Bella: prima moglie di Alighiero e madre di Dante, discendente della famiglia ghibellina degli Abati, figlia del giudice Duante; Lapa, seconda moglie di Alighiero, da cui ebbe Francesco, unico fratellastro, che si aggiunge a Tana, al terzogenito Dante e a una secondogenita di cui non si sa nulla, se non che andò in sposa a Leon Poggi, da cui ebbe un figlio, Andrea, molto somigliante allo zio sin dalla postura ingobbita Gemma: moglie di Dante, figlia di Manetto e cugina di Corso, Forese e Piccarda Donati Tana (Gaetana): sorella maggiore di Dante, il cui matrimonio con Lapo Riccomanni, ricco mercante e ottimo partito, gioverà a Dante, prima e dopo l’esilio, quale rete protettiva, esattamente come la famiglia Donati di Gemma: il cui contributo sarà finanziario (allo scopo di assecondare la sua malcelata ambizione di vivere di rendita), ma anche morale per la gestione dei beni e la custodia delle carte in assenza forzata del detentore (tra l’altro la conservazione dei canti della Commedia avviati a Firenze prima dell’esilio). Antonia, suor Beatrice (in omaggio al padre), monaca a Ravenna. 2. Donne amate: Beatrice, donna ideale e perfetta, sublimazione erotico-mistica, nata tra la fine del 1265 e l’inizio del 1266, figlia di Folco Portinari, morta l’8 giugno 1290, sei mesi dopo il padre. Beatrice è la sposa ideale, mistico-poetica, di Dante, figura sospesa tra realtà e simbolo, tra ricordo e astrazione allegorica, proiezione della sua anima, sua Madonna personale, tanto che Dante nella Vita Nova la associa al Nove, multiplo del numero trinitario. Forse per questo, Beatrice non ha nulla della donna comunemente intesa. Una delle caratteristiche della Beatrice letteraria è infatti la sua indeterminatezza fisica: la Beatrice dantesca, come la Laura del Petrarca, sono donne senza corpo. Pochissimi i particolari somatici che Dante ci descrive: solo gli occhi verdi (“Li smeraldi/ond’Amor già ti trasse le sue armi”, Purg. XXXI, 116- 117) e un accenno alla carnagione perlacea. Nulla si sa dei capelli, che infatti nella fantasia degli artisti saranno ora biondi, ora castani tendenti al nero, ora fulvi (Bice Portinari, morta venticinquenne nel 1290) ebbe anche una breve esistenza terrena, sposa di Simone de’ Bardi (i Bardi erano titolari di una delle maggiori compagnie bancarie di Firenze). Dante non la amò mai, fisicamente. La vide, la salutò, stop. “la pietosa”: sarebbe Tana la «donna pietosa e di novella etate» della famosa canzone, il cui pianto (e spavento) richiama un nugolo di donne al capezzale del bambino in delirio. Pietra: Donna Pietra, protagonista delle rime petrose, le più aspre e ricercate di Dante “la gentile”: protagonista della Vita Nova e del Convivio è allegoria della Filosofia Mountanina: donna forse reale e anche amata dal poeta, protagonista della canzone “Amor, da che convien pur ch’io mi doglia”, acclusa all’epistola indirizzata a Moroello Malaspina 3. Figure personaggi della Commedia e il colore politico di cui spesso Dante riveste le «sue» donne più o meno esplicitamente: Francesca da Rimini: figlia del signore di Ravenna, Guido Minore da Polenta, aveva sposato Giovanni Malatesta, conosciuto come Gian Ciotto, lo sciancato, signore di Rimini. Non fu certo matrimonio d’amore. Il racconto, narrato dalla stessa Francesca a Dante nell’Inferno (V canto), cela tra le righe chiare componenti anti-malatestiane, ma è anche una finissima interpretazione dei valori cortesi, degli intrecci ambivalenti tra amore e lussuria, tra buona fede e malizia. Pia de’ Tolomei: senese di origine è un’altra celebre vittima di femminicidio ante litteram, che fa una breve apparizione alla fine del quinto canto del Purgatorio (“Deh… ricorditi di me che son la Pia:/Siena mi fè, disfecemi Maremma:/salsi colui che ‘nnanellata pria/disposando m’avea con la sua gemma”). Pia fu rinchiusa nel castello della Pietra in Maremma e uccisa intorno al 1297. I motivi non sono chiari: infedeltà? Sospetto? È anche probabile che Nello, il marito di Pia de’ Tolomei, figlio di Inghiramo de’ Pannocchieschi, volesse sposare un’altra donna, Margherita Aldobrandeschi, vedova di Guido di Monforte. In ogni caso, Pia è una vittima della violenza maschile non meno di Francesca da Rimini sulla quale, però, incombe l’aggravante d’esser stata sorpresa dal marito. Piccarda Donati: la sorella di Forese, incontrata da Dante in Paradiso, nel cielo della Luna, dove il poeta guidato da Beatrice incontra le anime di coloro che non adempirono compiutamente i voti. Animata da vocazione religiosa, Piccarda era entrata nel convento di Santa Chiara per farsi monaca. Il fratello, Corso Donati, allora podestà a Bologna, dovendola maritare, per fare parentado, al fiorentino Rossellino della Tosa, si precipitò da Firenze e la fece portar via a forza dal chiostro. Cunizza da Romano — la sorella di Ezzelino signore di Treviso ed esponente della più famosa famiglia ghibellina veneta — scelta per farne una paladina di Cangrande, «astro nascente» del ghibellinismo: collocata nel cielo di Venere, con il discorrere politico di Cunizza diventa per il poeta un’autodichiarazione di fede partitica Matelda: la bella fanciulla incontrata da Dante (e Stazio) nel giardino dell’Eden, novella Eva che accompagna il Poeta da Beatrice, e lo immerge prima nel fiume dell’oblio, il Lete, e poi nell’Eunoè, che “la tramortita sua (di Dante, ndr) virtù ravviva” (Purg. XXXIII, 129)
L’assenza della famiglia (e dell’infanzia) nell’opera dantesca, a parte
l’esaltazione del trisavolo Cacciaguida in Paradiso, che gli permette di rivendicare un illustre precedente di nobiltà, è un silenzio eloquente. Eppure, la famiglia contò molto.