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LA PIOGGIA NEL PINETO

Per quanto riguarda La pioggia nel pineto dobbiamo quindi appuntarci prima di tutto i seguenti
dati:     

1. È composta nel 1902
2. Si trova nella raccolta detta Alcyone, che fa parte dell’opera più grande delle Laudi 
3. Il metro è libero: alterna versi che variano dai ternari ai novenari, cioè versi dalle tre alle nove sillabe
Per quanto riguarda i temi e le conseguenti figure retoriche usate per esprimerli dobbiamo fare un
discorso leggermente più ampio.     

L’AMORE PER ELEONORA DUSE- IL TEMA DELL’AMORE

Il tema centrale di questa poesia è quello dell’amore del poeta per Eleonora Duse. D’Annunzio ebbe


una relazione con questa bellissima attrice ed è lei ad ispirare non solo questo componimento ma
l’intera raccolta. Qui la donna amata accompagna il poeta durante una passeggiata estiva in
campagna finché un temporale non li sorprende, lasciandoli soli e intimi nel pineto, sotto l’acqua
che cade e che crea un’atmosfera surreale. La donna viene chiamata “Ermione”, un nome che
ricorda un personaggio della mitologia greca, sposata e abbandonata da Oreste: D’Annunzio è come
Oreste che torna a lei e alla Natura dopo aver dimenticato di contemplare questo mondo
incontaminato, perso nella vita caotica e mondana della città.     Ermione rappresenta non solo una
figura reale ma un concetto, e cioè un amore dimenticato e puro a cui tornare.

PANISMO 
  

Durante il temporale estivo ci si immerge completamente nel paesaggio, il poeta chiede subito alla
sua compagna di far silenzio (“Taci!”) per contemplare solamente i rumori dell’acqua e della
natura che si trasforma intorn.o Al termine della poesia addirittura i due protagonisti sono
diventati una sola cosa con il bosco: al tema del panismo se ne collega subito un altro, quindi, cioè
quello della metamorfosi –la trasformazione del corpo da una forma a un’altra- che il poeta tratta
ricordando le Metamorfosi di Ovidio, poeta classico, dove i protagonisti diventavano elementi
naturali(panismo verso 51-95)

D’Annunzio descrive minuziosamente il temporale estivo e lo rende estremamente


musicale, attraverso l’uso di onomatopee e di un lessico particolare, ma non si limita a
registrare il semplice cadere della pioggia al livello più esterno, ma mette in evidenza, in
particolare, la metamorfosi panica sulla quale si basa tutta la lirica: cioè la trasformazione
vegetale del poeta e di Ermione. Il termine panismo deriva da Pan (dio greco della natura, per
metà uomo e per metà caprone) e si riferisce all’identificazione dell’uomo con la natura, con la
vita vegetale.
FONOSIMBOLISMO
Colpisce, inoltre, la musicalità che caratterizza l’intera lirica e che è ottenuta
attraverso la frantumazione del verso e il ricorso alle rime interne e alle assonanze. Il poeta
tende ad imitare i suoni della pioggia e a inventare delle vere e proprie melodie: le parole più
nuove a cui fa riferimento il poeta al v. 5 sono anche le parole che creano una musicalità
nuova. Per riuscire ad entrare in empatia con la natura il poeta trasforma le sue parole in
musica.
Trasmette questa musicalità con l’uso dell'onomatopea. Il poeta si serve dell’onomatopea
perché la parola deve essere suono della natura: è la natura si disvela mano mano che i due amanti
procedono della loro passeggiata che trasformerà Ermione in donna-natura. Nella poesia le parole
si trasformano in suoni e il suoni diventano quelle parole più nuove attraverso le quali la natura
parla per fondere i due amanti in essa.

LAVANDARE
La lirica fa parte della sezione “L’ULTIMA PASSEGGIATA “, ma fu inserita in Myricae solo nella terza edizione
del 1894. È un madrigale composto da due terzine e una quartina , i versi sono endecasillabi e lo schema
delle rime ci riporta alla rima incatenata(ABA CBC DEDE).

In Lavandare, i temi principali sono quelli dell’abbandono e della solitudine,descritti


nella prima strofa e sono rappresentati dall’immagine dell’aratro dimenticato in mezzo al
campo deserto, che torna all’inizio e alla fine, ed è proprio quest’ultimo un simbolo che
rimanda alla solitudine. Già il titolo evoca un mondo quotidiano e semplice, quale è quello
delle donne che lavano i panni al fiume; il lessico e la sintassi sono elementari e quotidiani, a
differenza della struttura fonica .Le pause marcate (dopo “buoi”, “dimenticato”, “spessi” e
“partisti”), insieme all’enjambement dei versi 2-3, creano un ritmo spezzato e mesto, quasi a
voler riprodurre le “lunghe cantilene” delle donne.

. Nella seconda strofa, invece, le parole onomatopeiche (“sciabordare”, “tonfi”) contribuiscono


al prevalere delle sensazioni uditive; sono descritti i suoni dei panni lavati e i tristi canti delle
lavandaie. La congiunzione coordinante “e” che apre la seconda strofa indica che le due scene
descritte nelle prime due strofe sono accostate, ma nettamente distinte l’una dall’altra. Nella
strofa finale, il ritmo risulta molto rallentato, per rendere l’idea del canto dalle donne come se
fosse un “documento”che descrive il canto (non abbiamo però una posizione verista) , e viene
istituito un parallelo tra la donna protagonista del canto, abbandonata dal marito, e l’aratro
lasciato dai contadini in mezzo al campo. Gli ultimi versi sono tratti da canti popolari
marchigiani.

Anche in Lavandare, che, a prima vista, potrebbe sembrare un bozzetto naturalistico, il


“fumare” mattutino della nebbia, il cadere delle foglie, lo sciabordare delle lavandaie, gli
oggetti semplici legati al mondo agricolo producono una sorta di “rivelazione”, perché
l’oggetto diventa un simbolo, colto per la prima volta da un poeta fanciullino che scandaglia a
fondo la realtà e suggerisce al lettore l’essenza vera di tutto ciò che lo circonda. Tutti questi
elementi diventano una proiezione simbolica dell’inquietudine e della profonda malinconia
dell’animo del poeta.

X AGOSTO
Questa è una delle molte poesie in cui Pascoli rievoca la tragedia personale legata all’uccisione del padre ,
avvenuta proprio il 10 agosto 1867 , il giorno di San Lorenzo . è una lirica che venne pubblicata sul
Marzocco e poi nella quarta edizione di Myricae . è composta da 6 quartine di endecasillabi e novenari
alternati e lo schema delle rime è alternato (ABABCDCD)

Nello specifico, in X Agosto, ricchissima di simboli, Pascoli, come in molti


altri componimenti di Myricae, rievoca la tragedia dell’uccisione di suo padre, avvenuta il 10
agosto 1867, trent’anni prima della stesura della poesia. Il 10 agosto è, però, anche il giorno di
San Lorenzo, quello in cui, secondo la tradizione popolare, si verifica il fenomeno delle stelle
cadenti. Le stelle che cadono rappresentano il pianto del cielo sulla malvagità degli uomini
( simbolismo pascoliano con il cielo )

Prendendo le mosse dalla propria tragica vicenda personale, il poeta affronta i grandi
temi del male e del dolore: la rondine e il padre uccisi, posti in evidente parallelismo,
diventano il simbolo di tutti gli innocenti perseguitati ed alludono scopertamente alla figura di
Cristo, la vittima per eccellenza, che perdona i suoi carnefici sulla croce, richiamata già nel
titolo, con il numero romano X. La rondine che stava tornando al suo nido portando un verme
per i suoi piccoli, è stata uccisa durante il tragitto e li ha lasciati soli ed affamati; allo stesso
modo, il padre del poeta viene ucciso mentre sta tornando a casa, il “nido” chiuso e protetto,
portando due bambole in dono alle figlie, che ora lo aspettano vanamente, proprio come i
piccoli della rondine aspettano la madre, ormai affamati e morenti. L’unica differenza tra la
rondine e il padre in punto di morte sta nella parola “perdono” pronunciata dall’uomo.

La struttura del componimento è circolare (Ringcomposition), poiché esso si apre e si


chiude con l’immagine del cielo inondato di stelle cadenti, simboli del dolore .Il Cielo, ossia
Dio, “piange” sulle miserie umane, ma senza intervenire . Il male, personificato, è
incomprensibile per l’uomo, che si sente sempre in balia di un destino incerto

Di fronte alla malvagità del mondo, l’unico rifugio, dovrebbe essere il “nido”, unico
luogo protetto in cui trovare pace, ma anche questo è lacerato dalle tragiche vicende del
mondo, dunque non può proteggere l’uomo.

L’ASSIUOLO
La lirica fu prima pubblicata sul marzocco e poi della quarta edizione di myricae del 1897 . L’assiuolo è un
piccolo uccello rapace notturno, molto simile ad un gufo che emette un verso malinconico, quasi come se
fosse un lamento che Pascoli rende con l’onomatopeico “CHIU”. Il componimento è formato da tre strofe di
sette novenari piu la sillaba onomatopeica chiu alla fine della terza strofa. Lo schema delle rime è alternato
( ABABCDCD).
La prima strofa inizia con una domanda («Dov’era la luna?»), giustificata dal fatto che il
cielo è quasi immerso nella luce perlacea e le piante, alle quali vengono attribuite peculiarità
umane, si rizzano per vedere la luna. Siamo nel momento che precede l’alba e già inizia a
diffondersi il lamento stridulo dell’assiuolo, il cui verso divine un qualcosa di negativo come
funebre , e nella terza ed ultima strofa si trasforma in un pianto desolato, di morte, capace di
angosciare il poeta, il quale è solo col suo dolore, in un universo immenso. È come se
l’assiuolo fosse il poeta stesso.

Le tre strofe della poesia manifestano un crescendo di pathos e partono


tutte presentandoci immagini di luce (il chiarore della luna, il luccichio delle stelle, gli alberi
lucenti per il riflesso della luna).

La lirica è caratterizzata dal fonosimbolismo: un procedimento linguistico tipico


in Pascoli, il quale ricerca gli effetti sonori nelle parole per trasmettere dei significati ulteriori.
Colpisce, in particolare, il ricorso alle onomatopee che, in questa lirica, acquistano una
rilevanza particolare. L’onomatopea con la quale si concludono tutte le strofe (chiù) altro non
è che il fonosimbolo della morte: rappresenta il suono attraverso il quale i morti comunicano
coi vivi. Seguendo il richiamo del chiù l’io del poeta riesce a comunicare coi morti. La voce
degli uccelli in Pascoli, infatti, serve spesso per consegnare un messaggio pieno di significati
simbolici. Gli uccelli notturni fungono da intermediari fra il mondo dei vivi e quello dei morti.

L’onomatopea tintinni, invece, richiama il «tintinnio segreto» di cui Pascoli parla


nel Fanciullino

Nella terza strofa, come nella prima, il poeta ci pone di fronte ad un interrogativo
invitandoci a riflettere sulla possibilità che le porte della morte rimangano chiuse per
sempre, non permettendo la resurrezione e il ritorno dei propri cari defunti ed anche
impedendo la possibilità di svelare il mistero della vita. In questa strofa il poeta manifesta
tutta la sua angoscia: i suoni del rapace notturno hanno riportato alla sua mente il dolore per
la perdita dei suoi cari e gli hanno capire che la morte incombe su di lui.

I Canti di Castelvecchio si propongono di continuare il programma poetico iniziato con la


precedente raccolta Myricae: alle immagini quotidiane della vita di campagna, si alternano
continuamente i temi della tragedia famigliare e delle ossessioni segrete del poeta, come
l’eros e la morte. La collocazione delle liriche all’interno della raccolta è attentamente studiata
secondo un ordine che segue quello delle stagioni

IL GELSOMINO NOTTURNO
La poesia fu composta da pascoli per le nozze dell’amico Gabriele Briganti e inizialmente venne
pubblicata sotto forma di opuscolo per poi essere raccolta nel 1903 nel canti di castelvecchio . è
composta da 6 quartine di novenari e lo schema delle rime è alternato (ABABCDCD)

La poesia Il gelsomino notturno, a prima vista, potrebbe apparire una descrizione


impressionistica e vivida di un paesaggio notturno, in cui si alternano immagini naturali e
umane, colte attraverso diversi tipi di sensazioni intrecciate: la lirica comincia e si conclude
con l’immagine dei «fiori notturni», i gelsomini rappresentano ciò che avviene durante una
notte. Occorre, tuttavia, specificare che è dedicata alle nozze dell’amico Gabriele Briganti:
come Pascoli stesso esplicita in una nota, essa rievoca allusivamente, solo per analogia, la
prima notte di nozze in cui è stato concepito un figlio. Già la “e” iniziale pare alludere a
qualcosa che viene prima e non viene esplicitato, allusivo, segreto. Allora, i riferimenti alla
casa che “bisbiglia” col lume ancora acceso andranno letti come una allusione alla
fecondazione che lì sta avvenendo, simile a quello che si verifica all’interno del fiore; il colore
rosso e il profumo che si esala per tutta la notte assumono una forte carica sensuale,
diventando una sorta di invito all’amore. Il fiore che si apre al calar delle tenebre e all’alba
racchiude dentro di sé il segreto della fecondazione è un chiaro simbolo sessuale, mentre, ad
esempio, i “petali un poco gualciti” alludono alla perdita della verginità.

IL NIDO . L’AMORE E LA MORTE

Ma l’inno di Pascoli non è un gioioso epitalamio: il poeta è escluso dalla gioia della


fecondazione, (pur cogliendone ogni minima sensazione, anche quelle impercettibili), come
“l’ape tardiva” resta fuori dalla sua celletta. In questa chiave vanno lette le immagini di morte,
che costantemente si alternano a quelle amorose e i frequenti riferimenti al “nido” , il luogo
simbolico e rifugio protettivo in cui si racchiudono gli affetti famigliari del poeta: la tragedia
famigliare ha distrutto il nido, impedendogli ogni legame che non sia quello con i cari defunti
che continuano a vivere come lugubri presenze. Uscire dal “nido” e partecipare appieno alla
vita, per il poeta, significherebbe tradire un vincolo sentito come sacro. L’amore e la morte si
legano in un cerchio indissolubile: le immagini di morte nascondono il segreto della vita: ogni
elemento si può, infatti, associare a diverse aree semantiche fra loro opposte: luce vs oscurità;
rumore vs silenzio; riparo vs esclusione; tali opposizioni, poi, si ricollegano tutte all’antitesi vita
vs morte. Il sereno quadro notturno, formato da intime tensioni ci fa capire la psicologia del
poeta. Il generale senso di mistero è accentuato dal valore metaforico di termini come “urna”
(il recipiente che contiene le ceneri dei morti, ma anche l’ovario del fiore, dove nasce nuova
vita) e dall’indeterminatezza spazio-temporale.

Il testo si presenta come una serie di immagini apparentemente slegate, collegate solo
per analogia, : a fornire tale impressione contribuisce anche la costruzione quasi sempre
paratattica, accentuata anche dagli asindeti.

IL TEMPORALE
È una ballata minima di settenari divisa in due strofe di cui una è costituita da un solo
verso , con schema rimico ABCBCCA. Fù scritta nel 2892 ma poi pubblicata nella terza
edizione di Myricae.

La poesia Temporale è un esempio suggestivo della tecnica impressionistica molto


frequente nelle poesie di Pascoli .  questa liricA si apre con un termine onomatopeico che
sembra introdurre ciò che verrà dopo: si tratta del brontolio del tuono ed anche del nome di
un uccello.
Nel primo verso il poeta introduce un’impressione acustica (il tuono), alla quale fanno
seguito impressioni di carattere visivo-cromatico che, nel finale, lasciano lo spazio al
simbolismo.

Il temporale notturno di cui si parla nella poesia non è un fenomeno atmosferico, ma


un temporale nell'anima: il nero della tempesta rappresenta la sua vita, funestata dai lutti, e
l’ala di gabbiano il nido in cui rifugiarsi per tentare di sopravvivere.(simboli)

L’uccisione del padre porta il poeta ad attaccarsi morbosamente alla famiglia,


soprattutto alle due sorelle Ida e Mariù, con le quali ricostruisce un nido che rappresenta la
metafora dell’infanzia e la protezione della famiglia, necessaria per fronteggiare le avversità
della vita.

Gli ultimi due versi colpiscono sia per l’antitesi fra il nero del cielo e il bianco del
casolare che per l’analogia fra il casolare e l’ala di gabbiano. Il poeta si serve dell’analogia per
accostare elementi di natura diversa, al fine di scoprire i rapporti più profondi che
s’instaurano tra le cose.

L’unica possibilità che gli esseri umani hanno per fronteggiare il dolore e la violenza del
mondo esterno è rifugiarsi in un porto sicuro, in un candido casolare: il nido.

NOVEMBRE
La poesia venne elaborata nel 1890 e pubblicata inizialmente su “LA VITA NUOVA” e poi inclusa nella prima
edizione di myricae . è composta da strofe saffiche composte tra tre endecasillabi e un quinario finale .
Queste strofe però a differenza della strofa saffica classica usata da Saffo , Orazio ; qui presenta pero delle
ABAB CDCD EFEF con parziali assonanze .

Il titolo della poesia in questione richiama la stagione autunnale tutta e, in particolare,


il mese dell’anno in cui si commemorano i propri cari defunti. Il poeta accosta, infatti,
l’illusione che si prova in una giornata autunnale che sembra primaverile alla precarietà
dell’esistenza. Quindi descrive una dimensione ingannevole

Se nella prima strofa della poesia ci troviamo dinanzi alla rappresentazione di una
giornata cristallina di novembre che può, seppur per pochi istanti, portare l’illusione della
primavera, colta sia attraverso sensazioni visive («gèmmea l’aria») che olfattive («del prunalbo
l’odorino amaro»), nella seconda siamo già dinanzi alla consapevolezza, che in realtà si sta
vivendo la stagione autunnale che è una metafora dell’esistenza.

Le piante non sono in fiore, i rami degli alberi sono spogli e spiccano sullo sfondo del
cielo (elementi che indicano la morte). All’illusione della primavera, che altro non è che una
metafora della vita, si contrappone la realtà funebre della morte. Primavera=vita;
autunno=morte

Nella terza strofa ci troviamo di fronte alla tristezza della stagione autunnale: il silenzio
è profondo e il vento fa cadere le foglie. L’aggettivo «fragile», riferito alle foglie. La sinestesia
«cader fragile» (v. 11) e l’ossimoro «estate, /fredda» (vv. 11-12) trasmettono con maggiore
forza il messaggio di precarietà e morte espresso nella lirica.
Il paesaggio rappresentato nella terza strofa si può ritenere universale, come si evince
dall’assenza di riferimenti precisi allo spazio («intorno», «lontano») e dall’assenza di articoli
(«da giardini e da orti»). Infatti Pascoli non intende descrivere la natura in un preciso momento
dell’anno (i giorni della prima metà di novembre, la cosiddetta “estate di San Martino”), ma
trasmettere un messaggio più profondo.
IL LAMPO

Questa lirica venne pubblicata nella terza edizione della raccolta Myricae nella sezione TRISTEZZE . Si
presenta come una ballata piccola costituita da due strofe : la prima costituita da un verso che è una sestina
e la seconda strofa di endecasillabi .lo schema di rime è ABCBCCA.

 essa è un esempio lampante dell’impressionismo e del simbolismo che caratterizzano


tutte le poesie della raccolta e rivela – una grande vicinanza alla poesia Temporale.

l lampo, come si evince dal carteggio stesso del poeta, scaturisce dalla riflessioni fatte
da Pascoli ripensando con dolore all’uccisione e alla morte del padre:

Sin dall’inizio del componimento emerge una realtà di dolore e tormento, in quanto
l’e iniziale sembra evocare un passato di sofferenza e il lampo, che illumina improvvisamente
tutto quanto, permette di vedere il cielo e la terra non come elementi naturali inerti, ma per
quello che sono realmente. Il lampo è una metafora della labilità della vita, oltre ad essere il
simbolo della violenza e della durezza del mondo, dalla quale si cerca di scappare rifugiandosi
nel nido e negli affetti della propria famiglia. Colpisce, a tal proposito, l’antitesi che viene a
crearsi fra la notte scura e tempestosa (come la vita) e il bianco della casa in cui potersi
rifugiare (il nido).

È densa di significato anche la similitudine che accosta l’apparizione fulminea della casa


ad un occhio che si apre e si chiude improvvisamente. L’occhio in questione è quello del padre
del poeta, che lancia il suo ultimo sguardo da morente prima che si consumi l’immane
tragedia.

L’ITALY
Italy è un testo della raccolta Primi Poemetti di Giovanni Pascoli, composto nel 1904. Il
poemetto è strutturato in due canti, per un totale di 450 versi, e le strofe sono formate
da terzine dantesche.
Qui sceglie tematiche socio-contemporanee, iniziando così ad assumere la funzione di poeta
vate. Protagonista di Italy è il fenomeno migratorio degli italiani in America. 

Pascoli, dichiarandosi socialista, rifletteva sull'ingiustizia che il popolo italiano, appartenente ad un


paese proletario, si trovasse nelle condizioni di dover lasciare il nido, la propria patria, per scarsità
di sostanze, e dover andare a lavorare e ad arricchire paesi stranieri. Quindi, il suo
orientamento è più umanitario che politico in senso stretto.

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