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ANALISI DEL TRECENTODECIMO SONETTO DI FRANCESCO PETRARCA:

CCCX è un sonetto contenuto nella raccolta di liriche volgari ‘’Il Canzoniere”di Francesco
Petrarca, composto tra il 1335 e il 1374.
Il sonetto, facente parte della seconda parte del Canzoniere scritta in morte di Laura, tratta
il ridestarsi primaverile della natura e la sofferenza amorosa del poeta, tematiche che si
alternano e contrappongono lungo la narrazione: nonostante la primavera sia motivo di
gioia e consolazione, essa non reca queste sensazioni a Petrarca, che è invece triste per la
morte di Laura; la natura contribuisce inoltre a questa sofferenza, poiché osservandola il
poeta si rende consapevole di non poter più essere felice, dal momento che la morte di
Laura ha chiuso la porta del suo cuore.
Le prime due quartine trattano il tema della primavera, in cui vi è una rappresentazione
della natura in modo surreale, data dalla presenza di ​ ​numerosi rimandi a​ ​fonti classiche e
mitologiche​ ​(Zefiro,re dei venti e figlio di Eolo,che rappresenta il vento primaverile-il mito
di Philomena e Progne,trasformate in una rondine e in un usignolo dagli dei-il ​Paradiso
dantesco-Venere, figlia di Giove, più luminosa e lucente in primavera).
In particolar modo la figura di Venere gioca un ruolo importante, poiché preannuncia
l’amore che la primavera porta nei cuori di ogni essere vivente.
Il campi semantici che emergono nelle prime due quartine sono della bellezza della natura,
della primavera e della luminosità, e assumono un carattere gioioso e positivo, in netta
contrapposizione con la seconda parte del sonetto.
Le due terzine infatti sono caratterizzate da uno stile drammatico e negativo, in cui si segna
il passaggio dalla descrizione esterna della natura all’aspetto interiore e tormentato del
poeta, mediante l’utilizzo del termine’’ma”: mentre la primavera porta amore in ogni
cuore, quello di Petrarca è ormai chiuso e sofferente.
Il senso di angoscia viene conferito dall’utilizzo di termini come ‘’ gravi sospiri”,”deserto”,”
fere aspre et selvagge”e ”cor profondo”, vocaboli che contribuiscono inoltre a determinare
i campi semantici della malinconia e della tristezza.
La netta contrapposizione tra la prima e la seconda parte viene data poi dall’utilizzo degli
enjambement, del tutto assenti nelle quartine per conferire un ritmo pacato e sereno, ma
numerosamente presenti nelle terzine per aumentare il senso d’ inquietudine.
La descrizione della natura è molto ricorrente all’interno dei sonetti di Petrarca, ma
assume caratteri differenti nel passaggio dalle rime in vita a quelle in morte di Laura.
In particolar modo le divergenze si possono notare dalla lettura del novantesimo sonetto
“Erano i capei d’oro a l’aura sparsi” in confronto con l’attuale trecentodecimo sonetto:
mentre nelle rime in vita di Laura la natura funge da sfondo alla bellezza angelica di questa
e ha una connotazione positiva, nelle rime in morte la natura diventa protagonista,
preannunciando e diventando mezzo stesso dell’angoscia del poeta.

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