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Il drugstore
Parly 2
Negli shopping center convergono tutte le manifestazioni del consumo: le sue divinità, i suoi demoni.
Questo significa che tutte le attività, i lavori, i conflitti e le stagioni vengono riassunti in un'unica astrazione.
Ciò che caratterizza la società del consumo è l'universalità del fatto diverso nel consumo di massa. Ogni
informazione di natura politica, storica o culturale viene recepita nella stessa forma del fatto diverso. In
altre parole, tutto ciò che viene presentato al consumatore assume una forma uniforme di diversità.
La società dei consumi non si limita alla crescita delle spese individuali, ma include anche l'aumento delle
spese sostenute da terzi, soprattutto dal governo, a beneficio dei cittadini e con l'obiettivo di ridurre le
disuguaglianze nella distribuzione delle risorse. Tuttavia, in una società profondamente disuguale, le azioni
politiche volte a garantire un accesso formalmente equo spesso finiscono per aumentare ulteriormente le
disuguaglianze.
Gli svantaggi
I progressi nell'abbondanza, ovvero nella disponibilità di beni e attrezzature individuali e collettive sempre
più numerosi, comportano un aumento corrispondente di "svantaggi". Questi sono sia il risultato dello
sviluppo industriale e del progresso tecnologico, sia delle strutture stesse del consumo (come la
degradazione ambientale causata dalle attività economiche, l'inquinamento dell'aria e dell'acqua, la
distruzione del paesaggio, le perturbazioni nelle aree residenziali).
Inoltre, si possono aggiungere al bilancio la rapidità con cui i prodotti e le macchine diventano obsoleti, la
distruzione delle strutture tradizionali che soddisfacevano determinate esigenze, la proliferazione di false
innovazioni che apportano pochi benefici tangibili al nostro stile di vita.
Lisle sostiene che il costo del rapido progresso della produzione è la mobilità della forza-lavoro e, di
conseguenza, l'instabilità dell'impiego. Questa rinnovazione e riciclaggio delle persone porta a pesanti costi
sociali e, soprattutto, a un'ossessione generalizzata per l'insicurezza.
In breve, ovunque si raggiunge un punto in cui la dinamica della crescita diventa circolare e si ripiega su se
stessa, e sempre più il sistema si esaurisce nella sua riproduzione.
Gli aspetti deficitari, la degradazione e l'obsolescenza non vengono considerati o, se lo sono, vengono
valutati positivamente. Ad esempio, le spese sostenute per pendolarismo vengono considerate come spese
di consumo. "Ogni cosa prodotta è sacralizzata solo per il fatto di essere prodotta". Tutto ciò che viene
prodotto è considerato positivo e tutto ciò che può essere misurato è considerato positivo.
Nel diciottesimo secolo, Mandeville sosteneva la teoria secondo cui la società si equilibra a causa dei suoi
vizi, non delle sue virtù. Egli affermava che la pace sociale, il progresso e la felicità degli individui sono
raggiunti attraverso un'immoralità istintiva che li spinge a infrangere le regole.
Lo spreco
Il consumo e lo spreco sono parte integrante della società dei consumi, in cui si cerca di oltrepassare il
necessario per soddisfare un desiderio di abbondanza e vitalità. Gli investimenti redditizi e superflui sono
strettamente legati, e la cultura di massa celebra gli eroi del consumo. La produzione si basa sempre più
sull'accelerazione del rinnovamento e sulla diminuzione del valore d'uso degli oggetti. Il consumo è
diventato un obbligo forzato, spesso inconsapevole, e la distruzione degli oggetti è una componente
fondamentale del sistema.
Il discorso sui bisogni si basa spesso sull'idea ingenua della propensione naturale alla felicità. La società
moderna cerca di misurare la felicità in base a oggetti e segni, creando un mito di uguaglianza. La Carta dei
Diritti dell'Uomo riconosce il diritto alla felicità per tutti. Tutti gli individui sono uguali di fronte al bisogno e
alla soddisfazione, ma sono diseguali di fronte al valore di scambio. La ricerca sull'uguaglianza consumistica
sostituisce i veri problemi e la loro analisi. Le società producono differenze e discriminazioni basate
sull'utilizzo e la distribuzione delle ricchezze. Il sistema capitalistico ha razionalizzato e generalizzato questo
dislivello a tutti i livelli. L'ostentazione quantitativa dei ricchi si trasforma in distinzione discreta.
1. L'approccio idealistico-magico di Galbraith e altri, che esclude tutti i fenomeni negativi dal sistema,
come disfunzioni, svantaggi e povertà, preservando l'illusione di una crescita incantata.
2. Considerare che il sistema si basa sullo squilibrio strutturale e sulla penuria, e la sua logica è
ambivalente: produce sia ricchezza che povertà. La sua unica logica è la sopravvivenza. Se la
povertà e gli svantaggi sono irriducibili, è perché si trovano ovunque, tranne che nei quartieri
poveri, ma nella struttura socio-economica stessa. Il sistema si preoccupa solo delle condizioni per
la sua sopravvivenza e ignora i contenuti sociali e individuali. Il consumo, l'informazione, la
comunicazione, la cultura e l'abbondanza sono oggi esposti e organizzati dal sistema stesso come
nuove forze produttive, per il proprio vantaggio. Si converte (relativamente) da una struttura
violenta a una struttura non violenta, sostituendo lo sfruttamento e la guerra con l'abbondanza e il
consumo. In questo cambiamento obbedisce solo alle proprie leggi.
Le nuove segregazioni
Gli svantaggi stessi sono assorbiti nella logica sociale insieme all'abbondanza.L'ambiente urbano e
industriale influenza l'emergere di nuove rarità, come lo spazio, il tempo, l'aria pura, il verde, l'acqua e il
silenzio. Ciò che un tempo era gratuito e abbondante diventa un bene di lusso accessibile solo ai privilegiati,
mentre i beni manufatti e i servizi sono offerti in grande quantità. La distorsione e l'ineguaglianza non
vengono ridotte, ma semplicemente trasferite. Il consumo diventerà patrimonio di tutti quando non avrà
più alcun significato. La conoscenza e il potere sono diventati o stanno per diventare i due grandi beni rari
nella nostra società dell'abbondanza. L'apparizione di nuovi diritti sociali (come il diritto alla salute, allo
spazio, al tempo libero), proclamati come slogan e manifesto democratico della società dell'abbondanza, in
realtà è sintomatica del passaggio di questi elementi al rango di segni distintivi e privilegi di classe (o di
casta). Ad esempio, il "diritto all'aria pura" implica la perdita dell'aria pura come bene naturale, la sua
trasformazione in merce e la sua redistribuzione sociale diseguale. Non dovremmo considerare come un
progresso sociale oggettivo (il fatto che sia "diritto" sancito dalla legge) ciò che è in realtà un progresso del
sistema capitalistico, cioè la progressiva trasformazione di tutti i valori concreti e naturali in forme
produttive che generano profitto economico e sociale.
Un’istituzione di classe
Il consumo non promuove l'omogeneità sociale, ma anzi accentua le disparità esistenti. L'ideologia del
consumo, come quella della scuola, crea l'illusione di una completa uguaglianza di fronte agli oggetti di
consumo, così come si crede nell'uguaglianza totale di fronte alla scrittura e alla lettura. Tuttavia, questa
uguaglianza è solo formale e astratta, e basata su una base omogenea astratta che in realtà permette al
vero sistema di discriminazione di operare. Il consumo, come la scuola, è un'istituzione di classe: non solo
esiste un'ineguaglianza economica di fronte agli oggetti (acquisto, scelta, utilizzo sono regolati dal potere di
acquisto e dal livello di istruzione, che a loro volta dipendono dall'ascendenza di classe), ma non tutti hanno
gli stessi oggetti e le stesse opportunità educative.
Gli oggetti, attraverso il loro numero, la loro varietà e la loro esibizione di forme, simulano l'essenza sociale
e lo status. L'aspirazione a uno stato di nascita, grazia ed eccellenza permea tutte le sfere, incluso il mondo
degli oggetti, generando un delirio collettivo. È una logica di classe che promuove la salvezza attraverso il
possesso degli oggetti, una salvezza basata sul consumo. Tuttavia, le classi superiori dimostrano la propria
eccellenza altrove, attraverso l'esercizio della cultura e del potere.
Il processo del consumo può essere analizzato in due aspetti principali: il processo di significazione e
comunicazione, in cui le pratiche di consumo assumono un senso attraverso un codice simbolico, e il
processo di classificazione e differenziazione sociale, in cui gli oggetti vengono ordinati come differenze
significative e valori di status. Il consumatore non consuma mai l'oggetto in sé, ma piuttosto partecipa a un
processo sociale di differenziazione e conformità a un codice. La produzione delle aspirazioni è ineguale e
può compensare le deficienze di mobilità sociale per certe classi. La pubblicità sfrutta l'aspirazione al
prestigio reificato e mira a toccare le persone nella loro relazione differenziale e nelle loro motivazioni
superficiali. In una società urbana e industriale, la necessità di differenziazione cresce più rapidamente della
produttività materiale, e la concentrazione urbana genera un accrescimento illimitato dei bisogni. Questo
definisce la società della crescita come opposta a una società dell'abbondanza, in cui l'ordine della
produzione si allinea alle necessità del sistema piuttosto che a quelle individuali. La crescita si basa
paradossalmente sulla riproduzione di una penuria strutturale, che va oltre la scarsità di beni primari.
Secondo Sahlins, sono le società industriali e produttiviste ad essere dominate dalla scarsità, mentre i
cacciatori-raccoglitori primitivi conoscevano la vera abbondanza nonostante la loro "povertà" materiale. I
primitivi non erano ossessionati dagli oggetti, ma vivevano in un ciclo di caccia, raccolta e condivisione
senza calcolo economico. Avevano fiducia nella ricchezza delle risorse naturali, mentre la nostra società è
caratterizzata da disperazione e angoscia dovute all'insufficienza dei mezzi umani, causate dall'economia di
mercato e dalla concorrenza. Nelle società primitive, la ricchezza era basata sullo scambio concreto tra le
persone, il quale era illimitato, poiché ogni momento del ciclo di scambio aumentava il valore dell'oggetto
scambiato. Al contrario, nelle nostre società, ogni relazione sociale aumenta una mancanza individuale
poiché ogni cosa posseduta è relativizzata rispetto alle altre. Nelle società "opulente" moderne,
l'abbondanza è persa e non può essere ripristinata attraverso una sovrabbondanza di produttività o la
liberazione di nuove forze produttive.
Capitolo 2: Per una teoria del consumo
L'homo economicus è un individuo che cerca in modo determinato la propria felicità, dando la preferenza
agli oggetti che possono fornire la massima soddisfazione. Poiché l'uomo non è mai completamente
soddisfatto, questa ricerca continua senza fine. Per gli economisti, l'utilità è il desiderio di un bene specifico
al fine di consumarlo, cioè di distruggere la sua utilità. Il bisogno è già determinato dai beni disponibili e
dalla preferenza orientata attraverso la varietà di prodotti offerti sul mercato: è la domanda solvibile. Per
gli psicologi, la teoria motivazionale è leggermente più complessa e meno orientata agli oggetti, ma più
orientata agli istinti, dotata di una sorta di necessità preesistente. Per i sociologi, entrano in gioco fattori
socioculturali. Si riconosce l'esistenza di una dinamica sociale dei bisogni. Vengono considerati modelli di
conformità e concorrenza derivanti da un contesto di gruppo, così come grandi modelli culturali che si
collegano alla società globale o alla storia. Ci sono tre posizioni delineate:
I bisogni si orientano verso i valori anziché gli oggetti, e la loro soddisfazione implica un'adesione a tali
valori. Questa concezione sociologica culmina nella nozione di "standard package" (Riesman): l'insieme di
beni e servizi che costituisce il patrimonio di base del cittadino medio americano. Il tema del
condizionamento dei bisogni è diventato centrale nel discorso sulla società dei consumi. Nel capitalismo
contemporaneo, il problema fondamentale è il conflitto tra la produttività virtualmente illimitata (a livello
della tecnostruttura) e la necessità di commercializzare i prodotti. Per il sistema, diventa vitale controllare
sia l'apparato produttivo che la domanda di consumo, oltre al controllo dei prezzi e delle richieste a tali
prezzi. L'obiettivo è sottrarre al consumatore il potere decisionale e trasferirlo alle imprese. Galbraith
descrive questo fenomeno come una "trafila inversa", in cui l'impresa di produzione controlla i
comportamenti di mercato, dirigendo e plasmando i comportamenti sociali e i bisogni. Di fatto, il
consumatore è sovrano in un mondo pieno di opzioni, ma in cui gli viene imposta la libertà di scelta. Questa
"trafila inversa" del sistema di consumo completa idealmente e si affianca al sistema elettorale. Secondo
Galbraith, senza il sistema produttivo, molti bisogni non esisterebbero. Egli sostiene che producendo beni e
servizi, le imprese producono contemporaneamente anche i mezzi persuasivi in grado di farli accettare,
generando così i bisogni corrispondenti. Nonostante sia risaputo che i consumatori resistano a questa
imposizione, essi distribuiscono i loro "bisogni" su tutta la gamma degli oggetti disponibili. È altresì noto che
la pubblicità non è onnipotente e talvolta induce reazioni opposte. Il sistema dei bisogni è il prodotto del
sistema di produzione.
Un’analisi strutturale
A livello della distribuzione, i beni e gli oggetti, così come le parole e un tempo le donne, formano un
sistema globale, arbitrario e coerente di segni. Questo sistema culturale sostituisce un ordine sociale di
valori e organizzazione al mondo contingente dei bisogni e dei piaceri, nonché all'ordine naturale e
biologico. Non si nega l'esistenza dei bisogni e delle utilità naturali. Tuttavia, la circolazione, l'acquisto, la
vendita e l'appropriazione di beni e oggetti/segni differenziati costituiscono oggi il nostro linguaggio e il
nostro codice, attraverso il quale l'intera società comunica e si esprime. Questa è la struttura del consumo,
il suo linguaggio, rispetto al quale i bisogni e i piaceri individuali sono solo effetti di discorso.
Nel consumismo, è necessario provare tutto: l'uomo è tormentato dalla paura di "perdere" qualcosa,
qualsiasi forma di piacere. Non è più il desiderio o il "gusto" o un'inclinazione specifica a essere coinvolto,
ma una curiosità generalizzata alimentata da un'inquietudine diffusa: è la "fun morality", da cui deriva
l'imperativo di divertirsi, di sfruttare appieno tutte le possibilità, di provare emozioni, di gioire e gratificarsi.
Il consumo non è solo apparentemente un settore privo di regole, poiché secondo Durkheim, non è
governato da regole formali, ma è lasciato all'eccesso e alla contingenza individuale dei bisogni. In realtà, il
consumo è una pratica attiva e collettiva, un obbligo, una morale, un'istituzione. La società dei consumi è
quindi la società dell'apprendistato al consumo. Il consumo regolamentato, forzato, istruito e stimolato ha
un valore tattico nell'ordine socio-economico moderno. Secondo Alexandre in "La nef": addestramento
mentale delle masse attraverso il credito, il calcolo previsionale, l'investimento e il comportamento
capitalistico "di base". Il sistema industriale, dopo aver socializzato le masse come forza-lavoro nel XIX
secolo, doveva andare oltre per socializzarle come forza-consumo nel XX secolo. L'ambiguità totale
dell'abbondanza e del consumo è che vengono vissuti contemporaneamente come mito (un'aspirazione alla
felicità al di là della storia e della morale) e come processo oggettivo di adattamento a un nuovo tipo di
comportamento collettivo. I bisogni, come forza produttiva, sono equivalenti alle "riserve di manodopera"
dell'epoca eroica.
Il sistema dipende dagli individui come lavoratori (salariati), come risparmiatori (attraverso imposte,
prestiti, ecc.), ma soprattutto come consumatori. La contraddizione profonda della società civile quando
diventa una "società dei consumi" è la seguente: il sistema è costretto a generare un sempre maggiore
individualismo consumistico, ma allo stesso tempo è obbligato a reprimere questa tendenza in modo
sempre più severo. Questo si traduce in un eccesso di ideologia altruistica, ma poiché essa stessa fa parte
del sistema del consumo, non può mai essere sufficiente per raggiungere un equilibrio. L'"egoismo
forsennato" del consumatore è anche, in gran parte, il sospetto di essere, nonostante tutto il pathos
sull'abbondanza e il benessere, lo sfruttato moderno dei nostri tempi.
L’ego consumans
Le strutture del consumo sono simultaneamente molto fluide e molto chiuse. Il consumo è un discorso a sé
stante e tende a esaurirsi con le sue soddisfazioni e delusioni, poiché è basato su uno scambio minimo. In
generale, i consumatori sono inconsapevoli e non organizzati, simili agli operai all'inizio del XIX secolo. Ai
consumatori viene riconosciuta la sovranità ("Potente consumatore", secondo Katona), a condizione che
non cerchino di giocare un ruolo sociale in quanto tali. La classe operaia viene considerata il popolo a patto
che rimanga disorganizzata. Il pubblico e l'opinione pubblica sono i consumatori a condizione che si limitino
a consumare.
To be or not to be myself
C'è un obbligo di differenziazione e personalizzazione. Secondo Riesman, ciò che la maggior parte delle
persone richiede oggi non è una macchina o un lavoro, ma una personalità. Questa retorica suggerisce che
non esistono più individui unici. Il concetto di "persona" con i suoi tratti distintivi e la sua importanza, come
mito organizzatore del soggetto nella tradizione occidentale, è stato eliminato dal nostro mondo
funzionale. Si cerca di ricostruire questa identità persa in modo astratto, attraverso il potere dei segni, nella
varietà di apparenze come una Mercedes e in molti altri segni aggregati, dispersi, al fine di cercare
un'individualità sintetica che alla fine si dissolve nell'anonimato totale, poiché la differenza per definizione
non ha nome.
Differenziarsi significa affiliarsi a un modello astratto e qualificarsi in base ad esso. Il processo di consumo è
guidato dalla produzione di modelli artificialmente duplicati, come le marche dei detersivi. C'è una
concentrazione monopolistica nella produzione delle differenze. Storicamente, questo processo può essere
definito come la concentrazione monopolistica industriale, che abolisce le differenze reali tra le persone e i
prodotti, omogeneizzando tutto e contemporaneamente inaugura il regno della differenziazione. Il culto
della differenza si basa sulla perdita delle differenze stesse. La personalizzazione consiste nel riciclaggio
della Minima Differenza Marginale (MDM), cercando le minime differenze qualitative che evidenziano lo
stile e lo status. Tutti sono uguali di fronte agli oggetti come valore d'uso, ma non tutti sono uguali di fronte
agli oggetti come segni e differenze, che sono profondamente gerarchizzati.
Metaconsumo
Distinzione o conformità
La logica fondamentale si basa sulla differenziazione e personalizzazione attraverso l'uso del codice come
segno distintivo. La conformità non è ottenuta attraverso l'uguaglianza degli status o l'omogeneizzazione
consapevole del gruppo, ma piuttosto attraverso la condivisione dello stesso codice, dei segni che rendono
tutti i membri del gruppo diversi rispetto ad un altro gruppo. La parità dei membri di un gruppo deriva dalla
loro differenza rispetto all'altro gruppo, anziché dalla conformità. Il sistema si basa sull'eliminazione del
contenuto individuale per sostituirlo con una forma differenziale, industrializzabile e commercializzabile
come segno distintivo. Il consumo non è più visto come il semplice possesso funzionale di oggetti o come
una manifestazione di prestigio individuale o di gruppo, ma come un sistema di comunicazione, scambio e
linguaggio in cui segni vengono costantemente emessi, ricevuti e reinventati.
Codice e rivoluzione
I modelli strutturali
Il narcisismo individuale nella società dei consumi non consiste nel godimento della propria unicità, ma
piuttosto nella rifrazione dei tratti collettivi. Tuttavia, viene spesso presentato come un investimento
narcisistico di sé attraverso i mezzi di comunicazione di massa. Ovunque l'individuo è incoraggiato a piacersi
e a compiacersi. Il piacere è diventato un'impresa in cui la considerazione dell'altra persona è solo
secondaria, un messaggio ripetuto dai marchi nella pubblicità, specialmente rivolto alle donne attraverso il
mito della donna. C'è una netta differenza tra il valore basato su qualità naturali e l'uso di sé stessi
aderendo a un modello o a un codice predefinito. Nel secondo caso, si tratta di una femminilità funzionale
in cui i valori naturali di bellezza, fascino e sensualità vengono soppiantati dai valori esponenziali di
naturalità, erotismo, linea ed espressività. Ogni individuo trova la propria personalità nella realizzazione di
questi modelli.
Il consumo culturale si riferisce al modo in cui vengono ripresentati in modo caricaturale e parodistico
elementi del passato che sono ormai terminati e conclusi. Questo processo può essere equiparato alla
restaurazione nella storia, che nega il progresso storico e cerca di riportare in vita modelli precedenti. Si
osserva una patetica sovrabbondanza di segni in tutto ciò: una celebrazione esagerata dei giovani e degli
anziani, un'emozione sfrenata per i matrimoni nobili, l'esaltazione del corpo e della sessualità nei media.
Questo fenomeno rappresenta la disintegrazione storica di alcune strutture che festeggiano sia la loro vera
scomparsa che la loro resurrezione in modo distorto attraverso il consumo. Inoltre, il corpo viene
magnificato mentre le vere possibilità si limitano e viene sempre più oppresso dal controllo del sistema e
dalle restrizioni della vita urbana, professionale e burocratica.
Il riciclaggio culturale
Oggi, una delle caratteristiche della nostra società riguarda il concetto di riciclaggio nel campo delle
competenze professionali, della qualifica sociale e dell'individuale percorso di carriera. Per non essere
relegati, distanziati o squalificati, ognuno ha la necessità di aggiornare le proprie conoscenze, il proprio
sapere e il proprio bagaglio operativo per rimanere competitivi sul mercato del lavoro. Un esempio di
questo principio organizzativo è il ciclo della moda.
Questo principio organizzativo si applica anche alla cultura di massa. Oggi, ciò a cui hanno diritto tutti gli
individui colti non è la cultura in sé, ma il riciclaggio culturale. Questo rappresenta l'opposto assoluto della
concezione di cultura come:
La cultura non viene più prodotta per durare. Questo non riguarda solo la diffusione industriale della
cultura. Quello che è in gioco è che tutti i significati sono diventati ciclici.
Non esiste più una differenza tra la "creatività culturale" nell'arte cinetica e altre forme artistiche e la
creatività combinatoria ludica/tecnica.
I computer non implicano apprendimento, ma attivano meccanismi di reazione immediata anziché processi
intellettuali. La funzione di questi giochi è la partecipazione, la comunicazione e il contatto sociale. Il gioco
radiofonico, ad esempio, è una forma di cerimonia simile alla messa e al sacrificio nelle società primitive. La
comunione cerimoniale avviene qui attraverso i media, non più attraverso pane e vino. Quello che viene
condiviso non è più una cultura, ma vi è un potente processo di integrazione sociale nella moltiplicazione
infinita di questi giochi.
La Minima Comune Cultura (MCC) delle trasmissioni radiofoniche o delle riviste più diffuse ha anche una
componente artistica. È terminata l'arte basata sulla rarità del prodotto. Con la possibilità di creare "multipli
illimitati", l'arte si inserisce nell'era industriale.
La moltiplicazione dell'opera non implica di per sé una "vulgarizzazione" o una perdita di qualità. Ciò che
accade è che le opere così replicate diventano effettivamente oggetti omogenei in quanto oggetti in serie.
Non si oppongono più ad altri oggetti finiti come opere con un significato aperto, ma diventano esse stesse
oggetti finiti, facendo parte della gamma di accessori che definiscono lo status socio-culturale del cittadino
medio.
La cultura diventa un oggetto di consumo nella misura in cui, rivolgendosi ad un diverso discorso, diventa
sostituibile e omogenea rispetto ad altri oggetti (sebbene gerarchicamente superiore). Ma non è solo una
questione di luoghi di vendita, tiratura o livello culturale del pubblico. Se la cultura viene venduta, significa
che è sottoposta alla stessa domanda competitiva di segni di qualsiasi altra categoria di oggetti ed è
prodotta in funzione di questa domanda.
Il funzionalismo delle relazioni umane trova nella promozione culturale uno dei suoi campi privilegiati, in
cui il design umano si unisce all'ingegneria umana.
Non abbiamo un termine per definire questa sostanza funzionalizzata di messaggi, testi, immagini,
capolavori classici o strisce disegnate, questa creatività e recettività codificate che hanno sostituito
l'ispirazione e la sensibilità, questo lavoro collettivo rivolto alla comunicazione, questa "culturalità
industriale" che convive casualmente con tutte le culture di tutte le epoche e che continuiamo, per
mancanza di un termine migliore, a chiamare "cultura".
Il kitsch
Il kitsch è rappresentato da oggetti senza gusto, equivalenti dei cliché nel discorso. Non bisogna
confonderlo con oggetti reali specifici. La presenza di kitsch è legata alla mobilità sociale: un gruppo
ristretto di oggetti di lusso è sufficiente per distinguere una classe privilegiata. L'accesso di strati sociali più
ampi a certi segni costringe le classi superiori a distanziarsi attraverso segni più ristretti (per motivi di
origine o limitazione sistematica). Il kitsch si definisce per il suo valore derivato e povero.
L'estetica della simulazione del kitsch è legata alla funzione sociale di tradurre l'aspirazione e l'anticipazione
sociale di classe, un'affiliazione magica a una cultura e ai segni della classe superiore. Il gadget e il ludico
diventano parte di una sottocultura degli oggetti. Il gadget, simbolo della società post-industriale, combina
inutilità funzionale con valore ludico. Anche l'oggetto tecnico stesso diventa un gadget quando la tecnica è
ridotta a una pratica magica o di moda. La quotidianità diventa uno spettacolo e tutto l'ambiente degli
oggetti diventa sospetto di artificialità e inutilità.
Il gadget si caratterizza per la sua pratica ludica, non utilitaristica né simbolica. Il ludico diventa la tonalità
dominante del nostro quotidiano, poiché tutto diventa gadget. La novità è esaltata come un periodo
sublime dell'oggetto, equiparabile all'intensità dell'emozione amorosa.
Il rapporto con il gadget è ludico, non passionale. La curiosità ludica è un interesse violento per il gioco degli
elementi, ma non raggiunge il valore simbolico intenso della passione. Ad esempio, un flipper non ha nulla
in comune con il rapporto tra un cavaliere e il suo cavallo o tra un operaio e il suo utensile. Il rapporto tra
l'uomo e l'oggetto nel ludico è magico e manipolatorio. L'attività ludica può assumere l'intensità di una
passione, ma non è mai una passione. È un consumo che si basa sull'investimento combinatorio e esclude la
passione.
L'oggetto perde la sua funzione oggettiva e diventa parte di una vasta combinazione di oggetti, il cui valore
risiede nella relazione. La Pop Art rappresenta questa logica dei segni e del consumo, ma è anche oggetto di
consumo stessa, creando un'ambiguità. Non c'è più privilegio dell'oggetto rispetto all'immagine, coesistono
come segni nello stesso spazio logico.
La Pop Art segna la fine della prospettiva, dell'evocazione, della testimonianza e della sovversione del
mondo. Ambisce ad abolire i fasti della cultura della trascendenza e mira all'integrazione totale con il
mondo civilizzato. Gli artisti Pop riconciliano l'oggetto della pittura con la pittura-oggetto, esplorando il
proprio statuto di arte-oggetto "firmato" e "consumato".
Tuttavia, c'è un grande equivoco. La Pop Art, pur non mostrando il mondo circostante per quello che è,
assume una duplice connotazione: come ideologia di una società integrata e come restaurazione del
processo sacro dell'arte, annullando così il suo obiettivo fondamentale. L'oggetto non è banale se non nel
suo uso, diventa significante e la verità dell'oggetto contemporaneo è di significare anziché servire a
qualcosa.
La quotidianità è la differenza nella ripetizione e non esiste un'essenza del banale nel quotidiano. L'arte nel
quotidiano è un'aporia mistica e artisti come Warhol si ingannano sullo statuto stesso dell'arte e dell'atto
artistico.
Per farla breve: la Pop Art non è un’arte popolare. Giacché l’ethos culturale popolare (ammesso che esista
ancora) riposa precisamente su un realismo senza ambiguità, sulla narrazione lineare, sull’allegorico e il
decorativo e sulla partecipazione emotiva. E’ a un livello veramente rudimentale che la Pop art può essere
presa come “figurativa”. La Pop è contemporaneamente un’arte piena di umorismo e priva di esso. Al limite
in questo sorriso cool non si può più distinguere il sorriso pieno di umorismo da quello pervaso di
complicità commerciale. E’ proprio ciò che accade nell’arte POP e il sorriso in fondo riassume tutta la sua
ambiguità: non è quello della distanza critica, è il sorriso della collusione.
I media (TV, radio, stampa, pubblicità) formano un insieme di segni e messaggi dove tutte le categorie si
equivalgono. Nonostante l'informazione sembri il punto focale, prevale la neutralità e l'impersonalità. La
pubblicità assume una funzione di sfondo rassicurante, mentre le vicende del mondo vi si iscrivono come
intermezzo.
L'efficacia reale è più sottile: attraverso la successione sistematica dei messaggi, si crea un'equivalenza
semiotica tra storia e cronaca, evento e spettacolo, informazione e pubblicità. Questo è l'effetto del
consumo, non tanto nel discorso pubblicitario diretto. La legge di successione e suddivisione dei programmi
fa sì che nulla emerga se non come spettacolo e segno tra gli altri.
Medium is message
Mc Luhan
Ciò che viene consumato nei media non è tanto il contenuto manifesto di suoni e immagini, ma lo schema
costrittivo che disartcola il reale in segni successivi ed equivalenti. Si tratta di una transizione programmata
e astratta, che passa dal Vietnam al music-hall.
Ogni messaggio ha principalmente la funzione di rinvio ad un altro messaggio. Questo processo tecnologico
delle comunicazioni di massa trasmette un messaggio imperativo: consuma il messaggio, suddividilo,
spettacolarizzalo, misconosci il mondo e valorizza l'informazione come merce, esalta il contenuto come
segno.
La pubblicità è il medium "di massa" per eccellenza, i cui schemi permeano tutti gli altri media. La verità dei
media di massa consiste nel neutralizzare il carattere vissuto e unico del mondo, sostituendolo con un
universo multiplo di media omogenei che si significano reciprocamente, generando un messaggio
totalitario di una società dei consumi.
Si passa da un messaggio centrato sul significato a un messaggio centrato sul significante. Questa
discorsività profonda del medium viene decifrata inconsciamente dallo spettatore, a differenza del discorso
manifesto delle immagini.
Il medium pubblicitario
La pubblicità glorifica virtualmente tutti gli oggetti e le marche, creando un universo totalizzato attraverso
di essi. Non si rivolge solo a un consumatore specifico, ma mira a tutti gli altri, simulando così una totalità
consumatrice. La comunicazione di massa si basa sulla logica di un medium automatizzato, che non fa
riferimento a oggetti reali o al mondo reale, ma passa da un segno all'altro, da un oggetto all'altro, da un
consumatore all'altro. Secondo Boorstin, gli avvenimenti storici, culturali e ideologici sono prodotti come
artefatti attraverso la manipolazione tecnica del medium, anziché derivare da un'esperienza reale. Questa
sostituzione del codice al referenziale definisce il consumo dei mass media. Tutto è cambiato nella forma:
ovunque c'è sostituzione di un neoreale, completamente prodotto dalla combinazione degli elementi del
codice, al posto del reale. Nella vita quotidiana si verifica un vasto processo di simulazione basato sui
"modelli di simulazione".
Il corpo ha assunto il ruolo di oggetto di salvezza, sostituendo l'anima in questa funzione morale e
ideologica. Il modo in cui il corpo è organizzato riflette il modo in cui la società si relaziona con le cose e le
relazioni sociali. In una società capitalistica, il concetto di proprietà privata si applica anche al corpo, alla
pratica sociale e alla rappresentazione mentale che ne abbiamo. Le strutture attuali di produzione e
consumo inducono nel soggetto una doppia pratica legata a una rappresentazione disgiunta ma
profondamente connessa del proprio corpo: quella del corpo come capitale e quella del corpo come
oggetto di consumo (feticcio). In entrambi i casi, il corpo viene intenzionalmente investito, sia
economicamente che fisicamente.
Oggi è la pelle a avvolgere il corpo, non più l'anima, ma non come una manifestazione di nudità e desiderio,
bensì come un abito di prestigio, un segno e un riferimento di moda. Se il corpo viene investito, è solo per
sfruttarlo. Questa riappropriazione del corpo non avviene per fini autonomi del soggetto, ma secondo un
principio normativo di piacere ed edonismo, basato sulle regole e sulle norme di una società guidata dalla
produzione e dal consumo. In altre parole, il corpo viene manipolato come uno dei molteplici segni dello
status sociale. Il corpo diventa oggetto di un lavoro di investimento (preoccupazione, ossessione) che,
dietro al mito della liberazione con cui viene presentato, rappresenta senza dubbio un lavoro di alienazione
più profondo dello sfruttamento del corpo come forza-lavoro.
La bellezza funzionale
La bellezza e l'erotismo sono strettamente legati e rappresentano una nuova etica nella relazione con il
corpo. Questi concetti si differenziano tra il polo maschile, associato all'atletismo, e il polo femminile,
associato al frineismo. Tuttavia, il modello femminile detiene una sorta di priorità ed è un punto di
riferimento per la nuova etica. Per le donne, la bellezza è diventata un imperativo assoluto, quasi religioso.
La bellezza è semplicemente un insieme di segni che vengono scambiati e funziona come un valore
simbolico. Pertanto, si può dire che l'imperativo della bellezza è una delle modalità dell'imperativo
funzionale, che si applica sia agli oggetti che alle persone, inclusi uomini e donne.
L’erotismo funzionale
La bellezza e la sessualità sono strettamente connesse e guidano il consumo del corpo nella società odierna.
L'imperativo della bellezza implica l'uso sessuale del corpo. Il corpo dell'indossatrice non è più oggetto di
desiderio, ma diventa un oggetto funzionale, una combinazione di segni in cui si mescolano moda ed
erotismo. Non è più una sintesi di gesti, ma diventa una forma.
Corpi e oggetti formano una rete di segni omogenei che possono scambiarsi i loro significati e sfruttarsi
reciprocamente. Questa connessione tra corpo e oggetti rivela i meccanismi profondi del consumo diretto.
La riscoperta del corpo avviene attraverso gli oggetti, e sembra che l'unico impulso veramente liberato sia
quello dell'acquisto. Il corpo, la bellezza e l'erotismo diventano strumenti per vendere. È necessario che il
corpo sia "liberato" e oggettificato affinché possa essere sfruttato per fini produttivi. L'individuo diventa un
oggetto stesso, consentendo così l'instaurarsi di un processo economico di redditività che coinvolge il corpo
e la sessualità.
Moderna strategia del corpo
Il culto del corpo ha preso il posto del culto dell'anima, ereditandone la funzione ideologica. Non dobbiamo
lasciarci ingannare dall'apparente liberazione materiale del corpo, poiché essa rappresenta semplicemente
la sostituzione di un'ideologia obsoleta, quella dell'anima, con un'ideologia moderna più funzionale.
Quest'ultima conserva i valori individualistici e le strutture sociali ad essi legate. Si osserva che il corpo è
strettamente collegato agli obiettivi della produzione come risorsa economica, come mezzo di integrazione
psicologica dell'individuo e come strategia di controllo sociale.
Il corpo è il femminile
In sintesi, i giovani rappresentano un terzo sesso con una sessualità poliforme e perversa, ma è la donna
che guida il mito erotico/estetico. L'emancipazione della donna e del corpo sono legate logicamente e
storicamente, ma l'ideologia confonde ancora la donna con la sessualità. Nonostante l'apparente
emancipazione, la donna si confonde sempre di più con il proprio corpo. Si consuma la donna attraverso la
liberazione sessuale e viceversa, neutralizzando entrambe. Questa emancipazione avviene come categorie
ancorate a una pratica funzionale, anche se può comportare una maggiore integrazione positiva delle
donne, dei giovani e dei problemi del corpo.
La salute oggi è più legata allo status sociale che a un imperativo biologico di sopravvivenza. La magia e il
prestigio del medico stanno scomparendo, ma non vengono sostituiti da una rappresentazione oggettiva
del corpo. Invece, emergono due modalità complementari: l'investimento narcisistico e lo sfruttamento del
corpo, sia a livello psicologico che come status sociale. Questa è una nuova etica che richiede a ciascun
individuo di mettersi al servizio del proprio corpo, a differenza dell'etica tradizionale in cui il corpo doveva
essere al servizio dell'individuo.
Nel dominio della moda, il ciclo della moda ha perso la sua importanza. La liberazione del corpo lo rende un
oggetto di attenzione ambivalente. Da un lato, c'è una sollecitudine repressiva che si manifesta attraverso
le ossessioni collettive legate al corpo, come l'igiene che cerca di esorcizzare le funzioni corporee
"organiche" come l'escrezione e la secrezione. D'altra parte, c'è un'ascesi delle diete alimentari che
rappresenta una pulsione aggressiva verso il corpo, cercando di ridimensionarlo e mortificarlo per scopi
estetici. Questa etica contemporanea santifica il corpo nella sua purezza disincarnata, separandolo dal
desiderio represso.
La censura nella nostra società, legata all'iperstimolazione sessuale, agisce in modo subdolo a livello dei
simboli e dei fantasmi stessi. La pubblicità e l'erotismo moderno sono composti da segni, non da sensazioni
reali. Bisogna evitare di cadere nella trappola dell'ascesa erotica della pubblicità. Tutti questi contenuti
sono sovrapposizioni di segni che convergono verso il super segno della marca, il vero messaggio.
Processare la pubblicità per manipolazione emotiva è un riconoscimento. Tuttavia, questa grande
mistificazione, in cui censura e difesa competono tra loro, ha uno scopo preciso: far dimenticare il vero
processo. La vera forma di condizionamento a cui siamo sottoposti è la censura del significato profondo,
della funzione simbolica, in breve, dell'espressione vivente dei significati sessuali. È in questo terrorismo
sistematico, che si gioca a livello del significato stesso, che la sessualità si svuota della sua sostanza e
diventa materia di consumo. Qui avviene il processo di consumo, che è molto più grave dell'esibizionismo
ingenuo o della volgarità di una fiera.
La bambola sessuata
La sessualità è una struttura simbolica di scambio totale che viene svuotata di significato, sostituendo i suoi
significati simbolici con quelli realistici e evidenti del sesso e dei "bisogni sessuali". Inoltre, viene ridotta a
uno scambio individualizzato, in cui l'eros è assegnato all'individuo e diventa una funzione parziale, simile
alla divisione tecnica e sociale del lavoro. La sessualità perde la sua funzione simbolica e totale di scambio e
cade nel dualismo tra valore d'uso (tecnica e bisogni) e valore di scambio (economico-commerciale e segno
di status sessuale). La bambola sessualizzata diventa un esempio di questo processo, in cui i segni e gli
attributi del reale sono aggiunti per perfezionare l'oggetto, ma allo stesso tempo censurano la verità
deviando la sua carica simbolica verso una concezione culturale e metafisica del sesso oggettificato. Questo
porta all'artificializzazione della sessualità in tutti i suoi aspetti, non solo nelle bambole, al fine di
esorcizzare la libido e la funzione simbolica.
La domanda di tempo è fondamentale e il tempo libero diventa un fattore distintivo che riflette l'individuo,
la categoria o la classe sociale. Il valore d'uso del tempo si trova nella sua capacità di essere liberato come
dimensione vuota per essere riempita con la propria libertà individuale. Tuttavia, nel nostro sistema, il
tempo viene concepito come un oggetto, un capitale cronometrico da investire a proprio piacimento, ma in
realtà è retto dall'astrazione totale del sistema di produzione. Il tempo libero è sottoposto alle leggi del
valore di scambio e deve essere consumato o acquistato direttamente o indirettamente. Il tempo diviene
omogeneo al sistema del valore di scambio e viene considerato come una forza produttiva. L'apparente
separazione tra tempo di lavoro e tempo libero è solo un mito, poiché l'alienazione del tempo libero è più
profonda e dipende dall'impossibilità stessa di perdere il proprio tempo. Nel nostro sistema di produzione,
possiamo solo guadagnare il nostro tempo anziché perderlo.
Il modello direttivo del tempo libero è simile a quello dell'infanzia, caratterizzato da un'accanita ricerca di
realizzazione e un'etica del forcing. Il tempo libero diventa una vocazione collettiva in cui il lavoro stesso
può essere consumato e considerato prestigioso. Tuttavia, il tempo libero non è realmente libero, ma viene
speso in attività che sono connesse allo status sociale e funzionano come materiale di significazione e
scambio di segni. Nel nostro sistema sociale integrato, non c'è realmente disponibilità di tempo libero, ma il
tempo libero si manifesta come una differenza obbligata rispetto al tempo di lavoro. Il tempo libero si
definisce per l'assenza del tempo lavorativo e vive attraverso la sua continua ostentazione e esposizione di
sé stesso. Questa caratteristica distintiva lo definisce e lo contraddistingue in tutti i suoi segni,
atteggiamenti, pratiche e discorsi.
Nella società dei consumi, tutto è considerato un servizio e ciò che viene consumato è presentato come
gratificazione personale. Gli oggetti non sono solo funzionali, ma soprattutto servono a soddisfare i bisogni
individuali. Questa mentalità di prestazione personale è fondamentale per il consumismo. Le istituzioni
sociali svolgono un ruolo importante nella redistribuzione e nella promozione della solidarietà collettiva
attraverso meccanismi di controllo sociale. Il salario viene percepito come una sorta di dono gratuito, una
parte di ciò di cui si è stati privati in precedenza. Questo sistema può essere descritto come una "società di
mercato pseudo" in cui le merci sono il nucleo di relazioni, istituzioni e servizi sociali. Tutto può essere
comprato e venduto, ma la società commerciale non può concederlo né in linea di principio né in linea di
diritto. Pertanto, la redistribuzione gioca un ruolo ideologico cruciale nel promuovere l'idea di un ordine
sociale dedicato al servizio e al benessere degli individui.
Nella società dei consumi, c'è una pervasiva rete di comunicazione "personalizzata" che influisce sulla vita
quotidiana. Si consumano relazioni umane, solidarietà, reciprocità e partecipazione sociale standardizzata
sotto forma di servizi. Si consumano segni di sollecitudine, sincerità e calore umano, che diventano ancora
più vitali dell'alimentazione biologica in un contesto in cui la distanza sociale e la brutalità dei rapporti sono
la norma. La perdita delle relazioni umane autentiche è un aspetto fondamentale della nostra società, e in
risposta a ciò si assiste a una sistematica reiniezione di relazioni umane significate, sotto forma di segni, nel
tessuto sociale. La pubblicità si sforza di rivolgersi a ognuno di noi come un amico, un Super-io o una voce
interiore simile a una confessione.
Nella relazione umana "funzionalizzata" si percepisce una contraddizione evidente. Nonostante la brillante
sollecitudine e l'ambiente caloroso, queste interazioni non sono più spontanee, ma sono prodotte in modo
istituzionale e industriale. Non sorprende quindi che la loro tonalità rifletta la loro verità sociale ed
economica. Si sperimenta ovunque la fragilità di questo sistema generale di gratificazione, che è sempre in
procinto di deteriorarsi e collassare. Ne risulta un'insolubile contraddizione a livello dei "servizi", poiché la
pratica dei servizi è inconciliabile con l'uguaglianza formale delle persone. L'unico modo per risolvere
questa contraddizione è un gioco sociale generalizzato, in cui ogni individuo è destinato a usufruire e
praticare servizi non solo nella sua vita privata, ma anche nella sua pratica sociale e professionale. La vera
relazione funzionale ha superato tutte le tensioni: la relazione di servizio non è più violenta, ipocrita o
sadomasochistica, ma è apertamente calorosa, spontaneamente personalizzata e definitivamente
pacificata.
La pubblicità va oltre la semplice promozione delle vendite e ha come caratteristica principale la negazione
della razionalità economica dello scambio commerciale attraverso l'illusione della gratuità. Questa gratuità
si manifesta in forme economiche minori come sconti, saldi, regali e gadget offerti come premio per un
acquisto. Nella pubblicità, le piccole gratificazioni quotidiane assumono un significato sociale totale. I
professionisti delle relazioni pubbliche hanno il compito di mantenere un'armonia di interessi reciproci tra il
pubblico e i manager delle aziende. Attraverso la pubblicità, che è già di per sé un servizio sociale, tutti i
prodotti vengono presentati come servizi e tutti i processi economici reali vengono messi in scena e
reinterpretati socialmente come risultati di un dono. L'astuzia della pubblicità consiste nel sostituire
ovunque la magia del "Cargo" (l'abbondanza totale e miracolosa sognata dagli indigeni) alla logica del
mercato.
La vetrina
La vetrina dei negozi rappresenta una scenografia calcolata e affascinante che suscita desiderio e
frustrazione nello shopping, creando una danza frenetica dei beni prima dello scambio. Gli oggetti esposti
sono presentati in modo glorioso e sacrale, non solo per partecipare, ma anche per sfruttare il desiderio dei
consumatori. Le vetrine rappresentano un test costante di adattamento e integrazione per tutti, scandendo
il processo sociale del valore. Nei grandi magazzini, l'esperienza collettiva rafforza la coesione sociale, simile
a quello che accade durante feste e spettacoli.
L'apparato istituzionale e non istituzionale della sollecitudine, come le pubbliche relazioni e la pubblicità, ha
la duplice funzione di gratificare e sedurre il consumatore medio. Questa strategia politica di integrazione
compensa le mancanze delle istituzioni politiche, rinforzando la partecipazione attraverso la pubblicità, la
moda e le relazioni umane. Questi processi di integrazione "partecipazionisti" stanno sostituendo i metodi
tradizionali di controllo sociale in molti paesi.
La società terapeutica
Bleunstein-Blanchet: “Considero che i sondaggi di opinione siano uno strumento di misura indispensabile
che l’agente pubblicitario deve usare allo stesso modo in cui il medico prescrive analisi e radiografie”.
Ciò vale anche per gli industriali che si considerano come i missionari del benessere e della prosperità
generale. “La società è malata”: è il leitmotiv di tutte le buone anime al potere.
La compatibilità sociometrica
La socialità diviene in questa società un segno distintivo della personalità. La prassi di consumo, di spesa, di
moda e, per il loro tramite, di comunicazione con gli altri sono uno dei pezzi forti di questa “personalità”
sociometrica contemporanea. La persona come istanza di determinazione scompare a vantaggio della
personalizzazione.
Prova e approvazione
In questa rete di relazioni ansiose in cui non vi è più valore assoluto, ma solo compatibilità funzionale, non
si tratta più di “imporsi” (prova), ma di trovare il contatto e l’approvazione degli altri, di sollecitare il loro
giudizio e affinità positiva.
Ciascuno sollecita e manipola qualcuno, ciascuno è sollecitato e manipolato. Questo è il fondamento della
nuova morale, in cui valori individualistici, ideologici cedono il passo a una specie di relatività generalizzata.
La società dei consumi è allo stesso tempo una società di produzione di beni e di produzione accelerata di
relazioni.
Per poter essere prodotta e consumata, la relazione – al pari dei beni materiali, della forza-lavoro – deve
essere “liberata”, “emancipata”.
In ogni modo, in questa cultura industriale della sincerità, sono ancora i segni della sincerità ad essere
consumati. Nel campo della relazione funzionale, cinismo e sincerità si alternano senza contraddirsi, nella
stessa manipolazione dei segni.
La tolleranza (liberalismo, lassismo, permissive society) connota moralmente la relatività generalizzata delle
funzioni/segni, degli oggetti/segni, degli esseri/segni, delle relazioni/segni, delle idee/segni. In effetti si è al
di là dell’opposizione trucco/sincerità. La tolleranza “morale” non è maggiore di quanto fosse un tempo.
Semplicemente si è cambiato sistema, si è passati alla compatibilità funzionale.
Capitolo 5 : L’anomia nella società opulenta
In sintesi, l'autore afferma che la violenza spettacolare e la pacificazione della vita quotidiana sono simili
perché entrambe sono astratte e si basano su miti e segni. La minaccia per la civiltà dell'abbondanza non è
più la scarsità, ma la fragilità. Questa fragilità viene scongiurata attraverso la violenza consumata,
condizionata e omogeneizzata, che non è pericolosa. Il vero problema è la violenza reale, che emerge dal
benessere stesso ed è senza fine e senza oggetto. La violenza eruttiva e incontrollabile è incomprensibile
all'interno del progresso sociale e dell'opulenza. Le molteplici forme di anomia, come la violenza, la
delinquenza, la stanchezza, i suicidi, le nevrosi e l'evasione collettiva, evidenziano uno squilibrio
fondamentale. La difficoltà di vivere nell'abbondanza dimostra che il desiderio di benessere non è
naturalmente naturale, ma deve essere educato come un nuovo sistema di costrizioni morali e
psicologiche. La società opulenta produce soddisfazioni senza fine e poi crea antidoti per l'angoscia che ne
deriva, come tranquillanti e allucinogeni. Può anche tentare di recuperare l'angoscia come stimolo al
consumo o trasformare il senso di colpa e la violenza in merci o segni culturali distintivi. La violenza e il
senso di colpa sono reintrodotti nei media attraverso modelli culturali e ritornano alla violenza consumata.
In sintesi, l'autore sostiene che fenomeni come la violenza di nuovo tipo e la non-violenza moderna sono
solidali tra loro nonostante siano formalmente opposti. Entrambi rifiutano la socializzazione basata sullo
status e sul principio di rendimento, respingendo la cultura contemporanea dell'opulenza, del successo e
dei gadget. I beats e i rockers esprimono la violenza latente della società per contrastarla, spingendola al
parossismo. Gli hippies portano la passività segreta di questa società fino a una pratica rinunciataria e a una
totale asocialità, negandola secondo la sua logica. Tuttavia, restano condizionati dai meccanismi
fondamentali della società, e la loro asocialità è comunitaria e tribale. Si fa riferimento al concetto di
"tribalismo" di Mc Luhan, che vede una rinascita su scala planetaria, sotto l'influenza dei mass media, di una
comunicazione orale, tattile e musicale che era caratteristica delle culture arcaiche prima dell'era del libro.
In breve, la società contemporanea si definisce attraverso l'opposizione tra una cultura dominante di
consumo sfrenato, violenta e competitiva, e una sottocultura degli Hippies che è lassista, euforica e
apolitica. Tuttavia, anche in questo caso, la contraddizione si risolve in una coesistenza funzionale.
La stanchezza
In sintesi, l'autore afferma che la stanchezza è una sindrome collettiva delle società post-industriali e rientra
nel campo delle anomalie del benessere. Questa stanchezza non è legata alla fatica muscolare o
all'esaurimento energetico, ma è descritta come un "dispendio nervoso", una "depressione" e una
conversione psicosomatica. Nonostante la società moderna cerchi di progredire verso la riduzione dello
sforzo, la risoluzione delle tensioni e l'automazione, è in realtà una società di stress, tensione e doping, in
cui il bilancio complessivo di soddisfazione sta peggiorando e l'equilibrio individuale e collettivo è
compromesso dalle stesse condizioni tecniche del progresso. Come la violenza può essere riassorbita nella
vita domestica per aumentare la sicurezza, anche la stanchezza e la nevrosi possono diventare
caratteristiche culturali distintive. Questo porta a un rituale diffuso di stanchezza e soddisfazione,
particolarmente presente nelle persone acculturate e privilegiate. Questa stanchezza diventa parte del
rituale sociale dello scambio e dello status, perdendo così la sua natura anomala e assumendo un ruolo nel
contesto dell'interazione sociale.
Conclusione:
Dall’alienazione contemporanea o la fine del patto col diavolo
Lo studente di Praga
L'immagine speculare simbolicamente rappresenta il significato dei nostri atti, creando intorno a noi un
mondo a nostra immagine. La trasparenza del nostro rapporto con il mondo si riflette nel rapporto
inalterato tra l'individuo e il riflesso nello specchio: la fedeltà di questo riflesso testimonia una reciproca
relazione reale tra noi e il mondo. Simbolicamente, se questa immagine ci viene negata, il mondo diventa
opaco e i nostri atti ci sfuggono, perdendo la prospettiva su noi stessi. Senza questa garanzia, non c'è più
possibilità di identità: diventiamo estranei a noi stessi, alienati. L'immagine viene venduta e cade nella sfera
della merce, ed è proprio in questo senso che si manifesta l'alienazione sociale concreta. Ciò che è
fondamentale è che l'uomo alienato non è solo impoverito e diminuito, ma è distorto, trasformato nel male
e diventa il proprio nemico. In un altro contesto, questo processo è descritto da Freud come rimozione.
Ogni soluzione ideale per superare l'alienazione viene bruscamente interrotta. L'alienazione non può essere
superata, è la stessa struttura del mercato, è la struttura stessa della società commerciale.
L'era del consumo rappresenta l'apice dell'alienazione radicale, in cui la logica della merce regola non solo i
processi di lavoro e i prodotti materiali, ma anche l'intera cultura, la sessualità, le relazioni umane e persino
i desideri individuali. Il consumatore si identifica attraverso una serie di segni e non esistono contraddizioni
o opposizioni esclusive tra di essi, ma una complicità coordinata. Il consumo diventa un gioco ludico che
sostituisce progressivamente il tragico dell'identità. La società dei consumi si presenta come un mito che si
autoalimenta, anche se l'abbondanza stessa non esiste ma è sufficiente far credere di esistere per diventare
un mito efficace. Il consumo è un discorso attraverso il quale la società contemporanea riflette su se stessa.
La pubblicità gioca un ruolo fondamentale nell'anticipare e potenziare i desideri nella coscienza collettiva.
La nostra epoca è caratterizzata dal fatto che le spese quotidiane e quelle di prestigio sono entrambe
chiamate consumo, e questo consenso è totale. La società si conforma all'immagine delle famiglie felici
presentate dai media, che rappresentano una sintesi divertente delle nostre vite. Così come il Medioevo si
basava sull'equilibrio tra Dio e il diavolo, la nostra società si basa sul consumo e sulla sua critica.