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boccaccio

editore e interprete
di dante
Atti del Convegno internazionale di Roma
28-30 ottobre 2013

in collaborazione con la
casa di dante in roma

a cura di
luca azzetta e andrea mazzucchi

SALERNO EDITRICE
ROMA
Il volume è stato realizzato con il sostegno della

Tutti i contributi presenti in questo volume


sono stati vagliati e approvati da una commissione scientifica
del Centro Pio Rajna

La cura redazionale del volume è di


Ciro Perna

ISBN 978-88-8402-919-5
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scritta della Sa­lerno Editrice S.r.l. Ogni abuso sarà perseguito a norma di legge.
Donato Pirovano

B occacc io editore della Vita n uova

1. I testimoni

Delle edizioni della Vita nuova esemplate dalla penna di Giovanni


Boccaccio sono sopravvissute quella tràdita dalle membrane del co­
dice Zelada 104 6 della Biblioteca Capitolare di Toledo (siglato da Bar­
bi To) e quella tramandata dalle membrane del manoscritto Chi­gia­
no L V 176 della Biblioteca Apostolica Vaticana (siglato da Barbi K2).1
La prima edizione, da assegnare sulla base di ragioni paleografiche
a un periodo compreso tra la fine degli anni ’40 e la prima metà degli
anni ’50 del XIV secolo, fa parte di una silloge dantesca che compren­
de nell’ordine la Vita di Dante nella versione piú lunga (cc. 1r-27r), la
Vita nuova (cc. 29r-46v), la Commedia (cc. 52r-256r) e le 15 canzoni di­
stese (cc. 257r-266v); ogni cantica del poema viene preceduta dagli ar­
gomenti in terza rima composti dal Boccaccio: Brieve raccoglimento
all’ ‘Inferno’ (cc. 48r-51r), al ‘Purgatorio’ (cc. 117r-120r), al ‘Paradiso’ (cc. 188r-
190v).2 L’attuale ordine di successione della silloge toledana fu fissato
però dopo aver completato la trascrizione dell’intero codice, perché
Boccaccio copiò prima la Commedia e poi le altre opere, tutte esem­
plate in unità codicologiche indipendenti.3 To è dunque una sorta di
“tutto Dante in volgare” con alcune significative esclusioni che in­

1. Secondo Michele Barbi, Boccaccio copiò piú volte la Vita nuova (probabil­
mente 4 volte), sebbene l’attuale tradizione sia limitata a due esemplari: cfr. Dante
Alighieri, La Vita Nuova, a cura di M. Barbi, Firenze, Bemporad, 1932, pp. cxciii-
cxcix. Su Boccaccio editore della Vita nuova cfr., ma con cautela, J.M. Houston,
‘Maraviglierannosi molti’. Boccaccio’s “Editio” of the ‘Vita Nova’, in « Dante studies », cxxvi
2008, pp. 89-107.
2. Per i manoscritti autografi e postillati di Boccaccio è ora d’obbligo il rimando
a M. Cursi-M. Fiorilla, Giovanni Boccaccio, in Autografi dei letterati italiani, sez. i. Le
Origini e il Trecento, a cura di G. Brunetti, M. Fiorilla, M. Petoletti, Roma, Sa­
lerno Editrice, to. i 2013, pp. 43-103 (con ampia e aggiornata bibliografia, elenco di
tutti i codici e documentazione fotografica).
3. Cfr. M. Cursi, La scrittura e i libri di Giovanni Boccaccio, Roma, Viella, 2013, p. 98.

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donato pirovano

curiosirono già Vandelli: « Che se il non trovare nella raccolta nep­


pur uno degli scritti latini può indurci a credere ch’egli, fin dal pri­
mo momento che formò il pensiero di essa raccolta, deliberasse, per
ragioni ch’è inutile ora indagare, di limitare il suo lavoro a ciò che
Dante aveva scritto in italiano, resta un po’ strano che appunto in una
silloge di questo genere si negasse accoglienza a gran parte delle Rime
non comprese nella Vita Nuova e a tutta la prosa del Convivio ».4
La seconda edizione autografa conservata è piú tarda di circa un
decennio: il ms. K2, copiato presumibilmente nella prima metà de­
gli anni ’60,5 comprende nell’ordine il testo A della seconda reda­
zione della Vita di Dante (cc. 1r-13r),6 la Vita nuova (cc. 13r-28v), la
canzone Donna me prega contornata dal commento di Dino del Gar­
bo (cc. 29r-32v), il carme Ytalie iam certus honos (c. 34r) che Boccaccio
compose per Petrarca quando nei primi anni Cinquanta gli mandò
in dono la Commedia,7 le 15 canzoni di Dante (cc. 34v-43r) e la cosid­
detta “forma Chigi” dei Rerum vulgarium fragmenta (cc. 43v-79r): nel­
la sua attuale composizione la silloge si presenta come una summa
della lirica due-trecentesca, con la canzone dottrinale di Cavalcanti
– collocata a stretto contatto della Vita nuova, quasi a voler suggerire
quella sua natura responsiva al libello che solo in questi ultimi anni
è stata messa in luce –,8 Dante con il prosimetro e le 15 grandi can­
zoni e poi la novità Petrarca. Boccaccio entra direttamente nel libro
con i suoi testi esegetici, dall’iniziale Trattatello al carme Ytalie iam cer­

4. Cfr. G. Vandelli, Giovanni Boccaccio editore di Dante (1922), Firenze, Stab. Tip.
Enrico Ariani, 1923, p. 40.
5. Cfr. Cursi, La scrittura e i libri di Giovanni Boccaccio, cit., p. 129, ove è piú preci­
samente riportata la datazione vulgata « 1363-1366 ». Fa comunque eccezione l’in­
serto cavalcantiano da assegnare alla fine del decennio (cfr. Cursi-Fiorilla, Gio­
vanni Boccaccio, cit., p. 48).
6. Per le varie versioni del cosiddetto Trattatello in laude di Dante, vd. G. Boccac-
cio, Vite di Dante, a cura di P.G. Ricci, Milano, Mondadori, 2002.
7. Il carme apre infatti, in una redazione anteriore e leggermente diversa da
questa, il ms. Vat. 3199 della Biblioteca Apostolica Vaticana. Per questo codice cfr.
G. Breschi, La ‘Commedia’ inviata a Petrarca con varianti annotate da Boccaccio, in Boc­
caccio autore e copista, a cura di T. De Robertis, C.M. Monti, M. Petoletti, G.
Tanturli, S. Zamponi, Firenze, Mandragora, 2013, pp. 379-80.
8. Cfr. almeno E. Malato, Dante e Guido Cavalcanti: il dissidio per la ‘Vita nuova’ e
il « disdegno » di Guido, Roma, Salerno Editrice, 1997 (20042).

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boccaccio editore della vita nuova

tus honos, senza considerare per ora il massiccio intervento filologi­


co, di cui vedremo fra poco almeno ciò che riguarda la Vita nuova.
Ma questo codice non è sempre stato assemblato cosí, se – come
aveva già intuito Giuseppe Vandelli ed è stato poi dimostrato con
prove definitive da Domenico De Robertis –9 l’attuale ms. Chig. L
VI 213 della Biblioteca Apostolica Vaticana, comprendente la Com­
media con gli argomenti del Boccaccio, si trovava in origine al posto
della sezione cavalcantiana di K2, in un libro che allora, nella sua
primitiva intenzione, voleva affiancare i due vertici della poesia in
volgare e in cui l’editore si riservava il ruolo non marginale di tra­
mite, filologo ed esegeta.10 Allo stato attuale delle conoscenze non
è certo se l’asportazione e la sostituzione siano da attribuire a Boc­
caccio medesimo.11

2. Due sistemi paratestuali diversi

Studiando la mise en page della Vita nuova nei due autografi boc­
cacciani ho dimostrato che in K2 Boccaccio modifica il progetto gra­
fico di To e utilizza segni paragrafali rossi e blu non solo nelle divi­
sioni confinate ai margini, ma anche nel testo a piena pagina del li­
bello; le maiuscole colorate presenti all’interno del testo risultano in­
vece sensibilmente ridotte rispetto a To (da 25 a 11).12
Per quanto riguarda la paragrafatura in 25 casi K2 coincide con To

9. Cfr. Il codice Chigiano L V 176 autografo di Giovanni Boccaccio. Edizione fototipica,


intr. di D. De Robertis, Roma-Firenze, Archivi Edizioni-Alinari, 1974.
10. Cfr. M. Santagata, I frammenti dell’anima. Storia e racconto nel ‘Canzoniere’ di
Petrarca, Bologna, Il Mulino, 1992, pp. 244-45.
11. Cfr. S. Bertelli, La seconda silloge dantesca: gli autografi Chigiani, in Boccaccio
autore e copista, cit., pp. 270-72, alle pp. 271-72: « È probabile che si debba imputare
allo stesso B. [Boccaccio] l’aver separato la Commedia dalle altre parti liriche: un
intervento che potrebbe essere avvenuto, per mere ragioni materiali, proprio nel
momento in cui decise di inserire il canzoniere petrarchesco; senza escludere che
al modello del cosiddetto “tutto Dante” abbia a un certo punto deciso di sostituire
un libro diverso, piú agile, che contenesse altri capisaldi della lirica a lui preceden­
te (come Cavalcanti e Dante) e della lirica contemporanea (Petrarca) ». Ma vd. ora,
in questo vol., Cursi, p. 110.
12. Cfr. D. Pirovano, Per una nuova edizione della ‘Vita nuova’, in « Rivista di studi
danteschi », xii 2012, fasc. 2, i.c.s.

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donato pirovano

per la presenza della lettera maiuscola colorata e filigranata. In altri


5 casi (rispettivamente, secondo la paragrafatura Barbi, V.n., iii 14, ix
1, xiv 1, xv 1, xxii 1) non è stata rubricata la lettera, ma è presente la
letterina guida e dunque si può in linea teorica accettare una coin­
cidenza in 30 paragrafi. In altri 4 casi, però, non c’è alcun accordo: in
V.n., xxx 1 e xxxi 1, il Chigiano non ha la lettera colorata e filigrana­
ta di modulo grande rubricata nel margine, ma una lettera colorata
di modulo inferiore nel mezzo del rigo; in questi due punti eviden­
temente Boccaccio in K2 conferisce alla sequenza narrativa un va­
lore meno forte. In altri due casi invece nel Chigiano è presente la
maiuscola filigranata di contro a una semplice maiuscola colorata di
To: « Potrebbe già l’uomo » (V.n., xii 17) e « Appresso ciò cominciai
ad pensare un giorno » (V.n., xxvii 1).13
Da ciò derivano súbito due importanti conseguenze: in primo
luogo dal punto di vista paratestuale i due autografi del Boccaccio
sono individui diversi e, dunque, non ci si può affidare alla loro con­
vergente impaginazione per riconoscere una presunta paragrafa­
tura originaria del prosimetro; in secondo luogo nessuna modalità
coerente di conteggio porta a 31 paragrafi per la Vita nuova.
Inoltre, ammesso e non concesso di voler giudicare su base stem­
matica lachmanniana elementi paratestuali, va detto onestamente
che le paragrafature di To e K2 non coincidono in toto con quella del
ms. Martelli 12 della Biblioteca Laurenziana di Firenze (siglato M
da Barbi), come è stato fatto credere.14 Per di piú, M e gli autografi
di Boccaccio non solo appartengono a periodi diversi e abbastanza
distanti tra loro – il ms. Martelli 12 è del primo quarto del ’300, men­
tre To e K2 sono stati esemplati dopo la metà del secolo –, ma so­
prattutto rimandano a due tipologie librarie differenti, perché M si
spiega bene nell’àmbito dell’editoria di scuola eugubina di fine XIII
e inizio XIV secolo con un’impaginazione non a caso vicina a un

13. Il testo critico in questo punto legge « Appresso ciò, cominciai a pensare uno
giorno ». Tutte le citazioni della Vita nuova seguono il testo critico che ho appron­
tato per la « Nuova Edizione commentata delle Opere di Dante » (NECOD), pro­
mossa dal Centro Pio Rajna di Roma.
14. Cfr. G. Gorni, “Paragrafi” e titolo della ‘Vita nova’ (1995), in Id., Dante prima del­
la ‘Commedia’, Firenze, Cadmo, 2001, pp. 111-32.

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boccaccio editore della vita nuova

altro prosimetro come il ms. provenzale P (cioè il Pluteo 41 42 della


Laurenziana di Firenze) esemplato nella stessa bottega, e invece To
e K2 sono l’opera di un deciso innovatore sul piano editoriale, come
dimostrano la scelta di confinare ai margini le divisioni o anche la
mise en page a piena pagina della Vita nuova (in M è su due colonne),
e ancora la disposizione su unica colonna della Divina Commedia
quando l’antigrafo (un probabile gemello di Vat. Lat. 3199 della Bi­
blioteca Apostolica Vaticana) l’aveva su due.
Se quindi la tradizione manoscritta non sostiene in nessun modo
l’ipotesi di una presunta paragrafatura d’autore o comunque origi­
naria per la Vita nuova, ritengo scorretto modificare quella stabilita
con sano buon senso da Michele Barbi e rimasta inalterata per de­
cenni. L’edizione della Vita nuova che sto curando nell’ambito della
NECOD tornerà dunque ai tradizionali 42 paragrafi dell’edizione
critica di Barbi.15

3. In vita e in morte di madonna Beatrice

La diversa impaginazione di To e K2 permette di rilevare un’altra


sensibile differenza: nei due autografi di Boccaccio viene diversa­
mente accentuato il passaggio dalla sezione in vita a quella in morte
di Beatrice.
A c. 41r di To, la sezione in mortem è aperta da un salto di riga e da
una maiuscola turchina con filigrane rosse, con altezza pari a 3 righi
di scrittura, che segnala la citazione di Geremia (V.n., xxviii 1). Il
racconto successivo, « Io era nel proponimento », è marcato da una
lettera maiuscola rossa di modulo inferiore, preceduta da un picco­
lo spazio bianco. L’unica differenza rispetto agli altri paragrafi del
ms. è data dunque dal salto di riga e dalla lettera iniziale con altezza
pari a tre righi, mentre solitamente le iniziali filigranate hanno una
al­tezza di due righi di scrittura (vd. tav. 1).
A c. 24r di K2, invece, Boccaccio non salta nessuna riga, ma intro­

15. Per una dimostrazione dell’impossibilità di riconoscere nei codici sopravvis­


suti una presunta paragrafatura d’autore vd. Pirovano, Per una nuova edizione della
‘Vita nuova’, cit.

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donato pirovano

duce l’attuale par. xxviii 1 con una vistosa “Q”, per dimensioni e per
fattura paragonabile solo alla lettera iniziale del libello. Poco rilievo
viene invece conferito alla ripresa della narrazione dopo la citazio­
ne di Geremia (vd. tav. 2). Per di piú questa netta bipartizione in K2
(ma non in To) è anticipata dalla rubrica iniziale in rosso (vd. tav. 3):
Qui finisce […]. E comincia la sua Vita nuova, nella quale esso in sonetti,
ballate e canzoni distese discrive come di Beatrice s’innamorasse e del suo
amore gli accidenti mentre ella visse; e appresso quanta e quale fosse la sua
amaritudine dopo la partita di Beatrice dalla presente vita.

In K2 insomma la Vita nuova è un’opera visivamente e decisamen­-


te bipartita in vita e in morte di Beatrice, accentuando la divisione
suggerita ma ancora non ben marcata di To, e contravvenendo co­
munque alla struttura trimembre stabilita dal suo autore. Anche
senza considerare ora l’importanza del 3 nel pensiero e nell’opera di
Dante, è egli stesso, infatti, a dividere la Vita nuova in tre parti, visto
che in V.n., xvii 1, parla esplicitamente della necessità di « ripigliare
matera nuova e piú nobile che la passata », e che in sèguito esprime
chiaramente che con la citazione di Lam., 1 1 (dunque all’inizio del
par. xxviii) ha inizio una nuova sezione: « E questo dico, acciò che
altri non si maravigli perché io l’abbia allegato di sopra, quasi come
entrata della nova materia che appresso viene » (V.n., xxx 1).
Si deve dunque soprattutto a Boccaccio l’idea – non ancora tra­
montata a giudicare da alcuni commenti e studi recenti – di una Vita
nuova divisa in vita e in morte di Beatrice. Qual è la sua genesi e so­
prattutto perché nel Chigiano essa è posta maggiormente in eviden­
za rispetto al Toledano? Credo che una forte suggestione abbia avu­
to su Boccaccio il progetto del libro che l’amico Francesco Petrarca
stava costruendo in quegli stessi anni. Gli studi sulla complessa ela­
borazione dei Rerum vulgarium fragmenta hanno dimostrato che la
prima redazione, nota come “Correggio”, dal nome del dedicatario,
non doveva essere divisa e che la storia della bipartizione comincia
con la forma Chigiana tràdita proprio da K2, sebbene non copiato
direttamente dall’autografo petrarchesco, ma da un suo esemplare.16

16. Cfr. soprattutto Santagata, I frammenti dell’anima, cit., passim.

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boccaccio editore della vita nuova

Dopo la “Correggio”, che risale agli anni 1356-1358, Petrarca taglia


il libro fra la sestina cxlii e la canzone cclxiv, dislocando nella se­
conda parte anche i sonetti “in vita” cclxv e cclxvi. Nel codice
Chigiano la bipartizione è resa evidente dall’intervallo di una carta
e mezza bianca all’interno di un fascicolo (c. 72r-v) lasciato dopo il
sonetto Passa la nave mia colma d’oblio (R.v.f., clxxxix), anche se dopo
lo stacco non c’è una lettera iniziale vistosamente decorata e marca­
ta, dal momento che la “I” rossa filigranata di turchino della canzo­
ne I’ vo pensando (R.v.f., cclxiv) ha la consueta altezza di 2/3 righe
che di solito apre ogni testo, cosicché l’unica lettera di modulo su­
periore è quella che apre l’intera silloge, cioè la “V” del sonetto ini­
ziale Voi ch’ascoltate (c. 43v). L’indicazione progettuale è comunque
indubbia: il libro si sta costruendo diviso in vita e in morte di ma­
donna Laura. In questi stessi anni in cui Boccaccio sta copiando per
l’ennesima volta la Vita nuova, si impone, anche graficamente, l’idea
di una netta bipartizione in vita e in morte di madonna Beatrice.

4. Boccaccio e la tradizione della Vita nuova

Nell’edizione critica della Vita nuova Michele Barbi ha ricostrui­


to persuasivamente i rapporti genealogici tra la quarantina di testi­
moni manoscritti che tramandano il libello. Da un archetipo molto
vicino all’originale derivano due famiglie, α e β, ciascuna delle qua­
li dà origine a due rami: da α derivano k e b, da β derivano s e x.
Il magistrale lavoro di Barbi ha retto anche alle successive – po­
che per la verità – acquisizioni di testimoni, uno dei quali (il fram­
mento FtCa) è entrato nei piani alti dello stemma e gli altri due (il
ms. 3 della Società Dantesca Italiana e il Landau 172 della BNCF) si
sono sistemati nei piani bassi della famiglia boccacciana. Per quanto
riguarda la parte alta dell’albero le modifiche hanno riguardato in­
fatti solo il ramo x, dove è stato collocato il frammento FtCa ed è
stato piú precisamente posizionato l’altro frammento O.17 Questi i
testimoni:

17. Cfr. P. Trovato, Il testo della ‘Vita nuova’ e altra filologia dantesca, Roma, Salerno
Editrice, 2000, pp. 71-78. Una proposta di revisione dello stemma barbiano è stata

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donato pirovano

A = Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, Ashburnham 843;


Am = Milano, Biblioteca Ambrosiana, R 95 sup.;
C = Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, Capponiano 262;
Co = Roma, Biblioteca dell’Accademia Nazionale dei Lincei e Corsi­
niana, 44 e 34;
FtCa = Ft (BNCF, Fondo Tordi 339) + Ca (Trespiano [Firenze], Monaste­
ro carmelitano di Santa Maria degli Angeli e di Santa Maria de’
Pazzi, senza segnatura);
K = Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, Chig. L VIII
305;
M = Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, Martelli 12;
Mgl = BNCF, Magl. VI 30;
O = Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, Acquisti e Doni 224;
P = Codice Pesarese, poi Maiocchi;
S = BNCF, Magl. VI 143;
T = Milano, Biblioteca Trivulziana, 1058;
To = Toledo, Biblioteca Capitular, 104 6;
V = Verona, Biblioteca Capitolare, ccccxlv;
W = Strasbourg, Bibliothèque nationale universitaire, ms. 1808.

In vista dell’edizione della Vita nuova per la NECOD, ho esami­


nato e confrontato tutti i 15 manoscritti e l’impianto nel suo com­
plesso tiene, come dimostra la seguente rappresentazione che poco
si discosta dallo stemma codicum elaborato da Barbi:18

avanzata da G. Inglese, Appunti sulla bipartiticità stemmatica nella tradizione delle opere
di Dante, in Studi sulle società e le culture del Medioevo per Girolamo Arnaldi, a cura di L.
Gatto e P. Supino Martini, Firenze, All’insegna del giglio, 2002, 2 voll., i pp. 245-
53: « vorrei sottoporre alla discussione l’ipotesi che la tradizione della Vita nova sia
tripartita fra α + s, y e z » (p. 248); ma si vedano le giuste obiezioni di P. Trovato, In
margine a una recente edizione della ‘Vita Nuova’. Schede sulla tradizione del testo, in « Studi
e problemi di critica testuale », xli 2010, n. 81 pp. 9-15 (alle pp. 12-14). Lo stemma
Barbi ha trovato conferma anche in un recente esperimento di definizione auto­
matica dei rapporti tra i testimoni mediante un software appositamente sviluppato
muovendo da modelli propri della teoria dell’informazione: cfr. P. Canettieri-G.
Santini-M. Rovetta-V. Loreto, Philology and information theory: towards an integrat­
ed approach, in Textual criticism and Genetics, ed. by P. Baret, A. Bozzi, C. Macé, fasc.
mon. di « Linguistica computazionale », xxiv-xxv 2004-2005, pp. 104-26, i cui risul­
tati sono riferiti anche in R. Rea, La ‘Vita nova’: questioni di ecdotica, in « Critica del
testo », xiv 2011, pp. 233-77, a p. 234.
18. Un comodo strumento di lavoro è la funzione avanzata Confronto paragrafi

120
boccaccio editore della vita nuova
Originale

a b

k b x s

g O
K T To S V
g2 M

(vd. trad. Boccaccio)


FtCa
a
z
w

Am p A
W C

P Co Mgl

Nell’albero relativo ai rami alti della Vita nuova il ms. Toledano ri­
sulta essere il capostipite superstite dell’ampia famiglia boccaccia­
na, decisamente la piú prolifica nella tradizione del prosimetro di
Dante. Essa, infatti, non solo è numericamente la piú folta, ma per
contaminazione finisce con inquinare anche alcuni codici tardi del
ramo x.
Ecco la serie, in ordine alfabetico, dei codici della famiglia Boc­
caccio esclusi gli autografi To e K2 già esaminati:
– Ashburnhamiano 679 della Biblioteca Medicea Laurenziana di Firenze;
– Braidense AG XI 5 della Biblioteca Braidense di Milano;
– Canonici Ital. 114 della Bodleian Library di Oxford;

del sito http://vitanova.unipv.it a cura di S. Albonico. C’è la possibilità di confron­


tare paragrafo per paragrafo (ordine Gorni) in un’unica schermata le edizioni Bar­
bi (siglata B) e Gorni (siglata G) con i seguenti mss.: K, T, To, S, V, O, M, Ft, C, Mgl,
e LS1 (= Strozzi 170 della Bibl. Medicea Laurenziana di Firenze, che contiene, an­
che se non in ordine, tutte le rime del prosimetro). Le trascrizioni tuttavia conten­
gono numerosi errori, che rendono necessaria la visione diretta dei codici.

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donato pirovano

– Codice Altemps;19
– Conventi Soppressi B 2 1267 della BNCF;
– Landau 172 della BNCF;
– Laurenziano XC sup. 136 della Biblioteca Medicea Laurenziana di Fi­
renze;
– Laurenziano XC sup. 137 della Biblioteca Medicea Laurenziana di Fi­
renze;
– Laurenziano XL 31 della Biblioteca Medicea Laurenziana di Firenze;
– Laurenziano XL 42 della Biblioteca Medicea Laurenziana di Firenze;
– Magliabechiano VI 187 della BNCF;
– Magliabechiano VII 1103 della BNCF;
– Marciano ital. IX 191 della Biblioteca Marciana di Venezia;
– Marciano ital. IX 491 della Biblioteca Marciana di Venezia;
– Marciano ital. X 26 della Biblioteca Marciana di Venezia;
– ms. 3 della Società Dantesca Italiana, Firenze;
– ms. XIII C 9 della Biblioteca Nazionale di Napoli;
– ms. D 51 della Cornell University Library di Ithaca (N.Y.);
– Palatino 204 della BNCF;
– Palatino 561 della BNCF;
– Panciatichiano 9 della BNCF;
– Panciatichiano 10 della BNCF;
– Riccardiano 1050 della Biblioteca Riccardiana di Firenze;
– Riccardiano 1118 della Biblioteca Riccardiana di Firenze;
– Trivulziano 1050 della Biblioteca Trivulziana di Milano.

Alla famiglia Boccaccio appartengono anche questi codici fram­


mentari:
– Riccardiano 1054 della Biblioteca Riccardiana di Firenze;20
– Filza 88 dell’Archivio di Stato di Firenze;21

19. Questo codice, che faceva parte della biblioteca dei Duchi d’Altemps, fu
venduto all’asta pubblica a Roma il 10 febbraio 1908: è rimasto fino al 1929 in pos­
sesso del libraio Jacques Rosenthal di Monaco e poi è passato negli Stati Uniti,
dove se ne sono perdute le tracce. Fu consultato da Michele Barbi che ne fornisce
una descrizione in Dante, La Vita nuova, cit., pp. lxiii-lxiv.
20. Contiene un frammento della Vita nuova (cc. 19r-20v), senza le divisioni, da
i a vii 6, fino al termine del sonetto rinterzato O voi che per la via. A questo punto il
copista lascia questa avvertenza: « hic obmisse sunt plurimi sonetti ».
21. Il frammento della Vita nuova, senza le divisioni, comincia col sonetto Spesse
fiate (xvi 7) e termina con la quarta stanza di Donne ch’avete (xix 12).

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boccaccio editore della vita nuova

– Riccardiano 1093 della Biblioteca Riccardiana di Firenze;22


– Riccardiano 1094 della Biblioteca Riccardiana di Firenze;23
– Panciatichiano 24 della BNCF;24
– Ital. 557 della Bibliothèque Nationale de France, Paris;25
– Laurenziano XL 49 della Biblioteca Medicea Laurenziana di Firenze.26

Lo stemma Barbi relativo alla famiglia boccacciana è stato parzial­


mente aggiornato: 27
To

b*
D 51 Ithaca
*
*
b1 b3
b2
Ricc. 1054 Laur. XC sup. 136
Ricc. 1050 Magl. VI 187

Panc. 9 Magl. VII 1103


[Altemps]

K2 * * Laur. XL 42

SDI 3 mc Conv. Sop. B 2 1267 Laur. XC sup. 137 Laur. XL 31

*
Marc. X 26

Panc. 10 Pal. 561 Ar Can. Ital. 114 Oxford

Landau 172

Ash 679

22. Alle cc. 47v-48r contiene un estratto del par. viii, inclusi i due sonetti. Segue
il sonetto Negli occhi porta, relativamente ai vv. 1-12.
23. Alle cc. 147v-148r c’è il medesimo frammento del Riccardiano 1093.
24. Alle cc. 23v-24r c’è il medesimo frammento del Riccardiano 1093.
25. Alle cc. 25v-26r c’è il medesimo frammento del Riccardiano 1093.
26. Alle cc. 62v-63r c’è il medesimo frammento del Riccardiano 1093. I vv. 13-14
del sonetto Negli occhi porta sono stati integrati da altra mano coeva.
27. Ricordo che già nell’ed. Barbi la sigla Ar (cioè Raccolta Aragonese) è capo­
stipite di una serie di mss.: Palatino 204 della BNCF; Trivulziano 1050; Riccardiano
1118; Braidense AG XI 5; Marciano IX 191; Marciano IX 491; Napoletano XIII C 9.

123
donato pirovano

Nello stemma aggiornato sono stati inseriti i due nuovi testimo­


ni sopra ricordati e in secondo luogo è stata alzata la posizione
dell’autografo Chigiano. Studiando il ms. 3 della Società Dantesca
Italiana, Domenico De Robertis ha potuto dimostrare che « la fonte
k2, che nello stemma del Barbi rappresenta il luogo di convergenza
del Chigiano (detto K2) e di un manipolo di suoi derivati da una
parte, e della cospicua rappresentazione della Raccolta Aragonese
(Ar) dall’altra, si è rivelata come identificabile con K2 ossia col Chi­
giano stesso […]. Il Chigiano, che viene cosí ad essere la fonte di
tutti i codici di k2, risale dunque direttamente a k2-mc e si riavvicina
di un grado al capostipite Toledano ».28
Inoltre, la dottoressa Laura Banella – nella sua tesi di dottorato
ancora inedita che ho avuto il privilegio di leggere in anteprima –
ha persuasivamente dimostrato che la posizione di K2 può essere
ulteriormente alzata di un livello.29

5. Un’edizione dirompente: le divisioni nei margini


Nella versione toledana del Trattatello in laude di Dante, Boccaccio
cosí presenta la Vita nuova:
Egli primieramente, duranti ancora le lagrime della morte della sua Bea­
trice, quasi nel suo ventesimosesto anno compose in uno volumetto, il
quale egli intitolò Vita nova, certe operette, sí come sonetti e canzoni, in
diversi tempi davanti in rima fatte da lui, maravigliosamente belle; di so­
pra da ciascuna partitamente e ordinatamente scrivendo le cagioni che a
quelle fare l’avea‹n› mosso, e di dietro ponendo le divisioni delle prece­
denti opere. E come che egli d’avere questo libretto fatto, negli anni piú
maturi si vergognasse molto, nondimeno, considerata la sua età, è egli assai
bello e piacevole, e massimamente a’ volgari (Trattatello, i red., 175).

Boccaccio biografo riconosce dunque la triplice struttura che carat­

28. Il codice Chigiano L V 176, cit., pp. 39-40; e cfr. anche D. De Robertis, Schede
su manoscritti danteschi. xxi. La Raccolta Aragonese primogenita, in « Studi danteschi »,
xlvii 1970, pp. 239-58 (in partic. p. 248).
29. Cfr. L. Banella, Fortuna e tradizione di un’edizione d’autore: Boccaccio e la ‘Vita
nuova’ di Dante, Tesi di dottorato in scienze linguistiche, filologiche e letterarie
(xxvi ciclo), Università degli Studi di Padova, 2014.

124
boccaccio editore della vita nuova

terizza il prosimetro dantesco: le poesie composte « in diversi tem­


pi » e giudicate « maravigliosamente belle », le « cagioni », cioè le ‘ra­
gioni’ (traduce il termine razos delle poesie occitaniche) illustrative
dei testi, e le « divisioni » che costituiscono l’autocommento. Boc­
caccio editore decide tuttavia di scorporare dal testo le divisioni e di
collocarle nei vivagni. Tale intervento dirompente viene giustifica­
to in una nota collocata sul margine destro di c. 29r, a partire dalla
medesima riga dell’incipit:
Maraviglierannosi molti, per quello che io avvisi, perché io le divisioni de’
sonetti non ho nel testo poste come l’autore del presente libretto le puose; ma
a ciò rispondo due essere state le cagioni: la prima per ciò che le divisioni de’
sonetti manifestamente sono dichiarazioni di quegli, per che piú tosto chiosa
appaiono dovere essere che testo; e però chiosa l’ho poste, non testo, non
stando l’uno con l’altre bene mescolato. Se qui forse dicesse alcuno – e le teme
de’ sonetti e canzoni scritte da lui similmente si potrebbero dire chiosa, con
ciò sia cosa che esse sieno non minore dichiarazione di quegli che le divisio­
ni –, dico che, quantunque sieno dichiarazioni, non sono dichiarazioni per
dichiarare, ma dimostrazioni delle cagioni che a fare lo ’ndusse i sonetti e le
canzoni; e appare ancora queste dimostrazioni essere dello intento principale,
per che meritamente testo sono e non chiose. La seconda ragione è che, se­
condo che io ho già piú volte udito ragionare a persone degne di fede, avendo
Dante nella sua giovanezza composto questo libello, e poi essendo col tempo
nella scienza e nelle operazioni cresciuto, si vergognava avere fatto questo,
parendogli opera troppo puerile; e tra l’altre cose di che si dolea d’averlo fatto,
si ramaricava d’avere inchiuse le divisioni nel testo, forse per quella medesima
ragione che muove me; laonde io non potendolo negli altri emendare, in
questo che scritto ho, n’ho voluto sodisfare l’appetito de l’autore.

Boccaccio è perfettamente consapevole (« per quello che io avvisi »)


che la sua soluzione editoriale è contraria al disegno iniziale di
Dante (« come l’autore del presente libretto le puose ») e alla tradi­
zione, tanto che avrebbe suscitato nei lettori una prevedibile rea­
zione di meraviglia, « Maraviglierannosi molti », un pronome inde­
finito tra l’altro che suggerisce non solo la fortuna del libello alla
metà del XIV secolo,30 ma anche la destinazione per nulla privata

30. Vd. anche in fondo alla stessa nota giustificativa: « laonde io non potendolo
negli altri emendare ».

125
donato pirovano

della silloge toledana: insomma, chi copia non sta lavorando per sé,
ma per un pubblico di lettori ai quali proporre una nuova edizione
di Dante, un dato confermato dalla buona fattura di To dal punto di
vista codicologico (uso della pergamena, impaginazione, decora­
zione, ecc.).31 L’editore difende la sua scelta adducendo due « ragio­
ni »: in primo luogo considera la natura paratestuale delle « divisio­
ni » e in secondo luogo dà credito alla testimonianza di persone
« degne di fede » – espressione tutt’altro che neutra, se non sospetta,
nel lessico del narratore di Certaldo – su una presunta, e tarda, ulti­
ma volontà d’autore circa la struttura della Vita nuova.32
Il lavoro precedentemente compiuto da Boccaccio su una copia
di servizio – non conservata ma ragionevolmente ipotizzabile, visto
il rapporto tra la qualità di copia a buono di To e i massicci interven­
ti dell’editore rispetto all’antigrafo – evidenzia la difficoltà di distin­
guere nel complesso prosimetro dantesco ciò che è testo da ciò che
è chiosa: di qui la possibile obiezione, « Se qui forse dicesse alcuno
[…] », alla quale Boccaccio ritiene di dare immediata risposta.
Che il problema sia stato avvertito e si potrebbe dire non perfet­
tamente risolto, lo dimostrano le incongruenze che non sfuggirono
all’acribia di Michele Barbi:33 l’attuale V.n., xxxiii 4, ad esempio, è
senza alcun dubbio una divisione, ma viene lasciata nel testo e non
spostata sul margine:
La canzone comincia: Quantunque volte, e ha due parti: nell’una, cioè nella
prima stanzia, si lamenta questo mio caro e distretto a lei; nella seconda mi

31. Cfr. Vandelli, Giovanni Boccaccio editore di Dante, cit., pp. 21-22: « La pluralità
stessa di queste sillogi autografe dimostra che il Boccaccio non lavorò già per sé
solo, ma per divulgar sempre piú le opere del Poeta. Anche la dichiarazione che
egli fa per giustificare il distacco delle Divisioni della Vita Nuova dal testo, è rivolta
evidentemente al gran pubblico, dicendovisi “Meraviglierannosi molti” con quel che
segue; i molti sono il pubblico de’ lettori, presso i quali il novello editore vuole
preventivamente giustificare la novità ».
32. A proposito di questa testimonianza, si rivaluta la sincerità di Boccaccio in E.
Fumagalli, Boccaccio e Dante, in Boccaccio autore e copista, cit., pp. 25-31: « Si potrà di­
scutere sull’attendibilità della notizia e dunque sul tardo rammarico di Dante; che
sia un’invenzione di B., escogitata all’epoca del Toledano e riproposta nel Chigia­
no, diventa difficile sostenere » (p. 30).
33. Cfr. Dante, La Vita nuova, cit., pp. xvii-xviii.

126
boccaccio editore della vita nuova

lamento io, cioè nell’altra stanzia, che comincia: E’ si raccoglie ne li miei. E


cosí appare che in questa canzone si lamentano due persone, l’una de le
quali si lamenta come fratello, l’altra come servo.

E ancora. Nell’autocommento che segue l’unica ballata della Vita


nuova, viene collocata nel margine la divisione propriamente detta
e lasciata nel testo l’occupatio con cui Dante previene una possibile
obiezione sulla struttura retorica della poesia, dunque va a margine
V.n., xii 16, e resta a testo V.n., xii 17:

Testo Margine
Potrebbe già l’uomo opporre con­ Questa ballata in tre parti si divide:
tra me e dire che non sapesse a cui nella prima dico a lei dov’ella vada, e
fosse lo mio parlare in seconda per­ confortola però che vada piú sicura,
sona, però che la ballata non è altro e dico ne la cui compagnia si metta,
che queste parole ched io parlo: e se vuole sicuramente andare e sanza
però dico che questo dubbio io lo pericolo alcuno; nella seconda dico
’ntendo solvere e dichiarare in que­ quello che a lei s’apertiene di fare
sto libello ancora in parte piú dub­ intendere; nella terza la licenzio del
biosa; e allora intenda qui chi qui gire quando vuole, raccomandando
dubita, o chi qui volesse opporre in lo suo movimento nelle braccia de
questo modo. la sua fortuna. La seconda parte co­
mincia quivi: Con dolce sono; la terza
quivi: Gentil ballata.

Lo scorporo delle divisioni comportò poi delle inevitabili e pe­


santi alterazioni del testo della Vita nuova. Mi limito a un solo esem­
pio rimandando il lettore alle già citate pagine di Barbi. Leggiamo
il passo di raccordo tra Tanto gentile e Vede perfettamente secondo il te­
sto critico stabilito per la NECOD (V.n., xxvi 8-9):
Questo sonetto è sí piano ad intendere, per quello che narrato è dinanzi,
che non abbisogna d’alcuna divisione; e però lassando lui, dico che questa
mia donna venne in tanta grazia, che non solamente ella era onorata e
laudata, ma per lei erano onorate e laudate molte. Ond’io, veggendo ciò e
volendo manifestare a chi ciò non vedea, propuosi anche di dire parole, ne
le quali ciò fosse significato; e dissi allora questo altro sonetto, che comin­
cia: Vede perfettamente onne salute, lo quale narra di lei come la sua vertude
adoperava nell’altre, sí come appare nella sua divisione.

127
donato pirovano

Nell’edizione di Boccaccio sia ciò che viene collocato nel vivagno


sia ciò che rimane nel testo risulta pesantemente modificato. Se­
condo To, la glossa di Tanto gentile messa nel margine destro di c. 40v
è la seguente:
Tanto gentile etc. Questo sonetto non si divide, perciò che per se medesi­
mo è assai chiaro.

Resta invece nel testo:


Dico che questa mia donna venne in tanta grazia che non solamente ella
era onorata e lodata ma per lei erano onorate e lodate molte. Onde io
veggendo ciò e volendo manifestare ad chi ciò non vedea propuosi anche
di dire parole nelle quali ciò fosse significato e dissi allora questo sonetto
Vede perfettamente.

Alla luce di questi interventi, il dato macroscopico che ricava chi


visualizza nel suo complesso la tradizione del prosimetro dantesco
è che la maggior parte dei lettori, in particolare quelli del XV e XVI
secolo, si sono accostati non alla Vita nuova progettata da Dante, ma
alla Vita nuova ridisegnata da Boccaccio. La progressiva infedeltà
emerge in tutto il suo rilievo se si esaminano uno per uno i testimo­
ni della famiglia. Si scopre cosí che alcuni copisti si sono attenuti piú
o meno scrupolosamente alle indicazioni di Boccaccio, e altri hanno
posizionato le divisioni nei vivagni ma senza la nota giustificativa di
To e K2, azione che ha determinato in altri codici la completa aspor­
tazione delle divisioni. Ci sono poi alcuni mss. in cui le divisioni so­
no state reinserite nel testo, ma sempre dopo le poesie (anche quelle
post mortem di Beatrice contrariamente a quanto precisato dall’autore
in V.n., xxxi 2) e con le alterazioni introdotte da Boccaccio.34
Non può stupire dunque se la princeps della Vita nuova pubblica­
ta a Firenze nel 1576 nella stamperia di Bartolomeo Sermartelli sia
priva delle divisioni,35 e se esse prima dell’edizione critica di Barbi

34. Per l’elenco dei mss. alterati, secondo i tre gruppi (divisioni nei margini, di­
visioni assenti, divisioni nel testo), cfr. ivi, pp. cxli-cxlii.
35. Il testo per la stampa fu allestito da messer Niccolò Carducci, il quale fondò
la sua edizione per la parte in prosa sul ms. Laurenziano XL 42 e per i testi poetici

128
boccaccio editore della vita nuova

abbiano goduto di scarsa fortuna, tanto che in un’edizione pur giu­


diziosa come quella di Alessandro D’Ancona – che si valse della col­
laborazione di Pio Rajna per il testo e di Giosue Carducci per il com­
mento – le divisioni sono stampate in rosso e disposte attorno al-­
le rime a modo di rubriche, « tanto piú che le forme costantemente
usate dall’autore: la prima, la seconda parte comincia quivi, ci sono sem­
pre apparse quasi un indice rivolto a ciò che stesse dallato e davan­
ti. Se non che, ossequiosi alle parole dell’autore, laddove per lo in­
nanzi le chiose stanno accanto o sotto al componimento poetico,
dalla Canzone Gli occhi dolenti in poi, volemmo che la rubrica in­
corniciasse il componimento stesso fin dal suo cominciare ».36

6. Boccaccio e il testo della Vita nuova

Il ms. b che Boccaccio utilizzò per la prima delle sue edizioni si


situa indubitabilmente nella famiglia α, come dimostra una lunga
serie di convergenze con l’altro ramo k sia in lezione buona contro
errori di β sia in lezione erronea.37
Basti qui un esempio significativo su cui si soffermò già Miche­
le Barbi:38 a V.n., xxv 9, di contro alla lezione corretta tràdita da alcu­
ni mss. di β « quasi recitando lo modo del buono Omero »,39 α aveva
una lezione che non dava senso perché k mette a testo l’incompren­

sulla Giuntina del 1527, della quale riproduce perfino alcuni refusi di stampa, seb­
bene in alcuni luoghi anche i testi delle poesie siano stati riscontrati col codice
laurenziano e modificati. Cfr. ivi, pp. xc-xcvi.
36. Vd. La ‘Vita Nuova’ di Dante Alighieri, riscontrata su codici e stampe, preceduta da
uno studio su Beatrice e seguita da illustrazioni, per cura di A. D’Ancona, Pisa, Nistri,
1872, p. xi (i corsivi e il maiuscoletto sono nel testo). Il curatore modificò l’impian­
to nella seconda ed. (Pisa, Libreria Galileo, 1884): qui, infatti, le divisioni vengono
inserite nel testo e stampate in corsivo, esito di « un piú maturo esame » che « ci ha
persuaso che le divisioni fanno parte integrale del testo » (p. viii).
37. Vd. tavole 42, 63 e 65 in Dante, La Vita Nuova, cit., risp. alle pp. ccx-ccxi,
cclxiv e cclxv-cclxvi.
38. Cfr. ivi, p. ccxi.
39. Che qui siamo in presenza di un punto ostico lo dimostrano alcuni codici di
β: il ms. V legge « lo nomo »; il codice C ha « ritenendo »; Co e Mgl (ramo p): « qua­
si recitando le parole del »; il ms. W, che è un’editio variorum, mette a testo « quasi
recitando le parole del » e a margine « altri retinendo lo modo ».

129
donato pirovano

sibile « quasi remo. Lo modo del buono Omero » e Boccaccio l’infe­


lice congettura « quasi medio del buono Omero ».
Se la posizione di b entro α è incontestabile, c’è una serie di con­
vergenze tra b e la famiglia β che incuriosirono già Ernesto Giaco­
mo Parodi nella sua recensione alla prima edizione Barbi della Vita
nuova. Lo studioso rimase infatti colpito dal « continuo accordo di b
e di β in omissioni non tutte di lieve importanza, posto che sieno
omissioni », che trova rispondenza anche in altri casi in cui k presen­
ta pure una lezione in qualche misura eccedente rispetto agli altri
rami dello stemma.40 In questi casi – notava Parodi – il comporta­
mento di Barbi non è stato univoco, perché in alcuni punti mise a
testo, a norma di stemma, la lezione di b + β mentre in altri accolse
la lezione di k. Il recensore, per cercare comunque di spiegare la
concordanza della tradizione di Boccaccio con la famiglia opposta
dello stemma, avanzò il sospetto di una possibile contaminatio, ma in
ogni caso mostrò di preferire l’accordo stemmatico contro la singo­
larità del ramo k.41
Affrontando la questione nell’ed. 1932, Barbi confermò le sue scel­
te e rifiutò senza esitazioni l’ipotesi della contaminazione suggerita
da Parodi.42 Secondo lo studioso pistoiese, infatti, se Boccaccio aves­
se potuto disporre di un esemplare della famiglia β, ne avrebbe cer­
tamente tratto profitto per altri passi in cui il suo antigrafo era evi­
dentemente guasto. A comprovare questa tesi basti pensare al v. 12
di Ballata, i’ vo’, assente sia in To sia in K2: in entrambi i codici Boc­
caccio lasciò lo spazio bianco per l’integrazione, ma la lacuna non
fu mai col­mata.
I casi evidenziati da Parodi sono stati dunque interpretati come
lectiones singulares di k, da valutare non caso per caso come fece Barbi
ma in blocco, anche se i successivi editori hanno reagito al proble­

40. La recensione di Parodi fu pubblicata nel « Bullettino della Società Dantesca


Italiana », n.s., xiv 1907, pp. 81-97 (citaz. a p. 88).
41. Il problema fu messo a fuoco anche nella recensione all’ed. 1907 della Vita
nuova pubblicata da N. Zingarelli in « Giornale storico della letteratura italiana »,
xxvi 1908, n. 52 pp. 202-11. Zingarelli concorda con Parodi, anzi si mostra piú deci­
so a privilegiare sempre l’accordo b+β.
42. Cfr. Dante, La Vita Nuova, cit., pp. cclxx-cclxxii.

130
boccaccio editore della vita nuova

ma in modo diverso, cosicché hanno proposto soluzioni antiteti­


che: Guglielmo Gorni le ha infatti rifiutate, mentre Stefano Carrai
le ha accolte a testo.43 Per quanto riguarda il testo NECOD della
Vita nuova, preannuncio che – sebbene alcune di queste eccedenze
(almeno 8 su 14) siano seducenti tanto che attrassero anche Barbi –
esse saranno respinte tutte in virtú dell’accordo stemmatico b + β,
che già mise in allarme Parodi.

7. Un copista editore

Le divisioni della Vita nuova confinate nei margini e le modifiche


nei punti di sutura tra testo e chiosa, di cui si è detto sopra, sono
solo gli interventi piú vistosi e appariscenti compiuti da Boccaccio.
Basta, infatti, scorrere la tavola 1 dell’ed. Barbi (pp. cxlii-cxlvii) –
che riporta le varianti caratteristiche della tradizione boccacciana
rispetto al ramo k di α e alla famiglia β – per riconoscere come il
comportamento del Certaldese sia di carattere redazionale, e dun­
que per nulla soggetto alle leggi di una passiva trasmissione di co­
pia.44 Le lezioni specifiche di To, che poi si rifrangono piú o meno
fedelmente nella torma dei codici da esso derivati, non sono, tran­
ne alcuni casi, mere sviste di copista, ma vere e proprie innovazioni
editoriali consapevolmente introdotte. Sono sufficienti alcuni esem­
pi: a V.n., i « è mio intendimento d’assemplare in questo libello »
diventa « libro »; a V.n., ii 9 « tuttavia era di sí nobilissima vertú » l’ag­
gettivo viene ridotto al grado positivo « nobile »; il v. 6 del sonetto
rin­terzato O voi che per la via (V.n., vii 3) « s’io son d’ogne tormento

43. Cfr. Dante Alighieri, Vita nova, a cura di G. Gorni, Torino, Einaudi, 1996,
e Id., Vita nova, a cura di S. Carrai, Milano, Rizzoli, 2009. Cfr., inoltre, questi due
studi preparatorî: G. Gorni, Per il testo della ‘Vita nuova’, in « Studi di filologia italia­
na », li 1993, pp. 5-37; e S. Carrai, Per il testo della ‘Vita nova’. Sulle presunte “lectiones
singulares” del ramo k, in « Filologia italiana », ii 2005, pp. 39-47.
44. Cfr. G. Tanturli, Le copie di ‘Vita nova’ e canzoni di Dante, in Boccaccio autore e
copista, cit., pp. 255-60: « Non poche sono nella Vita nova, scorrendo la tav. 1 del Barbi,
le innovazioni di To, anche se di sicuro non tutte sono da attribuire al B., ma, prove­
nienti dall’esemplare e dalla linea da cui esso scende, in To solo si depositano. Tut­
tavia in quella tavola si deve registrare un basso numero d’errori e invece una certa
tendenza a manipolare il dettato per lo piú abbreviando e semplificando » (p. 256).

131
donato pirovano

ostale e chiave » cambia in « s’io son d’ogne dolore ostale e chiave »,


con tra l’altro la ripetizione di « dolore » già presente al v. 3 e scritto
una riga sopra; a V.n., xi 2 « E quand’ella fosse alquanto propinqua al
salutare » al posto di « propinqua » – per la quale vd. V.n., xiv 5, xxiii
12 e xl 3 – si introduce « proximana », che non ha altre attestazioni
nel libello, mentre compare in clausola in Rime, lxix 14 (e vd. anche
Inf., xxxiii 146); a V.n., xviii 7 « con altro intendimento » diventa
« con altra intenzione », forse generato dal vicino « condizione ».
Numerose sono le omissioni, anche di intere pericopi: per esem­
pio Boccaccio omette a V.n., ii 2 « nono », a V.n., xii 16 « intendere »,
a V.n., xv 2 « S’io non perdessi le mie vertudi, e fossi libero tanto
ch’io le potessi rispondere », a V.n., xxii 3 « s’adunino a cotale tristizia
molte donne », a V.n., xxiii 5 « pareami che gli uccelli volando per
l’aere cadessero morti e che fossero », a V.n., xxix 2 « Perché questo
numero fosse in tanto amico », casi non sempre spiegabili come saut
du même au même.
Meno frequenti sono le interpolazioni: per esempio a V.n., xxiv
5, di sèguito alla didascalia che introduce le parole di Amore, « E
anche mi parve che mi dicesse, dopo queste parole », è aggiunto il
complemento oggetto « altre cose »; a V.n., xxx 1, Boccaccio scrive:
« Poi che la gentilissima donna fu partita », con l’inserimento nella
temporale d’esordio della formula diffusa « la gentilissima donna »;
a V.n., xli 6, immette l’aggettivo possessivo « nostro » nell’espressio­
ne « sí come l’occhio debole al sole », forse per suggestione del poco
sopra « nostro intelletto ».
Non mancano infine le inversioni di testo, queste certamente piú
spiegabili nell’àmbito di una normale fenomenologia di copia: per
esempio a V.n., xiv 2 « amor quando » diventa « quando amor », a
V.n., xxiv 4 « tanto è quanto dire » cambia in « tanto è a dire quanto »,
o ancora a V.n., xxix 3 « è fattore del nove per se medesimo » si tra­
sforma in « per se medesimo è fattore del nove ».

8. To e K2: collaterali o descritti?

Resta da capire che rapporto ci sia tra i due autografi di Boccaccio.


Le tavole 7, 8, 31 e 34 dell’ed. Barbi (risp. alle pp. clviii-clx, clx-clxii,

132
boccaccio editore della vita nuova

cxc, cxciii) provano che tra le due copie non c’è filiazione diretta.
Anche se la posizione di K2 è stata, come già anticipato, alzata nello
stemma, è necessario ipotizzare passaggi intermedi. Ma se per le Ri­
me Domenico De Robertis ha potuto accertare lo stretto rapporto di
K2 con l’altro autografo Riccardiano 1035 rispetto a To,45 una simile
filiazione non è dimostrabile per la Vita nuova perché si sono perdute
le altre probabili (per Barbi almeno due) trascrizioni di Boccaccio.
I rapporti tra le copie di Boccaccio si rappresentano in serie ver­
ticale e dunque K2 è un descriptus di To: a questa conclusione era
arrivato Michele Barbi studiando l’intero ramo boccacciano all’in­
terno della tradizione della Vita nuova.46 Questa tesi è stata in sègui­
to contestata da Guglielmo Gorni, secondo il quale l’autografo Chi­
giano è collaterale di To, convincimento sostenuto da quella che
egli stesso definisce « una certezza di bottega […] appresa alla scuo­
la di De Robertis » e dimostrato da alcune innovazioni singolarmen­
te « smaccate » di K2, per non parlare « delle inesauribili inversioni,
ritocchi, banalizzazioni, addizioni minime e soppressioni di testo,
gli endemici troncamenti, dittongamenti, modernizzazioni e sem­
plificazioni di lingua »: insomma, conclude Gorni, « sarebbe assur­
do eliminare K2 come descriptus: non lo è affatto. La testimonianza
di To e di K2 va tenuta distinta ».47
Prescindendo ora dalla « certezza di bottega » assente nei manua­
li della disciplina e sulla quale si veda la contro certezza di Paolo
Trovato,48 e prescindendo dalle « inesauribili inversioni […] » non
precisate, resta la serie di 16 lezioni effettivamente discusse da Gor­

45. Cfr. Dante Alighieri, Rime, a cura di D. De Robertis, Firenze, Le Lettere,


2002, 3 voll., i/1 p. 321: « Ma vi sono lezioni di C2 che si spiegano solo a confronto
con R35, anzi con R35, hanno cioè in R35 la loro origine » (per De Robertis, C2 è K2
e R35 è Riccardiano 1035).
46. Cfr. Dante, La Vita Nuova, cit., pp. cxciii-cxciv.
47. Vd. G. Gorni, Restituzione formale dei testi volgari a tradizione plurima (1998), in
Id., Dante prima della ‘Commedia’, cit., pp. 149-76 (partic. le pp. 166-68).
48. Cfr. Trovato, Il testo della ‘Vita nuova’, cit., p. 89: « per la verità, nella sua ma­
gistrale analisi dei rapporti tra Toledano, Riccardiano e Chigiano, De Robertis ha
accertato che, mentre “per le canzoni di Dante” il Chigiano non deriva dal Tole­
dano, per la Vita Nuova la configurazione stemmatica è affatto diversa » (con ri­
mando a Il codice Chigiano L V 176, cit., pp. 39-40).

133
donato pirovano

ni. Una piú corretta lettura di To mi fa rilevare che una di queste


diversità non sussiste perché sia To sia K2 leggono, a V.n., xix 14, « to­
stana » (la seconda t è stata successivamente corretta in c a formare un
« toscana »); un’altra differenza è poi dubbia perché a V.n., ii 5, l’ab­
breviazione di K2 sembra essere « nostra » (non « vestra ») e tale erro­
re è anche in To. Ora però anche altre varianti elencate da Gorni
come peculiari della copia Chigiana si trovano pure in altri codici
del ramo posizionati a un livello superiore rispetto a K2. Un esame
dettagliato è stato condotto da Laura Banella nella sua già ricordata
tesi di dottorato. La dimostrazione mi pare persuasiva e la conclu­
sione ineccepibile. Con le sue stesse parole: « la proposta di collate­
ralità delle due trascrizioni della Vita nuova di mano del Boccaccio,
se messa in relazione con gli altri codici del gruppo b, sembra un’i­
potesi non sostenibile. Ripercorrendo la dimostrazione di Gorni, si
è visto che, focalizzando l’attenzione solo sulle due trascrizioni esi­
stenti e conservate (To e K2), la loro collateralità può apparire veri­
simile in sé, ma d’altra parte, se calata in un contesto piú generale, i
contorni della dimostrazione sfumano ».49
Occorre dunque tornare senza dubbio alla tesi di Barbi che non
solo è avvalorata da prove molto evidenti, ma è fondata anche su un
sano e ineccepibile buon senso; scrive Barbi:
Ammettere che il Boccaccio abbia tratto direttamente dal medesimo ori­
ginale due copie distinte della Vita Nuova a me pare non si possa per due
motivi: 1° una volta che aveva aggiustato il testo di quell’opera a suo modo
trasportando in margine le divisioni e correggendo la lezione nei luoghi
guasti, non si vede perché non dovesse valersi per una seconda trascrizione
di questo suo primo lavoro; 2° un nuovo raggiustamento del testo rispetto
alle divisioni, coi tanti mutamenti che portava nella lezione […], fosse pur
fatto coi medesimi criteri, non poteva riuscire perfettamente uguale al
primo sin nei minimi particolari. D’altra parte che To non possa esser de­
rivato da b* è dimostrato dal fatto che nessuna delle varianti secondarie del
secondo è passata nel primo.50

49. Banella, Fortuna e tradizione di un’edizione d’autore, cit. Cfr. anche Tanturli,


Le copie di ‘Vita nova’ e canzoni di Dante, cit., p. 255: « La discendenza di K2 da To pare
sicura, contro la proposta di collateralità avanzata da Guglielmo Gorni ».
50. Dante, La Vita Nuova, cit., p. cxciii.

134
boccaccio editore della vita nuova

Se però To per le sue caratteristiche codicologiche non può confi­


gurarsi come iniziale copia di lavoro, si potrebbe ipotizzare tra l’an­
tigrafo di Boccaccio e To una copia di servizio, magari non in per­
gamena, in cui l’editore ha apportato le sue notevoli innovazioni
strutturali e testuali. È probabile che questa copia di lavoro sia stata
poi consultata al momento di copiare la Vita nuova forse quando
l’autografo Toledano non era disponibile sulla scrivania.51 Sono ipo­
tesi di Laura Banella che mi sembrano legittime.
Infine, si deve considerare la natura redazionale dei due autogra­
fi con la possibilità di interventi tutt’altro che irrilevanti – lo dimo­
stra anche la diversa impaginazione – tanto piú che sono stati com­
piuti a distanza di tempo: e in Boccaccio « mentre l’esperienza filo­
logica si accresce con gli anni, al contempo viene a diminuire la di­
ligenza del copista ».52

51. In V.n., xii 4, dove Amore dice « Ego tanquam centrum circuli, cui simili
modo se habent circumferentie partes », nell’ascendente di K2 è omesso « cui », co­
sicché la sintassi e il senso si perdono. Il Boccaccio ricevette la lezione ma inserí in
interlinea un « ad » prima di « centrum » in modo da leggere « Ego tanquam ad
centrum circuli simili modo se habent circumferentie partes », certamente con
l’intenzione di sistemare la sintassi, sebbene « la toppa non resulti migliore del bu­
co. C’è, apprezzabile, la consapevolezza del guasto; ma non si può non chiedersi
perché il B. non ricorse a To, che aveva il testo integro. Forse quel capostipite non
gli era piú raggiungibile, come già in generale era venuto da credere » (Tanturli,
Le copie di ‘Vita nova’ e canzoni di Dante, cit., p. 256; cfr. anche p. 260 su To irraggiun­
gibile al momento della confezione di K2). In Bertelli, La prima silloge dantesca, cit.,
si sospetta, però, che al momento della pubblica lettura della Commedia Boccaccio
« per l’occasione avrà voluto con sé proprio To, eletto come il rappresentante piú
fededegno del poema dantesco, a discapito degli altri due autografi » (p. 267).
52. G. Breschi, Boccaccio editore della ‘Commedia’, in Boccaccio autore e copista, cit.,
pp. 247-53, a p. 253; ma cfr. anche G. Petrocchi, Dal Vaticano lat. 3199 ai codici del
Boccaccio: chiosa aggiuntiva, in Giovanni Boccaccio editore e interprete di Dante. Atti del
Convegno di Firenze-Certaldo, 19-20 aprile 1975, a cura della Società Dantesca
Italiana, Firenze, Olschki, 1979, pp. 15-24, a p. 17.

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1. Toledo, Archivo y Biblioteca Capitulares, ms. Zelada 104 6, c. 41r (par-
tic.).

2. Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, ms. Chig. L V 176, c.


24r (partic.).

3. Ivi, c. 13r (partic.).

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