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DIFFERENZA TRA SABA E D’ANNUNZIO

In questa parte che abbiamo studiato fin ora abbiamo visto le principali differenze tra due
grandi poeti quasi contemporanei ma con due idee di poesia quasi opposte: Umberto Saba
e D’annunzio.
D’annunzio esibisce la sua sterminata cultura letteraria cioè usa frequentemente termini rari
e preziosi , tende ad usare un registro alto.
D’annunzio è un autore importante, che ha un idea ottocentesca di poeta come essere
superiore che aspira a distinguersi dalla gente comune, ed è il principale esponente della
poesia iperletteraria.
Saba, invece,fa uso di parole semplici e banali come la rima fiore , amore, cioè lui usa molto
poco le figure retoriche, ma fa più uso di figure comuni e adotta un registro medio, o alcune
volte anche medio-basso.
Al contrario di D’annunzio Saba preferisce confondersi con la gente comune ed è il
principale esponente di una poesia volutamente antiletteraria.
Le più celebri poesie di Saba sono: AMAI, LA CAPRA e A MIA MOGLIE.
AMAI
Amai è una poesia manifesto. In questa poesia illustra le due principali caratteristiche della
sua poesia: la scelta di termini banali e semplici e la ricerca delle verità nascoste
dell’esistenza.
Questa poesia è composta da due quartine e un districo(due versi) di endecasillabi (tranne il
verso 3 ch è trisillabo), tutti i versi tranne il primo e l’ultimo sono i rima baciata secondo lo
schema ABBC CBBD DE. La prima strofa contiene la più celebre dichiarazione di poetica di
Saba, cioè che mira a parole semplici e comprensibili a tutti, la seconda strofa è incentrata
sulla ricerca della verità cioè la verità non appare alla superficie delle cose ma è nascosta,
mentre l’ultima strofa riguarda il rapporto diretto tra il poeta e il lettore che apprezza la sua
opera.
Nella prima strofa il registro è medio-basso, si alza nella seconda strofa diventa medio-alto,
ma non tanto per il lessico, ma perchè la sintassi è più complessa. In particolare notiamo la
personificazione del dolore,della verità e del cuore. Sul piano ritmico notiamo un anafora
(ripetizione di un suono o di una parola a inizio verso) del verbo Amai al passato remoto che
è preso poi al presente Amo.
LA CAPRA
Il poeta incontra una capra sola in un parco legata e bagnata dalla pioggia;sta belando e, in
questo suono mite e monotono egli sente il dolore universale che accomuna tutte le creature
viventi.In altre parole è il flebile lamento delle vittime che non urlano il proprio dolore, ma lo
esprimono in toni di mite e paziente rassegnazione. Questa poesia può fare riferimento al
dolore degli ebrei.
Questa poesia è composta da tre strofe irregolari variamente rimate e formate da versi
endecasillabi e settenari, tranne l’ultimo che è un quinario.
Il valore della lirica consiste nella straordinaria capacità di usare immagini e parole semplici
per trasmettere visibilmente ed emotivamente l’idea del dolore universale.
In questa lirica, il lessico è semplice e quotidiano, il testo è scandito da rime e assonanze
( identità di suono delle parole a fine verso riguarda solo le vocali, sempre a partire
dall’ultima vocale accentata) . Nella prima strofa la rima legata, bagnata è in assonanza con
capra e belava; nella seconda strofa ci sono le rime fraterno eterno e varia solitaria e
l’assonanza prima e sentiva a sua volta assonante con la rima semita e semita.
“la frase il viso semita fa riferimento al viso degli ebrei”
A MIA MOGLIE
In questa poesia Saba si rivolge alla moglie Lina, paragonandola a una serie di animali: una
pollastra, una giovenca, una cagna , una coniglia, una rondine , una formica e un’ape.
Questa poesia può sembrare ironica , ma è tutto scritto in modo affettuoso, diventa quindi
una dichiarazione d’amore.
Il tema principale è l’amore coniugale , ma ci sono anche temi secondari che sono
l’ambivalenza alla natura e la maternità cioè la continuità della vita sia nel mondo umano sia
in quello animale.
E’ composta da sei strofe di versi variamente rimati e con prevalenza di settenari.
Le figure retoriche prevalenti in questa poesia sono l’anafora e la similitudine, tutte le strofe
si aprono con l’anafora “A mia moglie”, mentre per quanto riguarda la similitudine l’abbiamo
quando il poeta paragona sua moglie a tutti quegli animali.
La sintassi di questa poesia è abbastanza complicata perché ci sono parecchie inversioni
sintattiche, mentre il lessico è molto semplici in quanto una poesia di Saba.
Ora parliamo delle poesie di D’annunzio, abbiamo: O FALCE DI LUNA CALANTE E LA
PIOGGIA NEL PINETO.
O FALCE DI LUNA CALANTE
In questa poesia il poeta si rivolge alla luna che ha la forma di una falce e risplende sulla
superficie del mare. Il paesaggio notturno è silenzioso , animato soltanto da tremolii e sospiri
, mentre gli esseri viventi si addormentano con i loro sogni e i loro desideri.
E’ composta da tre quartine non rimate, i primi due versi di ogni quartina sono novenari, gli
altri due sono doppi senari , l’ultimo dei quali è tronco.
Un cenno particolare meritano i termini Aneliti e sospiri che hanno un valore polisenimo:
entrambi significano “tremolii , vibrazioni o lievi movimenti “e sospiri significa anche “aromi
profumati”, però entrambi possono anche fare riferimento al mondo del sogno e dei desideri,
quindi è una stretta corrispondenza tra natura e umanità.
LA PIOGGIA NEL PINETO
1. È composta nel 1902
2. Il metro è libero: alterna versi che variano dai ternari ai novenari, cioè versi dalle tre
alle nove sillabe
3. Si trova nella raccolta detta Alcyone.

Il tema centrale di questa poesia è quello dell’amore del poeta per Eleonora Duse.
D’Annunzio ebbe una relazione con questa bellissima attrice ed è lei ad ispirare non
solo questo componimento ma l’intera raccolta. Qui la donna amata accompagna il
poeta durante una passeggiata estiva in campagna finché un temporale non li
sorprende, lasciandoli soli e intimi nel pineto, sotto l’acqua che cade e che crea
un’atmosfera surreale. La donna viene chiamata “Ermione”, un nome che ricorda un
personaggio della mitologia greca, sposata e abbandonata da Oreste: D’Annunzio è
come Oreste che torna a lei e alla Natura dopo aver dimenticato di contemplare
questo mondo incontaminato, perso nella vita caotica e mondana della città.
Figure retoriche connesse a questa tematica:

● Climax: c’è una tensione che sale e che raggiunge l’apice nel nome di Ermione: che
ieri/ t'illuse, che oggi m'illude,/o Ermione.

● Personificazione: Ermione rappresenta non solo una figura reale ma un concetto, e


cioè un amore dimenticato e puro a cui tornare.

● Apostrofe: il personaggio si rivolge direttamente all’amata, chiamandola più volte.

Qui abbiamo una grade quantità di figure retoriche:

● Onomatopee: gocciole; crepitio, crosciare il suono delle parole richiama il


rumore della pioggia.
● Allitterazione: es. 1) tamerici salmastre ed arse dove torna il suono della –t- e
della –s-
2) d’arborea vita viventi/e il tuo volto ebro dove i suoni ripetuti sono –r- e –v-
Tutto questo è necessario a “incantare” chi legge,su questa scia continua
tutta la poesia, provate a scorgere anche voi questo tipo di figura retorica
molto semplice da rintracciare.
● Asindeto: trema, si spegne, risorge, trema, si spegne cioè un elenco di termini
che, usando anche l’allitterazione danno un senso di andata e ritorno dentro e
fuori la natura.

Un ultimo accenno va fatto per le rime – ci siamo quasi e poi leggeremo la nostra
poesia!

In una poesia che non ha uno schema metrico non abbiamo rime come ne troviamo
nei sonetti, alla fine di ogni verso, ma rime sparpagliate e figure retoriche di suono.

Solo alcuni esempi:


● Rime baciate: irti / mirti; accolti / folti; silvani / mani; chiome / come; ginestre /
silvestre
● Rime equivoche: odo / odo; spegne / spegne.

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