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LEZIONE 11

Questa è la prima delle quattro poesie che Montale pubblicò nella rivista Botteghe oscure nel dicembre
1948. Le prime quattro sono esattamente quelle che vediamo qui: So che un raggio di sole, hai dato il
mio nome a un albero?, se t’hanno assomigliato e le processioni del 1949 (Le processioni del 1949 non
avevano titolo, quindi cominciavano con lampi d’afa sul punto del distacco e c’era un sottotitolo fra
parentesi rotonde le processioni del ’49, senza 1949). Noi sappiamo anche che queste 4 liriche non
comparivano subito nella Bufera del 1956 perché nella Bufera del ’56 comparvero solo le processioni
del ’49, poi successivamente nell’edizione del ’61 della Bufera Montale aggiunse la terza poesia che
noi vediamo cioè Se t’hanno assomigliato e soltanto nel 1977 quindi 21 anni dopo la princeps della
Bufera si decide a pubblicare anche queste prime due liriche, quindi aspettando molto tempo, forse
aspettando anche che si fosse calmata l’eco mediatica che aveva avuto il suo rapporto con Marialuisa
Spaziani. Noi sappiamo che già nel ’49 queste quattro poesie erano a stampa tutte insieme in questo
ordine che poi ritroveremo soltanto nel ’77 nella Bufera e altro e con lo stesso ordine queste 4 poesie
erano previste in Romanzo, cioè in quell’elenco di poesie che Montale inviò a Giovanni Macchia.
Nell’indice di Romanzo c’era una sottosezione intitolata Nel segno del trifoglio. Il ’49 è l’anno
dell’incontro con Marialuisa Spaziani, avvenuto nel gennaio del 1949 e nel dicembre del ’49 queste 4
poesie erano già scritte e a stampa. Quindi sappiamo che in sostanza queste 4 poesie vengono pensate
come una cosa sola, non per nulla nella corrispondenza privata fra Maria Luisa Spaziani e Montale
queste 4 poesie vengono intitolate Carmina sacra e ognuna di queste ha un numero, sono esattamente
nella seriazione che noi vediamo oggi nella Bufera. Detto che queste sono le prime poesie che Montale
sono per Maria Luisa e detto che l’Opera in Versi di Montale (ed critica di Contini e Bettarini) non
aveva a disposizione il carteggio fra Montale e Maria Luisa Spaziani che fu acquisito dopo la morte di
Montale dal centro manoscritto dell’Università di Pavia, oggi possiamo avere qualche elemento in più.
Anche lei ha conservato tutte le lettere ricevute da Montale e qui siamo pieni di riferimenti a queste
poesie e anche di varianti inviate in anteprima a Maria Luisa Spaziani.
Questa prima poesia tratta dei baci scambiati con Maria Luisa, baci di nascosto, lo dice lui stesso
sempre nell’ombra, in vari posti e in particolar modo nel palazzo dove Maria Luisa abitava a Milano.
Maria Luisa aveva la famiglia a Torino dove si recava spesso e abitava a Milano. Il posto è l’androne
del palazzo dove Maria Luisa abitava. Il bacio nella nostra letteratura, nella nostra tradizione volgare
italiana, il gesto canonico che dà il via ai baci nella letteratura italiana è quello fra Paolo e Francesca
nel Canto V dell’Inferno (in cui c’è solo Francesca che parla mentre Paolo è il personaggio muto più
tragico della nostra letteratura che non parla mai “questi che mai da me non fia diviso, la bocca mi
basciò tutto tremante.” con iniziativa di Paolo.) L’iniziativa qui è di Maria Luisa rispetto a Eugenio, lo
dice lui stesso quando getti il volto contro il mio. Qui Montale si rifà a un topos da Dante in poi della
nostra letteratura, ma non usa il termine baciare o basciare della versione fonetica della Commedia. Usa
una perifrasi che è ancora più sensuale: getti il volto contro il mio, sembra quasi che lei si butti verso di
lui per baciarlo e lui quasi fosse una sorta di vittima più o meno innocente si facesse baciare da lei.
Inizia in maniera piuttosto forte questa sezione di Madrigali privati. Qui il bacio è visto come una sorta
di miracolo, il miracolo come lo intende Montale in tutta la sua opera: un gesto assolutamente fuori dal
normale che può capitare una volta ogni tanto, molto raramente e il bacio di lei è visto come un raggio
di luce nella vita di Montale. Una luce che si incarna in lei, nella donna e che potrebbe anche essere una
luce divina. Potrebbe perché Montale dice: So che un raggio di sole (di Dio?) questo bacio forse è un
miracolo divino. Come dice la Campeggiani: la parentetica “di Dio?” Da all’erotismo un’intonazione
mistica. È una cosa abbastanza nota e normale, se noi studiamo i testi mistici del Medioevo notiamo
che il linguaggio dei mistici è amoroso, erotico perché l’unione mistica in Dio è vista come un
amplesso, un’unione fisica fra la mistica (la donna) e Dio stesso. questo è un erotismo-misticismo del
tutto laicizzato. Questo erotismo sembra scadere verso il doppio senso osceno, cioè una possibilità di
interpretazione a doppio senso, specie dove si parla della rondine che diventa falco. In ogni caso
l’addio della sezione dedicata a Maria Luisa Spaziani non potrebbe essere più esplicito sui contenuti e
quindi quei madrigali privati vanno intesi anche come madrigali erotici.
Metrica: due quartine. La quartina è l’elemento metrico base per gli Ossi brevi degli Ossi di Seppia, per
i Mottetti delle Occasioni e qui ricompare. Siccome l’etichetta generale è “madrigali”, questo potrebbe
essere anche uno schema di madrigale, una doppia quartina. 8 versi formati tutti da endecasillabi e
quindi anche questo fatto ci riconduce a quella che è la misura metrica già petrarchesca anche se in
Petrarca il madrigale si esprime piuttosto in terzetti che non in quartine. Se mettiamo la brevità (il
madrigale antico di solito non ha più di 14 versi) e se mettiamo il fatto che sono tutti endecasillabi,
rientriamo nella casistica del madrigale antico. Mettiamo anche questo contenuto erotico, che è già in
Petrarca (è nei madrigali che Petrarca esprime quel minimo di sensualità che è presente nel
Canzoniere).
Nella prima strofa c’è una rima interna importante Dio (v.1)- mio (v.4). Nella seconda strofa e qui ci
avviciniamo di più allo schema dei madrigali, uno schema AB-AB, cioè di rime alternate: trifogli-
sciogli; palco-falco.
Parafrasi e commento:
Costruzione tipica di Montale che comincia con un’affermazione, in questo caso “so”, e poi prosegue
con un’ipotetica.
So che un raggio di sole (di Dio?) ancora può incarnarsi  so che un raggio di luce, forse addirittura
un raggio divino, può persino incarnarsi/può continuare a incarnarsi, cioè farsi carne, la luce che si fa
corpo.
se ai piedi della statua di Lucrezia getti il volto contro il mio gettare il volto contro il mio è l’atto del
baciare. I biografi hanno scoperto che questa statua di Lucrezia era una statua situata nell’ingresso del
palazzo milanese dove abitava lei, nella Via Cernaia. Statua di Lucrezia: evidentemente sarà stata la
Lucrezia romana, quella donna che si uccise per lo stupro subito da Tarquinio il Superbo. Però detta
così potrebbe essere anche Lucrezia Borgia, figlia del Papa. Quindi questa sezione del nome Lucrezia
rende ancora più ambigua l’atmosfera di questo madrigale. Questa statua
(una sera ella si scosse, palpebrò)probabilmente la prima sera in cui lei gettò il volto contro il suo,
sembra essersi scossa, sembra essere tornata in vita questa Lucrezia. Palpebrò: aprì e chiuse gli occhi
forse per la meraviglia di questo bacio che nemmeno la statua si aspettava.
Qui nell'androne come sui trifogli; qui sulle scale come là nel palco  piccolo elenco anche in anafora
qui-qui a cui c’è là del v6, quindi una serie di correlativi. Qui nell’androne: capiamo che la statua di
Lucrezia e il luogo del bacio è l’androne del palazzo, l’ingresso del palazzo. Qui come sui trifogli:
trifogli, entra il segnale di Maria Luisa. Di solito i trifogli sono dei prati d’erba e quindi evidentemente
altri baci ricevuti all’aria aperta. Anche nella poesia seguente ricompare il trifoglio, segnale di Maria
Luisa. Quindi tanto qui nell’androne ci baciamo, così come sui trifogli quindi all’aperto
Qui sulle scale prima che tu possa salire le scale del tuo palazzo.
Come là nel palco questo palco è qualcosa di diverso dal palazzo. È un altro luogo: è il palco del
Teatro Carignano di Torino dove si erano conosciuti. Montale era stato al teatro a tenere una
conferenza e lì la giovane poetessa Maria Luisa era stata presentata a Montale. era stato un luogo legato
al loro rapporto.
sempre nell’ombra interessante questa designazione che sembra quasi sottolineare come il loro
rapporto sia un rapporto clandestino. Ricordiamo che Mosca è sempre viva. Quindi sempre nell’ombra
perché almeno all’inizio il loro è un rapporto clandestino, cosa che durerà pochissimo.
perché se tu sciogli quel buio la mia rondine sia il falco  infatti (perché) se tu cancelli (sciogli) quel
buio (cioè l’ombra in cui loro due si trovano, l’ombra dei loro incontri, se tu riesci a cancellarla) la mia
rondine diventa un falco, con riferimento generico al fatto che Montale può auspicare il volo alto come
il falco. Quindi lui che è una rondine diventa un falco. Se ricordiamo nella poesia Sulla greve al v4
Montale ha parlato del volo nero di una rondine che probabilmente nasconde un doppio senso di tipo
sessuale. Il fatto che la rondine diventi un falco e quindi possa volare in alto, possa ergersi, sottolinea
l’aprirsi del desiderio. Siamo molto lontani da un altro falco, sempre Irma, in finale di poesia, degli
Ossi di Seppia. Uno degli Ossi brevi che inizia con spesso il male di vivere ho incontrato fa un elenco
di cose negative dove esiste il male di vivere, ma poi finisce anche con una serie di elementi che
possono essere positivi e l’ultima immagine è quella del falco che si alza alto nel cielo e in questo
modo può volare e vedere dall’alto i mortali. Quell’immagine era positiva, qui torna il falco ma in
senso privato. Quindi ad essere neutri, cioè non volendo insistere troppo sul doppio senso questa frase
perché se tu sciogli quel buio la mia rondine sia il falco possiamo leggerla affinché la mia sensualità si
risvegli e diventi aggressiva, con riferimento più generale al fatto che lui è abituato a essere rondine
grazie a lei e ai suoi baci può diventare un falco. Visto anche l’andazzo di tutti questi madrigali privati
non possiamo però prescindere dall’altra interpretazione che ci riconduce a un doppio senso.
Hai dato il mio nome a un albero?
Anche questa poesia segue le stesse orme della precedente: fa parte di quelle quattro poesie pubblicate
in Botteghe Oscure e che fin dall’inizio danno vita al nucleo di Carmina sacra per Maria Luisa. La data
di questa poesia si può ricavare da un dattiloscritto presente nel fondo Spaziani dell’Università di
Pavia. La lirica ha la data 29 maggio 1949 e presenta alcune varianti rispetto al testo pubblicato in
Botteghe oscure, per esempio al v6. sovrumana con cui parlasti al rospo uscito dalla fogna prima di
rospo c’era topo, sempre per indicare un animale che fa ribrezzo. Scrivendo a Maria Luisa, Montale
dice “mi sono accorto di aver utilizzato troppe volte nella mia poesia il topo e quindi lo sostituisco con
il rospo.” La lirica parte dall’identificazione di Montale con un albero. Questo albero è quasi
certamente il ciliegio di cui Montale ci parla in altre poesie ed è un ciliegio che si trovava nel giardino
della casa torinese di Maria Luisa. Chi è che ha dato il nome a un albero di ciliegio è stata Maria Luisa.
A questa iniziativa di lei, lui in questa poesia risponde identificando a sua volta la donna con tutta la
natura, cioè dando il nome di Maria Luisa a molti aspetti che vengono elencati qui, una serie di
crescendo inarrestabile cioè se io sono il ciliegio, tu puoi essere questo, puoi essere quest’altro ecc.
quindi ribattezza alcuni aspetti naturali con lei. In questo modo riconosce il ruolo di ricreatrice di tutte
le cose a lei, quasi fosse un nuovo Dio. Chi è che crea le cose? Le crea Dio. Nominandole queste cose
possono essere ricreate. Quindi chiamare un tronco, un fiume o altro con il nome di Maria Luisa
significa rinominarlo e quindi ricrearlo. Come dire che Maria Luisa ha riempito la vita del poeta e tutto
quello che gli sta attorno. L’ha ricreata. Al v6 (in cui si parla di rospo) sembra quasi che si presenti o
che Montale recuperi la storia del brutto anatroccolo dei fratelli Grimm, anatroccolo che visto brutto
viene rifiutato dagli altri. Dice: parlasti al rospo uscito dalla fogna, senza orrore o pietà o tripudio 
quindi lei è stata capace di unirsi a questa brutta creatura e in questo modo lui, il rospo, ha potuto
risorgere grazie a lei. Lei che non ha mostrato verso di lui che proveniva dalla fogna né orrore, cioè
schifo, né pietà o passione, né tripudio, né ha voluto presentare questo legame con Montale come una
specie di vittoria da parte della giovane poetessa sul noto autore. Quindi è la sottolineatura di come
anche il principe-rospo possa trovare il principe. Ancora una volta anche qui come già nella precedente
poesia, che forse per questo non era stata pubblicata nella Bufera e altro fin dall’inizio, si insiste
sull’eros dei baci nonché sull’immagine di lei e di lui distesi su un prato che si baciano sotto una
quercia che secondo la tradizione antica proteggeva dai fumi. Quindi anche la quercia è il nuovo antro
protettivo montaliano, solo che non è più la magnolia che ci indirizzava verso Irma, ma qui il nuovo
albero è la quercia. Qui abbiamo una lunga strofa di 13 versi in gran parte endecasillabi. L’inizio è un
inizio non regolare: il primo è un tredecasillabo, il secondo è un doppio settenario e poi abbiamo un
alessandrino al verso 7 e al v10 la punteggiatura ci aiuta a recuperare i due settenari. Ci sono diverse
rime, quindi anche qui torniamo verso la struttura del madrigale. I versi sono in tutto 13 (abbiamo detto
madrigale antico max 14 versi endecasillabi). Abbiamo 9 endecasillabi in 13 versi e diverse rime anche
interne. La prima rima: poco v1-gioco v5, giuoco v13, questa è un po’ la rima portante. V9 riesce-v13
cresce, è una rima esposta perfetta. Ultimo verso: qui ci sono 3 parole su cui si scaricano 3 rime perché
trifoglio fa rima con scoglio, fuoco fa rima con gioco e poco e cresce fa rima con riesce. Quindi sembra
quasi un recupero con una sestina (nella sestina c’è un congedo in cui si recuperano tutte e 6 le parole
della sestina stessa). Qui sembra quasi che Montale nell’ultimo verso faccia una sorta di ripresa delle
principali rime di questa poesia. sottolineiamo anche un’altra rima: crudo v4-tripudio v8. Se
consideriamo tripudio quadrisillabo avremo una rima ipermetra, imperfetta.
Commento e parafrasi:
Hai dato il mio nome a un albero? Non è poco  frase interrogativa semplice, colloquiale, non c’è
nulla di particolarmente rilevato.
pure non mi rassegno a restar ombra, o tronco, di un abbandono nel suburbio eppure non mi
rassegno, dice, a essere semplicemente un albero, cioè a restare ombra o tronco (parte dell’albero) di un
abbandono nel suburbio. Suburbio: sono i sobborghi della casa di lei di Torino. di essere abbandonato
nel suburbio. Abbandono: in senso passivo, è lui che subisce l’abbandono di lei. Di essere abbandonato
come il ciliegio che sta da solo nei sobborghi.
Io il tuo l’ho dato a un fiume, a un lungo incendio, al crudo gioco della mia sorte  io il tuo nome l’ho
dato a un fiume, a un lungo incendio (da intendersi in senso metaforico, anche se potrebbe essere pure
un incendio reale a un fuoco che non si estingue, che brucia a lungo ed è l’amore passione. Quindi
passiamo da elementi concreti di fiume a elementi che possono essere concreti ma anche astratti come
l’incendio). Al crudo gioco della mia sorte: al gioco crudele della mia sorte il mio destino, dice
Montale, mi ha fatto uno scherzetto crudele. Come a dire che mi sono innamorato alla mia età di una
giovane che ha metà dei miei anni.
[do il tuo nome], alla fiducia sovrumana con cui parlasti al rospo uscito dalla fogna  la fiducia è la
fides, è la parola data, quindi d’amore. Questo amore sovraumano, anche lei comincia a essere vista
come una creatura non umana, come già avveniva per Irma. È un amore molto terreno e questa fides
che tu hai dato a me è la fede che tu hai dato al rospo, animale riluttante, uscita dalla fogna.
[ e tu mi hai amato], senza orrore [=schifo] o pietà [=compassione] o tripudio [= senza compiacimento
per il fatto che tu mi hai conquistato],
[e do il tuo nome] al respiro di quel forte e morbido tuo labbro (ecco di nuovo le labbra della poesia
precedente. Questa volta è il tuo labbro, che è più sensuale, ed è legato ad aggettivo come forte e
morbido. Quindi il suo bacio è un bacio deciso, volitivo come il suo carattere, ma allo stesso tempo è
morbido.
Quel tuo labbro che riesce nominando, a creare  è un’attività quasi divina: la possibilità attraverso il
nome di ricreare le cose. Nella Bibbia è Dio che crea e ricrea attraverso la parola, qui Maria Luisa è
quasi un nuovo Dio che riesce a rinominare tutte le cose e quindi a dare una nuova vita alle cose, al
rospo, al fiore, all’erba, allo scoglio.
rospo fiore erba scoglio ricorda alcuni degli elementi che vengono ricreati, rivitalizzati da lei. Poi
c’è un trattino.
quercia pronta a spiegarsi su di noi anche la quercia è Maria Luisa, è rinominata dal poeta. Pronta a
ripararci (spiegarsi su di noi)
quando la pioggia spollina i carnosi petali del trifoglio e il fuoco cresce  spollinare (verbo
tipicamente riferito ai volatili, in particolar modo ai polli) è un verbo raro che significa propriamente
liberarsi con il becco. I polli si spollinano cioè beccano i pidocchi pollini che hanno sul corpo. Ci sono
dei pidocchi tipici dei polli che si chiamano pidocchi pollini, da cui spollinarsi si intende il pollo che
cerca di liberarsi dai pidocchi che ha su di sé con il becco. È un termine tecnico relativo a un bestiario
montaliano). La pioggia spollina: la pioggia becca, colpisce, i carnosi petali del trifoglio. Trifoglio:
segnale di Maria Luisa Spaziani, non per nulla i suoi petali vengono chiamati carnosi con riferimento al
corpo di lei, quindi un riferimento sensuale.
E il fuoco cresce il fuoco d’amore, della voglia reciproca che unisce i due. quindi l’immagine finale è
un’immagine ossimorica perché si parla di una pioggia che cade su di loro e che fa crescere il fuoco,
anziché spegnerlo. Quindi è un’immagine erotica, sensuale de due che sono sotto una quercia per
ripararsi dalla pioggia e che sotto la pioggia possono abbracciarsi. La loro vicinanza sotto la quercia fa
sì che cresca il loro desiderio.

Se t ’hanno assomigliato…
È una poesia che ha un titolo legato all’incipit, diversamente dalle due precedenti. È una poesia che
compare nelle Botteghe Oscure nel dicembre del ’49 con le altre tre. Questa ha nelle carte private del
carteggio fra Maria Luisa e Montale ha il numero 3. Entra nella Bufera a partire dalla seconda edizione
Milano, Mondadori, 1957. Nel dattiloscritto Carmina Sacra ha la data 28 maggio 1949. Il poeta torna
sulla nominazione di lei, poesia precedente tu hai dato il nome ad un albero e io lo do a tante altre
cose. Quindi si parte ancora sulla nominazione legata al nome Maria Luisa, però questa volta la
nominazione riguarda i soprannomi che lei ha, che qualcuno ha attribuito a Maria Luisa che è quello di
Volpe. Da qui capiamo che volpe non è una connotazione montaliana, ma è un soprannome che Maria
Luisa aveva già ottenuto da qualcuno che Montale poi definiva cieco.
Lungo periodo in cui si ricorda e si contesta il nome di Volpe che qualcuno le ha affibbiato. Montale
risemantizza il nome volpe, ma anche lo dimostra sfuocato cioè non perfettamente coincidente con le
caratteristiche che lui conosce e riconosce a lei. In fin dei conti l’unico in grado di capire fino in fondo
la volpe è il poeta. Nel criticare il nome di volpe, Montale si appiglia ad altre nominazioni, di altre
proposte di soprannome che però sono ancora più degradanti in senso animalesco, che sono ancora più
feline rispetto a volpe (es: donnola con gioco donnola-donna). Qui Montale sembra divertirsi a
sottolineare certi tratti davvero animali, felini di Maria Luisa. Montale qui rivela una specie di rito di
iniziazione amorosa avvenuto fra i due, è un rito di cui Montale parla varie volte anche nelle lettere che
scrive a Maria Luisa ed è un rito che consiste in una sorta di battesimo laico. Montale, nella cattedrale
di Torino (quindi addirittura in un luogo sacro, infatti sono Carmina Sacra forse anche per questo
perché hanno inizio da una sorta di Chiesa come capitava a molti poeti antichi). Questo rito della
Chiesa è una sorta di rito profano, forse blasfemo, per cui lui traccia sulla fronte di lei un segno della
croce che di solito viene tracciato dal sacerdote nei battesimi, ma anche nell’estrema unzione. Quindi il
segno viene chiamato per questo croce cresima incantesimo jattura voto vale perdizione e
salvezza accumulazione sostantivale. Questo segno di croce è una croce come una sorta di battesimo,
quindi di iniziazione all’amore. È anche cresima, un altro sacramento tipico dei cristiani che rafforza la
fede, in questo caso l’amore. Incantesimo: ci riconduce a un rito apotropaico, una specie di croce fatta
per scongiuro, per scaramanzia. Jattura: scritto con la j come si faceva un tempo (la jod viene scritta
con la i lunga), è una sciagura. Quindi questo segno potrebbe essere anche foriero di sciagure. Voto: nel
senso di ex voto, una specie di pegno. Vale: termine latino, saluto latino, qui è un saluto estremo quindi
qui questo vale indica il segno dell’estrema unzione. Perdizione e salvezza: questo segno potrebbe
essere al tempo stesso inferno e paradiso per i due. Un mix di paganesimo e cristianesimo, un gesto
irridente nei confronti della religione da parte di chi cattolico e nemmeno religioso era. Con questi gesti
sembra che Maria Luisa sia accolta da Montale sacerdote alla religione dell’amore. Questo ruolo di
sacerdote, non è tanto Montale che officia quanto lei quindi l’adepta a questo Dio dell’amore è lei, ma
al tempo stesso è anche la dea di quella religione. È come se fosse fedele (lei), ma anche colei che
comanda quella religione, quel legame. Quindi adepta e dea al tempo stesso. Questa religio è
naturalmente molto meno sacrale rispetto a quella che legava Eugenio a Irma. Sicché possiamo anche
leggere quegli ultimi versi di questa poesia confrontandoli con altri versi simili di una poesia
fondamentale per Irma che è la prima poesia della Bufera e altro (La Bufera).
Ultimi versi di questa lirica: dove seppellirò l’oro che porto, dove la brace che in me stride se,
lasciandomi, ti volgi dalle scale?--> è il momento in cui lei lascia lui e si gira a guardare Montale e
Montale si sente quasi lasciato solo.
Ultimi versi della BuferaCome quando ti rivolgesti e con la mano, sgombra la fronte dalla nube dei
capelli, mi salutasti – per entrar nel buio.
C’è in ambedue un saluto legato a un rivolgersi di lei, però Clizia entra nel buio e sparisce per sempre
(mi salutasti per entrare nel buio), mentre Volpe sembra svolgere un gesto abituale (ti volgi è un
presente che si può definire quasi ripetitivo, abituale. Quindi questo gesto si ripresenterà altre volte,
non un’unica volta com’era successo nella Bufera). Irma sparisce, Maria Luisa no, anche se il gesto di
girarsi mentre sale le scale colpisce al cuore del poeta.
Metrica: unica strofa di 30 versi, unico periodo accumulativo e c’è anche un’anafora fra il v1 e il v15.
C’è anche un punto interrogativo finale: è un clone metrico-strutturale dell’anguilla unico periodo,
frase che termina dopo trenta versi con l’interrogativa e al v1 e v15 l’anafora. L’interrogativa qui non è
l’interrogativa retorica come nell’Anguilla, qui l’interrogativa è vera. Dal punto di vista del tipo di versi
qui siamo di fronte a endecasillabi e settenari con qualche ipermetro come al v24. Al v20 abbiamo un
ipometro (verso endecasillabo che manca di una sillaba). V12 è brevissimo: perché Montale qui si
accontenta di un quaternario? Va detto che il quaternario è un residuo di un settenario, cioè prima della
prima redazione c’è un settenario. Ci sono molte rime. È importante quella imperfetta fra i vv.23 e 24 e
anzi fra due parole che sono contigue, anche se in enjambement (cresima-incantesimo). Abbiamo una
quasi rima –esima- esimo fra parole sdrucciole. Ci sono anche alcune rime facili tipiche del parlato:
assomigliato v.1 è una rima participiale che rima con selciato che non è una participiale e prato v6 che
è una rima esposta. Al v3 prodigiosa che rima con il v9 luminosa (rima interna), al v3 volo e al v8 solo,
rima fra due versi vicini 16-17 biondo-mondo, poi alla fine vale-scale che è una rima famosa in –ale
che soprattutto Leopardi ha reso immortale.
Commento e parafrasi:
Se t ’hanno assomigliato alla volpe soggetto impersonale, non detto. Quindi è un qualcuno, che non
sono io, che ti ha assomigliato alla volpe. Questo qualcuno ai vv.19 e 21 sarà chiamato cieco perché
non ha saputo vedere fino in fondo che cosa poteva significare questo soprannome volpe, diversamente
da quanto il poeta vede. Quindi gli altri sono ciechi, il poeta no, secondo una situazione abbastanza
solita in tutta l’opera di Montale per cui Montale è diverso dagli altri. In uno dei Mottetti ti libero la
fronte dai ghiaccioli, Montale è chiuso dentro una casa con lei angelo che è appena disceso dal cielo e
gli altri uomini fuori dalla stanza non sanno, Montale sa e gli altri non sanno. Questa è una situazione in
cui gli altri hanno dato un soprannome quasi a caso, mentre Montale sa esattamente di cosa si parla.
Sarà per la falcata prodigiosa forse sarà (è un’ipotesi che fa Montale) per il passo (falcata) molto
veloce. È un modo di camminare veloce, infatti poi dice pel volo del tuo passo quando lei cammina
sembra quasi volare, anche se volo è più un attributo di Clizia che quello di una volpe. La volpe può
volare perché va veloce. Il volo del tuo passo
Che unisce e che divide, che sconvolge e rinfranca il selciato quindi addirittura è così forte, deciso,
volitivo il suo camminare che il selciato, quindi i sassi, sopra cui si posano i piedi di lei, sembrano
quasi ogni volta dividersi e poi unirsi sotto la forza dei suoi passi. Dice in sostanza quali sono i luoghi
dove lei passa sul selciato e lo sconvolge:
(il tuo terrazzo, le strade presso il Cottolengo, il prato, l’albero che ha il mio nome ne vibravano felici,
umidi e vinti) il Cottolengo è un riferimento diretto a Torino. è un istituto per disabili molto noto
fondato da don Cottolengo e poi diffusosi in altre parti di Italia. Quindi lei abita vicino al Cottolengo.
Su questo Cottolengo, Montale nelle varie redazioni del testo fu molto dubbioso. Come aveva già
eliminato Via Cernaia, avrebbe dovuto eliminare anche il Cottolengo, ma poi scrivendo a lei su input
della stessa Maria Luisa decide di lasciarlo. Nella prima redazione la parola era: le strade presso
l’ospizio.
il prato, l’albero che ha il mio nome ne vibravano felici, umidi e vinti anche qui tornano immagini
che abbiamo già visto nelle due poesie precedenti: il prato del trifoglio, l’albero che ha il mio nome è il
solito ciliegio. Anche loro vibrano al passaggio di questa creatura (che sembra una creatura angelica di
per sé, anche se il nome viene riferito a una volpe). Vibravano felici, umidi e vinti: erano felici di
sentire questa vibrazione, questa forza che è una forza fisica del passo di lei. Quindi anche queste
creature sembrano godere di desiderio quando passa lei e questo passaggio fa degli effetti comparabili
con quelli che fa il messo divino (l’angelo) inviato da Dio nel canto 9 dell’Inferno per far in modo che i
diavoli delle città di vite apra le porte della città a Virgilio e Dante. Arriva un messo celeste il quale ha
un passo, sembra volare, e crea quasi un terremoto in tutte le cose. Quindi se t’hanno assomigliato alla
volpe sarà per il modo di camminare o altra ipotesi:
– o forse solo per l’onda luminosa che diffondi dalle mandorle tenere degli occhi per l’astuzia dei tuoi
pronti stupori l’onda di luce che diffondi dai tuoi occhi. Ha gli occhi a mandorla. Dal punto vista del
mito classico è Venere che ha gli occhi a mandorla, simbolo di grande bellezza. O forse sarà perché
negli occhi ricordi una volpe oppure perché i tuoi pronti stupori dimostrano astuzia. La volpe è sempre
stata simbolo di astuzia nelle favole antiche. I pronti stupori sono: pronti, rapidi, maliziosi, colei che
finge di stupirsi e quindi è astuta come una volpe. Questo è un aspetto più che fisico, del carattere.
Oppure ti si può definire volpe:
per lo strazio di piume lacerate che può dare la tua mano d’infante in una stretta  non è chiaro cosa
c’entri questo aspetto con la volpe in sé. Letteralmente dice: per il dolore come di ali che si rompono
che può dare quando tu stringi con la tua mano piccola, infantile qualcuno. Hai una mano piccola, ma
sembri dare una scossa. Quindi lo strazio di piume lacerate è un elemento che sembra ripetersi dal
cliché di Clizia. Clizia nei mottetti come in Ti libero la fronte dai ghiaccioli…presenta al v3 penne
lacerate. È un riferimento a un dettaglio fisico. È un elemento già entrato nella fisionomia di Irma e che
qui Montale ripete un po’ meccanicamente.
Se t’hanno assomigliato: riprende al v15 l’anafora del verso iniziale. a un carnivoro biondo: cioè la
volpe. Biondo qui sta per rossiccio e probabilmente scuri e rossicci erano anche i capelli di lei.
al genio perfido delle fratte: le fratte sono i cespugli e quindi la volpe è vista come una sorta di genio
perfido, traditore, sleale, così come rappresentata nella letteratura favolistica. Quindi: se ti hanno
assomigliato al carnivoro biondo, al carnivoro geniale ma traditore e sleale che vive nei cespugli.
(e perché non all’immondo pesce che dà la scossa, alla torpedine?)  e perché non avrebbero dovuto
assomigliarti alla torpedine e quindi chiamarti non volpe, ma torpedine? È un immondo (ripugnante)
pesce (torpedine) che dà la scossa evidentemente con riferimento proprio alla stretta della sua mano
che sembra quasi dare una scossa. Allora potevano chiamarti, dice, torpedine.
[se ti hanno assomigliato alla volpe] è forse perché i ciechi non ti videro sulle scapole gracili le ali  è
forse perché gli altri, quelli che ti hanno chiamato volpe, i ciechi opposti al poeta che cieco non è, non
hanno visto che tu hai anche le ali, cioè sei capace di volare, non come l’animale terreno. Sei anche un
angelo. Quindi sembra quasi una volpe-angelo. Scapole gracili: perché la sua figura fisica è minuta,
come minuta è la sua mano.
Perché i ciechi non videro (notiamo l’insistenza su ciechi) non videro il presagio della tua fronte
incandescente non hanno visto la premonizione della tua fronte che scotta. È la febbre d’amore. Il
fatto che tu sai amare, sai onorare e quindi la fronte che scotta è un presagio dell’amore.
[questi che non hanno visto] il solco che vi ho graffiato a sangue è il riferimento a quel rito, questa
specie di croce battesimale che Montale porta sulla fronte di lei. Un rituale avvenuto nella cattedrale di
Torino, ma stando alle lettere di Montale a lei, sarebbe avvenuto anche un’altra volta durante un
viaggio a Certaldo. Questo segno di croce irriverente con cui Montale accoglie lei come adepta, lei che
oltre che essere adepta è la dea del culto di se stessa. Quindi c’è una sorta di rovesciamento anche da
questo punto di vista.
croce cresima incantesimo jattura voto vale perdizione e salvezza  visto sopra. Jattura: scongiura o
sciagura. Perdizione e salvezza: inferno e paradiso che possono essere dati da lei.
[i ciechi] se non seppero crederti più che donnola o che donna  se non hanno saputo o capito che tu
prima che essere una donnola cioè un animale felino, (donnola qui vale per volpe) sei una donna
Con chi dividerò la mia scoperta  il fatto che io so che tu sei una donna prima di essere una donnola,
o sei una donna-donnola con chi dividerò la mia scoperta che ha fatto solo lui perché gli altri sono
ciechi.
Dove seppellirò l’oro che porto questo amore nascosto è l’oro che porto dentro di me. Questo tesoro
che è l’amore di lei (notiamo la serie fonica –or seppellirò, oro, porto)
Dove [seppellirò] la brace che in me stride [il fuoco che in me stride come quando si getta l’acqua sul
fuoco. Quindi è un fuoco che dentro di sé brucia] se, lasciandomi, ti volgi dalle scale? [quando tu mi
lasci per poi tornare, ti giri indietro a guardarmi dalle scale?]. a chi potrò dire il sentimento che porto
per te, in particolar modo quando tu stai per lasciarmi? Quindi è una sottolineatura dell’aspetto non solo
bestiario, felino di lei e di questo soprannome che è stato appioppato a lei, ma anche del fatto che lei è
un angelo, è una donna e questo lo sa solo il poeta.

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