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Quattro destrier via più che fiamma rossi San Giovanni (il santo evangelista) attaccò
al giogo il santo evangelista aggiunse; quattro cavalli più rossi del fuoco al giogo, e
e poi che con Astolfo rassettossi, dopo che si sistemò [sul carro] con Astolfo,
e prese il freno, inverso il ciel li punse. prese in mano le briglie, e li spinse verso il
Ruotando il carro, per l’aria levossi, cielo. Il carro ruotando si sollevò nell’aria, e
e tosto in mezzo il fuoco eterno giunse; subito arrivò al centro della sfera del fuoco
che ’l vecchio fe’ miracolosamente, eterno e l’evangelista fece il miracolo per cui,
che, mentre lo passar, non era ardente. mentre lo attraversarono, questo non fosse
ardente.

70 [Astolfo e S. Giovanni] superano interamente


Tutta la sfera varcano del fuoco, la sfera del fuoco e quindi si recano nel regno
ed indi vanno al regno de la luna. della Luna. Vedono che quel luogo in gran
Veggon per la più parte esser quel loco parte è simile a un acciaio privo di qualunque
come un acciar che non ha macchia alcuna; macchia; e lo trovano uguale, o un poco più
e lo trovano uguale, o minor poco piccolo rispetto a ciò che si raduna in questo
di ciò ch'in questo globo si raguna, globo, in questo ultimo globo che è la Terra,
in questo ultimo globo de la terra, aggiungendo il mare che la circonda e
mettendo il mar che la circonda e serra. chiude.

71
Quivi ebbe Astolfo doppia meraviglia: Qui Astolfo si meravigliò due volte: per il
che quel paese appresso era sì grande, fatto che quel paese [la Luna] da vicino era
il quale a un picciol tondo rassimiglia tanto grande, mentre ricorda una piccola
a noi che lo miriam da queste bande; palla a noi che lo osserviamo dalla Terra; e
e ch'aguzzar conviengli ambe le ciglia, per il fatto che deve aguzzare la vista se
s'indi la terra e 'l mar ch'intorno spande, vuole distinguere da lì la Terra e il mare che
discerner vuol; che non avendo luce, scorre intorno ad essa; infatti, non
l'imagin lor poco alta si conduce. emettendo luce, la sua immagine non arriva
molto in alto.
72
Altri fiumi, altri laghi, altre campagne Lassù vi sono fiumi, laghi e campagne
sono là su, che non son qui tra noi; diverse da quelle che ci sono qui; vi sono
altri piani, altre valli, altre montagne, altre pianure, altre valli, altre montagne,
c'han le cittadi, hanno i castelli suoi, ognuna con le sue città e castelli, con case
con case de le quai mai le più magne delle quali il paladino non ne vide prima né
non vide il paladin prima né poi: dopo altre più grandi: e vi sono selve ampie
e vi sono ample e solitarie selve, e solitarie, dove le ninfe cacciano sempre le
ove le ninfe ognor cacciano belve. belve.

73
Non stette il duca a ricercar il tutto; Il duca [Astolfo] non rimase a osservare
che là non era asceso a quello effetto. tutto, poiché non era salito lassù a quello
Da l'apostolo santo fu condutto scopo. Fu condotto dal santo apostolo in un
in un vallon fra due montagne istretto, vallone stretto tra due montagne, dove
ove mirabilmente era ridutto prodigiosamente si raccoglieva ciò che si
ciò che si perde o per nostro diffetto, perde [sulla Terra] o per nostra colpa, o a
o per colpa di tempo o di Fortuna: causa del tempo o della fortuna: ciò che si
ciò che si perde qui, là si raguna. perde qui, si raduna lassù.

74
Non pur di regni o di ricchezze parlo, Non parlo solo di regni o ricchezze, beni sui
in che la ruota instabile lavora; quali la ruota instancabile della fortuna
ma di quel ch'in poter di tor, di darlo lavora, ma voglio anche riferirmi a quello che
non ha Fortuna, intender voglio ancora. la fortuna non ha il potere di dare o togliere.
Molta fama è là su, che, come tarlo, Lassù c'è molta fama, che il tempo a lungo
il tempo al lungo andar qua giù divora: andare quaggiù divora come un tarlo: lassù
là su infiniti prieghi e voti stanno, stanno infiniti voti e preghiere, che noi
che da noi peccatori a Dio si fanno. peccatori facciamo a Dio.

75
Le lacrime e i sospiri degli amanti, Le lacrime e i sospiri degli amanti, il tempo
l'inutil tempo che si perde a giuoco, che si butta via inutilmente nel gioco
e l'ozio lungo d'uomini ignoranti, d'azzardo, il lungo ozio di uomini ignoranti,
vani disegni che non han mai loco, disegni vani che non si concretizzano mai, i
i vani desideri sono tanti, vani desideri sono così tanti, che ingombrano
che la più parte ingombran di quel loco: buona parte di quel luogo: insomma, ciò che
ciò che in somma qua giù perdesti mai, hai perso sulla Terra, salendo lassù potrai
là su salendo ritrovar potrai. ritrovarlo.

76
Passando il paladin per quelle biche, Il paladino, passando per quei mucchi di
or di questo or di quel chiede alla guida. cose, chiede di questo o quello alla sua
Vide un monte di tumide vesiche, guida. Vide un monte di vesciche gonfie, che
che dentro parea aver tumulti e grida; sembravano contenere tumulti e grida; e
e seppe ch'eran le corone antiche seppe che erano gli antichi regni degli Assiri
e degli Assiri e de la terra lida, e della terra di Lidia, e dei Persiani e dei
e de' Persi e de' Greci, che già furo Greci, che un tempo furono potenti e il cui
incliti, ed or n'è quasi il nome oscuro. nome ora è quasi sconosciuto.

77
Ami d'oro e d'argento appresso vede Vede poi ami d'oro e d'argento ammassati,
in una massa, ch'erano quei doni che erano quei doni che si fanno ai re, ai
che si fan con speranza di mercede principi avari e ai protettori potenti con la
ai re, agli avari principi, ai patroni. speranza di una ricompensa. Vede dei lacci
Vede in ghirlande ascosi lacci; e chiede, nascosti dentro delle ghirlande; chiede [alla
ed ode che son tutte adulazioni. guida] e apprende che sono tutte adulazioni.
Di cicale scoppiate imagine hanno I versi che si scrivono in lode dei signori
versi ch'in laude dei signor si fanno. hanno l'immagine di cicale scoppiate.

78
Di nodi d'oro e di gemmati ceppi Vede che gli amori infelici hanno forma di
vede c'han forma i mal seguiti amori. ceppi d'oro e di gemme. Vi erano artigli
V'eran d'aquile artigli; e che fur, seppi, d'aquile e seppi che erano l'autorità che i
l'autorità ch'ai suoi danno i signori. signori danno ai loro uomini. I mantici che
I mantici ch'intorno han pieni i greppi, riempivano tutt'intorno i declivi sono i fumi e
sono i fumi dei principi e i favori i favori che i principi danno ai loro giovani
che danno un tempo ai ganimedi suoi, amanti, e che svaniscono poi col fiore degli
che se ne van col fior degli anni poi. anni.

79
Ruine di cittadi e di castella Qui stavano sottosopra rovine di città e
stavan con gran tesor quivi sozzopra. castelli, insieme a grandi tesori. Domanda e
Domanda, e sa che son trattati, e quella apprende che sono i trattati politici, e quella
congiura che sì mal par che si cuopra. congiura che sembra che si nasconda così
Vide serpi con faccia di donzella, male. Vide serpi col volto di fanciulla, ovvero
di monetieri e di ladroni l'opra: l'opera di falsari di monete e di ladroni: poi
poi vide bocce rotte di più sorti, vide ampolle di diverso tipo che erano rotte,
ch'era il servir de le misere corti. che rappresentavano la servitù delle misere
corti.
80
Di versate minestre una gran massa Vede una gran massa di minestre versate e
vede, e domanda al suo dottor ch'importe. domanda alla sua guida cosa voglia dire. S.
«L'elemosina è (dice) che si lassa Giovanni dice: «È l'elemosina che qualcuno
alcun, che fatta sia dopo la morte.» lascia perché sia fatta dopo la sua morte.»
Di vari fiori ad un gran monte passa, Passa accanto a una gran montagna di fiori
ch'ebbe già buono odore, or putia forte. variopinti che una volta avevano un buon
Questo era il dono (se però dir lece) profumo, mentre adesso puzzavano
che Costantino al buon Silvestro fece. fortemente. Questo era il dono (se posso
dirlo) che Costantino fece al buon papa
Silvestro.
81
Vide gran copia di panie con visco, Vide una gran quantità di trappole con
ch'erano, o donne, le bellezze vostre. vischio, che erano, o donne, le vostre
Lungo sarà, se tutte in verso ordisco bellezze. Sarà lungo se io racconto nei miei
le cose che gli fur quivi dimostre; versi tutte le cose che gli furono mostrate
che dopo mille e mille io non finisco, qui; infatti dopo mille e mille non finirei, e vi
e vi son tutte l'occurrenze nostre: sono tutte le cose che ci riguardano: solo la
sol la pazzia non v'è poca né assai; pazzia lì non è poca né molta, poiché essa
che sta qua giù, né se ne parte mai. sta sulla Terra e non se ne allontana mai.

82
Quivi ad alcuni giorni e fatti sui, Qui Astolfo si concentrò su alcuni suoi fatti e
ch'egli già avea perduti, si converse; giorni, che aveva perduto; e se non c'era con
che se non era interprete con lui, lui una guida [che glieli indicasse] non ne
non discernea le forme lor diverse. avrebbe distinto la forma diversa. Poi arrivò
Poi giunse a quel che par sì averlo a nui, a quella cosa che noi pensiamo di avere, al
che mai per esso a Dio voti non ferse; punto che nessuno ne ha mai pregato Dio;
io dico il senno: e n'era quivi un monte, dico il senno: e qui ce n'era una montagna,
solo assai più che l'altre cose conte. da solo in misura assai maggiore di tutte le
altre cose descritte.
83
Era come un liquor suttile e molle, Esso era come un liquido poco denso e
atto a esalar, se non si tien ben chiuso; fluido, rapido a esalare se non si tiene ben
e si vedea raccolto in varie ampolle, chiuso; e si vedeva raccolto in varie ampolle
qual più, qual men capace, atte a quell'uso. adatte a quell'uso, quale più, quale meno
Quella è maggior di tutte, in che del folle capiente. La più grande di tutte è quella in
signor d'Anglante era il gran senno infuso; cui era racchiuso il senno del folle signor
e fu da l'altre conosciuta, quando d'Anglante; e Astolfo la riconobbe poiché di
avea scritto di fuor: Senno d'Orlando. fuori aveva scritto: Senno d'Orlando.

84
E così tutte l'altre avean scritto anco E così tutte le altre ampolle avevano scritto il
il nome di color di chi fu il senno. nome di quelli che una volta avevano il
Del suo gran parte vide il duca franco; senno. Il duca franco [Astolfo] vide gran
ma molto più maravigliar lo fenno parte del suo; ma lo fecero meravigliare
molti ch'egli credea che dramma manco assai di più molti a cui lui credeva non
non dovessero averne, e quivi dénno dovesse mancare neppure di una goccia di
chiara notizia che ne tenean poco; senno, e qui invece diedero notizia che ne
che molta quantità n'era in quel loco. avevano poco; infatti in quel luogo ce n'era
una gran quantità.
85
Altri in amar lo perde, altri in onori, Alcuni perdono il senno in amore, altri nel
altri in cercar, scorrendo il mar, ricchezze; ricercare gli onori, altri cercando le
altri ne le speranze de' signori, ricchezze per mare; altri nelle speranze dei
altri dietro alle magiche sciocchezze; signori, altri dietro alle sciocchezze della
altri in gemme, altri in opre di pittori, magia; altri in gemme, altri nelle opere dei
ed altri in altro che più d'altro aprezze. pittori, ed altri in altre cose che apprezzano
Di sofisti e d'astrologhi raccolto, più di altro. Lì era raccolto il senno di sofisti e
e di poeti ancor ve n'era molto. astrologi, e anche molto dei poeti.
86
Astolfo tolse il suo; che gliel concesse Astolfo prese il suo, cosa che gli fu concessa
lo scrittor de l'oscura Apocalisse. dall'autore dell'oscura "Apocalisse" [S.
L'ampolla in ch'era al naso sol si messe, Giovanni]. Si limitò a mettere sotto il naso
e par che quello al luogo suo ne gisse: l'ampolla in cui era racchiuso, e sembra che
e che Turpin da indi in qua confesse il senno se ne tornò al suo luogo naturale: e
ch'Astolfo lungo tempo saggio visse; pare che Turpino confessi che da lì in avanti
ma ch'uno error che fece poi, fu quello Astolfo visse lungo tempo come un uomo
ch'un'altra volta gli levò il cervello. saggio; ma un errore che poi commise, fu
quello che lo fece impazzire un'altra volta.
87
La più capace e piena ampolla, ov'era Astolfo prese l'ampolla più capiente e più
il senno che solea far savio il conte, piena, dove era il senno che era solito far
Astolfo tolle; e non è sì leggiera, saggio il conte Orlando; e non era così
come stimò, con l'altre essendo a monte. leggera, come aveva pensato quando era
ammonticchiata insieme alle altre.

Figure retoriche
Approfondimento di alcune figure retoriche:
Anafora
o …in  questo globo si raguna, / in  questo ultimo  globo…, vv.6/7 ott. 70
Climax
o tumulti e grida, v.4 ott.76;
o altri fiumi, altri laghi, altre campagne, v.1 ott.72;
o altri piani, altre valli, altre  montagne, v.3 ott.72;
o  
Chiasmo
o ciò che si perde qui, là si raguna, v.8 ott.73;
Endiadi
o i  fumi … e i  favori, v.6 ott.78
Metafore – varie metafore contribuiscono a rendere pungente l’ironia del testo su
alcune diffuse usanze di quei tempi ed in particolare quelle che rinviano alla vita
cortigiana nonché all’esperienza diretta di Ariosto:
o Ami d'oro e d'argento, v.1 ott.77 –i regali fatti per un proprio tornaconto
sono come ami per attirare il favore dei potenti;
o in ghirlande ascosi lacci, v.5 ott.77 - le adulazioni sono strumentali ad
ottenere qualcosa e vengono nascosti dietro una bella presentazione (la
ghirlanda).
o Di cicale scoppiate imagine hanno  / versi ch'in laude dei signor si fanno,
vv.7/8 ott.77 – le cicale rappresentano i poeti e il canto della cicala è inutile
così come i versi d’occasione dei poeti cortigiani sono chiacchiere vuote che
hanno il solo scopo di adulare i propri Signori;
o I mantici … / sono i fumi dei principi e i favori, v.5/6 ott.78 – i mantici che
sono strumenti con cui soffiare aria per alimentare il fuoco rappresentano
l’inconsistenza dei riconoscimenti e dei favori;
o d'aquile artigli, v. 3 ott. 78 – si riferisce alla rapacità dei potenti
nell’esercizio della loro autorità;
o poi vide  boccie rotte di più sorti, / ch'era il servir de le misere corti, vv. 7/8
ott. 79 – le ampolle rotte rappresentano la servitù delle misere corti perché il
favore accordato al cortigiano è fragile come il vetro e può infrangersi
quando egli non serve più;
o versate minestre, v.1 ott.80 - le minestre versate sono le elemosine fatte
dopo la propria morte che essendo poco meritorie perché tardive ed
opportuniste non servono a nulla  così come inutili sono le minestre versate a
terra.
Metonimia
o ch'aguzzar conviengli ambe le ciglia, v.5 ott.71 – cigliasta per vista - la
parte per il tutto.

TUTTI I TIPI DI FIGURE RETORICHE

Allegoria= associa un immagine ad un concetto elevato.

mi era caduta una montagna sulle spalle

Orazio trimembris= discorso spiegato con tre elementi.

batte forte sempre

Anafora= ripetizione delle stesse parole all'inizio dei versi.

mangia il culo

mangia il buco

Epifora=ripetizione della stessa parola alla fine dei versi.

culo il mangia

buco il mangia

epanalessi=ripetizione della stessa parola ma in mezzo ai versi. (al testo).

il culo è maniato da una cacca

ma la cacca è mangiata da un daino

Ossimoro= contraddizione di un solo elemento sovrapposto. cioè due elementi espressi al contrario(luce
buia, silenzio assordante).

dolce dolore

bella merda

Iperbole= concetto che viene espresso in modo esagerato.

sei un grandissimo pezzzo di merda

Personificazione= con cui si associano ad un oggetto caratteristiche di una cosa animata.

la fortuna bussò dalla mia porta

Climax= ordine di parole poste o in modo crescente o in modo decrescente (anche l'intera poesia).
e qui perterra mi getto grido e tremo

Anastrofe= cambia gli ordini degli elementi .

a grande velocita correndo

grande aiuto fu il suo consiglio

Epiteto= sostantivo attribuito accanto al nome per specificarne le qualità .

tidesch (si intende mattia)

barba canuta

Dittologia= concetto espresso usando due elementi (sinonidica perche ci sono i sinonimi).

foglia e fiora

acqua e fuoco

Allitterazione=ripetizione di suono, ripetizione di parole o lettere che non seguono una simmetria..

amico e immacolato

fortunato e dimagrito

Rima= uguaglianza di vocali o consonanti dopo l’accento tonico (allitterazione, assonanza,consonanza,).

mangio solo sushi con il nonno

anche se lui mangia solo tonno

Polisindeto= ripetizione di una congiunzione anche quando non serve.

cago e cacca e mangio e culo e sushi

Asindeto=mancanza di congiunzione.

cago cacca mangiado sushi

Elissi eliminare un elemento indispensabile. (di solito è il verbo).

dovè la forza antica

Metafora= sovrapposizione di una cosa con un altra(tutte quelle cose che si sottintendono in un concetto).

non vedeva l'ora di tornare al suo nido

Similitudine= acccostamento di una cosa con un altra (come, inguisa di, sembra) PARAGONE .

davide è alto come una scrivania

Antonomasia= prendere qualcuno o qualcosa per sostituire un elemento. vuol dire PER DEFINIZIONE (es.
per antonomasia achille è vigoroso).
marte è comunamente noto anche come il pianeta rosso

Antitesi= si lega come l'ossimoro cioè due elemnti contrari pero anche sui verbi(sempre mi fu= finito ).

se vogliamo che tutto rimanga come è bisogna che tutto cambi

Figura Etimologica= accosta le parole che hanno lo stesso senso etimologico , cioè hanno la stessa radice
etimologica (boschi si è imboscato).

selva selvaggia

Accumulazione= quando ci sono più elementi uguali ripetuti.

Enjambement= quando una frase dovrebbe essere unita,ma invece ciene spezzata in versi diversi.

buon ragazzo con un buon

ragazzo

SENSO DEL TESTO


 Il passo è uno dei più celebri del poema, quello che descrive il viaggio prodigioso del paladino
Astolfo sulla Luna che, nell'invenzione di Ariosto, diventa il luogo metaforico dove si raccoglie
tutto ciò che si getta via sulla Terra: l'episodio riveste un ruolo centrale nella trama, dal momento
che recuperare il senno di Orlando è decisivo per le sorti della guerra contro i Mori e infatti grazie
al contributo del campione dei cristiani il nemico sarà definitivamente sconfitto. Il motivo
dell'assenza dell'eroe che causa gravi danni all'esercito in guerra deriva ovviamente dall'Iliade, in
cui Achille si ritira dalla battaglia e lascia gli Achei privi del suo insostituibile aiuto, e verrà ripreso
anche da Tasso nella Gerusalemme liberata, in cui Rinaldo si allontana dal campo dei crociati e
sarà poi tenuto lontano dalla guerra dalla maga Armida (in tutti e tre i casi il motivo dell'assenza
è riconducibile all'amore, poiché anche Achille litigava con Agamennone per via della schiava
Briseide).
 La descrizione del paesaggio lunare diventa l'occasione per l'autore di ironizzare sulla vanità delle
occupazioni umane, poiché gli uomini sprecano il loro tempo e la vita inseguendo cose che non
raggiungono o che svaniscono presto col passare del tempo: tra queste la fama del mondo, i
sospiri degli amanti, ma anche la grandezza degli imperi del passato destinati a cadere, mentre
un certo disprezzo viene dimostrato verso le "magiche sciocchezze" così come più avanti verso gli
"astrologhi" (la negromanzia era ampiamente praticata negli ambienti anche di corte del
Rinascimento; ► SCHEDA: Magia e astrologia nel Cinquecento). Di particolare interesse è anche
la descrizione della Terra vista dalla Luna, ovvero di un minuscolo "globo" che sembra assai più
piccolo di quanto non appaia a noi e quasi insignificante, dunque la prospettiva di Ariosto è
rovesciata e demistificante (l'autore relativizza la scala dei valori umani, che sembrano importanti
a noi ma che in realtà, visti da un'altra prospettiva, acquistano una consistenza decisamente
inferiore).
 L'autore attraverso questo brano rivolge una dura polemica contro la vita delle corti, specie nelle
ott. 77-79 in cui descrive ironicamente i doni che si fanno ai signori sperando di ingraziarseli,
rappresentati come vesciche gonfie, mentre i lacci nascosti dentro ghirlande sono le adulazioni e
le cicale scoppiate sono i versi della poesia encomiastica (le cicale rappresentano in modo
sarcastico i poeti, di cui più avanti si dice che hanno ben poco senno, e c'è evidentemente molta
auto-ironia da parte di Ariosto che inserì parti encomiastiche nel poema stesso). L'autorità data
dai signori ai loro faccendieri è paragonata ad artigli di aquile, mentre sferzante è l'accusa contro
i potenti che si circondano di favoriti e amanti (i "Ganimedi"), che quando non sono più giovani
vengono messi da parte. La polemica contro il "servir de le misere corti" ricorre in altre opere
dell'autore, specie nella Satira I  in cui Ariosto si giustifica per il rifiuto a seguire il cardinale
Ippolito in Ungheria e rivendica con coraggio la propria libertà (► TESTO: La vita del cortigiano).
 L'errore di Astolfo cui qui l'autore allude (86, 7-8) è narrato nei Cinque canti e si tratta di un
innamoramento del paladino che lo porta di nuovo alla follia. Il senno di Orlando verrà invece
recuperato dal conte nel canto XXXIX (ott. 36 ss.), quando Astolfo aiutato da altri paladini (tra cui
Brandimarte, Dudone, Oliviero) riesce a sopraffare l'eroe in preda alla furia e a legarlo, facendogli
poi odorare l'ampolla con dentro il senno per farglielo recuperare; il passo che descrive Orlando
che rinsavisce (XXXIX, 58) verrà in parte ripreso da Tasso nella Liberata (XVI, 31), quando
Rinaldo verrà sciolto dall'incantesimo di Armida (► TESTO: L'amore di Rinaldo e Armida).

POETICA DI ASTOLFO SULLA LUNA

Orlando ha disprezzato il dono divino della forza prodigiosa di cui e dotato, abbandonando il popolo
cristiano proprio quando esso aveva maggiormente bisogno del suo aiuto. Così il paladino è stato punito
con la pazzia. Ora però Dio stesso ha deciso che il castigo deve terminare e che a Orlando può essere
restituito il senno perduto, che si trova sulla Luna, qui descritta come simile alla Terra, ma con ogni
elemento (i fiumi, i laghi, i monti, le case, i palazzi ecc.) di maggiori dimensioni. Questa, del resto, è una
costante di tutto il poema: ogni volta che vuole creare meraviglia, Ariosto ingrandisce le cose Il mondo
lunare appare come l'opposto di quello terrestre, essendo una sorta di suo rovescio: la Luna ospita infatti
tutto quanto va via dalla Terra (i sospiri degli amanti, la fama, il tempo sprecato, il senno....); soltanto la
pazzia qui non si trova, essendo confinata tutta sul nostro pianeta. Da questa raffigurazione emerge la vena
pessimistica di Ariosto, legata alla riflessione sulla vanità e sull'inconsistenza delle realtà umane.
Un viaggio conoscitivo
L'esperienza di Astolfo non nasconde ragioni trascendenti: la sua finalità è legata al nostro mondo, a
capirne il senso, a investigarne il significato. Non a caso, non si tratta di un viaggio di sola andata: il curioso
cavaliere potrà tornare sulla Terra dopo aver salvato
Orlando e, al tempo stesso, dopo aver capito fino in fondo la realtà della natura umana.
L'aver visto il nostro pianeta dall'esterno gli ha consentito di acquistare un punto di vista privilegiato e
straniante sulle nostre miserie e sui nostri inconsistenti idoli.
La polemica contro i poeti cortigiani
Come una discarica il vallone lunare raccoglie accatastati gli interessi che muovono il mondo e illudono
l’uomo, facendogli rincorrere inutili obiettivi: qui li ritroviamo sotto le immagini simboliche delle preghiere
e delle suppliche rivolte a Dio, delle lacrime versale per amore, dei progetti che non si realizzano mai, delle
sacche gonfie di tumulti e grida.

POETICA DI ARIOSTO

La poetica di Ariosto, come espresso nella sua opera più famosa, l'Orlando Furioso, è basata sulla
combinazione di elementi epici e lirici. In particolare, Ariosto utilizza la struttura del poema epico per
raccontare una storia avventurosa e fantastica, ma allo stesso tempo utilizza la poesia lirica per esprimere i
sentimenti e le emozioni dei personaggi e per offrire commenti e riflessioni sugli eventi narrati. Ariosto è
anche conosciuto per il suo uso dell'ironia e dell'umorismo, che gli permette di affrontare temi seri e
controversi in modo leggero e divertente. Inoltre, Ariosto è stato un innovatore nell'utilizzo della prosa
nella poesia epica, introducendo elementi di narrazione e di descrizione che hanno influenzato molti poeti
successivi. Inoltre, Ariosto ha cercato di raggiungere un equilibrio tra l'aderenza alla tradizione e la
creazione di nuove forme e strutture poetiche. Ha anche sperimentato con diverse forme metriche,
utilizzando sia forme classiche come il sonetto sia forme più libere come il capitolo. In sintesi, la poetica di
Ariosto è caratterizzata dall'utilizzo di elementi epici e lirici, dall'ironia e dall'umorismo, dall'innovazione
formale e dalla sperimentazione metrica.

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