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LEZIONE 12

LE PROCESSIONI DEL 1949


Di questa poesia possediamo una redazione dattiloscritta senza titolo in una lettera a Contini del
giugno 1948. Poi questa poesia fu pubblicata come le altre 3 che abbiamo visto in Botteghe
oscure nel dicembre del 1949. Sono i 4 titoli che sappiamole processioni del 49. Anche questa
poesia come già le precedenti si denomina dagli incipit. C’è una variante nel dattiloscritto
inviato a Contini e c’è un sottotitolo diverso non è le processioni del ’49, ma era Oltre il Po.
l’oltre il Po ci riconduce alle colline fuori Torino, cioè a una collocazione coerente con Maria
Luisa Spaziani. Infatti nei vv 4-5 prime rampe della collina le colline sono quelle fuori
Torino. Sempre nella lettera a Contini, Montale confessa a Contini questa cosa: ho scritto una
poesia contro la Madonna pellegrina (recente mascherata italiana). Si tratta di un rito cattolico:
di portare nelle processioni santa Maria, che è una cosa che si fa da secoli in Italia, ma in
particolar modo in quel periodo aveva assunto un velo speciale, tanto che Montale parla di
recente mascherata italiana. Recente perché dopo le elezioni nazionali del ’48, siamo qui nel
giugno del ’49, che aveva visto la vittoria della Democrazia cristiana rispetto al Fronte popolare
dei comunisti e socialisti, c’era stata una sorta di iridescenza del culto italiano però in chiave
anti-comunista, cioè queste processioni non erano soltanto riti religiosi, erano anche dei riti
politici. Sono le preghiere affinché la Madonna si opponesse alla montante marea rossa nel
fronte popolare. Quindi dopo il ’48, questi riti si erano moltiplicati in Italia e anche nelle zone di
Torino che erano città industriali. Sappiamo che Montale non era certo comunista, ma non era
nemmeno democristiano. La sua posizione è autonoma che guarda sia a destra, sia a sinistra. Se
noi leggiamo cosa Montale scrive nell’introduzione alla Bufera nell’edizione svedese: liriche
come la primavera hitleriana, il sogno del prigioniero, congedo provvisorio, la primavera del
’49 sono la testimonianza di uno scrittore che ha sempre respinto il clericalismo, cioè il
fanatismo, delle sue opposte forme: la nera e la rossa che affliggono l’Italia. Quindi ancora una
volta sottolinea la sua posizione di equidistanza dal clericalismo inteso non solo come partito dei
preti, dei chierici, ma anche dei chierici laici. Lui si allontana dalle due forme opposte di
clericalismo: la nera e la rossa. Questa poesia ha le sue radici nel ’48 e fu inviata anche a Maria
Luisa Spaziani. Dopo che la corrispondenza fra Montale e Maria Luisa Spaziani è approdata
verso la fine degli anni ’90 nel centro manoscritti di Pavia, abbiamo la possibilità di leggere
diverse varianti delle poesie che Montale raccoglie qui nei madrigali privati. Qui abbiamo
addirittura due versioni della poesia nelle carte della Spaziani: la seconda è una dedica a Maria
Luisa Spaziani, quindi è indubbio che si tratti di lei. Qui Maria Luisa si oppone con v12 la gtua
virtù furiosamente angelica, quindi è una virtù d’angelo, però è un angelo arrabbiato, furioso
che si è opposta ai madonnari pellegrini degli ultimi due versi. sono definite come un vano
farnetico questi madrigaliusiamo il termine vano farnetico perché Montale utilizza in un’altra
poesia nelle Occasioni e cioè l’elegia di Pico Farnese. Pico Farnese è una località del Lazio in
provincia di Frosinone dove Montale si era recato e in questa poesia c’è una presenza di
pellegrine che tutto il giorno recitano le litanie della Madonna e dei santi e vanno a un santuario
là vicino. La situazione in questa poesia è che l’apparizione della donna, in quel caso Irma,
scaccia le litanie delle pellegrine che sono definite un vano farnetico, un farneticare senza senso.
Qui si ripete la situazione in maniera meno esaltante per la nuova donna di Montale che viene
tratta come Montale aveva trattato Irma, quindi viene trattata come un’altra Irma, come una sua
controfigura e queste ripetizioni di situazioni fanno parte di quel manierismo di cui aveva
parlato Scaffai ripetizioni di situazioni già viste applicate in modo diverso. Metro: due lasse,
la prima di 9 e la seconda di 5 versi, quindi 14 versi. sono tutti endecasillabi salvo tre settenari
che vediamo nei v 2, 5 e 11. Interessante che il v6 nella prima stesura era un settenario e anziché
esserci un rigurgito e un tanfo quindi un raddoppio sostantivale, c’era solamente un sostantivo
un afrore, quindi un forte odore di sudore. Quindi c’era un settenario al v6 che poi è diventato
endecasillabo. Dato che si tratta di 14 v possiamo anche dire che questo testo rientra nella
concezione montaliana del madrigale, cioè quelli che si trovano nei madrigali privati. Quindi il
titolo madrigali vale per tutte queste composizioni a cui allude. Qui per l’uso di endecasillabi e
settenari e basta possiamo parlare di un avvicinamento alla misura classica del madrigale. Ci
sono alcune rime, anche interne: vuote-devote rima interna di un verso a scalino. V10 mente-
12 curiosamente. V11 appari-v13 madonnari. Quasi rima:v10 istante-guanto-Coribanti.
Commento e parafrasi:
Lampi d’afa sul punto del distacco, livida ora annebbiata, poi un alone anche peggiore 
situazione esterna descritta. È una descrizione nominale, senza verbo, che ci dice che ci sono dei
lampi d’afa nel momento in cui lei e lui si stanno allontanando. Nella prima redazione si diceva:
ora cruda, sul punto di lasciarti, è un’ora cruda quella del momento in cui devo lasciarti e poi
continuava livida ora annebbiata con un’anafora di ora. Quindi è un’ora cruda, è un’ora livida e
annebbiata. Evidentemente quest’ora non gli piace più e quindi lo elimina e diventa lampi d’afa
che oggi chiameremo lampi gamma che sono delle scariche elettriche che avvengono in assenza
di temporali per particolari situazioni del cielo. Lampi d’afa evidentemente perché siamo in una
stagione calda. Questi lampi d’afa sembrano prevedere qualcosa che sta per succedere. Ora
livida e annebbiata: in quest’ora che è scura e annebbiata per il caldo, per l’afa che fa sì che
sembra che ci sia una nebbia. Un alone: una cappa d’umidità anche peggiore di quella che c’era.
un bombito di ruote e di querele dalle prime rampe della collina un rimbombo (bombito) di
ruote dei carri che accompagnano la processione e dei lamenti (querele= evidentemente sono le
stesse litanie di cui Montale aveva parlato nell’elegia a Pico Farnese. Le litanie sono preghiere
che si ripetono sempre uguali e per questo sembrano querele) dalle prime rampe della collina
d’Oltre Po. Arrivano sempre con questi rumori degli odori non gradevoli: un rigurgito (odore
acre), un tanfo acido (evidentemente sono tutti i sudori delle persone che camminano sotto il
caldo e il caldo miete delle vittime dal punto di vista dei profumi).
Che infetta le zolle a noi devote addirittura questi odori sgradevoli, acri, infettano, sembrano
quasi arrivare a danneggiare le zolle nei campi a noi sacre (devote). Evidentemente quelle zolle
sono zone che i due battevano nelle loro passeggiate. Per questo sono zolle, cioè terre, campi per
noi sacri. Questa zolla così privata che per i due era anche luogo dei loro incontri, arriva questa
precessione con rumori e profumi sgradevoli.
…se non fosse per quel tuo scarto in vitro, sulla gora, entro una bolla di sapone e insetti  che
cosa sia questo scarto in vitro forse si può ricavare dalla strofa seguente, cioè una sorta di
reazione della donna di fronte a questo arrivo della processione. …se non fosse successo un tuo
scatto (moto di stizza) di ribellione ( in vitro scritto in corsivo quindi evidentemente è
un’espressione latina che si usa soprattutto quando si fanno esperimenti in laboratorio.
Esperimenti in vitro cioè dentro le provette. È chiaro che qui non può significare uno scatto in
provetta. Scarto in vitro è un gesto di ribellione). Sulla gora: vicino al fosso. La bolla di sapone
e insetti non può che essere quella del fosso, l’acqua sporca di sapone e insetti com’è tipico di
certe acque stagnanti.
Chi mente più, chi geme?--> geme in prima redazione era chi scrive? Geme sta meglio con le
querele del v4. Evidentemente la risposta a questa domanda retorica è: nessuno. Quindi c’è stata
una sorta di reazione di questa donna, non sappiamo esattamente di che tipo, per cui la
processione zittisce.
Fu il tuo istante di sempre, dacché appari da quando ti conosco fu il tuo momento abituale,
un momento che hai ogni tanto da quando ti conosco, cioè da quando ti conosco tu hai degli
scarti caratteristici del tuo umore. Quindi questo scatto è ricorrente in lei da quando ti conosco.
La tua virtù furiosamente angelica la tua virtù quasi di un angelo. Qui non possiamo non
ricordare Irma, però è furiosamente angelica, quindi arrabbiato. È un angelo arrabbiato, furioso.
Ha scacciato col guanto senza combattere, senza violenza.
I madonnari pellegrini questi pellegrini seguaci della Madonna. Madonnari è dispregiativo e
diventa una sorta di aggettivo di pellegrini. Si può intendere anche viceversa cioè che madonnari
sia sostantivo e pellegrini sia un aggettivo. Quindi questo gesto di reazione furioso, ma al tempo
stesso non violento di lei ha fatto sì che questi madonnari, che questa processione si fermasse,
ha scacciato Cibele e i Coribanti. Quindi questa processione alla fine viene classificata come
qualcosa di pagano. I Coribanti erano sacerdoti della dea dediti a riti orgiastici, quindi questo
Cibele che sarebbe la Madonna fuori dal fine, declassata a una dea pagana e i Coribanti
sarebbero questi madonnari fiorentini che seguono in processione Cibele Madonna. Quindi è un
giudizio molto sprezzante per dire che queste processioni non hanno niente di religioso, ma sono
quasi riti orgiastici pagani. Qui abbiamo secondo la grande tradizione di tutta la Bufera e altro la
donna e il resto del mondo, la donna e la realtà e la donna che è capace anche di cambiare la
realtà, di modificarla in meglio, in questo caso a far tacere una processione che era
semplicemente un rito pagano. Potremmo dire un’Irma in vitro.

Nubi color magenta…


Di questa poesia possediamo una facsimile di una bella copia autografa mandata a una rivista
francese per essere pubblicata non a stampa, ma in facsimile. Quindi essere fotografata e
pubblicata così come fotocopia nella rivista francese perspectives nell’ottobre 1950. Questa
rivista dedica un numero speciale a Montale. Montale richiesto dalla rivista manda loro questa
poesia appena scritta che è in bella copia, dicendo loro di non stamparla, ma di pubblicarla
direttamente dalla sua mano. Nel facsimile questa poesia ha un titolo in rosso e in nero e ha una
data 1950. Nello stesso anno in Italia la poesia venne pubblicata a stampa nella rivista Domus e
poi duplicata nella rivista Il dovere (riviste di secondo taglio), ambedue uscirono nell’aprile del
1950. Anche qui abbiamo le carte Spaziani uscite dopo la pubblicazione dell’Opera in Versi
dell’80 in cui non ci sono riferimenti a queste lettere e nemmeno alle versioni precedenti a
quelle definitive che troviamo nel carteggio. Nelle carte Spaziani abbiamo varie redazioni di
questa poesia. A noi in questo momento interessano le modifiche di titolo. Questa è una poesia
che ha avuto molti titoli prima di essere pubblicata senza titolo nella Bufera e Altro del ’56. Il
primo titolo era: in viaggio. Il secondo titolo era: cielo e terra. Il terzo titolo: il rosso e il nero.
Sono tutti tentativi di titolo subito superati e poi abbandonati da Montale. Il primo titolo, in
viaggio, è un titolo che Montale utilizza per il fatto che nelle prime due lasse vengono citate due
località: la grotta di Fingal (in Scozia) e nella seconda strofa spire dell’Agliena (fiume che ci
riconduce alla Toscana). Sono località ben lontane fra di loro, citate casualmente per depistare i
lettori perché l’episodio di cui si parla specie nella prima strofa, è un episodio avvenuto a
Cervia. Questo titolo in viaggio era un titolo posticcio dovuto al fatto che si citano delle località,
ma con il viaggio non c’entrava nulla. Il secondo titolo: cielo e terra, è un titolo che riprendeva
un emistichio di Montale stesso e in particolar modo di una poesia il gallo cedrone in cui si
parlava di rosso nero, salmì di cielo e terra, quindi questa coppia cielo-terra è una coppia già
sfruttata da Montale. Non c’era solo cielo e terra, ma c’era anche rosso nero che è il terzo titolo,
che però con questa forma ricorda Le rouge et le Noir (Il rosso e il nero), romanzo di Stendhal.
In effetti questo rosso nero con Stendhal non ha niente a che fare ed è legato ai colori dominanti
nella lirica che sono appunto il rosso e il nero.
«pedala, angelo mio! » i due sono in tandem e Montale si rivolge a lei con questa frase.
L’occasione dei versi la conosciamo grazie alla stessa Maria Luisa Spaziani.

Qui ci parla di questa situazione che è l’occasione dei versi in questa poesia. Siamo durante un
soggiorno estivo a Cervia, di solito Montale arrivava il fine settimana a Cervia dove c’era lei
con i suoi genitori. La frase pedala angelo mio diventerà una sorta di tormentone fra i due
perché lo ritroveremo più volte nella loro corrispondenza.
Questa lirica fin dall’inizio è dominata dal colore rosso nubi color magenta, è una variante del
colore rosso e la stessa variante troviamo all’inizio della seconda strofa: è una strofa anaforica
alla prima. Nubi color di rame è un’altra variante di rosso. La prima redazione non diceva nubi
color di rame, ma nubi color di menta, quindi verde. Diceva menta per rendere più evidente il
parallelismo con il primo verso nubi color magenta- nubi color di menta, più un verbo
sdrucciolo s’addensavano-si piegavano. Quindi le prime due strofe sottolineano il colore rosso e
poi il colore nero al v10 in cui si parla di ala d’ebano, questo ci riporta anche al titolo rosso e
nero. Un altro elemento nuovo in questa lirica è l’introduzione di un altro personaggio Pafnuzio
che diventa una sorta di alter-ego di Montale. Pafnuzio è un protagonista di un romanzo di
Anatole France, scrittore maschio romanico francese. Il romanzo si intitola Thais (pronuncia
taide) e questo Pafnuzio è un frate che cerca di redimere questa taise che è la prostituta famosa
di cui parla l’ Eunuchus di Terenzio e ripresa da Dante. È un’immagine sempre negativa di
donna prostituta. Questo Pafnuzio che è un frate cerca di riscattare o di salvare l’anima e la vita
di questa Taide. Montale da una spiegazione nell’intervista a Nascimbeni, biografo. Montale a
Nascimbeni dice:
Di fronte alla “volpe” mi sono paragonato a Pafnuzio, il frate che va per convertire Thais ma
ne è conquistato. Vicino a lei mi sono sentito un uomo astratto vicino a una donna concreta: lei
viveva con tutti i pori della pelle. Ma anch’io ne ricevevo un senso di freschezza, il senso
soprattutto d’essere ancora vivo.
Quindi questa quasi animalità, eroticità di Maria Luisa serve al poeta che torna a essere vivo.
Forse volevo salvare questa giovane e invece è lei che ha salvato me.
Metro: siamo di fronte a 3 strofe di 6 versi ciascuna, quindi possiamo parlare di stanze di
endecasillabi salvo 3 settenari, 1 per ogni stanza: v3, 11, 14. Il v4 è un novenario. Rime: la più
importante è quella sdrucciola che unisce il v1 al v7, cioè primo verso della prima stanza e
primo verso della seconda stanza. Un’altra rima sdrucciola che cementa l’explicit della seconda
e della terza sostanza: insostenibile e udibile. In mezzo ci sono altre rime salto-rialto, ponte-
orizzonte, troppo-groppo, vinto-tinto.
Parafrasi e commento:
Nubi color magenta s’addensavano sulla grotta di Fingal a proposito della grotta di Fingal, la
poesia Argyl Tour, Montale aveva detto a Guarnieri: L’Argyl Tour è un giro turistico intorno a
Glasgow, comprende la visita alle grotte di Fingal. Quindi è un riferimento di un viaggio fatto
da Montale qualche anno prima. Le grotte di Fingal non c’entrano nulla, ma evidentemente
facevano atmosfera.
D’oltrecosta: oltre l’orizzonte.
Quando dissi [a te] pedala angelo mio!--> quello che è interessante è che lui chiama angelo
mio, quindi con un vocativo stilnovistico declassato a linguaggio quotidiano. Del resto angelo
mio è preceduto da pedala che è un verbo estremamente realistico e non certo aulico.
E con un salto stavano quasi per infangarsi
Sciolse il volo spiccò il volo
Tra le bacche del rialto in mezzo a questo boschetto. Il rialto in questo caso è il nome di una
pianta che è il sorbo e infatti si parla di bacche. Sono in una situazione in mezzo a una specie di
boschetto, come ci aveva detto Maria Luisa, e lì avevano fatto difficoltà dopo la pioggia ad
andare col tandem. Quindi posto in un’atmosfera del tutto straniante come se fosse all’astero e la
coppia stesse muovendosi in tandem verso la grotta di Fingal.
Nubi color di rame viene ripetuto ciò che è stato detto sempre attraverso il colore rosso, che è
il colore dell’amore e fa da sfondo a questa poesia.
Si piegavano a ponte formavano un arco. sulle spire dell’Agliena le spire sono le anse del
fiume e l’Agliena è un fiume toscano. A proposito c’è un reportage pubblicato nel Corriere della
Sera nel novembre del ’49 di un viaggio in Toscana a Certaldo dov’era stato insieme a Maria
Luisa. Sulle biancane rugginose: biancane è un termine abbastanza tecnico, sono le terre
argillose, biancastre e sono quelle che caratterizzano il panorama attorno all’Agliena venate di
ruggine, quindi di colore ancora una volta rosso scuro. Quando ti dissi «resta! » resta vuol
dire fermati. C’è un contrasto di movimento fra la prima e seconda stanza, prima si diceva
“muoviti” ora si dice “resta”, si intende “resta qui con me nella mia stanza”.
e la tua ala d’ebano e la tua ala scura di angelo nero, terrestre
occupò l’orizzonte mi circondò completamente. Quindi improvvisamente l’orizzonte che era
rosso color di rame diventa nero perché è lei, nero è il colore di Maria Luisa, specialmente in
rapporto ai suoi capelli. Col suo fremito lungo, insostenibile col suo fremito delle ali lunghe
tanto che io non potevo sostenere questa vibrazione. Insostenibile da lui. Sembra che dietro ci
sia anche una chiave erotica. Questo fremito lungo evidentemente ricorda un sospiro lungo
legato all’orgasmo.
Come Pafnuzio nel deserto, troppo volli vincerti, io vinto  abbiamo visto chi è Pafnuzio, quel
frate che vuole riscattare Taide, ma soccombe di fronte a lei, mentre è lei che si riscatta. Come
Pafnuzio nel deserto: sembra essere una terza collocazione della poesia, è un deserto avanzato.
Volli vincerti troppo io, invece fui vinto da te: è esattamente quello che è avvenuto a Pafnuzio,
sottolineato da questo poliptoto vincerti-vinto. Volo con te, resto con te sono due termini che
riportano esattamente quanto ha detto nelle prime due strofe, il volare è quello del v6, ma è
anche quello dell’ala d’ebano di lei e resto con te è il ti dissi resta della precedente strofa. Quindi
ribadisce il fatto di voler restare con lei.
Morire, vivere è un punto solo  la morte o la vita sono la stessa cosa. è una citazione della
Taide. È un punto solo: è la stessa cosa, cioè coincidono la morte e la vita.
Un groppo: un unico nodo inestricabile. Tinto del tuo colore color magenta, di rame, di lei
che è il colore dell’amore. caldo del respiro della caverna la caverna è una metafora del letto
su cui i due amanti stanno, la caverna per lunga tradizione erotica ha un doppio significato di
questo tipo. Il respiro della caverna profondo (fondo) appena udibile è ancora una volta il
respiro di lei di cui ha parlato prima legato al fatto che i due stanno insieme. Quindi è un ricordo
di un episodio fra i due che si chiude con l’altro episodio legato al viaggio fatto a Certaldo e
quindi al loro rapporto d’amore.

Per album
Pubblicata nel volume Almanacco del “Cartiglio”, volume curato da un intellettuale degli anni
’50 Libero de Libero, Roma, 1953. La poesia aveva un titolo da un album ritrovato che poi
diventa per album pubblicata nel ’53, quindi la poesia è anteriore al ’53, ma probabilmente
posteriore al 1950 perché non compare in quelle 47 poesie presentate da ?
L’immagine del v.16 – SABBIA SODA SAPONE questo riferimento a queste tre cassettine
che si trovano nella cucina della casa di lei, era già presente nella lettera di Montale a Maria
Luisa del 12 ottobre del 1949. Il 12 ottobre era il compleanno di Montale (53esimo compleanno)
e cita sabbia soda sapone. Il titolo che era da un album ritrovato, come se Montale avesse
recuperato un album di fotografie passa a per album, quindi c’è una sorta di progressione nel
titolo da un album ritrovato a per album, cioè a un album da fare. Quel per probabilmente è
un per finale, è un album ricostruito. Infatti le tre “foto” riconducono a tre momenti diversi della
vita di Montale: l’infanzia (vv1-6 infatti dice “ho cominciato anzi giorno”), maturità (dal 7 al 13
e comincia con “ho continuato il mio giorno” giorno come vita che ha un’alba, ha un
mezzogiorno e ha una sera), e poi la vecchiaia vv14-18 “ho proseguito fino a tardi”, quindi con
quest’anafora di Ho. Tre momenti diversi della giornata, cioè della vita dell’io. È una
strutturazione piuttosto geometrica: 3 fasi del giorno-vita a cui seguono alcuni versi dal 19 in
poi che sono di riflessione più generale. Montale vuole dirci che tutte e 3 queste parti della vita
sono consistite nell’attesa ricerca di lei, di Maria Luisa, che in ogni caso sarebbe arrivata tardi
nella vita del poeta e sarebbe arrivata da un luogo quasi inconcepibile cioè dalla cucina. Proprio
di 3 cassettine della cucina parla Maria Luisa Spaziani nel volumetto appena citato, Montale a
Volpe dice che è la cucina della sua abitazione a Torino, Via Pesaro 26. Quindi un luog preciso
dove i due si trovano e dove c’erano nella cucina quelle tre cassettine che servono per lavare i
piatti. Questa triade sabbia, soda, sapone con alliterazione di s ci ricorda un movimento stilistico
che Montale aveva già utilizzato per Irma nella prima poesia La Bufera manna, mano e
distruzione. Sono tre sostantivi legati a Irma e qui vengono ripetuti in un altro modo,
sicuramente abbassandolo perché da 3 parole importanti con riferimenti aulici si passa a 3
cassettine che stanno nella cucina e che contengono i detersivi. Quindi è chiara la deminuitio
rispetto al personaggio di Irma, è chiara la prosasticità e la quotidianità di questa situazione. Qui
l’atmosfera è più di tipo gozzaniano con la Signorina Felicitas che è un amore ancillare di Guido
e che lavava i piatti. Qui c’è un abbassamento tanto tipico di Gozzano che ci parlava dell’amore
in cucina che è ripreso da Montale. Che cosa vuol dire in questa poesia Montale? vuol dire che
in tutte le fasi della sua vita viste col senno di poi sono fasi che attendevano l’arrivo di lei, cioè
tutta la sua vita, senza che il poeta lo sapesse, è stata un’attesa dell’arrivo di Maria Luisa che è
arrivata tardi. Il fatto è che questo tipo di impostazione era già presente in un Mottetto delle
Occasioni scritto per Irma. Lì Montale aveva detto che tutto quello che aveva passato fino a quel
momento e in particolar modo il fatto che lui aveva partecipato alla Prima guerra mondiale e che
era tornato vivo da questa guerra, tutto questo era successo perché il destino aveva già stabilito
che lui dovesse rimanere in vita per incontrare Irma, non lo sapeva ancora, ma poi rilegge quello
che gli era capitato in una lente futura di incontro con Irma. Qui fa la stessa cosa, la situazione è
analoga, però applicandola a Maria Luisa e a diversi periodi della sua vita perché l’incontro con
Irma era più che trentenne, qui la situazione è un po’ diversa. La donna si palesa a lui da una
cucina e non in forma di angelo, anche questo fa parte della terrestrità di Maria Luisa rispetto a
Irma. Il secondo momento, quello della giovinezza/maturità è una delle tante elencazioni di
Montale che sono di tipo botanico-zoologico. Sono tanti animali e qui il bestiario di Montale
continua ad arricchirsi. Sono tutte approssimazioni a lei, al carattere di lei. Ocàpi: messo in
condizione di rima al v10. Montale in un racconto intitolato Reliquie pubblicato per il Corriere
della Sera il 28 agosto del 1948, quindi scritto prima di incontrare lei (gennaio del ’49), in cui
Montale parla di ocapi e dice così: è mezzo asino, mezzo zebra, mezzo gazzella, mezzo angelo.
Un esemplare unico al mondo di una specie che si credeva scomparsa da secoli. Volevo andare
apposta a Londra per vederlo allo zoo. È un animale unico al mondo e che ne racchiude molti.
È un altro dei molti possibili animali che si avvicinano a Maria Luisa, ma non la definiscono
completamente. Sono approssimazioni al carattere e alla personalità di lei.
Metrica: unica strofa di 23 versi per lo più endecasillabi e settenari e spesso ipermetri, però ci
sono anche versi di altro tipo. Predomina la mistione dei metri. Se guardiamo l’inizio è del tutto
irregolare dal punto di vista ritmico, forse volendo accennare all’irregolarità ritmica di lei cioè al
fatto che lei è un essere unico, un esemplare unico al mondo e quindi sottolinea questa sua
eccezionalità con questi versi che inizialmente sono tutto fuorché regolari. Si comincia con un
ottonario, poi c’è un tredecasillabo, poi un ottonario e il quarto è un novenario. Qui abbiamo
un’unica strofa, però diversamente a quanto avevamo visto per esempio nell’Anguilla o se
t’hanno assomigliato dove c’era un’unica strofa con un unico periodo, qui abbiamo sette periodi,
quindi c’è un notevole frazionamento sintattico caratterizzato anche da varie situazioni
temporali, cioè richiami a varie epoche fino ad arrivare al presente e addirittura ci saranno
accenni al futuro negli ultimi versi. Le rime sono diverse, anche interne, ci sono varie quasi
rime. V1 giorno-v7 giorno. Qui c’è una rima identica, questi due versi sono in anafora e in
epifora. Quindi c’è un incrocio di figure. V9 girino: tra giorno e girino c’è quasi un gioco
anagrammatico fra due parole esposte in rima.
Parafrasi e commento:
per album probabilmente è una prep. Con scopo finale cioè per entrare in un album
fotografico, fotografie o fotogrammi che possono entrare in un album che è ideale, non vero
perché fissa delle istantanee relative alla vita.
Ho cominciato anzi giorno: ho cominciato prima dell’alba, ho cominciato prestissimo, fin da
giovanissimo. A buttar l’amo per te: a cercare di catturarti come se lui fosse da ragazzino un
pescatore che butta l’amo per prendere la donna. è ovvio che qui siamo di fronte a una metafora
dell’uomo pescatore o cacciatore. È un quadro tipico: qui il pescatore è il pescatore che abbiamo
conosciuto in altre poesie legate a Monterosso, cioè il pescatore di anguille. (Ed ero talmente
giovane che io lo chiamavo il lamo)esempio di linguaggio infantile.
Ma nessun guizzo di coda scorgevo nei pozzi limosi, nessun vento veniva col tuo indizio dai colli
monferriniil guizzo di coda è quello dell’anguilla che vive nei pozzi fangosi. Qui ripete quello
che già aveva detto fin dai Limoni quando alcuni ragazzi vanno a pescare le anguille. Lei è
paragonata all’anguilla, però un’anguilla che deve ancora venir. Colli monferrini: Monferrato,
c’è una precisa identificazione del luogo dove lei abita, il Monferrato.

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