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Anna Aurigi
1
Il verso è tratto dall'Adone di Giovan Battista Marino (Canto VII, st. 40, v. 6) la cui prima
edizione esce a Parigi nel 1623 presso Oliviero Varennes (per una moderna edizione critica cfr. G. B.
MARINO, Adone, a cura di Emilio Russo, Milano, BUR, 2013). Il termine 'groppo' qui utilizzato da
Marino proviene dal linguaggio musicale e, secondo le dettagliate indicazioni fornite da Caccini
nell'introduzione alle sue Nuove musiche (Firenze, Marescotti, 1601), è un trillo che si conclude con
un gruppetto finale; il gruppetto odierno ne è l'erede parziale. Il suo andamento può richiamare, anche
figurativamente, il 'trillo', termine con cui, invece, Caccini indica la nota ribattuta di gola, cioè
l’abbellimento che si ottiene con un particolare uso della glottide e dell'aria. Sull'argomento si veda
anche A. AURIGI, Dai “Discreti lettori” ai moderni esecutori, in L. COSI, a cura di, Del Parnaso
ovvero Mons Arduus, Galatina, EdiPan, 2011, pp.71-90, p. 77.
2
Margherita Gonzaga (1564-1618), sorella di Vincenzo, figlia di Guglielmo Gonzaga duca di
Mantova e di Eleonora d'Austria; sulla duchessa Margherita basti il rimando alla voce di R. TAMALIO,
Margherita Gonzaga, in Dizionario Biografico degli Italiani, Roma, Istituto dell’Enciclopedia
Italiana, vol. 70, 2008. Eleonora de' Medici (Firenze, 28 febbraio 1567 – Cavriana, 9 settembre 1611)
primogenita di Francesco de' Medici e Giovanna D'Austria, e seconda moglie di Vincenzo Gonzaga
(cfr. la voce di S. PELLIZZER, Eleonora de’ Medici, in Dizionario Biografico degli Italiani, cit., vol.
42, 1993).
3
Lo cunto de li cunti overo lo trattenemiento de’ peccerille viene pubblicato postumo tra il 1634 e
il 1636 a Napoli, presso Ottavio Beltrano e Lazzaro Scorriggio; per maggiori dettagli sull’opera si
veda più avanti il III paragrafo.
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Il magico incanto di Adriana e Giambattista Basile
intellettuale, soldato, autore di una delle più significative opere letterarie del tempo,
il fratello: l’una e l’altro a lungo personalità di spicco delle più importanti
accademie del tempo4.
Napoletani probabilmente di nobile rango, i Basile rappresentano, ognuno nel
suo campo, il meglio del sapere dell’epoca: da una parte la raffinata tecnica vocale
e interpretativa della monodia e del recitar cantando, fucina di sperimentazioni che
danno origine al belcanto e al melodramma; dall'altra, la scrittura favolistica nel
processo di sintesi tra una antica tradizione orale, d’ascendenza soprattutto
orientale, e una colta e strutturata, quasi aulica: sintesi così felice, da rendere il
Cunto punto di riferimento per la letteratura a venire tout court, relativamente sia al
contenuto, sia alla forma. E nel Cunto risuona l'esperienza biografica, artistica e
professionale di entrambi i Basile, là dove l’impronta individuale si intreccia con
musica, letteratura, politica, vita sociale di un intero secolo5.
Guardando più dappresso le biografie dei Basile, Adriana sembrerà aver
ottenuto maggior plauso in vita, oggetto di desiderio per corti e cortigiani in un
sistema che, dopo l'avvento della seconda prattica e del canto monodico, andava
già creando delle dive. Per parte sua, il multiforme Giambattista sembrerà muoversi
in una zona d'ombra, pur lasciando potente traccia di sé nei più diversi ambiti
culturali. Certamente le vicende personali dei fratelli, sviluppandosi in modo
indipendente, s’incrociano a intervalli più o meno regolari, in virtù di un legame
fortissimo.
Mettere in più stretta relazione gli eventi della vita dell'uno e dell'altra, quindi,
può dare nuova luce alle rispettive biografie, consentendo di valutare come i casi
del’uno abbiano inciso su quelli dell’altra. In questa prospettiva, assunzioni,
trasferimenti, incarichi, lettere, dedicatorie, testi poetici, favole e viaggi acquistano
un valore diverso, e suggeriscono nuove valutazioni critiche che sembrano essere
4
A proposito del prestigio ottenuto dalla cantante presso l'aristocrazia si veda anche la
pubblicazione, dal titolo emblematico di per sé, Lettere de diversi principi alla signora Adriana di cui
si vede la molta stima da essi degnamente fatta del valore di sì peregrina Donna, Venezia, Napoli,
1628. Ancora più interessante, per il nostro studio, è la considerazione che le riservano i poeti:
Giovan Battista Marino, ad esempio, scrive di Adriana e del suo canto non solo nell'Adone ma anche
in sonetti e altre composizioni poetiche pubblicate nel Teatro delle Glorie della signora Adriana
Basile, alla virtù di lei dalle cetre degli Anfioni di questo secolo fabricato,(Venezia, E. Deuchino,
1623; Napoli 1628). A quest’opera prendono parte più di cento autori: nobili, dignitari, intellettuali e
accademici. Tra questi compaiono, oltre al Marino e al fratello stesso di Adriana, Giambattista,
importanti poeti quali Gabriello Chiabrera e Claudio Achillini, e librettisti come Claudio Busenello e
Giulio Strozzi. Scrive per Adriana inoltre anche il musicista e poeta Francesco Rasi nella sua raccolta
La Cetra di Sette corde (Venezia, Ciotti, 1620).
5
Poco si sa della famiglia di origine di Giambattista e Adriana, nati a Napoli, rispettivamente nel
1572 (?) e 1580. È noto il nome della madre, Cornelia Daniele, ma un mistero gravita intorno alla
figura paterna. I due fratelli hanno un facile accesso al mondo delle élites del tempo, e ne fanno parte
in maniera integrata (in particolare il cursus honorum di Giambattista non può spiegarsi altro che con
un forte accreditamento iniziale da parte di una figura di spicco del mondo dell'aristocrazia).
L'espressione «la nobiltà della sua nascita» usata in Le Glorie degli Incogniti (Venezia, Valvasense,
1647, p. 209-210) nei riguardi di Basile alcuni anni dopo la sua morte pare avvalorare l'ipotesi che i
due fratelli siano figli naturali, non riconosciuti ma protetti, di un aristocratico napoletano.
2
Anna Aurigi
Agli inizi del Seicento Adriana è la cantante più famosa d’Italia e Vincenzo
Gonzaga, pur di averla a corte, accetta nel contratto d’ingaggio le molte clausole
‘vessatorie’ da lei imposte. E quando la virtuosa, nonostante i favori accordati, si
rifiuta ancora di partire per Mantova il desiderio del duca si fa esasperato:
Andando voi adonque in diligenza per il sud.to fine, parlerete con esso
Barone toccando seco tutti quelli rispetti di mala soddisfazione che ci
potriano alterare, vedendo che dopo aver aggiustata la venuta sua e della
moglie con tante conditioni all'ultimo tutto si risolva in fumo sotto vani
pretesti che non stanno al cimento del verosimile. […] così d'amorevole
persuasione come di risentite parole, vedrete di ritornarlo in fede et di
6
Orazio Cattaneo, in Il teatro delle Glorie, cit., p. 136.
7
Il verso citato nel titolo è tratto ancora dall'Adone di Marino (Canto VII, st. 40, v. 1).
8
A. ADEMOLLO, La bella Adriana ed altre virtuose del suo tempo, Città di Castello, Lapi, 1888, p.
91. Lo studioso riporta in questo studio una vasta e preziosa messe di documenti, cronache, poesie e
lettere che egli stesso ha trovato consultando l'Archivio Gonzaga conservato presso l’Archivio di
Stato di Mantova.
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Il magico incanto di Adriana e Giambattista Basile
confermarlo nella risolutione della venuta sua, alla quale non è da credere che
resista la moglie contro un suo determinato pensiero. […] Insomma dovrete
voi con ogni studio di possibile diligenza tentar di disponer le cose che la
venuta di essa Adriana abbi ad ogni modo a succedere9.
Ho veduto con qual pretesto di scusa ella mi voglia tener fuori di speranza
della venuta di sua moglie al servizio mio, il che non mi può se non riuscire
strano et dispiacente per havere io con tutti li modi procurato che conoscano
la sincerità dell'animo mio. […] Però non ho voluto lasciar di raccordar la
serie di tante cose passate in questa trattatione10.
9
Ivi, pp. 93-94.
10
Ivi, pp. 95-96.
11
La definizione di Paolo Facone è sempre di ADEMOLLO, cit., pp. 89.
4
Anna Aurigi
Non ho potuto mai disporre mia Moglie in questo fatto, di maniera che
avendo voluto io due volte usar la forza et autorità di Marito, se ne ammalò
per molti giorni, con molto pericolo della vita, di maniera ci havea tutte le
Sig.re di Napoli contrarie a fatto, rintuzzandomi che io volea far morire mia
moglie.
Cominciai un'altra volta, et me disse per fine volersi mettere in
monasterio prima che partirsi da Napoli; or dunque veda che potrò fare
mentre ci sono femine di natura così fatte […]. Io conosco esser debitore con
S.A. però per mia moglie non ci è rimedio13.
Ho fatto l'ultimo sforzo ma indarno, perché questa donna sta più ostinata
che mai di non si voler partire di Napoli, e non hanno giovato le persuasioni
della S.ra Vice Regina né del S.r Vice Re, né della S.ra Prin.sa di Stigliano,
né del Principe, né tutti li mezi, che io mi ho potuto immaginare.[…]
Finalmente mi sono risoluto di andarla a ritrovare questa mattina alla casa, et
doppo con lungo contrasto gli ho fatto vedere la lettera di Mad.ma S.ma, et il
scritto firmato di sua mano alla quale non ha risposto altro se non che lei sa
molto bene che saria tenuta a venire per obbligo, ma che non lo vuole fare per
altro se non che sa certo che moreria in cotesta aere la quale è stata impressa
per pestiffera sempre.
Io, vista la sua ostinazione ho mutato registro di parole e mi sono lasciato
intendere che li Principi pari di V. A. non vogliono essere burlati da nissuno,
lei subitam.te inteso questo principio, è saltata su li pianti gagliardis.mi
12
Ivi, pp. 89-90.
13
Ivi, p. 99.
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Il magico incanto di Adriana e Giambattista Basile
dicendo, se il S.r Duca mi vorrà morta o strupiata lo potrà fare lo so, lo credo,
ma piuttosto mi contentarò di patire tutti questi mali, che mai andare a servire
a nissuno, e nel dire queste parole gli è venuto uno svenimento gagliardo, e,
rinvenuta, mi ha pregato per l'amor di Dio che me ne vadi, altrimenti sarò
causa della sua morte14.
14
Ivi, p. 111.
15
'Basileria' temine adottato ancora da Ademollo in La bella Adriana (cit., p.121), contributo da
cui è tratta anche la presente lettera di Gentili, che risale al 12 maggio 1610 (p. 117).
16
Nel 1612 Adriana fu insignita del feudo di Piancerreto dal duca Vincenzo.
17
Ivi, p. 296. Ferdinando Gonzaga, fratello di Vincenzo I, succede nel 1613 a Francesco IV, suo
nipote morto prematuramente lo stesso anno in cui era succeduto al padre Vincenzo.
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Anna Aurigi
Sig. Mutio mio carissimo […] non vi scordate di gratia di noi come noi
non ci scordiamo di voi18.
Venga che sarà ben venuta al solito, venga che l'attendiamo e senza di lei
la musica è molto imperfetta. Partenope ha goduto assai la sua sirena, non ne
pianga il Mincio che per lungo tempo già pretende farne acquisto20.
Aldilà delle espressioni cerimoniali di rito, nel carteggio tra la virtuosa e i duchi
riportato dall'Ademollo traspare grande familiarità, per un rapporto professionale e
umano che nel corso di circa quindici anni (1610-1624) ha appagato entrambe le
parti21.
Tutta la vicenda descritta, tuttavia, appare singolare: il fatto che una cantante si
sia opposta inizialmente in modo così ostinato ai voleri di un principe induce a
pensare che il rango della cantatrice non sia così basso.
Molte virtuose del tempo, com’è noto, provengono da famiglie di artisti o
intellettuali, o comunque di ceto civile; l’eccellente competenza musicale innalza
queste donne nella scala sociale, permettendo loro di vivere a corte come dame di
compagnia - l'ensemble di professioniste attivo alla corte di Ferrara dal 1580 si
chiama appunto ‘Concerto delle Dame’22. Ma nel caso di Adriana, unica
meridionale assunta in modo stabile presso una corte del nord (cfr. il prospetto in
18
Ivi, p. 296.
19
Ivi, p. 297.
20
Ibid. Da notare che Vincenzo Gonzaga si preoccupava addirittura di curare gli affari di Adriana:
“Sign. Adriana ho dato ordine che si chiami i fittadio delle Giare e si faccia che paghi l'affitto
maturato”; ancora in ADEMOLLO, La bella Adriana, cit., p. 296.
21
È probabile che la trasformazione del concerto delle dame di Ferrara da una consuetudine di
nobildonne dilettanti a pratica di un ensemble di professioniste sia da attribuire proprio al matrimonio
di Alfonso d'Este con la quattordicenne Margherita Gonzaga (1579), e alla volontà di intrattenere la
sposa.
22
«During the early and middle decades of the sixteenth century, women musicians in Italy
existed in a shadowy half-world; theirs was a profession that hesitated to declare itself clearly. With
the sudden rise of the famous singing ladie in th 1580s, this situation changed dramatically, first
opening the way for highly prestigious woman performers and then, if always to a less degree, for
women composer as well. […] Women were musically prepared to accept these roles once they were
offered by a society because of the place of musical training in the long standing tradition of courtly
lady in Italian society». Cfr. J. BOWERS, J. TICK, Women Making Music: The Western Art Tradition,
1150-1950 , Chicago, University of Illinois Press, 1987, p. 109).
7
Il magico incanto di Adriana e Giambattista Basile
A Mantova Adriana trova e si confronta con i vertici del nuovo modo di cantare,
poiché la tradizione della virtuosa cantatrice nasceva venti anni prima proprio tra
Mantova e Ferrara, e di comporre in quanto nel 1610 Monteverdi lavora ancora per
i Gonzaga.
23
Da una lettera del 28 dicembre 1610 riportata in P. FABBRI, Monteverdi, Torino, Edt, 1985, p.
171.
8
Anna Aurigi
24
In C. MONTEVERDI, Lettere, a cura di E. Lax, Firenze, Olschki, 1994, lettera n. 49, p. 94. I
personaggi citati, oltre ad Adriana e Giambattista, sono Francesco Campagnolo, tenore di corte, e
Bassano Cassola, cantore e vicemaestro di cappella della corte dei Gonzaga.
25
Nel Teatro delle Glorie, cit., p. 138.
26
P. FABBRI, Monteverdi, cit., p. 171.
9
Il magico incanto di Adriana e Giambattista Basile
27
B. CROCE, Gambattista Basile e l'elaborazione delle fiabe popolari, introduzione a G. BASILE ,
Il pentamerone, ossia La fiaba delle fiabe, Napoli, Bibliopolis, 1925, p. XXI; Il verso del Marino
scelto per il titolo è tratto dall’Adone, cit., canto VII, st. 40, v. 2.
28
Si fa riferimento ai famosi versi, considerati “manifesto” della poetica mariniana, contenuti
nella Fisch. XXXIII della Murtoleide, la pungente operetta satirica scritta in occasione della disputa
letteraria con Gaspare Murtola: «È’ del poeta il fin la meraviglia / (Parlo dell'eccellente e non del
goffo): / Chi non sa far stupir vada alla striglia.». Sulla Murtoleide basti qui il rimando allo studio di
S. SCHILARDI, La Murtoleide del Marino, Lecce, Argo, 2007.
29
G. BASILE, Le Muse napolitane, Egloche, di Gian Alesio Abbattutis, Napoli, Maccarano, 1635,
introduzione. Edizione moderna di riferimento: G.B. BASILE, Lo cunto de li cunti overo Lo
trettenemiento de' peccerille; Le muse napolitane e le lettere, a cura di M. Petrini, Roma-Bari,
Laterza, 1976.
10
Anna Aurigi
30
Esiste un mandato testamentario, in possesso di fonti riservate, in cui Basile incarica la sorella
di pubblicare il Cunto dopo la sua morte.
31
Si citano qui alcune delle principali edizioni italiane di Lo Cunto: nel 1637 a Napoli (presso
Ottavio Beltrano) si ristampano le prime due giornate; nel 1645 e nel 1654, ancora a Napoli (presso
Camillo Cavallo), si pubblicano le prime cinque giornate; nel 1674, a Napoli, presso Antonio Bulifon
e a cura di Pompeo Sarnelli, compare la prima stampa che reca il titolo di Pentamerone, adottato
anche dalle edizioni successive (Roma 1679, 1697, 1714, 1722, 1728, 1749, 1788), fino a quella del
1891 di Croce, che esce dopo un secolo di silenzio editoriale italiano (G.B. BASILE, Lo cunto de li
cunti (Il Pentamerone), testo conforme alla prima stampa del MDCXXXIV-XXXVI, con
introduzione e note di Benedetto Croce, Trani, Vecchi, 1891). L’edizione oggi di riferimento è quella
a cura di C. Stromboli: G.B. BASILE, Lo cunto de li cunti overo Lo trattenemiento de' peccerille, a
cura di C. Stromboli, Roma, Salerno Editrice, 2013. Tra le prime traduzioni si ricorda qui quella in
dialetto bolognese ad opera di Maddalena e Teresa Manfredi, e Teresa e Anna Zanotti (La chiaqlira
dla banzola o per dir mii fol divers tradôtt dal parlar napulitan in leingua bulgneisa, Bologna, 1742);
quella dal titolo Il Conto dei conti, trattenimento dei fanciulli, trasportato dalla napoletana
all’italiana favella ed adornato di bellissime figure, stampata a Napoli (presso C. Migliaccio) nel
1754. Si ricorda poi la traduzione in inglese del 1843 ad opera di John Edward Taylor (The
Pentamerone, or the Story of stories, fun for the little ones by Giambattista Basile, translated from the
Neapolitan, London, David Bogue and J. Cundall, 1843) e quella in tedesco, di tre anni successiva,
con l'ampia e preziosa introduzione di Jacob Grimm (Der Pentamerone oder das Märchen aller
Märchen von Giambattista Basile, aus dem Neapoletanischen übertragen von Felix Liebrecht, mit
einer Vorrede von Jacob Grimm, Breslau, Max u. Komp., 1846, 2 voll.).
32
Tra i racconti dello Cunto che hanno dato origine a fiabe ancora oggi vive vi sono: La gatta
cenerentola (I, 6), divenuta Cendrillon nei Contes di C. Perrault; Sole, Luna e Talia (V, 5), il racconto
che tratta in forme popolaresche la leggenda della "bella addormentata nel bosco"; Le tre cetre (V, 9),
da cui C. Gozzi trae la sua favola L'amore delle tre melarance (1761); Gagliuso (II, 4), la storia di un
gatto che aiuta un pover'uomo a fare fortuna, che ha ispirato Le chat botté di C. Perrault e il
famosissimo Gatto con gli stivali di L. Tieck. Per quanto riguarda il cinema si ricorda Il Racconto dei
racconti –Tale of Tales, un film del regista Matteo Garrone uscito nel 2015, adattamento
cinematografico di tre fiabe della raccolta di Basile (La regina, La pulce e Le due vecchie). Tratto da
Lo cunto de lo cunti è anche C'era una volta, film del regista Francesco Rosi realizzato nel 1967, con
Sophia Loren e Omar Sharif.
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Il magico incanto di Adriana e Giambattista Basile
insomma all'autore di mettere mano là dove era più difficile, dentro il lato oscuro
dell'uomo.
Come già precisato, il magico e il fantastico arrivano a Basile da tradizioni orali
e letterarie antiche e complesse, soprattutto assimilate dalla cultura araba, come
dimostrano Le mille e una notte, le cui prime parziali traduzioni escono in Europa
nel Cinquecento, passando principalmente per la Spagna. L'elemento favoloso
necessario per addentrarsi nel profondo dell'uomo arriva quindi a Basile dal mare.
Del resto Venezia e Napoli, le città dove l’autore vive e lavora più a lungo, sono
principali porti del Mediterraneo: la Napoli dove Basile nasce e diventa poeta,
nonché capitano di fanteria, era ‘spagnola’ da un secolo e si può supporre che dalla
penisola iberica mai del tutto dis-arabizzata provengano spunti preziosi alla sua
rivoluzionaria trasformazione del racconto33. Inoltre Venezia, dove il poeta arriva
venticinquenne per fare il soldato, è notoriamente città protesa a Oriente, e il
fervido scambio con porti lontani si riflette nel fervore di circoli letterari e
accademici.
Appena arruolato, forse con incarichi strategici (data la doppia veste di letterato-
soldato), il giovane napoletano è mandato a Candia (Creta), avamposto militare
della cristianità nel cuore del Mediterraneo orientale34. Nell’isola, Giambattista
comincia a frequentare l'ambiente accademico, dandosi nome di Pigro presso gli
Stravaganti, sotto il patrocinio del nobile Cornaro: poeta, filologo e antropologo
ante litteram, messo e ambasciatore, fratello della virtuosa Adriana (al tempo già
cantatrice), Basile prende contatto con centri del sapere (e forse politici) che
travalicano il Medio Oriente, pulsando da ben più lontano, dalla Persia e dall'India.
Comincia probabilmente in quegli anni il complesso lavoro di raccolta e sintesi di
un repertorio immenso, proveniente da fonti eterogenee, in movimento, per il quale
egli crea un nuovo contenitore: la fiaba letteraria35. A proposito di come Basile
s’allontana dalla novella boccacciana, scrive Ziolkowsy:
Brothers Grimm inferred that the tales had taken shape in prehistoric
times and had spread with the Indo-European peoples. They stated outright
already in 1815 the theory that Germanic folktales incorporated in the KHM
were if Indo-European myths.
33
Nel 1504 il regno di Napoli perde la sua indipendenza e diviene, per ben due secoli (fino al
1713), una provincia della corona spagnola. Non stupisce allora che il Canzoniere di Adriana Basile
(quello ritrovato da B. Croce e pubblicato in Illustrazione di un Canzoniere ms. italo-spagnuolo del
secolo XVII, Napoli, Stab. Tipografico della R. Università, 1900) sia dedicato al viceré spagnolo il
duca d'Alba (Antonio Alvarez di Toledo), e che Giambattistta sia presente con sette componimenti in
spagnolo (cfr. lo studio citato alla nota 40). Anche nella pubblicazione del Teatro delle Glorie di
Adriana Basile (cit.) molti testi sono di poeti o notabili spagnoli.
34
Candia era stata conquistata dagli Arabi nel 824 d. C.; in seguito alla IV crociata (1202-1204) la
città passò sotto il dominio di Venezia, sotto la quale stette fino al 1669.
35
Per un approfondimento sul complesso repertorio di fonti alla base della fiaba letteraria del
Basile si rimanda al recente studio di A. MAGGI, Preserving the Spell: Basile's "The Tale of Tales"
and Its Afterlife in the Fairy Tale Tradition, Chicago, The University of Chicago Press, 2015.
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Anna Aurigi
39
La definizione è in B. CROCE, Saggi sulla letteratura italiana del Seicento, Bari, Laterza, 1911,
p. 43.
40
A tal proposito si vedano gli studi di E. CANONICA: Le poesie spagnole del Basile nel
canzoniere del Duca d’Alba in P. BOTTA, C. PARILLA, I. PEREZ PASCUAL, a cura di, Canzonieri
iberici, Atti del Convegno internazionale di Padova, 27-30 maggio 2000, La Coruña, Noia,
Toxosoutos-Università di Padova, 2001, t. II, p. 167-188, gentilmente inviatomi dall'autore; dello
stesso autore, Poesia translingue italo-spagnola fra Cinque e Seicento: alcune prospettive di ricerca,
in A. CANCELLER, R. LONDERO, a cura di, Atti del XIX Convegno dell’Associazione degli Ispanisti
Italiani (Roma, 16-18 settembre 1999), Padova, Unipress, 2001, p. 85-95; ancora, Producción
española de autores italianos (siglos xvi-xvii), e Venere translingue: scrittura amorosa in spagnolo di
autori italiani, fra Cinque e Seicento, in La penna di Venere. Scritture dell’amore nelle culture
iberiche, Atti del XX Convegno (Firenze 14-16 marzo 2001), Messina, Lippolis, 2002, p. 59-69.
41
Ivi, p. 180. Sul manoscritto in questione si veda anche l’articolo F. NOCERINO, Il canzoniere di
Adriana Basile. Nuove considerazioni su un inedito napoletano, in A. CAROCCIA, F. DI LERNIA, a cura
di, Musica, storia, analisi didattica. Contributi del xx convegno annuale della Società Italiana di
Musicologia, Foggia, Grenzi, 2014, (I quaderni del Conservatorio “Umberto Giordano” di Foggia, 2)
pp. 119-129. L’articolo fornisce dati interessanti a proposito del ruolo dei due Basile nell’utilizzo – e
forse nella diffusione – di elementi della cultura spagnola nella vita letteraria e musicale della Napoli
del Seicento. Scrive Giuseppe Faccone in una lettera a Vincenzo Gonzaga (9 maggio 1609): «una
napoletana quale ha tutte queste qualità: sona di Arpa in eccelenza, vi canta a libro e quel che è
meglio suona di chitarra e cccanta alla spagnola, et in tal copia che tra le italiane e Spagnole sa più di
trecento opere a la mente» (p. 120); e ancora da una testimonianza coeva «Cantò primieramente
sonando un’arpa […poi] preso un istrumento men grave una ghitarra spagnola passò agli scherzi e
vezzi leggiadri or soli, or compagnati d’un’altra voce, […] si trattenne come prima con versi e
canzoni d’Italia, e di Spagna , eziandio che tutti erano fuoco.» (pag. 120). Interessante anche
l’osservazione circa la presenza, sia nel manoscritto spagnolo che nell’edizione a stampa dei
Madrigali e odi di Giambattista, della figura di un animale mitologico, il basilisco, con chiaro
riferimento al cognome dei due (figura presente anche in un quadro di Antiveduto Grammatica
commissionato dal duca Ferdinando Gonzaga: pp. 125, 126).
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42
Sulla biografia di Della Valle basti qui il rimando alla voce curata da C. MICOCCI, sub voce
‘Pietro della Valle’, in Dizionario Biografico degli Italiani, Roma, Istituto dell’Enciclopedia Italiana,
vol. 37, 1989.
43
«Lo sguardo che quegli studiosi gettavano a Oriente dalle rive del Mediterraneo occidentale, il
loro protendersi verso un mondo lontano dal chiuso delle biblioteche e delle riunioni accademiche,
dettero a della Valle lo spunto definitivo per mettersi in viaggio» (in C. CARDINI, La porta d'Oriente:
lettere di Pietro della Valle. Istanbul 1614, Roma, Città Nuova, 2001).
44
Su Della Porta si rimanda alla monografia di O. PICCARI, Giovan Battista Della Porta: il
filosofo, il retore, lo scienziato, Milano, Franco Angeli, 2007.
45
Magiae naturalis sive de miraculis rerum naturalium libri IIII, Napoli 1558; l’opera conobbe
straordinaria fortuna, tanto da raggiungere entro la metà del Seicento le 58 edizioni, anche in
traduzione francese, italiana, olandese, tedesca, inglese.
46
Pubblicata per la prima volta nel 1566 (Napoli, M. Cancer, 1566), L'arte del ricordare viene
ristampata presso lo stesso editore nel 1583 e seguita da una seconda edizione in latino, intitolata Ars
reminiscendi (1602), in molti punti significativamente diversa da quella italiana. Si veda anche A.
MAGGI, Giovan Battista Della Porta. The art of remembering-l'arte del ricordare, Ravenna, Longo,
2012; A. ALBANESE, Un trattato cinquecentesco sulla memoria: L’Arte del Ricordare di G.B. Della
Porta, in «Giornale Storico della Letteratura Italiana», vol. 188, n. 621, 2011, pp. 86-108.
15
Il magico incanto di Adriana e Giambattista Basile
della fondazione, il 1623. Anche Giulio Strozzi, già citato, è accademico Incognito,
e tra i più attivi: nel suo poema eroico La Venezia edificata dedica alcune ottave ad
Adriana Basile, che sembrano riferite anche a Giambattista, per l'allusione che si fa
alle Veglie47. D’altro canto lo studio delle esperienze e della documentazione
relativa agli Incogniti offre elementi fondamentali per conoscere l’ancora oscura
vita del Basile: nel vivido trafiletto a lui dedicato nelle Glorie degli Incogniti,
scritto alcuni anni dopo la sua morte, si riconosce il tono di chi dovette conoscerlo
di persona 48.
Il brano conferma quanto detto dei Basile nella lettera dedicatoria del Teatro
delle glorie della signora Adriana49, scritto maturato in seno all'accademia
napoletana degli Oziosi (con dedica al principe-fondatore Giovanni Battista
47
Scrive lo Strozzi: «Com'altri posto ne la stanza il piede, / dove i Tripudi s'odono, e le Veglie» in
G. STROZZI, Venezia edificata poema eroico, Venezia, Pinelli, 1624, canto XII, p. 119). Basile
stesso usa l'espressione «Passava l’Ecc.mo signor Principe d’Avellino in dilettevoli trattenimenti le
notti del verno tra in liete giostre e in sontuosi tornei e in vaghe mascherate et in gioconde commedie
et in piacevoli veglie, e in festosi balli», in un passo citato da Croce (G.B. BASILE, Lo cunto de li
cunti, introduzione, p. XLV).
48
Le Glorie degli Incogniti, cit., pp. 209-210
49
Il teatro delle Glorie, cit., lettera dedicatoria di D. Bombarda a G.B. Manso, pp. 3-14.
16
Anna Aurigi
50
V. IMBRIANI, Il gran Basile. Studio biografico e bibliografico, in «Giornale Napoletano di
filosofia e lettere, scienze morali e politiche», II, 1875, p. 336.
51
«Lo stesso Cunto, però, non è estraneo alla dimensione performativa: il testo era infatti
destinato alla lettura di gruppo, alla recitazione, alla «conversazione» cortigiana, e fu probabilmente
usato per questo scopo quando era ancora un manoscritto» Cfr. C. STROMBOLI, La lingua de Lo Cunto
de li cunti di Giambattista Basile, Tesi di Dottorato di ricerca, Università degli Studi di Napoli
“Federico II”, Dipartimento di filologia moderna, 2005, p. 14, disponibile su
<http://www.fedoa.unina.it/2796/1/Stromboli_Filologia _Moderna.pdf>.
52
Ivi, p. 14; La Stromboli trae la citazione da M. RAK, Napoli gentile. La letteratura in “lingua
napoletana” nella cultura barocca (1596-1632), cit., p. 311.
53
Si fa riferimento all’opera di crittografia del Della Porta, De FurtIvis Literarum Notis, Napoli,
Scoto, 1563.
17
Il magico incanto di Adriana e Giambattista Basile
scrittore del Mondo nel senso più profondo del termine, capace di conoscere da
vicino e descrivere le più diverse realtà sociali della società rigidamente
gerarchizzata del Seicento.
In questa complessa trama esistenziale, la sorella Adriana è un punto di
riferimento familiare e soprattutto intellettuale in quanto, come si è detto, i due
fratelli si trovano a lavorare in alcune occasioni nelle stesse corti o negli stessi
cenacoli accademici: il loro legame profondo traspare proprio dalle poesie di
Giambattista per Adriana contenute nel Teatro delle Glorie. Le due figure, del
resto, possono essere accostate anche sul versante delle scelte estetiche, sullo
sfondo dell’imperativo del ‘maraviglioso’ che impernia il secolo: raccontare,
rappresentare le passioni dell'uomo e intrattenere suscitando stupore sono infatti
obiettivi molto simili a quelli perseguiti dalle virtuose del Seicento. Sotto più
aspetti canto e fiaba giocano un ruolo simile all'interno degli intrattenimenti di
corte: ciò che Marino scrive a proposito del meraviglioso canto di Adriana, «udir
musico mostro o meraviglia»54, del pari potrebbe dirsi della fiaba, che racconta e
suscita meraviglia.
Ma, come s’è detto, la meraviglia in Basile non è il fine, ma il mezzo per
arrivare là dove il raziocinio non può e così più facilmente «regolare le passiune
dell'anemo»56. A proposito del canto della sorella nei versi a lei dedicati nel Teatro
delle glorie così s’esprime: «E 'l magico stupore / il senso non ammaga, / ma desta
ad opre eccelse ogni uman core» e ancora «Con mirabil valore / cantando, anzi
incantando maga altera / gli umani affetti dolcemente impera»57. La meraviglia
artistica non deve stordire l'intelletto e far dimenticare gli affanni, ma agir d’impero
sugli affetti, destare il cuore e portare a ben agire.
Rispetto a Napoli, Venezia e Creta, Mantova è certo il luogo più continentale
dove Basile soggiorna in maniera stabile, benché meno di quanto faccia la sorella; i
contatti con i Gonzaga, del resto, precedono e seguono con certa costanza il
54
G.B. MARINO, Adone, cit., canto VII, v. 36.
55
M. RAK, Da Cenerentola a Cappuccetto rosso: breve storia illustrata della fiaba barocca,
Milano, Mondadori, 2007, p. XVI.
56
Come scrive nella già citata introduzione alle Muse Napolitane (cfr. nota 29).
57
Versi tratti dalle odi Di Sebeto a le sponde e Con mirabil valore contenute nel Teatro delle
glorie, cit. (pp. 136-137 della stampa napoletana del 1628).
18
Anna Aurigi
58
Vincenzo I regna dal 1587 al 1612; alla sua morte gli succede il figlio primogenito Francesco
IV, il quale muore prematuramente alla fine del 1612 lasciando il trono al fratello, il cardinale
Ferdinando Gonzaga.
59
B. CROCE, Lo cunto de li cunti (Il Pentamerone), cit., p. XXXVI.
60
Ivi, p. XXXVI. Croce trae la citazione da un documento conservato nell’Archivio di Mantova
(Arch. di Mantova, 1613, 6 aprile, Liber decret., n. 54. p. 30).
61
«Il Cunto è un'opera scritta per la società dei ranghi. Per questo ne trascrive e ne osserva le
regole: il ruolo dei re e delle belle fanciulle, la marginalità dei bambini, la tavole dell'etica con i suoi
vizi e le virtù e i loro rapporti con l'etichetta, il nesso tra potere e sapienza» (M. RAK, Logica della
fiaba: fate, orchi, gioco, corte, fortuna, viaggio, capriccio metamorfosi corpo, Milano, Mondadori,
2005, p. 4).
62
La citazione in B. CROCE, Lo cunto de li cunti (Il Pentamerone), cit., p. XLI.
19
Il magico incanto di Adriana e Giambattista Basile
66
Si sono citati i vv. 124-132, 134-138, 144-145, 149-160 di Caliope (pp. 562-563 dell’edizione
di Petrini).
67
E. BARASSI, Costume e pratica musicale a Napoli all'epoca di Giambattista Basile, cit., p. 110.
68
G.B. MARINO, Adone, cit., canto VII, 34, vv. 1-2.
69
Uno degli studi più interessanti al riguardo è il saggio di L. BIANCONI, Il Cinquecento e il
Seicento, in Letteratura italiana, diretta da Alberto Asor Rosa, vol. VI, Teatro, musica, tradizione dei
classici, Torino, Einaudi 1986, pp. 319-363.
21
Il magico incanto di Adriana e Giambattista Basile
l’altro, per le raccolte dedicate ad Adriana e alla figlia Leonora, come il più volte
citato Teatro delle glorie della signora Adriana Basile, e gli Applausi poetici alle
glorie della signora Leonora Baroni (1639)70.
Poesia d'autore e poesia celebrativa, che in taluni casi coincidono, risultano
molto interessanti ai fini dell'indagine storica e musicologica, fornendo
informazioni e suggestioni altrimenti irraggiungibili. In effetti, mai come nel
momento in cui nasce la monodia accompagnata, nell'epoca del madrigale
monodico cacciniano e delle prime opere di corte, i poeti hanno tanto scritto sul
canto, soffermandosi anche sulla fenomenologia dell'esecuzione. Guarini si
attribuisce l'invenzione del particolare genere poetico, con la celebre Gorga di
cantatrice su cui egli stesso commenta:
70
Gli Applausi poetici alle glorie della signora Leonora Baroni escono a Bracciano, presso G. B.
Cavazza, nel 1639, a cura di Francesco Ronconi.
71
Il passo è tratto da L. BIANCONI, Il Cinquecento e il Seicento, cit., p. 350. Su B. Guarini si
rimanda alla voce di E. SELMI, Battista Guarini, in Dizionario Biografico degli Italiani, cit., vol. 60,
2003. Più in generale sul potere del canto solistico e il fascino della voce nel Seicento si veda anche
B. GORDON, Monteverdi’s unruly women. The power of song in early modern Italy, Cambridge
University Press, Cambridge, 2004.
72
Il testo è intonato infatti da Monteverdi nel suo VIII Libro di Madrigali (Venezia, A. Vincenti,
1638), a due tenori e basso continuo (un’edizione moderna del libro è stata curata da A.M.
VACCHELLI: C. MONTEVERDI, Madrigali guerrieri, et amorosi, libro ottavo, Cremona,
Fondazione Claudio Monteverdi, 2004).
22
Anna Aurigi
P + M = C (p+m) E [C(p+m)]
ASCOLTO
P {E [C(p+m)]} + M = C (P{E [C(p+m)]}) E [C(P{E [C(p+m)]})]
ASCOLTO.
73
E. DURANTE, A. MARTELLOTTI, Cronistoria del concerto delle dame proncipalissime di
Margherita Gonzaga d'Este, Firenze, ArchIvium Musicum, S.P.E.S., p. 252.
74
Per un approfondimento si rimanda ad A. AURIGI, Giulio Strozzi: Poesie per il Primo libro de'
madrigali di Barbara Strozzi, Firenze, Studio Editoriale Fiorentino, 1999.
23
Il magico incanto di Adriana e Giambattista Basile
immaginiamo solleciti altri a scrivere della e per la sorella. In effetti, più di cento
poeti – molti d'occasione – contribuiscono al Teatro delle glorie della signora
Adriana Basile, che, come si è già ricordato, viene maturato in seno all'accademia
napoletana degli Oziosi (con dedica al principe-fondatore Giovanni Battista
Manso) ed edito a Venezia nel 1623, anno di fondazione dell'Accademia degli
Incogniti. In quell'anno Adriana è a Venezia al seguito dei Gonzaga: è evidente che
i due Basile giocano un ruolo importante nel mettere in relazione i due circoli
Oziosi-Incogniti, che sono noti occuparsi non solo di poesia ma anche di musica,
matematica, scienze, filosofia, politica morale.
In effetti, quando il duca di Alba fa dono ad Adriana del Canzoniere
napoletano-spagnolo (ritrovato dal Croce e pure sopracitato per contenere i sette
carmi in spagnolo di Giambattista)75, la cantante v’inserisce poesie dedicate a lei e
alle figlie da altri accademici.
Presente con alcuni carmi sia nel Teatro delle Glorie sia nel detto Canzoniere
(ove traduce Lope de Vega) Giovan Battista Marino spicca al di fuori di queste
raccolte con il suo Adone, il cui VII canto descrive il musico-mostro Adriana, sotto
metafora d'usignolo, lascivo cantor che suscita, «detta» ai poeti rime belle,
«vezzose», che muovono l'animo a compassione «pietose». Per la lussureggiante,
sensuale descrizione del canto, della tecnica esecutiva e interpretativa
dell'usignolo-Adriana, Marino risulta il più grande esponente del filone inaugurato
da Guarini. L'affresco è prezioso perché tramite le parole del poeta rivivono prassi
e ricezione, artista e ascoltatore, tecnica e affetti. Così vivida è la descrizione che
Marino dà del canto d’Adriana-usignolo, che quasi permette di ascoltare oggi
quella musica come allora era.
32 Ma sovr’ogni augellin vago e gentile 34 O che vezzose, o che pietose rime
che più spieghi leggiadro il canto e ’l volo lascivetto cantor compone e detta.
versa il suo spirto tremulo e sottile Pria flebilmente il suo lamento esprime,
la sirena de’ boschi, il rossignuolo, poi rompe in un sospir la canzonetta.
e tempra in guisa il peregrino stile In tante mute or languido, or sublime
che par maestro del’alato stuolo. varia stil, pause affrena e fughe affretta,
In mille fogge il suo cantar distingue ch’imita insieme e ’nsieme in lui s’ammira
e trasforma una lingua in mille lingue cetra flauto liuto organo e lira.
75
Cfr. note 33 e 40.
76
G.B. MARINO, Adone, cit., canto VII, ottave 32-35.
24
Anna Aurigi
77
A proposito della dimensione sensuale del canto si veda per esteso il testo di Giulio Strozzi per
il madrigale a due voci, soprano e contralto, della figlia Barbara, Canto di bella bocca: «Che dolce
udire una leggiadra bocca / tutta lieta cantar versi d’amore! / Vaga, vezzosa voce / con passaggio
veloce / t’alletta, ti circonda, anzi ti tocca/ e dentro va quasi a baciarti il core, / mentre musico labbro /
spiega d’amore i pregi. / Altro non dice / quel canoro felice / che le gioie che senti; / altro non dice/
che i diletti che provi; / altro non dice / che i tuoi piaceri nuovi, / i tuoi vecchi contenti. / Dillo, o mio
core, / ch’è dolce udire una leggiadra bocca / tutta lieta cantar versi d’amore! / Quell’aura
armonizzata / da una gorga canora / ti ravviva e ristora, / ti fa l’alma beata. / Folle sei se non godi e
non cominci, / qua giù ristretto in un caduco velo, / Tirsi, a gustar le melodie del Cielo» in A.
AURIGI, Giulio Strozzi: Poesie per il Primo libro de' madrigali di Barbara Strozzi, cit., p. 3.
25
Il magico incanto di Adriana e Giambattista Basile
secoli ed esplosa a fine Cinquecento nel canto delle virtuose: là dove il magistrale
controllo della voce produce prolungati e tenaci crescendo o sottili diminuendo,
ove il sapiente utilizzo della gola realizza lunghi passaggi di semicrome e permette
di spaziare con somma grazia o potenza dal grave e all'acuto, là si aggiunge - con
un ritorno alle origini della voce - il ritmo e il colore del parlato (recitar cantando)
e, ancora più a monte, il colore di quei suoni che precedono la parola e che hanno a
che fare col puro respiro, il sospiro, il pianto, il grido, i gemiti, i singulti.
L'emozione infatti vive nel corpo: lo strumento del cantante, da costruire attimo per
attimo, è il corpo. Per questo la voce più di altri strumenti può tornare all'origine
dell'emozione, mentre mantiene la dimensione espressiva più astratta fatta di
poesia, invenzione compositiva, tecnica vocale: una tecnica del tutto innaturale,
frutto di secoli di pratica e ricerca.
«Da’ suoi sospiri a sospirare imparo» scrive Marino in uno dei cinque carmi per
Adriana presenti nel Teatro delle glorie78. Se centinaia di poesie, talvolta anche
mediocri, non avessero ritratto quest’aspetto dell'esecuzione, esso non sarebbe
arrivato a noi così chiaramente. Pur potendoci basare sullo studio di spartiti,
trattati, cronache, parte non solo dell'emozione ma proprio della fenomenologia di
questa vocalità sarebbe persa. La carta del musico, lo spartito, ha bisogno della
carta del poeta per far rivivere l'arte più effimera. Il poeta è ascoltatore per
eccellenza, portavoce del pubblico, colui che registra e racconta, per carta, appunto,
a contemporanei e posteri l'evento sonoro, ovviando in qualche modo alla sua
dimensione impalpabile, momentanea. Non tutta la poesia sul canto delle virtuose,
tuttavia, tratta le multiformi sfaccettature della vocalità. Il bel carme già citato di
Marino, che contiene la chiusa sul sospiro, preferisce una dimensione più intima,
personale (il «dolce canto e caro»):
Tu che i miei brevi sonni, allor che ’l core 8 Soavemente innebriar d’Amore.
Sopito sí, non riposato giace, Stranio veleno il cor mi rode e sugge,
Rompi cantando, e del notturno orrore Pasce l’aure di dolce e me d’amaro,
4 L’alto silenzio e la tranquilla pace; 11 M’empie di gioia e poi m’ancide e strugge.
Novo del mar sei certo augel verace, Al tremolar del dolce canto e caro
Che con sí misurate arti canore L’anima trema, a le sue fughe fugge,
Sai l’onda e l’aria e ’l Ciel, quando piú tace 14 Da’ suoi sospiri a sospirare imparo
Come già ricordato, più di cento autori scrivono poesie in onore di Adriana
Basile: nobili, prelati, accademici, poeti, generali, cardinali, tutte persone che
frequentano Adriana e Giambattista, dentro e fuori le accademie. Non mancano
testi di autori stranieri, come quelli in greco (tradotti in italiano da Basile) in latino,
in spagnolo; e sono presenti poi, oltre al Marino e al fratello Basile, gli altri più
grandi poeti del tempo, come Achillini, Chiabrera, Stigliani, nonché Strozzi e
78
Tu, che i miei brevi sonni, allor che ’l core, in Teatro delle glorie, cit., p. 54 dell’edizione
napoletana del 1628; di sotto il sonetto per intero, tratto da G.B. MARINO, La Lira, a cura di M.
Slawinski, Torino, Res, 2007, vol. 2, p. 89. Si noti che nel Teatro delle glorie la poesia è presente con
una variante all’ultimo verso: «Da’ suoi sospiri a tremolar imparo».
26
Anna Aurigi
Notevole l'autoironia della chiusa: l'affetto non si presta a iperboli. D’altra parte,
uno splendido esempio di gusto seicentesco è in apertura, con l'immagine del
pubblico che respira il canto di Adriana, ossia l'aria pregna di suono, che entra nei
polmoni degli ascoltatori (piuttosto che nelle orecchie) e ne esce, sempre attraverso
la bocca, in lodi, per risuonare poi nei versi.
Il Teatro delle Glorie riprende inoltre alcuni passi della Venezia edificata
(1623) di Strozzi: qui risulta interessante il cenno alle veglie accademiche e
cortigiane in cui c’è spazio per il racconto, per la musica e per il canto, che
alludono forse anche al raccontare di Giambattista Basile:
79
G.F. BUSENELLO, Questa Maga d’Amor bella, e canora ne Il teatro delle glorie, cit., pp. 171-
173. Sull’autore si rimanda alla voce di M. CAPUCCI, Giovanni Francesco Busenello, in Dizionario
Biografico degli Italiani, vol. 15, 1972.
27
Il magico incanto di Adriana e Giambattista Basile
Stanze del Canto Duodecimo della Venezia edificata dove si descrive la signora
Adriana
Canto che può d'ogni selvaggio core Ove l'arti di Pace Anime illustri,
la ferocia placare e l'alterezza. di Honor, di Gloria, e Libertade amiche,
Canto che con maniera illustre e rara quando avran mai tanti sudori industri,
le Serventi di lei formano a gara, quando avran fine un dì vostre fatiche?
fra l'altre la bellissima Adriana Passa la bella età di lustri in lustri,
s'avanza poi, con la sonora voce, Ma non invecchian mai le voglie antiche;
Vincer la melodia d'Arpa sovrana, La memoria del Ben non prova oblio,
che batte con la man pronta e veloce e se manca il poter cresce il desio80.
[...]
Sì soave da questo esce il concento
che piace detto cento volte e cento
Quindici anni dopo, Strozzi pubblica le Veglie de' Signori Unisoni: Veglia
Prima havuta in casa del Signor Giulio Strozzi alla molto illustre Signora la Sig.
Barbara Strozzi (Venezia, Sarzina, 1638). Qui si accenna all’idea che il canto
plachi le passioni, le ammorbidisca: «Canto che può, d'ogni selvaggio core, / la
ferocia placare e l'alterezza»81, concetto analogo, ancora una volta, a quello
espresso nei testi di Giambattista, che insiste sull'idea che il canto di Adriana
tempri le emozioni più violente dell'animo: «anzi incantando maga altera gli umani
affetti dolcemente impera»; «Può far le belve immote»; «le tempeste placar, frenare
i venti». Basile, in più, sembra descrivere le suggestioni delle interpretazioni di
Adriana con estrema delicatezza, cogliendo dettagli che solo l’affetto di un fratello
può afferrare, come i suoi capelli grigi che rendono lucenti gli occhi («il volto assai
più adorno/ di purissimo argento, /e nel Ciel vi ha più belle di rogiada a nodrirsi
escon le stelle»), e tutto il fascino di un’interprete che è in grado di superare per
fama i compositori («Con le possenti note / del suo magico incanto oscura i pregi /
di quante opre fer mai musici egregi»)82.
80
G. STROZZI, Tutti però con sì sfrenato ardore ne Il teatro delle glorie, cit., pp. 174-177.
81
Ivi, vv. 1-2.
82
I passi del Basile citati sono tratti dall’ode Con mirabil valore, ne Il teatro delle glorie, cit., pp.
137-138; il carme è riportato per intero appena sotto.
28
Anna Aurigi
Basile, inoltre, descrive le virtù della sorella anche dal punto di vista morale:
«Ella - scrive - non è sirena, poiché non porge altrui sonno mortale ma ne desta a
virtute alta immortale».
Da questa rapida rassegna si può comprendere che i testi poetici dedicati alle
cantanti, anche non avendo tutti lo stesso valore letterario, costituiscono viva
testimonianza di un evento artistico, ne sono una rappresentazione preziosa. Essi
contribuiscono alla ricostruzione della prassi esecutiva attraverso la descrizione
della componente non solo emotiva ma anche fisiologica dell'esecuzione, che in
testi tecnici o di trattatistica specifica non sempre compaiono con tale
immediatezza ed efficacia. Questi testi poetici, inoltre, danno la misura del
prestigio delle virtuose del tempo, e sanciscono più di ogni altra espressione
artistica la vicinanza tra poesia e musica su un duplice piano, astratto (artistico e
creativo) e concreto (esecutivo), vicinanza che, come si è visto, ha innumerevoli
implicazioni biografiche e di costume. Se in ogni epoca musicisti e poeti si
conoscono, frequentano e collaborano al processo creativo, mai come nel primo
29
Il magico incanto di Adriana e Giambattista Basile
Seicento su questa diade grava la figura del cantate-esecutore che è anche egli
stesso fonte di ispirazione ed elemento creativo.
83
Per i rapporti tra Milton e la Baroni si rimanda allo studio di A. ADEMOLLO, La Leonora
(Baroni) di Milton e di Clemente IX, Milano, R. Stabilimento Musicale Ricordi, 1885. I versi del
poeta per la cantatrice si possono leggere in J. MILTON, Complete Poems and Major Prose, a cura di
M.Y. Hughes, New York, 1957, pp. 130-132.
84
Calliope overo la museca, in Muse Napolitane, cit., p. 567, v. 278.
30
Anna Aurigi
85
Calliope overo la museca, in Muse Napolitane, cit., p. 567, vv. 275-288. Sull’argomento si
veda D. GIORGIO, La 'conoscenza di se stessi' in imprese e accademie napoletane di fine
Cinquecento, in «Studi Rinascimentali, Rivista internazionale di letteratura italiana», 1, 2003, pp.
119-129.
86
Cfr. la voce di S. NIGRO, Giulio Cesare Capaccio, in Dizionario Biografico degli Italiani, vol.
18, 1975.
87
Il verso compare nel Penseroso (1644) di Milton, poema che sarà poi posto in musica da
Haendel un secolo dopo; cfr. J. MILTON, Complete Poems and Major Prose, cit., p. 176, v. 164. Nel
Paradiso Perduto (1667) di Milton le sfere celesti diventano il canto gioioso degli angeli. Nel poema
questa musica, udibile solo in Paradiso, è descritta così da Adamo: «Celestial voices to the midnight
31
Il magico incanto di Adriana e Giambattista Basile
Angelus unicuique suus (sic credite gentes) Ad ognuno (credetemi genti) è stato assegnato
Obtigit æthereis ales ab ordinibus. un angelo alato dai ranghi celesti.
Quid mirum? Leonora tibi si gloria major, Quale stupore se tu, o Leonora, hai avuto
Nam tua præsentem vox sonat ipsa Deum. una gloria più grande? Infatti nella tua voce
Aut Deus, aut vacui certè mens tertia cœli risuona la presenza di Dio.
Pertua secretò guttura serpit agens; Dio – o la terza mente – si nasconde
Serpit agens, facilisque docet mortalia nella tua gola e lentamente abitua
corda ai suoni immortali i cuori degli uomini.
Sensim immortali assuescere posse sono. Perciò se Dio è in tutte le cose, e ovunque,
Quòd si cuncta quidem Deus est, per egli ci parla solo attraverso di te
cunctaque fusus, mentre tace in ciascun altro89.
In te unâ loquitur, cætera mutus habet.
Chi era Leonora quando Milton scrive: «nella tua voce risuona la presenza di
Dio»? Sicuramente a quell’altezza lei e la madre erano al vertice della popolarità:
la Baroni, pur non esibendosi a teatro e riservando le sue performances a un ambito
air [...] / With heavenly touch of instrumental sounds/ In full harmonic number joined, their songs,
Divide the night, and lift our thoughts to heaven. (IV.682-88)». A proposito del potere della musica
sui sensi e sullo spirito ricordiamo che un cinquantennio prima di Milton Shakespeare scriveva il
sonetto If Music be the food of Love, il cui primo verso sarà posto in musica da Purcell in ben quattro
diverse intonazioni. Nella canzone di Purcell, che adotta la riscrittura del testo fatta dal poeta
Heveningham, il secondo verso della lirica shakespeariana «play on; give me excess of it» è mutato in
«sing on, till I am fill’d with joy»; e il testo continua con il verso «for then my listing soul you
move», con un’espressione, forse intraducibile in italiano, «listening soul», che sembra una
definizione perfetta dell’ascolto del canto e della musica nell’Italia e nell’Inghilterra del XVII secolo
(G.E.P. ARKWRIGHT, A Collection of 24 Songs by English Composers of the 17th and 18th Centuries,
Oxford, Parker and son, 1908, pp. 26-29).
88
Cfr. E. HAAN, From Academia to Amicitia. Milton Latin Writings and the Italian Accademies,
American Philosophical Society, Philadelphia, 1998, p. 106. La forma poetica dell’ecloga, che
appartiene alla letteratura classica greca e latina ed è legata spesso all’argomento bucolico, conosce
nuova fortuna in epoca tardorinascimentale: l'Euridice di Ottavio Rinuccini, posto in musica da Peri e
Caccini (1600), ne rappresenta l'esempio più importante, essendo anche il primo dramma per musica
di cui sia testimoniato l'allestimento.
89
J. MILTON, Ad Leonoram Romae canentem, in Complete Poems and Major Prose, cit., pp. 130-
131, vv. 1-10 (traduzione della scrivente).
32
Anna Aurigi
90
Ci si riferisce soprattutto agli Applausi poetici, per cui cfr. nota 71.
91
Dei libretti di Rospigliosi si ricordano Sant'Alessio (1631), melodramma sacro musicato da
Stefano Landi; Erminia sul Giordano (1633), primo dramma profano di Rospigliosi, con musica di
Michelangelo Rossi; Chi soffre speri (1637), in assoluto la prima commedia musicale ispirata a una
novella del Boccaccio, con musica di Virgilio Mazzocchi e Marco Marazzoli; Il palazzo incantato
con musica, come per l'Erminia, di Luigi Rossi (1642). Particolare la vicenda dell’Erminia sul
Giordano: dopo ben cinque messe in scena nel 1633 e una nel 1637 l’opera passa per quasi quattro
secoli sotto silenzio, per poi essere rappresentata solo il 22 settembre 2000, presso il teatro Manzoni
di Pistoia, in occasione delle «Celebrazioni del quarto centenario della nascita di Giulio Rospigliosi
(Papa Clemente IX)»: chi scrive ha interpretato il ruolo di Erminia in tale esecuzione.
33
Il magico incanto di Adriana e Giambattista Basile
Nel 1640 Adriana, insieme con il marito Muzio, torna dunque a Napoli.
Giambattista vi era rientrato diversi anni prima, dopo essere stato governatore di
feudi e possedimenti per varie famiglie nobili e per lo stesso viceré95; nel 1632
però, a causa di un'epidemia non meglio identificata, lo scrittore viene a mancare.
In memoria dello zio scrive Caterina Baroni, altra figlia di Adriana:
92
Applausi poetici alle glorie della signora Leonora Baroni, cit., introduzione.
93
D. ROMEI, Una “virtuosa” nel “Puttanismo romano” di Gregorio Leti (2004), nella Banca Dati
Telematica Nuovo Rinascimento <http://www.nuovorinascimento.org>.
94
La citazione è tratta da un verso, già incontrato, di Calliope overo la museca, in Muse
Napolitane, cit., p. 562, v. 126.
95
Si ripercorrono qui alcune tappe della carriera politica del Basile: dal 1615 al 1617 egli è
governatore di Montemarano; nel 1617 è al seguito del marchese di Trevico, Cecco di Loffredo; nel
1619 viene nominato governatore di Avellino dal conte Marino Caracciolo, e negli anni 1621-22 è
governatore di Lagolibero; nel 1626 riceve il governo della città di Aversa dal viceré di Napoli,
Antonio Alvarez di Toledo, duca d'Alba; infine nel 1630 il duca d'Acerenza, Galeazzo Pinelli, lo
nomima governatore di Giugliano.
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Anna Aurigi
96
Teagene, Poema del Cavalier Gio. Battista Basile Napoletano Conte di Torone,
All’Eminent.mo et Riv.mo Sig.re il Sig.re Card. Antonio Barberino, In Roma, Pietro Antonio
Facciotti, 1637. «La dedica dell’Adriana è in data di Roma, 10 marzo 1637; il permesso di stampa, 16
aprile 1635.» (in B. CROCE, Lo Cunto de li Cunti (Il Pentamerone), cit., p. 63.
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Il magico incanto di Adriana e Giambattista Basile
fino a noi. E questo concetto è ben espresso proprio da Leonora, là dove essa
riconosce al foglio scritto, all'inchiostro su carta, il potere di andare oltre il soffio
del tempo d’esecuzione, cui il canto è soggetto.
Per carta e per voce filosofia, scienza, poesia e musica collaborano alla
produzione e alla diffusione di nuove idee. Le ricerche portano a nuove
acquisizioni del sapere che necessitano una diffusione attenta, riservata ma tenace.
La conoscenza di sé – ‘motto’ ricorrete nelle accademie del tempo – è regola di
vita e di comportamento, che il filosofo della natura deve prendere a modello per sé
e per gli altri iniziati, è l’‘impresa’, sotto il cui nome gli studi sperimentali devono
esser intrapresi, con umiltà e rigore, secondo gli insegnamenti – già in circolazione
nell’Italia meridionale – di Telesio:
Nonostante il XVIII secolo sia stato duramente critico con Basile, alcuni
intellettuali ebbero chiara la portata dell'intuizione e del lavoro del poeta-soldato.
Si legga di seguito un'ultima amena testimonianza di un cultore del Basile, Luigi
Serio, che si schiera contro il severo giudizio di Ferdinando Galiani.
97
Ove m’inalzan delle glorie al Polo, in Applausi poetici alle glorie della signora Leonora, cit.,
p. 261.
98
D. GIORGIO, La 'conoscenza di se stessi' in imprese e accademie napoletane di fine
Cinquecento, cit., p. 124.
36
Anna Aurigi
Dalla testimonianza si evince che a Napoli allora, al tempo dei Basile, l’uso
dell’idioma toscano e il ricorso a contenuti nuovi, che destino meraviglia, sono gli
imperativi del gusto letterario; e per ottenere questi effetti di stupore, si studiano la
natura e il mondo, si cerca di carpirne i segreti attraverso la scienza e la magia (che
al tempo è una forma della prima).
99
La prima edizione dell’opera compare a Napoli, anonima, nei primi mesi del 1780, con il titolo
Lo vernacchio, resposta a lo Dialetto Napoletano; il testo citato è a p. 32 (per un’edizione moderna:
L. SERIO, Risposta al dialetto napoletano dell'abate Galiani, a cura di Giuseppe Antonio Arena e
Domenico Scafoglio, con una nota di Salvatore Ferraro, Napoli, Colonnese, 1982). Galiani aveva
attaccato il Basile l’anno precedente, nel 1779: F. GALIANI, Del dialetto napoletano, Napoli, V. M.
Vocola, 1779, alle pp. 123 e sgg.
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Il magico incanto di Adriana e Giambattista Basile
Oltre al Tasso, in realtà, anche Dalla Porta indica al Basile quale nuova
connessione possa trovarsi tra scienza e letteratura100: secondo Dalla Porta l'uomo
si distingue dall'animale perché ricorda, e per capire il mondo è necessario
ricordare quanto di esso ci arriva per emozione; ma dal momento che questa
memoria s’attiva soprattutto con l'emozione dello stupore, la letteratura, se in grado
di destare meraviglia, ha un ruolo fondamentale in questo processo conoscitivo, e
la favola acquista piena dignità letteraria «Io mi ricordo meglio delle favole
malcomposte che mi recitava la balia quando io ero fanciullo»101. Attraverso il
meraviglioso si crea «un sottile dialogo tra memoria e immaginazione, nel quale
passato e futuro interagiscono sul palcoscenico interiore della mente»102: come
spiega Dalla Porta l'arte del ricordare è infatti anche un metodo per rivisitare e
reinterpretare la propria biografia. E Basile allora rilancia la lezione dallaportiana:
raccoglie la memoria di secoli come tradita nelle fiabe popolari per scendere
attraverso il magico e il meraviglioso nel passato della collettività, ma anche nella
parte più remota e rimossa della coscienza individuale.
Ed ecco una nuova connessione tra musica e poesia, voce e canto, sorella e
fratello, che insieme amplificano il loro potere di diffondere il meraviglioso, «il
magico incanto» per il mondo: la musica, così come la fiaba, offre una strada
privilegiata per indagare se stessi e allo stesso tempo risulta anche strumento
conoscitivo del mondo; ma, oltre a questa funzione gnoseologica, l’elemento del
meraviglioso si può a sua volta indagare, da un punto di vista antropologico, come
specchio dell'entusiasmo e della commozione dell'uomo nei confronti del mondo
stesso, della fiducia nel fatto che i segreti nascosti nella natura siano in qualche
modo leggibili e utili.
Il meraviglioso nel canto. Il meraviglioso nella poesia. Il meraviglioso della
voce di Leonora che dà a Milton il senso del divino e del trascendente. Il
meraviglioso che attraverso Adriana cattura regnanti, incanta poeti e placa il
dolore; lo stesso che permette a Giambattista Basile di studiare la parte più remota
dell'animo umano, criptata in quell’abisso naturale cui la letteratura si avvicina con
un occhio speciale molto prima della scienza di Freud. Dopo aver raggiunto,
descritto e scandagliato quelle profondità, dopo aver passato in rassegna le più
magiche, ma non men vere, ‘storie’, Basile mira a trasformarle («componere»),
perché il fine del poeta è regolare le passioni dell'uomo. Ed elementi regolatori
100
«The great philosophers, scientists and Reinassance "magi" emerged from the sixteenth-
century Spanish Viceroyalty of Naples and had a tremendous influence in early modern Europe,:
Giordano Bruno (1535-1615), Tommaso Campanella (1568-1639) and Giambattista Dalla Porta
(1535-1615). All three have strikkingly similars interests in the stars, the marvels of the world, magic
and memory» (F. A DE ARMAS, Giambattiste Della Porta, the impact of a Neapolitan playwright and
magus in early modern England, France, and Spain, in A. MAGGI, Giovan Battista Dalla Porta The
Art of Remembering. L'arte del ricordare, Ravenna, Longo, 2012, p. 43).
101
G. DALLA PORTA, L'arte del Ricordare, capitolo XI, in A. MAGGI, cit., p. 133.
102
A. MAGGI, Under the sign of marvel: Della Porta's art of memory as open-ended memoirs, in
Giovan Battista Dalla Porta The Art of Remembering. L'arte del ricordare, Ravenna, Longo, 2012, p.
35.
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Anna Aurigi
sono sia la parola che racconta sia il canto che incanta, perché «Le Muse non sulo
so’ chiammate de sta manera da la Museca, e da lo cantare»103. È chiaro allora che
quando Giambattista dice di Adriana: «incantando maga altera, gli umani affetti
dolcemente impera»104, descrive anche se stesso, che ai fini di «regolare le passiune
de l'anemo» racconta fiabe che incantano chi ascolta o legge.
103
Le Muse Napolitane, cit., introduzione, p. 443.
104
Nell’ode sopra riportata Con mirabil valore in Il teatro delle glorie, cit., p. 137, v. 3.
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