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Per molti è stato un poeta pessimista, infelice e triste, quindi un poeta della morte, invece ci si rende
conto che ha protestato contro l’infelicità definendosi un poeta della vita ma era consapevole che la
condizione naturale dell’uomo. La felicità dell’uomo può coincidere soltanto con il piacere materiale e
infinito per estensione e durata. La riscoperta dello zibaldone è avvenuta grazie a Luberini che prese
in esame i suoi pensieri. L’uomo non può raggiungere la felicità eterna e per questo si parla di
pessimismo cosmico. Nel testamento poetico dirà che gli uomini possono reagire unendosi in una
catena sociale, nella quale consiste il vero progresso (amore fraterno).
Nacque a Recanati dal conte Monaldo e Adelaide Antici; i genitori era profondamente diversi in
quanto il padre era un uomo colto ma arretrato e costruì una biblioteca in cui potevano studiare i figli.
Le idee influenzarono Giacomo in quanto nel 1815 scrisse un’orazione agli italiani per la liberazione
del Piceno, pensava che l’Italia dovesse essere divisa in piccoli stati governati dai regnanti sotto il
controllo dell’Austria. La cultura del padre era accademica che non guardava alla modernità. Faceva
degli spettacoli in cui invitava i nobili per mettere in mostra il genio del proprio figlio ed anche
affettuoso a differenza della madre, molto dura e distaccata (ricordata come una donna che aveva
sempre le chiavi della casa, si occupava del patrimonio della famiglia).
Studiò con precettori fino a 10 anni, e proseguì da solo in modo matto e disperatissimo; imparò le
lingue e tradusse i testi latini e greci, ma conosceva anche l’inglese, il francese e lo spagnolo e
questo gli permise di entrare in contatto con letterature straniere. Tra il 1815 e 16 si ebbe la sua
conversione dall’erudizione (cultura classica) al bello, iniziando a leggere anche i moderni (Foscolo,
alfieri, Werther, Madame de Stael). Entrò in contatto con gli intellettuali e scambiò numerose lettere
con pietro giordani (esponente classicista, democratico, laico e antriclericista). Vista questa
corrispondenza anche amichevole lo influenzarono, suscitando la gelosia del padre il quale intercettò
delle lettere, pietro riuscì ad andare a casa di leopardi. Si organizzò una fuga, ottenendo un
passaporto per la Lombardia ma venne scoperto; iniziò la sua malattia agli occhi. Nel 1819 c’è un
passaggio dal bello al vero (consapevolezza filosofica dell’infelicità dell’uomo), scrisse l’infinito e
moltissime pagine dello Zibaldone, scrisse delle canzoni e anche all’Italia. Nel 1822 potè finalmente
lasciare la casa paterna doveva viveva il fratello della madre, rimase dalla cultura arretrata di Roma e
della grandezza dei monumenti, perché era stato invitato per farlo entrare nell’amministrazione
pontificia accentando l’abito da chierico (Leopardi non aveva queste intenzioni e gli impedì di ottenere
un posto all’accademia delle belle arti e la cattedra di eloquenza greca e latina alla sapienza). Torna a
Recanati ed ha una conversione dal vero all’acerbo vero (infelicità espressa in opere in prosa,
operette morali); lascia Recanati in quanto l’editore stella gli chiese di scrivere un’antologia di prosa e
poesia, un’opera su Petrarca e cicerone. Si reca a Milano, Bologna e Firenze, nella quale entra in
contatto con un circolo chiamato gabinetto Viesseux. Si aspettava una migliore accoglienza e poi si
recò a Pisa, dove il clima era più favorevole alla sua malattia e scrisse una lettera alla sorella paolina,
in cui aveva ritrovato la capacità di scrivere i versi all’antica (ne uscì la poesia a silvia). Torna a
Recanati perché si aggrava la sua salute ma anche perché l’assegno di stella gli venne sospeso e nel
1830 accetta un’offerta dagli amici fiorentini che gli permise di lasciare Recanati per sempre. Ebbe il
primo amore non ricambiato, di una donna molto colta Fanny Targioni Tozzetti, ma nello stesso
momento si lego con Antonio Ranieri, un napoletano esiliato con cui passò il resto della vita. Scrisse
un ciclo di poesie sulla delusione amorosa che si chiama il ciclo di Aspasia (nell’antica Atene, Aspasia
era l’amante cortigiana di Pericle). Leopardi e Ranieri vanno a Napoli dove rimangono fino alla morte
di giacomo, qui leopardi entra in polemica con l’ambiente napoletani, per sfuggire al colera, i due
insieme alla sorella di Antonio si recano sulle falde del Vesuvio, in cui scrive il testamento poetico-la
ginestra (ultimo canto). Nel 1837 muore.
PENSIERO
Pessimismo che parte dalla constatazione che l’uomo sia infelice. La felicità coincide con il piacere
materiale e non spirituale, che non può essere raggiunto (Schlegel). La natura all’inizio è favorevole e
cerca di aiutare l’uomo, concedendo l’immaginazione e le illusioni. L’uomo è più capace di
immaginare da piccola, ed è importante la rimembranza di ciò che provava da piccolo. Le illusioni
aiutano a vivere meglio e a raggiungere la felicità. Gli antichi sono i più vicini alla natura quindi più
fantasia in confronto ai moderni siccome c’è stato il progresso che rende consapevoli della nostra
infelicità. Si parla di Pessimismo Storico, che arriva nella storia e coinvolge più i moderni e gli antichi,
capaci di compiere azioni. L’uomo deve reagire in modo titanico (ribellarsi all’infelicità), che esprime
nelle canzoni e nella ginestra. Secondo lui il male arriva per colpa del fato però poi cambia, dicendo
che la natura diventa una divinità malvagia che non pensa al bene dell’uomo ma alla conservazione
della specie. Il pessimismo diventa cosmico (antichi e moderni). La malattia, la vecchiaia, la morte e i
cataclismi sono i mali che rendono l’uomo infelice. Il pessimismo storico (antichi non infelici) nella
prima fase e cosmico nella seconda fase (tutti gli uomini sono infelici). Leopardi anche nella seconda
fase continua sempre a credere che gli antichi siano sempre infelici dei moderni perché conducevano
una vita più attiva e quindi potevano pensare di meno alla loro felicità.
Nel pessimismo storico L’aspetto titanico (ribellione rispetto al male che può fare la natura; dirà che gli
uomini per reagire al male della natura devono riunirsi in una social catena e reagire) lo esprime nelle
canzoni e nella ginestra. L’uomo deve dimostrare atarassia (assenza di turbamento) nella fase del
pessimismo storico, quindi rimanere distaccato; è la fase in cui scrive le operette morali. Nell’ultima
fase torna ad un atteggiamento titanico.
La natura è malvagia e maligna, che non vuole il bene dell’uomo ma il male perché pensa solo alla
conservazione della specie.
L’uomo non può raggiungere il piacere però al posto del reale può far lavorare l’immaginazione
attraverso immagini e suoni vaghi e indefiniti. La bellezza della poesia consiste proprio nel vago e
indefinito (notte, ultimo, eterno ecc.)