Sei sulla pagina 1di 3

GIACOMO LEOPARDI

INTRODUZIONE

Giacomo Leopardi è uno dei più grandi poeti della letteratura italiana eppure siamo portati ancora oggi a
considerarlo semplicemente come un poeta negativo, infelice, cupo, un poeta ammalato con la gobba che
studiava troppo. Tutte queste convinzioni che abbiamo su di lui sono in realtà errate. Leopardi non è il
poeta dell’infelicità, non è il poeta della morte, piuttosto il poeta della vita. Non è infatti un personaggio
isolato dal mondo e dai problemi del suo tempo interessato soltanto a lamentarsi o a parlare in modo
vittimistico della propria infelicità. Al contrario il fine di tutta la poesia di Leopardi è quello di celebrare la
bellezza della vita umana e di raccontarci non con rassegnazione ma quasi con una forma di ribellione, di
protesta le sofferenze che tutti gli uomini vivono. Ci parla di quegli ostacoli che tutti noi incontriamo nel
percorso della nostra vita e ci spiega anche il modo per aggirarli e le possibili soluzioni che abbiamo di
fronte alla nostra sofferenza. Leopardi non si rifugia nella delusione, nello sconforto piuttosto rivendica in
modo quasi eroico l’importanza della felicità. Quello che effettivamente chiamiamo pessimismo
leopardiano è semplicemente la consapevolezza dello Stato di sofferenza di tutti noi esseri umani ma non si
ferma lì il discorso di Leopardi.

VITA

Giacomo Leopardi nasce nel 1798 a Recanati, un piccolo paese delle Marche che fa parte dello Stato
pontificio. La sua famiglia è una famiglia nobile del posto vive infatti nell’antico palazzo del casato al centro
di Recanati. Il mondo di Recanati e della famiglia di Leopardi è un mondo chiuso in se stesso è un mondo
molto piccolo di provincia. Il padre Monaldo è un reazionario cioè una persona ostile a tutte quelle nuove
idee a quei cambiamenti che stavano circolando nell’Europa del tempo. Qualche anno prima c’era stata la
rivoluzione francese. È impegnato proprio a proteggere i figli da qualsiasi contatto con l’esterno. Allo stesso
modo Adelaide, la mamma di Leopardi, una donna molto rigida e incapace di coltivare gli affetti molto
religiosa vede però nel cattolicesimo semplicemente un insieme di regole, di obblighi molto rigidi che vanno
a svilire la personalità dei figli. In tutta questa situazione obiettivamente chiusa e priva di affetti Leopardi
cresce con una grande voglia di amore, di attenzione. Proprio nello studio trova l’occasione per aprire i suoi
conti per guardare al di là del suo piccolo natio borgo selvaggio come lo definisce cioè della sua piccola
Recanati. Sicuramente era un ragazzino già intellettualmente vivace precoce. Dal 1809 al 1816 si dedica
infatti allo studio matto e disperatissimo si dedica allo studio delle lingue antiche, delle lingue moderne
della filologia, della filosofia della poesia anche grazie alla ricca biblioteca del padre che gli mette a
disposizione. Tuttavia Leopardi fin da subito ha una salute abbastanza cagionevole. Sulle malattie di
Leopardi si è detto tanto principalmente i problemi erano relativi alla vista e alla deviazione della spina
dorsale. Probabilmente lo studio contribuisce all’aggravarsi di queste malattie. A un certo punto sente
anche il bisogno di fuggire dalla propria casa. Nel 1819 tenta questa fuga da questa piccola realtà chiusa di
Recanati che Purtroppo però fallisce miseramente. Continua comunque a dedicarsi la poesia infatti dal 1819
al 22 scrive i più grandi componimenti poetici di quell’epoca: l’infinito per esempio alla luna. In questi anni
comincia l’amicizia con Pietro Giordani uno dei più grandi intellettuali del tempo che sarà una figura
importante per lui: una guida intellettuale ma anche un confidente, un amico vero. Il 1822 fa un viaggio a
Roma un viaggio molto importante perché rimarrà profondamente deluso dalla città che è assolutamente
decadente e lasciata a se stessa ma rimarrà anche deluso dai personaggi che la popolano principalmente da
tutti quegli intellettuali che nei propri salotti non facevano altro che disquisire di questioni abbastanza
arretrate antiquate e Leopardi fin da subito capisce che è più avanti rispetto agli intellettuali della sua
generazione. Dal 1825 Leopardi riesce finalmente ad emanciparsi da Recanati e comincia a viaggiare grazie
soprattutto ad alcune collaborazioni e lavori editoriali riesce a spostarsi per esempio al Bologna a Firenze a
Pisa. Nel 1830 è a Firenze e comincia finalmente ad entrare nel vivo del dibattito culturale del tempo
frequenta dei salotti molto importanti come quello di Fanny targioni tozzetti dalla quale tra l’altro si
innamorerà ma avrà una grande delusione. Gli ultimi anni della sua vita Leopardi se li passa a Napoli dal
1833 al 1837 ospite dell’amico Ranieri e di sua sorella che lo accolgono e lo aiutano negli ultimi anni che
sono caratterizzati da un aggravarsi ulteriore delle sue condizioni di salute. Leopardi ebbe una vita molto
breve morì a 39 anni eppure l’ultima parte della sua vita è caratterizzata da un atteggiamento combattivo,
impegno anche deciso nei confronti della realtà del suo tempo.

OPERE

Le opere principali di Leopardi sicuramente i canti un’opera che raccoglie tutte le sue più grandi poesie
dall’infinito al sabato del villaggio a Silvia la Ginestra. Un’altra opera importantissima è lo zibaldone un vero
e proprio diario che Leopardi scrive dal 1817 al 1832 e qui ci sono ricordi, appunti, riflessioni filosofiche e
sono tutti mescolati. Non c’è un vero e proprio ordine preciso sistematico. Tra le opere principali mettiamo
anche le operette morali cioè la principale opera in prosa di Leopardi. 24 testi sotto forma di dialoghi tra
personaggi storici, fantastici, leggendari su questioni relative alla condizione umana, questioni filosofiche.

PENSIERO

Il pensiero di Leopardi è complesso e muta nel tempo. Al centro del pensiero di Leopardi c’è l’infelicità
dell’uomo. L’uomo è infelice, soffre nel corso della sua vita e la causa principale di questa sofferenza
secondo Leopardi e la ricerca del piacere. L’uomo nel corso della sua vita ricerca costantemente il piacere
come fonte di felicità e stiamo parlando di un piacere materiale di un piacere sensibile tuttavia ogni a
pagamento di questo desiderio risulta temporaneo e parziale. Nessuno dei piaceri di cui può godere l’uomo
risulta infinito per estensione e per perdurata al contrario ci lascia sempre profondamente insoddisfatti alla
ricerca di un piacere infinito che però ci sfugge di continuo.

In una primissima fase alcuni critici parlano di pessimismo individuale cioè una fase in cui Leopardi prende
coscienza della propria personale infelicità data dalle malattie, dal contesto rigido nel quale cresce. Questo
pensiero però molto presto si apre e si trasforma diventa qualcosa di più complesso parliamo infatti di vero
e proprio pessimismo storico. Secondo Leopardi infatti a questa infinita insoddisfazione e sofferenza
possiamo porre l’illusione, l’immaginazione che sono degli strumenti che la natura benigna ci mette a
disposizione per sopportare questo stato di sofferenza più siamo in contatto con la natura più siamo vicini a
questo aspetto di immaginazione e di illusione più siamo felici non a caso infatti in questa fase del
pessimismo storico in più felici per esempio tra gli antichi e moderni sono gli antichi perché gli antichi
avevano un rapporto diretto con la natura ma che invece i moderni, cioè i contemporanei di Leopardi,
stanno via via perdendo a causa del progresso, della ragione o per esempio tra fanciulli e adulti in questa
fase più felici sono i fanciulli perché sono capaci ancora di immaginare, di illudersi e di avere un contatto
diretto col loro aspetto più naturale. La ragione non li ha ancora portati a rendersi conto Dello Stato di
sofferenza nel quale dovranno vivere. Il progresso della civiltà ma anche l’avanzamento della propria età
biologica portano quindi, secondo Leopardi, ad un inasprimento della sofferenza. Questa concezione però
del pessimismo e in generale della natura entra presto in crisi. Il pensiero di Leopardi cambia si fa ancora
più complesso. Leopardi capisce che è proprio la natura a mettere dentro di noi questa continua ricerca del
piacere, questo desiderio costante del piacere però non ci dà i mezzi per soddisfarlo cioè la natura non è
più una madre benigna che ci mette al mondo e dalla quale poi noi purtroppo nel corso degli anni ci
allontaniamo a causa della ragione al contrario è un madre matrigna c’è una madre crudele che ci mette al
mondo e ci lascia a noi stessi anzi ci fornisce tutti quegli strumenti di sofferenza come per esempio appunto
il piacere. La natura diventa un certo punto addirittura un meccanismo cieco indifferente nei confronti delle
sofferenze dell’uomo che anzi sono necessarie per la conservazione della specie. Cioè la distruzione
dell’uomo, la malattia, la vecchiaia, la morte sono necessarie per continuare questo meccanismo cieco,
folle, crudele che la natura mette in moto per noi. Quindi l’uomo non è più causa della propria infelicità
come avveniva nel pessimismo storico è vittima della natura. Una natura crudele maligna e addirittura a un
certo punto indifferente che ci mette al mondo per farci soffrire. Questa quella che viene chiamata la fase
del pessimismo cosmico cosmico perché riguarda tutti gli esseri viventi e anche perché questo meccanismo
è proprio un meccanismo del cosmo il meccanismo di base del funzionamento della natura. Questo
meccanismo crudele e insensato che fa del male all’uomo non è un meccanismo secondo Leopardi creato
da Dio, Dio è il grande assente nel pensiero di Leopardi. Leopardi in realtà sta parlando di qualcosa di cui
facciamo esperienza tutti nel corso della nostra vita. La sofferenza esiste la ricerca del piacere è costante
insoddisfazione anche. Per questo Leopardi è il poeta della vinta e ci racconta il funzionamento reale
concreto di quello che noi chiamiamo vita. È importante però non dimenticarci dell’ultima fase della sua
poesia che coincide con un lungo componimento chiamato la Ginestra e in questa fase della sua vita
Leopardi ci dice qualcosa di molto importante. Leopardi ci dice che l’uomo, proprio perché ha un nemico
comune la natura e ha una comune disgrazia deve riscoprire un senso di solidarietà, cioè consapevoli della
sofferenza che gli accomuna gli uomini devono essere in grado di allearsi tra di loro per aiutarsi a vicenda a
sopportare questo dolore. È un vero e senso di umanità è un messaggio assolutamente positivo ecco qui
che Leopardi non è un poeta rassegnato alla sofferenza, al dolore è un poeta che invece cerca di protestare
contro questo dolore di darci delle possibili soluzioni. Una delle possibili soluzioni è quella di allearci con gli
altri cioè quella di riscoprire un senso di appartenenza.

POETICA

Se l’uomo è impossibilitato a raggiungere una piena soddisfazione del proprio piacere ha però a
disposizione lo strumento dell’immaginazione. Nell’immaginazione l’uomo può approvare piaceri infiniti.
L’immaginazione può essere infatti una vera e propria alternativa di una realtà piena di noia e dolore cioè
nella realtà di tutti i giorni ci sono degli elementi che hanno una vera e propria forza suggestiva, che hanno
la capacità di farci sviluppare l’immaginazione è il caso della famosissima siepe dell’infinito. La poesia di
Leopardi quindi è piena di parole, di termini che devono stimolare questa immaginazione, sono immagini
molto vaghe, sono parole molto generiche, cioè delle parole ricche di risonanze. Se pensiamo alla stessa
parola infinito è una parola che non ci rimanda una sensazione di concreto piuttosto ad un concetto molto
vago, ad un concetto molto astratto. Queste sono tutte immagini suggestive vincenti perché sono delle
immagini che in qualche modo ci hanno affascinato quando eravamo fanciulli e quindi diventa
fondamentale per la poetica di Leopardi il tema della rimembranza cioè la poesia deve andare a recuperare
tutte quelle vecchie immagini della fanciullezza che ci hanno fatto provare stupore che ci hanno reso felici a
livello tecnico, a livello pratico. Tra l’altro Leopardi spesso non utilizza delle rime avvalendosi del verso
sciolto o per esempio di strofe dalla lunghezza variabile. Tutto questo non fa perdere comunque musicalità
cioè componimenti anzi la rafforza. Su Leopardi ci sarebbe tantissimo altro da dire è riduttivo parlare in
questi termini di un poeta del genere tuttavia questi sono i punti fondamentali dell’autore quelli che sono
stati anche principalmente schematizzati dalla critica letteraria ma la parte più bella poi è quella dei testi c’è
andare a leggere quello che Leopardi realmente ha scritto e prendere spunto da quello per la nostra
esperienza personale cioè per arricchirci di riflessioni e di pensieri che possono aiutarci anche nella vita di
tutti i giorni a superare dei problemi questo Leopardi riesce a farlo forse più di ogni altro autore.

Potrebbero piacerti anche