War aber Rom
– oder genauer der Papsthof – eher ein virtueller Ort der Kommunikation
oder auch eine Drehscheibe, wo die Nachricht vom Fall Jerusalems 1187 bei-
spielsweise aufgenommen und wo neue Strategien entwickelt wurden?
Wenn sich Zentralität vor dem Hintergrund des Unternehmens Olt-
remare anders darstellt, so gilt das auch für die unter den Papsthistorikern
in jüngerer Zeit vielfach diskutierten Peripherien. Neben der Problematik
des Begriffes überhaupt und seiner räumlichen Aufladung, ist davon aus-
zugehen, dass Vorstellungen der Peripherie wechselten. Gerade im Fall der
Kreuzfahrerherrschaften fragt sich, in welcher Dynamik sich solche Verän-
derungen zeitlich und strukturell gestalteten.22 Ist es zuviel gesagt, dass Lega-
ten und Delegaten bei der räumlichen Entfernung notgedrungen anders
agierten? Das beste Beispiel ist vielleicht das eingangs zitierte Rundschreiben
Audita tremendi. Von der Niederlage am 3./4. Juni 1187 bei Hattin wusste
Urban III. erst Mitte Oktober, wenige Tage vor seinem Tod, so dass erst sein
Nachfolger Gregor VIII. reagierte. Rudolf Hiestand hat darauf verwiesen,23
wie sehr die Entfernungen und die Kommunikationsschwierigkeiten sowie
21
Cfr. dazu Ernst H. Kantorowicz, The King’s Two Bodies. A Study in Mediaeval
Political Theology, Princeton (N. J.), Princeton University Press, 1957, p. 204 seq., deutsch:
Id., Die zwei Körper des Königs, München, DTV, 1990, p. 215 seq.; Michele Maccarrone,
Ubi est papa, ibi est Roma, in Aus Kirche und Reich. Studien zu Theologie, Politik und Recht
im Mittelalter. Festschrift für Friedrich Kempf zu seinem 75. Geburtstag und fünfzigjährigen
Doktorjubiläum, ed. Hubert Mordek, Sigmaringen, Thorbecke, 1983, pp. 371-382. Cfr. dies
auch als eine Ausgangsfrage von Johannes Laudage, Rom und das Papsttum im frühen 12.
Jahrhundert, in Europa an der Wende vom 11. zum 12. Jahrhundert. Beiträge zu Ehren von
Werner Goez, ed. Klaus Herbers, Stuttgart, Steiner, 2001, pp. 23-53, hier p. 23 und 53, mit
dem Schwerpunkt auf einer Neubewertung des Pontifikates von Calixt II. in Abgrenzung von
Beate Schilling, Guido von Vienne – Papst Calixt II., Hannover, Hahn, 1998 (Monumenta
Germaniae Historica. Schriften, 45). Cfr. hierzu weiterhin demnächst Jochen Johrendt,
Ubi papa ibi Roma? Die Nutzung der Zentralitätsfunktion Roms durch die Päpste, in Die
Ordnung der Kommunikation und die Kommunikation der Ordnungen. Band 2. Zentralität:
Papsttum und Orden im Europa des 12. und 13. Jahrhunderts, edd. Cristina Andenna, Gordon
Blennemann, Klaus Herbers, Gerd Melville, Stuttgart, Franz Steiner Verlag, 2013 (Aurora –
Schriften der Villa Vigoni, I/2), pp. 191-212.
22
Cfr. zum Beispiel den Sonderforschungsbereich Ritualdynamik (Universität Heidelberg),
der aber bisher stärker die Rituale selbst als deren Dynamik in den Vordergrund zu stellen
scheint, cfr. die Veröffentlichungsliste auf der Homepage: www.ritualdynamik.uni-hd.de.
23
Hiestand, Das Papsttum und die Welt, p. 191.
22 Klaus Herbers
das mangelnde Wissen dazu führten, dass der Papst in mit den Kreuzfah-
rerherrschaften verbundenen Fragen immer noch mehr reagierte als agierte.
War hier die ‘papstgeschichtliche Wende’ wegen der räumlichen Distanz
ausgesetzt? Wenn das Reisepapsttum ein Strukturelement seit der Reform-
zeit war, dann galt dies nicht für Jerusalem. Erst Paul VI. besuchte 1964
die wichtige Stadt im Nahen Osten. Peripherie hatte für den Orient einen
anderen Klang als im übrigen lateinischen Europa. Dazu kam, dass viele der
ins Heilige Land im 12. Jahrhundert entsandten Kardinallegaten kurz nach
ihrer Rückkehr starben und somit kein langfristiges Expertenwissen bereit-
halten konnten.24 Wurden solche Defizite durch die Kardinallegaten oder
vielleicht sogar eher durch die universal agierenden Orden wie die Zister-
zienser, besonders aber die ebenso universal agierenden Ritterorden kom-
pensiert? Die Begriffe Papstnähe oder -ferne sowie Aktion und Reaktion
erhalten vor diesem Hintergrund eine andere Konnotation. Wenn in West-
europa unter Leo IX. Lothringen, unter Calixt II. Burgund der päpstlichen
Herkunft wegen papstnah werden konnten,25 dann änderte sich im Westen
für die lateinische Christenheit aus dieser Perspektive das Verhältnis von
Zentrum und Peripherie schnell, ein Effekt, den Schismen oder päpstliche
Reisen weiter verstärkten. Diese Hilfe für universales Handeln gab es nicht,
denn in der hier interessierenden Zeit stammte kein Papst aus den Kreuzfah-
rerherrschaften des Heiligen Landes oder war dort sozialisiert worden. Es
bleibt zu fragen, ob die Kommunikation und die Integration durch Legaten
und Delegaten eine ganz besondere Bedeutung gewann?
Damit ist ein drittes Begriffspaar zu den Mitteln der Vereinheitlichung
und Integration angesprochen. Blickt man auf die Titel der Beiträge dieses
Sammelbandes, so scheinen die Helfer des Papstes auf verschiedenen Ebe-
nen wichtig geworden zu sein: als Prediger der Kreuzzüge, als Träger der
Kommunikation zwischen Okzident und Orient sowie als Statthalter der
Päpste im Heiligen Land. Delegierte Gerichtsbarkeit ist im Orient kaum
belegt, hier sticht der Bischof von Beirut ebenso hervor wie im 13. Jahrhun-
dert Abt Johannes von S. Samuel auf dem Freudenberg. Unterscheidet man
die Funktionen von Legaten und Delegaten mit Blick auf die Themenfelder
Hiestand, Das Papsttum und die Welt, p. 192 mit näheren Angaben.
24
Cfr. hierzu u. a. Felicitas Schmieder, Peripherie oder Zentrum Europas. Der nordalpine
25
Raum in der Politik Papst Leos IX. (1049-1054), in Kurie und Region. Festschrift für Brigide
Schwarz zum 65. Geburtstag, edd. Brigitte Flug, Michael Matheus, Andreas Rehberg,
Stuttgart, Steiner, 2005 (Geschichtliche Landeskunde, 59), pp. 359-369; Schilling, Guido
von Vienne, pp. 445-461.
Das göttinger Papsturkundenwerk 23
Was wären aber Historiker ohne Quellen? Und wo blieben unsere Inter-
pretationen stecken, wenn wir nicht größere Textcorpora quellenkritisch
aufbereitet zur Verfügung hätten? Ich komme damit nochmals zu meinem
Eingangsbeispiel und zu Audita tremendi zurück. Wer machte dieses Schrei-
ben bekannt, wie ist es überliefert? Rudolf Hiestand hat in seinen Arbeiten
zum Oriens pontificius im Rahmen des Göttinger Papsturkundenwerks der
Pius-Stiftung dokumentiert, wie vielfältig diese littera überliefert ist.26 Die
in der Bearbeitung von Ulrich Schmidt vor kurzem publizierten Regesten
Gregors VIII. im Rahmen der Regesta Imperii belegen dies weiter. Audita
tremendi ist in zahlreiche historiographische Werke, so in die lateinische
Fortsetzung des Wilhelm von Tyrus, aber auch in viele englische Geschichts-
werke eingegangen. Die heutigen Überlieferungen des Briefs an verschiede-
nen Orten (München, Aberystwyth, Rouen, London, Paris und Madrid)
deuten die große Verbreitung aus einer weiteren Perspektive an.27 Es sind
mehrere, nicht völlig gleichlautende, zumindest unterschiedlich zwischen
dem 29. Oktober und 3. November 1187 datierte Schreiben mit dem Inci-
pit Audita tremendi nachzuweisen. Dazu treten mindestens drei bzw. vier
zwischen dem 29. Oktober und dem 18. November 1187 an alle Christen
gerichtete Schreiben, die ebenso über den Fall Jerusalems berichten, und die
die von Kardinälen und Bischöfen beschlossene Fastenvorschriften mittei-
len, die dazu führen sollten, die Gnade Gottes wieder zu erlangen.28 Auch
diese Briefe sind breit überliefert, sie sind wie Audita tremendi in die Dekre-
talentradition eingegangen. Vom 1. November (vielleicht auch schon vom
26
Rudolf Hiestand, Papsturkunden für Kirchen im Heiligen Lande, Göttingen,
Vandenhoeck & Ruprecht, 1985 (Abhandlungen der Akademie der Wissenschaften in
Göttingen. Philologisch-Historische Klasse. Dritte Folge, 136; Vorarbeiten zum Oriens
Pontificius, 3), p. 395 seq.
27
Regesta Imperii, n. 1307, 1311 und 1330.
28
Regesta Imperii, n. 1306, 1310, 1373 (fast identisches Incipit), cfr. auch 1345.
24 Klaus Herbers
24. Oktober) datiert ein ähnliches Schreiben, das allen christlichen Fürsten
und Völkern vom Fall Jerusalems berichtet und zur Heerfahrt auffordert,
dabei den Schutz der Besitztümer verordnet und zur Buße ein bescheidenes
Auftreten empfiehlt.29
Es gibt also eine Flut von Schreiben und Ausfertigungen nach der Nieder-
lage von 1187, aber wie kam die in den Briefen enthaltene Botschaft an die
Adressaten? Drei weitere Einträge der Papstregesten von Böhmer-Schmidt
geben zumindest Hinweise: Datiert vom 8. November berichtet der Papst
allen Gläubigen, dass er Heinrich von Albano als päpstlichen Legaten ent-
sandt habe, den sie unterstützen sollten, vor allem auch darin, Kollekten
durchzuführen und denjenigen zu helfen, die über das Meer fahren woll-
ten30. Ähnlich schrieb er erneut am 10. November;31 beide Stücke sind heute
in Turin überliefert. Nachgewiesen ist die Legation aber weiterhin in einer
Legatenurkunde Heinrichs an Barabarossa, zudem vermelden historiogra-
phische Werke, dass Joscius von Tyrus in Frankreich und England als Kreuz-
zugsprediger tätig wurde.32 Von Heinrich von Albano hat Stephan Weiß für
1187/1188 sieben Legatenurkunden ermittelt, die ihn vor allem mit der
Kreuzzugspredigt im Umfeld Barbarossas und im Mittelrheingebiet sowie
in Lothringen nachweisen.33
Das Beispiel muss hier nicht weiter vertieft werden, denn auf solche
Entwicklungen gehen viele Beiträge des vorliegenden Sammelbandes ein,
die das Geflecht von Schrift, Person und Kommunikation und delegierter
Herrschaft untersuchen werden. Mir ging es darum, einleitend darauf hinzu-
weisen, wie sehr sich die Tiefenerschließung der Dokumentation inzwischen
verfeinert hat, die uns erst in die Lage versetzt, manche dieser Zusammen-
hänge zu sehen.
Deshalb wenigstens einige Worte zu den Unternehmungen, die uns bei
diesem Kongress helfen können: große Projekte wie das Göttinger Papstur-
kundenwerk, die Edition des Registers Innozenz’ III. und weitere Registere-
ditionen des 13. Jahrhunderts, die Verzeichnisse von Jaffé und Potthast sowie
29
Regesta Imperii, n. 1322.
30
Regesta Imperii, n. 1345.
31
Regesta Imperii, n. 1351.
32
Regesta Imperii, n. 1343.
33
Stephan Weiss, Die Urkunden der päpstlichen Legaten von Leo IX. bis Coelestin III.
(1049-1198), Köln – Weimar – Wien, Böhlau, 1995 (Forschungen zur Kaiser- und
Papstgeschichte des Mittelalters. Beihefte zu J. F. Böhmer, Regesta Imperii, 13), p. 275 seq.,
n. 14-20.
Das göttinger Papsturkundenwerk 25
die Papstregesten der Regesta Imperii sind wenigstens kurz zu nennen, wenn
ich sie auch nicht im einzelnen vorstelle. Das Projekt der Registeredition
Innozenz’ III. werde ich schon gar nicht erläutern, weil Personen aus dem
Leitungsgremium und Mitarbeiter hier aktiv beteiligt sind und dies viel bes-
ser könnten.
Wichtig erscheint mir jedoch für unsere Diskussion die Zeitgrenze von
1198, die viele der Projekte voneinander trennt. Das Jahr 1198 hat für die
Erschließung der Dokumentation einen ganz spezifischen Sinn. Denn seit
diesem Zeitpunkt verfügen wir erst über eine weitgehend lückenlose Reihe
solcher Registerbände, die durch das Studium in den vatikanischen Archi-
ven heute eine breite Sichtung der Überlieferung an nur einem Ort möglich
machen. Bis 1198 ist aber die Überlieferung in den verschiedensten Empfän-
gerregionen der Schriftstücke zu suchen.34 Für die Zeit vor dieser Grenze
dokumentieren das Werk von Philipp Jaffé sowie die Papstregestenbände
der Regesta Imperii Papsturkunden chronologisch nach den Ausstellern.
Der Jaffé wird zurzeit in Erlangen für eine dritte Auflage erarbeitet. Nach
Empfängern gliedert sich hingegen das von Paul Fridolin Kehr 1896 begrün-
dete Göttinger Papsturkundenwerk. Das Unternehmen ist auch mit der
Pius-Stiftung verbunden, denn Paul Fridolin Kehr machte im Archiv von
Mailand die Bekanntschaft des dortigen Archivars Achille Ratti, der am 6.
Februar 1922 auf die Cathedra Petri gewählt wurde und bis zum 10. Februar
1939 als Pius XI. in Rom Papst war. Insofern sind wir hier in Mailand sicher
auch am richtigen Diskussionsort.
Seit 2007 gibt es das Akademievorhaben ‘Papsturkunden des frühen und
hohen Mittelalters’, das sich vor allem der Neuedition des Jaffé sowie der Ibe-
ria pontificia und den östlichen Pontifizien widmet. 2011 erschien ein erster
Band dieses Projekts, die Bohemia et Moravia pontificia, von Herrn Dr. Wal-
demar Könighaus. Unterstützt wird die Arbeit an den Pontifizien durch eine
Datenbank, die schon bald mit einer Retrodigitalisierung verknüpft werden
soll.
Die lange Erarbeitungszeit führte aber auch zu einer Veränderung der
Prinzipien: Inwieweit Historiographie, kanonistische Quellen, Delegations-
mandate und anderes in die jeweiligen Bände gehört, änderte sich schon bei
der fortschreitenden Bearbeitung der Italia pontificia, mehr aber noch bei
Klaus Herbers, Markus Schütz, Bis in den hintersten Winkel. Das römische Zentrum
34
den Bänden der Germania und der Gallia Pontificia. Wichtige Ergebnisse
der Delegationsgerichtsbarkeit und zu den Kreuzzügen hat beispielsweise
Rudolf Hiestand in dem kürzlich von Jochen Johrendt und mir herausgege-
benen Werk Das Papsttum und das vielgestaltige Italien. Hundert Jahre Italia
Pontificia durch Nachträge zu den Kreuzzügen aus den Beständen der Italia
pontificia erbracht.35 Ich zitiere aus unserer Zusammenfassung:
Rudolf Hiestand sichtet in seinem Beitrag die vielfältigen und teilweise
komplizierten Verknüpfungen der Italia pontificia mit dem Kreuzzugs-
geschehen und bietet damit auch Hilfen, wie die bisherigen Ergebnisse zu
nutzen sind und welche Aufgaben bleiben. Sein nützlicher Überblick zur
Aufarbeitung der Kreuzzugsquellen, die teilweise parallel zu den Anfängen
des Göttinger Papsturkundenwerkes verlief, kann manche Probleme wissen-
schaftsgeschichtlich erklären. Zur Diskussion stehen vier Fragebereiche, die
eigentlichen Kreuzzüge, die Kreuzfahrerherrschaften und -kirchen, die Nie-
derlassungen der italischen Seestädte im Osten sowie die Ritterorden. Die
anschließende Durchforstung der Italia-Bände und der Hinweis auf Nach-
träge – meist in den ‘Vorarbeiten zum Oriens pontificius’ 1-3 publiziert –
betrifft zunächst die Kreuzfahrerstaaten und -kirchen, die immerhin 16 neue
gegenüber zuvor 63 bekannten ergab. Anschließend werden die Teile der Ita-
lia hervorgehoben, die in den Narrationes oder Regesten den Bezug zu den
Kirchen und Herrschaften im lateinischen Osten erkennen lassen (II). Für
die Legaten ist noch mehr als bisher zu beachten, nach welchen verschiede-
nen, kurz besprochenen Kriterien im Laufe der Zeit Legationen Eingang ins
Papsturkundenwerk fanden, um unnötige Sucharbeiten zu vermeiden (III).
Die Nachlese für das eigentliche Kreuzzugsgeschehen ergab einige wichtige
Ergänzungen; die zahlreichen Spuria erklären sich auch daraus, dass manche
Städte den eigenen Anteil an den Kreuzzügen durch Urkunden lückenloser
gestalten wollten (IV). Zwischen Diözesen und Ritterorden steht das Kapi-
tel des Heiligen Grabes, weil immer wieder aufgrund mancher Patrozinien
zu entscheiden ist, ob eine Kirche Dependance der Gemeinschaft oder unab-
hängig ist. Für die Ritterorden war die Nachlese vor allem in Valetta (Malta)
und in Spanien ertragreich (V). Insgesamt differenziert diese Nachlese das
Bild nicht unwesentlich, dies gilt für die Institutionen des lateinischen Ostens
ebenso wie für die noch in die Italia Pontificia einzubringenden Nachträge.
35
Rudolf Hiestand, Die ‘Italia Pontificia’ und das Kreuzzugsgeschehen, in Das Papsttum
und das vielgestaltige Italien. Hundert Jahre Italia Pontificia, edd. Klaus Herbers, Jochen
Johrendt, Berlin, de Gruyter, 2009 (Abhandlungen der Akademie der Wissenschaften zu
Göttingen. Neue Folge, 5), pp. 615-674.
Das göttinger Papsturkundenwerk 27
Damit wird erneut unterstrichen, wie wichtig es ist, bei der Archivsichtung
grundsätzlich alle Überlieferungen zu erfassen (VI). In einem Anhang wer-
den die in Italien gefundenen Papsturkunden zum Kreuzzug und den Kir-
chen im lateinischen Osten übersichtlich zusammengestellt.36
Damit habe ich die Quellenunternehmungen zum 12. Jahrhundert und
ihre Leistungsfähigkeit vorgestellt. Zu fragen wäre, in welchem Maße die
Großprojekte zum 13. Jahrhundert ähnliche Tiefenerschließungen ermögli-
chen und was dies gegebenenfalls für unsere Diskussionen bedeutet.
36
Der italienische Text lautete:
Nella storia delle crociate l’Italia, a parte il papato, non gioca un ruolo preponderante se non
come terra di passaggio per l’Oriente e per i quartieri delle città marinare sulla costa siriana. In
più, quando il Kehr cominciò la revisione degli archivi, la ricerca sulla crociata aveva raggiunto
un primo apogeo coll’edizione delle fonti documentarie grazie ai Röhricht, Delaville le
Roulx, Prutz ecc. Perciò non erano da aspettarsi nuovi fondi sconosciuti per le istituzioni
ecclesiastiche o secolari dell’Oriente, tratti in salvo dopo il 1187 o il 1291, mentre in Oriente
Turchi e Mamlucchi avevano fatto tabula rasa.
Malgrado ciò la ‘vendemmia’ ha dato frutti molto importanti aumentando la documentazione
pontificia per la chiesa diocesana in Oriente di un quarto come p. es. un privilegio di Lucio III
per la chiesa di Beirut, singolare per l’Oriente latino. Ma sia le ricerche archivistiche del Kehr che
l‘Italia Pontificia sono stato per lungo tempo tralasciate dagli storici delle crociate. Ancora più
rilevante si rivelò un gruppo d’appelli papali a partire d’Urbano II per i monaci di Vallombrosa
fino a Clemente III per i crociati toscani, mettendo l’Italia nella propaganda papale accanto
alla Francia ecc. che fin’oggi a torto domina il quadro generale. Particolarmente importanti
furono inoltre le nuove bolle per gli ordini militari, Templari e Ospedalieri, conservatici in
manoscritti a Palermo e Malta, il cui valore era sfuggito al Delaville, in modo minore tali per
i canonici del S. Sepolcro ed i lebbrosi di San Lazzaro. In quanto ai dieci volumi dell’Italia
un numero non esiguo di regesti riguarda le crociate che non entravano originariamente nel
progetto, come tante notizie tralasciatevi saranno da riassumere in un volume di additamenta.
Per tale rivalutazione segue una lista di 57 nuove bolle per il movimento crociato nel senso
largo che serviranno a future ricerche.
28 Klaus Herbers
Vorbereitet war dies durch Papst Coelestin III. (1191-1198), der dank sei-
ner früheren Legationsreisen ein ausgewiesener Spanien-Spezialist war.37 Er
versuchte, die christlichen Reiche der Iberischen Halbinsel im Kampf gegen
die muslimischen Almohaden stärker zusammenzuführen und schickte dazu
auch Legaten auf die Iberische Halbinsel. Durch die ihm gebotenen Mittel
erreichte er es, den Weg zu einer Annäherung zwischen Kastilien und León
zu ebnen, denn die Einigkeit beider Reiche wäre für einen erfolgreichen
Kampf gegen die Muslime bitter nötig gewesen.
Unter anderem diese Uneinigkeit führte 1195 in Alarcos zunächst zu
einer Niederlage der christlichen Herrschaften, jedoch wendete sich das
Blatt 1212 in Las Navas de Tolosa. Papst Innozenz III. (1198-1216) ver-
suchte nach der Niederlage der Christen, besonders seit 1211, eine einheitli-
che Front gegen die Almohaden herzustellen. Legationen, Kreuzzugsbullen,
Erlaubnis zur Kreuzpredigt (22. Februar 1211) unterstützten das Vorha-
ben. Vor allem nachdem die Almohaden noch 1211 ein kastilisches Heer
geschlagen hatten und der Emir verkündet hatte, er wolle nach der Nie-
derwerfung der christlichen Reiche Spaniens sogar auf Rom marschieren,
verstärkte der Papst seine Unterstützung. In Spanien selbst koordinierte der
fähige Rodrigo Jiménez de Rada, der seit 1209 den Erzbischofsstuhl von
Toledo innehatte,38 die verschiedenen Interessen. Große Resonanz fand er
vor allem in Kastilien, Navarra und Aragón. Außerdem wurde ‘ausländische’
Beteiligung an den Kampfeshandlungen eingeworben, dazu hatte Papst
Innozenz III. die Kreuzpredigt vor allem in Frankreich erlaubt, nachdem
dort schon zuvor verschiedene Aktivitäten zu einer Unterstützung des Mau-
renkampfes geführt hatten. Wichtig war, dass der bevorstehende Kampf
auch von höchster christlicher Stelle als Kreuzzug angesehen und verkündet
wurde, daneben sind jedoch die Vorbereitungen der christlichen iberischen
Reiche selbst zu würdigen.
37
Zu den Legationsreisen des Hyacinth cfr. Ingo Fleisch, Rom und die Iberische Halbinsel
im 12. Jahrhundert. Das Personal der päpstlichen Legationen, in Römisches Zentrum, edd.
Johrendt, Müller, pp. 1-16, hier pp. 155-161 und 171-175; Anne J. Duggan, Hyacinth
Bobone: Diplomat and Pope, in Pope Celestine III (1191-1198). Diplomat and Pastor, edd.
John Doran, Damian J. Smith, Aldershot, Ashgate, 2008 (Church, faith and culture in the
Medieval West), pp. 1-30.
38
Cfr. zu ihm Matthias Maser, Die ‘Historia Arabum’ des Rodrigo Jiménez de Rada.
Arabische Traditionen und die Identität der Hispania im 13. Jahrhundert, Münster –
Berlin – New York, LIT, 2006 (Geschichte und Kultur der Iberischen Welt, 3), pp. 9-40,
bes. pp. 19 23.
Das göttinger Papsturkundenwerk 29
Hatte schon Papst Coelestin III. immer wieder für eine Einheit der christ-
lichen Reiche gegen die geschlossener agierenden Almohaden gekämpft,
so verstärkte sich dies unter seinem Nachfolger Innozenz III. besonders ab
1211. Sicher bestimmte nicht nur die Furcht vor einem eher unrealistischen
Angriff der Almohaden auf Rom die Aktivitäten des Papstes, sondern auch
der Wunsch, nach dem Verlust Jerusalems im Osten 1187 nun zumindest
im Westen die christliche Herrschaft weiter festigen zu können. Am Tag der
Schlacht hatte Innozenz in Rom noch einen Bittgang der Einwohnerschaft
mit Fasten veranstaltet und war selbst vom Lateran nach Santa Croce wie
ein Büßer barfuß geschritten. Den späteren Siegesbericht ließ er öffentlich
verlesen und übersetzte ihn angeblich selbst. Insofern wirkte der Sieg der
Christen in Las Navas de Tolosa auch über Spanien hinaus, beeinflusste viel-
leicht Vorstellungen im gesamten lateinischen Westen, denn er könnte die
schmerzlichen Erfahrungen der Verluste von 1187 im Heiligen Land gemil-
dert haben. Ähnlich empfanden später manche Zeitgenossen die Eroberung
Granadas 1492 als gewisse Kompensation für den Verlust Konstantinopels
1453. Ost und West wurden durchaus an manchen Orten der Christenheit
zusammengesehen. Allerdings billigten spanische Autoren, wie Rodrigo
Jiménez de Rada, mit einer gewissen Berechtigung dem Papsttum keinen
Verdienst an den militärischen Erfolgen zu, sondern sahen hier einen Sieg
Spaniens, genauer Kastiliens und Toledos.
Auch im Westen lag also – jedenfalls 1211-1212 – Oltremare, wenn auch
ganz anders als im Heiligen Land. Legaten und Delegaten waren hier ebenso
beteiligt, päpstliche Kreuzzugsbullen unterstützten das Unternehmen.
Wenn aber die Päpste im Westen ähnlich wie im Osten agierten, wie sind die
Verbindungen herzustellen? Waren Legaten und Delegaten austauschbar,
waren die Angehörigen der Ritterorden wichtig? Oder sind beide Aktions-
felder doch – allein wegen der Entfernung – unterschiedlich einzuschätzen?
V. Ausblick
Uta-Renate Blumenthal
D
ie Kreuzzüge sind aus der mittelalterlichen Geschichte nicht weg-
zudenken.2 Man wundert sich daher, dass zumindest die klassi-
sche Kanonistik die vielen, sehr verschiedenartigen Probleme, die
sie aufwerfen, recht stiefmütterlich behandelt hat. Wie James Brundage,
dem wir die ausführlichste Studie über das Kreuzzugsthema in der kirchli-
chen Gesetzgebung verdanken, mit Erstaunen verzeichnete, spricht Grati-
ans Decretum von ca. 1140 nirgends direkt über die Kreuzzüge,3 man kann
höchstens Gratians Zusammenstellungen zu den Themen De voto und pere-
grini zur Information heranziehen, wie es spätere Kanonisten denn auch not-
gedrungen taten.4 Selbst im Zusammenhang mit meinem heutigen Thema,
der Konstitution 71 Ad liberandam Terram Sanctam des Vierten Lateranums
1
Auch hier sei Martin Bertram und Kenneth Pennington für Hilfe herzlichst gedankt.
2
Hans Eberhard Mayer, Bibliographie zur Geschichte der Kreuzzüge, Hannover,
Hahnsche Buchhandlung, 1960, mit mehr als 5,000 Einträgen; LMA, V (1991), coll.
1508-1519 ( Jonathan Simon Christopher Riley-Smith), besonders coll.1518-1519 knapp,
aber sehr gut ausgewählt; The Crusades: an encyclopedia, ed. Alan V. Murray, 4 voll., Santa
Barbara (Calif.) – Oxford, ABC-CLIO, 2006. Nicht überholt ist Hans Eberhard
Mayer, Geschichte der Kreuzzüge, Stuttgart, W. Kohlhammer Verlag, 19764); Jean
Richard, The Crusades, c.1071-c.1291, übersetzt aus dem Französischen v. Jean Birrell,
Cambridge, Cambridge University Press, 1999 (Cambridge medieval textbooks); The
Oxford Illustrated History of the Crusades, ed. Jonathan Simon Christopher Riley-Smith,
Oxford – New York, Oxford University Press, 1997.
3
James Arthur Brundage, Medieval Canon Law and the Crusader, Madison –
Milwaukee – London, The University of Wisconsin Press, 1969, p. 39.
4
Zu Einzelheiten s. Brundage, Medieval Canon Law, pp. 30-114. Erst in
Dekretalensammlungen und dem Liber Extra des 13. Jahrhunderts wird das
Kreuzzugsversprechen speziell behandelt (p. 67), aber ‘no treatise De crucesignatis has yet
been discovered throughout the vast literature of medieval canon law.’ (p. 190). Cf. Martin
Bertram, Johannes de Ancona: Ein Jurist des 13. Jahrhunderts in den Kreuzfahrerstaaten,
«Bulletin of Medieval Canon Law», n.s. VII (1977), pp. 49-64 und besonders die
‘Vorbemerkung,’ p. 62.
Legati, delegati e l’impresa d’Oltremare (secoli XII-XIII) / Papal Legates, Delegates and the Crusades (12th
13th Century), Maria Pia Alberzoni, Pascal Montaubin (eds), Turnhout 2014 (Ecclesia militans 3),
pp. 31-50
© F H GDOI: 10.1484/M.EMI-EB.5.103485
32 Uta-Renate Blumenthal
von 1215,5 herrscht fast völliges Schweigen. Die grosse Ausnahme ist Hen-
ricus de Segusio, besser bekannt als Hostiensis, in den sechziger Jahren des
dreizehnten Jahrhunderts. Mein Thema ist nur scheinbar eng, denn Inno-
zenz III. und das Konzil fassten mit dieser Konstitution nicht nur die gesamte
Entwicklung der Kreuzzüge seit 1095 zusammen, sondern bildeten diese
Tradition auch weiter, so dass Ad liberandam grundlegend für die Zukunft
der Kreuzzüge wurde.6 In den folgenden Zeilen wird cost. 71 des Vierten
Laterankonzils aus drei Blickwinkeln heraus kurz betrachtet: 1.) Konstitu-
tion und Konzil, sowie 2.) die Glossenapparate von Johannes Teutonicus und
Vincentius Hispanus zu Ad liberandam mit einem Seitenblick auf Damasus
Hungaricus, 3.) der Liber Extra Gregors IX. und Hostiensis.
Mit drei Ausnahmen: cost. 42 und cost. 49 sowie dem bei weitem gröss-
ten Teil von cost. 71, finden sich sämtliche Konstitutionen des Vierten
Lateranums im Liber Extra Gregors IX. In seiner Bulle vom 5. Septem-
ber 1234 sandte der Papst dieses von Raymund von Peñafort kompilierte
Gesetzbuch an die Universität von Bologna mit der strikten Anweisung, es
einzig und allein in Zukunft in Schulen und Gerichten anzuwenden.7 Dem-
entsprechend wurden alle darin enthaltenen Texte — einschliesslich der
Kanones von 1215 — im Zusammenhang mit dem Liber Extra bis 1917 von
Rechtsgelehrten ausführlich kommentiert, aber theoretisch auch nur diese,
so wie es Gregor IX. angeordnet hatte.8 Selbst noch im Codex Iuris Canonici
5
COD, cost. 71, pp. 267-271. Siehe jetzt Conciliorum oecumenicorum generalium decreta. The
General Councils of Latin Christendom. Editio critica, vol. II, 1, pp. 151-204, edd. Antonio
Garcia y Garcia and Alberto Melloni, Turnhout, Brepols, 2013 (Corpus Christianorum). Der
Band erschien zu spät, um eingearbeitet zu werden.
6
Mayer, Geschichte, pp. 170-187; Maureen Purcell, Papal Crusading Policy: the chief
instruments of papal crusading policy and Crusade to the Holy Land from the final loss of Jeru
salem to the Fall of Acre. 1244-1291, Leiden, E.J. Brill, 1975 (Studies in the history of Christian
thought, 11), Appendix A, pp. 187-199, verdeutlicht durch Paralleldruck die fast wörtliche
Übereinstimmung zwischen cost. 71 von 1215 und der Konstitution Afflicti corde des Konzils
von Lyon von 1245 sowie den engen Zusammenhang dieser beiden Texte mit der Konstitution
Pro zelo fidei des Zweiten Konzils von Lyon von 1274. Zur Einführung zum 1215 Konzil ist
wesentlich Werner Maleczek, LMA, V (1991), coll. 1742-1744, s.v. Laterankonzil IV.
7
Cfr. unten nt. 54. Eine englische Übersetzung bei Prefaces to canon law books in Latin
Christianity: selected translations, 500-1245, edd. Robert Somerville, Bruce C. Brasington,
New Haven – London, Yale University Press, 1998, 235 seq.
8
Die Texte der einzelnen Konstitutionen sind am leichtesten zu finden in COD; cost. 42 De
saeculari iustitia (p. 253) verbietet ungerechtfertigte Übergriffe von Klerikern auf säkulare
Gerichtsbarkeit; cost. 49 De poena excommunicantis iniuste (p. 257) verbietet ungerechtfertigte
Exkommunikationen und ihre Lösung besonders im Zusammnenhang mit Geldstrafen. Bei
Ad liberandam Terram sanctam 33
von 1917 nimmt das grosse Konzil von 1215 nach dem Konzil von Trent
den wichtigsten Platz unter den konziliaren Quellen ein.9 ‘No conciliar text
of the Middle Ages made such an impact on the canonists as the Lateran
constitutions of 1215,’ schloss der neueste Herausgeber eines Arbeitstextes
der massiven und legistisch ausgefeilten Konstitutionen von 1215, Antonio
García y García, aber natürlich gehören die drei fehlenden Texte von 1215
nicht dazu und das heisst, auch cost. 71 Ad liberandam nicht.10
Zusammen mit einer umfangreichen Teilnehmerliste standen jedoch
alle Konstitutionen — einschliesslich von cost. 71 — höchstwahrschein-
lich im Register Innocenz' III., in einem Band, der heute verloren ist.11 Ad
dem Fragment der cost. 71 handelt es sich um das Handelsverbot mit der Levante (pp. 267-271,
hier p. 270). Vergleiche Corpus Iuris Canonici, ed. Emil Friedberg, Leipzig, B. Tauchnitz, 1879-
1881, II (1881); Nachdruck Graz, Akademische Druck- und Verlagsanstalt, 1959), Decretalium
D. Gregorii Papae IX compilatio, col. XII, mit der Liste aller in die Dekretalen aufgenommenen
Konstitutionen (s.v. 4. Conc. Later. IV. (1215). Die Dekretalen Gregors IX. = Liber Extra
wird unten zitiert als X. Zu cost. 71 siehe X 5.6.17, coll. 777-778. Die COD Ausgabe der
Konstitutionen von 1215 ist überholt durch die Werkausgabe der Texte von Constitutiones
Concilii quarti Lateranensis una cum Commentariis glossatorum, ed. Antonio García y García,
Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, 1981 (Monumenta iuris canonici. Series A,
Corpus glossatorum, 2), pp. 40-118 (wie unten nt. 11), sowie die Neuausgabe (wie oben nt. 5).
9
Hans Wolter, From the High Middle Ages to the Eve of the Reformation, in History of the
Church, ed. Hubert Jedin, New York, 1982, IV, p. 172.
10
Antonio García y García, The Fourth Lateran Council and the Canonists, in The History
of Medieval Canon Law in the Classical Period, 1140-1234: from Gratian to the Decretals of Pope
Gregory IX, edd. Wilfried Hartmann, Kenneth Pennington, Washington DC, The Catholic
University of America Press, 2008 (History of medieval canon law), pp. 367-378, hier p. 370.
11
Zu den ca. 1200 geistlichen und dazu den weniger gut bezeugten weltlichen Grossen als
Teilnehmer am Konzil siehe besonders Georgine Tangl, Die Teilnehmer an den Allgemeinen
Konzilien des Mittelalters, Weimar, s.e., 1932, Nachdruck Darmstadt, Wissenschaftliche
Buchgesellschaft, 1969, pp. 219-232 sowie Jacob Werner, Die Teilnehmerliste des
Laterankonzils vom Jahre 1215, in «Neues Archiv», XXXI (1906), pp. 575-593. Zum
Register Anton Haidacher, Beiträge zur Kenntnis der verlorenen Registerbände Innocenz’
III., in «Römische Historische Mitteilungen», IV (1960-61), pp. 37-62 und Stephan Kuttner
in seinen ‘Retractiones’ zum Nachdruck seines Aufsatzes mit Antonio García y García, A New
Eyewitness Account of the Fourth Lateran Council, in Stephan Georg Kuttner, Medieval
councils, decretals, and collections of canon law. Selected essays, London, Variorum reprints,
1980 (Variorum collected studies series, 126) n. IX, hier Retractiones, p. 7; Constitutiones
Concilii quarti Lateranensis, p. 19. Allgemein zum Konzil ausser García y García, The
Fourth Lateran (wie nt. 8) besonders auch Anne J. Duggan, Conciliar Law 1123-1215: The
Legislation of the Four Lateran Councils, in The History of Medieval Canon Law (wie nt. 10),
pp. 318-366, hier pp. 341-366 mit einer Liste der Quellen für Innocenz’ Dekrete (p. 341)
und weiterer Literatur.
34 Uta-Renate Blumenthal
12
Aus diesen Gründen erklärt sich wohl die zuweilen etwas skeptische Beurteilung der
Konstitution bei Stephan Kuttner, wie in Stephan Kuttner, Antonio García y
García, A New Eyewitness Account, (wie nt. 11), p. 133, wo er meint, dass Ad liberandam am
14. Dezember 1215 separat veröffentlicht worden sei.
13
Der Originaltext steht bei Constitutiones Concilii quarti Lateranensis, pp. 110-118 und
COD (wie nt. 8), pp. 267-271 und ist anders unterteilt als in meiner Zusammenfassung.
Ad liberandam Terram sanctam 35
14
Die Einladung zum Konzil erfolgte am 19. April 1213 durch das Rundschreiben Vineam
Domini und kurz danach wurde der Aufruf zum Kreuzzug Quia maior nunc verbreitet.
Alberto Melloni, Vineam Domini—10 April 1213: New Efforts and Traditional Topoi—
Summoning Lateran IV, in Pope Innocent III and His World, ed. John C. Moore, Aldershot,
Ashgate, 1999, pp. 63-73.
15
Hierzu besonders Werner Maleczek, Petrus Capuanus, Kardinal, Legat am
Vierten Kreuzzug, Theologe (+1214), Wien, Verlag der Österreichischen Akademie der
Wissenschaften, 1988 (Publikationen des Historischen Instituts beim Österreichischen
Kulturinstitut in Rom. Abteilung, 1. Abhandlungen, 8), p. 96, 151, 188 und 258-263: Exkurs
B Hat Innocenz III. den Chartervertrag vom April 1201 bestätigt?, was er überzeugend
negativ beantwortet.
16
Kuttner, García y García, A New Eyewitness Account, (wie nt. 11), p. 165.
17
Constitutiones Concilii quarti Lateranensis, pp. 110-118 sowie Antonio García y García,
La Biblia en el concilio 4 lateranense de 1215, «Annuarium Historiae Conciliorum», XVIII
(1986), pp. 91-102; cfr. Duggan, Conciliar Law 1123-1215, pp. 341-342, nt.124 mit
weiteren Hinweisen.
18
Werner Maleczek schlägt vor, Monate später (LMA, V (1991), col.1743), doch ist es
nicht ausgeschlossen, dass alle Konstitutionen bereits am 14. Dezember 1215 veröffentlicht
wurden, wie der Hostiensis’ Auszug nahe legt. Cfr. unten bei nt. 64.
19
Constitutiones Concilii quarti Lateranensis, pp. 5-11.
36 Uta-Renate Blumenthal
20
Othmar Hageneder in seiner Besprechung von Constitutiones Concilii quarti Lateranensis
in «Zeitschrift der Savigny-Stiftung für Rechtsgeschichte. Kanonistische Abteilung»,
LXVIII (1982), pp. 462-469, hier p. 462 und Maleczek, LMA, V (1991), col. 1743 stimmen
dem Urteil García’s zu. Kuttners Kommentar zur Beschreibung des Konzils in der Gießener
Handschrift erhellt viele Einzelheiten der Ereignisse auf und zwischen den Konzilstagen.
Kuttner, García y García, A New Eyewitness Account, (wie nt. 11), besonders pp. 129-
163 und zu Debatten pp. 109-110, 121, 174-175.
21
Zitiert bei Adolf Gottlob, Die päpstlichen Kreuzzugs-Steuern des 13. Jahrhunderts,
Heiligenstadt, F. W. Cordier, 1892, 2 sowie allgemein zur Steuerpolitik Innocenz’ III.
pp. 18-26.
22
COD, p. 221 und p. 255.
23
Gottlob, Die päpstlichen Kreuzzugs-Steuern, p. 35 zu 1215, p. 48 zu 1245.
Ad liberandam Terram sanctam 37
24
Stephan Kuttner, Antonio García y García, A New Eyewitness Account of the
Fourth Lateran Council, «Traditio», XX (1964), pp. 115-178; nachgedruckt mit Retractiones
in Kuttner, Medieval Councils, n. IX und pp. 7-8, hier p. 134 und Appendix C (pp. 174-
178) mit einem Vergleich der beiden Versionen. Über die nachträgliche Ausarbeitung der
bekannten ‘Vollversion’ kann kein Zweifel bestehen.
25
Kuttner, García y García, A New Eyewitness Account; Text der Gießener Handschrift
auf pp. 123-129 mit Kuttners Kommentar, cfr. besonders 132, 133, 134, 156, 163.
26
Richard Puza, in LMA, V (1991), col. 1254 (Lit.), s.v. Kollekte, Kollektor.
38 Uta-Renate Blumenthal
Kreuzzugswerbung.27 Was unter Ablass auf dem Konzil von 1095 im mit-
telalterlichen Kontext zu verstehen war, ist selbst heute noch umstritten.28
‘Man muß sich immer vor Augen halten, daß die Propagierung des ersten
Kreuzzugsablasses sich in einer Sphäre vollzog, die weder durch eine kirch-
liche Lehramtsentscheidung präjudiziert noch durch eine theologische
Debatte beeinflußt war’, warnt Hans Eberhard Mayer.29 Hödl versteht unter
Urbans Erlass einen Vollablass (pro omni poenitentia).30 So verstand es auch
Papst Eugen III., als er 1145 zum zweiten Kreuzzug mit der einflussreichen
Bulle Quantum praedecessores ( JL 8876) aufrief und erklärend schrieb:31
…Illam peccatorum remissionem quam …Urbanus instituit…concedimus et
confirmamus…. Peccatorum remissionem et absolutionem, juxta praefati prae-
decessoris nostri institutione, omnipotentis Dei et beati Petri apostolorum princi-
pis auctoritate nobis a Deo concessa, talem concedimus, ut qui tam sanctum iter
devote inceperit et perfecerit, sive ibidem mortuus fuerit, de omnibus peccatis suis,
de quibus corde contrite et humiliate confessionem susceperit, absolutionem obti-
neat, et sempiternae retributionis fructum ab omnium remuneratore percipiat.
Bis weit in das 13. Jahrhundert hinein bleibt die Plenarindulgenz die
remissio quam papa Urbanus instituit.32 Auch cost. 71 von 1215 steht in
27
Zum Ablass in Verbindung mit den Kreuzzügen s. Mayer, Geschichte, pp. 31-46;
Michel Villey, La Croisade: essai sur la formation d’une théorie juridique, Paris, Librairie
philosophique J. Vrin, 1942 (L’Église et l’État au Moyen Âge, 6), pp. 141-151; Purcell, Papal
Crusading Policy, pp. 36-98; Nicolaus Paulus, Geschichte des Ablasses im Mittelalter vom
Ursprung bis zur Mitte des 14. Jahrhunderts, Paderborn, F. Schöningh, 1922-1923; Ludwig
Hödl, Die Geschichte der scholastischen Literatur und der Theologie der Schlüsselgewalt. 1.
Teil. Die scholastische Literatur der Schlüsselgewalt von ihren Anfängen an bis zur Summa
Aurea des Wilhelm von Auxerre, Münster Westf., Aschendorff, 1960 (Beiträge zur Geschichte
der Philosophie und Theologie des Mittelalters, 38/IV); Id., in LMA, I (1980), coll. 43-46,
s.v. Ablaß, mit weiterer Literatur. Cfr. unten bei nt. 72
28
Zum Konzil von Clermont besonders Robert Somerville, The Councils of Urban II,
Amsterdam, A.M. Hakkert, 1972 (Annuarium Historiae Conciliorum. Supplementum, 1),
I, p. 74, c.2* bzw. 8 in der Überlieferung des Liber Lamberti und der Kanonessammlung in
Neun Büchern (HS Wolfenbüttel, Landesbibliothek Gud. 212), p. 74: Quicumque pro sola
devotione, non pro honoris vel pecunie adeptione, ad liberandam ecclesiam Dei Hierusalem
profectus fuerit, iter illud pro omni penitentia ei reputetur.
29
Mayer, Geschichte, p. 33.
30
LMA, I (1980), col. 43.
31
PL, CLXXX, col. 1065 = Philip Jaffé, Regesta pontificum Romanorum, 2 voll., Lipsiae,
Veit et comp., 1885-18882, n. 8876; Peter Rassow in Erich Caspar, Die Kreuzzugsbullen
Eugens III., in «Neues Archiv», XLV (1924), hier p. 302.
32
Villey, La Croisade, p. 150.
Ad liberandam Terram sanctam 39
dieser Tradition, illustriert aber auch bereits die seit Papst Alexander III.
zu beobachtende Tendenz zu Teilablässen. Einer der Paragraphen von Ad
liberandam, den das Konzil von Lyon 1245 ausnahmsweise nicht aufgriff,
enthielt die Bestimmungen von 1215 zur Kommutation oder Redemption
des Kreuzzugsgelübdes im Gegensatz zu der seit 1095 (auch 1215) stets
betonten ‘unauflöslichen’ Verpflichtung, das Kreuzzugsgelübde einzuhal-
ten:33 …illis dumtaxat exceptis, quibus tale impedimentum occurrerit, prop-
ter quod, secundum sedis apostolicae providentiam, votum eorum commutari
debeat merito vel differi, heisst es in cost. 71. Der Liber Extra Gregors IX.
enthält zwar keine der Bestimmungen zur Kommutation aus cost. Ad libe-
randam, aber der Anteil von Briefen Innocenz III. in 3. 34 De voto et voti
redemption des Liber Extra ist auffallend umfangreich und gewichtig — ein
Hinweis auf den Einfluss des grossen Papstes auch auf diesem Gebiet, selbst
wenn man 1245 in Lyon diesen Absatz der Konstitution 71 überging.34
Raymund von Peñafort verzichtete, wie wir sahen, darauf, den allergröss-
ten Teil der Konstitution 71 Ad liberandam in den Liber Extra aufzuneh-
men, so dass die Regelungen in der 1215 beschlossenen Form nach 1234 in
der gelehrten Kanonistik bis zu Hostiensis keine Rolle spielten. Selbst vor
1234 schrieb Damasus Hungaricus in seinem Apparat zu den Konstitutio-
nen von 1215 zu Ad liberandam, der letzten, schlicht und einfach: Hec est
quedam dispositio temporalis et ideo eam non curo glosare.35 Weitsichtiger
als Damasus waren Johannes Teutonicus und Vincentius Hispanus, deren
Glossen ein lebendiges und beinahe gleichzeitiges Zeugnis zur Aufnahme
des Kreuzzugsaufrufs durch führende Bologneser Kanonisten darstellen.
Sie beweisen die Aktualität der Gesetzestexte. Beide Apparate sind nicht
nur unabhängig von einander, sondern unterscheiden sich auch stilmässig
sowie vereinzelt in ihrer Grundeinstellung zu einigen Fragen. Zwei Beispiele,
die auf Konstitution 71, mein Thema, beschränkt sind, mögen dies hier
verdeutlichen. Die Glossierung des Vincentius ist wesentlich ausführlicher
33
Brundage, Medieval Canon Law, analysiert die kanonistische Entwicklung des
Kreuzfahrereides von den Anfängen bis in die frühe Neuzeit in allen Einzelheiten, besonders
pp. 30-114; Id., The votive obligation of crusaders: the development of a canonistic doctrine,
«Traditio», XXIV (1968), pp. 77-118; Ian Stuart Robinson, The Papacy, 1122-1198,
in The new Cambridge medieval History. 4. C. 1024-1198, edd. David Edward Luscombe,
Jonathan Simon Christopher Riley Smith, Cambridge, Cambridge University press 2004,
besonders pp. 333-336 mit Hinweisen auf Dekretalen Alexanders III. und Clemens III. zur
Kommutation.
34
Purcell, Papal Crusading Policy, p. 189.
35
Constitutiones Concilii quarti Lateranensis, p. 458; zu seiner Biographie, ibid., pp. 387-412.
40 Uta-Renate Blumenthal
und selbstständiger als die des Johannes, obwohl uns beide einen lebhaften
Eindruck von kanonistischen Debatten von 1215/1216 bis in die zwanziger
Jahre hinein vermitteln. Zu den Eingangsworten von Ad liberandam reicht
es Johannes Teutonicus, lediglich zu definieren, wer unter impius zu verste-
hen ist, nach ihm nämlich Muslime, Heiden und Juden nach C.23 q.7 c.2.36
Ganz anders Vincentius, der sich aber viel mehr für die Bedeutung des Wor-
tes liberandam interessiert und unter Bezug auf das Römische Recht hier die
Freilassung von Sklaven befürwortet, die selbst gegen den Spruch eines Rich-
ters gelten kann.37 Die Aufforderung des Papstes, das Heilige Land aus den
Händen der impiorum zu befreien, schränkt Vincentius erheblich ein, indem
er zwar hier genau wie Johannes Teutonicus auf C.23 q.7 c.2 hinweist, aber
unter Berufung auf C.23 q.8 c.11 gegen die Meinung antritt, dass deswegen
alle Ungläubigen aus ihrem Besitz vertrieben werden könnten:38
…Ich halte dafür, dass ich überall alle zum Glauben zwingen kann und im
Fall von Häretikern diese vom Besitz vertreiben kann. Dies gilt aber nicht
für Juden, die wir nicht enteignen dürfen und vielleicht auch nicht für Mus-
lime, es sein denn, sie hätten unseren Besitz übernommen und wollten uns
ihrerseits vertreiben.39
Nach wie vor zu den Eingangsworten der Konstitution betont Vincen-
tius unter anderem auch, wie wichtig und notwendig es sei, kluge Berater
heranzuziehen, die auch zur Begutachtung von Zeugen gebraucht werden —
vielleicht ein Wink für die Kurie, sich unter den Bologneser Juristen beider
Rechte danach umzusehen. Vincentius bedenkt fast jede Einzelheit — in der
Ausgabe García y Garcías beläuft sich sein Kommentar zu cost. 71 auf fünf
volle Druckseiten — der Konstitution zum Kreuzzug, wohingegen Johan-
nes sich zu Beginn des Apparats zum Beispiel ganz einfach mit der Glossie-
36
Constitutiones Concilii quarti Lateranensis, pp. 175-270, hier p. 268.
37
Constitutiones Concilii quarti Lateranensis, pp. 273-384, hier p. 380, ll. 1-5.
38
Constitutiones Concilii quarti Lateranensis, p. 380, ll. 5-12: de manibus: quia ad omnes
impios extenditur vox illa: ‚Auferetur a vobis regnum Dei’ etc., xxiii. q. vii. Si de rebus.
Et auctoritate illa voluerunt quidam dicere quod expellere possumus omnes infideles a
possessionibus. Credo quod ubicumque compellere possum ad fidem, expellere possum a
possessio, ut in hereticis, et de illis intelligo illud c. Si de rebus. Non autem de Iudeis, quia illos
expellere non debemus, et forte nec Sarracenos, nisi teneant possessiones nostras et velint nos
expellere, xxiii. q. viii Dispar.
39
Cfr. Kenneth Pennington, An earlier recension of Hostiensis’s Lectura on the Decretals,
«Bulletin of Medieval Canon Law», XVII (1987), pp. 77-90, hier pp. 86-87 zu X 4.17.13.
Ad liberandam Terram sanctam 41
rung von impiorum begnügt, vielleicht ein weiterer Beweis dafür, dass seine
umfangreichen Kompilationen unter grossem Zeitdruck entstanden sind.40
Die in cost. 71 vorgeschriebene Besteuerung betraf Orden und Kathe-
dralkapitel besonders stark. Dementsprechend befassen sich Johannes und
Vincentius genauestens mit der in Ad liberandam zugesagten Erlaubnis
für Kleriker, ihre Einkünfte für drei Jahre verpfänden und gegebenenfalls
verkaufen zu dürfen. Johannes vertritt energisch die Meinung, dass Kleri-
kern, die am Kreuzzug teilnehmen, das Gesamteinkommen zur Verfügung
steht, indem er das Wort integer strikt interpretiert.41 Kleriker, die das Kreuz
genommen haben und die die Reise angetreten haben — der Zeitpunkt wird
von beiden Gelehrten genau festgelegt — brauchen keinen Vikar zu bestel-
len, anders als Kleriker, die wegen einer Appellation abwesend sind. Andrer-
seits sollen alle, die in Gehorsam zum Bischof in den Krieg ziehen, gewisse
Unterhaltskosten42 nicht erhalten, obwohl sie gesetzlich als Anwesende zu
behandeln sind, denn ebenso wie sie [die Kreuzfahrer] durch Abwesenheit
nicht geschädigt werden sollen, so sollen sie dadurch anderen Klerikern
gegenüber auch nicht begünstigt werden. Johannes schliesst mit einem
wichtigen caveat unter Berufung auf die Digesten (Dig. 5.3.36.5): obwohl
gesagt wird, dass solche Kleriker das Gesamteinkommen ihres Benefiziums
geniessen sollen, müssen bei der Berechnung unumgängliche Ausgaben des
Kapitels von dieser Summe vorher abgezogen werden. ‘Und ich stimme dem
zu. Jo.’43
Wie zu erwarten, befasst sich auch Vincentius ausführlich mit dieser
Stelle des Kreuzzugsdekrets.44 Wie gesagt, gilt der Dreijahrestermin für Ver-
pfändung oder sogar Verkauf des Benefizium Einkommens erst nach Abreise
und nicht schon nach Beurlaubung durch Kollegen, amici nennt sie Vin-
centius.45 Er schliesst sofort an, dass manualia dem klerikalen Kreuzfahrer
nicht zustehen, da auch die Diener des Bischofs diese nicht erhalten, obwohl
sie anwesend sind. Offenbar ist es eine Grundregel für Kleriker, die sich am
40
Cf. Stephan Kuttner, Johannes Teutonicus, das vierte Laterankonzil und die Compilatio
quarta, in Miscellanea Giovanni Mercati, 6 voll., Città del Vaticano, Biblioteca apostolica
Vaticana, 1946 (Studi e Testi, 121-126), V, pp. 608-634 wieder abgedruckt mit Retractationes
in Kuttner, Medieval councils (wie nt. 11) Nr. X.
41
Constitutiones Concilii quarti Lateranensis, pp. 268-269, l. 17, s.v. ut beneficia sua integer
percipiant per triennium.
42
Bezeichnet als victualia bei Johannes, als manualia bei Vincentius.
43
Constitutiones Concilii quarti Lateranensis, p. 269, l.16-17.
44
Constitutiones Concilii quarti Lateranensis, p. 382, l. 65 seqq.
45
Constitutiones Concilii quarti Lateranensis, p. 380-381, l. 3.
42 Uta-Renate Blumenthal
46
Constitutiones Concilii quarti Lateranensis, p. 381, l. 29 seqq.
47
Constitutiones Concilii quarti Lateranensis, p. 381, ll. 34-39.
48
Constitutiones Concilii quarti Lateranensis, pp. 269-270, l. 35.
Ad liberandam Terram sanctam 43
49
Constitutiones Concilii quarti Lateranensis, p. 269, ll.19-22.
50
Constitutiones Concilii quarti Lateranensis, p. 383, ll. 79-82.
51
Constitutiones Concilii quarti Lateranensis, p. 382, l. 64-.
52
Constitutiones Concilii quarti Lateranensis, p. 382, l. 64.
53
Constitutiones Concilii quarti Lateranensis, p. 383, ll. 100-102; COD, 9.47.25.
44 Uta-Renate Blumenthal
Universität Bologna mit der strikten Anweisung, dass ‘… ut hac tantum com-
pilatione uniuersi utantur in iudiciis et in scholis, districtius prohibemus, ne
quis presumat aliam facere absque auctoritate sedis apostolice speciali.’54 Damit
wurde der Liber Extra zum allein Ausschlag gebenden Lehrbuch für Univer-
sität und Gericht. Nicht zuletzt erklärt sich damit wenigstens teilweise das
auffallende Schweigen der Kanonistik nach 1234 zu Ad liberandam, denn
nur ein winziger Auszug aus Konstitution 71 fand Eingang in die Dekre-
talen Gregors IX..55 Der Auszug in X 5.6.17 besteht aus der Androhung
von Exkommunikation aller ‘falschen und unfrommen Christen,’ die den
Muslimen Waffen, Eisen und Holz für den Schiffbau verkauften oder deren
Schiffe leiteten. Jeder, der Muslimen in irgendeiner Kapazität Rat und Hilfe
in Bezug auf das Heilige Land leistete, sollte nicht nur den gesamten Besitz
verlieren, sondern auch versklavt werden. Der Erlass sollte in allen Küsten-
städten an Sonn- und Feiertagen immer von Neuem proklamiert werden.
Die Einnahmen aus den verbotenen Geschäften mussten, so schrieb Ad libe-
randam vor, dem Heiligen Land übermittelt werden, und zwar zusammen
mit Strafgeldern aus dem persönlichen Besitz des Sünders. Falls jemand
zahlungsunfähig wäre, sollte er auf andere Art und Weise bestraft werden,
um für Abschreckung zu sorgen. Soweit der Auszug im Liber Extra, in dem
ansonsten zwar ausser cost. 42 und cost. 49 alle Konstitutionen von 1215
stehen, aber von cost. 71 keine weitere Spur zu finden ist.
Eine Generation nachdem Papst Gregor IX. den Liber Extra als das von
da ab allein gültiges Gesetzbuch an die Universität von Bologna gesandt
hatte, stellte sich die Auslassung des weitaus grössten Teils der Konstitution
71 von 1215 als ein erheblicher Mangel heraus. Es konnte nicht mehr die
Rede davon sein, dass Innocenz III. mit der Konstitution Ad liberandam
nur zeitgebundene Anordnungen getroffen hätte, wie Damasus Hungaricus
— und sicher nicht nur er allein — angenommen hatte. Wie Michel Vil-
ley an Beispielen zeigte, gebuhrt ihr ein ganz hervorragender Platz in der
54
Corpus Iuris Canonici, II, 2-3; Carlos Larrainzar, La Glosa tradicional a la bula ‘Rex
Pacificus’ de 1234, in «Revista Española de Derecho Canónico», LXVII (2010), pp. 549-579
mit neuer Literatur und kritischer Ausgabe der Glosse. Cfr. oben nt. 6.
55
Brundage, Medieval Canon Law, p. 189; ‘It is remarkable how little of the papal
legislation regarding the privileges and the practical problems of crusaders found its way into
the canonistic collections of the middle ages and into the commentaries of the canonistic
writers. Although the canonists recognized the crusader’s status, obligations, and privileges,
they never really came to grips in a systematic way with the problem of clarifying his role in
medieval society.’
Ad liberandam Terram sanctam 45
56
Villey, La Croisade, hier pp. 183-184: ‘Le quatrième Concile de Latran nous paraît une
date spécialement importante dans l’histoire de cette formation du droit de la croisade: celle
où l’institution, ayant fini de se developer, se stabilise et s’exprime dans un texte de portée
permanente… Sa rédaction eut la valeur d’une sorte de codification de la bulle de croisade;
car après lui les bulles n’innovent plus guère…’ Ein kurzes Zitat steht auch bei Brundage,
Medieval Canon Law, p. 190.
57
E.g. Villey, La Croisade, p. 140, 150, 157, 184-185.
58
Zur Biographie zusammenfassend C. Gallagher, Canon law and the Christian
community: the role of law in the Summa aurea of Cardinal Hostiensis, Roma, Università
gregoriana, 1978 (Analecta Gregoriana, 208), pp. 34-40; Elisabeth Vodola, in Dictionary
of the Middle Ages, VI (1985), pp. 298-299, s.v. Hostiensis, mit Literatur; Kenneth
Pennington, A ‘Quaestio’ of Henricus de Segusio and the textual tradition of his ‘Summa
super decretalibus’, mit einem Handschriften Appendix von Martin Bertram, in «Bulletin of
Medieval Canon Law», n.s. XVI (1986), pp. 91-97.
59
Pennington, A ‘Quaestio’ of Henricus de Segusio, p. 92.
60
Henrici de Segusio cardinalis Hostiensis in primum (-sextum) decretalium librum
commentaria, doctissimorum virorum quampluribus adnotationibus illustrata, 2 voll.,
Venetiis, Apud Iuntas, 1581; Nachdruck Torino, Bottega d’Erasmo, 1965) zu X 5.6.17:
Ad liberandam terram sanctam et infra. In hac decisione continetur pars quaedam in qua
ponuntur indulgentiae sive privilegia cruce signatis concessa, de qua et fit mentio quotidie
in literis apostolicis…Et ideo cum practicatoria sit, et utilis, et necessaria nullatenus debuit
removeri… Ut ergo quod textus omisit, glossa suppleat quia et ipsam multi quotidie querunt,
nec inueniunt, eadem quatenus tangit hunc articulum duximus hic apponendam. Die erste
Druckausgabe der Lectura erschien 1512 in Strassburg: Henricus de Segusio, Lectura
sive Apparatus domini Hostiensis super quinque libris Decretalium, 2 voll., Argentini, Schott,
1512. Soweit hier zum Thema gehörende Texte verglichen wurden, erwiesen sich die
46 Uta-Renate Blumenthal
Unterschiede zwischen den Drucken als sehr gering; sie belaufen sich meist auf Zeilensprung
und unterschiedliche Kürzel. Ich habe sowohl den Turiner Nachdruck als auch beide
Originaldrucke benutzt.
61
Hostiensis nahm folgende Texte aus cost. 71 auf: Constitutiones Concilii quarti
Lateranensis, p. 110, l. 1-p. 111, l. 23 und p. 111, l. 25-p. 113, l. 64; dies entspricht generell
COD, p. 267, l. 16-37 sowie p. 268, ll. 1-38.
62
Constitutiones Concilii quarti Lateranensis, p. 111, ll. 23-25; COD, p. 267, ll. 38-40.
63
X 5.6.17 = Corpus Iuris Canonici, II, coll. 777-778 = Constitutiones Concilii quarti
Lateranensis, p. 115, l. 111- p. 116, l. 133; COD, p. 270, ll. 2-24.
Ad liberandam Terram sanctam 47
zum Kardinal von Ostia, als Registerbenutzung nicht schwer gewesen sein
dürfte. Stephan Kuttner wies bereits darauf hin, dass Potthast die Nummer
5012 genau zum 14. Dezember 1215 einreiht und sich dabei an erster Stelle
auf Cherubinis Bullarium Romanum bezieht. Dabei schloss Kuttner aber64:
‘The source of Cherubini’s text is, however, unknown; all other traditions
are undated.’ Es ist nicht auszuschließen, dass die Glosse des Hostiensis zu
X 5.6.17 Cherubinis Quelle war und damit in der Tat der verlorene Regis-
terband 18 des Pontifikats Innocenz’ III. In seinen Retractiones zu diesem
Aufsatz stimmt Kuttner C. R. Cheney zu, der aufgrund einer Aufstellung
von E. Martin-Chabot schloss, dass zwischen den Einträgen der Nummern
162 und 234 im Indice 254 des Vatikanischen Archivs als Nr. 163-233 die
Registerstücke, die sich auf das Vierte Lateranum bezogen — darunter die
Konstitutionen 1-71 — gestanden haben müssen.65
Der Text der langen Auszüge aus der Konstitution 71 bei Hostiensis
stimmt so gut wie völlig mit dem bekannten Text überein66, so dass abschlies-
send nur noch kurz auf den bemerkenswert ausführlichen Kommentar von
Hostiensis einzugehen ist, soweit es sich nicht nur um Worterklärungen mit
langen Allegationsketten aus beiden Rechten handelt. Zur Frage der Benefi-
zien der Kleriker erklärt Hostiensis zunächst, dass die Betroffenen Säkular-
kanoniker seien, die bei Kreuzfahrten Anrecht auf ihr Benefizium hätten. Er
geht dann aber weiter und betont, dass aber auch die Mitglieder monastischer
Orden (religiosi) bei Einkommen aus der Verwaltung von Gütern ein Recht
hätten, einen Zwanzigsten zu erhalten. Die Frage nach der Berechtigung,
Tagesunterhalt zu beziehen, was normalerweise nur Anwesenden zustand,
und die schon Johannes Teutonicus und Vincentius Hispanus zu längeren
Diskussionen unter dem Lemma integer angeregt hatte, beschäftigte auch
Hostiensis. Hier wird der zeitliche Abstand deutlich, mit dem Hostiensis
schrieb, denn sein Hauptargument bezieht sich auf etwaige Anrechte der
Theologiestudenten (in theologia studentes), auf einen Tagesunterhalt67 was
Hostiensis aber verneint. Gegen dieses Urteil ergaben sich in der Kanonis-
tik aber Widersprüche, die er durch Wortspielereien zu lösen versteht, um
64
Kuttner, García y García, A New Eyewitness Account, p. 133, nt. 25.
65
Kuttner, García y García, A New Eyewitness Account; Rectractiones, IX, p. 7,
zu p. 118, nt. 18 und p. 122, nt. 31. Zum Indice 254 des Vatikanischen Archivs am besten
Haidacher, Beiträge zur Kenntnis (wie nt. 11), pp. 37-62, hier besonders p. 47 und p. 61,
nt. 1.
66
Siehe oben nt. 60.
67
Cfr. oben nt. 39
48 Uta-Renate Blumenthal
68
Henrici de Segusio cardinalis Hostiensis in primum (-sextum) decretalium librum, f. .33va.
69
Henrici de Segusio cardinalis Hostiensis in primum (-sextum) decretalium librum: …
Nec insultes et dicas, quare ergo declaras hoc dubium? Respondeo ei: quod ego nullum declaro
dubium, sed verum est quod in dubio a verbis edicti non recedo, quibus melius est deservire
in tali casu, quam aliud phantastice divinare. Natürlich spricht das Dekret nirgends von
Theologiestudenten.
70
COD, p. 269, ll. 6-7.
Ad liberandam Terram sanctam 49
testes Kollegium darstellten, das zusammen mit dem Papst eine einzigartige
Einheit bildete.71
Diese bemerkenswerte Lobrede auf das Kardinalkollegium — man darf
daraus wohl schliessen, dass er zumindest diese Stelle als Kardinal schrieb
— bezieht sich nur indirekt auf den Kreuzzug, auf den Hostiensis aber
sogleich zurückkommt, wenn es um die Zahlung des vollen Zehnten geht.
Hier besteht er darauf, dass es nicht anginge, zu versuchen, sich durch das
Argument der Unwissenheit entschuldigen zu wollen. Jeder würde wissen,
was ihm gehöre. Betrug sei gefährlich, und es sei besser, mehr zu geben als zu
wenig und besser, grosszügig zu sein als sich wegen Geiz zu verteidigen.
Die Nota contra alios qui dicunt quod cardinales non habent ius capituli
bildet im Kommentar der Lectura aber eine Ausnahme, denn in seinen wei-
teren Ausführungen bezieht sich Hostiensis sehr genau auf die detaillierten
Anordnungen der Konstitution Ad liberandam. Er überzieht viele der einzel-
nen Worte der Konstitution mit einem dichten Netz von Allegationen beider
Rechte, wobei er verstreut Ermahnungen einflechtet, wie zum Beispiel, dass
die Kollektoren der Steuern kein Recht hätten, die eingesammelten Beträge
zu verkürzen, es sei denn, sie hätten eine spezielle päpstliche Erlaubnis dazu.
Sehr detailliert setzt sich Hostiensis mit der Befreiung der Kleriker, die ins
Heilige Land ziehen, von irgendwelchen Steuern sowie anderen Belastungen
auseinander und betont, dass das auch für Familien im engeren und weite-
ren Sinne des Wortes gälte. Bischöfe werden streng gemahnt, den Schutz der
Kreuzfahrer zu überwachen und Verfehlungen gegen das Dekret zu ahnden.
Der Tod eines Kreuzfahrers muss strikt bewiesen werden, man darf nicht
nur annehmen, dass ein Kreuzfahrer nicht zurückkommen würde. Detail-
liert betont auch Hostiensis die Anweisungen zum Schutz von Schuldnern
und erklärt, dass sowohl jüdische als auch christliche Gläubiger kein Recht
zu Beschwerden hätten.
Hostiensis bezieht sich in seinen Kommentar in der Lectura selbstver-
ständlich auch auf den üblichen kurzen im Liber Extra (X 5.6.17) enthal-
tenen Absatz, wobei er die Strafandrohung bei Handel und ganz allgemein
Verkehr mit der Levante parallel zu Simonie sieht, aber den Orientverkehr
als doppelt strafwürdig bezeichnet. In bestimmten Fällen vertritt auch
Hostiensis wie Vincentius Hispanus die Todesstrafe. Im Zusammenhang
mit der Treuga und dem Gottesfrieden diskutiert Hostiensis Häretiker und
schreibt einfach und deutlich: iustum est bellum quod auctoritate ecclesie fit.
Jochen Johrendt
D
ie päpstliche Kapelle ist eine trotz der Dissertation von Reinhard
Elze immer noch unzulänglich untersuchte Institution.1 Wenn im
Rahmen dieses Bandes nach institutionellen Veränderungen in der
lateinischen Kirche gefragt wird, speziell nach den Formen des Kirchenregi-
mentes und der päpstlichen Jurisdiktion, so kommt der Kapelle dabei eine
nicht unwesentliche Rolle zu – und man möchte erwarten, dass das auch auf
den vierten Kreuzzug und das in Folge dieses Kreuzzugs entstandene latei-
nische Patriarchat von Konstantinopel zutrifft.2 Der Beitrag gliedert sich in
1
Reinhard Elze, Die päpstliche Kapelle im 12. und 13. Jahrhundert, in «Zeitschrift
der Savigny-Stiftung für Rechtsgeschichte, kanonistische Abteilung», XXXVI (1950),
pp. 145-204; repr. in id., Päpste – Kaiser – Könige und die mittelalterliche Herrschaftssymbolik.
Ausgewählte Aufsätze, edd. Bernhard Schimmelpfennig, Ludwig Schmugge, London, Ashgate
Publishing Limited, 1982 (Variorum Collected Studies Series, 152), t. II, pp. 145-204; cfr.
jüngst auch den Überblick für das 13. Jahrhundert bei Jochen Johrendt, Die päpstliche
Kapelle als Bindeglied zwischen Kurie und Kirche, in Legati e delegati papali. Profili, ambiti
d’azione e tipologie di intervento nei secoli XII-XIII, edd. Maria Pia Alberzoni, Claudia Zey,
Milano, Vita e Pensiero, 2012 (Università. Storia. Ricerche), pp. 257-278.
2
Zum vierten Kreuzzug cfr. neben den Monographien von Donald Edward Queller,
Thomas F. Madden, The Fourth Crusade. The conquest of Constantinople, Philadelphia,
University of Pennsylvania Press, 19972, und Marco Meschini, 1204. L’incompiuta.
La quarta crociata e le conquiste di Costantinopoli, Milano, Ancora Editrice, 2004, nun vor
allem die vier Tagungsbände zum Gedenkjahr 2004: Urbs capta. The Fourth Crusade and its
consequences, ed. Laiou Angeliki, Paris, Editions Lethielleux, 2005 (Réalités byzantines, 10);
Quarta crociata. Venezia, Bisanzio, impero latino, edd. Gherardo Ortalli, Giorgio Ravegnani,
Peter Schreiner, 2 tt., Venezia, Istituto Veneto di Scienza Lettere ed Arti, 2006; The Fourth
Crusade Revisited. Atti della Conferenza Internazionale nell’Ottavo Centenario della IV
Crociata, 1204-2004; Andros, Grecia, 27-30 maggio 2004, ed. Pierantonio Piatti, Città del
Vaticano, Libreria Editrice Vaticana, 2008 (Atti e documenti. Pontificio Comitato di Scienze
Storiche, 25); The Fourth Crusade. Event, Aftermath, and Perceptions. Papers from the Sixth
Conference of the Society for the Study of the Crusades and the Latin East; Istanbul, Turkey,
Legati, delegati e l’impresa d’Oltremare (secoli XII-XIII) / Papal Legates, Delegates and the Crusades (12th
13th Century), Maria Pia Alberzoni, Pascal Montaubin (eds), Turnhout 2014 (Ecclesia militans 3),
pp. 51-114
© F H GDOI: 10.1484/M.EMI-EB.5.103486
52 Jochen Johrendt
25-29 August 2004, ed. Thomas F. Madden, Aldershot, Ashgate Publishing Limited, 2008
(Crusades subsidia, 2); cfr. zu den genannten Sammelbänden auch die ausführliche Rezension
durch Rudolf Pokorny, Viermal der Vierte Kreuzzug. Die Tagungsbände zum Gedenkjahr
2004, in «Deutsches Archiv für Geschichte des Mittelalters», LXVI (2010), pp. 569-592.
Stefan Burkhardt (Heidelberg), einem Kenner der Materie, dessen Habilitationsschrift mit
dem Titel ‘Mediterranes Kaisertum und imperiale Ordnungen. Das lateinische Kaiserreich
von Konstantinopel im Geflecht von Raum und Zeit’ gerade angenommen wurde, danke ich
für wertvolle Hinweise.
3
Die Registerbände werden – sofern sie bereits in der kritischen Edition vorliegen –
nach diesen unter der Siegle Reg. Inn. III. und daran anschließend das Pontifikatsjahr und
die Briefnummer der Edition wie beispielsweise I/353 zitiert. Das gilt für die Bände 1-11,
die restlichen Registerbände werden nach Migne zitiert, wobei dann der Druck bei Migne
explizit ausgewiesen ist. Die Registerbände 3 und 4 sind nicht überliefert.
4
Cfr. The Gesta Innocentii III. Text, introduction and commentary, ed. David Gress-Wright,
Diss. masch., Ann Arbor, Bryn Mawr College, 1981, p. 352 seqq.; Elze, Die päpstliche Kapelle,
p. 184 seq. In der Aufzählung der Gesta Innocentii fehlt mindestens der Kardinaldiakon
Angelus von S. Adriano, der zuvor als päpstlicher Subdiakon und Kaplan tätig war, siehe das
Kurzbiogramm im Anhang.
5
Norbert Kamp sammelte über Jahrzehnte Material. Zum Teil finden sich dort auch
Hinweise auf Archivalia, die (damals) noch nicht publiziert waren bzw. sind, cfr. Roma,
Deutsches Historisches Institut in Rom, Archiv, N 13, Nachlass Norbert Kamp (1927-1999),
I.10.2.
Der vierte Kreuzzug 53
Die päpstliche Kapelle war auf der einen Seite ein Sammelbecken für eine
Funktionselite, die aus fast allen Teilen der christianitas stammte und zum
anderen der Ort, an dem es dem Papst möglich war, durch die Aufnahme von
Personen in sein persönliches Umfeld, herausragende Familien Roms und
dessen Umgebung an sich zu binden beziehungsweise diesen Personenkreis
in seine Herrschaft zu integrieren.6 In der sich im Laufe des 12. Jahrhun-
derts ausdifferenzierenden Kurienhierarchie standen die päpstlichen Kapläne
klar unter den Kardinälen, doch sicherlich über einfachen Schreibern, da sie
durch den täglichen liturgischen Dienst oder die Weihe durch den Papst
eng mit diesem verbunden waren.7 Bereits Bernhard von Clairvaux wid-
mete der päpstlichen Kapelle in seinem Papstspiegel De consideratione einige
Bemerkungen und stellte fest, dass es sich um ehrbare Männer handeln sollte,
denen jeder zu dienen habe – was ihre herausgehobene Stellung innerhalb
der kurialen Hierarchie deutlich macht –, dass sie direkt vom Papst zu ver-
sorgen seien und anderes.8 Innozenz III. sollte schließlich auch eine Ord-
nung für die päpstliche Kapelle erlassen.9 Doch bereits die Ausführungen
6
So bereits Elze, Die päpstliche Kapelle, pp. 192-194; zur verbindenden Funktion der
päpstlichen Kapelle zwischen der Kurie und den Kirchen des orbis cfr. jüngst Johrendt, Die
päpstliche Kapelle als Bindeglied.
7
Zu den päpstliche Schreibern cfr. für die zweite Hälfte des 13. Jahrhunderts die v.
a. prosopographische Studie von Gerd Friedrich Nüske, Untersuchungen über das
Personal der päpstlichen Kanzlei 1254-1304, in «Archiv für Diplomatik, Schriftgeschichte,
Siegel- und Wappenkunde», XX (1974), pp. 39-240, und XXI (1975), pp. 249-431; zu den
päpstlichen Behörden allg. Borwin Rusch, Die Behörden und Hofbeamten der päpstlichen
Kurie des 13. Jahrhunderts, Königsberg i. Pr. – Berlin, Ost-Europa-Verlag, 1936 (Schriften der
Albertus-Universität, 3); sowie Walther von Hofmann, Forschungen zur Geschichte der
kurialen Behörden. Vom Schisma bis zur Reformation, 2 voll., Roma, Bottega d’Erasmo, 1914
(Bibliothek des königlich preußischen Instituts in Rom 12 u. 13) (repr. Torino 1971). Zu den
Schreiberkollegien cfr. Brigide Schwarz, Die Organisation kurialer Schreiberkollegien von
ihrer Entstehung bis zur Mitte des 15. Jahrhunderts, Tübingen, Niemeyer, 1972 (Bibliothek
des Deutschen Historischen Instituts in Rom 37).
8
De consideratione, Bernhard von Clairvaux. Sämtliche Werke lateinisch/deutsch, ed.
Gerhard Bernhard Winkler, 10 voll., Innsbruck 1990-1998, I (1990), pp. 611-841: p. 770. Cfr.
zu diesem Werk Bernhards den Überblick bei Elizabeth Kennan, The ‘De Consideratione’
of St. Bernard of Clairvaux and the Papacy in the Mid-Twelfth Century, in «Traditio», XXIII
(1967), pp. 73-115; sowie Peter Dinzelbacher, Bernhard von Clairvaux. Leben und
Werk des berühmten Zisterziensers, Darmstadt, Wissenschaftliche Buchgesellschaft, 1998
(Gestalten des Mittelalters und der Renaissance), p. 347 seqq.
9
Cfr. Le Liber censuum de l’Église romaine, ed. Paul Fabre, 3 voll., Paris, Ernest Thorin
Éditeur, 1889-1905 (Bibliothèque des Écoles françaises d’Athènes et de Rome. 2e série, 6/I),
I (1889), p. 306. Cfr. dazu Elze, Die päpstliche Kapelle, p. 173 seqq.
54 Jochen Johrendt
Bernhards von Clairvauxs zeigen, dass die Kapelle bereits in der Mitte des 12.
Jahrhunderts ein in der Kirche allgemein bekanntes Herrschaftsinstrument
des Papstes war, zumal das Phänomen einer an den Amtsträger gekoppelten
Kapelle auch bei Königen, Herzögen oder Bischöfen bekannt war.10
Doch mit welchem personellen Umfang haben wir bei der päpstlichen
Kapelle im Pontifikat Innozenz’ III. zu rechnen? Dazu ist zunächst nochmals
zu betonen, dass die Register bei weitem nicht alle Schreiben des Papstes ent-
halten. Lediglich bis zu 20 % der Schreiben dürften in die Register Eingang
gefunden haben.11 Das bedeutet, dass der systematische Zugriff auf die Über-
lieferung, der nun durch die Register möglich wird, nicht das gesamte Material
erfasst, auch wenn durch die Register eine wesentlich bessere Vergleichbarkeit
der päpstlichen Aktivitäten in den unterschiedlichen Regionen der christani-
tas gegeben ist – die für die Zeit zuvor einerseits durch die unterschiedlichen
Bedingungen der Empfängerüberlieferung und andererseits durch die unter-
schiedliche wissenschaftliche Aufarbeitung des Materials verzerrt ist.12 Das so
10
Cfr. die Bemerkungen bei Johrendt, Die päpstliche Kapelle als Bindeglied, p. 260. In
die Register Innozenz III. ist beispielsweise im Brief XIV/164 eine Urkunde des Herzogs
von Burgund inseriert, in welcher sich der Herzog näher über die Organisation und die
Versorgung seiner Kapelle äußert.
11
Cfr. Othmar Hageneder, Probleme des päpstlichen Kirchenregiments im hohen
Mittelalter (Ex certa scientia, non obstante, Registerführung), in «Lectiones eruditorum
extraneorum in Facultate philosophica Universitatis Carolinae Pragensis factae», IV (1995),
pp. 49-77: p. 53.
12
Für die päpstlichen Register vor 1198 Cfr. jüngst zusammenfassend Rudolf Schieffer,
Die päpstlichen Register vor 1198, in Das Papsttum und das vielgestaltige Italien. Hundert
Jahre Italia Pontificia, edd. Klaus Herbers, Jochen Johrendt, Berlin – New York, Walter de
Gruyter, 2009 (Abhandlungen der Akademie der Wissenschaften zu Göttingen. Neue Folge,
phil.-hist. Kl., 5), pp. 261-273. In den Regionen Europas ist zum einen die Überlieferung
sehr unterschiedlich – in England etwa ist der Überlieferungsverlust auch dadurch so hoch,
dass Heinrich VIII. Papsturkunden als Beweismittel vor Gericht verwarf, cfr. Walther
Holtzmann, Papsturkunden in England, 3 voll., Berlin – Göttingen, Weidmannsche
Buchhandlung – Vandenhoecken und Ruprecht, 1930-1952 (Abhandlungen der Gesellschaft
der Wissenschaften in Göttingen, phil.-hist. Kl. Neue Folge 25/1; Dritte Folge 14, 33), I (1930),
in partic. p. 10 seq. Das italienische Material ist – zumindest was die Diözesen anbelangt
– in Hinblick auf die Papsturkunden praktisch komplett aufgearbeitet, cfr. dazu Rudolf
Hiestand, Die unvollendete Italia Pontificia, in Hundert Jahre Papsturkundenforschung.
Bilanz – Methoden – Perspektiven. Akten eines Kolloquiums zum hundertjährigen Bestehen
der Regesta Pontificum Romanorum vom 9.-11. Oktober 1996 in Göttingen, ed. Rudolf
Hiestand, Göttingen, Vandenhoeck & Ruprecht, 2003 (Abhandlungen der Gesellschaft der
Wissenschaften. 3. Folge; Phil-hist. Kl., 261), pp. 47-57, zu den strukturellen Lücken in den
Bänden 1-4 ibid., p. 50 seq. Als Einzelband steht für die Italia Pontificia neben den Nachträgen
Der vierte Kreuzzug 55
allein noch der Band Italia Pontificia XI: reges et imperatores aus. Derartige Ungleichheiten
durch unterschiedliche Überlieferungslage und Aufarbeitung des Materials entfallen bei einer
Orientierung an den päpstlichen Registern.
13
Für Hinweise danke ich Maria Pia Alberzoni, Barbara Bombi, Werner Maleczek und Jean-
Marie Moeglin.
14
Siehe die Biogramme im Anhang dieses Beitrags. Als subdiaconus et notarius werden
folgende Personen gekennzeichnet: Britius, Blasius, Centius, Johannes, Johannes Ferentinus,
Maximus Petrus Girau, Petrus Marcus (et corrector litterarum nostrorum). Siehe auch die
Bemerkungen in nt. 16.
15
Odo und Rainald.
16
Elze, Die päpstliche Kapelle, pp. 175-177, betont ausdrücklich, dass es sich in etlichen
Fällen um Kapläne gehandelt hat, die ansonsten als capellanus noster erscheinen.
17
Siehe den Anhang dieses Beitrags.
18
Die Zahl kann nicht exakt angegeben werden, da getrennt gezählte Personen eventuell
identisch sind. Bei der abgekürzten Nennung P. subdiaconus noster ist es schwer, diesen
Subdiakon in ein konzises Biogramm zu integrieren und ihn eindeutig zu identifizieren.
56 Jochen Johrendt
Funktionselite des Papstes vor Ort bildeten. Funktional gehören beide Grup-
pen in ihrer weiteren Entwicklung zusammen, wie schon Elze bemerkte.
Beide waren aufs engste mit dem Papst verbunden, was auch der Aufstieg
etlicher ihrer Angehörigen auf Bischofsstühle – interessanterweise vorrangig
in Unteritalien – oder bis hinauf ins Kardinalat deutlich macht. Die Subdi-
akone waren insofern sehr eng mit dem Papst verbunden, als sie von diesem
persönlich geweiht wurden und höhere Weihen nur von ihm oder mit des-
sen Erlaubnis erhalten durften. Das enge Verhältnis von Papst und Subdi-
akonen beziehungsweise Kaplänen kommt auch darin zum Ausdruck, dass
Innozenz III. sich mehrfach und vehement für die Belange seiner Kapläne
einsetzte. Als beispielsweise 1204 in Modena neben etlichen anderen für den
Papst inakzeptablen Verletzungen kirchlichen Rechtes nun auch noch der
päpstliche Subdiakon Guido de Manfredo gefangen genommen wurde und
der Podestà von Modena für die Freilassung des Subdiakons ein Lösegeld von
dessen Familie forderte, war für Innozenz III. das Fass offenbar übergelaufen.
Umgehend forderte er den Erzbischof von Ravenna auf, mit geistlichen Stra-
fen gegen den Podestà vorzugehen.19 Ein wesentlich bekannterer Fall dürfte
der Magister David von Dinant sein, ein Naturphilosoph und Mediziner, der
vor allem durch seine Übertragungen des Aristoteles auf sich aufmerksam
gemacht hatte. Seine Quaternuli, eine Verbindung aristotelischen und medi-
zinischen Wissens, wurden 1210 von einer Pariser Synode verurteilt – doch
im Gegensatz zu allen anderen in dem Verurteilungsdekret genannten und
als Häretiker gebrandmarkten Personen wurde er nicht degradiert, sondern
allein die Verbrennung seiner Quaternuli angeordnet. Es mag ihm dabei
durchaus zugute gekommen sein, dass er ein päpstlicher Kaplan war.20
Die unterschiedlichen Aufgaben der Subdiakone und Kapläne beziehen
sich in der Regel auf die Ausübung des Kirchenregimentes, doch ebenso
auf politische Unternehmen. In den päpstlichen Registern werden sie mit
Abstand am häufigsten als Exekutoren von Mandaten des Papstes einge-
setzt, in der Regel handelt es sich hier um die Exekution einer Provision.
Die päpstlichen Kapläne und Subdiakone sollten den Providierten zu ihrer
19
Reg. Inn. III., VII, doc. 41. Weitere Beispiele päpstlicher Interventionen wären Martin de
Summa, Noradus und Petrus Girau.
20
Zu ihm und seinen Schriften cfr. I testi di David di Dinant. Filosofia della natura e
metafisica a confronto col pensiero antico, ed. Elena Casadei, Spoleto, CISAM, 2008 (Testi,
studi, strumenti, 20), zu seiner Vita ibid., pp. 58-60; cfr. auch Agostino Paravicini
Bagliani, Medicina e scienze della natura alla corte dei papi nel duecento, Spoleto, CISAM,
1991 (Biblioteca di Medioevo Latino, 4), p. 13 seq. u. 69-71.
Der vierte Kreuzzug 57
21
Cfr. dazu Thomas Willich, Wege zur Pfründe. Die Besetzung der Magdeburger
Domkanonikate zwischen ordentlicher Kollatur und päpstlicher Provision 1295-1464,
Tübingen, Niemeyer, 2005 (Bibliothek des Deutschen Historischen Instituts in Rom,
102), pp. 210-217; Harald Müller, Benefizienversprechen normannischer Abteien in
Prozessen vor päpstlichen Delegaten (12. - Anfang 13. Jahrhundert), in Proceedings of the Tenth
International Congress of Medieval Canon Law. Syracuse-New York; 13-18 August 1996,
edd. Kenneth Pennington, Stanley Chodorow, Keith Harold Kendall, Città del Vaticano,
Biblioteca Apostolica Vaticana, 2001 (Monumenta iuris canonici. Series C: Subsidia, 11),
pp. 331-360: p. 335 seq.; zum kanonistischen Hintergrund cfr. Harry Dondorp, Ius ad
rem als Recht, Einsetzung in ein Amt zu verlangen, in «Tijdschrift voor rechtsgeschiedenis»,
LIX (1991), pp. 285-318, dort auch die ältere Literatur bis zu Karl Gross, Das Recht an der
Pfründe. Zugleich ein Beitrag zur Ermittlung des Ursprunges des Ius ad rem, Graz, Leuschner
& Lubensky, 1887.
22
Cfr. zum Potential der päpstlichen Kapläne für die Lösung von Konflikten mit der Kurie
beispielhaft die Hinweise auf die Rolle der päpstlichen Kapläne bei Robert Gramsch,
Kommunikation als Lebensform. Kuriale in Thüringen vom 13. bis zum 16. Jahrhundert, in
Kurie und Region. Festschrift für Brigide Schwarz zum 65. Geburtstag, edd. Brigitte Flug,
Michael Matheus, Andreas Rehberg, Stuttgart, Franz Steiner Verlag, 2005 (Geschichtliche
Landeskunde, 59), pp. 417-434, bes. pp. 418-423.
23
So in Reg. Inn. III., XIII/9 vom 1.3.1210: ... idem subdiaconus, qui vobis et ecclesie vestrae
in multis esse poterit fructuosus, ad dilectionem vestram ferventius possit astringi, PL, CCXVI
(1891), col. 205A (Potthast R, n. 3921).
58 Jochen Johrendt
24
Cfr. dazu auch die lückenhafte Zusammenstellung von Dokumenten in dem teleologisch
auf die Entwicklung der Rota ausgerichteten Werk von Emmanuele Cerchiari, Capellani
pape et apostolicae sedis. Auditores causarum sacri palatii apostolici seu sacra Romana rota ab
origine ad diem usque 20 Septembris 1870, 4 voll., Roma, Typis polyglottis Vaticanis, 1919-
1921, III (1919), pp. 6-15.
25
So bei Lotharius, Raynerius und Wilhelm Alboni.
26
Diese Differenzierung der Bezeichnung wird auch bis über die Mitte des 13. Jahrhunderts
beibehalten, so die Durchsicht der Funde bei Roma, Deutsches Historisches Institut in Rom,
Archiv, N 13, Nachlass Norbert Kamp (1927-1999), I.10.2. In ihrer Tätigkeit sind die beiden
Gruppen der capellani und subdiaconi jedoch bereits unter Innozenz III. nicht immer klar
zu trennen, da sich nach Elze beispielsweise die fünf Vizekanzler der päpstlichen Kanzlei
zwischen 1198 und 1204 alle nur subdiaconus et notarius nennen, obwohl sie doch sicherlich
Kapläne waren, so Elze, Die päpstliche Kapelle, p. 175 seq., sowie weitere Bemerkungen ibid.,
p. 176 seq. Vielleicht sind die Vizekanzler jedoch auch eine Ausnahme, denn sonst ist in den
Papsturkunden des Registers eine erstaunliche Konstanz in der Bezeichnung der Kapläne bzw.
Subdiakone zu fassen, mithin eine terminologisch scharfe Trennung der beiden Gruppen.
27
Zu Form und Genese des Palliums cfr. Josef Braun, Die liturgische Gewandung im
Occident und Orient. Nach Ursprung und Entwicklung, Verwendung und Symbolik, Freiburg i.
Br., Herder, 1907 (repr. Darmstadt, Wissenschaftliche Buchgesellschaft, 1964), pp. 620-664,
mit Abbildungen ibid., p. 649.
28
Als Beispiele dieser Überbringung oder Instruktionen in Hinblick auf das Palliums durch
päpstliche Kapläne/Subdiakone siehe die Biogramme von Albert, Johannes von Casamari,
Petrus Marcus, R., Rainald von Celano/Capua, Rainer und Symon im Anhang. Zur
Verleihung des Palliums cfr. Curt-Bogisav Graf von Hacke, Die Palliumverleihungen
Der vierte Kreuzzug 59
Pallien wurden von den Kanonikern des Peterskapitels auf das Grab Petri
gelegt und saugten sich dadurch als Sekundärreliquie mit der Wirkkraft des
Apostelfürsten voll. Sie wurden damit nicht nur zu einem Symbol erzbischöf-
licher Würde, sondern – zugespitzt formuliert – zu einem Stück Petrus.29
Indem der Papst das Pallium an die Metropoliten verlieh, gab er folglich
nicht nur den Metropoliten ein äußeres, von Rom verliehenes Zeichen ihrer
Würde, das seit Paschalis II. zudem die Voraussetzungen für Weihehandlun-
gen und die Abhaltung von Provinzialsynoden durch den Metropoliten war,
sondern er gab ihnen ein Stück von der Wirkkraft Petri. Die Metropolitan-
gewalt war in dieser Sichtweise nicht nur eine Delegation päpstlicher Gewalt
an die Erzbischöfe, sondern das Pallium war damit auch eine Weitergabe
der Wirkkraft des Apostelfürsten.30 Und diese Wirkkraft wurde durch die
päpstlichen Kapläne und Subdiakone übergeben. Hier lässt sich keine Diffe-
bis 1143. Eine diplomatisch-historische Untersuchung, Göttingen, s.e., 1898; José Marti
Bonet, Roma y las Iglesias particulares en la concesión del palio a los obispos y arzobispos de
Occidente. Año 513-1143, Barcelona, Consejo superior de investigaciones científicas, 1976
(Colectanea San Paciano, 21); sowie demnächst die noch unveröffentlichte Dissertation von
Stephan A. Schoenig, The papacy and the use and understanding of the pallium from the
Carolingians to the early twelfth century, [Columbia University] 2009.
29
Cfr. dazu Jochen Johrendt, Die Diener des Apostelfürsten. Das Kapitel von St. Peter
im Vatikan (11.-13. Jahrhundert), Berlin-New York, Walter de Gruyter, 2011 (Bibliothek
des Deutschen Historischen Instituts in Rom, 122), pp. 302-309; zum Reliquiencharakter
der Pallien cfr. Peter Brown, Die Heiligenverehrung. Ihre Entstehung und Funktion in
der lateinischen Christenheit, Leipzig, St. Benno Buch- und Zeitschriftenverlagsgesellschaft,
1991, p. 88 seq.; Alan Thacker, Rome of Martyrs: Saints, Cults and Relics, Fourth to
Seventh Centuries, in Roma felix. Formation and reflections of Medieval Rome, edd. Éamonn Ó
Carragáin, Carol Neuman de Vegvar, Aldershot, Ashgate Publishing Limited, 2008 (Church,
faith, and culture in the Medieval West), pp. 13-49: p. 46 seq.; allg. Arnold Angenendt,
Heilige und Reliquien. Die Geschichte ihres Kultes vom frühen Christentum bis zur Gegenwart,
München, C. H. Beck, 1994, pp. 155-158.
30
Cfr. zur rechtlichen Bedeutung des Palliums Rainer Murauer, Papst, Metropolit,
Bischof um 1200. Zur Verzögerung der Weihe des Elekten Heinrich von Straßburg, in
«Römische Historische Mitteilungen», XLIII (2001), pp. 257-310: pp. 274-280; die
Regelungen Paschalis’ II., dass ein Metropolit ohne Palliums Weihegewalt nicht ausüben
und Provinzialsynoden nicht einberufen darf, fanden auch Eingang in den Liber Extra
cfr. X 1.6.4, Corpus Iuris Canonici, ed. Aemilius Friedberg, 2 voll., Leipzig, Bernhard
Tauchnitz, 1879-1881, II (1881) (repr. Graz 1959), col. 49. Zur historischen Entwicklung
im Zeitalter der papstgeschichtlichen Wende cfr. Matthias Schrör, Metropolitangewalt
und papstgeschichtliche Wende, Husum, Matthiesen Verlag, 2009 (Historische Studien, 494),
pp. 39-44, 76-80, 140-143 u. 199-204.
60 Jochen Johrendt
31
Cfr. die Legation von Johannes und Symon.
32
Darin sind sie den päpstlichen Legaten durchaus vergleichbar, cfr. zum Legatenaspekt
Claudia Zey, Die Augen des Papstes. Zu Eigenschaften und Vollmachten päpstlicher Legaten,
in Römisches Zentrum und kirchliche Peripherie. Das universale Papsttum als Bezugspunkt
der Kirchen von den Reformpäpsten bis zu Innozenz III., edd. Jochen Johrendt, Harald
Müller, Berlin – New York, Walter de Gruyter, 2008 (Neue Abhandlungen der Akademie
der Wissenschaften zu Göttingen, 2), pp. 77-108; cfr. auch die Bemerkungen zu dieser
funktionalen Parallelität bei Johrendt, Die päpstliche Kapelle als Bindeglied, pp. 257-259
u. 271-274.
33
Cfr. dazu aus der Perspektive des Spätmittelalters Brigide Schwarz, Römische Kurie
und Pfründenmarkt im Spätmittelalter, in «Zeitschrift für historische Forschung», XX
Der vierte Kreuzzug 61
(1993), pp. 127-152, bes. p. 135 u. 140 seq.; die prosopographischen Studien zur Versorgung
Kurialer – und zu diesen zählen im 13. Jahrhundert sicherlich auch die Mitglieder der
päpstlichen Kapelle – in partibus beziehen sich, aufgrund der Masse der Überlieferung sowie
der Verbreitung des Phänomens vor allem auf das 14. und 15. Jahrhundert. Cfr. etwa die Studie
von Andreas Meyer, Zürich und Rom. Ordentliche Kollatur und päpstliche Provisionen am
Frau- und Grossmünster 1316-1523, Tübingen, Niemeyer, 1986 (Bibliothek des Deutschen
Historischen Instituts in Rom, 64); sowie aus jüngerer Zeit zur Frage des Provisionswesens
im Reich insgesamt auch die Dissertation von Jörg Erdmann, ‘Quod est in actis, non est
in mundo’. Päpstliche Benefizialpolitik im ‘sacrum imperium’ des 14. Jahrhunderts, Tübingen,
Walter De Gruyter Incorporated, 2006, (Bibliothek des Deutschen Historischen Instituts in
Rom, 113); zu Beispielen des systematischen Pfründenerwerbs bereits im 13. Jahrhundert
durch die Vermittlung der Kurie cfr. für das Kapitel von S. Giovanni in Laterano und S. Maria
Maggiore vereinzelt auch zum 13. Jahrhundert etwa Andreas Rehberg, Die Kanoniker von
S. Giovanni in Laterano und S. Maria Maggiore im 14. Jahrhundert. Eine Prosopographie,
Niemeyer, Tübingen 1999 (Bibliothek des Deutschen Historischen Instituts in Rom, 89), in
den Biogrammen, sowie zu den Kanonikern von St. Peter im Vatikan für das 13. Jahrhundert,
Johrendt, Die Diener des Apostelfürsten, pp. 205-217.
34
Reg. Inn. III., IX, n. 184, Innozenz III. teilt dem Kapitel von Gubbio mit, dass dilectus
filius R(olandus), subdiaconus et capellanus noster, apostolice sedis legatus, rector Massanus, per
suas nobis litteras intimavit, quod ..., und legt den Kanonikern damit dar, dass die ihm durch
Roland übermittelten Informationen die Grundlage seiner Entscheidung bilden. Roland
hatte vor Ort eine Untersuchung durchgeführt, deren Ergebnisse er an den Papst übermittelt
hatte.
62 Jochen Johrendt
35
Reg. Inn. III., VIII, n. 53. Als erster Bischof Alexandrias war 1175 der päpstliche
Subdiakon Arduin von Alexander III. eingesetzt worden, auch dies sicherlich ein Zeichen für
die enge Anbindung Alexandrias an den Papst, denn er musste als päpstlicher Subdiakon dann
auch seine Bischofsweihe vom Papst erhalten. Zur Bedeutung der Weihen cfr. Robert L.
Benson, The Bishop-elect. A Study in Medieval Ecclesiastical Office, Princeton N. J., Princeton
University Press, 1968, p. 96 seq.; die Weihen waren ein Mittel der persönlichen Bindung
und konnte damit auch zur Festigung der Oboedienz eingesetzt werden, so am Beispiel
des Innozenzianischen Schismas Franz-Josef Schmale, Studien zum Schisma des Jahres
1130, Köln – Graz, Böhlau, 1961 (Forschungen zur kirchlichen Rechtsgeschichte und zum
Kirchenrecht, 2), p. 212 seq.
36
Reg. Inn. III., IX, n. 93.
37
Reg. Inn. III., IX, n. 93 und das Schreiben Innozenz’ III. an den Podestà von Alessandria
Reg. Inn. III., IX, doc. 94.
38
Reg. Inn. III., I/1, n. 554 und n. 559. Zur Situation cfr. Friedrich Baethgen, Die
Regentschaft Papst Innozenz III. im Königreich Sizilien, Heidelberg, C. Winter, 1914
(Heidelberger Abhandlungen zur mittleren und neueren Geschichte, 44), pp. 1-13;
Wolfgang Stürner, Friedrich II., Darmstadt, Primus Verlag, 20093 (Gestalten des
Mittelalters und der Renaissance), pp. 85-105; sowie substanziell wenig darüber hinaus
gehend John Clare Moore, Pope Innocent III (1160/61-1216). To root up and to plant,
Leiden – Boston, Brill, 2003 (The medieval Mediterranean, 47), pp. 65-68.
Der vierte Kreuzzug 63
39
The Gesta Innocentii III, p. 85 seq.
40
Elze, Die päpstliche Kapelle, p. 181 seq., jedoch zu 1198; cfr. auch Heinrich
Zimmermann, Die päpstliche Legation in der ersten Hälfte des 13. Jahrhunderts. Vom
Regierungsantritt Innocenz’ III. bis zum Tode Gregors IX. (1198-1241), Paderborn, Schöningh,
1913 (Görres-Gesellschaft zur Pflege der Wissenschaft im katholischen Deutschland.
Veröffentlichungen der Sektion für Rechts- und Sozialwissenschaft, 17), p. 52. Zum
Zusammenhang von Kreuzzug und Reunionsbemühungen Innozenz’ III. cfr. auch James
Matthew Powell, Innocent III and Alexius III: a crusade plan that failed, in The Experience
of Crusading, edd. Marcus Graham Bull, Norman J. Housley, 2 voll., Cambridge, Cambridge
University Press, 2003, I, pp. 96-102; repr. in James Matthew Powell, The Crusades, The
Kingdom of Sicily, and the Mediterranean, Aldershot – Burlington, Ashgate Variorum, 2007
(Variorum Collected Studies Series, 871), t. VI, pp. 96-102; Otto Kresten, Diplomatische
und historische Beobachtungen zu den in den Kanzleiregistern Papst Innocenz III. überlieferten
Auslandsschreiben byzantinischer Kaiser, in «Römische Historische Mitteilungen», XXXVII
(1995), pp. 41-79.
41
Reg. Inn. III., I/1, n. 353. Zum Schriftverkehr zwischen Innozenz III. und Alexios III.
cfr. Christian Gastgeber, Zum Einsatz der Rhetorik in der Korrespondenz vor dem 4.
Kreuzzug, in The Fourth Crusade Revisited, pp. 54-94: pp. 91-93; zum Briefverkehr zwischen
Innozenz III. und Alexius III. cfr. auch Gerd Hagedorn, Papst Innozenz III. und Byzanz
am Vorabend des vierten Kreuzzugs (1198-1203), in «Ostkirchliche Studien», XXIII
(1974), pp. 3-20, 105-136: pp. 7-14, 18 seq., 119 seq. u. 126-128, zu Alberts Legation p. 8;
allgemein, Rainer Murauer, Papst Innocenz III., der Vierte Kreuzzug und die Eroberung
Konstantinopels, in Krieg und Wirtschaft. Von der Antike bis ins 21. Jahrhundert, edd. Wolfram
Dornik, Johannes Gießauf, Walter M. Iber, Innsbruck, Studienverlag, 2010, pp. 193-204:
p. 196.
42
Reg. Inn. III., I/1, n. 353, p. 528, ll. 9-11.
64 Jochen Johrendt
43
Siehe oben bei nt. 35.
44
Reg. Inn. III., VIII, n. 166.
45
Reg. Inn. III., VII, n. 53.
46
Reg. Inn. III., I/1, n. 533.
47
Reg. Inn. III., I/1, n. 554 u. 55; zur Sache cfr. Baethgen, Die Regentschaft Papst
Innozenz III., p. 11.
48
Reg. Inn. III., I/1, n. 171; es handelte sich um den Kardinalpriester Melior von SS.
Giovanni e Paolo und um den päpstlichen Subdiakon Cencius, cfr. dazu Wilhelm Janssen,
Die päpstlichen Legaten in Frankreich vom Schisma Anaklets II. bis zum Tode Coelestins III.
(1130-1198), Köln – Graz, Böhlau-Verlag, 1961 (Kölner historische Abhandlungen, 6),
Der vierte Kreuzzug 65
Melior von SS. Giovanni e Paolo sowie den päpstlichen Subdiakon Centius
zwar kirchenrechtlich nicht besonders kompliziert, diplomatisch aber ohne
Frage eine delikate Angelegenheit, denn Philipp hatte 1193 zwar Ingeborg
von Dänemark geheiratet, diese jedoch unmittelbar danach wieder versto-
ßen und sich 1196 mit Agnes von Meran verheiratet, wofür er von Papst
Innozenz III. schließlich gebannt worden war. Was Kardinal und Subdiakon
1197 noch gemeinsam aufgetragen worden war, übertrug Innozenz III. ab
1198 verschiedenen Kardinallegaten, doch ab 1205 dann allein dem päpstli-
chen Subdiakon und Kaplan Magister Peregrinus.49
Man sieht, die päpstlichen Kapläne treten auch bei heiklen und wichti-
gen Unternehmungen alleine auf. Das gilt auch für den im Jahre 1204 erteil-
ten Auftrag an Petrus de Sasso, der in einem Streit zwischen der Familie der
Frangipane und der Kommune von Terracina vermitteln sollte.50 Fiel diese
Mission des Petrus de Sasso, der 1206 Kardinalpresbyter von S. Puden
ziana wurde,51 noch nicht in den Bereich der herausragenden europäischen
Politik, so gilt das zweifelsohne für die bedeutsame Bulgarenlegation des
päpstlichen Kaplans Johannes von Casamari, der dabei von dem päpstlichen
Subdiakon Symon unterstützt wurde. Anfang Januar 1199 wurden beide
von Innozenz III. zu den Bulgaren entsandt, wobei sie ihr Reiseweg auch zu
König Vukan von Dalmatien und Dioklitien führte. Ziel der Legation war
die Aufrechterhaltung diplomatischer Kontakte und die Überreichung des
Palliums an Erzbischof Johannes von Antivari, dem heutigen in Montene-
gro an der Küste gelegenen Bar.52 Zuvor sollten beide Kapläne jedoch die
Rechtmäßigkeit der Position Antivaris überprüfen, den Rang einer Metro-
pole beanspruchen zu können.53 Das Ergebnis der Prüfung fiel positiv aus,
anschließend hielten Johannes und Symon in Bar auch eine Synode ab, deren
Unterschriftenliste sie anführten.54
Den Kaplänen wurden damit erneut erhebliche Kompetenzen im Bereich
der Kirchenorganisation zugesprochen. Drei Jahre später erhielten die
Kapläne schließlich den Auftrag, zusammen mit dem Erzbischof von Split
die Rechtgläubigkeit des Herrschers in Bosnien sowie des bosnischen Volkes
zu überprüfen.55 Zudem wurde Johannes von Casamari zum apostolice sedis
legatus ernannt und beauftragt, dem Metropoliten Basilius von Trnovo, im
heutigen Bosnien und Herzegowina gelegen, das Pallium zu überbringen.
Parallel wurde er mit einer weitreichenden politischen Mission betraut, da
er überprüfen sollte, ob der Zar der Bulgaren sein Reich von der Römischen
Kirche erhalten hatte und ob daher der momentan regierende Zar Kalo-
jan sein Reich aus den Händen der römischen Kirche empfangen könne.56
Johannes von Casamari agierte erfolgreich in Bulgarien, nahm Kontakt mit
dem ungarischen König Heinrich/Imre auf, der wiederum an Innozenz III.
berichtete.57 Zwei Jahre, nachdem Johannes von Casamari seinen Auftrag
erhalten hatte, war es so weit, dass der Zar, wie er es in einem Schreiben an
Innozenz III. selbst ausdrückte, sein Reich in die Hände des hoch verehrten
Herren Johannes legte, Legat der heiligen Römischen Kirche und Kaplan
52
Reg. Inn. III., I, n. 526.
53
Reg. Inn. III., I, n. 533.
54
Cfr. zu Synode von 1199 in Bar, Lothar Waldmüller, Die Synoden in Dalmatien,
Kroatien und Ungarn. Von der Völkerwanderung bis zum Ende der Arpaden (1311),
Paderborn – München – Wien – Zürich, Schöningh, 1987 (Konziliengeschichte. Reihe A.
Darstellungen, 4), pp. 158-161; Moore, Pope Innocent III (1160/61-1216), p. 74 seq.
55
Reg. Inn. III., V/1, n. 109.
56
Reg. Inn. III., V/1, n. 115. Zu der gesamten Legation des Johannes de Casamaris cfr. auch
Dietmar Hintner, Die Ungarn und das byzantinische Christentum der Bulgaren im Spiegel
der Register Papst Innozenz’ III., Leipzig, St.-Benno-Verlag, 1976 (Erfurter Theologische
Studien, 35), pp. 43-86.
57
Reg. Inn. III., VI, n. 211; zum Informationsschreiben Johannes’ de Casamari über die
ungariesche Situation cfr. Hintner, Die Ungarn und das byzantinische Christentum der
Bulgaren, pp. 64-73.
Der vierte Kreuzzug 67
des Herrn Papstes.58 Ferner erhob der Kaplan Johannes von Casamari einen
Patriarchen Bulgariens und der Walachei – erneut ein kirchenorganisatori-
scher Eingriff von erheblicher Tragweite. Und nicht ein Kardinal hatte die
Angelegenheit untersucht und schließlich das Reich Kalojans entgegenge-
nommen, sondern ein päpstlicher Kaplan.
Fast dasselbe gilt auch für den Westen Europas, für England. Nachdem
sich Johann Ohneland dort geweigert hatte, den 1206 gewählten und 1207
von Innozenz III. persönlich geweihten neuen, Erzbischof von Canterbury,
Stephan Langton, anzuerkennen, hatte, der Papst über England das Interdikt
verhängt.59 Erst fünf Jahre später, 1213, kam es zur Aufhebung des Interdikts.
Dazu entsandte Innozenz III. 1211 den zum Legaten ernannten päpstlichen
Subdiakon Pandulph, in dessen Hände der König Abbitte leisten sollte. Pan-
dulph erreichte die Insel, traf mit Johann Ohneland zusammen und über-
brachte die Bedingungen Innozenz’ III. für die Aufhebung der inzwischen
erfolgten Exkommunikation des Königs sowie des Interdikts, doch dazu
kam es zunächst nicht.60 Erst als sich die politische Situation des Königs
verschlechterte, war er bereit, auf die von Pandulph übermittelten Bedin-
gungen einzugehen.61 Nun erhielt Johann die Absolution, doch er musste
am 15. Mai 1213 in eine Position der politischen Schwäche der Römi-
58
Reg. Inn. III., VII, n. 4; dazu wurde Kajolan von Innozenz III. mit einer Wappenfahne
belehnt, cfr. dazu Christoph Friedrich Weber, Frühheraldische Fahnenbilder. Die
Entstehung eines neuen Zeichentyps als Medium der hochmittelalterlichen Kommunikations-
und Wissenskultur, in La comunicazione del sacro (secoli IX-XVIII), edd. Agostino Paravicini
Bagliani, Antonio Rigon, Roma, Herder, 2008 (Italia Sacra, 82), pp. 143-193: pp. 167-176; cfr.
auch Moore, Pope Innocent III (1160/61-1216), pp. 113 seq., 123 seq. u. 126-128. Zur den
Hintergründen und der Frage, ob sich Kalojan bereits vor der Erhöhung durch Innozenz III.
imperator nannte, Günter Prinzing, Die Bedeutung Bulgariens und Serbiens in den Jahren
1204-1219 im Zusammenhang mit der Entstehung und Entwicklung der byzantinischen
Teilstaaten nach der Einnahme Konstantinopels infolge des 4. Kreuzzugs, München, Institut für
Byzantinistik und Neugriechische Philologie der Universität München, 1972 (Miscellanea
Byzanina Monacensia, 12), pp. 33-35.
59
Cfr. Christopher Robert Cheney, Pope Innocent III and England, Stuttgart,
Hiersemann, 1976 (Päpste und Papsttum, 9), pp. 147-154; Moore, Pope Innocent III
(1160/61-1216), pp. 191-196; einen knappen Überblick über die Beziehungen Richards I.
und Johann Ohnelands zur Kurie bietet Brenda M. Bolton, The relations of Richard I and
John Lackland with the Papacy, in Richard Coeur de Lion, roi d’Angleterre, duc de Normandie
(1157-1199). Actes du colloque international tenu à Caen, 6-9 avril 1999, ed. Louis Le Roch
Morgère, Caen, Archives départementales du Calvados, 2004, pp. 123-131.
60
Cfr. Cheney, Pope Innocent III and England, pp. 323-325.
61
Cfr. Cheney, Pope Innocent III and England, pp. 326-329.
68 Jochen Johrendt
schen Kirche auch sein Königreich als Lehen auftragen: Johann Ohneland
übertrug sein Königreich Innozenz III. durch einen Eid in Gegenwart Pan-
dulphi domini papae subdiaconi, das homagium wollte er dem Papst persön-
lich leisten, ließ der König Innozenz III. in einem Brief wissen.62 Erst nach
der eidlichen Lehnsnahme seines Königreichs über den Kaplan Pandulph
und die Zusicherung eines jährlichen Rekognitionszins in Höhe von 1000
Mark Sterling, kündigte Innozenz III. Johann Ohneland nun die Entsen-
dung eines Kardinallegaten an, der nach Bezahlung von 100.000 Silbermark
in die Hände des Legaten, des Kaplans Pandulph, sowie des Erzbischofs
von Canterbury dann auch das Interdikt aufheben werde.63 Dem entsand-
ten Kardinalbischof Nikolaus von Tusculum trug er zudem auf, in England
zusammen mit Pandulph den Peterspfennig einzutreiben.64
Mit der Eintreibung von Geldern war auch der päpstliche Subdiakon
Magister Petrus Marcus betraut. Petrus Marcus wurde nach Südfrankreich
entsandt, um dort Gelder für die Kurie einzusammeln, wozu der Papst auch
Simon IV. von Montfort – die maßgebliche Herrscherpersönlichkeit dieses
Raumes – um Unterstützung gebeten hatte.65 Von diesem sollte Petrus Mar-
cus zudem 1.000 Silbermark, von Raimund und Elia 1.000 Pfund sowie vom
Bischof von Maguelone 50 Silbermark entgegennehmen.66 Die Zahlungen
sollten an Amarius, den Thesaurar der Pariser Templerordenkommende
übertragen werden, um auf diesem Wege an die Kurie zu gelangen.67
Wie gesehen war die päpstliche Kapelle ein für die unterschiedlichsten
Aktivitäten des Papstes genutztes Instrument. Neben Alltäglichem wie der
Exekution von Provisionen oder päpstlichen Mandaten agierten die päpst-
lichen Subdiakone und Kapläne vor allem bei der Überbringung von Pal-
lien, bei der Überprüfung der kirchlichen Organisationsstruktur, wobei
sie hier durchaus mit weitreichenden Handlungskompetenzen ausgestattet
waren, sowie im politischen Bereich – und das auf höchster Ebene und mit
62
XVI/77, PL, CCXVI (1891), col. 879A; zu den Umständen der Lehnsnahme cfr.
Cheney, Pope Innocent III and England, pp. 332-337.
63
XVI/164, PL, CCXVI (1891), col. 953, cfr. dazu insgesamt auch Moore, Pope
Innocent III (1160/61-1216), pp. 213-215.
64
XVI/173, PL, CCXVI (1891), col. 960B.
65
XV/167, PL, CCXVI (1891), col. 690C.
66
XV/171, 173 u. 174, PL, CCXVI (1891), coll. 693B, 693D u. 694A.
67
Innozenz III. hatte den Templern keine besondere Rolle im Unternehmen des Vierten
Kreuzzugs zugewiesen, cfr. dazu Barbara Frale, La quarta crociata e il ruolo dei templari
nei pregetti di Innocenzo III, in Quarta crociata. Venezia, t. I, pp. 447-484.
Der vierte Kreuzzug 69
weitreichenden Folgen, wie die Beispiele des Bulgarischen Zaren oder des
englischen Königs deutlich gemacht haben.
Obwohl die päpstliche Kapelle unter Innozenz III. in einer enormen
Breite in das Kirchenregiment des Papstes einbezogen war, lassen sich –
zumindest aufgrund des hier verwendeten Quellenkorpus – nur wenige
Belege für eine Tätigkeit von päpstlichen Subdiakonen und Kaplänen fest-
machen, die sich direkt auf die Organisation des Vierten Kreuzzuges bezie-
hen.68 Das verwundert umso mehr, als die päpstlichen Kapläne wie gesehen
bereits am Beginn des Pontifikates Innozenz’ III. in engem Kontakt zum
byzantinischen Kaiser Alexios III. sowie dem Patriarchen von Konstantino-
pel standen, an die sie nicht nur Briefe überbrachten, sondern ebenso über
ein gemeinsames Vorgehen gegen die Sarazenen verhandelten.69 Doch las-
sen sich keine weiteren Spuren dieser Art fassen. Auch bei der Finanzierung
des Kreuzzuges ist lediglich in einem einzigen Fall ein päpstlicher Kaplan
zu fassen, Raimund de Capella, der Ende 1198 von Innozenz III. nach
Südfrankreich geschickt wurde, um dort die Erzbischöfe und Bischöfe der
Region dabei zu unterstützen, Truppen und Geld für den Kreuzzug bereit-
zustellen. Innozenz III. empfahl ihnen, alles gemeinsam mit Raimund de
Capella zu beraten.70 Das war in gewisser Weise auch eine Kontrolle der süd-
französischen Bischöfe, denn Raimund war in ihren Augen sicherlich Rom
vor Ort, ein direkter Kommunikationskanal zum Papst. Doch Raimund war
auch noch anderweitig in Südfrankreich tätig. So sollte durch ihn Graf Wil-
helm von Forcalquier aus der Exkommunikation gelöst werden, falls er in die
Hände des päpstlichen Subdiakons ein Kreuzzugsgelübde abgab.71
68
Cfr. die allgemeinen Bemerkungen bei Rusch, Die Behörden und Hofbeamten der
päpstlichen Kurie, p. 87 seq.: ‘So führte 1220 ein päpstlicher Subdiakon und Kaplan
Verhandlungen in Deutschland über den Kreuzzug und die Königswahl des jungen Heinrich’,
mit einem Verweis auf Augustin Theiner, Codex diplomaticus dominii temporalis S.
Sedis, Recueil de documents pour servir à l’histoire du gouvernement temporel des États du
Saint-Siège, 3 voll., Roma, Imprimerie du Vatican, 1861-1862, I (1861), p. 81.
69
Zur Rolle Innozenz’ III. beim Vierten Kreuzzug cfr. jetzt Werner Maleczek,
Innocenzo III e la quarta crociata. Da forte ispiratore a spettatore senza potere, in Quarta
Crociata. Venezia, t. I, pp. 389-422, weitere Literatur p. 392 nt. 8.
70
Reg. Inn. III., I/1, n. 406; zur allgemeinen Vorbereitung Innozenz’ III. sei auf sein
Schreiben Reg. Inn. III., II, n. 258 verwiesen, das an Erzbischof Ludolf von Magdeburg, sowie
als Parallelschreiben nach ganz Deutschland, Tuszien, die Lombardei, Frankreich, England
Ungarn, Slowenien, Irland, Schottland und vermutlich weitere Regionen der Christianitas
ging.
71
Reg. Inn. III., I/1, n. 407 u. 408.
70 Jochen Johrendt
Dies sind fast alle Belege, die unter der Rubrik ‘Päpstliche Kapelle und
der Vierte Kreuzzug’ verbucht werden können. Konnte Christian Grasso
2010 bei einer Tagung in der Villa Vigoni herausarbeiten, dass sich unter den
von Honorius III. beauftragten Kreuzzugspredigern auch etliche päpstliche
Kapläne befanden,72 so muss man für Innozenz III. bis auf zwei Ausnahmen
Fehlanzeige erstatten: 1213 lässt sich der päpstliche Subdiakon Nicolaus fas-
sen, der in der Kirchenprovinz Mainz das Kreuz predigen sollte. Dabei steht
Nicolaus in der Liste der Empfänger von Quia maior nicht an erster Stelle,
denn im Register ist zunächst ein gleichlautender Brief an den Abt von Neu-
burg, den Dekan von Speyer sowie den Propst von Augsburg eingetragen.
Dass ein gleichlautendes Schreiben auch an den päpstlichen Subdiakon
Nicolaus ging, ist nur dem Eintrag in eumdem modum zu entnehmen.73 Er
ist wohl identisch mit dem 1215 am Hofe Friedrichs II. weilenden Magister
Nicolaus de Cremona, der dort ebenfalls das Kreuz predigte.74
Verglichen mit den Aktivitäten der päpstlichen Kardinallegaten muss
man den Beitrag der Kapelle für die Organisation des Kreuzzugs unter
Innozenz III. als äußerst gering bezeichnen, auch wenn die Vorbreitungen
zum Vierten Kreuzzug durch die Kurie allgemein wohl als nicht angemes-
sen bezeichnet werden dürfen, denn auch von Seiten der Kardinallegaten
blieben die organisatorischen Tätigkeiten für den Kreuzzug in einem aus
der Perspektive späterer Kreuzzüge eher bescheidenen Rahmen.75 Das mag
72
Cfr. Christian Grasso, Ad Promovendum Negotium Crucis. Gestione finanziaria
e promozione pubblica della crociata durante il pontificato di Onorio III (1216-1227), in Die
Ordnung der Kommunikation und die Kommunikation der Ordnungen. Band 2. Zentralität:
Papsttum und Orden im Europa des 12. und 13. Jahrhunderts, edd. Cristina Andenna, Gordon
Blennemann, Klaus Herbers, Gert Melville, Stuttgart, Franz Steiner Verlag, 2013 (Aurora –
Schriften der Villa Vigoni, I/2), pp. 99-132.
73
XVI/29, PL, CCXVI (1891), col. 823D. Zu den Kreuzzugspredigten unter Innozenz III.
cfr. Penny J. Cole, The preaching of the crusades to the Holy Land: 1095-1270, Cambridge,
Mass., Medieval Academy of America, 1991 (Medieval academy books, 98), pp. 80-141, zu
den Predigten in Zusammenhang mit dem Vierten Kreuzzug pp. 98-141, zur Ausfertigung
für Nikolaus ibid., p. 107 seq. Allgemein auch Donald Edward Queller, Thomas F.
Madden, The Fourth Crusade. The conquest of Constantinople, Philadelphia, University of
Pennsylvania Press, 19972, pp. 1-8.
74
Siehe die Biogramme im Anhang. Zu den von Innozenz III. beauftragten Kreuzzugspredigern
cfr. Helmut Roscher, Papst Innocenz III. und die Kreuzzüge, Göttingen, Vandenhoeck &
Ruprecht, 1969 (Forschungen zur Kirchen- und Dogmengeschichte, 21), pp. 65-68.
75
Cfr. dazu die Bemerkungen von Maleczek, Petrus Capuanus, pp. 58-99, sowie auch
Petar Vrankić, Innocenz III., der vierte Kreuzzug und die Eroberung Zadars, in Vom
Schisma zu den Kreuzzügen, edd. Peter Bruns, Georg Gresser, Paderborn – München – Wien
Der vierte Kreuzzug 71
– Zürich, Schöningh, 2005, pp. 235-271: pp. 241-245. Diese wenig ausgebildete Seite – man
könnte in Hinblick auf das Unternehmen auch von der praktischen sprechen – erstaunt um
so mehr, als es unter Innozenz III. offenbar zur Ausprägung einer Kreuzzugsideologie kam,
so Michael Menzel, Kreuzzugsideologie unter Innocenz III., in «Historisches Jahrbuch»,
CXX (2000), pp. 39-79: pp. 48-70.
76
Cfr. dazu auch die Bemerkungen bei Murauer, Papst Innocenz III., der Vierte Kreuzzug,
p. 194 seq.
77
Zur lateinischen Kirche im lateinische Kaiserreich cfr. Giorgio Fedalto, La chiesa
latina in Oriente, 3 voll., Verona, Mazziana, 1973-1978 (Studi religiosi, 3).
72 Jochen Johrendt
78
C. 71 Laternum IV, Constitutiones concilii quarti Lateranensis una cum commentariis
glossatorum, ed. Antonio García y García, Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana,
1981 (Monumenta iuris canonici. Series A. Corpus glossatorum, 2), p. 110 l. 12.
79
Zu seiner Erhebung cfr. Rainer Murauer, Papst Innozenz III. und die Wahl des ersten
lateinischen Patriarchen von Konstantinopel Thomas Morosini (1204-1205), in «Römische
historische Mitteilungen», L (2008), pp. 179-195; Maleczek, Innocenzo III e la quarta
crociata, pp. 416-418. Zu Thomas Morosini cfr. auch Serban Marin, The First Venetian
on the Patriarchal Throne of Constantinople. The Representation of Tommaso Morosini in the
Venetian Chronicles, in «Quaderni della Casa Romena di Venezia», II (2002), pp. 49-90,
der den historiographisch artikulierten Gründen nachspürt, warum es für die Venezianer
entscheidend war, dass ein Venezianer Patriarch von Konstantinopel wurde – zugleich
verschwindet die Bedeutung dieser Erhebung in der jüngeren venezianischen Historiographie.
Zu den Beziehungen zwischen dem Patriarchen Thomas Morosini und Innozenz III. cfr. auch
Filip Van Tricht, The Latin Renovatio of Byzantium. The Empire of Constantinople (1204-
1228), Leiden – Boston, Brill, 2011 (The Medieval Meiterranean, 90), pp. 312-315.
80
Murauer, Papst Innozenz III. und die Wahl, p. 185.
81
Reg. Inn. III., XI, n. 72, hier p. 94 ll. 13-20.
82
Eine Auflistung der Bistümer auf dem Stand des Provinciale Romanum von 1228 findet
sich bei Fedalto, La chiesa latina in Oriente, I, pp. 229-231; eine tabellarische Übersicht
auch bei Van Tricht, The Latin Renovatio of Byzantium, pp. 322-328.
Der vierte Kreuzzug 73
83
Reg. Inn. III., VIII, n. 63, cfr. auch Fedalto, La chiesa latina in Oriente, I, p. 188.
84
Der Nachfolger wurde der ebenfalls aus Venedig stammende ehemalige Erzbischof
von Herakleia, Gervaisus, der noch von Innozenz III. erhoben wurde, zu ihm cfr. Leo
Santifaller, Beiträge zur Geschichte des Lateinischen Patriarchats von Konstantinopel
(1204-1261) und der venezianischen Urkunde, Weimar, Hermann Böhlaus Nachfolger, 1938
(Historisch-diplomatische Forschungen, 3), p. 31 seq.
85
Zu dieser Legation cfr. Maleczek, Papst und Kardinalskolleg, p. 167 seq.
86
Cfr. dazu Maleczek, Petrus Capuanus, p. 198.
87
Maleczek, Petrus Capuanus, p. 199, zu den ‘fränkischen’ Klerikern, die Petrus Capuanus
in das Kapitel der Hagia Sophia zu bringen suchte, ibid., nt. 116.
88
Durch die Provision erhielt der Providierte lediglich ein ius ad rem. Die Kollatur erfolgte
bei Widerständen vor Ort erst durch einen Exekutionsprozess, der dann zu einem ius in rem,
also der tatsächlichen Kollatur und damit dem Besitz der Pfründe führte, siehe die Literatur
oben bei nt. 21. Mit anderen Worten, eine Provision musste nicht automatisch zur Kollatur
führen, die Provisionen sind damit auch kein Nachweis dafür, dass der Providierte die
entsprechende Pfründe auch tatsächlich erhielt.
74 Jochen Johrendt
Dass etliche Posten von Venezianer besetzt worden waren, musste die
päpstliche Kapelle nicht ausschließen, da etwa der päpstliche Subdiakon
Petrus Pinus Kanoniker an San Marco war.89 Doch im lateinischen Kaiser-
reich ist er nicht zu fassen. Aus den Registern lassen sich nicht einmal ein-
zelne Pfründen nachweisen, mit denen die päpstlichen Subdiakone und
Kapläne sonst in der gesamten lateinischen Kirche bedacht wurden. Waren
die Verbindung zwischen Rom und der lateinischen Kirche des lateinischen
Kaiserreichs auf dieser Ebene bereits wesentlich weniger intensiv als in der
restlichen lateinischen Kirche, so kam noch hinzu, dass Innozenz III. durch
die Privilegierung des Patriarchen von Konstantinopel ein Instrument aus
der Hand gegeben hatte, durch das sich eine deutliche Nähe zu Rom her-
stellen ließ und dessen Ausführung oftmals in Händen der päpstlichen Sub-
diakone und Kapläne lag: Die Verleihung des Palliums. Ende März 1205
verlieh Innozenz III. Thomas Morosini das Recht, an die Erzbischöfe, die
seinem Patriarchat unterstanden, das Pallium zu vergeben, den usum pallei.90
Der genaue Ablauf der Pallienübergabe in der lateinischen Kirche des latei-
nischen Kaiserreichs ist unklar. Sie mussten vermutlich zunächst von Rom
nach Konstantinopel gebracht werden, um dann vom Patriarchen an seine
Erzbischöfe vergeben zu werden. Den Transport nach Konstantinopel könn-
ten päpstliche Kapläne erledigt haben, doch die Weitervergabe dürfte durch
Vertraute des Patriarchen erfolgt sein. Innozenz III. gab durch die Übertra-
gung der Palliumsrechte nicht nur die Weitergabe der Sekundärreliquie Pal-
lium aus der päpstlichen Verfügung. Mit der Übergabe war auch ein Treueid
dem Papst gegenüber verbunden, ein abschließendes Moment der Kontrolle,
an dem die päpstliche Kapelle mitwirkte.91
So sehr man für eine bedeutende Rolle der päpstlichen Kapelle für die
Kreuzzüge – zumindest für den Pontifikat Innozenz’ III. – Fehlanzeige
erstatten muss, so hat sich für die Frage nach der Organisation der Kreuzzüge
und die Ausweitung der päpstlichen Jurisdiktion sowie möglichen Rückwir-
kungen auf das eingespielte System der lateinischen Papstkirche im Westen
ein Blick auf die päpstliche Kapelle gelohnt. Dabei sind nicht die wenigen
Belege für die Sammlung von Geldern für das Kreuzzugsunternehmen oder
die Kreuzzugspredigt in der Kirchenprovinz Mainz und im Königreich
Sizilien von Gewicht – derartige Aufträge gingen mehrfach auch an andere
89
XV/200, PL, CCXVI (1891), col. 730B.
90
Reg. Inn. III., VIII, n. 19, p. 33 ll. 19-21. Cfr. dazu auch Murauer, Papst Innozenz III.
und die Wahl, p. 186.
91
Reg. Inn. III., VIII, n. 19, p. 33 l. 21 seq.
Der vierte Kreuzzug 75
Personen, römische Kleriker oder schlicht Kleriker aus der Region, die im
päpstlichen Sinne bearbeitet werden sollte. Vielmehr ist der Ausfall der
päpstlichen Kapelle im lateinischen Kaiserreich aussagekräftig, da sie sonst
von Innozenz III. intensiv als Instrument des Kirchenregimentes genutzt
wurde. Dass das lateinische Kaiserreich von päpstlichen Abgesandten und
Vertrauten intensiv bereist wurde und Innozenz III. sich hier Geltung zu
schaffen versuchte, steht außer Frage. Auch wenn der Erfolg dieser Lega-
tionen gerade in Hinblick auf die Schaffung einer lateinischen Hierarchie
angesichts der Dominanz der Venezianer, welche schlicht Fakten geschaffen
hatten, die weder die Legaten des Papstes noch dieser selbst aus der Welt
schaffen konnten, als eher bescheiden bezeichnet werden muss.92 Doch trotz
oder vielleicht gerade wegen dieser Misserfolge griff Innozenz III. bei sei-
nen Bemühungen um die Errichtung eines päpstlichen Kirchenregimentes
über die Kirchen des lateinischen Kaiserreiches – anders als in der westlichen
lateinischen Kirche – nicht auf die päpstliche Kapelle zurück.
Die mangelnde Einbindung der päpstlichen Kapelle in den Aufbau der
lateinischen Kirche war innerhalb des lateinischen Kaiserreichs sicherlich
kein Problem der Peripherie. Das Beispiel Bulgariens zeigt, dass Distanz und
bislang geringe Einbindung in die Strukturen der lateinischen Papstkirche
kein Hinderungsgrund waren. Doch Bulgarien liefert zugleich den Schlüssel
für die Erklärung, wieso die päpstliche Kapelle im lateinischen Kaiserreich
nicht eingesetzt wurde. Denn in Bulgarien war von Seiten der herrschafts-
ausübenden Gewalt (= Zar) die Bereitschaft zu einer Öffnung nach und für
Rom vorhanden. Das war im lateinischen Kaiserreich offenbar nicht der Fall.
Mit anderen Worten, das Problem war nicht die scheinbare Peripherie, es
waren die Venezianer.93
Zudem setzte der kontinuierliche Einsatz der päpstlichen Kapelle gut funk-
tionierende Strukturen voraus. Das kommt auch darin zum Ausdruck, dass die
Kapläne für das lateinische Kaiserreich auch nicht als Auditoren in Erschei-
nung traten, was die besondere, die unnormale Lage in der lateinischen Kirche
dieses Herrschaftsraumes widerspiegelt. Für Konfliktlösungen war offenbar
das Gewicht eines Kardinals von Nöten, sollte die lateinische Kirche des Pa
triarchats von Konstantinopel an Rom angebunden werden und nicht völlig
unter die Kontrolle der Venezianer geraten. Dass eine funktionierende kirchli-
92
Maleczek, Petrus Capuanus, zusammenfassend p. 212.
93
Cfr. dazu besonders in Hinblick auf die Ausbildung der Kirche Giorgio Fedalto, La
chiesa latina in oriente. II: Hierarchia latina orientis, Verona, Casa Editrice Mazziana, 2006
(Studi religiosi, 3), pp. 277-298.
76 Jochen Johrendt
94
Cfr. zu diesem Aspekt Johrendt, Die päpstliche Kapelle als Bindeglied, p. 258 seq. Zur
Zentralisation der lateinischen Kirche cfr. jetzt auch den Band Rom und die Regionen. Studien
zur Homogenisierung der lateinischen Kirche im Hochmittelalter, edd. Jochen Johrendt, Harald
Müller, Berlin – New York, Walter de Gruyter, 2012, (Abhandlungen der Akademie der
Wissenschaften zu Göttingen. Neue Folge, phil.-hist. Kl., 19).
95
Roma, Deutsches Historisches Institut in Rom, Archiv, N 13, Nachlass Norbert Kamp
(1927-1999), I.10.2.
Der vierte Kreuzzug 77
worden war, ehemals ein Subdiakon der römischen Kirche war, III/32, PL,
CCXIV (1890), col. 916A.
Albert (subdiaconus et capellanus noster)
(August/September 1198): Innozenz III. wendet sich an den byzanti-
nischen Kaiser Alexios III. bezüglich einer Union der römischen und der
griechisch-orthodoxen Kirche sowie der Lage im Heiligen Land. Zu wei-
teren Verhandlugen entsandte er den Subdiakon und Kaplan Albert, einen
päpstlichen Familiaren, zusammen mit dem Kammernotar Albertinus, Reg.
Inn. III., I, n. 353. The Gesta Innocentii III, p. 352: Nam de capellanis suis hos
promovit ad dignitates: ... Albertum in episcopum Ferentinum (Ferentino).
Für die Identität des 1198 nach Byzanz entsandten Albert und des gleich-
namigen späteren Bischofs spricht sich Elze, Die päpstliche Kapelle, p. 184
nt. 255 aus, cfr. auch p. 181; zu dieser Legation auch Zimmermann, Die
päpstliche Legation in der ersten Hälfte des 13. Jahrhunderts, p. 51.
Aliprand/Ariprand Visconti (subdiaconus noster)
19. Januar (1203): Innozenz III. verleiht dem päpstlichen Subdiakon
Aliprand eine vakante Pfründe am Domkapitel von Novara, Reg. Inn. III.,
V/1, n. 143. (Frühjahr 1206): Aripert und Wilhelm, der Archipresbyter des
Mailänder Domkapitels, wenden sich an den Papst und berichten über ihre
Vermittlungen hinsichtlich der causa Alessandria, Reg. Inn. III., IX, n. 93.
Aliprand Visconti ist vermutlich mit dem Ende September 1203 belegten
Kanoniker von S. Maria in Novara identisch, der 1208 zum Bischof von Ver-
celli aufstieg, in seinem Sterbejahr 1213 war er noch als Legat tätig, cfr. den
Editionskommentar zu Reg. Inn. III., V/1, n. 143 p. 283 nt. 3 mit dem Hinweis
u. a. auf Gli antichi vescovi d’Italia dalle origini al 1300 descritti per regioni, ed.
Carlo Fedele Savio, 4 voll., Torino, Fratelli Bocca, 1898-1971, I (1898), p. 488.
Alkerius (subdiaconus noster)
7. November 1213: Innozenz III. wendet sich an das Domkapitel von
Mailand und bestätigt ihm die Wahl des neuen Erzbischofs Heinrich, dessen
Wahl das Domkapitel Innozenz III. durch einen Brief angezeigt hatte, den
der päpstliche Subdiakon Alkerius sowie die beiden Kanoniker Stephanus
Balbus und Willelmus vor den Papst gebracht hatten, XVI/141, PL, CCXVI
(1891), col. 932C.
Andreas (subdiaconus et capellanus noster)
27. Januar 1208: Andreas war zusammen mit dem päpstlichen Kaplan
Rainald als Auditor im Prozess um die Teilung des Dekanats von Thouars
in ein Dekanat Thouars und ein Dekanat Bressuire eingesetzt worden, Reg.
Inn. III., X, n. 197. 10. Februar 1208: Andreas war Auditor in der Causa des
Kaplans Gregor gegen den Abt Arnold von Middelburg, Reg. Inn. III., X,
Der vierte Kreuzzug 79
n. 207. 27. März 1208: Andreas wird zum Auditor im Falle des Streits zwi-
schen Hugo und dem Kapitel von Saint-Georges in Faye-la-Vineuse sowie
G. von Marany eingesetzt, Reg. Inn. III., XI, n. 42. 26. April 1208: Andreas
war Auditor in der Auseinandersetzung zwischen S. und dessen Frau Elisa-
beth, Reg. Inn. III., XI, n. 66. (Ende August 1209): Otto IV. unterrichtet
den Papst vom Übergang seines Heers über den Po und bedankt sich beim
Papst für die Boten, die dieser ihm gesandt hatte, namentlich Andrea, subdi-
acono et clerico vestro, sowie den Thurandus, einen Mönch vom Hospital von
S. Giovanni, Regestum Innocentii III papae super negotio Romani imperii, ed.
Friedrich Kempf, Roma, Pontificia Università Gregoriana, 1947 (Miscella-
nea historiae pontificiae, 12; Collectionis totius, 21), n. 190 p. 404.
Ob es sich beim Boten an Otto IV. um denselben Andreas handelt wie
in den Nennungen zu 1208 ist unklar. Cfr. ohne diesen Hinweis Elze, Die
päpstliche Kapelle, p. 179 mit nt. 203.
Andreas de Celano (subdiaconus et capellanus domini pape)
(16. Dezember 1215): Andreas de Celano, domini pape subdiaconus et cap-
pellanus sowie Archidiakon in Capua und Elekt von Bari macht bekannt, das
Papst Innozenz III. in cause que olim vertebatur inter monasterium s. Iohan-
nis in Tructal ex parte una et fratres hospitalis Ierosolimitani in Bovincon ex
altera ... sich einigten, und der Papst dann diese Einigung bestätigte. Johann
Jakob Escher, Paul Schweizer, Urkundenbuch der Stadt und Land-
schaft Zürich, 13 voll., Zürich, S. Höhr, 1888-1957, I (1888), p. 262 n. 378.
Andreas wirkte von Januar 1216 bis September 1225 als Erzbischof von
Bari. Zu ihm cfr. Norbert Kamp, Kirche und Monarchie im staufischen
Königreich Sizilien, 4 voll., München, W. Fink, 1973-1982 (Münstersche Mit-
telalter-Schriften, 10), II (1975), pp. 582-584, bes. p. 582, vermutet eine Iden-
tität mit dem ohne den Beinamen de Celano bezeichneten Andreas, der 1208
als Auditor tätig war und Ende August 1209 zu Otto IV. gesandten Andreas.
Andreas de Gabiniano (subdiaconus et capellanus noster)
1. März 1210: Innozenz III. providiert seinen Kaplan Andreas de Gabi-
niano zum Kanoniker in Toledo, XIII/9, PL, CCXVI (1891), col. 204D.
1. März 1210: Innozenz III. verkündet der spanischen Kirche, dass der
Erzbischof von Toledo und das Kapitel von Toledo den päpstlichen Kaplan
Andreas de Gabiniano in das Kapitel von Toledo aufzunehmen zugestimmt
haben, XIII/10, PL, CCXVI (1891), col. 205B.
Zu ihm cfr. der kurze Hinweis bei Elze, Die päpstliche Kapelle, p. 186 seq.
Andreas de Gavigano (subdiaconus et capellanus noster)
24. März 1210: Andrea de Gavigano fungiert als Auditor in einem
Streit zwischen Bischof und Kapitel von Spoleto, Le pergamene dell’Archivio
80 Jochen Johrendt
del Capitolo della Chiesa Cattedrale di S. Maria di Spoleto dalle origini alla
fine del pontificato di Innocenzo III, Spoleto, Centro Ricerche e Studi, 1984,
(Archivio storico ecclesiastico spoletino-nursino, 2), p. 165 seq. n. 69. Dass
er ein päpstlicher Kaplan ist, geht aus diesem Dokument nicht hervor, doch
aus einem Schreiben Innozenz III., das sich erneut mit der Angelegenheit
in Spoleto beschäftigt, denn hier spricht der Papst mit Bezug auf die Audi-
torentätigkeit des Andreas von dilectum filium A(ndream) subdiaconum et
capellanum nostrum, ibid., p. 172 seq. n. 73.
Angelus (tunc subdiaconus et capellanus noster)
16.11.1210: Innozenz III. berichtet, dass er zu einem früheren Zeitpunkt
Angelus als Auditor in einer Auseinandersetzung um die Kirche S. Genesii
de Beollio, beauftragt hatte, XIII/178, PL, CCXVI (1891), col. 347B. 11.
April 1213: Innozenz III. erwähnt in einem Brief an den Bischof von Agri-
gent und andere, dass einst in einem Prozess Angelus, damals Subdiakon und
Kaplan, nun Kardinaldiakon von S. Adriano, als Auditor tätig war, XVI/18,
PL, CCXVI (1891), col. 803B.
Angelus wurde 1212 zum Kardinaldiakon von S. Adriano erhoben, zu
ihm cfr. Maleczek, Papst und Kardinalskolleg, p. 169 seq.; Maleczek,
Zwischen lokaler Verankerung und universalem Horizont, p. 156 n. 21.
B. (subdiaconus noster)
5. August (1198): B. wird zum Propst des Kapitels von Treviso provi-
diert, Reg. Inn. III., I, n. 337.
B. (subdiaconus noster)
3. April (1199): Innozenz III. überträgt ihm kraft Devolutionsrecht eine
Pfründe in Treviso, Reg. Inn. III., II/1, n. 26. 9. Juli (1202): Innozenz III.
entscheidet einen Pfründenprozess in Tortona zugunsten des Kaplans B.,
Reg. Inn. III., V/1, n. 71.
B. (subdiaconus noster)
27. Oktober (1200): Innozenz III. hatte dem päpstlichen Subdiakon
B. die Kirche de Gallinzin übertragen, doch Abt und Konvent des Klosters
Lorch beanspruchen die Kirche für sich und verweigern sie B. wofür sie vom
Papst mit geistlichen Strafen bedroht werden, III/4, PL, CCXIV (1890),
col. 873B.
Bartholomeus (subdiaconus et capellanus noster)
27. April 1207: In seinem Schreiben bezeichnet Innozenz III. Bartho-
lomeus, den Erzbischof von Trani, in Bezug auf seine frühere Tätigkeit als
Auditor als tunc subdiaconum et capellanum nostrum, Reg. Inn. III., X, n.
Der vierte Kreuzzug 81
57. The Gesta Innocentii III, p. 352: Nam de capellanis suis hos promovit ad
dignitates: ... Bartholomeum in archiepiscopum Tranensem (Trani).
Bartholomeus war spätestens im Januar 1203 zum Erzbischof von Trani
erhoben worden, zu ihm cfr. Kamp, Kirche und Monarchie, II, pp. 552-554.
Kamp hält eine Identität mit dem päpstlichen Skriptor Magister Bartholo-
meus für möglich.
Benedictus (capellanus)
The Gesta Innocentii III, p. 352: Nam de capellanis suis hos promovit ad
dignitates: ... Benedictum in episcopum Fundanum (Fondi).
Zu dem um 1200 zum Hirten des exemten Bistums Fondi erhobenen
Benedikt cfr. Kamp, Kirche und Monarchie, I, p. 77 seq. Unter Cölestin III.
war er als Auditor tätig.
Berardus (subdiaconus noster)
25. Januar (1199): Berard überbrachte einen Brief der Kaiserin Kons-
tanze und Friedrichs II. an Innozenz III., Reg. Inn. III., I, n. 554. (Ca. 8.
Februar 1199): Innozenz III. bezeichnet Berard in einem Brief an Fried-
rich II. zusammen mit dem Richter Leo als nuncios tuos, viros peritos, providos
et discretos, Reg. Inn. III., I, n. 559.
Berard war bereits 1993 Kaplan Heinrichs VI. gewesen sowie dessen
Arzt, seit April 1195 ist er als Archidiakon in Ascoli belegt und seit Juli
dieses Jahres als Kaplan der Kaiserin Konstanze, zu ihm cfr. Hans Mar-
tin Schaller, Die staufische Hofkapelle im Königreich Sizilien, in «Deut-
sches Archiv für Erforschung des Mittelalters», XI (1955), pp. 462-505;
repr. in Id., Stauferzeit. Ausgewählte Aufsätze, Hannover, Hahn, 1993,
pp. 479-523 (Monumenta Germaniae Historica. Schriften, 38), p. 513 n.
9. Er ist jedoch nicht identisch mit dem gleichnamigen späteren Erzbi-
schof von Messina.
Britius, Magister (subdiaconus et notarius noster)
13. Dezember 1210: Innozenz III. erwähnt, dass einst dem bonae memo-
riae Magister Britius die Kirche de Hesel zugewiesen worden sei, XIII/208,
PL, CCXVI (1891), col. 374D.
Zu Britius cfr. Elze, Die päpstliche Kapelle, p. 197.
Blasius/Biagio, Magister (subdiaconus et notarius noster)
27. Februar 1202: Blasius unterfertigt als sancte Romane ecclesie subdia-
conus et notarius eine päpstliche Urkunde, Reg. Inn. III., V/1, n. 2; ebenso am
4. November 1202 in Reg. Inn. III., V/1, n. 104; ebenso am 1. Dezember
1202 in Reg. Inn. III., V/1, n. 129. (Ca. 1.-15. November 1202): Blasius
erscheint als dilectus filius magister Blasius, subdiaconus et notarius noster,
82 Jochen Johrendt
Turritanus electus, utilis fuerit ecclesie Niuernensi ..., Blasisus war offenbar dem
Bischof Johannes von Nevers behilflich gewesen und hatte dafür eine ‘Geld
rente’ erhalten (benefitium trium marcarum argenti ad pondus Trecense),
Reg. Inn. III., V/1, n. 130. 24. Februar 1203: Blasius verfertigt ein päpst-
liches Schreiben, in dem er bereits als Turritani electi bezeichnet wird, Reg.
Inn. III., VI, n. 1. The Gesta Innocentii III, p. 352: Nam de capellanis suis hos
promovit ad dignitates: ... Blasium in archiepiscopum Turritanum (Torres).
Blasius von 1200 bis 1203 Vizekanzler der päpstlichen Kanzlei, cfr.
Elze, Die päpstliche Kapelle, p. 175 seq. zu seiner weiteren Karriere cfr.
Francesco Artizzu, in DBI, X (1968), pp. 1-3, s.v. Biagio.
Boniiohannis (subdiaconus noster)
26. August (1198): Innozenz III. providierte Bongiovanni in das vakante
Archidiakonat des Domkapitels von Ivrea, Reg. Inn. III., I/1, n. 339. Die
Einweisung soll ob apostolice sedis reverentiam erfolgen.
Der genannte Bongiovanni dürfte nicht mit dem 1204 genannten Bon-
giovanni, der ebenfalls päpstlicher Subdiakon war, identisch sein, da er sonst
Archididakon von S. Maria Maggiore in Vercelli und am Domkapitel in
Ivrea gewesen wäre.
Bonusiohannes (subdiaconus noster)
24. Juni (1204): Innozenz III. beauftragt Bongiovanni zusammen mit
Tiso (ebenfalls päpstlicher Kaplan) und Donisius mit der Exekution der
Provision für Nikolaus, einen päpstlichen Kaplan, in Vicenza, Reg. Inn. III.,
VII, n. 98. Vielleicht identisch mit dem gleichnamigen Subdiakon: 13. Mai
(1205): Wird von Innozenz III. zusammen mit dem Bischof Obizzio von
Tortona damit beauftragt, für das Bistum Alessandria (vereinigt mit Acqui)
einen neuen Bischof zu finden, Reg. Inn. III., VIII, n. 53.
Die Identität der beiden genannten Bongiovannis ist fraglich, doch
könnte es sich beide Male um den 1191 als Kanoniker von S. Maria Mag-
giore in Vercelli sowie 1205 in Potthast R, n. 2440 bezeugten päpstlichen
Subdiakon handeln. Dieser war 1207 bis 1210 Archidiakon in Vercelli, cfr.
den Hinweis in der Registeredition zu Reg. Inn. III., VIII, n. 53 p. 90 nt. 2.
Bornus, Magister (subdiaconus noster)
(6. April 1198): Innozenz III. ernennt Bornus zum delegierten Richter
in einem Prozess um die Rechte der Ernennung des Abtes von Favernay, Reg.
Inn. III., I, n. 101.
Bruno von Vienne/von Lemps (subdiaconus noster)
5. November (1205): Innozenz III. gewährt dem zum Bischof von
Viviers gewählten päpstlichen Subdiakon Bruno von Vienne die Einkünfte
Der vierte Kreuzzug 83
aus seinen bisherigen Pfründen für drei weitere Jahre, sowie die Weihe durch
den zuständigen Metropoliten, Reg. Inn. III., VIII, n. 153.
Bruno stieg von seinem Bistum Viviers 1216 bis zum Erzbischof von
Vienne auf, resignierte jedoch bereits Ende 1217 und starb 1219, zu ihm cfr.
den Hinweis in der Registeredition zu Reg. Inn. III., VIII, n. 153 p. 269 nt.
1 auf Bruno Galland, Deux archevêchés entre la France et l‘Empire. Les
archevêques de Lyon et les archevêques de Vienne. Du milieu du XIIe siècle au
milieu du XIVe siècle, Roma, École française de Rome, 1994 (Bibliothèque
des Écoles françaises d’Athènes et de Rome, 282), pp. 130-134.
Carsendinus (subdiaconus noster)
15./28. Februar 1198: Carsendinus wird in das Exarchat von Ravenna
und die Grafschaft Bertinoro als Legat entsandt, cfr. das Begleitschreiben an
den Erzbischof Wilhelm von Ravenna, Reg. Inn. III., I, n. 27.
Zur Legation des Crasendinus cfr. Zimmermann, Die päpstliche Lega-
tion in der ersten Hälfte des 13. Jahrhunderts, p. 51.
Centius (subdiaconus et notarius noster)
17. Mai (1198): Er war ebenso wie der Kardinalpresbyter Melior von
SS. Giovanni e Paolo zu König Philipp II. von Frankreich geschickt worden,
um über Philipps Eheangelegenheiten zu verhandeln, Reg. Inn. III., I/1, n.
171. (Ca. 1.-10. Dezember 1199): Centius war 1199 offenbar Rektor von
Benevent und in dieser Eigenschaft wendet sich Innozenz III. an ihn sowie
die iudices und Konsuln von Benevent, Reg. Inn. III., II/1, n. 216.
Centius war bereits 1196 von Cölestin III. zur Untersuchung der Ehe-
angelegenheiten zu Philipp II. August geschickt worden, zu dem dann 1197
Melior hinzutrat, der bereits vor Centius in der Angelegenheit tätig war, cfr.
Wilhelm Janssen, Die päpstlichen Legaten in Frankreich vom Schisma
Anaklets II. bis zum Tode Coelestins III. (1130-1198), Köln – Graz, Böh-
lau-Verlag, 1961 (Kölner historische Abhandlungen, 6), pp. 149-151.
David, Magister (capellanus noster)
6. Juni 1206: Innozenz III. verwendet sich zugunsten des Neffen
Davids, R., bei Abt von Notre-Dame in Dinant. David wird dabei bezeich-
net als: dilectus filius magister Davi, capellanus noster, Reg. Inn. III., IX, n.
85. Schriften des Naturphilosophen und Mediziners David von Dinant
wurden 1210 auf der Pariser Synode verurteilt und sollten verbrannt
werden, Sacrorum conciliorum nova et amplissima collectio, ed. Joannes Domi-
nicus Mansi, 53 voll., Paris, H. Welter, 1901-1927, XXII col. 811 seq., das
Urteil wurde 1215 durch die Pariser Universität wiederholt.
Zu ihm cfr. auch Elze, Die päpstliche Kapelle, p. 187; zu seiner Person cfr.
zusammenfassend I testi di David di Dinant, pp. 58-60; zur Rezeption seiner
84 Jochen Johrendt
Schriften cfr. jüngst Andreas Speer, Plato sive Aristoteles. Die Quaternuli
des David von Dinant und die Rezeption der libri naturales in Paris in der
ersten Hälfte des 13. Jahrhunderts, in Persistenz und Rezeption. Weiterverwen-
dung, Wiederverwendung und Neuinterpretation antiker Werke im Mittelal-
ter, edd. Dietrich Boschung, Susanne Wittekind, Wiesbaden, L. Reichert,
2008 (Schriften des Lehr- und Forschungszentrums für die antiken Kulturen
des Mittelmeerraumes - Centre for Mediterranean Cultures, 6), pp. 15-31.
Egidius (capellanus)
( Juni-Anfang Juli 1200): Egidius wird von Innozenz III. aufgrund
des Thronstreits nach Deutschland geschickt, um die Position des Papstes
darzulegen, dabei wird er als acolitus noster bezeichnet, Regestum Innocen-
tii III papae, n. 21 p. 63 l. 32, im Thronstreitregister finden sich noch weitere
Belege für seine Tätigkeit. Den Höhepunkt seiner zweiten Deutschlandreise
bildete sicherlich der Eid Ottos IV.: 8. Juni 1201: In Gegenwart des Egidius,
sowie des päpstlichen Notars Philipp und dem päpstlichen Skriptors Riccar-
dus leistet Otto IV. den berühmten Eid, durch welchen er als Gegenleistung
für seine Kaiserkrönung unter anderem auch die Rechte der römischen Kir-
che auf das Königreich Sizilien garantiert, Regestum Innocentii III papae, n.
77, p. 211 Z. 17. The Gesta Innocentii III, p. 352: Nam de capellanis suis hos
promovit ad dignitates: ... Egidium in episcopatum Caietanum (Gaeta).
Egidius ist seit Februar 1203 als Bischof von Gaeta nachzuweisen. Zu
ihm cfr. Kamp, Kirche und Monarchie, I, p. 82-84.
F. (subdiaconus noster)
31. Oktober (1203): Innozenz III. wendet sich an das Domkapitel von
Augsburg und erwähnt dabei auch einen F., subdiaconus noster, concanonicus
vester, über den offenbar nichts weiter bekannt ist. Er ist neben dem Archidi-
akon R. und einem Magister L. der einzige Kanoniker aus dem Domkapitel,
der erwähnt wird, und der für die gehorsame Aufnahme des neuen Bischofs
Hartwig sorgen soll, Reg. Inn. III., VI, n. 157.
G. (subdiaconus noster)
10. Mai (1202): Innozenz III. spricht dem päpstlichen Subdiakon und
Peterskanoniker G. das Archidiakonat in Verona zu, Reg. Inn. III., V/1, n.
31. (Ca. 10. Mai 1202): Innozenz III. bestätigt einen Schiedsspruch im
Streit zwischen dem Peterskanoniker G. und dem Adelard von Verona, der
bis 1188 Kardinalpresbyter von S. Marcello war, um das Archidiakonat in
Verona zugunsten des G., Reg. Inn. III., V/1, n. 34. 31. Oktober 1202:
Nachdem das Kapitel von Verona sich weigerte, G. als Archidiakon zu akzep-
tieren, fordert Innozenz III. den Bischof auf, die Verantwortlichen des Kapi-
tels zu exkommunizieren und nach Rom zu laden, Reg. Inn. III., V/1, n. 96.
Der vierte Kreuzzug 85
stehen könnten, D Reg. Inn. III., VI, n. 110. 16. Dezember (1205): Inno-
zenz III. beauftragt den Magister Gualandus zusammen mit dem Abt von
Alobrosa und dem Bischof von Giesole sowie anderen, einen geeigneten Sitz
für die Transferierung des Bischofssitzes von Fiesole zu suchen, Reg. Inn. III.,
VIII, n. 166.
Zu seinem Domkanonikat in Pisa, in dem er von 1190 bis 1205 bezeugt
ist, cfr. den Kommentar in der Registeredition zu Reg. Inn. III., VIII, n. 166
p. 203 nt. 2 mit dem Hinweis auf It. Pont. 3 p. 345 n. 75 sowie Gioac-
chino Volpe, Studi sulle istituzioni comunali a Pisa. Città e contado, consoli
e podestà (secoli XII–XIII), ed. Cinzio Violante, Firenze, Sansoni, 1970
(Biblioteca storica Sansoni. Nuova serie, 48), p. 83.
Guido (subdiaconus et capellanus noster)
20. Juli 1209: Innozenz III. bestätigt Guido die Kirche S. Laurentii
posita in territorio civitatis Novinae, XII/84, PL, CCXVI (1891), col. 89B.
Guido de Bauco (domini pape subdiaconus)
28. August 1206: Innozenz III. inseriert einen Vergleich zwischen Pri-
verno (Kommune) und der Abtei Fossanova, die Robertus Sitinus, sancte
Romane ecclesie iudex auf Anweisung des domini Guidonis de Babuco, domini
pape subdiaconi, Reg. Inn. III., IX, n. 149.
Guido stammt offenbar aus Bauco (Bocille Ernica), das südöstlich von
Rom in der Provinz Latina liegt.
Guido/Guidotto de Manfredo (subdiaconus noster)
(Ca. 12. April 1204): Der Podestà von Modena hat diverse Steuern von
Klerikern erhoben und der päpstliche Kaplan Guido aus der Familie der
Manfredini weigerte sich, dem Podestà Folge zu leisten, woraufhin er ein-
gesperrt wurde, mit der Forderung an seine Familie, dass diese 40 Pfund zu
zahlen habe, daher und aufgrund weiterer Verfehlungen des Podestà fordert
Innozenz III. den Erzbischof Albert von Ravenna auf, mit geistlichen Strafen
gegen den Podestà, die Konsuln und Rat und Volk von Modena vorzugehen,
Reg. Inn. III., VII, n. 41.
Zur aus Modena stammenden Familie der Manfredi cfr. den Hinweis in
Reg. Inn. III., VII, n. 41 p. 70 nt. 10 auf Roland Rölker, Adel und Kom-
mune in Modena. Herrschaft und Administration im 12. und 13. Jahrhun-
dert, Frankfurt a.M. – Berlin – Bern – New York– Paris – Wien, Peter Lang,
1994 (Europäische Hochschulschriften, 3/604), pp. 119-131, jedoch ohne
Hinweise auf den päpstlichen Subdiakon.
H. (subdiaconus noster)
13. November (1200): Innozenz III. wendet sich an den Podestà und
das Volk von Treviso und berichtet ihnen, dass der päpstliche Subdiakon
Der vierte Kreuzzug 87
H. und J., Kanoniker in Treviso, ihm die Botschaft übermittelt hätten, dass
sie bereit wären, die päpstlichen Bußanforderungen für die Ermordung des
Bischof von Belluno zu akzeptieren, III/39, PL, CCXIV (1890), col. 923A.
Heinrich (subdiaconus noster)
(Ca. 1.-15. Dezember 1202): Heinrich wird mit der Exekution eines
päpstlichen Mandates zugunsten des päpstlichen Subdiakons Blasius beauf-
tragt, Reg. Inn. III., V/1, n. 130; ebenso in Reg. Inn. III., V/1, 131 (identi-
sches Datum). 13. Januar (1203): Heinrich wird zusammen mit dem Abt
Raoul von Déols zum Exekutor eines päpstlichen Mandates ernannt, mit
dessen Hilfe der Neffe des päpstlichen Subdiakons Blasius, der päpstliche
Subdiakon P., in ein vakantes Kanonikat im Domkapitel von Nevers ein-
gewiesen wird, Reg. Inn. III., V/1, n. 141. 11. März (1203): Innozenz III.
beauftragt Heinrich zusammen mit dem Abt Raoul von Déols mit der Exe-
kution einer Provision zugunsten des päpstlichen Kaplans P. in ein Kanoni-
kat in Nevers, Reg. Inn. III., VI, n. 19.
Heinrich war Prior von Saint-Silvain-de-Levroux (Diöz. Bourges), so der
Hinweis der Registereditoren zu Reg. Inn. III., V/1, n. 130 p. 259 nt. 8.
Heinrich von Settala (subdiaconus noster)
(Ende April 1198): Innozenz III. überträgt ihm das Kanzellariat der
Mailänder Domes, Reg. Inn. III., I/1, n. 120. 23. September (1198): Da der
Erzbischof Philipp von Mailand einem anderen Kanoniker die Kollatur für
das Kanzellariat erteilte, fordert Innozenz III. den Erzbischof auf, Heinrich
von Settala die nächste frei werdende Pfründe in seiner Kirchenprovinz zu
übertragen, Reg. Inn. III., I/1, 368. 19. Januar (1203): Innozenz III. beauf-
tragt Heinrich von Settala mit der Exekution einer Provision zugunsten des
päpstlichen Subdiakons Aliprand Visconti, Reg. Inn. III., V/1, n. 143. 27.
April 1207: Innozenz III. wendet sich an Heinrich von Settala und den Mai-
länder Archidiakon Guglielmo da Rizolio und beauftragt sie mit der Exeku-
tion eines Provisionsmandates, Reg. Inn. III., X, n. 57.
Heinrich von Settala wurde später Thessaurar des Erzbistums Mailand
und schließlich dessen Erzbischof (1213-1230).
Hubald (subdiaconus noster)
22. Juni (1204): Hubald wird von Innozenz III. mit einer Pfründe am
Domkapitel von Laon providiert, Reg. Inn. III., VII, n. 97.
Hugolinus (capellanus)
The Gesta Innocentii III, p. 352: Nam de capellanis suis hos promovit ad
dignitates: Hugolinum diaconum cardinalem Sancti Eustachii quem preterea
fecit episcopum Hostiensem.
88 Jochen Johrendt
schreibt an Innozenz III. und teilt diesem mit, dass Johannes von Casamari
zu ihm gekommen sei und dass er Vertreter der bosnischen Mönche die von
ihm verkündeten Konstitutionen habe beschwören lassen, Reg. Inn. III., VI,
n. 211. (September) 1203: Zar Kalojan der Bulgaren schreibt einen Brief an
Innozenz III., in dem er berichtet: imperium meum in manibus reverentissmi
viri Johannis, sacrosancte Romane sedis legati et domini pape capellani, ... subsig-
navit imperium Reg. Inn. III., VII, n. 4. (Ca. 25. Februar 1204): Innozenz III.
übersendet dem Erzbischof Basilius von Trnovo die Pontifikalinsignien durch
den Kaplan Johannes, Reg. Inn. III, VII, n. 3. (Nach 8. September 1203): Erz-
bischof Basilius von Trnovo dankt Innozenz III. für das Pallium, das Johannes
überbracht hat, und bittet um Auskünfte, Reg. Inn. III., VII, n. 5. (Nach 8.
September 1203): Kalojan, Zar der Bulgaren und der Walachei, schreibt an
Innozenz III. und berichtet darin: ... venit ad me presens nuncius apostolice cathe-
dre et prime sedis principus apostolorum et sancte et universalis ecclesie Romane,
Johannes capellanus, et detulit michi palleum ex precepto sanctitatis tue et aposto-
lice sedis et palleavit dictum archiepiscopum et fecit eum primatem et archiepis-
copum totius Bulgarie et Blachie et portavit imperio meo litteras sanctitatis
tue ..., Reg. Inn. III., VII, n. 6 – die eigentliche Krönung etc. wird dann jedoch
durch einen Kardinallegaten durchgeführt (cfr. Reg. Inn. III., VII, n. 8). (Ca.
25. Februar 1204): Innozenz III. schreibt an Kalojan von Bulgarien und der
Walachei, dass Johannes unter anderem auch das Pallium an den Erzbischof
von Trnovo ausgehändigt hat, Reg. Inn. III., VII, n. 8. (Ca. 15. September
1204): Johannes wird als ehemaliger Kaplan bezeichnet: Johannes, tunc capel-
lanus noster, nunc Furconensis episcopus ... (Bischof von Forcone = ab 1256
L’Aquila) Reg. Inn. III., VII, n. 126. The Gesta Innocentii III, p. 352: Nam de
capellanis suis hos promovit ad dignitates: ... Iohannem in episcopum Furconen-
sem (Forcone), quem postea transtulit in episcopum Perusinum (Perugia). Zur
Legation zu Zar Kajolan cfr. auch The Gesta Innocentii III, p. 111 ff. Dort
heißt es auch, dass der Papst den Kaplan zusammen mit dem Bischof Blasius
wieder benigne suscepit, als sie von ihrer Legation zurückkamen (ibid. p. 128).
Johannes von Casamari stieg über das Bistum von Forcone (1204-1205)
zum Bischof von Perugia auf (seit 1207 bezeugt), cfr. dazu Kamp, Kirche
und Monarchie, I, p. 18-20; sowie Elze, Die päpstliche Kapelle, p. 181 seq.
Zu den Legationen cfr. auch Zimmermann, Die päpstliche Legation in der
ersten Hälfte des 13. Jahrhunderts, p. 52 u. 55 seq.; Weber, Frühheraldische
Fahnenbilder, p. 168 seq. mit nt. 61.
Johannes Ferentinus (sancte Romane ecclesie subdiaconus et notarius)
(Ca. 3.-6. Mai 1203): Johannes verfertigt ein Schreiben Innozenz’ III.,
Reg. Inn. III., VI, n. 58. Ebenso am 27. Mai 1203, Reg. Inn. III., VI, n. 75.
Ebenso in Reg. Inn. III., VI, n. 76. Ebenso am 13. Juni 1203 in Reg. Inn. III.,
92 Jochen Johrendt
VI, n. 88. Ebenso am 9. Dezember 1203 in Reg. Inn. III., VI, n. 178. Ebenso
am 13. Januar 1204 in Reg. Inn. III., VI, n. 206. Ebenso am 26. Januar 1204
in Reg. Inn. III., VI, n. 212. Ebenso am 25. Februar 1204 in Reg. Inn. III., VII,
n. 1. Ebenso am 8. April 1204 in Reg. Inn. III., VII, n. 39. Ebenso am 28. April
1204 in Reg. Inn. III., VII, n. 60. Ebenso am 18. Juni 1204 in Reg. Inn. III.,
VII, n. 95. Ebenso am 1. Juli 1204 in Reg. Inn. III., VII, n. 115. Ebenso am 15.
Oktober 1204 in Reg. Inn. III., VII, n. 145. Ebenso am 3. November 1204
in Reg. Inn. III., VII, n. 149. Ebenso am 29. November 1204 in Reg. Inn. III.,
VII, n. 162. The Gesta Innocentii III, p. 352: Nam de capellanis suis hos promo-
vit ad dignitates: ... Johannem in diaconem cardinalem sancte Marie in Via Lata.
Johannes Ferentinus war der Leiter der Kanzlei unter Innozenz III. und
wurde im Dezember 1204 zum Kardinaldiakon von S. Maria in Vialata
kreiert und 1212 zum Kardinalpresbyter von S. Prassede promoviert, cfr.
Maleczek, Papst und Kardinalskolleg, p. 146 seq.; Maleczek, Zwischen
lokaler Verankerung und universalem Horizont, p. 150 n. 10.
Johannes Tornielli (subdiaconus noster)
5. März 1198: Johannes Tornielli hatte offenbar unter Cölestin III. eine
Pfründe am Domkapitel von Novara, Reg. Inn. III., I/1, n. 40. (Frühjahr
1206): Der päpstliche Subdiakon Ariprandus Visconti und der Archipresby-
ter des Mailänder Domkapitels, Wilhelm, berichten in einem Schreiben an
Innozenz III., dass ihr Brief (zur causa Alessandria) durch Johannes Torniellus
und einen Boten aus Alessandria überbracht wird, Reg. Inn. III., IX, n. 93 (cfr.
dazu auch den Auftrag an Bongiovanni). 21. Juni 1206: Innozenz III. schreibt
an Podestà und Volk von Alessandria und berichtet darin, dass der Subdiakon
Johannes Tronielli sowie die nun namentlich genannten drei Abgesandten Ales-
sandrias dem Papst deren Anliegen übermittelt haben, Reg. Inn. III., IX, n. 94.
Johannes Torinelli entstamte einer der führenden Familien in Novara,
die auch an den unterschiedlichen Kapiteln Novaras deutlich repräsentiert
waren. Er stieg schließlich 1211 zum Bischof von Bergamo auf, cfr. den Edi-
tionskommentar zu Reg. Inn. III., IX, n. 93 p. 175 nt. 8 mit dem Hinweis
auf Thomas Behrmann, Domkapitel und Schriftlichkeit in Novara (11.-
13. Jahrhundert). Sozial- und Wirtschaftsgeschichte von S. Maria und S. Gau-
denzio im Spiegel der urkundlichen Überlieferung, Tübingen, Niemeyer, 1994
(Bibliothek des Deutschen Historischen Instituts in Rom, 77), p. 55 u. 297,
ein Stammbaum der Familie Tornielli findet sich auf p. 308 seq.
L. (capellanus noster)
14. Juli 1211: Innozenz III. hatte den Kaplan L. zum Auditor in der Aus-
einandersetzung um die Benediktinerabtei Fontaine-Géhard (Diöz. Mans)
eingesetzt, XIV/87, PL, CCXVI (1891), col. 449D.
Der vierte Kreuzzug 93
Leo (capellanus)
The Gesta Innocentii III, p. 352: Nam de capellanis suis hos promovit ad
dignitates: ... Leonem in persbyterum cardinalem sancte Crucis.
Leo Brancaleone wurde 1200 zum Kardinaldiakon von S. Lucia in Sep-
tasolio erhoben und 1202 zum Kardinalpresbyter von S. Croce in Geru-
salemme promoviert, zu ihm cfr. Maleczek, Papst und Kardinalskolleg,
pp. 137-139; Maleczek, Zwischen lokaler Verankerung und universalem
Horizont, p. 148 n. 7.
Lotharius (subdiaconus noster)
9. Juli (1198): Er wirkte offenbar als Auditor in einem Prozess um Ein-
künfte der Pfarrkirche von Mestre zusammen mit den Kardinälen Petrus von
Piacenza, Kardinalpresbyter von S. Cecilia, und Petrus Capuanus, Kardinal-
diakon von S. Maria in Vialata. Alle drei werden als iuris periti bezeichnet,
Reg. Inn. III., I/1, n. 314.
Marescottus, Magister (subdiaconus noster)
5. März (1198): Marescottus ist unter Cölestin III. als Romane ecclesie
subdiaconus mit einem Exekutionsprozess in einer Pfründenangelegenheit
in Novara betraut worden, Reg. Inn. III., I/1, n. 40. 24. April 1198: Er ist
erneut mit der Exekution einer Pfründenvergabe beauftragt, Reg. Inn. III.,
I/1, n. 116. 27. Oktober (1198): Innozenz III. beauftragt Marescottus als
delegierten Richter zusammen mit anderen mit dem Pfründenprozess zwi-
schen Carnelus und dem Augustinerchorherrenstift S. Juvenzio in Pavia,
Reg. Inn. III., I/1, n. 405.
Marsicanus (subdiaconus et capellanus noster)
19. Juni (1198): Marsicanus war als delegierter Richter in einem Prozess
zwischen Abt Hugo von S. Zeno und dem Archipresbyter Musero von S. Pro-
colo bei Verona eingesetzt worden, Reg. Inn. III., I/1, n. 283. (Ca. 20. Sep-
tember 1198): Innozenz III. beauftragt Marsicanus zusammen mit seinem
Familiaren Johannes, die Treueide der Konsuln und des Volkes von Città di
Castello entgegenzunehmen, Reg. Inn. III., I/1, 369. 14. Juli (1199): Mar-
sicanus hatte als capellanus et subdiaconus noster offenbar bei einem Geld-
geschäft zwischen einem Bürger aus Anagni und dem Erzbischof Petrus III.
Suárez de Deza von Compostela vermittelnd gewirkt, was in diesem Schrei-
ben berichtet wird, Reg. Inn. III., II/1, n. 128. 24. Juni (1202): Innozenz III.
beauftragt den Bischof von Bitonto sowie Marsicanus mit der Überprüfung
der Wahl des Erzbischofs Gregor von Trani. Zwar hatte bereits der päpstli-
che Legat für das Königreich Sizilien, Petrus Gallocia, eine Untersuchung
angeordnet, doch wandten sich die Betroffenen direkt an Innozenz III.,
94 Jochen Johrendt
weshalb nun der namentlich nicht bekannte Bischof von Bitonto sowie der
Subdiakon Marsicanus mit der Angelegenheit betraut wurden Reg. Inn. III.,
V/1, n. 67. 16. September (1202): Die Untersuchung der Wahl in Trani
ist offenbar zugunsten Gregors abgeschlossen, denn Innozenz III. fordert
nun das Domkapitel auf, Gregor als Erzbischof anzuerkennen, Reg. Inn. III.,
V/1, n. 87. 9. Oktober (1204): Innozenz III. berichtet in der Retrospektive
bei der Übertragung von Gütern an seinen Bruder Richard Conti über die
Rolle des Marsicanus bei der Prüfung von Rechten des Klosters SS. Andrea e
Gregorio sul Celio als Richter, Reg. Inn. III., VII, n. 133.
Aufgrund seines Namens dürfte Marsicanus seiner Abstammung her aus
der Marsia kommen, zu ihm cfr. Elze, Die päpstliche Kapelle, p. 183 seq.
Martin de Summa, Magister (subdiaconus noster)
24. September 1202: Die durch den Bischof Saveric von Bath dem päpst-
lichen Subdiakon geraubten Besitzungen sind unverzüglich zurückzugeben
und dafür Buße zu leisten. Dazu beauftragt Innozenz III. Bischof Eustach
von Ely, den Abt Samson von Bury St. Edmunds und den Prior Gottfried
von Canterbury, Reg. Inn. III., V/1, n. 89; ebenso in Reg. Inn. III., V/1, n.
91 vom 28. September (1202).
Der Magister Martin de Summa entstammte einer Mailänder Familie, zu
ihm cfr. die Hinweise der Registereditoren zu Reg. Inn. III., V/1, n. 89 p. 180
nt. 28.
Matheus, Magister
April 1205: Matheus weilt in England, cfr. Helene Tillmann, Die
päpstlichen Legaten in England bis zur Beendigung der Legation Gualas
(1218), Bonn, H. Ludwig, 1926, p. 92.
Mattheus (subdiaconus noster)
17. November 1199: Die vertragliche Wiederherstellung des Friedens
zwischen Osimo und Recanati durch den Kardinalpriester Johannes von S.
Prisca erfolgt in Gegenwart mehrerer Zeugen, darunter auch des magistri
Matthei, domini pape subdiaconi … Carte diplomatiche Osimane, ed. Giosuè
Cecconi, Ancona, Tipografia del Commercio, 1878 (Documenti storici Osi-
mani, 1; Collezione di documenti storici antichi inediti ed editi rari delle
città e terre marchigiane, 4), pp. 107-109 n. 33 (36), hier p. 109.
Maximus, Magister (notarius et subdiaconus noster)
21. August 1212: Innozenz III. entsandte den dilectum filium magistrum
Maximum notarium nostrum zur Regelung von Angelegenheiten den Patri-
archen von Konstantinopel betreffend, nach Konstantinopel und bittet den
Klerus von Konstantinopel diesen vices nostras aufzunehmen XV/154, PL,
Der vierte Kreuzzug 95
CCXVI (1891), col. 674D. 21. August 1212: Innozenz III. wendet sich an
den lateinischen Kaiser und teilt ihm mit, dass er den magistrum Maximum
notarium nostrum entsandt habe, damit dieser die päpstliche Position bei
der Wahl bzw. Postulation eines neuen Partriarchen vertritt, XV/156, PL,
CCXVI (1891), col. 675A sowie die Anweisungen zur Wahl an Maximus
in XV/157, PL, CCXVI (1891), col. 675C. 3. Januar 1213: Innozenz III.
überträgt magistro Maximo notario nostro et Venturae thesaurario Veronesi
subdiaconis nostris die Aufgabe, Angelegenheiten in Zusammenhang mit der
Wahl des Bischofs von Treviso zu überprüfen, XV/197, PL, CCXVI (1891),
col. 726C. 10. April 1213: Der Notar und Subdiakon Magister Maximus
hatten einst zusammen mit dem Thesaurar V. von Verona (auch päpstlicher
Subdiakon) eine Klageschrift gegen den Bischof von Treviso an Innozenz III.
gebracht, XVI/19, PL, CCXVI (1891), col. 805A.
Maximus war Vizekanzler der päpstlichen Kanzlei, cfr. Elze, Die päpst-
liche Kapelle, p. 177.
Montanarius (subdiaconus noster)
23. Januar (1199): Innozenz III. schreibt Montanario und entscheidet
einen Pfründenprozess um das Priorat von S. Sabino bei Spoleto zwischen
diesem und dem Kleriker Philipp Pelagalli zugunsten des päpstlichen Subdi-
akons, Reg. Inn. III., I/1, n. 531.
Nicolaus (subdiaconus noster)
24. Juni (1204): Innozenz III. providiert seinen Subdiakon Nicolaus für
die Dompropstei am Kapitel von Vicenza, Reg. Inn. III., VII, n. 98.
Nicolaus war zudem von 1213 bis 1219 Administrator des Bistums
Vicenza, cfr. den Kommentar in der Registeredition p. 158 nt. 3.
Nicolaus (capellanus)
The Gesta Innocentii III, p. 352: Nam de capellanis suis hos promovit ad
dignitates: ... Nicolaum in episcopum Tusculanum (Tusculum).
Die Herkunft Nicolaus’ ist entgegen der Angaben bei Ciaconius unklar.
Bereits 1204 wurde er aus der päpstlichen Kapelle heraus von Innozenz III.
ins Kardinalskollegium berufen und zum Kardinalbischof von Tusculum
ernannt. Er starb 1218/19. Zu ihm cfr. Maleczek, Papst und Kardinalskol-
leg, pp. 147-150; Maleczek, Zwischen lokaler Verankerung und universa-
lem Horizont, p. 150 seq. n. 11.
Nicolaus (capellanus noster)
1204: Im Beschluss des Generalkapitels der Zisterzienser von 1204 wird
beschrieben: committitur abbati de Casemarii et nonno Nicholao, domini pape
capellano, qui procurent diligenter ... Josephus Maria Canivez, Statuta
96 Jochen Johrendt
Innozenz III. selbst zum Subdiakon geweiht (Cum igitur nos ipsum in subdia-
conum ecclesie Romane duxerimus assumendum ...), Reg. Inn. III., IX, n. 212;
ähnlich in Reg. Inn. III., IX, n. 213. 9. April 1210: Innozenz III. beauftragt
zwei Geistliche als delegierte Richter, die Pfründe Ottos betreffend, XIII/49,
PL, CCXVI (1891), col. 236B. 3. Oktober 2010: Innozenz III. wendet sich an
den Erzbischof und das Kapitel von Magdeburg und versucht die Wogen, die
aufgrund einer Verwerfung mit Otto entstanden sind, zu glätten, XIII/135, PL,
CCXVI (1891), col. 322B. 22. März 1211: Erneut interveniert Innozenz III.
in der causa Ottos, dessen Pfründe ein Walther für sich beansprucht (qui pro
praeposito Magdeburgensi se gerit), XIV/31, PL, CCXVI (1891), col. 407D.
Otto ist zudem von 1212 bis 1225 als Dompropst in Magdeburg nach-
zuweisen, cfr. den Kommentar der Registereditoren zu Reg. Inn., IX, n.
213 p. 386 nt. 3 mit dem Hinweis auf Das Erzbistum Magdeburg. 1,1: Das
Domstift St. Moritz in Magdeburg, edd. Gottfried Wentz (†), Berent Schwi-
neköper, Berlin-New York, Walter de Gruyter, 1972 (Germania Sacra, Alte
Folge, Abt. 1: Die Bistümer der Kirchenprovinz Magdeburg), p. 314.
P. (subdiaconus noster)
(August 1200): Innozenz III. erteilt P. subdiacono pape, qui ad dictam
ecclesiam Salesburgensem accedens de postulatione sive electione huiusmodi
einen Auftag, zu erschließen aus den Rubriken des Registers für das 18. und
19. Pontifikatsjahre Edition bei Monumenta vetera Slavorum meridionalium,
p. 51 seq. n. 163 (= Potthast R, n. 1132).
P. (subdiaconus noster)
(Ca. 1.-15. Dezember 1202): Innozenz III. überträgt eine Geldrente an
den päpstlichen Subdiakon P., Reg. Inn. III., V/1, n. 130. 13. Januar (1203):
Der päpstliche Subdiakon Heinrich wird zusammen mit dem Abt Raoul von
Deóls zum Exekutor eines päpstlichen Mandates ernannt, mit dessen Hilfe
der Neffe des päpstlichen Subdiakons Blasius, der päpstliche Subdiakon P., in
ein vakantes Kanonikat im Domkapitel von Nevers eingewiesen wird, Reg.
Inn. III. V/1, n. 141. 11. März (1203): Innozenz III. wendet sich nochmals
an Heinrich, um erneut die Exekution des Provisionsmandates zugunsten
des P. anzumahnen, Reg. Inn. III., VI, n. 19. 17. Februar 1207: Innozenz III.
befiehlt dem Bischof (wohl von Limoges) und dem Abt von S. Martin, den
Invasor der Besitzungen des P. subdiaconi et notarii nostri zu exkommunizie-
ren, Reg. Inn. III., X, n. 247, PL, CCXV (1891), col. 1099B.
P. (subdiaconus noster)
2. Januar 1212: Innozenz III. nimmt den päpstlichen Subdiakon
P,. der auch Propst (praepositus) in Embrun ist, mit seinem gesamten Besitz
100 Jochen Johrendt
Petrus (capellanus)
The Gesta Innocentii III, p. 352: Nam de capellanis suis hos promovit ad
dignitates: ... Petrum in episcopum Militensem (Mileto).
Petrus ist seit dem 25. August 1207 als Bischof des kalabrischen Mileto
nachzuweisen. Über seine Tätigkeit als päpstlicher Kaplan ist nichts bekannt,
cfr. zu ihm Kamp, Kirche und Monarchie, II, p. 818 seq.
Petrus Collivacinus/Petrus Beneventanus (subdiaconus et notarius?)
Er verbirgt sich eventuell hinter dem im März und im Juni 1205 genann-
ten päpstlichen Subdiakon P., siehe oben. Petrus Collivacinus, der auch
als Petrus Beneventanus erscheint, ist in den päpstlichen Registern nie als
päpstlicher Subdiakon gekennzeichnet. Zu Nennungen und Zuweisungen
in anderen Quellen cfr. Elze, Die päpstliche Kapelle, p. 176 nt. 184, sowie
Maleczek, Papst und Kardinalskolleg, p. 172 nt. 360.
Petrus Collivacinus wurde 1212 von Innozenz III. zum Kardinaldiakon
von S. Maria in Aquiro erhoben, 1216 wurde er zum Kardinalpresbyter
von S. Lorenzo in Damaso promoviert, bevor er ein Jahr später Kardi-
nalbischof von Sabina wurde. Zu ihm cfr. Maleczek, Papst und Kardi-
nalskolleg, pp. 172-174; Maleczek, Zwischen lokaler Verankerung und
universalem Horizont, p. 156 seq. n. 23; zu den unterschiedlichen Titula-
turen des Petrus Collivacinus in der Historiographie cfr. Elze, Die päpstli-
che Kapelle, p. 176 nt. 184. Powell, Innocent III and Petrus Beneventanus,
hatte sich zuletzt für eine Autorschaft des Petrus für die Gesta Innocentii
ausgesprochen.
Petrus de Corbolio (capellanus)
The Gesta Innocentii III, p. 352 seq.: Nam de capellanis suis hos promo-
vit ad dignitates: ... Petrum de Corbolio, qui fuerat doctor eius Parisiis, fecit
Cameracensem episcopum (Cambrai), et postea promovit eum in archiepisco-
pum Senonensem (Sens).
Petrus (de Firmana civitate) (subdiaconus noster)
10. Dezember 1206: Petrus fungiert als Zeuge in einer Urkunde des
Kardinaldiakon Guala von S. Maria in Porticu als domini Petri de Firmana
civitate domini pape subdiaconi, Giuseppe Cappelletti, Le chiese d’Italia
dalla loro origine sino ai nostri giorni, 21 voll., Venezia, Giuseppe Antonelli,
1844-1870, III (1845), p. 355.
Petrus Girau, Magister (subdiaconus et notarius noster)
(Ca. 18. Februar 1207): Innozenz III. berichtet in einem Schreiben vom
Tod des Magister Petrus und Übergriffen des Abtes Hugo von Solignac auf
dessen Mutter und Brüder, wofür sie exkommuniziert werden sollen, Reg.
Inn. III. IX, n. 265.
104 Jochen Johrendt
Innozenz III. wendet sich an den Bischof von Maguelone und fordert ihn
auf, die von ihm versprochenen 50 Mark für die Grafschaft Maguelone und
seine Kirche an Petrus Marcus zu zahlen, XV/173, PL, CCXVI (1891), col.
693D. 11. September 1212: Innozenz III. wendet sich an Raimund und
Elia de Caturcio/Cartucio und fordert sie auf, die in Gegenwart von Simon
von Montfort versprochenen 1.000 Mark (ad pondus Trecense) an Petrus
Marcus zu zahlen, XV/174, PL, CCXVI (1891), col. 694A. 11. September
1212: Innozenz III. beauftragt Petrus Marcus, die 1.000 Pfund, die er von
Raimund und Elia de Cartucio erhält, Aymarus, dem Thesaurar der Pariser
Templerkommende zukommen zu lassen, XV/175, PL, CCXVI (1891), col.
694B. 11. September 1212: Innozenz III. wendet sich an die beiden päpst-
lichen Legaten, den Erzbischof von Narbonne und den Bischof von Uzès
und fordert sie auf, alle Unterlagen, die Zehnten betreffend, Petrus Marcus
zugänglich zu machen, XV/176, PL, CCXVI (1891), col. 694C. Ohne
Datum: Innozenz III. transferiert den Bischof von Genf (Gebennensi) auf
den Erzstuhl von Embrun. Das Pallium überbringt ihm Petrus Marcus,
XV/177, PL, CCXVI (1891), col. 695C.
Zu Petrus Marcus cfr. Zimmermann, Die päpstliche Legation in der ers-
ten Hälfte des 13. Jahrhunderts, p. 65.
Petrus Pino (subdiaconus noster)
2. Januar 1213: Petrus Pino, der auch Kanoniker an S. Marco ist, hatte
sich an Innozenz III. gewandt, um seinen Anspruch auf eine Pfründe bestä-
tigt zu erhalten. Innozenz III. bestätigt ihm plebanatus de Rivoalto, XV/200,
PL, CCXVI (1891), col. 730B.
Petrus de Sasso (subdiaconus et capellanus noster)
19. Januar (1204): Innozenz III. hatte Petrus de Sasso nach Terracina
entsandt, um dort in die Auseinandersetzungen zwischen den Frangipane
und der Kommune von Terracina mäßigend einzugreifen, Reg. Inn. III., VI,
n. 204. The Gesta Innocentii III, p. 352: Nam de capellanis suis hos promovit
ad dignitates: ... Petrum in presbyterum cardinalem sancte Pudentiane.
Zu dem 1206 zum Kardinalpresbyter von S. Pudenziana erhobenen
Petrus de Sasso, der 1219 starb, cfr. Maleczek, Papst und Kardinalskol-
leg, p. 163 seq.; Maleczek, Zwischen lokaler Verankerung und universalem
Horizont, p. 153 n. 18. Zu seiner Entsendung nach Terracina cfr. Zimmer-
mann, Die päpstliche Legation in der ersten Hälfte des 13. Jahrhunderts, p. 57.
Petrus de Surrento (subdiaconus noster)
Zweite Hälfte August 1212: Die Stiftungsurkunde einer Kanoniker-
gemeinschaft in Amalfi unterschreiben nach dem Kardinalpresbyter Petrus
106 Jochen Johrendt
von S. Marcello auch Petrus de Surrento domini pape subdiaconus, Matteo
Camera, Memorie storico-diplomatiche dell’antica città e ducato di Amalfi, 2
voll., Salerno, Stablimento Tipografia Nazionale, 1876-1881, II (1881), p. XVIf.
Petrus Viterbiensis, Magister (capellanus noster)
19. Juni 1209: Innozenz III. berichtet in einem Schreiben an den Erzbi-
schof von Mainz und das Mainzer Domkapitel, dass dieser Petrus Viterbien-
sis aus freien Stücken eine freie Pfründe an der Mainzer Kirche zugewiesen
hatte, XII/73, PL, CCXVI (1891), col. 78D. Ebenso vom gleichen Tag in
XII/74, PL, CCXVI (1891), col. 79D.
Zu ihm cfr. Elze, Die päpstliche Kapelle, p. 187.
Philippus, Magister
Philipp ist weder in den Registern noch in den Gesta Innocentii bezeugt. Er
wird in anderen Quellen sowohl als Subdiakon als auch als Kaplan bezeichnet,
wobei er selbst sich in der Regel als magister und päpstlicher notarius bezeichnet.
Philipp erschien das erste Mal bereits 1200 in England, um Geld für
den Kreuzzug zu sammeln, cfr. Cheney, Pope Innocent III and England,
p. 41 und ad indicem; zu seiner Sammeltätigkeit Christopher Robert
Cheney, Master Philipp the Notary and the Fortieth of 1199, in «The Eng-
lish Historical Review», LXIII (1948), pp. 342-350. Für den Hinweis auf
Magister Philippus danke ich Barbara Bombi.
R. (subdiaconus noster)
16. April 1207: Der päpstliche Subdiakon R. soll dem Erzbischof Aegi-
dius von Ravenna das Pallium überbringen, Reg. Inn. III., X, n. 47.
Elze, Die päpstliche Kapelle, p. 183, geht von der Identität des subdiaco-
nus R. mit dem subdiaconus et familiaris des Papstes, Rainer, aus.
Raimund (I.) de Capella (subdiaconus noster)
(Ca. 1.-10. November 1198): Innozenz III. entsendet Raimund nach
Südfrankreich, um dort die Erzbischöfe bei der Bereitstellung von Truppen
und Geld für den geplanten Kreuzzug zu unterstützen, Reg. Inn. III., I/1,
n. 406. (Ca. 1.-10. November 1198): Raimund soll den exkommunizierten
Grafen Wilhelm von Forcalquier von der Exkommunikation absolvieren, falls
dieser das Kreuz nimmt, Reg. Inn. III., I/1, n. 407. (Ca. 1.-10. November
1198): Innozenz III. schreibt an den Edlen Raimund von Agoult, dass er Rai-
mund zu Graf Wilhelm von Forcalquier entsandt habe, damit der Graf in die
Hände Raimunds Buße tute und das Kreuz nehme, Reg. Inn. III., I/1, n. 408.
Raimund war zudem Dompropst in Marseille und in dieser Funktion
zwischen 1184 und 1203 nachzuweisen, cfr. den Kommentar der Registere-
ditoren zu Reg. Inn. III., I/1, n. 406 p. 609 nt. 10.
Der vierte Kreuzzug 107
Marco Rainini
I
l 30 agosto 1198 la cancelleria di Innocenzo III emanava un documento
con il quale il vescovo di Lydda veniva incaricato di andare ‘per Siciliam
ad proponendum verbum Domini pro liberatione illius terre, in qua ste-
terunt pedes eius’.1 Il vescovo si sarebbe aggiunto a una serie di ecclesiastici,
che vi vengono elencati: fra di essi – al terzo posto, dopo l’arcivescovo di
Trani e il vescovo di Conversano, e prima del priore di Sant’Andrea de Bene-
vento citra Farum, del vescovo di Siracusa e dell’abate della Sambucina – si
trova anche l’abate di Fiore.2 Con un successivo documento, di due giorni
successivo (1 settembre 1198), il papa concedeva agli stessi incaricati la
facoltà di assolvere dalla scomunica, ‘nostra auctoritate’, coloro che ne erano
stati colpiti per aver aggredito un ecclesiastico, a condizione che prendessero
parte alla spedizione in Terrasanta.3 Anche questa volta tra i destinatari tro-
1
Il documento è edito in Reg. Inn. III., I/1, n. 343, pp. 512-514.
2
‘Cum te credamus, immo teneamus pro certo, pro subventione terre nativitatis Dominice
fideliter hactenus laborasse ac certum nobis existat, quod adhuc super eodem laborare
diligenter intendas, sollicitudinem tuam venerabilibus fratribus nostris .. Tranensi
archiepiscopo, .. episcopo Cupersanensi et dilectis filiis .. abbati de Floribus, .. priori Sancti
Andree de Benevento citra Farum, venerabili vero fratri nostro .. Siracusano episcopo et
dilecto filio .. abbati de Sambucino per Siciliam ad proponendum verbum Domini pro
liberatione illius terre, in qua steterunt pedes eius et ubi Deus, rex noster, ante secula nostram
dignatus est operari salutem, venerabilibus fratribus nostris archiepiscopis, episcopis, et
dilectis filiis comitibus, baronibus, consulibus civitatum et populis per totum regnum Sicilie
constitutis immo ipsi etiam karissime in Christo filie nostre .. illustri imperatrici duximus
adiungendam, ut tanto libentius verbum vestrum recipiatur ab omnibus, quanto propositum
fuerit cum maioris devotionis affectu; et exilium tuum terre sancte detentionem et paganorum
barbariem, qui nec etati nec ordini detulerunt, mentibus omnium representando impressius
sigillabit’ (Reg. Inn. III., I/1, n. 343, pp. 512-514).
3
‘Eapropter, venerabilis in Christo frater, auctoritate tibi presentium indulgemus, ut eos,
qui terram sanctam in huius necessitatis articulo personaliter visitabunt, si ob manus iniectas
in clericum vinculo sint excommunicationis astricti, nostra fretus auctoritate absolvas’ (Reg.
Inn. III., I/1, n. 344, p. 514).
Legati, delegati e l’impresa d’Oltremare (secoli XII-XIII) / Papal Legates, Delegates and the Crusades (12th
13th Century), Maria Pia Alberzoni, Pascal Montaubin (eds), Turnhout 2014 (Ecclesia militans 3),
pp. 115-138
© F H GDOI: 10.1484/M.EMI-EB.5.103487
116 Marco Rainini
viamo l’abate di Fiore – l’unico tra gli ecclesiastici incaricati dal documento
precedente a non essere elencato tra coloro a cui era destinata questa ulteriore
lettera è l’abate della Sambucina.4
I documenti in questione testimoniano dunque la volontà, da parte delle
curia romana, di coinvolgere Gioacchino da Fiore nella predicazione della
crociata – per altro, si tratta delle prime testimonianze di rapporti tra la curia
di Innocenzo III e l’abate calabrese.5 I motivi per una partecipazione di Gioac-
chino all’impresa non mancavano. La storiografia degli ultimi due decenni
ha potuto verificare e sviluppare le osservazioni proposte a suo tempo già da
Herbert Grundmann, e in controtendenza rispetto all’immagine tracciata
per esempio da Enrico Buonaiuti, e ha evidenziato come l’abate calabrese
sia rimasto in realtà a stretto contatto con le gerarchie, e in particolare con
la sede apostolica, negli anni del suo abbaziato, prima a Corazzo e poi a San
Giovanni in Fiore.6
4
Si tratta, per altro, di Luca, già monaco di Casamari e futuro arcivescovo di Cosenza, le
cui strette relazioni con Gioacchino sono bene note: il testo delle sue Memorie è fra l’altro –
con una Vita di un autore anonimo – la fonte più importante per la biografia di Gioacchino
da Fiore: un’edizione dei due testi di può consultare in Herbert Grundmann, Zur
Biographie Joachims von Fiore und Rainers von Ponza, in «Deutsches Archiv für Erforschung
des Mittelalters», XVI (1960), pp. 437-546, in partic. pp. 528-544 (ristampato in Id.,
Ausgewählte Aufsätze, 3 voll., Stuttgart, Hiersemann, 1973-1978 (Monumenta Germaniae
Historica. Schriften, 25), II (1977), pp. 255-360, e ora nella trad. it.: Id., Per la biografia
di Gioacchino da Fiore e di Raniero da Ponza, in Id., Gioacchino da Fiore. Vita e opere, ed.
Gian Luca Potestà, Roma, Viella, 1997 (Opere di Gioacchino da Fiore: testi e strumenti, 8),
pp. 101-202, in partic. pp. 183-197).
5
È possibile che questi non siano gli unici due documenti che lo stesso abate di Fiore ricevette
a proposito della predicazione della crociata, tra la tarda estate del 1198 e la primavera
dell’anno successivo: il già citato documento al vescovo di Lydda del 30 agosto 1198 notifica
al presule che potrà avere ulteriori informazioni sull’organizzazione della spedizione ‘ex
forma litterarum communium’ che verranno inviate – o verrà inviata; la forma latina litterae
è evidentemente ambigua – ‘tibi et predictis sociis tuis’, cioè agli ecclesiastici incaricati della
predicazione, indicati più sopra (cfr. Reg. Inn. III., I/1, n. 343, pp. 512-514). Riguardo alle
relazioni fra Gioacchino e Innocenzo III, oltre agli studi indicati infra, nt. 29, si veda Gian
Luca Potestà, Il tempo dell’Apocalisse. Vita di Gioacchino da Fiore, Roma, Laterza, 2004
(Collezione Storica), pp. 360-364.
6
Sulle diverse prospettive di Grundmann e Buonaiuti rinvio a Gian Luca Potestà,
Herbert Grundmann storico di Gioacchino da Fiore, in Grundmann, Gioacchino da Fiore,
pp. VII-XXXIII. Più in generale, per una ricca e documentata ricostruzione della figura
di Gioacchino si veda il già citato volume dello stesso Gian Luca Potestà, Il tempo
dell’Apocalisse; inoltre, soprattutto per le relazioni dell’abate con le istituzione ecclesiastiche e
secolari relativamente alla sua nuova fondazione monastica, si veda Valeria De Fraja, Oltre
Gioacchino da Fiore predicatore 117
Cîteaux. Gioacchino da Fiore e l’Ordine florense, Roma, Viella, 2006 (Opere di Gioacchino da
Fiore: testi e strumenti, 19).
7
Jean Flori, L’Islam et la fin des temps. L’interpretation prophétique des invasions musulmanes
dans la chrétienté médiévale, Paris, Seuil, 2007 (L’Univers historique), in partic. pp. 160-
164, riguardo ad Alvaro di Cordova (alla metà del IX secolo); cfr. Christian Jostmann,
Sibilla Erithea Babilonica. Papsttum und Prophetie im 13. Jahrhundert, Hannover, Hahn,
2006 (Monumenta Germaniae Historica. Schriften, 54), p. 250, che in proposito avvicina
anche la Summa totius haeresis Saracenorum di Pietro il Venerabile, abate di Cluny (†1156),
e – interessante anche oltre il caso di Saladino, indicato nel titolo – Dirk Jäckel, Saladin
und Antichrist. Das andere Bild vom Ayyubidensultan im 12. Jahrhundert, in Antichrist.
Konstruktionen von Feindbildern, edd. Wolfram Brandes, Felicitas Schmieder, Berlin,
Akademie, 2010. Più in generale, si veda anche il classico Richard William Southern,
Western Views of the Islam in the Middle Ages, Cambridge (Mass.), Harvard University Press,
1962. Su Gioacchino e l'Islam si veda ora Michelina Di Cesare, Gioacchino orientalista. Il
primo secolo di storia islamica nelle opere di Gioacchino da Fiore e le sue fonti, "Annali di scienze
religiose", 5 (2012), pp. 13-41.
8
Sulle doppie linee di persecuzione mi permetto di rinviare a Marco Rainini, Disegni
dei tempi. Il ‘Liber Figurarum’ e la teologia figurativa di Gioacchino da Fiore, Roma, Viella,
2006 (Opere di Gioacchino da Fiore: testi e strumenti, 18), pp. 85-144; più in generale,
per un’introduzione al sistema della ‘concordia’ si vedano il classico studio di Henry
Mottu, La manifestazione dello Spirito secondo Gioacchino da Fiore. Ermeneutica e teologia
della storia secondo il ‘Trattato sui quattro Vangeli’, Torino, Marietti, 1983 (Dabar. Saggi
teologici, 6), pp. 88-110 (edizione originale: La manifestation de l’Esprit selon Joachim de
Fiore, Neuchâtel-Paris, Delachaux et Niestlé, 1977), e Potestà, Il tempo dell’Apocalisse,
pp. 128-156. Sulla valenza politica di questa riflessione si veda lo studio dello stesso Gian
Luca Potestà, Apocalittica e politica in Gioacchino da Fiore, in Endzeiten: Eschatologie in
den monotheistischen Weltreligionen, edd. Wolfram Brandes, Felicitas Schmieder, Berlin - New
York, Walter de Gruyter, 2008 (Millenium-Studien. Studien zu Kultur und Geschichte des
ersten Jahrtausends n. Chr., 16), pp. 231-248.
118 Marco Rainini
9
Cfr. ad esempio: ‘Sextum caput draconis ille est, de quo dicitur in Daniele: Alius rex surget
post eos, et ipse potentior erit prioribus, quamvis initium sexti capitis a rege isto Turchorum
Saladino nomine sumptum putem, qui nuper calcare cepit sanctam civitatem, quique
peccatis nostris exigentibus in cervicibus Christianorum supra quam putavimus crassatus
est’ (Ioachim abbas florensis, Liber introductorius, in Id. Expositio in Apocalypsim,
Frankfurt am Main, Minerva, 1964 [Venezia, Franciscus Bindoni, Mapheus Pasini, 1527],
ff. 2v-26v: 10ra).
10
Per quanto segue, oltre al già citato Rainini, Disegni dei tempi, pp. 113-123, si
veda Alexander Patschovsky, Der heilige Kaiser Heinrich ‘der Erste’ als Haupt des
apokalyptischen Drachens: Über das Bild des römisch-deutschen Reiches in der Tradition
Joachims von Fiore, in «Florensia», XII (1998), pp. 19-52 (= The Holy Emperor Henry ‘the
First’ as One of the Dragon’s Heads of Apocalypse: On the Image of the Roman Empire in the
Tradition of Joachim of Fiore, in «Viator», XXIX (1998), pp. 291-322).
11
Cfr. figure 1 e 2. L’indicazione ad un ‘Henricus primus’ imperatore è inequivocabile, e
attestata univocamente, nelle diverse opere e – per quanto abbia potuto constatare dagli
apparati critici, oltre che dalle mie ricognizioni – nei diversi manoscritti: ‘Sane circa finem
surrexit rex alius in Babilone, per quem humiliata est ualde superbia Iherusalem; secundum
quod et nunc a diebus Henrici primi, imperatoris Alamannorum, quibusdam intricatis
questionibus angustatur ecclesia’ (Ioachim abbas florensis, Liber de Concordia Novi
ac Veteris Testamenti, ed. Emmett Randolph Daniel, in «Transactions of the American
Philosophical Society», nuova ser. LXXIII (1983), fasc. 8, sect. III, 2, 5, p. 301); ‘Ita in
tempore ecclesie quinto, et maxime a diebus Henrici primi imperatoris Alamanorum,
mundani principes qui christiani dicuntur et qui primo videbantur venerari clerum, deterius
pre gentibus que ignorant Deum auferre quesierunt libertatem ecclesie et quantum ad eos
pertinet abstulisse noscuntur’ (Ioachim abbas Florensis, Liber introductorius, f. 7vb);
‘Dicitur ab angelo: Quinque ceciderunt et unus est, nisi ut aperte intelligatur quod post
Herodem, qui primo tempore persecutus est Christum, post Neronem, qui pertinentem
ad secundum tempus inchoavit persecutionem paganorum, post Constantium Arrianum,
qui tertio tempore inchoavit persecutionem Arrianorum, post Moameth sive eum qui
prius regnavit in secta eius, a quo quarto tempore inchoata est persecutio Saracenorum,
post Henricum primum imperatorem Alamannorum, qui cepit quinto tempore infestare et
Gioacchino da Fiore predicatore 119
impugnare libertatem ecclesie, iste unus sextus, cui subiecti erunt illi decem reges quorum
supra fecimus mentionem, succedet sexto loco et tempore, peracturus generalem illam
tribulationem in qua soli illi evasuri sunt quos suscipiet archa’ (Ioachim abbas Florensis,
Sermones, ed. Valeria De Fraja, Roma, Istituto storico italiano per il Medio Evo, 2004 (Fonti
per la storia dell’Italia medievale. Antiquitates, 18), p. 59 (sect. I.3)). D’altro canto, è tuttavia
degno di nota che nelle figure degli alberi ascendenti e discendenti del ‘libro delle Figure’
il quinto sigillo, in corrispondenza del quale Gioacchino pone la persecuzione della ‘nuova
Babilonia’ degli imperatori tedeschi, sia posto all’altezza dell’indicazione a Gregorio VII –
ciò che farebbe pensare piuttosto a Enrico IV, il cui figlio, Enrico V, è per altro esplicitamente
ricordato nel testo di queste stesse figurae: Oxford, Corpus Christi College, 255A, ff. 6v e
15r; cfr. l’edizione, Il libro delle figure dell’abate Gioacchino da Fiore, edd. Leone Tondelli,
Marjorie Reeves, Beatrice Hirsch-Reich, 2 voll., Torino, SEI, 1953², II, tavv. IV e X . Riguardo
al problema dell’impero tedesco come ‘nuova Babilonia’ si veda Herbert Grundmann,
Kirchenfreiheit und Kaisermacht um 1190 in der Sicht Joachims von Fiore, in «Deutsches
Archiv für Erforschung des Mittelalters», XIX (1963), pp. 353-396 (ristampato in Id.,
Ausgewählte Aufsätze, II, pp. 361-402; trad. it.: Id., Libertà della Chiesa e potere imperiale
intorno al 1190 nella visione di Gioacchino da Fiore, in Id., Gioacchino da Fiore, pp. 203-242).
12
Nelle figure 1 e 2 vengono riportate due versioni, nelle quali è evidente il diverso peso
assunto dalla figura di Federico II in questo scenario apocalittico: nella figura 1, realizzata con
ogni probabilità all’interno dei circoli gioachimiti nell’orbita dei frati Minori, la settima testa,
identificata con l’imperatore svevo, assume dimensioni enormi, rispetto alle altre; ciò che non
avviene nella versione dell’altro manoscritto, riportato in figura 2 e databile dopo il 1250,
che pur mantenendo l’identificazione, sposta l’attesa su un ulteriore successore, come si può
evincere dal testo scritto della tavola: cfr. Rainini, Disegni dei tempi, p. 116.
13
‘Siquidem ut sub sexto signaculo percussa est vetus Babilon, it et sub VIa apertione que
nunc est percutietur nova’ (Il libro delle figure, II, tab. XIV); cfr. anche il testo alla nt. 15.
120 Marco Rainini
14
Cfr. quanto Gioacchino afferma nella Expositio vite et regule beati Benedicti e nei Capitula
de velamine Moysi: ‘Quod ait Iohannes de capite bestie: Vidi unum de capitibus bestie <…>,
in regno isto Sarracenorum orientalium complendum est, sive factum sit, ut iam dixi, sive
adhuc forsitan faciendum. Quocumque autem modo id fiat: in ipso capite aut modo est
aut in proximo erit rex ille undecimus, qui putabit quod possit mutare tempora et leges, et
tradentur in manu eius per tempus, et tempora, et dimidium temporis. Primo autem percutiet
Babilonem, hoc est populum christianum versum in Babilonem, et ita faciet prelium adversus
sanctos; et de primo quidem exultabit Ecclesia, de secundo lugebit. […] Ex utroque vero aperte
colligitur, quod rex ille undecimus sit vicarius draconis, et quod illo divinitus interfecto draco
retrudatur in abysso et regnum detur sanctis Excelsi. In Apocalipsi autem habetur amplius,
quod cum bestia erit pseudopropheta – hoc est secta paterinorum – et reges terre, videlicet,
omnium paganorum. […] Et fortassis ille Orientalis erit quasi pater, eo quod draco ipse habitet
in eo, iste autem, quasi filius draconis, eo quod se nominet ‘filium Dei’, ut quomodo Deus
Pater operatus est in Oriente, Filius vero eius in Occidente – hoc est ille proprie in populo
Ebreorum, ille proprie in populo romano, licet in utroque uterque –, ita draco per seipsum,
ingressus cornu illud undecimum, persequatur orientalem plagam, et mox subsequatur
‘filius’ eius, operans opera patris eius in Occidente in signis et prodigiis, et principetur ipse in
pseudoprohetis quomodo draco in bestia’ (Ioachim de Flore, Tractatus in expositionem vite
et regule beati Benedicti. Cum appendice fragmenti (I) de duobus prophetis in novissimis diebus
praedicaturis, ed. Alexander Patschovsky, Roma, Istituto Storico italiano per il Medioevo,
2008 (Fonti per la storia dell’Italia medievale. Antiquitates, 29), sect. III, 6, pp. 264-269, ‘Iste
unus sextus, cui subiecti erunt illi decem reges quorum supra fecimus mentionem, succedet
sexto loco et tempore, peracturus generalem illam tribulationem in qua soli illi evasuri sunt
quos suscipiet archa, soli de quibus dicit Petrus: Novit Deus pios de temptatione eripere.
Quod autem subiunctum est: Et unus nondum venit, subauditur septimus, ad exordium sexte
tribulationis referendum est. Arbitror enim septimum istum regem contemporaneum aut fere
contemporaneum sexto, respicere autem in concordia pessimum illum Aman, qui, ut continet
Hester istoria, decrevit Iudeorum genus etiam delere de terra’ (ioachim Abbas Florensis
Sermones, sect. I.3, p. 59); a riguardo rinvio inoltra a quanto osservato in Rainini, Disegni dei
tempi, pp. 94-99.
15
‘Post plagam ergo istam que iam ex parte aliqua inchoata est, erit victoria Christianis,
et gaudium timentibus nomen Domini, prostrato capite illo bestie super quo regnat sextus
rex, et usque pene ad internecionem et consumptionem deducto. Deinde post paucos annos
curabitur plaga eius, et rex qui erit super illud [caput], sive sit iste Salahadinus si adhuc vivet,
sive alius pro eo, congregabit exercitum’ (Il libro delle figure, II, tab. XIV).
Gioacchino da Fiore predicatore 121
16
Rogerius de Hoveden, Chronica, ed. William Stubbs, Rolls Series 51/III (1870),
pp. 75-79. Il racconto di Roberto d’Auxerre si trova in Robertus Sancti Mariani
Autissiodorensis, Chronicon, ed. Oswald Holder Egger, MGH. SS 26 (1882), p. 255.
17
Gesta regis Henrici secundi Benedicti abbatis. The chronicle of the reigns of Henry II and
Richard I a.D. 1169-1192; now commonly under the name of Benedict of Peterborough, ed.
William Stubbs, Rolls Series 49/II, (1867), pp. 151-155; per la paternità del testo, già
attribuito a Benedetto di Peterborough, si veda Doris Mary Stenton, Roger of Howden
and ‘Benedict’, in «English Historical Review», LXVIII (1953), pp. 574-582. A riguardo, si
veda ora L’Anticristo, edd. Gian Luca Potestà, Marco Rizzi, Roma, Fondazione Lorenzo Valla;
Milano, Mondadori, 2012 (Scrittori greci e latini), II, pp. 483-494.
18
Grundmann, Per la biografia, p. 162 nt. 106; cfr. inoltre gli studi indicati alla nt. 27.
19
‘Eodem anno [1190] Ricardus rex Angliae, audiens per communem famam, et multorum
relationem, quod quidam vir religiosus erat in Calabria, dictus Johachim, abbas de Curacio,
de ordine Cistrensi, habens spiritum propheticum, et ventura populo praedicebat, misit pro
eo, et libenter audiebat verba prophetiae illius, et sapientiam et doctrinam’ (Rog. Hoveden,
Chron., p. 75). Noto, di passaggio, che in questo testo Gioacchino è ancora definito abbas
de Curacio, de ordine Cistrensi; evidentemente, a due anni di distanza dall’abbandono di
Corazzo, la posizione dell’abate non era ancora chiara: cfr. Potestà, Il tempo dell’Apocalisse,
pp. 231-240.
122 Marco Rainini
20
Gesta regis Henrici, p. 151.
21
‘Et licet praedictus abbas de Curacio hanc sententiam de adventu Antichristi proferret,
tamen Walterus Rothomagensis archiepiscopus, et archiepiscopus de Appamia, et Girardus
Auxiensis archiepiscopus, et Johannes Ebroicensis, et Bernardus Baoniensis episcopi, et alii
viri ecclesiastici, in Divinis scripturis bene eruditi, nitebantur probare in contrarium; et
quamvis multa argumenta verisimilia hinc et inde proferrent, tamen adhuc sub iudice lis est’
(Rog. Hoveden, Chron., p. 79).
22
‘Joachim in expositione sua ponit septem principes ecclesiae persecutores, quorum nomina
haec sunt: Herodes, Nero, Constantius, Maumet, Melsemutus, Saladinus, Antichristus’
(Rog. Hoveden, Chron., pp. 76-77); cfr. il medesimo elenco nei Gesta regis Henrici, p. 152.
23
Ioachim de Flore, Expositio in Apocalypsim, sect. II, ff. 113vb-123rb; per quanto segue
rinvio ancora a Rainini, Disegni dei tempi, pp. 122-123.
24
Cfr. figura 3; per un’edizione del testo si veda il già citato Il libro delle figure dell’abate,
tab. XIV.
Gioacchino da Fiore predicatore 123
25
Vedi il testo riportato alle ntt. 13 e 15.
26
Rainini, Disegni dei tempi, pp. 230-231.
27
David Corner, The ‘Gesta regis Henrici Secundi’ and ‘Chronica’ of Roger, Parson of
Howden, in «Bulletin of Institute of Historical Research», LVI (1983), pp. 126-144, in
partic. 127; Id., The Earliest Surviving Manuscripts of Roger of Howden’s ‘Chronica’, in
«English Historical Review», LXLVIII (1983), pp. 297-310; cfr. Patschovsky, Der heilige
Kaiser, p. 31 nt. 40.
28
A riguardo si veda lo studio di Matthias Kaup, ‘De prophetia ignota’. Eine frühe Schrift
Joachims von Fiore, Hannover, Hahnsche Buchhandlung, 1998 (Monumenta Germaniae
Historica. Studien und Texte, 19), trad. it.: Ioachim de Flore, Commento a una profezia
ignota, ed. Matthias Kaup, Roma, Viella, 1999 (Opere di Gioacchino da Fiore: testi e
strumenti, 10), in partic. le pp. 1-22; inoltre, Potestà, Il tempo dell’Apocalisse, pp. 57-67.
29
Christoph Egger, Papst Innozenz III. als Theologe, in «Archivum Historiae
Pontificiae», XXX (1992), pp. 55-123, in partic. 100-113; Id., Joachim von Fiore, Rainer
von Ponza und die römische Kurie, in Gioacchino da Fiore tra Bernardo di Clairvaux e
Innocenzo III. Atti del 5° Congresso internazionale di studi gioachimiti; San Giovanni in Fiore,
16-21 settembre 1999, ed. Roberto Rusconi, Roma, Viella, 2001 (Opere di Gioacchino da
Fiore: testi e strumenti, 13), pp. 129-162; Fiona Robb, Did Innocent III personally condemn
Joachim von Fiore?, in «Florensia», VII (1993), pp. 77-91; Ead., Joachimist Exegesis in the
Theology of Innocent III and Rainier of Ponza, in «Florensia» XI (1997), pp. 137-152.
30
Su questo tema rinvio a Fiona Robb, The Fourth Lateran Council’s Definition of Trinitarian
Ortodoxy, in «Journal of Ecclesiastical History», XLVIII (1997), pp. 22-43; Alessandro
Ghisalberti, Monoteismo e trinità nello ‘Psalterium decem cordarum’, in Gioacchino da Fiore
124 Marco Rainini
34
Mottu, La manifestation de l’Esprit, p. 121 (trad. it. Mottu, La manifestazione dello
Spirito, p. 109); riguardo a questo tema rinvio a quanto osservato in Rainini, Disegni dei
tempi, pp. 18-21.
35
‘Scimus partem meridianam, quam ordo heremiticus et virgineus specialius incolebat, non
longe post obitum beati pape Gregorii primo quidem a gente Persarum, deinde a rege Arabum
occupatam fuisse. Sub eisdem namque temporibus famosa illa Sarracenorum heresis ac si vena
corrupti laticis super terram erupit, per quam multitudo hominum incolentium heremum tum
vi, tum pravis monitis a fide christiana evulsa est, precipue in regione Thebayde et Egypti, ubi
maxima illius ordinis multitudo degebat. Que videlicet heresis et versutia diabolice fraudis,
legem illam dico sacrilegam quam instituit Mahometh, eo contraria est voto virginum et
professoribus caste vite, quo et summum gaudium et summum bonum tradidit esse luxuriam,
promittens eam et post finem mundi sectatoribus suis’ (ioachim abbas florensis,
Expositio in Apocalypsim, sect. III, f. 130ra); cfr. inoltre un passo successivo: ‘Si ergo in quarto
tempore consumata est legatio ista, ego hunc angelum volantem per medium celum, qui ita
intonuit diem iudicii, sanctum papam Gregorium fore puto, cui nichil inter omnia que scribit
a Deo familiare fuisse constat, quam timorem omnipotentis Dei et diem extremi iudicii
hominibus suadere, maxime quia in diebus eius exordiri iam inceperat Mahometh telam suam,
per quam data est occasio ut bestia illa quarta, cuius superius fecimus mentionem, egrederetur
de loco suo et faceret in multis locis iudicium quod per eam omnipotens Deus faciendum
prescivit’ (ibid., f. 173ra-b); cfr. con il testo di Innocenzo III riportato alla nt. 32.
36
Oltre al classico e discusso Paul Alphandery, Alphonse Dupront, La Chrétienté et
l’idée de croisade, 2 voll., Paris, A. Michel, 1954-1959, trad. it. Id., La cristianità e l’idea di
crociata, Bologna, Il Mulino, 1974 (Nuova Collana Storica), rinvio a André Vauchez, Les
composantes eschatologiques de l’idée de croisade, in Le concile de Clermont de 1095 et l’appel
à la croisade. Actes du colloque universitaire international de Clermont-Ferrand; 23-25 juin
1995, Rome, École française de Rome, 1997 (Collection de l’École française de Rome, 236),
126 Marco Rainini
pp. 233-243, e al già citato Flori, L’Islam et la fin des temps, pp. 296-312; un quadro con
ulteriori indicazioni bibliografiche si trova in Giuseppe Ligato, Le vicende della crociata
lombarda. Gerusalemme o ‘regnum Babilonicum’?, in Deus non voluit. I Lombardi alla prima
crociata (1100-1101). Dal mito alla ricostruzione della realtà. Atti del Convegno; Milano, 10-
11 dicembre 1999, edd. Giancarlo Andenna, Renata Salvarani, Milano, Vita e pensiero, 2003,
pp. 31-103, in partic. pp. 46-67.
37
Per la ricostruzione che segue mi baso soprattutto su Valeria De Fraja, Una vocazione
d’oltralpe: Iohannes de Baiona, monaco florense, in «Florensia», XI (1997), pp. 41-66; si
vedano in partic. le pp. 60-63.
38
L’inventario settecentesco fu compilato dal padre Isacco Bongiovanni, incaricato
dall’abate cisterciense di Fiore, padre Gioacchino Carelli, e copiato da Nicola Venusio, uditore
a Cosenza e Catanzaro, durante un’indagine per la ‘ricognizione e la visita di tutti i termini
e confini’ svolta in qualità di Commissario per la Regia Sila tra il 1771 e il 1778. I risultati
dell’accurato lavoro del Venusio furono trascritti in sette volumi, tre per la ‘Sila abbadiale’,
i rimanenti per la Sila più in generale: i tre volumi della ‘Sila abbadiale’ sono recentemente
passati alla Biblioteca provinciale di Matera. Lo stesso Venusio ebbe modo di visitare l’archivio
di Fiore, al fine di verificare le effettive giacenze: cfr. lo studio e l’edizione di Pietro De
Leo, I manoscritti di Nicola Venusio e la ricostruzione del cartulario florense, in «Florensia»,
X (1996), pp. 7-107.
39
Matera, Biblioteca Provinciale, 21/II, fasc. VIII, n. 11 («Instrumentum donationis
factae monasterio florensi forestae, pomerii et vinealis, loco dicto Canale per quandam
viduam nomine Dulcissimam, anno 1198»: cfr. De Leo, I manoscritti di Nicola Venusio,
p. 97; De Fraja, Oltre Cîteaux, p. 213, Appendice documentaria, n. 3.13, e ibid. p. 158; cfr.
inoltre Ead., Una vocazione d’oltralpe, p. 62 nt. 107). La menzione dell’abbas Rogerius si
trova solo in una nota a margine dell’indicazione a un documento di Costanza d’Altavilla del
gennaio 1198 in favore di Fiore, nello stesso inventario: ‘Nel mese di marzo di questo anno
Gioacchino da Fiore predicatore 127
1198 era forse l’abate Gioacchino tuttavia a Palermo, poiché avendo in detto mese la vedova
Dulcissima donato al munistero un giardino, un vignale ed una foresta, dice ‘tibi abbas Rogerii
et monasterio Sancti Iohannis de Flore’. Vedi la carta fasc. 8 num 11’ (Matera, Biblioteca
Provinciale, 21/I, f. 142v).
40
Segnalo solo alcuni casi: nel fascicolo I, n. 5 il padre Bongiovanni, autore dell’inventario
riportato dal Venusio, aveva segnalato 1206 per l’anno VI di pontificato di Innocenzo III
(indicato nel corrige del Venusio; De Leo, I manoscritti di Nicola Venusio, p. 83); nel fascicolo
II al n. 12, l’indicazione del Bongiovanni per un privilegio di Federico II all’anno 1220 è
di nuovo corretta dal Venusio con 1222 (ibid., p. 85); nel fascicolo V ai nn. 2 e 3 trovo due
documenti di Innocenzo III datati addirittura al 1490, senza alcun corrige da parte del Venusio
(ibid., p. 91).
41
‘Eapropter, dilecti in Domino fratres, vestris iustis petitionibus grato concurrentes
assensu molendinum quoddam in flumine Cardonis situm, vineas, terras et quecumque
abbas Rogerius in tenimento Cusentie iustis emptionibus seu fidelium oblationibus
aquisivit, vobis et monasterio vestro auctoritate legationis qua fungimur confirmamus’
(Matera, Biblioteca Provinciale, 21/II, f. 41r; ed. in De Fraja, Oltre Cîteaux, pp. 243-
244, Appendice documentaria, n. 4.5). Su Gregorio di Galgano: Werner Maleczek, Papst
und Kardinalskolleg von 1191 bis 1216. Die Kardinäle unter Coelestin III. und Innocenz III.,
Wien, Verlag der Österreichischen Akademie der Wissenschaften, 1984 (Publikationen
des Historischen Instituts beim Österreichischen Kulturinstitut in Rom. Abteilung, 1.
Abhandlungen, 6), pp. 151-153.
42
Matera, Biblioteca Provinciale, 21/II, fascicolo V, n. 25 (cfr. De Leo, I manoscritti
di Nicola Venusio, p. 93; De Fraja, Oltre Cîteaux, pp. 217-218, Appendice documentaria,
n. 3.18).
128 Marco Rainini
che i suoi scritti non ancora noti presso la curia fossero sottoposti al giudizio
della sede apostolica.43 Rogerius potrebbe dunque essere uno di questi coab-
bates: Gioacchino, assente, avrebbe lasciato momentaneamente a questi gli
oneri dell’abbaziato di Fiore.44
La questione più importante, per il nostro problema, è però relativa allo
stile di datazione adottato nella donazione della vedova Dulcissima. Se il
documento fosse stato vergato secondo lo stile dell’Incarnazione al modo
fiorentino – che in Calabria pare diffondersi a partire dagli anni immediata-
mente successivi45 –, ci troveremmo con buona probabilità di fronte ad un
documento da datare al marzo 1199:46 questo significherebbe spostare l’as-
senza di Gioacchino dal suo monastero all’indomani dei documenti papali
che ne attestano il coinvolgimento nella predicazione della crociata.
Ulteriori elementi, che sembrano avvalorare l’ipotesi che in questo
periodo l’abate calabrese fosse lontano da Fiore, emergono da un episo-
43
Cfr. l’edizione di Emmett Randolph Daniel: ‘Rogo ex parte dei omnipotentis coabbates
meos et priores et ceteros fratres metuentes dominum et ea qua posse videor auctoritate
precipio, quatinus presens scriptum aut exemplar habentes secum ac si pro testamento opuscula
que hactenus confecisse videor et si quid me de nouo usque ad diem obitus mei contingerit
scriptitare quamcitius poterint collecta omnia, relictis in salua custodia exemplaribus,
apostolico examini representent recipientes ab eadem sede uice mea correctionem’
(Testamentum domini Ioachim primi Florensis abbatis, in Ioach. Flor., Liber de Concordia,
pp. 4-6: 4).
44
Sul problema della configurazione istituzionale dell’ordo florense in questi anni si veda De
Fraja, Oltre Cîteaux, pp. 151-170.
45
Sugli stili di datazione seguiti in Calabria in questi anni si veda Alessandro Pratesi,
Carte latine di abbazie calabresi provenienti dall’Archivio Aldobrandini, Città del Vaticano,
Biblioteca apostolica Vaticana, 1958 (Studi e testi, 197), pp. LI-LV: fra i documenti editi da
Pratesi, che coprono un arco di tempo fra il 1065 e il 1266, il primo a presentare una datazione
secondo lo stile dell’Incarnazione al modo fiorentino è del 24 marzo 1202 (ibid., n. 66,
pp. 166-168).
46
Nel caso fosse adottato lo stile dell’Incarnazione al modo fiorentino, e se il documento
fosse stato vergato entro i primi ventiquattro giorni del mese, sarebbe da datare al 1199 – la
probabilità che rientri nei sette ultimi giorni del mese, caso in cui sarebbe invece da datare
comunque al 1198, è evidentemente più bassa. A riguardo, va notato che in De Fraja, Oltre
Cîteaux, p. 213, Appendice documentaria, n. 3.13, la datazione è fissata come ‘1198 marzo’,
attenendosi a quanto si trova nell’elenco settecentesco, e tuttavia in alcuni passaggi del volume
(ibid., pp. 164 e 218), e soprattutto in De Fraja, Una vocazione d’oltralpe, p. 62 n. 107, viene
proposta l’interpretazione secondo lo stile dell’Incarnazione al modo fiorentino, e quindi
la datazione al marzo 1199. Anche da colloqui intercorsi successivamente con la stessa De
Fraja, emerge come la questione non sia risolvibile sulla base della documentazione in nostro
possesso.
Gioacchino da Fiore predicatore 129
47
De Fraja, Una vocazione d’oltralpe, pp. 41-66; Potestà, Il tempo dell’Apocalisse,
pp. 22-23: il problema era stato già affrontato, in maniera meno approfondita, da
Herbert Grundmann, Kleine Beiträge über Joachim von Fiore, in «Zeitschrift für
Kirchengeschichte», XLVIII (1929), pp. 137-165, in partic. pp. 163-164; cfr. l’edizione in
Antonio Maria Adorisio, La ‘legenda’ del Santo di Fiore. B. Ioachimi abbatis miracula,
Manziana, Vecchiarelli, 1989. Il testo ci è giunto in due versioni, che derivano entrambe da
un manoscritto ancora conservato a San Giovanni in Fiore tra la fine del XVI e l’inizio del
XVII secolo, quando vennero stese rispettivamente da Giacomo Greco e Cornelio Pelusio,
entrambi monaci cisterciensi a Fiore: cfr. ibid., pp. 15-26. Adorisio riporta l’edizione di
entrambi i testi: Miracula per fratrem Iacobum Graecum Syllaneum collecta, ibid., pp. 35-106;
Miracula a Cornelio Pelusio collecta, ibid., pp. 107-165, a cui va ad aggiungersi la Visio Rogerii,
ibid., pp. 167-170. Il testo della versione di Giacomo Greco si può leggere anche in ActaSS,
Maii VII (1867), pp. 110-121.
48
De Fraja, Una vocazione d’oltralpe, pp. 41-46.
49
Miracula a Cornelio Pelusio collecta, pp. 111-113; cfr. Miracula per fratrem Iacobum
Graecum, pp. 48-50.
50
Miracula a Cornelio Pelusio collecta, p. 111.
130 Marco Rainini
51
Miracula a Cornelio Pelusio collecta, p. 111.
52
Nel racconto la professione di Giovanni avviene in maniera affatto particolare: il giovane
infatti non formula la richiesta di ingresso in monastero secondo il consueto canone, come
gli altri novizi, ma dichiara a Gioacchino che è sua intenzione fare ciò che egli gli comanderà,
fosse anche sposarsi o peregrinare orationis causa. L’abate, sorpreso, chiede spiegazioni, e il
giovane rivela di aver avuto una visione, nella quale gli si comandava di fare ciò che Gioacchino
avrebbe per lui disposto (Miracula a Cornelio Pelusio collecta, p. 112).
53
‘Relator aliquando percutanti mihi pertulit’; ‘utor enim quanto recolo verbis eius’ (cfr.
Miracula a Cornelio Pelusio collecta, p. 111; cfr. De Fraja, Una vocazione d’oltralpe, p. 49).
54
‘Rediit Ioachim, pulsanti dedit ingressum, eo faciliorem, quo evidentius testimonium
spiritus hic, qui ad conversionem venisse videbatur, habebat. Nam de responsione divina iste
qui hodie post Ioachim in Florem primus est donnus Mattheus, vir vita venerabilis et ultra
modernos abbas amabilis universis subditis suis, cum duobus quoque de Tuscia senioribus
litteratis et quarto calabro, novitius et factus est ipse quintus, Ioannes vero guasconus per
totum probationis tempus sic vir timens et sic operans ut iam merito videretur et monachis
imitandus’ (Miracula a Cornelio Pelusio collecta, p. 111).
55
De Fraja, Una vocazione d’oltralpe, pp. 54-62.
Gioacchino da Fiore predicatore 131
56
A riguardo si veda Maria Pia Alberzoni, Raniero da Ponza e la curia romana, in
«Florensia», XI (1997), pp. 83-112.
57
Sulla fisionomia giuridica dell’incarico si veda Alberzoni, Raniero da Ponza, pp. 92-92.
58
Alberzoni, Raniero da Ponza, pp. 90-101.
59
Cfr. De Fraja, Una vocazione d’oltralpe, pp. 56-57.
60
Vedi supra, testo corrispondente alla nt. 21. Bernardo di Lescarre è vescovo di Bayonne
dal 1185 al 1204 (cfr. Antoine Degert, in Dictionnaire d’Histoire et de Géographie
ecclésiastiques, VII (1934), coll. 54-59: 58, s.v. Bayonne). La sua presenza a Messina al fianco
di re Riccardo si spiega con il fatto che Bayonne e la sua contea erano possesso della corona
inglese (De Fraja, Una vocazione d’oltralpe, p. 59 nt. 79).
61
Adorisio, La ‘legenda’ del Santo di Fiore, p. 48.
62
Un passaggio della Vita b. Joachimi fa riferimento a Raniero proprio come legatus per
Ispaniam: per la De Fraja l’autore della vita poteva aver presente la vocazione del giovane
guascone (De Fraja, Una vocazione d’oltralpe, p. 57).
63
‘Erat tunc in romana curia cardinalis aliquis de Bayona, vir bonus consanguineus eius, ad
quem, cum Ioannes sicut ad concivem et consanguineum fiducialis denunciasset, audivit ab
eo quod esset Ioachim vir propheta potens in opere et sermone, nec abesset longius. Venit
igitur in Florem cum litteris Cardinalis abbati Ioachim futurum quasi pro voto et desiderio
monachum commendantis’ (Miracula a Cornelio Pelusio collecta, p. 111).
132 Marco Rainini
64
Cfr. Maleczek, Papst und Kardinalskolleg, in partic. pp 125-126 e 376-379. Fra gli altri
cardinali elevati alla dignità almeno entro il 30 marzo 1201, data di morte di Gioacchino, si
potrebbero in linea di principio chiamare in causa anche Pietro, cardinale prete di San Pietro
in Vincoli (ibid., pp. 92-93), del quale non si conosce l’origine e che muore però nel 1191, e
Guido de Paredo, già abate di Cîteaux e poi cardinale vescovo di Preneste dalla primavera del
1200 (ibid., p. 133-134).
65
L’incarico è conferito a Raniero con un documento del 6 aprile 1198 (Reg. Inn. III., I/1,
n. 92, p. 132); il 21 aprile Innocenzo III scrive agli arcivescovi di Narbonne, Aix-en-Provence,
Auch, Vienne, Arles, Embrun, Tarragona, Lione e ai loro suffraganei, affinchè accolgano
benevolmente il suo inviato (ibid., n. 94, p. 136). Seguono un documento del 24 aprile
inviato da Innocenzo III a Sancho I di Portogallo, a proposito di un censo da anni non più
pagato alla sede apostolica (ibid., n. 99, pp. 145-147), ed un altro del 2 maggio a Raniero,
a proposito di beni sottratti al vescovo di Oviedo (ibid., n. 125, p. 190). Evidentemente,
l’inviato papale si stava inoltrando verso la penisola iberica: ancora, il 13 maggio il papa invia
un documento a tutti gli arcivescovi, prelati, nobili e fedeli delle regioni raggiunte da Raniero,
affinché prestino aiuto a lui, che si recava nella penisola iberica, e a frate Guido, suo compagno
nella missione, che invece sostava nel Midi (ibid., n. 165, pp. 234-235). Infine, due ulteriori
documenti – del 28 maggio ai vescovi di Burgos e Palencia, ancora a proposito del vescovo
di Oviedo (Reg 1, n. 239, pp. 338-339), e del 6 giugno a Raniero stesso, a proposito della
pacificazione tra i regni iberici (Reg 1, n. 249, p. 352) – fanno pensare che l’inviato papale
avesse già raggiunto la penisola iberica. Raniero potrebbe essere passato per Bayonne tra la
fine di aprile e l’inizio di giugno del 1198, o forse nel tardo autunno-inverno di quello stesso
anno, quando Innocenzo III scrisse all’arcivescovo di Narbonne e a Raniero per una questione
inerente il vescovo di Carcassonne, non distante da Bayonne (ibid., n. 494, pp. 722-723). Per
le missioni di Raniero in Francia e nella penisola iberica, si veda Alberzoni, Raniero da
Ponza, pp. 90-108.
Gioacchino da Fiore predicatore 133
66
De Fraja, Oltre Cîteaux, pp. 218-219, Appendice documentaria, n. 3.20.
67
‘Dilectus in Cristo frater, et carissimus amicus noster venerabilis abbas Joachim occurrens
nobis apud Neocastrum, conquestus est nobis de monachis SS. Trium Puerorum’ (De Fraja,
Oltre Cîteaux, pp. 220-222: 221, Appendice documentaria, n. 3.22).
68
De Fraja, Oltre Cîteaux, pp. 220-224, Appendice documentaria, n. 3.22 e 3.23.
69
‘Veniens ad nos venerabilis abbas Joachim attulit nobis litteras domini Bartholomaei Dei
gratia venerabilis Panormitani archiepiscopi et domini regis familiaris’ (De Fraja, Oltre
Cîteaux, p. 222, Appendice documentaria, n. 3.23).
134 Marco Rainini
70
L’Anticristo, II, pp. 485-486.
71
Oltre agli studi indicati alla nt. 29, sono importati a questo riguardo le osservazioni nel già
citato Alberzoni, Raniero da Ponza.
Gioacchino da Fiore predicatore 135
Figura 1 – Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, Vat. lat. 3822,
f. 5r. © Per concessione della Biblioteca Apostolica Vaticana, ogni diritto riservato
136 Marco Rainini
Figura 2 – Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, Vat. lat. 4959,
f.2v. © Per concessione della Biblioteca Apostolica Vaticana, ogni diritto riservato
Gioacchino da Fiore predicatore 137
Figura 4 – Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, Vat. lat. 4860,
f.201r. © Per concessione della Biblioteca Apostolica Vaticana, ogni diritto riservato
La croce del legato. Conone di
Preneste, il papato e i riflessi della
Missione in Oriente
N
ell’autunno 1120 il legato papale in Francia Conone, vescovo di
Preneste/Palestrina, durante un concilio tenuto a Saint-Germain-
des-Prés, istituì solennemente una festa da celebrarsi la prima
domenica di agosto di ogni anno a Parigi per ricordare l’arrivo della preziosa
reliquia della Vera Croce di Cristo, inviata da Gerusalemme alla cattedrale
di Notre-Dame. Secondo le disposizioni del legato, pervenute in originale,
eccezionali privilegi spirituali erano garantiti ai partecipanti: essi avrebbero
infatti ottenuto la completa remissio peccatorum, dopo opportuna assolu-
zione del vescovo di Parigi.1
La rarità del documento, l’importanza storica della concessione, il legame
di fratellanza spirituale con il capitolo del Santo Sepolcro di Gerusalemme
e, non da ultimo, la rilevante personalità di Conone, uno dei più importanti
legati papali tra Pasquale II e Callisto II in prima linea nella lotta contro
Enrico V, hanno attirato più volte l’attenzione della storiografia su questo
avvenimento e sui suoi protagonisti.2 Tuttavia, l’esperienza che il cardinale
1
Ho preferito dare in Appendice una nuova edizione del testo originale (visto a Parigi nel
2002), a cui rimando anche per le precedenti edizioni.
2
Jean Richard, Quelques textes sur les premiers temps de l’Église latine de Jérusalem, in
Recueil des travaux offerts à M. Clovis Brunel, 2 voll., Paris, Société de l’École des Chartes,
1955, II, pp. 420-430: in partic. 423-426; Geneviève Bresc-Bautier, L’envoi de la relique
de la Vraie Croix à Notre-Dame de Paris en 1120, in «Bibliothèque de l’École des Chartes»,
CXXIX (1971), pp. 387-397 e Stefan Weiss, Die Urkunden der päpstlichen Legaten von
Leo IX. bis Coelestin III. (1049-1198), Köln-Weimar-Wien, Böhlau, 1995 (Forschungen zur
Kaiser- und Papstgeschichte des Mittelalters. Beihefte zu J.F. Böhmer Regesta Imperii, 13),
pp. 61-70. Il collegamento tra questa festa e l’importante fiera parigina del Lendit è stato
ridimensionato da Anne Lombard-Jourdain, Les foires de l’abbaye de Saint-Denis: revue
des données et révision des opinions admises, in «Bibliothèque de l’École des Chartes», CXLV
(1987), pp. 273-338, in partic. pp. 285-287. Su Conone di Preneste si veda l’ottima voce di
Charles Dereine, in Dictionnaire d’histoire et de géographie ecclésiastique, XIII (1953),
Legati, delegati e l’impresa d’Oltremare (secoli XII-XIII) / Papal Legates, Delegates and the Crusades (12th
13th Century), Maria Pia Alberzoni, Pascal Montaubin (eds), Turnhout 2014 (Ecclesia militans 3),
pp. 139-160
© F H GDOI: 10.1484/M.EMI-EB.5.103488
140 Miriam Rita Tessera
Conone maturò come legato papale in Oriente latino tra 1110 e 1111,
insieme a un intreccio di devozioni spirituali e legami personali con il movi-
mento crociato, ebbe un significativo riflesso sulla sua azione nei confronti
del papato che non è ancora stato oggetto di una rilettura complessiva.3 In
questo caso infatti, l’impresa di oltremare, che proprio in quegli anni andava
definendo il quadro istituzionale della Chiesa e del regno latino di Gerusa-
lemme, permise al legato di rafforzare e raffinare alcune concezioni ecclesio-
logiche che si risolsero a vantaggio del centralismo papale: in un certo senso,
si trattava di un gioco rovesciato di scambi reciproci tra la Chiesa latina
d’Oriente e la Curia romana che, grazie alla crociata, proseguì per tutto il
XII secolo con importanti risultati (non da ultimo la definizione di remissio
peccatorum).
Quando Pasquale II inviò Conone di Preneste in Oriente nell’estate-
autunno 1110, il cardinale non aveva ancora svolto legazioni di rilievo per
conto della sede apostolica, ma le sue precedenti esperienze come cappel-
lano alla corte di Guglielmo il Conquistatore e fondatore dell’abbazia di
Arrouaise (dopo una fase di vita semi-eremitica) potevano essere ritenute
particolarmente utili nello svolgimento dei suoi incarichi a Gerusalemme.4
La Chiesa latina di Gerusalemme, infatti, si era strutturata inizialmente fon-
dandosi sul clero che aveva accompagnato i primi contingenti dei crociati o
su quello immigrato oltremare durante le successive spedizioni di rincalzo.5
coll. 461-471, s.v. Conon de Préneste (con datazione della lettera al 1115); Attilio Cadderi,
Conone di Preneste. Cardinale legato di Pasquale II - Gelasio II – Callisto II (?-1122), Roma,
Centro studi francescani del Lazio, 1974; Rudolf Huls, Kardinäle, Klerus und Kirchen
Roms. 1049-1130, Tübingen, Niemeyer Max, 1977 (Bibliothek des Deutschen Instituts in
Rom, 48), pp. 113 seqq.; oltre a Gustav Schoene, Kardinallegat Kuno Bischof von Präneste.
Ein Beitrag zur Geschichte der Zeit Kaiser Heinrichs V., Weimar, Hermann Böhlau, 1857 e
Theodor Schieffer, Die päpstlichen Legaten in Frankreich vom Vertrage von Meersen
(870) bis zum Schisma von 1130, Berlin, Ebering, 1935, pp. 198-212.
3
Fondamentale rimane Rudolf Hiestand, Legat, Kaiser und Basileus. Cuno von Praeneste
und die Krise des Papsttums von 1111-1112, in Aus Reichsgeschichte und Nordischer Geschichte.
Festschrif Karl Jordan, edd. Horst Fuhrmann, Hans Eberhard Mayer, Klaus Wriedt, Stuttgart,
Klett, 1972 (Kieler Historische Studien, 16), pp. 141-152.
4
Oltre alla bibliografia citata, per i primordi di Arrouaise e l’iter di Conone si veda anche
il Praefacio nel cartulario di Arrouaise Amiens, Bibliothèque Municipale, ms. 1077 edito in
Monumenta Arroasiensia, ed. Benoît-Michel Tock, CCM 175 (2000), pp. 21-22.
5
Jonathan Riley-Smith, The Latin Clergy and the Settlement in Palestine and Syria,
1098-1100, in «The Catholic Historical Review», LXXIV (1988), pp. 539-557; Rudolf
Hiestand, Der lateinische Klerus der Kreuzfahrerstaaten: geographische Herkunft und
politische Rolle, in Die Kreuzfahrerstaaten als multikulturelle Gesellschaft. Einwanderer und
La croce del legato. Conone di Preneste 141
Minderheiten im 12. und 13. Jahrhundert, ed. Hans Eberhard Mayer, München, Oldenbourg,
1997 (Schriften des Historischen Kollegs. Kolloquien, 137), pp. 43-68.
6
Su Arnolfo: Emil Hampel, Untersuchungen über das lateinische Patriarchat von
Jerusalem von der Eroberung der heiligen Stadt bis zum Tode des Patriarchen Arnulf (1099-
1118), Breslau, Schlesische Volkszeitungs-Buckdruckerei, 1899, pp. 8-14; Raymonde
Foreville, Un chef de la première croisade: Arnoul Malecouronne, in «Bulletin philologique
et historique du Comité des travaux historiques et scientifiques», (1953-1954), pp. 377-
390; Bernard Hamilton, The Latin Church in the Crusader States. The Secular Church,
London, Variorum, 1980, pp. 12-16, 61-64; Klaus-Peter Kirstein, Die lateinischen
Patriarchen von Jerusalem, Berlin, Duncker & Humblot, 2002 (Berliner historische Studien,
35), pp. 104-110. Per Evremaro: Kirstein, Die lateinischen Patriarchen, pp. 179-181. Una
lista elogiativa molto interessante dei partecipanti alla crociata che provenivano dalla diocesi
di Thérouanne è edita in Versus de viris illustribus dioecesis Tarvanensis qui in sacra fuere
expeditione, in Veterum scriptorum et monumentorum historicorum, dogmaticorum, moralium,
amplissima collectio, edd. Edmond Martène, Ursin Durand, 9 voll., Paris, Montalant, 1724-
1733, V (1729), pp. 539-540.
7
Vita Johannis episcopi Teruanensis auctore Waltero archidiacono, ed. Osvald Holder-Egger,
MGH. SS 15/II (1888), pp. 1136-50, in partic. pp. 1143-1144 (dove si specifica che Acardo
non volle rientrare a Thérouanne dalla Terrasanta e che era ancora in vita al momento della
stesura della Vita Johannis). Si completino così i dati su Acardo in Miriam Rita Tessera,
Orientalis ecclesia. Papato, Chiesa e regno latino di Gerusalemme (1099-1187), Milano, Vita e
Pensiero, 2010 (Bibliotheca erudita, 32), p. 86.
142 Miriam Rita Tessera
troppo ingombranti canonici del Santo Sepolcro per il patronato regio.8 Non
va dimenticato, infine, l’interesse che sia Lamberto di Arras sia Giovanni di
Thérouanne avevano dimostrato per l’impresa di Gerusalemme lanciata da
Urbano II a Clermont: il canone 2* (8) del concilio, relativo alla crociata, è
tradìto solo dal Liber Lamberti, un registro di lettere e documenti compilato
ad uso dell’omonimo vescovo di Arras, e dalla Collezione in nove libri scritta
per Giovanni di Thérouanne.9
La rete di strette relazioni tra questi uomini e Conone risalta in uno
scambio di lettere tra Lamberto di Arras ed Evremaro di Cesarea copiate nel
Liber Lamberti. Il 3 aprile 1104 Evremaro, eletto patriarca di Gerusalemme
dopo la deposizione di Daiberto di Pisa, scriveva chiedendo preghiere che lo
sostenessero nel sopportare il gravoso incarico conferitogli; nella primavera
successiva Lamberto rispondeva rassicurando Evremaro sulla comunione spi-
rituale stabilistasi tra loro e ricordava la missione in Oriente di Acardo, ‘dilec-
tum fratrem nostrum A(chardum) Morinorum archidiaconum’; aggiungeva
poi i saluti di coloro ‘qui nobiscum sunt fratres, domnus Claremboldus,
archidiaconus noster, et Cono, vir religiosus de Arida Garamantia’.10
Questi legami personali suggerirono probabilmente a Pasquale II di sce-
gliere Conone di Preneste per la missione in Terrasanta, anche perché nel
frattempo il difficile equilibrio tra il patriarca e il re Baldovino I di Gerusa-
lemme si era pericolosamente incrinato, tanto che nella primavera del 1107 si
presentarono a Roma per discutere della legittimità della nomina patriarcale
– ma schierati su fronti opposti – sia Evremaro sia Arnolfo di Chocques e
Acardo di Thérouanne. La questione, ben riassunta nella complessa lettera
papale Ecclesiae vestrae scandalis del 4 dicembre 1107, fu risolta inviando nel
1108 a Gerusalemme il legato papale Gibelino, già arcivescovo di Arles, che
8
Come priore del Templum Domini Acardo scrisse anche un lungo poema probabilmente
dedicato a Baldovino II: Paul Lehmann, Die mittellateinischen Dichtungen der Prioren des
Tempels von Jerusalem Acardus und Gaufridus, in Corona Quernea. Festgabe Karl Strecker zum
80. Geburtstage dargebracht, Stuttgart, Hiersemann, 1941 (MGH Schriften, 6), pp. 296-330;
Aryeh Graboïs, La fondation de l’abbaye du Templum Domini et la légende du Temple
de Jérusalem au XIIe siècle, in Autour de la première croisade. Actes du Colloque de la Society
for the Study of the Crusades and the Latin East, ed. Michel Balard, Paris, Publications de la
Sorbonne, 1996 (Byzantina Sorbonensia, 14), pp. 231-238.
9
Robert Somerville, The Council of Clermont and the First Crusade, in «Studia
Gratiana», XX (1976) = Mélanges G. Fransen, 2 voll., Roma, Libreria Ateneo Salesiano,
1976, II, pp. 325-339, in partic. p. 327.
10
Le registre de Lambert, évêque d’Arras (1093-1115), ed. Claire Giordanengo, Paris, CNRS
Editions, 2007, pp. 432-37 nn. E.76-77 (che non identifica Acardo).
La croce del legato. Conone di Preneste 143
11
Per tutta la complessa vicenda e la relativa bibliografia si veda Tessera, Orientalis ecclesia,
pp. 98-108. Edizione della lettera papale del 1107 in Rudolf Hiestand, Vorarbeiten
zum Oriens Pontificius, III: Papsturkunden für Kirchen im Heiligen Lande, Göttingen,
Vandenhoeck & Ruprecht, 1985 (Abhandl. der Akademie der Wissenschaften in Göttingen,
Phil.-hist. Kl., 136), pp. 104-107 n. 8 (d'ora in poi, citato come Hiestand, Kirchen).
12
Sull’importanza del concetto di scandalum per Pasquale II, in particolare per la
situazione dell’Oriente latino: Rudolf Hiestand, Pacem in omnibus servare. Konflikte
und Konfliktlösungen in der lateinischen Kirche der Kreuzfahrerstaaten, in Jerusalem im Hoch-
und Spätmittelalter, edd. Dieter Bauer, Klaus Herbers, Nicholas Jaspert, Frankfurt-New
York, Campus, 2001 (Campus Historische Studien, 29), pp. 95-118, in partic. p. 98 nt. 16;
Tessera, Orientalis ecclesia, pp. 102-103.
13
In generale: Claudia Zey, Zum päpstlichen Legatenwesen im 12. Jahrhundert. Der
Einfluß von Eigener Legationspraxis auf die Legatenpolitik der Päpste am Beispiel Paschalis II.,
Lucius II. und Hadrian IV., in Das Papsttum in der Welt des 12. Jahrhunderts, edd. Ernst-
Dieter Hehl, Ingrid Heike Ringel, Hubertus Seibert, Stuttgart, Thorbecke, 2002 (Mittelalter-
Forschungen, 6), pp. 243-262; Ead., Die Augen des Papstes. Zu Eigenschaften und Vollmachten
päpstlichen Legaten, in Römisches Zentrum und kirchliche Peripherie, edd. Jochen Johrendt,
Harald Müller, Berlin-New York, W. De Gruyter, 2008 (Neue Abhandl. der Akademie der
Wissenschaften zu Gottingen, 2), pp. 77-108; Claudia Zey, Maria Pia Alberzoni,
Legati e delegati papali (secoli XII-XIII): stato della ricerca e questioni aperte, in Legati e delegati
papali. Profili, ambiti d’azione e tipologie di intervento nei secoli XII-XIII, edd. Claudia Zey,
Maria Pia Alberzoni, Milano, Vita e Pensiero, 2012 (V&P Università. Storia. Ricerche),
pp. 3-27 con ampia bibliografia. Per i legati papali nell’Oriente latino: Rudolf Hiestand,
Die päpstlichen Legaten auf den Kreuzzügen und in den Kreuzfahrerstaaten vom Konzil von
Clermont (1095) bis zum vierten Kreuzzug, Kiel 1972 (diss.) e Id., Das Papsttum und die Welt
144 Miriam Rita Tessera
des östlichen Mittelmeers im 12. Jahrhundert, in Das Papsttum in der Welt, edd. Hehl, Ringel,
Seibert, pp. 185-206.
14
Su Gibelino: Kirstein, Die lateinischen Patriarchen, pp. 187-201; Tessera, Orientalis
ecclesia, pp. 105-108. Nel suo testamento dell’aprile 1112 Gibelino rimarcava il legame
speciale con la sede apostolica definendosi Jherosolimitane ecclesie servus: Cartulaire du chapitre
du Saint-Sépulcre de Jérusalem, ed. Geneviève Bresc-Bautier, Paris, Librairie Orientaliste
Paul Geuthner, 1984 (Documents relatifs à l’histoire des croisades, 15), pp. 85-86 n. 25;
cfr. Rudolf Hiestand, Die Urkunden der lateinischen Patriarchen, in Die Diplomatik
der Bischofsurkunde vor 1250 / La diplomatique épiscopale avant 1250. Referate zum VIII.
Internationalen Kongreß für Diplomatik; Innsbruck, 27. September - 3 Oktober 1993, edd.
Christoph Haidacher, Werner Köfler, Innsbruck, Tiroler Landesarchiv, 1995, pp. 85-95
e Id., Vom Einfluß der Papsturkunde auf das kirchliche Urkundenwesen im Heiligen Land,
in Documenti medievali greci e latini. Studi comparativi, edd. Giuseppe Di Gregorio, Otto
Kresten, Spoleto, CISAM, 1998, pp. 59-86.
15
Edizione in Hiestand, Kirchen, pp. 109-111 n. 11 dall’originale Marseille, Archives
départementales des Bouches-du-Rhône, Ordre de Malte, 56 H 4089: il documento presenta
alcuni problemi di datazione discussi da Hiestand ma sembra attribuibile al periodo 24
settembre - 10 novermbre 1111 (cfr. Die Urkunden der lateinischen Könige von Jerusalem, 4
voll., ed. Hans Eberhard Mayer, Hannover, Hahn, 2010, I, pp. 171-172 n. 46). Per la disputa
tra Nazareth e il Tabor: Tessera, Orientalis ecclesia, pp. 411-412; cfr. Hiestand, Pacem in
omnibus servare, pp. 104-108.
La croce del legato. Conone di Preneste 145
16
Un quadro di insieme in John Gordon Rowe, Paschal II and the Relation between the
Temporal and Spiritual Powers in the Kingdom of Jerusalem, in «Speculum», XXXII (1957),
pp. 470-501; Id., The Papacy and the Ecclesiastical Province of Tyre (1100-1187), in «Bulletin
of John Rylands Library», XLIII (1960-61), pp. 160-189.
17
Edizione in Hiestand, Kirchen, pp. 107-108 n. 9 (Philip Jaffé, Regesta pontificum
Romanorum, 2 voll., Lipsiae, Veit et comp., 1885-1888, n. 6298, Reinhold Röhricht
ed., Regesta Regni Hierosolymitani (1097-1291), 2 voll., Oeniponti, Libraria Academica
Wagneriana, 1893, I, n. 60); pp. 108-109 n. 10 ( Jaffé, Regesta pontificum Romanorum, n.
6298, Röhricht, Regesta Regni Hierosolymitani, I, n. 61).
18
Analisi della vicenda e relativa bibliografia in Tessera, Orientalis ecclesia, pp. 461-463.
19
Hiestand, Kirchen, p. 109 n. 10: ‘Gratias autem Deo, quod nostris temporibus et
Antiochiae et Hierosolymae civitates cum suburbanis suis et adiacentibus provinciis in
christianorum principum redactae sunt potestatem. Unde oportet nos divinae mutationi
et translationi manum apponere et secundum tempus, quae sunt disponenda, disponere, ut
Hierosolymitanae ecclesiae urbes illas et provincias concedamus, quae gloriosi regis Balduini
prudentia ac exercitum eum sequentium sanguine per Dei gratiam acquisitae sunt’. Per la
‘teologia della storia’ formulata da Urbano II: Alfons Becker, Papst Urban II. (1088-1099),
3 voll., Stuttgart, Hiersemann, 1964-2012 (MGH Schriften, 19), II (1988), pp. 337-357; Id.,
Urbain II et l’Orient, in Il Concilio di Bari del 1098. Atti del Convegno storico internazionale
e celebrazioni del IX Centenario del Concilio, edd. Salvatore Palese, Giancarlo Locatelli, Bari,
146 Miriam Rita Tessera
Edipuglia, 1999 (Per la storia della Chiesa di Bari. Studi e materiali, 17), pp. 123-144 in
partic. pp. 135-136 e Jean Flori, Réforme, reconquista, croisade (L’idée de reconquête dans la
correspondance pontificale d’Alexandre II à Urbain II), in «Cahiers de Civilisation Médiévale»,
IL (1992), pp. 317-335 in partic. pp. 73-76 con la precedente bibliografia.
20
Ekkehardus Uraugiensis, Chronica, ed. Georg Waitz, MGH. SS 6 (1844), p. 251 (‘Et
dominus Prenestinus consequenter subiunxit, qualiter pro sedis illius legatione Hierosolimis
audierit, regem Heinricum post sacramenta, obsides et oscula in ipsa beati Petri aecclesia
domnum papam tenuisse captum, et indigne tractatum... et pro huius modis facinoribus,
aecclesiae Hierosolimitanae consilio, zelo Dei animatus, excommunicationis sententiam
in regem dictavit; et eandem in Grecia, Ungaria, Saxonia, Lotharingia, Francia, in quinque
conciliis consilio praedictarum ecclesiarum renovando confirmasset’); su cui Franz J.
Schmale, Untersuchungen zu Ekkeard von Aura und zur Kaiserchronik, in «Zeitschrift für
bayerische Landergeschichte», XXXIV (1971), pp. 403-461.
21
Huls, Kardinäle, Klerus, pp. 270-271; Uta-Renate Blumenthal, Opposition to
Pope Paschal II: Some Comments on the Lateran Council of 1112, in «Archivum Historiae
Conciliorum», X (1978), pp. 82-98; Luigi Pellegrini, Orientamenti di politica ecclesiastica
e tensioni all’interno del collegio cardinalizio nella prima metà del secolo XII, in Le istituzioni
ecclesiastiche della ‘societas christiana’ dei secoli XI-XII. Papato, cardinalato ed episcopato,
Milano, Vita e Pensiero, 1974 (Pubblicazioni dell’Università Cattolica del Sacro Cuore.
Miscellanea del Centro di studi medioevali, 7), pp. 445-475; Glauco Maria Cantarella,
Ecclesiologia e politica nel papato di Pasquale II. Linee di una interpretazione, Roma, Istituto
Storico Italiano per il Medio Evo, 1982 (Istituto Storico Italiano per il Medio Evo, 131),
in partic. pp. 67-77; Beate Schilling, Guido von Vienne – Papst Calixt II., Hannover,
Hahnsche Buchhandlung, 1998 (MGH Schriften, 45), pp. 362-373.
La croce del legato. Conone di Preneste 147
22
Carl-Joseph Hefele, Henri Leclercq, Histoire des conciles d’après les documents
originaux, 11 voll., Paris, Létourzey et Ané, 1907-1952, V/1 (1912), pp. 554-557; Hiestand,
Legat, Kaiser und Basileus, passim, con la bibliografia precedente. Cfr. la valutazione critica di
Blumenthal, Opposition to Pope Paschal, pp. 97-98; Pellegrini, Orientamenti di politica
ecclesiastica, pp. 465-473; Cantarella, Ecclesiologia e politica, pp. 78-83, 86-89.
23
Cono Praenestinus, Epistolae, PL, CLXIII (1893), col. 1438: ‘ex ore domini papae
efficaciter respondemus, quia, etsi nobis parochiali jure commissus non fuerit, auctoritate
tamen Spiritus sancti et sanctorum Patrum pro tanto scelere merito excommunicare
debuimus, attendentes quod Beatus Ambrosius Theodosium imperatorem Romanum non sibi
commissum, licet non papa, non patriarcha, non Ecclesiae Romanae legatus, excommunicavit
pro scelere quod non in parochia sua, sed Thessalonice commiserat’, su cui Mary Stroll,
Calixtus II (1119-1124): A Pope Born to Rule, Leiden-Boston, Brill, 2004, p. 95. La datazione
di questa lettera è collocata tra 1115 e 1120, cfr. Dereine, Conon, col. 470 (1120); Weiss,
Die Urkunden, p. 69.
24
Venance Grumel, Autour du voyage de Pierre Grossolanus, archevêque de Milan, à
Constantinople, en 1112. Notes d’histoire et de littérature, in «Échos d’Orient», XXXII
(1933), pp. 22-33; Gabriele Archetti, in Dizionario biografico degli Italiani, LIX
(2002), pp. 792-796, s.v. Grossolano. Non mi sembra solo una coincidenza che nel concilio
lateranense del 1116, in cui Conone ricordava la vicenda della scomunica contro Enrico V
a Gerusalemme, la principale questione trattata prima dell’attacco a Pasquale II fosse
proprio la deposizione di Grossolano a favore di Giordano da Clivio (su cui Annamaria
Ambrosioni, in Dictionnaire d’histoire et de géographie ecclésiastique, XXVIII (2003), coll.
327-329, s.v. Jourdain de Clivo): Ekkeh. Uraug., Chronica, pp. 251-252.
148 Miriam Rita Tessera
25
Hiestand, Legat, Kaiser und Basileus, passim; Peter Classen, Die Komnenen und
die Kaiserkrone des Westens, in «Journal of Medieval History», III (1977), pp. 207-224;
Ralph-Johannes Lilie, Das ‘Zweikaiserproblem’ und sein Einfluß auf die Außenpolitik der
Komnenen, in «Byzantinische Forschungen», IX (1985), pp. 207-224; cfr. anche Johannes
Koder, Die letzte Gesandtschaft Alexios’ I. Komnenos bei Paschalis II., in Das Papsttum in der
Welt, edd. Hehl, Ringel, Seibert, pp. 127-135.
26
Michele Maccarrone, ‘Fundamentum apostolicarum sedium’. Persistenze e sviluppi
dell’ecclesiologia di Pelagio I nell’Occidente latino tra i secoli XI e XII, in Id., Romana Ecclesia
Cathedra Petri, edd. Pietro Zerbi, Alessandro Galuzzi, 2 voll., Roma, Herder, 1991 (Italia
Sacra, 47-48), I, pp. 357-431, in partic. p. 395; Carlo Servatius, Paschalis II. 1099-1118,
Stuttgart, Hiersemann, 1979 (Päpste und Papsttum, 14), pp. 303-304; Tessera, Orientalis
ecclesia, p. 465; cfr. anche Uta-Renate Blumenthal, Paschal II and the Roman Primacy,
in «Archivum Historiae Pontificiae», XVI (1978), pp. 67-92. Sul Vat. Ottob. lat. 3057:
Ead., Cardinal Albinus of Albano and the ‘Digesta pauperis scolari Albini’. Ms. Ottob. lat.
3057, in «Archivum Historiae Pontificiae», XX (1982), pp. 7-49; Ead., Bemerkungen zum
Register Papst Paschalis II., in «Quellen und Forschungen aus italienischen Archiven und
Bibliotheken», LXVI (1986), pp. 1-19; Cantarella, Ecclesiologia e politica, pp. 57-58.
27
Conone ottenne le reliquie nel 1112 prima della sua visita ad Arrouaise: Monumenta
Arroasiensia, p. 25; Schoene, Kardinallegat Kuno, p. 18.
La croce del legato. Conone di Preneste 149
28
Hiestand, Kirchen, pp. 112-116 n. 12; pp. 117-19 n. 14, su cui Hans Eberhard
Mayer, Bistümer, Kloster und Stifte im Königreich Jerusalem, Stuttgart, Hiersemann, 1977
(MGH Schriften, 26), pp. 294-311; Rudolf Hiestand, Vorarbeiten zum Oriens Pontificius,
II: Papsturkunden für Templer und Johanniter, Göttingen, Vandenhoeck & Ruprecht,
1984 (Abhandlungen der Akademie der Wissenschaften in Göttingen. Philologisch-
historische Klasse, 135), pp. 194-198 n. 1 (su cui Id., Die Anfänge der Johanniter, in Die
Geistlichen Ritterorden Europas, edd. Josef Fleckenstein, Manfred Hellmann, Sigmaringen,
Jan Thorbecke, 1980, pp. 31-80, in partic. pp. 39-40), con la problematica riedizione
voluta da Callisto II l’8 gennaio 1123 su cui Id., Feierliche Privilegien mit divergienderen
Kardinalslisten?, in «Archiv für Diplomatik», XXXIII (1987), pp. 257-268. Nella sua
sottoscrizione autografa Conone usa in genere le litterae elongatae per il nome, la minuscola
per il titolo cardinalizio.
29
Su tutta la vicenda Tessera, Orientalis ecclesia, pp. 465-470 con discussione delle fonti
e relativa bibliografia.
30
Dereine, Conon, coll. 462-464; Schieffer, Die päpstlichen Legaten, pp. 207-212;
Rudolf Hiestand, Les légats pontificaux en France du milieu du XIe à la fin du XIIe siècle, in
L’Église de France et la papauté (Xe-XIIe siècle). Actes du 26. colloque historique franco-allemand
organisé en coopération avec l’École nationale des chartes par l’Institut historique allemand
de Paris; Paris, 17-19 octobre 1990, ed. Rolf Große, Bonn, Bouvier, 1993 (Studien und
Dokumente zur Gallia Pontificia, 1), pp. 54-80, in partic. pp. 65, 69-70, 72-73, 79.
150 Miriam Rita Tessera
31
Tessera, Orientalis ecclesia, pp. 110-112 con bibliografia.
32
Servatius, Paschalis II., pp. 243-244, 248 ss., 298-325; Tessera, Orientalis ecclesia,
pp. 18-23.
33
Ekkeh. Uraug., Chronica, pp. 250-251, in partic. p. 251: ‘Vere legatus ex latere
nostro missus fuisti, et quicquid tu ceterique fratres nostri cardinales episcopi, legati Dei
et apostolorum Petri et Pauli, huius sedis et nostra auctoritate fecerunt, probaverunt,
confirmaverunt, ego quoque probo et confirmo; quicquid autem dampnaverunt, dampno’;
cfr. l’analisi di Pellegrini, Orientamenti di politica ecclesiastica, pp. 450-453, 465-473 e
Cantarella, Ecclesiologia e politica, pp. 73-83, 86-89.
La croce del legato. Conone di Preneste 151
lemme Arnolfo di Chocques tra l’autunno 1115 e la tarda primavera del 1116.
Arnolfo riuscì infatti a far ribaltare dal papa e dai cardinali la sentenza di
deposizione emessa nei suoi confronti dal legato Berengario di Orange. Il
legato era stato spinto dalle evidenti irregolarità di elezione e di costumi
del candidato ma anche dall’opposizione tenace di Evremaro, arcivescovo
di Cesarea, e di una parte dei canonici del Santo Sepolcro che si rifiutava
di accettare l’introduzione della regola di Agostino nel capitolo imposta da
Arnolfo nel 1114 sulla scia del testamento dettato dal suo predecessore Gibe-
lino di Arles.34 Sebbene alcune fonti dichiaratamente ostili al patriarca, come
Guglielmo di Tiro, insistano sui generosi donativi che avrebbero contribuito
ad ammorbidire il giudizio del concistoro verso Arnolfo, non si può esclu-
dere un intervento indiretto del cardinale Conone, che conosceva per espe-
rienza la complessa situazione della Chiesa d’Oriente, in linea con la politica
fondata su pax, caritas e necessitas tenacemente perseguita da Pasquale II.
Un indizio significativo della possibile convergenza di ideali (almeno
in questa ultima vicenda) tra Arnolfo e Conone è il fatto che i primi docu-
menti emessi dal patriarca dopo la sua nomina siano diretti alle istituzioni
ecclesiastiche che richiesero le successive conferme papali, tutte sottoscritte
da Conone, del 1112-1113: una concessione di decime all’abate Ugo per la
ricostruzione della chiesa di Santa Maria di Josaphat nella primavera-estate
1112 e la conferma dei beni donati nel giorno della sua consacrazione
all’ospedale di San Giovanni di Gerusalemme sempre nella primavera
1112.35 Infine, è interessante sottolineare l’adesione del patriarca di Geru-
salemme ai temi caratteristici della visione papale sul ruolo e il significato
della Chiesa latina d’Oriente che emerge dal documento con cui Arnolfo
riformava il capitolo del Santo Sepolcro tra la primavera e l’estate 1114. In
questa occasione Arnolfo – che in precedenza non si era affatto distinto
per costumi irreprensibili – si riferiva alla necessaria renovatio ecclesiae
intrapresa da Dio attraverso le imprese dei crociati e alla necessità, soprat-
tutto per il clero di oltremare, di purificarsi seguendo la vita apostolica nel
34
Tessera, Orientalis ecclesia, pp. 114-116.
35
Henri-François Delaborde, Chartes de la Terre Sainte provenant de l’abbaye de
Notre-Dame de Josaphat, Paris, E. Thorin, 1880 (Bibliothèque des Écoles françaises d’Athènes
et de Rome, 19), pp. 21-22 n. 1 (Röhricht, Regesta Regni Hierosolymitani, I, n. 67), su cui
Mayer, Bistümer, Kloster, pp. 266-271; Joseph Delaville le Roulx, Cartulaire général
de l’Ordre des Hospitaliers de St. Jean de Jérusalem (1100-1300), 4 voll., Paris, E. Leroux,
1894-1906, I (1894), pp. 25-26 n. 29 (Röhricht, Regesta Regni Hierosolymitani, I, n. 68).
Per i problemi di datazione di questi atti Mayer, Die Urkunden, pp. 176-180 nn. 51-53.
152 Miriam Rita Tessera
36
Edizione in Cartulaire du Chapitre, pp. 74-76 n. 20 (Röhricht, Regesta Regni
Hierosolymitani, I, n. 75). Arnolfo si definiva Dei gratia patriarcha Jherosolimitanus, servus
servorum eiusdem divinitatis minimus con un chiaro rimando all’intitolazione papale:
Hiestand, Die Urkunden, p. 88. Allo stesso modo, Arnolfo si riferiva al concetto di
reformare i luoghi santi di Gerusalemme distrutti dagli infedeli nel privilegio concesso al
monastero di S. Maria di Josaphat nel 1112: ‘Sanctorum patrum sequi volens exempla, sancta
loca Jherosolimarum ab infidelibus destructa reformare cupiens, paternitatis intuitu nobilitati
antique ecclesie Beate Marie vallis Josaphat a paganis destructe, cum iam temporibus nostris
per Dei gratiam reedificaretur et grex ibidem Deo serviens multiplicaretur’ (Delaborde,
Chartes, p. 21 n. 1).
37
Hiestand, Kirchen, pp. 124-126 n. 19.
38
Cantarella, Ecclesiologia e politica, pp. 50-51; cfr. Foreville, Un chef de la première
croisade, pp. 379-381 (in generale sulle linee di interpretazione del pontificato di Pasquale II si
veda anche Glauco Maria Cantarella, in Enciclopedia dei papi, II (2000), pp. 228-236,
s.v. Pasquale II).
La croce del legato. Conone di Preneste 153
39
Dereine, Conon, coll. 466-467; Robert Somerville, The Councils of Pope Calixtus II:
Reims 1119, in Proceedings of the Fifth International Congress of Medieval Canon Law;
Salamanca 21-25 sept. 1976, edd. Stephan Kuttner, Kenneth Pennington, Città del Vaticano,
Libreria Editrice Vaticana, 1980 (Monumenta iuris canonici. Series C, Subsidia, 6), pp. 35-50.
40
Sulla reliquia della Vera Croce e il regno latino di Gerusalemme: Anatole Frolow,
La relique de la Vraie Croix: recherches sur le développement d’un culte, Paris, Université de
Paris, 1961 (Archives de l’Orient chrétien, 7), pp. 286-287 n. 258; Giuseppe Ligato, The
Political Meaning of the Relic of the Holy Cross among the Crusaders and in the Latin Kingdom
of Jerusalem: an example of 1185, in Autour de la Première Croisade. Actes du Colloque de
la Society for the Study of the Crusades and the Latin East; Clermont-Ferrand 22-25 juin
1995, Paris, Publications de la Sorbonne, 1996 (Byzantina Sorbonensia, 14), pp. 315-330;
Deborah Gerish, The True Cross and the Kings of Jerusalem, in «Journal of Haskins
Society», VIII (1996), pp. 137-155; Alan V. Murray, ‘Mighty against the Enemies of
Christ’. The Relic of the True Cross and the Armies of the Kingdom of Jerusalem, in The Crusaders
and their Sources: Essays presented to Bernard Hamilton, edd. John France, William G. Zajac,
Aldershot, Ashgate, 1988, pp. 217-238.
41
Su tutta la vicenda Tessera, Orientalis ecclesia, pp. 123-128.
154 Miriam Rita Tessera
42
Hiestand, Kirchen, pp. 130-131 n. 23; per la conferma delle istituzioni del Sepolcro
Hiestand, Kirchen, pp. 127-128 n. 21 (su cui Tessera, Orientalis ecclesia, pp. 418-419).
43
Ansello morì il 5 agosto, come riporta il Cartulaire de l’église Notre-Dame de Paris, ed.
Benjamin Guérard, 6 voll., Paris, Crapelet, 1850, IV, p. 126: ‘Nonas Augusti. Obiit Ansellus,
precentor Jerosolimitanus; qui dedit nobis pretiosissimam partem Dominice crucis. Cujus
anniversarium debet fieri prima dominica augusti, quam in honorem ejusdem crucis, tunc
ad nos transmisse, sollempniter celebramus’. L’iniziativa di Ansello rientrava anche in un
ampio quadro di relazioni spirituali con i capitoli cattedrali d’Occidente intraprese dal Santo
Sepolcro dopo il concilio di Nablus del 1120; si veda il caso significativo della corrispondenza
tra il patriarca Warmondo e l’arcivescovo di Santiago Diego Gelmirez: Nicholas Jaspert,
‘Pro nobis, qui pro vobis oramus, orate’: los cabildos de Compostela y Jerusalén en la primera
mitad del siglo XII, in Santiago, Roma, Jerusalén. III Congreso Internacional de Estudios
Jacobeos; Santiago de Compostela 14-16 septiembre 1997, ed. Paolo Caucci von Saucken,
Santiago de Compostela, Xunta de Galicia, 1999, pp. 187-213.
44
Ansellus Sancti Sepulcri, Epistola ad ecclesiam Parisiensem, PL, CLXII (1889),
coll. 729-732 (originali delle lettere, entrambe scritte dalla stessa mano: Paris, Archives
La croce del legato. Conone di Preneste 155
Nationales de France, K 21 nn. 16-17); Richard, Quelques textes, pp. 420-430; Bresc-
Bautier, L’envoi de la relique, pp. 387-393; Cristina Dondi, The Liturgy of the Canons
Regular of the Holy Sepulchre of Jerusalem. A Study and a Catalogue of the Manuscript Sources,
Turnhout, Brepols, 2004 (Bibliotheca Victorina, 16), pp. 57-60. Anche nella sua seconda
lettera Ansello definiva la reliquia della Vera Croce mandata a Parigi donum maximum et
thesaurum incomparabilem.
45
In questa occasione Ansello affidava il dono a Bernardo, praecentor di Sainte-Geneviève
di Parigi, che compare come testimone in un atto del 1116 nel cartulario di Notre-Dame:
Cartulaire de l’église Notre-Dame de Paris, I, p. 447 n. 1.
46
Jonathan Riley-Smith, The Venetian Crusade of 1122-1124, in I comuni italiani nel
regno crociato di Gerusalemme, edd. Gabriella Airaldi, Benjamin Z. Kedar, Genova, Università
di Genova, 1986 (Collana storica di fonti e studi, 48), pp. 339-350; Tessera, Orientalis
ecclesia, pp. 137-143.
156 Miriam Rita Tessera
47
Recueil des actes de Louis VI roi de France (1108-1137), publ. sous la direction de Robert-
Henri Bautier par Jean Dufour, 4 voll., Paris, Académie des inscriptions et belles lettres, 1992-
1994, I (1992), pp. 334-338 n. 163, su cui Rolf Grosse, L’abbé Adam, prédécesseur de Suger,
in Suger en question. Regards croisés sur Saint-Denis, ed. Rolf Große, München, Oldenbourg,
2004, pp. 31-43, in partic. p. 42. L’atto è riconducibile a Sugero e usa un formulario molto
vicino a quello che il monaco riprese in seguito per far garantire a Saint-Denis i diritti sulla
fiera del Lendit, a cui la tradizione posteriore associò la reliquia della Vera Croce: Anne
Lombard-Jourdain, Les foires de l’abbaye de Saint-Denis: revue des données et révision des
opinions admises, in ‘Bibliothèque de l’École des Chartes’, CXLV (1987), pp. 273-338, in
partic. p. 299 nt. 1.
48
Recueil des actes de Louis VI, p. 337 nt. 7; critico invece Rolf Grosse, Reliques du
Christ et foires de Saint-Denis au XIe siècle. À propos de la Descriptio clavi et corone Domini,
in «Revue d’histoire de l’Église de France», LXXXVII (2001), pp. 357-375 (ripreso in
Id., Saint-Denis zwischen Adel und König. Die Zeit vor Suger (1053-1122), Stuttgart, Jan
Thorbecke, 2002, pp. 223-227, in partic. p. 224), che collega l’azione di Saint-Denis agli
sviluppi della guerra franco-inglese e al tentativo riuscito di indirizzare obbligatoriamente le
sepolture regie nell’abbazia.
49
Sul ruolo di Stefano di Garlandia a Notre-Dame: Anne Lombard-Jourdain,
L’invention du ‘roi fondateur’ à Paris au XIIe siècle: de l’obligation morale au thème sculptural,
in «Bibliothèque de l’École des Chartes», CLV (1997), pp. 485-542, in partic. pp. 516-523;
su Stefano si vedano anche Robert-Henri Bautier, Paris au temps d’Abélard, in Abélard
et son temps. Actes du colloque international organisé à l’occasion du 9e centenaire de la naissance
de Pierre Abélard; 14-19 mai 1979, ed. Jean Jolivet, Paris, Les Belles Lettres, 1981, pp. 21-
77, in partic. pp. 61-67 e Jean Dufour, Étienne de Garlande, in «Bulletin de la Société de
l’histoire de Paris et de l’Ile de France», CXXII/CXXIV (1995-1997), pp. 39-53.
La croce del legato. Conone di Preneste 157
50
Hiestand, Les légats pontificaux, p. 75.
51
Cfr. su Gregorio VII: Herbert Edward John Cowdrey, Pope Gregory VII and the
Bearings of Arms, in Montjoie. Studies in Crusade History in Honour of Hans Eberhard Mayer,
edd. Benjamin Z. Kedar, Jonathan Riley-Smith, Rudolf Hiestand, Aldershot, Variorum, 1997,
pp. 21-35, in partic. pp. 22-24.
52
Jean Richard, Urbain II, la prédication de la croisade et la définition de l’indulgence, in
Deus qui mutat tempora. Menschen und Institutionen im Wandel des Mittelalters. Festschrift
für Alfons Becker zu seinem fünfundsechzigsten Geburtstag, edd. Ernst-Dieter Hehl, Hubertus
Seibert, Franz Staab, Sigmaringen, Thorbecke, 1987, pp. 129-135; Id., L’indulgence de
Croisade et le pèlerinage en Terre Sainte, in Il concilio di Piacenza e le Crociate, Piacenza,
Cassa di risparmio di Piacenza e Vigevano, 1996, pp. 213-223; Jean Flori, La guerre sainte.
La formation de l’idée de croisade dans l’Occident chrétien, Paris, Aubier, 2001 (Collection
historique), trad. it. La guerra santa. La formazione dell’idea di crociata nell’Occidente
cristiano, Bologna, Il Mulino, 2003 (Collezione di testi e di studi. Storiografia), pp. 350-359.
53
Gian pietro Puricelli, Ambrosianae Mediolani basilicae ac monasterii, hodie
Cistertiensis, monumenta, Mediolani, Ramellati, 1645 pp. 481-485; Annamaria
Ambrosioni, Gli arcivescovi di Milano e la nuova coscienza cittadina, in L’evoluzione delle
città italiane nell’XI secolo, edd. Renato Bordone, Jörg Jarnut, Bologna, Il Mulino, 1988
(Annali dell’istituto storico italo-germanico. Quaderni, 25), pp. 193-222, in part. pp. 216-
222; Alfredo Lucioni, Anselmo IV da Bovisio arcivescovo di Milano (1097-1101).
158 Miriam Rita Tessera
Episcopato e società urbana sul finire dell’XI secolo, Milano, Vita e Pensiero, 2011 (Università.
Storia), pp. 119-135.
54
La datazione della Descriptio è attualmente oggetto di dibattito tra gli studiosi, sebbene
il testo sia stato di certo composto dopo la metà dell’XI secolo; cfr. le diverse opinioni
espresse da Lombard-Jourdain, Les foires de l’abbaye de Saint-Denis, pp. 287-289 (circa
1075-1095); Grosse, Saint-Denis zwischen Adel und König, pp. 42-54 (intorno al 1053);
Chiara Mercuri, Corona di Cristo, corona di re: la monarchia francese e la corona di spine nel
Medioevo, Roma, Edizioni di storia e letteratura, 2004 (Centro alti studi in scienze religiose,
2), pp. 55-83, in partic. p. 72 (post 1062).
55
Tessera, Orientalis ecclesia, pp. 146-149, con esempi e bibliografia.
56
Ekkeh. Uraug., Chronica, p. 252: ‘His autem qui propter concilium et animarum
suarum remedium apostolorum limina visitaverunt, qui de capitalibus poenitentiam agerent,
40 dierum poenitentiam indulsit, et apostolica benedictione concilii exameron laudabiliter
absolvit’.
La croce del legato. Conone di Preneste 159
Appendice
57
Raymonde Foreville, Latran I, II, III et Latran IV, Paris, Editions de l’Orante,
1965 (Histoire des Conciles Oecuméniques, 6), pp. 59-60; Schilling, Guido von Vienne,
pp. 582-586; Tessera, Orientalis ecclesia, pp. 149-150. È possibile che Callisto II avesse
cercato di lanciare una nuova crociata nell’estate-autunno 1119: Jonathan Riley-Smith,
The First Crusaders (1095-1131), Cambridge, Cambridge University Press, 1997, p. 176.
Allo sviluppo del concetto di indulgenza di crociata contribuì anche la formulazione di una
completa remissio peccatorum promossa nel 1120 dal patriarca Warmondo di Gerusalemme
per incentivare le partenze dalla penisola iberica: Tessera, Orientalis ecclesia, p. 139.
58
Cfr. Pietro Zerbi, ‘Philosophi’ e ‘Logici’. Un ventennio di incontri e scontri: Soissons,
Sens, Cluny (1121-1141), Roma - Milano, Istituto Storico italiano per il Medio Evo - Vita e
Pensiero, 2002, pp. 40-41.
59
Monumenta Arroasiensia, pp. 25-26 (sembra certo che Conone morì il 9 agosto 1122).
Sulla base di questa notizia si potrebbe ipotizzare un nuovo incarico affidato a Conone
in Oriente, forse in relazione alla spedizione veneziana, ma nell’estate 1121 il pallio per il
patriarca Warmondo venne affidato al cardinale Pietro di Porto: Hiestand, Kirchen,
pp. 128-130 n. 22.
160 Miriam Rita Tessera
Cristina Andenna
1
Giuseppe Colombo, Necrologi eusebiani, in «Bollettino Storico Bibliografico
Subalpino», II (1897), pp. 81-96, 210-221, 383-394; III (1898), pp. 190-208, 279-297; IV
(1899), pp. 349-364 ; VI (1901), pp. 1-15 ; VII (1902), pp. 366-374; Romualdo Pasté,
Necrologi eusebiani, in «Bollettino Storico Bibliografico Subalpino», XXV (1923), pp. 332-
355; la citazione è tratta da: Colombo, Necrologi eusebiani, VI (1901), p. 7: Inter Sacrosantam
Romanam ecclesiam et imperium fidelissimus extitit mediator – unde tam summus pontifex
quam imperator privilegio amoris – ipsum super alios episcopos diligebant. Uno studio su questo
necrologio in Heinrich Dormeier, Capitolo del Duomo, vescovi e memoria a Vercelli (secc.
X-XIII), in «Bollettino storico vercellese», LXV (2005), fasc. 2, pp. 19-59.
2
Con un taglio monografico affronta l’intera carriera di Alberto, Vincenzo Mosca,
Alberto patriarca di Gerusalemme: tempo, vita, opera, Roma, Edizioni carmelitane, 1996
(Textus et studia historica Carmelitana, 20). Interessanti considerazioni anche in Carlo
Fedele Savio, Gli antichi vescovi d’Italia dalle origini al 1300 descritti per regioni, 4 voll.,
Torino, Fratelli Bocca, 1899-1932, I (1899), pp. 484-487 ; Luciano Gulli, in DBI, I
(1960), pp. 750-751, s.v. Alberto da Vercelli e Adrianus Staring, in Bibliotheca Sanctorum,
I (1961), coll. 688-690, s.v. Alberto di Gerusalemme.
Legati, delegati e l’impresa d’Oltremare (secoli XII-XIII) / Papal Legates, Delegates and the Crusades (12th
13th Century), Maria Pia Alberzoni, Pascal Montaubin (eds), Turnhout 2014 (Ecclesia militans 3),
pp. 161-194
© F H GDOI: 10.1484/M.EMI-EB.5.103489
162 Cristina Andenna
3
Colombo, Necrologi eusebiani, VI (1901), pp. 6-8, qui p. 6: Anno ab Incarn. domini nostri
Jesu Christi M. CC. XIIII. Indicione II. presenti die de carnis ergastulo egressus est felicis memorie
venerabilis pater et dominus Albertus Jerosolimitanus patriarcha huius ecclesie quondam
Episcopus, Deo et hominibus dilectus, cuius suavitatis memoriam eructare licet minus idonei vel
sufficientes simus, ne tamen viri tanti claritudo per taciturnitatis desidiam generationi venture
in oblivionem deveniat pauca de vita, moribus, actibus et fine glorioso ipsius Sumatim perscripta
huic pagine duximus inserenda.
4
Alberto era nato da nobile famiglia reggiana presso castro Gualterii, in diocesi di Parma.
I suoi studi si erano svolti approfondendo le conoscenze nelle arti liberali e nella scienza
giuridica. Abbandonato il mondo secolare, si era poi ritirato in una canonica appartenente
alla congregazione dei canonici regolari di Mortara, dove aveva avuto l’opportunità di
approfondire la conoscenza della regularis disciplina e la comprensione delle leggi divine
(divine legis intelligentia). In breve tempo era divenuto priore di una delle chiese della
congregazione. Sull’ingresso e la permanenza nella congregazione mortariense si dispone di
ben poche informazioni ; cfr. Cristina Andenna, Mortariensis Ecclesia. Una congregazione
di canonici regolari in Italia settentrionale fra XI e XII secolo, Berlin, LIT, 2007 (Vita regularis.
Abhandlungen, 32), pp. 329-331, 335, 417, 455.
5
Colombo, Necrologi eusebiani, VI (1901), p. 6: […] Ceterum nec inquinaretur a pice si
tangeret eam, valefacto mondo et pompis eius ad ecclesiam Mortariensem tamquam ad salutis
portum cum parentibus confugit, ubi cum iam regularibus disciplinis et divine legis intelligentia
non modicum fuisset instructus, atque in priorem ipsius ecclesie electus, ne lucerna eius amplius
sub modio tegeretur, sed in domo domini super candelabrum exaltata ceteros illustraret, de ipso
prioratu ad regimen Bobiensis episcopatus fuit violenter adductus. Per il periodo dell’episcopato
di Bobbio rimando a Andrea Piazza, Monastero e vescovado di Bobbio. Dalla fine del X
agli inizi del XIII secolo, Spoleto, CISAM, 1997 (Testi, studi, strumenti, 13), pp. 91-96 e
124. La prima sottoscrizione di Alberto come electus Bobiensis compare in un diploma di
Federico I, datato 9 gennaio 1185, per il monastero di Santa Giulia di Brescia; Die Urkunden
Fidelissimus mediator 163
alla più prestigiosa sede di Vercelli.6 In quel luogo egli si era distinto, secondo
il compilatore, per l’azione costante e per la profonda conoscenza sia del
diritto civile, che di quello canonico (constans in actu et utroque iure peritus)
nella difesa dei diritti e delle libertà di quella sede episcopale durante la lunga
controversa contesa fra il pontefice e l’imperatore.7 Il racconto tuttavia non
terminava qui: dall’Occidente la sua fama era giunta sino in Oriente, dove ab
orientali clero et populo era stato in modo unanime postolatus come patriarca
di Gerusalemme,8 una funzione che il pontefice Innocenzo III gli aveva
imposto di accettare. In Oriente, sempre secondo il racconto del pontefice,
egli aveva vissuto per circa otto anni in modo santo e lodevole, non solo sti-
mato dai cristiani, ma anche dai saraceni e dai pagani. Il ben informato redat-
tore della nota concludeva la sua esposizione con la notizia dell’improvviso
der deutschen Könige und Kaiser. Die Urkunden Friedrichs I. 1181-1190, ed. Heinrich Appelt,
MGH. D 10/4 (1990), pp. 137-139, doc. 890.
6
Particolare attenzione al periodo vercellese dedicano Laura Minghetti, L’episcopato
vercellese di Alberto durante i primi anni del secolo XIII, in Vercelli nel secolo XIII. Atti del
primo congresso storico vercellese; 2-3 ottobre 1982, Vercelli, S.E.T.E., 1984, pp. 99-112; Ead.,
Alberto vescovo di Vercelli (1185-1205). Contributo per una biografia, in «Aevum», LIX
(1985), pp. 266-304; Ead., L’episcopato vercellese dall’età del confronto fra papato e impero
all’affermazione del primato innocenziano: i vescovi Uguccione, Guala e Alberto (1151-1214),
in «Bollettino Storico Vercellese», LIII (1999), pp. 75-106 e infine Giorgina Pezza
Tornamè, Alberto di Gualtieri, mortariense. Da vescovo di Bobbio a patriarca di Gerusalemme,
in La fondazione di Bobbio nello sviluppo delle comunicazioni tra Langobardia e Toscana nel
Medioevo. Atti del convegno internazionale; Bobbio, Auditorium di S. Chiara, 1-2 ottobre 1999,
ed. Flavio G. Nuvolone, Bobbio, Associazione culturale Amici di Archivum Bobiense, 2000
(Archivum bobiense. Studia, 3), pp. 207-231.
7
Colombo, Necrologi eusebiani, VI (1901), pp. 6-7: Inde paucis evolutis annis antequam
consecrationis munus reciperet, cum ingenti alacritate cleri et populi postulatus est in episcopum
ecclesie Vercellensis qua per XX fere annorum curricula viriliter gubernans tam spiritualium
quam temporalium profectu, eundem mirabiliter augmentavit. […] Cumque sensu profundus
esset, consilio providus, sermone splendidissimus, constans in actu et in utroque iure peritus, a
grandi alieno ere ipsam ecclesiam quantocius liberavit, possessiones auxit, edifitia construxit et
iura illibata defendit. Inter Sacrosantam Romanam ecclesiam et imperium fidelissimus extitit
mediator, unde tam summus pontifex quam imperator privilegio amoris, ipsum super alios
episcop[os] diligebant, presertim illustris Imperator Henricus, filius invictissimi Cesaris Frederici
cuius gratia devotis obsequiis in tantum promeruit, ut nobilissimum castrum Verruche cuius
ecclesie quod tenebat, sibi liberaliter restitueret, ac sinceram eius devotionem magnis et preciosis
muneribus munificientia imperiali donaret […].
8
Mosca, Alberto patriarca di Gerusalemme: tempo, pp. 555-588 e Klaus-Peter
Kirstein, Die lateinischen Patriarchen von Jerusalem: von der Eroberung der Heiligen Stadt
durch die Kreuzfahrer 1099 bis zum Ende der Kreuzfahrerstaaten 1291, Berlin, Duncker &
Humblot, 2002 (Berliner Historische Studien, 35), pp. 411-447.
164 Cristina Andenna
assassinio di Alberto nella chiesa di Santa Croce di Acri per mano di un dia-
bolicus chierico della diocesi di Ivrea che egli aveva deposto qualche tempo
prima per la sua condotta poco edificante. In tale modo, con il ricordo del
martirio che aveva precocemente posto fine all’esistenza terrena di Alberto,9
il redattore della nota aveva terminato il suo excursus.
Nel succinto racconto della vita il canonico eusebiano non tralasciava
di annotare alcune brevi informazioni che offrivano una caratterizzazione
anche della sua personalità. Uomo dalla profonda dimensione religiosa ed
eloquente predicatore, Alberto era ricordato in particolare per le sue qua-
lità come ammirevole organizzatore della vita religiosa di chierici e laici. La
regularis disciplina, che egli aveva potuto sperimentare come canonico rego-
lare della congregazione mortariense, gli aveva permesso di ottenere una più
profonda divine legis intelligentia e di divenire esperto riformatore della vita
di diverse istituzioni religiose e al tempo stesso promotore e organizzatore di
nuove forme di esistenza che coinvolgevano anche i laici.10 Come abbiamo
9
Colombo, Necrologi eusebiani, VI (1901), pp. 7-8: […] verum ut fulgor quod exit ab
occidente et parit usque in orientem tanti viri gloriam constitueret in ex[c]elso ab Orientali clero
et populo in Jerosolimitanum patriarcham fuit unanimiter postulatus et per dominum papam
Innocentium III. ut illo iret coactus ubi dum per octo bis annos tam sancte ac laudabiliter vixisset,
ut non solum a christianis, qui eum tamquam patrem sanctissimum diligebant, verum etiam
a sarracenis et paganis, in reverentia magna et veneracione haberetur, diabolicus quondam
vir de loco Calixeni, diocesis Iporiensis quem idem pater de suis excessibus corrigebat, eumdem
venerabilem virum pontificalibus inductum et in hac die gloriosa in ecclesia Sancte Crucis
Aconensis processionem cum clero solempniter agentem, cultello petiit et occidit et sic gloriosus
pater per martirii palmam ex hac vita migravit.
10
Colombo, Necrologi eusebiani, VI (1901), pp. 6-7: […] Cum enim esset humilis in habitu,
parcus in victu, corpore castissimus, elymosinis largus, in officio divino assiduus, in predicatione
facundissimus, clericorum et laicorum mores verbo et exemplo miro modo composuit et ad frugem
melioris vitae adduxit. Durante il periodo dell’episcopato vercellese attuò la riforma nel 1194
del capitolo dei canonici di Biella (cfr. Mosca, Alberto patriarca di Gerusalemme: tempo,
pp. 271-296) e intervenne intorno all’anno 1200 nella redazione e correzione, insieme all’abate
di Lucedio e ad altri insigni ecclesiastici, fra cui anche il cardinale Pietro Capuano, del testo
normativo redatto per il ramo clericale dell’ordine degli umiliati ( John B. Wickstrom,
The Humiliati: Liturgy and Identity, in «Archivum Fratrum Praedicatorum», LXII (1992),
pp. 195-225; Frances Andrews, The Early Humiliati, Cambridge, Cambridge University
Press, 1999, pp. 111-128 e Maria Pia Alberzoni, Gli umiliati. Regole e interventi papali
fino alla metà del XIII secolo, in Regulae – Consuetudines – Statuta. Studi sulle fonti normative
degli ordini religiosi nei secoli centrali del Medioevo. Atti del I e II seminario internazionale di
studio del Centro italo-tedesco di storia comparata degli ordini religiosi (Bari – Noci – Lecce,
26-27 ottobre 2002, Castiglione delle Stiviere, 23-24 maggio 2003), edd. Cristina Andenna,
Gert Melville, Münster, LIT, 2005 (Vita regularis. Abhandlungen 25), pp. 331-371, in partic.
Fidelissimus mediator 165
già avuto modo di sottolineare Alberto si era inoltre distinto dal punto di
vista politico come fidelissimus mediator nei rapporti fra la Chiesa e l’impero,
presentandosi negli ultimi decenni del secolo XII come capace sostenitore
del pontefice e devoto collaboratore dell’imperatore.11
L’excursus testimonia l’interesse del capitolo e dei canonici eusebiani a
mantenere viva la memoria di un vescovo che aveva retto la diocesi per quasi
un ventennio, prima di essere elevato alla carica di patriarca di Gerusalemme,
la cui vita, i cui costumi e le cui azioni avevano reso illustre la sede vercellese.
Al termine della nota il redattore attribuiva all’assassinio di Alberto il carat-
tere del martirio, attribuendo al suo breve testo in tal modo anche una
dimensione agiografica.
Queste particolari doti, unite alla sua acutezza politica, non bastano
da sole a spiegare i motivi che condussero i canonici del capitolo del Santo
Sepolcro di Gerusalemme a proporre Alberto come patriarca. La promo-
zione alla direzione di una delle sedi più prestigiose della Terra Santa, scelta
peraltro condivisa anche dal re di Gerusalemme Amalrico II di Lusignano e
dai vescovi suffraganei,12 appare a prima vista incomprensibile, se si pensa
che Alberto, sino a quel momento, non aveva avuto alcun diretto coinvolgi-
mento nelle questioni politiche della Palestina.
Laura Minghetti Rondoni, nel suo contributo del 1999,13 e Vincenzo
Mosca, nella biografia dedicata ad Alberto nel 1996,14 spiegavano questa
scelta con la presenza dopo le spedizioni crociate di un buon numero di
vercellesi, o per lo meno di piemontesi in Terra Santa. Entrambe gli autori,
qui in accordo anche con Elena Bellomo,15 individuavano, sin dal periodo
pp. 365-371). Durante il periodo della sua permanenza in Oriente fra il 1206 e il 1214 egli
fu con buona probabilità l’iniziatore del processo di unificazione delle differenti comunità di
stampo eremitico presenti alle pendici del Monte Carmelo. Per costoro, i fratres eremitae …
iuxta Fontem in Monte Carmeli, redasse una formula vitae; cfr. Mosca, Alberto patriarca di
Gerusalemme: tempo, pp. 534-547 e ora anche Emanuele Boaga, Dalla Norma di vita, alla
Regola e alle Costituzioni dei carmelitani nel secolo XIII, in Regulae – Consuetudines – Statuta,
pp. 633-663, in partic. pp. 633-643.
11
Per quanto riguarda il legame di Alberto di Vercelli con l’imperatore Federico Barbarossa e
Enrico VI rimando a Minghetti, Alberto vescovo di Vercelli, pp. 267-304 e Ead., L’episcopato
vercellese di Alberto, pp. 94-99.
12
PL, CCXV (1891), coll. 540-541.
13
Minghetti, Alberto vescovo di Vercelli, p. 291.
14
Mosca, Alberto patriarca di Gerusalemme: tempo, p. 359.
15
Il documento del gennaio del 1198 (Cartario del monastero di Muleggio, ed. Giacomo Sella,
Pinerolo, s.e., 1917 [Biblioteca della Società storica subalpina, 85/1], pp. 22-23) stipulato a
Vercelli alla presenza di Alberto e relativo alla vendita di alcuni beni in Vercelli alla chiesa
166 Cristina Andenna
dei templari di San Giacomo di Alboreto testimonia che almeno in Italia settentrionale il
vescovo di Vercelli aveva avuto occasione di conoscere personalmente alcuni rappresentanti
dell’ordine. Va notato tuttavia che si tratta di una sola attestazione; Elena Bellomo, The
templar order in North-West Italy. 1142-c.1330, Leiden – Boston, Brill, 2008 (The Medieval
Mediterranean, 72), p. 150, 238.
16
Cfr. anche Luigi Avonto, I templari in Piemonte. Ricerche e studi per una storia dell’ordine
del Tempio in Italia, Vercelli, Società storia vercellese, 1982 (Biblioteca della Società storica
vercellese), pp. 15-22 e Id., Presenza gerosolimitana a Vercelli nel secolo XIII, in Vercelli nel
secolo XIII, pp. 113-138.
17
Rudolf Hiestand, Der lateinische Klerus der Kreuzfahrerstaaten: geographische
Herkunft und politische Rolle, in Die Kreuzfahrerstaaten als multikulturelle Gesellschaft.
Einwanderer und Minderheiten im 12. und 13. Jahrhundert, ed. Hans Eberhard Mayer,
Munich, Oldenbourg, 1997 (Schriften des Historischen Kollegs. Kolloquien, 37), pp. 43-68,
in partic. pp. 56-57 e 66 e Bernard F. Hamilton, The Latin Church in the Crusader States.
The Secular Church, London, Variorum, 1980, p. 245; cfr. anche Kirstein, Die lateinischen
Patriarchen von Jerusalem, pp. 449-453.
Fidelissimus mediator 167
18
Hiestand, Der lateinische Klerus der Kreuzfahrerstaaten, p. 66.
19
Monachus era morto nell’inverno del 1202/1203, poco dopo l’arrivo del legato papale
Soffredo, cardinale prete di Santa Prassede. Su (Haymarus) Monachus, cfr. Kirstein, Die
lateinischen Patriarchen von Jerusalem, pp. 362-394, ma anche Paul Edouard Didier
Riant, De Haymaro Monacho, archiepiscopo Caesariensi et postea Hierosolymitano patriarcha,
Paris, D. Jouaust, 1865. Interessanti annotazioni sulla politica di Monachus anche in Miriam
Rita Tessera, Memorie d’Oriente: la traslazione del braccio di san Filippo a Firenze nel
1205, in «Aevum», LXXVIII (2004), pp. 531-540 e Marco Petoletti, Il Rithmus
de expeditione Ierosolimitana di Monaco Fiorentino, arcivescovo di Cesarea e patriarca di
Gerusalemme, in Poesía Latina Medieval (siglos V-XV). Actas del IV congreso del ‘Internationales
Mittellateinerkomitee’; Santiago de Compostela, 12-15 de Septiembre de 2002, edd. Manuel
Cecilio Díaz Díaz, José Manuel Díaz de Bustamante, Firenze, SISMEL – Edizioni del
Galluzzo, 2005 (Millennio medievale, 55; Atti di convegni, 17), pp. 639-650.
20
Soffredo, cardinale diacono di Santa Maria in Via lata (1182) e cardinale prete di Santa
Prassede (1193-1208/1210), si veda Werner Maleczek, Papst und Kardinalskolleg
von 1191 bis 1216. Die Kardinäle unter Coelestin III. und Innocenz III., Wien, Verlag der
Österreichischen Akademie der Wissenschaften, 1984 (Publikationen des Historischen
Instituts beim Österreichischen Kulturinstitut in Rom, 1; Abteilung: Abhandlungen, 6),
pp. 3-76.
21
Pietro Capuano, cardinale diacono di Santa Maria in Via lata (1193) e cardinale prete di
San Marcello (1200-1214), si veda Maleczek, Papst und Kardinalskolleg, pp. 117-124 e
Werner Maleczek, Pietro Capuano. Patrizio amalfitano, cardinale, legato alla quarta
crociata, teologo (1214), Amalfi, Centro di cultura e storia amalfitana, 1997 (Biblioteca
amalfitana, 2), in particolare per il periodo della legazione in Terra Santa pp. 103-230.
22
Sul problema della complicata successione di Monachus, cfr. Rudolf Hiestand, Hans
Eberhard Mayer, Die Nachfolge des Patriarchen Monachus von Jerusalem, in «Basler
Zeitschrift für Geschichte und Altertumskunde», LXXIV (1974), pp. 109-130.
23
La complessa vicenda della mancata consacrazione dell’arcivescovo Pietro di Cesarea,
scelto come successore di Monachus, e dei motivi che procurarono l’intervento di Soffredo di
cassazione della elezione, cfr. Maleczek, Pietro Capuano. Patrizio amalfitano, pp. 182-184,
168 Cristina Andenna
comune accordo, aveva scelto tramite una postulatio, lo stesso Soffredo.24 Tale
scelta aveva trovato un consenso univoco non solo da parte ecclesiastica, ma
anche del sovrano, Almerico di Lusignano, e della nobiltà locale. Il definitivo
potere di conferma spettava in questo caso al giudizio del pontefice Inno-
cenzo III, il quale non solo si era trovato favorevole alla nomina, ma in una
lettera del 16 agosto del 1203 aveva incoraggiato il cardinale ad assumersi il
nuovo compito. Soffredo avrebbe dovuto essere consacrato dai suoi suffraga-
nei e avrebbe dovuto ricevere il pallio dalle mani dell’altro legato, il cardinale
Pietro Capuano.25 Nella stessa lettera il pontefice lo confortava assicurando-
gli che lo stretto legame con la Chiesa di Roma non sarebbe in tal modo
venuto meno, ma sarebbe stato mantenuto tramite il permesso di conservare
il mandato di legazione.26 In una seconda lettera il pontefice pregava inoltre
il cardinale di sopportare con pazienza le fatiche che il suo non facile lavoro
in Terra Santa avrebbe comportato.27 In una parallela missiva diretta a Pie-
tro Capuano il pontefice lasciava intendere che nutriva seri dubbi sull’effet-
tiva intenzione di Soffredo ad assumersi quella dignità. Il cardinale Pietro
era informato pertanto del fatto che, in caso di rifiuto, il capitolo avrebbe
dovuto procedere ad una nuova elezione.28 Nonostante le rassicurazioni
papali, Soffredo di fatto nella seconda metà del 1203 rifiutò l’incarico, una
decisione che Innocenzo III, suo malgrado, accolse, esortando il cardinale ad
impegnarsi, insieme a Pietro Capuano, affinché il capitolo del Santo Sepol-
cro avviasse nuovamente le procedure per la scelta di un nuovo candidato, il
quale sarebbe stato personalmente confermato dal pontefice.29
Fra l’estate e l’autunno del 1204 la scelta cadde su Alberto, a quel tempo
vescovo di Vercelli. Le fonti concordano nel sottolineare che la nomina sca-
turiva da un accordo unanime fra tutte le parti in causa: i canonici del Santo
Sepolcro, il re di Gerusalemme, Soffredo e il pontefice.30 La stessa unità di
intenti emerge inoltre dalla lettera di comunicazione ufficiale inviata dal
capitolo al futuro patriarca. In questo testo, analizzato da Rudolf Hiestand e
Hans Heberhard Mayer e sopravvissuto grazie alla sua inserzione nella Retho-
rica antiqua di Buoncompagno Buoncompagni, il capitolo sottolineava che
l’uniformitas voluntatum, emergente dalla nomina, era considerata dalle
parti in causa il presupposto per sopire ogni controversia e forse, con il volere
di Dio, per giungere all’auspicata liberazione della Terra Santa. I canonici
della cattedrale si auguravano pertanto che Alberto, qui designato pater …
et pastor e insignito della funzione di difensore della cristianità, raggiun-
gesse quanto prima le coste orientali.31 Nella lettera di risposta il neoeletto
patriarca, pur non riconoscendosi all’altezza di quel compito e sostenendo
che la Terra Santa a causa dell’urgenza della situazione politica meritava un
diverso pastore, si dichiarava disposto ad accogliere quella funzione, poiché
egli non osava contraddire gli ordini del pontefice.32 Il 17 febbraio 1205 Inno-
cenzo III aveva già espresso il suo parere pienamente positivo sulla nomina,
esercitando una certa pressione affinché Alberto accettasse l’incarico.33 In
due missive del 17 marzo e del 12 luglio 1205, inoltre, il pontefice scriveva
al cardinale Pietro Capuano, intimandogli di non lasciare la Terra Santa e di
assumersi la responsabilità dei problemi del patriarcato di Gerusalemme sino
all’arrivo del nuovo patriarca.34
30
PL, CCXV (1891), coll. 540-541, docc. 222-223; Gesta Innocentii, in PL, CCXIV
(1890), cap. 89, col. 140.
31
Hiestand, Mayer, Die Nachfolge, pp. 128-129.
32
Hiestand, Mayer, Die Nachfolge, p. 129: Item si secundum apostolum oporteat episcopum
inreprehensibilem esse, multo magis patriarcham, qui episcoporum insufficientiam virtutibus et
meritis subportare tenetur. Nam et Terra Sancta sub tanto noscitur esse discrimine constituta,
quod excellentioris pastoris munimine indigeret procul dubio refoveri. Verum quia preceptis
domini pape contraire nequimus, superimpositum subimus labore fraternitati vestre breviter
intimantes, quod, quam citius dederit oportunitas, procurabimus auxiliante domino transmeare.
33
Reg. Inn. III., VII, n. 222, pp. 393-395. Nella lettera di conferma dell’elezione
Innocenzo III spiegava con acribia anche le motivazioni che avevano causato la lunga vacanza
nel patriarcato di Gerusalemme, la cui sede era ora ad Acri. Si veda anche Hiestand, Mayer,
Die Nachfolge, pp. 129-130 e Maleczek, Pietro Capuano. Patrizio amalfitano, pp. 184-186.
34
PL, CCXV (1891), coll. 541-542, docc. 222-225 e coll. 699-702, docc. 125-127.
170 Cristina Andenna
35
La carriera di Alberto, in correlazione a quella di Pietro da Lucedio, è tratteggiata anche
in Maria Pia Alberzoni, Città, vescovi e papato nella Lombardia dei comuni, Novara,
Interlinea, 2001 (Studi, 26), pp. 91-93, 100-103 e pp. 116-118; cfr. anche Andrews, The
Early Humiliati, pp. 83-89; Minghetti, Alberto vescovo di Vercelli, pp. 267-282 e Mosca,
Alberto patriarca di Gerusalemme: tempo, pp. 231-235 e 251-258.
36
Minghetti, Alberto vescovo di Vercelli, pp. 283-284 e 287-288.
37
Minghetti, Alberto vescovo di Vercelli, pp. 284-285. L’impegno riformatore di Alberto
di Vercelli in merito alla vita del clero è ora valorizzato in Antonio Olivieri, Note
sulla tradizione sinodale dell’episcopio vercellese ( fine XII-XIII sec.), in «Rivista di Storia e
Letteratura religiosa», XXXVIII (2002), pp. 303-331.
38
Cfr. Mosca, Alberto patriarca di Gerusalemme: tempo, pp. 271-296, ma anche Le carte
dell’Archivio Comunale di Biella fino al 1379, edd. Luigi Borrello, Armando Tallone, 4 voll.,
Torino, Tip. Mario Gabetta, 1927-1933 (Biblioteca storica subialpina, 136), IV (1933),
pp. 5-7 e Mario Gorino-Causa, Il capitolo collegiato di Biella sino agli statuti del 1318, in
«Bollettino storico Bibliografico Subalpino», XLI (1939), pp. 4-37.
39
La procedura per la revisione della normativa proposta dagli umiliati è tratteggiata da
Maria Pia Alberzoni, Gli inizi degli Umiliati: una riconsiderazione, in La conversione alla
povertà nell’Italia dei secoli XII-XIV. Atti del XXVII Convegno storico internazionale; Todi,
14-17 ottobre 1990, Spoleto, CISAM, 1991 (Atti dei Convegni dell’Accademia Tudertina e
del Centro di studi sulla spiritualità medievale. Nuova serie, 4), pp. 187-237, qui pp. 207-223;
Ead., Giacomo di Rondineto: contributo per una biografia, in Sulle tracce degli Umiliati, edd.
Ead., Annamaria Ambrosioni, Alfredo Lucioni, Milano, Vita e pensiero, 1997 (Bibliotheca
erudita, 13), pp. 132-136; Andrews, The Early Humiliati, pp. 80-98 e ora anche Alberzoni,
Gli inizi degli Umiliati, pp. 331-371, in partic. pp. 365-371.
Fidelissimus mediator 171
40
Andrews, The Early Humiliati, pp. 92-96. Sul cardinale Graziano dei SS. Cosma e
Damiano, cfr. Maleczek, Papst und Kardinalskolleg, pp. 71-73. Su Raniero da Ponza, cfr.
Gian Luca Potestà, Raniero da Ponza socius di Gioacchino da Fiore, in «Florensia»,
XI (1997), pp. 69-82 e Maria Pia Alberzoni, Raniero da Ponza e la curia romana, in
«Florensia», XI (1997), pp. 83-113.
41
Su Palmerio, preposito della Mortariensis Ecclesia dal 1198 ad un periodo compreso fra il
1228 e il 1234; cfr. Andenna, Mortariensis Ecclesia, Parte II, p. 339, in partic. nt. 608.
42
Andenna, Mortariensis Ecclesia, Parte II, pp. 417-418 e Ead., L’expansion des chanoines
réguliers en Italie, in Les Chanoines réguliers. Émergence, expansion (XIe - XIIIe s.). 6ème Colloque
international du CERCOR ; Le Puy-en-Velay, 29-30 juin et 1er juillet 2006, ed. Michel Parisse,
Saint-Étienne, Publications de l’Université de Saint-Étienne, 2009 (Travaux et recherches
(CERCOR), 19), pp. 383-425, in partic. pp. 405-406 e nt. 82. Sull’idea di introdurre dei
capitoli universali per il controllo e la riforma dei monasteri esenti, dipendenti nullo medio
dalla Chiesa romana e non appartenenti ad un ordine religioso, cfr. Maria Pia Alberzoni,
I sistemi di controllo, in Die Ordnung der Kommunikation und die Kommunikation der
Ordnungen im mittelalterlichen Europa. Band 1. Netzwerke: Klöster und Orden im 12. und
13. Jahrhundert. Workshop, Villa Vigoni (Loveno di Menaggio), 02.-05. November 2009,
edd. Cristina Andenna, Klaus Herbers, Gert Melville, Stuttgart, Franz Steiner Verlag, 2012
(Aurora. Schriften der Villa Vigoni, 1.1), pp. 93-117, qui pp. 96-101. Si veda inoltre le ancora
valide ed importanti osservazioni di Michele Maccarrone, Primato romano e monasteri
dal principio del secolo XII ad Innocenzo III, in Istituzioni monastiche e istituzioni canonicali
in Occidente (1123-1215). Atti della settima Settimana internazionale di studio; Mendola,
28 agosto-3 settembre 1977, Milano, Vita e pensiero, 1980 (Miscellanea del Centro di studi
medievali, 9), pp. 49-132, ripubblicato in Michele Maccarrone, Romana Ecclesia
cathedra Petri, edd. Pietro Zerbi, Raffaello Volpini, Alessandro Galuzzi, 2 voll., Roma, Herder,
1991 (Italia Sacra. Studi e documenti di storia ecclesiastica, 48), II, pp. 821-927.
172 Cristina Andenna
imperiale,43 la cui politica in quegli anni si stava sempre più orientando verso
la Terra Santa. Durante i lunghi anni di stretta collaborazione dapprima
come mediatore fra Federico Barbarossa44 e il pontefice, e poi come colla-
boratore dell’imperatore Enrico VI,45 Alberto aveva di certo avuto modo di
incontrare e di conoscere di persona il marchese Bonifacio di Monferrato,46
43
Rimando qui in generale a Minghetti, L’episcopato vercellese, pp. 94-99 e Minghetti,
Alberto vescovo di Vercelli, pp. 271-277.
44
Mosca, Alberto patriarca di Gerusalemme: tempo, pp. 235-237.
45
Mosca, Alberto patriarca di Gerusalemme: tempo, pp. 237-244.
46
Bonifacio era figlio del marchese Guglielmo V di Monferrato (Aldo Settia, in DBI,
LX (2003), pp. 757-761, s.v. Guglielmo V di Monferrato, ma anche Id., ‘Postquam ipse
marchio levavit crucem’. Guglielmo V di Monferrato e il suo ritorno in Palestina [1186], in Il
Monferrato. Crocevia politico, economico e culturale tra Mediterraneo e Europa. Atti del convegno
internazionale; Ponzone, 9-12 giugno 1998, ed. Gigliola Soldi Rondinini, Ponzone, Università
degli Studi di Genova, 2000 [Collana di fonti e studi. Università degli Studi di Genova, 4],
pp. 89-110), che aveva partecipato alla seconda crociata ed era stato poi catturato durante la
battaglia di Hattin, e di Giuditta di Babenberg. Nella seconda metà del secolo XII sin dopo
la quarta crociata gli Aleramici seppero condurre un’astuta politica di alleanze matrimoniali,
inserendosi nelle dinastie regnanti di Costantinopoli e di Gerusalemme. Il fratello di Bonifacio,
Guglielmo Lungaspada aveva sposato Sibilla, sorella di re Amalrico di Gerusalemme, dalla
quale aveva avuto un figlio, Baldovino IV, che fra il 1185 e il 1186 aveva retto la corona di
Gerusalemme; Giuseppe Ligato, Sibilla, regina crociata: guerra, amore e diplomazia per
il trono di Gerusalemme, Milano, B. Mondadori, 2007 (Economica, 70). Il secondo fratello
di Bonifacio, Ranieri, aveva sposato nel 1180 la figlia dell’imperatore Manuele Comneno,
ottenendo per sé il titolo di caesar. Il terzo fratello, Corrado, aveva sposato nel 1182 Teodora,
sorella di Isacco Angelo, garantendosi in tal modo anch’egli il titolo di caesar. Dopo una
ribellione contro il suocero fu costretto a dirigere i suoi interessi verso la Terra Santa, dove
sposò Isabella, sorellastra del nipote Baldovino IV, legittima erede del Regno di Gerusalemme,
di cui Corrado potè cingere, seppur brevemente, la corona; Maleczek, Pietro Capuano.
Patrizio amalfitano, pp. 116-117. Alcune informazioni su Corrado, Bonifacio, la famiglia dei
marchesi di Monferrato e le relazioni con l’Oriente si trovano in Giuseppe Ligato, Corrado
di Monferrato e la corte di Saladino: il punto di vista islamico, in Il Monferrato. Crocevia
politico, pp. 111-140; Walter Haberstumpf, Dinastie europee nel Mediterraneo orientale.
I Monferrato e i Savoia nei secoli XII-XV, Torino, Scriptorium, 1995 (Gli alambicchi, 5),
testo disponibile online, consultato il 19 luglio 2012 http://centri.univr.it/RM/biblioteca/
scaffale/volumi.htm#Walter Haberstumpf, e Id., Due vocazioni dinastiche del marchesato
di Monferrato: costruzione territoriale e spinta oltremarina, in Dai feudi monferrini e dal
Piemonte ai nuovi mondi oltre gli oceani. Atti del Congresso Internazionale; Alessandria, 2-6
aprile 1990, ed. Laura Balletto, Alessandria, Società di storia, arte e archeologia, Accademia
degli Immobili, 1993 (Biblioteca della Società di storia arte e archeologia per le province di
Alessandria e Asti, 27), pp. 239-248; David Jacoby, Conrad, marquis of Montferrat and the
kingdom of Jerusalem (1187-1192), in Id., Trade, Commodities and Shipping in the Medieval
Mediterranean, Aldershot, Variorum, 1997 (Collected Studies Series, 572) pp. 187-238.
Fidelissimus mediator 173
Sulla carriera politica di Bonifacio, prima della sua partecipazione alla crociata, si veda ancora
David Brader, Bonifaz von Montferrat bis zum Antritt der Kreuzfahrt (1202), Berlin,
Ebering, 1907 (Historische Studien, 55).
47
Sulle difficili trattative per la conduzione dell’esercito crociato, cfr. Maleczek, Pietro
Capuano. Patrizio amalfitano, pp. 116-118.
48
Minghetti, Alberto vescovo di Vercelli, pp. 271-272 e 288-291. In questo contesto si
nota come la politica antisveva perseguita da Bonifacio e da Corrado di Monferrato negli
anni precedenti la sconfitta di Hattin, assunse una progressiva correzione nel senso di un
riavvicinamento significativo all’imperatore e ai suoi collaboratori; cfr. anche Mosca, Alberto
patriarca di Gerusalemme: tempo, pp. 227-231.
49
Mosca, Alberto patriarca di Gerusalemme: tempo, p. 238.
50
Nel giugno del 1194 Bonifacio e il vescovo Alberto erano entrambe al seguito
dell’imperatore Enrico IV, prima a Piacenza e poi a Genova, dove il marchese e l’imperatore
erano diretti per raccogliere l’appoggio navale necessario alla spedizione; Mosca, Alberto
patriarca di Gerusalemme: tempo, pp. 241-242. È inoltre attestata la presenza di Alberto a
Genova come giudice delegato incaricato dal pontefice, nel maggio del 1201 insieme al suo
collaboratore Pietro di Lucedio e nel 1205, quando ormai era già stato scelto come postulatus
al patriarcato di Gerusalemme (PL, CCXV (1891), col. 700, doc. 126); Minghetti, Alberto
vescovo di Vercelli, pp. 285-286.
51
I diritti contesi da Bonifacio per l’attribuzione del controllo su Tessalonica erano collegati
all’eredità del fratello Ranieri, che aveva ricevuto da Manuele Comneno, dopo le nozze con
la figlia Maria, non solo il titolo di caesar, ma con buona probabilità anche possedimenti e/o
diritti di natura fiscale su quella città e su alcune terre della sua circoscrizione; Haberstumpf,
Dinastie europee nel Mediterraneo orientale, pp. 56-59. Sul periodo in Oriente, cfr. Leopoldo
Usseglio, I marchesi di Monferrato in Italia ed in Oriente durante i secoli XII e XIII, Torino,
Tip. Maglietta-Milano, 1926 (editi postumi a cura di Carlo Patrucco). Sul periodo trascorso
174 Cristina Andenna
58
Reg. Inn. III., VIII, pp. 183-184, n. 102, qui p. 183. La descrizione di Alberto come
vir approbatus, circumspectus et providus ricorda le lettere di raccomandazione con le quali
dal tempo di Alessandro III erano presentati i legati papali. Claudia Zey ha osservato che,
in tal modo, il pontefice intendeva sottolineare l’appartenenza dei suoi rappresentanti alle
élite intellettuali del tempo, per mettere in luce l’elevato grado di preparazione culturale e
di formazione professionale; Claudia Zey, Die Augen des Papstes. Zu Eigenschaften und
Vollmachten päpstlicher Legaten, in Römisches Zentrum und kirchliche Peripherie: das universale
Papsttum als Bezugspunkt der Kirchen von den Reformpäpsten bis zu Innozenz III., edd. Jochen
Johrendt, Harald Müller, Berlin - New York, Walter de Gruyter 2008 (Abhandlungen der
Akademie der Wissenschaften zu Göttingen. Neue Folge, 2), pp. 77-108, qui in partic.
pp. 107-108.
59
Reg. Inn. III., VIII, pp. 183-184, n. 102, qui p. 183: Cum autem inter cetera, que nobis
incumbunt negotia procuranda, desolatio et dissolutio orientalis ecclesie anxia et pene continua
molestatione nos vexet, illum ad reformationem ipsius de communi fratrum nostrorum consilio
merito duximus transmittendum, cuius magnam in magnis experti sumus industriam, quique
sue probitatis et honestatis intuitu nobis et fratribus nostris carus est plurimum et acceptus, de
cuius nimirum circumspectione provida et providentia circumspecta indubitatam fiduciam
obtinemus, quod dirigente Domino gressus eius ita regia via curabit incedere, ut non declinet
ad dexteram vel sinistram, sed imitando vivens exemplo plus crescet conversationis laude quam
profecerit dignitate.
176 Cristina Andenna
dei modi possibili e non gli mancasse l’autorità necessaria per concretizzare
quanto il pontefice si aspettava da lui, Innocenzo III investiva Alberto, per un
quadriennio, dell’ufficio della legazione concedendogli plena potestas […] in
tota Ierosolimitana provincia.60
Il 12 luglio del 1205 Innocenzo III annunciava in un’altra missiva diretta
al suo legato, Pietro Capuano, in quel momento impegnato a Costantino-
poli, che la postulatio di Alberto era stata da lui accolta61 e che l’arrivo del
nuovo patriarca in Palestina sarebbe stato ritardato da impegni di diversa
natura.62 A questo proposito il pontefice ordinava a Pietro, e con lui anche
a Soffredo, di rientrare al più presto da Costantinopoli ad Acri, poiché essi,
insigniti della legazione, avrebbero dovuto occuparsi della sede patriarcale
sino all’arrivo del nuovo titolare. Il pontefice non mancava di sottolineare
a Pietro l’urgenza, in quanto legato, di impegnarsi non tanto a conquistare
Costantinopoli, ma a difendere le reliquie della Terra Santa e, se Dio lo
avesse voluto, a recuperarle.63 La sede patriarcale di Gerusalemme, in quel
momento costretta a risiedere ad Acri, aveva nel progetto di Recuperatio Ter-
rae Sanctae una funzione determinante, la sua centralità è testimoniata dagli
ampi privilegi e dalle laute concessioni di cui Alberto fu provvisto nel corso
dei lunghi mesi che precedettero la partenza.64
Non va inoltre a mio parere dimenticato che Alberto, in qualità di
patriarca eletto, ormai forse diretto in Terra Santa aveva fatto tappa a Firenze,
dove, rivendicando il suo diritto di prelazione, aveva richiesto di poter vedere
60
Reg. Inn. III., VIII, pp. 183-184, n. 102, qui p. 184: […] et nolentes quod, ex auctoritatis
defectu, quem expectimus et expetamus ab eo, impediatur profectus, usque ad quadriennium ei in
tota Ier(oso)limitana provincia legationis officium duximum concedendum, plena sibi potestate
concessa, ut dissipet et evellat, que noverit evellenda, et edificet et plantet, que sollicitudinem
exigunt plantatoris.
61
Reg. Inn. III., VIII, pp. 230-233, n. 127, qui p. 231: Quamvis sane venerabilis frater
noster .. quondam episcopus V(er)cellensis in patriarcham Ier(oso)limitanum fuerit postulatus
et nos postulationem approbantes eiusdem iam ei palleum duxerimus concedendum, propter
occupationes tamen multiplices non tam cito forsan poterit transfretare.
62
Il 5 febbraio del 1205 Alberto era ancora impegnato come giudice delegato in una
vertenza per canonici di Biella; Savio, Gli antichi vescovi d’Italia, I, p. 486 e a Genova nel
1205; Minghetti, Alberto vescovo di Vercelli, pp. 285-286.
63
Reg. Inn. III., VIII, pp. 230-233, n. 127, qui p. 231: Debueratis ergo causam vestre legationis
attendere ac sollicite cogitare, quod non ad capiendum Constantinopolitanum imperium sed
defendendas reliquias Terre sancte ac perdita, si daret Dominus, restauranda vos duxerimus
delegandos, mittentes vos non ad capescendas temporales divitias sed promerendas eternas, cum
nos et fratres nostri vobis in expensis providerimus competenter.
64
Si veda più oltre nt. 85-97 testo e corrispondente.
Fidelissimus mediator 177
la sacra reliquia del braccio di san Filippo e di poter pregare su di essa.65 Tale
gesto ebbe un significato politico non indifferente. La preziosa reliquia era
giunta trionfalmente in città il 2 marzo del 1205 ed era stata traslata nel Bat-
tistero della Cattedrale, presso l’altare di San Giovanni. La solenne translatio
era il risultato di una complessa operazione politica che valicava i meri inte-
ressi cittadini e che assumeva un significato internazionale. Motore dell’ope-
razione era stato il fiorentino patriarca di Gerusalemme Monachus che, alla
fine del secolo XII, dopo l’elevazione al patriarcato di Gerusalemme, aveva
convinto la regina Isabella, moglie di Amalrico di Lusignano, a concedere la
sacra reliquia, proveniente da Costantinopoli e sino a quel momento parte
della sua dote. In quel preciso frangente politico il braccio di san Filippo
avrebbe contribuito a riconciliare i complicati rapporti esistenti fra il sovrano
di Gerusalemme e il patriarca e avrebbe al tempo stesso restituito dignità alla
sede patriarcale.66 Dopo il 1200 i rapporti fra Monachus e il sovrano sembra-
rono migliorare. Tuttavia il fatto che Gerusalemme in quel momento fosse
ancora nelle mani dei musulmani e che il patriarca si trovasse costretto a risie-
dere ad Acri fece perdere alla reliquia il suo originario significato di rilancio
della sede patriarcale. Il vecchio patriarca decise di destinare i preziosi resti
dell’apostolo alla sua città natale, attribuendo ora pertanto alla reliquia un
ben altro significato.67 Il braccio giunse in Occidente fra la fine del 1204 e
l’inizio del 1205, quando ormai i due principali attori dell’operazione erano
defunti. A portarla con sé fu una delegazione guidata da un certo Ranieri,
65
Tessera, Memorie d’Oriente, pp. 534-535; Anna Benvenuti, La traslazione del braccio
di San Filippo apostolo a Firenze, in Quel mar che la terra inghirlanda. In ricordo di Mario
Tangheroni, edd. Franco Cardini, Maria Luisa Ceccarelli Lemut, 2 voll., Roma – Ospedaletto,
Pacini Editore – Consiglio Nazionale delle Ricerche, 2007 (Collana Percorsi, 14), I, pp. 117-
148. Colgo qui l’occasione per ringraziare il professor Franco Cardini che durante la
discussione della relazione ha attirato la mia attenzione su questo significativo episodio.
66
La reliquia è considerata da Miriam Rita Tessera (Tessera, Memorie d’Oriente, pp. 538-
539) uno strumento per ottenere, da parte del sovrano, il favore del patriarca di Gerusalemme,
che dopo la morte di Enrico di Champagne nel 1197 si era opposto all’incoronazione di
Aimerico di Lusignano. Su quest’ultimo cfr. Peter W. Edbury, in LMA, I (1980), coll. 241-
242, s.v. Aimerich von Lusignan; Id., The Kingdom of Cyprus and the Crusades, 1191-1374,
Cambridge, Cambridge University Press, 1991, pp. 29-35; George Francis Hill, A
History of Cyprus, 4 voll., Cambridge, Cambridge University Press, 1948-1952, II (1948),
pp. 44-66. Sulla provenienza della reliquia, cfr. anche Benvenuti, La traslazione del braccio
di San Filippo apostolo, pp. 123-124.
67
Anna Benvenuti inserisce l’arrivo della reliquia nella politica antiereticale intrapresa dalle
istituzioni cittadine di Firenze, in accordo con i desideri del pontefice; Benvenuti, La
traslazione del braccio di San Filippo apostolo, pp. 117-148.
178 Cristina Andenna
68
Tessera, Memorie d’Oriente, p. 539.
69
Tessera, Memorie d’Oriente, p. 539.
70
Così si legge nel testo della Traslatio brachii beati Phylippi apostoli, in Benvenuti, La
traslazione del braccio di San Filippo apostolo, p. 145: […] Insuper ad maxime auctoritatis
favorem, dum sepe dictus Sancti Sepulcri prior Vercellis cum patriarca electo rediret, Florentinam
ingressus est civitatem, ubi electus ipse beati Apostoli Phylippi brachium sibi rogavit ostendi, qui
confestim flexis genibus ipsum deosculans adoravit. Nam hec est miraculosa successio que, dum per
hereditaria spiritualis iuris itinera graditur, mirabilem inducit adventum et successorem novum
facit antecessorem vota firmare […].
71
Benvenuti, La traslazione del braccio di San Filippo apostolo, p. 124.
72
Il significato di propaganda politica di queste cerimonie religiose che avevano una
risonanza cittadina era sicuramente noto ad Alberto, forse anche per il tramite della tradizione
mortariense, a cui egli come religioso apparteneva. Alla fine del secolo XI le consacrazioni
solenni di nuovi altari o di nuove canoniche legate alla Ecclesia Mortariensis avevano
accompagnato la campagna di riforma della cristianità promossa da Urbano II e di cui l’idea
di crociata era un aspetto non certo trascurabile. Mi permetto qui di rimandare a Cristina
Andenna, ‘Kanoniker sind Gott für das ganze Volk verantwortlich’. Die Regularkanoniker
in Italien und die Kirche im 12. Jahrhundert, Paring, Augustiner-Chorherren-Verlag, 2004
(Akademie der Augustiner-Chorherren von Windesheim, 9), pp. 44-53.
Fidelissimus mediator 179
A partire dal mese di marzo del 1206 Alberto aveva finalmente lasciato
l’Occidente, come le lettere di Innocenzo III, ormai completamente attinenti
alle questioni dell’Oriente, attestano.73 Il patriarca raggiunse Acri probabil-
mente solo nell’estate di quello stesso anno.74 Una lettera di Innocenzo III
all’arcivescovo di Tiro, Clarembaldo,75 rende plausibile ritenere che il 3
agosto del 1206 Alberto si fosse di fatto insediato nella sua sede patriarcale
e fosse in essa già operativo anche come legato. In quella missiva il ponte-
fice ammoniva infatti l’arcivescovo di Tiro a non molestare ulteriormente
la chiesa di San Marco, appartenente alla comunità dei veneziani residenti
nella sua arcidiocesi, in caso contrario egli incaricava i suoi due legati in Terra
Santa, Pietro Capuano e il patriarca di Gerusalemme, Alberto, a condurre
un’inchiesta e a portare la causa all’attenzione del pontefice.76
La legazione apostolica
73
Reg. Inn. III., IX, pp. 46-47, n. 28 e pp. 97-98, n. 52.
74
Nel cartulario del capitolo del Santo Sepolcro è conservato il giuramento di fedeltà di
Alberto, senza una precisa datazione; cfr. Le cartulaire du Chapitre du Saint-Sépulcre de
Jérusalem, ed. Geneviève Bresc-Bautier, Paris, Librairie orientaliste P. Geuthner, 1984
(Documents relatifs à l’histoire des croisades, 15), pp. 333-334.
75
Clarembaldo di Broies era stato nominato nel 1202 arcivescovo di Tiro, una carica che
mantenne sicuramente sino al 1214. Il suo successore Simone è attestato dal 1216; Giorgio
Fedalto, La Chiesa latina in Oriente, 3 voll., Verona, Mazziana, 1973-1978 (Studi religiosi
3), I (1976), p. 155 e II (1978), p. 235.
76
Reg. Inn. III., IX, pp. 246-247, n. 138.
77
Conciliorum Oecumenicorum Decreta, ed. Giuseppe Alberigo, Bologna, Edizioni
Dehoniane, 1991, p. 267, cost. 71.
78
Cfr. Zey, Die Augen des Papstes, pp. 98-99 e Robert Charles Figueira, The classification
of Medieval Papal Legates in the Liber Extra, in «Archivum Historiae Pontificiae», XXI
(1983), pp. 211-228. Un’utile panoramica storiografica sulla questione delle legazioni si trova
in Maria Pia Alberzoni, Claudia Zey, Legati papali e delegati papali (secoli XII-XIII):
stato della ricerca e questioni aperte, in Legati e delegati papali : profili, ambiti d’azione e tipologie
180 Cristina Andenna
di intervento nei secoli XII-XIII, edd. Eadd., Milano, Vita e pensiero, 2012 (Università.
Storia), pp. 3-12.
79
Cfr. i testi di Christian Grasso e di Maria Pia Alberzoni, in questo volume.
80
Si veda ad esempio il caso della predicazione a Genova ad deliberandam viam sepulcri
Domini tenuta da due legati papali di Urbano II nella chiesa di San Siro, i due vescovi francesi,
Ugo di Chateauneuf-d’Isère, vescovo di Grenoble, e Guglielmo, vescovo d’Orange. Le parole
proferite dai due vescovi a favore della spedizione in difesa dei luoghi Santi ebbero come
effetto immediato che i cittadini più eminenti della città di Genova, appartenenti alle famiglie
dell’aristocrazia vicecomitale e avvocatizia, presero la croce e salparono nel luglio del 1097 con
dodici galee e un ‘sandalo’, una nave da trasporto; Franco Cardini, Profilo di un crociato.
Guglielmo Embriaco, in Studi sulla storia e sull’idea di crociata, Roma, Jouvence, 1993 (Storia,
29), pp. 61-83. Un quadro degli eventi storico-politici di cui la città di Genova fu protagonista
in quegli anni lo offre Valeria Polonio, Tra universalismo e localismo: costruzione di un
sistema (569-1321), in Il Cammino della Chiesa genovese dalle origini ai nostri giorni, ed.
Dino Puncuh, Genova, Società ligure di storia patria, 2001 (Atti della Società Ligure di Storia
Patria, n.s. 39 [1999]), pp. 77-210, in partic. pp. 91-92, ma anche Andenna, Mortariensis
Ecclesia, pp. 210-211, 228-229.
81
Questa tendenza emerge anche per il territorio inglese, cfr. il testo di Barbara Bombi, in
questo volume.
82
Cfr. in partic. Hiestand, Die päpstlichen Legaten; Fedalto, La Chiesa latina in Oriente,
I, pp. 108-148 e Miriam Rita Tessera, Orientalis ecclesia: papato, Chiesa e regno latino di
Fidelissimus mediator 181
Come abbiamo già avuto modo di sottolineare, fra la fine del secolo XII
e gli inizi del XIII secolo, Innocenzo III aveva inviato in Oriente come legati
due abili cardinali, Pietro Capuano e Soffredo. Il significato del loro potere di
intervento e della loro capacità di azione nelle questioni ecclesiastiche e poli-
tiche era stato espresso con chiarezza dal pontefice in una lettera datata 24
aprile 1202, quando la delicata situazione in cui versava la Chiesa d’Oriente
si era ulteriormente aggravata per la scomparsa del patriarca Monachus. Il
pontefice ribadiva che affinché i due rappresentanti papali non si trovassero
impediti nel realizzare completamente ciò che era di competenza dell’ufficio
della legazione, egli concedeva loro una plenaria facultas, che attribuiva, in
caso di estrema necessità, persino il diritto di intervenire in quelle questioni
la cui decisione era giuridicamente riservata al pontefice.83 In un’altra lettera,
di poco posteriore, datata 16 agosto 1203, il pontefice aveva ribadito a Sof-
fredo, congratulandosi per l’elezione al patriarcato, il valore dello speciale
vincolo alla Chiesa romana conferitogli dal mandato di legazione. Fra gli
argomenti che Innocenzo III adduceva per esortare il prelato ad accettare il
nuovo incarico, vi era anche la rassicurazione che quella stretta e privilegiata
relazione non si sarebbe estinta con l’assunzione delle funzioni di patriarca,
ma anzi sarebbe stata aumentata dalla coesistenza delle due cariche.84 Il rifiuto
di Soffredo al patriarcato, tuttavia, non aveva facilitato la già complessa situa-
zione della Terra Santa.
La postulazione di Alberto, avvenuta fra la fine del 1204 e gli inizi del
1205, rappresentava, così come abbiamo già sottolineato, un compromesso
che aveva incontrato il consenso non solo degli ecclesiastici d’Oriente,
ma anche del pontefice e del sovrano.85 Il 6 giugno 1205, Innocenzo III
annunciava solennemente alla cristianità orientale di aver accolto la pos-
tulazione del nuovo patriarca. Presentandolo, il pontefice ne lodava le doti
come abile uomo politico e integerrimo religioso e rendeva noto ai più
alti ecclesiastici delle Chiese d’Oriente che egli si era premunito, affinché
86
Reg. Inn. III., VIII, pp. 183-184, n. 102, p. 183: Cum autem inter cetera, que nobis
incumbunt negotia procuranda, desolatio et dissolutio orientalis ecclesie anxia et pene continua
molestatione nos vexet, illum ad reformationem ipsius de communi fratrum nostrorum consilio
merito duximus transmittendum, cuius magnam in magnis experti sumus industriam, quique
sue probitatis et honestatis intuitu nobis et fratribus nostris carus est plurimum et acceptus, de
cuius nimirum circumspectione provida et providentia circumspecta indubitatam fiduciam
obtinemus […] e p. 184: et nolentes quod, ex auctoritatis defectu, quem expetimus et expectamus
ab eo, impediatur profectus, usque ad quadriennium ei in tota Ierosolimitana provincia legationis
officium duximum concedendum, plena sibi potestate concessa, ut dissipet et evellat, que noverit
evellenda, et edificet et plantet, que sollicitudinem exigunt plantatoris.
87
Reg. Inn. III., VIII, p. 183: Ideoque universitati vestre per apostolica scripta mandamus et
districte precipimus, quatinus predictum legatum sicut personam nostram recipiatis humiliter et
devote et sicut condecet vos et ipsum honorifice pertractetis, ut nos, qui honorem eius proprium
reputamus, vobis propter eum respondere gratius teneamur[…].
88
Reg. Inn. III., VIII, pp. 184-185, n. 103.
89
Reg. Inn. III., VIII, p. 185, n. 104.
90
Reg. Inn. III., VIII, pp. 230-233, n. 127. Il successore alla cattedra vercellese, Lotario da
Cremona, fu eletto nel dicembre del 1205; Savio, Gli antichi vescovi d’Italia, I, p. 487; il 29
gennaio 1206 (PL, CCXV (1891), coll. 777-780, doc. 199) una lettera di Innocenzo III segna
con sicurezza la presenza a Vercelli di un nuovo vescovo, Lotario, insieme all’abate di Tiglieto,
Fidelissimus mediator 183
fine del dicembre 1205, nell’imminenza del viaggio che lo avrebbe condotto
in Oriente, Innocenzo III attribuiva ad Alberto un più ampio potere di
intervento per le assoluzioni dalla scomunica, estendendolo al di sopra di
coloro che lo avessero seguito in subsidium Terrae Sanctae. Il suo diritto in
questa materia escludeva tuttavia ancora i casi gravi, il cui annullamento della
sentenza di scomunica rimaneva di sola competenza del pontefice.91 A causa
del ritardo nel raggiungere l’Oriente, inoltre, il papa esentava il patriarca
dalla visita ad limina e dall’invio di nunzii a Roma92 e lo assicurava che, una
volta giunto ad Acri, avrebbe goduto del privilegio di poter usufruire del pal-
lio in qualsiasi provincia si fosse trovato.93 Lo stesso giorno poi, poiché la sua
partenza per la Terra Santa si era procrastinata, Innocenzo III chiariva che la
durata quadriennale dell’ufficio della legazione sarebbe iniziata con l’arrivo
in Palestina e con la sua ufficiale assunzione in carica.94 Per facilitare l’organiz-
zazione del viaggio e dell’intera impresa, il papa inoltre aveva dotato Alberto
di un finanziamento cospicuo che avrebbe permesso di coprire le spese per le
sue necessità personali e per la missione in subsidium Terre Sancte.95
Sebbene direttamente coinvolto nel negotium crucis, Alberto, sfruttando
le sue antiche relazioni con gli ambienti imperiali, contribuì anche nel repe-
rimento di ulteriori finanziamenti. Sin dal settembre del 1207 egli aveva
inviato alcuni ambasciatori presso il candidato imperiale Filippo di Svevia
e presso i maestri generali dei Giovanniti e dei Templari. I principi tedeschi
nella dieta di Nordhausen si impegnarono a far fluire denaro, proveniente da
una tassa quinquennale straordinaria, non solo al patriarca di Gerusalemme,
ma anche a quello di Antiochia e ad altre autorità politiche ed ecclesiastiche
d’Oriente.96
Nella difficile situazione di crisi e di desolazione della Terra Santa, Inno-
cenzo III il 9 luglio 1208, non essendo cessate le motivazioni che avevano
indotto il pontefice ad attribuirgli i poteri del legato nella provincia gero-
Gerardo di Sesso, e ad Alberto da Mantova; cfr. Savio, Gli antichi vescovi d’Italia, I, p. 487.
Sui numerosi incarichi ricevuti dal papa Maria Pia Alberzoni, Innocenzo III e la riforma
della Chiesa in ‘Lombardia’. Prime indagini sui visitatores et provisores, in «Quellen und
Forschungen aus dem italienischen Archiven und Bibliotheken», LXXIII (1993), pp. 145-
150.
91
Reg. Inn. III., VIII, pp. 304-305, n. 174.
92
Reg. Inn. III., VIII, pp. 302-303, n. 170.
93
Reg. Inn. III., VIII, p. 304, n. 172
94
Reg. Inn. III., VIII, p. 304, n. 171.
95
Reg. Inn. III., VIII, p. 305, n. 174.
96
Kirstein, Die lateinischen Patriarchen von Jerusalem, pp. 428-429.
184 Cristina Andenna
97
Reg. Inn. III., XI, pp. 161-162, n. 103.
98
Reg. Inn. III., XI, pp. 162-164, n. 104; PL, CCXV (1891), coll. 1427-1428, docc. 108-
110.
99
Sui poteri dei cardinali legati e sui loro ambiti di competenza, cfr. Claudia Zey, Zum
päpstlichen Legatenwesen im 12. Jahrhundert: Der Einfluss von eigener Legationspraxis auf
die Legatenpolitik der Päpste am Beispiel Paschalis’ II., Lucius’ II. und Hadrians IV., in Das
Papsttum in der Welt des 12. Jahrhunderts, edd. Ernst-Dieter Hehl, Ingrid Heike Ringel,
Hubertus Seibert, Stuttgart, J. Thorbecke, 2002 (Mittelalter-Forschungen, 6), pp. 243-262;
Zey, Die Augen des Papstes, pp. 77-108; Ead., Handlungsspielräume - Handlungsinitiativen:
Aspekte der päpstlichen Legatenpolitik im 12. Jahrhundert, in Zentrum und Netzwerk: kirchliche
Kommunikationen und Raumstrukturen im Mittelalter, edd. Gisela Drossbach, Hans-Joachim
Schmidt, Berlin - New York, Walter de Gruyter, 2008 (Scrinium Friburgense, 22), pp. 63-92.
100
Per gli interventi nelle questioni ecclesiastiche rimando a Kirstein, Die lateinischen
Patriarchen von Jerusalem, pp. 432-433, per i rapporti con l’ordine dei cavalieri teutonici;
pp. 438-439 per la questione relativa ai prigionieri di cristiani e p. 438 per la questione
dell’elezione dell’arcivescovo di Nicosia.
Fidelissimus mediator 185
inoltre anche il controllo degli ordini attivi sul suo territorio e la riforma
della vita religiosa in Palestina.101
Mette conto concentrarsi qui solo sul ruolo e il peso che ebbero le due
legazioni di Alberto in chiave politica, alla ricerca di una stabilità e di un
equilibrio fra i principali detentori del potere in Terra Santa: i regni di Cipro
e di Gerusalemme e il principato di Antiochia, premettendo tuttavia che le
due sfere di competenza, quella di patriarca e quella di legato, sono spesso
molto difficilmente distinguibili.
Il Regno di Cipro
101
Come è già stato sottolineato Alberto si occupò della codificazione di una forma
vitae destinata alla organizzazione dei fratres raccolti alle pendici del Monte Carmelo; cfr.
Kirstein, Die lateinischen Patriarchen von Jerusalem, pp. 439-442 e Vincenzo Mosca,
Alberto Patriarca di Gerusalemme: autore della ‘vitae formula’ degli Eremiti-Fratelli del
Monte Carmelo, in The Carmelite rule: 1207-2007. Proceedings of the Lisieux conference; 4-7
July 2005, ed. Evaldo Xavier Gomes Roma, Edizioni Carmelitane, 2008 (Textus et studia
historica Carmelitana, 28), pp. 113-136. Alberto fu chiamato a risolvere anche un conflitto
fra i templari e i cavalieri teutonici (Kirstein, Die lateinischen Patriarchen von Jerusalem,
p. 432-434 e Mosca, Alberto patriarca di Gerusalemme: tempo, p. 378) e alcuni problemi
relativi al riconoscimento della idoneità di alcuni esponenti dei templari (Mosca, Alberto
patriarca di Gerusalemme: tempo, p. 380).
102
Reg. Inn. III., IX, pp. 46-47, n. 28: Cum de superni dispositione consilii super populos
Ierosolimitane provincie, qui pro peccatis non solum suis sed forsitan aliorum de manu Domini
duplicia receperunt, duplicis officii receperis potestatem, ut in Dei Evangelium segregatus cum
patriarchalis dignitatis honore legationis officio fungereris, profecto tibi noscitur imminere, ut
diligenter ea per sollicitudinis tue studium procurentur, que ad procurationem status eiusdem
provincie utilia possunt esse.
186 Cristina Andenna
103
Ulrich Mattejiet, in LMA, V (1991), col. 669, s.v. Isabella I., Königin von Jerusalem;
Peter W. Edbury, The Kingdom of Cyprus and the Crusades, 1191-1374, Cambridge,
Cambridge University Press,1991, pp. 24-29 e Steven Runciman, A History of the Crusades,
3 voll., Cambridge, Cambridge University Press, 1952-1954, III (1954), pp. 30-32, 45, 51, 64-
66, 82, 84, 93-95, 102, 103, 134, 181, 324.
104
Cfr. Edbury, Aimerich von Lusignan, coll. 241-242; Hill, A History of Cyprus, II, pp. 44-
66 e Edbury, The Kingdom of Cyprus, pp. 29-35.
105
Kirstein, Die lateinischen Patriarchen von Jerusalem, pp. 437-438.
106
Hill, A History of Cyprus, II, pp. 73-83 e Edbury, The Kingdom of Cyprus, pp. 35-36.
107
Edbury, The Kingdom of Cyprus, pp. 41-43.
108
Su Alice mi permetto di rimandare a Cristina Andenna, Da ‚moniales novarum
penitentium’ a ‚sorores ordinis Sancte Marie de Valle Viridi’. Una forma di vita religiosa
femminile fra Oriente e Occidente (secoli XIII-XV), in Da Accon a Matera: Santa Maria la
Nova, un monastero femminile tra dimensione mediterranea e identità urbana (secoli XIII-XVI),
ed. Francesco Panarelli, Berlin, Lit, 2012 (Vita regularis. Abhandlungen, 50), pp. 59-130, in
partic. su Alice, pp. 61-62, nt. 12 e 70-75. Brevi accenni sulla difficile situazione politica di
Cipro e sul ruolo di Alice si trovano in Jean Richard, in LMA, IX (1998), coll. 738-745,
s.v. Zypern, ma anche Edbury, The Kingdom of Cyprus, p. 43-51; Runciman, A History of
the Crusades, III, pp. 132-233, in partic. p. 84, 104, 134, 149, 166, 175, 179-182, 195, 206,
221-223, 230, 275, 308; Hill, A History of Cyprus, II, pp. 72-137; Jacques Marie Joseph
Louis de Mas Latrie, Histoire de l’île de Chypre sous le règne des princes de la maison de
Lusignan, 3 voll., Paris, Imprimerie impériale, 1861-1865, I (1861), pp. 197-362.
109
Michel Bur, in LMA, IV (1989), coll. 2068-2069, s.v. Heinrich II., Graf von Champagne.
Un’altra attiva interlocutrice nella progettazione di questo matrimonio fu Bianca di Navarra,
moglie di Tedaldo III di Champagne, zio di Alice, che, in accordo con Filippo di Ibelin,
sperava di distogliere gli interessi di Alice alla rivendicazione sui possessi paterni in Francia;
Edbury, The Kingdom of Cyprus, pp. 43-44.
Fidelissimus mediator 187
Il regno di Gerusalemme
110
Edbury, The Kingdom of Cyprus, p. 43.
111
PL, CCXVI (1891), col. 466, n. 104.
112
Maria, sorellastra della regina Alice di Campagne, ottenne, dopo la morte della madre
avvenuta nel 1205, il diritto di poter liberamente succedere al trono di Gerusalemme;
Robert-Henri Bautier, in LMA, II (1983), coll. 686-687 s.v. Brienne, Die Linie Eu-
Guines: Johannes von B.
113
Giovanni di Ibelin sostenne come conestabile la sorellastra Isabella I durante gli anni di
regno a Gerusalemme (1194-1200), ottenne poi per suo intervento la signoria di Beirut.
Dal 1205 al 1210 esercitò la reggenza per Maria di Monferrato, figlia di Isabella I. Dal 1217
successe al fratello Filippo a sostegno della regina Alice di Champagne nella reggenza della
corona di Cipro. Sulla famiglia Ibelin, cfr. Ulrich Mattejiet, in LMA, V (1991), coll.
311-312, s.v. Ibelin. Per le questioni di Cipro cfr. Edbury, The Kingdom of Cyprus, pp. 38-73
e Id., John of Ibelin and the Kingdom of Jerusalem, Woodbridge Rochester, NY, The Boydell
Press, 1997, qui in partic. pp. 28-57.
188 Cristina Andenna
114
Edbury, John of Ibelin, pp. 31-32.
115
Kirstein, Die lateinischen Patriarchen von Jerusalem, pp. 434-435.
116
Giovanni, conte di Brienne, era figlio di Erardo II di Brienne e di Agnese di Monfaucon;
Bautier, Brienne, Die Linie Eu-Guines, coll. 686-687.
117
In accordo con le ipotesi di Hans-Eberhard Mayer, anche Klaus Peter Kirstein (Kirstein,
Die lateinischen Patriarchen von Jerusalem, p. 435) sottolinea che la cerimonia di incoronazione
utilizzò probabilmente per la prima volta il pontificale di Tiro; Hans-Eberhard Mayer,
Das Pontifikale von Tyrus und die Krönung der lateinischen Könige von Jerusalem: zugleich
ein Beitrag zur Forschung über Herrschaftszeichen und Staatssymbolik, in «Dumbarton Oaks
papers», XXI (1967), pp. 141-232.
118
Kirstein, Die lateinischen Patriarchen von Jerusalem, p. 432. Su Leone II di Armenia,
cfr. il paragrafo seguente.
119
La madre Maria morì durante il parto e Isabella II fu pertanto regina di Gerusalemme
sin dalla nascita. Il padre Giovanni di Brienne esercitò per lei la reggenza. In accordo con
Onorio III nel marzo del 1223 fu deciso il suo matrimonio con Federico II. Nel 1225 fu
incoronata regina di Gerusalemme a Tiro e nel novembre dello stesso anno sposò poi a
Brindisi l’imperatore. Morì nel maggio del 1228, dando alla luce il figlio Corrado, Sylvia
Schein, in LMA, V (1991), col. 669, s.v. Isabella II. von Brienne, Königin von Jerusalem.
Fidelissimus mediator 189
Il principato di Antiochia
Nel corso del 1208 Alberto si trovò coinvolto anche nelle ben più com-
plesse questioni politiche ed ecclesiastiche del principato di Antiochia, in
cui da alcuni anni era in atto una contesa per la successione fra il conte Boe-
mondo IV,123 signore di Tripoli, e Leone II,124 re di Armenia. I complessi
retroscena e le fasi della contrapposizione fra le parti, in cui un ampio ruolo
ebbero i conflitti di interesse con l’ordine dei templari, sono stati ampia-
mente chiariti da Werner Maleczek, che ha messo in luce il ruolo di primo
piano svolto dai legati papali Soffredo e Pietro Capuano.125
120
Fu eletto patriarca dopo la morte di Alberto. Il primo atto in cui compare come patriarca
è datato 20 febbraio 1215. Egli morì nella primavera del 1225; Fedalto, La Chiesa latina in
Oriente, I, pp. 138-139.
121
PL, CCXVI (1891), coll. 738-739, doc. 211.
122
PL, CCXVI (1891), col. 738, doc. 210.
123
Claude Cahen, in LMA, II (1983), coll. 333-334, s.v. Bo[h]emund IV., Fürst von
Antiochia. Il figlio di Boemondo IV, Boemondo V di Poitiers, sposò, senza l’approvazione
del pontefice, la regina di Cipro, Alice, una sua lontana parente. La regina sperava dopo la
morte del marito Ugo di Cipro di poter proporre Boemondo V, signore di Antiochia e di
Tripoli, come candidato per la reggenza su Cipro. Il matrimonio fu poi annullato fra il 1227
e il 1229 per un legame troppo stretto di consanguineità; Andenna, Da ‚moniales novarum
penitentium’, pp. 72-73 e Runciman, A History of the Crusades, III, p. 278.
124
René Grousset, L’Empire du Levant: Histoire de la Question d’Orient, Paris, Payot,
1949, pp. 394-396 e M. Chahin, The Kingdom of Armenia: A History, Richmond, Curzon,
20013, pp. 247-249.
125
Maleczek, Papst und Kardinalskolleg, pp. 166-171.
190 Cristina Andenna
La contesa fra le due parti era giunta a ledere gravemente i diritti del
patriarca di Antiochia, Pietro di Angoulême,126 che era stato incarcerato,
insieme a due suoi nipoti, da Boemondo IV. Al suo posto il signore di Tri-
poli aveva nominato un greco, di nome Simeone II Abou Saibé.127 Temendo
uno scisma, il pontefice diede mandato ad Alberto, in qualità di legato, fra il
febbraio e il marzo del 1208 di intervenire per costringere con ogni mezzo
il signore di Tripoli a liberare Pietro128 e deporre il patriarca greco, scomu-
nicando coloro che avessero osato porsi contro questa disposizione.129 Gli
ordini del pontefice non raggiunsero l’esito sperato. Nel luglio dello stesso
anno, poco dopo aver attribuito per un nuovo quadriennio ad Alberto il
mandato di legazione,130 Innocenzo III si rivolgeva ad Alberto rinnovando-
gli l’invito ad intervenire. Il patriarca Pietro era morto in carcere e i canonici,
ai quali spettava l’elezione del primate, avrebbero dovuto procedere imme-
diatamente alla scelta di un successore idoneo al patriarcato di Antiochia.131
Dalle parole del pontefice si comprende che Alberto in questo frangente,
data la delicatezza della questione, disponeva grazie al suo ruolo di legato, di
una piena potestas che gli avrebbe permesso di decidere al posto del pontefice
sulle questioni più pressanti. Gli aspetti meno significativi invece sarebbero
stati rimandati alle domande in appello e alle loro conseguenti decisioni.132
Dotato di quest’ampia facoltà di intervento egli avrebbe dovuto decidere
circa l’opportunità di mantenere in carica il discusso decano della chiesa cat-
tedrale di Antiochia. Alberto avrebbe dovuto inoltre evitare ogni contatto
con Boemondo IV. Il signore di Tripoli aveva infatti compiuto un sacrilegio e
per questo motivo era stato colpito da scomunica e da anatema. Solo nel caso
in cui egli si fosse pentito e fosse tornato sui suoi passi, il patriarca avrebbe
potuto concedergli il beneficio della assoluzione.133
Nel marzo dell’anno successivo i canonici si erano finalmente accordati
per proporre un candidato. Innocenzo III nell’approvare la postulatio, non
126
Fedalto, La Chiesa latina in Oriente, I, pp. 168-169.
127
Claude Cahen, Un document concernant les Melkites et les Latins d’Antioche au temps des
Croisades, in «Revue des études byzantines», XXIX (1971), pp. 285-292.
128
Reg. Inn. III., X, pp. 382-384, n. 214.
129
Reg. Inn. III., XI, pp. 10-11, n. 8.
130
Reg. Inn. III., XI, pp. 161-162, n. 103.
131
Reg. Inn. III., XI, pp. 164-165, n. 105.
132
Reg. Inn. III., XI, p. 165: Denique ne quid de contingentibus omittamus, tam super hiis
quam etiam super omnibus, que negotium hoc contingunt, plenam tibi conferimus potestatem, ut
vice nostra de universis statuas et de singulis appellatione postposita, quod videris expedire.
133
Reg. Inn. III., XI, p. 165.
Fidelissimus mediator 191
134
PL, CCXVI (1891), coll. 18-19, n. 8.
135
Cfr. sopra nt. 53-54 e testo corrispondente.
136
Cfr. nt. 35.
137
PL, CCXVI (1891), col. 18, n. 8: verum etiam eo tibi teque illi ad mutuum solatium
assistente, per unanimem charitatem duorum generalis terrae sanctae profectus poterit efficacius
promoveri. Quapropter ipsum per litteras apostolicas exhortati ut onus illud cum humilitate
prompta suscitiate, per praesentem nuntium, in cuius recessu nondum poterat ad nos eiusdem
episcopi recurrisse responsum, fraternitati tuae super hoc ad praesens aliud non duximus
respondendum nisi quod cum, quem firmiter credimus super hoc nostro mandato et consilio
pariturum, celerius quam poterimus ad te simul et Antiochenam Ecclesiam transmittemus,
non solum patriarchalia sibi conferentes insignia quae conferri decebit a nobis, verum etiam in
necessariis hilariter providentes, in quibus possit commode pertransire.
138
PL, CCXVI (1891), col. 19.
192 Cristina Andenna
139
In particolare sull’attività di Sicardo come vescovo di Cremona, Daniele Piazzi, I tempi
del vescovo Sicardo e di Sant’Omobono, in Diocesi di Cremona, edd. Adriano Caprioli, Antonio
Rimoldi, Luciano Vaccaro, Brescia, La scuola, 1998 (Storia religiosa della Lombardia, 6),
pp. 77-90, in partic. pp. 77-79. Cfr. anche Elisabetta Filippini, Il vescovo Sicardo di
Cremona (1185-1215) e la fondazione del monastero di San Giovanni del Deserto, in «Annali
dell’Istituto storico italo-germanico in Trento», XXVII (2001), pp. 13-56. Sui suoi importanti
contributi letterari, cfr. Ercole Brocchieri, Sicardo di Cremona e la sua opera letteraria, in
«Annali della Biblioteca governativa e libreria civica di Cremona», XI (1958), fasc. 1; Ludwig
Schmugge, Kanonistik und Geschichtsschreibung. Das Kirchenrecht als historische Quelle bei
Tholomeus von Lucca und anderen Chronisten des 13. und 14. Jahrhunderts, in «Zeitschrift
der Savigny-Stiftung für Rechtsgeschichte. Kanonistische Abteilung», LVIII (1982), in partic.
pp. 224-225. Sulla presenza di Sicardo a fianco dei cardinali Pietro Capuano e di Soffredo in
Terra Santa, cfr. Maleczek, Papst und Kardinalskolleg, pp. 179, 192-193.
140
PL, CCXVI (1891), coll. 310-311, n. 123.
141
Bernd Ulrich Hucker, Kaiser Otto IV., Hannover, Hahnsche Buchhandlung, 1990
(Monumenta Germaniae Historica. Schriften, 34), pp. 171-172.
142
Jonathan Simon Christopher Riley-Smith, Templars and Hospitallers as professed
religious in the Holy Land, Notre Dame (Ind.), University of Notre Dame Press, 2010 (The
Conway lectures in medieval studies), p. 106.
Fidelissimus mediator 193
Concludendo
Tra la fine del secolo XII e l’inizio del secolo XIII la curia romana e il
papato si servirono spesso di religiosi con la medesima personalità e prepa-
razione di Alberto per la risoluzione di contese giuridiche e giurisdizionali
in tutto l’Occidente cristiano, ma anche in generale per chiarire questioni
di carattere ecclesiastico e religioso. Il compito dei giudici delegati tuttavia
non si fermava qui, elevati alla cattedra episcopale, come nel caso di Alberto
per Vercelli, essi si trovavano a svolgere un ruolo centrale anche nelle que
stioni politiche non solo della loro diocesi, ma anche sul piano degli interessi
internazionali. Spesso essi si trovarono ad essere contemporaneamente fedeli
rappresentanti del pontefice, ma nel medesimo tempo erano anche solerti
143
PL, CCXVI (1891), coll. 430-432, docc. 64 e 65.
144
PL, CCXVI (1891), col. 432, n. 66.
145
L’Estoire de Eracles Empereur et le conqueste de la Terre d’Outremer, in Recueil des historiens
des croisades: Historiens occidentaux, 5 voll., Paris, 1844-1895, II (1859), pp. 1-481, in partic.
p. 137; cfr. anche Kirstein, Die lateinischen Patriarchen von Jerusalem, p. 432.
146
PL, CCXVI (1891), coll. 792-793, doc. 7.
147
Kirstein, Die lateinischen Patriarchen von Jerusalem, p. 432.
194 Cristina Andenna
Werner Maleczek
U
nter den vielen Aufgaben, die Papst Innocenz III. während seines
19-jährigen Pontifikats zu bewältigen hatte, standen der Kreuzzug
und der Kampf gegen die Häresie an den beiden ersten Stellen.1
Das herausragende Engagement für den Kreuzzug geht zweifelsohne auf
persönliche Erfahrungen des jungen Klerikers Lothar von Segni zurück, der
1187 von der katastrophalen Niederlage bei Hattin und vom Fall Jerusa-
lems erfuhr. In seiner Kardinalszeit (ab 1190) erlebte er die Endphase des
Dritten Kreuzzuges und den gescheiterten Kreuzzug Kaiser Heinrichs VI.
mit. Die bösen Nachrichten vom unrühmlichen Ende dieses staufischen
Unternehmens veranlaßten ihn, am 15. August 1198 mit seiner ganzen
Autorität einen neuen Kreuzzug auszurufen und sich bei der Organisation
intensiv einzusetzen. Das große Rundschreiben, das mit einer an biblischen
Hinweisen reichen Rhetorik und mit historischen Anspielungen arbei-
tete, ähnelt einer Predigt und verrät den feinsinnigen Theologen.2 Bis zum
1
Die ausführlichste Arbeit zum Thema bleibt trotz ihres Alters Helmut Roscher, Papst
Innocenz III. und die Kreuzzüge, Göttingen, Vandenhoeck & Ruprecht, 1969 (Forschungen zur
Kirchen- und Dogmengeschichte, 21). Ich selbst habe an einer der Tagungen teilgenommen,
die an den Fall von Konstantinopel erinnerten: Werner Maleczek, Innocenzo III e la IV
Crociata. Da forte ispiratore a spettatore senza potere, in Quarta Crociata. Venezia – Bisanzio
– Impero Latino, edd. Gherardo Ortalli, Giorgio Ravegnani, Peter Schreiner, 2 voll., Venezia,
Istituto veneto di scienze, lettere ed arti, 2006, I, pp. 389-422. (dazu cfr. Rudolf Pokorny,
Viermal der Vierte Kreuzzug. Die Tagungsbände zum Gedenkjahr 2004, in «Deutsches Archiv
für Erforschung des Mittelaters», LVI (2010), pp. 569-593). Der Platz des Papstes wird in
allen Arbeiten zum Vierten Kreuzzug thematisiert. Auf italienisch: Marco Meschini,
1204. L’incompiuta. La quarta crociata e la conquista di Costantinopoli, Milano, Ancora,
2004; als Standardwerk: Donald Edward Queller, The Fourth Crusade. The Conquest
of Constantinople 1201-1204. Rev. ed. by Thomas F. Madden, Philadelphia, University of
Pennsylvania Press, 19972 (Middle Ages series), Nachdr. 2000.
2
Reg. Inn. III., I/1, pp. 498-505, n. 336.
Legati, delegati e l’impresa d’Oltremare (secoli XII-XIII) / Papal Legates, Delegates and the Crusades (12th
13th Century), Maria Pia Alberzoni, Pascal Montaubin (eds), Turnhout 2014 (Ecclesia militans 3),
pp. 195-209
© F H GDOI: 10.1484/M.EMI-EB.5.103490
196 Werner Maleczek
Aufbruch, der für den März 1199 vorgesehen war, sollte eine intensive, vom
Papst gesteuerte Werbung die Kämpfer gewinnen; die Finanzierung sollte
mit Hilfe einer bis dahin unbekannten Steuer zum Teil gesichtert und das
Kampfgebiet sollte mit Friedensvermittlung und mit diplomatischen Aktio
nen im Mittleren Osten bereitet werden. Im großen Rundschreiben wer-
den die beiden Legaten schon genannt, wobei Innocenz III. ihre Funktion
mit nur undeutlichen Begriffen umschrieb: exercitum Domini humiliter et
devote precedant.3 Es waren Petrus Capuanus, Kardinaldiakon von S. Maria
in Vialata, und Soffred, Kardinalpriester von S. Prassede. Das Motiv für diese
Wahl ist nicht klar – wie bei keiner der zahlreichen Legationen des Conti-
Papstes –, aber man kann es aus der Biographie der beiden Kardinäle und aus
den ihnen bis dahin übertragenen Aufgaben mit einer gewissen Plausibilität
ableiten.4 Ich beginne mit Petrus Capuanus, dessen Lebensgeschichte ziem-
lich reich dokumentiert und gut erforscht ist.5 Er stammte aus Amalfi und
gehörte zu einer der städtischen aristokratischen Familien, die sich leicht
bis in die Mitte des 11. Jahrhunderts zurückverfolgen läßt, als sie aus dem
Fürstentum Capua einwanderte. Wie alle führenden Familien der kleinen
Seerepublik erwarben die Capuano ihren Wohlstand durch Handel mit
anderen Gebieten des normannischen Königreiches, mit der Levante, dem
Königreich Jerusalem und mit Nordafrika, was ihnen einen weiten Horizont
und internationale Beziehungen verschaffte. Zu Ende des 19. Jahrhunderts
wurde in Tyrus im Heiligen Land ein Grabstein eines entfernten Verwand-
ten des Kardinals mit Namen Sergius Capuanus gefunden.6 Aber diese Kon-
takte mit Outremer waren nicht die einzigen Empfehlungen für Kardinal
Petrus. Er hatte in Paris studiert, um auf diese Weise seine Aufstiegschancen
in der kirchlichen Hierarchie zu verbessern, und aller Wahrscheinlichkeit
nach zählte der junge Lothar von Segni, der zukünftige Papst Innocenz III.,
3
Reg. Inn. III., I/1, p. 502, l. 15.
4
Die Habilitationsschrift von Rudolf Hiestand, Die päpstlichen Legaten auf den
Kreuzzügen und in den Kreuzfahrerstaaten. Vom Konzil von Clermont (1095) bis zum 4.
Kreuzzug, Kiel, 1972 blieb leider ungedruckt.
5
Cfr. Werner Maleczek, Petrus Capuanus, Kardinal, Legat am Vierten Kreuzzug,
Theologe (+1214), Wien, Verlag der Österreichischen Akademie der Wissenschaften,
1988 (Publikationen des Historischen Instituts beim Österreichischen Kulturinstitut in
Rom. Abteilung, 1. Abhandlungen, 8) (Ital. Ausgabe: Pietro Capuano. Patrizio amalfitano,
Cardinale, Legato alla Quarta Crociata, Teologo († 1214). Edizione riveduta e aggiornata,
Amalfi, Centro di cultura e storia amalfitana, 1997 [Biblioteca Amalfitana, 2]).
6
Charles Clermont-Ganneau, Nouveaux monuments des croisés recueillis en Terre
Sainte, in «Archives de l’Orient Latin», II (1884), p. 460.
Die päpstlichen Legaten beim vierten Kreuzzug 197
7
Die Summa ist bisweilen Gegenstand von Untersuchungen, z.B. William J. Courtenay,
Peter of Capua as a Nominalist, in «Vivarium. Journal for Medieval Philosophy», XXX
(1992), p. 157-172, wurde aber bevorzugtes Forschungsobjekt der Theologen der römischen
Universität Sanctae Crucis, häufig Doktorabeiten: Alfonso Chacón, Sobre la autoría
de la ‘Summa Theologiae’ del Cardenal Pedro de Capua († 1214), in Hispania Christiana.
Estudios en honor del prof. José Orlandis Rovira en su septuagesimo aniversario, Pamplona,
Universidad de Navarra, 1988 (Historia de la Iglesia, 14), pp. 379-388; José Ignacio
Varela González, La doctrina de la justificación en Pedro de Capua según el Códice Vaticano
Latino 4296, Roma, 1987; Alfredo Cento, Dottrina sui nomi essenziali di Dio nella
Summa Theologiae di Pietro di Capua. Testo delle questioni II-XXIV, Roma, 1990; J. Pascual
Martínez, Elementos para una teología del pecado en Pedro de Capua en el contexto histórico-
teológico de finales del siglo XII, Roma, 1990; José Antonio Suárez Regueiro, La
doctrina trinitaria de la Summa Theologiae de Pedro de Capua en el contexto histórico-teológico
de finales dels siglo XII, Roma, 1990; Ignacio Fabregat Torrens, Doctrina eucaristica y
de la conversion sustancial en Pedro de Capua († 1214) y sus inmediatos predecesores, Roma,
1991; Carlo Lahoz Zamarro, Reglementación del lenguaje trinitario en Pedro de Capua.
Análisis semiótico y contextualización histórica, Roma, 1992; Pere Domingo i Manero,
Angelología en Pedro de Capua, Roma 1995; Daniel Boira Sales, La cristología en Pedro de
Capua, Roma, 1996; Francisco Armada Martínez-campos, La doctrina de las virtudes
de un autor nominalis del siglo XII: Pedro de Capua. Texto inédito de su Summa Theologiae,
Roma, 1997; Salvador Gual i García, ‘Illatio’ e ‘instantia’ en la Summa Theologiae de
Pedro de Capua, Roma, 1997; Carlo Pioppi, La dottrina sui nomi essenziali di Dio nella
Summa Theologiae di Pietro Capuano. Edizione critica della quaestiones I-XXIV, Roma,
Edizioni Santa Croce, 2004 (Dissertationes. Series theologica, 14); Id., La creazione e lo stato
di giustizia originale nella ‘Summa vetustissima veterum’ di Pietro Capuano, in Dar razón de
la esperanza. Homenaje al Prof. Dr. José Luis Illanes, ed. Tomás Trigo, Pamplona, Servicio
de Publicaciones de la Universidad de Navarra, 2004), pp. 441-454; Id., Il peccato originale
e il ‘sinus Abrahae’ nella ‘Summa Vetustissima veterum’ di Pietro Capuano, in «Annales
Theologici», XVIII (2004), pp. 373-423; Id., Teologia e politica in un cardinale del tempo
d’Innocenzo III: l’opera di Pietro Capuano, in «Annales Theologici», XX (2006), pp. 127-
148. Ein jüngerer Beitrag zu den Distinctiones: Christian Lohmer, Petrus Capuanus -
Alphabetum in artem sermocinandi. Eine essayistische Annäherung an das Predigthandbuch
nach der Münchener Handschrift (Clm 8000) mit Überlegungen für eine künftige Edition, in
Päpste, Privilegien, Provinzen: Beiträge zur Kirchen-, Rechts- und Landesgeschichte. Festschrift
für Werner Maleczek zum 65. Geburtstag, edd. Johannes Giessauf, Rainer Murauer, Martin
198 Werner Maleczek
P. Schennach, Wien, Böhlau; München, Oldenbourg, 2010 (Mitteilungen des Instituts für
Österreichische Geschichtsforschung. Ergänzungsband, 55), pp. 259-276.
8
Cfr. Werner Maleczek, Papst und Kardinalskolleg von 1191 bis 1216. Die Kardinäle unter
Coelestin III. und Innocenz III., Wien, Verlag der Österreichischen Akademie der Wissenschaften,
1984 (Publikationen des Historischen Instituts beim Österreichischen Kulturinstitut in Rom.
Abteilung, 1. Abhandlungen, 6), pp. 73-76; Zusätze in: Id., Zwischen lokaler Verankerung und
universalem Horizont. Das Kardinalskollegium unter Innocenz III., in Innocenzo III. Urbs et Orbis.
Atti del Congresso internazionale; Roma, 9-15 settembre 1998, ed. Andrea Sommerlechner, 2
voll., Roma, Istituto storico italiano per il Medio Evo 2003 (Nuovi Studi Storici, 55), I, pp. 131-
132; Klaus-Peter Kirstein, Die lateinischen Patriarchen von Jerusalem. Von der Eroberung
der Heiligen Stadt durch die Kreuzfahrer 1099 bis zum Ende der Kreuzfahrerstaaten 1291, Berlin,
Duncker & Humblot, 2002 (Berliner historische Studien, 35), pp. 395-411.
Die päpstlichen Legaten beim vierten Kreuzzug 199
Reg. Inn. III., II/1, pp. 490-502, nn. 258 (270), 259 (271), 260 (272).
9
200 Werner Maleczek
11
Die Einschätzung des Versuches Alexius’ IV. ist umstritten. Cfr. z.B. Ralph-Johannes
Lilie, Byzanz und die Kreuzzüge, Stuttgart, W. Kolhhammer, 2004 (Urban-Taschenbücher,
595), pp. 157-180; Id., Zufall oder Absicht? Die Ablenkung des Vierten Kreuzzugs nach
Konstantinopel: repetita lectio, in The Fourth Crusade Revisited. Atti della Conferenza
Internazionale nell’ottavo centenario della IV Crociata, 1204-2004; Andros (Grecia), 27-30
maggio 2004, ed. Pierantonio Piatti, Città del Vaticano, Libreria Editrice Vaticana, 2008 (Atti
e documenti, 25), pp. 129-144.
12
Reg. Inn. III., V/1, pp. 47-49, n. 25 (26).
202 Werner Maleczek
das volle Legationsoffizium für das Heilige Land und schloß dabei Fälle, die
sonst allein dem Papst reserviert waren, in ihre Vollmachten ein. Dies war
eine Neuheit in der langen Geschichte der päpstlichen Legationen und auch
unter Innocenz III. geschah dies bei dieser Gelegenheit zum einzigen Mal.
Die beiden Kardinäle sollten verständlicherweise für alle Eventualitäten in
einem Unternehmen gerüstet sein, in welches der Papst seit Jahren zutiefst
in finanzieller, politischer aber auch emotionaler Hinsicht engagiert war und
in welchem er die Gefahren wohl kannte. In dieser Ankündigung wird ihre
Stellung erneut beschrieben. Wie in allen bisher ausgestellten Urkunden
erhielten sie mit den Worten uterque vel alter eorum exercitum Domini cum
humilitate precedat ein nicht weiter beschriebenes geistliches Führungsamt
übertragen. Im Wissen um die Gefährdung des Unternehmens durch wider-
streitende Interessen benannte der Papst ihre Aufgaben etwas genauer: sie
sollten das Heer zur Eintracht auffordern und die Streitenden zum Frieden
veranlassen. Das volle Legatenoffizium konnten sie gemeinsam oder einzeln
ausüben.
Soffred reiste im Juni 1202 ins Heilige Land, um die Ankunft der Flotte
und des Heeres vorzubereiten. Petrus Capuanus begab sich am Beginn des
Sommers nach Venedig, wo er am 22. Juli 1202, am Fest der Hl. Magdalena,
eintraf.13 Aber er fand alles andere als eine eindrucksvolle militia Christi
vor. Statt der 33.000 angepeilten Kämpfer waren vielleicht 10.000 gekom-
men, unter denen sich zahlreiche Leute befanden, die die Anstrengungen
des Zuges unmöglich aushalten konnten, viele Frauen und Kranke. Ihr
Gelübde kommutierte der Kardinal und schickte sie nach Hause zurück.
Als im Laufe des Monats August klar wurde, daß die Zahl der Kreuzfahrer
nicht ausreichen würde und daß selbst eine letzte Anstrengung, das Geld
für die Frachtrate zusammenzubringen, nichts fruchten würde, schlug der
Doge Enrico Dandolo, wie dies durch zahlreiche Quellen gesichert ist, einen
Handel vor, der darin bestand, den Zahlungsaufschub mit der Eroberung
von Zara zu erreichen. Die dalmatinische Küstenstadt war zwischen Vene-
dig und dem ungarischen König umstritten.14 Damit war genau der Fall
13
Das Datum liefert die Devastatio Constantinopolitana, in Annales Herbipolenses, ed. Georg
H. Pertz, MGH. SS 16 (1858), p. 10.
14
Cfr. Ivo Goldstein, Zara fra Bisanzio, Regno Ungaro-Croato e Venezia, in Quarta
Crociata. Venezia – Bisanzio – Impero Latino, edd. Gherardo Ortalli, Giorgio Ravegnani, Peter
Schreiner, 2 voll., Venezia, Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti, 2006, I, pp. 359-370.
Über die Rolle von Venedig cfr. Donald Edward Queller, Gerald W. Day, Some
arguments in defense of the Venetians on the Fourth Crusade, in «The American Historical
Die päpstlichen Legaten beim vierten Kreuzzug 203
eingetreten, den Innocenz III. etwa ein halbes Jahr zuvor ausdrücklich
verboten hatte, auch deshalb weil der ungarische König einige Jahre zuvor
das Kreuz genommen hatte und sich deshalb unter dem besonderen Schutz
des Papstes befand. Aber auch ohne dieses ausdrückliche päpstliche Ver-
bot machte sich eine starke Opposition im Heere breit und viele Kämpfer
gaben auf und kehrten in ihre Heimat zurück. Nach langen Diskussio-
nen akzeptierten die Führer des Heeres schließlich das Angebot. Und der
Legat? Seine Haltung mußte in diesem Konflikt von großem Gewicht sein.
Wäre er energisch eingeschritten und hätte in Erinnerung gerufen, daß der
päpstliche Schutz sich auf alle Kreuzfahrer erstreckte, wäre die Expedition
nach Zara wahrscheinlich unterblieben, aber wohl um den Preis der noch
weitergehenden Auflösung des Heeres und einer beschleunigten Verminde-
rung der Kämpfer. Seine Haltung war nicht eindeutig. Einerseits war ihm
das Verbotene beim Angriff auf Zara bewußt und einigen Kämpfern ver-
kündete er dies ganz klar, andererseits zögerte er nicht, anderen Kämpfern
den Rat zu geben, diese Gewissensbelastung im Hinblick auf die Weiter-
führung des Kreuzzuges zu ertragen. Petrus wurde wegen seines Verbotes
für die Venezianer untragbar. Sie wollten ihn nicht mehr als päpstlichen
Legaten akzeptieren. Das Äußerste, was sie ihm zugestanden, war die Rolle
eines Predigers. Der Kardinal wies diese Minderung seiner Stellung ener-
gisch zurück, aber es blieb ihm daraufhin nichts übrig, als der Lagunen-
stadt den Rücken zu kehren und sich an die römische Kurie zu begeben.15
Innocenz III. war also über diese widersprüchliche Situation und über die
dem Unternehmen drohenden Gefahren durchaus informiert. Ein sehr
Review», LXXXI (1976), pp. 717-737 (Nachdruck in: Donald Edward Queller,
Medieval Diplomacy and the Fourth Crusade, London, Variorum Reprints, 1980 [Variorum
Collected Studies Series, 114]); Donald Edward Queller, Thomas F. Madden, Some
further arguments in defense of the Venetians on the Fourth Crusade, in «Byzantion», LVII
(1992), pp. 433-473.
15
Die Position des Legaten in Venedig: Devastatio Constantinopolitana (wie Anm. 13);
Gunther von Pairis, Hystoria Constantinopolitana, ed. Peter Orth, Hildesheim, Weidmann,
1994 (Spolia Berolinensia, 5), pp. 122-23, cap. 6; Gesta episcoporum Halberstadensium, ed.
Ludwig Weiland, MGH. SS 23 (1874), p. 117; Reg. Inn. V, n. 160 (161) (wie in Anm. 12),
p. 317, ll. 4-6. Die Gegnerschaft Venedigs zum Legaten: Reg. Inn. III., VI, p. 71, ll. 18-22, n. 48;
Reg. Inn. III., VII, p. 38 l. 4 n. 18; ibid., p. 350 ll. 3-6, n. 200; Reg. Inn. III., IX, p. 248 ll.
6-7, n.139, wiederaufgenommen in den Gesta Innocentii papae III, PL, CCXIV (1890),
col. CXXXVIII, cap. 85. Die Rückkehr an die Kurie ist durch die Unterschrift auf einem
päpstlichen Privileg vom 4. November 1202 gesichert, The Letters of Pope Innocent III (1198-
1216) concerning England and Wales. A calendar with an appendix of texts, edd. Christopher
Robert Cheney, Mary G. Cheney, Oxford, Clarendon Press, 1967, p. 72, n. 440.
204 Werner Maleczek
viel späterer Brief aus dem Jahre 1205 berichtet auch, daß Petrus Capua-
nus schon in Venedig von den sinistren Absichten des Markgrafen Bonifaz
von Montferrat, seinen Schützling Alexius auf den Thron von Konstanti-
nopel zu bringen, erfahren hatte, aber gleichzeitig wissen wir daraus, daß er
sich der mißbräuchlichen Ablenkung nach Konstantinopel klar widersetzt
hatte.16
In der römischen Kurie war man überzeugt, daß das Heer nach Abschluß
der Ablenkung nach Zara in das Heilige Land aufbrechen werde. Die Exkom-
munikation war nach einer Vorsprache einer Delegation der Kreuzfahrer in
Rom gegen die Zusicherung weiteren Wohlverhaltens und besonders nach
dem Versprechen, keine anderen christlichen Länder anzugreifen, im Januar/
Februar 1203 aufgehoben worden. Petrus Capuanus reiste direkt ins Hei-
lige Land. Im März des Jahres 1203 findet man ihn in Benevent, im April
stach er von Siponto (beim heutigen Manfredonia in Apulien) aus in See
und langte nach einer kurzen Überfahrt am 23. April in Akkon ein.17 Für
das gesamte Unternehmen war es fatal, daß sich kein päpstlicher Vertreter
in dieser heiklen Phase beim Heer befand. Die Ablenkung des Heeres,
die zunächst in Zara ausgehandelt und in Korfu bekräftigt wurde, die alle
Probleme der Finanzierung und der Versorgung hätte lösen sollen, wurde
ohne Mitwirkung des Legaten entschieden.
Die erste Eroberung von Konstantinopel im Juli 1203 macht deut-
lich, daß dieser Kreuzzug dem Papst völlig entglitten war, auch deshalb,
weil die Legaten fern von den Brennpunkten des Geschehens agierten.
Es scheint, daß die ersten Nachrichten von der Ablenkung des Heeres im
August 1203 nach Rom gelangten. Innocenz III. spricht davon undeut-
lich in einem Brief an den Kardinallegaten Soffred, der sich seit einem
Jahr im Heiligen Land aufhielt.18 Eine Fehleinschätzung der politischen,
militärischen und finanziellen Vorausetzungen, eine Überschätzung der
Wirksamkeit päpstlicher Direktiven, unzureichende und zu langsame
Information, auch bewußte Täuschung des Papstes durch die Kreuzfahrer
– dies könnten die Gründe dafür sein, daß sich die Rolle Innocenz’ III.
in diesem Kreuzzugsunternehmen wandelte, vom machtvollen Inspirator
zum machtlosen Beobachter.
16
Reg. Inn. III., VIII, p. 245, ll. 9-14, n. 134 (133).
17
Die Reise des Legaten nach Gunther von Pairis (wie Anm. 15), p. 131.
18
Reg. Inn. VI, n. 130 (wie in Anm. 15), p. 220, ll. 34-36.
Die päpstlichen Legaten beim vierten Kreuzzug 205
Die Tätigkeit der Legaten im Heiligen Land, das in dieser Zeit von
Naturkatastrophen heimgesucht wurde, ist nur spärlich dokumentiert.19
Soffred hielt sich in Outremer seit Juni / Juli 1202, Petrus Capuanus seit
April 1203 auf, im Dezember 1204 reisten beide nach Konstantinopel.
Soffred versuchte sich in dem seit langem schwelenden antiochenischen Erb-
folgestreit zwischen Bohemund IV. von Antiochia-Tripolis und dem arme-
nischen König Leo II. als Vermittler, hatte aber keinen Erfolg. Man findet
ihn auch bei der Lösung von internen Konflikten in der lateinischen Hierar-
chie des Königreiches Jerusalem. Im Frühjahr 1203 wurde er nach dem Tod
des lateinischen Patriarchen Haimarus von Jerusalem zu seinem Nachfolger
gewählt, lehnte aber trotz drängender Bitten diese Würde ab.20 Auch Petrus
Capuanus bemühte sich um die Lösung des antiochenischen Erbfolgestrei-
tes, aber das Ergebnis war noch schlechter. Seine Vermittlung mündete in die
Exkommunikation des armenischen Königs und in das Interdikt über das
Königreich, wozu noch ein kaum versteckter Dissens zwischen den beiden
Legaten kam. Eine Maßnahme des Capuanus aus dem Jahr 1203 oder 1204
hatte freilich Auswirkungen bis in die Jetztzeit: die Union der maronitischen
Kirche mit der römischen. Diese, vor allem im gebirgigen Libanon blühende
christliche Kirche hatte die arabisch-islamische Eroberung überlebt und
hatte eine gewisse Blüte durch die lateinische Herrschaft seit dem frühen 12.
Jahrhundert erfahren. Die erste Annäherung der Achtzigerjahre führte zur
Union unter Innocenz III.21 Die zweite, längere Zeit wirkende Maßnahme
wurde auf der Synode von Antiochia im März 1204 getroffen, und zwar die
Promulgation der Konstitution der lateinischen Kirche von Zypern. Sie war
schon vorbereitet worden, als Petrus Capuanus auf der Überfahrt ins Heilige
19
Mit allen Details in meinem Petrus Capuanus (wie Anm. 5), p. 158-180 (ital. Ausgabe
pp. 159-188); Kirstein, Die lateinischen Patriarchen von Jerusalem (wie Anm. 8),
pp. 398-411.
20
Für die Wahl zum Patriarchen von Jerusalem cfr. Hans Eberhard Mayer, Rudolf
Hiestand, Die Nachfolge des Patriarchen Monachus von Jerusalem, in «Basler Zeitschrift
für Geschichte und Altertumskunde», LXXIV (1974), pp. 109-130; Hans Eberhard
Mayer, Die Urkunden der Lateinischen Könige von Jerusalem, MGH. Diplomata regum
latinorum Hierosolymitanorum 2 (2010), pp. 1010-1011, n. *622.
21
Die Tatsache wird im feierlichen Unionsprivileg vom 4. Januar 1216 erwähnt, ed.
Theodosius Haluščinskyj, Acta Innocentii PP. III (1198-1216), Città del Vaticano
1944 (Pontificia commissio ad redigendum codicem juris canonici orientalis. Fontes III/2),
pp. 458-462, n. 216 (mit dem irrtümlichen Datum 1215). Cfr. Rudolf Hiestand, Die
Integration der Maroniten in die römische Kirche. Zum ältesten Zeugnis der päpstlichen Kanzlei
(12. Jahrhundert), in «Orientalia christiana periodica», LIV (1988), pp. 119-152.
206 Werner Maleczek
22
Louis de Mas-Latrie, Histoire de l’île de Chypre sous les princes de la maison de
Lusignan, 3 voll., Paris, Imprimerie impériale, 1852-1861, III (1865), pp. 622-625 (mit
dem falschen Jahr 1223), und in meinem Petrus Capuanus (wie Anm. 5), pp. 294-296, n. 15
(ital. Ausgabe: pp. 303-306, n. 16), und Bullarium Cyprium. Papal letters concerning Cyprus,
ed. Christopher Schabel, Nikosia, Cyprus Research Centre, 2010 (Texts and studies of the
history of Cyprus, 64), I, p. 33-36; cf. Miltiades Basil Efthimiou, Greeks and Latins on
Cyprus in the thirteenth century, Brookline (Mass.), Hellenic College Press, 1987; Nicholas
Coureas, The Latin Church in Cyprus, 1195-1312, Aldershot, Ashgate, 1997, p. 90-94 (mit
dem falschen Datum 1223).
23
Auch dieser Abschnitt nach meinem Petrus Capuanus (wie Anm. 5), pp. 192-212 (ital.
Ausgabe pp. 203-230).
24
Reg. Inn. VII, n. 154 (wie Anm. 15), pp. 264-270, das Zitat p. 264, ll. 18-19.
Die päpstlichen Legaten beim vierten Kreuzzug 207
25
Cfr. Johannes M. Hoeck, Raimund Joseph Loenertz, Nikolaos-Nektarios von
Otranto, Abt von Casole. Beiträge zur Geschichte der ost-westlichen Beziehungen unter
Innozenz III. und Friedrich II., Ettal, Buch-Kunstverlag, 1965 (Studia Patristica et Byzantina,
11), pp. 31-32.
26
Reg. VIII, n. 127 (126) (wie in Anm. 16), pp. 230-233.
208 Werner Maleczek
Cfr. meinen Petrus Capuanus (wie Anm. 5), pp. 213-230 (ital. Ausgabe pp. 231-253).
27
Andrea Colavolpe, Sant’Andrea e la chiesa di Amalfi, in Tre apostoli una regione, Cava
28
de‘ Tirreni, Di Mauro, 2000, pp. 159-213; Dal Lago di Tiberiade al mare di Amalfi. Il viaggio
apostolico di Andrea, il primo chiamato. Testimonianze, cronache e prospettive di ecumenismo
nell’VIII centenario della traslazione delle reliquie del corpo (1208-2008), ed. Michail Talalay,
Amalfi, presso la sede del Centro, 2008 (Biblioteca amalifitana, 11); Amalfi and Byzantium.
Acts of the International symposium on the eighth centenary of the translation of the relics of St
Andrew the Apostle from Constantinople to Amalfi (1208-2008); Rome, 6 May 2008, ed. Edward
G. Farrugia, Roma, Pontificio istituto orientale, 2010 (Orientalia Christiana analecta, 287).
Die päpstlichen Legaten beim vierten Kreuzzug 209
und umgekehrt, wirft Licht auf die Begleitung der Kardinäle, auf Gefah-
ren, aber auch auf die Möglichkeit der Bereicherung und des Erwerbes von
Reliquien. Aber die Legation zeigt auch in aller Klarheit die beschränk-
ten Möglichkeiten des Papstes, eine militärisch und finanziell komplizierte
Unternehmung durch zwei Kardinäle führen zu lassen, denen als Macht-
mittel nur Worte und die delegierte päpstliche Vollmacht zur Verfügung
standen. Die Legation des Soffred und des Petrus Capuanus war kein
Erfolg, von marginalen Bereichen abgesehen, aber sie hatte lange andau-
ernde Folgen, die zum Teil bis heute andauern. Auf der positiven Seite die
Union der maronitischen Kirche mit der päpstlich-lateinischen, die Kons-
titution der lateinischen Kirche im Königreich Zypern, die Reliquien, die
auf diese Weise aus Konstantinopel ins Abendland gebracht wurden und
eine Jahrhunderte währende Verehrung bewirkten; auf der negativen Seite
eine deutliche Schwächung des Heiligen Landes, aber in erster Linie eine
Vertiefung der Spaltung zwischen der griechischen und der lateinischen
Kirche durch die Eroberung von Konstantinopel in den Jahren 1203 und
1204 und die durch die Errichtung des lateinischen Kaiserreiches noch ver-
schärft wurde. Diese Spaltung ist, wie allseits bekannt, bis zum heutigen
Tag nicht geheilt.
Papal legates and their preaching
of the crusades in England between
the twelfth and the thirteenth
centuries
Barbara Bombi
I
n his seminal work on England and the Crusades, 1095-1588, Chris-
topher Tyerman emphasizes that ‘the most immediate impact of the
crusade on England was financial’. Overall, Tyerman dismisses the
efficacy of papal legates in England when it came to organizing, planning
and preaching expeditions to the Holy Land and regards papal activity and
control over the crusades as ineffective.1 In his opinion, the legatine mis-
sion to England of 1096, led by Jarento, abbot of Saint Bénigne of Dijon,
was mainly concerned to confirm the pledge by Robert Curthose, duke
of Normandy, of his duchy to William Rufus for three years in return for
a loan of ten thousand silver marks, thus allowing him to take part in the
First Crusade. On the contrary, there is no clear evidence that Urban II
appointed Jarento to preach the crusade in the Anglo-Norman territo-
ries, although one cannot exclude that the legate may have contributed
to disseminating news of the Council of Clermont during his mission.2
Accordingly, Tyerman argues that, despite the uninterrupted English par-
ticipation in the crusades from the late eleventh century and evidence of
crusading propaganda in English chronicles from the beginning of the
twelfth century, the papacy did not systematically organize crusade prea-
ching, recruitment and money-collection in England until the time of
the Third Crusade.3 Furthermore, he focuses on local and external factors
that affected the beneficial outcomes of the campaigns, such as personal
devotion, the participation of the aristocracy and the commitment of the
1
Christopher Tyerman, England and the Crusades. 1095-1588, Chicago, The
University of Chicago Press, 1988, pp. 154-158.
2
Tyerman, England and the Crusades, pp. 15-16; 154.
3
Tyerman, England and the Crusades, pp. 57-85.
Legati, delegati e l’impresa d’Oltremare (secoli XII-XIII) / Papal Legates, Delegates and the Crusades (12th
13th Century), Maria Pia Alberzoni, Pascal Montaubin (eds), Turnhout 2014 (Ecclesia militans 3),
pp. 211-261
© F H GDOI: 10.1484/M.EMI-EB.5.103491
212 Barbara Bombi
Crown to the defence of the Holy Land, especially as shown during the
reign of Henry II (1154-1189).4
These assumptions are further supported by a lack of evidence concer-
ning the role of the legates in the preaching and organization of the cru-
sades in twelfth-century canonistic sources. Indeed, this argument ex silentio
also allows Tyerman to talk about the ‘invention of the crusade’ in the late-
twelfth century, when, in his opinion, the crusade was institutionalized in
canonistic and papal sources.5 Accordingly, James Brundage has emphasized
that canon lawyers only attempted a definition of crusading from the ponti-
ficate of Alexander III (1159-1181), when they focused on the regulation of
crusading vows, the status and the obligations of the crusaders, while careful
planning of crusading preaching and funding is not evidenced until the pon-
tificate of Innocent III (1198-1216).6 Finally, Robert Figuera draws atten-
tion to the lack of a definition and classification of the legatine office in the
Decretum of Gratian, whereas he suggests that the Liber Extra (X 1.30.9)
and its commentaries attempted a taxonomy of papal legates in three catego-
ries: legatus a latere, sent by the papacy in partibus; legatus natus, who holds
his legatine powers owing to his office in partibus; and finally a ‘semi-per-
manent’ legate, who is appointed on a specific matter owing to his personal
qualities.7 In Figuera’s opinion the faculties of the legates were firstly defi-
ned in thirteenth-century canon law commentaries, where those powers that
concerned, among other things, crusading activity which could be delegated
to papal legates, were listed. Indeed, when it came to addressing the func-
tions and faculties of the legates, as they are defined in the general mandates
of legation, thirteenth-century canon lawyers reserved the organization and
preaching of the crusade to the pope, who delegated such faculties to his
representatives through special mandates.8 These could include a number of
powers reserved to the pope: permission to transport arms on behalf of the
4
Tyerman, England and the Crusades, pp. 152-186.
5
Christopher Tyerman, Were there any crusades in the Twelfth Century?, in «English
Historical Review», CX (1995), pp. 553-577; Id., Invention of the Crusades, Basingstoke,
Macmillan, 1998.
6
James Arthur Brundage, Medieval canon law and the crusader, Madison-Milwaukee-
London, The University of Wisconsin Press, 1969, pp. 191-192.
7
Robert Charles Figueira, The classification of Medieval Papal Legates in the Liber
Extra, in «Archivum Historiae Pontificiae», XXI (1983), pp. 211-228.
8
Robert Charles Figueira, Papal Reserved Powers and the Limitations on Legatine
Authority, in Popes, Teachers and Canon Law in the Middle Ages, edd. James Ross Sweeney,
Stanley Chodorow, Ithaca – London, Cornell University Press, 1989, pp. 191-211.
Papal legates and their preaching 213
9
Claudia Zey, Die Augen des Papstes. Zu Eigenschaften und Vollmachten päpstlicher
Legaten, in Römisches Zentrum und kirchliche Peripherie. Das universale Papsttum als
Bezugspunkt der Kirchen von den Reformpäpsten bis zu Innozenz III., edd. Jochen Johrendt,
Harald Müller, Berlin – New York, Walter de Gruyter, 2008 (Neue Abhandlungen der
Akademie der Wissenschaften zu Göttingen. Neue Folge, 2), pp. 98-99.
10
Penny Jane Cole, The Preaching of the Crusades to the Holy Land. 1095-1270,
Cambridge (Massachussets), The Medieval Academy of America, 1991 (Medieval Academy
books, 98); William Edward Lunt, Financial relations of the papacy with England to 1327,
Cambridge (Massachussetts), The Medieval Academy of America, 1939 (Medieval Academy
Books and Monographs, 33).
11
Helene Tillmann, Die päpstlichen Legaten in England bis zur Beendigung der Legation
Gualas (1218), Bonn, H. Ludwig, 1926; Stefan Weiss, Die Urkunden der päpstlichen
Legaten von Leo IX. bis Coelestin III. (1049-1198), Köln – Weimar – Wien, Böhlau
Verlag, 1995 (Regesta Imperii – Beihefte: Forschungen zur Kaiser- und Papstgeschichte
des Mittelalters, 13); Werner Maleczek, Papst und Kardinalskolleg von 1191 bis 1216,
Wien, Verlag der Österreichischen Akademie der Wissenschaften, 1984 (Publikationen
des Historischen Instituts beim Österreichischen Kulturinstitut in Rom, 1; Abteilung:
Abhandlungen, 6); Id., Pietro Capuano. Patrizio amalfitano, cardinale, legato alla Quarta
Crociata, teologo († 1214), Amalfi, Centro di cultura e storia amalfitana, 1997 (Biblioteca
amalfitana, 2).
214 Barbara Bombi
England and Normandy when the papacy organized a new crusade. Further-
more, from the mid-twelfth century the papacy delegated special legatine
powers to local prelates to secure preaching, planning and funding for the
expeditions to the Holy Land, particularly making use of the archbishops
of Canterbury who claimed legatine powers from the time of Archbishop
Theobald (1138-1161).
In this essay I shall, therefore, address the papal legations sent to England
between 1095 and 1204, focusing on the first four crusades. In particular, I
will investigate the legates’ faculties, their prosopography and their contri-
bution to crusading preaching, recruitment and funding. This chronology
poses a methodological problem that ought to be addressed. When talking
about England between the late eleventh and twelfth centuries, one cannot
forget the Anglo-Norman dimension of English rule and the contribution
that the continental possessions of the kings of England made to crusading,
especially at the time of the First Crusade.12 In the light of this issue, I will,
therefore, address legatine activity in both the continental and insular terri-
tories under the rule of the English Crown at different times.
Between the eleventh and the twelfth centuries: the First and Second
Crusade
12
Tyerman, England and the Crusades, pp. 15-16. For a definition of England see Michael
T. Clanchy, England and its rulers, 1066-1307, Malden (Massachussets), Wiley – Blackwell,
2006, especially pp. 1-21.
13
Chartes et documents de Saint-Bénigne de Dijon, prieurés et dépendances, des origines à
1300, edd. Georges Chevrier, Maurice Chaume, 2 voll., Dijon, Bernigaud & Privat, 1943-
1986 (Analecta Burgundica), II (1943), n. 387, p. 165; Tyerman, England and the Crusades,
pp. 15-16.
14
Chartes et documents de Saint-Bénigne de Dijon, n. 436, pp. 210-211: ‘Porro illi non satis
erat pervicina loca ecclesie sibi commisse commoda perquirere, sed ad externas et remotas
Papal legates and their preaching 215
regiones, in Hispaniam scilicet atque Angliam peragendo, aurum, argentum, pallia, aliaque
ornamenta ecclesiastica undecumque huc convehebat’.
15
Hugo Flaviniacensis, Chronicon, ed. Georg Heinrich Pertz, in MGH. SS, 8 (1848),
lib. II, p. 413, 415-417.
16
Hugo Flaviniacensis, Chronicon, lib. II, pp. 416-418; Patrick Healy, The Chronicle
of Hugh of Flavigny. Reform and Investiture Contest in the Late Eleventh century, Aldershot,
Ashgate, 2006 (Church, Faith and Culture in the Medieval West), pp. 68-70. On William
of Volpiano see Nicolangelo D’Acunto, in DBI, LXI (2003), pp. 47-50, s.v. Guglielmo
da Volpiano. On the connection between William of Volpiano and St. Bénigne of Dijon
see Alfredo Lucioni, L’abbazia di S. Benigno, l’episcopato, il papato e la formazione della
rete monastica Fruttuariense nel secolo XI, in Il monachesimo italiano del secolo XI nell’Italia
nordoccidentale. Atti dell’VIII Convegno di studi storici sull’Italia benedettina; San Benigno
Canavese, Torino, 28 settembre-1 ottobre 2006, ed. Alfredo Lucioni, Cesena, Badia di Santa
Maria del Monte, 2010 (Italia Benedettina, 29), pp. 237-308.
17
Hugo Flaviniacensis, Chronicon, lib. II, p. 473-474. On Jarento’s participation to
the Council of Clermont see Robert Somerville, The Council of Clermont and the First
Crusade, in Id., Papacy, Councils and Canon Law in the 11th-12th Centuries, Aldershot,
Ashgate, 1990 (Variorum Collected Studies Series, CS 312), cap. VII, p. 75.
18
Charles Homer Haskins, Norman Institutions, Cambridge, Harvard University
Press, 1925 (Harvard historical studies, 24), Appendix 2, pp. 285-286.
216 Barbara Bombi
rum; finally, Jarento had to rectify the agreement between William Rufus
and Walter, cardinal bishop of Albano, who had been sent to England in
mid-1095 and had assented to the king’s requests that no papal legate could
enter the country without prior royal permission.19 Furthermore, in his chro-
nicle Hugh of Flavigny resolutely blamed Walter of Albano for discrediting
the authority of the Roman Church among the English people (auctoritas
Romana apud Anglos) owing to his avarice and greed, when he endorsed the
king’s demands that the archbishop of Canterbury’s sworn allegiance to St.
Peter and the pope should not be over and above his loyalty to the king.20 In
Hugh’s words, the consequences of Walter’s mission were so devastating that
no further notice was paid to papal envoys coming to England, while there
was no prelate, abbot or clergymen in the country who dared to implement
papal mandates without the king’s assent. Apparently, both William Rufus
and the English faithful initially greeted Jarento and acknowledged his
honesty and resolution; indeed, the legation managed to revive the strength
and dignity of the English Church and the freedom of the Roman authority
in the country (libertas Romanae auctoritatis).21 However, the king soon felt
threatened by Jarento’s success. While sending an embassy to Rome with a
gift of 10 marks of gold to bribe the curia, he adopted dilatory tactics and
kept the legate and Hugh in England until Easter. When the royal envoy
finally came back from Rome, he was accompanied by another legatus, who
immediately received William Rufus’s endorsement since he was a nephew
of Urban II and was believed to have been delegated papal faculties si non
tota saltim ex parte. However, as Hugh of Flavigny puts it, while Jarento was
renown for his integritas, honestas and sapientia and had been delegated papal
authority by virtue of apostolic privileges (munitus privilegiis auctoritatis),
the second legate lacked papal mandates and was an uneducated layman (nec
litteris apostolicis nec secularis scientie seu dignitatis honore munitus). Jarento
and Hugh therefore decided to leave England and moved on to Normandy,
where they negotiated the pledge of the duchy of Normandy to William
19
Hugo Flaviniacensis, Chronicon, lib. II, pp. 474-475. See also Healy, The Chronicle
of Hugh of Flavigny, pp. 70-71. The mission of Walter of Albano to England is not mentioned
in Roger Aubert, in DHGE, XX (1984), coll. 75-76, s.v. Gautier, cardinal évêque d’Albano.
On Walter’s legatine activity see also Tillmann, Die päpstlichen Legaten, pp. 19-21; Weiss,
Die urkunden der päpstlichen Legaten, pp. 36-37.
20
Hugo Flaviniacensis, Chronicon, lib. II, p. 475. See also Healy, The Chronicle of
Hugh of Flavigny, pp. 71-72.
21
Hugo Flaviniacensis, Chronicon, lib. II, p. 475.
Papal legates and their preaching 217
Rufus for three years in return for ten thousand silver marks and assured the
king’s custody over Robert’s territory while the latter was on crusade in the
Holy Land.22
William of Malmesbury’s Gesta pontificum Anglorum, finished in about
1125, supports Hugh of Flavigny’s negative judgement of Walter of Alba-
no’s mission and gives a similar description of the context in which Jarento’s
legation unfolded. Although he does not specifically mention Jarento, Wil-
liam emphasises that Walter of Albano had made exceptional concessions
to William Rufus in return for his endorsement of Urban II’s election.23
On the contrary, two points of Hugh of Flavigny’s account are challenged
in the chronicle of Eadmer, monk of Christ Church and member of Archbi-
shop Anselm of Canterbury’s household, who wrote his Historia Novorum
between 1097 and 1106.24 While he acknowledges that Walter of Alba-
no’s mission to England was aimed at dealing with the disputed election of
Anselm as archbishop of Canterbury and delivering him the pallium, Ead-
mer recalls the legate’s mediation and his refusal to accept the demands of
William Rufus, who, in response, tried to take advantage of Walter’s requests
to recognize Urban II’s election and offered money to the legate in return
for Anselm’s deposition.25 Accordingly, when he comes to address Robert’s
pledge of the Duchy of Normandy to fund his crusade, Eadmer does not
mention Jarento’s mission either and criticizes the king for the financial bur-
den on England of this extraordinary collection, indicating that William
Rufus plundered churches and their treasuries to fund his mortgage.26
As I pointed out above, by playing on Hugh of Flavigny’s reticence in
mentioning the crusade until the end of his account, Christopher Tyerman
denies that Jarento’s mission to England was ever aimed at preaching the
expedition to the Holy Land and argues that Jarento merely intended to
22
Hugo Flaviniacensis, Chronicon, lib. II, p. 475. See also Healy, The Chronicle of
Hugh of Flavigny, pp. 69-74.
23
Guillelmus Malmesberiensis, Gesta pontificum Anglorum, ed. Michael
Winterbottom, 2 voll., Oxford, Clarendon Press, 2007 (Oxford medieval texts), I, 49, 21,
pp. 140-141.
24
Jay Rubenstein, in Oxford Dictionary of National Biography, 2004, on-line edition, s.v.
Eadmer of Canterbury.
25
Eadmerus Cantuariensis, Historia novorum in Anglia, ed. Martin Rule, Rolls Series
81/II (1965), pp. 68-74.
26
Eadmerus Cantuariensis, Historia novorum, pp. 74-76; Lunt, Financial relations,
p. 419.
218 Barbara Bombi
27
Tyerman, England and the Crusades, pp. 15-16.
28
Anselmus Canturiensis, Opera Omnia, ed. Francescus Salesius Schmitt, 6 voll.,
Seccovii, ex Officina abbatiae Seccoviensis, Roma, s.e., Edinburgh, T. Nelson, 1938-1961, IV
(1940), n. 195, pp. 85-86; Herbert Edward John Cowdrey, Pope Urban II’s preaching
of the First Crusade, in «History», LV (1970), p. 183. Cowdrey’s argument is substantially
supported by Robert Somerville, The Council of Clermont and the First Crusade, in
Papacy, Councils, n. VIII, p. 331.
29
Cowdrey, Pope Urban II’s preaching, pp. 183-184.
30
Cowdrey, Pope Urban II’s preaching, p. 184.
31
See Herbert Edward John Cowdrey, Cluny and the First Crusade, in Id., Popes,
Monks and Crusaders, London, The Hambledon Press, 1984 (History series, 27), n. XV,
pp. 306-307.
Papal legates and their preaching 219
Rufus and Robert Curthose, since such agreement was indispensable for the
participation of the Duke of Normandy in the campaign. Accordingly, Jaren-
to’s achievements during his mission granted both full financial support to
Robert’s expedition and protection over the Duchy of Normandy, the two
essential requirements listed among the temporal privileges conceded to
the crusaders in the late-twelfth century canonical legislation. Finally, one
should stress that the historiography has so far overlooked Hugh of Flavi-
gny’s account concerning the disagreement between Jarento and the second
legate sent from Rome on William Rufus’s request. Indeed, Hugh’s descrip-
tion interestingly highlights how the king assessed the legal soundness of
the second legate’s mandate that was considered si non tota saltim ex parte
reliable, while Hugh insisted on the authority of Jarento who had been sent
ex precepto domini pape. As Martin Brett put it, ‘legates of one kind or ano-
ther were sent to England with great frequency’ between the late eleventh
and the early twelfth centuries, but it is difficult to discover the terms of a
legate’s commission.32 Evidence, however, suggests that Jarento was sent to
England with specific purposes. In this respect, we could consider his lega-
tine mission as ‘semi-permanent’ in accordance with the thirteenth-century
canonical definitions of legatine powers, which also included the faculty of
preaching the crusade.
Some fifty years later when Pope Eugenius III began the organization
of the Second Crusade by issuing the letter Quantum predecessores on 11
December 1145, England was already troubled by the civil war that broke
out in 1139 between the supporters of King Stephen and those of Matilda,
daughter of Henry I and former wife of the German Emperor Henry V.
Indeed, the civil war was only brought to an end in 1147 or 1148 and, by
that time, the Second Crusade was concluding with the disastrous siege of
Damascus in the summer of 1148.33 As Tyerman states, in such political tur-
moil, only ‘a number of English tenants-in-chief and other landowners took
the cross and joined the army of Louis VII of France in 1147’.34 Moreover,
some English crusaders, mainly those from southern and eastern England,
32
Martin Brett, The English Church under Henry I, Oxford, Oxford University Press,
1975, p. 35. See also Kriston Rennie, At arm’s lenght? On papal legates in Normandy (11th
and 12th centuries), in «Revue d’Histoire ecclésiastique», CV (2010), fasc. 2, pp. 331-345.
33
David James Frederick Crouch, The reign of King Stephen. 1135-1154, Harlow,
Longamn, 2000, pp. 105-230.
34
Tyerman, England and the Crusades, p. 32.
220 Barbara Bombi
joined the crusaders from Flanders and the Rhineland and assisted the king
of Portugal in the conquest of Lisbon in October 1147.35
Zachary Brooke and more recently David Crouch have argued that
Stephen’s weakness allowed the papacy to consolidate the ‘freedom of the
church’ in England, while the king ‘failed entirely to maintain the barrier set
up by his predecessor’, permitting, among other things, the free entrance of
legates and papal bulls into the country and the appointment of Theobald,
archbishop of Canterbury, as resident legate in the kingdom.36 However,
there is no evidence that between December 1145 and March 1146, when
Pope Eugenius III relaunched his crusading plans at the Council of Vézelay,
any legate crossed the Channel to preach the expedition to the Holy Land.
Yet, as Christopher Brooke has argued, the legatine mission of Imar, cardi-
nal-bishop of Tusculum, sent to England in the early part of 1145 to take
the pallium to William, archbishop of York, had already ended before Euge-
nius III announced his crusading plans.37 Neither did Bernard of Clairvaux’s
preaching tour through France, Flanders and Germany, organized after the
council of Vézelay, reach England and its continental possessions, probably
because of the political instability created by the civil war. Nevertheless,
between August and September 1146 Bernard almost certainly sent to the
English faithful a copy of his letter 363 preaching the crusade, originally
addressed to the faithful of France and Bavaria.38 Yet, in Christopher Tyer-
35
Tyerman, England and the Crusades, pp. 32-33.
36
Zachary Nugent Brooke, The English Church and the papacy: from the conquest to
the reign of John, Cambridge, Cambridge University Press, 1952, pp. 188-189; Crouch, The
reign of King Stephen, pp. 308-311.
37
Tillmann, Die päpstlichen Legaten, pp. 50-51; Zachary Nugent Brooke, The Cerne
Letters of Gilbert Foliot and the Legation of Imar of Tusculum, in «English Historical Review»,
LXIII (1948), pp. 523-527. See also Papsturkunden in England. 2. Band: Die kirchlichen
Archive und Bibliotheken, ed. Wather Holtzmann, Berlin, Weidmann, 1936 (Abhandlungen
der Königlichen Gesellschaft der Wissenschaften zu Göttingen. Philologisch-Historische
Klasse. Neue folge, 25; Dritte Folge, 15), n. 45, pp. 193-195.
38
Letters of St. Bernard of Clairvaux, ed. Bruno Scott James, Chicago, Henry Regnery
Company, 1953, n. 391, pp. 460-463 (edited from Paris, Bibliothèque nationale de France,
Latin, 14845, f. 257). See also Sancti Bernardi Opera, ed. Charles Hugh Talbot, Jean Leclercq,
Henri Marie Rochais, 10 voll., Roma, Editiones Cistercienses, 1957-1977, Leuven, Brepols,
1998, n. 363; Jean Leclercq, Introduzione, in Bernardus Claravallensis, Lettere.
Parte prima: 1-210, ed. Ferruccio Gastaldelli, Milano, Scriptorium Claravallense - Fondazione
di studi cistercensi, 1986, (Opere di San Bernardo, 6/I), p. XXX. See also Marco Meschini,
San Bernardo e la Seconda Crociata, Milano, Mursia, 1998 (Strumenti per una nuova cultura.
Storia Medioevale), pp. 142-148.
Papal legates and their preaching 221
The second half of the twelfth century and the organization of the Third
Crusade
39
Tyerman, England and the Crusades, pp. 33-35.
40
Tyerman, England and the Crusades, p. 36.
41
Tyerman, England and the Crusades, pp. 40-42.
42
Raimund Charles Smail, Latin Syria and the West. 1149-1187, in «Transactions of
the Royal Historical Society», XIX (1969), ser. V, pp. 14-20; Hans Eberhard Mayer,
Henry II of England and the Holy Land, in «English Historical Review», XCVII (1982),
pp. 721-723; Tyerman, England and the Crusades, p. 40. See also The letters and charters of
Gilbert Foliot abbot of Gloucester (1139-48), bishop of Hereford (1148-63) and London (1163-
87), ed. Zachary Nugent Brooke, Adrian Morey, Christopher Nugent Lawrence Brooke,
Cambridge, Cambridge University Press, 1967, n. 170, p. 241 (dated 1166).
222 Barbara Bombi
penny in the pound for the next four years, was levied in England and this
collection was probably sent to the Holy Land in 1166-1167.43
Accordingly, as Claudia Zey has recently shown, from the same period
the legatine activity in England intensified along with Henry II’s commit-
ment to support the defence of the Holy Land.44 In autumn 1171 Alexan-
der III sent a legatine mission to the Anglo-Norman territories in the
aftermath of Becket’s murder. In Anne Duggan’s words this mission was
of great political importance for Anglo-papal relations, as it mainly sought
Henry II’s re-admission to full membership of the Church after his excom-
munication and assessed the truthfulness of the miracles at Becket’s tomb
which were used as evidence for the canonization.45 The two legates sent
on this mission were Albert of Morra, cardinal priest of San Lorenzo, who
became Pope Gregory VIII in 1187, and Theodwin, cardinal priest of San
Vitale.46 Unsurprisingly, Alexander III chose both legates from among Bec-
ket’s Italian friends: Albert of Morra had studied and taught canon law at
Bologna, where he probably met Becket, whom Albert later supported in the
years of his exile;47 similarly, Theodwin is addressed with friendly words in
Becket’s correspondence.48 According to Roger Howden, clerk to Henry II
from 1174, Alexander III sent the two legates to Normandy after Henry
II’s envoys, namely the archbishop of Rouen and the bishops of Évreux and
Worcester, had failed to reach a settlement with the pope concerning the
Becket affair and the state of the Church in England.49 In May 1172 Albert
43
The Great Roll of the Pipe for the thirteenth year of the reign of King Henry the Second,
A.D.1166-1167, London, Pipe Roll Society Publications, 1889 (Pipe Roll Society, 11),
p. 194; Councils and Synods: with other documents relating to the English Church, ed. Dorothy
Whitelock, Martin Brett, Christopher Nugent Lawrence Brooke, 2 voll., Oxford, Clarendon
Press, 1964-1986, I/2 (1981), p. 1023. See also Lunt, Financial relations, p. 421.
44
Zey, Die Augen des Papstes, pp. 104-106.
45
Anne Duggan, Thomas Becket’s Italian Network, in Pope, Church and City: Essays in
Honour of Brenda M. Bolton, ed. Frances Andrews, Christoph Egger, Constance M. Rousseau,
Leiden – Boston, Brill, 2004 (The Medieval Mediterranean, 56), now in Anne Duggan,
Thomas Becket: Friends, Networks, Texts and Cult, Aldershot, Ashgate, 2007 (Collected
studies series, 877), n. I, p. 9.
46
On this legation see Tillmann, Die päpstlichen Legaten, pp. 68-72; Weiss, Die
Urkunden der päpstlichen Legaten, pp. 249-253; Tommaso Di Carpegna Falconieri, in
Enciclopedia dei Papi, II (2000), pp. 314-316, s.v. Gregorio VIII.
47
Duggan, Thomas Becket’s Italian Network, pp. 4-6.
48
Duggan, Thomas Becket’s Italian Network, p. 9.
49
Rogerius de Hoveden, Chronica magistri Rogeri de Houedene, ed. William Stubbs,
Rolls Series 51/II (1869), pp. 25-28. Roger Hoveden (Chronica, pp. 33-34) confuses the
Papal legates and their preaching 223
legatine mission of Albert and Theodwin with the legation of two other legates Gratian of Pisa
and Master Vivian, archdeacon of Orvieto, legati cardinales a latere Alexandri summi pontifici
missi, who were sent to Normandy to negotiate a settlement between Henry II and Becket
in 1169. On this legation see Tillmann, Die päpstlichen Legaten, pp. 64-67; Weiss, Die
Urkunden der päpstlichen Legaten, pp. 247-249; Duggan, Thomas Becket’s Italian Network,
pp. 15-20. On the mission of Albert and Theodwin see also Guillelmus Neubrigensis,
Historia rerum Anglicarum, in Chronicles of the reigns of Stephen, Henry II and Richard I, ed.
Richard Howlett, Rolls Series 82/I (1884), pp. 164-165; Tillmann, Die päpstlichen Legaten,
pp. 68-72; Weiss, Die Urkunden der päpstlichen Legaten, pp. 249-253.
50
Councils and Synods, I/2, n. 166, pp. 942-956; Rogerius de Hoveden, Chronica, 51/2,
pp. 35-41; Radulphus de Diceto, Opera Historica, ed. William Stubbs, Rolls Series 68/I
(1876), pp. 351-352; Lunt, Financial relations, p. 420. On the agreement between Albert
and Theodwin and Henry II, Ne in dubium, see Anne Duggan, Ne in dubium: The official
Record of Henry II’s Reconciliation at Avranches, 21 May 1172, in «English Historical
Review», CXV (2000) now in Id., Thomas Becket, n. VIII, pp. 643-658.
51
Mayer, Henry II of England, pp. 724-738; Tyerman, England and the Crusades,
pp. 45-46.
52
Lunt, Financial relations, p. 175. See also Councils and Synods, I, p. 947-948, 950;
Giraldus Cambrensis, De principis instructione, ed. George Frederick Warner, Rolls
Series 21/VIII (1891), Distinctio II, cap. vii, p. 170. Tyerman, England and the Crusades,
p. 43, argues that ‘Henry seems to have got away with doing nothing’, when it came to the
commutaiton of this crusading vow.
224 Barbara Bombi
53
Philip Jaffé, Regesta pontificum Romanorum, 2 voll., Lipsiae, Veit et comp., 1885-18882,
n. 15151; Guillelmus Neubrigensis, Historia rerum Anglicarum, pp. 246-247: ‘Sane
recolat prudentia tua, et sollicita secum meditatione revolvat, promissionem illam, qua de
impendendo saepedicte terre presidio, tuam celsitudidem obligasti’. Tyerman, England and
the Crusades, pp. 50-53, does not comment on this sentence of the papal letter and expands on
the gifts that Heraclius presented to Henry II when he came to England.
54
Rogerius de Hoveden, Chronica, 51/2, p. 299; Radulphus de Diceto, Opera
Historica, pp. 25-28. See also Rogerius de Hoveden (formerly attributed to Benedict
of Peterborough), Gesta regis Henrici Secundi, ed. William Stubbs, Rolls Series 49/I (1867),
p. 328.
55
Guillelmus Neubrigensis, Historia rerum Anglicarum, pp. 244-247.
56
Giraldus Cambrensis, De principis instructione, p. 202-204; Gervasius
Cantuariensis, Opera Historica, in Chronicles of the reigns of Stephen, Henry II and
Richard I, ed. William Stubbs, Rolls Series, 73/I (1879), p. 325.
57
Lunt, Financial relations, p. 419; Councils and Synods, I/2, n. 173, p. 1023; Tyerman,
England and the Crusades, pp. 45-46. See also Rogerius de Hoveden, Gesta, p. 338;
English Episcopal Acta, edd. Christopher Robert Cheney, Bridgett Elizabeth Anderson Jones,
London, Oxford University Press, II (1986), n. 247, pp. 214-215.
58
Guillelmus Neubrigensis, Historia rerum Anglicarum, p. 247; Gervasius
Cantuariensis, Opera Historica, p. 325.
Papal legates and their preaching 225
Gerald of Wales claims that Heraclius would have offered Henry II the crown
of the Kingdom of Jerusalem in return for his help.59 On the contrary, Ralph
of Diceto and Roger of Howden maintain that Henry II seriously considered
the possibility of joining the crusade and refused to go only after his council
advised him against the risks of the campaign, while some among his barons
took the cross.60
Arguably, in October 1187 Henry II’s dilatory tactics could not resist
the new appeal for the crusade following the fall of Jerusalem. After 29
October 1187, when the former legate to England Albert of Morra, by then
elected pope as Gregory VIII, addressed to all Christendom the encyclical
letter Audita tremendi, the first to take the cross was the German Emperor,
Frederick Barbarossa. Meanwhile, the kings of England and France began
negotiations to agree on their crusading plans.61 In November 1187 Gre-
gory VIII organized a new legatine mission to the Anglo-Norman territories
and appointed as his representative Henry of Marcy, former abbot of Clair-
vaux and cardinal bishop of Albano, who had been favoured as a possible
candidate to the Apostolic See in place of Albert of Morra.62 In November
1187 Henry left Ferrara in northern Italy, initially preaching the crusade in
59
Giraldus Cambrensis, De principis instructione, p. 208-209; Giraldus Cambrensis,
Expugnatio Hibernica, ed. James Francis Dimock, Rolls Series, 21/V (1867), pp. 362-363.
Gerald of Wales adds that Heraclius badly reacted to Henry II’s refusal and cursed him
before leaving England (Giraldus Cambrensis, De principis instructione, pp. 209-212;
Giraldus Cambrensis, Expugnatio Hibernica, pp. 363-364).
60
Rogerius de Hoveden, Chronica, pp. 301-304; Radulphus de Diceto, Opera
Historica, pp. 33-34.
61
Jaffé, Regesta pontificum Romanorum, n. 16019. See also Rogerius de Hoveden,
Chronica, pp. 326-330; Guillelmus Neubrigensis, Historia rerum Anglicarum, pp. 266-
271. Similarly, Ralph Niger argues that Henry II was still under the obligation of going
on crusade because of the vow that he took before Becket’s death: Radulphus Niger,
Chronica, ed. Robert Anstruther, London, Printed for the members of the Caxton Society,
1851 (Publications of the Caxton Society, 13), p. 94. See also Tyerman, England and the
Crusades, p. 53.
62
Yves Marie Congar, Henri de Marcy, abbé de Clairvaux, cardinal-évêque d’Albano et
légat pontifical, in «Analecta Monastica», XLIII (1958), p. 43. See also Wilhelm Janssen,
Die päpstlichen Legaten in Frankreich vom Schisma Anaklets II. bis zum Tode Coelestins III.
(1130-1198), Köln–Graz, Böhlan, 1961 (Kölner Historische Abhandlungen, 6), pp. 110-
119; 130-134; Rudolf Hiestand, Les légats pontificaux en France, in L’Église de France
et la papauté (Xe–XIIIe siècle). Actes du XXV e colloque historique franco-allemand organisé en
cooperation avec l’École nationale des chartes par l’Institut historique allemand de Paris; Paris,
17-19 octobre 1990, ed. Rolf Große, Bonn, Bouvier, 1993 (Studien und Dokumente zur Gallia
Pontificia, 1), p. 67.
226 Barbara Bombi
63
Henry was at the papal curia between 31 October and 11 November 1187 ( Jaffé,
Regesta pontificum Romanorum, II, p. 528). See also Jaffé, Regesta pontificum Romanorum, n.
16102, 16103. On Henry of Albano’s legation to preach the crusade see also Tillmann, Die
päpstlichen Legaten, pp. 80-82.
64
Congar, Henri de Marcy, pp. 45-47; Cole, The Preaching, pp. 66-67. Hiestand, Les
légats pontificaux, p. 70, points out how Henry of Marcy contributed to the preparation of the
settlement between England and France at Gisors, although he did not personally take part
in the negotiations.
65
Guillelmus Neubrigensis, Historia rerum Anglicarum, pp. 271-272: ‘Tandem vero
archiepiscopus Tyrius a partibus veniens Orientis et duriora nuntians, tam presentes quam
etiam imminentes Orientalis ecclesie miserias ita in auribus publicis deploravit, ut duo magni
reges Francorum et Anglorum tractandi gratia quidnam facerent terre Ierosolimitane ab
hostibus liberande, ad solemne colloquium in terrarum confiniis cum episcopis et procerum
suorum frequentia convenirent’. Rogerius de Hoveden, Chronica, pp. 334-335;
Rogerius de Hoveden, Gesta, pp. 29-30; 58-59.
66
Gervasius Cantuariensis, Opera Historica, p. 406; Radulphus de Diceto, Opera
Historica, p. 51.
Papal legates and their preaching 227
as well as a tenth for the Holy Land were ratified.67 The ordinances of Le
Mans decreed that the extraordinary collection in support of the Holy Land,
known as the ‘Saladin tithe’, had to be announced by the prelates of the
kingdom in each diocese and had to be levied on all properties and income of
those among the laity and clergy who were not going to take part in the expe-
dition; the tax had to be collected in each parish church before the priest,
the archpriest, one Templar and one Hospitaller. Furthermore, the crusaders
were granted a plenary indulgence, a moratorium on their debts for three
years, and protection over their properties.
The only contemporary chronicles which do not acknowledge the ordi-
nances of Le Mans is the otherwise well-informed Ralph of Diceto, who
maintains that Henry II intended to go to the Holy Land, as he had done
in the case of the king’s crusading vow in 1185.68 Indeed, Ralph remarks
how, soon after the conference at Gisors and Trie, the king wrote to the Ger-
man Emperor Frederick Barbarossa, the Byzantine Emperor Isaac Angelus
and Bela, King of Hungary, in order to secure their support and safe-passage
during the campaign.69 On the contrary, the other contemporary sources
recall that Henry II came back to England and summoned a royal council at
Geddington in Northamptonshire, where the ordinances of Le Mans were
promulgated and the crusade was preached. Accordingly, the collection of
the Saladin tithe was successfully initiated and took a considerable amount
of money in the royal treasure, as the Pipe Roll for the first year of the reign
of Richard I also evidences.70
Among those who also took the cross and preached the crusade at
Geddington was Baldwin, archbishop of Canterbury, who continued his
67
Councils and Synods, n. 173, pp. 1022-1029. See also Rogerius de Hoveden, Chronica,
pp. 335-337; Rogerius de Hoveden, Gesta, pp. 30-32; Guillelmus Neubrigensis,
Historia rerum Anglicarum, pp. 273-274; Gervasius Cantuariensis, Opera Historica,
pp. 409-410. See also Mayer, Henry II of England, pp. 737-738.
68
See above, nt. 60.
69
Radulphus de Diceto, Opera Historica, pp. 51-54.
70
Guillelmus Neubrigensis, Historia rerum Anglicarum, pp. 274-275; Gervasius
Cantuariensis, Opera Historica, pp. 409-411 (Gervase confuses the ordinances of Le Mans
with the royal council of Geddington); Rogerius de Hoveden, Chronica, 51/2, pp. 338-
339; Rogerius de Hoveden, Gesta, pp. 32, 76-77. The Pipe Roll for the First Year of the
reign of Richard I records that about 25.000 marks collected by Henry II in support of the
Holy Land: The Great Roll of the Pipe for the first year of the reign of Richard I, a.d. 1189-1190,
ed. Joseph Hunter, London, G. Eyre and A. Spottiswoode, 1844, p. 5; Councils and Synods,
pp. 1024-1025.
228 Barbara Bombi
preaching tour in Wales from March 1188. The archbishop’s activity is well-
documented and celebrated in the work of Gerald of Wales, who accom-
panied the archbishop and has left an exhaustive account of the crusade
preaching in his Itinerarium Cambriae.71 Penny Cole maintains the efficacy
and originality of Baldwin’s preaching which, in her opinion, was heavily
influenced by the papal legate Henry of Marcy. In particular, building on
Yves Congar’s work, Cole stresses the echoes of Henry of Marcy’s treatise
on the crusade De peregrinante Civitate Dei in the dialogue De Jerosolimitana
peregrinatione acceleranda, written by Peter of Blois, canonist and chancellor
of the archbishop of Canterbury who accompanied Baldwin on the crusade
to the Holy Land.72 As Penny Cole puts it, the preaching of Henry of Marcy
and Baldwin brought to an end a tradition of crusade preaching initiated in
1095 and contributed to boosting the recruitment for the Third Crusade,
extending it to different social groups, evidencing an indirect effect of the
legate’s crusading preaching in England.73 Accordingly, other contemporary
chronicles agree on the popularity of the crusade and the number of people
who took the cross in England.74 Only Gervase of Canterbury, a monk at
the monastery of Christ Church Canterbury which between 1186 and
1190 was involved in a lawsuit with the archbishop, underplays Baldwin’s
preaching in Wales, stating that he was motivated by his need to delay the
solution of the on-going dispute with the monastery.75 Indeed, according to
Gervase, between the Spring and Autumn of 1188, once Baldwin had retur-
ned from his preaching tour in Wales, the monks of Christ Church success-
fully persuaded Pope Clement III to send to England a new legate a latere,
Theobald, cardinal bishop of Ostia, whom Gervase praises for his integrity.76
71
Giraldus Cambrensis, Itinerarium Kambrie, ed. James Francis Dimock, Rolls Series
21/VI (1868), pp. 3-152.
72
Congar, Henri de Marcy, pp. 54-90; Richard William Southern, Peter of Blois
and the Third Crusade, in Studies in Medieval History presented to R.H.C. Davis, edd. Harry
Mayr-Harting, Robert Ian Moore, London, The Hambledon Press, 1985, pp. 207-218; Cole,
The Preaching, pp 70-76. See also John D. Cotts, The Clerical Dilemma. Peter of Blois &
Literate Culture in the Twelfth Century, Washington DC, Catholic University of America
Press, 2009, pp. 227-29.
73
Cole, The Preaching, pp. 78-79.
74
Gervasius Cantuariensis, Opera Historica, p. 410; Rogerius de Hoveden, Gesta,
p. 33; Guillelmus Neubrigensis, Historia rerum Anglicarum, p. 275. See below, nt. 114.
75
Gervasius Cantuariensis, Opera Historica, p. 421.
76
Gervasius Cantuariensis, Opera Historica, pp. 426- 430. On Theobald, cardinal
bishop of Ostia see Weiss, Die urkunden der päpstlichen Legaten, pp. 279, 288.
Papal legates and their preaching 229
77
Gervasius Cantuariensis, Opera Historica, pp. 436-438. See Tillmann, Die
päpstlichen Legaten, p. 83.
78
Janssen, Die papstlichen Legaten in Frankreich, pp. 134-137; Maleczek, Papst und
Kardinalskolleg, pp. 70-71; Hiestand, Les légats pontificaux, p. 79.
79
Gervasius Cantuariensis, Opera Historica, pp. 442-446; Tillmann, Die päpstlichen
Legaten, p. 83; Weiss, Die Urkunden der päpstlichen Legaten, pp. 282-285.
230 Barbara Bombi
80
Rogerius de Hoveden, Chronica, 51/2, pp. 362-363; Rogerius de Wendover,
Liber qui dicitur Flores Historiarum ab anno Domini MCLIV annoque Henrici Anglorum
regis Secundi primo, ed. Henry Gay Hewlett, Rolls Series 84/1 (1886), p. 152, 154-155;
Radulphus de Diceto, Opera Historica, pp. 62-63, does not acknowledge the presence of
John of Anagni at La Ferté-Bernard, while he records Philip’s attack against Le Mans. See also
Rogerius de Hoveden, Gesta, p. 66.
81
Gervasius Cantuariensis, Opera Historica, p. 453.
82
Gervasius Cantuariensis, Opera Historica, pp. 462-463, 474; Radulphus de
Diceto, Opera Historica, p. 72; Rogerius de Wendover, Liber qui dicitur Flores
Historiarum, p. 171. See also Tillmann, Die päpstlichen Legaten, p. 84.
83
Gervasius Cantuariensis, Opera Historica, pp. 480-483. The document of John of
Anagni that ratified the arbitration between Christ Church and Archibishop Baldwin is
recorded in Gervasius Cantuariensis, Opera Historica, pp. 501-502.
84
Rogerius de Hoveden, Chronica, 51/3, pp. 23-24; Rogerius de Hoveden, Gesta,
pp. 98-99; Rogerius de Wendover, Liber qui dicitur Flores Historiarum, p. 171. See
also Giraldus Cambrensis, De vita Galfridi archiepiscopi Eboracensis, in Opera, ed. John
Sherren Brewer, Rolls Series 21/4 (1873), p. 376.
Papal legates and their preaching 231
Accordingly, the account of Ralph of Diceto also maintains that the Queen
Mother obstructed John’s mission and the mediation of Richard I, but
he interestingly adds that the legate lifted the excommunication against
Richard’s brother, John, Count of Mortain, and the interdict on his lands,
launched by Archbishop Baldwin because of John’s uncanonical marriage
with Isabel, daughter of the Duke of Gloucester, in the summer of 1189.85
Arguably, John of Anagni’s mission achieved its best results as far as the
organization and preaching of the crusade are concerned. Roger of Howden,
Ralph of Diceto and Roger Wendover highlight that in late summer 1189
news came from the Holy Land which prompted King Richard to intervene
and confirm his commitment to the crusade. Although Roger of Howden
and Roger Wendover do not directly link such news to John of Anagni’s jour-
ney across the Channel, Ralph of Diceto clearly states that in October 1189
Richard I wrote to Philip to seek confirmation of his commitment to go on
crusade.86 Finally, at the end of December 1189, while John of Anagni was
departing from England, Richard I and Philip Augustus jointly announced
to their subjects their intention of leaving for the Holy Land.87 Both Ralph
of Diceto and Roger Wendover are however critical of the tenth collection
for the Holy Land that, in their words, sub elemosyne titulo vitium rapacita-
tis inclusit.88 Furthermore, evidence directly links the collection of the tenth
with the legatine mission of John of Anagni, who commuted crusading
vows during his journey in the Anglo-Norman territories in return for alms.
Gerald of Wales maintains that in 1189 John of Anagni sent a letter to Arch-
bishop Baldwin commuting into alms-payment the vows of the bishop of
St. David’s and of Gerald himself, who had assisted the archbishop during
85
Radulphus de Diceto, Opera Historica, pp. 72-73. See also Tillmann, Die päpstlichen
Legaten, pp. 84-85. See also Rogerius de Wendover, Liber qui dicitur Flores Historiarum,
p. 173.
86
Rogerius de Hoveden, Chronica, pp. 20-21; Rogerius de Hoveden, Gesta, p. 97.
Rogerius de Wendover, Liber qui dicitur Flores Historiarum, p. 170; Radulphus de
Diceto, Opera Historica, pp. 70-71. However, in the Gesta Roger Howden records the events
in the Holy Land before accounting for John of Anagni’s arrival in England: Rogerius de
Hoveden, Gesta, pp. 88-96.
87
Radulphus de Diceto, Opera Historica, pp. 73-74; Rogerius de Wendover, Liber
qui dicitur Flores Historiarum, p. 172.
88
Radulphus de Diceto, Opera Historica, p. 73; Rogerius de Wendover, Liber qui
dicitur Flores Historiarum, p. 173. See also Guillelmus Neubrigensis, Historia rerum
Anglicarum, pp. 303-304.
232 Barbara Bombi
his preaching tour in Wales.89 As Gerald put it, his vow was commuted owing
to his lack of funding for the journey, while the bishop of St. David’s had his
vow commuted because of his old age.90 The evidence provided by Gerald of
Wales therefore sheds new light on faculties that Clement III had delegated
to John of Anagni, who had probably received a special mandate to commute
crusading vows. Indeed, as Figuera puts it, commutation of vows was nor-
mally a faculty reserved to the pope, but according to the thirteenth-century
decretalists this faculty could be included among those that the Apostolic
See could delegate to its legates.91
89
Giraldus Cambrensis, De rebus a se gestis, libri III, in Opera, ed. John Sherren Brewer,
Rolls Series 21/I (1861), pp. 84-85.
90
Innocent III newly commuted Gerald of Wales’s crusading vow in 1204: Giraldus
Cambrensis, De invectionibus, lib. IV, ed. John Sherren Brewer, Rolls Series 21/III (1863),
pp. 71-72.
91
Figueira, Papal Reserved Powers, p. 209. See also Lunt, Financial relations, pp. 424-425.
92
Jaffé, Regesta pontificum Romanorum, 16505; Radulphus de Diceto, Opera Historica,
p. 83: ‘legationis officium in tota Anglia, Wallia, tam per Cantuariensem quam Eboracensem
archiepiscopatum et in illis partibus Hiberniae, in quibus Iohannes, comes Moritoniensis,
frater regis, iurisdictionem habet et dominium’. See also Rogerius de Hoveden, Gesta,
p. 106, 108; Guillelmus Neubrigensis, Historia rerum Anglicarum, p. 331; Rogerius
de Wendover, Liber qui dicitur Flores Historiarum, p. 175; Gervasius Cantuariensis,
Opera Historica, p. 485. On William of Longchamp see Tillmann, Die päpstlichen Legaten,
pp. 85-87; John Gillingham, Richard I, New Haven – London, Yale University Press, 1999
(Yale English monarchs), pp. 121-122; Ralph V. Turner, in Oxford Dictionary of National
Biography, 2004, on-line edition, s.v. Longchamp, William de.
Papal legates and their preaching 233
93
Radulphus de Diceto, Opera Historica, p. 83; Rogerius de Hoveden, Gesta,
p. 106, 108; Guillelmus Neubrigensis, Historia rerum Anglicarum, p. 331; Rogerius
de Wendover, Liber qui dicitur Flores Historiarum, p. 175; Gervasius Cantuariensis,
Opera Historica, p. 485.
94
Gillingham, Richard I, p. 228.
95
Guillelmus Neubrigensis, Historia rerum Anglicarum, p. 332. William adds: ‘Et sicut
de quodam scriptum est, quod utraque manu utebatur pro dextera, sic et ille ad faciliorem
molitionum suarum efficaciam utraque potestate utebatur pro altera. Ad cogendos quippe
234 Barbara Bombi
vel coercendos potentes laicos, si quid forte ex seculari potentia minus poterat, apostolice
id ipsum potestatis censura supplebat; si autem ex clero forte quisquam voluntati eius
obsisteret, hunc proculdubio frustra pro se secundum canones allegantem, seculari oppressum
potentia coercebat. Ne erat qui se absconderet a calore eius, cum et secularis in eo virgam vel
gladium apostolice potestatis timeret, et ecclesiasticus nulla se ratione vel auctoritate contra
imminentiam regiam tueri valeret’. Rogerius de Hoveden, Gesta, p. 143, also launches
a personal attack against William Longchamp: ‘Laicis vero et clericis ecclesias, terras et
possessiones suas abstulit, quas aut nepotibus suis aut clericis et servientibus erogabat, aut
damnabiliter sibi retinebat, aut in usus extraordinarios dilapidabat. Nonne considerabat
infelix quod moriturus erat? Cogitabat quia Dominus ab unoque sue villificationis rationem
aut sui principatus honorem requiret?’. Finally, Rogerius de Wendover, Liber qui dicitur
Flores Historiarum, p. 190, evidences Longshamp’s pride remarking on the long protocol of
his letters: ‘In titulo litterarum suarum preponebatur hec solempnis superscripto: “Willelmus,
Dei gratia Elyensis episcopus, domini regis cancellarius, totius Anglie iusticiarius, et apostolice
sedis legatus, salutem”’.
96
Councils and Synods, n. 174, pp. 1029-1031; English Episcopal Acta, II, n. 245, p. 213;
Rogerius de Hoveden, Gesta, p. 207; Gervasius Cantuariensis, Opera Historica,
pp. 487-493. Guillelmus Neubrigensis, Historia rerum Anglicarum, p. 331, is very critical
of William of Longchamp’s stand at the council of Westminster: ‘Denique ut ad summum
evectus videretur, et tam regno quam ecclesie conspicuus apparens, emulantium oculis dolorem
iniiceret, generale ex Anglia concilium, terrore maximo Lundoniis congregatum, quanto
gloriosius tanto et vanius celebravit, sub specie scilicet religionis et obtentu quasi ecclesiastice
utilitatis agens proprie negotium vanitatis. Quod utique tanto fortius tutiesque agebat
quanto metropolitanis non exstantibus infirmiorem contra se episcoporum emulationem vel
indignationem videbat’.
97
Councils and Synods, n. 175, pp. 1031-1034; 177, pp. 1035-1037. See also Guillelmus
Neubrigensis, Historia rerum Anglicarum, pp. 332-345.
Papal legates and their preaching 235
98
Gillingham, Richard I, pp. 227-229. See also Radulphus de Diceto, Opera Historica,
pp. 96-101; Rogerius de Hoveden, Chronica, pp. 134-150; Rogerius de Wendover,
Liber qui dicitur Flores Historiarum, pp. 193-194. Nicholas Karn (English Episcopal Acta, ed.
Nicholas Karn, London, Oxford University Press, XXXI (2005), pp. 248-249) has recently
argued that Longchamp unlawfully claimed legatine powers between the end of June 1191,
when Clement III died, and December 1191, when Celestine III confirmed his legation.
99
Jaffé, Regesta pontificum Romanorum, n. 16765. See also Rogerius de Hoveden,
Gesta, pp. 221-222; Rogerius de Hoveden, Chronica, pp. 151-152; Guillelmus
Neubrigensis, Historia rerum Anglicarum, p. 345.
100
Rogerius de Hoveden, Gesta, pp. 222-226; Rogerius de Hoveden, Chronica,
pp. 152-155.
101
Rogerius de Hoveden, Gesta, pp. 241-250; Rogerius de Hoveden, Chronica,
pp. 188-194. See also Weiss, Die Urkunden, pp. 287-288; Maleczek, Papst und
Kardinalskolleg, p. 81, 87-88.
102
Christopher Robert Cheney, Hubert Walter, London, Nelson, 1967, pp. 88-91;
Councils and Synods, n. 178, pp. 1037-1041. See also Rogerius de Hoveden, Chronica,
p. 226; Gervasius Cantuariensis, Opera Historica, p. 523.
236 Barbara Bombi
103
Councils and Synods, 179, pp. 1041-1042; Rogerius de Hoveden, Chronica, p. 237.
See also Cheney, Hubert Walter, pp. 91-92.
104
Gillingham, Richard I, pp. 269-273.
105
Guillelmus Neubrigensis, Historia rerum Anglicarum, II, p. 417. See also
Radulphus de Diceto, Opera Historica, p. 114; Rogerius de Hoveden, Chronica,
pp. 240-244 and Cheney, Hubert Walter, pp. 91-93.
106
Cheney, Hubert Walter, p. 120.
107
Radulphus de Diceto, Opera Historica, pp. 125-127; Rogerius de Hoveden,
Chronica, pp. 290-293. See also Gervasius Cantuariensis, Opera Historica, p. 529.
Soon after he received the legatine commission between 14-15 June 1195, Hubert Walter
celebrated a legatine council at York: Councils and Synods, n. 180, pp. 1042-1052; Cheney,
Hubert Walter, pp. 120-121.
108
Jaffé, Regesta pontificum Romanorum, n. 17270; Radulphus de Diceto, Opera
Historica, pp. 132-135. Guillelmus Neubrigensis, Historia rerum Anglicarum, pp. 445-
455, mentions the difficulties of the Christians in the Holy Land, but he does not record
Hubert Walter’s involvment in the organization of a new crusade.
Papal legates and their preaching 237
never fulfilled their vows.109 Indeed, Cheney maintains that in 1190 another
papal legate, John of Anagni, had granted commutations of crusading vows,
empowering Archbishop Baldwin of Canterbury to absolve the elderly and
the poor from their journey to the Holy Land.110 On 12 January 1196 Celes-
tine III, therefore, ordered Hubert Walter to conduct an enquiry concerning
those who had taken the vow in 1187. Accordingly, the legate was asked to
coerce those who had neglected their vows without any justification to fulfil
them and to commute the vows of those who could not join the crusade
because of illness or lack of financial means.111 The archbishop-legate, the-
refore, dispatched his commissioners and officials, so that they searched in
each parish church of the provinces of Canterbury and York for those guilty
of neglecting their crusading obligations, and he asked for full reports to be
submitted by the end of March 1196. Accordingly, those that had taken the
cross were urged to fulfil their crusading vow by Easter, otherwise they would
be compelled by anathema and excluded from receiving the Eucharist.112
The historiography has so far overlooked the local impact of Hubert Wal-
ter’s legation and the outcomes of his enquiry. Yet, two documents preserved
in Canterbury Cathedral Archives offer a unique insight into the procee-
dings carried out by the archbishop’s commissioners in the province of Can-
terbury in Spring 1196. These documents note down crusaders respectively
from the archdeaconry of Cornwall and in the deanery of Holland in Lin-
colnshire.113 Indeed, contemporary chronicles maintain that in 1188 at the
109
Cheney, Hubert Walter, pp. 124-125.
110
Cheney, Hubert Walter, p. 125. See above nt. 90-91.
111
Jaffé, Regesta pontificum Romanorum, n. 17307: ‘omnes illos, qui crucem susceperint,
et ad votum explendum propriae suppetant facultates, ad exsequendum, quod gratis vovisse
dicantur, per censuram ecclesiasticam compellat, his vero, quos pro infirmitate corporis
constiterit nullatenus posse in propria persona votum suum prosequi, iniungat, ut unam
personam idoneam, vel plures ultra mare transmittant, in suis expensis per annum vel amplius
iuxta eius arbitrium ibidem moraturas’; Rogerius de Hoveden, Chronica, pp. 317-318.
See also Tyerman, England and the Crusades, pp. 96-97.
112
Rogerius de Hoveden, Chronica, pp. 318-319; English Episcopal Acta, edd. Christopher
Robert Cheney, Eric John, London, Oxford University Press, III (1986), n. 426, p. 90.
113
CCA-DCc-MSSB/A/7 concerns the enquiry in Cornwall and it has been edited in
Historical Manuscripts Commission, Fifth Report, appendix, p. 462, and more
recently in Nicholas I. Orme, Oliver James Padel, Cornwall and the Third Crusade,
in «Journal of the Royal Institution of Cornwall», n.s. (2005), pp. 71-77. CCA-DCc
ChChLet/II/227 deals with the enquiry in Lincolnshire and has been transcribed in
Historical Manuscripts Commission, Report on Manuscripts in Various Collections,
I, n. 227, pp. 235-236. Tyerman, England and the Crusades, pp. 170-172, mentions this
238 Barbara Bombi
council of Geddington many crusaders took the cross, and especially empha-
size the participation from the diocese of Lincoln.114
The first document concerning Cornwall is organized by deanery and
provides the names of forty-four crusaders and occasionally their occupa-
tions. It is likely that these were the names of those who had taken the cross
in 1187 and did not fulfil their vows, although the rubric of the document is
very general on this point: ‘Hec sunt nomina cruce signatorum in archidia-
conatu Cornub(ie)’.115
However, the second document for the deanery of Holland in Lincoln-
shire not only lists the name of thirty-three crusaders, but it also refers to
their personal circumstances and, in some cases, to the reasons that did not
allow them to fulfil their crusading vows. Similarly, the majority of the crusa-
ders gave details concerning their age and marital status, they declared if they
had children and they made a statement concerning their financial means.
The latter is undoubtedly a summary of the records collected by Hubert
Walter’s commissioners during their interrogations. Three references in this
document give definitive evidence for the date of its compilation. Firstly,
a crusader called Johannes Buchart recalls that he first took the cross and
began his journey to the Holy Land at the time of Willelmus rex Apulie, who
can be identified with William II the Good, king of Sicily, who died on 18
November 1189.116 Interestingly, William of Newburgh mentions the death
of William the Good in his chronicle, emphasizing how it represented a mas-
sive set-back for the English crusaders, especially as it resulted in a struggle
for the succession to the crown of Sicily.117 Similarly, six crusaders further
declare that they took the cross between 1186 and 1194, confirming that the
document as evidence for understanding recruitment strategies and the social background of
the crusaders. Conversely, Cheney, Hubert Walter, pp. 131-132, suggests that the document
may have been compiled in 1202. These documents are also briefly mentioned in Brundage,
Medieval Canon law, pp. 130-131, who however does not comment on their relation to
Hubert Walter’s legation in 1197.
114
Gervasius Cantuariensis, Opera Historica, p. 410: ‘Sumpsit autem crucem Johannes
episcopus Norwicensis et episcopus Lincolnensis et populus multus’. See also Rogerius de
Hoveden, Gesta, p. 33, and Guillelmus Neubrigensis, Historia rerum Anglicarum, I,
p. 275: ‘multitudo copiosa clericorum et militum burgensium et rusticorum, regis et nobilium
in cunctis Anglie finibus sequi curavit exemplum’.
115
CCA-DCc-MSSB/A/7; Orme, Padel, Cornwall and the Third Crusade, pp. 71-77. See
below, Appendix 1.
116
CCA-DCc ChChLet/II/227. See below, Appendix 2.
117
Guillelmus Neubrigensis, Historia rerum Anglicarum, I, pp. 285-286.
Papal legates and their preaching 239
118
CCA-DCc ChChLet/II/227; see below, Appendix 2. These six witnesses are Andreas
clericus, Hugo filius Widonis and Ulf poucer, who took the cross ten years before the enquiry;
Rogerius Haranc, who took the cross eight year before the enquiry; Hubertus filius Widonis,
who took the cross five years earlier; Huskarl’ Gove, who took the cross two years earlier.
119
See below, Appendix 2, does not specify whether the following people went to the Holy
Land: Benedictus de Cibecei, Girardus filius Gudred, Willelmus pelliparius, Rodbertus le poter,
Rodbertus le macecrer, Willelmus de Kirkebi. One crusader certainly went: Ludo filius Aslac
ivit.
120
See below, Appendix 2. Rodbertus filius Brummanni and Lambertus filius Eltruth did not
explain why they did not complete their journey.
240 Barbara Bombi
he maintained that before 1187 he had already been to the Holy Land on
behalf of another crusader who had been granted commutation of his vow.121
Similarly, the majority of the remaining crusaders who had not left for
the Holy Land argued that they could not undertake their journey because
they lacked financial means or were too old. Interestingly, Hubert Walter’s
commissioners assessed the means of each individual making a clear distinc-
tion between those who were very poor, such as Willelmus pistor defined as
pauperrimus mendicus, and those that did not have sufficient money to go to
the Holy Land but could not be classified as poor, such as Tomas de Holflet.122
Accordingly, the legate’s commissioners carefully considered each individual
case balancing out the age of the crusader against his personal circumstances,
such as number of children and marital status. For instance, the Johannes
Buchart mentioned above was regarded as unfit for the crusade since he was
poor, he had many children and was quite old, while Alexander vinitarius
was deemed young enough for the expedition, although he was poor and
had two children.123 Finally, the legate’s commissioners compelled Rogerus
Stoile to go on crusade as he was young and did not declare any other impedi-
ment.124 The evidence gathered by the commissioners along with the confir-
mation provided by the defendant’s witnesses was undoubtedly crucial in
deciding on the outcomes for those that were under investigation. Indeed,
as already pointed out, Johannes Buchart argued that he had received a papal
dispensation on the basis of the evidence provided by his witnesses, while
Ricardus filius Turstini and Willelmus filius Swift’s claims were questioned
because they lacked proper witnesses (nullum habens testimonium).125 On
the contrary, Walterus faber and Iohannes le Borne’s statements were believed
121
See below, Appendix 2.
122
See below, Appendix 2, classifies as poor to various degrees: Rodbertus filius Brumani,
Lambertus filius Eltruth, Johannes Buchart, Iohannes le Borne, Ricardus filius Turstini,
Aluredus Dultremer, Willelmus filius Swift, Tomas de Holflet, Hugo filius Gimeri, Helias filius
Hervi, Andreas clericus, Hubertus filius Widonis, Hugo filius Widonis, Huskarl’ Gove, Rogerius
Haranc, Ulf poucer, Alexander vinitarius, Willelmus Cuping, Willelmus fossator, Willelmus
pistor.
123
See below, Appendix 2, two other crusaders are classified as young: Huskarl’ Gove and
Rogerius Haranc.
124
See below, Appendix 2. Moreover, Willelmus Cuping is said to have four children, to be
poor and quite old, while Willelmus Pistor is said to be very old, married with two children
and very poor.
125
See below, Appendix 2. Moreover, Iohannes le Borne proved his lack of financial means
thanks to his witnesses.
Papal legates and their preaching 241
126
See below, Appendix 2.
127
See below, Appendix 2.
128
Pietro Zerbi, Papato, Impero e ‘Respublica Christiana’ dal 1187 al 1198, Milano, Vita e
pensiero, 1955 (Pubblicazioni dell’Università Cattolica del S. Cuore. N.S., 55), pp. 150-167;
Peter W. Edbury, Celestine III, the Crusade and the Latin East, in Pope Celestine III (1191-
1198). Diplomat and Pastor, edd. John Doran, Damian J. Smith, Aldershot-Burlington,
Ashgate, 2008 (Church, faith and culture in the Medieval West), pp. 131-136.
129
Tyerman, England and the Crusades, pp. 84-85; 95-96. See also Christopher Robert
Cheney, Pope Innocent III and England, Stuttgart, A. Hiersemann, 1976 (Päpste und
Papsttum, 9), pp. 257-259.
130
Cheney, Hubert Walter, pp. 122-123.
242 Barbara Bombi
131
The Letters of Pope Innocent III (1198-1216) concerning England and Wales. A calendar with
an appendix of texts, edd. Christopher Robert Cheney, Mary G. Cheney, Oxford, Clarendon
Press, 1967, n. 38-39, 41, pp. 8-9; Die Register Innocenz’ III., edd. Othmar Hageneder, Anton
Haidacher, Graz – Köln, Bohlau, 1964 (Publikationen der Abteilung für historische Studien
des Österreichischen Kulturinstituts in Rom. Abteilung 2, Quellen. Reihe 1), I/1, n. 336,
pp. 498-505; n. 345, pp. 515-517. See also, Rogerius de Hoveden, Chronica, pp. 70-75.
132
The Letters of Pope Innocent III, nn. 42-44, p. 9; Die Register Innocenz’ III., I/1, n. 346,
p. 517; 355, pp. 530-532; Maleczek, Pietro Capuano, p. 78.
133
Maleczek, Pietro Capuano, pp. 77-78; Tillmann, Die päpstlichen Legaten, pp. 88-89;
Maleczek, Papst und Kardinalskolleg, pp. 117-124.
134
Maleczek, Pietro Capuano, pp. 78-101. On the role of the legate in the divorce between
Philip and Ingeborg see Radulphus de Diceto, Opera Historica, p. 167.
135
Rogerius de Hoveden, Chronica, 51/4; L’Histoire de Guillaume le Maréchal, comte
de Striguil et de Pembroke, régent d’Angleterre de 1216 a 1219: poème francais, ed. Paul Meyer,
Papal legates and their preaching 243
Wendover maintain that the legate’s mission had been initially prompted by
the requests of Philip Augustus, king of France, who had sent his envoys to
Rome.136 On 13 January 1199 Peter of Capua, who had met Philip Augus-
tus in Paris, managed to organize a first meeting between Richard I and the
French king on the French-Norman border between Vernon and Le Goulet.
A second meeting took place a few days later and on this occasion Peter per-
suaded the English and French kings to come to terms and to agree a five-
years’ truce that could enable Anglo-French participation in the crusade.137
The second meeting between the two kings is vividly described in the His-
toire, where the cardinal’s personality and the difficulties of the negotiations
are sketched out, whereas neither Roger of Howden nor Roger of Wendo-
ver devote many words to Peter, merely mentioning his successful media-
tion.138 In particular, the author of the Histoire emphasizes how the legate
persuaded Richard to agree the truce, mentioning the difficulties of the Holy
Land and the stringent necessity of recovering Jerusalem, while he under-
lines how the negotiations nearly came to a halt when Peter of Capua also
tried to obtain the liberation of the bishop of Beauvais, captured by Richard
in 1197.139 However, as Roger of Howden points out, the truce between
Richard and Philip was immediately broken owing to the French attempt
to build a new fortress between Boutavant and Gaillon, and Peter had to
start new negotiations, while John, Count of Mortain, swore his support to
Philip against Richard, exacerbating the tone of the Anglo-French dispute.140
It was, therefore, only after Richard’s death on 6 April 1199 that the legate
could carry out a new arbitration between the parties, although the struggle
3 voll., Paris, Librairie Renouard, 1891-1901; Rogerius de Wendover, Liber qui dicitur
Flores Historiarum, 84/1. On the dating of the Histoire see David Crouch, William
Marshall. Court, Career and chivalry in the Angevin Empire, 1147-1219, London – New York,
Longman, 1990 (The Medieval World), pp. 1-2. On Roger of Wendover see David Corner,
in Oxford Dictionary of National Biography, 2004, on-line edition, Wendover, Roger of.
136
Rogerius de Wendover, Liber qui dicitur Flores Historiarum, pp. 280-281; L’Histoire
de Guillaume le Maréchal, ll, 11344-11404, pp. 44-46.
137
Rogerius de Hoveden, Chronica, pp. 79-80.
138
Maleczek, Pietro Capuano, pp. 81-84. See also Rogerius de Hoveden, Chronica,
p. 80; Rogerius de Wendover, Liber qui dicitur Flores Historiarum, pp. 281-282;
L’Histoire de Guillaume le Maréchal, ll, 11408-11622, pp. 46-54.
139
L’Histoire de Guillaume le Maréchal, ll, 11408-11724, pp. 46-57.
140
Rogerius de Hoveden, Chronica, pp. 80-81; Maleczek, Pietro Capuano, pp. 83-84.
244 Barbara Bombi
for the succession to the English Crown made his work very challenging.141
Maleczek maintains that the cardinal legate initially met John in Normandy
between 20 and 21 April 1199 and, after lengthy negotiations, achieved a
truce between the parties at the end of October 1199. The latter represented
a draft of the peace of Le Goulet, which was ratified on 22 May 1200 before
the new legate a latere dispatched to France, Octavian, cardinal deacon of
SS. Sergio e Bacco. The treaty sanctioned the marriage between Louis, heir
to the French throne, and John’s niece as well as the English restitution of
the county of Évreux and the fiefs of Berry and Alverne to the French king.142
When assessing how successful Peter’s legatine mission to France had
been as far as the organization of the crusade was concerned, Maleczek
emphasizes that the peace of Le Goulet represented a satisfactory military
and political compromise, although it never moved forward the organiza-
tion of the crusade and did not boost French and English participation.143
Accordingly, it is not easy to measure the extent to which the legate’s
efforts contributed to the preaching of the crusade in the Anglo-Norman
territories.144 As Cole put it:
Although preaching was part of Innocent’s mandate to the two cardinal
legates, Soffredus and Peter, there is little evidence to suggest that it was ever
carried out. Instead, provincial and diocesan preaching seems, for the most
part, to have been the norm and to have superseded the great preaching tours
which marked the recruiting process of the first three crusades.145
141
Maleczek, Pietro Capuano, p. 84. See also Die Register Innocenz’ III., edd. Othmar
Hageneder, Werner Maleczek, Alfred A. Strnad, Rom – Wien, Verlag der Österreichischen
Akademie der Wissenschaften, 1979 (Publikationen des Österreichischen Kulturinstituts in
Rom. Abteilung 2, Quellen. Reihe 1), II/1, n. 23, pp. 31-32; n. 24-25, pp. 33-35; The Letters
of Pope Innocent III, n. 94, p. 17; n. 97-98, p. 18.
142
Maleczek, Pietro Capuano, pp. 84-86. See also Rogerius de Hoveden, Chronica,
pp. 87-90, 97-99, 106-107. Rogerius de Wendover, Liber qui dicitur Flores Historiarum,
pp. 281-282, also recalls how in June 1199 Peter of Capua launched an interdict on France
since some French nobles had imprisoned the bishop of Cambrai, while he treathened an
interdict against England because John had not freed the bishop of Beauvais. On the latter
point, see also Maleczek, Pietro Capuano, pp. 85-86.
143
Maleczek, Pietro Capuano, p. 86.
144
Maleczek, Pietro Capuano, pp. 87-89, underlines how Peter of Capua relied on Fulk of
Neuilly for the organization of the crusade preaching in France and suggests that the legate
may have taken part to the tournament of Écry in late November 1199, where Theobald of
Champagne and Louis of Blois took the cross.
145
Cole, The Preaching , p. 84.
Papal legates and their preaching 245
146
Cheney, Hubert Walter, p. 125. See also Cheney, Pope Innocent III, p. 242.
147
English Episcopal Acta, pp. XXXIX-XL; Cheney, Pope Innocent III, p. 241.
148
Cheney, Hubert Walter, pp. 126-127. On these decretals see also Brundage, Medieval
canon law, pp. 77-78.
149
The Letters of Pope Innocent III, n. 261, p. 43; X 3.34.8. See also Cheney, Hubert Walter,
pp. 127-129.
246 Barbara Bombi
reinforced his instructions asking the English prelates to compel those who
had taken the vow to join the crusade and appointing Hubert Walter as exe-
cutor of his orders. Accordingly, on 24 August 1201 Hubert Walter summo-
ned a council at Westminster, where he asked the prelates of his province to
execute Quod super his and decreed that defaulters should resume the cross
by 11 November 1201.150 The council probably prompted four further clari-
fications concerning some points raised in Quod super his that Hubert Walter
immediately forwarded to the curia. In particular, the archbishop of Canter-
bury and the council questioned the criteria for the selection and the nature
of the appointment of those religious and reliable men (viri religiosi et pro-
vidi) who were allowed to grant dispensations and commutations of vows.
Furthermore, Hubert Walter sought explanations concerning those crusa-
ders who wished to commute their vow in return for a financial contribution
to the defence of the Holy Land and the status of clerics and women during
the crusade. In September 1201, Innocent III replied with a second mandate
Ex multa tuae, in which he responded to each of the archbishop’s questions.
The pope interestingly clarified that both religious men and bishops could
commute crusading vows as far as they had received a special mandate of the
Apostolic See (per apostolicam sedem eis specialiter delegetur).151
It seems likely that the archbishop’s questions concerning the nature and
selection of those delegated to commute crusading vows were prompted by
Innocent III’s decision not to renew Hubert Walter’s legatine faculties in
1198. Indeed, it could be argued that Walter and the English bishops were
voicing their discontent at the lack of a papal delegated official with ample
faculties in the country. When the pope was initially asked who should com-
mute crusading vows, he replied that it was a prerogative of the Apostolic See
to delegate the faculty of commuting crusading vows through a special man-
date. However, Hubert Walter asked once more for clarifications on whe-
ther this prerogative should be granted both to religious men not trained in
the law (idiote et iuris ignari) as well as bishops who excel others in dignity
(sicut dignitate precellunt, sic et religione debent aliis preeminere). Undeniably,
Hubert Walter and Innocent III disagreed significantly on who should be
given legatine faculties: while, in line with his predecessors, the archbishop
of Canterbury stressed that those faculties belonged to the local ordinary by
virtue of episcopal dignity, the pope maintained that these faculties were a
The Letters of Pope Innocent III, n. 350, pp .57-58; X 3.34.9. See also Cheney, Hubert
151
prerogative of the Apostolic See who could delegate them to whoever was
suitable for the job despite his status. In other words, Innocent III claimed
his right to appoint semi-permanent legates in England through a special
mandate rather than having to acknowledge the faculties of the archbishop
of Canterbury as a legatus natus by virtue of his office, especially considering
the unfavourable reputation of Hubert Walter at the papal curia between
1198 and 1201.152 As Finucane has highlighted, this was by no means an
isolated example and we can find other similar instances during Innocent
III’s pontificate that were also mentioned in thirteenth-century canon law
commentaries in relation to the issue of semi-permanent legates.153 Conver-
sely, in Cheney’s words, Innocent III’s mandates ‘show the extent to which
the pope depended on the archbishop’ in matters relating to the crusade and
the crusaders.154 The latter statement can be further supported in light of
the two testimonials from 1196 surviving in Canterbury Cathedral Archives
which illustrate how local enquiries on unfulfilled crusade vows ought to be
conducted with the collaboration of the diocesan clergy. Interestingly, both
papal mandates decreed a careful examination of each individual case in
line with the evidence provided through the enquiry conducted by Hubert
Walter’s officials in the diocese of Lincoln in 1196, when the suitability of
each crusader was assessed against his personal circumstances. Accordingly,
both decretals question the defendants’ evidence which had to be suppor-
ted through local enquiries, witnesses and written evidence. In 1196 Hubert
Walter’s commissioners had similarly addressed the latter issue in their Lin-
coln investigation, when they asked each crusader to provide written and/
or verbal evidence of their circumstances, especially in those cases where the
defendants claimed to have received papal dispensations, also mentioned as
problematic in Ex multa tuae.155
Arguably, Innocent III did not only make use of delegated religious
and reliable men when it came to commuting crusading vows, but he also
152
Cheney, Hubert Walter, pp. 122-130, maintains that Hubert Walter’s involvement in a
number of lawsuits at the papal curia between 1198 and 1201 affected his reputation and
emphasises that this may have been the reason why Innocent III did not renew his legatine
faculties.
153
Figueira, The classification of Medieval Papal Legates, pp. 224-227.
154
Cheney, Hubert Walter, p. 130.
155
See Appendix 2. See above, nt. 119-127.
248 Barbara Bombi
156
On the use of the expression viri probi et idonei in Innocent III’s letters see Michele
Maccarrone, ‘Cura animarum’ e ‘parochialis sacerdos’ nelle costituzioni del IV concilio
lateranense (1215). Applicazioni in Italia nel sec. XIII, in Nuovi studi su Innocenzo III, ed.
Roberto Lambertini, Roma, Istituto storico italiano per il Medio Evo, 1995 (Nuovi studi
storici, 25), pp. 271-368; Michele Maccarrone, I papi e gli inizi della cristianizzazione
della Livonia, in Nuovi studi su Innocenzo III, pp. 421-419; Barbara Bombi, Novella
plantatio fidei. Missione e crociata nel nord Europa tra la fine del XII e i primi decenni del
XIII secolo, Roma, Istituto storico italiano per il Medio Evo, 2007 (Nuovi studi storici, 74),
pp. 220-267.
157
The Letters of Pope Innocent III, n. 38-39, 41, pp. 8-9; Die Register Innocenz’ III., I/1, n. 336,
pp. 498-505; n. 345, pp. 515-517. See also Cole, The Preaching , p. 85.
158
Tyerman, England and the Crusades, pp. 160-167; Cole, The Preaching, pp. 80-97;
Helmut Roscher, Papst Innocenz III. und die Kreuzzüge, Göttingen, Vandenhoeck &
Ruprecht, 1969 (Forschungen zur Kirchen- und Dogmengeschichte, 21), p. 66.
159
Cole, The Preaching , pp. 85-97. See also christian grasso, Ars praedicandi e crociata
nella predicazione dei magistri parigini, in Come l'orco della fiaba: Studi per Franco Cardini, ed.
Marina Montesano, Firenze, 2010, pp. 141-150.
160
Maleczek, Pietro Capuano, pp. 87-89.
161
Die Register Innocenz’ III., I/1, n. 398, p. 597. See also Cheney, Hubert Walter, p. 126.
Papal legates and their preaching 249
162
Rogerius de Hoveden, Chronica, pp. 76-77. See also Cole, The Preaching, pp. 90-91.
163
Rogerius de Hoveden, Chronica, p. 76. See also Cole, The Preaching, pp. 88-89.
164
Rogerius de Hoveden, Chronica, pp. 123-124.
165
Rogerius de Hoveden, Chronica, pp. 167-172; Rogerius de Wendover, Liber qui
dicitur Flores Historiarum, pp. 297-298.
166
Cheney, Pope Innocent III, p. 241.
167
Tillmann, Die päpstlichen Legaten, p. 90; Maleczek, Papst und Kardinalskolleg,
pp. 107-109. Lunt, Financial relations, pp. 241-242, initially dated Master Philip’s mission
to England between April 1201 and June 1206. However, Christopher Robert Cheney,
Master Philip the Notary and the Fortieth of 1199, in «English Historical Review», LXIII
250 Barbara Bombi
mandates do not survive, we can assume from their activity that their mis-
sion was concerned with the organization of the crusade in three respects:
firstly, the coordination of the preaching activity of wandering preachers
such as Eustace of Saint-Germer-de-Fly, whose work has been mentioned
above; secondly, the collection of funding for the Holy Land; and finally, the
control over the activity of the local ordinaries and clergy, who were promo-
ting the campaign locally.
The historiography agrees on the weakness of the provisions set in place
by Innocent III to fundraise for the crusade.168 In his mandate Graves orienta-
lis ecclesie, dated 25 December 1199, Innocent III had initially delegated the
collection for the Holy Land to his legates a latere Peter of Capua and Soffre-
dus of Santa Prassede, levying a tax of one fortieth of clerical revenues in all
Christendom.169 However, the sanctions for those who refused to contribute
were only spiritual and it was left to the local ordinaries, appointed as execu-
tors of the papal mandate, to collect the money and transfer it to the Apos-
tolic See.170 As Cheney put it, when he arrived in England on 24 April 1200,
Master Philip, domini pape nuncius et notarius, obtained a letter of recom-
mendation of King John addressed to the English prelates along with an
annual pension of 300 silver marks from the Exchequer.171 As Roger Howden
further suggests, after the agreement between England and France was made
at Le Goulet in May 1200, King John also imposed the fortieth for the Holy
Land on the laity, appointing his justiciar Geoffrey Fitz Peter, Earl of Essex,
to oversee the levy, while Templars and Hospitallers were deemed responsible
for transferring the money to the Holy Land.172 Master Philip’s faculties seem
(1948), pp. 342-351, convincingly argued that Master Philip had left England by August
1202.
168
Lunt, Financial relations, pp. 240-242; Cheney, Pope Innocent III, pp. 243, 246.
169
The Letters of Pope Innocent III, n. 171, 172, 173, p. 30.
170
The Letters of Pope Innocent III, n. 180-181, pp. 31-32. See also Cheney, Pope Innocent III,
p. 243; Id., Hubert Walter, p. 126.
171
Rotuli chartarum in Turri Londiniensi asservati, ed. Thomas Duffus Hardy, London, G.
Eyre and A. Spottiswoode, 1837, I/1, p. 61b. See Cheney, Master Philip, p. 343; Cheney,
Pope Innocent III, p. 243, n. 24. Gerald of Wales (Giraldus Cambrensis, Opera, ed. John S.
Brewer, Rolls Series 21/III (1863), p. 179) refers to Philip as curie subdiaconus.
172
Rogerius de Hoveden, Chronica, pp. 185-189. The collection of the fortieth is also
recorded by Rogerius de Wendover, Liber qui dicitur Flores Historiarum, 84/1, p. 312.
See also Cheney, Pope Innocent III, pp. 246-247; Tyerman, England and the Crusades,
pp. 168-169. Lunt, Financial relations, p. 242, suggests that some accounts of the fortieth
collected by the royal officials are found in the valuation of Norwich: The Valuation of
Norwich, ed. William Edward Lunt, Oxford, Clarendon Press,1926, pp. 12-13.
Papal legates and their preaching 251
173
Registrum Malmesburiense, ed. John Sherren Brewer, Rolls Series 72/I (1879), p. 409.
See also Lunt, Financial relations, pp. 241-242; Cheney, Master Philip, p. 342; Id., Pope
Innocent III, p. 243.
174
Cheney, Master Philip, pp. 345-350; Id., Hubert Walter, pp. 130-131; Id., Pope
Innocent III, pp. 244-246. See also Radulphus de Diceto, Ymagines historiarum, pp. 168-
169; The same criticism is recorded in Rogerius de Wendover, Liber qui dicitur Flores
Historiarum, p. 312.
175
English Episcopal Acta, III, n. 574, pp. 227-228. See also Cheney, Master Philip,
pp. 343-345.
176
Radulphus de Coggeshall, Chronicon Anglicanum, ed. Joseph Stevenson, Rolls
Series 66 (1875), pp. 116-117. See above, nt. 157.
177
Rogerius de Hoveden, Chronica, pp. 169-170.
252 Barbara Bombi
ter’s unfavourable attitude towards him show. Indeed, Philip was one of
those semi-permanent legates who, in accordance with Ex multa tuae and
thirteenth-century canon law, the pope appointed by special mandate rather
than by virtue of their office.178 In other words, he was one of those viri pro-
vidi et religiosi who, along with the local ordinaries, Innocent III planned to
use to promote and control crusade preaching and recruitment.
Cheney convincingly maintained that Master Philip had left England
before August 1201, dating his departure in late 1200.179 Meanwhile, in late
August 1201 John of Salerno also arrived in England.180 John of Salerno, car-
dinal priest of Santo Stefano in Celio Monte, had probably been dispatched
as legate a latere to reform the Church in Scotland and Ireland and possibly
to preach the crusade. The historiography has debated the extent of John of
Salerno’s legation, discussing whether or not the legate held any jurisdiction
over England.181 Contemporary evidence however suggests that this was not
the case and both Ralph of Diceto and Roger of Howden in fact maintain that
John’s legation had only jurisdiction over Scotland, Ireland and, in Howden’s
opinion, the Islands in the Irish Sea.182 The timing of John’s mission however
seems crucial to understand his mission across the Channel. According to
Ralph of Diceto, who was dean of St. Paul’s, John of Salerno in fact arrived in
London on 31 August 1201, where his arrival was celebrated with a solemn
procession at St. Paul’s.183 John of Salerno’s presence in London remarkably
coincided with the organization of the crusade in England. Yet, only few days
earlier Hubert Walter had summoned at Westminster a provincial council to
promote the execution of the papal mandate Quod super his, which dealt with
178
Figueira, The classification of Medieval Papal Legates, pp. 224-227. See above,
nt. 152-155.
179
Cheney, Master Philip, pp. 344-345.
180
See above, nt. 167.
181
Although Heinrich Zimmermann, Die päpstliche Legation in der ersten Hälfte des 13.
Jahrhunderts: vom Regierungsantritt Innocenz’ III. bis zum Tode Gregors IX., (1198-1241),
Paderborn, Ferdinand Schöningh, 1913 (Görres-Gesellschaft zur Pflege der Wissenschaft
im Katholischen Deutschland, 17), pp. 26-27, maintained that John of Salerno was legate
a latere for England, Ireland and Scotland, Tillmann, Maleczek and Ferguson do not agree
with this: Tillmann, Die päpstlichen Legaten, p. 90; Maleczek, Papst und Kardinalskolleg,
p. 108; Paul Craig Ferguson, Medieval papal representatives in Scotland: legates, nuncios
and judges-delegate, 1125-1286, Edinburgh, The Stair Society, 1997 (Stair Society, 45), p. 65.
182
Radulphus de Diceto, Ymagines historiarum, p 173; Rogerius de Hoveden,
Chronica, p. 174.
183
Radulphus de Diceto, Ymagines historiarum, p 173.
Papal legates and their preaching 253
184
See above, nt. 150 and 151.
185
Rogerius de Hoveden, Chronica, p. 175: ‘Predictus vero Johannes non manducavit
carnem; vinum et sinceram non bibit, nec aliquid quo inebriari potuit; sed aurum et
argentum sitivit’.
186
See above, nt. 165. See also Rogerius de Hoveden, Chronica, p. 175; Councils and
Synods, I/2, pp. 1074-1075; English Episcopal Acta, ed. Marie Lovatt, London, Oxford
University Press, XXVII (2004), p. 123.
187
Ferguson, Medieval papal representatives, pp. 66-71. I am most grateful to Brenda Bolton
who allowed me to read her forthcoming essay John of Salerno. A relatively unknown crusade
preacher. On John’s activity in Ireland see also John Anthony Watt, The Church and the
Two Nations in Medieval Ireland, Cambridge, Cambridge University Press, 1970 (Cambridge
Studies in Medieval Life and Thought. Third Series, 3), pp. 60-64, 226-229.
188
Ferguson, Medieval papal representatives, pp. 66-68; Watt, The Church and the
Two Nations, p. 229; English Episcopal Acta, XXVII, pp. 34-35; Bolton, John of Salerno,
254 Barbara Bombi
forthcoming.
189
Barbara Bombi, The role of judges delegate in England. The dispute between the archbishops
of Canterbury and St. Augustine’s Abbey in the thirteenth century, in Legati e delegati papali.
Profili, ambiti d’azione e tipologie di intervento nei secoli XII-XIII, edd. Maria Pia Alberzoni,
Claudia Zey, Milano, Vita e pensiero, 2012 (Università. Storia), Appendix 1, p. 253: ‘Sanctitati
vestre significandum duximus quod, cum ab officio legacionis ampia sollecitudine vestra nobis
iniuncto redissemus et per diocesim Cantuariensem transitum fecissemus’. John of Salerno
wrote that when he arrived in Canterbury, the monastery and its properties were seized by
royal officials, as happened in early 1202, while this was not the case in Spring-Summer 1203,
as previously argued. He therefore lifted the excommunication on St. Augustine’s and wrote
to Innocent III. On the dating of this document and its resonance in Sprott’s chronicle see
Bombi, The role of judges delegate, p. 241 nt. 41.
190
Ferguson, Medieval papal representatives, pp. 66-68.
191
The evidence that allowed Ferguson, Medieval papal representatives, pp. 66-68, to claim
that John of Salerno went to Ireland twice are the Chronicle of Melrose and the Chronicle of
Lanercost. However, the evidence is quite thin, as the sources only record that John of Salerno
went to Ireland in 1202 without specifying when and how many times: ‘Anno M CC II. …
Johannes de Salerno apostolice sedis legatus profectus in Hyberniam’.
192
We are sure that John of Salerno was in Ireland between early September 1202 and late
December 1202, as Innocent III received two letters from the legate: Die Register Innocenz’
III., ed. Othmar Hageneder, Wien, Verlag der Österreichischen Akademie der Wissenschaften,
1993 (Publikationen der Historischen Instituts beim Österreichischen Kulturinstitut in Rom.
Abteilung 2, Quellen. Reihe 1), V/1, n. 82 (83), pp. 160-165; n. 157 (158), pp. 305-306.
193
On his visit to York at Christmas 1202 see English Episcopal Acta, XXVII, n. 29, pp. 31-35.
Papal legates and their preaching 255
on Master Philip’s wrong doings. Yet, as Cheney put it, in 1202 Hubert Wal-
ter received complaints on the papal nuncio’s activity from some monastic
houses in the province of York, while in August 1202 the archbishop of Can-
terbury was prompted by Innocent III to begin his enquiry against Master
Philip’s actions.194. John of Salerno as the legate a latere may, therefore, have
been encouraged to move South by rumours of the investigation concerning
Master Philip, who had by then left England. Only in late Summer 1202,
once the pope had been informed and the enquiry was underway, could
John of Salerno return to Ireland to complete his legatine mission.195 John
of Salerno was back to the curia by mid-1203 and no other legate reached
England before the departure of the crusaders from Venice.196
Conclusion
194
Cheney, Innocent III and England, p. 244; Id., Master Philip, p. 244; Historical
Manuscripts Commission, Report on Manuscripts in Various Collections, I, p. 216.
195
In his letter to Hubert Walter Innocent III confirms that he had been informed of the
rumours about Master Philip, although he does not disclose his source (English Episcopal Acta,
III, n. 574, p. 227): ‘nostris autem est auribus intimatum quod magister Philippus notarius
noster, dum olim fuisset a nobis in Angliam destinatus, a multis multa recepisse dicitur et
etiam exegisse, que nobis magis cedunt ad dedecus quam ad honorem’.
196
Maleczek, Papst und Kardinalskolleg, p. 109, argues that John of Salerno was back to
the curia by the beginning of 1203. However, on 20 February 1203 Innocent III sent him a
mandate concerning the state of the church of Tuam.
197
See above, nt. 3.
198
See above, nt. 10.
256 Barbara Bombi
recruiting and possibly preaching between 1095 and 1096, while the poor
Anglo-Norman participation in the Second Crusade can be undoubtedly
understood as a consequence of the political turmoil that characterized the
rule of England between 1139 and 1147-48 rather than unsuccessful papal
attempts to engage the English kingdom in crusading. Arguably, from the
1160s onwards, when political circumstances allowed it, the papacy imple-
mented its efforts to secure Anglo-Norman participation in the defence of
the Holy Land through the dispatch of legatine missions. As argued above,
although the English contribution to crusading during the reign of Henry II
was mainly financial, significant steps forward marked the organization of
crusade preaching and recruitment in the Anglo-Norman territories after
1187, especially thanks to the legatine missions of Henry of Marcy, whose
preaching influenced Peter of Blois and Archbishop Baldwin of Canterbury,
and John of Anagni, who had been delegated to commute crusading vows
and manage crusade recruitment, funding and preaching.
Ultimately, it was the crusade of Richard the Lionheart and the king’s
absence from his territories that prompted the appointment of two legati
nati in England. Between 1190 and 1194, at the time of the Third Crusade,
William of Longchamp, bishop of Ely, acted as chief justiciar and regent of
Richard I and ruled over the English Church as legatus natus and vicar of the
archbishop of Canterbury, while the king and Archbishop Baldwin were in
the Holy Land. Similarly, between 1195 and 1198 Hubert Walter acted as
the king’s regent, while Richard was in Normandy, and apostolic legate with
the faculty of enforcing crusade recruitment in his province. Indeed, over-
looked archival evidence preserved in Canterbury Cathedral Archives sheds
new light on the extent to which Hubert Walter implemented papal control
over crusade recruitment and commutation of vows throughout his province
by virtue of his legatine faculties. In particular, the evidence for the deanery
of Holland in Lincolnshire highlights that from the late twelfth century the
Apostolic See coordinated the efforts to enforce the obligatory nature of cru-
sading vows and to put in place sanctions for defaulters in partibus.
In line with such efforts to control the organization of the crusade in the
localities, at the time of the Fourth Crusade Innocent III resumed the use
of legates a latere in the Anglo-Norman territories, notably Peter of Capua
and John of Salerno, along with the employment of religious and reliable
men (viri religiosi et providi) those, along with the local ordinaries were to
promote and control crusade preaching, fundraising and recruitment, as
Master Philip and Eustace of Saint-Germer-de-Fly tried to do. Indeed, as
Innocent III argued in his two decretals Quod super his and Ex multa tuae,
Papal legates and their preaching 257
Appendix 1
Testimonial
Record of the inquisition promoted by Hubert Walter, archbishop of Canter-
bury and apostolic legate, concerning those crusaders from the archdeaconry of
Cornwall who took the vow at the time the Third Crusade.
Spring 1196
Canterbury, CCA-DCc-MSSB/A/7
Other editions: Nicholas Orme, O.J. Padel, Cornwall and the Third
Crusade, in «Journal of the Royal Institution of Cornwall», n.s. 2005,
pp. 75-77.
Literature: Historical Manuscripts Commission, Fifth Report, London,
H.M.S.O, 1876, Appendix, p. 462.
Hec sunt nomina cruce signatorum in archidiaconatu Cornub(ie)
§ In decanatu de Penwith: Ronaldus Ruff(us), Rad’ Taler, Lucas de
Treviel.
§ In decanatu de Piddesire: Paganus de Poddeford, Petrus de Dinesel,
Guillelmus Fla(m)manc‘, Philippus de Penwere, Mauger de Tremur.
§ In decanatu Keriel: Hubertus faber, Wibertus sutor de Helleston,
Robertus de Marisco, Guillelmus capellanus, Gaultierus de Foresta, Rogerius
de Lisard, Thomas de Hellestone, Gilebertus de eadem villa.
§ In decanatu de Westvelessir: Lancardus de Treven, Guillelmus Berri,
Pilia, Robertus Carebert(us), Rogerius de Penbesta, Eustacius, Ricardus de
Lametin, Ricardus filius Milonis, Johannes Gros, Rogerius Ioie.
§ In decanatu de Wike: Turstanus capellanus, Galfridus mercator, Petrus
filius Andree, Ada molendinarius, Ricardus filius Michaelis, Nicholaus
de Mildeton, Rogerius Marescallus, Osbertus filius Aufede, Stephanus
pelliparius, Rogerius de Pastecotte, uxor Porctejoie.
§ In decanatu Poresdessir: Ricardus Pollard(us), Rogerius Russel.
§ In decanatu Trigresir: Hawis de Trevisac, Hosolt Trote de Bomin’,
Rogerius pelliparius, Bricmarus Pecha, Gilebertus Laci.
Papal legates and their preaching 259
Appendix 2
Testimonial
Record of the inquisition promoted by Hubert Walter, archbishop of Canter-
bury and apostolic legate, concerning those crusaders from the archdeaconry of
Holland in Lincolnshire who took the vow at the time the Third Crusade.
Spring 1196 201
Canterbury, CCA-DCc ChChLet/II/227
Other editions: Historical Manuscripts Commission, Report
on Manuscripts in Various Collections, 2 voll., I, London, H.M.S.O, 1901,
pp. 235-236 (which omits some of the text as indicated below, nt. 202).
Note on the verso: ‘Hec sunt nom(ina) cruce signatorum civitate
Lincoln(ensi): Willelmus Mirabelis, Willelmus Ventha, Willelmus filius
Turgis, Philippus Cokelbert’.
Apud Skirbec: Rodbertus filius Brum(m)a(n)ni cruce signatus iam pri-
dem iter arripuerat, sed non peracto rediit; uxoratus est unum habens filium
et ad iter illud perficiendum minus sufficiens.
Item in Skirbec, Lambertus filius Eltruth cruce signatus eo tempore quo
et prefatus Rodbertus iter arripuerat, sed non peracto rediit; uxorem habet,
non prolem; pauperrimus tamen, manu sua victum querens.
Apud Sanctum Botulfu(m): Ludo filius Aslac ivit
Benedictus de Cibecei
Girardus filius Gudred
Willelmus pelliparius
Rodbertus le Poter
Rodbertus le Macecrer
Willelmus de Kirkebi.
Apud Wibertun’: Johannes Buchart ierat versus Ierusalem tempore
Willelmi regis Apulie quo prohibitum fuit passagium magni maris; rediens
relaxatus est ab itinere per dominum papam, reportans rescriptum domini
pape de relaxatione, sicut asserit, inveni eius testimonium perhibentes
quousque posset expedicium illud iter arripere et peragere; uxoratus est,
plures habens liberos et pauperrimus, mediocris quidem etatis.
Apud Kirket: Johannes le Borne uxorem habens et filios, iuvenis etate,
non tamen satis sibi sufficiens ad hoc iter, ut quidam dicunt.
Christian Grasso
P
ium et sanctum propositum è una delle espressioni più significative
utilizzate dal papa Innocenzo III (1198-1216) per rivelare la sua per-
sonale visione della crociata. Non è perciò un caso che queste parole
appaiano all’inizio di una sua lettera che, insieme alla celebre Quia maior
dell’aprile del 1213, è all’origine della più ambiziosa impresa pontificia
volta alla liberazione della Terra Santa. Tale impresa, passata alla storia come
quinta crociata, ha marcato due pontificati, quello di Innocenzo e quello del
suo successore Onorio III (1216-1227).
Sarebbe quasi impossibile ripercorrere i singoli eventi che hanno caratte-
rizzato quest’impresa che si sviluppò, oltre che in un lungo arco di tempo, in
un contesto internazionale che univa l’Occidente e l’Oriente latino. Anche
per tale motivo è sembrato più opportuno, almeno in questa sede, focaliz-
zare l’attenzione alla fase propagandistica della crociata.1 La lettera papale
Pium et sanctum ha, da questo punto di vista, una particolare importanza.
Con questo documento, che accompagnava la vera e propria chiamata alle
armi annunciata dalla Quia maior, Innocenzo III elaborava una nuova stra-
tegia organizzativa fondata sulla certezza che per dare seguito alla spedizione
militare era innanzitutto necessario sensibilizzare gli animi dei fedeli cristiani
alla causa della Terra Santa. Consapevole del suo ruolo di vicarius Christi,
Innocenzo intendeva rafforzare il controllo del Papato sulla spedizione al fine
di risolvere i problemi che fino a quel momento ne avevano compromesso la
realizzazione. Di qui il ricorso allo strumento della rappresentanza conferita
a un preciso gruppo di delegati le cui prerogative giurisdizionali furono gra-
dualmente codificate. La lettera Pium et sanctum non rappresenta nient’altro,
1
Le due lettere con le quali Innocenzo III inaugurò nell’aprile del 1213 la quinta crociata
sono entrambe edite nella PL, CCXVI (1891) (Quia maior, coll. 817-822 ; Pium et
sanctum, coll. 822-823). Sulla quinta crociata l’opera di riferimento generale resta quella di
James Matthew Powell, Anatomy of a crusade, 1213-1221, Philadelphia, University of
Pennsylvania Press, 19942 (ed. orig. 1986).
Legati, delegati e l’impresa d’Oltremare (secoli XII-XIII) / Papal Legates, Delegates and the Crusades (12th
13th Century), Maria Pia Alberzoni, Pascal Montaubin (eds), Turnhout 2014 (Ecclesia militans 3),
pp. 263-282
© F H GDOI: 10.1484/M.EMI-EB.5.103492
264 Christian Grasso
in fondo, che il conferimento della delega per i predicatori inviati nelle diverse
circoscrizioni ecclesiastiche della Cristianità. L’importanza di questo docu-
mento risiede proprio in questa prassi, fondata sul conferimento di un man-
dato speciale per la predicazione crociata, destinata a imporsi e a perfezionarsi
all’interno di una struttura organizzativa gerarchicamente modellata. Non
che fosse una novità la nomina di predicatori ufficiali da parte del Papato. Lo
stesso Innocenzo III l’aveva già sperimentata in occasione della quarta cro-
ciata.2 Semplicemente, tale nomina veniva adesso applicata su larga scala e si
accompagnava al rafforzamento dell’autorità dei diversi delegati papali per la
crociata, sia dunque di chi vantava il titolo di legato apostolico e sia di chi era
incaricato della sola predicazione.
Qual era l’identità di questi delegati, come agivano sul terreno e come tra
di loro si relazionavano sono da ritenere di conseguenza questioni storiogra-
fiche piuttosto importanti. Nelle pagine che seguono si tenterà di discutere
di tali problematiche proponendo un’analisi delle iniziative condotte dai
rappresentanti dell’autorità pontificia come legati e come predicatori. A tal
fine si compirà una sorta di excursus storico che, attraverso alcuni significativi
esempi, permetterà di ripercorrere sulla longue durée l’evoluzione della predi-
cazione della quinta crociata che, annunciata da Innocenzo III nel 1213 e poi
rilanciata dal IV Concilio Lateranense (1215), si protrasse in qualche modo
fino alla fine del pontificato di Onorio III (1227).3
2
Per la promozione della quarta crociata, Innocenzo III intese fare affidamento ad alcuni
predicatori di sua scelta. Tra di essi il più famoso e intraprendente fu il chierico parigino Folco
di Neuilly che ricevette uno specifico mandato per la predicazione crociata il 5 novembre
1198 (cfr. Christian Grasso, Folco di Neuilly sacerdos et predicator crucis, ‘Nuova Rivista
Storica’, XCIV (2010), fasc. 3, pp. 741-764). Per una più ampia trattazione del problema si
rimanda allo studio di Penny Jane Cole, The preaching of the Crusades to the Holy Land
1095-1270, Cambridge (Massachussets), The Medieval Academy of America, 1991 (Medieval
Academy books, 98) e alla più aggiornata sintesi di Jean Flori, Prêcher la croisade (XIe-XIIIe
siècle). Communication et propagande, Paris, Perrin, 2012 (Pour l’histoire).
3
Alla quinta crociata, pensata e progettata da Innocenzo III, fu Onorio III a dare seguito
curandone gli ultimi preparativi e supervisionandone la realizzazione. L’impegno di Onorio
fu in tal senso costante e non venne meno neanche dopo il fallimentare esito della spedizione
militare che, dopo un iniziale successo coronato dalla conquista della città egiziana di Damietta
(1219), si risolse nel rientro dei crociati in Europa (1221). Questa débâcle fu dal pontefice
interpretata come un semplice episodio che non era in grado di compromette il più generale
progetto di liberazione della Terra Santa che egli stesso tentò subito di rilanciare organizzando
una nuova impresa militare. Questa impresa, che non prese mai realmente forma, nella visione
di Onorio III era da considerarsi come la continuazione di quella precedente. Ed in tal senso è
intesa e presentata in questo nostro contributo storiografico.
Legati papali e predicatori 265
4
La legazione di ‘Robertum tituli sancti Stephani in Celio Monte presbytero cardinali’
fu annunciata da Innocenzo III nella copia della lettera Quia maior indirizzata al regno
di Francia e quindi ripresa nella Pium et sanctum. Due specifici documenti furono inoltre
affidati dal papa a Roberto di Courson all’inizio della sua legazione. Il primo gli concedeva
l’autorità in relazione alla crucesignatio (Potthast R, n. 4711), il secondo invece lo accreditava
nelle sue funzioni presso la corte francese (ibidem, n. 4712). Su questo brillante teologo
dell’università di Parigi, elevato al titolo cardinalizio da Innocenzo III verso il 1212 e morto
in Egitto durante la quinta crociata (1219), è ancora fondamentale lo studio di Marcel e
Christiane Dickson, Le cardinal Robert de Courson. Sa vie, in «Archives d’histoire
doctrinale et littéraire du Moyen Âge», IX (1934), pp. 58-142; ma si veda anche Werner
Maleczek, Papst und Kardinalskolleg von 1191 bis 1216. Die Kardinäle unter Coelestin III.
und Innocenz III., Wien, Verlag der Österreichischen Akademie der Wissenschaften, 1984
(Publikationen des Historischen Instituts beim Österreichischen Kulturinstitut in Rom, 1;
Abteilung: Abhandlungen, 6), pp. 175-179.
5
Cfr. Dickson, Le cardinal Robert de Courson, p. 96 riporta l’esempio di una cronaca di area
normanna che certifica la predicazione crociata tenuta da Roberto di Courson a Rouen nel 1214.
266 Christian Grasso
l’esempio agli altri predicatori nei confronti dei quali affermò un controllo
sempre più stringente. Questo controllo si manifestò sia nei confronti di
quei predicatori che come il chierico Giacomo di Vitry collaboravano con
lui, sia nei confronti del clero locale a cui spettava il compito di promuo-
vere la crociata a livello diocesano e parrocchiale. La loro missione, almeno
per quel che riguarda il regno francese, finì con l’essere coordinata dal
cardinale legato a cui spettava prendere le decisioni più importanti. Così,
ad esempio, Roberto di Courson poté imporre ai predicatori impegnati
sul fronte albigese l’obbligo di dedicarsi alla promozione della spedizione
orientale a cui, in base a precise disposizioni papali, spettava la priorità.6
Nonostante le testimonianze documentarie non siano ricche di indica-
zioni sul contenuto della predicazione (di suoi sermoni non vi è purtroppo
alcuna traccia), il negotium crucis risulta essere stato il tema generale e più
frequente delle sue pubbliche esortazioni. Ciò evidenzia la maturazione,
che si fa strada prima nella Curia romana e quindi tra i suoi diretti rappre-
sentanti, dell’importanza della cura della predicazione ai fini del successo
della spedizione orientale. L’iniziativa di Roberto di Courson si inserisce
e si comprende all’interno della strategia definita da Innocenzo III e tesa
ad assicurare un maggiore controllo sui singoli predicatori che agivano
nelle diverse circoscrizioni diocesane. La legazione di questo cardinale può
essere considerata come uno dei più precoci tentativi operati in tal senso
dal Papato.
6
Roberto di Courson ebbe modo, durante la sua legazione, di recarsi personalmente in
Linguadoca, di assistere ad alcune operazioni militari e di confermare infine le conquiste
territoriali del nobile Simone di Montfort (decisione poi ratificata da Innocenzo III il 14
dicembre 1215 ; Potthast R, n. 5009). Tale decisione fu come il preludio della successiva presa
di posizione riguardo alla necessità di concentrare da allora in poi gli sforzi a favore della
spedizione gerosolimitana. Il cronista cistercense Pietro des Vaux-de-Cernay († 1218) rivela
la strategia del cardinale a proposito della predicazione crociata: ‘Robertus coepit discorrere
per Franciam, […] concilia celebrare, predicatores instituere, modisque omnibus terre sancte
negotium promovere; predicatores quoque illos qui laborabant pro negotio fidei contra
hereticos sepedictos eidem negotio abstulit et fecit eos pro terre sancte negotio predicare’
(Petrus Vallium Sarnaii, Histoire Albigeoise, edd. Pascal Guébin, Henri Maisonneuve, Paris,
J. Vrin, 1951, p. 129). Tra i predicatori attivi sul fronte albigese vi erano all’epoca chierici
come Giacomo di Vitry († 1244), che era peraltro un vecchio compagno di studi di Roberto
di Courson all’università di Parigi, monaci cistercensi come Guido des Vaux-de-Cernay ed
esponenti dell’episcopato locale, come il vescovo Folco di Tolosa (cfr. Beverly Mayne
Kienzle, Cistercians, heresy, and Crusade in Occitania, 1145-1229: preaching in the Lord’s
vineyard, Woodbridge, York Medieval Press, 2001).
Legati papali e predicatori 267
7
Innocenzo III fu uno dei pontefici che maggiormente contribuì alla definizione dei
privilegi spirituali (che comprendevano innanzitutto la concessione dell’indulgenza) e di
quelli materiali (tra i quali spiccavano la possibilità di essere sottoposti alla tutela dei tribunali
ecclesiastici e di essere esentati dal pagamento delle imposte) accordati ai crociati. Questi
privilegi, che furono nella loro forma più articolata inseriti nella costituzione finale del IV
Concilio Lateranense (cfr. Constitutiones Concilii quarti Lateranensis una cum Commentariis
glossatorum, ed. Antonio Garcia y Garcia, Roma, Biblioteca Apostolica Vaticana, 1981
[Monumenta iuris canonici. Series A, corpus glossatorum, 2]), garantivano a chi assumeva il
signum crucis una serie di esenzioni giurisdizionali ma nello stesso tempo anche una serie di
obbligazioni giuridicamente vincolanti il cui mancato rispetto poteva comportare la sanzione
della scomunica. Per una più dettagliata discussione relativa allo statuto accordato ai crociati
si rimanda allo studio di James Arthur Brundage, Medieval canon law and the crusader,
Madison - Milwaukee - London, The University of Wisconsin Press, 1969. Riguardo, invece,
il problema dell’usura, che è stato tra i temi maggiori della riflessione dei teologi delle scuole
parigine frequentate in gioventù da Roberto di Courson e dallo stesso Innocenzo III, si veda
Odd Langholm, Economics in the Medieval Schools: wealth, exchange, value, money and
usury according to the Paris theological tradition 1200-1350, Leiden, Brill, 1992 (Studien und
Texte zur Geistesgeschichte des Mittelalters, 29).
268 Christian Grasso
qualche anno prima dell’inizio della sua legazione nella sua inedita e preziosa
Summa. In quest’opera l’allora magister theologiae aveva individuato nell’in-
teresse collettivo della Cristianità il motivo legittimante della crociata il cui
obiettivo era la salvezza eterna dei partecipanti ottenuta attraverso la libe-
razione della Terra Santa. Questo principio giustificava, almeno agli occhi
dell’autore della Summa, l’adozione di norme e procedure particolari per la
promozione dell’impresa gerosolimitana, a cominciare da quelle relative ai
crucesignati.8
Una così chiara visione della crociata associata a una grande considerazione
dell’autorità legatizia non poteva tuttavia essere unanimemente accettata. La
frequente convocazione di sinodi diocesani per la riforma del clero, il ricorso
a procedimenti giudiziari e a censure ecclesiastiche contro i chierici riottosi,
la rivendicazione dell’autorità ecclesiastica, e papale in particolare, super cau-
sis crucesignatorum posero Roberto di Courson in conflitto sia col sovrano
Filippo II Augusto e sia con una parte del clero francese, come dimostra la
cattiva stampa di cui ha goduto presso alcuni e non disinteressati cronisti,
primo fra tutti il ‘filo-monarchico’ Guglielmo il Bretone. Dietro alle accuse a
lui rivolte, che tanta risonanza hanno avuto in ambito storiografico, di essere
stato un improvvisato predicatore e un attentatore delle consuetudini locali,
si nascondono in realtà tensioni di natura giurisdizionale. La posta in gioco
era prima di tutto il riconoscimento dell’autorità delegata della sede aposto-
lica, allora peraltro in via di sistemazione nell’ambito del diritto canonico, e
quindi la validità e la riuscita del programma papale di coordinamento della
propaganda crociata. Da questo punto di vista è molto significativo il fatto
che Innocenzo III non sconfessò l’iniziativa del suo legato, che fu soltanto
invitato a una maggiore moderazione nell’applicazione delle sue decisioni.
Quello che, in fondo, attraverso la missione di Roberto di Courson si stava
in qualche modo sperimentando era la possibilità di fare dell’esercizio dell’
8
L’unica testimonianza letteraria del cardinale Roberto di Courson è la sua Summa
caelestis philosophiae datata 1208-1212. Il testo, ancora in gran parte inedito, è trasmesso
in tre forme. Di quella finale esistono tre manoscritti, il principale dei quali è conservato a
Parigi (Bibliothèque nationale de France, lat. 14524). La Summa è incentrata su questioni di
teologia morale presentate e discusse nella forma di questiones. Tra di esse sono presenti temi,
come quello della penitenza e del voto, che fanno esplicito riferimento all’esperienza crociata.
In attesa di uno studio più approfondito di tale testo e della sua tradizione manoscritta, si
rimanda alla sintesi (con relativa bibliografia) di John Wesley Baldwin, Masters, Princes
and Merchants. The social views of Peter the Chanter and his circle, 2 voll., Princeton, Princeton
University Press, 1970, I, pp. 19-25.
Legati papali e predicatori 269
9
La missiva indirizzata dal papa a Roberto di Courson come risposta alle pressioni da lui
ricevute dal sovrano francese, che si era lamentato per le iniziative del legato papale avverse ai
prestatori di denaro, è edita nella PL, CCXVII (1855), coll. 229-230. L’iniziativa di Filippo II
Augusto esprimeva in realtà un più generale malessere nei confronti del legato papale. Le
sue competenze giurisdizionali e le sue iniziative nell’ambito della riforma ecclesiastica,
perseguita al ritmo di sinodi diocesani e di provvedimenti disciplinari, non potevano che
suscitare diffuse e talvolta anche violente critiche (si veda, a titolo d’esempio, la requisitoria
fatta da Gugliemo il Bretone († 1226) nella sua Historia Philippi Augusti, in Testimonia
minora de quinto bello sacro e cronicis occidentalibus excerpsit et sumptibus Societatis illustrandis
Orientis latini monumentis, ed. Reinhold Röhricht, Genève, J. G. Fick, 1882 [Publications de
la Société de l’Orient latin. Sér. historique, 3], pp. 78-79). Per un quadro più dettagliato delle
iniziative prese dal Courson durante la sua missione in Francia, sviluppata sulla base della sua
duplice funzione di legato e di predicatore, si rimanda a Jessalynn Bird, Reform or Crusade?
Anti-usurary and crusade preaching during the pontificate of Innocent III, in Pope Innocent III
and his world, edd. John Clare Moore, Brenda Bolton, James Matthew Powell, Constance
Rousseau, Aldershot, Ashgate, 1999, pp. 165-185. Sulla codificazione nell’ambito del diritto
canonico della funzione legatizia, che fu gradualmente formalizzata e infine specificata nelle
Decretales di Gregorio IX (1234), si veda Robert Charles Figueira, ‘Legatus apostolice
sedis’: the Pope’s alter ego according to thirteenth-century canon law, in «Studi medievali»,
XXVII (1986), ser. III, pp. 527-574.
10
Onorio III è probabilmente tra i pontefici del Duecento quello che ha meno suscitato
l’interesse della moderna storiografia. La scarsità di studi monografici, tanto sulla sua
persona che sulla sua attività, ha finora condannato ad una sorta di oblio il periodo del suo
pontificato. Ad oggi la sintesi più chiara e accessibile è quella tracciata da Sandro Carocci,
Marco Vendittelli, in Enciclopedia dei Papi, I (2000), pp. 350-362, s.v. Onorio III. La
recente monografia di Pierre-Vincent Claverie (Honorius III et l’Orient, Boston, Brill, 2013)
offre una prima panoramica storiografica sul pontificato di Onorio che merita ulteriori
270 Christian Grasso
12
A Corrado scolasticus Maguntinus et capellanus papae, Onorio III aveva affidato nel 1220
la missione di sovrintendere alla predicazione crociata in Germania (cfr. Epistolae saeculi XIII
e regestis, n. 117, pp. 83-84). Le sue prerogative vennero da allora ampliate fino a comprendere
il diritto di associare al suo ministero altri predicatori, tra cui Giovanni scolastico di Xanten
(ibidem, n. 166, pp. 116-117). Di lamentele da parte di Onorio III sulla scarsa collaborazione
a livello locale per la promozione della crociata si hanno diverse indicazioni nel suo registro
della corrispondenza (a titolo esemplificativo si veda Pietro Pressutti, Regesta Honorii
Papae III, 2 voll., Roma, Typographia Vaticana, 1888-1895, I (1888), n. 3533).
13
Per la delega alla predicazione crociata fu elaborato un testo di base dalla cancelleria
pontificia che poi provvedeva ad inviarlo ai diversi predicatori. Di tale testo, e delle sue diverse
formulazioni in qualche modo riunite nella lettera Cum predicande crucis del 24 febbraio
1224 (Pressutti, Regesta Honorii, n. 4825), se ne discute (fornendone anche l’edizione) nel
nostro studio già menzionato Ad Promovendum Negotium Crucis. Gli inediti registri della
corrispondenza di Onorio III (Roma, Archivio Segreto Vaticano, Registri Vaticani, libri 9-13)
permettono di identificare, per il periodo 1224-1227, una ventina di predicatori crociati,
la maggior parte dei quali operanti nell’ambito dell’Impero germanico, divisi in coppie e
272 Christian Grasso
prerogative era il cardinale di Porto che, oltre a impegnarsi anche lui nella
proclamazione di pubbliche omelie, ricorreva al contributo dei predicatori
crociati per la realizzazione di diverse iniziative volte alla riforma del clero
locale. Queste iniziative venivano di norma presentate come necessarie al
raggiungimento del supremo obiettivo della liberazione di Gerusalemme.14
Proprio l’interesse a sviluppare e applicare questo legame tra riforma e
crociata, già caratteristico della precedente legazione di Roberto di Courson
in Francia, è all’origine del tentativo, perseguito con lucidità da Corrado di
Porto e avallato dal Papato, di legare ulteriormente al territorio i più intrapren-
denti tra i predicatori crociati. La loro promozione a sedi episcopali (è il caso
di Corrado di Magonza a Hildesheim e del più celebre Oliviero di Colonia
a Paderborn) e abbaziali (Giovanni di Xanten a Saint-Trond) non fu perciò
una semplice gratifica per il loro impegno, talvolta addirittura decennale, per
la causa della Terra Santa ma anche un modo per dare seguito all’azione pro-
pagandistica e a quella riformistica patrocinata dal Papato. Tale azione, come
anche tali nomine, malgrado malumori e critiche da parte del clero locale,
furono alla fine imposte molto spesso grazie al ricorso a inchieste giudiziarie
condotte dal medesimo cardinale di Porto.15 I vecchi predicatori promossi
nelle alte sfere della gerarchia ecclesiastica tedesca non misero in ogni caso da
parte il loro interesse per la crociata per la quale anzi si spesero con maggiore
decisione. Oliviero di Colonia, ad esempio, mettendo a frutto i propri talenti
di missionario, organizzò una campagna di denuncia di quei predicatori
attivi in specifiche province ecclesiastiche (per una lista, comunque soltanto parziale e da
aggiornare, si veda Paul Brewer Pixton, Die Anwerbung des Heeres Christi: Prediger des
Fünften Kreuzzuges in Deutschland, in «Deutsches Archiv für Erforschung des Mittelalters»,
XXXIV (1978), pp. 166-191).
14
La convocazione di sinodi diocesani, l’emanazione di statuti, la diffusione delle
deliberazioni del IV Concilio Lateranense, l’introduzione di riforme nell’ambito delle
comunità religiose furono tra le principali iniziative di Corrado di Porto che si ispirò per
la condotta della sua missione al programma conciliare di reformatio Ecclesiae et recuperatio
Terrae Sanctae (cfr. Neininger, Konrad von Urach).
15
Molto problematica si rivelò, ad esempio, l’elezione di Oliviero di Colonia († 1227) al
vescovado di Paderborn che Onorio III ratificò nel 1223. L’opposizione del clero locale, che
sosteneva un altro pretendente, si protrasse per lungo tempo obbligando Corrado di Porto a
ripetuti interventi disciplinari. Questa diatriba non compromise comunque la successiva nomina
cardinalizia di Oliviero nel 1225 (cfr. Paul Brewer Pixton, The German Episcopacy and
the Implementation of the Decrees of the Fourth Lateran Council, 1216-1245. Watchmen on the
Tower, Leiden, E. J. Brill, 1995 (Studies in the history of Christian thought, 64), pp. 327-329).
Legati papali e predicatori 273
16
Si veda l’epistolario di Oliviero di Colonia, che comprende alcuni suoi personali bilanci
della predicazione, edito in Die Schriften des Kölner Domscholasters, späteren Bischof von
Paderborn und Kardinal-Bischofs von S. Sabina Oliverus, ed. Hermann Hoogeweg, Tübingen,
Litterarischen Vereins in Stuttgart, 1894, pp. 285-316.
17
Sulla condanna inflitta al prevosto della città sassone di Goslar Enrico Mundikinus (o
Minnike), sospettato di propagare dottrine di stampo manicheo, le indicazioni più precise
sono fornite dalla documentazione pontificia. La condanna di questo chierico fu preparata da
un’accurata inchiesta giudiziaria e teologica, supportata da Onorio III e condotta da Corrado
di Porto con l’ausilio di Corrado di Magonza e del futuro e celebre inquisitore Corrado
di Marburgo. Questo processo per eresia fu regolato secondo una complessa procedura
destinata in seguito a essere perfezionata fino a divenire quella canonica dell’inquisizione (cfr.
Pressutti, Regesta Honorii, n. 5013).
18
La testimonianza del ben informato cronista premostratense Emone († 1237) conferma i
continui contatti tra il cardinale Corrado e Oliviero di Colonia durante l’opera di predicazione
della crociata (Emonis Chronicon, ed. Ludwig Weiland, MGH. SS 23 (1874), pp. 499-500).
19
Cfr. Epistolae saeculi XIII e regestis, n. 344, pp. 252-253 (questa lettera di Onorio III diretta
ai suoi delegati alla predicazione, indica tra i predicatori Giovanni di Wildeshausen. Il quarto
generale dell’Ordine dei Predicatori, morto nel 1252, è stato uno dei primi domenicani ad
aver ricevuto la delega per la promozione della crociata gerosolimitana).
274 Christian Grasso
20
Questa è l’espressione usata da Onorio III nella lettera che annunciava la legazione in
Germania di Corrado di Porto (Epistolae saeculi XIII e regestis, n. 248, p. 176).
21
Cfr. Christian Grasso, Ars Praedicandi e crociata nella predicazione dei Magistri
parigini, in ‘Come l’orco della fiaba’. Studi per Franco Cardini, ed. Marina Montesano, Firenze,
Sismel – Edizioni del Galluzzo, 2010 (Millennio medievale, 87; Strumenti e studi. Nuova
Serie, 27), pp. 141-150.
22
Caesarii Heisterbacensis monachi Ordinis Cisterciensis Dialogus Miraculorum, 2 voll., ed.
Joseph Strange, Köln – Bonn – Brüssel, J. M. Heberle, 1851, I, pp. 165-166.
Legati papali e predicatori 275
23
Cfr. Jessalynn Bird, The Victorines, Peter the Chanter’s Circle, and the Crusade.
Two Unpublished Crusading Appeals in Paris, Bibliothèque nationale, Ms Latin 14470, in
«Medieval Sermon Studies», XLVIII (2004), pp. 5-27.
24
Delegato da Onorio III alla predicazione crociata nel 1224, il prevosto di Arles Raimondo
diffuse una lettera per rendere noto il successo a livello politico e popolare della sua missione
a Marsiglia (cfr. Édouard Baratier, Une prédication de la croisade à Marseille en 1224,
in Économies et sociétés au Moyen Âge. Mélanges offerts à Édouard Perroy, Paris, Publications
de la Sorbonne, 1973 (Publications de la Sorbonne. Série «Études», 5), pp. 690-699).
La redazione di lettere-circolari, dirette a diversi destinatari, era una caratteristica della
predicazione di Oliviero di Colonia che ne aveva fatto ampio ricorso fin dal suo primo
debutto come predicatore crociato nel 1214 (cfr. Jaap van Moolenbroek, Signs in the
heavens in Groningen and Friesland in 1214: Oliver of Cologne and crusading propaganda, in
«Journal of Medieval History», XIII (1987), pp. 251-272).
25
L’epistolario di Giacomo di Vitry è stato di recente riedito e tradotto in francese in Lettres
de la cinquième croisade, edd. Robert Burchard Costantijn Huygens, Gaston Duchet-Suchaux,
Turnhout, Brepols, 1998 (Sous la règle de Saint Augustin, 5). Giacomo di Vitry aveva iniziato
276 Christian Grasso
Questo complesso legame che matura nel corso della quinta crociata tra
legazioni papali, predicazione e comunicazione di informazioni si rivela fon-
damentale anche per la valutazione e comprensione di una delle più contro-
verse e anche meno chiare vicende relative a questa spedizione, quella che
vide come protagonista nel periodo della lotta per la conquista di Damietta
lo spagnolo Pelagio d’Albano. Durante la sua legazione in Egitto presso
l’esercito crociato, annunciata da Onorio III nel maggio del 1218 e durata
circa tre anni, questo intraprendente cardinale investì non poco tempo e
non poche energie nella creazione e nel mantenimento di autentici canali
di comunicazione utili a garantire e anche a controllare lo scambio di infor-
mazioni tra l’Occidente e l’Oriente latino.26 Attraverso regolari missioni e
ambascerie, affidate a membri degli Ordini militari e a esponenti del clero
latino orientale, Pelagio d’Albano creò una linea di comunicazione diretta
con la sede apostolica che da lui riceveva dispacci e informative che veni-
vano poi da Roma amplificate e diffuse. Ogni volta, infatti, che Onorio III
invitava i suoi delegati a intensificare lo sforzo per la crociata, rivelava che
a informarlo delle condizioni logistiche dell’esercito accampato a Damietta
era il suo legato che inoltrava precise e dettagliate richieste d’aiuto.27 Grazie
all’iniziativa congiunta di legati e predicatori papali la voce di Pelagio giun-
geva così praticamente dappertutto trasformandola in una sorta di megafono
ufficiale dei crociati presenti in Egitto. Questo ruolo informale fu uno dei
motivi all’origine della sua crescente (e anche discussa) influenza nel gruppo
dei comandanti dell’esercito crociato.
fin dal 1213 a interessarsi, nel quadro nella legazione del cardinale Roberto di Courson, della
crociata orientale per la quale continuò a spendersi anche dopo la consacrazione a vescovo
di Acri (1216) e la sua nomina cardinalizia (1228). Della predicazione crociata Giacomo di
Vitry fu uno dei più prolifici promotori, come testimonia la sua raccolta di sermoni modello
(cfr. Cristoph Maier, Crusade propaganda and ideology: model sermons for the preaching of
the cross, Cambridge, Cambridge University Press, 2000).
26
Su Pelagio (Galvani/Gaitani) cardinale vescovo d’Albano († 1230) e sul suo ruolo
politico, religioso e militare durante la quinta crociata si veda più diffusamente il nostro
studio Il cardinale Pelagio d’Albano, legato papale e predicatore della quinta crociata, in «Revue
d’histoire écclésiastique», CVIII (2013), fasc. 1, pp. 98-143. Il documento che attesta la
legazione di Pelagio per la crociata si trova in Pressutti, Regesta Honorii III, n. 1433.
27
Nel novembre del 1220, ad esempio, Onorio III informava il predicatore tedesco Corrado
di Magonza, sulla base di missive dirette a Roma dal cardinale Pelagio, delle difficili condizioni
in cui versava in quel momento l’esercito crociato a Damietta (cfr. Epistolae saeculi XIII,
n. 146, pp. 104-105).
Legati papali e predicatori 277
28
Esempi di una prima forma di contabilità finanziaria della crociata sono presenti nel registro di
Onorio III (cfr. Pressutti, Regesta Honorii, n. 2195; Epistolae saeculi XIII, n. 124, pp. 88-91).
278 Christian Grasso
29
Dopo essersi distinto, negli anni del pontificato di Innocenzo III, come uno dei predicatori
della crociata in Germania, Oliviero di Colonia partecipò di persona alla spedizione egiziana
stilandone una celebre cronaca (Historia damiatina, in Hoogeweg, Die Schriften, pp. 159-
280; presentazione, bibliografia aggiornata e traduzione italiana in I cristiani e il favoloso Egitto.
Una relazione dall’Oriente e la Storia di Damietta di Oliviero da Colonia, edd. Giancarlo
Andenna, Barbara Bombi, Genova – Milano, Marietti, 2009 (Verso l’Oriente, 4). Tra le fonti
cronistiche della quinta crociata vanno annoverate e considerate con attenzione anche quelle
stilate da Giovanni Codagnello († 1230) e da Giovanni di Tolve († 1220) la cui origine e il cui
significato sono già stati evidenziati dal loro editore Oswald Holder-Egger (in MGH. SS, 31
(1903), pp. 463-503, 669-704).
30
Sull’origine e sul contenuto dei tre testi profetici trovati dai crociati a Damietta (la Prophétie
d’Hannan fils d’Isaac, il Liber Clementis e la Relatio de Davide), che molto probabilmente
furono messi in circolazione dalle comunità cristiano-orientali, ancora fondamentale è il
lavoro di Paul Pelliot, Mélanges sur l’époque des croisades, in Mémoires de l’Institut national
de France, Académie des inscriptions et belles lettres, Paris, Imprimerie nationale, 1951, pp. 73-
97. Sul clima effervescente del campo crociato e sulla trasmissione in Occidente dei testi
profetici, ricordati da Oliviero di Colonia nella sua cronaca e da Giacomo di Vitry nel suo
epistolario, si veda in generale il volume I cristiani e il favoloso Egitto.
31
Cfr. Chronique d’Ernoul et de Bernard le Trésorier, ed. Louis de Mas Latrie, Paris, Jules
Renouard, 1871 (Société de l’histoire de France, 157), pp. 431-432. Più in generale su quello
che può considerarsi come uno dei più noti e misteriosi episodi della vita del Poverello di
Assisi si veda John Victor Tolan, Il santo dal sultano: l’incontro di Francesco d’Assisi e
l’Islam, Roma – Bari, Laterza, 2009 (Storia e Società, 88), ed. orig. Paris, 2007.
Legati papali e predicatori 279
32
Per il parallelo tra Giosuè e Pelagio d’Albano, utilizzato come legittimazione per il
conferimento al legato della ‘potestas tam in temporalibus quam in spiritualibus’ riguardo
alla crociata, si veda la lettera papale regestata in Pressutti, Regesta Honorii, n. 2195. Tesa a
ridimensionare (dal nostro punto di vista in maniera eccessiva) il significato e la portata di tale
concessione papale è l’analisi proposta da James Matthew Powell, Honorius III and the
leadership of the crusade, in «The Catholic Historical Review», LXIII (1977), pp. 521-536.
33
Giovanni di Brienne fu una delle personalità maggiormente esposte all’azione di controllo
disciplinare coordinata da Pelagio a Damietta. La sua decisione nel 1220 di lasciare l’Egitto, a
motivo della sue crescenti tensioni con il legato papale a proposito dello statuto delle conquiste
fatte dai crociati, scatenò una dura reazione da parte di Pelagio che sollecitò l’intervento di
Onorio III. Il papa diede seguito a tale richiesta intimando al sovrano gerosolimitano, su
pena di scomunica, il rientro immediato in Egitto (cfr. Epistolae saeculi XIII e regestis, n. 130,
pp. 95-96).
280 Christian Grasso
34
René Grousset, Histoire des croisades et du royaume franc de Jérusalem, 3 voll., Paris,
Plon, 1934-1936. La ricostruzione della quinta crociata fatta dal Grousset ripropone le tesi e le
opinioni dell’Historia Philippi Augusti di Guglielmo il Bretone e della Chronique d’Ernoul. Di
qui la valutazione fortemente negativa del ruolo e della stessa personalità di Pelagio presentato
come responsabile della sconfitta finale della spedizione. A poco è valso, almeno in termini
di risonanza in ambito storiografico, il tentativo dello storico James Powell di rivedere tale
posizione che non sembra tenere in adeguato conto la complessa situazione politica e militare
che caratterizzò le fasi finali della spedizione militare in Egitto (cfr. Powell, Anatomy of a
Crusade).
35
Dopo il rientro a Roma, Pelagio riprese dapprima il ruolo di auditor nelle cause discusse
nella Curia papale e poi quello di delegato presso la corte imperiale. Questo incarico lo portò
a interessarsi di nuovo della crociata. Fu lui, infatti, a discuterne con Federico II in occasione
della dieta di San Germano (1225) e fu sempre lui, dopo la scomunica inflitta all’imperatore
dal nuovo papa Gregorio IX, a occuparsi del fallimentare tentativo di occupazione militare
del regno di Sicilia del 1229 (cfr. Demetrio Mansilla Reoyo, El Cardenal hispano Pelayo
Gaitán (1206-1230), in «Anthologica annua», I (1953), pp. 11-66).
Legati papali e predicatori 281
36
Il cardinale Guala Bicchieri († 1227) fu incaricato da Onorio III il 17 gennaio 1217 di
curare l’organizzazione della quinta crociata nel regno d’Inghilterra (Pressutti, Regesta
Honorii, n. 244). Soltanto pochi giorni dopo, e precisamente il 23 gennaio 1217, il pontefice
annunciò ai prelati e al popolo della Tuscia e della Lombardia la legazione di Ugo d’Ostia
(Epistolae saeculi XIII e regestis, n. 12, pp. 9-10). La missione del cardinale d’Ostia nell’Italia
centro-settentrionale fu per volere di Onorio III rinnovata nel 1219 e nel 1221 e sempre con
l’obiettivo di promuovere la spedizione gerosolimitana e di pacificare le città comunali. La
ricca produzione documentaria lasciata da Guala Bicchieri e da Ugo d’Ostia conferma sia
la crescita d’influenza dei cardinali legati nella pianificazione della crociata e sia il ricorso
regolare da parte di tutti i delegati papali alla predicazione come strumento di persuasione.
Uno studio approfondito di questa complessa problematica, relazionata all’analisi dell’opera
dei diversi legati pontifici per la crociata, è stato da noi di recente completato nella forma di
tesi di post-dottorato (La promozione pubblica della crociata durante il pontificato di Onorio III
(1216-1227). Studio storico e edizione di fonti, Scuola Superiore di Studi Storici, Università di
San Marino 2013). Sul ruolo di Gregorio IX nella storia delle crociate si rimanda al contributo
di Franco Cardini, La crociata e le crociate, in Gregorio IX e gli ordini mendicanti. Atti del
XXXVIII Convegno internazionale; Assisi, 7-9 ottobre 2010, Spoleto, CISAM, 2011 (Atti dei
convegni della Società internazionale di studi francescani e del Centro interuniversitario di
studi francescani. Nuova serie, 21), pp. 325-350.
282 Christian Grasso
L
e legazioni papali, soprattutto a partire dall’XI secolo, hanno costi-
tuito un importante strumento per garantire la trasmissione delle
direttive romane, come pure per la realizzazione di disegni politici di
ampio respiro: basti solo accennare al grande numero di legati presenti in
Lombardia negli anni dello scontro tra Alessandro III e Federico I, alla cui
azione il Kehr attribuiva il successo degli sforzi messi in atto dalla sede aposto-
lica per ottenere la sottomissione della Lombardia alle direttive della Chiesa
romana.1 L’attività dei legati nella regione padana fu infatti di fondamentale
importanza per far prevalere le posizioni favorevoli ad Alessandro III e, di
conseguenza, segnare la sconfitta della politica imperiale nell’Italia setten-
trionale.2
L’evoluzione dei sistemi di rappresentanza, soprattutto nel pieno e nel
basso medioevo, è stata recentemente oggetto di alcuni importanti incontri
di studio e si è cominciato a mettere a fuoco le tappe di uno sviluppo che
segnò gli inizi della moderna diplomazia. Mediante l’azione di inviati – in
ambito temporale come in quello spirituale – si ampliarono gli orizzonti cul-
turali e geografici della nascente Europa e fu possibile al papato, soprattutto a
partire dal XII secolo, estendere le sue competenze giurisdizionali ben oltre i
1
Paul Fridolin Kehr, Nachträge zu den Papsturkunden Italiens, in «Nachrichten von der
Gesellschaft der Wissenschaften zu Göttingen. Philologisch-historische Klasse», IV (1912),
pp. 328-334, ora in: Id., Papsturkunden in Italien. Reiseberichte zur Italia Pontificia, 6 voll.,
Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, 1977 (Acta Romanorum pontificum, 5),
V, pp. 357-370, in partic. p. 367; Maria Pia Alberzoni, Gli interventi della Chiesa di Roma
nella provincia ecclesiastica milanese, in Das Papsttum und das Vielgestaltige Italien. Hundert
Jahre Italia Pontificia, edd. Klaus Herbers, Jochen Johrendt, Berlin, Walter de Gruyter, 2009
(Abhandlungen der Akademie der Wissenschaften zu Göttingen. Studien zu Papstgeschichte
und Papsturkunden. Neue Folge, 5), pp. 135-181, in partic. pp. 135-141.
2
Gerhard Dunken, Die politische Wirksamkeit der päpstlichen Legaten in der Zeit des
Kampfes zwischen Kaisertum und Papsttum in Oberitalien unter Friedrich I., Berlin, Emil
Ebering, 1931 (Historische Studien, 209), p. 94.
Legati, delegati e l’impresa d’Oltremare (secoli XII-XIII) / Papal Legates, Delegates and the Crusades (12th
13th Century), Maria Pia Alberzoni, Pascal Montaubin (eds), Turnhout 2014 (Ecclesia militans 3),
pp. 283-326
© F H GDOI: 10.1484/M.EMI-EB.5.103493
284 Maria Pia Alberzoni
3
Interessante il dibattito aperto dalle conclusioni di Peter Johanek, Zusammenfassung,
in Gesandtschafts- und Botenwesen im spätmittelalterlichen Europa, edd. Rainer C. Schwinges,
Klaus Wriedt, Ostfildern, Thorbecke, 2003 (Vorträge und Forschungen, 60), pp. 365-376 nel
corso dell’annuale incontro dei medievisti alla Reichenau (2001), alle quali vanno accostate le
osservazioni di Claudia Märtl, Claudia Zey, Aus der Frühzeit europäischer Diplomatie?
Einleitung, in Aus der Frühzeit europäischer Diplomatie. Zum geistlichen und weltlichen
Gesandtschaftswesen von 12. bis zum 15. Jahrhunderts, edd. Claudia Zey, Claudia Märtl,
Zürich, Chronos, 2008, pp. 9-21.
4
Giancarlo Andenna, Il concetto geografico-politico di Lombardia nel Medioevo, in Id.,
Renato Bordone, Francesco Somaini, Massimo Vallerani, Comuni e signorie
nell’Italia settentrionale: la Lombardia, Torino, UTET, 1998 (Storia d’Italia, 6), pp. 3-19;
solo nel corso del XIII secolo cominciò a essere indicata come Marca (Veronese o Trevisana)
la parte orientale della regione.
5
Reg. Inn. III., I/1, pp. 820-821, n. 562 (568), pp. 822-823, n. 563 (569): in quest’ultima
lettera si trova la significativa espressione ‘Cum enim per civitatem ipsam (Mediolanum)
sepe contingat transitum facere nostros nuncios et legatos’; sul conflitto sorto nel 1198 per il
pagamento delle procurazioni al cardinale Bernardo di S. Pietro in Vincoli rinvio a Marco
Pogliani, Il dissidio fra nobili e popolari a Milano. La controversia del 1203 fra l’arcidiacono
e il primicerio maggiore, in Ricerche storiche sulla Chiesa ambrosiana, X, Milano, NED, 1981
(Archivio ambrosiano, 42), pp. 5-111, in partic. pp. 16-18; sulla legazione di Bernardo di
Le legazioni di Ugo d’Ostia 285
papali, soprattutto in occasione di problemi relativi alle sorti del regnum Ita-
lie, quali il negotium imperii, come si verificò tra 1203 e 1209, quindi nel
1211 e nel 1216 in relazione ai tentativi di distogliere i comuni dal sostegno
allo scomunicato Ottone IV.6
Le questioni legate all’organizzazione della crociata favorirono l’invio di
legati nella regioni transalpine, in particolare verso la Germania. Se l’inizia-
tiva imperiale in vista della III crociata aveva in qualche modo sollevato la
sede apostolica dall’assumere compiti di dirigenza propriamente organizza-
tivi e militari,7 sia il fallimento dell’impresa dopo l’improvvisa morte del Bar-
barossa sia il tentativo messo in atto nel 1195-1196 da Enrico VI di avviare
i preparativi per una nuova crociata soprattutto nel regno di Germania –
crociata che poi non ebbe luogo per l’improvvisa morte dell’imperatore –,
suggerirono a Innocenzo III, fin dagli inizi del suo pontificato e mentre l’im-
pero era vacante, il progetto di una grande spedizione sotto l’esclusiva guida
papale. Si trattava di una sperimentazione che richiedeva strumenti nuovi o,
in ogni caso, adeguati agli ambiziosi obiettivi.8 Il primo tentativo di esclusiva
S. Pietro in Vincoli, si veda Werner Maleczek, Papst und Kardinalskolleg von 1191 bis
1216. Die Kardinäle unter Coelestin III. und Innocenz III., Wien, Verlag der Österreichischen
Akademie der Wissenschaften, 1984 (Publikationen des Historischen Instituts beim
Österreichischen Kulturinstitut in Rom, I/6), pp. 89-90.
6
Maria Pia Alberzoni, Città vescovi e papato nella Lombardia dei comuni, Novara,
Interlinea, 2001 (Studi, 26), pp. 33-37 e Michele Maccarrone, Orvieto e la predicazione
della crociata, in Id., Studi su Innocenzo III, Padova, Antenore, 1972 (Italia sacra. Studi e
documenti di storia ecclesiastica, 17), pp. 148-159; circa la legazione di Gerardo da Sesso
nel 1211, si veda ora Maria Pia Alberzoni, Il rigore del legato. Gerardo da Sesso a Bologna
(1211), in Scritti di storia medievale offerti a Maria Consiglia De Matteis, ed. Berardo Pio,
Spoleto, CISAM, 2011 (Uomini e mondi medievali, 27), pp. 1-29, soprattutto 11-21.
7
Rudolf Hiestand, ‘Precipua tocius christianismi columna’. Barbarossa und der Kreuzzug,
in Friedrich Barbarossa. Handlungsspielräume und Wirkungsweisen des staufischen Kaisers,
ed. Alfred Haverkamp, Sigmaringen, Thorbecke, 1992 (Vorträge und Forschungen, 40),
pp. 51-108; Rudolf Hiestand, Barbarossas letztes Schreiben vom Kreuzzug, in De litteris,
manuscriptis, inscriptionibus ... Festschrift zum 65. Geburtstag von Walter Koch, edd. Franz-
Albrecht Bornschlegel, Theo Kölzer, Christian Friedl, Georg Vogeler, Wien - Köln - Weimar,
Böhlau, 2007, pp. 561-576.
8
Helmut Roscher, Innocenz III. und die Kreuzzüge, Göttingen, Vandenhoeck &
Ruprecht,1969 (Forschungen zur Kirchen- und Dogmengeschichte, 21), pp. 27-50 sulle
crociate svoltesi durante i pontificati precedenti quello di Innocenzo III; a p. 57 Roscher
mette in luce la novità insita nel progetto innocenziano, scaturito dalla necessità di prendere
in mano un’iniziativa importante per la cristianità e che dopo la morte di Enrico VI non aveva
più un promotore tra i regnanti europei: fino all’inizio del pontificato innocenziano, infatti,
l'organizzazione della crociata non rientrava tra i tradizionali compiti del papa.
286 Maria Pia Alberzoni
9
Roscher, Innocenz III. und die Kreuzzüge, pp. 58-99, dove l’autore esamina accuratamente
le iniziative legate alla necessità di organizzare militarmente e finanziariamente la IV crociata,
nonché alle iniziative diplomatiche volte a ottenere la pace necessaria per poter avviare la
crociata stessa; Othmar Hageneder, Innocenz III. und die Eroberung Zadars (1202). Eine
Neuinterpretation des Br. V 160 (161), in «Mitteilungen des Instituts für Österreichische
Geschichtsforschung», C (1992), pp. 197-213; The Fourth Crusade Revisited. Atti della
Conferenza internazionale nell’ottavo centenario della IV Crociata (1204-2004), Andros
(Grecia), 27-30 maggio 2004, ed. Pierantonio Piatti, Città del Vaticano, Libreria Editrice
Vaticana, 2008 (Atti e documenti, 25); Werner Maleczek, Innocenzo III e la quarta
crociata. Da forte ispiratore a spettatore senza potere, in Quarta crociata. Venezia – Bisanzio
– Impero latino, 2 voll., edd. Gherardo Ortalli, Giorgio Ravegnani, Peter Schreiner, Venezia,
Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti, 2006, I, pp. 389-422.
10
Maccarrone, Orvieto e la predicazione della crociata, pp. 100-113; tali disposizioni
sono puntualmente stabilite nella costituzione 71, Ad liberandam Terram Sanctam, in
Constitutiones Concilii quarti Lateranensis una cum Commentariis glossatorum, ed. Antonio
García y García, Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, 1981 (Monumenta iuris
canonici. Series A: Corpus Glossatorum, 2), pp. 110-118; si veda ora il contributo di Uta-
Renate Blumenthal in questo volume.
11
Maccarrone, Orvieto e la predicazione della crociata, in partic. pp. 86-163.
Le legazioni di Ugo d’Ostia 287
e nel 1206 fu promosso alla sede episcopale di Ostia e Velletri, la dignità più
prestigiosa all’interno del collegio cardinalizio.12 Durante il pontificato di
Innocenzo III Ugo fu incaricato di svolgere alcune legazioni apostoliche, in
particolare con il cardinale Leone Brancaleoni tra 1206 e 1209 fu inviato in
Germania due volte o tre, se si conta anche la missione interrottasi nel luglio
del 1208 a Verona, dove i legati appresero la notizia dell’assassinio di Filippo
di Svevia, con il quale si sarebbero dovuti incontrare per risolvere il negotium
imperii, la spinosa questione della successione al trono imperiale apertasi con
la prematura morte di Enrico VI († 28.IX. 1197).13 Con l’elezione di Ono-
rio III Ugo mantenne una posizione eminente entro il collegio cardinalizio
e, proprio per realizzare le deliberazioni del IV concilio lateranense – sia la
già ricordata costituzione 71 sia quelle concernenti la vita regolare (n. 13) e
l’impegno dell’episcopato nella cura d’anime (nn. 10 e 21) – tra il 1217 e il
1221 intraprese per ben tre volte la via della Toscana e della Lombardia.14
L’attività di legato del cardinale d’Ostia è a noi nota soprattutto grazie
agli studi di Guido Levi, editore del registro approntato in vista e nel corso
12
Preciso subito che il nome Ugo è preferibile al più popolare Ugolino, poiché è quello usato
sia dallo stesso cardinale sia nelle fonti coeve, si veda Maria Pia Alberzoni, Dalla domus
del cardinale d’Ostia alla curia di Gregorio IX, in Gregorio IX e gli Ordini mendicanti, Spoleto,
CISAM, 2011 (Atti dei Convegni della Società internazionale di studi francescani e del Centro
interuniversitario di studi francescani, 38. Nuova Serie, 21), pp. 73-121, in partic. pp. 76-77;
Ernst Brem, Papst Gregor IX. bis zum Beginn seines Pontifikats. Ein biographischer Versuch,
Heidelberg, Carl Winter’s Universitätsbuchhandlung, 1911 (Heidelberger Abhandlungen,
32), p. 1 in nota osserva: ‘Er selbst nennt sich Hugo’; le origini e la carriera del cardinale sono
ricostruite da Maleczek, Papst und Kardinalskolleg, pp. 126-133.
13
Maleczek, Papst und Kardinalskolleg, pp. 129-130; Maccarrone, Orvieto e la
predicazione della crociata, p. 153 parla di tre legazioni; sul negotium imperii, oltre a Friedrich
Kempf, Innocenz III. und der deutsche Thronstreit, in «Archivum historiae pontificiae»,
XXIII (1985), pp. 64-91 e si veda Werner Maleczek, in Enciclopedia dei papi, II (2000),
pp. 326 -350, s.v. Innocenzo III, in partic. pp. 344-345; Id., in DBI, LXII (2004), pp. 419-435,
in partic. pp. 429-430, s.v. Innocenzo III, papa.
14
Maleczek, Papst und Kardinalskolleg, pp. 130-131: la prima legazione si svolse nel 1217;
la seconda dal maggio 1218 all’agosto del 1219 e la terza e meglio documentata, grazie alla
conservazione del registro del cardinale, si svolse nel 1221; per la prima e l’ultima missione
si sono conservate le lettere indirizzate da Onorio III ai prelati delle regioni dove si sarebbe
dovuto recare il legato: Epistolae saeculi XIII e regestis pontificum Romanorum selectae per
G. H. Pertz, ed. Carolus Rodenberg, MGH. Epistolae saeculi XIII e regestis pontificum
Romanorum selectae, 1 (1883), pp. 9-10 (1217 gennaio 23); Guido Levi, Registri dei
cardinali Ugolino d’Ostia e Ottaviano degli Ubaldini, Roma, Istituto storico Italiano, 1890
(Fonti per la storia d’Italia, 8), pp. 138-140 (1221 marzo 4).
288 Maria Pia Alberzoni
della legazione svolta dal cardinale nel 1221, nonché autore di un ampio arti-
colo, nel quale, oltre a ricostruire attentamente l’itinerario delle legazioni
nell’Italia centro-settentrionale di Ugo, egli pubblicò alcuni importanti
documenti degli anni 1217-1219 e per questo non compresi nel registro.15 In
esso, infatti, furono accolti solo gli atti ritenuti più significativi sia quelli rice-
vuti, come per esempio le lettere papali o di Federico II, sia quelli approntati
dalla cancelleria del cardinale. L’edizione del Registro favorì gli studi soprat-
tutto sulla carriera di Ugo, mi limito qui a ricordare la ricostruzione biogra-
fica della carriera di Ugo d’Ostia, pubblicato da Ernst Brem nel 1911;16 sulla
"Revue d’histoire ecclésiastique" del 1950 apparve poi un importante arti-
colo di Christine Thouzellier, dedicato esclusivamente all’esame dell’attività
del legato durante la legazione del 1221, finalizzata all’organizzazione della
quinta crociata; in merito allo svolgimento delle missioni svolte dal cardinale
d’Ostia, soprattutto nell’area lombarda e, segnatamente, milanese meritano
di essere infine ricordati i volumi di Raimund Hermes, dedicato al comune
di Milano nella prima metà del XIII secolo, e di Laura Baietto, attenta alla
ricostruzione complessiva dei rapporti tra il papato e il mondo comunale.17
Anche gli studi sulla biografia di Ugo d’Ostia nel periodo del suo cardinalato
non sono numerosi: oltre alla già ricordata biografia di Werner Maleczek, è
ora possibile aggiungere le voci di Ovidio Capitani rispettivamente apparse
nell’Enciclopedia dei papi e nel Dizionario biografico degli Italiani.18
15
Levi, Registri e Guido Levi, Documenti a illustrazione del Registro del Card. Ugolino
d’Ostia legato apostolico in Toscana e in Lombardia, in «Archivio della R. Società Romana di
Storia Patria», XII (1889), pp. 241-326.
16
Brem, Papst Gregor IX. (vedi sopra, nt. 12).
17
Christine Thouzellier, La légation en Lombardie du cardinal Hugolin (1221) un
épisode de la cinquième croisade, in «Revue d’histoire ecclésiastique», XLV (1950), pp. 508-
542; Raimund Hermes, Totius libertatis patrona. Die Kommune Mailand in Reich und
Region während der ersten Hälfte des 13. Jahrhunderts, Frankfurt am Main, Peter Lang, 1999
(Europäische Hochschulschriften. Reihe 3, Geschichte und ihre Hilfswissenschaften, 858),
in partic. pp. 48-61; Laura Baietto, Il papa e le città. Papato e comuni in Italia centro-
settentrionale durante la prima metà del XIII secolo, Spoleto, CISAM, 2007 (Istituzioni e
società, 9), in partic. pp. 190-267.
18
Ovidio Capitani, in Enciclopedia dei papi, II (2000), pp. 363-380, s.v. Gregorio IX; Id.,
in DBI, LIX (2002), pp. 166-178, s.v. Gregorio IX, papa; si veda inoltre Werner Maleczek,
Zwischen lokaler Verankerung und universalem Horizont. Das Kardinalskollegium unter
Innocenz III., in Innocenzo III. Urbs et Orbis. Atti del Congresso internazionale; Roma, 9-15
settembre 1998, ed. Andrea Sommerlechner, 2 voll., Roma, ISIME - Istituto storico italiano
per il Medio Evo, 2003 (Nuovi studi storici, 55), I, pp. 102-174, in partic. pp. 141-146.
Le legazioni di Ugo d’Ostia 289
19
Marcel Dickson, Christiane Dickson, Le cardinal Robert de Courson: sa vie,
in «Archives d’histoire doctrinale et littéraire du Moyen Âge», IX (1934), pp. 53-142;
Yves M.-J. Congar, Henri de Marcy, abbé de Clairvaux, cardinal-évêque d’Albano et légat
pontifical, in Analecta monastica. Textes et études sur la vie des moines au Moyen Âge. V e série,
Roma, «Orbis catholicus» - Herder, 1958 (Studia anselmiana philosophica theologica, edita
a professoribus Instituti Pontificii S. Anselmi de Urbe, 43), pp. 1-90; Rudolf Hiestand,
Oliver Scholasticus und die Pariser Schulen zu Beginn des 13. Jahrhunderts, in «Jahrbuch
des Kölnischen Geschichtsvereins», LVIII (1987), pp. 1-34; Werner Maleczek, Petrus
Capuanus. Kardinal, Legat am vierten Kreuzzug, Theologe († 1214), Wien, Verlag der
Österreichischen Akademie der Wissenschaften, 1988, ora in traduzione italiana riveduta e
aggiornata dall’autore: Pietro Capuano. Patrizio amalfitano, Cardinale, Legato alla Quarta
Crociata, Teologo († 1214), Amalfi, Centro di Cultura e Storia Amalfitana, 1997 (Biblioteca
amalfitana, 2); Falko Neininger, Konrad von Urach († 1227): Zähringer, Zisterzienser,
Kardinallegat, Paderborn – München – Wien – Zürich, Ferdinand Schöning, 1994 (Quellen
und Forschungen aus dem Gebiet der Geschichte; N.F., 17); si veda, inoltre, Andrea
Tilatti, Legati del papa e propaganda nel Duecento, in La propaganda politica nel basso
medioevo, Spoleto, CISAM, 2002 (Atti dei Convegni del Centro italiano di studi sul basso
medioevo - Accademia Tudertina e del Centro di studi sulla spiritualità medievale, 38. Nuova
Serie, 15), pp. 145-176.
290 Maria Pia Alberzoni
20
In tale prospettiva sono utili le indicazioni per lo sviluppo delle ricerche tratteggiate
da Märtl, Zey, Aus der Frühzeit europäischer Diplomatie? Einleitung, pp. 19-21; ricordo
ancora che, se per il XII secolo disponiamo dell’ottima messa a punto di Stefan Weiss, Die
Urkunden der päpstlichen Legaten von Leo IX. bis Coelestin III. (1049-1198), Köln-Weimar-
Wien, Böhlau, 1995 (Regesta imperii. Beihefte: Forschungen zur Kaiser- und Papstgeschichte
des Mittelalters, 13), per il XIII secolo è ancora necessario rifarsi a Heinrich Zimmermann,
Die päpstliche Legation in der ersten Hälfte des 13. Jahrhunderts. Vom Regierungsantritt
Innocenz’ III. bis zum Tode Gregors IX. (1198-1241), Paderborn, Ferdinand Schöningh,
1913 (Veröffentlichungen der Sektion für Rechts- und Sozialwissenschaften der Görres-
Gesellschaft, 17), nonché a Karl Ruess, Die rechtliche Stellung der päpstlichen Legaten
bis Bonifaz VIII., Paderborn, Ferdinand Schöningh, 1912 (Veröffentlichungen der Sektion
für Rechts- und Sozialwissenschaften der Görres-Gesellschaft, 13), si veda ora Werner
Maleczek, Die Brüder des Papstes. Kardinäle und Schriftgut der Kardinäle, in Das Papsttum
und das vielgestaltige Italien, edd. Herbers, Johrendt, pp. 331-372, in partic. pp. 346-350.
21
Mi riferisco qui soprattutto a Ludwig Falkenstein, Wilhelm von Champagne, Elekt
von Chartres (1164-1168), Erzbischof von Sens (1168/69-1176), Erzbischof von Reims
(1176-1202), Legat des apostolischen Stuhles, im Spiegel päpstlicher Schreiben und Privilegien,
in «Zeitschrift für Rechtsgeschichte. Kanonistische Abteilung», LXXXIX (2003), pp. 107-
284, anche nella versione più sintetica: Id., Guillaume aux Blanches Mains: archevêque de
Reims et légat du Siège Apostolique (1176-1202), in «Revue d’histoire de l’Église de France»,
XCI (2005), pp. 5-25.
22
Alberzoni, Gli interventi della Chiesa di Roma, in partic. pp. 143-159.
Le legazioni di Ugo d’Ostia 291
23
Uno sguardo d’insieme sull’attività di questi ecclesiastici è in Alberzoni, Città, vescovi e
papato, pp. 79-110; si veda inoltre Baietto, Il papa e le città, pp. 101-139.
24
Mi riferisco al canone 19 del III concilio lateranense (Conciliorum oecumenicorum
decreta, edd. Giuseppe Alberigo, Giuseppe Luigi Dossetti, Perikles Petros Joannou, Claudio
Leonardi, Paolo Prodi, edizione bilingue, Bologna, Edizioni Dehoniane, 1991, p. 221) e
alla costituzione 46 del lateranense IV (Constitutiones Concilii quarti Lateranensis, p. 86);
gli sviluppi dell’azione della sede apostolica nei confronti dei comuni sono tratteggiati da
Alberzoni, Città, vescovi e papato, pp. 27-77.
25
Si veda ora la ricostruzione della carriera, con indicazioni circa la precedente storiografia,
in Alberzoni, Il rigore del legato, pp. 1-21.
26
Massimo Vallerani, Cremona nel quadro conflittuale delle città padane nell’età di
Federico I, in Cremona città imperiale. Nell’VIII centenario della nascita di Federico II. Atti del
Convegno internazionale di studi; Cremona, 27-28 ottobre 1995, Cremona, Linograf, 1999
(Annali della Biblioteca statale e Libreria civica di Cremona, 49), pp. 41-69; Id., La politica
degli schieramenti: reti podestarili e alleanze intercittadine nella prima metà del Duecento, in
Andenna, Bordone, Somaini, Vallerani, Comuni e signorie nell’Italia settentrionale,
292 Maria Pia Alberzoni
pp. 427-453; Massimo Vallerani, I rapporti intercittadini nella regione lombarda tra XII e
XIII secolo, in Legislazione e prassi istituzionale nell’Europa medievale. Tradizioni normative,
ordinamenti, circolazione mercantile (secoli XI-XV), ed. Gabriella Rossetti, Napoli, Liguori,
2001 (Europa mediterranea. Quaderni, 15), pp. 221-290; Edward Coleman, Sicard of
Cremone as Legate of Innocent III in Lombardy, in Innocenzo III. Urbs et orbis, II, pp. 929-
953; si veda inoltre Giancarlo Andenna, Le istituzioni ecclesiastiche dall’età longobarda
alla fine del XIV secolo, in Storia di Cremona, edd. Id., Giorgio Chittolini, [Cremona], Banca
cremonese - Credito cooperativo, 2007, V, pp. 2-169, in partic. 77-89; per Ariprando Visconti
è ancora necessario rifarsi a Fedele Savio, Gli antichi vescovi d’Italia dalle origini al 1300
descritti per regioni. Il Piemonte, Torino, Fratelli Bocca editori, 1898, p. 488 e, soprattutto ad
Alberzoni, Città, vescovi e papato, pp. 189-190.
27
Zimmermann, Die päpstliche Legation, p. 47; la carriera dei due cardinali è tratteggiata
da Maleczek, Papst und Kardinalskolleg, pp. 137-139 e 184-189; gli scopi della legazione
e il suo insuccesso sono esaminati da Maccarrone, Orvieto e la predicazione della crociata,
pp. 150-163.
28
Maccarrone, Orvieto e la predicazione della crociata, pp. 154-159.
Le legazioni di Ugo d’Ostia 293
29
Maleczek, Papst und Kardinalskolleg, pp. 336-344; Jochen Johrendt, Harald
Müller, Zentrum und Peripherie. Prozesse des Austausches, der Durchdringung und der
Zentralisierung der lateinischen Kirche im Hochmittelalter, in Römisches Zentrum und kirchliche
Peripherie. Das universale Papsttum als Bezugspunkt der Kirchen von den Reformpäpsten
bis zu Innozenz III., edd. Jochen Johrendt, Harald Müller, Berlin, Walter de Gruyter, 2008
(Abhandlungen der Akademie der Wissenschaften zu Göttingen. Neue Folge, 2), pp. 1-16;
Claudia Zey, Die Augen des Papstes. Zu Eigenschaften und Vollmachten päpstlicher Legaten,
ibid., pp. 77-108; si veda ora la sintesi, con ampie indicazioni bibliografiche, Ead., Maria
Pia Alberzoni, Legati e delegati papali (secoli XII-XIII): stato della ricerca e questioni aperte,
in Legati e delegati papali. Profili, ambiti d’azione e tipologie di intervento nei secoli XII-XIII,
edd. Maria Pia Alberzoni, Claudia Zey, Milano, Vita e Pensiero, 2012 (Università. Storia.
Ricerche), pp. 3-27, in partic. pp. 3-12.
30
Maccarrone, Orvieto e la predicazione della crociata, p. 149: ‘Fu l’itinerario seguito
poi dal card. Ugolino, mandato nel 1217 in Toscana ed in Lombardia e nel marzo a Pisa e a
Genova. Nel caso di Innocenzo III tale direzione del viaggio è suggerita dalla via seguita dopo
la visita ad Orvieto, che lasciò da parte la Toscana per seguire la vallata del Tevere lungo la
Flaminia, con le tappe (...) a Todi e a Perugia’.
31
Roscher, Innocenz III. und die Kreuzzüge, pp. 158-160, sulla predica di apertura del
concilio lateranense IV, tutta incentrata sull’imminente passagium (PL, CCXVII (1890),
coll. 673-680); sulla concezione della crociata sviluppata da Innocenzo III si veda Christian
Grasso, Ars predicandi e crociata nella predicazione dei magistri parigini, in ‘Come l’orco
della fiaba’. Studi per Franco Cardini, ed. Marina Montesano, Firenze, SISMEL – Edizioni del
Galluzzo, 2010 (Millennio Medievale. Strumenti e studi. N. s., 27), pp. 141-150.
294 Maria Pia Alberzoni
32
Brem, Papst Gregor IX., pp. 24-25 mette in luce la rivalità di Ugo nei confronti di
Onorio III e la sua volontà di proseguire le linee dell’azione di Innocenzo III, sottolineandone
fortemente la paternità innocenziana, così da non lasciar prevalere il profilo più modesto del
cardinale Cencio-Onorio III.
33
Levi, Registri, p. 150-152, n. CXXII; Thouzellier, La légation en Lombardie, pp. 509-
510 nota: ‘Le prélat succède au légat de Frédéric, Conrad de Metz, et, sans en avoir le titre,
assume partiellement l’autorité d’un véritable vicaire impérial’; Julius Ficker, Forschungen
zur Reichs- und Rechtsgeschichte Italiens, 4 voll., Innsbruck, Verlag der Wagner’sche
Universitäts-Buchhandlung, 1868-1874, I (1868), p. 342 notava che il cardinale Ugo nel
1221 solo una volta era definito ‘apostolice sedis legatus et imperialis aule vicarius’, titolo che
però egli mai attribuì a se stesso, aggiungendo alcune osservazioni sull’uso sostanzialmente
debole e oscillante di questi titoli; si vedano ora anche le osservazioni di Knut Görich,
Die Reichslegaten Kaiser Friedrichs II., in Aus der Frühzeit europäischer Diplomatie, edd. Zey,
Märtl, pp. 119-149, in partic. pp. 129-136, dove si mette in luce la difficoltà a cogliere con
precisione i contorni di tali cariche, talora apparentemente sovrapposte.
34
Levi, Registri, p. 19, n. XVII: ‘Amiço Sacco, Mediolanensis potestas, super petitione
quam eiusdem civitatis communi fecit dictus dominus legatus ex parte domini pape et domini
impeatoris pro subsidio Terre Sancte’; p. 20, n. XVIII: ‘petione quam [Hugo] fecit potestati
et communi Laudensi ex parte domini pape et domini imperatoris’; p. 95, n. LXXII: ‘Hugo
Le legazioni di Ugo d’Ostia 295
Dei gratia Ostiensis et Velletrensis episcopus Apostolice Sedis legatus, ex parte domini
pape et domini imperatoris et auctoritate legationis qua fungebatur’; p. 110, n. LXXXVI:
‘Sanctissimo patri ac domino Hugoni Dei gratia Sancte Romane Ecclesie cardinali et Ostiensis
et Velletrensis episcopi, Apostolice Sedis legato et imperialis aule vicario’.
35
Anche la Thouzellier, La légation en Lombardie, p. 540 nota che il cardinale,
inviato per predicare la crociata, aveva di fatto agito ben oltre il mandato ricevuto dal papa
e dall’imperatore; secondo Franco Cardini, La crociata e le crociate, in Gregorio IX e gli
Ordini mendicanti, pp. 325-350, in partic. 327, il cardinale Ugo ‘va considerato senza dubbio
uno dei promotori e dei protagonisti dell’elaborazione teologico-canonistica di quello che
allora si definiva succursus Terrae Sanctae o negotium crucis e del suo stretto rapporto sia con la
dinamica dell’auctoritas pontificia e la sua affermazione egemonica sulle potestates temporali,
sia con la repressione dell’eresia, sia con la missione e l’espansione della Cristianità latina dalla
penisola iberica verso il Maghreb e dall’Europa centrale verso il nordest slavo e baltico. In
tal senso egli ha condotto a maturazione una complessa dinamica che si era già avviata con
Urbano II a Clermont nel 1095’.
36
Epistolae saeculi XIII, pp. 9-10, n. 12: Tempus acceptabile instat (1217 gennaio 23; Potthast
R, n. 5430; Regesta Honorii Pape III, ed. Petrus Pressutti, 2 voll., Roma, Typographia Vaticana,
1888-1895, n. 272) su tale genere letterario rimane fondamentale lo studio di Ursula
Schwerin, Die Aufrufe der Päpste zur Befreiung des Heiligen Landes von den Anfängen bis
zum Ausgang Innocenz IV. Ein Beitrag zur Geschichte der kurialen Kreuzzugspropaganda und
der päpstlichen Epistolographie, Berlin, Emil Ebering, 1937 (Historische Studien, 301).
296 Maria Pia Alberzoni
37
Epistolae saeculi XIII, p. 9: ‘Ignominia est namque populo Christiano, quod rex ille regum,
qui creavit omnia et ea que celi ambitu continentur, a propria sede depulsus pro nostris
favoribus ammisit terram, que funiculus est hereditatis sue (...). Confusio est enim universis,
qui sub Christo principe gloriantur, quod princeps noster ammisit terreni gloriam regni sui et
terram nativitatis, in qua corporaliter visus est cum hominibus conversando, ac filii ancille, qui
non sunt heredes cum filio libere, illam detinent miserabiliter occupatam’.
38
Epistolae saeculi XIII, p. 10: ‘Tempus est enim, ut faciant vindictam in nationibus, in
gentibus scilicet detinentibus et contaminantibus Terram Sanctam, in hiis qui stultam faciunt
gloriam crucis Christi et exprobrant ignominiam Dominice passionis’; Jean Leclercq,
L’Encyclique de S. Bernard en faveur de la croisade, in «Revue bénédictine», LXXXI (1971),
pp. 282-308 e Id., Pour l’histoire de l’encyclique de saint Bernard sur la croisade, in Études
de civilisation médiévale. Mélanges offerts à Edmond-René Labande, Poitiers, C. é. S. C. M.,
1974, pp. 479-490, in partic. pp. 480-485: i due saggi sono ora in Id., Recueil d’études sur
Saint Bernard et ses écrits, 5 voll., Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 1962-1992, (Storia e
Letteratura. Raccolta di studi e testi, 167), IV (1987), pp. 227-246 e 247-263, da dove saranno
date le successive indicazioni di pagina; si vedano, inoltre, Franco Cardini, Bernardo e
le crociate, in Bernardo cistercense. Atti del XXVI Convegno storico internazionale; Todi, 8-11
ottobre 1989, Spoleto, CISAM, 1990 (Atti dei Convegni del Centro italiano di studi sul
basso medioevo - Accademia tudertina. Nuova serie, 3), pp. 187-197 e Marco Meschini,
San Bernardo e la seconda crociata, Milano, Mursia, 1998 (Strumenti per una nuova cultura.
Storia medioevale), in partic. pp. 92-100; l’edizione della lettera 363 è in Bernardus
Claraevallensis, Lettere, Milano, Scriptorium Claravallense. Fondazione di Studi
cistercensi, 1986-1987 (Opere di san Bernardo a cura di Ferruccio Gastaldelli, 6), t. II (1987),
pp. 430-439; Roscher, Innocenz III. und die Kreuzzüge, pp. 27-58 mette in luce come
Innocenzo III abbia manifestato preoccupazione per le sorti della Terra Santa solo dalla piena
estate del 1198, quindi oltre se mesi dopo la sua elezione; la prima enciclica di Innocenzo III
in vista della crociata risale infatti al 15 agosto 1198: Reg. Inn. III., I/1, pp. 498-505, n. 336.
39
Epistolae saeculi XIII, p. 10: ‘Ceterum nos iuxta statutum sacri concilii generalis personas
et bona eorum, qui crucis sunt caractere insigniti, recipientes sub protectione sedis apostolice
speciali’ (Constitutiones Concilii quarti Lateranensis, pp. 113-114); si veda il contributo di
Uta-Renate Blumenthal, in questo volume.
Le legazioni di Ugo d’Ostia 297
40
Constitutiones Concilii quarti Lateranensis, pp. 117-118: ‘Nos ergo de omnipotentis Dei
misericordia et beatorum apostolorum Petri et Pauli auctoritate confisi, ex illa quam nobis,
licet indignis, Deus ligandi atque soluendi contulit potestatem, omnibus qui laborem istum
in propriis personis subierint et expensis, plenam suorum peccaminum de quibus ueraciter
fuerint corde contriti et ore confessi ueniam indulgemus et in retributione iustorum salutis
eterne pollicemur augmentum. (...) Huius quoque remissionis uolumus et concedimus esse
participes, iuxta quantitatem subsidii et deuotionis affectum’; le stesse espressioni in Epistolae
saeculi XIII, p. 10.
41
Epistolae saeculi XIII, p. 10: ‘Et quoniam pernecessarium credimus negotio Terre Sancte,
ut principes et populus Christianus pacis gaudeant unitate, adeo quod statutum est sancta et
universali synodo suadente, ut saltim per quadriennium in toto orbe Christiano pax generaliter
observetur, ita quod per ecclesiarum prelatos discordantes reducantur ad plenam pacem aut
firmam treugam inviolabiliter observandam, et qui acquiescere forte contempserint, per
excommunicationem in personas et interdictum in terras artissime compellantur’.
42
Epistolae saeculi XIII, p. 10: ‘nos, qui ad liberationem terre illius ardenti desiderio aspiramus
ac pacem diligimus et ea inquirimus puro corde, tam pro exhortatione verbi crucis, quam
pro pacis seu treugarum federe propagando, et pro aliis que limam correctionis exposcunt,
mittimus ad vos venerabilem fratrem nostrum Ostiensem episcopum’; l’insistenza sulla
missione pacificatrice delle legazioni del cardinale d’Ostia nell’Italia centro-settentrionale
è sottolineata da Werner Maleczek, Das friedenstiftende Papsttum im 12. und 13.
Jahrhundert, in Träger und Instrumentarien des Friedens im hohen und späten Mittelalter, ed.
Johannes Fried, Sigmaringen, 1996 (Vorträge und Forschungen, 43), pp. 249-332, in partic.
pp. 306-307.
298 Maria Pia Alberzoni
dal papa e ben accetto a Dio e agli uomini, potente nelle opere e nelle parole,
esponente di rilievo della Chiesa e prediletto tra tutti i cardinali.43 In primo
piano tra i motivi addotti per l’invio di Ugo era dunque la sua capacità di
muovere gli animi con la predicazione corroborata dalle opere, indispensa-
bile sia per esortare a prendere la croce sia per stabilire pacificazioni e tregue,
nonché per dirimere altre questioni che fossero emerse:44 in tal modo risulta
ancor più evidente la continuità con l’iniziativa, pochi mesi prima intrapresa
con successo da Innocenzo III, di predicare personalmente la crociata. Nelle
intenzioni di Onorio III la prima legazione affidata al cardinale d’Ostia
nell’Italia centro-settentrionale era dunque volta unicamente alla realizza-
zione della quinta crociata, con i poteri legatizi previsti per questo caso. Essa
si sarebbe dovuta estendere fino all’Ungheria, giacché al re Andrea II, che
aveva preso la croce, era stato annunciato con una lettera l’invio del cardi-
nale; ma le gravi questioni incontrate da quest’ultimo nel mondo comunale
italiano gli impedirono di proseguire il viaggio intrapreso.45
Con toni analoghi a quelli usati nella lettera del mese di gennaio, il 6
marzo 1217 il pontefice presentò il legato direttamente ai Pisani: Ugo era
un angelo del Signore degli eserciti dalle cui labbra essi avrebbero potuto
apprendere la vera legge, i suoi costumi brillavano come una stella e grazie
alla sua profonda conoscenza del nuovo e dell’antico Testamento, egli com-
pendiava in sé le virtù del sole e della luna.46 Evidentemente, di fronte alle
43
Epistolae saeculi XIII, p. 10: ‘(Hostiensem episcopum) virum utique secundum cor
nostrum, Deo et hominibus acceptum, potentem in opere et sermone, precipuum ecclesie Dei
membrum, quem inter alios fratres nostros speciali prerogativa diligimus caritatis’.
44
Epistolae saeculi XIII, p. 10: ‘tam pro exhoratione verbi crucis, quam pro pacis seu
treugarum federe propagando, et pro aliis que limam correctionis exposcunt’.
45
Brem, Papst Gregor IX., pp. 26-27; circa le sorti della spedizione che prese il via nel
settembre 1217 e che, a fasi alterne, proseguì fino al 1229, basti qui rinviare alla ancor valida
sintesi di Paul Alphandery, Alphonse Dupront, La Chrétienté et l’idée de Croisade,
2 voll., Paris, Éditions Albin Michel, 1954-1959; trad. it. La cristianità e l’idea di crociata,
Bologna, Il Mulino, 1974 (Nuova collana storica), pp. 354-385 (l’indicazione delle pagine
è dall’edizione italiana) e, in particolare, a Barbara Bombi, Introduzione, in I Cristiani e il
favoloso Egitto. Una relazione dall’Oriente e La storia di Damietta di Oliviero da Colonia, edd.
Giancarlo Andenna, Barbara Bombi, Genova-Milano, Marietti, 2009 (Verso l’Oriente, 4),
pp. 7-44, in partic. pp. 27-40.
46
César-Auguste Horoy, Honorii III Romani pontificis Opera omnia, 5 voll., Paris, Impr.
de la bibl. ecclésiastique, 1879-1882 (Medii aevi bibliotheca patristica, 2), II (1879), coll.
315-316 (Potthast R, n. 5487): ‘ecce enim ad vos venerabilem fratrem nostrum Hugonem
episcopum Ostiensem apostolice sedis legatum transmittimus, qui utique coelum est enarrans
gloriam Dei, et tamquam stellarum fulgoribus, morum venustate praefulgens, in cujus
Le legazioni di Ugo d’Ostia 299
difficoltà nella trattativa tra Pisani e Genovesi, allora divisi in merito ai diritti
che entrambe le città vantavano sulla Sardegna – diritti rivendicati anche dal
papato sull’isola –, il legato chiese a Onorio III un apposito documento che
lo accreditasse come interlocutore autorevole tra le parti.47
Non si sono conservate le lettere con l’annuncio della legazione del 1218-
1219 – un motivo che sembra corroborare l’ipotesi che si trattasse di un’unica
legazione, iniziata nel 1217 e terminata nel 1219 –, mentre sia il registro vati-
cano sia il registro della legazione di Ugo d’Ostia tramandano la lettera con
la quale Onorio III il 14 marzo 1221 annunziava ai patriarchi di Aquileia
e di Grado, agli arcivescovi di Milano, Ravenna, Genova e Pisa, ai vescovi
e a tutti gli ecclesiastici della Lombardia, della Marca, della Romandiola e
della Tuscia l’invio di Ugo e i principali compiti a lui affidati: evangelizzare
le popolazioni con il verbum crucis, sostenere la giustizia e orientare gli animi
estirpando i vizi e piantando le virtù; a questo proposito, ovviamente, le doti
del legato più enfatizzate erano la facondia e l’eloquenza, capace di muovere
le menti degli ascoltatori.48 Il tono di questa lettera è ancor più elogiativo
delle precedenti a riguardo delle capacità e delle competenze del cardinale
d’Ostia, presentato come esempio luminoso di virtù a sostegno della Chiesa
e additato come il più stretto e valido collaboratore del papa, alla cui vici-
nanza Onorio III rinunciava solo in vista dell’organizzazione del negotium
Christi.49 In particolare nella lettera si dava molto risalto, tornando ancora
profecto sunt pectore, velut in firmamento luminaria duo magna (...), doctrina videlicet novi
et veteris Testamenti, qua spiritualibus spiritualia cooperando, dies quasi luce solis illustrat,
et minoribus lac praebendo potum, non escam, noctes illuminat quasi luna’; Brem, Papst
Gregor IX, p. 27.
47
Maleczek, Das friedenstiftende Papsttum, p. 307; la politica del papato nei confronti della
Sardegna all’inizio del XIII secolo è efficacemente ricostruita da Mauro G. Sanna, Papato
e Sardegna durante il pontificato di Onorio III (1216-1227), Aonia Edizioni, Raleigh (NC,
USA), 2012; alle pp. XXXIV-L l’esame dei compiti affidati da Onorio III al cardinale Ugo
nelle delicate trattative tra Genova e Pisa: il volume è attualmente disponibile all’url: http://
www.academia.edu/3112435/Papato_e_Sardegna_durante_il_pontificato_di_Onorio_
III_1216-1227_Raleigh_2012; ora anche in formato cartaceo: Onorio III e la Sardegna
(1216-1227), Cagliari, CUEC Editrice, 2013 (Testi e documenti).
48
Levi, Registri, pp. 138-140, n. CXI, dove la data del 4 marzo va corretta in 14 marzo
(Potthast R, n. 6589; Regesta Honorii, 3178): ‘ut fungens plene legationis officio, pro Christo
evangelizet populis verbum crucis, et alias recta regere ac indirecta dirigere satagens, aspera
convertat in plana, extirpando vitia et plantando virtutes’ (p. 139).
49
Levi, Registri, pp. 138-139: ‘unde, cum inter alias occupationes et sollicitudines innumeras
et immensas, quibus angimur ultra vires, hoc instantius cogitemus qualiter succurratur exercitui
christiano feliciter in partibus transmarinis Domino militanti, qui etsi iugiter convalescat
300 Maria Pia Alberzoni
sul paragone della stella luminosa – e Ugo era la più luminosa delle stelle –,
alla capacità oratoria del legato, che doveva essere accolto come fosse il papa
stesso.50 Il pontefice, infatti, come egli stesso dichiarava, era troppo occupato
da numerose questioni e pertanto rinunciava a rinnovare gli inviti a pren-
dere la croce, le promesse della ricompensa eterna e della difesa dei beni dei
crociati, delegando evidentemente alla predicazione del legato il compito di
riproporre i temi oramai consueti. Se infatti l’arenga di questa lettera si pre
senta realmente come una Primatarenga, con richiami alla necessità del papa
di condividere con il legato la plenitudo potestatis ‘in partem sollicitudinis’, è
al tempo stesso enfatizzata la facondia di Ugo che, con pregnante immagine,
sarà in grado di ‘fecondare le menti degli uditori’.51 Il medesimo tema era
contra inimicos nominis christiani, tanto magis tamen succursu indiget pleniori, quanto latius
inimicorum occupans terras, necesse habet occupationis probos deputare custodes, talem
ad comonefaciendum super hoc christifideles oportuit nos eligere, qui zelum Dei habens
secundum scientiam non minus merito sanctitatis et operum exemplari, quam virtute vocis
ad obsequendum Domino populum efficaciter excitaret; et ecce a dextris est nobis vir dextere
venerabilis frater noster .. episcopus Hostiensis qui dextera divina tamquam cedrus Libani
prelatus in Ecclesie paradiso, altitudine contemplationis erectus, virtutum odore suavis,
fame sinceritate penitus imputribilis, non solum sua fortitudine ad sustentationem domus
Domini operatur, verum etiam honestatis candore ipsius superficiem convenustat. Sed licet
ipsius presentia cara nobis valde careremus inviti, utpote cuius consilio et auxilio plurimum
indigimus, ne tamen tantum Christi negotium nostris postponere commodis videamur, eum
ad hoc providimus deputatum’.
50
Levi, Registri, p. 139: ‘firmam spem fiduciamque tenentes quod Dominus, qui ei linguam
contulit eruditam, dans voci eius vocem virtutis sue, in beneplacito suo diriget vias eius, ipsius
facundia mentes audientium fecundando. Ceterum etsi, eius exemplo cuius immeriti vicem
gerimus, quod uni ex minimis nostris fit, nobis fieri reputemus, quia tamen sicut stella differt
a stella in claritate (cfr. 1 Cor 15, 41), ita inter eos est distinctio meritorum, nos cupientes
predictum episcopum eo propensius honorari, quo per eum sedes apostolica sublimius
honoratur, (...) mandamus, quatinus eundem legatum vel potius nos in ipso recipientes ilariter
et devote ac debita veneratione tractantes, eidem in omnibus et per omnia studeatis efficaciter
obedire’.
51
Levi, Registri, p. 139: ‘ipsius facundia mentes audientium fecundando’; quanto all’arenga,
si veda, ibid., p. 138: Cum is qui secundum sue omnipotentiam maiestatis nec loco potest
nec tempore comprehendi (...) et celorum altitudine inclinata carnem assumens humanam
pro eo quod delicie sue sunt esse cum filiis hominum, discipulos quos elegerat in mundum
destinavit universum ut omni predicarent evangelium creature, suo nobis instruxit exemplo,
ut eis sequentes vestigia, cum assumpti simus in plenitudine potestatis nec per nos ipsos
possimus singulis negotiis imminere, inter eos quos in partem sollicitudinis evocavimus,
onera (...) dividamus»; sull’uso di queste arenghe, soprattutto in occasione della nomina
di legati, si veda Kenneth Pennington, Pope and Bishops. The Papal Monarchy in the
Twelfth and Thirteenth Centuries, Philadelphia (PA), University of Pennsylvania Press,
Le legazioni di Ugo d’Ostia 301
1984 (Middle Ages series), pp. 45-58; Wilhelm Imkamp, Das Kirchenbild Innocenz’ III.
(1198-1216), Stuttgart, A. Hiersemann, 1983 (Päpste und Papsttum, 22), pp. 278-289, dove
opportunamente vengono riviste criticamente le linee guida individuate da Klaus Schatz,
Papsttum und partikularkirchlicher Gewalt bei Innocenz III. (1198-1216), in «Archivum
historiae pontificiae», VIII (1970), pp. 61-111.
52
Thouzellier, La légation en Lombardie, pp. 518-519; Levi, Registri, p. 136-137, n.
CIX: ‘In caritate siquidem radicatus, palmites sacre doctrine longe lateque diffundens, flores
et fructus parturis honestatis; indeque fit, ut multos currentes in odorem unguentorum
tuorum, tue salubri applicans voluntati, ad pacem revocas discordantes, et odientes se in
gratiam reducis amoris, aliasque tua fecunda facundia plurimos erudiens ad salutem, convertis
ad Dominum peccatores’.
53
Levi, Registri, pp. 150-152, n. CXXII (un’edizione anche in Jean-Louis-Alphonse
Huillard-Bréholles, Historia diplomatica Friderici II, 7 voll., Paris, H. Plon, 1852-1861,
II/1 [1852], pp. 124-126 e in ed. Georgius Heinricus Pertz, MGH. L 2 [1837], pp. 246-247):
‘Fredericus Dei gratia Romanorum imperator semper augustus et rex Sicilie, carissimo in
Christo patri et amico suo H[ugoni] eadem gratia Ostiensi espiscopo, apostolice sedis legato,
salutem et sincere devotionis affectum. Iocunde fame felicitas et felicis rumoris iocunditas que,
dilecto fideli nostro .. Regino episcopo referente (...) patrem nostrum H[onorium] summum
pontificem vos promotioni negotii crucis Christi (...) deputasse vobis per Lombardiam et
Tusciam concesso plene legationis officio propter hoc (...) feliciter promovendum’; Brem,
Papst Gregor IX., pp. 37-42 esamina i rapporti tra il legato e Federico II fino alla incoronazione
imperiale; su Niccolò Maltraversi è ora disponibile la scarna biografia di Elisabetta
Marchetti, in DBI, LXVIII (2007), pp. 282-285, s.v. Maltraversi, Niccolò.
302 Maria Pia Alberzoni
54
Levi, Registri, p. 151: ‘Gaudemus et nos, quia vir fama integer, religione perspicuus,
vita purus, facundia eloquentissimus et claris virtutum et scientie titulis circumspectus, ad
animandum eos, in quos exprobrantium nomen Christi obpropria ceciderunt, tam utiliter
quam efficaciter destinatur, ut secularibus desideriis abnegatis, vexillum salutifere crucis
assumant, ipsum toto mentis desiderio requirentes’.
55
Levi, Registri, p. 151: ‘Gaudere debet et totus populus christianus, quia terra, quam
Christus nostra salus proprio sanguine dedicavit, a longo tempore horrendis Agarenorum
spurcitiis, non sua potentia, sed nostris peccatis exigentibus, conculcata, ipsis ab hereditate
Domini brachio virtutis divine reiectis, ad verum et ineffabilem Christi cultum per vestrum
ministerium reducetur’.
56
Levi, Registri, p. 151: ‘tamen sicut stelle in firmamento a se invicem differentius lumen
habent, et alia magis, alia minus lucet (1Cor 15, 41), sic, salva reverentia aliorum, firmam
spem gerimus et indubitatam dante Domino fidutiam obtinemus, quod pre cunctis qui huic
essent ministerio deputati, vestrum verbum, igne caritatis accensum, gratum fructum afferet
nomini sancto Dei et toti populo Christi caractere insignito’; si veda Capitani, Gregorio IX,
papa, pp. 167-168.
57
Levi, Registri, pp. 151-152: ‘Ut igitur efficacius et expeditius possitis hoc tam pium et
salubre negotium promovere, vobis imperialis celsitudinis auctoritate plenam concedimus
potestatem, ut omnes illos, qui per terram vestre legationis sunt suppositi nostro banno,
dum tamen plene super hoc vestris curaverint obedire mandatis, in favorem predicti negotii,
quod magis humeris nostre maiestatis incumbit et ardentius quam aliquid aliud cupimus
promovere, ab ipso banno, cum expedire videritis, absolvere valeatis’; vedi sopra, nt. 33 e testo
corrispondente.
Le legazioni di Ugo d’Ostia 303
58
Brem, Papst Gregor IX., p. 38.
59
MGH. L 2 (1837), pp. 246-247; in entrambe le lettere era infatti presente la
raccomandazione a seguire le indicazioni del cardinale legato, al quale Federico ribadiva la sua
amicizia e la piena fiducia: ‘Super hoc autem plene credatis et efficaciter impleatis quecumque
vobis ex parte nostra karissimus in Christo pater Hugo[linus] Hostiensis et Velletrensis
episcopus apostolice sedis legatus duxerit proponenda, quem speciali diligentes affectu, ut
personam nostram ab omnibus volumus et precipimus honorari’.
60
MGH. L 2 (1837), p. 247: ‘In eundem modum scriptum est omnibus civitatibus
Lombardie et Tuscie’.
61
Circa la formazione parigina del cardinale Ugo, oltre a Maleczek, Papst und
Kardinalskolleg, p. 128, si veda Id., Pietro Capuano, pp. 35-52 (la ricostruzione dell’ambiente
parigino negli ultimi anni del XII secolo); rimane fondamentale per la descrizione della cerchia
di Pietro Cantore John Wesley Baldwin, Masters, princes and Merchants. The Social Views
of Peter the Chanter and His Circle, 2 voll., Princeton (NJ), University Press, 1970, I, pp. 17-46
e 134-147, con le relative note, riportate nel vol. II; Philippe Buc, Vox clamantis in deserto?
Pierre le Chantre et la prédication laïque, in «Revue Mabillon», LXV (1993), pp. 5-47;
Nicole Bériou, L’avènement des maîtres de la Parole. La prédication à Paris au XIIIe siècle,
2 voll., Paris, Institut d’Études Augustiniennes, 1998 (Collection des Études Augustiniennes.
Série Moyen Âge et Temps Modernes, 31), I, in partic. pp. 30-70; si veda ora Grasso, Ars
predicandi e crociata, pp. 143-147, che sottolinea l’ampio coinvolgimento come legati papali e
predicatori della crociata di ecclesiastici formati nella scuola di Pietro Cantore, in particolare
di Roberto di Courson, Stefano Langton, Giacomo di Vitry e Folco di Neuilly.
304 Maria Pia Alberzoni
intervenire nel mondo dei comuni, dove il legato avrebbe dovuto promuo-
vere la pacificazione in vista della crociata e dove si era da tempo avvezzi a
governare soprattutto con la parola, così da aver sviluppato un’oratoria poli-
tica che proprio all’inizio del XIII secolo aveva raggiunto un notevole grado
di maturazione.62
Merita ancora un breve cenno la terminologia utilizzata negli scritti di
Onorio III e di Federico II per indicare quella che noi, con termine di sintesi
chiamiamo crociata. Basta qui appena accennare che il punto di riferimento
è certamente la costituzione 71 del lateranense IV.63 Mentre nella lettera
62
Fondamentale punto di riferimento sono gli studi di Peter von Moos, Die italienische
ars arengandi des 13. Jahrhunderts als Schule der Kommunikation, in Id., Rhetorik,
Kommunikation und Medialität. Gesammelte Studien zum Mittelalter. Band II, ed. Gert
Melville, Münster, LIT, 2006 (Geschichte. Forschung und Wissenschaft, 15), pp. 127-152
(versione rielaborata e aggiornata di un articolo apparso nel 1993) e di Enrico Artifoni,
I podestà professionali e la fondazione retorica della politica comunale, in «Quaderni storici»,
LXIII (1986), pp. 687-719; Id., Sull’eloquenza politica nel Duecento italiano, in «Quaderni
medievali», XXXV (1993), pp. 57-78; Id., Gli uomini dell’assemblea. L’oratoria civile, i
concionatori e i predicatori nella società comunale, in La predicazione dei frati dalla metà del
‘200 alla fine del ‘300, Spoleto, CISAM, 1995 (Atti dei Convegni della Società internazionale
di studi francescani e del Centro interuniversitario di studi francescani, 22. Nuova serie, 5),
pp. 143-188; Id., Orfeo concionatore. Un passo di Tommaso d’Aquino e l’eloquenza politica nelle
città italiane nel secolo XIII, in La musica nel pensiero medievale, ed. Letterio Mauro, Ravenna,
Longo, 2001 (Le tessere, 3), pp. 137-149; Id., Una forma declamatoria di eloquenza politica
nelle città comunali (sec. XIII): la concione, in «Papers on Rhetoric», VIII (2007), pp. 1-27;
Id., L’oratoria politica comunale e i ‘laici rudes et modice literati’, in Zwischen Pragmatik
und Performanz. Dimensionen mittelalterlicher Schriftkultur, edd. Christoph Dartmann,
Thomas Scharff, Christoph Friedrich Weber, Turnhout, Brepols, 2011 (Utrecht studies
in medieval literacy, 18), pp. 237-262; Maria Pia Alberzoni, Mendikantenpredigt und
Stadt in Oberitalien in der ersten Hälfte des 13. Jahrhunderts: Die Entstehung eines Modells,
in Kommunikation in mittelalterlichen Städten, ed. Jörg Oberste, Regensburg, Schnell
& Steiner, 2007 (Forum Mittelalter. Studien, 3), pp. 99-117; si vedano ora Cum verbis ut
Italici solent ornatissimis. Funktionen der Beredsamkeit im kommunalen Italien. Funzioni
dell’eloquenza nell’Italia comunale, ed. Florian Hartmann, Göttingen, V&R unipress, 2011
(Super alta perennis, 9) e Florian Hartmann, Schrifsteller und verbale Kommunikation in
den italienischen Stadtkommunen des 11. bis 13. Jahrhunderts, Ostfildern, Thorbecke, 2013
(Mittelalter-Forschung, 44).
63
Constitutiones Concilii quarti Lateranensis, pp. 110-118, dove si trovano: negotium Iesu
Christi (p. 111), subsidium Terre Sancte (pp. 115-116) e crucis/crucifixi negotium (pp. 116-
117). Qualche cenno ai problemi terminologici in Franco Cardini, La crociata, in La
Storia. I grandi problemi dal Medioevo all’Età Contemporanea, edd. Nicola Tranfaglia,
Massimo Firpo, Milano, Garzanti, 1993, II/2, pp. 395-426; il contributo di Innocenzo III
alla rifondazione del linguaggio crociato è messo in luce da Marco Meschini, ‘Pro negotio
Le legazioni di Ugo d’Ostia 305
con l’annuncio della legazione del 1217 Onorio III parlava di negotium Terre
Sancte, rifacendosi dichiaratamente all’incipit della sopra ricordata costitu-
zione (Ad liberandam Terram Sanctam), nelle epistole successive l’accento
sembrava spostarsi piuttosto sulle questioni organizzative dell’impresa, defi-
nita passagium, mentre con subsidium Terre Sancte si indicavano gli aiuti
materiali, soprattutto uomini e denaro; il compito spirituale del legato era
invece meglio definito come predicatio crucis.64 Un’accezione più ampia, che
comprendeva sia l’aspetto materiale relativo alla raccolta dei fondi e degli
armati da inviare in Terra Santa sia l’impegno più propriamente spirituale,
vale a dire la predicazione e l’invito alla conversione del popolo cristiano,
era invece adombrata nell’espressione Christi negotium, usata per esempio da
Onorio III nella lettera con l’annuncio della legazione di Ugo (14 marzo
1221),65 come pure con crucis negotium, presente sia nei documenti papali
sia nella lettera gratulatoria indirizzata da Federico II al legato.66 Nel corso
del 1221, in relazione al palesarsi dell’insuccesso militare dell’esercito cro-
ciato, alle sempre più numerose defezioni e, soprattutto, all’ennesimo rinvio
della partenza da parte di Federico II, l’accento fu posto nuovamente sulla
necessità di recuperare o liberare la Terra Santa, così che il negotium Christi o
negotium crucis divenne il negotium Terre Sancte. Ciò non fece peraltro spa-
rire la forma subsidium Terre Sancte, che continuò a essere usata con chiaro
riferimento a tutto quanto concerneva gli aiuti militari ed economici.67
crucesignatorum’: Innocenzo III e il sostegno della guerra santa, in Regards croisés sur la guerre
sainte. Guerre, religion et idéologie dans l’espace méditerranéen latin (XIe-XIIIe siècle). Actes du
Colloque international tenu à la Casa de Velázquez (Madrid) du 11 au 13 avril 2005, edd.
Daniel Baloup, Philippe Josserand, Toulouse, CNRS, Université de Toulouse-Le Mirail,
2006, pp. 159-185.
64
Epistolae saeculi XIII, pp. 88-91, n. 124 (1220 luglio 24; Potthast R, n. 6310; Regesta
Honorii, 2574), indirizzata al cardinale legato Pelagio di Albano, ma con riferimento alla
missione di Ugo d’Ostia (p. 91): ‘Item episcopo Ostiensi, quando ipsum in Lombardiam pro
predicatione crucis transmisimus, dedimus centum marcas sterlingorum pro expensis’; sulla
crescente importanza della predicazione e, quindi, della figura dei predicatori anche rispetto
ai legati, si veda il contributo di Christian Grasso in questo volume.
65
Levi, Registri, p. 139; vedi anche Epistolae saeculi XIII, p. 112, n. 159 (1221 gennaio 2;
Potthast R, --; Regesta Honorii, n. 2940), indirizzata al cardinale legato Pelagio di Albano.
66
Epistolae saeculi XIII, p. 92, n. 126 (1220 luglio 28; Potthast R, n. 6311; Regesta Honorii,
2580), indirizzata a Corrado di Magonza; la lettera di Federico II è in Levi, Registri, p. 151, n.
CXXII.
67
Epistolae saeculi XIII, p. 122, n. 176 (1221 giugno 20; Potthast R, --; Regesta Honorii,
3478) indirizzata al cardinale Pelagio di Albano): ‘Absit, ut Terre Sancte negotium cursu
non dirigatur optato’, e p. 124, n. 177 (1221 luglio 20; Potthast R, n. 6699; Regesta Honorii,
306 Maria Pia Alberzoni
3504) all’imperatore Federico II: ‘Cum autem ex te maxime pendeat negotium Terre Sancte’;
per quanto riguarda il termine subsidium, non è qui possibile dar conto delle numerose
occorrenze; circa l’andamento di quella crociata, basti qui rinviare a Cardini, La crociata e
le crociate, pp. 335-338.
68
Bernardus Claraevallensis, Lettere, t. II, p. 432: ‘Sermo mihi ad vos de negotio
Christi, in quo est utique salus nostra’; si veda Leclercq, Pour l’histoire de l’encyclique,
p. 251: ‘Dès cette entrée en matière, le vocabulaire est juridique – negotium, auctoritas,
causa – en même temps que théologique : le mot-clef est salus’; Meschini, «Pro negotio
crucesignatorum», p. 162 parla di una progressiva ‘bernardinizzazione’ del lessico crociato di
Innocenzo III.
69
Qualche esempio: Epistolae saeculi XIII, pp. 90-91, n. 124 (Potthast R, n. 6310; Regesta
Honorii, 2574); p. 105, n. 148 (Potthast R, --; Regesta Honorii, 2800); p. 112, n. 159 (Potthast
R, --; Regesta Honorii, 2940); p. 118, n. 167 (Potthast R, --; Regesta Honorii, 3173); p. 122,
n. 175 (Potthast R, n. 6682; Regesta Honorii, 3462); p. 123 (riga 33), n. 176 (Potthast R,
--; Regesta Honorii, 2574); p. 125, n. 178 (Potthast R, n. 6703; Regesta Honorii, 3519); in
particolare per il cardinale Ugo: ibidem, p. 91, n. 124 (Potthast R, n. 6310; Regesta Honorii,
2574); p. 123, n. 176 (riga 12; Potthast R, --; Regesta Honorii, 3478); oltre agli esempi ricordati
sopra, alle note 64-67, si veda Levi, Registri, pp. 19-24, nn. XVII-XXVII; pp. 121-123, n.
XCVIII; p. 140, n. CXIII (Potthast R, --; Regesta Honorii, --); p. 152, n. CXXIII (Potthast
R, --; Regesta Honorii, --); sull’impegno del cardinale Pelagio nelle operazioni dell’esercito
crociato, oltre a Maleczek, Papst und Kardinalskolleg, pp. 166-169, si veda il contributo di
Christian Grasso in questo volume.
Le legazioni di Ugo d’Ostia 307
70
Levi, Registri, p. 13, n. X; Thouzellier, La légation en Lombardie, pp. 514-519 segnala
le difficoltà di carattere economico, come elemento dominante della fase centrale della
legazione di Ugo.
71
Jessalynn Bird, The Religious’s Role in a Post-Fourth-Lateran World: Jacques de Vitry’s
Sermones ad status and Historia Occidentalis, in Medieval Monastic Preaching, ed. Carolyn A.
Muessig, Leiden-Boston-Köln, Brill, 1998 (Brill’s studies in intellectual history, 90), pp. 209-
229; i temi della predicazione di Enrico di Albano sono esaminati da Congar, Henri de
Marcy, pp. 35-38 (contro gli Albigesi) e pp. 45-54 (per la III crociata); per quanto riguarda la
formazione degli ecclesiastici, agli studi ricordati sopra, alla nt. 61, si può aggiungere Werner
Maleczek, Das Papsttum und die Anfänge der Universität im Mittelalter, in «Römische
historische Mitteilungen», XXVII (1985), pp. 85-143 e Id., Zwischen lokaler Verankerung,
pp. 102-129.
72
Maleczek, Pietro Capuano, pp. 73-76; Reg. Inn. III., I/1, pp. 498-505, n. 336 (Potthast
R, n. 347) e p. 597, n. 398 (1198 novembre 5; Potthast R, n. 408) la lettera a Folco di Neuilly
con l’invito a seguire le indicazioni del legato Pietro Capuano e a cercare collaboratori
per predicare ‘in succursu Ierosolimitane provincie’; John Frederik Hinnebusch,
The Historia Occidentalis of Jacques de Vitry. A Critical Edition, Fribourg, The University
Press Fribourg Switzerland, 1972 (Spicilegium Friburgense, 17), pp. 94-101; Christian
Grasso, Folco di Neuilly sacerdos et praedicator crucis, in «Nuova Rivista Storica», XCIV
(2010), pp. 741-764; all’iniziativa di individuare predicatori efficaci per la crociata si collega
anche l’incarico di predicare la crociata affidato a Gioacchino da Fiore: Reg. Inn. III., I/1,
308 Maria Pia Alberzoni
pp. 512-514, nn. 343-344 (30 agosto 1198; Potthast R, n. 359), per la quale rinvio a Gian
Luca Potestà, Il tempo dell’Apocalisse. Vita di Gioacchino da Fiore, Roma-Bari, Laterza,
2004 (Collezione storica), pp. 355-356, che opportunamente sottolinea il ruolo svolto in
questo campo più che da Gioacchino da Luca, abate della Sambucina; sulla missione affidata
a Gioacchino si veda ora il saggio di Marco Rainini in questo volume.
73
Hinnebusch, The Historia Occidentalis, p. 96: ‘Publice etiam meretrices, capillos
scindentes, consuetam turpitudinem abnegabant’ e pp. 99-100: ‘Omnes autem fere publice
meretrices ad quemcumque locum athleta Christi ueniebat, relictis lupanaribus, ad ipsum
confluebant, quas ipse ex magna parte nuptui tradebat, alias autem in domibus religionis ut
regulariter uiuerent includebat. Et propter hoc extra ciuitatem parisiensem, non longe ab ea,
monasterium sancti Antonii cysterciensis ordinis, ut in eo reciperentur huiusmodi mulieres,
ab initio fuit institutum’; si veda ora il valido contributo di Guido Cariboni, Una prostituta
in famiglia. Uno spazio di redenzione per le pubbliche meretrici a cavallo tra XI e XII secolo, in
«Rivista di storia del cristianesimo», VII (2010), pp. 391-405.
74
Sono le conclusioni cui giunge Christian Grasso nel suo saggio in questo volume.
Le legazioni di Ugo d’Ostia 309
Dei.75 Contro la communis opinio che i predicatori incaricati dal papa avreb-
bero dovuto impegnarsi contro gli eretici, Simon Tugwell ha giustamente
ipotizzato che l’idea di creare un pool di esperti idonei a condurre una cam-
pagna di predicazione sia piuttosto da attribuire alla volontà del cardinale
Ugo, che in questo modo desiderava preparare la via alla sua prossima lega-
zione.76 L’ispirazione per tale iniziativa dovette venire nel corso dei collo-
qui con Domenico, nel maggio del 1220 presente presso la curia papale a
Viterbo, così da consentire al cardinale di disporre di uomini idonei che, al
seguito di Domenico, entro la primavera del 1221 fossero in grado di invi-
tare alla penitenza e preparare gli animi a obbedire alle direttive del legato.
Il progetto non poté però essere realizzato, anche se Domenico nel giugno
successivo, forse con alcuni degli ecclesiastici indicati nella lettera, raggiunse
Milano; ma poi, a causa di una malattia oppure per le difficoltà insite nell’ac-
cordare tra loro uomini di provenienze tanto diverse, la prevista campagna
non poté avere esiti significativi, almeno a giudicare dal silenzio in merito
delle fonti.77 Si tratterebbe di un’iniziativa forse ispirata a quella promossa da
Innocenzo III nel 1198, quando inviò Pietro Capuano nel regno di Francia
e al tempo stesso chiese a Folco di Neuilly di intraprendere in accordo con il
legato una campagna di predicazione.78
Il progetto stava molto a cuore a Onorio III, che lo riprese con decisione
proprio a ridosso della partenza del cardinale Ugo per la legazione, come
suggeriscono le lettere che il 25 marzo 1221 furono inviate agli arcivescovi
e ai vescovi dell’intera cristianità perché nelle rispettive diocesi individuas-
sero tra i regolari, soprattutto tra i Cisterciensi, religiosi di virtù e di dottrina
provata e li inviassero alla curia papale entro la prossima festa di s. Martino
75
Simon Tugwell, Notes on the Life of St Dominic, in «Archivum Fratrum Praedicatorum»,
LXVI (1996), pp. 33-46; alle pp. 169-173 una nuova edizione della lettera Quia qui seminat
di Onorio III; la lettera (Potthast R, n. 6249; Regesta Honorii, 2432) era già stata pubblicata
in Monumenta diplomatica S. Dominici, ed. Vladimír J. Koudelka, Roma, apud Institutum
historicum Fratrum Praedicatorum, 1966 (Monumenta Ordinis Fratrum Praedicatorum
Historica, 25), pp. 124-125, n. 123; la lettera è indirizzata a Roberto di S. Vittore (Bologna),
Vincenzo de Sillia, Castorgio de Mansu, Giuseppe di Fiore, Giacomo di Vallombrosa e
Doningo de Aquilari; a p. 38 Tugwell fornisce essenziali indicazioni su Roberto di S. Vittore
e su Giuseppe di Fiore; su quest’ultimo monaco si veda ora Valeria De Fraja, Usi politici
della profezia gioachimita, in «Annali dell’Istituto storico italo-germanico di Trento», XXV
(1999), pp. 375-400.
76
Tugwell, Notes on the Life, pp. 45-46.
77
Si veda la cronologia proposta in Tugwell, Notes on the Life, pp. 152-153.
78
Vedi sopra, note 72-75 e testo corrispondente.
310 Maria Pia Alberzoni
(11 novembre), perché potessero essere istruiti in vista di una vasta campa-
gna di predicazione ad gentes.79 In questa sede interessa sottolineare quanto il
papato si sia reso conto dell’importanza della predicazione come strumento
per raggiungere le popolazioni e diffondere l’invito alla crociata: era dive-
nuto più che mai necessario poter disporre di specialisti in tale campo, consi-
derati indispensabili per toccare l’animo dei fedeli e indurre le popolazioni
alla penitenza e alla pacificazione.
L’attività di legato del cardinale d’Ostia e la sua esperienza nelle legazioni
degli anni 1217-1219 furono importanti nel consolidare questo nuovo orien-
tamento e, quindi, nel sollecitare la sede apostolica ad assumersi il compito
di formare chierici esperti nella predicazione al servizio delle necessità che si
andavano profilando. Come ancora Simon Tugwell osserva, la campagna di
predicazione in Lombardia, al cui progetto si lega la lettera Quia qui seminat
del maggio 1220, poté avere attuazione solo nel 1233 con la campagna di
pacificazione nota come Alleluia, promossa proprio dai seguaci di Domenico
e di Francesco.80
Né il registro né altre fonti coeve offrono notizie in merito alla predi-
cazione del verbum crucis da parte del legato, predicazione che pure, sulla
base soprattutto della documentazione papale, ha qualche riscontro, giacché
le sopra ricordate lettere di Onorio III sottolineano con enfasi i frutti della
facondia del cardinale d’Ostia, fino a indicare la sua missione come opus
evangeliste.81 Un motivo consente di dare maggiore consistenza all’ipotesi di
una predicazione vera e propria in favore della crociata da parte del legato.
79
Città del Vaticano, Archivio Segreto Vaticano, Reg. Vat. 11, f. 100v, n. 501 (1221
marzo 25; Potthast R, n. 6599; Regesta Honorii, n. 3209).
80
Tugwell, Notes on the Life, p. 44; per quanto riguarda l’Alleluia, basti qui rinviare a
Marco Rainini, Giovanni da Vicenza, Bologna e l’Ordine dei Predicatori, in L’origine
dell’Ordine dei Predicatori e l’Università di Bologna, ed. Giovanni Bertuzzi, Bologna,
Edizioni Studio Domenicano, 2006 (Domenicani), pp. 146-175 e, da ultimo, a Maria Pia
Alberzoni, I Mendicanti e la città, in Il vescovo, la chiesa e la città di Reggio in età comunale,
ed. Lorenzo Paolini, Bologna, Pàtron, 2012 (Ecclesia Regiensis. Quaderno, 3), pp. 155-182,
in partic. pp. 160-166.
81
Ciò si verifica soprattutto nelle lettere scritte nel 1221: si veda almeno Levi, Registri,
p. 134, n. CVII (1221 giugno 7; Potthast R, --; Regesta Honorii, --) e, soprattutto, pp. 136-
137, n. CIX (1221 settembre 3, Potthast R, --; Regesta Honorii, --): ‘In caritate siquidem
radicatus, palmites sacre doctrine longe lateque diffundens, flores et fructus parturis honestatis
(...), aliasque tua fecunda facundia plurimos erudiens ad salutem, convertis ad Dominum
peccatores, prout claret plenius ex effectu quam exprimi valeat per affatum. Nos igitur in
tuis laudibus gloriantes et gaudentes (...) fraternitatem tuam rogamus, monemus et hortamur
Le legazioni di Ugo d’Ostia 311
Mi riferisco al fatto che nel registro della legazione sia ricopiata per intero
la VI lettera di Giacomo di Vitry, nella quale è narrata la presa di Damietta
da parte dell’esercito crociato.82 Giacomo, che probabilmente era entrato in
contatto con Ugo fin dal tempo degli studi parigini, si era distinto come pre-
dicatore della crociata fin dal 1213 e, dopo l’ordinazione a vescovo di San
Giovanni d’Acri (Accon) vi si era trasferito, partecipando a tutte le vicende
della spedizione egiziana, fino alla primavera del 1220.83 Il fatto che Ugo
avesse fatto trascrivere nel registro della legazione quella lettera, significa
senza dubbio che egli intendeva usarla come materiale per la predicazione,
sia per invitare a prendere le armi e portare soccorso all’esercito crociato sia
per esortare alla penitenza e alla preghiera tutti i fedeli.84
attente, quatinus, sequens Altissimi gratiam, qui tecum est et prosperatur in omnibus viis tuis,
evangeliste opus feliciter opereris’.
82
Levi, Registri, p. 108 nt. 2; Lettres de Jacques de Vitry (1160/1170-1240) évêque de
Saint-Jean-d’Acre. Édition critique, ed. Robert Burchard Constantijn Huygens, Leiden, E.
J. Brill, 1960, pp. 123-133; sull’uso degli exempla nella predicazione basti rinviare a Peter
von Moos, Das exemplum und die exempla der Prediger, in Id., Rhetorik, Kommunikation
und Medialität, pp. 107-126; si veda inoltre Antonio Ivan Pini, Bologna e la Romagna
nella ‘Cronica sive Liber exemplorum ad usum praedicantium’ di Salimbene de Adam, in
Salimbeniana. Atti del Convegno per il VII Centenario di Fra Salimbene; Parma 1987-1989,
Bologna, Radio Tau, 1991, pp. 174-197, in partic. pp. 174-179.
83
Per la biografia e le opere di Giacomo di Vitry è utile rifarsi a Hinnebusch, The Historia
Occidentalis, pp. 3-15; si segnala, inoltre, Roger Aubert, in Dictionnaire d’histoire et
de géographie ecclésiastiques, XXVI (1997), coll. 771-772, s.v. Jacques de Vitry e, da ultimo,
l’introduzione di Jean Longère, Jacques de Vitry. La vie et les oeuvres, in Jacobus de
Vitriaco, «Histoire Occidentale». Historia Occidentalis (Tableau de l’Occident au XIIIe
siècle), Paris, Cerf, 1997 (Sagesses chrétiennes), pp. 7-49; utili indicazioni sulle campagne di
predicazione svolte da Giacomo in Occidente in Hiestand, Oliver Scholasticus, in partic.
pp. 16-29; i primi sermones indirizzati specificamente ai crociati risalgono proprio a Giacomo
di Vitry: Christoph T. Maier, Crusade, Propaganda and Ideology. Model Sermons for
the Preaching of the Cross, Cambridge, Cambridge University Press, 2000, in partic. pp. 4-9
e 82-127; si veda anche Jessalynn Bird, The Victorines, Peter the Chanter’s Circle, and
the Crusade: two Unpublished Crusading Appeals in Paris, Bibliothèque nationale, Ms Latin
14470, in «Medieval Sermones Studies», XLVIII (2004), pp. 5-28.
84
Huygens, Introduction, in Lettres de Jacques de Vitry, in partic. 1-55; circa l’uso di
utilizzare le notizie contenute nelle lettere inviate dai partecipanti all’impresa ai predicatori
della crociata, si veda Bird, The Victorines, Peter the Chanter’s Circle, pp. 12-14: ‘James of
Vitry’s letters on the progress of the Fifth crusade would have been of greatest interest and use
to the many Paris masters and prelates who participated in it by eventually travelling Outremer
or funding substitutes, by preaching te crusade and organizing the monthly porcessions and
masses meant to ensure divine favour and stockpile suffragia for the crusading indulgences
awarded (...), by refraining from vice and converting sinners’ (p. 12).
312 Maria Pia Alberzoni
85
Oltre ai numerosi atti di questo genere in Levi, Registri, passim, si veda Levi, Documenti
a illustrazione, pp. 296, n. III; pp. 306-309, n. VII; pp. 312-314, n. XI: documenti relativi a
pacificazioni o a interventi del legato nella vita comunale.
86
Johann Friedrich Böhmer, Acta Imperii selecta. Urkunden Deutscher Könige und
Kaiser 928-1398 mit einem Anhang von Reichssachen. Aus dem Nachlaß herausgegeben von
Julius Ficker, Innsbruck, Wagner, 1870 (Aalen, Scientia Verlag, 1967), pp. 647-649, n. 939;
su tale testo, oltre a Giancarlo Andenna, Episcopato cremonese, capitolo cattedrale, papato
e impero nel XIII secolo, in Cremona città imperiale, pp. 161-191, in partic. pp. 173-177, si
veda ora l’attenta e documentata analisi di Johannes Bernwieser, Non modo predicantis
sed quasi concionantis. Die Friedensrede Hugolinos von Ostia und Velletri in Cremona (1218)
und ihr politischer Kontext, in Rhetorik in Mittelalter und Renaissance. Konzepte - Praxis -
Diversität, edd. Georg Strack, Julia Knödler, München, Herbert Utz Verlag, 2011 (Münchner
Beiträge zur Geschichtswissenschaft), pp. 63-94.
Le legazioni di Ugo d’Ostia 313
87
Alcuni passaggi indicativi: Böhmer, Acta Imperii selecta, p. 648: ‘Verumtamen missus
sum primitus ad vos a domino apostolico, qui estis obedientes ecclesie et fidelissimi, et
sicuti hominibus, qui cum ecclesia romana et domino rege Frederico estis unum corpus,
et specialiter pro honore et statu domini Frederici, qui est prima planta ecclesie Romane,
ut facere debeatis nostra precepta de facto istius guerre, quam habetis pro ecclesia. Et deo
annuente vestri honores erunt ampliati et non minuti, quia pro ecclesia intrastis in guerram et
pericula recepistis. Et ideo ecclesia proposuit vos cum honore ecclesie Romane et domini regis
et civitatis Cremone de guerra extrahere’; l’esame completo dei diversi passi in Bernwieser,
Non modo predicantis, pp. 73-86.
88
Sono queste le linee interpretative proposte da Maleczek, Papst und Kardinalskolleg,
pp. 336-350; per quanto riguarda la presenza di cardinali lombardi presso la curia romana e le
loro missioni nella regione padana si veda Alberzoni, Gli interventi della Chiesa di Roma,
pp. 143-159.
89
Vedi sopra, note 2-6 e testo corrispondente.
314 Maria Pia Alberzoni
schieramenti e le loro relazioni con la Chiesa e con l’impero. Ugo, nella neces-
sità di ottenere in tempi relativamente brevi un successo per la sua missione,
scelse la via già percorsa dai sovrani Svevi e decise di appoggiarsi agli schiera-
menti presenti nella regione, in particolare a quello capeggiato da Cremona
che era anche in maggiore consonanza con le direttive romane.90 Non man-
carono peraltro occasioni nelle quali le autorità comunali di Milano dichia-
rarono tutta la loro devozione e l’affetto speciale per il legato, per la sede
apostolica e per l’impero, ma nel complesso il discorso politico di Ugo nei
suoi rapporti con i comuni padani dovette mantenere un certo margine di
ambiguità, come si rivelerà soprattutto nei suoi interventi a Piacenza, dichia-
ratamente di pacificazione ma in realtà scopertamente favorevoli ai milites.91
Ancora un motivo segna in qualche modo la novità delle legazioni di Ugo
nell’Italia centro-settentrionale, un motivo che ritengo sia da considerare in
stretto rapporto con l’organizzazione dell’impresa d’Oltremare.
Il legato, infatti, in quanto predicatore della crociata doveva esortare alla
riforma della Chiesa in tutte le sue espressioni. Ma mentre in precedenza
tale preoccupazione si traduceva soprattutto nell’invito alla conversione
dei costumi e del modo di intendere la milizia, ora, in conseguenza sia della
forte formazione giuridica del cardinale d’Ostia sia delle disposizioni accolte
nella costituzione 13 del IV concilio lateranense, tale impegno riformatore
90
Sulla politica di Federico I e di Enrico VI nell’Italia padana basti qui rinviare a Alfred
Haverkamp, Herrschaftsforme der Frühstaufer in Reichsitalien, 2 voll., Stuttgart, Hiersemann,
1970-1971 (Monographien zur Geschichte des Mittelalters, 1/I-II); Id., La Lega lombarda
sotto la guida di Milano (1175-1183), in La pace di Costanza 1183. Un difficile equilibrio di
poteri fra società italiana e impero, Bologna, Cappelli, 1984 (Studi e testi di storia medioevale,
8), pp. 159-177; Knut Görich, Der Herrscher als parteiischer Richter. Barbarossa in der
Lombardei, in «Frühmittelalterliche Studien», XXIX (1995), pp. 273-288; la consonanza
tra le scelte di Cremona e quelle della sede apostolica è ampiamente sottolineata dal legato nel
suo discorso a Cremona ed è attentamente esaminata da Hermes, Totius libertatis patrona,
pp. 50-56.
91
Si veda, per esempio, Levi, Registri, p. 19, n. XVII: il podestà di Milano promette di fornire
25 militi per la crociata, ‘ad honorem Dei omnipotentis et pro remissione peccatorum suorum
atque ob Sedis Apostolice et domini imperatoris reverenciam, devotione etiam et amore
spetiali, quam eidem domino legato exhibet civitas Mediolanensis’; circa la pacificazione tra
le parti di Piacenza, oltre alla minuziosa ricostruzione di Levi, Documenti, pp. 260-272, si
vedano ora Hermes, Totius libertatis patrona, pp. 50-61 (per i rapporti tra Milano e la curia,
con la mediazione del cardinale Ugo) e pp. 330 -341 (per quanto riguarda la situazione di
Piacenza) e Baietto, Il papa e le città, pp. 190-214.
Le legazioni di Ugo d’Ostia 315
92
I richiami a interpretare la militia Christi nel modo corretto sono presenti negli appelli
di san Bernardo, si veda, per tutti, ancora la lettera 363: ‘Cesset pristina illa non militia, sed
plane malitia, qua soletis invicem sternere, invicem perdere, ut ab invicem comsumamini’
(Bernardus Claraevallensis, Lettere, t. II, p. 434); il programma di regolarizzazione
delle diverse forme di vita religiosa è espresso con chiarezza nella forma vitae composta dal
cardinale Ugo, proprio durante la sua legazione, per i monasteri femminili da lui istituiti a
partire dal 1218 (la più recente edizione in Giovanni Boccali, La ‘Cum omnis vera religio’
del cardinale Ugolino. Forma vite primitiva per San Damiano ed altri monasteri (Bruxelles,
Bibliothèque Royale, Ms. IV. 63), in «Frate Francesco. Rivista di cultura francescana», LXXIV
(2008), pp. 435-477, in partic. p. 456: ‘Cum omnis vera religio et vite institutio approbata
certis constet regulis et mensuris, certis etiam constet legibus discipline; quisquis religiosam
ducere vitam cupit, nisi certam conversationis sue regulam disciplinamque vivendi observare
studuerit diligenter; eo ipso a rectitudine deviat’. Sugli sviluppi di tale istituzione regolare mi
limito qui a rinviare a Maria Pia Alberzoni, Papato e nuovi Ordini religiosi femminili, in
Il papato duecentesco e gli Ordini mendicanti, Spoleto, CISAM, 1998 (Atti dei Convegni della
Società internazionale di studi francescani e del Centro interuniversitario di studi francescani,
25. Nuova serie, 8), pp. 205-261; Ead., Curia romana e regolamentazione delle damianite e
delle domenicane, in Regulae – Consuetudines – Statuta. Studi sulle fonti normative degli
ordini religiosi nei secoli centrali del Medioevo. Atti del I e del II Seminario internazionale di
studio del Centro italo-tedesco di storia comparata degli ordini religiosi; Bari/Noci/Lecce, 26-
27 ottobre 2002 / Castiglione delle Stiviere, 23-24 maggio 2003, edd. Cristina Andenna, Gert
Melville, Münster, LIT, 2005 (Vita regularis; Abhandlungen, 25), pp. 501-537.
93
Buc, Vox clamantis in deserto?, pp. 10-24; indicativo l’incipit della Licet multitudini: ‘Licet
multitudini credentium debeat esse cor unum et anima una, cum secundum apostolum omnes
fideles sint unum corpus in Christo propter quod una dicitur esse columba, ecclesia tamen
non solum propter varietatem virtutum et operum, sed etiam propter diversitatem officiorum
et ordinum, dicitur ut castrorum acies ordinata, in qua videlicet diversi ordines militant
ordinatim’ (l’edizione in Maria Pia Alberzoni, Die Humiliaten zwischen Legende und
Wirklichkeit, in «Mitteilungen des Instituts für Österreichische Geschichtsforschung», CVII
[1999], pp. 324-353, in partic. 343-344); per il capitolo XXXIV della Historia Occidentalis,
si veda Hinnebusch, The Historia Occidentalis, pp. 165-166: ‘Non solum hos qui seculo
316 Maria Pia Alberzoni
renunciant et transeunt ad religionem regulares iudicamus, sed et omnes Christi fideles, sub
euangelica regula domino famulantes et ordinate sub uno summo et supremo abbate uiuentes,
possumus dicere regulares. Habent enim clerici et sacerdotes in seculo commorantes regulam
suam et proprias ordinis sui obseruantias et institutiones. Pari modo proprius est ordo
coniugatorum, alius autem uiduarum et alius uirginum. Sed et milites, mercatores et agricole
et artifices et alia hominum multiformia genera proprias et a se inuicem differentes habent
regulas et istitutiones secundum diuersa talentorum genera a domino sibi commendata’;
Michel Lauwers, Sub evangelica regula. Jacques de Vitry, témoin de l’‘évangélisme’ de
son temps, in Évangile et évangélisme (XIIe-XIIIe siècle), Toulouse, Privat, 1999 (Cahiers de
Fanjeaux, 34), pp. 171-197.
94
Alberzoni, Dalla domus del cardinale d’Ostia, pp. 86-91; Ead., Il papato e le comunità
religiose dell’Italia settentrionale, in Die Ordnung der Kommunikation und die Kommunikation
der Ordnungen. Zentralität, Papsttum und Orden im Europa des 12. und 13. Jahrhunderts,
edd. Cristina Andenna, Gordon Blennemann, Klaus Herbers, Gert Melville, Stuttgart,
Steiner-Verlag, 2013 (Aurora. Schriften der Villa Vigoni, 1/2), pp. 71-86.
95
Oltre alla bibliografia indicata sopra, alla nt. 92, si vedano almeno Maria Pia
Alberzoni, Chiara e il papato, Milano, Edizioni Biblioteca Francescana, 1995 (Aleph, 3)
e Cristina Andenna, Dalla Religio pauperum dominarum de Valle Spoliti all’Ordo
Sancti Damiani, in Die Bettelorden im Aufbau. Beiträge zu Institutionalisierungsprozessen im
mittelalterlichen Religiosentum, edd. Gert Melville, Jörg Oberste, Münster, LIT, 1999 (Vita
regularis. Abhandlungen, 11), pp. 447-456.
96
Vita Gregorii papae IX, in Le Liber censuum de l’Église romaine, 3 voll., edd. Louis
Duchesne, Paul Fabre, Paris, E. De Boccard, 1905-1952 (Bibliothèque des Écoles françaises
d’Athènes et de Rome; 2e série, 6), (III), pp. 18-36, in partic. p. 19: ‘Eas etiam que sue
predicationis studio divinitus inspirate parentibus dimissis et patria (...) post summi pontificii
solium colligebat ut filias, venerabatur ut matres, ipsarum indigentiam uberioribus auxiliis
prosecutus’; su questo importante testo è ancora necessario rifarsi a Jakob Marx, Die Vita
Le legazioni di Ugo d’Ostia 317
Gregorii IX. quellenkritisch untersucht, Berlin, Verlag von Speyer & Peters, 1880, si vedano le
utili indicazioni in Agostino Paravicini Bagliani, Il papato nel secolo XIII. Cent’anni
di bibliografia (1875-2009), Firenze, SISMEL – Edizioni del Galluzzo, 2010 (Millennio
medievale; Strumenti e studi. N.s., 23), p. 27.
97
Levi, Registri, pp. 153-154, n. CXXV; sull’importanza di tale documento per gli sviluppi
del monachesimo femminile, mi limito a segnalare Maria Pia Alberzoni, L’Ordine di S.
Damiano in Lombardia, in «Rivista di storia della Chiesa in Italia», XLIX (1995), pp. 1-42
ed Ead., Papato e nuovi Ordini, pp. 234-239.
98
Si veda l’arenga, veramente programmatica, dall’incipit Cum omnis vera religio,
parzialmente riportata sopra, alla nt. 92.
99
Non è senza interesse notare che la diffusione dei frati Predicatori e Minori nelle varie
regioni della cristinanità sia iniziata contemporaneamente agli anni delle legazioni di Ugo:
oltre a Luigi Pellegrini, I quadri e i tempi dell’espansione dell’Ordine, in Francesco d’Assisi
e il primo secolo di storia francescana, edd. Maria Pia Alberzoni, Attilio Bartoli Langeli,
Giovanna Casagrande et. al., Torino, Einaudi, 1997 (Biblioteca Einaudi, 1), pp. 165-201, in
partic. 173-175 e 182-185 e a Werner Maleczek, Franziskus, Innocenz III., Honorius III.
und die Anfänge des Minoritensordens. Ein neuer Versuch zu einem alten Problem, in Il papato
duecentesco, pp. 23-80, ora in traduzione italiana: Id., Francesco, Innocenzo III, Onorio III
e gli inizi dell’Ordine minoritico. Una nuova riflessione su una questione antica, in «Frate
Francesco. Rivista di cultura francescana», LXIX (2003), pp. 167-206, in partic. 194-202;
i documenti di Onorio III per i frati missionari nel regno del Marocco sono in Bullarium
Franciscanum Romanorum Pontificum constitutiones, epistolas, ac diplomata continens tribus
ordinibus Minorum, Clarissarum, et Poenitentium a seraphico patriarcha Sancto Francisco
318 Maria Pia Alberzoni
institutis concessa ab illorum exordio ad nostra usque tempora, ed. Joannes Hyacinthus Sbaralea,
4 voll., Santa Maria degli Angeli [Pg], Edizioni Porziuncola, 1983-1984 [Roma, Typis Sacrae
Congregationis de Propaganda Fide, 1759-1804], I (1983), pp. 24-26: 1225 ottobre 7 e 1226,
febbraio 20 e marzo 17 (Williell R. Thomson, Checklist of Papal Letters relating to the
Orders of St. Francis. Innocent III – Alexander IV, in «Archivum Franciscanum Historicum»,
LXIV [1971], pp. 367-589, nn. 30, 32 e 33).
100
Levi, Registri, pp. 4-6, n. II (1219 giugno 22): notevole la presenza di due frati, definiti de
regula Minorum, in un momento in cui i Minori non avevano ancora una regola; ibid., pp. 32-
33, n. XXXVI: l’assegnazione della chiesa (definita ‘in spiritualibus omnino collapsa dicitur
et in temporalibus quasi irreparabiliter diminuta’) di S. Pietro di Scheraggio (Firenze), accolta
da un frate I. a nome di frate Domenico; a Bologna durante la legazione del 1218 il cardinale
Ugo, assecondando forse una richiesta di Reginaldo d’Orléans, favorì il trasferimento dei
frati Predicatori dall’ospizio di S. Maria alla Mascarella alla chiesa di S. Niccolò delle Vigne
(Humbert Vicaire, Storia di san Domenico, Nuova edizione italiana a cura di Valerio
Ferrua o.p., Cinisello Balsamo, Edizioni Paoline, 1987, pp. 482-489, in partic. p. 485: ‘In
casi simili Reginaldo poteva fare affidamento su un potente strumento d’azione: l’amicizia di
Ugolino’); per quanto riguarda il tentativo di approfittare dell’assenza di Francesco dall’Italia
(1219-1220) per favorire l’insediamento stabile dei frati Minori a Bologna, rinvio a Thomas
de Celano, Vita secunda sancti Francisci, cap. XXVIII, in Fontes franciscani, edd. Enrico
Menestò, Stefano Brufani et al., Santa Maria degli Angeli – Assisi, Edizioni Porziuncola,
1995 (Medioevo francescano. Testi, 2), p. 497 che, oltre a offrire significativi indizi circa la
volontà del cardinale d’Ostia di procedere a una ‘normalizzazione’ dei frati Minori, offre
un’interessante testimonianza della sua predicazione.
101
Thomas de Celano, Vita secunda, p. 497: ‘dominus Hugo tunc Ostiensis episcopus et
in Lombardia legatus, domum praedictam publice praedicando suam esse proclamat’.
Le legazioni di Ugo d’Ostia 319
102
Cristina Andenna, Mortariensis Ecclesia. Una congregazione di canonici regolari in
Italia settentrionale tra XI e XII secolo, Berlin, LIT, 2007 (Vita regularis. Abhandlungen, 32),
pp. 186-210 e 540-549 (la documentazione); si veda anche Levi, Registri, pp. 24-25, n. XXIX.
103
Andenna, Mortariensis Ecclesia, pp. 324-329 (Tedaldo di Piacenza), pp. 313-317
(Oberto di Tortona), pp. 338-341 (Bonifacio di Novara e Bonifacio di Genova), pp. 210-
242 (Airaldo di Genova), pp. 329-331; su Alberto di Vercelli mi limito a rinviare al saggio di
Cristina Andenna in questo volume.
104
Su Tedaldo si veda ora Ivo Musajo Somma, La Chiesa piacentina nella prima età
comunale (1121-1219). Canonici, vescovi, papato, in Storia della diocesi di Piacenza, Brescia,
Editrice Morcelliana, 2009, II/2, pp. 57-93, in partic. pp. 72-77.
105
Maria Pia Alberzoni, I nuovi Ordini, il IV concilio lateranense e i Mendicanti, in
Domenico di Caleruega e la nascita dell’Ordine dei frati Predicatori, Spoleto, CISAM, 2005
(Atti dei Convegni del Centro italiano di studi sul Basso Medioevo – Accademia tudertina,
41. Nuova serie, 18), pp. 39-89 ed Ead., Il papato e le comunità religiose; si veda, inoltre,
l’interessante caso dei canonici della SS. Trinità di Campagnola, in diocesi di Reggio Emilia,
la cui chiesa fu consacrata dal cardinale Ugo, probabilmente nel 1218: in particolare frate
Palmerio svolse iportanti incarichi per conto del cardinale, Corrado Corradini, Chiesa
320 Maria Pia Alberzoni
e società a Reggio Emilia nella prima metà del secolo XIII: pace, lotte intestine e divisioni, in Il
vescovo, la Chiesa e la città di Reggio, ed. Paolini, pp. 127-154, in partic. pp. 134-144.
106
PL, CCXVI (1891), coll. 817-822 (1213 aprile 19-29; Potthast R, n. 4725): «Universis
Christi fidelibus per Maguntin. provinciam constitutis. Quia maior nunc instat»; PL, CCXVI
(1891), coll. 823-825 (1213 aprile 21; Potthast R, n. 4706): ‘Archiepiscopis, episcopis,
abbatibus, prioribus per Viennensem provinciam constitutis. Vineam Domini Sabaoth’.
107
Constitutiones Concilii quarti Lateranensis, pp. 111-112.
108
Su Niccolò Maltraversi, oltre alla nota biografica ricordata sopra alla nt. 53, si veda
Giorgio Cracco, Da comune di famiglia a città satellite (1183-1311), in Storia di Vicenza,
Vicenza, Neri Pozza, 1988, II, pp. 73-138, in partic. 74 e 89-91 e Id., Religione, Chiesa,
pietà, ibid., pp. 359-425, in partic. p. 397; merita almeno accennare che anche in seguito,
precisamnente nell’ottobre del 1224 Onorio III nominò il Maltraversi legato nel regno di
Tessalonica, per offrire sostegno a Guglielmo di Monferrato contro Teodoro Comneno:
Regesta Honorii, n. 5132.
Le legazioni di Ugo d’Ostia 321
109
Levi, Documenti, p. 244 (nel febbraio 1219 il cardinale Ugo era a Venezia, dove consacrò
la chiesa di S. Daniele profeta, il Levi annota: ‘certamente la sua andata nel Veneto si connette
con i preparativi della spedizione in Terra Santa, che per l’agosto preparavasi dai vescovi
di Brescia e di Reggio, presenti alla detta consacrazione, e da Enrico Settala arcivescovo di
Milano’), e vedi ibid., p. 307, n. VII (1218 novembre); pp. 247-248; 258-259 e Levi, Registri,
ad indicem; si veda inoltre Maccarrone, Orvieto e la predicazione della crociata, p. 93,
nt. 2; in assenza di studi specifici su tale fenomeno, è possibile mettere in luce l’impegno
crociato di questi vescovi solo in base alla ricostruzione delle rispettive biografie: Maria
Pia Alberzoni, in Dictionnaire d’histoire et de géographie ecclésiastiques, XXIII (1990),
coll. 1227-1230, s.v. Henri de Settala; ancor utile è Fedele Savio, Gli antichi vescovi d’Italia
dalle origini al 1300 descritti per regioni. La Lombardia. Parte II, Volume I. Bergamo, Brescia,
Como, Bergamo, Tipografia editrice S. Alessandro, 1929, pp. 241-250 e Id., Gli antichi vescovi
d’Italia dalle origini al 1300 descritti per regioni. La Lombardia. Parte II, Volume II. Cremona,
Lodi, Mantova, Pavia, Bergamo, Tipografia Editrice S. Alessandro, 1932, pp. 283-293; si
veda, inoltre, Cinzio Violante, La Chiesa bresciana dall’inizio del secolo XIII al dominio
veneto, in Storia di Brescia, 5 voll., Brescia, Morcelliana, 1963-1964, I (1963), pp. 1001-1124,
in partic. 1064-1078; su Enrico di Mantova: Giuseppe Gardoni, Vescovi-podestà nell’Italia
padana, Verona, Libreria Universitaria, 2008; su Ubaldo di Ravenna, Augusto Vasina, Le
crociate nel mondo emiliano-romagnolo, in «Atti e memorie della Deputazione di storia patria
per le province di Romagna», n.s. XXIII (1972), pp. 11-44, in partic. pp. 35-38, dove sono
ricordati i vescovi di Reggio Emilia e di Faenza.
110
Su Alberto di Vercelli, rinvio al saggio di Cristina Andenna in questo volume; allo stato
attuale delle conoscenze non è più possibile sostenere la presenza di Lotario da Cremona, tra
1205 e 1208 vescovo di Vercelli, quindi arcivescovo di Pisa fino al 1214, come successore di
Alberto sulla cattedra gerosolimitana; oltre a Giorgio Fedalto, La Chiesa latina in Oriente,
3 voll., Verona, Casa editrice Mazziana, 1973-1978 (Studi religiosi, 3/II), II (1976), p. 135
che indica come successore di Alberto, Radulfus, si veda ora Luca Loschiavo, in DBI,
LXVI (2007), pp. 179-181, s.v. Lotario da Cremona. Aggiungo ancora che, a fronte di una
consolidata tradizione storiografica attestante la sua successione ad Alberto a Gerusalemme,
una significativa conferma della sua estraneità alle vicende orientali è offerta dall’obituario
della cattedrale di Cremona, dove è ricordato come ‘Archiepiscopus Pisanus et Cremonensis
Ecclesie canonicus’: Francesco Novati, L’obituario della cattedrale di Cremona, in
«Archivio storico lombardo», VIII (1881), p. 502.
322 Maria Pia Alberzoni
111
Su Pietro di Ivrea, oltre a Savio, Gli antichi vescovi d’Italia dalle origini al 1300 descritti
per regioni. Il Piemonte, pp. 210-214 e a John Clare Moore, Peter of Lucedio (Cistercian
Patriarch of Antioch) and Pope Innocent III, in «Römische historische Mitteilungen», XXIX
(1987), pp. 221-247, si veda Alberzoni, Città, vescovi e papato, pp. 100-103; 116-136 e 239-
245; su Alberto di Brescia vedi sopra, nt. 109.
112
Ficker, Forschungen, I, pp. 340-342, che però mette in luce come il vescovo non abbia mai
realmente esercitato i poteri del legato; Savio, Gli antichi vescovi d’Italia dalle origini al 1300
descritti per regioni. Il Piemonte, p. 369-371; un sintetico profilo, prevalentemente centrato sul
suo episcopato, è offerto da Gianpietro Casiraghi, Vescovi e città nel Duecento, in Storia
di Torino, 9 voll., ed. Giuseppe Sergi, Torino, Giulio Einaudi editore, 1997-2002 (Grandi
Opere), I (1997), pp. 659-684, in partic. p. 664-668.
113
Bernwieser, Die Friedensrede Hugolinos, pp. 87-88.
114
Un motivo che potrebbe avvalorare l’ipotesi di un suo studio a Bologna, dove dimostra di
avere una certa dimestichezza con il clero e con le istituzioni regolari.
115
Bernwieser, Die Friedensrede Hugolinos, pp. 86-87; il suo intervento al termine del
discorso del cardinale Ugo è in Böhmer, Acta imperii, p. 649: ‘His omnibus finitis magister
Le legazioni di Ugo d’Ostia 323
Conclusioni
Nicolaus domini Frederici legatus surrexit et in dicta credentia dixit: - Si dominus Fredericus
rex scivisset, dominum Ugonem Hostiensem espiscopum pro pace et tregua constituenda
in Longobardiam venisse, pro certo idem rex scripsisset hominibus Cremone, ut precepta
eiusdem domini Ugonis episcopi deberent attendere ut sua propria. Et bene sciatis, quod ea
omnia, que per eundem dominum episcopum facietis, eidem domino regi placida erunt et
grata. (...) Et bene credo, quod dominus rex et ecclesia Romana erunt ita in una voluntate, quod
servire non poteritis uni sine altero’; nell’obituario della cattedrale di Cremona sono ricordati
due magistri con il nome di Nicolao, uno era arciprete è morì nel 1256, l’altro, canonico di
Cremona e arcidiacono di Reggio, morì in una data imprecisata (Novati, L’obituario della
cattedrale, pp. 496 e 501).
116
Lorenzo Paolini, in DBI, XXXVII (1989), pp. 1-5, s.v. Della Fratta, Enrico; Id., La
Chiesa e la città (secoli XI-XIII), in Storia di Bologna, ed. Ovidio Capitani, Bologna, Bononia
University Press, 2007, II, pp. 653-759, in partic. p. 704 (su magister Bondi).
117
Levi, Registri, p. 34-38, n. XXXVIII; pp. 46-48, n. XLIII.
118
Agostino Paravicini Bagliani, Cardinali di curia e ‘familiae’ cardinalizie dal 1227
al 1254, 2 voll., Padova, Editrice Antenore, 1972 (Italia sacra. Studi e documenti di storia
ecclesiastica, 18), I, pp. 41-60, in partic. pp. 45-47.
324 Maria Pia Alberzoni
119
Oltre che in Alberzoni, Gli interventi della Chiesa di Roma, pp. 143-167, tale necessità
è sottolineata da Nicolangelo D’Acunto, Chiesa romana e chiese della Lombardia: prove
ed esperimenti di centralizzazione nei secoli XI e XII, in Römisches Zentrum und kirchliche
Peripherie, pp. 207-233.
120
Vita Gregorii papae IX, p. 18: ‘Minorum etiam ordinem intra initia sub limite incerto
vagantem nova regule traditione direxit et informavit informem, b. Franciscum eis ministrum
preficiens et rectorem’.
Le legazioni di Ugo d’Ostia 325
121
Su S. Pietro in Ciel d’Oro si veda Giovanna Forzatti Golia, Istituzioni ecclesiastiche
pavesi dall’età longobarda alla dominazione visconteo-sforzesca, Roma, Herder Editrice e
Libreria, 2002 (Italia sacra. Studi e documenti di storia ecclesiastica, 68), ad indicem.
122
Giancarlo Andenna, in DBI, LX (2003), pp. 119-123, s.v. Guala; Maria Pia
Alberzoni, Minori e Predicatori fino alla metà del Duecento, in Martire per la fede. San Pietro
da Verona domenicano e inquisitore. Atti del Convegno; Milano, 24-26 ottobre 2002, ed. Gianni
Festa, Bologna, Edizioni Studio Domenicano, 2007 (Domenicani, 29), pp. 51-119, in partic.
pp. 98-106.
326 Maria Pia Alberzoni
Pascal Montaubin
L
e choix des croisés conduits par le roi de France Louis IX d’attaquer
Tunis durant l’été 1270 plutôt que de se porter directement en Orient
surprit totalement les contemporains, dont Guillaume de Nangis,
qui écrivait une quinzaine d’années plus tard, évoquait l’‘admirationem et
murmurationem’ à ce sujet.1 Depuis, la recherche historique a produit de
nombreuses études sur la dernière grande croisade, mais aucune n’a fait
l’unanimité pour expliquer l’expédition contre l’Ifriqiya, chacune braquant
les projecteurs sur les deux frères capétiens, Louis IX de France2 et Charles Ier
de Sicile,3 pour déterminer l’origine de l’initiative, et finalement la part de
responsabilité dans ce qui s’est soldé par un échec pour l’expédition Outre-
mer.4
1
Guillelmus de Nangiaco, Vita sancti Ludovici regis Franciae, éd. Pierre-Claude-
François Daunou, Joseph Naudet, in Recueil des Historiens des Gaules et de la France, XX
(1840), p. 446.
2
Jean Richard, Saint Louis, roi d’une France féodale, soutien de la Terre Sainte, Paris,
Fayard, 1983. Jacques Le Goff, Saint Louis, Paris, Gallimard, 1996.
3
Peter Herde, Karl I. von Anjou, Stuttgart, Kohlhammer, 1979 (Urban-Taschenbücher,
305). Jean Dunbabin, Charles I of Anjou. Power, Kingship and State-Making in Thirteenth-
Century Europe, London, Longman, 1998 (The medieval world).
4
Signalons parmi une abondante bibliographie : Henri Wallon, Saint Louis et son temps, 2
voll., Paris, Hachette, 18762, Richard Sternfeld, Ludwigs des Heiligen Kreuzzug nach Tunis,
1270 und die Politik Karls I. von Sizilien, Berlin, E. Ebering, 1896 (Historische Studien, 4).
Recension de cet ouvrage par Henri-François Delaborde, in «Revue de l’Orient latin»,
IV (1896), pp. 423-428. Joseph Reese Strayer, The Crusades of Louis IX, in Id., Medieval
Statecraft and the perspective of History, Princeton, Princeton University Press, 1971, pp. 159-
192, surtout pp. 181-192 [rééd. de History of the Crusades, ed. Kenneth M. Setton, 6 voll.,
Philadelphia, University of Pennsylvania Press, 1955-1989, II (1962), pp. 487-518]. Michel
Mollat, Le ‘passage’ de Saint Louis à Tunis. Sa place dans l’histoire des croisades, in «Revue
d’histoire économique et sociale», L (1972), pp. 289-303. Jean Longnon, Charles d’Anjou
et la croisade de Tunis, in «Journal des savants», I (1974), pp. 44-61. Id., Les vues de Charles
Legati, delegati e l’impresa d’Oltremare (secoli XII-XIII) / Papal Legates, Delegates and the Crusades (12th
13th Century), Maria Pia Alberzoni, Pascal Montaubin (eds), Turnhout 2014 (Ecclesia militans 3),
pp. 327-364
© F H GDOI: 10.1484/M.EMI-EB.5.103494
328 Pascal Montaubin
des expéditions reposait sur la seule volonté du saint roi guerrier et les sources
subsistantes incitent à première vue à le penser, il est vrai, tout comme la
conjoncture de la vacance du Siège apostolique du 29 novembre 1268 au
1er décembre 1271 conduit à oublier le rôle joué par l’Église romaine, dont la
chancellerie ne tenait alors plus ses registres.
Rome, Constantinople, Jérusalem constituaient trois objectifs à recon-
quérir pour la papauté des années 1260, mais en fonction des urgences du
moment, les pontifes français, aux abois en Italie centrale, modifièrent sou-
vent la hiérarchie de leurs priorités. Afin de mieux comprendre les choix poli-
tiques et stratégiques, il est essentiel de mettre en lumière l’entourage qui
conseillait les souverains.8 La présente étude entend ainsi démontrer que
Raoul Grosparmi de Périers, cardinal-évêque d’Albano, fut en 1268-1270
l’homme-clé de l’insertion dans la croisade pour délivrer Jérusalem (but
indubitable de Louis IX)9 de la croisade de Sicile et son prolongement en
Ifriqiya, un objectif certes avantageux pour Charles d’Anjou, mais pas moins
primordial pour l’Église romaine qui cherchait à anéantir les Staufen et les
Gibelins en Italie pour retourner vivre en paix à Rome.
Sur la carrière de Raoul Grosparmi : Andreas Fischer, Kardinäle in Konklave. Die lange
Sedisvakanz der Jahre 1268 bis 1271, Tübingen, Niemeyer, 2008 (Bibliothek des deutschen
historischen Instituts in Rom, 118), pp. 132-142. Pascal Montaubin, Raoul Grosparmi,
l’intime normand de saint Louis (années 1254-1262), in De part et d’autre de la Normandie
médiévale. Recueil d’études en hommage à François Neveux, éd. Pierre Bouet, Caen, Musée de
Normandie, 2009 (Cahiers des Annales de Normandie, 35), pp. 417-438.
8
Les études sur les entourages princiers au XIIIe siècle demeurent encore trop rares. On ne
dispose d’aucune synthèse pour la cour de Louis IX, pas plus que pour la curie des papes
Urbain IV et Clément IV.
9
Tunis ne devait être qu’une escale sur la route de Jérusalem : Gaufridus de Bello
Loco, Vita et sancta conversatio piae memoriae Ludovici, in Recueil des Historiens des Gaules
et de la France, XX (1840), p. 22.
330 Pascal Montaubin
trop faibles et la papauté variait dans ses priorités, d’autant qu’il fallait aussi
lutter contre les Grecs qui avaient récupéré Constantinople en 1261 et contre
les descendants Hohenstaufen et leurs alliés gibelins en Italie, qui menaçaient
directement les papes incapables de réinvestir Rome.10
Le 22 avril 1262, Urbain IV, ancien patriarche de Jérusalem d’origine
française (champenoise) et tout nouveau pape élu le 29 août 1261,11 confiait
à Gilles de Saumur, archevêque de Tyr,12 la prédication de la croisade pour
le secours de la Terre Sainte dans le royaume de France et les diocèses de
Cambrai, Liège, Toul, Metz et Verdun. Le 9 janvier 1263, il lui attribuait
aussi la levée du centième sur les revenus du clergé français décidée pour cinq
ans, ainsi que le rachat des vœux et autres taxes pour financer l’expédition.
Notons que cet executor negocii crucis a Sede apostolica deputatus, étranger à
la curie, ne porta jamais le titre de légat. Gilles accomplit sa tâche avec zèle,
jusqu’à sa mort le 23 avril 1266.
Parallèlement, la papauté demeurait avant tout préoccupée par le devenir
du royaume de Sicile, confisqué en théorie aux Hohenstaufen depuis 1245.
Constatant l’échec de la solution anglaise, Urbain IV proposa la couronne
sicilienne à Charles, comte d’Anjou, du Maine et de Provence, frère cadet
du roi de France. Le 3 mai 1264, il envoyait à la cour capétienne le cardinal-
légat Simon de Brie13 pour mener à bien les délicates négociations entamées
par Alberto da Parma, notaire du pape. Le nouveau pape Clément IV14 le
confirma dans sa mission et l’accord diplomatique définitif fut conclu le
30 avril 1265, mais il restait au nouveau vassal du Saint-Siège à conquérir
son royaume sur les descendants de Frédéric II. Le pape organisa pour cela
une croisade qui fut prêchée en Italie, mais aussi en France sous la direction
10
Édouard Jordan, Les origines de la domination angevine en Italie, Paris, A. Picard
fils, 1909. Norman Housley, The Italian Crusades : the Papal-Angevine Alliance and the
Crusades against Christian lay Powers, 1254-1343, Oxford, Clarendon press, 1982.
11
Simonetta Cerrini, in Enciclopedia dei papi, II (2000), pp. 396-401, s.v. Urbano IV.
12
Pierre-Vincent Claverie, Quelques éléments biographiques sur l’archevêque Gilles de
Tyr (1254-1266), in La présence latine en Orient au Moyen Âge, éd. Ghislain Brunel, Paris,
Champion, 2000 (Documents inédits des Archives nationales), pp. 57-66. Id., De l’entourage
royal à l’entourage pontifical : l’exemple méconnu de l’archevêque Gilles de Tyr († 1266), in À
l’ombre du pouvoir. Les entourages princiers au Moyen Âge, éd. Alain Marchandisse, Jean-Louis
Kupper, Liège, Bibliothèque de la faculté de philosophie et lettres de l’Universite de Liège,
Genève, Diffusion Librairie Droz, 2003 (Bibliothèque de la faculté de philosophie et lettres
de l’Universite de Liège. Série in octavo, 283), pp. 55-76.
13
Fischer, Kardinäle im Konklave, pp. 142-156.
14
Norbert Kamp, in Enciclopedia dei papi, II (2000), pp. 401-411, s.v. Clemente IV.
L’homme-clé de la croisade de 1270 331
15
Les registres de Clément IV, éd. Édouard Jordan, Paris, Thorin et fils/E. de Boccard, 1893-
1945 (Bibliothèque des Écoles françaises d’Athènes et de Rome. 2e série, Registres des papes
du XIIIe siècle, 11), n°1045, 1142, 1499 = Epistole et dictamina Clementis pape, quarti, éd.
Matthias Thumser, édition électronique, 2007, n°176, 273.
16
Sternfeld, Ludwigs des Heiligen Kreuzzug, p. 120.
17
Sternfeld, Ludwigs des Heiligen Kreuzzug, p. 120.
18
Les registres de Clément IV, n°1327 = Epistole et dictamina Clementis, n°458. Le pape était
au courant dès la mi-janvier 1268 : Les registres de Clément IV, n°1287 = Epistole et dictamina
332 Pascal Montaubin
Clementis, n°418. L’accident de Simon de Brie avait donc du se produire dans la première
moitié du mois de décembre 1267 et il resta à demeure au monastère de Royaumont au moins
du 23 décembre 1267 au 17 mars 1268 : Layettes du Trésor des chartes, éd. Alexandre Teulet,
Henri de Laborde, Élie Berger, 5 voll., Paris, Plon, 1863-1909 (Inventaires et documents/
Archives de l’Empire), IV (1902), n°5339, 5355, 5373 ; V (1909), n°824, 825, 828.
19
Regestrum visitationum archiepiscopi Rothomagensis, éd. Théodose Bonnin, Rouen, A. Le
Brument, 1852, p. 617.
20
Regesta imperii. V/2, éd. Johannes Friedrich Böhmer, Julius Ficker, Eduard Winkelmann,
Innsbruck, 1892, n°9831 (lettre au légat Gui, cardinal de Saint-Laurent in Lucina), 9857
(lettre à Louis IX) = Les registres de Clément IV, n°1288 = Epistole et dictamina Clementis,
n°419. Hans Ollendiek, Die päpstlichen Legaten im deutschen Reichsgebiet von 1261 bis
zum Ende des Interregnums, Fribourg, Universitätsverlag, 1976 (Historische Schriften der
Universität Freiburg Schweiz, 3), pp. 177-178.
21
Les registres de Clément IV, n°1342 = Epistole et dictamina Clementis, n°473.
L’homme-clé de la croisade de 1270 333
22
E chronico Normanniae, éd. Natalis de Wailly, Léopold Victor Delisle, Charles Jourdain,
in Recueil des Historiens des Gaules et de la France, XXIII (1894), p. 218. On remarquera
que la présentation des évènements (Raoul est envoyé comme ‘legatus pro negocio crucis…
in Franciam’, alors que Simon est présenté comme ‘legatus fuerat pro negocio regni Siciliae’)
est incomplète et laisserait croire à tort que Simon n’avait pas pour mission la croisade de
Jérusalem, chose qui n’était plus vraie depuis la mort de Gilles de Saumur.
23
On trouvera les références détaillées aux différentes étapes de la carrière de Raoul avant
1266 dans les études de Fischer, Kardinäle im Konklave, pp. 132-136 et de Montaubin,
Raoul Grosparmi.
24
Jean de Joinville, Vie de saint Louis, éd. Jacques Monfrin, Paris, Garnier, 1995
(Classiques Garnier), pp. 310-311 § 626.
334 Pascal Montaubin
25
Encore à Paris le 22 mars 1262 (Regestrum visitationum, p. 422), Raoul souscrit à Viterbe
le 26 juin 1262 (Charles Piot, Documents relatifs à l’abbaye de Solières, in «Bulletin de la
Commission royale d’Histoire», 5e série, IV (1894), p. 28 n°13).
26
Le 2 juin 1265, Clément IV demanda à Gilles de Tyr de ne pas procéder au rachat des vœux
des croisés ; une mention hors teneur indique que la lettre fut expédiée sur mandat de l’évêque
d’Albano : Bernard Barbiche, Les actes pontificaux originaux aux Archives nationales de
Paris, 3 voll., Città del Vaticano, Biblioteca apostolica vaticana, 1975-1982 (Index actorum
Romanorum pontificum ab Innocentio III ad Martinum V electum, 2), II (1978), n°1320.
27
Theodor Hirschfeld, Genuesische Dokumente zur Geschichte Roms und des Papsttums
im XIII. Jahrhundert, in «Quellen und Forschungen aus Italienischen Archiven und
Bibliotheken», XVII (1914), pp. 129-130 (22 octobre 1265).
28
Mission donnée par Clément IV : Les registres de Clément IV, n°241-242 (29 décembre
1265), 990 (20 décembre 1265). Le Liber Censuum de l’Église romaine, éd. Paul Fabre, Louis
Marie Olivier Duchesne, 3 voll., Paris, E. de Boccard, 1889-1952 (Bibliothèque des Écoles
françaises d’Athènes et de Rome. 2e série, 6), II (1905), p. 37 n°1. Les registres de Clément IV,
n°1004 = Epistole et dictamina Clementis, n°135.
29
Les registres de Clément IV, nn°257-299. Nous reviendrons dans une autre étude sur cette
légation encore mal connue. On trouvera en attendant des éléments dans Norbert Kamp,
Kirche und Monarchie im staufischen Königsreich Sizilien. 1: Prosopographische Grundlegung.
L’homme-clé de la croisade de 1270 335
Bistümer und Bischöfe des Königreichs 1194-1266, 4 voll., Munchen, W. Fink, 1973-1982
(Münstersche-Mittelater-Schriften, 10), ad indicem. Id., Chiesa locale ed unità nel regno tra
Normanni e Angioini, et Edith Pazstor, Per la storia degli Angioni ed il papato, in Unità
politica e differenze regionali nel regno di Sicilia. Atti del convegno internazionale di studio in
occasione del VIII centenario della morte di Guglielmo II, re di Sicilia; Lecce-Potenza, 19-22 aprile
1989, éd. Cosimo Damiano Fonseca, Hubert Houben, Benedetto Vetere, Galatina, Congedo,
1992 (Pubblicazioni del Dipartimento di studi storici dal Medioevo all’età contemporanea,
Università degli Studi di Lecce, 21), pp. 151-171 (ici pp. 164-171) et pp. 205-245. Luca
Sorrenti, La giustizia del vescovo a Catania (sec. XII-XIII), in Chiesa e società in Sicilia. I
secoli XII-XVI. Atti del II convegno internazionale organizzato dall’arcidiocesi di Catania ; 25-
27 novembre 1993, éd. Gaetano Zito, Torino, Società editrice internazionale 1995 (Storia),
pp. 37-66. Fischer, Kardinäle im Konklave, pp. 137-140.
30
Les contacts de Raoul avec la cour angevine lui permettaient d’obtenir des informations
confidentielles et de les communiquer au pape. Ainsi, en février 1268, il faisait parvenir
secrètement à Clément IV (qui rendait ce service à Louis IX) une copie du testament de
Béatrice, épouse décédée de Charles d’Anjou : Les registres de Clément IV, n°1288, 1294, 1327
= Epistole et dictamina Clementis, n°419, 425, 458.
336 Pascal Montaubin
31
Saba Malaspina, Cronica, éd. Walter Koller, August Nitschke, MGH. SS 35 (1999),
lib. V, pp. 228-229 se montre attentif à ce phénomène. Sternfeld, Ludwigs des Heiligen
Kreuzzug, pp. 40-41, 79-82, 110-114, 179, 354. Robert Brunschvig, La Berbérie orientale
sous les Hafsides des origines à la fin du XVe siècle, 2 voll., Paris, Librairie d’Amérique et d’Orient
Adrien-Maisonneuve, 1940-1947, I (1940), pp. 441-442.
32
Les registres de Clément IV, n°1253 = Epistole et dictamina Clementis, n°384. Par la suite,
d’autres lettres de Clément IV mentionnent la Tunisie comme base des rebelles (Les registres
de Clément IV, n°1259, 1278 = Epistole et dictamina Clementis, n°390, 409).
33
Norbert Kamp, in DBI, XVIII (1975), s.v. Capece, Corrado.
34
Brunschvig, La Berbérie orientale, I, pp. 39-69 et ad indicem.
35
Brunschvig, La Berbérie orientale, I, pp. 53-54.
36
Norbert Kamp, in DBI, XLII (1993), s.v. Enrico di Castiglia.
37
Pietro Egidi, La colonia saracena di Lucera et la sua distruzione, in «Archivio storico per
le province napoletane», XXXVI (1911), pp. 597-694, XXXVII (1912), pp. 71-89, 664-696,
XXXVIII (1913), pp. 115-144, 681-707, XXXIX (1914), pp. 132-171, 697-766. Joachim
Göbbels, Der Krieg Karls I. von Anjou gegen die Sarazenen von Lucera, in Forschungen zur
Reichs-, Papst- und Landesgeschichte. Peter Herde zum 65. Geburtstag von Freunden, Schülern
und Kollegen dargebracht, éd. Karl Borchardt, Enno Bunz, 2 voll., Stuttgart, A. Hiersemann,
1998, I, pp. 361-401. Julie Taylor, Muslims in medieval Italy: the Colony at Lucera, Lanham,
Lexington Books, 2003.
38
Potthast R, n°20666 = Les registres de Clément IV, n°1311 = Epistole et dictamina
Clementis, n°442. La Chronique de Normandie (in Recueil des Historiens des Gaules et de la
France, XXIII (1894), p. 218) fournit un bon résumé de l’action de Raoul : ‘[Charles d’Anjou]
L’homme-clé de la croisade de 1270 337
in Apulia revertitur, ubi a cardinali Radulfo de Piris, legato ibidem ad reformandum statum
Ecclesiae destinato, indulgentia plenaria euntibus contra Sarracenos praedictos praedicatur’.
39
C’est le motif avancé pour commuer le vœu des croisés pour l’Outremer en vœu pour la
croisade de Sicile, avec équivalence d’indulgences : Les registres de Clément IV, n°216 (lettre
au légat Simon de Brie, 7 mars 1265). Clément IV avance une raison similaire à Geoffroy de
Sargines, sénéchal du royaume de Jérusalem, qui réclame de l’aide après les pertes d’Arsuf et
de Césarée Maritime (Les registres de Clément IV, n°838, février 1266). On retrouve ce schéma
articulant intervention militaire en Italie et préparation de la croisade pour Jérusalem chez
Boniface VIII et Charles de Valois : Housley, The Italian Crusades, p. 94.
40
Christoph T. Maier, Crusade and Rhetoric against the Muslim Colony of Lucera: Eudes
of Châteauroux’s Sermones de Rebellione Sarracenorum in Apulia, in «Journal of Medieval
History», XXI (1995), pp. 343-385.
41
Maier, Crusade and Rhetoric, pp. 361, 379 (sermon 1).
42
Maier, Crusade and Rhetoric, p. 370.
338 Pascal Montaubin
Toscane (qu’il parcourait depuis juillet 1267)43 et venir rétablir l’ordre dans
son royaume.44 La situation devenait d’autant plus critique que Conradin
progressait en Italie. Ces lamentations et cet agacement indiquent combien
le pape et son légat se montraient plus attentifs que Charles d’Anjou à la sécu-
rité du royaume de Sicile, dont dépendait celle du Siège romain, son suzerain.
Charles s’exécuta, prit le chemin du Sud, fit le vœu de croisade contre Lucera
lors de son passage à la cour papale à Viterbe à Pâques (7 avril 1268) et com-
mença un premier siège de Lucera en mai, avant de se porter aux portes du
royaume pour bloquer Conradin à Tagliacozzo en août.
De son côté, le légat, encore à Scurcola Marsicana près de Tagliacozzo le
5 août 1268,45 à proximité donc de Charles d’Anjou, rentra à la curie sans
doute après la victoire angevine (23 août). En effet, le 14 ou 15 janvier 1268,
Clément IV avait demandé à Raoul de venir discuter avec lui dès que Charles
serait rentré dans son royaume, sachant que la légation n’était pas terminée
et qu’il devait laisser un vicaire qui agirait jusqu’à son retour.46 Le pape avait
réitéré son rappel à Viterbe le 1er mai 1268, alors que Charles d’Anjou venait
de quitter la curie la veille et qu’il se rendait avec son armée en Italie du Sud ;
Raoul était néanmoins censé attendre la chute de Lucera.47 Mais le pape
dut envoyer un autre ordre48 ou alors le cardinal Raoul jugea urgent de se
rendre auprès du pontife car il quitta le royaume de Sicile bien avant la prise
de Lucera, qui ne tomba qu’un an plus tard, le 27 août 1269.
43
Paul Durrieu, Les archives angevines de Naples : études sur le registre du roi Charles Ier
(1265-1285), 2 voll., Paris, E. Thorin, 1886-1887 (Bibliothèque des Écoles françaises
d’Athènes et de Rome, 51), II (1887), pp. 168-169.
44
Lettre de Clément IV à Charles d’Anjou (Les registres de Clément IV, n°1337 = Epistole et
dictamina Clementis, n°468) et au légat Raoul (Les registres de Clément IV, n°1336 = Epistole
et dictamina Clementis, n°467 = Giuseppe Del Giudice, Codice diplomatico del regno di
Carlo I e II d’Angio, 2 voll., Napoli, Stab. tip. M. d’Auria, 1869, II, part. I, pp. 140-141 n°61.
45
Regesta imperii, V/3, n°14388. Del Giudice, Codice diplomatico, II, part. I, p. 162 n°53.
46
Les registres de Clément IV, n°1286 = Epistole et dictamina Clementis, n°417. Durant l’été
1266, le cardinal Raoul avait en vain demandé au pape d’être relevé de sa légation sicilienne :
Reg. Clément IV n°1107 = Epistole et dictamina Clementis, n°238.
47
Les registres de Clément IV, n°1357 = Epistole et dictamina Clementis, n°488.
48
Fritz Schillmann, Die Formularsammlung des Marinus von Eboli, Roma, W. Regenberg,
1929 (Bibliothek des preussischen historischen Instituts in Rom, 16), n°2910 : cette lettre
non datée est difficile d’interprétation. Le pape laisse à un légat arrivé en Campanie, qui avait
plusieurs fois demandé d’être relevé de ses fonctions, le choix de retourner dans le territoire de
sa légation ou de rentrer habiter à la curie. Il est question d’une victoire donnée par Dieu qu’il
est tentant d’assimiler à Tagliacozzo ; la bulle pourrait donc avoir été écrite dès la fin août 1268
(l’éditeur propose une datation approximative en octobre 1268, mais sans élément probant).
L’homme-clé de la croisade de 1270 339
49
Charles ne rencontra plus Clément IV après avril 1268. Il fut dans le royaume de Sicile de
mai au 6 septembre, puis se rendit dans le Latium (entre autres à Rome du 16 septembre au
2 octobre), avant de rentrer dans son royaume le 4 octobre. Durrieu, Les archives angevines,
p. 169.
50
Fischer, Kardinäle im Konklave, p. 140, fixe ce retour au mois de septembre 1268 (ce
qui nous semble vraisemblable), mais (note 712) à partir d’une erreur d’interprétation de Les
registres de Clément IV, n°811, il écrit à tort que Raoul est déjà légat en France au 11 octobre
1268.
51
Guillaume Durand, Speculum iuris, Venezia, Società dell’Aquila che si rinnova, 1585,
3 voll., Liber I, Part. I, De legato, § Finitur, p. 57.
52
Le 10 octobre 1268, Clément IV attribue toujours le titre de légat à Raoul, en lui donnant
mandat de faire collecter auprès des ordres exempts (cisterciens, templiers, hospitaliers) ce
qu’ils doivent de la décime établie pour secourir le royaume de Sicile, d’employer d’abord les
somme perçues pour rembourser les dettes de la Chambre apostolique auprès des créanciers de
Sienne, Rome, Florence et d’ailleurs, et de verser ensuite les sommes disponibles à Charles, roi
de Sicile (Les registres de Clément IV, n°811). On ne sait où se trouve Raoul à cette date, mais
cette mission pouvait être compatible avec la présence de Raoul à la curie. Un acte de Charles
d’Anjou laisse penser que le 2 novembre 1268, Raoul était encore considéré comme légat pour
le royaume de Sicile : Del Giudice, Codice diplomatico, II, pp. 236-237 n°82 (on ne sait
certes pas de quand datent les lettres du légat Raoul, mais la formulation n’indique pas qu’il
n’occupe plus ses fonctions de légat de Sicile ; l’objet du mandat, portant sur les biens de Pierre
de la Vigne, ne concernerait guère une légation en France pour la croisade). Cette poursuite
d’activité comme légat de Sicile à l’automne 1268 n’est pas incompatible avec l’attente d’une
éventuelle réponse du roi de France pour envoyer Raoul en France.
340 Pascal Montaubin
Raoul put faire le point avec Clément IV sur la situation encore précaire
du royaume de Sicile, vassal si important pour la sécurité de la papauté en
Italie. Il précisa sans doute les dangers que l’Ifriqiya, base arrière des rebelles,
continuait à faire peser sur la région. La victoire de Tagliacozzo (23 août
1268) pouvait paraître insuffisante, comme l’avait été celle de Bénévent
en 1266. D’ailleurs, une flotte gibeline, partie de Pise le 19 juillet 1268,
ravageait les côtes tyrrhéniennes du royaume sicilien depuis Gaète jusqu’à
Messine et ne rentra à son port de départ que le 30 septembre. Dans la
première quinzaine de septembre, elle infligea une sévère défaite aux bateaux
de Charles Ier à Messine ;53 le roi et la curie romaine pouvaient craindre une
rupture des lignes maritimes avec la Provence. En outre, si Conradin fut déca-
pité le 29 octobre 1268, il restait en Allemagne le jeune Frédéric de Thuringe,
petit-fils de Frédéric II, et les Staufen conservaient de nombreux partisans
qui, comme les musulmans de Lucera, résistaient toujours dans le royaume
de Sicile et ailleurs en Italie. Si Henri de Castille fut arrêté dans les Pouilles et
emprisonné (1268-1291), son frère Frédéric se battait dans l’île de Sicile avec
Federico Lancia (jusqu’à leur fuite à Tunis en 1269) et Corrado Capece (qui
ne se rendit qu’en mai 1270 à Centuripe).
Par conséquent, dans la seconde moitié de l’année 1268, une aide militaire
accrue de la part du roi de France pour pacifier définitivement le royaume de
Sicile pouvait apparaître nécessaire au pape, au cardinal Raoul comme aux
pro-Capétiens de la curie (Eudes de Châteauroux en tête) et à Charles d’An-
jou. Elle était d’ailleurs réclamée depuis des années, mais Louis IX l’avait
toujours apportée avec parcimonie afin de préserver son objectif principal :
Jérusalem.
À ce stade, je pose l’hypothèse que l’articulation entre la croisade pro-
grammée depuis 1267 par Louis IX vers la Terre Sainte et la croisade contre
l’émir de Tunis, allié des partisans des Staufen et des musulmans de Lucera,
est le fruit de la concertation à la fin de l’été et à l’automne 1268 entre le
pape Clément IV et le cardinal Raoul rentré momentanément (à l’origine)
de sa légation sicilienne, avec des contacts pris avec le roi de France et Charles
d’Anjou, encore accaparé par la pacification de son royaume et attentif à
Del Giudice, Codice diplomatico, II, part. I, pp. 170-174 n°54 et notes. Annali genovesi
53
di Caffaro e de’ suoi continuatori, éd. Cesare Imperiale di Sant’Angelo, 5 voll., Genova, Tip. del
R. Istituto sordo-muti, Roma, Tip. del Senato, 1890-1929 (Fonti per la storia d’Italia 14), IV
(1926), pp. 108-109, 112, 113. Borghese, Carlo I d’Angiò, pp. 18, 20.
L’homme-clé de la croisade de 1270 341
l’évolution de la Grèce depuis ses accords des 24-27 mai 1267 avec le prince
d’Achaïe et l’empereur latin de Constantinople déchu.
Or qui mieux que Raoul Grosparmi pouvait convaincre Louis IX d’une
éventuelle attaque de Tunis avant de poursuivre vers le Proche-Orient ? Il
était un intime du roi de France depuis 1254 au moins. Il avait participé à
la croisade de 1248-1254 avec lui et partageait ses idéaux de libération de
Jérusalem. Membre de la curie depuis 1262, il avait travaillé activement à la
défense des intérêts du Siège apostolique dans le royaume de Sicile, en coopé-
rant avec Charles d’Anjou. Il venait de prêcher la croisade contre les musul-
mans de Lucera et était parfaitement au courant des problèmes politiques
de l’Italie méridionale et de l’Ifriqiya, base arrière des rebelles favorables
aux Staufen. Sa carrière lui avait donné une expérience vécue de la France,
de l’Italie et de l’Orient. Tout le portait donc à devenir le représentant du
pape pour commander la croisade menée par Louis IX. Simon de Brie avait
été écarté, Eudes de Châteauroux qui avait accompagné l’expédition Outre-
mer précédente était désormais trop âgé. Tous, avec d’autres membres du
Sacré Collège (Ancher Pantaléon, etc.) et de la curie (le camérier Pierre de
Montbrun, le vice-chancelier Michel de Toulouse, etc.) étaient partisans de
l’alliance étroite entre le Siège apostolique et la maison capétienne pour la
sécurité de l’Église romaine et la reconquête de la Terre Sainte.
La désignation début novembre 1268 de Raoul Grosparmi comme légat
en France pour superviser la croisade cache aussi une nouvelle option straté-
gique ou du moins l’éventualité de ne pas mener l’armée croisée directement
au Proche-Orient. Louis IX n’en fut peut-être pas informé dès l’automne
1268, mais il en avait sans doute admis la possibilité au printemps 1269
grâce à la persuasion du nouveau légat. Cette interprétation est étayée par
les modifications introduites dans les contrats de nolise avec les armateurs
génois, un fait remarqué par les historiens depuis plus d’un siècle et demi,54
mais qui prend ici un relief nouveau.
54
Édition des contrats dans Augustin Jal, Pacta naulorum des années 1246, 1268 et 1270,
in Documents historiques inédits tirés des collections manuscrites de la Bibliothèque royale et
des archives et des bibliothèques des départements, éd. Jacques-Joseph Champollion-Figeac, 4
voll., Paris, Firmin Didot frères, 1841-1848 (Collection de documents inédits sur l’histoire
de France), I (1841), pp. 507-615 et Luigi Tommaso Belgrano, Documenti inediti
riguardanti le due crociate di San Ludovico IX Re di Francia, Genova, Luigi Beuf e Rossi, 1859,
pp. 215-346. Analyse dans Sternfeld, Ludwigs des Heiligen Kreuzzug, pp. 363-368.
342 Pascal Montaubin
Le roi de France avait d’abord négocié avec les Vénitiens, qui faisaient
des propositions au départ de Venise avec une escale à Chypre ou en Crète.55
Le 15 août 1268,56 Clément IV encourageait encore ce scénario passant par
l’Adriatique. Mais un mois plus tard, le 17 septembre 1268 (donc après la
victoire de Tagliacozzo, mais aussi à l’époque où la flotte pisane ravageait les
côtes du royaume angevin), il prenait l’initiative d’inviter les Génois, enne-
mis des Pisans, à offrir leurs services maritimes à Louis IX, car les Vénitiens
avaient averti l’ambassade du roi de France qu’ils ne pouvaient transporter
les croisés par peur des représailles de Baybars contre leur comptoir d’Alexan-
drie.57 Cette requête ne pouvait d’ailleurs pas surprendre car la République
ligure avait déjà réalisé ce type de prestation à la croisade de 1248. D’un point
de vue géopolitique, la défection de Venise ouvrait de nouveaux horizons : un
départ des croisés depuis la Méditerranée occidentale et non plus l’Adria-
tique obligeait de passer près de la Tunisie pour se rendre en Terre Sainte ;
la location de bateaux auprès des armateurs de Marseille, cité dominée par
Charles d’Anjou, relevait aussi de cette stratégie.
À la suite de ces contacts, le 10 octobre 1268, Louis IX dépêcha deux
chargés de mission à Gênes qui conclurent des contrats avec les armateurs
ligures à partir du 26 novembre.58 À Paris depuis peu, le nouveau légat Raoul
Grosparmi traitait aussi avec les armateurs génois dès le 30 janvier 1269.59 Il
suivait donc ces questions et influença le cours des négociations. Le 4 avril
1269, le roi expédia une autre délégation à Gênes, qui aboutit à des accords
avec les armateurs à partir du 3 mai. Mais des clauses nouvelles apparurent :
les navires, avec leur équipage et leur équipement, étaient attendus à Aigues-
55
André Duchesne, François Duchesne, Historiae Francorum scriptores, 5 voll.,
Paris, S. Cramoisy, 1636-1649, V (1649), pp. 435-437 (sans date mais attribué à 1268) =
Belgrano, Documenti inediti, pp. 381-382 n°7. Extraits des négociations dans Augustin
Jal, Archéologie navale, Paris, A. Bertrand, 1840, II, pp. 355-356 (ne porte ici que sur les
aspects techniques des bateaux) = Belgrano, Documenti inediti, pp. 378-380 n°6.
56
À cette date, Clément IV demandait à Charles d’encourager les habitants de Brindisi et
des environs à favoriser les préparatifs de la croisade dont s’occupait une ambassade du roi de
France venue à Venise et se rendant désormais à Brindisi (Les registres de Clément IV, n°1406
= Epistole et dictamina Clementis, n°537).
57
Les registres de Clément IV, n°412 = Epistole et dictamina Clementis, n°543. Ajoutons que
lorsque Conradin progressa en Italie au printemps 1268, le pape, le roi de France et celui de
Sicile menèrent une offensive diplomatique conjointe pour inciter Gênes à prendre le parti de
Charles d’Anjou : Annali genovesi, IV, pp. 108-109.
58
Jal, Pacta naulorum, pp. 516-523.
59
Jal, Pacta naulorum, pp. 547-549 n°XI, p. 598-599 n°XXIII. Belgrano, Documenti
inediti, pp. 266-269 n°246-247.
L’homme-clé de la croisade de 1270 343
Mortes pour le 8 mai 1270 ; la flotte devait obéir au roi de France et faire
escale dans les ports et les iles qu’il leur désignerait, pour une durée indé-
terminée, voire pour y passer l’hiver ; même la destination finale (la Terre
Sainte a priori) n’était pas mentionnée.60 Par ces termes imprécis et moyen-
nant finance, Louis IX devenait maître du temps et du trajet de la flotte
croisée : les conditions d’une halte à Tunis devenaient ainsi légalement pos-
sibles par rapport au transporteur, qui restait de son côté persuadé que la
destination de la flotte était la Syrie,61 sans prévoir d’escale en Ifriqiya, et c’est
bien au Levant qu’il espérait gagner des parts de marché en plus des impor-
tantes sommes versées pour la construction des bateaux et le transport des
troupes. D’ailleurs, la République de Gènes ne peut avoir été l’instigatrice
de l’attaque de Tunis, où elle possédait d’importants intérêts économiques
concurrents de ceux des Marseillais et des Siciliens qui, eux, avaient tout à
gagner des victoires de leur comte-roi Charles.62 Cela explique en partie le
secret sur la destination réelle de la flotte croisée, au point que les marchands
génois présents à Tunis en juillet 1270 furent pris au dépourvu et que l’émir
al-Mustansir, confiant dans la République génoise, les enferma dans un palais
pour les protéger des représailles de la population.63 L’escale à Cagliari, port
pisan ennemi où les Génois mal accueillis avaient intérêt à rester confinés
dans leurs bateaux au large et sans possibilité de communiquer facilement
avec leur métropole, en juillet 1270 s’inscrit aussi dans cette logique, nous y
reviendrons.
‘It looks as though Louis changed his plans sometime in 1268 to include
an attack on Tunis’ écrivait Joseph Strayer en 1962/1971, sans pouvoir étayer
plus sa judicieuse intuition.64 En effet, il faut prendre en compte la stratégie
de l’Église romaine et son agent Raoul Grosparmi pour restituer leur logique
aux évènements.
60
Jal, Pacta naulorum, pp. 551-556 n°13, pp. 557-561 n°14, etc.
61
Belgrano, Documenti inediti, pp. 325-326 n°268-270 (contrats des 26 avril-3 mai 1270
qui prévoient une destination vers la Syrie, avec un éventuel hivernage en Sicile). Georges
Jehel, Les Génois en Méditerranée occidentale, fin XIe-début XIVe siècle: ébauche d’une stratégie
pour un empire, Amiens, Centre d’histoire des sociétés, Université de Picardie, 1993, pp. 83,
84.
62
Sur les rivalités commerciales entre Latins en Tunisie : Borghese, Carlo I d’Angiò.
Michael Lower, Tunis in 1270: a Case Study of Interfaith Relations in the Late Thirteenth
Century, in «The international History Review», XXVIII/3 (2006), pp. 504-514.
63
Annali genovesi, IV, p. 132.
64
Strayer, The Crusades of Louis IX, p. 186.
344 Pascal Montaubin
Cette légation reste mal connue65 car elle se déroule durant la vacance
du Siège apostolique (1268-1271), très mal documentée. Il faut recourir à
des sources très dispersée dans les archives laïques et ecclésiastiques les plus
diverses.
Les bulles de nomination du cardinal Raoul comme légat n’ont d’ailleurs
survécu qu’à l’état de copies, hélas sans date, consignées dans le formulaire
du notaire Marino d’Eboli (†1286) ;66 elles suivent le style de la chancel-
lerie papale sans écart notable. Clément IV lui donna mandat de prêcher et
faire prêcher la croisade pour la Terre Sainte et d’une manière générale, de
poursuivre les affaires qui avaient jusque-là été confiées à Simon de Brie. Le
pape lui avait remis en personne la croix avant de quitter la curie. De manière
désormais habituelle pour les légats a latere, le pontife lui accordait des facul-
tates destinées à favoriser le travail de sa suite (dispense de résidence, collation
de bénéfices, participation des frères mendiants, perception de procurations)
et à distribuer des grâces (indulgences, dispenses pour des infractions à la
législation canonique, collations de bénéfices, etc.).
Dans la mesure où Raoul n’avait pas encore atteint le territoire de sa léga-
tion (dont l’entrée était sans doute pour lui le col du Mont-Cenis, porte de
la province ecclésiastique de Vienne, à 660 kilomètres de Viterbe) à la mort
de Clément IV le 29 novembre 1268 et qu’il était passé à Tournus en Bour-
gogne (à 950 kilomètres de Viterbe) dès le 11 décembre 1268,67 il est vrai-
semblable qu’il ait quitté la curie romaine vers le 10 novembre.68
65
Fischer, Kardinäle im Konklave, pp. 140-142. Nous réservons une autre étude à cette
légation française.
66
Schillmann, Die Formularsammlung, n°669-709 (avec une proposition de datation en
octobre-novembre 1268, qu’il faut selon nous réduire à la première semaine de novembre
compte tenu de la chronologie du voyage de Raoul vers Paris). Index des lettres de la
légation dans Heinrich Zimmermann, Die päpstliche Legation in der ersten Hälfte des 13.
Jahrhundert, Paderborn, F. Schöningh, 1913 (Veröffentlichungen der Sektion für Rechts-
und Sozialwissenschaft, Heft 17), pp. 327-328.
67
Layettes, IV, n°5457.
68
Ce calcul est réalisé à partir d’une comparaison avec les voyages quasi contemporains
d’Eudes Rigaud, archevêque de Rouen et d’ailleurs ami de Raoul Grosparmi, qui accomplit
le parcours entre Rouen et la curie dans le Latium à une vitesse moyenne de 33 kilomètres
par jour, avec une traversée des Alpes enneigées : Yves Renouard, Routes, étapes et vitesses
de marche de France à Rome au XIIIe et au XIVe siècles d’après les itinéraires d’Eudes Rigaud
(1254) et de Barthélemy Bonis (1350), in Studi in onore di Amintore Fanfani, 6 voll., Milano,
A. Giuffrè, 1962, III, pp. 405-428.
L’homme-clé de la croisade de 1270 345
69
Schillmann, Die Formularsammlung, n°795 = Odorico Rinaldi, Annales ecclesiastici,
37 voll., Bar-le-Duc, Guérin, 1863-1884, XXII, pp. 240-241 n°7 = Luke Wadding,
Annales minorum, Firenze, Ad Claras Aquas, 1931-1964, IV (1931), pp. 330-331. Sur les
interprétations des canonistes : Robert Charles Figueira, The Medieval Papal Legate and
his Province: Geographical Limits of Jurisdiction, «Apollinaris», LXI (1988), pp. 817-860.
70
Paris, Archives nationales, K 32 n°12, édité par Léopold Delisle, Cartulaire normand
de Philippe Auguste, Louis VIII, Saint Louis et Philippe le Hardi, Caen, A. Hardel, 1852
(Mémoires de la Société des antiquaires de Normandie, 16 ; 2e série, 6), p. 163 n°733 note 2 et
Jules Tardif, Monuments historiques, Paris, J. Claye 1866, n°852.
71
Annales clerici, ut videtur, Parisiensis, éd. Georg Waitz, MGH. SS 26 (1882), p. 583. La
circulation des courriers officiels était plus rapide que l’équipage d’un légat. Par ailleurs, il
y eut une certaine précipitation dans la passation de pouvoir entre Simon de Brie et Raoul
Grosparmi car le premier quitta la France en emportant avec lui des pièces comptables (sans
doute liées à la perception des décimes) : Riccardo Filangieri, I registri della cancelleria
angioina, 50 voll., Napoli, presso l’Accademia, 1963-2010 (Testi e documenti di storia
napoletana, 5), V (1973), pp. 176-177 n°298.
72
Schillmann, Die Formularsammlung, n°669-670.
73
La cour de France devait avoir gardé la mémoire de ce qui s’était passé pour le cardinal Eudes
de Châteauroux. Ses lettres de nomination comme légat vers juillet/août 1245 n’ont pas été
conservées, mais les actes de la pratiques de 1245-1248 montrent que son ressort territorial
portait sur le royaume de France et quelques diocèses adjacents. L’extension de ses pouvoirs à
l’Outremer ne fut annoncée que le 28 février 1248 par Innocent IV et ne devint pleinement
effective qu’à partir des bulles du 21 juillet 1248 : Les Registres d’Innocent IV (1243-1254),
éd. Élie Berger, 4 voll., Paris, Ernest Thorin, 1884-1921 (Bibliothèque des Écoles Francaises
d’Athènes et de Rome, 2e série, 1), n°3661, 3965, 4662-4680.
74
Paris, Archives nationales, K 33 n°14b, édité par Sternfeld, Ludwigs des Heiligen
Kreuzzug, p. 328 n°XII.
75
Schillmann, Die Formularsammlung, n°795 = Rinaldi, Annales ecclesiastici, XXII,
pp. 240-241 n°7 = Wadding, Annales minorum, IV, pp. 330-331.
346 Pascal Montaubin
76
Christopher Robert Cheney, The Deaths of Popes and the Expiry of Legations in
Twelfth-Century England, in «Revue de droit canonique», XXVIII (1978), pp. 84-96.
Fischer, Kardinäle im Konklave, pp. 365-376.
77
Excellente étude sur le rôle des cardinaux durant la vacance du Siège apostolique de 1268-
1271 par Fischer, Kardinäle im Konklave. Iozzelli, Odo da Châteauroux, pp. 113-164.
78
Rinaldi, Annales ecclesiastici, XXII, pp. 243-244 n°4 = Wadding, Annales minorum,
IV, pp. 339-340 = Layettes, IV, n°5692 = Elmar Fleuchaus, Die Briefsammlung des Berard
von Neapel. Überlieferung – Regesten, München, Monumenta Germaniae historica, 1998
(Monumenta Germaniae historica. Hilfsmittel, 17), pp. 409-410 n°310 (lettre des cardinaux
au légat Raoul). Layettes, IV, n°5693 (lettre des cardinaux au légat Raoul). Rinaldi, Annales
ecclesiastici, XXII, p. 243 n°2 = Wadding, Annales minorum, IV, p. 342 = Layettes, IV, n°5691
= Fleuchaus, Die Briefsammlung, p. 410 n°311 (lettre des cardinaux au roi de France).
Burkhard Rohberg, Die Union zwischen der grieschichen und der lateinischen Kirche auf
dem II. Konzil zu Lyon (1274), Bonn, Ludwig Röhrscheid Verlag, 1964 (Bonner historische
Forschungen, 24). Antonino Franchi, Il problema orientale al concilio di Lione II (1274) e
le interferenze del regno di Sicilia, in «O Theologos – Cultura Cristiana di Sicilia», II (1975),
pp. 15-110, ici pp. 34-36. Fischer, Kardinäle im Konklave, pp. 376-383.
L’homme-clé de la croisade de 1270 347
79
Paul Lemerle, Saint Louis et Byzance, in «Journal asiatique», CCLVIII (1970), pp. 13-
24. Borghese, Carlo I d’Angiò, pp. 249-254. Durant l’été 1270, Michel VIII envoya une
autre ambassade à Louis IX, mais elle arriva avec retard au camp croisé de Carthage en août
1270 : Louis Bréhier, Une ambassade byzantine au camp de Saint Louis devant Tunis (août
1270), in Mélanges offerts à Nicolas Iorga par ses amis de France et des pays de langue francaise,
Paris, J. Gamber, 1933, pp. 139-146.
80
Au moins pour des questions financières : Filangieri, I registri, II, pp. 112-113 n°424,
III, p. 219 n°635.
81
L’étude de la légation en France du cardinal Grosparmi fera l’objet d’une autre publication.
348 Pascal Montaubin
puis à Simon de Brie.82 Il devait par ses prêches exhorter les chevaliers, les
clercs et tous les fidèles en général à se mobiliser militairement ou à défaut
financièrement pour le secours de la Terre Sainte. Cette propagande était
démultipliée par un réseau de prédicateurs (clercs séculiers, dominicains,
franciscains) placés sous son autorité.83 Le légat était aussi chargé de faire
respecter les privilèges désormais habituels concédés à ceux qui prenaient la
croix et qui pouvaient ainsi jouir de la protection du Siège apostolique ; la
cour de justice du légat pouvait être saisie dans ce but.84 Sa responsabilité la
plus difficile fut de superviser la collecte des taxes destinées à l’expédition
d’Outremer :85 le centième décrété pour cinq ans par Urbain IV dont il res-
tait des arriérés à récupérer, les legs pieux indéterminés dans les testaments,
le rachat des vœux de ceux qui ne partaient pas, la décime pour trois ans sur
les revenus du clergé français que Clément IV avait concédée. Cette fisca-
lité impliquait pour le légat d’organiser sous sa direction un vaste réseau de
collecteurs par diocèse.86 Ces sommes, une fois rassemblées, furent remises
par Raoul Grosparmi à Louis IX le 23 décembre 1269 ;87 en janvier 1270,
après concertation entre le roi, les barons et le légat, une partie fut attribuée à
82
Schillmann, Die Formularsammlung, n°672.
83
Schillmann, Die Formularsammlung, n°671. Exemple de l’archevêque de Rouen
Eudes Rigaud le 30 juin 1269 (Regestrum visitationum, p. 629), de l’abbé d’Hautvillers en
Champagne le 13 juin 1269 (Layettes, IV, n°5545).
84
Exemple pour Alphonse de Poitiers : Auguste Molinier, Correspondance administrative
d’Alphonse de Poitiers, 2 voll., Paris, Imprimerie nationale, 1894-1900, n°1000, 1001, 1085,
1086, 1101, 1102, 1179.
85
Exemples : Layettes, IV n°5545, 5570, 5585. Marie-Henri d’Arbois de Jubainville,
Histoire des ducs et des comtes de Champagne, 7 voll., Paris, Durand, 1859-1869, VI (1866),
n°3566. Les registres de Boniface VIII : recueil des bulles de ce pape, éd. Antoine Thomas,
Maurice Faucon, Georges Digard, Robert Fawtier, 4 voll., Paris, E. de Boccard, 1884-1939
(Bibliothèque des Écoles Françaises d’Athènes et de Rome. Ser. 2 ; Tom. 4), n°546 ; Archives
départementales du Nord, 51 H 3 n°17-18 (monastère des moniales de Notre-Dame de
Beaulieu, au diocèse d’Arras, en 1269). Comte Couret, Le cardinal Raoul Grosparmi et la
collecte pour la 8e croisade dans le diocèse d’Orléans en 1269, Orléans, 1899.
86
Exemple : Archives départementales du Nord, 51 H 3 n°18. Layettes, IV, n°5515, 5516,
5545, 5570, 5574, 5585, 5586, 5587, 5634. Alphonse-Jacques Mahul, Cartulaire et
archives des communes de l’ancien diocèse et de l’arrondissement administratif de Carcassonne,
7 voll., Paris, Didron, 1857-1885, V (1867), p. 335. Molinier, Correspondance administrative,
n°1102, 1103, 1106. Arbois de Jubainville, Histoire des ducs, VI, n°3524 bis, 3542, 3543,
3544, 3547-3549, 3560-3562, 3566, 3583. Les registres de Grégoire X, éd. Jean Guiraud, Paris,
E. de Boccard, 1892-1906 (Bibliothèque des Écoles françaises d’Athènes et de Rome. Série,
12), n°208.
87
Mahul, Cartulaire et archives, V, p. 335.
L’homme-clé de la croisade de 1270 349
88
Exemple : Molinier, Correspondance administrative, n°1142. Arbois de Jubainville,
Histoire des ducs, VI, n°3583.
89
Les registres de Grégoire X, n°208. Paris, Archives nationales, J 446 n°56 (vidimus), édité
par Charles Victor Langlois, Le règne de Philippe III le Hardi, Paris, Hachette, 1887,
pp. 444-447 n°XXVI. Reg. Boniface VIII, n°456.
90
Layettes, IV, n°5435, 5621, 5622. Jal, Pacta naulorum, pp. 547-549 n°11, pp. 598-599
n°23.
91
Del Giudice, Codice diplomatico, III, pp. 103-104 n°57 (acte de Charles I du 23 juillet
1269 qui évoque le point de rendez-vous de la flotte pour la croisade à Syracuse le 24 juin
1270).
92
Chronique de Primat traduite par Jean de Vignay, in Recueil des Historiens des Gaules et
de la France, XXIII (1894), p. 44 : chap. XXVIII. Jean de Vignay, originaire du diocèse de
Bayeux, fut sans doute attentif aux mentions de Primat au sujet du Bas-Normand Raoul
Grosparmi, né dans le diocèse voisin de Coutances.
350 Pascal Montaubin
93
Une mauvaise mer avait retardé les bateaux croisés. On ne sait si Raoul Grosparmi eut la
possibilité de communiquer avec la curie ou la cour angevine dans cet intervalle. En revanche,
il n’est guère envisageable qu’il ait fait un détour par la côte italienne avant de rejoindre
Cagliari pour des raisons de délai et parce que le secret n’en aurait sans doute pas été gardé.
94
Vita sancti Ludovici IX, in Recueil des Historiens des Gaules et de la France, XX (1840),
p. 446. La lettre de Pierre de Condé, clerc du roi, au prieur d’Argenteuil (envoyée depuis
Carthage le 27 juillet 1270) évoque aussi le conseil de guerre des samedi et dimanche 12-
13 juillet 1270, mais sans précision sur les discussions ; elle permet de confirmer que le ‘dominus
legatus’ était arrivé à Cagliari après le roi, mais ne mentionne pas autrement son rôle (Luc
d’Achery, Spicilegium sive Collectio veterum aliquot scriptorum qui in Galliae bibliothecis
delituerant, 3 voll., Paris, Montalant 1723, II, pp. 664-666). Les Annales génoises évoquent
vaguement le conseil de Cagliari entre le roi, les barons et les prélats, mais sans mentionner
plus précisément le légat : Annali genovesi, IV, p. 431. Quant à Louis IX même, dans sa lettre
du 25 juillet 1270 annonçant son arrivée à Tunis à Mathieu, abbé de Saint-Denis et régent de
royaume de France en son absence, il relate aussi très vaguement le conseil qu’il a tenu avec ses
barons, mais sans faire aucune allusion au légat : Sternfeld, Ludwigs des Heiligen Kreuzzug,
pp. 338-339 n°25 = d’Achery, Spicilegium, II, p. 664.
L’homme-clé de la croisade de 1270 351
95
Jehel, Les Génois en Méditerranée, p. 73.
96
Vers 1272-1273 déjà, l’ancien confesseur du roi, Geoffroy de Beaulieu, cherchait à
expliquer le choix de la destination tunisienne de la croisade et intitulait un chapitre de la vie
de Louis IX : Rationes propter quas rex consensit ire Tunicium (in Recueil des Historiens des
Gaules et de la France, XX (1840), pp. 21-22). On notera que la formulation suggère que le roi
n’a pas eu l’idée de se rendre de lui-même en Tunisie, mais qu’il s’y est rallié.
97
L’argument est avancé par Sternfeld, Ludwigs des Heiligen Kreuzzug, p. 228, suivi par
Mollat, Le ‘passage’ de Saint Louis, pp. 291-292, lui-même repris par Le Goff, Saint Louis,
pp. 291, 459, 546-547. Il est réfuté avec raison par Michael Lower, Conversion and St
Louis’s last Crusade, in «Journal of ecclesiastical History», LVIII (2007), pp. 211-231, ici
pp. 219-220.
352 Pascal Montaubin
98
Louis de Mas Latrie, Traités de paix et de commerce concernant les relations des chrétiens
avec les Arabes de l’Afrique septentrionale du Moyen Âge, 2 voll., Paris, Plon, 1866. André
Émile Sayous, Le commerce des Européens à Tunis depuis le XIIe siècle jusqu’à la fin du XVe
siècle. Exposé et documents, Paris, Societé d’éditions géographiques, maritimes et coloniales,
1929. Brunschvig, La Berbérie orientale, I, pp. 42-44, 50-55.
99
L’aménagement d’un port à Aigues-Mortes constituait certes une étape (Georges Jehel,
Aigues-Mortes, un port pour un roi ; les Capétiens et la Méditerranée, Roanne/Le Coteau,
Horvath, 1985), mais il manquait une flotte de guerre au roi.
100
Gaufridus de Bello Loco, Vita et sancta conversatio, pp. 21-22, 23. Guillelmus de
Nangiaco, Vita sancti Ludovici, pp. 449, 461.
101
Des épisodes rapportés par Primat (in Recueil des Historiens des Gaules et de la France,
XXIII (1894), pp. 48-49) et Guillaume de Nangis (in Recueil des Historiens des Gaules et de la
France, XX (1840), pp. 452-454) montrent que la conversion des musulmans était attendue
par les chrétiens.
102
Brunschvig, La Berbérie orientale, I, pp. 430-472. Ronal A. Messier, The Christian
Community of Tunis at the time of St Louis’ Crusade, AD 1270, in The Meeting of two Worlds.
Cultural Exchange between East and West during the Period of the Crusades, éd. Vladimir
Peter Goss, Christine Verzar Bornstein, Kalamazoo, Western Michigan university. Medieval
institute, 1986 (Studies in medieval culture, 21), pp. 241-255.
L’homme-clé de la croisade de 1270 353
103
Brunschvig, La Berbérie orientale, p. 57. Henri-François Delaborde («Revue de
l’Orient latin», IV (1896), p. 427), avance l’idée que les ambassades hafsides avaient laissé
croire à une conversion de l’émir.
104
Gaufridus de Bello Loco, Vita et sancta consersatio, p. 22.
105
Ibn Khaldun (Histoire des Berbères et des dynasties musulmanes de l’Afrique septentrionale,
trad. W. Mac Guckin et le baron de Slane, 4 voll., Paris, Librairie Orientaliste Paul Geuthner,
1925-1956, II (1934), pp. 359-362) explique que Louis IX s’est laissé entraîner dans
l’expédition contre Tunis par des marchands français qui voulaient recouvrer une grosse
somme prêtée mais l’émir refusait de les aider pour en obtenir le remboursement. À supposer
que cette assertion, présente dans une source unique, renvoie à des faits réels, le motif
n’apparaît toutefois pas suffisant pour détourner la croisade : Brunschvig, La Berbérie
orientale, pp. 56-57.
106
Le légat Raoul est attesté le 8 octobre 1269 à Saint-Denis avec le roi et l’archevêque Eudes
Rigaud : Regestrum visitationum, p. 635.
107
Lower, Conversion and St Louis’s last Crusade, pp. 211-231. Brunschvig, La Berbérie
orientale, p. 57. Longnon, Charles d’Anjou, p. 61. Mollat, Le ‘passage’ de Saint Louis,
pp. 301-302.
108
Richard, La croisade de 1270.
354 Pascal Montaubin
109
Nous ne pouvons suivre Pierre-Vincent Claverie (Notes sur la mort de Saint Louis, p. 384)
qui voudrait que Louis IX, le 27 août 1269, ait prévu de concentrer sa flotte à Aigues-Mortes
pour le 15 août 1270 (terme imposé au prince Édouard d’Angleterre dans le traité qu’il ne
convient pas de généraliser à toute l’armée croisée), tout comme rien ne permet d’avancer
que l’ambassade hafside à la cour de France (nous savons qu’elle vint en octobre 1269) ait
encouragé Louis IX à avancer l’appareillage de sa flotte. En effet, dès mai 1269, les contrats
de nolise prévoyaient que les bateaux génois devaient se rendre à Aigues-Mortes pour le 8 mai
1270 (exemple : Jal, Pacta naulorum, pp. 551-561 n°XIII-XIV).
110
Une longue tradition historiographique fait porter la responsabilité du détournement sur
Tunis sur Charles d’Anjou ; par exemple : Wallon, Saint Louis, II, pp. 535-536. Salvatore
Romano, I Siciliani nella guerra di Tunisi dell’anno 1270, «Archivio storico siciliano», XXII
(1897), pp. 375-389. Steven Runciman, The Sicilian Vespers: a history of the Mediterranean
world in the later thirteenth century, Cambridge, University Press, 1958, pp. 138-139. Henri-
François Delaborde (dans sa recension de l’ouvrage de R. Sternfeld, p. 427), tout en affirmant
que Charles n’était pas à l’origine de l’expédition de Tunis, concédait qu’il s’y était rallié en
considérant qu’elle était à plusieurs titres conforme à ses intérêts, une analyse que partagent
et développent Mollat, Le ‘passage’ de Saint Louis, pp. 298-299 et Borghese, Carlo I
d’Angiò, pp. 62-63, 175. Strayer, The Crusades of Louis IX, pp. 186-187) penche aussi pour
l’influence de Charles.
111
On ne doit pas trop insister comme Michel Mollat (Le ‘passage’ de Saint Louis, pp. 300-
301) sur les ambitions ibériques en Ifriqiya que les rois de France et de Sicile auraient alors
voulu bloquer par l’expédition de 1270. Frédéric de Castille était un aventurier qui n’entraînait
pas les royaumes espagnols derrière lui. En revanche, le mariage de l’infant Pierre III d’Aragon
avec Constance, la fille de Manfred, fit de la cour d’Aragon un nouveau refuge pour les
Gibelins, mais surtout après 1270.
L’homme-clé de la croisade de 1270 355
112
Borghese, Carlo I d’Angiò.
113
L’accusation portée contre Charles d’Anjou d’avoir détourné la croisade sur Tunis pour
obtenir le paiement du tribut de l’émir est contemporaine des faits ou de très peu postérieure :
on en trouve l’écho déjà dans les récits de Primat (Recueil des Historiens des Gaules et de la
France, XXIII (1894), p. 80) et Guillaume de Nangis (Vita sancti Ludovici, p. 473), mais aussi
dans Saba Malaspina, Cronica, V, pp. 228-229, puis Guillaume Guiart, La branche des
royaux lignages, in Recueil des Historiens des Gaules et de la France, XXII (1865), p. 204, vv.
11507-11511, Petrus Coral, Maius chronicon Lemovicense, in Recueil des Historiens des
Gaules et de la France, XXI (1855), p. 776. Analyse de Sternfeld, Ludwigs des Heiligen
Kreuzzug, pp. 355-359.
114
Argument avancé par Sternfeld, Ludwigs des Heiligen Kreuzzug, pp. 313-314. Bien que
critiquée dans une recension par Henri-François Delaborde («Revue de l’Orient latin», IV
(1896), pp. 423-428), la thèse exonérant Charles fut reprise par beaucoup : Brunschvig,
La Berbérie orientale, p. 58, Longnon, Charles d’Anjou, Mollat, Le ‘passage’ de Saint
Louis, Richard, Saint Louis, pp. 549-579, Le Goff, Saint Louis, p. 291 et, avec un autre
raisonnement, Claverie, Notes sur la mort de Saint Louis, pour qui Charles d’Anjou avait
‘une hostilité de principe’ (p. 386), à l’expédition contre Tunis.
115
Sternfeld, Ludwigs des Heiligen Kreuzzug, et sa recension par H. F. Delaborde (p. 127).
Lower, Conversion and St Louis’s last Crusade, p. 213. Borghese, Carlo I d’Angiò, pp. 175-
176, 178.
116
Mollat, Le ‘passage’ de Saint Louis, p. 296. Claverie, Notes sur la mort de Saint Louis,
p. 385.
356 Pascal Montaubin
117
Norman Housley, I registri angioini ricostruiti e le crociate, in Per la storia del
Mezzogiorno medievale e moderno. Studi in memoria di Jole Mazzoleni, 2 voll., Roma,
Ministero per i beni culturali e ambientali, Ufficio centrale per i beni archivistici, 1998
(Pubblicazioni degli archivi di Stato. Saggi, 48), I, pp. 139-153, fait part de sa perplexité : ‘Il
re [Charles] quindi non doveva essere al corrente dei progetti del fratello [Louis] anche se, per
altre ragioni, è difficile credere che egli non sapesse niente’ (p. 144).
118
Longnon, Charles d’Anjou, p. 50. Layettes, IV n°5286 bis = Sternfeld, Ludwigs des
Heiligen Kreuzzug, p. 320-324 n°5.
119
Del Giudice, Codice diplomatico, III, pp. 103-104 n°57 (le point de rendez-vous de la
flotte était alors fixé à Syracuse).
120
Filangieri, I registri, III, p. 189, V, p. 180 n°317.
121
Borghese, Carlo I d’Angiò, pp. 13-14, 24-30, 51-55, 62, 84, 242, 254, 261.
L’homme-clé de la croisade de 1270 357
122
Filangieri, I registri, IV, p. 92 n°604, V, p. 85 n°362, etc.
123
Durrieu, Les archives angevines, II, p. 171.
124
Del Giudice, Codice diplomatico, III, pp. 212-214 n°126 = Filangieri, I registri, V,
pp. 9-10 n°38. Ibid., IV, pp. 92-93, V, pp. 1-97 (passim). Erreur de lecture de Longnon,
Charles d’Anjou, pp. 55 et 58 : la plus ancienne lettre de Charles (du moins que l’on a conservé)
évoquant la destination tunisienne de la flotte croisée date du 21 et non du 13 juillet 1270
(Filangieri, I registri, V, pp. 9-10 n°38), ce ne peut donc être une preuve que Charles
connaissait la destination tunisienne avant le conseil croisé de Cagliari.
125
La surprise fut en effet totale pour les Hafsides. Relatant l’arrivée de la flotte croisée devant
Carthage, Pierre de Condé écrit ‘creditur quod adventum nostrum penitus ignorabant’ (lettre
du 27 juillet 1270 : d’Achery, Spicilegium, III, p. 665).
358 Pascal Montaubin
aussi pour dissuader les Grecs d’intervenir dans les Balkans avec la crainte
de l’arrivée des troupes angevines. Désormais, la remarquable administration
royale sicilienne tournait à plein régime pour ravitailler l’armée croisée qui
avait débarqué le 18 juillet. Depuis la Sardaigne, sans doute juste après le
conseil de guerre du 12 ou 13 juillet, Louis IX avait fait prévenir son frère
par le frère Amaury de la Roche ; puis, en raison de la résistance musulmane,
il l’avait réclamé par d’autres messagers et espérait sa venue au plus tard le
2 août.126 Mais ce dernier ne quitta Trapani que le 24 août,127 un délai qui
s’explique mal, mais sans doute Charles fut-il retenu par les affaires internes
de son royaume, entre autres le mariage de son fils Charles avec Marie de
Hongrie le 6 août 1270, qui, avec le mariage de sa fille Isabelle avec Ladislas
de Hongrie, assurait ses arrières sur la côte dalmate (non seulement contre
les Grecs, mais aussi contre les Staufen qui étaient soutenus par Ottokar II
de Bohème).128 Il activait les préparatifs logistiques de sa propre armée et dut
réclamer à Louis IX de lui prêter des bateaux pour la traversée.129 Il arriva
devant Carthage le 25 août dans l’après-midi, sans pouvoir encore savoir que
son frère expirait.
Il apparaît par conséquent hautement probable que Charles d’Anjou
était au courant d’une éventuelle attaque contre la Tunisie dès l’origine du
projet, sans doute à la fin de l’été ou à l’automne 1268. Elle présentait un
intérêt majeur et direct pour la sécurité d’un royaume de Sicile dont plusieurs
régions étaient alors encore tenues par les rebelles. Mais à l’été 1270, le roi
angevin avait moins intérêt à attaquer l’émir de Tunis, car il avait entamé
dès août 1269 des négociations pour obtenir le tribut versé autrefois aux
Staufen.130 L’armée croisée constituait pour lui un moyen de pression et il
entendait contrôler la situation (d’où sa demande de ne pas entreprendre
d’offensives avant son arrivée). Il ne se plaçait pas dans la perspective d’une
126
d’Achery, Spicilegium, III, p. 665.
127
Durrieu, Les archives angevines, II, p. 171.
128
Andreas Kiesewetter, Die Anfänge der Regierung König Karls II. von Anjou (1278-
1295): das Königreich Neapel, die Grafschaft Provence und der Mittelmeerraum zu Ausgang des
13. Jahrhunderts, Husum, Matthiesen, 1999 (Historische Studien, 451), p. 34. Borghese,
Carlo I d’Angiò, pp. 40-42, 43-44.
129
Longnon, Charles d’Anjou, pp. 59-60.
130
Brunschvig, La Berbérie orientale, I, pp. 54-55. Longnon, Charles d’Anjou, p. 60.
Borghese, Carlo I d’Angiò, p. 63. En août 1269, Charles attendait l’arrivée d’une ambassade
hafside (Filangieri, I registri, II, p. 175 n°692). La tension avec l’émirat s’accrut lorsque le roi
angevin réclama aussi le versement des arriérés depuis la mort de Frédéric II. Le 22 avril 1270,
Charles envoya le frère dominicain Bérenger en ambassade à Tunis (ibid., V, p. 43 n°190).
L’homme-clé de la croisade de 1270 359
131
Silvestre de Sacy, Mémoire sur le traité fait entre le roi de Tunis et Philippe le Hardi
en 1270 pour l’évacuation du territoire de Tunis par l’armée des croisés, Paris, Dondey-Dupré,
1825. Sternfeld, Ludwigs des Heiligen Kreuzzug, pp. 368-372. Brunschvig, La Berbérie
orientale, p. 61sv.
132
Sur les relations ambiguës et variables entre Charles d’Anjou et Gênes autour de 1270 :
Borghese, Carlo I d’Angiò, pp. 37-39, 69, 116.
133
Borghese, Carlo I d’Angiò, pp. 69, 116-117.
134
Jeudi avant la Saint-Laurent : Guillelmus de Nangiaco, Vita sancti Ludovici, in
Recueil des Historiens des Gaules et de la France, XX (1840), p. 456 et Chronique de Primat, in
Recueil des Historiens des Gaules et de la France, XXIII (1894), p. 52 : chap. XXXV. Évocation
vague de la mort du légat dans Guillelmus de Nangiaco, Chronicon, in Recueil des
Historiens des Gaules et de la France, XX (1840), p. 562 ; Chronique de l’abbaye de Saint-
Pierre-le-Vif de Sens, rédigée vers la fin du XIIIe siècle, par Geoffroy de Courlon, éd. Gustave
Julliot, Sens, impr. de C. Duchemin, 1876, p. 542 ; Salimbene de Adam, Cronica, éd.
Giuseppe Scalia, 2 voll., CCM 125/II (1999), pp. 731-732 ; Gerhardus de Fracheto,
Chronique, in Recueil des Historiens des Gaules et de la France, XXI (1855), pp. 5, 6 ; Grande
chronique de Limoges, in Recueil des Historiens des Gaules et de la France, XXI (1855), p. 776 ;
360 Pascal Montaubin
E chronico Normanniae, in Recueil des Historiens des Gaules et de la France, XXIII (1894),
p. 221 ; Giovanni Villani, Nuova Cronica, 3 voll., éd. Giuseppe Porta, Parma, Fondazione
Pietro Bembo/U. Guanda, 1990 (Biblioteca di scrittori italiani), I, p. 470, chap. XXXVII,
p. 472, chap. XXXVIII. Jean Filliozat, Pierre Huard, Les épidémies au temps de Saint
Louis. La mort du roi, in «Journal asiatique», CCLVII (1970), pp. 35-42.
135
Anatole de Charmasse, Cartulaire de l’évêché d’Autun connu sous le nom de Cartulaire
Rouge, Autun, Dejussieu, 1880, pp. 281-282 n°43.
136
Léopold Victor Delisle, Littérature latine et histoire du Moyen Âge, Paris, E. Leroux,
1890 (Instructions adressées par le Comité des Travaux Historiques et Scientifiques aux
correspondants du Ministère de l’Instruction Publique et des Beaux-Arts), p. 74 (lettre de
Pierre de Condé, clerc du roi, à Mathieu, abbé de Saint-Denis, depuis Carthage, 21 août
1270). Chronique de Primat, in Recueil des Historiens des Gaules et de la France, XXIII (1894),
p. 52, chap. XXXV. Guillelmus de Nangiaco, Vita sancti Ludovici, p. 456.
137
Delisle, Littérature latine, p. 73.
138
Robert Charles Figueira, Subdelegation by Papal Legates in Thirteenth-Century
Canon Law : Powers and Limitations, in In Iure Veritas. Studies in Canon Law in Memory
of Schafer Williams, éd. Steven B. Bowman, Blanche E. Cody, Cincinnati, University of
Cincinnati, College of Law, 1991, pp. 56-79.
L’homme-clé de la croisade de 1270 361
Conclusion
‘Dans un contexte fort complexe, la croisade de Tunis est une sorte d’acte
gratuit, qui reste dans une large mesure une énigme, et n’a peut-être pas d’ex-
plication rationnelle’.143 C’est ainsi que Paul Lemerle, en 1970, se résignait
à résumer l’impuissance des historiens à rendre compte des évènements sur-
prenants de 1270. En effet, lorsque Louis IX prit la croix pour la seconde fois
en 1267, il n’envisageait assurément pas une expédition contre l’Ifriqiya et la
libération de Jérusalem demeura jusqu’à sa mort son objectif principal.
Les interprétations de la croisade contre l’émirat hafside en 1270 ont
surtout tourné autour des relations entre les deux rois frères Louis IX de
France et Charles Ier de Sicile, comme si l’Église romaine ne comptait pas.
139
Reinhold Röhricht, La croisade du prince Édouard d’Angleterre (1270-1274), in
«Archives de l’Orient latin», I (1881), pp. 617-632. Jean-Paul Trabut-Cussac, Le
financement de la croisade anglaise de 1270, in «Bibliothèque de l’École des Chartes», CXIX
(1961), pp. 113-140. Simon Lloyd, The Lord Edward’s Crusade, 1270-1272: its Setting and
Significance, in War and Government in the Middle Ages. Essays in Honour of J. O. Prestwich,
éd. John Gillingham, James Clarke Holt, Woodbridge, Boydell, 1984, pp. 120-132.
140
Chronique de Primat, in Recueil des Historiens des Gaules et de la France, XXIII (1894),
p. 52, chap. XXXV.
141
Les registres de Grégoire X, n°363, 364.
142
Obituaire de la cathédrale d’Évreux, in Recueil des Historiens des Gaules et de la France,
XXIII (1894), p. 463 (1er août). Pierre Le Brasseur, Histoire civile et ecclésiastique du
comté d’Évreux, Paris, F. Barois, 1722, p. 196. Eugène Muller, Rues, places et monuments
de Senlis, in «Comité archéologique de Senlis. Comptes-rendus et mémoires», IV (1878),
p. 105, VII (1881), p. 168 (obit le 29 janvier à Saint-Frambourg de Senlis).
143
Lemerle, Saint Louis et Byzance, p. 16.
362 Pascal Montaubin
144
Strayer, The Crusades of Louis IX, p. 186. Mollat, Le ‘passage’ de Saint Louis, p. 297,
penche pour une prise de décision d’attaquer Tunis dès le début de 1269, mais sans tenir
compte du légat Raoul et du contexte italien. Claverie, Notes sur la mort de Saint Louis,
p. 385 propose le choix de l’étape tunisienne dès le milieu de l’année 1269, mais sur la base
d’une argumentation que nous avons eu l’occasion de contester au cours de cet article.
145
Philippe Gourdin, La papauté a-t-elle une politique maghrébine pendant le Moyen Âge,
in Alessandro VI dal Mediterraneo all’Atlantico. Atti del convegno (Cagliari, 17-19 maggio
2001), éd. Maria Chiabò, Anna Maria Oliva, Olivetta Schena, Roma, Ministero per i beni e
le attività culturali, Direzione generale per gli archivi, 2004 (Pubblicazioni degli archivi di
Stato. Saggi, 82), pp. 197-211. Charles Emmanuel Dufourcq, L’Espagne catalane et le
Maghrib aux XIIIe et XIVe siècles de la bataille de Las Navas de Tolosa, 1212, à l’avènement
du sultan mérinide Abou-l-Hasan, 1331, Paris, Presses Universitaires de France, 1966
(Université de Bordeaux et Casa de Velázquez. Bibliothèque de l’École des Hautes Études
Hispaniques, 37).
146
Les registres de Clément IV, n°1092 (15 juillet 1266) : le pape indiquait à Charles d’Anjou
les nombreux ennemis qui entouraient son royaume : Sarrasins, Grecs, cités maritimes,
Allemands et nombreux barbares.
L’homme-clé de la croisade de 1270 363
Pietro Silanos
N
ell’ormai lontano 1989, durante la sintesi conclusiva del congresso
ascolano dedicato alla figura di papa Niccolò IV, Claudio Leonardi
osservò che molto rimaneva ancora da studiare su questo perso-
naggio chiave della seconda metà del XIII secolo1 – non solo per ciò che
concerne l’analisi documentaria2 ma anche e soprattutto la comprensione dei
complessi problemi legati al suo pontificato –, auspicando una monografia
1
Claudio Leonardi, Niccolò IV e la fine della Chiesa medievale, in Niccolò IV: un pontificato
tra oriente e occidente. Atti del convegno internazionale di studi in occasione del VII centenario
del pontificato di Niccolò IV; Ascoli Piceno, 14-17 dicembre 1989, ed. Enrico Menestò, Spoleto,
CISAM, 1991 (Biblioteca del Centro per il collegamento degli studi medioevali e umanistici
in Umbria, 4), pp. 223-228, in partic. p. 223. In occasione del medesimo anniversario era
stato pubblicato anche un saggio, meno ambizioso dal punto di vista scientifico, di Gustavo
Parisciani, Niccolò IV. Fra Girolamo Masci d’Ascoli, primo papa francescano. VII centenario
del pontificato, 1288-1292, Ancona, Frati minori conventuali delle Marche, 1988.
2
Si pensi, ad esempio, alle postillae dominicales, conservate ancora inedite alla Biblioteca
Casanatense di Roma (Roma, Biblioteca Casanatense, ms. 1184, ff. 1r-188v), di cui Cesare
Cenci ha pubblicato gli incipit: Cesare Cenci, Le «Postillae Dominicales» di Fr. Girolamo
d’Ascoli, in «Antonianum», LXVIII (1993), pp. 485-525. Si tratta, in realtà, come ha potuto
constatare lo stesso Cenci, ‘di postille schematiche, di scarso apparente interesse’ (ibid., p. 490),
‘opera di un lettore, che non all’università ma in un convento o studio particolare preparava
i confratelli alla comprensione dei testi domenicali, per meditazione o predicazione; ed è
quanto di più arido si possa immaginare’ (ibid., p. 489). Sul contenuto di questo manoscritto
era già intervenuto qualche anno prima anche Antonino Franchi al quale lo stesso Cenci ne
aveva segnalato l’esistenza nella biblioteca romana: Antonino Franchi, Ritrovata un’opera
di Niccolò IV: i Sermones de tempore, in La ‘Supra montem’ di Niccolò IV (1289): genesi e
diffusione di una regola. Atti del V Convegno di studi francescani; Ascoli Piceno, 26-27 ottobre
1987, edd. Raffaele Pazzelli, Lino Temperini, Roma, Editrice Analecta TOR, 1988 (Analecta
Tertii Ordinis Regularis Sancti Francisci, 144), pp. 61-65.
Legati, delegati e l’impresa d’Oltremare (secoli XII-XIII) / Papal Legates, Delegates and the Crusades (12th
13th Century), Maria Pia Alberzoni, Pascal Montaubin (eds), Turnhout 2014 (Ecclesia militans 3),
pp. 365-405
© F H GDOI: 10.1484/M.EMI-EB.5.103495
366 Pietro Silanos
che affrontasse in modo più approfondito alcuni dei nodi lasciati aperti dal
convegno che allora si concludeva. Leonardi si riferiva, in particolare, ai rap-
porti intrattenuti da papa Niccolò IV con l’Oriente bizantino e alle modalità
approntate da quest’ultimo per arginare il problema dell’eresia.
A distanza di più di vent’anni l’invito dello storico direttore della Società
Internazionale per lo Studio del Medioevo Latino è rimasto sostanzialmente
disatteso, eccezion fatta per alcuni contributi relativi al mecenatismo del
papa ascolano3 e per la biografia storica scritta da Antonino Franchi, pre-
sumibilmente concepita e redatta prima dello svolgimento del convegno
sopraccitato e data alle stampe un anno avanti la pubblicazione degli atti
dello stesso; dunque, incapace, per ovvî motivi, di recepire e svolgere le sug-
gestioni di ricerca messe in luce in quell’occasione.4 Da allora, i contributi
specifici su Gerolamo d’Ascoli, poi papa con il nome di Niccolò IV, si sono
ridotti essenzialmente ad alcune voci biografiche.5
Anche la francescanistica non ha riservato particolare attenzione a
frate Gerolamo, caso alquanto strano se si pensa agli incarichi ricoperti da
quest’ultimo all’interno dell’ordine nella seconda metà del Duecento – con
ogni probabilità lector in teologia presso il convento romano di Santa Maria
3
Mi riferisco in particolare a Julian Gardner, The artistic patronage of Pope Nicholas IV,
in Oreficerie e smalti in Europa fra XIII e XV secolo. Atti del convegno di studi; Scuola Normale
Superiore di Pisa; 7-8 novembre 1996, ed. Anna Rosa Calderoni Masetti, Pisa, Scuola
Normale Superiore, 1997 (Annali della Scuola Normale Superiore di Pisa, Classe di Lettere
e Filosofia, ser. IV/2; Quaderni, 4), pp. 1-8 e Maria Elma Grelli, Niccolò IV, in Papi
marchigiani. Classi dirigenti, committenza artistica, mecenatismo urbano da Giovanni XVIII
a Pio IX, edd. Fabio Mariano, Stefano Papetti, Ancona, Il lavoro editoriale, 2000 (Grandi
opere), pp. 268-274.
4
Antonino Franchi, Nicolaus papa IV, 1288-1292 (Gerolamo d’Ascoli), Ascoli Piceno,
Edizioni Porziuncola, 1990. Vale la pena di citare anche il lavoro, pur datato, di Otto
Schiff, Studien zur Geschichte Papst Nikolaus’ IV., Berlin, Emil Ebering, 1897 (Historische
Studien, 5). Sulla bolla Supra montem di Niccolò IV è ritornato anche Gerard Pieter
Freeman, ‘Supra montem’. Die Regel für die Pönitenten von Papst Nikolaus IV. (1289), in
«Wissenschaft und Weisheit», LIII (1990), pp. 142-156; si vedano inoltre i saggi contenuti
negli atti del convegno ascolano del 1987 citati supra a nt. 2. Riflessioni al riguardo si trovano
anche in Giovanna Casagrande, Un Ordine per i laici. Penitenza e Penitenti nel Duecento,
in Francesco d’Assisi e il primo secolo di storia francescana, Torino, Einaudi, 1997 (Biblioteca
Einaudi, 1), pp. 237-255.
5
Mi riferisco a Giulia Barone, in LMA, VI (1993), col. 1171, s.v. Nikolaus IV.,
Papst (1288-1292); Ead., in Enciclopedia dei Papi, II (2000), coll. 455-459, s.v. Niccolò IV;
Gerhard Diehl, in BBKL, VI (1993), pp. 869-871, s.v. Nikolaus IV., Papst (1288-1292);
Olivier Guyotjeannin, Nicolas IV, in Dictionnaire historique de la papauté, ed. Philippe
Levillain, Paris, Fayard, 1994, pp. 1166-1167.
Adhereat lingua mea faucibus meis 367
6
È probabile, ma non certo, che siano da attribuire a Gerolamo d’Ascoli anche i sermoni ‘de
sanctis’ conservati presso la Biblioteca Nazionale Vittorio Emanuele III di Napoli (Napoli,
Biblioteca Nazionale Vittorio Emanuele III, VIII. A. 32.). Se così fosse si potrebbe ipotizzare
un suo insegnamento romano nel biennio 1268-1269 (Cenci, Le ‘Postillae Dominicales’,
p. 491).
7
Cesare Cenci ha ipotizzato che Bonaventura da Bagnoregio e Gerolamo d’Ascoli si
conobbero quando entrambi si trovavano a Roma. Il ministro generale, inoltre, secondo le
congetture di Cenci, avrebbe fatto in modo di indirizzare il futuro Niccolò IV verso incarichi
diplomatici o di governo ritenendolo per questi più idoneo (Cenci, Le ‘Postillae Dominicales’,
p. 491).
8
In particolare Antonino Franchi, Girolamo d’Ascoli: origini e formazione culturale
e religiosa, in Niccolò IV: un pontificato tra oriente e occidente, pp. 21-38; Edith Pásztor,
Girolamo d’Ascoli e Pietro di Giovanni Olivi, in ibidem, pp. 53-72; Maria Consiglia De
Matteis, Girolamo d’Ascoli: dall’esperienza francescana alla politica ecclesiastica, in ibidem,
pp. 91-108. A questi si aggiunga Franchi, Nicolaus IV, pp. 13-78.
9
Odulphus Van der Vat, Die Anfänge der Franziskanermissionen und ihre
Weiterentwicklung im nahen Orient und in den mohammedanischen Ländern während des 13.
368 Pietro Silanos
internazionale; Assisi, 12-14 ottobre 2000, Spoleto, CISAM, 2001 (Atti dei convegni della
Società internazionale di studi francescani di Assisi e del Centro interuniversitario di studi
francescani. Nuova serie, 11), pp. 63-88.
15
Il testo della Memoria Terre Sancte è tràdito dai manoscritti Paris, Bibliothèque
nationale de France, Lat. 5515, ff. 53v-62v e Lat. 5515A, ff. 49v-55v e Lat. 14693, ff.
37-42v, oltreché dai manoscritti Poitiers, Bibliothèque municipale, 263 e Leiden,
Universiteitsbibliotheek, 66.
16
Charles Kohler, che ha pubblicato il testo di questo progetto per il recupero della Terra
Santa, ipotizza che l’autore, almeno della prima parte, possa essere stato il nobile e poeta
inglese Ottone di Grandson (1240-1328) o qualcuno del suo entourage: Charles Kohler,
Deux projets de croisade en Terre-Sainte composés a la fin du XIIIe siècle et au début du XIV e, in
«Revue de l’Orient latin», X (1903-1904), pp. 406-457, in partic. pp. 416-420.
17
Ps 137, 5-6. Il racconto appare veritiero se si considera che nel novembre del 1271 Tedaldo
Visconti si trovava veramente ad Acri, come attestano gli Annales de Terre Sainte tràditi dai
manoscritti Paris, Bibliothèque nationale de France, Fr. 24941, ff. 48-59 e Fr. 6447, ff. 369-
370 Pietro Silanos
375 e pubblicati da Reinhold Röhricht e Gaston Raynaud nel 1884 (Annales de Terre Sainte,
edd. Reinhold Röhricht, Gaston Raynaud, in «Archives de l’Orient Latin», II (1884),
pp. 427-461, in partic. p. 455, dove si legge: ‘[…] et à x jors de novembre, se parti d’Acre
Theoalde, qui fu esleüs à pape de Roume […]’). Anche nell’anonima Vita di Gregorio X si trova
conferma di ciò (Vita ejusdem Gregorii papae X, in RIS 3/I (1734), coll. 599-605, in partic.
col. 601). Tale notizia è riportata anche nell’Historia della sacra religione et ill.ma militia di
S. Giovanni Gierosolimitano di Iacomo Bosio, 3 voll., Roma, appresso Guglielmo Facciotti,
1676-1684, I (1676), lib. xxii, p. 733b. Si veda anche Ludovico Gatto, Il pontificato di
Gregorio X (1271-1276), Napoli, Edizioni scientifiche italiane, 20072 (Quaderni di Clio, 9),
p. 136, il quale, tuttavia, asserisce erroneamente che il sermone fu pronunciato dal Visconti
sul sepolcro di Cristo a Gerusalemme. Egli, invece, lo pronunciò nella chiesa di Santa Croce
ad Acri e da lì ripartì per Brindisi alla fine del novembre 1271.
18
‘[…] Et ideo volumus hoc scriptum Memoriam nuncupare, quia recordamus quod papa
Gregorius X, quem merito nostris commendamus memoriis, quod apud Acon existens
fuit in papam electus, cum voluit populum Anco[ni]tanum, et antequam recederet, Deo
commendare, fecit sermonem proclamari in maiori ecclesia Anco[ni]tana, scilicet Sancte
Crucis, in quo nos, huius scripti compositores, presentes affuimus. Et illius sermonis fuit
thema hoc: Adhereat lingua mea faucibus meis, nisi meminero tui, Jerusalem. Post hoc dixit:
‘Filii mei Karissimi, quod in latino dixi, exponam vobis in gallico’. Et exponens illud dixit:
Nisi meminero tui, Jerusalem, hoc est nostri seu de nobis. Et tunc fuit magna pietas videre
planctum populi, assistentes et Deum lacrimis orantes quod sibi bonam vitam concederet et
posse complendi huius voluntatem […]’: Kohler, Deux projets de croisade, pp. 435-456, in
partic. pp. 435-436.
19
La notizia è riportata nel cap. xix del lib. xxxiv de L’Estoire de Eracles empereur dove si
cita la deposizione del vescovo e principe di Liegi, Enrico di Gheldria, ad opera dello stesso
papa Gregorio X durante una delle sessioni del II concilio lionese: ‘A. m.cc.lxxiiii. fu fait
li conciles au Lion sor le Rosne par pape Gregoire le Disime, et furent desposé a ce concile
l’evesque du Liege, et l’evesque de Rodes’ (L’Estoire de Eracles empereur et la conqueste de la
terre d’Outremer, in RHC. Occ, II (1859), lib. xxxiv, cap. xix, p. 465, in partic. nt. b, dove
il curatore osserva che ‘en 1262, il [scil. Enrico] abusa de Berthe, fille d’un seigneur appelé
Conrad le Frison, et maltraita Théald, son archidiacre, qui osa lui en faire des reproches’). La
medesima notizia si ritrova nell’Ordinatio Concilii Generalis Lugdunensis: durante la terza
Adhereat lingua mea faucibus meis 371
e qualche anno più tardi era partito alla volta della Terra Santa dove aveva
raggiunto tra l’inverno e la primavera del 1270 il principe inglese Edoardo.20
Egli aveva potuto toccare con mano, dunque, il precipitare delle condizioni
politico-militari del regno di Gerusalemme, pressato proprio in quegli anni
da un nuovo attacco mussulmano che aveva sottratto alle forze crociate
Giaffa, Cesarea e, più a nord, il principato di Antiochia.
I cardinali stessi che a Viterbo, dopo due anni e nove mesi d'impasse, ave-
vano scelto l’arcidiacono di Liegi, nel documento di notifica a lui inviato
espressero la speranza che il futuro papa affrontasse con decisione la situa-
zione critica dell’Oriente cristiano.21 Le parole del salmista scelte da papa
Gregorio X, dunque, sono un indizio interessante di un programma eccle-
siologico e politico che gli anni seguenti a governo della Chiesa avrebbero
confermato: realizzare ad ogni costo il passagium generalis Terre Sancte e la
sua liberazione.22 Per un papa della seconda metà del Duecento, tuttavia,
raggiungere tale traguardo, cruciale per il destino non solo dell’Oriente
sessione del concilio, il 3 luglio 1274, Gregorio X convocò il vescovo di Liegi ‘et propositis
quibusdam excessibus suis, sibi compulit eum cedere oneri et honori’ (Franchi, Il Concilio II
di Lione, p. 84).
20
Gatto, Il pontificato di Gregorio X, pp. 109-136.
21
‘[…] ille benedictus in secula, qui vos dignanter in suum assumpsit vicarium, et in christiani
populi patrem et dominum gratiosum, de vestris sanctis dabit provenire meritis, quod in
statum prosperum et iucundum resurgat Ecclesia generalis, ac etiam quod fidei catholice gloria
ubique votiva suscipiet incrementa; nec non quod Terre Sancte negotium facilem et felicem
sortietur effectum, maxime cum sit verisimile, quod Redemptoris nostri benignitas vos ad
Terram ipsam, illa de causa voluit personaliter pervenire, ut oculata fide visis eius angustiis
et tribulationibus intellectis, de illo sibi procuretis provideri subsidio, ex quo proveniat
acquisitionis perfecte gaudium, a longis retroactis temporibus laudabiliter expectatum […]’:
ASV, Arm. XXXI, t. 72, ff. 64r-64v, n. 126 edito in Antonino Franchi, Il conclave di
Viterbo (1268-1271) e le sue origini. Saggio con documenti inediti, Ascoli Piceno, Edizioni
Porziuncola, 1993, pp. 110-112. Sul conclave di Viterbo e sulla scelta di Tedaldo Visconti si
veda Andreas Fischer, Kardinäle im Konklave. Die lange Sedisvakanz der Jahre 1268 bis
1271, Tübingen, Niemeyer, 2008 (Bibliothek des Deutschen Historischen Instituts in Rom,
118), pp. 397-409.
22
Sylvia Schein, Fideles Crucis. The Papacy, the West, and the recovery of the Holy Land,
1274-1314, Oxford, Clarendon Press, 1991, pp. 20-44. Così il continuatore anonimo della
Historia di Guglielmo di Tiro commenta l’elezione di Tedaldo Visconti al soglio pontificio:
‘[…] Grant joie fu faite en Acre de cele eslection; car les gens de la terre avoient grant esperance,
que il, com cil avoit veu la destresse où il estoit, mettroit grant conseil à la deslivrance de la terre
[…] Il savoit bien le poure estat où il avoit lassi la sainte terre, et por ce qu’il savoit bien qu’il
ne poroit pas à Rome si bien accomplir son proposement […]’: Guillelmi Tyrensis continuata
belli sacri Historia, in PL, CCI (1855), coll. 894-1067, in particolare, lib. xxvi, col. 1058.
372 Pietro Silanos
23
Un quadro d’insieme di queste questioni si trova in Augustin Fliche, Yvonne Azaïs,
Le difficoltà dell’unità romana (1250-1274), in La cristianità romana (1198-1274), ed.
Mariano da Alatri, Torino, S.A.I.E., 1968 (Storia della Chiesa dalle origini ai nostri giorni,
10), pp. 557-658 e la parte dedicata a La centralisation romaine et l’unification de la chrétienté,
in Apogée de la papauté et expansion de la chrétienté (1054-1274), ed. André Vauchez, Paris,
Desclée, 1993 (Histoire du christianisme des origines à nos jours, 5), pp. 519-734.
24
Sulla missione diplomatica che portò all’infeudazione del Regno di Sicilia a Carlo I
d’Angiò, di cui furono protagonisti il notaio apostolico Alberto da Parma e il cardinale prete
di Santa Cecilia, Simone di Brion, oltre al saggio di Edith Pásztor, Lettere di Urbano IV
‘super negotio Regni Siciliae’, in Aus Kirche und Reich. Studien zu Theologie, Politik und
Recht im Mittelalter. Festschrift für Friederich Kempf, ed. Hubert Mordek, Sigmaringen,
J. Thorbecke, 1983, pp. 383-396 (ora anche in Edith Pásztor, Onus Apostolicae Sedis.
Curia romana e cardinalato XI-XIV, Roma, Edizioni Sintesi Informazione, 1999, pp. 229-
244), mi permetto di segnalare anche il mio Pietro Silanos, Gerardo Bianchi da Parma
(† 1302). La biografia di un cardinale-legato duecentesco, Roma, Herder, 2010 (Italia sacra.
Studi e documenti di storia ecclesiastica, 84), in partic. pp. 81-101, a cui va aggiunto il recente
e più dettagliato saggio di Pascal Montaubin, Royaume de Sicile, Capétiens et Plantagenets:
la mission et légation d’Alberto da Parma en 1252-1255, in Legati e delegati papali. Profili,
ambiti d’azione e tipologie d’intervento nei secoli XII-XIII, edd. Maria Pia Alberzoni, Claudia
Zey, con la collaborazione di Renato Mambretti, Pietro Silanos, Milano, Vita e Pensiero,
2012 (Università. Storia. Ricerche), pp. 159-193, incentrato in particolare sulla prima fase
del negotium Regni Siciliae con cui il papato intese sostituire gli Hohenstaufen alla guida del
Meridione d’Italia.
Adhereat lingua mea faucibus meis 373
25
Gianluca Borghese, Carlo I d’Angiò e il Mediterraneo. Politica, diplomazia e commercio
internazionale prima dei Vespri, Roma, École française de Rome, 2008 (Collection de l’École
française de Rome, 411), p. 8.
26
Franco Cardini, Niccolò IV e la crociata, in Niccolò IV: un pontificato tra oriente e
occidente, pp. 135-155, in partic. p. 137. Su questo si veda anche Borghese, Carlo I d’Angiò
e il Mediterraneo, il quale ha rivisitato la politica espansionistica di Carlo I d’Angiò nel
Mediterraneo orientale, restituendo una visione storiografica più equilibrata e al contempo
più rispettosa della complessità delle vicende politiche che segnarono il mare nostrum nella
seconda metà del XIII secolo.
27
Borghese, Carlo I d’Angiò e il Mediterraneo, pp. 7-49. Dalle considerazioni di Gianluca
Borghese emerge chiaramente che negli anni immediatamente successivi all’infeudazione
del regno di Sicilia, ovvero tra il 1264 e il 1269, il nemico più temuto dell’imperatore di
Bisanzio dovette essere Manfredi più che Carlo I, anche se quest’ultimo dovette suscitare
ugualmente diffidenza a Bisanzio ‘riproponendo una figura di crociato risoluto e violento
che a Costantinopoli era fin troppo nota dopo la IV crociata’ (Borghese, Carlo I d’Angiò
e il Mediterraneo, p. 10). Sul tema si veda anche Silvano Borsari, La politica bizantina di
Carlo I d’Angiò dal 1266 al 1271, in «Archivio storico per le province napoletane», XXXV
(1956), pp. 319-349.
28
Antonino Franchi, La svolta politico-ecclesiastica tra Roma e Bisanzio (1249-1254).
La legazione di Giovanni da Parma. Il ruolo di Federico II, Roma, Pontificium Athenaeum
Antonianum, 1981 (Spicilegium Pontificii Athaenei Antoniani, 21).
374 Pietro Silanos
29
Cardini, Niccolò IV e la crociata, p. 143.
30
In particolare: Franchi, Il problema orientale, pp. 18-28 e Id., La svolta politico-
ecclesiastica tra Roma e Bisanzio; Roberg, Die Union, pp. 29-77, per le trattative relative
al periodo 1261-1271; Roncaglia, Les frères mineurs, pp. 85-138, attento soprattutto
all’azione dei frati Minori.
31
Sul valore e le funzioni di questo ambito spaziale nelle domus cardinalizie e nei palazzi
papali del Duecento si veda Valentina Brancone, Le domus dei cardinali nella Roma
del Duecento. Gioielli, mobili, libri, Roma, Viella, 2010 (La corte dei papi, 10), pp. 109-124.
Adhereat lingua mea faucibus meis 375
32
Il testo delle convezioni viterbesi firmate il 24 maggio 1267 da Carlo I e Guglielmo II
di Villehardouin è conservato in Marseille, Archives départementales des Bouches-du-
Rhône, Cour des Comptes de Provence, B 366, n. 4, ed è stato pubblicato da Jean Longnon,
Le traité de Viterbe entre Charles I d’Anjou et Guillaume de Villehardouin prince de Morée, in
Studi in onore di Riccardo Filangieri, 3 voll., Napoli, La arte tipografica, 1959, I, pp. 307-314.
Sul contenuto di questo documento si veda anche Borsari, La politica bizantina, pp. 329-
331; Franchi, Il problema orientale, pp. 28-38; Borghese, Carlo I d’Angiò e il Mediterraneo,
pp. 13-19.
33
Il testo di questo secondo trattato è tramandato sia nella redazione di Carlo I sia in quella
di Baldovino II. Per la prima si sono conservati tre vidimus scritti e autenticati nel 1313 dal re
di Francia, Filippo IV il Bello: Paris, Archives nationales, J 509, nn. 7, 7bis, 7ter; trascrizione
in Layettes du Trésor des Chartes, 5 voll., edd. Jean Guérout, Élie Berger et al., Paris, Plon-
Nourrit, 1863-1909 (Inventaires et documents / Ministère d’État. Archives de l’Empire), IV
(1902), pp. 220-224, n. 5284. Si veda la trascrizione del testo anche in Recherches et matériaux
pour servir à une histoire de la domination française aux XIIIe, XIVe, XVe siècles dans le provinces
démembrées de l’empire grec à la suite de la 4e croisade, ed. Jean Alexandre Buchon, 2 voll.,
Paris, August Desrez, 1840, I, pp. 30-37. La seconda redazione si trova nel testo della ratifica
dei pacta di papa Clemente IV del 29 maggio 1267: Marseille, Archives départementales
des Bouches-du-Rhône, Cour des Comptes de Provence, B 366, nn. 5 e 6; edizione critica in
Antonino Franchi, I Vespri siciliani e le relazioni tra Roma e Bisanzio. Studio critico sulle
fonti, Assisi, Edizioni Porziuncola, 19972, pp. 148-161, n. 1.
376 Pietro Silanos
34
Borghese, Carlo I d’Angiò e il Mediterraneo, pp. 14-15.
35
Borghese, Carlo I d’Angiò e il Mediterraneo, pp. 16-17.
36
L’espressione ‘[…] καταστροφὴν ὁρᾷν τοῦ παντὸς […]’ è dello storico e politico bizantino,
Niceta Coniate, che fu spettatore della conquista di Costantinopoli da parte dei crociati
nel 1204: Nicaeta Choniata, Liber de rebus post captam urbem gestis, in PG, CXXXIX
(1894), col. 1024c.
37
Deno John Geanakoplos osserva che ‘Michael, realizing that any influence on papal
policy, whether achieved through spiritual or political means, would enable him to exert
pressure on Western politics, took care to maintain cordial relations with the Curia’: Deno
John Geanakoplos, Emperor Michael Palaeologus and the West, 1258-1282. A Study in
byzantine-latin relations, Cambridge (Massachusetts), Harvard University Press, 1959, p. 140.
Ugualmente, George Ostrogorsky, uno dei più fini conoscitori del mondo bizantino del XX
Adhereat lingua mea faucibus meis 377
secolo, sottolinea che ‘[…] in Occidente non mancavano certo i nemici del restaurato impero
bizantino: lo erano tutte le potenze che avevano avuto interesse all’esistenza dell’impero
latino. Ci si poteva aspettare un’aggressione in qualsiasi momento […] Soltanto le manovre
diplomatiche potevano evitare questo pericolo e per fortuna la diplomazia era una delle
qualità più spiccate di Michele VIII’: George Ostrogorsky, Storia dell’impero bizantino,
Torino, Einaudi, 200813 (ET Saggi, 124), pp. 410-423, in partic. p. 411. Nella bolla Imperialis
excellentie, inviata da Orvieto il 18 luglio 1263 da Urbano IV a Michele VIII Paleologo, in
effetti, il papa fa riferimento a un rescriptum imperiale, spedito da Bisanzio nell’estate del
medesimo anno, con il quale l’imperatore bizantino investiva il papa del compito di giudice
nelle questioni politiche tra latini e greci, richiesta molto apprezzata in curia: ‘[…] Ceterum
quia novissime hiis diebus rescriptum imperiale recepimus, in quo, inter alia, continebatur
expresse quod in causis seu questionibus, que tuum habet seu habere posset Imperium cum
Latinis, nullum alium judicem nisi solum Romanum pontificem et Romanam ecclesiam
habere proponis […]’ (Città del Vaticano, Archivio Segreto Vaticano, Reg. Vat. 26, f. 99v,
n. 158 edito in Les Registres d’Urbain IV, ed. Jean Guiraud, 4 voll., Paris, Albert Fontemoing,
IV (1901), pp. 134-140, n. 295, in partic. p. 140; Acta Urbani IV, Clementis IV, Gregorii X
(1261-1276) e registris vaticanis aliisque fontibus, ed. Aloisio Luigi Tautu, Roma, Typis
Polyglottis Vaticanis, 1953 (Pontificia Commissio ad redigendum codicem iuris canonici
orientalis. Fontes, ser. III, 5/I), pp. 14-26, n. 6; regesto in Potthast R, n. 18605). Si veda anche
Roncaglia, Les frères mineurs, pp. 121-124 e Roberg, Die Union, pp. 29-43.
38
Michele VIII Paleologo recuperò Costantinopoli, grazie all’aiuto dei genovesi, il 25 luglio
1261 e Jacques de Troyes fu eletto con il nome di Urbano IV a Viterbo il 29 agosto 1261. Cfr.
Simona Cerrini, in Enciclopedia dei Papi, II (2000), pp. 396-401, s.v. Urbano IV.
39
Appena riconquistata Costantinopoli, Michele VIII, tra l’estate e il dicembre 1261,
convocò occulte a Bisanzio il vescovo Niccolò da Durazzo, evidentemente per predisporre le
trattative di pace con il neoeletto pontefice. La notizia è riportata in una lettera di Urbano IV
del 1262 tràdita nel formulario di cancelleria di Marino da Eboli (Fritz Schillmann,
Die Formularsammlung des Marinus von Eboli, Roma, Regenberg, 1929 [Bibliothek des
Preußischen Historischen Instituts in Rom, 16], p. 81, n. 16). Su questa figura molto
importante per le relazioni diplomatiche tra Roma e Bisanzio si veda Antoine Dondaine,
Nicolas de Cotrone et les sources du Contra errores Graecorum de Saint Thomas, in «Freiburger
Zeitschrift für Philosophie und Theologie», XXVIII (1950), pp. 313-340 e Paolo Sambin,
Il vescovo cotronese Niccolò da Durazzo e un inventario di suoi codici latini e greci (1276), Roma,
Edizioni di Storia e Letteratura, 1954 (Note e discussioni erudite, 3), pp. 8-13, cui aggiungere
le notizie correttive in Franchi, Il problema orientale, pp. 26-28, in partic. p. 27, nt. 20 e
in Luca Pieralli, La corrispondenza diplomatica dell’imperatore bizantino con le potenze
estere nel tredicesimo secolo (1204-1282), Città del Vaticano, Archivio Segreto Vaticano, 2006
(Collectanea Archivi Vaticani, 54), pp. 161-161, nt. 5.
378 Pietro Silanos
Luigi IX, nel giugno del 1262, nel recupero dell’impero latino d’Oriente,
convinto che la presa di Costantinopoli da parte dei greci costituisse un
ostacolo insormontabile per la realizzazione della crociata in Terra Santa.40
Il re di Francia, tuttavia, non si dimostrò disponibile a combattere contro
un imperatore cristiano, sebbene scismatico, e ad aiutare l’imperatore latino
Baldovino II, verso il quale non provava particolare simpatia, persuaso che
l’unico vero nemico da combattere fosse a Gerusalemme.41
Di fronte alle resistenze di Luigi IX, a Urbano IV non restò altra alter-
nativa che intavolare trattative con i greci. Nell’estate del 1263, dunque,
mandò, in risposta a una richiesta dello stesso Paleologo di inviare nunzi a
Costantinopoli, una prima missione diplomatica composta da quattro frati
Minori selezionati dallo stesso ministro generale Bonaventura da Bagnoregio
– Simone d’Avernia, Pietro di Moras, Pietro di Crest e Bonifacio d’Ivrea –
con lo scopo di riattivare le trattative di pace.42
Tra la primavera e l’estate del 1263 Michele VIII si rivolse al papa, per
mezzo del vescovo crotonese Niccolò da Durazzo, lamentando l’incapacità
dimostrata fino a quel momento dagli ambasciatori papali di esporre chiara-
mente la dottrina della Chiesa latina, causa questa, a suo dire, del fallimento
dei tentativi di unione dei suoi predecessori.43 Seguiva nella lettera un
elogio del vescovo di Crotone il quale, giunto presso la corte imperiale di
Costantinopoli la vigilia di Natale del 1262, aveva invece giocato un ruolo
importante nel dibattito teologico con il clero bizantino, esponendo con
40
Città del Vaticano, Archivio Segreto Vaticano, Reg. Vat. 26, f. 35, n. 130; regesto in
Les Registres d’Urbain IV, p. 48, n. 132; Potthast R, n. 18350. Secondo George Ostrogorsky,
‘il papato non poteva accettare tranquillamente il fatto che Costantinopoli si sottraesse alla
Chiesa romana e che un impero greco scismatico si sostituisse a quello latino’ (Ostrogorsky,
Storia dell’impero bizantino, p. 412). Nel quadro di tale giudizio politico occorre annoverare
l’appoggio morale della curia a un dominio franco in Grecia in contrasto con Bisanzio
e la scomunica contro i genovesi rei di aver appoggiato economicamente e militarmente
Michele VIII (ibidem).
41
Jacques Le Goff, Saint Louis, Paris, Gallimard, 1996 (Bibliothèque des Histoires),
pp. 41-42.
42
Città del Vaticano, Archivio Segreto Vaticano, Reg. Vat. 26, ff. 106v-107v, nn. 185-189;
Acta Urbani IV, Clementis IV, Gregorii X, pp. 26-28, n. 7; regesto in Les Registres d’Urbain IV,
pp. 149-151, nn. 322-326; Potthast R, nn. 18606-18609, 18615. Si veda Roberg, Die Union,
p. 46 e Roncaglia, Les frères mineurs, pp. 125-127.
43
Città del Vaticano, Archivio Segreto Vaticano, Reg. Vat. 28, ff. 88r-89r, n. 34, edito
in Les Registres d’Urbain IV, pp. 356-357, n. 748. Si veda ora l’edizione critica in Pieralli,
La corrispondenza diplomatica, pp. 159-165, n. 7, il quale tuttavia riporta erroneamente tra le
edizioni la lettera di Urbano IV citata qui infra a nt. 46.
Adhereat lingua mea faucibus meis 379
44
Roberg, Die Union, p. 46, dubitando delle reali competenze teologiche di Michele VIII
osserva che in realtà con queste parole l’imperatore bizantino cercò solamente di attirare
l’attenzione di Urbano IV. La presenza di un vescovo cattolico a Costantinopoli, di madre
lingua greca – e dunque che non necessitava di interpreti – e ottimo conoscitore della teologia
dei padri, sia greci che latini – come documenta l’inventario di codici della sua biblioteca
trascritto nel suo testamento (Sambin, Il vescovo cotronese, pp. 15-22) – dovette apparire
a Michele VIII la condizione migliore per riaprire le trattative di unione e di conseguenza
per allontanare possibili minacce di attacchi da Occidente. Non solo, il fatto che l’ordine
con cui vengono citati i padri delle due Chiese nella lettera del Paleologo coincida con
quello riportato nel Libellus de fide Trinitatis, scritto da Niccolò da Durazzo e presentato
all’imperatore niceno Teodoro II Lascaris tra il 1254 e il 1256, fa pensare che dietro questa
missiva ci sia proprio il vescovo crotonese. Non è ben chiaro se questa figura godesse in questo
periodo di altrettanta stima presso la curia romana. La familiarità di Niccolò con gli ambienti
bizantini e l’importanza crescente che egli iniziò ad assumere nelle relazioni diplomatiche con
l’Oriente indussero Urbano IV – il quale, va notato, utilizzò sempre come propri agenti fidati,
almeno sino al maggio 1264, solo dei frati Minori mentre il vescovo Niccolò fu coinvolto
dalla parte greca –, probabilmente nel 1263, a sottoporre il Libellus all’esame del frate
Predicatore Tommaso d’Aquino. Ad ogni modo, la fortuna di Niccolò anche presso la corte
di Bisanzio non durò molto perché egli fu allontanato nel 1267. Cfr. Dondaine, Nicolas de
Cotrone, pp. 332-335; Sambin, Il vescovo cotronese, pp. 11-12 e Pieralli, La corrispondenza
diplomatica, p. 163, nt. 5.
45
‘[…] Ceterum vestram sanctam paternitatem rogamus, quatenus, sicut princeps omnium
sacerdotum et universalis doctor catholice Ecclesie, sollicitetis continua promptitudine ad
reuniendam eandem Ecclesiam amodo, cui loco beati Petri Deus precipue vos prefecit, quia
iam et nostram tranquillitatem ad hoc peragendum paratam sanctitas vestra habet ipsi matri
nostre Ecclesie super omnia et per omnia matri mee Ecclesie, supervenienti totius corporis
catholice Ecclesie, omnes gentes et patriarchales sedes, extento divina potentia brachio nostri
imperii, ac omnes nationes ad devotionem, obedientiam et amorem eiusdem Ecclesie nostri
tranquilli imperii potentia subiugabitur […]’: Pieralli, La corrispondenza diplomatica,
p. 164. Urbano IV conosceva molto bene la convulsa situazione della Terra Santa, essendo
stato tra il 1255 e il 1260 patriarca di Gerusalemme: Bernard F. Hamilton, The Latin
Church in the Crusades States. The Secular Church, London, Variorum, 1980, pp. 267-270.
380 Pietro Silanos
46
Città del Vaticano, Archivio Segreto Vaticano, Reg. Vat. 28, ff. 113r-114v, n. 134,
edito in Les Registres d’Urbain IV, pp. 405-408, n. 848; Acta Urbani IV, Clementis IV,
Gregorii X, pp. 31-37, n. 10.
47
Sarebbe interessante a questo proposito verificare la cronologia di questo negotium e di
quello per l’infeudazione del regno di Sicilia a Carlo I d’Angiò affidato al notaio papale
Alberto da Parma (cfr. supra, nt. 24). Deno John Geanakoplos, sottolineando esclusivamente i
motivi politici delle trattative tra Roma e Bisanzio, osserva che ‘to both sides union was simply
an instrument: for Michael it was only a means of warding off the danger of a Latin attack and
providing a repite from his Moreot defeats; to Urban it was primarily a way of preventing the
realization of this gravest fear – a Hohenstaufen Constatinople’ (Geanakoplos, Emperor
Michael Palaeologus, p. 180). Tale lettura dei fatti, pur cogliendo elementi importanti per
comprendere le relazioni tra greci e latini nei decenni centrali del XIII secolo, risulta, a mio
avviso, parziale se si considera che significato ricoprì dal punto di vista ecclesiologico oltre che
teologico l’unione delle due anime della cristianità, in un contesto storico, in particolare, nel
quale l’interpretazione della storia in chiave escatologica era particolarmente viva.
48
La lettera Ἦ ὃτε, contenuta nella raccolta del retore di corte Manuele Hobolos conservata
a Vienna (Wien, österreichische Nationalbibliothek, Vind. phil. gr. 321, ff. 141v-143v), è
Adhereat lingua mea faucibus meis 381
Clemente IV del 4 marzo 1267 la lettera del Paleologo non fu mai inviata,
altrimenti risulterebbe inspiegabile quanto il papa replica quando asserisce
tu de petitione praemissa tuis aliquid litteris duxeris inserendum, immo ab ea-
dem scriptura, utpote de cuius corroboratione iam elapso fere triennio non curas-
ti nec per nostros apocrisarios post superius nominatos novissime ad te missos.49
Sulla scorta di queste parole non si può accettare, dunque, la congettura
di Walter Norden circa un’ipotetica missione bizantina nel 1266.50 Una
prima legazione greca fu inviata, invece, tra il gennaio e il febbraio 1267.51
Non abbiamo nessuna lettera che ce lo conferma ma nella risposta soprac-
citata di Clemente IV si accenna alla richiesta presentata dagli apocrisiarii
imperiali al papa di firmare
quae a fratribus praedictis, Simone scilicet et collegius ipsius [scil. i frati Minori
inviati da Urbano IV], in tua, ut dicebant, praesentia fuerant acceptata, quae
cuiusdam scripturae series, quam in nostra protulerunt praesentia, continebat.52
Dunque, prima del marzo 1267 erano giunti in curia emissari di
Michele VIII che avevano esposto davanti al papa e al collegio cardinalizio,
‘verbis semplicis et evangelicae consonis’, una proposta greca di accordo. In
curia, tuttavia, si voleva discutere e trattare e non semplicemente firmare un
53
‘[…] Nos quoque petitionem a praefatis tuis apocrisiariis super ipsius scripturae roboratione
propositam, eiusdem scripturae inspecto tenorem, cum nonnulla quae continentur in ea nec
accomoda nec utilia, immo dispendiosa et damnosa potius tanto et tali negotio reputemus,
de praedictorum fratrum nostrum consilio, eiusdem negotii qualitate pensata, non duximus
admittendam […]’: Acta Urbani IV, Clementis IV, Gregorii X, p. 64.
54
Città del Vaticano, Archivio Segreto Vaticano, Reg. Vat. 30, ff. 59r-59v edito in
Scriptores Ordinis Praedicatorum recensiti notisque historicis et criticis illustrati, edd. Jacques
Quétif, Jacques Échard, Paris, Apud J. B. Christophorum Ballard, 1719-1721, I (1719),
p. 211; Acta Urbani IV, Clementis IV, Gregorii X, pp. 72-73, n. 26.
55
‘[…] Verum cum sit cordi nobis ad hoc mittere homines, qui testamenti scientia polleant
utriusque, et ingenio nihilominus praediti naturali, nec sint in gestibus incomposti, nec in
responsione praecipites, sed exacta potius gravitare laudandi, sciant in tempore proferre
sermonem, et eorum jactantiam quorum scientia multum est tenuis aequinamiter tolerare
[…]’: Acta Urbani IV, Clementis IV, Gregorii X, pp. 72-73, n. 26. Si prefigurava in questo
frangente una sorta di concorrenza tra i due ordini nella gestione del negotium per la reductio
Graecorum.
56
Sappiamo di questa richiesta dalla lettera di risposta di Urbano IV a Michele VIII del
18 luglio 1263. ‘[…] Demum autem tua sublimitas tam per easdem litteras quam etiam per
memoratos nuntios cum multa petivit instantia, ut aprocrisiarios seu legatos nostros, homines
Adhereat lingua mea faucibus meis 383
Ritengo che la sicurezza del nuovo piano stipulato nel maggio del 1267
a Viterbo per il recupero dell’impero latino d’Oriente tra Carlo I d’Angiò
e Baldovino II di Courtenay, e sottoscritto da Clemente IV stesso, abbia
influito in qualche modo nelle scelte del papa che si trovò dunque a poter
gestire le negoziazioni con i bizantini in una condizione di maggiore ‘potere
contrattuale’.57 Era ancora attuale la proposta fatta dalla curia nel 1262 a
Luigi IX per il recupero dei territori sottratti ai latini dal Paleologo. Dunque
il progetto viterbese, seppur complicato, non dovette sembrare così lontano
dalla realtà. Come osservato da Antonino Franchi, ‘la minaccia di ricorrere
ad alias vias, pur di ottenere la formale-materiale reductio Graecorum, stava
prendendo effettivamente la forma giuridica di un passagium militare in
Romania’.58
Quanto questo potesse apparire irrealistico al tempo – ipotesi sostenuta,
ad esempio, da Gianluca Borghese – non ci è dato saperlo, ma per come si
svolsero gli eventi in quei primi mesi del 1267, c’è da credere che una parte
della curia – e non solo – fosse fermamente convinta della sua possibile
realizzazione. L’orientamento del pontefice era, dunque, chiaro ma forse non
totalmente condiviso da tutti cardinali: lo documenta il fatto che dopo la sua
videlicet pacis et pacificos Christi discipulos, non gaudentes in vanitate verborum neque bono
pacis mundanam sapientiam praeponentes, ad tua praesentiam mitteremus […]’: Città del
Vaticano, Archivio Segreto Vaticano, Reg. Vat. 26, ff. 99v-102r, n. 158, edita in Les Registres
d’Urbain IV, pp. 134-140, n. 295; Acta Urbani IV, Clementis IV, Gregorii X, pp. 14-26, n. 6,
in partic. p. 16.
57
Fa riflettere a questo proposito il contenuto della lettera papale Si pressuris, datata 17
maggio 1267. In essa Clemente IV, rispondendo a una missiva di Michele VIII, nella quale
l’imperatore esprimeva le proprie perplessità circa l’invio di un contingente bizantino in
Cilicia – in aiuto del re armeno, Aitone I, oppresso dagli attacchi dei mamelucchi –, ribatte
con tono fermo e seccato che Michele VIII doveva preoccuparsi esclusivamente di tornare
all’unità con Roma e che se il clero greco avesse fatto resistenza a ciò egli, ‘si coercere adeo non
valeres’, avrebbe dovuto ‘evitare schismaticos’. Cfr. Città del Vaticano, Archivio Segreto
Vaticano, Reg. Vat. 30, f. 57v; edito in Acta Urbani IV, Clementis IV, Gregorii X, pp. 71-73, n.
25. Le titubanze di Michele VIII nei confronti di Clemente IV lasciano trasparire la coscienza
che l’imperatore greco doveva avere di trovarsi di fronte a un interlocutore ben diverso
rispetto a Urbano IV.
58
Franchi, Il problema orientale, p. 32. Secondo le congetture di Ostrogorsky, ‘il nuovo
re di Napoli e Sicilia era per Bisanzio un avversario molto più pericoloso di quanto non lo
fosse mai stato Manfredi’; questo per il semplice motivo che mentre ‘il discendente degli
Hohenstaufen era un nemico del papa, l’angioino era il suo protetto: esisteva cioè un grave
pericolo di un’aggressione contro Bisanzio appoggiata da Roma’ (Ostrogorsky, Storia
dell’impero bizantino, p. 414).
384 Pietro Silanos
morte ci vollero ben due anni e nove mesi per eleggere un nuovo papa, tra
l’altro attraverso un’elezione per compromesso.59
Certamente di orientamento differente sarebbe stato Tedaldo Visconti.
Nell’autunno del 1271, infatti, secondo il racconto del cronista greco Gior-
gio Pachymere, il neoeletto papa, prima di partire dalla Terra Santa alla volta
di Brindisi dove avrebbe raggiunto Roma per farsi consacrare e incoronare,
si preoccupò di inviare un piccolo gruppo di frati Minori a Costantinopoli
per comunicare a Michele VIII la sua ferma volontà di raggiungere a breve
l’unione.60 Iniziava, dunque, il cammino che avrebbe portato alla riconcilia-
59
Sulle trattative tra la curia e Michele VIII durante la lunga vacanza della sede apostolica
si vedano Fischer, Kardinäle im Konklave, pp. 376-383 e Franchi, Il problema orientale,
pp. 34-38. Si veda la lettera inviata dal collegio cardinalizio nel maggio del 1270 al cardinale
legato Rodolfo Grosparmi perché invitasse il re di Francia, Luigi IX, a condurre le trattative
per l’unione (Città del Vaticano, Archivio Segreto Vaticano, Reg. Vat. 29A, f. 107v,
n. 332, edita in Acta Urbani IV, Clementis IV, Gregorii X, pp. 78-84, n. 29). Fortunato
Iozzelli, Odo di Châteauroux. Politica e religione nei sermoni inediti, Padova, Bottega
d’Erasmo, 1994 (Deputazione abruzzese di storia patria. Studi e testi, 14), pp. 137-148,
ha affrontato il problema alla luce di due sermoni dedicati dal cardinale francese Eudes de
Châteauroux al tema dell’unione e indirizzati ai prelati riuniti in conclave (ibi, pp. 229-235,
n. 65 e pp. 236-239, n. 66). Se l’atteggiamento del cardinale vescovo di Tusculum di fronte al
problema dell’unione con i greci riflette le argomentazioni utilizzate da Clemente IV nelle
sue lettere – in particolare la centralità del primato romano e l’incondizionata obbedienza
che la Chiesa greca doveva al vescovo di Roma – fa tuttavia riflettere che egli suggerisca ai
cardinali elettori, e dunque a un possibile futuro pontefice, un metodo pastorale capace di
accogliere i greci e non solo di ammonirli. Riprendendo, infatti, la parabola del figlio prodigo
(Lc 15, 11-32) egli osserva: ‘[…] Utinam hoc impleretur diebus nostris! Hoc enim multum
desideraremus et affectaremus et pre aliis summus pontifex, qui paratus est occurrere filio
revertenti et cadere super collum eius, hoc est condescendere ei et incurvare se super eum, se ei
coaptando et quodammodo abbreviando […]’ (Iozzelli, Odo di Châteauroux, pp. 232-233).
Forse questo suggerimento tradisce un giudizio non propriamente positivo sulle modalità con
cui erano state condotte le trattative durante il pontificato di Clemente IV.
60
Riporto il testo nella versione latina secondo l’edizione del Corpus scriptorum historiae
bizantinae. ‘[…] Dum haec agitantur, Gregorio qui erat in Syria, viro late celebrato fama
virtutis et insigniter studioso antiquae ecclesiarum pacis atque concordiae, tandem in papalem
dignitatem vocato et e Syria Romam iam ad hoc proficiscenti, venit in mentem mittere ad
imperatorem certos homines cum literis, qui eum primum a se benevolentissime salutarent,
indicarentque sui vocationem ad papatum, denique declararent ingenti se ardere desiderio
procurandae pacis ecclesiarum et firmae inter eas conciliandae concordiae […], numquam
ei fore commodius tempus eius negotii tractandi quam se papalem obtinente dignitatem.
Talia cum Gregorius imperatori per frerios denuntiasset, manifestum fuit imperatore quidem
per pusillanimitatem solum, metu consternatum apparatum Caroli, ad istud procurandae
pacis ecclesiarum consilium appulisse animun, nullam unquam absque hoc foret, rei talis
Adhereat lingua mea faucibus meis 385
zione lionese del 1274; riconciliazione fragile certo ma che noi consideriamo
tale con il senno di poi e avendo presente gli sviluppi successivi.61 Al tempo
essa dovette apparire un compromesso riuscito, l’alba di quell’ut unum sit
tanto auspicato. È proprio in questo cammino di tre anni che s’inserisce la
missione diplomatica di Gerolamo d’Ascoli ad Graecos.
Giunto a Roma nella primavera del 1272, dal Laterano Gregorio X inviò
il 31 marzo all’arcivescovo di Sens, Pietro di Charny, e al clero della sua dio-
cesi la Salvator noster, lettera con cui indiceva un concilio generale a Lione
per il maggio 1274 presentandone i principali scopi: la liberazione della Terra
Santa, la reductio Graecorum e la riforma dei costumi e delle istituzioni eccle-
siastiche.62 L’ordine con cui sono riproposti nella Salvator noster le ragioni
profonde che avevano mosso il pontefice a convocare un concilio generale
non sono casuali.
Come già osservato, infatti, l’impresa d’Oltremare fu tra le priorità
dell’agenda politica del papa;63 dunque, non poteva non esserlo nell’agenda
stessa dell’assise ecclesiastica. Gregorio X, tuttavia, sapeva bene che per avere
qualche speranza di realizzare la promessa fatta davanti al popolo di San Gio-
vanni d’Acri nel settembre del 1271 – ‘adhaereat lingua mea faucibus meis,
si non meminero tui, Ierusalem’ – occorreva realisticamente affrontare e
risolvere la pace politico-militare tra greci e latini, la quale a sua volta sottin-
tendeva la reductio dei greci in seno alla Chiesa di Roma, con conseguente
accettazione della professio fidei, così come era stata proposta da Clemente IV,
e del primato petrino.64
Nella lettera di convocazione del concilio inviata all’intera cristianità
mancava, tuttavia, l’invito ai rappresentanti sia laici che ecclesiastici del
mondo greco, elemento che dovette preoccupare Michele VIII tanto da far-
gli inviare in Occidente una legazione, guidata dal frate Minore di origine
greca Giovanni Parastron, per confermare al papa la propria decisa volontà a
collaborare per l’unione.65 Il Paleologo chiese, inoltre, una tregua militare
con Carlo I d’Angiò che permettesse al pontefice di inviare una missione
diplomatica a Bisanzio per trattare con l’imperatore e il clero greco l’unione
e la pace con i latini. Gregorio X spiegherà in seguito all’imperatore bizan-
tino e al patriarca di Costantinopoli, Giuseppe I, che era intenzionato fin
da subito a inviare lettere e nunzi anche al clero greco ma che, dopo un
consulto con i cardinali, aveva deciso di aspettare (‘anxii expectantes’) e
di sospendere la missione, forse perché la presenza del re di Sicilia a Roma
richiedeva prudenza.66
64
L’Ordinatio Concilii Generalis Lugdunensis – il diario del concilio – descrive la scena in
cui il papa, nella prima sessione del 7 maggio 1274, dopo aver sermocinato a commento di
un passo del ventiduesimo capitolo del vangelo di Luca (‘Et ait illis: “Desiderio desideravi
hoc Pascha manducare vobiscum, antequam patiar”’, Lc 22, 15) fece la prima allocuzione
conciliare sui tre scopi dell'assise: ‘[…] Quo finito, et pausato aliquantulum, [Gregorius] cepit
alloqui Concilio, narrando motum et votum animi sui, et causas propter quas evocaverat
Concilium; et super quibus, scilicet, super subsidio terre sancte, super unione Graecorum, et
super reformatione morum […]’ (Franchi, Il Concilio II di Lione, pp. 72-73).
65
Girolamo Gobulovich, Cenni storici su Fr. Giovanni Parastron, Minorita greco di
Costantinopoli, legato dall’Imperatore greco al Papa (1272-75), in «Bessarione», X (1906),
pp. 295-304.
66
Si tratta delle lettere Qui miseratione (Città del Vaticano, Archivio Segreto
Vaticano, Reg. Vat. 37, ff. 58v-61r, n. 37 edita in Les Registres de Grégoire X, pp. 67-73, n.
194; Acta Urbani IV, Clementis IV, Gregorii X, pp. 91-100, n. 32) e Multo sicut (Città del
Vaticano, Archivio Segreto Vaticano, Reg. Vat. 37, ff. 61v-62r, n. 39 edita in Les Registres
de Grégoire X, p. 74, n. 196; Acta Urbani IV, Clementis IV, Gregorii X, pp. 103-104, n. 34)
indirizzate rispettivamente all’imperatore Michele VIII e al patriarca greco Giuseppe I. Nella
Qui miseratione Gregorio X afferma: ‘[…] Super quo [scil. la convocazione del concilio] licet
ab exordio indictionis huiusmodi [concilii] ad Magnificentiam Tuam litteras et nuntios
disposuerimus destinare, ipsorum tamen consulto, suspendimus missionem, anxii expectantes,
ut a Te super hiis quae felicis recordationis Clemens papa praedecessor noster novissime Tuae
Celsitudini scripserat, apocrisiariis receptis aliquibus, nostros plenius mitteremus instructos
[…]’ (Les Registres de Grégoire X, p. 68; Acta Urbani IV, Clementis IV, Gregorii X, pp. 92-93).
Adhereat lingua mea faucibus meis 387
Nel testo segue la presentazione dei quattro nunzi – ‘viros quidem pauperes
spiritu, sed divites fide’71 – e la proposta di due modalità per procedere nelle
trattative diplomatiche: la prima, già proposta da Urbano IV, Clemente IV e
dal collegio cardinalizio durante la vacanza della sede apostolica a Viterbo e
ritenuta dallo stesso Gregorio salubrior e aptior, prevedeva che i greci accet-
tassero prima le questioni de fide proposte dalla curia romana per giungere poi
a trattare quelle de caritate, cioè la pace politica con i latini – sono persuaso
che Gregorio X riproponesse solo formalmente questo iter delle trattative
ma che in realtà credesse poco alla sua effettiva realizzazione –;72 la seconda,
invece, come ai tempi delle relazioni instauratesi tra Innocenzo IV e Giovanni
Vatatze – periodo in cui le due anime della cristianità si erano realmente ria-
vvicinate ed erano state a un passo dall’unione – prevedeva una trattativa
contemporanea su entrambi gli aspetti, sia quelli de fide che quelli de caritate.
Per questa seconda modalità il papa suggeriva anche la prassi e i tempi di
svolgimento. Essa doveva comportare, in primis, la stesura di una lettera da
parte dell’imperatore bizantino e del patriarca greco di Costantinopoli da
rilasciare ai nunzi pontifici presenti a Bisanzio il cui contenuto prevedesse
innanzitutto la dichiarazione di aver ricevuto la professione di fede romana
con l’espressione riguardante il primato romano cui doveva seguire l’inserto
della lettera rilasciata ai nunzi; in secondo luogo, il riconoscimento della
Romanorum Pontificum stabili definitione firmatam, nec ipse voluit nec Nos intendimus,
sicut nec decet nec foret expediens, in dubium, novo ipsam exponendo examini, revocare.
Cuius seriem, ad maiorem certitudinem, ne forsan eius copiam casus abstulerit vel illius
memoriam obliterarit oblivio necnon et illorum quae circa eiusdem Ecclesiae Romanae
primatum idem praedecessor C<lemens> a te, tuis clero et populo supradictis acceptari ac
recipi voluit, licet eadem per praedictas ipsius praedecessoris C<lementis> litteras ad tuam
notitia pervenisse credamus, praesentibus duximus annectendam, quae talis est […]’, cui segue
la formula fidei così come proposta da Clemente IV (Les Registres de Grégoire X, pp. 70-71;
Acta Urbani IV, Clementis IV, Gregorii X, p. 97).
71
‘[…] Nos igitur meditatione pensantes idem negotium tam utiliter, tam perpenso consilio
et exacta maturitate dispositum, et electum ad executionem ipsius ab eisdem predecessori
bus nostris ordinem imitandum potius quam mutandum, dilectos filios religiosos viros,
fratres Jeronymum de Esculo, Raymundum Berengarii, Bonagratiam de sancto Johanne in
Persiceto, et Bonaventuram de Mugello, de Ordine Minorum, viros quidem pauperes spiritu,
sed divites fide, mundi hujus contemptis divitiis ceterisque abjectis illecebris post Christum
simul in unum divitem et pauperem per suorum, quantum eis ab ipso conceditur, gradiendo
semitam mandatorum, ipsum veram Sapientiam imitantes, decrevimus ad tuam Celsitudinem
destinandos […]’ (Les Registres de Grégoire X, p. 71; Acta Urbani IV, Clementis IV, Gregorii X,
p. 97).
72
Les Registres de Grégoire X, p. 72; Acta Urbani IV, Clementis IV, Gregorii X, p. 98.
Adhereat lingua mea faucibus meis 389
73
Les Registres de Grégoire X, p. 72; Acta Urbani IV, Clementis IV, Gregorii X, pp. 98-99.
74
Città del Vaticano, Archivio Segreto Vaticano, Reg. Vat. 24, f. 181r, n. 325.
75
Franchi, La svolta politico-ecclesiastica, pp. 11-59 e 83-134.
76
Città del Vaticano, Archivio Segreto Vaticano, Reg. Vat. 37, f. 61v, n. 38 edita in Les
Registres de Grégoire X, pp. 73-74, n. 195; Acta Urbani IV, Clementis IV, Gregorii X, pp. 100-
102, n. 33.
390 Pietro Silanos
77
‘[…] Vel si praedictum verbum “recognoscimus” haberi non possit, recipiantur loco
eius verba haec seu aequipollentia: “Nos itaque memoratus imperator, vobiscum et cum
eadem sancta Romana Ecclesia, matre nostra, convenimus in suprascriptum fidei catholicae
veritatem”. Et deinde promissio de recognitione ipsius fidei cum expressione primatus tam per
apocrisiarios quam per ipsum imperatorem ac praedictos suos clerum et popolum facienda,
sicut supra, repetatur […]’ (Les Registres de Grégoire X, p. 73; Acta Urbani IV, Clementis IV,
Gregorii X, p. 102).
78
‘[…] Quod si ne praedictum verbum “convenimus” possit haberi, obtineantur saltem loco
eius sive pro ipso, verba subscripta vel aequipollentia: “Desideramus eandem fidem agnoscere,
suscipere et profiteri et Vobiscum et cum sacrosanta Romana Ecclesia, matre nostra”, sive “ipsi
sacrosantae Romanae Ecclesiae, matri nostrae, in eiusdem fidei professione uniri et ad ipsius
sacrosantae Romanae Ecclesiae oboedientiam venire, primatum ipsius recognoscere, acceptare
ac etiam recipere”. Et post haec repetatur similiter promissio supradicta […]’ (Les Registres de
Grégoire X, pp. 73-74; Acta Urbani IV, Clementis IV, Gregorii X, p. 102).
79
Ostrogorsky, Storia dell’impero bizantino, pp. 419-420.
80
Dossier grec de l’union de Lyon, pp. 300-305, n. 2. Nelle richieste che Gregorio X aveva
presentato a Michele VIII, oltre al riconoscimento del credo secondo la formulazione romana,
si pretendeva l’accettazione della dottrina del Purgatorio, dei sette sacramenti – in particolare
del matrimonio – e del primato del papa ( Jean Darrouzès, Les documents grecs concernant
le Concile de Lyon, in 1274. Année charnière, pp. 167-178).
Adhereat lingua mea faucibus meis 391
suoi agenti,81 e la Cum vos ad, del 5 novembre 1272, con la quale assicurava ai
missi che il Paleologo avrebbe dovuto inviare a Lione i necessari salvacondotti
per raggiungere la sede apostolica e per tornare successivamente in Oriente.82
In questo gruppo di lettere va inserita anche la Multo sicut te del 25
ottobre 1272, indirizzata al patriarca greco di Costantinopoli Giuseppe I.83
In essa il papa, dopo aver sottolineato quante energie fossero state spese dalla
sede apostolica per giungere alla unio caritatis, illustrava al patriarca greco
le ragioni che lo avevano mosso a indire il concilio (‘ad providendum utili-
ter succursu necessario Terrae Sanctae necnon de reformatione morum, qui
videtur in clero et populo graviter deformati’); seguiva la richiesta esplicita al
patriarca ecumenico di un’effettiva e responsabile collaborazione per il buon
esito della riconciliazione ed, infine, l’invito esplicito a lui e a tutto il clero
greco a partecipare all’assise lionese (‘rogamus et petimus, ut tu et illi, qui-
bus per te id denunciari volumus, ad idem Concilium, in loco in quo illud
congregari contiget, personaliter veniatis’). Giuseppe I, tuttavia, si rifiutò
non solo di collaborare ma anche di partecipare al concilio e, dopo il 1274,
fu sostituito da Giovanni Bekkos.
Nel dossier di lettere della legazione ad Graecos del 1272 va compresa
anche un’altra missiva molto importante per ricostruire il quadro delle trat-
tative, tràdita dalla raccolta di lettere del notaio papale Berardo Caracciolo.
Si tratta della Tractatum de reductione diretta al re di Sicilia Carlo I.84 La let-
tera è da datare prima del 26 ottobre 1272. Dunque, nel dossier che stiamo
analizzando, sarebbe la prima in ordine cronologico delle lettere fatte prepa-
rare dal pontefice alla propria cancelleria. Tale elemento non è banale se ne
si considera il contenuto.
81
Città del Vaticano, Archivio Segreto Vaticano, Reg. Vat. 37, f. 62r, n. 40; regesto in
Les Registres de Grégoire X, p. 74, n. 197; Potthast R, n. 20638.
82
Città del Vaticano, Archivio Segreto Vaticano, Reg. Vat. 37, f. 62v, n. 42; regesto in
Les Registres de Grégoire X, p. 75, n. 199; Potthast R, n. 20638.
83
Città del Vaticano, Archivio Segreto Vaticano, Reg. Vat. 37, f. 61v, n. 39 edita in Les
Registres de Grégoire X, p. 74, n. 196; Acta Urbani IV, Clementis IV, Gregorii X, pp. 103-104,
n. 34. Gli editori dell’École Française errano, tuttavia, a datarla 1 novembre 1272, dato che
il dettato del registro recita ‘datum ut supra’ e la lettera che precede la suddetta è la In litteris
quas del 25 ottobre 1272.
84
Città del Vaticano, Archivio Segreto Vaticano, Reg. Vat. 29A, ff. 186r-186v, n.
337 edita in Veterum scriptorum et monumentorum historicorum, dogmaticorum, moralium
amplissima collectio, edd. Edmond Martène, Ursinus Durand, 9 voll., Paris, Montalant, 1724-
1733, VII (1733), coll. 229-230, n. 8; regesto in Les Registres de Grégoire X, p. 348, n. 851;
Fleuchaus, Die Briefsammlung des Berard von Neapel, p. 413, n. 315; Potthast R, n. 20811.
392 Pietro Silanos
Città del Vaticano, Archivio Segreto Vaticano, Reg. Vat. 37, f. 62r-62v, n. 41 e anche
86
Città del Vaticano, Archivio Segreto Vaticano, Reg. Vat. 29A, f. 187, n. 340 edita in Les
Registres de Grégoire X, p. 75, n. 198; regesto in Fleuchaus, Die Briefsammlung des Berard
von Neapel, p. 414, n. 318; Potthast R, n. 20639.
Adhereat lingua mea faucibus meis 393
87
Franchi, La svolta politico-ecclesiastica, pp. 48-52, in partic. p. 48, nt. 59.
88
Città del Vaticano, Archivio Segreto Vaticano, Reg. Vat. 29A, f. 186v, n. 338 edita in
Veterum scriptorum, coll. 230-231, n. 9; regesto in Les Registres de Grégoire X, p. 348, n. 852;
Fleuchaus, Die Briefsammlung des Berard von Neapel, p. 413, n. 316; Potthast R, n. 20812.
89
Città del Vaticano, Archivio Segreto Vaticano, Reg. Vat. 29A, f. 186v-187r, n. 339
edita in Veterum scriptorum, coll. 231-232, n. 10; regesto in Les Registres de Grégoire X, p. 348,
n. 853; Fleuchaus, Die Briefsammlung des Berard von Neapel, p. 414, n. 317; Potthast R,
n. 20778.
90
‘[…] Illa insuper mentem nostram consideratio gravius anxiat, quod inter carissimum in
Christo filium nostrum imperatorem Constantinopolitanum illustrem et regem eundem
aliqua tractata dicuntur, quae vel grave possent tanto negotio impedimentum afferre, vel per
ignorantiam forte vel negligentiam graviter ipsorum imperatoris et regis animos perturbare
[…]’: Veterum scriptorum, col. 232.
91
Veterum scriptorum, col. 232.
394 Pietro Silanos
92
Il testo della lettera di Gerolamo d’Ascoli, conservato oggi in Osnabrück,
Niedersächsisches Staatsarchiv, Depositum 58d, f. 128r, è stato pubblicato per la prima
volta da Heinrich Finke, Konzilienstudien zur Geschichte des 13. Jahrhunderts, Münster,
Regensberg, 1891, pp. 119-120, n. 3 e, in seguito, da Roberg, Die Union, pp. 226-228, n. 1.
93
Città del Vaticano, Archivio Segreto Vaticano, Reg. Vat. 29A, f. 192v-193v, n. 352
e Osnabrück, Niedersächsisches Staatsarchiv, Depositum 58d, ff. 130v-131r edita in Acta
Adhereat lingua mea faucibus meis 395
sancti gaudentes Dei memoria. Post cuius sermonem lecte sunt predicte lictere’: Franchi, Il
Concilio II di Lione, pp. 76-77.
97
Lo conferma l’intestazione stessa della relazione nella quale si legge: ‘Item litterae ad
concilium transmissae de errore Graecorum, quem tenebant. Frater Ieronimus missus a
domino papa Gregorio X ad inquirendum de statu Graecorum rescripsit ista, quae sequuntur,
domino papae dicens […]’ (Roberg, Die Union, p. 229).
98
Fa riflettere a questo proposito la conclusione della lettera del 7 aprile inviata dai nunzi
a Gregorio X. In essa il frate ascolano, dopo aver accennato alle resistenze del patriarca greco
Giuseppe I, scriveva al papa che lo stesso patriarca aveva scritto a Gregorio X ‘litteras, quas
portamus et clausae sunt et in casula bullatae’, il cui ‘tenorem autem ipse nobis retulit et
vobis oretenus referemus’ (Roberg, Die Union, p. 229). Dunque, accanto alle lettere che
furono esposte pubblicamente alla fine della seconda sessione del concilio ce ne furono altre,
comprese quelle del patriarca Giuseppe I, che furono lette in segreto solamente al papa. Non è
da escludere che Gerolamo d’Ascoli relazionasse in questa occasione anche su quello che aveva
visto a Costantinopoli nei mesi della legazione e che riteneva in contrasto con la dottrina
cattolica.
99
Città del Vaticano, Archivio Segreto Vaticano, Reg. Vat. 37, f. 104r-106r, n. 10 edita
in Les Registres de Grégoire X, pp. 119-122, n. 313; Pieralli, La corrispondenza diplomatica,
pp. 209-218, n. 11 e Città del Vaticano, Archivio Segreto Vaticano, Reg. Vat. 37, f. 106r,
Adhereat lingua mea faucibus meis 397
– a causa della quale morirono duecentoquattordici uomini tra i quali due legati greci –,
giunsero in Puglia il 5 aprile.
103
Pieralli, La corrispondenza diplomatica, p. 223.
104
Città del Vaticano, Archivio Segreto Vaticano, Reg. Vat. 29A, f. 190v-192r,
n. 350 e Bordeaux, Bibliothèque municipale, ms. 761, ff. 128r-128v; Osnabrück,
Niedersächsisches Staatsarchiv, Depositum 58d, ff. 131v e Oxford, Bodleian Library, Auct.
F. 3. 10, ff. 214v-215r; edizione critica in Pieralli, La corrispondenza diplomatica, pp. 239-
246, n. 13.
105
Città del Vaticano, Archivio Segreto Vaticano, Reg. Vat. 29A, f. 194v, n. 355 e
Bordeaux, Bibliothèque municipale, ms. 761, ff. 130r; Osnabrück, Niedersächsisches
Staatsarchiv, Depositum 58d, ff. 130v e Oxford, Bodleian Library, Auct. F. 3. 10, ff.
216r-216v; edizione critica in Pieralli, La corrispondenza diplomatica, pp. 247-250, n. 14.
Adhereat lingua mea faucibus meis 399
106
La letteratura scientifica sui legati e delegati papali del Medioevo e della prima Età
moderna negli ultimi decenni si è molto arricchita anche grazie a un rinnovato e più
generale interesse per la storia della prassi diplomatica europea. Mi limito qui a rimandare
alla recente introduzione di Claudia Zey, Maria Pia Alberzoni, Legati e delegati
papali (secoli XII-XIII): stato della ricerca e questioni aperte, in Legati e delegati papali,
pp. 3-27, in cui sono discussi gli indirizzi più recenti della storiografia e dove si trova la
bibliografia più aggiornata.
107
Claudia Zey, Die Augen des Papstes. Zu Eigenschaften und Vollmachten päpstlicher
Legaten, in Römisches Zentrum und kirchliche Peripherie. Das universale Papsttum als
Bezugspunkt der Kirchen von den Reformpäpsten bis zu Innocenz III., edd. Jochen Johrendt,
Harald Müller, Berlin – New York, de Gruyter, 2008 (Neue Abhandlungen der Akademie
der Wissenschaften zu Göttingen. Philologisch-Historische Klasse. Neue Folge, 2),
pp. 77-108 e Harald Müller, Entscheidung auf Nachfrage. Die delegierten Richter als
Verbindungsglieder zwischen Kurie und Region sowie als Gradmesser päpstlicher Autorität,
ibid., pp. 109-131.
108
Si pensi ad esempio allo studio di Tapio Salminen, In the Pope’s Clothes: Legatine
Representation and Apostolical Insignia in High Medieval Europe, in Roma, Magistra
Mundi. Itineraria culturae medievalis. Mélanges offerts au Père L.E. Boyle à l’occasion
de son 75e anniversaire, ed. Jacqueline Hamesse, 3 voll., Louvain-La-Neuve, Fédération
Internationale Des Instituts d’Études Médiévales, 1998 (Textes et études du moyen âge,
10/III), III, pp. 339-354 o a quello di Thérèse Boespflug, La représentation du pape
au Moyen Âge : les légats pontificaux au XIIIe siècle, in «Mélanges de l’École Française de
400 Pietro Silanos
Rome. Moyen Âge», CXIV (2002), pp. 59-72. Sulla cultura dei rappresentanti del papa si
veda Bruno Galland, Les hommes de culture dans la diplomatie pontificale au XIIIe siècle,
in «Mélanges de l’École Française de Rome. Moyen Âge», CVIII (1996), pp. 615-643.
109
Werner Maleczek, La propaganda antiimperiale nell’Italia federiciana: l’attività dei
legati papali, in Federico II e le città italiane, edd. Pierre Toubert, Agostino Paravicini Bagliani,
Palermo, Sellerio, 1994, pp. 290-303; Andrea Tilatti, ‘Legatus de latere domini pape’.
Il cardinale Latino e le costituzioni del 1279, in Scritti in onore di Girolamo Arnaldi offerti
dalla Scuola nazionale di studi medievali, Roma, Istituto storico italiano per il Medio Evo,
2001 (Nuovi studi storici, 54), pp. 513-543; Maria Pia Alberzoni, Le armi del legato:
Gregorio da Montelongo nello scontro tra Papato e Impero, in La propaganda politica nel basso
medioevo. Atti del XXXVIII Convegno storico internazionale; Todi, 14-17 ottobre 2001,
Spoleto, CISAM, 2002 (Atti dei Convegni del Centro italiano di studi sul basso medioevo
- Accademia Tudertina e del Centro di studi sulla spiritualità medievale. Nuova serie, 15),
pp. 177-239; Andrea Tilatti, Legati del papa e propaganda nel Duecento, ibi, pp. 145-176;
Maria Pia Alberzoni, Il rigore del legato. Gerardo da Sesso a Bologna (1211), in Scritti di
storia medievale offerti a Maria Consiglia De Matteis, ed. Berardo Pio, Spoleto, CISAM, 2011
(Uomini e mondi medievali, 27), pp. 1-29.
110
Clifford Ian Kyer, Legatus and Nuntius as Used to Denote Papal Envoys: 1245-
1378, in «Mediaeval Studies», XL (1978), pp. 473-477, in partic. p. 474, nt. 6. Per ciò
che concerne le medesime figure attive presso le corti laiche si vedano gli studi di Donald
Queller, The Office of Ambassador in the Middle Ages, Princeton, Princeton University
Press, 1967 e Id., Thirteenth-century Diplomatic Envoys: Nuncii and Procuratores, in
«Speculum», XXXV (1960), pp. 196-213. Di recente si veda anche il volume Aus der
Frühzeit europäischer Diplomatie. Zum geistlichen und weltlichen Gesandtschaftswesen
vom 12. bis zum 15. Jahrhundert, ed. Claudia Zey, Claudia Märtl, Zürich, Chronos
Verlag, 2008.
Adhereat lingua mea faucibus meis 401
111
A una medesima considerazione è giunto anche Kyer, Legatus and Nuntius, p. 474, il
quale osserva: ‘[…] It is important that we distinguish between official documents emanating
from papal curia and unoffficial accounts, such as biographies, chronicles and the like. Many
authors, especially chroniclers, used legatus and nuntius interchangeably, for the same reason
that many people today do not differentiate between the terms envoy and ambassador […]’.
112
Queller, Thirteenth-century Diplomatic Envoys, pp. 199-200.
113
Queller, Thirteenth-century Diplomatic Envoys, p. 202.
114
Queller, Thirteenth-century Diplomatic Envoys, p. 199, nt. 2.
115
Richard Schmutz, Medieval Papal Representatives: Legates, Nuncios, and Judges-
delegate, in Post Scripta. Essays on Medieval Law and the Emergence of the European State in
Honor of Gaines Post, edd. Joseph Strayer, Donald Queller, Roma, Libreria Ateneo Salesiano,
1972 (Studia gratiana, 15), pp. 441-463, in partic. p. 458.
402 Pietro Silanos
116
Sulla classificazione dei rappresentanti pontifici nel pensiero canonistico medievale e sul
loro significato simbolico, in particolare dei legati a latere, si vedano gli studi di Robert
Figueira, The Classification of Medieval Papal Legates in the Liber Extra, in «Archivum
Historiae Pontificae», XXI (1983), pp. 211-228; Id., ‘Legatus apostolice sedis’: the Pope’s ‘alter
ego’, in «Studi Medievali», XXVII (1986), pp. 527-574; Id., Papal reserved powers and the
limitations on legatine authority, in Popes, teachers and canon law in the Middle Ages, edd. James
Ross Sweeney, Stanley Chodorow, Ithaca (NY), Cornell University Press, 1989, pp. 191-211;
Id., Subdelegation by papal legates in Thirteenth-century canon law: powers and limitations, in
In iure veritas. Studies in canon law in memory of Schafer Williams, edd. Steven B. Bowman,
Blanche E. Cody, Cincinnati, University of Cincinnati, 1991, pp. 56-79; Id., The Medieval
papal legate and his province: geographical limits of jurisdiction, in Plenitude of power. The
doctrines and exercise of authority in the Middle Ages. Essays in memory of Robert Louis Benson,
Aldershot, Ashgate, 2006 (Church, faith and culture in the Medieval West), pp. 73-105.
117
Galland, Les hommes de culture, p. 620.
118
In alcuni casi, ad esempio, essi furono utilizzati dalla sede apostolica quali collettori di
finanze utili ai negotia curie: Città del Vaticano, Archivio Segreto Vaticano, Reg. Vat. 21,
f. 361r, n. 392; regesto in Les Registres d’Innocent IV, I (1884), p. 354, n. 2388; Città del
Adhereat lingua mea faucibus meis 403
Vaticano, Archivio Segreto Vaticano, Reg. Vat. 21, f. 427r, n. 110; regesto in Les Registres
d’Innocent IV, p. 453, n. 3026.
119
Città del Vaticano, Archivio Segreto Vaticano, Reg. Vat. 21, f. 13v-14r, n. 84; f.
14r-14v, n. 89; f. 15r, n. 93; editi in Constitutiones regum Germaniae, ed. Georg Heinrich
Pertz, MGH. L 2 (1837), pp. 342-344; regesti in Les Registres d’Innocent IV, pp. 19-20, nn. 84,
89, 93; Potthast R, nn. 11117, 11121. Sulle trattative di pace tra Federico II e Innocenzo IV
si veda Wolfang Stürner, Federico II e l’apogeo dell’impero, Roma, Salerno editrice, 2009,
pp. 930-932.
120
Città del Vaticano, Archivio Segreto Vaticano, Reg. Vat. 21, f. 553v-554r, nn. 25-32;
regesti in Les Registres d’Innocent IV, pp. 618-619, nn. 4075-4082; Potthast R, nn. 12764,
12765, 12770, 127771, 12772.
404 Pietro Silanos
sappiamo che lo stesso Jacques era stato mandato nel regno di Germania
quale lator ‘pro negotiis ecclesiae in Regno promovendis Alamanniae’.121
Nella medesima lettera il papa richiedeva agli arcivescovi e vescovi Ale-
manniae di sostenere le spese della missione di Jacques e della sua familia.
Tenendo presente che Jacques nel 1251 fu inviato nel regno di Germania
come lator – figura assimilabile a quella del nuntius –, si può tornare alla
missione del 1247 e immaginare che anche in quell’occasione egli fosse stato
inviato come lator nuntius. Se così fosse fanno riflettere i poteri concessi al
cappellano papale, certamente non compatibili con il semplice incarico di
messaggero: esercitare liberamente la censura ecclesiastica nei confronti del
clero di ogni grado, dei religiosi e dei laici; assolvere dalla sentenza di scomu-
nica; conferire liberamente benefici ecclesiastici.
La casistica potrebbe e dovrebbe essere ampliata per giungere a considera-
zioni più solide.122 I casi sopraccitati, tuttavia, sono ugualmente indicativi di
come all’interno della stessa cancelleria papale la terminologia riferentesi ai
rappresentanti del papa sia ancora a metà del Duecento in una fase gestatoria.
Inoltre, nelle lettere papali si ritrovano spesso figure, indicate con i termini di
latores o nuntii, svolgere missioni importanti e ottenere poteri giurisdizionali
che eccedono quelli dei semplici messaggeri. Casi simili si possono ritrovare
anche prima del pontificato di Innocenzo IV. Si pensi, ad esempio, alle prime
missioni diplomatiche in terra iberica affidate da Innocenzo III al monaco
di Fossanova, Raniero da Ponza, con lo scopo di pacificare le casate regnanti
della penisola e predicare contro l’eresia123 o ancora all’attività diplomatica
svolta nel 1227 dal frate Predicatore Guala da Bergamo presso l’imperatore
Federico II.124
121
Città del Vaticano, Archivio Segreto Vaticano, Reg. Vat. 22, f. 84v, n. 21; regesto in
Les Registres d’Innocent IV, p. 230, n. 5289; Potthast R, n. 14203.
122
Mi riprometto di ritornare sull’argomento in un prossimo studio sull’evoluzione
dell’ufficio della nunziatura nel XIII secolo.
123
Maria Pia Alberzoni, Raniero da Ponza e la curia romana, in «Florensia», XI
(1997), pp. 83-114. La storica osserva, in riferimento alla prima lettera inviata a Raniero per
la missione iberica del 1198, che ‘sebbene […] Raniero non venisse investito della dignità
legatizia nel senso tecnico del termine, l’autorità che gli veniva riconosciuta doveva in ogni
caso essere grande’ (ibi, p. 92). Anche in questo caso, dunque, ci troviamo di fronte a un missus
papale che non fu propriamente un legato ma che esercitò funzioni più ampie di quelle di una
semplice speaking letter, per usare l’espressione quelleriana.
124
Marco Rainini, Guala da Bergamo e la curia romana (1219-1230). Relazioni, incarichi
e problemi di definizione, in Legati e delegati papali, pp. 129-158.
Adhereat lingua mea faucibus meis 405
Sembra si possa concludere che, soprattutto nel corso del XIII secolo, in
particolare con la diffusione e la trasformazione interna degli ordini Mendi-
canti, il papato faccia sempre più ricorso per le missioni più delicate a figure
non di spicco della curia, ma a personaggi fidati – non a caso coinvolti tra
le fila di quegli ordini religiosi che rispecchiavano in modo sempre più lim-
pido gli orientamenti ideologici della curia125 –, ritenuti idonei per compiti
estremamente delicati o da svolgere nell’ombra, le cui iniziative diplomatiche
potevano essere poi suggellate pubblicamente con l’invio di cardinali legati.
Anche il caso della missione diplomatica ad Graecos svolta da Gerolamo
d’Ascoli sembra confermare questa ipotesi. Egli non fu una figura di spicco
in curia, almeno sino al 1274 – anno in cui gli fu affidato il governo dell’or-
dine dei frati Minori –, ma certamente dovette essere conosciuto per via
dell’insegnamento teologico svolto a Roma negli anni precedenti all’inca-
rico diplomatico e per il rapporto stretto con uno dei cardinali più influenti
della curia, nonché suo confratello, Bonaventura da Bagnoregio. Osservando
nello specifico il caso del frate ascolano si comprende quanto la preparazione
teologica, oltreché la probabile conoscenza del greco, furono elementi deci-
sivi nella scelta del papa. Il negoziato, infatti, implicava la capacità di muo-
versi nei meandri di sottigliezze teologiche nelle quali si giocava una partita
decisiva con i greci, come quella de fide.
La conoscenza teologica, la familiarità con la lingua greca, l’apparte-
nenza a un ordine percepito dall’imperatore Michele VIII come più idoneo
a portare avanti la trattativa teologica senza ingenerare ulteriori fratture,
ma al contempo giudicato dalla curia fedele alle proprie direttive politico-
ecclesiali, furono tutti elementi che contribuirono a suggerire la candidatura
di Gerolamo d’Ascoli per una missione che nel quadro degli interessi del
pontificato di Gregorio X si prefigurò come una, se non la più importante e
decisiva, in quanto preludio per la sua vera missione: non dimenticare Geru-
salemme e liberarla nuovamente.
Giuseppe Ligato
Deus meus, Deus meus,
ut quid dereliquisti me?
(Mt 27, 46)
A
lla vigilia del disastro di S. Giovanni d’Acri (18 maggio 1291) la
Curia romana concentrò le prerogative ecclesiastiche e politiche
nelle mani del domenicano Nicola de Hanapes, legato papale e
patriarca gerosolimitano, lasciando alle altre autorità un ruolo subordinato
e tecnico.1 L’Occidente non era più in ansia per un Outremer indebolito
e confuso dalla proliferazione dei poteri: Burcardo del Monte Sion aveva
scritto che Acri ‘ad regem pertinet’, ma il re Enrico II di Lusignano non
poteva mediare fra troppi interessi confliggenti2 i quali, fra Ordini Militari,
comunità italiane e legazioni di varie monarchie costituivano quasi venti
1
Ancora utilizzabile la biografia in Scriptores Ordinis fratrum praedicatorum recensiti, edd.
Jacques Quetif, Jacques Echard, 2 voll, Paris, 1719-1721, I (1719), pp. 422 seqq.
2
Excidii Acconis gestorum collectio, in The Fall of Acre, ed. Robert Burchard Constantijn
Huygens, CCM 202 (2004), pp. 69, 72-73; Burchardus de Monte Sion, Descriptio
Terrae Sanctae, in Peregrinatores Medii Aevi quatuor, ed. Johann Carl Moritz Laurent, Lipsiae,
J. C. Hinrichs, 1864, p. 23 e ibid., nt. 29; Franciscus Quaresmius, Historica, theologica et
moralis Terrae Sanctae elucidatio, 2 voll., Venetiis, typis Antonellianis, 18822, II, p. 675; Peter
W. Edbury, The Kingdom of Cyprus and the Crusades, 1191-1374, Cambridge, Cambridge
University Press, 1994, p. 99. Dopo la rinuncia angioina all’Outremer era subentrata la
dinastia cipriota: Jean Richard, Un partage de seigneurie entre Francs et Mamelouks: les
casaux de Sur, in «Syria», XXX (1953), pp. 72-82, in partic. p. 72; Peter Malcolm Holt,
Qalawun’s treaty with Acre in 1283, in «English Historical Review», XCI (1976), pp. 802-
812; Alain Demurger, Tramonto e fine dei cavalieri templari. L’avventurosa storia di Jacques
de Molay, l’ultimo templare, Roma, Newton Compton, 2004 (orig.: Id., Jacques de Molay,
Paris, Biographie Payot, 2002), p. 58.
Legati, delegati e l’impresa d’Oltremare (secoli XII-XIII) / Papal Legates, Delegates and the Crusades (12th
13th Century), Maria Pia Alberzoni, Pascal Montaubin (eds), Turnhout 2014 (Ecclesia militans 3),
pp. 407-442
© F H GDOI: 10.1484/M.EMI-EB.5.103496
408 Giuseppe Ligato
3
Fidentius Pataviensis, Liber de recuperatione Terre Sancte, in Projects de croisade
(v. 1290-v. 1330), ed. Jacques Paviot, Paris, Académie des Inscriptions et Belles-Lettres, 2008
(Documents relatifs à l’histoire des croisades, 20), pp. 68-69; Johannes Elemosina, Liber
historiarum S. Romane Ecclesie, in Biblioteca bio-bibliografica della Terra Santa e dell’Oriente
francescano, ed. Girolamo Golubovich, 5 voll., Firenze, Collegio di S. Bonaventura, 1906-
1927, II (1913), p. 109; Die Weltchronik des Mönks Albert, 1273/77-1454/66, ed. Rolf
Sprandel, MGH. SRG NS 17 (1994), p. 50; Heberardus Ratisbonensis, Annales, ed.
Philipp Jaffé, MGH. SS 17 (1861), p. 594; Petrus Cantinelli, Chronicon, ed. Francesco
Torraca, in RIS 28/II (19022), p. 65; Giovanni Villani, Nuova cronica, ed. Giuseppe
Porta, 3 voll., Parma, Guanda, 1990, I, pp. 618, 620; Iohannes abbas Victoriensis,
Liber certarum historiarum, ed. Fedor Schneider, MGH. SRG 36/I (1909), pp. 302, 304;
Franciscus Pipinus, Chronicon, RIS 9 (1726), col. 734; Andrea Naugerio, Storia
veneziana, in RIS 23, col. 1006; Antoninus Florentinus, Opus Chronicorum, 3 voll.,
Lugduni, ex officina Iuntarum, 1587, III, pp. 231-232; Tholomaeus de Fiadonis, Annales,
ed. Bernhard Schmeidler, MGH. SRG NS 8 (1930), p. 220; Id., Historia ecclesiastica nova,
ed. Ottavio Clavuot, MGH. SS 39 (2009), pp. 503, 629-630; Ludolphus de Sudheim
[attr.], De itinere Terrae Sanctae, in «Archives de l’Orient latin», II (1884), Documents,
pp. 339-340; Jean Richard, La confrérie des Mosserins d’Acre et les marchands de Mossoul
au XIIIe siècle, in «L’Orient syrien», XI (1966), pp. 455-456, ibid. nt. 16. Theodoricus
de Nieheim, Cronica, in Id., Historie de gestis Romanorum principum-Cronica-Gesta Karoli
Magni imperatoris, ed. Katharina Colberg, Joachim Leuschner, Stuttgart, A. Hiersemann,
1980 (Monumenta Germaniae Historica. Schriften des späteren Mittelalters, 5/II), p. 277
cita solo il re, gli ospitalieri, i veneziani e i pisani. V. anche Quaresmius, Historica, II, p. 675.
4
Quaresmius, Historica, II, p. 675. Sui legati papae cfr. Naugerio, Storia veneziana,
col. 1006.
Nicola de Hanapes 409
5
Les registres de Nicolas IV. Recueil des bulles de ce pape, ed. Ernest Langlois, 2 voll., Paris,
Thorin, 1886-93 (Bibliothèque des Ecoles Françaises d’Athènes et de Rome, s. 2, 5), nn. 620,
4387, 4400 (regesto basato anche su quello di Potthast, che pertanto sarà qui citato solo
occasionalmente: cfr. James Daniel Ryan, Nicholas IV and the Evolution of the Eastern
Missionary Effort, in «Archivum historiae pontificiae», XIX (1981), pp. 79-95, in partic. p. 82
nt. 5); Bullarium Franciscanum Romanorum pontificum constitutiones, epistolas, ac diplomata
continens tribus Ordinibus Minorum, Clarissarum, et Poenitentium a seraphico patriarcha
sancto Francisco institutis concessa ab illorum exordio ad nostra usque tempora, ed. Johannes
Hyacinthus Sbaralea, 4 voll., Roma, Typis Sacrae Congregationis de Propaganda Fide, 1759-
1768, IV (1768), n. 331; Cronaca del Templare di Tiro (1243-1314), ed. Laura Minervini,
Napoli, Liguori, 2000 (Nuovo Medioevo, 59), p. 198; Tholomaeus de Fiadonis, Historia,
p. 629; Id., Annales, p. 220; Edbury, The Kingdom, p. 99 e le altre lettere papali ivi citate;
Pierre-Vincent Claverie, L’Ordre du Temple en Terre Sainte et à Chypre au XIIIe siècle, 3
voll., Nicosie, Centre de Recherche Scientifique, 2005, III, pp. 587-588; David Jacoby, The
supply of war materials to Egypt in the Crusader period, in «Israel studies in Arabic and Islam»,
XXV (2001), pp. 102-132, in partic. p. 124. Per errore il Platina, che pone al vertice della
coeva Latinitas orientale templari, teutonici, re di Cipro e di Sicilia, aggiunge un patriarca
Constantinopolitanus: Platyna, Liber de vita Christi ac omnium pontificum, ed. Giacinto
Gaida, RIS 3/I (19322), pp. 255-256. Non figura tra i potenti citati nella lettera papale
del 15 ottobre 1290 Ottone de Grandson, che stava organizzando la crociata di Edoardo I
d’Inghilterra (Odoricus Raynaldus, Annales ecclesiastici, 15 voll., Lucca, typ. L. Venturini,
1747-1756, IV (1749), pp. 95-96; Ryan, Nicholas IV, p. 86), ma solo perché a quella data stava
presso la Curia papale a Orvieto; figura in Oriente poco prima del ritorno degli ambasciatori
di Acri dall’incontro con il nuovo sultano Ashraf degli ultimi mesi del 1290. Cfr. Chronicon
domini Walteri de Hemingburgh [Guisborough], ed. Hans Claude Hamilton, 2 voll., London,
Sumptibus Societatis, 1848-1849, II (1849), p. 24; Charles Lethbridge Kingsford, Sir
Otho de Grandison, 1238?-1328, in «Transactions of the Royal Historical Society», S. III, III
(1909), pp. 125-195, in partic. pp. 125-129, 132-134, pp. 138, 139 nt. 1, 140-141, 136, ibid.
nt. 3. Progetti di Niccolò IV per una crociata francoinglese: Annales Colmarienses maiores, ed.
Philipp Jaffé, MGH. SS 17 (1861), pp. 217-218.
6
Les registres, nn. 4391-94; 4395-99 (con la cooptazione del vescovo di Tortosa).
7
Sylvia Schein, The Patriarchs of Jerusalem in the late Thirteenth Century: ‘Seignors
espiritueles et temporeles’?, in «Outremer». Studies in the History of the Crusading Kingdom
of Jerusalem presented to Joshua Prawer, ed. Benjamin Zeev Kedar, Hans Eberhard Mayer,
Raimund Charles Smail, Jerusalem, Yad Izhak Ben-Zvi Institute, 1982, pp. 297-305, in partic.
pp. 297-298, 301.
410 Giuseppe Ligato
8
Les registres, nn. 85-95; Potthast R, n. 22693, rettificato da Antonio Franchi,
Nicolaus papa IV, 1288-1292 (Girolamo d’Ascoli), Ascoli Piceno, Edizioni Porziuncola, 1990,
p. 193 nt. 3. V. pure Oriens Christianus, ed. Michel Le Quien, 3 voll., Paris, ex Typographia
regia, 1740, III, col. 1262-1263; Les familles d’Outre-Mer de Du Cange, ed. Emmanuel M.
Rey, Paris, Imprimerie impériale, 1869, p. 733; Scriptores Ordinis fratrum praedicatorum, I,
p. 422; V. Le Clerq, Nicholas de Hanapes, patriarche de Jérusalem, in «Histoire littéraire
de la France», XX (1895), p. 53; Bernard Hamilton, The Latin Church in the Crusader
States. The Secular Church, London, Variorum Publications, 1980, p. 304; Schein, The
Patriarchs, pp. 298-299.
9
Les registres, nn. 219-24; Acta pontificum Romanorum ab Innocentio V ad Benedictum XI
(1276-1304), ed. Ferdinand Delorme, Città del Vaticano, Typis Polyglottis Vaticanis
(Pontificia Commissio ad redigendum codicem iuris canonici Orientalis. Fontes, S. III, 5/II),
1954, n. 78; Schein, The Patriarchs, p. 298; Franchi, Nicolaus papa IV, p. 193; A New Text of
the «Annales de Terre Sainte», ed. Peter W. Edbury, in «In laudem Hierosolymitani». Studies
in Crusades and Medieval Culture in Honour of Benjamin Z. Kedar, edd. Iris Shagrir, Ronnie
Ellenblum, Jonathan Simon Christopher Riley-Smith, Aldershot – Burlington, Ashgate,
2007, p. 160 (lezione preferibile a quella degli Annales curata dal Röhricht in «Archives de
l’Orient latin», II (1884), Documents, p. 454).
10
Hamilton, The Latin Church, pp. 278-279; Schein, The Patriarchs, p. 303. Ma ad
Acri pisani e veneziani ‘religiosorum non patiebantur imperia’, Bartholomaeus de
Neocastro, Historia Sicula, ed. Giuseppe Paladino, RIS 13/III (19222), p. 132; Michel
Balard, Les communes italiennes et les ordres militaires à Acre: aspects juridiques, territoriaux
et militaires (1104-1187, 1191-1291), in État et colonisation au Moyen Âge et à la Renaissance,
ed. Michel Balard, Lyon, La Manufacture, 1989, p. 193. Idem a Tripoli pochi anni prima:
Cronaca del Templare, p. 142.
11
Les registres, nn. 620-22, 4400; Schein, The Patriarchs, pp. 301-302; Edbury, The Kingdom,
pp. 97-98. Sui poteri del vescovo di Tripoli: Excerpta ex chronico Jordani, in Antiquitates
Italicae Medii Aevi, ed. Ludovicus Antonius Muratori, 6 voll., Milano,1738-1742, IV
(1741), coll. 1016-17 (sull’origine dell’opera: Biblioteca bio-bibliografica, II, p. 77 nt. 1, ibid.,
p. 78); Marinus Sanutus senior, Liber secretorum fidelium crucis super Terrae Sanctae
recuperatione et conservatione, in Gesta Dei per Francos, sive orientalium expeditionum, et regni
Nicola de Hanapes 411
Francorum hierosolimitani historia a variis, sed illius aevi scriptoribus, litteris commendata, ed.
Jacques Bongars, 2 voll., Hannover, Typis Wechelianis apud heredes Ioan. Aubrii, 1611, II
(rist. Jerusalem, Massada Press, 1972), p. 230; Marinus Sanutus iunior, Vite dei duchi di
Venezia, RIS 22 (1900), col. 576; Les registres, n. 4400. Parla di ‘guida nominale’ della crociata
da parte di Bernardo Franco Cardini, Gilberto di Tournai: un francescano predicatore della
crociata, in Id., Studi sulla storia e sull’idea di crociata, Roma, Jouvence, 1993 (già in «Studi
francescani», LXXII (1975), pp. 31-48), p. 292. Capo della sola flotta secondo Hamilton,
The Latin Church, p. 240.
12
Fidentius Pataviensis, Liber, pp. 68-69; Johannes Elemosina, Liber, p. 109;
Franchi, Nicolaus papa IV, p. 193; Schein, The Patriarchs, pp. 300-301. Qualcuno indicò
nella discordia fra gli Ordini Militari una causa del disastro: Thomas Ebendorfer,
Chronica Austriae, ed. Alphons Lhotsky, MGH. SRG NS, 13 (1967), p. 230.
13
Regesta regni Hierosolymitani (1097-1291), ed. Reinhold Röhricht, 2 voll., Oeniponti,
Libraria Academica Wagneriana, 1893, I, n. 1495; Schein, The Patriarchs, pp. 299-300.
14
V. infra e Schein, The Patriarchs, p. 303. Nell’esame del messaggio, tra i Christiani in
senso generico spicca il magister templare (ma la fonte definisce semplicemente Christiani
pure gli aggressori del 1290: De rege Edwardo I, in Bartholomaeus de Cotton, Historia
Anglicana (A. D. 449-1298), necnon ejusdem Liber do Archiepiscopis et Episcopis Angliae, ed.
Henry Richard Luard, Rolls Series, 16 (1859), p. 431). Il ruolo dell’Ordine è esaltato dal
Templare di Tiro: v. Jacopo Mordenti, Templari in Terrasanta. L’Oltremare del Templare
di Tiro, Milano, Encyclomedia Publishers, 2011, passim e in partic. pp. 184 seqq.
15
Les registres, nn. 2252-58, 2269-70. Secondo Ryan, Nicholas IV, p. 85 nt. 9, la lettera
papale di cui ai Registres, n. 2270 costituisce l’assegnazione del comando della crociata
all’Hanapes, ma si tratta essenzialmente di istruzioni per la predicazione della crociata. Su tale
tema v. anche Christoph T. Maier, Preaching the Crusades. Mendicant Friars and the Cross
in the Thirteenth Century, Cambridge, Cambridge University Press, 1994, p. 94; Franchi,
Nicolaus papa IV, p. 195.
412 Giuseppe Ligato
16
Les registres, nn. 1357, 2056, 2251, 2258, 4388-89; Ryan, Nicholas IV, p. 82. Sui poteri
del vescovo v. pure supra. Solo iniziale e provvisoria la parificazione dei due prelati sotto
l’aspetto finanziario: Les registres, n. 2259 (17 settembre 1289). Le istruzioni per il riutilizzo
della flotta nell’autunno del 1290 li riguardano entrambi (Les registres, nn. 4386, 4389), ma
il legato doveva vigilare anche sull’operato del vescovo e spese anche per le fortificazioni una
parte dei fondi pontifici: David Jacoby, Two notes on Crusader Acre, in «Zeitschrift des
Deutschen Palästina-Vereins», CIX (1993), p. 95.
17
Les registres, nn. 620, 2252-57, 4400; Regesta regni Hierosolymitani, nn. 1393, 1480, 1496,
1505; ibid., p. 392 nt. 1; Cronaca del Templare, pp. 198-220; Excidii, pp. 50, 57, 61-62, 90;
Magister Thadeus, Ystoria de desolatione et conculcatione civitatis Acconensis et tocius
Terre Sancte, in The Fall of Acre, p. 121; Johannes Iperius, Chronicon Sancti Bertini, in
Thesaurus novus anecdotorum, edd. Edmond Martène, Ursin Durand, 5 voll., Paris, sumptibus
Fl. Delaulne, 1717, III/1, col. 770; Marinus Sanutus senior, Liber, pp. 225, 230; R.
Röhricht, Annales de Terre Sainte, in «Archives de l’Orient latin», II (1884), p. 460; V. Le
Clerq, Relation anonyme de la prise d’Acre en 1291, in «Histoire littéraire de la France», XX
(1895), p. 87; Christopher J. Marshall, The French regiment in the East, 1254-1291, in
«Journal of Medieval History», XV (1989), pp. 301-307, in partic. pp. 302 e 304-305. Sul
Grailly v. anche Demurger, Tramonto e fine, p. 27; Jonathan Riley-Smith, The Crown
of France and Acre, 1254-1291, in France and the Holy Land. Frankish Culture at the End of
the Crusades, ed. Daniel H. Weiss, Lisa Mahoney, Baltimore-London, The Johns Hopkins
University Press, 2004, p. 56. Altri considerano capitaneus della città il magister templare, che
la cronaca di sant’Antonino chiama Benigno, ‘capitaneus principalis civitatis et custodiae’; ma
la fonte di Antonino oltre a conoscere il nome del magister (Guglielmo de Beaujeu, corrotto
in Belgiù; Belgiuoco in Cronica fiorentina compilata nel sec. XIII, in Testi fiorentini del Dugento
e dei primi del Trecento, ed. Alfredo Schiaffini, Firenze, Sansoni, 1954, p. 137) lo designa
‘capitano generale della guerra, e della guardia della terra’ (e parla di ‘capitani’ in generale
come fa Excidii, p. 52 riguardo alle diverse autorità in città: cfr. Marinus Sanutus senior,
Liber, p. 231): Villani, Nuova cronica, pp. 619 e 620 (per influsso del lessico coevo);
Antoninus Florentinus, Opus, p. 232. Cfr. Naugerio, Storia veneziana, col. 1006. Bar
Hebraeus attribuisce il comando generale a un ‘gran conte’, la cui morte causata da una freccia
lo fa però identificare con il magister Templi effettivamente ucciso con un’arma da lancio:
Cronaca del Templare, p. 216; The Chronography of Gregory Abu’l Faraj (Bar Hebraeus) the
son of Aaron the hebrew physician commonly known as Bar Hebraeus being the first part of his
political history of the world, ed. Ernest A. Wallis Budge, I, London, Oxford University Press,
1932, p. 493. Secondo Chronicon domini Walteri, II, pp. 23-24, Qalawun considerava propri
interlocutori negoziali templari, ospitalieri e imprecisati ceteros Christianos.
Nicola de Hanapes 413
18
Marinus Sanutus senior, Liber, p. 230; Edbury, The Kingdom, pp. 98-99.
19
Bartholomaeus de Neocastro, Historia, p. 114; Kingsford, Sir Otho, passim.
20
Les registres, nn. 4400-01; Johannes Iperius, Chronicon, col. 770, che integra e chiarisce
la versione fornita da Marinus Sanutus senior, Liber, p. 230.
21
Les registres, n. 4385. Pure Fidentius Pataviensis, Liber, pp. 70, 127 seqq., 166
invocava un capitaneus o dux della nuova crociata, ma per concentrare i poteri in una figura
altamente idealizzata e moralizzatrice. Cfr. Johannes Elemosina, Liber, pp. 108-109.
22
Les registres, nn. 4390, 4395-99; Claverie, L’Ordre, III, p. 588.
23
Annales Mediolanenses, in RIS 16 (1730), col. 682. Dopo il ritorno di re Enrico a Cipro,
suo fratello Almarico fu nominato ad Acri ‘ad custodiam civitatis’ secondo il Sanudo, ma
Taddeo considera l’Hanapes ‘in civitatis custodia’ (in senso militare secondo alcuni) almeno
alla fine dell’assedio mentre Cristoforo di Cipro attribuisce l’Aconis urbis principatum a
templari e ospitalieri: Marinus Sanutus senior, Liber, p. 230; Christophorus
Cyprius, Chronicae rerum gestarum Genuensium, Biblioteca bio-bibliografica, II, p. 205;
Magister Thadeus, Ystoria, p. 112; Schein, The Patriarchs, p. 304. Anche Edoardo
Plantageneto era giunto venti anni prima ‘ad Terram Sanctam custodiendam’: Guillelmus
Tripolitanus, Notitia de Machometo - De Statu Sarracenorum, ed. Peter Engels, Würzburg,
Echter Verlag, 1992 (Corpus Islamo-Christianum. Series Latina, 4), pp. 322-324. L’azione
dell’Hanapes fu moderatrice e armonizzatrice: Excidii, pp. 61-62.
24
Quaresmius, Historica, p. 675 (e ibidem: ‘hospitalarii sancti sepulchri’). Sul ruolo
armeno: Les registres, n. 622; Donald P. Little, The Fall of Akka in 690/1290: the Muslim
Version, in Studies in Islamic History and Civilization in Honour of Professor David Ayalon, ed.
Mose Sharon, Jerusalem-Leiden, Brill, 1986, pp. 159-182, in partic. p. 175.
414 Giuseppe Ligato
un servitium militare del patriarca era di vecchia data25 e risale ai primi tempi
del capitolo canonicale del Santo Sepolcro a lui sottoposto: persa Gerusa-
lemme, ai canonici ritiratisi ad Acri risulta rimasto l’obbligo di reclutare con
le proprie rendite 500 sergans (o armigeri), mentre altrettanti erano dovuti
dal patriarca secondo certi autori nel tardo Duecento. Ma il Quaresmi collega
antichi servitia, ispirati a un’immagine idealizzata dell’antico regno crociato,
al moderno Ordine del Santo Sepolcro, ormai una cavalleria d’onore.26
La prova suprema per il legato-patriarca iniziò con la crociata del 1290,
che lo coinvolse nell’azione delle milizie raccolte dal papa e imbarcate su
navi veneziane, presenti nel porto di Acri nella primavera di quell’anno.27
Papa Niccolò IV aveva proclamato l’iter ultramarinum il 5 gennaio 1290
e privilegiato l’Italia per i reclutamenti, nonostante il carattere generale
dell’appello.28 La caduta di Tripoli dell’aprile 1289 e i conseguenti timori per
25
Hans E. Mayer, Latins, Muslims and Greeks in the Latin Kingdom of Jerusalem, in
«English Historical Review», LXIII (1978), pp. 189-190.
26
Cronaca del Templare, p. 232; Le livre de Jean d’Ibelin, in Assises de la Haute Court, in
RHC. L, I (1841), p. 426; ivi, p. 427 nt. a; John of Ibelin, Le livre des Assises, ed. Peter W.
Edbury, Leiden, Brill, 2003 (The Medieval Mediterranean, 50), p. 615; Marinus Sanutus
senior, Liber, p. 174 (con una quota differente per i canonici, ma deve trattarsi di un errore);
Kaspar Elm, Kanoniker und Ritter vom Heiligen Grab, in Die Geistlichen Ritterorden Europas,
edd. Josef Fleckenstein, Manfred Hellman, Sigmaringen, J. Thorbecke, 1980, pp. 156 seqq.;
Peter W. Edbury, John of Ibelin and the Kingdom of Jerusalem, Woodbridge, Boydell, 1997,
p. 124. Nel 1272 ‘patriarcha Ierosolymitanus […] quingentos duxit armatos, inter pedites et
equites’: Marinus Sanutus senior, Liber, p. 225. Anche l’abate di S. Maria Latina doveva
fornire un contingente militare: Bernard Dichter, The Orders and Churches of Crusader
Acre, Acre, Municipality of Acre, 1979, p. 63. Già verso la fine del XII secolo era istituita
ad Acri la nuova sede dei canonici ‘cum sede patriarchali’: Otto de S. Blasio, Chronica,
ed. Adolfus Hofmeister, MGH. SRG 47 (1912), p. 55. V. anche Jean-Pierre de Gennes,
Les chevaliers du Saint-Sépulcre de Jérusalem, s.l., Herault, 1995, pp. 207 e 259; Giuseppe
Ligato, L’Ordine del Santo Sepolcro: il mito delle origini, in La civiltà cavalleresca e l’Europa.
Ripensare la storia della cavalleria. Convegno internazionale; S. Gimignano, 3-4 giugno 2006,
edd. Franco Cardini, Isabella Gagliardi, Pisa, Pacini Editore, 2007, pp. 189-213. Lo stesso
Quaresmi conosceva bene gli adoubements di tale cavalleria d’onore: Registrum omnium
Equitum Sanctissimi Sepulchri Domini Nostri Jesu Christi (1561-1848), ed. Michele Piccirillo,
Gerusalemme, Custodia di Terra Santa, 2005 (Studium Biblicum Franciscanum. Collectio
Maior, 46), p. 47 [12r].
27
Secondo alcuni, i cristiani locali si unirono ai mercenari pontifici nell’aggressione ai
musulmani, mentre altre fonti quali l’Excidium Aconis non si spingono oltre una condivisione
di destino maturata dopo il casus belli. V. anche infra e Iohannes abbas Victoriensis,
Liber, p. 303.
28
Infra e Les registres, nn. 1, 2265-68; Potthast R, nn. 23151-53; De passagiis in Terram
Sanctam, Venezia, Biblioteca Nazionale Marciana, Lat. 399, c. 84v; Chronicon de Lanercost,
Nicola de Hanapes 415
MCCI-MCCCXLVI, ed. Joseph Stevenson, Edinburgh, s.e., 1839, p. 122; Chronicon domini
Walteri, II, p. 23; Joseph Müller, Documenti delle relazioni delle città toscane coll’Oriente
cristiano e coi turchi fino all’anno 1571, Firenze, Cellini, 1879, p. 107; Ryan, Nicholas IV,
p. 82 nt. 5; Franchi, Nicolaus IV, p. 193; Maier, Preaching, pp. 93-94; Alain Demurger,
Les ordres militaires et la croisade au début du XIVe siècle: Quelques remarques sur les traités de
croisade de Jacques de Molay et de Foulques de Villaret, in «Dei gesta per Francos». Crusade
Studies in Honour of Jean Richard, edd. Michel Balard, Benjamin Z. Kedar, Jonathan Riley-
Smith, Aldershot, Ashgate, 2001, pp. 117-128, in partic. p. 118; Johannes Elemosina,
Liber, pp. 108-109.
29
Les registres, nn. 2251-58; Ryan, Nicholas IV, pp. 81-82; Claverie, L’Ordre, I, pp. 379-
380; III, p. 583.
30
Camillo Abbiosi, Cronaca di Venezia dall’origine della città fino all’anno 1443,
Venezia, Biblioteca Nazionale Marciana, it. VII. 2052 [=8981], f. 28r; Cronaca veneziana
dalla fondazione della città fino al 1444, ibid., it. VII. 46 [=7603] f. 38v; Marinus Sanutus
senior, Liber, p. 230; Excerpta, coll. 1016-17 dove, datando erroneamente al 1288, si specifica
che altre cinque galee oltre alle venti originarie si erano aggiunte in occasione del passaggio della
flotta per il regno di Sicilia, per poi rientrare davanti all’impossibilità di agire efficacemente ipso
anno, non essendo ancora iniziato l’assedio mamelucco; se si tratta delle cinque navi siculo-
aragonesi aggiuntesi alle 20 veneziane e prese in consegna dal Grailly (Marinus Sanutus
senior, Liber, p. 230; sette, secondo Bartholomaeus de Neocastro, Historia, p. 120),
sono da considerare separatamente; v. pure Acta Aragonensia, ed. Heinrich Finke, 3 voll.,
Berlin-Leipzig, 1908-22, I (1908), n. 1; Marinus Sanutus senior, Liber, p. 230; Marino
Sanudo il Giovane, Vite, col. 576; Ryan, Nicholas IV, p. 82 nt. 5; Claverie, L’Ordre, I,
pp. 379-380. Qual era l’ipso anno di cui parla il Sanudo? Per lui si tratta di fatti causati dalla
caduta di Tripoli, ma la reazione al disastro non poteva essere operativa già nell’autunno-
inverno successivo: inevitabile pensare allora al 1290. Sul finanziamento v. pure Franco
Cardini, Niccolò IV e la crociata, in Niccolò IV: un pontificato tra Oriente e Occidente. Atti
del convegno internazionale di studi in occasione del VII centenario del pontificato di Niccolò IV;
Ascoli Piceno, 14-17 dicembre 1989, ed. Enrico Menestò, Spoleto, CISAM, 1991, p. 153
(contra Steven Runciman, Storia delle crociate, 2 voll., Torino, Einaudi, 19932 (Einaudi
tascabili, 133) [orig.: A History of the Crusades, 3 voll., London, Cambridge University Press,
1951-1954], II, pp. 1033-1034); Sylvia Schein, «Fideles crucis». Il papato, l’Occidente e
la riconquista della Terra Santa (1274-1314), Roma, Jouvence, 1999 (orig.: «Fideles crucis»:
The Papacy, the West and the Recovery of the Holy Land, 1274-1314, Oxford, Clarendon Press,
416 Giuseppe Ligato
navali non solo veneziani ma anche genovesi ‘ac partibus aliis’,31 predomi-
nava Venezia la quale aggiunse altre cinque navi (forse le stesse succitate) e
imbarcò anche un comandante proprio, addetto alle mansioni tecniche visto
che di costui (Giacomo, secondo alcuni Niccolò Tiepolo, detto Scopulus o
l’Escople) non si parla a proposito dell’effettivo comando della flotta nelle
lettere pontificie.32 Il bando specifico per la crociata lombarda è stato datato
1991), pp. 85, 143-144; Ead., Babylon and Jerusalem. The Fall of Acre, 1291-1996, in From
Clermont to Jerusalem. The Crusades and Crusader Societies, 1095-1500. Selected proceedings of
the International Medieval Congress; University of Leeds, 10-13 July 1995, ed. Alan V. Murray,
Turnhout, Brepols, 1998 (International Medieval Research, 3), pp. 141-150, in partic. pp. 141-
142; Cardini, Gilberto di Tournai, p. 292. Sulla caduta di Tripoli si ricordi Excerpta, coll.
1016-17, nonché Marino Sanudo il Giovane, Vite, col. 576. Qualche autore (Marinus
Sanutus senior, Liber, p. 230; Excerpta, coll. 1016-17; Johannes Iperius, Chronicon, col.
770) collega la formazione della flotta non alla caduta di Tripoli bensì alla missione di Giovanni
de Grailly del 1289 anticipata erroneamente al 1288 (Runciman, Storia, II, pp. 1032-1033):
ma allora perché le bolle di predicazione sarebbero state emesse con tale ritardo? Il Grailly,
recatosi in Curia per chiedere aiuto, è dato come in procinto di ripartire per Acri nella lettera
papale del 6 gennaio 1290 (Les registres, n. 1941), e deve trattarsi della missione delle venti
navi, delle quali infatti risulta comandante con Bernardo di Tripoli e l’Hanapes nelle lettere
pontificie del settembre 1289 (ibid., nn. 2252-58). Le cinque navi supplementari, oltre che
con quelle siculo-aragonesi presto ritiratesi secondo le regole d’ingaggio, potrebbero essere
anche quelle che citiamo altrove e offerte dagli stessi veneziani ai quali infatti qualche fonte
attribuisce il comando di questa sola flottiglia (v. la nt. seguente e Venetiarum historia vulgo Petro
Iustiniano Iustiniani filio adiudicata, ed. Roberto Cessi, Fanny Bennato, Venezia, Deputazione
di storia patria per le Venezie, 1964 [Monumenti storici pubblicati dalla Deputazione di storia
patria per le Venezie. N.s., 18], p. 193); Bartholomaeus de Neocastro, Historia, p. 120.
Secondo Marino Sanudo il Giovane, Vite, col. 576 le cinque navi sarebbero parimenti
state pagate da Roma. Dal 14 gennaio 1290, anche i fratelli di Alfonso III d’Aragona e quindi
pure Giacomo II di Sicilia, avrebbero dovuto astenersi da gesti ostili verso Qalawun, e il
divieto di fornire navi è inserito nella tregua siglata con il sultano, ma nell’estate dello stesso
anno Giacomo trattava con la Curia romana per la crociata: Peter M. Holt, Early Mamluk
Diplomacy (1260-1290). Treaties of Baybars and Qalawun with Christian Rulers, Leiden, Brill,
1995, pp. 134-135; Claverie, L’Ordre, III, pp. 586-587; 590-591. Cfr. Les registres, n. 4402.
31
Les registres, nn. 2269-70.
32
Infra e Les registres, nn. 4400-01; Cronaca veneziana dalla fondazione della città fino al 1444,
f. 38v; Anonimo, Cronaca veneziana dall’anno 1190 all’anno 1332, Venezia, Biblioteca
Nazionale Marciana, it. VII 78 [9135], f. 19r; Anonimo, Cronaca veneziana dal principio
della città fino all’anno 1405, Venezia, Biblioteca Nazionale Marciana, it. VII 39 [=8609],
ff. 35v-36r; De passagiis, f. 84v; Chronique d’Amadi, in Chroniques d’Amadi et de Strambaldi,
2 voll., ed. René de Mas Latrie, Paris, Imprimerie nationale, 1891-1893 (Collection de
documents inédits sur l’histoire de France. 1 sér., Histoire politique), I (1891), p. 218;
Marinus Sanutus senior, Liber, p. 230; Excerpta, coll. 1016-17; Marino Sanudo il
Giovane, Vite, col. 576; Schein, «Fideles crucis», p. 86; Claverie, L’Ordre, I, p. 380. Il
Nicola de Hanapes 417
fatto che le venti galee fossero state allestite a Venezia a spese del papa, spiega il transito dei
crociati per la città lagunare: Cronaca del Templare, pp. 198 e 200; Chronique d’Amadi, p. 218;
Chronicon Estense, edd. Giulio Bertoni, Emilio P. Vicini, RIS 15/III (19082), p. 50; Ryan,
Nicholas IV, p. 83 nt. 6.
33
Per la datazione al 1° maggio, Cardini cita la lettera papale n. 2268 che però secondo i
Registres è del 5 gennaio; data la bolla di crociata al 1° maggio anche Ajello (cfr. nt. precedente
e Ryan, Nicholas IV, p. 82 nt. 5): Cardini, Niccolò IV, p. 152; Anna Ajello, La Croce e
la Spada. I Francescani e l’Islam nel Duecento, Roma, Istituto per l’Oriente «C.A. Nallino»,
1999 (Mediterranea, 1), pp. 100-101. La stessa Ajello pare trovare verosimile che il bando di
maggio avesse fatto giungere i volontari ad Acri intorno alla metà dello stesso anno; ciò sarebbe
incompatibile con una violazione della tregua in primavera, non con una datazione del fatto
alla fine di agosto. Appelli papali posteriori al gennaio 1290 non potrebbero comunque essere
all’origine del casus belli primaverile bensì di eventuali altri, tardoestivi o autunnali.
34
Chronicon Parmense, ed. Giuliano A. Bonazzi, RIS 9/IX (19022), p. 60.
35
V. infra.
36
V. la nt. seguente e Les registres, nn. 2252-59; gli Excerpta, coll. 1016-17 fanno giungere
le navi in Acri a tregua già violata; Franchi, Nicolaus IV, p. 194. Gli Annales de Terre
Sainte, p. 460 assegnano al vescovo di Tripoli il comando delle 20 navi, ma cfr. supra. Lo
sforzo propagandistico si concentrò comunque nel 1290: Les registres, n. 2268; Johannes
Elemosina, Liber, p. 108; Maier, Preaching, p. 94 nt. 364; Franchi, Nicolaus IV, p. 195.
37
Les Registres, n. 2269; Acta Aragonensia, III, n. 6; Christophorus Cyprius, Chronicae,
p. 206; Chronique d’Amadi, pp. 218-219. Sul comandante veneziano Tiepolo, ritiratosi
prima dell’inizio dell’assedio, v. anche supra e Marino Sanudo il Giovane, Vite, col.
576; Marinus Sanutus senior, Liber, p. 230; Cronaca del Templare, p. 200; Franchi,
pp. 194-197. Secondo Schein, «Fideles crucis», p. 86, Grailly era agli ordini del Tiepolo su
418 Giuseppe Ligato
indicazione pontificia, e le navi giunte ad Acri sarebbero state appena 13, comprese le 5 fornite
dal regno di Sicilia.
38
Les registres, nn. 2265-67.
39
Annales Colmarienses, p. 217. Troppi sono anche i 30.000 difensori di Acri fra gli ‘incole
et peregrini ad arma aptissimi’ di cui a Christophorus Cyprius, Chronicae, p. 204;
la stessa cifra è di soli pellegrini secondo Iacobus Auria, Annales Ianuenses, in Annali
genovesi di Caffaro e de’ suoi continuatori, 5 voll., ed. Luigi T. Belgrano, Cesare Imperiale di
Sant’Angelo, Genova, Tipogr. R. Istituto Sordo-muti, 1890-1929 (Fonti per la storia d’Italia,
11-14), V (1929), p. 130. Per Marinus Sanutus senior, Liber, p. 230 i crociati erano
in ogni caso troppi, ma erano un ‘commodo e giusto esercito’ per Raffaello Roncioni,
Delle istorie pisane libri XVI, in «Archivio storico italiano», VI (1844), I, 2, p. 650. Giovanni
da Elemosina parla solo di moltitudo crucesignatorum (Liber, pp. 108-109). Cfr. Ryan,
Nicholas IV, p. 82 nt. 5.
40
Platyna, Liber, p. 255; Excidii, p. 49; Guillelmus de Nangiaco, Chronicon, in
Recueil des historiens des Gaules et de la France, XX (1840), p. 572; Schein, «Fideles crucis»,
p. 86. V. anche Marino Sanudo il giovane, Vite, col. 576: 1500 cavalli ‘e certo numero
di fanti’.
41
Continuatio chronici Girardi de Fracheto, in Recueil des historiens des Gaules et de la France,
XXI (1855), pp. 9-10. Troviamo ‘pellegrini crociati’ presso il Villani, homines peregrini
crucesignati nella traduzione di sant’Antonino (Nuova cronica, pp. 618-619; Antoninus
Florentinus, Opus, p. 231): il riferimento ai disordini causati dalla mancanza del soldo
pattuito inserisce fra le due categorie dei pellegrini e dei crociati – già di per sé simili – quella
dei mercenari. V. anche Ludolphus de Sudheim, p. 340; Chronicon domini Walteri, II,
p. 23. Cfr. Excidii, p. 69.
42
Chronique d’Amadi, pp. 218-220. Franco Cardini (Niccolò IV, p. 153) dà la cifra di 3500
uomini stipendiati dal papa, che richiama i 3540 indicati da Francesco Amadi (e non Amalfi:
Ryan, Nicholas IV, p. 83 nt. 6) il quale usò un codice delle Gestes des chiprois migliore rispetto
al materiale usato per l’edizione RHC. Cfr. Chronique d’Amadi, pp. iii-v, 218.
Nicola de Hanapes 419
43
Felix Faber, Evagatorium in Terrae Sanctae, Arabiae et Egypti peregrinationem, ed.
Cunradus Dietericus Hassler, 3 voll., Stuttgart, Sumtibus Societatis Litterariae Stuttgardiensis,
1843-1849 (Bibliothek der Literarischen Vereins in Stuttgart, 2), II (1843), p. 316; Excidii,
p. 69; Chronique d’Amadi, pp. 218 e 220; Cronaca del Templare, p. 204.
44
Norman Housley, The Later Crusades. From Lyons to Alcazar, 1274-1580, Oxford,
University Press, 1992, p. 16.
45
Marinus Sanutus senior, Liber, p. 230.
46
Chronicon Estense, p. 50; Redazione parmense degli ‘Annales Patavini’, in Rolandinus
Patavinus, Cronica, ed. Antonio Bonardi, RIS, 8/I (19052), p. 187; Marino Sanudo il
Giovane, Vite, col. 576; Potthast R, n. 23151. Cfr. anche Les registres, n. 2251.
47
Cronaca B, detta volgarmente Varignana, in Corpus chronicorum Bononiensium, ed. Albano
Sorbelli, in RIS, XVIII/1, II (19112), p. 234; Cronica di Bologna, col. 296; Annales Veronenses
de Romano, in Antiche cronache veronesi, ed. Carlo Cipolla, t. I, Venezia, Deputazione veneta
di storia patria, 1890 (Monumenti storici pubblicati dalla R. Deputazione Veneta di storia
patria. S. III, Cronache e diarii, 2), p. 437. A parte un’infruttuosa ricognizione su Muzio
Muzii, Storia della città di Teramo, manoscritto Ashburnham 1261 della Biblioteca Mediceo-
Laurenziana di Firenze, ed. Luciano Artese, Teramo, Biblioteca provinciale «Melchiorre
Delfico», 1993, p. 11 (c. 6r), non sono riuscito a verificare completamente quanto affermato
da Arnaldo Fortini, Gli ultimi crociati, Milano, E. Bestetti, 1935, p. 104, dove si cita
una lettera del podestà di Teramo, del 30 settembre 1933 che ricorda la partecipazione alla
difesa di Acri di crociati ‘della Valle Spoletana [cfr. Cronaca del Templare, p. 216] ma anche
d’Abruzzo, specialmente di San Flaviano (oggi Giulianova), di Teramo, di Campli e di
Civitella del Tronto’.
48
Potthast R, 23064 = Regesta regni Hierosolymitani, n. 1494.
420 Giuseppe Ligato
bolla del 5 gennaio 1290, lascia ai crociati italiani il tempo per sbarcare e violare
la tregua in primavera.49 Molte fonti restano vaghe riguardo alla provenienza
dei volontari50 mentre altre insistono sulla loro bassa qualità, anche morale
(marinai compresi),51 di cui Fidenzio da Padova deplora i voti di crociata assunti
solo dopo aver percepito ‘larga stipendia Sacrosancte Ecclesie’;52 dal canto loro,
le cronache italiane mettono in risalto la partecipazione dei propri concitta-
dini: il Chronicon Parmense cita, accanto ai crociati di tale città, anche uomini
giunti ‘de aliis terris Lombardie et Ytalie’.53 La ‘Lombardia’ coeva, insieme alla
‘Toscana’, corrispondeva genericamente all’Italia settentrionale e a qualche sua
49
Redazione parmense, p. 187.
50
Excidii, p. 49; Chronica abbreviata de factis civitatis Parmae cum aliquibus adjunctis,
in Chronica Parmensia a sec. XI. ad exitum sec. XIV, ed. Luigi Barbieri, Parmae, ex Officina
Petri Fiaccadorii, 1858, pp. 335-336; Cronaca A, detta volgarmente Rampona, e Cronica
di Pietro e Floriano da Villola, in Corpus chronicorum Bononiensium, I, 2, pp. 233-234;
Cornelius Zantfliet, Chronicon, in Veterum scriptorum et monumentorum historicorum,
dogmaticorum, moralium, amplissima collectio, 9 voll., edd. Edmond Martene, Ursin Durand,
Paris, Montalant, 1724-1733, V (1729), col. 125; Chronica abbreviata, p. 336 (fonte che
data al 1288 eventi successivi); Guillelmus de Nangiaco, Chronicon, pp. 572-573;
Christophorus Cyprius, Chronicae, II, p. 206; Felix Faber, Evagatorium, p. 317.
51
Gestes des chiprois, in RHC. Ar, II (1906, rist. 1967), p. 805; Cronaca del Templare, p. 200;
Annales Colmarienses, p. 217; Marinus Sanutus senior, Liber, p. 230; Bartholomaeus
de Neocastro, Historia, p. 132; Ludolphus de Sudheim, De itinere, p. 340; Petrus
Cantinelli, Chronicon, p. 65; Franciscus Pipinus, Chronicon, col. 733; Cardini,
Gilberto di Tournai, p. 292; Marie-Luise Favreau-Lilie, The Military Orders and the escape
of the Christian population from the Holy Land in 1291, in «Journal of Medieval History»,
XIX (1993), p. 216 (anche in Ead., Gli Ordini Militari e la grande emigrazione dei latini
dalla Siria: problemi organizzativi e logistici, in Acri 1291. La fine della presenza degli Ordini
Militari in Terra Santa e i nuovi orientamenti nel XIV secolo, ed. Francesco Tommasi, Ponte
San Giovanni [Pg], Quattroemme, 1996, pp. 7-21, in partic. p. 15: versione italiana sottoposta
dall’autrice ad alcune riduzioni quantitative che vietano di accantonare del tutto l’originale in
inglese: cfr. rispettivamente p. 217 nt. 47 e p. 15 nt. 30 rispettivamente delle due versioni).
Fa riferimento ai marinai Les registres, n. 4389. Secondo Sylvia Schein la composizione della
crociata non era così bassa, e furono i crociati rimasti dopo il rimpatrio di quelli delusi dalla
tregua a violare la medesima: Schein, «Fideles crucis», p. 87. L’accusa di condotta immorale
toccò anche il Grailly: Magister Thadeus, Ystoria, p. 121. Con il contingente del 1290
sbarcò tale Rous de Sully (Ugo, secondo Laura Minervini), chevalier grant vavasour: Cronaca
del Templare, p. 200.
52
Fidentius Pataviensis, Liber, p. 128. Sugli stipendiarii dell’ultima crociata, v. infra e si
ricordi il carattere infamante che la qualifica di stipendiarius poteva talvolta assumere: Annales
Lubicenses, ed. Johannes M. Lappenberg, MGH. SS 16 (1859), p. 416.
53
Chronicon Parmense, pp. 60 e 62.
Nicola de Hanapes 421
54
Burchardus de Monte Sion, Descriptio, p. 21; Chronicon Parmense, p. 62; Aimeric
de Pegulhan, 1220: «Toscana e Lombardia» (Era par ben que valors si desfai), in Poesie
provenzali storiche relative all’Italia, 2 voll., ed. Vincenzo De Bartholomaeis, Roma,
Tipografia del Senato, 1931 (Fonti per la storia d’Italia, 71-72), I, p. 239, v. 23 (circa i territori
dei Malaspina, in particolare la Lunigiana); cfr. Anonimo, Arnaldon, per Na Johana (1233),
ibid., II, p. 124, v. 3; Lanfranco Cigala, Si mos chanz fos de joi ni de solatz del 1245, ibid.,
p. 160, vv. 11-14; Giovanni Tabacco, I liberi del re nell’Italia carolingia e postcarolingia,
Spoleto, CISAM, 1966, pp. 211-212; Jacques Heers, L’esilio, la vita politica e la società
nel Medioevo, Napoli, Liguori, 1997 (Biblioteca Nuovo Medioevo, 49) (orig.: L’exil, la vie
politique et la societé, Paris, s.e., 1995), pp. 197-198; Olivier Guyotjeannin, Salimbene
de Adam, Turnhout, Brepols, 1995, p. 55, nt. 37. Cfr. pure Poesie provenzali, II, p. 210, vv.
5-6; p. 250, v. 5. Matteo Paris fa iniziare la Lumbardie da Torino e parifica Lumbardie, Ytalia
e Lacium: Suzanne Lewis, The Art of Matthew Paris in the ‘Chronica Majora’, Aldershot,
Scolar Press, 1987, p. 340.
55
La primitiva provincia lombarda dell’Ordine francescano comprendeva anche il territorio
di Bologna, e anche dopo la bipartizione la provincia bolognese veniva definita Lombardiae in
documenti ufficiali (Biblioteca bio-bibliografica, II, pp. 233 e 236). In un atto del 1291 è citata
la ‘Provincia Romandiolae seu Lombardiae’ con sede a Bologna: Girolamo Golubovich,
Le Province dell’Ordine Minoritico nei secoli XIII e XIV, in Europa e nell’Oriente francescano,
in ‘Luce e amore’, VIII (1911), p. 404. Sempre nella seconda metà del XIII secolo,
difficilmente poteva avere origini diverse da quelle bolognesi tale Daniele, il quale traducendo
su autorizzazione del comune felsineo un testo francese si scusava, in quanto lombard, dei
possibili errori: Giuseppina Brunetti, Un capitolo dell’espansione del francese in Italia:
manoscritti e testi a Bologna tra Duecento e Trecento, in «Quaderni di filologia romanza»,
XVII (2003), pp. 128 seqq.
56
Chronicon Parmense, pp. 60, 62; Annales Parmenses maiores, ed. Philipp Jaffé, MGH. SS 18
(1863), pp. 708-709; Chronicon Estense, p. 50. Il Raymondinus Baratus Rubeus del Chronicon
Parmense è il capo privo di autorità a cui allude Elio Caruso, Le crociate in Terrasanta, in
Pellegrini, crociati e templari, Castrocaro, Moderna Edizioni, 1994, p. 105; forse è quel Rubeus
de Scalis, altro volontario del 1290: Excerpta, coll. 1016-17 che data il fatto al 1288, ma non è
l’unico errore nel medesimo locus. V. pure Chronica abbreviata, p. 336. Ad Acri pure la militia
Sancti Spiritus comprendeva parmigiani, bolognesi e fiorentini: Excidii, p. 62; Jonathan
Riley-Smith, A Note on Confraternities in the Latin Kingdom of Jerusalem, in «Bulletin of
the Institute of Historical Research», XLIV (1971), p. 302.
57
Petrus de Gazata, Chronicon Regiense, in RIS, XVIII (1731), col. 13; «Chronicon
Regiense»: la «Cronaca» di Pietro della Gazzata nella tradizione del codice Crispi, edd. Laura
Artioli, Corrado Corradini, Clementina Santi, Reggio Emilia, Fondazione Giulia Maramotti,
2000, p. 82; Girolamo Tiraboschi, Memorie storiche modenesi col codice diplomatico
illustrato con note dal cavaliere abate Girolamo Tiraboschi, 5 voll., Modena, Presso la Società
Tipografica, 1793-1795, II (1793), p. 129.
422 Giuseppe Ligato
58
Iohannes de Bazano, Chronicon Mutinense, in RIS, XV (1729), col. 567.
59
Cronaca A, pp. 233-234 (sic); Cronaca B, p. 234; Cronica di Bologna, col. 296.
60
Crociati dalla diocesi di Camerino: Les registres, nn. 3078 e 7255. L’editore di una cronaca
di Foligno accreditò il contributo fulginate alla crociata del 1290: Cronaca di Benvenuto, in
Fragmenta Fulginatis historiae, ed. M. Faloci-Pulignani, RIS, XXVI/2 (19332), p. 18, nt. 3.
61
Les registres, n. 2026.
62
Mouzaffal Ibn al-Fazaïl, Histoire des sultans mamelouks, ed. Edgard Blochet, fasc.
II, in PO, 14/III (19832), n. 69, pp. 542-543; Marinus Sanutus senior, Liber, p. 230;
Iacobus Auria, Annales Ianuenses, p. 130; Christophorus Cyprius, Chronicae, p. 205
che si basa su fonti genovesi); Petrus de Gazata, Chronicon Regiense, col. 13; «Chronicon
Regiense», p. 82; Runciman, Storia, p. 1036. Sui crociati siciliani: Les registres, n. 4402.
Esclusioni analoghe: Cronaca di Benvenuto, p. 18; Chronicon Parmense, p. 60. Inizio dell’assedio
in maggio secondo Résumé de l’histoire des croisades tiré des annales d’Abou’l Feda, in RHC.
Or, I (1872), p. 163. Una presa della croce del settembre 1290 è documentata in Biblioteca
bio-bibliografica, I, p. 340. Sono note partenze nel 1289: Guillelmus de Nangiaco,
Chronicon, p. 572; Continuatio chronici, p. 9, anche se in due lettere rispettivamente del
17 aprile e del 13 dicembre 1289 (quest’ultima posteriore alla caduta di Tripoli e quindi
all’avvio della reazione) il generale passagium risulta ancora statuendum per lo stesso papa;
esso avrebbe costituito la vera crociata con il coinvolgimento di re Edoardo I d’Inghilterra
dal gennaio 1291: Les registres, nn. 823-24, 2025; Ryan, Nicholas IV, pp. 86-87. Inattendibile
sul preambolo dell’assedio di Acri Iohannes Vitoduranus, Chronicon Vitoduranum, ed.
Friedrich Baethgen, MGH. SRG NS 3 (1955), pp. 39 seqq.
63
Fondamentale la lettera redatta il 27 maggio da Berengario de Vilargut: Acta Aragonensia,
I, n. 1; ibid., III, n. 6. Una collocazione dell’incidente (o di sue ripetizioni) in agosto
spiegherebbe le altre datazioni: Kingsford, Sir Otho, p. 139 nt. 4; Runciman, Storia,
p. 1034; Ryan, Nicholas IV, p. 83; Cardini, Niccolò IV, p. 153; Id., Gilberto di Tournai,
p. 292; Claverie, L’Ordre, II, p. 86.
Nicola de Hanapes 423
64
Excidii, pp. 49-50; Ayyubids, Mamluks and Crusaders. Selections from the ‘Tarikh al’Duwal
wa’l-Muluk’ of Ibn al-Furat, 2 voll., edd. Ursula Lyons et al., Cambridge, W. Heffer & Sons
Ltd, 1971, II, pp. 164-165; Storici arabi delle crociate, ed. Francesco Gabrieli, Torino, Einaudi,
19795 (Nuova universale Einaudi, 34), p. 325; Dan Barag, A New Source Concerning the
Ultimate Borders of the Latin Kingdom of Jerusalem, in «Israel Exploration Journal», XXIX
(1979), pp. 197-198; Holt, Early, p. 74. Sulle modalità di stesura: Peter M. Holt, Treaties
between the Mamluk Sultans and the Frankish Authorities, in «Zeitschrift der Deutschen
Morgenländischen Gesellschaft», Suppl. III, 1, 1977, p. 474.
65
Fidentius Pataviensis, Liber, p. 67.
66
Storici arabi, p. 319; Annales de Terre Sainte, p. 455; A New Text, p. 160; Barag, A New
Source, p. 214; Edbury, The Kingdom, p. 92; Holt, Early, pp. 71-72.
67
Storici arabi, pp. 321-322; Runciman, Storia, p. 1032; Cardini, Niccolò IV, p. 151;
Holt, Early, pp. 73 seqq. Contra James Waterson, Sacred swords. Jihad in the Holy Land,
1097-1291, Barnsley, Frontline Books, 2010, p. 188. Fu scritto da Johannes Iperius,
Chronicon, col. 770 che la domanda di aiuto era partita da Acri, collegando la formazione della
flotta papale a una richiesta anteriore alla perdita di Tripoli. Erra Nicolaus Trevet, Annales
sex regum Angliae qui a comitibus Andegavensibus originem traxerunt (A.D. MCXXXVI -
MCCCVII), ed. Thomas Hog, London, English Historical Society, 1845, pp. 317-318 nel
porre l’attacco di Qalawun dopo il pacifico spirare di una tregua biennale successiva alla
caduta di Tripoli.
68
René Grousset, Histoire des croisades et du royaume franc de Jérusalem, 3 voll., Paris,
Librairie Plon, 1934-1936, III (1936), p. 698; Paul Deschamps, Les châteaux des croisés en
Terre sainte, 3 voll., Paris, Librairie Orientaliste Paul Geuthner, 1934-1977, III (1973) (La
défense du comté de Tripoli et de la principauté d’Antioche, Texte) (Bibliothèque archéologique
et historique, 90), p. 183; Holt, Early, pp. 58 seqq.; John France, Siege conventions in
Western Europe and the Latin East, in War and Peace in Ancient and Medieval History, ed. Id.,
P. de Souza, Cambridge, UP, 2008, p. 171.
69
Excidii, p. 49; Gestes des chiprois, p. 804; Cronaca del Templare, p. 198; Marinus Sanutus
senior, Liber, p. 230; Guillelmus de Nangiaco, Chronicon, p. 572; Nicolaus
Trevet, Annales, pp. 315, 317; Platyna, Liber, p. 255; Runciman, Storia, pp. 1032-
424 Giuseppe Ligato
disastro del 1289 è presentata da alcuni cronisti con la stessa durata di quella
del 1283, si intende rimarcare che nonostante il riferimento a poco meno
di tre anni a essere rinnovato fu il patto di oltre dieci.70 Tra i contraenti del
rinnovo figurava il legato Nicola de Hanapes, designato in seguito dal papa
come garante (insieme ad altri personaggi, non specificati) delle intese con
Qalawun:71 per quanto estraneo ai negoziati del 1283,72 il suo ruolo lo legava
ai nuovi crociati in quanto uomini del papa.
Dopo l’aggressione agli inermi mercanti nel 1290, era palese il vulnus
inflitto al trattato siglato anche per tutelare qualsiasi suddito sultaniale
nel territorio di Acri, senza distinzioni di appartenenza o provenienza fra
gli aggressori.73 Il testo del 1283 estendeva il rispetto della pace a chiunque
fosse giunto ad Acri in una nuova crociata, ‘dalla terra o dal mare’, e ripren-
deva espressioni generiche quali ‘forza maggiore’ e ‘invasore straniero’; le
parti contraenti restavano le due originarie, senza che alcun nuovo arrivato
occidentale potesse porsi in una situazione giuridica, diplomatica e militare
a sé stante.74 Rispetto al testo del 1272 (derivato da quello del 1268) di cui
1033; William B. Stevenson, The Crusaders in the East, Beirut, Librairie du Liban, 19682,
p. 351. Christophorus Cyprius, Chronicae, p. 205 cita una tregua triennale ottenuta dal
siniscalco Gualtiero di Giblet. Pure Sanudo parla di una firmatio e non di una renovatio o
atto equipollente, ma sta fra coloro che ignorano la durata della tregua: Liber, p. 230. Altri
legano l’oscillazione dei termini all’uso mamelucco che secondo Excidii, p. 49 avrebbe imposto
un’estensione di due anni e altrettanti mesi, settimane, giorni e ore: tempi che alcuni latini
arrotondano per difetto. Su una tregua biennale v. pure Platyna, Liber, p. 255.
70
Chronique d’Amadi, p. 218; variante del testo di Andrea Dandolo, cit. in Urkunden zur
älteren Handels- und Staatsgeschichte der Republik Venedig, 3 voll., ed. Gottlieb L.F. Tafel,
Georg M. Thomas, Amsterdam, A. M. Hakkert, 1964, III, n. 382.
71
Les registres, n. 4403.
72
Holt, Early, p. 87.
73
Marinus Sanutus senior, Liber, p. 230; Gestes des chiprois, p. 805; Cronaca del
Templare, p. 200; Tholomaeus de Fiadonis, Annales, p. 220; Id., Historia, p. 630;
Guillelmus de Nangiaco, Chronicon, p. 572; Continuatio chronici, p. 9; Chronicon de
Lanercost, p. 139; Giovanni Villani, Nuova cronica, p. 621; Ludolphus de Sudheim,
De itinere, p. 340; Christophorus Cyprius, Chronicae, p. 206; Magister Thadeus,
Ystoria, pp. 99 seqq.; Johannes Elemosina, Liber, pp. 108-109; Andrea Naugerio,
Storia veneziana, col. 1006; Mouzaffal Ibn al-Fazaïl, Histoire, p. 532; Holt, Early,
p. 77. Da respingere quanto affermato da Teodorico di Nieheim, secondo il quale «Templarii
et Acconenses» avevano violato nel 1290 la tregua stipulata da Federico II di Svevia 61 anni
prima (anzi, i templari cercarono di frenare i nuovi crociati): Cronica, pp. 276-277, 280.
74
Storici arabi, p. 321; Holt, Early, p. 77. Cfr. la normativa analoga degli altri trattati di
Baybars e Qalawun: Holt, Early, passim e specialmente pp. 47, 56, 65 e 116. Sull’eccezione
di cui a ibid., p. 55 v. infra.
Nicola de Hanapes 425
quello del 1283 costituisce il rinnovo, negli accordi rinnovati sotto la super-
visione dell’Hanapes dopo la caduta di Tripoli e violati nel 1290 manca la
fine automatica e concordata della tregua in caso di nuova crociata, ma c’è
almeno l’obbligo di avvertire il sultano di un’eventuale nuova crociata con
un anticipo di due mesi, trascorsi i quali i contraenti del patto non avreb-
bero avuto colpe;75 e soprattutto, anche se l’accordo non imponeva la fine
automatica della tregua in caso di nuova crociata, si menzionò la casistica
precedente (non senza ricordare il ruolo pontificio) al momento di rabbo-
nire il sultano furioso per l’aggressione76 sebbene le clausole del 1283 insis-
tessero sull’inviolabilità senza eccezioni.77 Le vittime, in quanto dedite al
commercio, erano protette dal patto del 1283, con importanti precedenti in
merito pur nella varietà delle versioni differenti dell’intesa violata;78 non è
casuale che almeno alcune delle aggressioni fossero avvenute nella vivace area
75
Storici arabi, pp. 321-322; Holt, Qalawun’s treaty with Acre, passim e specialmente
p. 808; Holt, Early, pp. 84-85; Claverie, L’Ordre, III, pp. 186 seqq. Paradossalmente
fu Qalawun a dare un preavviso del proprio attacco dopo la fine dei negoziati, ‘ut moris est
soldani’, ma la fonte si riferisce probabilmente ai 40 giorni pattuiti nel 1283 per dare tempo
agli interessati, in caso di ripresa anticipata delle ostilità e mancata composizione tra le due
parti, di lasciare i territori degli ‘infedeli’: De rege Edwardo, p. 431; Holt, Early, p. 87 (stesso
periodo di tolleranza in altre tregue concesse dai mamelucchi: ivi, pp. 56-57, 87, 103, 115,
116). Un meno formale annuncio dell’inizio dell’assedio è descritto in Cronaca del Templare,
p. 202. Sul termine dei 40 giorni in un caso precedente, cfr. L’estoire de Eracles l’empereur et la
conqueste de la terre d’Outremer, RHC. Or, II (1959, rist. 1967), p. 309. La tregua del 1255
fu fissata a ‘dieci anni e quaranta giorni’ (infra), evidentemente per conteggiare anche tale
margine di preavviso.
76
Excidii, p. 52.
77
Holt, Early, pp. 73-91, spec. 77 e 87.
78
Marinus Sanutus senior, Liber, p. 230; Christophorus Cyprius, Chronicae,
p. 205; Excidii, p. 50; Storici arabi, pp. 318 seqq.; Johannes Iperius, Chronicon, col. 770;
Holt, Qalawun’s treaty with Acre, pp. 811-812; Little, The Fall, pp. 165-167; Hadia
Dajani-Shakeel, Diplomatic Relations between Muslims and Frankish Rulers, 1097-1153
A.D., in Crusaders and Muslims in Twelfth-Century Syria, ed. Maya Shatzmiller, Leiden, Brill,
1993 (The Medieval Mediterranean, 1), pp. 212-213; Holt, Early, pp. 53, 77, 86; David
Jacoby, Il ruolo di Acri nel pellegrinaggio a Gerusalemme, in Il cammino di Gerusalemme.
Atti del II Convegno internazionale di studio; Bari-Brindisi-Trani, 18-22 maggio 1999, ed.
Maria Stella Calò Mariani, Bari, Adda, 2002, p. 43. Affrontò la questione pure Fidentius
Pataviensis, Liber, p. 154. Anche il trattato del 1269 fra Baybars e Isabella di Beirut
prevedeva libertà di movimento nei territori interessati e tutela dei mercanti e dei loro beni;
l’omicidio implicava l’esecuzione di un uomo della stessa categoria (sebbene non si citino
mercanti, comunque protetti): Peter M. Holt, Baybars’s Treaty with the Lady of Beirut
in 667/1269, in Crusade and Settlement. Papers read at the First Conference of the Society for
the Study of the Crusades and the Latin East and presented to R.C. Smail, Cardiff, University
426 Giuseppe Ligato
College Cardiff Press, 1985, pp. 242-245. Un altro precedente di garanzie specifiche per i
mercanti in Holt, Early, p. 86.
79
Marinus Sanutus senior, Liber, p. 230; Johannes Iperius, Chronicon, col. 770;
Jacoby, Il ruolo, p. 43.
80
Giovanni Villani, Nuova cronica, p. 619. Qualche differenza poco sostanziale in
Excidii, p. 50. V. anche Kingsford, Sir Otho, pp. 139-140.
81
Christophorus Cyprius, Chronicae, p. 205; Chronicon domini Walteri, II, p. 23.
82
Cfr. Giovanni Villani, Nuova cronica, pp. 618-619; Antoninus Florentinus,
Opus, p. 231. Il fatto che nello stesso brano Antonino attribuisca ai re d’Inghilterra e di
Francia l’invio di quei mercenari pare un depistaggio, visto che presso Villani (sua fonte) gli
uomini dei due monarchi sono invece semplici rappresentanti diplomatici.
83
Marinus Sanutus senior, Liber, p. 230; Bartholomaeus de Neocastro,
Historia, p. 132; Johannes Iperius, Chronicon, col. 770.
84
Chronicon domini Walteri, II, p. 23.
Nicola de Hanapes 427
dio di Acri;85 nessun preavviso come quello citato nel patto violato risulta
essergli stato inviato, e se è vero che nel 1283 poteva non essere prevedibile
una crociata nonostante la clausola del preavviso,86 lo sbarco del 1290 costi-
tuiva per lui un’aggressione. Eppure considerò la tregua violata, nonostante
la mancanza di preavviso, non dallo sbarco dei crociati ma dai loro eccessi, e
il testo di Ibn ‘Abd az-Zahir evidenzia il divieto di usare le armi da parte di
‘tutti quanti i franchi indistintamente, stabiliti in Acri e nei territori costieri
compresi nella tregua, chiunque di essi sia a giungervi per terra o per mare,
di qualsiasi razza e persona’:87 impossibile dunque invocare le precedenti
sospensioni di tregue in caso di nuova crociata.
In merito alla composizione del contingente crociato, vari testi parlano di
mercenari88 del papa più che di autentici crucesignati, definizione quest’ul-
tima che altre fonti invece ammettono; ma la ripetuta segnalazione di sti-
pendiarii nella difesa della Terra Santa, a parte forse i combattenti finanziati
dalla Curia di Niccolò IV propriis expensis, non implica un mercenariato
‘puro’, e non solo per evitare questa taccia ai volontari celebrati dalle fonti
delle loro città. Gli uomini reclutati dal papato figurano come stipendiarii o
85
Tholomaeus de Fiadonis, Annales, p. 220; Id., Historia p. 630; Excidii, pp. 59 e 51;
Continuatio chronici, p. 9; Mouzaffal Ibn al-Fazaïl, Histoire, p. 532; Chronicon domini
Walteri, II, pp. 23-24; Andrea Naugerio, Storia veneziana, col. 1006; Marcellino
da Civezza, Storia universale delle missioni francescane, 3 voll., Roma, Tipografia tiberina,
1857-59, II (1858), pp. 481-482; Peter M. Holt, The Treaties of the Early Mamluk sultans
with the Frankish States, in «Bulletin of the School of Oriental and African Studies», XLIII
(1980), pp. 75-76; Little, The Fall, p. 165; Peter M. Holt, Mamluk-Frankish Diplomacy
Relations in the Reign of Qalawun (678-89/1279-90), in «Journal of the Royal Asiatic
Society», CXXI (1989), pp. 278-89, in partic. p. 288; Claverie, L’Ordre, II, pp. 85-87.
Parla di injuria militum papalium il Chronicon de Lanercost, pp. 138-139. Sui vani espedienti
latini per placare Qalawun: Cronaca del Templare, p. 200; Holt, The Treaties of the Early
Mamluk sultans with the Frankish States, pp. 75-76; Id., Qalāwūn treaty with the Latin
Kingdom (682/1283): negotiation and abrogation, in Egypt and Syria in the Fatimid, Ayyubid
and Mamluk eras, 7 voll., ed. Urbain Vermeulen, Daniel De Smet, Leuven, Uitgeverij Peeters,
1995-2013 (Orientalia Lovaniensia analecta, 73), I (1995), pp. 330-331. La voce, falsa, di un
tradimento da parte cristiana quale causa della sconfitta (Chronicon Estense, p. 50) è un tipico
topos delle cause perse.
86
Holt, Qalawun’s treaty with Acre, p. 808; Id., Qalāwūn treaty with the Latin Kingdom,
p. 333.
87
Storici arabi, p. 321; Holt, Early, p. 77.
88
Che non fosse mercenariato autentico, è mostrato da un episodio del 1102, quando
re Baldovino I aveva dissuaso dal rimpatrio certi genovesi offrendo loro un honestum
salarium, che non faceva di quegli uomini dei soldati di ventura: Willelmus Tyrensis
archiepiscopus, Chronicon, ed. R.B.C. Huygens, 2 voll., CCCM 63-63A (1986), p. 468.
428 Giuseppe Ligato
solidarii, mentre altri autori usano espressioni coerenti (aere suo [del papa]
conductos: Platina); ma anche i crucesignati ricevevano pagamenti, come già
il contingente sbarcato ad Acri nel 1275 ‘ad stipendia Ecclesiae’, e pochi
anni prima il patriarca di Gerusalemme aveva erogato stipendia Ecclesiae allo
stesso scopo. La differenza rispetto ai mercenari strettamente intesi non è
sempre nitida, sebbene il Riley-Smith abbia distinto il contratto del soldato
di ventura dal votum crucis; ma già al Concilio Lionese II si era invitato a
mandare ‘non mercenarii homines habentes solum oculum ad stipendia’,
bensì uomini motivati.89 La crociata del 1290 ebbe comunque un carattere
pontificio ed evidenziò la dipendenza economica di quegli stipendiarii dalla
Curia romana: un’impresa essenzialmente papale con il contributo tecnico
di altre potenze, per esempio la flotta armata dai veneziani ma pagata quasi
interamente dal papato.90
89
Su questo aspetto del finanziamento pontificio della crociata del 1290: Continuatio
chronici, pp. 9-10; Excidii, p. 49; Marinus Sanutus senior, Liber, pp. 225-226;
Ludolphus de Sudheim, De itinere, p. 340; Guillelmus de Nangiaco, Chronicon,
p. 572; Platyna, Liber, p. 255; Odoricus Raynaldus, Annales ecclesiastici, p. 95 [ma
96]; Iohannes abbas Victoriensis, Liber, pp. 262 e 303; Annales Colmarienses, p. 217;
Chronicon domini Walteri, II, p. 23; Riley-Smith, The Crown, pp. 45-52; Caroline Smith,
Crusading in the Age of Joinville, Aldershot, Ashgate, 2006, p. 112. Sul dibattito nella Chiesa
coeva: Collectio de scandalis Ecclesiae, ed. Autbertus Stroick, in «Archivum Franciscanum
historicum», XXVI (1931), p. 40; Sacrorum conciliorum nova et amplissima collectio, ed.
Johannes D. Mansi, 53 voll., Paris, H. Welter, 1901-1927, XXIV, p. 119. Cfr. sull’equivalenza
stipendiarius-mercenario: Collectio, p. 40; Errico Cuozzo, Le investiture cavalleresche, in
Le eredità normanno-sveve nell’età angioina. Persistenze e mutamenti nel Mezzogiorno. Atti
delle XV giornate normanno-sveve; Bari, 22-25 ottobre 2002, ed. Giosué Musca, Bari, Dedalo,
2004, pp. 141-143. Secondo Caruso, Le crociate, il contingente italiano di cinquecento
uomini (poi seguiti da altri cento: Chronicon Parmense, p. 60) era costituito da mercenari
papali ed era il frutto del piano di crociata del 1289. Sullo stipendium quale finanziamento
per le navi pontificie nel 1290: Les registres, n. 4386; Venetiarum historia, p. 193; Marinus
Sanutus senior, Liber, p. 230. Stipendiarii di Niccolò IV per altre missioni: Guillelmus
de Nangiaco, Chronicon, p. 570. Stipendiarii per precedenti guerre benedette dalla Chiesa
e altre crociate compresa quella, coeva, siculo-aragonese: Matthaeus Parisiensis,
Chronica majora, ed. Henry R. Luard, Rolls Series 57/V (1880), pp. 458-459; Eracles, p. 467
(‘as deniers de l’Yglise’); Flores historiarum, ed. Henry R. Luard, Rolls Series 95/III (1890),
p. 29; Bartholomaeus de Neocastro, Historia, p. 115; Schein, The Patriarchs, p. 299.
Nell’assemblea radunata per affrontare l’ultimatum sultaniale una fonte distingue solidarii
e peregrini, ossia le due componenti dell’ultima crociata: i mercenari papali e i crociati delle
varie città italiane. V. Excidii, pp. 49, 57, 69.
90
Tholomaeus de Fiadonis, Annales, p. 220; Id., Historia, p. 630; Chronica abbreviata,
pp. 335-336; Guillelmus de Nangiaco, Chronicon, p. 572; Ludolphus de Sudheim,
De itinere, p. 340 (che confonde Niccolò IV con Urbano IV).
Nicola de Hanapes 429
91
Waterson, Sacred swords, p. 112.
92
Christophorus Cyprius, Chronicae, pp. 204-206; Chronique d’Amadi, pp. 218
seqq.; Excidii, p. 52; Cronaca del Templare, p. 200. I crociati erano forenses secondo Petrus
Cantinelli, Chronicon, p. 65. Il Platina (supra e Liber, p. 255) tentò di riabilitare la crociata
pontificia, non parlò di uccisioni ma solo di rapine e distinse i 1500 combattenti pagati
da Niccolò IV da una massa amorfa che li aveva seguiti ‘nullo dato nomine, nullis signis et
auspiciis’. Sul commune: Joshua Prawer, Estates, Communities, and the Constitution of the
Latin Kingdom, in Id., Crusader Institution, Oxford, Clarendon Press, 1980 (in una versione
meno elaborata, già in «Proceedings of the Israel Academy of Sciences and Humanities»,
II/6 [1969]), pp. 46-82, spec. pp. 54 seqq. Le confraternite erano estranee alla struttura del
commune, pur potendo ispirarne certe caratteristiche oltre a contare nei processi decisionali:
Riley-Smith, A Note, passim.
93
Excidii, p. 51; cfr. Mouzaffal Ibn al-Fazaïl, Histoire, p. 532.
430 Giuseppe Ligato
94
Chronicon de Lanercost, p. 139; Excidii, pp. 53-56; Claverie, L’Ordre, II, pp. 86-87. Il patto
del 1285 con Margherita di Antiochia-Lusignano signora di Tiro prevedeva per casi simili la
punizione del reo cristiano da parte del proprio tribunale in presenza di delegati del sultano:
Holt, The Treaties of the Early Mamluk sultans with the Frankish States, p. 72. Se l’accusa
rivolta a Qalawun di aver cercato il casus belli non è infondata, l’uso islamico considerava
l’hudna (tregua) inviolabile e rinnovabile ma anche provvisoria, in vista di una ripresa della
lotta: Cronaca del Templare, p. 200; Demurger, Tramonto e fine, pp. 58, 64-66; Gustave
Schlumberger, Prise de Saint Jean d’Acre en l’an 1291 par l’armée du Soudan d’Egypte,
Paris, Plon-Nourrit et c., 1914, pp. 3-4; Majid Khadduri, in Encyclopédie de l’Islam, III
(19712), p. 566, s.v. Hudna; Holt, Qalawun’s treaty with Acre, p. 803; Id., Mamluk-Frankish
Diplomatic relations in the Reign of Baybars (658-76/1260-77), in «Nottingham Medieval
Studies», XXXII (1988), p. 181; Gideon Weigert, A Note on ‘Hudna’: Peacemaking in
Islam, in War and Society in the Eastern Mediterranean, 7th-15th Centuries, ed. Yaacov Lev,
Leiden, Brill, 1997, pp. 399-405. Pure Mouzaffal Ibn al-Fazaïl, Histoire, p. 532 sostiene
che Qalawun meditava di attaccare prima della violazione della tregua, forse sapendo che una
nuova spedizione era in allestimento. Già in passato le potenze islamiche avevano sfruttato le
tregue per raccogliere nuove forze: Mahmoud Said Omran, Truces between Moslems and
Crusaders (1174-1217 AD), in Autour de la première croisade. Actes du colloque de la Society for
the Study of the Crusades and the Latin East; Clermont-Ferrand, 22-25 juin 1995, ed. Michel
Balard, Paris, Publications de la Sorbonne, 1996 (Byzantina Sorbonensia, 14), pp. 422-441,
in partic. pp. 431-432. Qalawun poteva appellarsi pure all’aiuto franco a Tripoli del 1289,
possibile pretesto per accusare i latini di Acri di avere infranto il patto: Storici arabi, pp. 318
seqq.; Holt, The Treaties of the Early Mamluk sultans with the Frankish States, passim.
95
Chronicon domini Walteri, II, p. 24. Secondo Excidii, p. 49, Qalawun avrebbe preteso la
sottomissione di Acri fra la conquista di Tripoli e la violazione crociata della tregua.
96
Cronaca del Templare, p. 200; Marwan Nader, Urban Muslims, Latin Laws, and legal
Institutions in the Kingdom of Jerusalem, in «Medieval Encounters», XIII (2007), p. 268. La
distinzione fra le responsabilità dei crociati da quelle dell’Outremer fu accreditata anche da
re Enrico, che accusò il sultano di avere attaccato per primo (come se i veri rei, ‘stranieri’, non
fossero da considerare): Chronique d’Amadi, p. 221.
97
Holt, Qalāwūn treaty with the Latin Kingdom, pp. 329-330.
Nicola de Hanapes 431
98
Excidii, p. 51; Holt, The Treaties of the Early Mamluk sultans with the Frankish States,
pp. 75-76; Id., Qalāwūn treaty with the Latin Kingdom, p. 332; Id., Mamluk-Frankish
Diplomacy Relations in the Reign of Qalawun, p. 290; Pierre-Vincent Claverie,
L’ambassade au Caire de Philippe Mainebeuf (1291), in Egypt and Syria in the Fatimid, IV
(2005), pp. 381-394, in partic. p. 383. Cfr. Storici arabi, p. 325.
99
Quaresmi, Historica, p. 675.
100
Chronicon de Lanercost, p. 139.
101
V. la nt. precedente e Guillelmus de Nangiaco, Chronicon, p. 573; Continuatio
chronici, p. 9; Holt, Qalawun’s treaty with Acre, p. 808; Id., Early, p. 82. La proporzione
di 1:1 è tramandata, con applicazione leggermente diversa, da De rege Edwardo I, p. 431
(dove Qalawun è confuso con il predecessore Baybars). Il rifiuto dell’ultimatum è descritto
in maniera più stringata dalla Continuatio chronici, p. 10, mentre Francesco Pipino scrisse
che erano stati soprattutto i colpevoli del misfatto a opporsi alla propria consegna al sultano:
Chronicon, col. 733. Nella tradizione manoscritta della cronaca di Guglielmo de Nangis si
nota una possibile incertezza fra non volentes e non valentes, in riferimento alla condotta delle
autorità franche davanti alla richiesta di Qalawun: Guillelmus de Nangiaco, Chronicon,
p. 572 e ibid., nt. 1. Sulla tradizione della rappresaglia proporzionata in questo genere di
accordi: Holt, Early, pp. 41, 46-47.
102
Iohannes abbas Victoriensis, Liber, pp. 261-262, 303. Secondo invece altri, quali
Guillelmus de Nangiaco, Chronicon, p. 572, ed Excidii, pp. 49-50, 72 alcuni elementi
locali cercarono di frenare il furor dei nuovi crociati. Il Chronicon Regiense di Pietro della
Gazzata nella versione muratoriana tramanda la notizia della strage dei cristiani ‘qui erant ultra
mare’, ma l’edizione moderna riporta ‘qui iverant ultra mare’, sebbene si tratti evidentemente
dell’intera Cristianità di Acri coinvolta nella catastrofe finale del 18 maggio 1291: Petrus de
Gazata, Chronicon Regiense, col. 13; Chronicon Regiense, p. 82.
432 Giuseppe Ligato
dai patti del 1285 con Margherita di Tiro,103 ma quello del 1290 fu un atto di
guerra che lasciava poche chances alla diplomazia, soprattutto dopo il respin-
gimento dell’ultimatum sultaniale. Non fu applicata la clausola implicante
trenta pellegrinaggi punitivi a Gerusalemme e la liberazione di mille prigio-
nieri musulmani,104 e il sultano poté rammentare che tali impegni spettavano
ai contraenti del 1283 e non agli effettivi violatori della tregua;105 quanto alla
decisione di sottrarre i colpevoli alla giustizia mamelucca, dovettero compia-
cersene fra i presenti alla riunione i ‘solidarii [o stiipendiarii] et peregrini’,106
ossia gli stessi aggressori. La vera fine delle trattative si ebbe quando Ashraf,
nuovo sultano dal novembre 1290, fece imprigionare gli ultimi ambasciatori
di Acri.107
I contraenti del patto del 1283 erano stati il siniscalco Odo Poilechien baill
di Carlo II d’Angiò (costretto nel 1286 a cedere il potere a Enrico II di cui dal
1289 fu baill il fratello Almarico) e i capi dei tre principali Ordini Militari;108
dal canto suo, l’Excidium chiama in causa i ‘capitanei Aconis de consensu
103
Storici arabi, pp. 318-323; Holt, Qalawun’s treaty with Acre, pp. 809-810; Holt, The
Treaties of the Early Mamluk sultans with the Frankish States, pp. 73, 75.
104
Storici arabi, p. 325.
105
Marinus Sanutus senior, Liber, p. 230.
106
Les registres, n. 4389; Excidii, p. 57.
107
Chronique d’Amadi, p. 220; Cronaca del Templare, pp. 204-206; Cornelius Zantfliet,
Chronicon, col. 125; Claverie, L’ambassade, pp. 389-390; Id., L’Ordre, II, pp. 43 seqq.; III,
p. 590. Cristoforo di Cipro pone Gualtiero siniscalco del re di Cipro nell’inutile ambasciata
(alla quale erano stati aggregati templari e ospitalieri) presentatasi al sultano, poche settimane
prima della caduta di Acri (Christophorus Cyprius, Chronicae, pp. 204-206).
108
Nel folto gruppo di personaggi minori è difficile individuare una gerarchia diplomatica:
Storici arabi, pp. 319, 321-322; Cronaca del Templare, pp. 170, 198; Regesta regni
Hierosolymitani, n. 1450; Holt, Qalawun’s treaty with Acre, p. 805; Id., Early, pp. 72, 74, 87;
Id., Qalāwūn treaty with the Latin Kingdom, p. 329. Il testo del 1283 annovera tra i contraenti
latini ‘il governatore generale Guglielmo’: forse il magister templare de Beaujeu con la stessa,
impropria qualifica datagli da Bar Hebraeus, ma il magister figura nello stesso documento
con il titolo più noto: cfr. Storici arabi, p. 319. Cfr. Cronaca del Templare, pp. 216-218; The
Chronography, p. 493; Magister Thadeus, Ystoria, p. 115; Cronica fiorentina, p. 137;
Giovanni Villani, Nuova cronica, p. 619; Holt, Qalawun’s treaty with Acre, p. 805; Id.,
Early Mamluk Diplomacy (1260-1290). Treaties of Baybars and Qalawun with Christian
Rulers, Leiden, Brill, 1995, p. 74. Sant’Antonino, vicino al Villani, chiama il magister templare
‘capitaneus principalis civitatis’: Opus, p. 232. Sui poteri del magister templare: De rege
Edwardo I, p. 431; Riley-Smith, The Crown, pp. 54-55. Cristoforo di Cipro erra nel sostenere
che nel 1290 templari e ospitalieri ‘Aconis urbis principatum tenebant’: Christophorus
Cyprius, Chronicae, p. 206.
Nicola de Hanapes 433
109
Excidii, p. 49. Generico sul governo della città: ivi, pp. 72-73.
110
Les registres, n. 4403.
111
Les registres, nn. 225-26, 296, 2258, 4385, 4403; Iohannes abbas Victoriensis, Liber,
pp. 261-262, 303; Da Civezza, Storia, pp. 481-482; Le Clerq, Nicholas de Hanapes, p. 58;
commento in Jacoby, The supply, pp. 124-125. Impreciso anche Thomas Ebendorfer,
Chronica Austriae, pp. 225-226: accusa il legato di violazione della tregua su ordine papale e di
torture inflitte ai messi del sultano, ma scambia Niccolò IV con Onorio IV. Nicola fu accusato
anche di errori tattici, ma non comandava truppe sul campo: supra e Chronicon de Lanercost,
pp. 139-140 dove parimenti lo si accusa di fuga, stavolta durante la battaglia finale, ma v. infra.
112
Excidii, pp. 49-50.
113
Chronicon de Lanercost, p. 139. Anche gli stipendiarii assoldati dal papato nel 1275
furono considerati un primo nucleo ‘dum generalis apparatus fiebat’, forse quello citato nel
concilio di Lione: Marinus Sanutus senior, Liber, p. 226; De codice Rudolphino, seu
de Rudolphi epistolarum libris dissertatio, in PL, XCVIII (1862), col. 835 nt. b; Johannes
Iperius, Chronicon, coll. 752-53.
114
Les registres, nn. 2268, 4409-12, 6791-92, 6800-05, 6809; Acta pontificum Romanorum,
n. 113; Chronicon domini Walteri, II, p. 24. Nell’estate-autunno del 1290 un voto di crociata
434 Giuseppe Ligato
faceva riferimento al ‘primo futuro generali passagio in Terra Sancta’, sebbene a quella data il
casus belli avesse ormai dato un motivo in più per soccorrere Acri: Biblioteca bio-bibliografica,
I, p. 340.
115
The Damascus Chronicle of the Crusades (extracted and translated from the Chronicle of Ibn
al-Qalanisi), ed. Hamilton A.R. Gibb, London, Luzac & Co., 1932, p. 327; Abu Shama, Le
livre des deux jardins, RHC. Or, IV (1898), pp. 83-84; Grousset, Histoire, II, pp. 367-369.
116
Willelmus Tyrensis archiepiscopus, Chronicon, pp. 825-826, 833, dove però
violazione e arrivo dei nuovi crociati non appaiono altrettanto concatenati.
117
Abu Shama, Le livre, p. 191; Waterson, Sacred swords, pp. 112, 113-114. Un altro
autore, circa lo sbarco di Riccardo Cuor di Leone a Giaffa nel 1192 che aveva provocato la
rottura del patto che aveva appena consegnato la città a Saladino, legge l’evento in chiave
giuridica, visto che conosce la facoltà di sospendere le tregue all’arrivo di un monarca
occidentale dal mare: Ayyubids, pp. 15, 53-56, 107.
118
Willelmus Tyrensis archiepiscopus, Chronicon, pp. 1007-1008.
119
Rogerus de Houedene, Chronica, ed. William Stubbs, Rolls Series 51/II (1869),
p. 316; Radulfus Niger, De re militari et triplici via peregrinationis Ierosolimitane,
Nicola de Hanapes 435
papa Alessandro IV, nel 1255, si stipulò una tregua ‘a flumine Barude usque ad
flumen de Japhe, spatio decem annorum et quadraginta dierum, nisi gens for-
tis de ultra mare venerit, saltem quingenti milites, tunc treuga si voluerint
rumpi poterit’.120 Talvolta si era persino caldeggiato la rottura della tregua,
come nel 1168 in Egitto,121 ma era stata fatale l’aggressività dei crociati meno
esperti: nel 1197 i crociati tedeschi avevano violato (forse forzando legger-
mente la scadenza) la tregua di cinque anni stipulata nel 1192 da Riccardo
Cuor di Leone e Saladino, con furiosa reazione ayyubide compreso l’assedio di
Giaffa.122 Ciò non alterò la prassi, se nel 1198 il re di Gerusalemme siglò una
ed. Ludwig Schmugge, Berlin-New York, de Gruyter, 1977 (Beiträge zur Geschichte und
Quellenkunde des Mittelalters, 6), p. 105; George B. Flahiff, ‘Deus non vult’: A Critic of
the Third Crusade, in «Mediaeval Studies», IX (1947), pp. 174 e 181.
120
Chronicon de Lanercost, p. 61. Più generici Eracles, p. 442 e Matthaeus Parisiensis,
Chronica majora, V, p. 522.
121
Secondo Runciman, Storia, p. 604, l’arrivo della crociata del conte di Nevers avrebbe
contribuito a indurre la monarchia gerosolimitana a violare il recente accordo con gli egiziani,
non senza qualche scrupolo di coscienza: v. Willelmus Tyrensis archiepiscopus,
Chronicon, pp. 905 seqq., 915 ss; Abu Shama, Le livre, pp. 136-137.
122
Reinerus, Annales, MGH. SS 16 (1859), p. 653; Rogerus de Houedene, Chronica, IV,
pp. 25-26, 72 (dove si ricorda che i tedeschi si ritirarono alla notizia della morte dell’imperatore
Enrico VI, dalla cui presenza avevano fatto dipendere la propria azione: cfr. Annales de Terre
Sainte, p. 435; A New Text, p. 150); Die Register Innocenz’ III, ed. Othmar Hageneder,
Anton Haidacher, Graz-Köln, Bohlau, 1964-1965 (Publikationen des Historischen Instituts
beim Österreichischen Kulturinstitut in Rom. 2. Abteilung: Quellen. 1. Reihe), I/1, n. 336;
Robertus Autissiodorensis, Chronicon, ed. Oswald Holder-Egger, MGH. SS 26 (1882),
p. 257; History of the Patriarchs of the Egyptian Church, 4 voll., ed. Antoine Khater, Oswald
H.E. Burmester, Le Caire, Société d’archéologie copte, 1943-1974 (Publications de la Société
d’archéologie copte. Textes et documents, 12), III/2 (1970), pp. 171-172. La tregua era già
scaduta se fissata a tre anni ai quali aggiunge otto mesi una lettera dello stesso Saladino, che però
pare dilatare i termini fino al 1197; anche secondo altri autori gli anni sarebbero stati cinque e
dunque la ripresa delle ostilità era stata regolare (Sigebertus, Continuatio Aquicinctina, ed.
Ludwig C. Bethmann, MGH. SS 6 [s.a.]), p. 430. L’Historia de expeditione Friderici, in ‘Historia
de expeditione Friderici imperatoris’ et alii rerum gestarum fontes eiusdem expeditionis, ed. Anton
Chroust, MGH. SRG NS 5 (1928), pp. 101, 106 cita anche una tregua di tre anni successiva
alla morte di Saladino (1193; cfr. Runciman, Storia, pp. 752 seqq., notizia errata, al pari della
connessione tra la fine della tregua e la morte di re Riccardo, vivo fino al 1199: The Chronography,
p. 346); Abu Shama, Le livre, pp. 115-116; Imad ad-Din al-Isfahani, Conquête de la
Syrie et de la Palestine par Saladin, ed. Henri Massé, Paris, Libr. orientaliste P. Geuthner,
1972 (Documents relatifs à l’histoire des croisades publiés par l’Académie des inscriptions et
belles-lettres, 10), p. 393; Anonymus Auctor, Chronicon ad a.C. 1234 pertinens, ed. Albert
Abouna, Jean-Maurice Fiey, 4 voll., Louvain, Imprimerie orientaliste L. Durbecq, 1916-1974
(Corpus scriptorum Christianorum Orientalium, 354. Scriptores Syri, 154), IV (1974), p. 153;
436 Giuseppe Ligato
nuova tregua da rispettare ‘nisi aliquis rex Christianorum potens in partes illas
veniret’,123 con chiara allusione all’adeguatezza politica del personaggio. Ma
più fresca nella memoria era la crociata di Edoardo Plantageneto della prima-
idem in Chronique d’Ernoul et de Bernard le Trésorier, ed. Louis de Mas Latrie, Paris, chez J.
Renouard, 1871 (Société de l’Histoire de France), pp. 304-305, che però indica come causa della
fine della tregua la morte di Saladino, avvenuta quattro anni prima; Omran, Truces, p. 436. Erra
Abu Shama, Le livre, p. 116, secondo il quale la presa islamica di Giaffa del settembre 1197
precedette l’appello per la crociata tedesca (v. infra). La tregua era stata fissata a cinque anni
secondo Runciman, Storia, p. 748, ma in alcune fonti come abbiamo ricordato gli anni sono
tre, con o senza una ‘coda’ di tre mesi (o anche di altrettante settimane, giorni e ore): v. Rogerus
de Houedene, Chronica, III, p. 184; Radulphus de Coggeshall, Chronicon Anglicanum,
ed. Joseph Stevenson, Rolls Series 66 (1875), p. 52; Petrus Blesensis, Carmina, ed. Carsten
Wollin, CC CM 128 (1998), vv. 62-65, p. 262; Itinerarium regis Ricardi, in Chronicles and
Memorials of the Reign of Richard, ed. William Stubbs, Rolls Series 38/I (1864), pp. 429-430;
Willelmus de Novoburgo, Historia rerum Anglicarum, in Chronicles of the Reigns of
Stephen, Henry II, and Richard I, ed. Richard Howlett, Rolls Series 82/I (1884), p. 378 (ibid., II,
p. 486: una crociata tedesca pianificata già dal 1195); Ricardus Divisiensis, De rebus gestis
regis Ricardi primi, ibid., III, pp. 449, 453; Gervasius Cantuariensis, Chronica, in Opera
historica, ed. William Stubbs, Rolls Series 73/I (1879), p. 513; Abu Shama, Le livre, V, p. 78. Tre
anni e mezzo per The Crusade and Death of Richard I, ed. Ronald C. Johnston, Oxford, Blackwell,
1961 (Anglo-Norman texts, 17), p. 39. L’accordo del 1192 era stato rinnovato proprio nel
1197, ma di violazione (anche da parte islamica) parlano pure l’Extrait de la chronique intitulée
‘Kamel-Altevarykh’, par Ibn al-Athir, in RHC. Or, II (1959), pp. 84 seqq. e la Continuation de
Guillaume de Tyr, ed. Margareth R. Morgan, Paris, Académie des inscriptions et belles-lettres,
1982 (Documents relatifs à l’histoire des croisades, 14), p. 178. La tregua del 1192 sarebbe stata
tarata in funzione della crociata tedesca del 1197, secondo l’Histoire de Jérusalem et d’Hebron
depuis Abraham jusqu’à la fin du XVe siècle de J.C. (Fragments de la chronique de Moudjir-ad-
Din traduits sur le texte arabe), ed. Henri Sauvaire, Paris, s.e., 1876, p. 80. V. pure Cronaca del
Templare, p. 114; Runciman, pp. 867-869, 966; H. Zug Tucci, Dalla polemica antimperiale
alla polemica antitedesca, in Le forme della propaganda politica nel Due e nel Trecento. Relazioni
tenute al Convegno internazionale organizzato dal Comitato di studi storici di Trieste, dall’École
française de Rome e dal Dipartimento di storia dell’Università degli studi di Trieste; Trieste, 2-5
marzo 1993, ed. Paolo Cammarosano, Roma, École française de Rome, 1994 (Collection de
l’École française de Rome, 201), p. 54 nt. 38. Ulteriori notizie, con l’interessante precisazione
che la crociata tedesca si sarebbe conclusa con una nuova tregua escludente il mare, frequente
direzione d’arrivo dei latini, in History of the Patriarchs, pp. 169-171. La fonte usata dalla Zug
Tucci proviene dal Tractatus de locis et statu sancte Terre ierosolimitane, ed. G. M. Thomas, in
Sitzungsberichte der königl. Bayer. Akademie der Wissenschaften, a. 1865, München, s.e., 1865,
II, pp. 169 seqq., escluso dall’edizione moderna: Benjamin Z. Kedar, The ‘Tractatus de locis
et statu sancte terre ierosolimitane’, in The Crusades and their Sources. Essays presented to Bernard
Hamilton, edd. John France, William G. Zajac, Aldershot-Brookfield, Ashgate, 1998, pp. 111-
131. Fidenzio da Padova contro il bellicismo imprudente: Liber, pp. 66-67.
123
Rogerus de Houedene, Chronica, IV, p. 68.
Nicola de Hanapes 437
vera del 1271; secondo alcune fonti era in corso dall’estate 1268 fra Acri e il
sultano Baybars una tregua fissata a dieci anni e comprendente una clausola
che obbligava a mantenere le ostilità sospese anche in caso di ‘interventi stra-
nieri o […] arrivo di qualche re d’Oltremare [l’Occidente europeo]’, clausola
inizialmente rifiutata da Ugo III re di Gerusalemme e Cipro; la cronaca di
Menko parla di recalcitrante rispetto del divieto da parte di Edoardo, che
invece combatté rompendo la tregua se ce n’era una (comunque ristabilita nel
1272, per dieci anni e dieci mesi). L’accordo trovato dal Plantageneto è iden-
tificabile con quello del 1268, ma una cronaca colloca un’intesa analoga fra il
22 marzo e il 24 maggio 1271, ossia poco prima o all’inizio della sua spedi-
zione (sbarcata il 9 maggio), e forse l’equivoco nacque da qualche somiglianza
con certi trattati nei quali il pericolo indotto da eventuali nuovi arrivi non
poteva essere stato trascurato (a parte la similitudine nella durata): per esem-
pio la tregua con Tripoli ispirata dall’arrivo della nuova spedizione, o quella
con gli ospitalieri (che infatti la stessa cronaca colloca come protagonisti del
patto impostato il 22 marzo e perfezionato il 24 maggio 1271, insieme a tem-
plari e Ordine Teutonico), se non l’intesa del 1268.124 Come che sia, l’ammis-
sibilità della crociata di Edoardo come passagium autorizzato a riaprire le
124
Non tutte le fonti menzionano problemi di Edoardo con le tregue: Emo et Menko,
Chronicon, ed. Ludwig Weiland, MGH. SS 23 (1874), pp. 557-558 (dove gli ‘undici anni’ della
presunta tregua corrispondono all’uso di arrotondare le diverse durate fissate dalle cancellerie
sultaniali; la fonte è imprecisa anche in quanto considera Edoardo già re d’Inghilterra e ne
pone l’arrivo dopo le sue prime imprese in Terra Santa); Cronique d’Amadi, p. 213; Chronicon
domini Walteri, I, pp. 333-334; Eracles, p. 461; Guillelmus de Nangiaco, Gesta Philippi III
regis Franciae, in Recueil des historiens des Gaules et de la France, XX (1840), pp. 480-482;
Cronaca del Templare, pp. 138-140; Annales de Terre Sainte, pp. 454-455; A New Text,
p. 160; Marinus Sanutus senior, Liber, p. 224; Flores historiarum, III, p. 23; Ayyubids,
pp. 150, 155, 159 e relativo commento; Holt, Mamluk-Frankish Diplomacy Relations in the
Reign of Qalawun, p. 281, Holt, Early, p. 56. Sui fatti del 1268 v. infra. Alcuni alludono
alla clausola senza chiarire molto, ma non senza far intendere che Baybars era riuscito, nel
secondo negoziato, a imporre questa sua volontà ‘nei termini già fissati’: v. infra (Menko);
Storici arabi, pp. 308-309, 309 nt. 2; Marinus Sanutus senior, Liber, p. 224. Secondo
certi autori, la tregua fra Baybars e Boemondo principe d’Antiochia era stata stipulata nel
maggio 1271 proprio in previsione dell’arrivo di Edoardo, ma non tutti concordano: Eracles,
p. 460; Runciman, pp. 969 seqq.; Thomas Wykes, Chronicon, in Annales monastici, ed.
Henry R. Luard, Rolls Series 36/IV (1869), p. 245; Willelmus Rishanger, Chronica,
in Chronica monasterii S. Albani, ed. Henry T. Riley, Rolls Series 28/II (1865), p. 68; The
Chronicle of Pierre de Langtoft, in French Verse the earliest period to the death of Edward I, ed.
Thomas Wright, Rolls Series 47/II (1868), pp. 154, 156; Holt, Mamluk-Frankish Diplomacy
Relations in the Reign of Qalawun, p. 281.
438 Giuseppe Ligato
ostilità non poteva risultare a Baybars,125 il quale poco prima aveva imposto
agli ospitalieri di contrastare una nuova crociata a meno che essa fosse condotta
da un ‘re coronato’, quale il Plantageneto non era ancora.126 A segnare la
sostanziale conclusione della sua crociata fu la tregua, parimenti decennale,127
del 1272 che riprendeva i termini del 1268, secondo l’Holt mai ratificati ma
rimasti alla base del nuovo patto, rinnovato nel 1283:128 infatti la campagna di
Edoardo non poteva non avere imposto una rinegoziazione, ispirata alle intese
precedenti. La pace del 1272, nella versione rinnovata undici anni dopo (tanti
quanti ne attribuisce la cronaca di Menko anche alla presunta intesa della pri-
mavera 1271), fu proprio quella violata al tempo di Nicola de Hanapes (per
quanto nel 1283 invece della ‘sospensione della responsabilità’ fosse imposto
solo un avvertimento).129 I patti datati da alcuni tra la Settimana Santa e il 24
maggio 1271, fedeli alla norma che in caso di nuova crociata da Occidente
liberava da ogni colpa i latini d’Oltremare, oltre a poter essere stati confusi con
la tregua (parimenti decennale) concessa a fine maggio da Baybars a Tripoli
appaiono simili a quelli del 13 aprile 1271 con gli ospitalieri, ulteriore indizio
di influenza. Una clausola del patto che la cronaca di Menko pone come coevo
dell’impresa di Edoardo e da lui accettato con disgusto (in realtà combatté),
clausola anticipata nel 1268, prevedeva l’eventualità di una nuova crociata gui-
data da un ‘aliquis rex potens [ancora] de ecclesia’ abilitato a riaprire le ostilità
senza responsabilità per i contraenti locali; pure il patto con gli ospitalieri
obbligava questi ultimi a non appoggiare nuove crociate provenienti ‘dalla
terra o dal mare’, a meno che una ‘forza maggiore’ costituita dall’esercito di un
125
Marinus Sanutus senior, Liber, p. 224. Contra Cronaca del Templare, p. 140.
Sull’accusa rivolta a Baybars di avere tentato di far assassinare il principe, v. Chronicon domini
Walteri, I, pp. 336-337.
126
Holt, Early, p. 55. Nondimeno Edoardo, in quanto discendente di Riccardo Cuor di
Leone insignoritosi di Cipro, poteva rivendicare il supporto dei baroni locali: Chronicon
domini Walteri, I, p. 334; Rogerus de Houedene, Chronica, III, p. 108.
127
Si ricordi la difficoltà di trasferire con esattezza nelle fonti latine il sistema cronologico
della diplomazia mamelucca.
128
Holt, Early, pp. 71-72.
129
Eracles, p. 462; Annales de Terre Sainte, p. 455; A New Text, p. 160; Marinus Sanutus
senior, Liber, pp. 224-225; Chronicon domini Walteri, I, p. 337; Storici arabi, pp. 307-309,
309 nt. 2; Grousset, Histoire, III, p. 663; Holt, Qalawun’s Treaty with Acre, p. 808; Holt,
Early, pp. 84-85. Rimane incerto il mese del patto del 1272: 21 (o 22) aprile o maggio? La
maggioranza delle testimonianze conforta la prima ipotesi. Edoardo, ripartito per l’Europa
il 22 settembre, non poteva essere escluso dal negoziato e il suo passaggio avrebbe influito sul
nuovo accordo. V. pure Marinus Sanutus senior, Liber, p. 224; Menko, pp. 557-558;
Ayyubids, pp. 15, 53-56; Grousset, Histoire, III, p. 663; Runciman, Storia, p. 972.
Nicola de Hanapes 439
130
Emo et Menko, Chronicon, pp. 557-558. La durata della tregua era di 10 anni e 10
mesi, tempi (i massimi previsti dalla tradizione maomettana: Dajani-Shakeel, Diplomatic
Relations, p. 212) che il cronista latino semplifica parlando di 11 anni oltre all’aggiustamento
della data di stipula che per lui non è il 13 aprile ma il 24 maggio; inoltre pone come contraenti
latini i cives di Acri e i tre principali Ordini Militari con la sanzione del re di Cipro. Emo et
Menko, Chronicon, pp. 557-558; Marinus Sanutus senior, Liber, p. 224; Annales de
Terre Sainte, pp. 454-455; A New Text, p. 160; Chronicon domini Walteri, I, p. 333; Ayyubids,
p. 150; Urbain Vermeulen, Le traité d’armistice relatif à al-Marqab conclu entre Baybars
et les Hospitaliers (1 Ramadan 669/13 avril 1271), in «Orientalia Lovaniensia periodica»,
XXII (1991), passim; Holt, Early, pp. 48, 49 nt. 6, 55-57; Albrecht Fuess, Rotting Ships
and Razed Harbors: the Naval Policy of the Mamluks, in «Mamluk Studies review», XI
(2007), p. 61. Per la tregua con il conte di Tripoli: Eracles, p. 460; Runciman, Storia, p. 969;
Holt, Mamluk-Frankish Diplomacy Relations in the Reign of Qalawun, p. 281.
131
Emo et Menko, Chronicon, p. 558; Annales S. Rudberti Salisburgensis, MGH. SS
4 (1841), p. 799; Ayyubids, p. 155 (e relativo commento), 159; Reinhold Röhricht,
Études sur les derniers temps du royaume de Jérusalem, in «Archives de l’Orient latin», I
(1881), p. 624. Nel 1268 un indignato Baybars si sentì dire che il comandante del Crac des
Chevaliers doveva ‘proteggerlo’ dai turbolenti ‘franchi occidentali’ attualmente nel castello:
ibid., pp. 117 e 139. Era nota fra gli arabi l’aggressività indiscriminata dei latini di recente
arrivo: Daniella Talmon-Heller, ‘The Cited tales of the Wondrous Doings of the Shaykhs
of the Holy Land’ by Diya’ al-Sin Abu Abd Allah Muhammad b. ‘Abd al-Wahid al-Maqdisi
(569/1173-643/1245). Text, Translation and Commentary, in «Crusades», I (2002), p. 149.
Un secolo prima il re di Boemia Ladislao II aveva ricevuto la sovranità dello stesso Crac
(Regesta regni Hierosolymitani, II, n. 472a) durante la propria crociata; nel 1249 l’Outremer
si pose agli ordini di Luigi IX appena sbarcato. Sui progetti di Gregorio X e di Niccolò IV:
Gheorghe I. Bratianu, Autour du projet de croisade de Nicolas IV: la guerre ou le commerce
avec l’infidèle, in «Revue historique du Sud-Est européen», XXII (1945), pp. 250-255, in
partic. p. 250 e ivi, nt. 3; Maureen Purcell, Papal Crusading Policy, 1244-1291, Leiden,
Brill, 1975 (Studies in the History of Christian Thought, 11), pp. 23-24, 27-28, 137 nt. 4.
440 Giuseppe Ligato
caveat caro a Baybars e Qalawun: nessun supporto per eventuali nuove cro-
ciate da Occidente.132
Nel 1288 una crociata implicante la rottura della tregua era discussa alla
corte siculo-aragonese;133 l’Hanapes sapeva che la flotta affidatagli era stata
allestita dai veneziani, mentre il papa insisteva affinché costoro interrompes-
sero la propria tregua biennale con il sultano.134 Il patto vigente nel 1290
non ammetteva sospensioni di validità, ma nel dibattito dopo le aggressioni
entrò anche la casistica precedente nonché lo ius et consuetudo da usare se
‘de maioribus transmarinis [cioè europei] principibus vel ex parte alicuius
eorundem aliquem contingeret transfretare cui treugas infringere compla-
ceret’; un tentativo di usare l’unica casistica favorevole ai colpevoli, giunti
‘ex parte summi pontificis’ e presentabili come avanguardia del vero, grande
passagium caldeggiato dal papa presso i re di Francia e d’Inghilterra, limi-
tando le punizioni a un bando per la truppa e a un ergastolo per i capi (in
carceri cristiane).135 Che la tregua fosse violabile anche prima dell’arrivo
(però annunciato) di un grande sovrano, si era visto quando Federico II di
Svevia era parso sul punto di giungere durante la tregua siglata nel 1221, e il
suo ennesimo rinvio aveva posto il dilemma ai crociati già sbarcati: violare i
patti o ritirarsi? Se l’imperatore fosse sbarcato la tregua sarebbe terminata
legittimamente, come quando il re di Gerusalemme Giovanni de Brienne era
stato considerato dai templari come estraneo, al proprio sbarco in Oriente, a
un rinnovo della tregua precedente. Su coloro che avevano giudicato inhones-
tum infrangere il patto del 1221 incombeva, nonostante i due anni di tregua
rimanenti, la scomunica per chi non fosse passato in Terra Santa a combat-
tere sotto Federico.136 Quest’ultimo, anni dopo, si mostrò consapevole del
132
Ayyubids, p. 130; Richard, Un partage, p. 74; Holt, Qalawun’s treaty with Acre, pp. 807-08;
Holt, Baybars’s Treaty with the Lady of Beirut, pp. 243-245; Holt, Early, pp. 47, 55-56, 65,
102-103, 116, 127, 134-135.
133
Bartholomaeus de Neocastro, Historia, p. 114 (per quanto, come ricordiamo
altrove, la squadra navale di tale regno si fosse poi ritirata).
134
Marino Sanudo il Giovane, Vite, col. 576 (la cronologia è poco nitida, ma la durata
biennale potrebbe essere riferita al rinnovo del 1289: cfr. supra).
135
Excidii, pp. 49, 52-53. Su Nicola presidente dell’assemblea: Schein, The Patriarchs,
p. 303.
136
Potthast R, n. 8090; Matthaeus Parisiensis, Chronica majora, III, p. 128-29;
Thomas Curtis Van Cleve, The Fifth Crusade, in A History of the Crusades, ed. Kenneth
M. Setton, 6 voll., Madison-London, The University of Wisconsin Press, 1958-1989, II
(1969), pp. 447-448; Wolfgang Stürner, Federico II e l’apogeo dell’impero, Roma, Salerno
Editrice, 2009 (orig.: Friedrich II. 1194-1250, 2 voll., Darmstadt, WBG, 1992-2000), p. 450.
Nicola de Hanapes 441
rischio che una nuova crociata ponesse fine alla tregua da lui conclusa con il
sultano d’Egitto.137
Ma ormai i fatti prevalevano su intenzioni e precedenti. Il legato esortò a
respingere l’ultimatum e un tardivo appello fu inviato in Europa,138 mentre
la morte del sultano (novembre 1290) illudeva il papa di aver guadagnato
tempo dopo lo sbandamento della prima flotta:139 i crociati agli ordini del
patriarca-legato sarebbero stati l’avanguardia della crociata inglese della cui
organizzazione fu incaricato anche il francescano Pietro Bardulio, distaccato
presso la giunta di governo coordinata dall’Hanapes.140 Ma il re di Gerusa-
lemme considerava persa la partita e si ritirò prima del crollo finale, molti cro-
ciati erano già rimpatriati prima dell’inizio dell’assedio e oltre al Grailly pure
il Grandson combatté a titolo poco più che personale;141 pure i veneziani
Sul Brienne: Eracles, pp. 308-309, ibid. nt. d. Giovanni stipulò una nuova tregua, ma solo per
prendere tempo: Chronique d’Amadi, pp. 100-101; Runciman, Storia, p. 801. Federico II,
attento ai rapporti con il sultanato ayyubide, volle far coincidere la propria crociata con la
fine della tregua di otto anni del 1221: cfr. le possibili datazioni in Eracles, p. 351; Chronique
d’Ernoul, p. 446 e note; Giuseppe Ligato, La crociata a Damietta tra legato papale, profezie
e strategie, in San Francesco e il sultano. Giornata di studio; Firenze, 25 settembre 2010, in
«Studi francescani», CVIII (2011), pp. 427-476. V. pure Annales de Dunstaplia, in Annales
monastici, III, p. 81, e Chronique d’Ernoul, p. 451. Precedenti della clausola del preavviso nel
XII secolo: Dajani-Shakeel, Diplomatic Relations, p. 212.
137
Historia diplomatica Friderici secundi, ed. Jean Louis Alphonse Huillard-Bréholles, 7
voll., Paris, Henricus Plon, 1852-1861, V/2 (1857), p. 922; Michel Balard, La croisade de
Thibaud IV de Champagne (1239-1240), in Les champenois et la croisade. Actes des quatrièmes
journées rémoises; 27-28 novembre 1987, ed. Yvonne Bellenger, Danielle Quéruel, Paris, Aux
Amateurs de Livres, 1989, p. 87.
138
Excidii, pp. 57-60; Thomas Ebendorfer, Chronica Austriae, p. 227.
139
Ryan, Nicholas IV, passim. Nell’autunno 1290 la situazione era ancora ritenuta
relativamente tranquilla: Favreau-Lilie, Gli Ordini Militari, p 11.
140
Les registres, nn. 3453, 4385, 4400; Bullarium Franciscanum, IV, nn. 331, 340; Biblioteca
bio-bibliografica, II, p. 466; Regesta regni Hierosolymitani, n. 1505; ibid., p. 392 nt. 1;
Gaudenzio Governanti, I francescani in Acri, Gerusalemme, Com. P., 1958, pp. 40-41;
Ryan, Nicholas IV, p. 84; Franchi, Nicolaus IV, p. 196.
141
Excidii, pp. 69 e 90; Cronaca del Templare, p. 220; Marinus Sanutus senior,
Liber, p. 230; Magister Thadeus, Ystoria, pp. 121-122; Annales Londonienses, in
Chronicles of the Reigns of Edward I and Edward II, ed. William Stubbs, Rolls Series 76/I
(1882), p. 99. Divergenti le opinioni sul ruolo del sovrano: Annales Mediolanenses, col. 682;
Bartholomaeus de Neocastro, Historia, p. 132.
442 Giuseppe Ligato
142
Supra e Acta Aragonensia, I, n. 1; Les registres, n. 4389; Claverie, L’Ordre, I, p. 380;
ibid., III, pp. 585-586; Ryan, Nicholas IV, pp. 82-83. Nell‘autunno del 1290 la flotta
precedentemente affidata al patriarca e al vescovo di Tripoli era ancora nella rada di Acri,
inattiva: Les registres, nn. 4386, 4389.
143
Excidii, p. 91; Magister Thadeus, Ystoria, p. 112.
144
Parlano solo di annegamento, talvolta con toni quasi agiografici, Excidii, p. 91; Magister
Thadeus, Ystoria, pp. 113-114; Annales Mediolanenses, col. 682; Cronica fiorentina, p. 137;
The Chronicle of Bury St. Edmunds (1212-1301), ed. Antonia Gransden, London, Nelson,
1964 (Medieval Texts), p. 103; Chronicon Parmense, p. 62. Prima di annegare Nicola sarebbe
stato imbarcato a forza, forse ferito: Epistolae V commentatoriae de perditione Acconis, ed.
Reinhold Röhricht, in «Archives de l’Orient latin», II (1884), pp. 269-270; Excidii, p. 90;
Guillelmus de Nangiaco, Chronicon, p. 573; Nicolaus Trevet, Annales, pp. 318-319;
Marinus Sanutus senior, Liber, p. 231; Favreau-Lilie, The Military Orders, p. 217
nt. 47; Schein, The Patriarchs, p. 304. Fatto annegare da un marinaio, avido dei suoi beni:
Cronaca del Templare, p. 222; ucciso dai mamelucchi secondo la Kölner Weltkronik, ed. Rolf
Sprandel, MGH. SRG NS 15 (1991), p. 58.
Riflessioni conclusive
Franco Cardini
N
el mondo musulmano è ancora in uso, nelle occasioni tanto
pubbliche quanto private, avviare sempre un discorso o un’azione
con la recita della basmala, cioè della formula Bismillâh al-R ahmân
al-Rahîm, ‘Nel Nome di Dio, il Clemente, il Misericordioso’. È si può dire
l’esatto l’equivalente di una preziosa tradizione in uso nell’Europa cristiana,
quando si aprivano i documenti pubblici con un In nomine Sanctae et Indi-
viduae Trinitatis o, più semplicemente, non si usciva di casa se non ci si era
prima protetti con un segno di croce.
Ispirandomi a quest’usanza oggi purtroppo non più comune, vorrei qui
parafrasare le prime parole dell’accolito nell’Introibo della nostra vecchia
cara messa in latino per ringraziare Deum, Qui laetificat senectutem meam.
Perché è davvero una grande e insperata gioia, oltre che un grande immeri-
tato onore, concludere con qualche povera riflessione personale un conve-
gno tanto denso, ricco, impegnativo. E’ per me titolo di viva soddisfazione
la consapevolezza che esso nasce dal progetto PRIN 2007 Gerusalemme,
Oriente latino e Levante: aspetti e problemi del rapporto tra Italia e il ‘conti-
nente Mediterraneo’ (secc. XI-XVI) da me coordinato e che sta ancor oggi, a
distanza di anni, producendo frutti scientifici che vanno molto al di là delle
mie aspettative. Tra essi, è in questa sede particolarmente opportuno e dove-
roso citare il volume Legati e delegati papali. Profili, ambiti d’azione e tipologie
di intervento nei secoli XII-XIII, a cura di Maria Pia Alberzoni e di Claudia
Zey con la collaborazione di Renato Mambretti e Pietro Silanos, pubblicato
nel 2012 dalle Edizioni Vita e Pensiero ed esito di un workshop tenuto nel giu-
gno 2009 nell’àmbito dei lavori dell’Unità locale di ricerca magistralmente
guidata dalla cara amica e collega Alberzoni sul tema L’impresa d’Oltremare
e la diplomazia papale nel contesto delle strategie politiche dell’Italia comunale.
Quel volume e gli atti del presente convegno sono pertanto esito di un unico
e coerente lavoro.
L’ampliamento e l’approfondimento autenticamente scientifici di qualu-
nque soggetto storico per sua natura comportano non la chiusura delle sue
problematiche, bensì l’apertura continua di nuovi temi, di nuovi argomenti
Legati, delegati e l’impresa d’Oltremare (secoli XII-XIII) / Papal Legates, Delegates and the Crusades (12th
13th Century), Maria Pia Alberzoni, Pascal Montaubin (eds), Turnhout 2014 (Ecclesia militans 3),
pp. 443-458
© F H GDOI: 10.1484/M.EMI-EB.5.103497
444 Franco Cardini
dei quali venne però presto a infrangersi urtando contro il rovescio militare
dell’assedio di Damasco e perdendosi negli opposti atteggiamenti politici
e diplomatici dei due monarchi di fronte al basileus romano-orientale e al
re normanno di Sicilia. Sarebbe poi stato necessario circa un quarantennio
prima che una nuova lega di sovrani occidentali riprendesse la via di Geru-
salemme, ormai caduta intanto nelle mani di un temuto e prestigioso prin-
cipe curdo che sotto il formale ossequio al califfo di Baghdad e al sultano
selgiuchide che stava al suo fianco era riuscito a farsi a sua volta sultano di
Damasco e del Cairo: ed era stato questo secondo cocente insuccesso di una
spedizione organizzata dalla teste coronate d’Europa a determinare nella ges-
tione dell’iter Hierosolymitanum un mutamento profondo, rivoluzionario si
oserebbe dire, in forza del quale i pontefici romani, fino ad allora ispiratori e
garanti disciplinari di un ‘pellegrinaggio armato’ teso a sostenere i principati
franchi di Siria-Palestina nati dall’epopea del 1096-1099 e del resto solleciti,
sia pure non costantemente e coerentemente, nel coordinare quell’esigenza
con altre sotto certi aspetti analoghe, nate dovunque – dalla penisola iberica
al nordest europeo –, si convinsero della necessità di difendere se non addi-
rittura di propagare con le armi la fede contro infedeli e pagani. Si proposero
dunque come guida delle spedizioni sia pur maneggiando direttamente solo
il gladium spirituale e lasciando l’altro nel pugno dei principi secolari cui esso
spettava, ma rivendicandone comunque l’indiretto controllo. Il negotium
crucis, chiamato ormai anche passagium nella misura in cui i mezzi nautici
erano diventati indispensabili per gran parte dell’itinerario detto appunto
ultramarinum, si andò con coerenza profilando a partire da allora: e, se cruce
signati esistevano da circa un secolo, la ‘crociata’ nacque definitivamente
allora e avrebbe di lì a poco trovato anche il suo fortunato nome negli idiomi
volgari prima di entrare retrotradotta in latino nel linguaggio cancelleresco
e canonico della Chiesa. Fu il giovane Lotario di Segni, divenuto papa col
nome d’Innocenzo III, il protagonista di questa rivoluzione che peraltro,
sotto molti aspetti, riprendeva reinterpretandola rigorosamente un’istanza
ch’era già stata di Gregorio VII; fu durante i diciotto anni del suo pontificato
che, dall’Oriente latino scismatico alla Provenza catara alla penisola iberica
saracena al nordest europeo pagano, si posero le basi definitive di quella che
Christofer Tyerman, con espressione non incontestata tuttavia fortunata, ha
definito l’’invenzione’ della crociata.
L’originalità, il carattere, la lucidità, la determinazione innocenziane
non possono certo venir né dimenticate né sottovalutate: da allora in poi,
per un intero secolo, la crociata venne gestita con fermezza e crescente
coerenza dai pontefici che vennero dietro di lui e soprattutto, con volitiva
Riflessioni conclusive 447
crociate dalla loro nascita fino alla caduta di Acri nel 1291. Sebbene l’arco
cronologico delle crociate tout court sia stato a lungo identificato nei due
secoli che precedettero questo drammatico evento, in tempi più recenti, e
in quelli recentissimi con maggior intensità, l’attenzione degli studiosi si è
appuntata anche sull’indagine relativa alle spedizioni ‘minori’ del Duecento,
quindi alle ‘ultime’ crociate, quelle tre-quattrocentesche che non è in uso dis-
tinguere con un aggettivo numerico ordinale di successione, e infine a quelle
che – a dirla con il titolo di un libro recentissimo – sono state definite ‘le
crociate dopo le crociate’, nel profondo balcanodanubiano e perfino transo-
ceanico della storia moderna fino al XVIII secolo avanzato (a parte ulteriori
revivals, animati tuttavia da una pretestuosità politica che in questa sede può
essere richiamata solo per dovere formale di catalogazione onomastica).
La storia, d’altronde, non si fa senza le fonti: e per troppo tempo quella
del movimento crociato è stata condizionata dall’uso largamente prevalente
di quelle riflesse, molte delle quali peraltro qualitativamente notevoli, date le
conclamate rarefazione e dispersione di quelle primarie (un dato questo entro
certi limiti effettivo, ma troppo spesso usato come alibi). Tuttavia ormai da
alquanti anni i progressi nella ricerca archivistica, oltre alla messa a punto
di nuove tecnologie e di nuovi metodi nel campo di quella filologico-tes-
tuale, iconologica, archeologica, climatologica e antropologico-ambientale,
hanno messo a disposizione degli studiosi delle crociate risorse impensabili
non dico ai tempi del Bongars o del Michaud, ma anche a quelli del Grousset
e del Runciman: e la crociatistica dei tempi recenti e recentissimi ha assunto
difatti un volto per molti versi nuovo, sovente irriconoscibile. In questa nos-
tra sede dobbiamo a Klaus Herbers qualcosa di molto di più, in realtà, di
una relazione introduttiva: appoggiandosi alle ricerche promosse e pubbli-
cate nell’àmbito dell’Akademie der Wissenschaften di Göttingen grazie a
Jochen Johrendt e ad Harald Müller, egli mostra come la crociata sia stata per
il papato dei secoli XII-XIII il volante di una politica universalistica che, ges-
tendo dal centro romano la complessa rete istituzionale e giuridico-diploma-
tica ecclesiale, forgiò il volto della stessa giovane identità europea. In questo
senso sono state spesso chiamate in causa le fondamentali ricerche di Rudolf
Hiestand, frutto appunto prezioso dell’Akademie di Göttingen (e, verrebbe
da ripetere con gli studenti sassoni che giusto un secolo fa tanto cari furono,
alla vigilia della finis Europae, al nostro Giorgio Pasquali, extra Gottingam
non est vita: si tamen est, non est ita). Lo studio attento dei registri pontifici,
ma anche della coeva documentazione imperiale, consente allo Herbers di
partire dalla data nodale del 29 ottobre 1187, allorché papa Gregorio VIII
pubblicò in Ferrara quella terribile Audita tremendi ch’è il tempestivo grido
Riflessioni conclusive 449
come parte integrante del programma di riforma della Chiesa; e, sebbene più
tardi la predicazione della seconda crociata in Inghilterra fosse turbata senza
dubbio dalla guerra civile scoppiata nel 1139, risulta confermata la diffusione
e l’influenza nell’isola della famosa lettera 363 di Bernardo di Clairvaux. I
crociati inglesi furono anche protagonisti, al pari di quelli castigliano-léonesi
e aragonesi per quanto in meno sistematica misura, della precoce estensione
della crociata al di là dell’area vicino-orientale, com’è provato dal De expu-
gnatione Lysbonensi scritto forse dal prete anglonormanno Raoul che faceva
parte del contingente inglese durante la conquista di Lisbona del 1147: un
episodio che a buon diritto s’inquadra all’interno della seconda crociata,
quella ‘di Damasco’. Più serrate e precise si fanno le fonti a partire dal pon-
tificato di Alessandro III e dal regno di Enrico II con le legazioni di Alberto
di Morra cardinale-prete di San Lorenzo (più tardi papa Gregorio VIII) e di
Teodwin di San Vitale e con i complessi rapporti tra la diplomazia pontificia
ed Enrico II. Sino al terremoto causato dalla Audita tremendi e dall’impegno
come legati di Enrico di Albano e di Joshua di Tiro, alla ‘decima saladina’
e infine agli scritti crociati di Enrico di Albano stesso e di Pietro di Blois e
quindi, già al tempo di Riccardo Cuordileone, alle legazioni di Guglielmo
Longchamp e di Uberto Walter studiate attraverso nuovi documenti pro-
venienti dalla cattedrale di Canterbury. La complessa, attenta indagine ha
permesso alla Bombi di assumere una prudente posizione anche precisando
la portata delle tesi di Tyerman circa la scarsa incisività dei progetti e della
volontà dei pontefici a proposito dell’organizzazione della crociata in Inghil-
terra.
Che l’azione dei legati e la loro attività predicatoria in Inghilterra alla
vigilia della terza crociata sia stata efficace è confermato anche da un episodio
dell’inizio della terza crociata che ha da tempo interessato e affascinato sia
gli studiosi, sia un più largo pubblico magari appartenente all’àmbito, ormai
in espansione, dei cacciatori di misteri. Marco Rainini – autore nel workshop
del 2009 di un notevole studio sull’interessante figura del domenicano e poi
vescovo primoduecentesco Guala da Bergamo – si è dedicato con acribìa e
con ottimo successo anche sul piano simbologico e iconologico al tema del
celebre incontro messinese tra Riccardo d’Inghilterra e Gioacchino da Fiore
sia per indagare sull’attività dell’abate florense in quanto predicatore della
crociata sia, soprattutto, in quanto esegeta dell’Apocalisse e interprete del
Saladino quale figura anticristica, identificabile in una delle teste della Bestia
nella visione giovannea.
Jochen Johrendt è – al pari del resto di altri partecipanti a questo conve-
gno – uno specialista troppo noto e stimato della storia della Chiesa, della
Riflessioni conclusive 453
che pur emerge e si distingue con personaggi come Aimaro ‘monaco’, poeta
e patriarca gerosolimitano, e con eventi come la translatio del braccio di san
Filippo che costituì – come ha dimostrato in un problematico saggio Anna
Benvenuti – un episodio-chiave della stesse vita comunale della Firenze del
tempo. Quanto alla morte di Alberto, il mistero sussiste: la storia delle cro-
ciate non è nuova ad episodi di assassinii misteriosi, basti pensare a quello
di Corrado del Monferrato; ma del resto, è la storia tout court ad esser piena
di pagine oscure ed ambigue come queste, e basti pensare a John Fitzgerald
Kennedy sulla morte del quale piena luce non è mai stata fatta. Alberto, feli-
cissimus mediator: Che siano state proprio questa virtù e quest’abilità a farlo
incontrare con il suo carnefice?
Dall’età innocenziana usciamo proprio con Maria Pia Alberzoni, che
c’introduce al tempo della quinta crociata, quella del cardinal Pelagio e di
Francesco d’Assisi, illustrando le figura fondamentale del cardinal Ugo (non
‘Ugolino’) d’Ostia, protettore dell’Ordine minoritico nonché futuro papa
Gregorio IX e antagonista di Federico II: il che significa altresì che egli
sarebbe uno dei principali artefici della legittimazione della crux cismarina,
della crux contra christianos, su una linea ierocratica che collega direttamente
Innocenzo III a Bonifacio VIII (ma molto meno forse, sul piano della dina-
mica crociata, a Gregorio X che pur ne ereditò volontariamente il nome – ma
non il programma, in tempi di vacanza imperiale – e a Niccolò IV). Ma non
precorriamo tempi e temi. Del cardinal Ugo d’Ostia l’Alberzoni studia l’atti-
vità di legato e quindi l’opera di organizzazione di una crociata fondamentale
sotto il profilo non solo concettuale (data la presenza di Francesco nel campo
di Damietta, su cui non si cessa di polemizzare), ma anche tattico-strategica
e geopolitica, dal momento che fu durante quella crociata che si sperimentò
la strada del blocco al delta nilotico – e quindi del danno principalmente eco-
nomico al sultanato ayyubide –, un tema che avrebbe avuto tanto successo
sul piano teorico, da Marin Sanudo Torsello a Gottfried Leibnitz, quanto
poco brillante esito su quello pratico. Si ha, con Ugo e quindi con l’altro
grande organizzatore della crociata duecentesca, Luigi IX di Francia, la netta
e almeno in apparenza paradossale sensazione (confermata dal confronto
con i tumultuosi eventi del 1096-1099) che, nello svolgimento politico e
militare della crociata in Terrasanta, le probabilità di successo fossero nella
pratica inversamente proporzionali rispetto alla potenza dei mezzi e alla cura
dell’organizzazione.
Nitido e puntuale complemento alla relazione di Alberzoni, quella di
Christian Grasso insiste sulla quinta crociata, pensata e proposta da Ono-
rio III in un’ottica fedelmente postinnocenziana, vale a dire come pium et
Riflessioni conclusive 455
il corso della crociata d’ispirazione innocenziana potesse venir tanto più dis-
turbato e interrotto quanto più si profilavano, nel frattempo, fatti nuovi – e
tutti, ciascuno a suo modo, sfavorevoli a una sua ripresa – come la stasi nella
Reconquista spagnola dopo la presa di Siviglia e di Córdoba, la progressiva
islamizzazione delle diverse componenti di quella specie di ‘impero federale’
ch’era l’universo mongolo, il consolidarsi del sultanato mamelucco d’Egitto
con la correlativa prosperità dei traffici commerciali tra sponde cristiane e
sponde musulmane del Mediterraneo, l’enigmatica presenza dei potentati
neobizantini fra Grecia e penisola anatolica; e come tutto ciò, insieme con
il destrutturarsi del quadro politico occidentale dovuto alla lunga vacanza
imperiale, finisse con il rendere del tutto logica e comprensibile un’eclissi
della crux transmarina.
È spettato qui, in questi nostri lavori, a Pascal Montaubin l’impegno di
gettare nuova luce su una pagina tante volte scritta e riscritta per non dir abu-
sata, e che pure continua ad opporre una coriacea resistenza a qualunque ten-
tativo di convincente spiegazione: la seconda crociata di san Luigi, rispetto
alla quale si è discettato e polemizzato in merito alla ‘folle’ scelta di attaccare
Tunisi anziché proseguire per l’Oriente – come se non fosse noto ed evi-
dente che la posizione di Tunisi la rendeva la chiave del canale di Sicilia –, in
considerazione dei rapporti effettivi tra i due fratelli Luigi di Francia e Carlo
d’Angiò (e di Provenza, e di Sicilia), sulla preparazione e il finanziamento
dell’impresa, sulla triste eppur santa ed eroica morte del sovrano: ebbene,
Montaubin ci richiama con lucida semplicità a guardar bene nei documenti
e a ricostruire correttamente i contesti di quell’episodio, dal quale emerge
con bella evidenza la figura del cardinal legato Grosparmi, mediatore inviato
in Francia da Clemente IV nel 1268 per organizzare una spedizione dopo
aver come legato in Sicilia predicato la crociata contro le ultime resistenze
sveve e i saraceni di Lucera. Una crociata contro l’emiro di Tunisi, accusato
di aver sostenuto Manfredi prima e i ribelli di Lucera poi, appare a Montau-
bin - ed è ipotesi che trovo convincente, anche se mi sembra ne manchino
le prove documentarie necessarie a trasformarla in tesi e temo che non si
troveranno mai in quanto mai prodotte oppure distrutte (e torna qui il tor-
mentone dell’argumentum e silentio) – come il risultato dell’intesa tra papa
Clemente e cardinal Grosparmi. Il coup de théâtre dell’inatteso rifiuto dei
veneziani di proseguir le trattative con Luigi IX per organizzare il passagium
sulle loro navi – il che avrebbe implicato la necessità di partire dall’Adria-
tico e di seguire la rotta del Mediterraneo orientale sul lato nord, con scalo
a Creta comportò la scelta dell’appoggio offerto dai genovesi, con la relativa
rotta dal Mediterraneo occidentale attraverso il canale di Sicilia. Montaubin
Riflessioni conclusive 457
T
he article on “Göttinger Papsturkundenwerk”, legates, delegates and
crusade research provides an introduction to the topic of the confe-
rence. It raises questions about ways of papal action and communi-
cation at the outskirts of the Latin West (‘Oltremare’, the Iberian peninsula
at the time of the crusades) and the supporting role of legates and delegates.
After summarizing the latest research results on the new universal role of
the papacy in the Latin West and ‘Oltremare’ in the 12th and 13th century,
the author emphasizes the pairs of concepts ‘action/reaction’, ‘centre/peri-
phery’, ‘proximity/distance’ and ‘communication/integration’ under the
aspect of the expansion to the Mediterranean East.
In the following chapter the author focuses on the sources documenting
the situation in Oltremare after 1187 and the local transmission of messages
(e.g. by legates). He points the high importance of the year 1198 as a mark
of tradition and names notable projects that make papal documents available
– like the ‘‘Göttinger Papsturkundenwerk’’ – and open up papal interaction
with Europe’s periphery. Furthermore the author relates the events of 1187
to the papal action around the battle of Las Navas de Tolosa in 1212. The
article closes with an outlook to the 13th century, concerning, for instance,
the role of sermons, the papal relationsships and aids, such as the new reli-
gious and military orders.
Klaus Herbers (Klaus.Herbers@gesch.phil.uni-erlangen.de)
C
onstitution 71 of the Fourth Lateran Council (1215) is recognized
as laying the foundations not only for the Fifth Crusade but for the
later crusades in general. In the long run of even greater significance,
460 Abstracts
however, was the decree’s introduction of the papal taxation of churches and
monasteries, its stipulations regarding the right to income from benefices
for crusading clergy, as well as last not least its detailed regulations regar-
ding penance and indulgences as well as commutations – full or partial –
of penances and crusading vows. The Liber Extra of 1234 included only a
small snippet of the text of c.71, and canon lawyers therefore had no oppor-
tunity to discuss c.71 as a whole. The noteworthy exceptions are Johannes
Teutonicus and Vincentius Hispanus who glossed the decree immediately
after 1215, and in particular Cardinal Hostiensis († 1271) in the mid-thir-
teenth century. Hostiensis lamented that the decree had been omitted in the
Liber Extra despite the constitution’s outstanding importance. He therefore
included almost the full text of c.71 in the gloss to X 5.6.17 in his Lectura,
providing also extensive glosses from both Roman and canon law. Hostien-
sis’ source – until now unrecognized – was a letter of Pope Innocent III in
one of the lost volumes of his register, underlying Potthast R 5012.
Uta-Renate Blumenthal (BLUMENTHAL@cua.edu)
Der vierte Kreuzzug, das lateinische Kaiserreich und die päpstliche Ka-
pelle unter Innocenz III.
T
he popes ennobled persons of their direct personal surroundings
papal chaplains, who at first appear in sources as subdiaconi papae,
and subsequently as capellani papae. These functional elite took over
duties and responsibilities with the increasing agglomeration of the church
from the 12th century onwards which have been managed by cardinals before
– for instance concerning the administration of the Papal States, but also
acting as legates or bearer of simple messages. The more consolidated the
church became and thus the amount of tasks for the cardinals was extending
considerably, the more necessary it became to disburden the cardinals. So the
chapel became a normal part of the church in the different regions of Europe.
The article focuses on the role of the chapel at the Fourth Crusade and
the organization of the Latin Church in the Latin Empire of Constanti-
nople under Innocent III. It demonstrates that the papal chapel is much big-
ger than we thought. But the chapel played any role in the Latin Empire of
Constantinople apart from the first Latin patriach of Constantinople, who
Abstracts 461
was a member of the chapel. An appendix lists all chaplains we know from
the registers of Innocent III and the Gesta Innocentii.
Jochen Johrendt (johrendt@uni-wuppertal.de)
T
wo letters sent by Innocent III between the end of August and the
beginning of September 1198, testify the project of an involvement
of Joachim of Fiore (along with other churchmen) in the preaching
for the crusade to Sicily. This paper finds out the features of that task in the
doctrinal construction of the Calabrian abbot, sheding light on the texts and
the ‘figurae’ (his diagrammatic-symbolic production) on the topic. The essay
examines the episodes in which the crusade and the problem of facing Islam
were central themes in the relations between Joachim and kings and popes of
his time. At the end the author, thanks to some documentary evidences and
basing on some episodes of the ancient hagiography that can be clearly dated,
verifies the hypothesis that the abbot was actually involved as a preacher in
the crusade to Sicily.
Marco Rainini (marcogiuseppe.rainini@unicatt.it)
C
ardinal bishop of Praeneste since 1108, Cono, a former German
hermit with strong connections with the reformer bishops of Arras
and Thérouanne, was sent as papal legate to the Latin East by pope
Paschal II in 1110 because of his personal relationships with prominent
members of the Latin Church like Achard of Templum Domini, Ebremar of
Caesarea and Arnulf of Chocques. His experience in the Crusader States,
marked by the condamnation of Henry V in 1111, had a lasting influence in
his following career as papal legate both at the Curia and in France during
the struggle against the emperor. In 1116 Cono used the ‘crusading’ theme
462 Abstracts
T
he essay is concerned with the activity of Albert as Patriarch of Jeru-
salem. At the end of the 12th century Albert was a trustworthy per-
son of the popes, had a long experience and well-known capabilities
as mediator between the Roman Church and the emperors, and had been
able to build a wide network of political and ecclesiastical relationships.
These were the reasons that made him the right man for the Patriarchate of
Jerusalem. Pope Innocent III entrusted also him with the task of two lega-
tine missions (1205 e 1208), in order to face the complex situation of the
Holy Land. In this double role of prominent of the hierarchy of the oriental
Church and man of the Pope, he had the plena potestas to act both in eccle-
siastical and in political field in tota Ierosolimitana provincia. The essay then
concentrates especially on the role of Albert in some thorny political issues,
regarding which Innocent III had asked him for intervention: the royal suc-
cession to the throne of Cyprus and to that of Jerusalem, and the conflict
with Leo II king of Armenia in the Principality of Antioch.
Cristina Andenna (cristina.andenna@tu-dresden.de)
Abstracts 463
T
he essay talks about the activity of Petrus Capuanus and Soffred of
S. Prassede, the two cardinals appointed by pope Innocent III as
legates for the Fourth Crusade. The pope had great attention for
the project, and put the whole officium legationis in the hands of Petrus and
Soffred. With time, however, various problems occurred, the pope lost his
power on the project, and the events eventually led to the well known failure:
the conquest of Constantinople by the crusaders. The author underlines here
the role of the legates in these events, assuming that their distance from the
army heavily damaged the result of the expedition, and therefore had deep
consequences on the division of the oriental and western Churches. In the
paper are nevertheless mentioned some positive and long-lasting actions that
the two fulfilled for the Church in the East.
Werner Maleczek (werner.maleczek@univie.ac.at)
Papal legates and their preaching of the crusades in England between the
twelfth and the thirteenth centuries
T
his essay is concerned with the papal legatine missions dispatched
between 1095 and 1204 to the Anglo-Norman territories to preach
the crusade to the Holy Land. The essay focuses on legates a latere,
legates nati and semi-permanent legates, addressing their prosopographies,
their faculties and the outcomes of their missions, especially as far as fun-
ding, preaching and organization of the crusade were concerned. New evi-
dence, now preserved in Canterbury Cathedral Archives and dealing with
the organization of the crusade in the late twelfth and early thirteenth centu-
ries, is provided and edited in the Appendix. This evidence sheds new light
on Innocent III’s use of ‘semi-permanent’ legates as well as legates a latere to
the Anglo-Norman territories, underpinning the papal attempt to centralize
and manage the local organization of crusading through a careful and ad hoc
delegation of papal faculties to the most suitable candidates, who were cho-
sen because of their individual abilities, often in defiance of their status and
education and notwithstanding the prerogatives of the local ordinaries. Fur-
464 Abstracts
T
he Fifth Crusade was one of the most ambitious efforts that the
Papacy promoted in view of the liberation of the Holy Land. This
crusade was proclaimed in 1213 by pope Innocent III (1198-1216)
and then developed by pope Honorius III (1216-1227) who made it a prio-
rity of his pontificate. Innocent III and Honorius III devoted particular
attention to the care of the propaganda of the crusade for which they adop-
ted a strategy consisting in sending their representatives to different regions
of Christendom. In the group of papal delegates for the crusade were in first
place the cardinals who had the function of papal legates, and secondly cle-
rics and monks responsible for the preaching of the verbum crucis in each
diocese. This article aims to clarify the relationship between the cardinal
legates and preachers during the Fifth Crusade. To this end, an analysis will
be carried out of the legations of the cardinals Robert of Courson in France,
of Conrad of Porto in Germany and of Pelagius of Albano in Egypt. In this
way it will be possible to look at how the crusade’s propaganda was orga-
nized and how the legates and the preachers worked for the liberation of
the Holy Land. Indeed, the feature characterising the papal delegates of the
crusade is the extreme care given to the ars praedicandi, of which they proved
to be experts and original interpreters.
Christian Grasso (chrisgrasso@iol.it)
Abstracts 465
T
he delegations held by Cardinal Hugh of Ostia in Central and Nor-
thern Italy between 1217 and 1221 were a test for the papal policy
in communal Italy in the early thirteenth century.
Preaching was the primary means of promoting the projects of the Apos-
tolic See. From the papacy of Innocent III, this was entrusted to theologians
trained in the schools of Paris and Bologna. Hugo of Ostia carried out his
preaching through the following three means: 1) to promote peace between
the cities, so that their military commitment to the crusades was facilitated;
2) to encourage the regularization of religious life in order to make it more
useful to Church reform and to achieving the crusade; 3) to ensure the invol-
vement of the episcopate in support to papal projects. In aiming to achieve
also political results, the legate had to bring a style of ‘propaganda’ to com-
munal preaching that was typical of government strongly based on the use
of the word. Within this creative framework, the theme of general pacifica-
tion gradually assumed more importance, to the extent that it was identified
as the primary initiative of the pope and his envoys (legates or preachers).
Beginning with the new ‘Alleluia’ movement (1233) these initiatives were
then promoted by the mendicant friars.
Maria Pia Alberzoni (maria.alberzoni@unicatt.it)
T
he diversion to Tunis of the crusade guided by Louis IX in 1270
(who originally surely meant to reach Jerusalem) astonished contem-
poraries and nowadays keeps fascinating historians. The main ques-
tion has been about which of the two, between King Louis and his brother
Charles of Anjou, was responsible for what is now considered as a failure.
The role of the Roman Church however should not be ignored, even during
the 1268-1271 vacancy.
The focus on the role of the little-known Cardinal Bishop of Albano
Raoul Grosparmi and Pope Clement IV’s policy can shed a new light on the
expedition to Tunis, so that events can show their internal logic. While taking
466 Abstracts
possesion of the Kingdom of Sicily (which was so important for the stabi-
lity of the papacy in Central Italy) was causing many problems to Charles of
Anjou even after the battle of Tagliacozzo (August 23rd 1268), Clement IV,
informed by Cardinal Raoul (papal legate in Sicily between March 1266 and
August 1268), convinced the French king to change his legate for the cru-
sade. In November 1268 Cardinal Simon de Brie was then replaced by Car-
dinal Raoul, a former clerk of Louis IX. Thanks to him the crusade against
the Hohenstaufen and the Muslims of Lucera, which he had started through
the Kingdom of Sicily, was extended aiming at the Muslim strongholds in the
Tunisian outback in order to support King Louis’ crusade to Jerusalem by
taking control of the Strait of Sicily and so of the Mediterranean Sea.
Pascal Montaubin (pascal.montaubin@u-picardie.fr)
T
he 1272 mission to Constantinople of Jerome d’Ascoli, Minister
General of the Friars Minor and future pope Nicholas IV, repre-
sents an interesting observation point to investigate the relationship
between papal diplomacy and the negotium crucis at the end of the so-called
‘classic’ period of the medieval crusades. It allows to understand not only the
Gregory X’s international politics, at the threshold of the Second Council
of Lyons, aiming at building up a Mediterranean Pax, but also its connection
with the problem of the unio between the Eastern and Western Churches.
In this historical context, in fact, a political and ecclesial Pax constituted the
necessary condition for resuming the suspended project of the passagium
Terrae Sanctae which is, in turn, the most pressing concern of the Gregorian
papacy.
Pietro Silanos (pietro.silanos@unicatt.it)
Abstracts 467
T
he last venture of the Crusades was the hopeless mission given by
pope Honorius IV to the patriarch of Jerusalem and papal legate
Nicholas of Hanapes, who was entrusted with the defence and the
political leading of the last outpost of the Crusader Kingdom in Acre, and
appointed as the chief of a junta composed by the authorities of the main
powers in the Latin East. But in 1290 his politics was shattered by the men of
the last, slapdash crusade, a gang of Italian unskilled adventurers and fanatical
volunteers looking at him as their chief (owing to the pontifical role in their
recruiting): they broke the truce renewed after the fall of Tripolis and slew
many Arab merchants, provoking the rage of the Mamluk sultan Qalawun.
Some Latin circles tried to calm down the Muslim monarch quoting an old
custom of the Muslim-Latin diplomacy permitting to break a truce in case
of a new crusade led by a powerful Western king or prince, and stressing
the ‘foreign’ status of the guilty newcomers; but Qalawun and his successor
Ashraf repulsed these attempts of reconciliation and Acre fell. Maybe Hono-
rius IV and Nicholas of Hanapes had tried to use the Italian crusaders as the
vanguard of a ‘true’ crusade planned with the kings of England and France,
but the dull violence of the papal volunteers broke off the game.
Giuseppe Ligato (giuseppeligato@virgilio.it)
Indice dei nomi di persona
Alexandro vinitarius, crociato 240, 261 Andrea, sudd. e cap. pap. 78-79, 107
Alessio I Comneno, imperatore di Andrea II, re di Ungheria 298
Costantinopoli 147-148 Andrea de Celano, sudd. e cap. pap. 79
Alessio III Angelo, imperatore di Andrea de Gabiniano, sudd. e cap. pap.
Costantinopoli 63, 69, 78, 89 57, 79
Alessio IV Angelo, imperatore di Andrea de Gavigano, sudd. e cap. pap.
Costantinopoli 174, 201, 204 79-80
Alexander, v. Alessandro Andrea Dandolo 424
Alfonso, conte di Poitiers e di Tolosa Andrea Naugerio, cronista 408, 412, 424,
348-350 427
Alfonso III, re di Aragona 416 Andrews Frances 164, 170-171, 222
Alfonso IX, re di León 131 Angelo, sudd. e cap. pap., card. diac.
Al-Hakim, califfo 445 di S. Adriano 52, 80, 107
Al-Malik al-Kamil, sultano d’Egitto 278 Angenendt Arnold 59
Alice, regina di Cipro 186-187, 189 Ansello de la Tour, cantor del Santo
Aliprand, v. Ariprando Sepolcro 153-156
Alkerius, sudd. pap. 78 Anselmo, messo 154
Almarico di Lusignano, bailli di Acri, Anselmo IV da Bovisio, arciv. di Milano
fratello di Enrico II 408, 411, 413, 432 157
Almerico, v. Aimerico Anselmo d’Aosta, arciv. di Canterbury,
Al-Mustansir, califfo 343, 354, 359 santo 152, 217, 218
Alphandery Paul 125, 298 Anstruther Robert 225
Aluredus Dultremer, crociato 240, 260 Antonino di Firenze, santo 408, 412, 418,
Alvaro di Cordova 117, 124 426, 432
Amalrich, v. Amalrico Appelt Heinrich 163
Amalrico, abate di Sixt 96 Arbois de Jubainville Marie-Henri d’
Amalrico de la Roche, frate 358 348-349
Aman, personaggio biblico 120 Archetti Gabriele 147
Amarius, tesoriere della casa parigina Arduino, sudd. pap. e vesc. di Alessandria
dell’Ordine dei Templari 68, 104, 105 62
Amaury, v. Aimerico, Almarico, Almerico, Aripertus, v. Ariprando
Amalrico, Amelrico Ariprando Visconti, canonico di S. Maria
Ambrogio, santo 147 di Novara, sudd. pap., vesc. di Vercelli
Ambrosi De Magistris Raffaele 110 62, 78, 87, 92, 291-292
Ambrosioni Annamaria 112, 147, 157, 170 Armada Martínez-Campos Francisco 197
Amédée de Tramelay, arciv. di Besançon 96 Arnaldus, magister, canonico di Lérida 113
Amelrico, v.Aimerico Arnold, abate di Middleburg 78
Amico Sacco, podestà di Milano 294 Arnolfo di Chocques, patriarca di
Anacleto II, antipapa 150 Gerusalemme 141-142, 149, 151-153
Ancher Pantaléon, card. 341 Artese Luciano 419
Andenna Cristina 11, 21, 70, 162, 164, Artifoni Enrico 304
171, 178, 180, 186, 189, 270, 315-316, Artioli Laura 421
319, 321, 453 Artizzu Francesco 82
Andenna Giancarlo 278, 284, 291-292, Ashraf, sultano 409, 432
298, 312, 325 Aubert Roger 216, 311
Andrea, chierico, crociato239, 260 Aymarus, v. Amarius
Indice dei nomi di persona 471
Filippo, figlio di Carlo I d’Angiò 374-375 Franchi Antonino 346, 365-368, 371,
Filippo, magister 106, 249, 250-252, 374-375, 377, 381, 383-384, 386-387,
255-256 389, 392-393, 396, 410-411, 415,
Filippo, notaio pap. 84 417, 441
Filippo, santo 177-178 Francus, sacerdote dei SS. Giovanni e
Filippo, vesc. di Troia 107 Paolo di Spoleto 101
Filippo II Augusto, re di Francia 64-65, Frangipane, famiglia 65, 105
83, 101-102, 188, 198-199, 226, 229- Freeman Gerard Pieter 366
231, 242-243, 268-269, 455 Fried Johannes 297
Filippo IV il Bello, re di Francia 375, 433 Friedberg Emil 33, 59
Filippo Cokelbert di Lincoln, crociato 259 Friedl Christian 285
Filippo di Ibelin 186, 187 Frolow Anatole 153, 450
Filippo da Lampugnano, arciv. di Milano Fuess Albrecht 439
87 Fuhrmann Horst 140
Filippo Pelagalli, chierico 95 Fulcherio di Chartres, cronista 153
Filippo de Penwere, crociato 258
Filippo di Svevia 183, 201, 287 G. von Marany 79
Filliozat Jean 360 G. de Labro, sudd. pap. 85
Finke Heinrich 394, 415 Gabrieli Francesco 423
Finucane Ronald C. 247 Gagliardi Isabella 414
Firpo Massimo 304 Gaida Giacinto 409
Fischer Andreas 329-330, 333, 335, 339, Galfridus, v. Goffredo
344, 346, 371, 384, 387 Gallagher C. 45
Flahiff George B. 435 Galland Bruno 83, 400, 402
Fleckenstein Josef 149, 387, 414 Gallina Mario 174
Fleisch Ingo 28, 89 Galuzzi Alessandro 171, 148
Fleuchaus Elmar 346, 387, 391-393, 395 García Salvador Gual I 197
Fliche Augustin 372 Garcia y Garcia Antonio 32-37, 40, 47, 72,
Flori Jean 117, 124, 126, 146, 157, 264 267, 286
Flug Brigitte 22, 57 Gardner Julian 366
Folchetto o Folco da Marsiglia, vesc. di Gardoni Giuseppe 321
Tolosa 266 Gastaldelli Ferruccio 220
Folco di Laon 360 Gastgeber Christian 63
Folco di Neuilly, predicatore 244, Gatto Ludovico 370-371
248-249, 264, 303, 307-309 Gaufridus, v. Goffredo
Fonseca Cosimo Damiano 335 Gaultierus de Foresta, crociato 258
Foreville Raymonde 65, 141, 152, 159 Geanakoplos Deno John 376, 380
Fortini Arnaldo 419 Gelasio II, papa 150, 152
Forzatti Golia Giovanna 325 Gennes Jean-Pierre de 414
Foulques, v. Folco Gentile, vesc. di Aversa 110
Frale Barbara 68 Geoffrey, Geoffroy, v. Goffredo
France John 153, 423, 436 Geraldo, preposito dell’Ospedale di
Francesco Amadi 418 Gerusalemme 149
Francesco d’Assisi, santo 30, 278, 310, Gerardo, abate di Pontigny, card. diac. di
316, 318-319, 324, 367, 454 S. Nicola in Carcere Tulliano, card. pr.
Francesco Pipino, cronista 408, 420, 431 di S. Marcello 132
478 Indice dei nomi di persona
Gerardo, abate di S. Proclo di Bologna 171 Giordano da Clivo, arciv. di Milano 147
Gerardo, arciv. di Auch 122 Giordano di Fossanova, card. pr. di S.
Gerardo da Prato, frate minore 380 Anastasia 235
Gerardo da Sesso, abate di Tiglieto, Giorgio, santo 278
vesc. di Novara, card. vesc. di Albano Giorgio Acropolita, storico 398
183,285, 291-292 Giorgio Pachymere, cronista 384-385
Gerardo de Fracheto, domenicano, cronista Giosué, personaggio biblico 279
359 Giovanni, abate di S. Samuele 22
Gerardo di Cros, arcidiacono di Clermont Giovanni, abate di S. Vittore di Parigi 408,
101 414, 431, 433, 438
Gerardo, filius Gudred, crociato 239, 259 Giovanni, arciv. di Antivari 66, 90, 110-111
Gerberto, vesc. di Parigi 156 Giovanni, cap. pap. 63, 89
Gerish Deborah 153, 450 Giovanni, cap. pap., abate di S. Eufemia 89
Germano III, metropolita 398 Giovanni, card. pr. di S. Prisca 94
Gerolamo d’Ascoli v. Niccolò IV, papa Giovanni, conte di Brienne 188, 193
Gervasio, abate di Arrouaise 159 Giovanni, conte di Nevers 350
Gervasio, arciv. di Eraclea 73 Giovanni, cronista 242
Gervasio di Canterbury, cronista 224, Giovanni, evangelista, santo 120, 124
226-230, 232-234, 236, 238, 436 Giovanni, familiaris di Innocenzo III 93
Ghisalberti Alessandro 123, 124 Giovanni, notaio e sudd. pap., card. diac.
Giacinto Bobone v. Celestino III, papa di S. Maria in Cosmedin 55, 88
Giacomo, comandante veneziano 416 Giovanni, scolastico di Xanten, abate di
Giacomo, sudd. e cap. pap. 88 Saint-Trond 271-272, 274
Giacomo II, re di Sicilia e d’Aragona 416 Giovanni, vesc. di Nevers 82
Giacomo di Carisio, vesc. di Torino 322, 325 Giovanni, vesc. di Norwich 238
Giacomo Doria, cronista 418 Giovanni, vesc. di Thérouanne 141-142
Giacomo di Vallombrosa 309 Giovanni di Anagni, card. pr. di S. Marco
Giacomo da Varazze 450 229-232, 237, 256
Giacomo di Vitry, vesc. di Acri 266, Giovanni di Bayonne 129, 130, 132-133
275-276, 278, 289, 303, 311, 315, 455 Giovanni de Bazano, cronista 422
Gibb Hamilton A.R. 434 Giovanni Bekkos, patriarca greco di
Gibelino di Arles, patriarca di Costantinopoli 391, 394
Gerusalemme 142, 144-145, 151 Giovanni da Bergamo, magister, sudd.
Giessauf Johannes 13, 63, 197 pap. 89
Gilberto, priore di Thurgarton 248 Giovanni le Borne 240, 260
Gilberto de Hellestone, crociato 258 Giovanni di Brienne, re di Gerusalemme
Gilberto Laci, crociato 258 279, 440-441
Gilles, v. Egidio Giovanni Buralli da Parma, ministro
Gillingham John 232-233, 235, 236, 361 generale francescano 373, 389
Gimundo di Alatri, miles 77 Giovanni Buchart, crociato 238-240, 259
Gioacchino da Fiore, abate 116-119, Giovanni Camatero, patriarca di
121-134, 248, 307-308, 452 Costantinopoli 90
Gioacchino da Luca, abate di Sambucina Giovanni di Casamari, cap. pap., vesc. di
308 Forcone, vesc. di Perugia 58, 64-67,
Giordanengo Claire 142 89-91, 110
Giordano da Ceccano, card. pr. di S. Giovanni Codagnello, cronista e notaio
Pudenziana 64, 97 piacentino 277-278
Indice dei nomi di persona 479
Gregorio X, papa 331, 368-374, 384-386, Gugliemo, vesc. di Modena e poi monaco
388-390, 392-394, 396-398, 405, 439, certosino 403
447, 454, 457 Guglielmo, vesc. di Orange 180
Gregorio di Galgano, card. diac. di S. Guglielmo I, re d’Inghilterra 451
Teodoro 127 Guglielmo II il Buono, re di Sicilia 238,
Grelli Maria Elma 366 259
Gress-Wright David 52 Guglielmo II di Villehardouin, principe di
Gresser Georg 70 Acaia e di Morea 374-375
Gross Karl 57 Guglielmo II Rufus, re d’Inghilterra 211,
Grosse Rolf 149, 156, 158, 225 214-219
Grossolano, arciv. di Milano 147 Guglielmo V, marchese del Monferrato 172
Grousset René 189, 279-280, 423, 434, Guglielmo VI, marchese del Monferrato
438, 448 320
Grumel Venance 147 Guglielmo Alboini o Alboni, canonico di
Grundmann Herbert 116, 119, 121, 129 Limoges, sudd. e cap. pap. 58, 113
Guala Bicchieri, card. diac. di S. Maria Guglielmo Balbo, arciprete di Milano 62,
in Portico, card. pr. dei SS. Silvestro e 78, 92, 113
Martino 103, 281 Guglielmo di Beaujeu, maestro generale
Guala de Roniis, vesc. di Brescia 325, 404, dell’Ordine dei Templari 412, 432
452 Guglielmo Berri, crociato 258
Gualandus, magister, canonico di Pisa, Guglielmo il Bretone, cronista 268-269,
sudd. pap. 64, 85-86 279-280
Gualterotto, magister, vesc. di Acri 178 Guglielmo Brunaterii 85
Gualterio 99 Guglielmo capellanus, crociato 258
Gualterio, arciv. di Rouen 122 Guglielmo il Conquistatore, re
Gualtiero, card. vesc. di Albano 216-217 d’Inghilterra 140
Gualterio faber 240, 260 Guglielmo Cuping 240, 261
Gualtiero di Giblet, siniscalco di Guglielmo Durando, canonista 339, 401
Gerusalemme 424, 429, 432 Guglielmo Flammanc’, crociato 258
Gualtiero di Montbéliard, reggente del Guglielmo fossator 240, 261
regno di Cipro 186-187 Guglielmo Guiart, cronista 355
Guébin Pascal, 266 Guglielmo de Kirkebi 239, 259
Guérard Benjamin 154 Guglielmo di Longchamp, vesc. di Ely
Guérout Jean 375 232-236, 256, 452
Guglielmo, abate Sancti Facundi 403 Guglielmo Lungaspada, fratello di
Guglielmo, arciv. di Ravenna 83 Bonifacio del Monferrato 172
Guglielmo, arciv. di Tiro 23,151, 371, Guglielmo di Malmesbury, cronista 217
427, 434-435 Guglielmo il Maresciallo 242
Guglielmo, arciv. di York 220 Guglielmo Mirabelis di Lincoln, crociato
Guglielmo, canonico milanese 78 259
Guglielmo, conte di Forcalquier 69, 106 Guglielmo di Nangis, cronista 327, 350,
Guglielmo filius Swift 240, 260 352, 355, 359-360, 418, 420, 422-424,
Guglielmo filius Thurgis di Lincoln, 428, 431, 437, 442
crociato 259 Guglielmo di Newburgh 223-228, 231-
Guglielmo, magister 112 236, 238, 436
Guglielmo, magister, sudd. pap. 113 Guglielmo pistor 240, 261
Indice dei nomi di persona 481
Markward di Annweiler, siniscalco Melville Gert 11, 21, 70, 164, 171, 270,
imperiale 64, 97, 337 304, 315-316
Marshall Christopher J. 412 Menestò Enrico 318, 365, 367, 415
Marsicanus, sudd. e cap. pap. 93, 94 Menko, cronista 437-439
Martène Edmond 141, 391, 412, 420 Menzel Michael 71
Marti-Bonet José 59 Mercuri Chiara 158, 450
Martin-Chabot Eugène 47 Meschini Marco 50, 195, 220, 296,
Martin di S. Maria 112 304, 306
Martin de Summa, magister, sudd. pap. Mesemot119, 122
56, 94 Messier Ronal A. 352
Martínez J. Pascual 197 Meyer Andreas 61
Martino IV, papa 330-334, 337, 341, 344- Meyer Paul 242
345, 348, 356, 372 Michaud Joseph François 448
Märtl Claudia 11, 284, 290, 294, 401 Michele di Toulouse, vice cancelliere pap.
Marx Jakob 316 341
Mas Latrie Jacques Marie Joseph Louis de Michele VIII Paleologo, imperatore di
186, 206, 278, 352, 436 Bisanzio 346-347, 355, 363, 373, 376,
Mas Latrie Réné de 416 377-384, 386-387, 389-393, 396-398,
Maser Matthias 28 405
Massé Henri 435 Migne Jacques-Paul 52
Matheus, Matthäus v. Matteo Millet Hélène 14
Matheus Michael 22, 57 Minervini Laura 409, 420
Matilde, figlia di Enrico I re d’Inghilterra, Minghetti Rondoni Laura 163, 165, 170,
moglie di Enrico V imperatore 219 172-173, 176
Mattejiet Ulrich 186, 187 Moeglin Jean-Marie 55
Matteo, abate di S. Giovanni in Fiore Molinier Auguste 348-349
129, 130 Mollat Michel 327, 351, 353-355, 362
Matteo, arciv. di Capua 133 Monachus, patriarca di Gerusalemme 166-
Matteo, magister 94 167, 177, 205, 454
Matteo da Monte Argento 98 Monfrin Jacques 333
Matteo Paris, cronista 421, 428, 440 Montanarius, sudd. pap. 95
Matteo di Vendôme, abate di Saint-Denis Montaubin Pascal 14, 329, 333,
350, 360 372, 456
Mathieu, Mathew, v. Matteo Montesano Marina 248, 274, 293
Mauger de Tremur, crociato 258 Moore John Clare 35, 62, 65, 67-68, 102,
Mauro Letterio 304 174, 269, 322
Maximus, magister, notaio e sudd. pap., Moore Robert Ian 228
vicecancelliere pap. 71, 94, 95, 112 Moos Peter von 304, 311
Mayer Hans Eberhard 31-32, 38, 140-141, Mordek Hubert 21, 368
144, 149, 151,166-169, 188, 205, 221, Mordenti Jacopo 411
223, 409, 414 Morellus, canonico di Toul 88
Mayr-Harting Harry 228 Morey Adrian 221
Melior, card. pr. dei SS. Giovanni e Paolo Morgan Margareth R. 436
64-65, 83 Mosca Vincenzo 161, 163-165, 170,
Melloni Alberto 32, 35 172-173, 185
Melsemutus, v. Mesemot Mottu Henry 117, 125
486 Indice dei nomi di persona
Mouzzafal Ibn al-Fazaïl 422, 424, 427, Niccolò dei Maltraversi, vesc. di Reggio
429-430 Emilia 112, 301, 320-321
Muessig Carolyn A. 307 Niccolò Tiepolo, comandante veneziano
Müller Harald 11, 18-20, 57, 60, 76, 89, 413, 416-417
143, 175, 213, 293, 399, 448 Niccolò Trevet 423, 442
Müller Joseph 415 Niceta Coniate, storico bizantino 376
Muller Eugène 361 Nitschke August 336
Muratori Ludovico Antonio 410 Noradinus o Noradus 56, 96
Murauer Rainer 13, 59, 63, 71-72, 74, Norden Walter 381
112, 153, 197, 328, 416, 450 Novati Francesco 321, 323
Murray Alan V. 9, 31 Nüske Gerd Friedrich 53
Musajo Somma Ivo 319 Nuvolone Flavio G. 163
Musca Giosué 428
Musero, arciprete di S. Procolo di Ó Carragàin Éamonn 59
Verona 93 Oberste Jörg 304, 316
Muzio Muzii 419 Oberto, vesc. di Verona 319
Obizio, Obizzio, Oppizone, v. Obizzo
Nactantius Natalis, magister 110 Obizzo, vesc. di Tortona 61, 82, 112
Nader Marwan 430 Obizzode Castello, sudd. pap. 97
Naudet Joseph 327 Oddo di Châteauroux, card. vesc. di
Neininger Falko 270, 272, 289 Frascati 10, 328, 337, 340-341, 345,
Nerone, imperatore 118, 122 347, 384
Neuhaus Helmut 25 Odo, accolito e cap. pap. 55, 97, 98
Neumann de Vegvar Carol 59 Odo,accolito e cap. pap. 98
Nicola, cap. pap., card. vesc. di Tuscolo 68, Odo, sudd. e cap. pap. 98
95, 100 Odo Poilechien, bailli di Carlo II d’Angiò
Nicola, magister, legato di Federico II 432
322-323 Odo Rigaud, arciv. di Rouen 344, 348,
Nicola, monaco cistercense, cap. pap. 95, 96 353
Nicola, sudd. pap. 96 Odoricus Raynaldus, v. Rinaldi Odorico
Nicola, sudd. pap., preposito di Vicenza Oktavian, v. Ottaviano
82, 95, 111 Olbertus Tornielli 97
Nicola da Cremona, magister, canonico di Oliva Anna Maria 362
Cremona, sudd. pap. 70, 96 Olivieri Antonio 170
Nicola di Hanapes, patriarca di Oliviero di Colonia, vesc. di Paderborn
Gerusalemme 12, 407-413, 416-417, 272-275, 277-278, 289, 455
424-425, 433, 438, 440-442, 457 Ollendiek Hans 332
Nicola de Mildeton, crociato 258 Omran Mahmoud Said 430, 436
Nicola di S. Severina 112 Onorio II, papa 159
Nicholaus, Nikolaus, v. Nicola o Niccolò Onorio III, papa 70, 114, 188, 263-264,
Niccolò III, papa 387 269-277, 279-281, 287, 292, 294-295,
Niccolò IV, papa 12, 365-369, 385, 387-388, 297-299, 301, 304-306, 308-310, 317,
394, 396-399, 405, 408-409, 411, 414- 320, 454
415, 419, 427-429, 433, 439, 454, 457 Onorio IV, papa 433
Niccolò da Durazzo, vesc. di Crotone Orandinus da Pontecorvo 88
377-379 Orme Nicholas I. 237, 238, 258
Indice dei nomi di persona 487
Purcell Maureen 32, 38, 39, 439 Raniero, sudd. pap. 108
Puricelli Gian Pietro 157 Raniero da Ponza, frate cistercense 130-
Puza Richard 37 132, 171, 404
Raniero da Siena, frate minore 380
Qalawun, sultano d’Egitto 412, 416, 423- Raniero da Viterbo, card. diac. di S. Maria
427, 429-431, 440 in Cosmedin 292
Quaresimi Francesco 407-408, 413-414, 431 Raoul, v. Radulfo o Rodolfo
Queller Donald Edward 50, 70, 195, 200, Rapetti Anna Maria 174
202-203, 400-401 Rassow Peter 38
Quéruel Danielle 441 Ratti Achille, v. Pio XI, papa
Quétif Jacques 382, 407 Ravegnani Giorgio 50, 195, 202, 286
Raymondinus Baratus Rubeus, crociato 421
Rabano Mauro 162 Raynaud Gaston 370
Rad’ Taler, crociato 258 Raynerius, v. Raniero
Radulfo di Diceto 223-227, 230-233, 235- Reeves Marjorie 119
236, 242, 251-252 Reginaldo d’Orléans 318
Raimondo 68, 105 Rehberg Andreas 22, 57, 61
Raimondo, prevosto di Arles 275 Reichert Folker 19, 20
Raimundo di Agoult 106 Reinerius, cronista 435
Raimondo Berengario, frate minore 387- Reitz Dirk 10, 328
388, 396 Renault Jean-Baptiste 160
Raimundo (I.) de Capella, preposito di Rennie Kriston 219
Marsiglia, sudd. e cap. pap. 69, 106 Renouard Yves 344
Raimondo di Peñafort 32, 39, 43 Rey Emmanuel M. 410
Raimondo Rupen (Rupert), pronipote di Ricardus, Richard, v. Riccardo
Leone II re d’Armenia 192, 193 Richard Jean 31, 186, 139, 155, 157, 160,
Rainaldo, accolito e cap. pap. 55, 61, 78, 327-328, 353, 355, 407-408, 440
107, 109 Riccardo, conte di Sora 107
Rainaldo, cap. pap., vicecancelliere pap., Riccardo filius Michaelis, crociato 258
arciv. di Acerenza 107 Riccardo filius Milonis, crociato 258
Rainaldo, sudd. pap. 107 Riccardo filius Turstini, crociato 240
Rainaldo, vesc. di Gubbio 61, 109 Riccardo, scriptor 84
Rainaldo da Celano/Capua, sudd. e cap. Riccardo I Plantageneto, detto Cuor di
pap. 58, 108 leone, re d’Inghilterra 67, 121, 123, 126,
Rainier, Ranier, Ranieri, v. Raniero 131, 134, 199, 226, 229-233, 235-236,
Rainini Marco 117-120, 122-125, 308, 242-243, 249, 256, 434-435, 438, 452
310, 404, 452 Riccardo Conti, fratello di Innocenzo III 94
Raniero, cap. pap., vesc. di Toscanella 108 Riccardo de Crero, sudd. pap. 108
Raniero, decano di S. Pietro in Giaffa, Riccardo di Diss, cronista 436
priore dei canonici regolari del Santo Riccardo de Lametin, crociato 258
Sepolcro 177 Riccardo Pollardus, crociato 258
Raniero, fratello di Bonifacio del Rigon Antonio 67
Monferrato 172-173 Riley Henry T. 437
Raniero, magister, familiaris di Riley-Smith Jonathan Simon Christopher
Innocenzo III, sudd. e cap. pap. 58, 31, 39, 140, 155, 157, 159, 192, 410,
106, 108 412, 415, 421, 428-429, 432
490 Indice dei nomi di persona