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LEZIONE 3

Ci sono due stesure precedenti inserite nelle lettere a Maria Luisa Spaziani e sono due redazioni
diverse e differiscono dall’ultima redazione che leggiamo. Queste due redazioni erano
soprattutto legate alla volontà di Montale di allontanarsi da certi stilemi caratteristici delle
Occasioni e cioè da una sua modalità di carattere ripetitivo. Ricordiamo lo stilema
dell’elencazione ellittica cioè senza verbo. È una poesia fatta di schegge memoriali, di pezzi di
memoria, che vengono messe insieme alla rinfusa in questa poesia. Vediamo le due redazioni
precedenti con il commento di Montale. Le due redazioni precedenti avevano due titoli diversi:
Zoo la prima, Glasgow la seconda. In ogni caso tutte e due sono legate a un’occasione lontana
che viene collegata a Maria Luisa Spaziani.
Prima redazione:

È un elenco in cui alla fine tutto viene scaricato su di lei (prima che tu apparissi al tuo
schiavo) tu innamorato che diventa schiavo.
Seconda versione:
Le due versioni a confronto: anche dal primo sguardo la seconda redazione è più lunga della
prima, quindi aggiunge qualcosa, ma al tempo stesso toglie delle cose. Il puledrino sotto il cedro
è al primo posto in entrambe le versioni, seppur nella seconda diventa Il puledrino in gabbia,
mentre nella versione definitiva diventa il secondo elemento della serie. I bimbi come funghi sul
prato color muffa (Zoo), i bimbi sotto il cedro- funghi o muffe vivi dopo l’acquata (Glasgow)
Questa seconda versione sarà quella che aprirà Argyll Tour nella versione definitiva. I bimbi
come funghi sul prato color muffa in Glasgow diventano funghi o muffe vivi dopo l’acquata cioè
diventano autonomi, indipendenti. In Zoo il carbone sospeso diventa nubi di coke sospese in
Glasgow, quindi usa un anglismo che poi evidentemente non piacerà più a Montale visto che
nella redazione definitiva diventerà nafta a nubi.
In Zoo c’è lo stewart che offre il merluzzo: è un particolare interessante che viene eliminato
anche perché compariva già nella prosa Stranieri del Corriere d’Informazione del 1946, viene
eliminato perché probabilmente troppo realistico. In Zoo: Odor di sego, in Glasgow odor di sego
e di datteri: e di datteri è nuovo e resterà nella versione definitiva anche se ci sarà un altro tipo di
scansione metrica. Il mugghio del barcone: del barcone sarà direttamente assunto nel verso
precedente e di datteri, il mugghio del barcone (Argyll Tour). Quindi e di datteri, il mugghio
(settenario) diventa e di datteri, il mugghio del balcone (endecasillabo). Un elemento
fondamentale di questa elencazione: le catene che s’ allentano sono un elemento del battello e
tra parentesi c’è ma le tue le ignoravoè un elemento personale intimo che riguarda l’io e il tuo,
qui messo quasi a forza fra parentesi tonde. Nella redazione finale vengono sostituite dai due
trattini.
In Zoo lunghe zuffe nel sonno –jene o uccelli- diventa in Glasgow nella scia salti di tonni,
sonno, lunghe zuffe di jene, oscene risaVengono levati gli uccelli, ma restano le jene che
evidentemente non piacciono più al Montale dell’ultima redazione perché abbiamo strida di
sorci. Oscene risa è nuovo nella seconda redazione. Prima che tu apparissi al tuo schiavo:
rimane uguale nelle due redazioni, salvo l’aggiunta dei puntini sospensivi che è nuova nella
seconda redazione e che avremo anche nella redazione definitiva in cui si avrà anziché tu
apparissi al tuo schiavo. Si tratta di interventi pesanti. La missiva del 16 marzo del 1950 alla
Spaziani in cui manda queste due poesie presenta un commento di Montale in cui sottolinea il
passaggio fra prima e seconda stesura.

Keepsake vuol dire souvenir, qui inteso come un decorativo troppo da cartolina.
È una poesia che per quanto breve e minore denota un notevole lavorio della forma da parte di
Montale stesso. L’impressione finale della redazione ultima è che questo elenco si componga di
immagini degradate, non positive, confusamente eterogenee cioè diverse le une dalle altre,
stivate confusamente. Su queste qualità non positive potrà far sentire tutta la sua potenza il
nuovo amore. Il passaggio fra questi due momenti cioè fra un passato degradato che è
rappresentato da un’elencazione e un futuro baciato dall’amore per Anna è segnato da una rima
importante al v10 e al v ultimo “ignoravo-schiavo”. C’è questa rima che collega la fine della
prima parte che si conclude con un riferimento a lei, alle catene d’amore e alla schiavitù che
viene sottolineata nell’ultimo verso.
Metro: unica strofa di 13 versi endecasillabi e settenari. I versi 1,7,8 e dal 10 al 12 sono
endecasillabi, gli altri settenari. Possiamo notare fra le altre cose il gioco a distanza fra gabbia al
v2 e gabbiani al v7.
I bimbi sotto il cedro, funghi o muffe// vivi dopo l’acquata: Si comincia l’elencazione con
l’immagine dei bambini sotto il cedro. Funghi o muffe// vivi dopo l’acquata: si riferisce al cedro.
Secondo qualche critico possiamo anche intenderlo anche come un paragone “i bimbi sotto il
cedro [come] i funghi o muffe vivi dopo l’acquata”. Acquata è un acquazzone, cioè un breve
scroscio d’acqua e quindi sono andati a ripararsi sotto al cedro che grazie all’abbondanza di
piogge vive pieno di funghi e muffe. Quindi un primo elemento è comunque un elemento di
attività cioè questi bambini che si rifugiano dall’acquazzone. Il puledrino in gabbia con la scritta
mordace: anche qui troviamo, come i bimbi, un altro cucciolo di cavallo in gabbia
(evidentemente sono tutte cose che lui ha visto, sono schegge di memorie, cose che lui ha visto
in battello nel tour di Glasgow). Mordace è fra virgolette perché è una citazione, è strano che
questa scritta sia in italiano, un’ipotesi è che potrebbe essere stata tradotta da Montale. Mordace
dovrebbe essere una sorta di falso amico e quindi significare che morde. Puledrino chiuso (in
gabbia) con questa strana scritta.
Nafta a nubi: allitterativo, elemento nuovo rispetto a prima, sono i gas di scarico del battello
sospesi sui canali di Glasgow arginati (murati= doppia l’immagine della gabbia il puledrino è
chiuso in gabbia, i canali sono chiusi fra mura e quindi il battello procede lentamente
provocando una serie di gas di scarico).
Odor di sego: il sego è un grasso usato in cucina, ma non solo. E di datteri: elemento della
cucina. Sego e datteri sono odori di cucina che provengono da fuori. Il mugghio è caro a
Montale. Catene che s’allentano: catene sono quelle degli ormeggi. Poi improvvisamente
troviamo un elenco di cose assolutamente casuali e non belle in sé, quasi che questo tour sia
poco alettante. Ma le tue le ignoravo: improvvisamente si inserisce il tu e dalle catene che
s’allentano( sono catene ben reali, sono le catene del battello) si arriva alle catene metaforiche
di lei. C’è un’associazione mentale fra catena degli ormeggi ben reale e catena metaforica che
lega lui a lei. Le tue le ignoravo: ancora non ti conoscevo, tutto quello che sta descrivendo
succede prima di conoscere lei. Due trattini, verso a scalino, si continua con un’elencazione che
si scarica sulla figura di lei. La poesia finisce sul tu.
Sulla scia salti di tonni, sonno: notiamo la s. Sonno: probabilmente introdotto per assonanza con
tonni. Lunghe strida di sorci: elemento negativo, anche qui insistenza sulla s. Oscene risa: risa
sguaiate. Anzi che tu: prima che tu apparissi al tuo schiavo qui Montale si dice schiavo di lei,
quindi non usa più termini stilnovistico (fedele d’amore) o di tipo cortese, qui con “il tuo
schiavo” pare una nota “sadomaso” legato a una donna molto corporale e un amore più diretto e
fisico rispetto a quello per Irma. Quindi questo giro è un giro che avviene prima di conoscere e
tutte queste cose negative non fanno altro che aumentare l’attesa di un nuovo amore e il
desiderio di lei.
Vento sulla mezzaluna
Poesia pubblicata in Paragone nell’ottobre del 1950 nel gruppetto di 6 liriche con il titolo
complessivo di Col rovescio col binocolo. Già qui aveva l’indicazione Edimburgo con data 1948.
Esiste una traduzione in inglese di questa poesia pubblicata nella rivista Argenture fra il
dicembre del 1950 e il 1951. Approda nella prima redazione della Bufera e altro (1956) con
questa nota: “Vento sulla Mezzaluna: crescenti o mezzelune sono chiamate alcune strade
semicircolari di Glasgow”. Glasgow: errore di ripetizione, qui si parla di Edimburgo. Infatti
come conferma la lettera a Guarnieri: «Il Crescente è uno dei tanti viali di Edinburgo [sic] in
forma di mezza luna (Crescents)» Quindi strade semicircolari aveva detto. Crescents fra
parentesi è il croissant perché ha la forma di mezzaluna. Nonostante in Paragone la poesia sia
datata 1948, la poesia si riferisce al viaggio in Gran Bretagna di 15 anni prima, del 1933, viaggio
fatto dopo che si era conosciuto con Irma. Anche qui come già dal precedente Argenture può
venire utile la lettura di un raccontino che indica l’occasione di questi versi. Questo raccontino è
interessante perché ci dà il contesto di questa poesia ed è apparso nel Corriere d’Informazione
nell’ ottobre del 1946 e accolto nella seconda edizione di Farfalla di Dinard. Il testo si intitola:
Sosta a Edimburgo (vedi pdf)
“A Edimburgo…fino a due anni fa”: nostri villaggi si intende quelli italiani. Viene pubblicato nel
1946 quindi fino a due anni fa vuol dire nel 1944 cioè durante il fascismo. Leggenda: è scritto
con due g, si intende la scritta. Capo: con la c maiuscola con riferimento alle scritte sulle case
italiane. Il Capo terreno è Mussolini. Mondo perituro: destinato a finire. Prima parla di Capo
terreno, poi di Capo celeste (Dio) che non si trova. Si tratta di una teologia negativa, non dice
Dio è qui, Dio è lì, dice Dio non è qui, Dio non è lì. Poligono: è la pianta della chiesa.
Folta matassa: matassa di parole. Permane questa domanda che gli batte nella testa, che è una
domanda in negativo “Ma insomma, dov’è Iddio, dov’è?” Highlanders: sono le montagne
scozzesi, il corpo dei Highlanders è come dire per noi il Corpo degli alpini. Mura presbiteriane:
calviniste. La domanda è “Dov’è Dio?” e questo distinto signore ex soldato dice “non è possibile
rispondere.” Montale ogni volta che parla di Dio o parla con qualcuno che crede di sapere
qualcosa su Dio parla con ironia. Rentiers: sono i benestanti. Parlando di Dio e quindi hanno una
strana luce negli sguardi. Parole segnate a matita perché sono quelle che troviamo nella lirica.
Divallare: scendere. Heartly: rigorosamente, mettendoci passione e cuore.
C’è un differente finale: nella poesia Montale dice “io so dov’è Dio e Dio sarebbe coincidente
con la morte”, tranne questo finale diverso, qui in questo caso la prosa precede la poesia, mentre
solitamente la segue. La poesia è la liricizzazione di uno spunto narrativo, infatti nella poesia
interviene il solito tu assente. La data 1948 che abbiamo visto nell’edizione in rivista che è del
1950 si riferisce al secondo viaggio di Montale in Gran Bretagna, ma come abbiamo visto per
Argenture non è detto che la poesia sia del ’48, in ogni caso essa fu rivista nel 1949, cioè dopo
l’incontro con Volpe. Nel testo ci sono elementi terrestri tipici di Volpe e il riferimento alle
chiaviche del v3 sono un elemento piuttosto basso. Possiamo dividere la lirica in 2 parti: la prima
strofa è la ricerca di una donna che ancora non c’è, come nel componimento precedente e la
seconda strofa è legata alla ricerca di Dio che c’è, però è un Dio umano che si incarna nella
donna stessa ricercata nella prima parte. Fra le due parti c’è una congruenza logica, un
ragionamento vero e proprio per cui quella donna, che è il vero Dio del poeta, non si è ancora
rivelata.
METRICA: due strofe di 5 endecasillabi ciascuno, interessante il tipo di endecasillabi della
prima strofa il primo è tronco, il secondo è piano, il terzo è tronco, il quarto è piano e l’ultimo
è sdrucciolo. Qui l’endecasillabo ha 12 sillabe, quindi si gioca sull’alternanza fra 10,11 e 12
sillabe sempre relative ad endecasillabi. Le rime sono presenti solo alla prima strofa, quindi
abbiamo navigando v2 e stremandosi v5 e una rima interna è comando al v3, quindi notiamo
l’elemento in -nd.
Il titolo vento torna un elemento atmosferico, elemento della bufera che aveva caratterizzato
Finisterre e nel titolo si accenna il finale della poesia dove si dice che c’è un turbine
improvvisamente che arriva che prese uomini e case e li sollevò in alto sulla pece. Quindi il
vento del titolo si riferisce alla sezione finale della poesia. Il grande ponte non portava a te:
notiamo il gioco allitterativo ponte-portava, ponte con ultima sillaba –te che rima con te e grande
si ritrova in navigando al v2 e verande v5, andavano e stremandosi v.5. Il grande ponte è il Forth
Rail Bridge che è un ponte ferroviario di acciaio che supera verso nord il Forth of Forth, un
fiordo. È una sorta di monumento industriale-moderno che qui viene posto all’inizio della poesia
e questo ponte molto lungo impressiona chi lo vede, dice non mi porta a te. Quindi si comincia
con l’impressione legata al paesaggio che riconduce alla solita assenza dell’amata. T’avrei
raggiunta anche passando nelle fogne (chiaviche= linguaggio che continua a essere basso,
evidentemente Montale vuole abbassare il tono perché non ha più di fronte Irma). T’avrei
raggiunta anche in capo al mondo a un tuo comando= un tuo comando fa sì che lui sia una sorta
di oggetto di lei, uno schiavo (lo schiavo di cui ha parlato nell’ultimo verso della lirica
precedente). Quindi siamo all’interno dello stesso nucleo di immagini e concetti per cui c’è
questo rapporto fra padrone e schiavo. Ma anche se avessi voluto arrivare a te, non avevo più le
forze necessarie per arrivare. Ma già le mie forze con il sole che sta tramontando (col sole sui
cristalli delle verande) andavano stremandosi, si assottigliano, avevo sempre meno forze. È la
solita apatia tipica di tutta l’immagine di Montale, almeno nelle prime raccolte poetiche. Poi c’è
questo salto: l’uomo che predicava sul Crescente era l’ex ufficiale di cui aveva parlato nel
racconto e che fa la domanda Sai dov’è Dio? Probabilmente è una domanda retorica perché
doveva rispondere non si può sapere dov’è Dio come abbiamo visto. I versi sono molto semplici,
quasi narrativi, è un linguaggio quasi quotidiano. Lo sapevo e glielo dissi (qui diversamente dal
racconto in cui Montale non arriva a sapere dov’era Dio, ma evidentemente poi ripensando allo
spunto del racconto da vita a questa poesia in cui rovescia le carte in tavola), per cui dice io ce
l’ho il mio Dio e so dov’è, coincide con la mia donna. Ricordiamo che Verso Siena ad un certo
punto lei viene chiamata il mio Dio e quindi questo elemento rende evidente che qui si sta
parlando di Maria Luisa Spaziani. Evidentemente dice “Sì, lo so dov’è Dio, Dio si trova nella
mia donna”, la risposta sconcerta il predicatore, infatti lui scosse il capo (come a dire no, non
può essere) e sparisce. La frase qui è molto segmentata, la sintassi è essenziale. Sparve nel
turbine che prese uomini e case e li sollevò in alto, sulla pece: questa immagine sembra quasi
irreale che improvvisamente sparisce perché si alza un turbine che pare che arrivi dall’alto, da
quel Dio che è oggetto dei loro discorsi, ma dietro c’è il turbo del canto finale di Ulisse di Dante.
(Turbine= tromba d’aria). Arriva improvvisamente un turbine quando Ulisse e i suoi compagni
stanno per arrivare di fronte alla montagna del Purgatorio e si alza un turbine e questo turbine è
mosso da Dio che non può permettere che gli uomini vivi arrivino alla montagna del Purgatorio.
Qui sembra quasi che dietro ci sia questo Dio, qualunque esso sia, che fa sì che improvvisamente
uomini e case vengano sollevati in alto e portati via sulla pece. La pece ci riconduce al mondo
terreno di cui fa parte lo stesso Montale, inoltre la pece è di colore nero e il nero è il colore tipico
della nuova donna di Montale. Questa immagine è una sorta di immagine surreale, non è che
effettivamente quest’uomo sparisca. Nel ricordo di Montale si è alzato il vento è un soffio che fa
sì che tutte le cose intorno a Montale, come il ricordo stesso, svanisca. Da un racconto in prosa
abbastanza disteso ne è venuta una lirica che si basa sul contrario della conclusione del racconto.
Sulla colonna più alta: saltiamo.
Verso Finistère (non è Finisterre senza accento con due r, ma è Finistere, nella Bretagna).

Anche qui un Dio. Infatti nella sezione Flashes e dediche compare spesso la divinità da molti
punti di vista e altrettanto spesso la divinità coincide con la donna amata. Questa poesia fu
pubblicata nella rivista Comunità nel gennaio 1952 in un gruppetto di poesie che comprendeva
Dal treno, Siria e Luce di inverno, queste tre poesie insieme a Verso Finistère furono pubblicate
in Comunità nel 1952, ancora con il titolo che continuava quello apparso su Paragone del 1950
Col rovescio del binocolo. In questa poesia abbiamo una versione autografa che Montale scrisse
sulla carta che aveva a disposizione. Aveva sotto mano una lettera ricevuta da Contini l’11 luglio
del 1951 e dietro questa lettera scrive questa poesia. Quindi abbiamo anche un termine post
quem che è quello della lettera di Contini dell’undici luglio 1951. Questa lettera di Contini con il
testo della poesia viene inviata a Maria Luisa Spaziani il 14 luglio, tre giorni dopo della lettera di
Contini. La poesia fu scritta fra l’11 e il 14 luglio del ’51. Anche qui c’è un’ occasione dei versi,
c’è un viaggio non più in Inghilterra, ma in Bretagna (Francia del nord), viaggio compiuto nel
settembre del 1950 con Drusilla Tanzi. Anche qui di questo viaggio resta traccia di un raccontino
pubblicato nel Corriere della Sera del 29 settembre del 1950: Il giorno del gran salvataggio. Di
questo racconto ci interessa soltanto qualche spunto: in questo racconto Montale parla dei dialetti
celtici che sopravvivono nella Bretagna, in particolare lui dice: il bretone sta scomparendo e si
trova vivo ancora nella toponomastica, nei nomi di luoghi che sono i più conservativi. In questo
raccontino Montale offre alcuni assaggi dice ad esempio la parola Finistere è la parola di
origine bretone. Cita un’altra parola che è Armor e Armor è un’altra parola presente in questa
poesia, parola di origine bretone ed è un nome celtico della Bretagna. Perché in questa poesia fa
ricorso a dei termini celtici? Fa ricorso a dei termini celtici per l’aura mitica, anche regale,
presente al solo ricordare la Bretagna, terra di Re Artù, quindi il ciclo bretone di romanzi anche
cavallereschi italiani legati al ciclo arturiano. Quindi l’uso di questi termini ha un sapore aulico,
mitico, regale per Montale. Leggiamo poche righe di una lettera scritta a Maria Luisa Spaziani
del 24 luglio del 1951 in cui Montale scrive:

Langouste: aragosta bretone diventata la langoste à l’americaine. Tristan Corbere: poeta bretone
moderno vissuto nell’Ottocento. Montale ricorre a termini bretoni per l’aura mitica che
suscitano. Una delle lettere di Montale a Guarnieri nel gennaio del 1966, Montale sottolinea: stai
attento che questo Finistere non è l’altro Finisterre che dà il titolo all’altro della sezione, quello è
un Finisterre della Galizia e questo è un Finistere della Bretagna, quindi, dice a Guarnieri, va
inteso in senso geografico e non più in senso metaforico-cosmico (la guerra, il male) presente in
Finisterre. Siamo infatti in altri anni e in altre situazioni rispetto alla sezione Finisterre. Esiste
qualche affinità fra la sezione Finisterre e la poesia Finistere e quest’affinità sta nel tono aulico e
nel tema del potere salvifico legato alla donna che salva, elemento tipico del legame con Clizia,
compare anche qui. Qui la donna non è più Clizia, ma è certamente Volpe che però qui in
maniera particolare viene quasi unificata con Clizia. Per esempio Al v2 c’è il riferimento al
ciglio, riferimento associato tante volte a Clizia nella sezione Finisterre, e anche le tue pupille
d’acqua marina cioè i tuoi occhi chiari che sono tipici di Clizia ma anche di Maria Luisa. Si può
vedere il riferimento allo sguardo di lei come emanazione della divinità, elemento tipicissimo di
Clizia. Poi ci sono dei ritorni un po’ manieristici. Proprio per questa sezione Flashes e dediche
sottolineiamo l’aspetto manieristico in maniera evidente. C’è l’espressione al v3 “al primo buio”
espressione caratterizzante di un mottetto delle Occasioni che comincia con: al primo chiaro,
quando..[…] al primo buio, quando…[…]. Quindi quel mottetto è costruito sull’alternanza fra
inizio della notte e l’alba, e questi due momenti sono legati insieme da Clizia, cioè tutti i
momenti del giorno sono in nome di Clizia. Qui troviamo l’espressione al primo buio e più sotto
c’è un riferimento all’alba con “l’intonaco albale”. Quindi abbiamo una serie di fili che ci
riportano a un mottetto delle Occasioni chiaramente scritto per Irma. Sappiamo però che qui si
parla di Volpe che assume dei caratteri che erano già di Clizia, che significa che la Volpe assume
in sé dei connotati che erano già di Clizia. Questo significa che Clizia non era solo angelo, ma
aveva anche dei caratteri terreni-terrestri. Il fatto che Clizia venga ri-identificata in un’altra
donna è un elemento su cui Montale si era divertito già nelle Occasioni (es: la poesia Costa San
Giorgio, poesia inizialmente scritta per Mariarosa Solari e poi adattata). Qui la terrestrità di
Volpe si eleva a Dio. Volpe è un Dio in terra per Montale. Montale dice a Guarnieri: c’è un
interno che rispecchia quello che c’è fuori. Quindi abbiamo una situazione in cui ci sono lui e lei
probabilmente in una camera da letto, però da fuori vengono una serie di segnali.
Metro: strofa lunga di 8 endecasillabi. Il v6 ha una sillaba in più, è un endecasillabo ipermetro
(di per sé è un dodecasillabo, ma siccome ha due accenti secondari sulla quarta e sulla sesta
scossi e forse è nato come decasillabo e poi finisce con una sillaba in più). È interessante perché
questo endecasillabo segna lo stacco fra una prima e una seconda parte, infatti c’è un punto
esattamente in mezzo a questo verso. La rima al v-1 piova- v6prova (si trova già in Dante).
Rima ipermetra e imperfetta: v4 prillano e al v7 pupille illano-ille.
Lessico prezioso, aulico. Lessico aperto con questa parola bretone (Armor) e poi si continua con
parole eccezionali, per esempio bramire, piova, albale, prillano, razzi (e non raggi), acquamarina
(è una pietra preziosa). C’è un sentore quasi romanzo di perennità in questa vita.
Il titolo ci riconduce alla poesia Verso Siena, con verso che c’era già in varie poesie delle
Occasioni e Finistere è bretone, non Finisterre della Galizia.
Col brunire dei cervi nella piova d’Armor l’arco del tuo ciglio s’è spento al primo buio per
filtrare noi= la frase vuol dire che lei si è addormentata al tramonto (al primo buio) con il
bramire dei cervi, immagine che ci riconduce a una natura selvaggia, immagine animale che ben
si adatta al soprannome di lei, Volpe. Il bramire dei cervi: i cervi si fanno sentire al tramonto che
è il momento in cui i cervi si accoppiano. Quindi il bramire dei cervi è soprattutto il bramire dei
maschi che si fanno sentire verso le femmine, questo ci riconduce alla sfera sessuale, fisica.
Nella piova d’Armor: nella pioggia. Armor è legato alla Bretagna nella pioggia della Bretagna.
Piova è un arcaico, usato in questa forma nel Purgatorio canto 30 v. 113 in cui rima v.117 con
prova. L’arco del tuo ciglio s’è spento: i tuoi occhi si sono chiusi, spenti al primo buio. Il v2
d’Armor l’arco del tuo ciglio s’è spento sarebbe aritmico se noi consideriamo tuo come atono,
avremmo quindi un endecasillabo che non ha accenti secondari né sulla quarta, né sulla sesta. Se
noi insistiamo con un tuo accentato, sentiamo l’accento di sesta che cade su tuo e quindi il verso
ritorna canonico in Montale. i versi aritmici con accenti non canonici di quinta e settima sono
presenti negli Ossi di Seppia, ma poi vengono eliminati già a partire dalle Occasioni. S’è spento:
nella prima poesia La Bufera, al v6 si diceva “l’oro che s’è spento sui mogani”, quindi s’è spento
ritorna.
Al primo buio per filtrare poi sull’intonaco albale: intonaco albale è l’intonaco di una parete
bianca che hanno di fronte a loro. Su questa parete quasi magicamente compaiono delle
immagini, quindi o intendiamo che lo sguardo di lei resta impresso in lui stampandosi anche
sulla parete bianca che hanno di fronte nella camera dove sono, oppure che lo sguardo di lei
riappare nell’alba, cioè lei ha gli occhi nell’alba di fronte a lui che l’ha vegliata, ma siccome le
immagini seguenti ci riconducono quasi a una sorta di proiezione di immagini sulla parete bianca
intonacata e quell’albale indica più che l’alba il colore bianco. Bianco come un’alba e infatti dice
dove prillano Quindi improvvisamente sembrano apparire su questa parete bianca proveniente
da fuori delle imamgini che prillano, che girano verticosamente, e sembrano quasi girare ruote di
biciclette (ruote di cicli) fusi (gli assi delle ruote della bicicletta) che sembrano quasi proiettate
dal sole sulla parete bianca. Si vedono tutte queste immagini in movimento perché legate alle
bicilette che passano e dall’interno vengono proiettate le fronde degli alberi scossi dal vento.
Frange è un termine antropomorfo. Forse non ho altra prova che i tuoi occhi: occhi verde-
azzurro, gli occhi di lei, sono gli occhi di Dio. Dio esiste, ma si incarna in lei, nei suoi occhi.

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