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Iride
Poesia pubblicata per la prima volta nella rivista poesia nel maggio 1945. In calce a questa
poesia le date 1943-1944. Questa poesia finisce nella seconda edizione di finisterre del 1945
come ultima poesia deella sezione tewrza intitolata utilme. In finisterre c’è una nota di montale.
è la prima delle note che susseguiranno nelle varie edizioni il personaggio è quello del mio
giglio rosso, in particolare e di tutta la serie di finisterre [Clizia], ma con nuovi motivi. Èp una
poesia che ho sognato e trascritto, ne sono forse più il medium che l’autore [medium: qualcuno
che fa da tramite fra lui e il sogno, quasi un’altra persona rispetto a Montale]. poi c’è anche la
nota più o meno analoga nella bufera e altro--> aggiunge ritorna (questo personaggio) in
primavera hitleriana in varie silvae anche con il nome di clizia (questa è l’unica sezione in cui si
fa il nome di clizia per due volte) e ritorna nel piccolo testamento. Già si era incontrato nelle
occasioni ?? cita i mottetti e le nuove stanze perché delle reminiscenze dei mottetti e delle nuove
stanze sono presenti in iride. Quindi una serie di simboli che lui traduce nella lingua normale da
una lingua inesistente. Siamo di fronte a un avvertimento particolare per questa poesia che ha un
certo passo di opacità critica, cioè difficoltà di penetrare nel significato.
Ricaviamo che Iride è Clizia dunque Irma e anche per affinità del suono iniziale (ir di Iride è la
stessa ir di Irma). La poesia è come sognare, è una poesia onirica. Montale in un’altra sua
esplicitazione sulla poesia ha detto altre poesie propriamente oniriche non ho scritto, quindi
sottolinea la necessità visiva o visionaria di questa poesia. montale ci viene in parte in aiuto
nella sua intervista immaginaria siamo nel 1946 in chiave terribilmente in chiave (= è
cifrata, bisogna trovare la chiave per trovare la poesia, bisogna trovare l’interpretazione del
sogno) tra quelle aggiunte c’è iride nella quale. N iride la sfinge delle nuove stanze (Occasioni)
che aveva lasciato l’oriente per illumnare i ghiacci e le brume del nord torna a noi come ??. qui
in questa poesia irma assume quel ruolo difinitiva cioè il simbolo del sacrificio cristiano, di una
divinità che si sacrifica per la salvezza di tutti gli uomini. E chi la riconosce è il nestoriano. Il
nestoriano: è un eretico, la chiesa riconobbe la dottrin di nestorio come eretica, ed è lo stesso
montale. Notiamo il gioco di paroel: montale che non crede in una fede liberata definirsi un
eretico rispetto a una religione ufficiale può andare bene o no. Nestoriano: se noi eliminiamo
l’ultima sillaba e prendiamo solo nestoria, è l’anagramma di arsenio che è l’altro nome degli
ossi di seppia di eugenio. Quindi è un altro alter ego di Montale. nestorio era un patriarca di
costantinopoli, siamo nel V secolo d.C, la sua dottrina consisteva nel fatto che per lui in cristo le
due nature, quella dell’uomo e quella di dio, non sono unite, ma separate, sono compresenti in
cristo la natura umana e divina, ma non comunicanti. Per la chiesa invece sono un’unica cosa. In
questo modo l’eresia nestoriana arriva a negare la divinità di Cristo, quindi il suo essere prima di
tutto uomo. Nestorio-Eugenio è l’eretico, colui che sta al di fuori della chiesa di ogni religione
che riconosce la duplice natura di clizia che è il nuovo cristo. La natura divina, in questa poesia,
separata dalla natura umana. La poesia in rivista è datata 43-44, gli anni più difficili della guerra
e anche questo dovrà essere tenuto presente rispetto alle poesie post-guerra precedenti. Qui
torniamo all’interno di un momento: quello della bufera, tra i più tragici della storia dell’umanità
e in particolar modo della storia personale di eugenio. La poesia si può dividere in due parti,
Montale l’ha divisa in due parti con tre asterischi. La prima parte: l’ambientazione è quella
dell’estate di san martino, siamo in novembre, di solito è una stagione che conduce verso
l’inverno, però c’è una sorta di ritorno del sole. Estate di san martino con ricordo di lei. È un
ricordo fragilissimo che non riconsegna il poeta all’amata. La seconda parte: c’è la presa di
coscienza dfa parte dell’io del distacco definitivo dall’amata. Lei è presa dalla sua missione,
cioè quella di continuare il sacrificio di cristo x la salvezza dell’umanità. Quindi l’amore-
passione dell’io verso il tuo, amore passione anche sessuale terreno, si trasfigura in amore-
caritas. Iride diventa in questo modo una figura di morte per il poeta e risurrezione per
l’umanità. Titolo: questa variante Iride ritorna al v31 come Iri. Iride: nome proprio di donna.
iride anche iris, nel mito iris è una personificazione dell’arcobaleno. L’arcobaleno parte dalla
terra e raggiunge il cielo quindi è un segno di congiunzione fra terra e cielo. Iride nel mito è la
messaggera degli dei, specie di Giove. Nell’antico testamento l’arcobaleno è simbolo
dell’alleanza degli uomini con dio. Iris è anche un fiore, il giglio rosso di firenze è latinamente
iris florentina e svolge qui una funzione simile al giglio rosso, non per nulla l’ha citata in quella
nota. Iride è un personaggio complesso in cui ritornano o confluiscono varie componenti: quella
personale più diretta legata alla metafora a chi a che cosa Irma rappresenta, ci riconduce alla
guerra. Quindi siamo nel pieno della simbologia della bufera e altro. La poesia ha una struttura
particolare perch+ oltre ad essere divisa in 2 parti, sono 3 strofe nella prima parte e 3 strofe nella
seconda parte. 3 strofe che hanno tutte 7 versi. Dal punto di vista metrico possiamo chiamare
questa poesia stanze con riferimento al fatto che ogni strofa ha lo stesso numero di versi delle
altre. Alla fine c’è un’aggiunta di un verso più altri due, quindi dopo l’ultima strofa di 7 versi si
arriva a un’aggiunta isolata di un altro verso più un distico finale. Possiamo parlare quasi di un
congedo, allora queste stanz ci riconducono anche a una sorta di canzone divisa in 6 stanze, più
una parte finale conclusiva. Nella prima parte dominano endecasillabi e qualche settenario con
qualche varatio per esempio v8 è ottonario. Il v12 è alessandrino. Il v21 è il più breve è un
quaternario. Nella seconda parte: abbiamo vari endecasillabi e 33 e 42 settenari. Il v26 è un
novenario. Poi il congedo è formato da tre endecasillabi. Ci sono molte rime anche interne e
significative: la rima portante della prima parte è difficile e lunga in –ario (ontario v3-sudario
v6-ossario v10-rosario v18), è la rima che fa da ossatura e detta con precisione i termini tematici
della prima parte. Il legame fra le due parti è dato da una rima interna che è nestoriano e soriano
v23. Il testo è ricco di ripetizioni, è uno stilema che torna spesso in SIlvae e i vv 29 30 la frase
viene ribaltata alla fine. Ci sono vari versi che eccedono l’endecasillabo: nell’ultima stanza a
cominciare dal v36 è un tredecasillabo, 37 e 39 sono un quinario più ottonario, 39 endecasillabo
più bisillabo.
PARAFRASI E COMMENTO: