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“I limoni” - Eugenio Montale

Scritta nel 1921 (mille-novecento-ventuno) , questa poesia apre la sezione intitolata


MOVIMENTI e riveste precedente una chiara funzione programmatica. Montale vi
enuncia una poetica dell’antielloquenza, in nome di un linguaggio piu aderente alle
cose comuni, simboleggiate dai limoni, contrapposti a piante di piu nobili tradizioni
letterarie, che rinviano invece “ai poeti laureati.”

È composta da quattro strofe di versi irregolari e liberamente rimati con rime imperfette
e al mezzo. Questa struttura sembra un'eco della versificazione classica. Il linguaggio
della poesia è sia colloquiale che dotto, e si tratta dunque di alternanza di stili. Nella
prima strofa vi sono cinque enjambement.

"I limoni", umile pianta, diventano simbolo della poetica di Montale che canta povere e
semplici cose e tende a instaurare un rapporto diretto con gli oggetti e le piante.
L'apertura della poesia ha un tono polemico: Montale rifiuta i "poeti laureati" che hanno
falsato la realtà rappresentandola con uno stile aulico, per avere onori e gloria. Egli ama
il linguaggio comune, familiare, per descrivere il paesaggio aspro e brullo della sua
Liguria, ama le stradette che conducono ai fossati, le "pozzanghere mezzo seccate", dove
i ragazzi "agguantano qualche sparuta anguilla" e le viuzze che portano agli orti ravvivati
dal giallo dei limoni dove hanno tregua il conflitto di sentimenti e delle sofferenze
distratte dal loro profumo.
In questi attimi di silenzio in cui la realtà sembra abbandonarsi egli vorrebbe penetrare
nel mistero della natura e scoprire i suoi segreti "uno sbaglio di natura/il punto morto
del mondo/ l'anello che non tiene / il filo da disbrogliare", cioè le cause e gli effetti, il
mistero che ci avvolge, una favilla del divino, del nostro destino. Ma l'illusione di capire
l'ultimo segreto delle cose svanisce, il tempo scorre e le stagioni variano, ed ecco la
delusione: la realtà delle città rumorose, le viuzze strette dove l'azzurro del cielo appare
a piccoli squarci, la pioggia, l'inverno freddo e noioso che riempie l'animo di tristezza.
Quando però da un portone semiaperto appare nel cortile il giallo vivido dei limoni, si
accende una luce che dissolve il gelo del cuore ed evoca un piacevole insieme di profumi,
suoni, e colori familiari e festosi che per un istante riconciliano con la vita.

Il testo inizia con la contrapposizione tra l'autore e i "poeti laureati", con una evidente
antitesi. Quando il poeta parla di sé il linguaggio diventa semplice e colloquiale,
addirittura con apparenti errori grammaticali. Egli contrappone una semplice realtà
naturale a quella intellettualistica e astratta dei poeti "dotti".
Alla fine della prima strofa il poeta nomina per la prima volta i limoni, che con il loro
colore giallo danno una caratterizzazione cromatica improvvisa e sembrano evocare
colori caldi e felici. Tuttavia l'apparizione del limone non rasserena la scena, poiché si
tratta di un frutto aspro, che non crea felicità. Il limone è infatti, come si capirà poi dalle
strofe successive, il "correlativo oggettivo" dell'intera esistenza.
La seconda strofa sembra una ricerca delle corrispondenze tra uomo e Natura. In questa
strofa si notano molti accenni alla poesia decadente di Pascoli e D'Annunzio, in cui si
diceva che l'uomo doveva ascoltare la Natura.Tra gli elementi dell'enumerazione vi è
anche quello del filo da disbrogliare. Questo è il fine della ricerca della verità di Montale,
che, sapendo di non poterla raggiungere, si accontenterebbe di trovare anche solo un filo
che porti ad essa. Tuttavia non riesce a trovare neppure questo poiché, a differenza di
altri poeti come Saba e Ungaretti, la sua ricerca non è basata su emozioni ed elementi
irrazionali, ma è tutta basata sulla ragione.
In questa strofa il poeta affronta anche l'argomento degli uomini che non sono altro che
ombre e, come la Natura, sono indifferenti a ciò che li circonda.
L'ambientazione della poesia si cambia nell’ultimo verso. Se prima essa era ambientata
in una realtà naturale semplice e campagnola, ora il lettore si ritrova in città. L'azzurro
del cielo non si vede più per intero, ma soltanto a frammenti. Anche elementi positivi
come la luce e l'anima in questa strofa assumono connotazioni negative, avara e amara,
e la noia diventa parola chiave. Tutto sembra caratterizzato dal grigio, quando al nono
verso riappare la parola limone, l'elemento naturale grazie al quale "il gelo del cuore si
sfa".

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