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Introduzione
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1. Il valore economico
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La nuova configurazione culturale del valore economico propone anche nuovi stili di vita,
come la borghesia mondana che intreccia la razionalità imprenditoriale con l’edonismo
raffinato.
Adesso bisogna fare i conti con una nuova configurazione del rapporto tra produzione e
consumo. I consumi, anche quelli di generi alimentari che oggi sembrano scontati, sono
sempre legati a processi di costruzione del valore che hanno profonde radici e profonde
ramificazioni culturali. Un esempio è la rivoluzione alimentare del caffè e della
cioccolata. Il Caffè diventa una bevanda diffusa soprattutto in Inghilterra, un paese
protestante, in cui il caffè si contrappone all’alcool e assume il ruolo di bevanda virtuosa
per chi lavora e non perde tempo al bar. Mentre la cioccolata diventa la bevanda diffusa
nei paesi cattolici del sud Europa, in cui assume sia il ruolo di surrogato alimentare nei
periodi di quaresima, sia di bene di lusso nelle corti nobiliari. Lo zucchero e le bevande
zuccherate divennero i primi lussi democratici. Si apre un dibattito sulla figura del
consumatore che ha rinsaldato il legame tra identità e consumi che caratterizza la cultura
occidentale contemporanea.
Le merci, pur essendo riducibili ad un’unica scala di valore e cioè il prezzo, quindi al
valore economico, una volta acquistate assumono anche altri valori. Le merci sono
considerante dal punto di vista del consumo, dei loro contesti d’uso, delle loro valenze
simboliche; esse sono irriducibili alle logiche della produzione e dello scambio
monetario. La dimensione di mercificazione viene ricondotta al fatto che le merci sono
una parte costitutiva del mondo capitalistico in cui viviamo, costituito da produttori che
creano e vendono beni in cambio di denaro. Le cose a cui possiamo accedere nascono
quindi come merci, che hanno un valore esclusivamente economico, ma nel momento in
cui compriamo queste merci, che divengono oggetti, siamo chiamati a creare attorno a
questi oggetti dei significati che vanno al di là del prezzo che abbiamo pagato per averli.
Il valore economico non soddisfa il nostro bisogno di dare senso alle cose che ci
circondano e pertanto riempiamo questi oggetti di significati che ci rendono attaccati ad
essi. Quindi, oggi è sempre più evidente come gli individui che hanno acquistato un dato
bene cercano in ogni modo di renderlo singolare, di dare un proprio significato e quindi
di demercificarlo, per esempio mediante qualche forma di sacralizzazione o
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individualizzazione e quindi restrizione della sua possibilità di scambio. Le merci hanno
dunque una loro vita sociale che include momenti di mercificazione e momenti di
demercificazione. Quando compriamo degli oggetti essi rappresentano delle merci che
hanno un valore espresso in denaro, ma nel momento in cui questo oggetto diventa nostro
noi iniziamo ad attribuire una serie di valori differenti. Facendo ciò, in un certo senso
eliminiamo il valore economico che l’oggetto aveva nel negozio e lo sostituiamo con un
valore simbolico. Quando diamo valore alle cose che possediamo non lo facciamo in base
al loro valore economico ma in base a tutta una serie di valori che gli abbiamo attribuito
utilizzandoli. Quindi, il processo di demercificazione rappresenta il costante lavoro che i
consumatori devono fare per ricreare attorno alle merci che comprano in cambio di soldi
una serie di significati extra-economici per riportali ad una dimensione più umana.
2. Il valore simbolico
Il termine consumo si riferisce ad alcune condotte umane che hanno a che fare con la sfera
economica e comprendono l’uso, la compravendita e lo scambio di beni.
Per Marx il consumo è uno dei modi in cui si manifesta la centralità della produzione;
secondo Marx la merce possiede un duplice valore:
- il valore d’uso, che rappresenta il contenuto materiale del bene e la sua effettiva
funzione, utilità e capacità di soddisfare bisogni,
- il valore di scambio, che ne costituisce la forma sociale astratta, la sua sostituibilità
con tutti gli altri valori d’uso e la sua commerciabilità.
Il valore di scambio non si deduce dal valore d’uso, ma dalla quantità di ore dedicate per
produrre quella merce. Ogni merce, quindi, rispecchia una parte del lavoro umano. Uno
scambio tra merci è quindi uno scambio tra quantità equivalenti di forza lavoro necessarie
a realizzare le stesse merci.
Ma alcuni assunti della teoria di Karl Marx sono molto importanti per l’analisi dei
consumi, infatti Marx afferma che il valore delle merci va ben oltre il suo valore d’uso
perché il processo economico si basa anche su un aspetto simbolico. Il valore simbolico
viene assunto nel luogo in cui quel bene viene progettato e poi consumato.
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Il feticismo delle merci, secondo Marx, suggerisce che l’oggetto come merce e il suo
valore simbolico per chi lo acquista domina su altre dimensioni come i rapporti sociali
presenti nella fase di produzione.
Jean Baudrillard, autore francese, nella sua opera “Per una critica dell’economia politica
del segno” riprende la distinzione marxista tra valore d’uso e valore di scambio della
merce, aggiungendone però un terzo: il valore simbolico. Secondo Baudrillard ogni
oggetto, oltre alle sue funzioni di utilità e al suo valore economico, ha la facoltà di
assumere un altro significato: uno status, una relazione, un mito. Il valore della merce sta
ora nel rappresentare dei simboli di differenziazione sociale più che come strumenti o
come moneta di scambio. Spiega così, anche in altre successive opere quali “La società
dei consumi”, come il nuovo motore della società non sia più la produzione bensì il
consumo delle merci. Per l’autore non è più il processo economico-razionale di
soddisfazione di bisogni a muovere l’economia contemporanea, quanto piuttosto un
processo sociale di “distruzione” del valore economico in vista di un altro tipo di valore.
Il consumatore non si riferisce più all’oggetto nella sua utilità specifica ma ad un insieme
di oggetti nel loro significato totale. La felicità dell’uomo adesso è raggiunta comprando
e consumando beni.
Tra la fine dell’800 e gli inizi del ‘900 il consumatore assume la capacità di saper scegliere
le merci con gusto e affidandosi alla moda; passando così da un valore inizialmente
economico a un significato simbolico delle merci.
Nell’opera di Thorstein Veblen, teoria della classe agiata, 1899, il tema del consumo
assume rilevanza come oggetto di studio della teoria sociale. Con la sua teoria del
consumo vistoso, Veblen introduce la dimensione “segno” del consumo. Secondo Veblen
i beni vanno considerati per la loro funzione di segni distintivi, più che per la loro capacità
di soddisfare bisogni (valore d’uso).
La centralità del consumo viene spostata dal bisogno, ad una nuova massimizzazione
dell’utilità, intesa come valorizzazione simbolica del segno e del prestigio sociale. La
sociologa Egeria Di Nallo è stata una delle prime ad intuire le funzioni svolte dai consumi
nella società contemporanea.
Secondo la sociologa, i beni non vengono acquistati solo per soddisfare dei bisogni, ma
principalmente vengono utilizzati come indicatori di una determinata posizione sociale;
in quest’ottica, la merce diventa uno strumento che veicola una molteplicità di messaggi,
ma ognuno di essi deve entrare in relazione con gli altri per poter comunicare. Insieme
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formano un sistema di consumo, dotato di funzioni simboliche. Da solo, infatti, ogni
messaggio non significa nulla, in quanto il suo valore dipende dall’insieme delle relazioni.
Nella società industriale lo stile di vita dispendioso e basato sul consumo del superfluo,
si riferisce non solo alla classe agiata, ma riguarda tutta la struttura sociale.
Dalla classe agiata i beni di consumo discendono (trickle) lungo la gerarchia sociale. E
come un vero e proprio gocciolamento, i beni scorrono verticalmente dalle classi superiori
alle classi inferiori, ciascuna classe sociale è influenzata da una classe sociale superiore.
Non appena un certo bene diviene appannaggio delle classi inferiori muta infatti il suo
valore simbolico e viene immediatamente abbandonato dalle classi dominanti.
Conclusioni
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un’altra dimensione del consumo è quella per cui noi creiamo significati nel momento
stesso in cui consumiamo. Il consumo viene visto come una serie di azioni attive e
concrete con cui trasformiamo le merci sia dal punto di vista materiale che simbolico.
Anche il momento del consumo diventa quindi un momento di produzione sociale di
significati.
Bibliografia e sitografia