TIPOLOGIA A ANALISI E INTERPRETAZIONE DI UN TESTO LETTERARIO ITALIANO – Giovanni Pascoli, Patria.
Svolta da Daniele Saracino
Pubblicato il 1 marzo 2019 da Giusy Gatti ll titolo di questo componimento di Giovanni Pascoli era originariamente Estate e solo nell’edizione di Myricae del 1897 diventa Patria, con riferimento al paese natio, San Mauro di Romagna, luogo sempre rimpianto dal poeta. Comprensione e analisi Individua brevemente i temi della poesia. I temi principali all’interno della poesia sono prevalentemente due: il primo, che è anche esplicitato nel primo verso, è il tema del sogno. L’autore sogna di ritornare al passato in un giorno d’estate della sua infanzia, vissuta in campagna a San Mauro di Romagna. Qui le descrizioni accurate di ogni elemento della natura rimandano all’interesse e alla passione dell’autore per la botanica, di stampo positivista. Questa passione si manifesta nel testo chiamando gli elementi naturali col loro nome proprio: per esempio al posto di alberi si troverà “olmi”. Il tema della natura è quindi racchiuso nel tema del sogno: questo è un topos proprio della corrente culturale del Decadentismo (di cui fa parte il poeta), che riprende questo interesse dai simbolisti. Il sogno però si infrange fra la penultima e l’ultima strofa: le campane, che festosamente annunciano “l’angelus” (quindi il mezzogiorno), lo destano, riportandolo alla realtà. La poesia si chiude dunque con i temi della realtà destabilizzante e dell’estraneità del poeta rispetto al luogo in cui si trovava. In che modo il titolo «Patria» e il primo verso «Sogno d’un dí d’estate» possono essere entrambi riassuntivi dell’intero componimento? Il primo verso “Sogno d’un dí d’estate” e il titolo della poesia “Patria” sono entrambi riassuntivi del componimento poiché insieme esprimono il senso della poesia: Pascoli infatti rimpiange e vagheggia nostalgicamente il suo paese natìo, dal quale si era allontanato sia per gli studi, sia perché vede sgretolarsi il “nido” originario della famiglia a causa della perdita drammatica del padre, e in seguito quella della madre. Grazie al sogno il poeta riesce a ritornare nella sua “patria” (nella tenuta dei principi Torlonia a San Mauro di Romagna) e a rivivere quel paesaggio che lo ha tanto appassionato e che probabilmente amava. Tuttavia il sogno termina quando il suono delle campane lo riportano in una realtà in cui la sua patria non gli appartiene e dalla quale si sente estraneo, oltreché “forestiero”. La realtà è descritta attraverso suoni, colori, sensazioni. Cerca di individuare con quali soluzioni metriche ed espressive il poeta ottiene il risultato di trasfigurare la natura, che diventa specchio del suo sentire. La natura è trasfigurata nel sogno mediante l’uso dei dati sensoriali, quindi mediante l’uso della descrizione accurata della realtà in base a suoni, colori, sensazioni. Questa descrizione realistica è quasi paradossale rispetto alla metafisica del sogno, che in un certo senso offusca la sensorialità del reale. Per descrivere e trasfigurare la natura, il “poeta botanico” utilizza i suoni e i colori propri della natura: lo “scampanellare tremulo delle cicale”, dato uditivo proprio della stagione estiva; il suono prodotto dal vento che sposta le foglie, immagine tipica del Simbolismo; la ripetizione delle parole omografe “sole” che formano una rima equivoca; questo continuo evocare suoni e colori dalle immagini è una peculiarità dei poeti simbolisti e quindi dei decadenti: anche l’immagine del melograno, che in questo testo è puramente estetica e scenografica, è ricorrente nella poesia di questo periodo. Il poeta cerca il più possibile di sviluppare questa somiglianza con la realtà, anche attraverso l’uso dei nomi dei nomi specifici della vegetazione del suo paese d’origine, come per esempio la tamerice che è tipica della macchia mediterranea. Nella penultima strofa si trova anche il “palpito lontano d’una trebbïatrice”, che fa riferimento ad una personificazione dello strumento utilizzato in agricoltura. In generale la poesia presenta una struttura sintattica frammentaria, probabilmente voluta per sottolineare che le sensazioni (proprie del sogno) prevalgono sulla pulsazione razionale del reale: la prima parte del componimento risulta dunque la parte prevalente, anche metricamente, in cui la luce e i colori estivi sono protagonisti; la seconda invece, formata da pochi versi, è la parte dello stordimento, della confusione, del disagio, in cui l’autore è perso nel suo presente. Tutta la struttura è caratterizzata da una certa musicalità, conferita dagli enjambement, dai suoni onomatopeici, dalle allitterazioni e dalle assonanze, specie della “e” alla fine del verso. Qual è il significato dell’interrogativa “dov’ero” con cui inizia l’ultima strofa? L’interrogativa “dov’ero” posta all’inizio del primo verso dell’ultima strofa, sancisce il passaggio inesorabile dal sogno alla realtà; questo è confermato da punti di sospensione che subito precedono l’interrogativa: fanno intendere l’abbandono del sogno e l’ingresso nella realtà, che è disorientante e quasi provoca sgomento al poeta. Questo smarrimento è tuttavia interrotto dal suono delle campane, che gli indicano di essere ormai ripiombato nel suo presente, in un posto diverso da quello per il quale prova profonda nostalgia. Il ritorno alla realtà, alla fine, ribadisce la dimensione estraniata del poeta, anche oltre il sogno. Soffermati su come è espresso questo concetto e sulla definizione di sé come “forestiero”, una parola densa di significato. “L’angelus argentino”, il suono metallico delle campane a mezzogiorno, stabilisce la fine del sogno e il risveglio nella realtà: il poeta si trova in un posto in cui lui è “forestiero”, quindi in un luogo che col poeta non ha nulla di familiare: perfino il cane gli latra contro, così come farebbe con uno straniero. Pascoli quindi fa scontrare il sogno, in cui si trova nel suo “nido”, con la realtà, in cui lui è “forestiero” in un posto a lui non familiare. Interpretazione Il tema dello sradicamento in questa e in altre poesie di Pascoli diventa l’espressione di un disagio esistenziale che travalica il dato biografico del poeta e assume una dimensione universale. Molti testi della letteratura dell’Ottocento e del Novecento affrontano il tema dell’estraneità, della perdita, dell’isolamento dell’individuo, che per vari motivi e in contesti diversi non riesce a integrarsi nella realtà e ha un rapporto conflittuale con il mondo, di fronte al quale si sente un “forestiero”.Approfondisci l’argomento in base alle tue letture ed esperienze. I temi di estraneità, di isolamento dell’individuo, della sua incapacità di integrarsi e rapportarsi col mondo, sono propri del comportamento dei poeti “bohemiens”, le cui caratteristiche sono riscontrabili anche nei poeti maledetti e nei simbolisti. Comportamenti di questo tipo sono di chi è in una profonda crisi, data dallo scontro fra la loro società (che è quella della Belle Époque, che persegue interessi capitalistici e borghesi) con le singole personalità di questi autori, che evidentemente non riescono a conformarsi all’ottica progressista e materialista della loro realtà sociale. Nel caso di Pascoli, la sua forma mentis, su base positivista, gli garantisce solo un acuirsi di questa specie di crisi interiore: gli studi scientifici lo convincono che la scienza non riesce ad assicurargli tutte le risposte di cui necessita, e che la presenza di Dio è puramente illusoria e priva di base razionale. Il poeta non sa dunque in cosa rifugiarsi, smarrendosi nella sua realtà in continuo sviluppo, e sentendosi “forestiero” del proprio presente.