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Dante Alighieri

La vita
La famiglia
Dante nacque nel 1265 a Firenze, tra il 21 maggio e il 21 giugno (lo sappiamo perché egli stesso
afferma di essere nato sotto il segno dei gemelli). Morì nel 1321.
Figlio di Alighiero di Bellincione e della sua prima moglie, Bella, apparteneva ad una famiglia guelfa
appartenente alla piccola nobiltà, di condizioni sociali ed economiche modeste, e senza un ruolo attivo
nella vita politica della città (il padre infatti non venne esiliato dopo la sconfitta guelfa nella Battaglia
di Montaperti).
L’orientamento politico della sua famiglia condizionerà il suo modo di vedere la vita. Quando vi fu la
divisione tra guelfi bianchi e neri, lui decise di sostenere i bianchi (coloro che sostenevano il papa ma
non volevano la sua ingerenza -intromissione- al livello politico)

Beatrice
Nel 1274 avvenne il suo primo incontro con Beatrice, a 9 anni, donna che ispirò gran parte della sua
produzione poetica. La incontrerà di nuovo 9 anni dopo (il 9 è uno dei tanti numeri simbolici utilizzati
da Dante, sta ad indicare una valenza religiosa 3 volte 3)
Alcuni studiosi sostengono che si tratti solo di un’invenzione poetica, altri le attribuiscono l’identità
della figlia del banchiere fiorentino Folco Portinari e moglie di Simone dei Bardi (potente famiglia
di banchieri).
Nel medioevo si riteneva che vi fosse un legame tra il nome di una persona e la persona stessa, il nome
Beatrice significa infatti “colei che dona beatitudine”.
La morte di Beatrice
Il 1290 fu un anno cruciale per Dante, in base a quanto scritto nella vita nova, in quell’anno morì
Beatrice a soli 24 anni. Gli anni seguenti alla sua morte furono caratterizzati da uno studio intenso, e
lasciarono il segno anche nel suo corpo, come egli stesso afferma nel convivio, affaticò tanto gli occhi
da avere problemi di vista. Dopo la morte, la donna diventa per il poeta una guida spirituale,
mediatrice per la salvezza. All’interno della commedia Beatrice simboleggia la fede, la teologia, e
Virgilio la ragione.

Nella vita nova, Dante la celebra secondo i canoni dell’amore cortese ne elogia la bellezza esteriore,
nonostante ella abbia un’essenza ultraterrena.

Auerbach
Gli “studi su Dante” raccolgono una serie di saggi risalenti a epoche diverse, a partire dal 1929.
In quello intitolato “La poesia giovanile di Dante”, Auerbach si sofferma sulla prima fase della
produzione dantesca (quella stilnovistica), sottolineando l’importanza della figura di Beatrice nella
Vita nova. Secondo lo studioso al livello poetico non ha importanza se Beatrice sia realmente esistita o
meno Beatrice, come le altre donne dei poeti stilnovisti, è soprattutto un ideale di perfezione.
Le osservazioni dello studioso, anche se nel passo sono dirette a Beatrice, possono essere applicate a
tutta la poesia lirica poiché le donne che in essa vengono cantate non riflettono mai la realtà
biografica.
Convincersi che la vita nova sia frutto di un’esperienza, o un’allegoria, è ingenuo e antipoetico. Dante
è riuscito a narrarci gli incontri e gli avvenimenti con Beatrice con una concretezza tale che dobbiamo
accettarli come autentica realtà, persino quando risultano misteriosi.
Beatrice rappresenta l’amore stilnovistico, poetico e umano, la passione perché è una donna in
carne ed ossa che viene celebrata dal poeta.
Ma la Beatrice della vita nova rappresenta il primo aggancio con un amore superiore e divino, che
troverà la sua piena espressione nella commedia. L’opera giovanile va considerata come il primo e
necessario passo alla grande maturità (artistica e umana) di Dante.
Matrimonio e amicizie
Sposò Gemma Donati intorno al 1285, e da lei ebbe tre figli: Pietro, Iacopo e Antonia.
Strinse amicizia con un cugino della moglie, Forese Donati, con il quale scambiò una tenzone
scherzosa poco dopo il 1290.
Negli ultimi anni del XIII secolo frequentò il maestro fiorentino Brunetto Latini (scrisse un’opera a
carattere enciclopedico in francese “il trezor”) Dante lo nominerà all’interno della commedia
ponendolo nell’inferno tra i sodomiti (omosessuali) insieme a molti uomini di chiesa.
Secondo alcuni studiosi tra la fine del 1286 e il 1287 soggiornò a Bologna, forse per frequentarne
l’Università. A questi anni si pensa risalga la sua amicizia con Guido Cavalcanti Dante nella vita
nova ne parla dicendo che fosse il “primo de li miei amici”. La loro amicizia si concluse intorno al
1290, quando Dante diventò priore (6 in totale) e decise di allontanare i capi più irruenti delle due
fazioni di Guelfi, Guido compreso. (Per diventare priore Dante dovette iscriversi alla corporazione
dei medici e speziali per gli Ordinamenti di Giustizia di Giano della Bella).
L’attività politica a Firenze
Sulla soglia dei suoi trent’anni, Dante intraprese la carriera politica.
A seguito degli Ordinamenti di Giustizia di Giano della Bella, redatti tra il 1293 e il 1295, Dante si
iscrisse all’Arte dei medici e degli speziali.
In quello stesso arco di tempo iniziò la lotta tra guelfi bianchi sostenuti dalla famiglia dei Cerchi e
guelfi neri sostenuti dalla famiglia dei Donati.
La vita pubblica non impedì a Dante di proseguire la sua attività letteraria al periodo tra il 1296 e il
1298 risale la produzione del gruppo di rime dette “petrose”.
Nel 1300 venne eletto priore carica più alta del comune fu costretto ad esiliare l’amico Cavalcanti
a Sarzana, dove contrasse la malaria per cui morì poco dopo.
Nel 1300 fu indetto dal Papa Bonifacio VIII (odiato da Dante) il primo giubileo (anno santo) Dante
si recò in pellegrinaggio per ottenere l’indulgenza plenaria (remissione della pena per tutti i peccati
commessi).
Nel 1301 propose al comune fiorentino di rifiutare l’aiuto militare offerto da Bonifacio, per paura che
dietro la sua proposta si celassero altre intenzioni, legate alla sua politica espansionistica sotto
richiesta del Papa scesero a Firenze le truppe francesi guidate da Carlo de Valois, che forzarono sulla
città gli ideali seguiti dai guelfi neri. (Prima del loro arrivo Dante venne scelto per guidare
l’ambasceria che si recò dal pontefice con il fine di salvaguardare l’autonomia di Firenze, grazie alla
sua esperienza politica).
Il 18 e il 27 gennaio 1302 venne condannato per baratteria, o concussione (quando rivesti una
carica e ti fai corrompere) una multa, e due anni di esilio.
Non avendo pagato la multa, la condanna fu tramutata in pena di morte sul rogo.
L’esilio
Il periodo di esilio iniziò nel 1302 e durò fino alla sua morte. Di questo periodo sappiamo che egli
continuò a peregrinare presso le varie corti d’Italia in qualità di segretario o ambasciatore.
Inizialmente egli rimase in Toscana, vicino a Firenze nella speranza di rientrare cercò di allearsi con
altri guelfi e ghibellini esiliati ma ci entrò in contrasto dopo poco.
Nel 1304-1308 il poeta frequentò corti dell’Italia del Nord e incontrò Giotto. Iniziò a scrivere il
Convivio e il De vulgari Eloquentia.
Nel 1306 era ospite di Francesco Malaspina in Lunigiana, e iniziò a scrivere la commedia.
Tra il 1313 e il 1319 Dante soggiornò a Verona, alla corte di Cangrande della Scala.
Lì scrisse alcune epistole e due egloghe brevi componimenti poetici in latino di ambientazione
pastorale, inviate nel 1319-1320 a Giovanni del Virgilio in risposta a due sue epistole in versi.
Il 19 maggio del 1935 Firenze aveva concesso un’amnistia ai fuoriusciti (dichiararsi colpevole
umiliandosi per poter tornare). Dante rifiutò con sdegno.
Nel 1320 Dante si trasferì alla corte di Guido Novello da Polenta a Ravenna. Fu il suo ultimo
viaggio nelle zone paludose che attraversò per rientrare a Ravenna ha contratto la malaria, che lo
uccise nella notte tra il 13 e il 14 settembre.
Il pensiero politico
Dante fu impegnato attivamente nella politica di Firenze, fino a pagarne le conseguenze con l’esilio.
Il tema politico permea tutta la produzione di Dante maturo.
Nel trattato latino “De monarchia” Dante sottolinea la necessità dell’esistenza di un impero, e
dichiara la sua indipendenza dall’altro potere universale il papato.

Tuttavia l’opera in cui la politica è più presente, spesso in forma di invettiva, è la commedia il
canto VI di ogni cantica è d’argomento politico, anche se il tema si ripresenta spesso nel poema.
Secondo il poeta l’impero è da troppo assente dalla politica in Italia, ha avuto un grande passato,
potrebbe avere un futuro luminoso, ma ha un presente negativo. L’unità politica più importante nella
visione dantesca è la città.

Per quanto riguarda il papato, la commedia è percorsa dalla rabbia di Dante nei confronti del clero
corrotto:
 Nell’inferno colloca i simoniaci, e con uno stratagemma narrativo anche Bonifacio VIII, che
all’epoca del viaggio ultraterreno era ancora in vita.
 Nel paradiso si scaglia contro i pontefici disonesti tramite le parole autorevoli di San Pietro.

Lo sperimentalismo
Lo sperimentalismo è uno degli elementi che caratterizzano la produzione artistica dantesca. Essa è
multiforme su 3 piani diversi:
 Linguistico Dante utilizza sia il latino che il volgare.
 Formale Comprende sia opere in prosa che in versi.
 Tematico L’argomento cambia tra un testo e l’altro.

Negli anni in cui dà forma alle rime dolci dello Stilnovo e della vita nova, Dante ricorre molto spesso
al linguaggio comico nella tenzone con Forese Donati alla lode si sostituisce il vituperio (ingiuria).
Poco dopo sperimenta le cosiddette rime petrose, che rappresentano un rovesciamento totale dal punto
di partenza.
Lo sperimentalismo dantesco trova la sua più alta forma di espressione nella commedia, poema che
può essere considerato la summa delle conoscenze dell’uomo tra il XIII e il XIV secolo/nel Medioevo.
Sul piano metrico Dante recupera la sestina dal provenzale Arnaut Daniel, e inventa la terzina (metro
della commedia).

Il plurilinguismo
Un’altra caratteristica dell’opera dantesca è il plurilinguismo il poeta usa nello stesso testo lingue o
dialetti differenti l’esempio più calzante è rappresentato dalle terzine provenzali inserite a chiusura
del canto XXVI del Purgatorio, con le quali Dante dimostra di saper utilizzare con destrezza la lingua
dei trovatori.
L’occasione per dimostrarlo gli è offerta dall’incontro con un personaggio, che rivela di essere Arnaut
Daniel in lingua d’oc.
Nella commedia egli fa anche ricorso all’utilizzo di espressioni proprie dei dialetti delle persone che
incontra man mano.

Uno tra i migliori esempi di plurilinguismo dantesco è la canzone “ah, falso riso, perché avete
ingannato?” sul piano del contenuto è una canzone d’amore, ma per scriverla Dante utilizza quella
che lui stesso definisce “lingua trina”, perché alterna lingua d’oil, latino e italiano seguendo un
preciso schema secondo il quale ogni strofa inizia e finisce con una lingua diversa.
Lo sperimentalismo linguistico ha portato alla creazione di numerosi neologismi, specialmente nel
paradiso, perché per descrivere l’esperienza paradisiaca non bastano parole già esistenti.
Il volgare
Dante è il primo scrittore italiano a porsi il problema dell’utilizzo di una lingua unitaria vulgaris
illustris.
Il de vulgari eloquentia si apre con l’affermazione che la lingua volgare sia più nobile del latino la
concezione di inferiorità del latino deriva dalla convinzione medievale che questa lingua fosse
artificiale, creata dai dotti per comunicare tra loro.
Per comprendere il pensiero linguistico di Dante e dei poeti a lui contemporanei, è importante
comprendere la coppia “artificialis/naturalis” la lingua naturale precede quella artificiale, al punto
che i dotti costruiscono il latino basandosi sul vocabolario delle lingue volgari concezione rovesciata
dalla scientifica moderna che ha dimostrato che le lingue volgari derivassero dal latino, e non il
contrario.
Nel convivio, però, Dante spiega di aver preferito il volgare al latino perché voleva rivolgersi a tutti
coloro che, pur essendo desiderosi di accrescere le proprie conoscenze, non conoscono il latino.

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