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STORIA DEL

PENSIERO
ECONOMICO

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La storia del pensiero economico non ha un vero e proprio inizio però ci sono
alcuni passaggi attribuiti all’antica Grecia, epoca classica, che noi riconosciamo
come pensiero economico (utilizzare gli schiavi come mano d’opera).
Anche in Aristotele c’erano segni di economia che a quel tempo non era visti
dato che non vi era una scienza economica.
Si passa dal sistema di autoconsumo come nelle città antiche, al sistema
feudale. L’economia dei vari paesi si basava principalmente sull’agricoltura nel
medioevo sistema che resse le economie fini al XV secolo.
Il XV secolo fu molto importante dato che ci fu la rivoluzione commerciale
che portò il sistema feudale a scomparire dando spazio al commercio
internazionale. Il commercio internazionale fece si che i vari paesi
cominciarono a scambiare bene tra di loro, cosa mai successa in quanto erano
tutti sotto un unico regno. Il fattore che incise maggiormente fu la scoperta
dell’America, da parte dei paesi iberici, poi nacquero le varie compagnie che
commerciavano non solo con le Americhe ma anche con le indie. La scoperta
dell’America portò con se la scoperta di un nuovo materiale l’oro. Un nuovo
continente è un nuovo materiale diedero vita al primo sistema economico
moderno il Mercantilismo (sistema teorico).
Il centro del mondo del commercio cominciò a spostarsi dall’Europa alle
Americhe e Indie.
Perché l’oro era cosi fondamentale? Oltre ad essere alla base delle economie
principale dell’epoca, l’oro era visto come mezzo per rappresentare la ricchezza
del paese ma non solo, anche come mezzo per rappresentare la potenza e la
forza commerciale e non solo del paese, questo portò ad aumentare il rispetto
dei vari paesi.
L’oro portò con se anche degli svantaggi: un aumento generale dei prezzi, che
portò ad un aumento generale dell’inflazione (primo cenno), che portò paesi
come Spagna e Portogallo a uscire dal panorama mondiale dato che non
riuscirono a fronteggiarla e ad essere solidi come gli altri paesi.
Un cambiamento fondamentale avvenne anche dal punto di vista delle persone
perché nacque il concetto di Nazione. Il concetto di Nazione portò la creazione
di un’identità comune tra le persone che portò alla nascita della Storia
economia perché, identità nazionale = interesse del paese = nuovi pensieri su
come far cresce e migliorare la propria nazione.
Rivoluzione commerciale + nazionalità = maturazione verso la nascita dei
sistemi economici.

Nasce il concetto di bilancia commerciale cioè vedere quanto entra e quanto


esce. Questo porta al protezionismo, cioè una chiusura delle frontiere, per
evitare la dispersione di oro verso gli altri paese per rimanere potente e
rispettato. Spostandoci sull’asse temporale, si arriva all’Illuminismo,
movimento politico che alla basa aveva la razionalità. Francia paese natale di
questo movimento che portò a scardinare il sistema teorico e economico
perché porta le persone a guardare tutto da un altro punto di vista.
Illuminismo = rampa di lancio per il pensiero economico moderno.

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L’economia divenne scienza autonoma perché si notò quanto fosse importante
elaborare teorie e pensieri per rendere la nazione migliore e soprattutto solida
e avvantaggiarla.

Un’importante riflessione venne fatta sul concetto di produzione e sul tema


del valore. Alla base vi era la ricchezza, ma come si poteva produrre
ricchezza? Come si poteva aumentare la ricchezza? Se si producevano materie
o prodotti, di un certo tipo, si capì che questi potevano essere reinvestiti cosi
da creare ricchezza dalla ricchezza.
Questo cambiò sostanzialmente un sistema che nei secoli è sempre stato fisso
cioè i ricchi erano sempre gli stessi; da adesso invece, la ricchezza la si poteva
creare per tentato non era più cosi difficile scalare e superare le differenze di
classe. Ci sarà la svolta grazie ai mercanti i quali con i propri commerci
riusciranno ad arricchirsi dimostrando che la ricchezza è creabile.

SI APRE IL MONDO MODERNO 1° lettura

L’economia feudale sorse dalle ceneri dell’economia schiavista dell’impero


romano, la relazione tra padrone e schiavo si trasforma nella relazione tra
padrone e servo. L’attività economica durante il Medioevo era organizzata
intorno alla vita del feudo, ossia un’unità agricola largamente autosufficiente,
controllata dal rigore e coltivata da contadini servi, i quali dovevano assicurare
la continuità nel tempo del maniero e produrre un sovrappiù da devolvere al
signore.
Contribuì al miglioramento delle condizioni di vita della popolazione e allo
stesso tempo la formazione delle città nelle aree densamente popolate; la
diffusione delle botteghe artigianali pose le premesse per l’avvio di un’intensa
attività commerciale. Nasce così la figura del mercante indipendente.

Nei secoli XII e XIII prese avvio la crescita delle economie comunali e dei
traffici commerciali e finanziari delle borghesie cittadine.
Prima di tutto cio’ erano rilevanti le tesi di Aristotele che si occuparono
dell’arricchimento proveniente dallo scambio e dall’usura, suddividendo la sua
teoria in “crematistica naturale” (arte di arricchire producendo beni e servizi
utili all’esistenza)e “crematistica non naturale”,(arricchimento proveniente dallo
scambio e dall’usura)

Da Aristotele proveniva la tematica del “giusto prezzo” e insieme a questa


tesi venne formulata la relativa al “giusto salario” che dovrebbe garantire al
lavoratore un livello di vita adeguato alla sua condizione sociale. Il commercio
veniva ritenuto legittimo soltanto se utile alla collettività, cioè soltanto se
produceva servizi utili a tutti.
La filosofia scolastica del duecento , il cui principale esponente fu Tommaso
d’Aquino, si riallaccia alla filosofia aristotelica, sforzandosi di assimilarla al
cristianesimo.D'Aquino sosteneva che esistevano tre diversi ordini di verità a
cui rivolgere la speculazione:

• la legge divina
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• il diritto naturale
• il diritto positivo

A differenza delle merci reali, che hanno un valore intrinseco , la moneta ha


un valore convenzionale , un valore imposto dal principe, tale valore rientra’
nel diritto positivo piuttosto che in quello naturale.
Pe Tommaso D’Aquino la moneta e’ un segno, ed e’ stata invitata dagli uomini
per misurare il valore delle merci e agevolare gli scambi. essa e’ poi un bene
fungibile, un bene che si consuma con l’usura. da cio’ deriva la principale
giustificazione della condanna all’usura. Usandola la si perde. chi la presta ha
diritto alla restituzione, ma non puo’ pretendere un prezzo per l’uso, cioe’
l’usura.
Non essendo un bene durevole che produce servizi non può essere data in
affitto e il tempo non deve essere sfruttato per riscuotere interessi in quanto
dono di Dio.
Condanna all’uso alternativo della moneta per generare guadagno.
Tommaso cita la proprietà privata che e’ giustificata come stimolo al lavoro ,
va intesa come una forma di connessione che la comunita’ fa all’individuo e va
esercitata come un servizio.

I COMUNI-UMANESIMO.RINASCIMENTO

Questo processo di trasformazione della società e dell’economia europea durò


fino alla metà del XVI. Iniziò in Italia ma già alla fine del XIII si affermò anche
in altre nazioni quali Germania settentrionale e Francia meridionale. Prende
forma un nuovo modello di ordine sociale: la civiltà cittadina. Alla base di
questa rinascita ci fu lo svolgimento di una lunga rivoluzione economica e
sociale. Sul piano economico si assistette allo sviluppo del capitalismo
manifatturiero, mercantile e finanziario; soprattutto nel settore tessile.
In quest’epoca si svilupparono anche importanti innovazioni economiche come
la cambiale, la contabilità a partita doppia, la mercatizzazione del debito
pubblico, assicurazione, la banca e la borsa. Sul piano sociale si assistette
all’ascesa della borghesia, in un lungo processo rivoluzionario in cui il popolo
armato scalzava dal potere le vecchie classi aristocratiche, mentre costruiva il
Comune come Stato autonomo e indipendente dal dominio imperiale.

Nasce in quest’epoca l’idea moderna di libertà intesa come libertà


repubblicana. Anche dal punto di vista culturale, la rivoluzione fu importante in
quanto diede molti contributi alla letteratura, alla filosofia, al diritto e
all’architettura. Questo periodo chiamato Umanesimo rappresentò lo spirito
unificatore di tutto il processo.La riscoperta dei testi letterali e filosofici della
civiltà’ greca e romana consenti agli intellettuali dell’epoca di fare una alto
indietro oltre ilMedioevo per porre le basi di un salto avanti vero quello che e’
stato chiamato “umanesimo civile”
Comune a tutti i pensatori umanisti e’ l’insistenza sull’essenziale relazionata’
della persona, una concezione molto importante dal punto di vista della teoria
economica.

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Il pensatore che meglio espresse questa rivoluzione del pensiero politico e
sociale fu Machiavelli. Quest'ultimo aveva sotto gli occhi la decadenza della
sua patria.aveva individuato la causa di tale situazione nella decadenza morale.
Non ne aveva però dedotto che la natura umana e’ maligna e che peccato
originale rende l’homo homini lupus.
Il rinnovamento culturale apportato dall’umanesimo contribui’ ad alimentare
l’innovazione anche nel pensiero economico,

Due teorie economiche nate in questo periodo:

• la teoria dell’interesse di Francesco da Empoli


• teoria del valore -utilita’ di Antonio Pierozzi,

Francesco da Empoli disse che colui che comprava titoli non era un usuraio ma
bensì qualcuno che scommetteva su qualcosa di rischioso, quindi quello che
guadagnava era giustificato in quanto non vi era nessun rapporto di mutuo,
che alla fine veniva rimborsato dallo stato a un interesse nominale. Il
guadagno era visto come premio per il rischio e non come usura.

Per parlare della teoria del valore bisogna parlare anche del taccamento. le
piu’ importanti corporazioni della città, le arti della lana, della seta e dei
mercanti, prescrivevano ai propri membri di applicare una “tacca “ alle merci
vendute, ovvero un cartello di legno in cui venivano trascritte tutte le voci di
costi: il primo costo, il costo del lavoro, delle materie prime, di trasporto, ecc.
Il prezzo di vendita veniva poi fissato aggiungendo a tale costo un ricarico
lordo che doveva garantire un “guadagno onesto”.,
Mentre la pratica del taccamento sembrava dar corpo a una teoria del valore
come prezzo di produzione, in realta’ portava alla luce il ruolo del controllo dei
mercati nella fissazione del prodotto aprendo una crepa nella teoria
oggettivistica del valore,
E’ qui che si insinua l’elaborazione di Antonio Pierozzi. Antonio esprime che ci
sono delle ragioni alla base del prezzo come la difficoltà delle materie prime e
che la compravendita sia giusta se le due parti sono d’accordo. Secondo lui ci
sono fattori oggettivi alla base della formazione del prezzo come la scarsità’ e il
costo di produzione, ma anche soggettivo come la stima individuale del valore
del bene.

ESPANSIONE DEL CAPITALISMO MERCANTILE

A partire dalla meta’ del XVI secolo inizio’ nel nord Europa un lento processo
di trasformazione sociale, politica e culturale che durò fin oltre la meta’ del
XVIII secolo. Uno dei fattori principali di questo processo fu l'afflusso di oro
dalle Americhe, infatti i prezzi triplicarono in Europa tra il 1500 e il 1650 e le
conseguenze sociali furono enormi. Da una parte si assistette a un graduale
impoverimento di quelle classi sociali, aristocrazia e clero, che vivevano di
redditi fissati per consuetudine i quali si adeguavano con molta lentezza alla
diminuzione del valore della moneta mentre dall’altra parte si verificò un
arricchimento senza pari della borghesia mercantile. L’espansione dei commerci
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e di quelli a lunga distanza portò alla formazione dei centri commerciali e
industriali e al riemergere della figura del mercante manifatturiere.
Ritorna il sistema di lavoro a domicilio (putting-out system) in cui il mercante
fornisce all’artigiano le materie prime e gli commissiona il lavoro; in un
momento successivo la proprietà degli strumenti del lavoratore passò al
mercante e quindi il lavoratore non vendeva più un prodotto finito bensì la
propria capacità produttiva.
Si assistette inoltre alla formazione di una classe lavoratrice di tipo moderno su
scala nazionale . nelle campagne tale processo fu favorito dalla diffusione del
sistema di produzione a domicilio, dal movimento di recinzione delle terre, e
dall’aumento della popolazione. altro cambiamento importante fu
l’affermazione dei moderni stati nazionali a seguito della Pace di Wesfalia.
Lungo processo che affonda ale sue radici nella lotta tra Comuni, papato e
Impero.

Rivoluzione scientifica e nascita dell’economia politica

Con umanesimo e rinascimento l’individuo era al centro dell’universo, le


università principali persero potere in quanto molti studiosi non volevano il
controllo del chiesa e da qui nacque l’università di filosofia, che diede vita alla
filosofia moderna e alla scienza. E’’ durante il rinascimento che prende avvio
quel grande processo di emancipazione intellettuale che va sotto il nome di
“ rivoluzione scientifica”. Si assiste ad una seconda ondata di espansione
delle università europee. la prima sotto l’Egidia della chiesa, poi nel trecento e
quattrocento ci fu uno stallo. e’ qui che perdono prestigio le tre antiche facoltà’
di rango superiore: teologia, diritto e medicina, mentre prende forza la
filosofia. nelle moderne università urse piede la filosofia moderna e con essa la
scienza.Copernico, Keplero, Galileo, Cartesio e Newton.
E’ in questo momento che vengono poste le basi del pensiero economico
moderno.

Con l'influenza di Aristotele, l'economia era considerata come l'arte di


amministrazione della famiglia. per Tommaso d’Aquino economia significava
semplicemente “governo della casa”. per entrambi il significato di “Scienza”
consiste nell’applicazione di un procedimento razionale deduttivo a un oggetto
di studio su cui si potessero formulare proposizioni e raggiungere delle
conclusioni.

L’economia politica nacque per dare un senso alle attività svolte dallo stato e
dell’agire sociale.
Per la prima volta la scienza viene riconosciuta tale e ci si basa sulle scelte
dell’uomo fatte per il bene della nazione e non per principi universali dettati da
dio.
I filosofi nominalisti furono importanti in quanto cercavano la conoscenza nello
studio degli aspetti individuali particolari, delle cose, invece che la loro essenza
universale.Tra fine 600 e 700 si cominciarono a diffondere ideologie simili trai
paesi e proprio per questo commerciare divenne più semplice e immediato.

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MERCANTILISMO

Non e’ mai esistita una scuola di pensiero che si definisca "mercantilista", ma


Smith aveva in qualche modo raccolto sotto la categoria di sistema mercantile
l'insieme delle idee economiche che dominarono gli ambienti politici e
commerciali europei del XVI, XVII e XVIII secolo.
rappresenta l’alleanza tra i sovrani e i mercanti ed emerse nel momento in cui i
teorici iniziarono a prendere le distanze dalla religione medievale per
avvicinarsi alla scienza e alla razionalità. Il mercantilismo nasce quindi con l’oro
che è stato l’elemento fondante di questo periodo: i mercantilisti erano
ossessionati da questo materiale prezioso e per loro era l’unico metodo
d’acquisto.

Il bullonismo si diffuse nelle corti europee nel 500 e alla base vi era il concetto
che la moneta fosse la ricchezza. Visione giusta per l’epoca in quanto le guerre
si vincevano con l’oro e l’oro era l’unica ricchezza che aveva senso accumulare.
Il mercante reputava la moneta come mezzo che si autovalorizzava.

I bullonisti la pensavano cosi perché erano funzionari statali del tesoro quindi
privilegiavano la non uscita di oro dai confini quindi bisognava ridurre il numero
di monete in circolazione, cercare di diminuire le importazioni o pagare le
importazioni con altre merci piuttosto che monete.

L’obiettivo era quindi quello di raggiungere una bilancia commerciale positiva in


cui il valore delle esportazioni superasse quello delle importazioni, questo stava
a significare una riserva d’oro non negativa. SI ricorreva spesso all’espediente
del rialzo delle monete che consisteva nel far aumentare il potere di acquisto
delle monete straniere, inducendo in tal modo un afflusso di moneta
dall’estero.
Infine, un espediente a cui si fece ricorso, soprattutto in Spagna, fu quello della
“bilancia dei contratti”, (X=IM)che consisteva nell’acquistare da ogni paese
straniero un ammontare di merci che non eccedesse quello in esso esportato.
Malynes inoltre affermava che diminuendo la moneta in circolazione all’intero
del paese considerato, sarebbero diminuiti i prezzi e sarebbero peggiorate le
ragioni di scambio e ciò avrebbe fatto aumentare il deficit commerciale; un
tasso di cambio più alto della parità metallica avrebbe portato alla fuoriuscita di
metalli preziosi.

Altro errore bullonista era la tendenza a ricercare le cause di una fuoriuscita di


metalli preziosi in fenomeni di natura monetaria: queste deviazioni venivano
attribuite a comportamenti illeciti dei banchieri e dei mercanti. Così come
anche i sovrani. questi ricorrevano alla cosiddetta “tosatura” cioe’ la riduzione
del contenuto metallico della moneta rispetto al valore di conio, o
all’innalzamento, aumento attraverso “Grida” del valore ufficiale dei pezzi
monetari correnti rispetto al loro reale contenuto metallico.

Introduzione alla legge di Gresham cioè valore intrinseco, legge secondo la


quale la moneta cattiva scaccia quella buona. se in un paese circolassero due
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monete con lo stesso valore nominale ma diverso valore intrinseco il pubblico’
tendera’ ad usare mei pagamenti interni la moneta cattiva. quella buona verra’
usata nei pagamenti internazionali o fusa.

Ci furono diverse dottrine bulloniste come quella delle alterazioni del cambio
causate da squilibrio bilancia commerciale(un tasso di cambio maggiore della
parità metallica, avrebbe portato a un fuori uscita di metallo prezioso, quindi
meno moneta, meno scambi, aumento deficit), es. Malynes che venne
smentita da Misselden che diceva che era lo squilibrio a det. il tasso di cambio
e bisognava incoraggiare le X e scoraggiare le IM.

Dovevano essere aboliti i dazi alle esportazioni e alzati quelli alle importazioni.
E’ nel 1664 che viene istituita da Colbert la tariffa doganale francese.
venivano pero’ ammesse delle eccezioni. la libera importazione di materie
prime utili all’industria nazionale non veniva ostacolata, mentre veniva proibita
l'esportazione di materie prime importanti come ad esempio la lana.
E’ del 1651 l'Atto di navigazione inglese “ con il quale veniva vietata
l'importazione di merci se non su navi inglesi.

Teorie e politiche demografiche

Furono elaborate teorie politiche mercantiliste anche in campo demografico.


bisognava assicurare un’offerta abbondante di lavoro per soddisfare le esigenze
di espansione dell’industria emergente. la politica doveva favorire l’incremento
della popolazione, ad esempio in Germani si aboli’ il divieto di matrimonio.
Persino in paesi come lìItalia dove non c’era questo problema c’era questa
mania demografica.
questa ossessione si spiega solo in parte con la continua e famelica domando
di soldati in un’epoca di guerra permanente. in realta’ c’era anche una
motivazione economica.

La politica economica attuale si concentra sulla popolazione difatti ci doveva


essere una sufficiente offerta di lavoratori per soddisfare i bisogni dell’industria
come in Germania. L’aumento della popolazione era determinato anche dalla
presenza di guerre. La teoria dei salari dei mercanti diceva massima offerta
in corrispondenza del salario di sussistenza. Se salario aumenta o diminuisce
dipende dalla morale. Si diffuse il problema di come aumentare l’offerta di
lavoratori. Child rispose al dilemma dei salari alti i quali non erano da vedere
come dannosi ma che rappresentavano uno stato ricco e solido.

L’economia cessò di essere “domestica” e diventò “politica”. Nasce l’idea


che la nazione avrebbe dovuto evitare di tenere inattivo il tesoro ma doveva
invece reinvestirlo sotto forma di “stock” per importare le merci necessarie per
produrre nuovi beni e aumentare così le vendite, ossia le esportazioni, e i
guadagni. La teoria politica che seguì questa dottrina fu una politica
commerciale protezionista in cui dovevano essere aboliti i dazi alle esportazioni
e alzati quelli alle importazioni; le esportazioni potevano essere incoraggiate
con premi mentre le importazioni dovevano essere ostacolate anche con
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divieti. Il primo paese che si mosse in questa direzione fu l’Inghilterra
soprattutto verso la fine del Seicento

Teorie e politiche monetarie

A partire dalla metà del Seicento si verificò un cambiamento importante: la


teoria quantitativa si diffuse tra i mercantilisti, ma non fu più interpretata
come una spiegazione del livello dei prezzi (come si faceva prima) bensì come
una teoria del livello delle transazioni. Questo cambiamento di vedute è
correlato all’arresto del secolare processo inflazionistico iniziato con la scoperta
dell’America. Il trend secolare dei prezzi che era stato fortemente crescente
dall’inizio del Cinquecento, nel Seicento diventò piatto e restò tale fino a oltre
la metà del Settecento. Il flusso d’oro dalle Americhe si ridusse drasticamente
e i paesi iniziarono a farsi la guerra per accaparrarsi più metallo possibile. Gli
economisti quindi non si preoccupavano più per l’inflazione, ma per la carenza
delle disponibilità monetarie necessarie per finanziare i traffici. Troviamo tra i
mercantilisti, come Keynes non ha mancato di far notare, una teoria monetaria
della produzione e dell’interesse, infatti la moneta è usata per attivare la
produzione e il commercio e l’interesse è il prezzo che si paga per ottenere
questo uso. In sostanza la teoria economica di quell’epoca era: l’aumento della
quantità di moneta consentiva di ridurre il prezzo del credito e quindi il costo
del finanziamento degli investimenti incoraggiando l’espansione economica.
Inoltre il livello di interesse era una delle altre ossessioni dei mercantilisti,
infatti qualsiasi politica atta ad abbassare l’interesse veniva valutata
positivamente.

HUME

Una delle principali critiche al pensiero mercantilista fu avanzata da David


Hume in quanto la sua idea era che l’aumento di moneta in circolazione in un
paese con avanzo commerciale avrebbe fatto aumentare i prezzi mente li avete
fatti diminuire nei paesi in disavanzo.
Il meccanismo di aggiustamento della bilancia dei pagamenti teorizzata da
Hume, “ prezzo-flusso monetario”

I mercantilisti guardavano principalmente allo scambio come alla vera fonte di


ricchezza e del profitto; quest’ultimo infatti affluisce al mercante come forza
del potere che egli riesce a esercitare sul mercato. Il profitto del mercante
nasce dalla differenza tra prezzo di vendita e prezzo di acquisto delle merci, ha
quindi origine dal processo di scambio. Ne deriva che una comprensione delle
determinanti dei prezzi di mercato è centrale per la comprensione
dell’ammontare dei profitti. Si deve guardare prevalentemente alle forze che
determinano la domanda delle merci e la domanda è riconducibile facilmente
all’utilità

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TEORIA DEL VALORE

Nel 1588 si realizza un tentativo di creare una teoria del valore utilità
avanzata da Davanzati. quest’ultimo avanzo’ la tesi che il valore delle merci
dipende dalla loro utilità e dalla loro rarità; ma non conta solo l’utilità assoluta
bensì l’utilità in relazione alla quantità dei beni di cui si dispone.
L’effetto della maggiore rarità sarebbe di accrescere il valore d’uso delle merci
e quindi il prezzo a cui esse si possono vendere. La teoria venne ripresa nel
1680 da un discepolo di Galileo il quale sostenne che “ sono i desideri degli
uomini la misura del valore delle cose”; i prezzi iniziano così a variare in base
ai gusti dei consumatori.
Qualche anno più tardi, Nicholas Barbon sintetizzò il pensiero mercantilista: il
valore naturale delle merci è rappresentato dal loro prezzo di mercato, inoltre
sono le forze della domanda e dell’offerta a determinare il prezzo di vendita.

Fu in questo secolo che i mercanti cominciarono a propagandare i principi che


reggevano la propria economia privata come i principi di economia pubblica;
nasce così la scienza economica. La scienza economica nacque quando i
sovrani cominciarono a farsi consigliare dai mercanti e non più dagli
aristocratici, da economia privata a principi di economia pubblica. Importante
fu la scuola di Salamanca, esponenti fondamentali furono Navarro e luis De
Molina, la ricerca sui temi valore e moneta stimolata dalla rivoluzione dei prezzi
in Spagna determinata dall’oro. Secondo Molina: economia di merci portava a
una diminuzione di prezzo mentre una economia di moneta a un aumento di
prezzo.

Piano piano diminuì la differenza di prezzi tra i paesi e l’inflazione. Un aumento


del controllo capitalistico sulla produzione giovò alla situazione economica.
Importante fu una minore presenza dello stato, e il prezzo veniva determinato
dalla produzione, con la diffusione del protestantesimo si riuscì anche a
giustificare il fine egoista dell’individuo che si vide non più come nocivo ma
positivo per la ricchezza dello stato, stato che era chiamato a difendere la
proprietà privata, primi accenni al liberalismo.

I PIU’ IMPORTANTI PRECURSORI DELL'ECONOMIA POLITICA


CLASSICA

William Petty trovò importante il fatto di evitare speculazioni, con la sua


political arithmetik disse “usare solo gli argomenti fondati sulla sensazione e di
considerare unicamente quelle cause che hanno un visibile fondamento nella
natura”. Alle argomentazioni di carattere qualitativo, se ne dovevano
sostituire altre piu’ rigorose basate su numero, peso e misura.

Un'importante innovazione di petty fu la spiegazione del valore, introdusse il


concetto di valore naturale . Secondo petty i prezzi si assestano in base a
oscillazioni non molto chiare. Valore naturale dato da costi di produzione dato
dal valore del lavoro(alimentazione media di un lavoratore).

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Abbozzò’ inoltre una idea del sovrappiu’ calcolato sottraendo dal valore del
prodotto ottenuto su un dato appezzamento di terra sia la resa sia il salario
pagato. diede inoltre importanti contributi in tema di finanza pubblica dove
venne anticipate varie tesi della futura teoria classica e liberista.

King fu uno dei proseliti di Petty del quale ricordiamo la famosa Legge di
King: un aumenti percentuali del prezzo del grano sono una funzione
crescente delle riduzioni percentuali dei raccolti.

LOCKE

Tento’ di giustificare la proprietà privata facendo uso della teoria del valore-
lavoro. la sua idea era che la liberta’ individuale implica il diritto di disporre del
proprio lavoro. da cio’ ne deriverebbe il diritto alla proprieta’ del prodotto del
proprio lavoro, considerato un diritto naturale.

Il passo decisivo verso il liberismo lo fecero North e Mandeville.

La scienza, secondo quanto diceva North, che si occupava della ricchezza,


deve essere fondata su verita’ chiare ed evidenti.Doveva partire dagli appetiti
degli individui che si sforzavano di soddisfare, quindi se l’interesse della
popolazione si basava sull’interesse individuale allora era meglio che non ci
fosse nessuna politica. La migliore politica era nessuna politica: nessuna legge
per regolare il commercio, nessuna per regolare il tasso di interesse, ne per
controllare l’offerta di moneta. Con lui avviene la riaffermazione della teoria
che era stata avanzata da Perry e Locke secondo cui “il giusto” livello del
saggio di interesse e’ solo quello a cui lo conducono naturalmente le forze della
domanda e dell’offerta della moneta.

Dello stesso parere era Mandeville che in una sua pubblicazione sostenne non
solo che il benessere pubblico era meglio perseguito lasciando agli individui la
piena liberta’ di soddisfare i priori vizi, ma anche che alcune virtù’ come ad
esempio il risparmio erano socialmente meno utili del loro opposto.

Cantillon:Nel continente, si diffuse il protezionismo agrario, la ricchezza


proveniva dalla terra(principi fisiocrati). Vari pensatori dell’epoca come
cantillon cercarono di dimostrare che lo stato doveva incoraggiare l’agricoltura
invece di proteggere il commercio e l’industria.

La ricchezza veniva data da beni di consumo. Per aumentare l’agricoltura si


pensa di incentivare i contadini abbassando le imposte e magari adattare le
imposte al reddito. A differenza degli inglesi, nel continente la proprietà privata
e la libertà erano alla base, non c’era bisogno di giustificazioni.

Cantillon modificò la teoria del valore di Perry


Il valore intrinseco, secondo cantillon, dipendeva da condizioni di produzione
e prezzo di mercato dipendeva da D e O. Si introdussero i primi concetti di
costi di addestramento, che aumentavano il costo del lavoro e quindi i prezzi,
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la rischiosità e fiducia nel gestire determinate mansioni. troviamo in lui anche
una spiegazione dei differenziali salariali che anticipa quella di Smith, questi
dipenderebbero dai differenziali di costi di addestramento del lavoro, dalla
differenza di rischio tra i diversi tipi di prestazioni lavorative e dai diversi dai di
fiducia richiesti dalle varie mansioni. Da Perry proviene anche la sua passione
per la ricerca empirica. da Perry riprese anche l’inutile ricerca della “parità’” tra
terra e lavoro. abbozzo’ anche una spiegazione della convergenza del salario
effettivo verso quello di sussistenza.
In lui aleggiava anche la spiegazione dei differenziali salariali anticipando quelli
di Smith. Di provenienza inglese la sua “teoria monetaria” quantitativa.

Da Boisguellebert venne ripreso anche l’abbozzo del Tableau economique


integrato con una più moderna teoria delle tre classi sociali : proprietari,
fittavoli e braccianti , e delle trois rentes(rendite, profitti e spese dei coltivatori.
Formulazione della teoria del flusso circolante.

La rivoluzione liberista-Precondizioni della rivoluzione industriale

Il trentennio che va dal 1741 al 1776 e’ di cruciale importanza per la storia


d’Europa. e’ un periodo di profonda crisi economica dovuta alle grandi guerre
che si sono susseguite in Europa. E’ il momento dell’affermazione del
capitalismo nelle campagne.
La precondizione per l'avvio della rivoluzione industriale è costituita dalle
molteplici innovazioni tecnologiche. ma prima di tutto cosa piu’ importante
furono le precondizioni culturali. E’ l’epoca dei quella rivoluzione culturale che
prende il nome di Illuminismo. Le sue radici vanno ricercate nell’Inghilterra
del 18 secolo, nelle idee della ragione, esperienza e scienza.
tale corrente svolte un ruolo fondamentale nella storia del pensiero economico,
forni’ le fondamenta filosofiche all’attacco che gli economisti di questo periodo
rotarono al pensiero mercantilista.
Gli anni dal 1751 al 776 sono gli anni della rivoluzione liberista. il
mercantilismo che aveva governato il pensiero economico per cosi’ tanto
tempo stava vacillando.

QUESNAY:In Francia si affermo’ il periodo della scuola fisiocrazia. tra i suoi


maestri ci fu Quesnay.
Dal modello del tableau economique Quesnay derivo due importanti
conseguenze politiche. la prima riguardava la “naturale” capacita’ del sistema
economico di riprodursi e di stare in equilibrio. questo equilibrio era visto come
una manifestazione dell’ordine naturale delle cose.
la seconda implicazione riguardava la dottrina dell’IMPOT UNIQUE secondo la
cui tesi il meglio che potesse essere fatto dell’autorità centrale nel campo della
finanza pubblica era quello di eliminare tutto quel complesso apparato fiscale
ereditato dal medioevo che ostacolava la circolazione delle merci e la libera
iniziativa privata.

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TABLEAU ECONOMIQUE

Partendo dalla colonna centrale del Tableau, i proprietari spendono il prodotto


netto dell'anno precedente acquistando 1.000 libbre di beni dagli artigiani e
1.000 libbre di beni agricoli dagli agricoltori (corrispondenti alle linee diagonali
marroni). Le 1.000 libbre spese nel settore agricolo
generano 2.000 libbre di credito, di cui metà sono dirette verso i proprietari
sotto forma di prodotti, e l'altra metà sotto forma di rendita. Le 1.000 libbre di
reddito ricevute dagli artigiani vengono in parte spese in beni agricoli (prima
diagonale verde), e quindi, secondo l'ipotesi di base, generano un identico
prodotto netto: le 500 libbre della colonna di sinistra che si traducono quindi in
un uguale ammontare di rendita diretta verso i proprietari. Le spese degli
agricoltori per i beni prodotti dagli artigiani sono poi rappresentate dalle linee
diagonali arancioni che vanno dalla colonna di sinistra a quella di destra.
Le ipotesi del Tableau economique sono che solo la terra può generare un
output più grande dei costi della sua produzione e pertanto la produttività della
terra è pari al 100%. Per gli artigiani e servitori invece il valore dei beni
prodotti è uguale al pagamento dei fattori produttivi
Obiettivo della "tavola economica" era la rappresentazione dell
‘interdipendenza tra i settori macroeconomici, il flusso dei redditi monetari tra
i vari settori dell'economia, nonché la creazione e la circolazione annuale del
prodotto netto all'interno del sistema economico.

GALLIANI E GLI ILLUMINISTI ITALIANI

Il trentennio 1750-80 puo’ essere definito l’eta’ d’oro del pensiero economico
italiano, i piu’ importanti illuministi italiani furono:

GALLIANI: in “Della moneta” fece un ambizioso tentativo di costruire una


teoria generale del valore-utilita’. attacco’ anche il pensiero fisiocratico e la sua
teoria della politica economica. oltre a lui si ricorda: Genovesi, Beccaria, Verri.
tratto comune degli illuministi italiani di questo periodo era l’insistenza sulla
felicita’ pubblica come oggetto principale di studio della scienza economica,

Meritano di essere ricordati Beccaria e Verri. In Beccaria abbozzo della teoria


della divisione del lavoro e dei rendimenti crescenti nell’industria. In Verri
teoria della curva della domanda. Verri critico dei fisiocrati. critica alla teso
secondo cui la “classe sterile” non produrrebbe sovrappiu’. In comune avevano
una concezione oggettivista ed edonista dei fenomeni economici. cercarono di
spiegare il comportamento umano in termini utilitaristici. gli individui sono
massi, nelle scelte economiche solo dalla ricerca del piacere e dalla paura del
dolore.

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HUME:I Political Discourses sono importanti nella storia del pensiero canonico
perche’ in essi, furono poste le basi del liberismo economico inglese.

In tema di moneta Hume forni’ una versione dinamica della teoria quantitativa,
in cui riconobbe la possibilità’ che un aumento dell’offerta di moneta avesse
anche rilevanti effetti reali. in questo processi di trasmissione, molto
somigliante la meccanismo del moltiplicatore, gli incrementi di spesa possono
generare insieme gli aumenti dei pressi anche un’espansione della produzione
e dell’occupazione.
Hume nego’ che il volume del commercio internazionale fosse fisso e quindi
che un paese potesse aumentare le proprie ricchezze solo a spese di altri.
poi nego’ che il saggio di interesse dovesse variare inversamente all’offerta di
moneta.

Le quattro tesi fondamentali di Hume:il meccanismo prezzi flusso monetario, la


teoria quantitativa della moneta, teoria della crescita del volume del
commercio internazionale e la spiegazione della diminuzione dell’interesse
come fenomeno reale saranno accettati dal pensiero economico inglese ed
europeo e diventeranno i pilastri del liberismo economico ottocentesco.

STEUART :Nei suoi Principles of political economy troviamo il rifiuto della


teoria quantitativa della moneta. la variabile cruciale nell’equazione degli cambi
era per lui la velocita’ di circolazione. il volume delle transazioni dipenderebbe
dal livello di attivita, mente il valore delle transazione dispenderebbe da forze
reali.

Nego’ il principio secondo cui il modo migliore per servire l'interesse collettivo
era lasciar libero gioco agli interessi privati. defini’ la domanda in termini del
bisogno di merci e negò che bisogni e capacita’ di pagamento fossero sempre
tali da garantire la piena occupazione. per fare cio’ lo stato doveva
incoraggiare le esportazioni favorendo l'aumento della competitività’ dei
prodotti nazionali. predicava anche il salario di sussistenza. da una parte
c'erano quelli che sostenevano la necessita’ di mantenere bassi i salari per
scoraggiare il vizio e l’ozio, dall’altra c’eran coloro che sostenevano invece che
alti livelli di salario potevano contribuire a stimolare i lavoratori.

SMITH

Le precondizioni culturali della rivoluzione industriale furono le radici di un


movimento nuovo che bisogna ricercare in Inghilterra, nel secolo XVII e in
particolare nelle idee di ragione, esperienza e scienza. Si tratta del periodo
dell’Illuminismo che svolse un ruolo importante nella storia del pensiero
economico in quanto fornì le fondamenta filosofiche all’attacco degli economisti
che in questo periodo portarono avanti le idee del mercantilismo. Gli anni che
vanno dal 1751 al 1776 sono gli anni della rivoluzione liberista; il capitalismo
fu improvvisamente aggredito e scomparve nel giro di venti anni. I nuovi
economisti liberali non riescono a imporre una teoria chiara e definita, nascono
delle scuole come la scuola milanese e napoletana in Italia e quella dei
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fisiocrati in Francia, ma fu scarsa l’omogeneità dei pensieri all’interno e
all’esterno di queste scuole. Bisognerà aspettare la sintesi smithiana, nel 1776,
per trovare le condizioni che condurranno all’affermazione di una nuova
ortodossia su scala continentale.
L’Inghilterra avrà come principale strumento per la rivoluzione, il carbone, il
quale verra usato per altri duecento anni fino alla chiusura delle miniera fatta
dalla Thatcher. Nasce la classe media, che ridusse la polarizzazione. Molti di
quelli che si renderanno imprenditori, provengono proprio da queste fasce
intermedie, ciò dovuto dalla possibilità di strumenti e dal fatto che ad essi
importava cresce mentre i poveri rimanevano tali e ai ricchi non importava.
Alla base c’era l’innovazione dovuta alla sperimentazione. Un modo diverso per
inserire la Gran Bretagna come capofila e il modo di aprire il proprio sguardo, è
quello della sua apertura al mondo esterno aprendo le sue vedute. La
compagnia delle indie fu proprio una creazione nata da questa apertura, con
essa difatti aumentò di molto la forza economica della Gb, portandola così a
diventare sempre più importante. Attraverso il commercio oltre alle merci
pesavano anche le idee, i pensieri economici, i materiali, le macchine, non
bisogna fermarsi all’apparenza. Su quelle navi passo anche il saper fare, lo
spirito di ricerca e apertura verso il nuovo e l’ignoto(vedi il settore tessile). La
lavorazione del tessile passò in Inghilterra proprio grazie ai rapporti con l’India
dato che era molto pratica in questo settore. Una enorme novità fu la creazione
di un’attività concentrata fatta da operai, che lavoravano a una stessa
macchina con le stesse mansioni, questo portò alla nascita delle fabbriche.
Nelle fabbriche si riusciva a lavorare a qualsiasi ora e a qualsiasi condizione
climatica, questo era perfetto per produrre senza perdite di tempo. Le
economie di scala resero possibile la diminuzione dei costi quindi prezzi minori
quindi beni accessibili e quindi comprati sempre di più e divenuti comuni,
maggiore quantità a costi minori di produzione = profitto maggiore. Una
importantissima innovazione fu la creazione delle macchine che si possono
definire la rappresentazione di quei processi svolti dall’uomo, che portarono al
decollo della rivoluzione. Il processo che seguì l’introduzione e l’aumento delle
machine fu quello inserire cioè la creazione di oggetti uguali uno dietro l’altro
diminuendo i tempi. Il carbone fu importantissimo per la creazione del
vapore, chiave di volta di un processo che porterà alla creazione delle
macchine a vapore. Ultimo punto ma non meno importante, sono gli oprai,
termine moderno, che all’epoca significava coagulo di lavoratori, che erano
fondamentali per lo sviluppo del fabbrica, dei prodotti e delle creazioni,
soggetti attirati da tante parti che si spostavano appunto dove c’erano le
fabbriche. Gli imprenditori, furono i primi, che videro l’ottica di produrre profitti
da reinvestire e da utilizzare per la crescita. Questi imprenditori erano coloro
con conoscenze ed esperienze in ambito economico, poche ma buone, con un
buon intuito per capire dove investire o la capacita di crescita e il potenziale
della fabbrica. Questo diede un impulso notevole alla crescita del sistema
fabbrica e accelerò il processo di ricerca e innovazione. Il progresso era alla
base del pensiero dell’imprenditore.

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SMITH:Adam Smith è un filosofo scozzese, è stato docente di Filosofia
all’Università di Glasgow e dopo gettò le basi dell’economia politica classica.
L'opera più importante è intitolata “Indagine sulla natura e le cause della
ricchezza delle nazioni “ (1776), che chiude il periodo dei mercantilisti e dei
fisiocratici, da lui così definiti e criticati, dando avvio alla serie di economisti
classici, diventando il punto di riferimento per tutti gli economisti classici del
XVIII e XIX secolo, come Ricardo, Malthus, Say e John Stuart Mill.

(John stuart mill è importante per l’economica come scienza sociale. La


regalata non è fissata dalla teoria economica ma cambia, muta nel tempo
proprio come cambiano le visione economiche. Mill è considerato anticipatore
del socialismo. Quello che lui fece fu spostare la sfera sociale cioè spostarsi
verso gli operai che lavoravano in condizioni pessime e pesanti che molto
spesso aggravavano sulla salute e situazione di quest’ultimi.
Oltre alla sua importanza in ambito filosofico, Mill viene ricordato
principalmente per essere stato il secondo parlamentare inglese ad aver
chiesto l’introduzione del suffragio femminile/The subjecon of women)
nel Regno Unito.)

Smith, nel suo primo libro, introdusse il concetto di “divisione del lavoro”: la
divisione del lavoro è il processo mediante il quale un’operazione produttiva
viene suddivisa in un certo numero di operazioni separate, ognuna realizzata
da individui diversi. Egli fece l’esempio della fabbrica degli spilli: un operaio da
solo, per costruire una spilla si deve cimentare in tante operazioni diverse,
(Smith è riuscito ad identificare diciotto operazioni distinte); quindi, l’operaio
che si cimenta in queste svariate operazioni, non riuscirà mai a velocizzare il
processo di tutte le fasi. In una giornata lavorativa sarà in grado di realizzare
al massimo una spilla. Mentre, attuando la divisione del lavoro, Smith afferma
che ogni fase di produzione necessita di un lavoratore, il quale con il tempo si
specializzerà solo in quella determinata fase, diminuendo i tempi di produzione
e aumentando la precisione; in una giornata lavorativa gli operai specializzati
potranno produrre migliaia di spille. Le ragioni dell’incremento produttivo
indotto dalla divisione del lavoro sono principalmente due, ossia l’aumento
dell’abilità manuale di ogni lavoratore e quindi la specializzazione nella
determinata fase e la riduzione di tempo perso per passare da una fase di
produzione all’altra.

Adam Smith, che è considerato uno dei padri dell’economia classica moderna,
concepisce la divisione del lavoro come un processo di specializzazione del
lavoro che riguarda 2 forme complementari:

• Specializzazione nelle singole unità produttive (divisione verticale del lavoro).


La divisione verticale del lavoro è un processo che avviene all’interno di una
singola impresa. Tale processo consiste nella specializzazione e divisione delle
singole mansioni all’interno di una singola unità produttiva e consente di
attuare economie di specializzazione, di ridurre i tempi di lavoro e i costi di
produzione e aumentare la produzione in termini di quantità.

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• Specializzazione tra le attività produttive (divisione orizzontale del lavoro).
Questa divisione è connessa alla prima forma divisione del lavoro verticale in
quanto man mano che si sviluppa la prima si sviluppa anche la seconda.
Durante questo processo iniziano a nascere delle attività produttive
specializzate nella produzione di singoli beni (sia finali che strumentali). Si
tratta di una divisione orizzontale del lavoro e comporta la nascita di diversi
settori economici.

La divisione del lavoro innesca il processo di crescita mentre l’accumulazione


del capitale lo alimenta. Smith suddivise il capitale in capitale fisso, macchine,
impianti, edifici e capitale circolante, impiegato per comprare materie prime
per pagare lavoro ed energia. La teoria della distribuzione del reddito tra classi
sociali costituisce un ruolo cruciale nella teoria smithiana dello sviluppo; infatti
sono identificate tre classi fondamentali, capitalisti, lavoratori e proprietari
terrieri.
Teoria della distribuzione del reddito tra classi sociali. Le re classi
fondamentali(capitalisti, lavoratori e proprietari terrieri) si differenziano sia per
i requisiti prodottivi sia per il modo in cui spendono i loro redditi. questo e’
l’essenza della teoria dell’accumulazione di Smith.

I proprietari terrieri non possiedono capitale produttivo e non hanno stimoli al


risparmiare e accumulare capitale; i lavoratori hanno solo il lavoro e i capitalisti
spingono a dare loro un livello di salario di sussistenza quindi la loro
propensione al risparmio è nulla; ed infine i capitalisti possiedono denaro e
puntano a farlo crescere quindi hanno una propensione a risparmio alta. Segue
che, più alta è la quota del reddito nazionale che va ai profitti, più alto sarà il
ritmo di accrescimento della ricchezza della nazione, l’interesse generale
della nazione coincide con l’interesse della particolare classe borghese.

Smith fa la distinzione anche tra lavoro produttivo e lavoro improduttivo: il


lavoro produttivo è quello impiegato nel produrre merci e quello improduttivo è
impiegato nei servizi personali. Il lavoro produttivo risulta così indispensabile
per sostenere l’accumulazione mentre quello improduttivo no; quindi per far
crescere un economia bisogna ridurre la percentuale di lavoro improduttivo.

Un altro concetto che Smith introdusse fu la distinzione fra “valore d’uso” e


“valore di scambio”. Valore d’uso si riferisce all’utilità di un bene mentre
valore di scambio si riferisce alla facoltà che il possesso di un oggetto
conferisce nell’acquisire altri beni. Egli fece l’esempio dell’acqua e del
diamante: l'acqua, bene necessario, ha un prezzo inferiore al diamante, il più
superfluo fra tutti gli oggetti superflui. L'acqua ha un elevato valore d'uso, ma
un basso valore di scambio mentre il diamante possiede uno scarso valore
d'uso ma ha un elevato valore di scambio. Il valore d'uso, nel ventunesimo
secolo considerato soggettivo, era considerato oggettivo da Adam Smith così
come il valore di scambio lo è essendo quest'ultimo misurabile e risultante
dallo scambio.

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La teoria del lavoro comandato svolge un ruolo importante nella teoria
smithiana .
Adam Smith considera il lavoro come origine di tutte le cose che soddisfano le
necessità e i bisogni della vita umana. Secondo lui la ricchezza ha origine nel
lavoro che ha prodotto i beni che costituiscono la ricchezza. Con la divisione del
lavoro solo una minima parte delle cose di cui si ha bisogno si possono
ottenere direttamente dal proprio lavoro in quanto un singolo individuo non è
in grado di produrre tutto ciò di cui ha bisogno. Gran parte delle cose si
possono ottenere solo scambiando i prodotti del proprio lavoro con i prodotti
del lavoro altrui. La conclusione di Smith è che una persona è più o meno ricca
a seconda della quantità di lavoro altrui che riesce a comprare vendendo la
propria merce.
Secondo Smith dunque “il lavoro è la misura reale del valore di scambio di
tutte le merci”. Il lavoro comandato può essere definito come il lavoro che
indirettamente possiamo acquistare scambiando i prodotti del proprio lavoro
con prodotti di lavoro altrui. In questo modo Smith misura i prezzi in termini di
quantità di lavoro dividendo il prezzo di una merce per il salario di un
lavoratore per unità di tempo, e così si ottiene la quantità di ore che la vendita
di quella merce è in grado di acquistare o di comandare.

Bisogna menzionare la distinzione tra prezzo di mercato e prezzo naturale;

Il prezzo naturale (o prezzo di produzione) è il prezzo minimo che consente di


pagare salari e profitti (e rendite) ai loro saggi naturali. Il prezzo naturale è il
prezzo teoricamente rilevante in quanto assicura le condizioni di riproduzione
del sistema. Infatti se tutte le merci sono vendute e acquistate al loro prezzo
naturale, ciascun settore può reintegrare i mezzi di produzione e pagare i
salari, profitti e rendite nelle condizioni normali di produzione. Nella concezione
degli economisti classici il prezzo naturale è indipendente dalla domanda e
offerta di mercato; è un prezzo che deriva dalle condizioni strutturali del
sistema e ne garantisce la sua produzione.
Il prezzo di mercato invece è il prezzo a cui una merce è effettivamente
venduta e scambiata sul mercato. A differenza del prezzo naturale, il prezzo di
mercato può essere influenzato dalla domanda e dall’offerta che si manifestano
effettivamente sul mercato durante un certo periodo di tempo. La distinzione
tra prezzo naturale e prezzo di mercato impone che, nella teoria del valore
degli economisti classici, vi sia un processo che porta il prezzo di mercato
verso il prezzo naturale.

Le fluttuazioni del prezzo di mercato dipendono dalle forze della domanda, ma


sono regolate dalle condizioni di produzione.
Questo processo di aggiustamento è una parte integrante del meccanismo di
mercato attraverso cui l’economia torna nel suo equilibrio “naturale” ed è il
movimento con cui opera la “mano invisibile”. Le forze di mercato faranno si
che vengono prodotte le merci e le quantità che soddisfano meglio la domanda
finale mentre le condizioni di offerta determinano i prezzi relativi, quelli di
domanda determinano le quantità relative dei beni prodotti.

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Quindi, secondo la mano invisibile di Smith, il sistema economico non richiede
interventi esterni per regolarsi e in particolare non necessita l’intervento di una
volontà collettiva razionale; in condizioni di equilibrio concorrenziale quindi la
produzione consente di offrire le merci che i consumatori domandano, i metodi
produttivi scelti sono quelli più efficienti e quindi quelli che sprecano meno
energie e le merci vengono vendute al prezzo più basso possibile.
Tuttavia, questa teoria non permette di spiegare il fenomeno della
disoccupazione e di trattare adeguatamente le produzioni non-mercantili come
salute e sanità.

Questi concetti e la mano invisibile influenzano la dottrina economica di Smith,


nota come liberismo. Il liberismo è una teoria economica secondo la quale lo
Stato deve contenere il proprio intervento nell'attività economica di un paese
per evitare di ostacolarne lo svolgimento e per lasciare spazio ai singoli
operatori economici. Ciò non significa che lo Stato debba disinteressarsi del
tutto dell'economia interna bensì che debba attuare solo ciò che è
indispensabile per garantire che l'attività economica possa svolgersi in modo
ordinato e proficuo. Lo stato dovrebbe adottare iniziative come creare vie di
comunicazione per garantire il transito degli operatori economici e delle merci;
difendere il paese all'interno dalla violenza e all'esterno dall'aggressione di altri
per evitare che le attività produttive siano compromesse; realizzare la giustizia
tra i cittadini per non generare disuguaglianze e privilegi di alcuni a scapito di
altri. Il liberismo è nei propri contenuti antitetico al mercantilismo. Col 700 si
crea quindi il con il quale cominciano a diminuire i privilegi e ad aumentare le
possibilità delle persone comuni di aumentare la propria ricchezza. Con questa
teoria del libero scambio si intende un'attività di distribuzione sul mercato
interno ed estero dei beni prodotti che non sia vincolata da ostacoli, quali tasse
o dazi doganali. Esso è una risorsa per l'economia perché consente alle merci
di circolare ovunque soddisfacendo i diversi bisogni dei cittadini. Jacques
Turgot sintetizzò l'indirizzo in una celebre frase "LAISSE FAIRE”.

Nel 1778 Smith viene nominato commissario delle dogane e si trasferisce ad


Edinburgo. Nonostante l'attività lavorativa lo impegni assiduamente, trova il
tempo per dedicarsi alla riedizione della "Ricchezza delle nazioni" ed alla
revisione della "Teoria dei sentimenti morali”. Muore il 17 luglio 1790, lasciando
agli amici precise istruzioni per bruciare gran parte dei suoi scritti.

LE TRE ANIME DI SMITH

Tre diverse componenti della teoria economica di Smith: componente


macroeconomia,(basata sulla teoria del sovrappiù’) microeconomica(basata
sulla teoria dell’equilibrio concorrenziale individualistico) e componente
istituzionalista.
La prima componente sta alla base della teoria dello sviluppo(distinzione tra
lavoro produttivo e improduttivo, spiegazione del valore in termini di lavoro
contenuto e comandato, teoria del profitto come redito residuale). La seconda
sta alla base del teorema della mano invisibile, dell’idea dell’economia

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capitalistica, della teoria additiva dei prezzi e della teoria dei differenziali
salariali.
La terza componente e’ stata trascurata per molto tempo. per Smith il mercato
tesso era concepito come un’insieme di istituzioni: proprietà’ privata,
proibizione pratiche monopolistiche, ecc.
Smith aveva una concezione dell’uomo come un soggetto dotato di IO multipli.
Ci sono sentimenti orientati all’IO( il desiderio di migliorare la propria vita, il
desiderio di stima sociale, la vanità’, il desiderio di accumulare ricchezza) e
sentimenti orientati all’altro

DOPO SMITH 2° lettura

Smith ebbe diversi seguaci in varie parti del mondo dopo la sua morte: dopo la
pubblicazione della ricchezza delle nazioni ci fu un’epoca di entusiasmo e di
ottimismo e fu così sia per la borghesia inglese che era alle prese con la fase
più intensa della rivoluzione industriale, sia per quella continentale
(francese in particolare) che era alle prese con il tentativo di realizzare il sogno
illuminista.
Per la prima volta in tutta Europa gli economisti scoprirono di parlare lo stesso
linguaggio e di avere la stessa idea degli scopi, dei limiti e dell’oggetto di
indagine della scienza economica: quelli di Smith. Pochi economisti diedero dei
contributi originali in quest’epoca, ma coloro che lo fecero si concentrarono
sulla componente di pensiero di Smith dell’equilibrio concorrenziale
individualistico, da cui nascerà l’utilitarismo con Bentham.

Questa tematica si trova al limite tra l’etica e l’economia; l’utilitarismo è il


momento dell’affermarsi di un’etica non più basata sul dovere ma piuttosto
sull’analisi delle conseguenze di determinate azioni. Non ci sono più azioni
giuste o sbagliate, ma azioni che vengono valutate in base alle conseguenze
che esse possono portare. Bentham teorizza il calcolo felicifico che si tramuta
nella valutazione quantitativa della felicità complessiva della società e si
sostanzia nella somma algebrica di piaceri e pene che derivano da determinate
azioni. La loro somma da il risultato di questo calcolo e quindi la comprensione
della felicità in un certo ambito sociali ed è un modo per misurare il giusto. Il
“giusto” diventa quindi misurabile e quantificabile. Questa nuova teoria nasce
con la mentalità della rivoluzione scientifica applicata all’ambito dello studio
delle scienze economiche quando si inizia a studiare la sfera economica in
ambito matematico. Secondo Bentham quindi bisogna riuscire a dare una
massima felicità al maggior numero di persone. Bisogna valutare l’impatto
sociale delle azioni sia individuali che collettive e governative. Le azioni
governative sono quelle su cui si concentra Bentham: immagina un legislatore
(o apparato di strutture burocratiche) che può porre dei limiti ad un egoismo
sfrenato, col fine di integrare le azioni private e armonizzare le azioni
individuali verso queste azioni socialmente ottimali. Le azioni dei singoli
cittadini devono mirare ad uno sviluppo di un'azione collettiva positiva che
migliori il benessere della società. Questo non avviene spontaneamente come
invece sosteneva Smith con la mano invisibile, ma avviene attraverso un
legislatore e un governo che pone limiti al “lasciar fare“ delle persone.

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Thomas Robert Malthus, economista e filosofo, nato nel 1766 e morto nel
1834. Nella sua analisi sul capitalismo, egli non è in grado di migliorare le
condizioni dei lavoratori perchè sostiene che la crescita demografica del
momento era eccessiva e la classe salariata non riceveva redditi sufficienti per
assorbire la crescente quantità di beni messa sul mercato dal nuovo sistema di
produzione industriale; queste idee vanno incontro ad una crisi del sovrappiù e
del ristagno. Inoltre Malthus studia gli aspetti conflittuali e la redistribuzione
del reddito. Lo stato, secondo lui, deve intervenire per risolvere gli squilibri;
questa è la tesi principale per cui si discosta dalla teoria di Smith.

Successivamente, un discepolo di Smith, Jean Baptiste Say nel suo trattato


di economia politica del 1803 riuscì a intrecciare le due tesi fondamentali della
teoria del valore di Smith: la tesi della dipendenza delle variazioni dei prezzi di
mercato dalle forze della domanda e la tesi relativa alla dipendenza dei prezzi
naturali dalle condizioni di produzione. Secondo lui, il valore delle merci
dipenderebbe dalle forze della domanda e dai costi di produzione e dietro al
valore delle merci si ha l’utilità dei beni mentre dietro le forze della domanda si
hanno le difficoltà incontrate per offrirli.
Say si spinse oltre Smith nel tentativo di giustificare il “laissez faire”. Smith si
era limitato a sostenere che l’avidità dei capitalisti avrebbe condotto ad
un’economia concorrenziale per allocare le risorse in modo da soddisfare la
domanda dei beni sui vari mercati ma aveva tenuto in considerazione
solamente un equilibrio generale dei vari mercati senza l’aver ipotizzato che in
alcuni mercati ci sarebbe potuto essere un disequilibrio. Si può ipotizzare
quindi un eccesso di offerta di capitale nelle industrie;
Say cercò invece di dimostrare l’impossibilità di un eccesso di offerta
generalizzato e diede sintetizzò tutto ciò nella “legge di Say”. Secondo questa
legge, chiamata anche legge dei mercati o degli sbocchi, l’offerta crea sempre
la propria domanda. Inizialmente Say si limita ad osservare che il valore della
produzione aggregata è necessariamente uguale al valore aggregato dei redditi
distribuiti ma con il potere di acquisto generato dalla produzione non si ha più
soltanto la domanda potenziale bensì la domanda effettiva; questo porta alla
conclusione che sono impossibili delle situazioni in cui si ha un eccesso di
offerta aggregata.

RICARDO: Ricardo nasce a Londra nel 1772. Durante una vacanza a Bath, nel
1799, Ricardo di trova per caso a leggere la “ricchezza delle nazioni” di Smith;
la sua analisi si sviluppa così con tre riferimenti ossia: le vicende concrete dei
suoi giorni, i dibattiti immediati su di esse e il libro di Smith. Ma i principali
contributi alla scienza economica arrivano solo dopo il suo ritiro dall’attività in
Borsa nel 1815 a soli 43 anni.
Ricardo aveva scommesso sulla vittoria inglese nella guerra contro Napoleone
e dopo la battaglia di Waterloo può contare su una ricchezza valutata più di
600.000 sterline dell’epoca. Si trasferisce in campagna e affianca alla sua vita
tranquilla da ricco gentiluomo, un’attività politica e la partecipazione al
dibattito economico dell’epoca. La sua opera principale pubblicata nel 1817 è
“On the principles of political economy and taxation” che lo aiuta ad affermarsi
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come caposcuola nella élite politico-culturale dell’epoca. Nella sua attività
pubblicistica e parlamentare Ricardo si occupa di questioni monetarie, fiscali e
del debito pubblico. Ricardo, molto attivo nella vita economica del paese,
propone diverse soluzioni da sottoporre alle banche; in primis nel 1816 critica
la Banca di Inghilterra proponendo di reinstaurare la convertibilità delle
banconote in lingotti invece che in monete, in modo da aumentare la
circolazione delle banconote e risparmiare sulle spese di circolazione. Nel 1819
propone di ricorrere a imposte patrimoniali per rimborsare nello spazio di
quattro-cinque anni il debito pubblico accumulato in epoca di guerra e nel 1823
propone che l’emissione delle banconote sia affidata a una Banca nazionale e
che la Banca di Inghilterra sia obbligata a limitarsi all’attività di banca
commerciale.
Ricardo muore l’anno stesso, nel 1823, dopo una malattia. Negli anni
successivi alla sua scomparsa, la sua eredità scientifica viene gradualmente
dispersa, con una crescente deformazione del suo pensiero originario. Ma con
l’edizione delle sue opere curata da Sraffa tra il 1951 e il 1955, Ricardo e il suo
contributo scientifico vengono riproposti all’attenzione degli economisti,
liberando il campo dai fraintendimenti che si erano accumulati nel tempo e
suscitando nuove e interessanti controversie interpretative, direttamente
legate al dibattito teorico contemporaneo sui temi di fondo della teoria del
valore e della distribuzione.(il valore di una merce dipende dalla quantità’ di
lavoro relativo necessario a produrla dunque di un valore d’uso per chi la
possiede)

Ricardo riprende da Smith la propria visione del sistema economico e su di


essa elabora una costruzione analitica a sostegno di una politica favorevole allo
sviluppo capitalistico. Come Smith, Ricardo considera una società basata sulla
divisione del lavoro, suddivisa in due grandi settori ossia agricoltura e
manifatture. Inoltre anche lui sostiene che esistono tre classi sociali: lavoratori,
capitalisti e proprietari terrieri, alle quali corrispondono tre forme di reddito,
salari, profitti e rendite. I salari corrispondono ai consumi di sussistenza dei
lavoratori impiegati nel processo produttivo e costituiscono parte delle spese
necessarie di produzione. Rendite e profitti invece corrispondono al sovrappiù,
cioè a quella parte del prodotto che resta disponibile una volta ricostruite le
scorte iniziali di mezzi di produzione e di mezzi di sussistenza per i lavoratori
impiegati. I proprietari terrieri destinano a consumi di lusso le loro rendite, i
capitalisti sono spinti dalla concorrenza a investire per intero i loro profitti,
pertanto lo sviluppo economico viene dell'accumulazione ad opera dei
capitalisti, basata sui profitti.
Rispetto ad Adam Smith, vi comunque un cambiamento di impostazione in
quanto Smith aveva tentato di tener conto dei molteplici aspetti della realtà
economica, mentre Ricardo ha una mente analitica, con un’esigenza innata di
rigore logico e di precisione, che lo spinge a costruire una struttura teorica
squadrata anche a costo di escludere dall’analisi tutto ciò che non è
considerato direttamente rilevante. Smith aveva illustrato l’evoluzione
complessiva del sistema economico collegata allo sviluppo della divisione del
lavoro esplorando i diversi aspetti del problema, invece Ricardo si concentra
sulla distribuzione del sovrappiù tra rendite e profitti. Per Ricardo la quota di
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reddito che va ai profitti costituisce il fattore cruciale nel determinare il ritmo di
accumulazione di capitale nell’economia. Il suo schema analitico, inoltre,
permette di individuare gli effetti sui profitti dei vincoli al commercio
internazionale, in particolare dei dazi sull’importazione dei cereali.

Alla base dell’analisi di Ricardo c’è dunque la distribuzione del sovrappiù e il


suo utilizzo per l’accumulazione ma le dimensioni del sovrappiù variano nel
tempo. Ciò significa prendere come dati la tecnologia, i livelli di produzione e il
salario.

Questa tesi portata avanti nell’ambito della struttura analitica di Ricardo, deriva
dalla “legge di Say” intesa come impossibilità di crisi da sovrapproduzione
generale; i produttori infatti, secondo questa teoria, non hanno difficoltà a far
assorbire dal mercato le merci che hanno deciso di produrre; per Ricardo infatti
il livello di produzione è in ogni dato momento, quello reso possibile dall'
accumulazione di capitale.

Il problema della rendita viene risolto grazie alla teoria della rendita
differenziale (teoria ricardiana della rendita); secondo tale teoria, la rendita
sulle terre più fertili corrisponde ai minori costi per unità di prodotto che deve
sopportare chi le coltiva, rispetto ai costi relativi alle terre meno fertili; per
ogni appezzamento di terra, la rendita è pari alla differenza tra i costi unitari di
produzione relativi alla meno fertile tra le terre in coltivazione e i costi unitari
relativi alla terra su cui la si vuole calcolare, moltiplicata per la quantità di
prodotto ottenibile su di essa. Sulla meno fertile tra le terre in coltivazione la
rendita è nulla e il profitto risulta così definito come grandezza residuale, cioè
come quella parte del sovrappiù che non viene assorbito dalla rendita.

Inoltre, lo sviluppo viene dall’accumulazione e quindi dai prodotti e tutto ciò


che riduce i profitti costituisce un ostacolo all’accumulazione. Quindi i profitti
diminuiscono quando aumentano le rendite sulla terra. Ciò accade a causa
dello sviluppo economico cioè la crescita dell’economia si accompagna a una
crescita della popolazione, che genera un aumento dei consumi alimentari e ciò
costringe a espandere la coltivazione. Ricardo suppone che le terre coltivate
per prime siano le più fertili e man mano che nuove terre vengono messe in
coltivazione, la peggiore tra le terre coltivate, cioè la “terra marginale”, per il
cui utilizzo non si pagano rendite, risulta man mano meno fertile. I profitti
ottenuti sulla terra marginale diminuiscono perchè aumentano i costi per unità
di prodotto. Sulle terre già coltivate aumentano le rendite e quindi
diminuiscono i prodotti e la diminuzione di tali prodotti si trasmette
dall’agricoltura all’industria tramite l’aumento dei prezzo dei prodotti agricoli e
quindi dei salari; tutto questo rallenta l’accumulazione e quindi la conclusione
economica è che l’importazione di cereali dall’estero è la via migliore per far
fronte all’aumento di domanda di alimenti derivante dalla crescita della
produzione e popolazione. Si riesce ad evitare così un aumento della della
produzione agricola interna delle terre meno fertili che si tradurrebbe in un
aumento delle rendite con conseguente diminuzione dei prodotti e del ritmo di
accumulazione. Quindi secondo Ricardo, bisogna eliminare i dazi doganali che
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sono gli ostacoli a queste importazioni. Nasce così la teoria dei vantaggi
comparati basata sulla divisione internazionale del lavoro che Ricardo
sviluppa nei “principi”; in questa teoria afferma che bisogna eliminare gli
ostacoli al commercio internazionale, quindi i dazi e mostra che i vantaggi
derivanti dal commercio internazionale vengono dal miglioramento delle
tecnologie produttive per l’insieme dei paesi coinvolti nel commercio. E’ un
miglioramento che tocca tutti i paesi che aderiscono anche se resta il problema
di come distribuire i frutti di questo miglioramento tra i diversi paesi.

Al centro dell’attenzione, secondo Ricardo, c’è il saggio di profitto per due


motivi:

- in una societa’ capitalista il saggio di profitto deve risultare uniforme nei vari
settori di attività in quanto regola lo sforzo che la società indirizza alla
produzione delle diverse merci;
- inoltre egli sostiene che il saggio del profitto è anche un indicatore del ritmo
potenziale di crescita dell’economia, infatti è pari al rapporto tra prodotti e
capitale anticipato, cioè al tasso di accumulazione.

Per Ricardo, spiegare il motivo per il quale il saggio di profitto tende a


diminuire nel corso del processo di sviluppo significa spiegare il ritmo di
sviluppo del sistema economico. Quindi, la determinazione del saggio del
profitto costituisce un aspetto centrale della costruzione analitica di Ricardo e
dell’intera tradizione classica. Ricardo fornisce contributi analitici essenziali,
andando ben oltre l’idea smithiana di un saggio di prodotto naturale
determinato dalla pressione della concorrenza dei capitali disponibili per
l’investimento.

Le obiezioni a questa teoria arrivano nel 1814, con una lettera di Malthus in cui
aveva obiettato a Ricardo che egli non poteva aggirare il problema del valore e
determinare il saggio di profitto come rapporto tra quantità fisiche di una
stessa merce, dal momento che in ogni processo produttivo si utilizzano mezzi
di produzione eterogenei tra loro e rispetto al prodotto. Ricardo capisce la
validità di queste critiche e propone nei “principi” una nuova soluzione che
consisteva nell’adottare la teoria del valore-lavoro contenuto per spiegare i
prezzi relativi.

In base a questa teoria, il rapporto di scambio tra due beni corrisponde al


rapporto tra le quantità di lavoro direttamente e indirettamente necessarie alla
produzione di ciascuno di essi. Ricardo inoltre suppone che per ciascun bene
l’ammontare di profitti e rendite che si aggiunge al costo del lavoro per arrivare
al prezzo sia grosso modo proporzionale all’ammontare di lavoro
complessivamente impiegato nel processo produttivo. Il suo obiettivo di fondo
non è quello di fornire una teoria dei prezzi relativi ma piuttosto quello di
costruire una teoria della distribuzione e dell’utilizzo del sovrappiù e riguarda
quindi non i singoli processi produttivi ma il complesso delle attività
economiche di un paese. Grazie alla teoria del valore-lavoro, Ricardo può

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misurare sia il prodotto sia i mezzi di produzione in termini omogenei ed è così
riuscito nuovamente ad aggirare il problema del valore.

Ma la teoria del valore-lavoro e’ considerata una teoria approssimativa dei


prezzi relativi. per Ricardo il problema e’ trovare un ancoraggio , un metro
invariabile per i valori di scambio.

Ricardo nella prima edizione dei “Principi” adotta come misura invariabile una
merce prodotta in un anno di lavoro non assistito da beni capitali. Inizialmente
Ricardo utilizza le sue riflessioni sulla misura del valore per criticare una tesi di
Smith, ovvero quello che se aumentano il salario o il saggio del profitto, come
conseguenza devono aumentare i prezzi naturali delle merci.Teoria legata
all’interpretazione della teoria del prezzo si Smith.
Secondo questa teoria il costo di produzione di una merce e’ scomponibile in
lavoro, terra e altri mezzi di produzione. ma il difetto di questa teoria e’ che
essa presuppone che salari, rendite e profitti siano indipendenti fra loro. Per
mostrare che l’aumento della variabile distributiva non segue necessariamente
un aumento di tutti i prezzi, Riccardo sceglie come standard la merce prodotta
con un anno di lavoro senza anticipo du capitale e senza terra. se aumenta il
salario, i prezzi di tutte le altre merci diminuiscono rispetto a quella scelta
come unita’ di misura. ne segue una critica di Mathus che porta Ricardo nella
terza edizione dei “I Principi” ad accennare a una “merce media”: tale mese
utilizzata come standard, portera’ ad una variazione dei prezzi delle altre
merci, alcune in aumentata altre in diminuzione ,q quindi ad una
compensazione.

Moneta

Secondo la teoria quantitativa della moneta, le variazioni della moneta in


circolazione determinato le variazioni del livello generale dei prezzi senza
influenzare il livello di attività produttiva e la velocità di circolazione. Con
moneta Ricardo intende l’insieme delle attività finanziarie utilizzate come
mezzo di pagamento, quali le banconote emesse dalle banche. È a queste che
applica l’idea centrale della teoria quantitativa: il loro valore varia in relazione
inversa alla loro quantità.

Ci sono elementi che complicano questa teoria: sono i metalli preziosi di cui è
possibile aumentare la quantità disponibile sostenendo determinati costi di
produzione, pertanto il prezzo dell’oro è determinato sulla teoria del valore-
lavoro. Un altro elemento è la relazione tra loro e i biglietti emessi dalle
banche. Il ruolo dell’oro non è quello di moneta ma di standard della moneta.
pertanto il potere di acquisto della moneta rispetto alle merci va scomposto in
de relazioni distinte:
• rapporto di scambio della moneta con l’oro
• rapporto di scambio tra oro e altre merci,

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Per Ricardo la variabile cruciale per la politica monetaria non e’ livello dei
prezzi delle merci ma il valore della moneta ovvero ’ il suo rapporto di scambio
con l’oro .

Il contributo di maggior spicco si ha con Thorton che analizza il processo di


espansione creditizia collegandolo alla divergenza tra tasso di interesse
bancario e tasso di profitto. La banca centrale assumerà un ruolo attivo nelle
scelte di politica monetaria.

Commercio internazionale e teoria dei costi comparati

Con Antonio Serra e Thomas Mum si avrà una concezione di bilancia dei
pagamenti. Si sosteneva quindi che conveniva esportare a prezzi alti ed
importare a prezzi bassi; ogni paese doveva riuscire ad offrire il prodotto che
costava di meno in termini di costo di produzione. Questa è la teoria dei costi
comparati: ogni paese, all’interno del commercio internazionale, si specializza
nella produzione di quei beni per i quali gode di un vantaggio relativo nel costo
di produzione. Si ha la sostanziale differenza tra vantaggio relativo e vantaggio
assoluto. La teoria dei costi comparati si basa sull’esistenza di differenza tra le
strutture tecnologiche dei diversi paesi. Alcune critiche accentuano che il
commercio internazionale vada ad accentuare le varie differenze tra i paesi, ma
queste critiche non vanno a influire sula teoria ricardiana con la quale si
dimostra che l’apertura porta a innovazione.

Cartismo : Il Cartismo nasce in Inghilterra nel 1836, grazie a un gruppo di


operai e di artigiani londinesi che rivendicano, nella propria "carta del
popolo" (People's Charter), un programma politico per tutto il movimento
operaio.

MARX

Marx si oppone a una visione statica dell’economia, si fa paladino di un


processo dinamico di cambiamento. Egli lanciò il suo monito sulla fine del
capitalismo nel 1848 insieme ad Engels, proprio mentre le nazioni europee
sembravano sporgere sull’orlo di un precipizio. In Francia aveva avuto luogo la
restaurazione monarchica che aveva deposto il re.

Marx è portatore di una visione complessa della storia e che facciamo


discendere dall’idea di fondo di un filosofo come Hegel al quale lui si ispira(tesi
antitesi e sintesi). Marx è colui che studia in maniera più completa i rapporti
che si creano durante i processi di industrializzazione difatti lui entrerà per la
prima volta nelle fabbriche per vedere come sono le condizioni dei vari operai

Se i lavoratori, nel breve periodo, stanno bene perdono la capacità di


migliorarsi sul lavoro e quindi secondo Marx ciò è dannoso in quanto non li
rendeva una vera e propria classe sociale in grado di combattere per i propri
diritti, ma erano alienati a ciò che già possedevano. Marx parla di un processo
di presa di coscienza cioè “essere consapevole di quello che sono e non essere
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schiavo del capitalismo". Invece, nel lungo periodo i lavoratori, in gruppo,
possono diventare forti e riuscire ad imporsi come una vera e propria classe
cioè la classe operaia, al punto che avranno la forza di imporsi nei confronti del
capitalismo. Una volta che questa conoscenza di se stessi si sarà diffusa, non
solo in Inghilterra ma anche nel resto del mondo, allora, si potrà parlare di
un’unica classe operaia capace di prevalere e imporsi ottenendo i diritti
lavorativi come tutele, sicurezze ed anche aumenti di salario.

Nel 1830 la borghesia, giunse al potere in Francia e Inghilterra, con l’appoggio


del proletariato. Si trattava di dimostrare il sogno illuminista di una società
dove le classi non esistevano e non c’era oppressione e sfruttamento. Secondo
Marx il proletariato ereditava della borghesia la scienza in attesa di ereditarne
il mondo. Marx critica la visione dell’individuo come ingranaggio, ma vedeva
l’individuo come malleabile e autopoietico.

Le critiche che Marx rivolse ai classici furono molte, una fu su spiegare la


natura del profitto infatti loro si interrogarono su come determinare la gran
della del profitto e non di spiegarne le basi sociali. L’altra fu l’incapacità dei
classici di riconoscere il carattere storico del capitalismo. Altra critica
sull’incapacità degli economisti classici di riconoscere l’esistenza dello
sfruttamento alla base del modo di produzione capitalistico li portava, secondo
Marx, a concentrare l ’attenzione sui rapporti di scambio, invece che su quelli di
produzione.

La società che Marx immagina sarà una società molto più totalizzante, la
società comunista è un progetto dove tutti saranno votati alla creazione di
nuovi rapporti personali e familiari diversi, si arriverà a sostenere che l’uomo e
la donna comunista sono migliori antropologicamente dell’uomo capitalista. Nel
1848 uscirà il manifesto del partito comunista che sarà un punto cardine del
comunismo e del cambiamento della società.

Nasce l’idea di sfruttamento che parte dalle fabbriche ma che può essere
estesa anche in altri rapporti esempio in politica o nelle classi. Si parlerà di
sfruttamento anche tra madrepatria e colonia. Natura del capitale come
rapporto sociale. Rapporti di produzione che sfruttano, non scambio fra uguale.
Occorre che l’economia politica dia strumenti per rompere questo equilibrio.
Pochi punti ma che con Marx si riesce ad entrare in una nuova
ottica(distruggere le fondamenta dell’economia classica). 1848 anno di
rivoluzioni e spartiacque rispetto alla forza dell’industria britannica e alla
maturazione del movimento dei lavoratori.

Nel 1864 Marx renderà popolare quell’ottica internazionale che sta


nell’associazione che Marx forma e che spinge i lavoratori a riconoscersi
all’interno di uno spazio illimitato perché il mondo è fatto di proletari, occorre
abbattere qualsiasi barriera fisico o mentale che ostali questa unione. La
grande guerra rappresenterà una sfida difficilissima anche per i socialisti e sarà
una sconfitta perché una guerra voluta per la borghesia. Però poi i socialisti
tedeschi saranno a favore dei crediti di guerra e decideranno a favore della
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guerra?. La fortuna di Marx è grande in quanto il suo credo verra diffuso e
accolto da moltissime persone. Grazie a lui si trasferisce una conoscenza
diversa rispetto a quella imposta dal sistema scolastico. Questo nuovo mondo
costituisce un elemento formidabile per la fortuna di Marx in quanto molti
partiti si cominciano formare sulle idee di Marx. Idea di opposizione allo
sviluppo industriale, essa comincia a manifestarsi sempre di più. La visione di
Marx prevedeva la maturazione progressiva come forza per rovesciare la
tavola, invece il paese, dove il rifiuto della guerra arriva e addirittura obbliga al
ritiro, non era cosi vicino alla mentalità marxista.

Nonostante la rivoluzione venga fatta in suo nome, pur portando al potere le


sue mentalità, in realtà è una rivoluzione che si fa in un paese che non era
molto avanzato. I protagonisti saranno gli operai in quanto i contadini non
erano abbastanza pronti. La Russia sfugge allo schema marxista in quanto fu
proprio in questo paese che avvenne la rivoluzione nonostante non fosse
sviluppata come Inghilterra o Italia.

Ma cosa ha rappresentato il marxismo per il terzo mondo?

Proviamo a pensare anche cosa ha rappresentato il marxismo nel terzo mondo


es. socialismo africano, tutti quei fronti dove si è sviluppata la
decolonizzazione. Con il decreto delle nazioni unite, ci fu la liberalizzazione
delle nazione africane e non solo che fino ad allora sono state sotto il controllo
delle potenze occidentali, in questi paesi però è bene sottolineare come fosse
comunque diffusa l’idea marxista la quale porto a rivoluzioni proprio contro gli
invasori(es. in Nicaragua Marx veniva fatto studiare). Ad oggi Marx è
considerato uno dei più importanti, anche se da molti odiato, filosofo e
economista di tutti i tempi in quanto grazie alle sue idee molti paesi riuscirono
ad ottenere cambiamenti mai ricevuti finora proprio come coloro che vi
vivevano.

La teoria marxiana dello sfruttamento mirava a mostrare la vera natura del


rapporto capitale-lavoro. L’operaio entra come venditore del requisito
necessario per produrre. Il valore della forza-lavoro è uguale al valore dei
mezzi di sussistenza necessari per la sopravvivenza e la produzione della
classe lavoratrice. Il capitalista subentra emettendo capitale cosi paga il valore
di scambio per la forza-lavoro e ne acquista il valore d’uso. Così adesso tutto
appartiene al capitalista. Valore delle merci > di quello di produzione =
plusvalore. Per Marx il giusto prezzo del lavoro è quello determinato dal
mercato e non quello stabilito da una legge di natura.

La teoria di Locke sul valore e la proprietà consisteva in tre proposizioni


fondamentali :
1) nell’ordine naturale il valore prodotto è il prodotto del lavoro;
2) la relazione tra valore e lavoro non è alterata dalle convenzioni sociali;
3) la ricchezza detenuta in proprietà privata è accumulo di lavoro passato e
perciò non è in contraddizione col diritto naturale.

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Il valore è creato dal lavoro.
Marx accettò la prima proposizione ma data la sua formazione filosofica rifiutò
ogni riferimento al diritto naturale. I prezzi di produzione sono determinati in
modo da garantire un saggio di profitto uniforme tra le industrie. Bisogna
definire pero le condizioni di equilibrio. Marx parti dal tableau économique
studiando i vari schemi di produzione.

Si parla di marxismo-leninismo Il leninismo è una corrente di pensiero politico


ed economico (nell'ambito del comunismo) che si inquadra nella tradizione del
marxismo. Con questo termine si fa riferimento sostanzialmente alle teorie
dell'ideologia e leader bolscevico Lenin, e alla loro messa in pratica durante e
dopo la Rivoluzione Russa. La combinazione del marxismo con questa corrente
diede vita, secondo i sostenitori di questa, al marxismo-leninismo, sviluppato
da Stalin dopo la morte di Lenin nell'intento di legittimare l'operato del Partito
Comunista dell'Unione Sovietica e del Comintern, ed in seguito divenuto
l'ideologia ufficiale dell'Unione Sovietica.

Teoria marxiana del ciclo : l’investimento dipende dal saggio di profitto e il


saggio ha una relazione decrescente col salario(di mercato). Con Marx nacque
l’idea del salario nato dalla contrattazione di gruppi di operai contro i capi.
Teoria del salario normale : i lavoratori subentrano con i sindacati per
controllare l’offerta di lavoro mentre i capitalisti subentrano cercando di
decidere la domanda mediante investimento. Secondo Marx i sindacati
sarebbero cosi forti da contrastare l’ascesa delle macchine. L’idea di Marx era
che la produttività del lavoro aumenta più rapidamente del salario reale. Idea
alla base della “miseria crescente”, la più importante legge di movimento
dell’economia capitalistica. I lavoratori occupati migliorarono le condizioni di
vita e quindi aumenta il salario reale, pero la loro posizione rispetto alla classe
capitalista peggiora. Inoltre aumenta la loro insoddisfazione in quanto hanno
bisogno di soddisfarei bisogni ma non hanno le risorse per farlo i più aumenta
l’insoddisfazione sul lavoro

Secondo Marx i processi di meccanizzazione vengono avviati per contrastare gli


effetti negativi del conflitto di classe sul saggio di profitto. Es. se aumentano i
salari i capitalisti introdurranno macchine. Dalla teoria della caduta tendenziale
del saggio secondo Marx ne derivano altre due, una che riguarda la crisi che
diventa sempre più aspra perche ci sono bisogno di innovazioni che riducano il
rapporto tra prodotto e capitale, la crisi successiva sarà più difficile, perché a
parità di salari aumentati bisognerà diminuire i saggi, quindi meno
investimenti. L’altra legge riguarda la struttura dei mercati e la dimensione
delle imprese. L’insieme di queste 4 leggi darebbe conto della tendenza del
modo di produzione capitalistico e creare le condizioni per il superamento. Tra
la caduta del saggio, crisi più aspre e un tendenziale aumento del potere dei
lavoratori, l’anarchia della produzione capitalista verra abolita insieme allo
sfruttamento e ognuno verrà remunerato in base al proprio contributo
produttivo. Prima fase del comunismo

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Marx si occupò anche dei problemi monetari. La moneta influenza le crisi.
Importante fu la teoria secondo cui l’equazione degli scambi fa dipendere la
quantità offerta di moneta e la sua velocità di circolazione dai bisogno delle
transazioni. Ma l’adattamento della moneta ai bisogni non si verifica solo dalla
velocità delle transazioni ma anche dal ruolo svolto dal credito
nell’adeguamento della quantità di moneta offerta.moneta = circolante,
depositi e cambiali.
Fai di espansione aumento domanda aggregata eccesso anche dei prezzi, così i
capitalisti spendono più di quello che guadagnano domandano prestiti. Dato
che l'interesse cresce meno del saggio di profitto, si ha che si aumenta
l’espansione produttiva. Ma aumenta anche l’indebitamento così facendo, e il
rischio della copertura del sistema bancario. Quando ci sarà la flessione ci sarà
rischio di insolvenza.
In questo periodo abbiamo aumento salari e diminuzione dei profitti, la
domanda di credito è mantenuta elevata dalle speculazioni sulle merci. Le
banche pero diminuiscono le riserve e il saggio di interesse aumenta. Così, a
causa del rovesciamento del comportamento degli speculatori, che vendono, i
prezzi e i profitti calano drasticamente. Inizia la crisi di realizzo. La domanda
diminuisce, pure la produzione e l’eccesso di offerta aumenta. Molti capitalisti
non hanno le risorse per pagarsi i debiti. Le banche concedono meno crediti.
Così cresce la domanda di moneta. Questa è la crisi di liquidità. In questa fase
il saggio di interesse tocca l’apice e la crisi il fondo. La ripresa produttiva ci
sarà solo quando verranno eliminate le imprese inefficienti e cambiate le
macchine obsolete. Nel frattempo si accumuleranno scorte di moneta e così
saranno possibili nuovi crediti. Con ciò Marx creò due principi per la teoria
keynesiana, lo stock di moneta e il saggio di interesse.

Per ottenere l’equilibrio bisogna che la domanda e l’offerta di tutte le merci


siano uguali e che le merci vengano scambiate ai prezzi di produzione, ciò
anche secondo la legge di Say. Ma Marx era contrario in quanto secondo lui se
ci si basava su questa legge si arrivava ad un equilibrio del sistema economico
per pura fortuna. Nella sua teoria le merci si scambiavano a prezzo di mercato
e quindi la domanda non coincideva con l’offerta, e gli eccessi di domanda
vanno a variare i prezzi e quindi i profitti. Siccome la domanda aggregata
dipende dalle decisioni dei capitalisti, questa può divergere dall’offerta. Questo
è il concetto di crisi:dimostra che le crisi sono cicliche ossia l’investimento
dipende dal saggio di profitto e il saggio ha una relazione decrescente con il
salario di mercato. Nasce l'idea del salario nato dalla contrattazione di gruppi di
operai contro i capi delle imprese, nasce quindi con Marx la teoria del salario
normale: i lavoratori subentrano con i sindacati per controllare l’offerta di
lavoro mentre i capitalisti subentrano cercando di decidere la domanda
mediante l’investimento. L’idea di Marx era che la produttività del lavoro
aumenta più rapidamente del salario reale e ciò è alla base della miseria
crescente. I lavoratori occupati migliorano le condizioni di vita e quindi
aumenta il salario reale però la loro posizione rispetto alla classe capitalista
peggiora; aumenta anche la loro insoddisfazione sul lavoro a causa delle
macchine e così la miseria relativa aumenta di più degli occupati.

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RIVOLUZIONE MARGINALISTA

Gli ultimi decenni dell’800 sono stati anni di forte maturazione


dell’industrializzazione. Smith e Marx ritenevano che il valore di un bene
derivasse dai costi di produzione di quel bene. Ma William Jevon, noto
economista, sviluppo la teoria del utilità marginale che era in contrasto con
quella di Marx. Jevon ricorreva a questa teoria per spiegare come le persone
spendono il proprio denaro: l’utilità di un bene diminuisce al crescere
dell’utilizzo di quel bene e questo viene chiamato “principio di utilità
marginale”. Alla fine dell’800 questa linea di ragionamento che contemplava il
principio dell’utilità marginale divenne il fondamento di un nuovo approccio alla
disciplina economica; Jevon morì prima di aver avuto modo di elaborare a
pieno le sue teorie ma Marshall (economista britannico) condusse a ulteriore
sviluppo quelle intuizioni. Molti studiosi parlano di rivoluzione marginalista
contro quella marxiana. La rivoluzione marginalista si oppone a quello che
c’era. Molti autori hanno sottolineato l’esistenza di un tipo di continuità rispetto
al passato.
La svolta marginalista porta a riparlare più che ai ceti popolari e operai, agli
studiosi, accademici e a chi l’economia la gestisce. Una nuova “vecchia ottica”
che riprende le vecchie leggi economiche.

Cambia il modo di intendere la scienza, vedi la chimica. L’idea del progresso


non è solo l’idea dell’ottimismo ottocentesco, idea che si seguirà fino alla
grande guerra. L’economia, quando si parla di astoricità, si indica quel
momento in cui entra come scienza esatta(dopo Marx). Molti studiosi parlano
di rivoluzione marginalista contro quella marxiana. La rivoluzione marginalista,
si oppone a quello che c’era. Molti autori hanno sottolineato l’esistenza di un
tipo di continuità rispetto al passato,(richiamo a Bentham teoria valore lavoro),
tema dell’utilità preso da Bentham. Un punto va sottolineato come continuo e
permanente quello dell’ottica liberista che era stata la colonna portante
dell’economia classica e che non viene rimessa in discussione.
È l’epoca(fino 800) in cui si riscopre il ruolo dello stato all’interno di processi di
industrializzazione che non sono sempre in grado di crescere in base a sviluppi
endogeni(l’unica fu la gb), difatti molti paesi che si avviano sulla scia della
Gran Bretagna, si volgono verso una riscoperto dello stato, non lo negano
come fa Marx e come succederà nella rivoluzione bolscevica, ma devono fare i
conti con un nuovo protagonismo che nasce nelle nuove realtà industriali. Lo
stato interviene ma non nega l’ottica liberista ma interviene come leva per lo
sviluppo e questo ha anche un significato politico se vogliamo capire la storia
d e l l a g ra n d e g u e r ra p e r c h é p o r t a a l l a c r e s c i t a d e l s e n t i m e n t o
nazionalista(puntare sulle risorse a livello nazionale creando un sistema
economico forte che in futuro potrà reggere lo scontro mentre Marx diceva ai
proletari di unirsi indipendentemente dalla nazionalità). È qui che si fa avanti
l’economia neoclassica. Il principio base della rivoluzione marginalista è
l’utilità. L’individuo entra sul mercato e si basa sulla propria utilità e valore
soggettivo. Allocazione delle risorse in maniera ottimale, spostamento dalla
Macro alla Mircoeconomia. Aspetto fondamentale cioè come su tutto questo
incida l’innovazione tecnologica che ha la capacità di cambiare molto più forte
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rispetto ai decenni precedenti creano anche caratteri di strategia tra i diversi
settori. I mercati si trasformano più rapidamente e oscillazioni sempre più
profonde in tempi sempre più brevi. Da qui nasce la capacita degli imprenditori
di adattarsi e modificarsi stando dietro a questi cambiamenti dirottando grandi
masse di investimenti. In quest’epoca nascono i flussi finanziari moderni.
Quadro che va sempre più verso il consumo che costo di produzione ecco la
logica della teoria marginalista. Brutalmente la rivoluzione marginalista porta
con se un’importanza dello scambio maggiore di quella della produzione.

Ottimismo e nazionalismo, seppur contrastanti, diventano due termini in grado


di descrivere la Belle Epoque, momento simbolo dove c’è il miglioramento del
livello di vita delle nuove classi popolari. Si tenne a Parigi, una
esposizione(come) che guardava a quella di crystal palace del 1851, (1900
seconda riv industriale)dove vi fu la corrente, le scale mobili, ascensori. Tema
fondamentale il valore soggettivo rispetto ai valori della classe marxiana. In
questa epoca la differenza tra capitale e lavoro rimane netta ma non così
aggressiva in quanto grazie alle nuove tecnologie tipo tram o la creazione di
bar, che erano luoghi o mezzi(le auto che potevano usare solo i ricchi), fa si
che anche le persone potessero approfittarne e quindi migliorano le condizioni
di vita. Politica della casa si vede che al giorno d’oggi ci sono ancora molte case
che vennero progettate nel 1900 destinate alla classe popolare mentre oggi per
i ricchi. Alla mostra di Parigi ci furono tantissimo oggetti che cambiarono il
ruolo della donna all’interno della casa come il ferro da stiro, cucine a gas a
prezzi sempre più accessibili grazie alla grande produzione e ai costi
decrescenti. Protagonisti furono Marshall(padre teorico per la teoria dei
distretti industriali), Schumpeter(anni 20) e l’imprenditore innovatore che
attraverso la distruzione creatrice riesce ad introdurre innovazioni nel sistema,
Pareto e scuola svedese e austriaca.

Le basi teoriche del marginalismo dicevano che l’individuo entra sul mercato, si
basa sulla propria utilità e sul proprio valore soggettivo; si ha un’allocazione
delle risorse in maniera ottimale.
Nell'impostazione classica e marxista, ad esempio, è la quantità di lavoro che
definisce il valore di un prodotto; invece in base all'impostazione marginalista è
il valore del prodotto che definisce il valore dei fattori produttivi, tra cui il
lavoro. La teoria del valore sostenuta dai marginalisti è fondata su fattori
esclusivamente soggettivi, basati su calcoli di convenienza dei singoli individui:
il valore di un prodotto è definito sulla base "dell'importanza che il
consumatore attribuisce al prodotto stesso".
La metodologia marginalista, a differenza di quella classica che ritiene
fondamentale lo studio della crescita, incentra la sua analisi sull'equilibrio e
sulla ricerca di metodologie di allocazione delle risorse in modo efficiente.
Grazie alla maggior professionalizzazione rappresentata dalla scuola
marginalista, e grazie all'adozione di strumenti matematici come il calcolo
infinitesimale, fu possibile definire in modo accurato e formale il concetto di
utilità marginale, concetto cardine della teoria marginalista. Il concetto di
utilità dice che i beni hanno un valore in quanto sono utili, cioè servono a
soddisfare un bisogno dell’uomo, e tale valore è tanto più elevato quanto
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maggiore è la scarsità dei beni e più intenso il bisogno. Per i marginalisti, al
pari dei classici, non sono ipotizzabili crisi di mercato, dato che i beni prodotti
sono totalmente vEnduti e i fattori produttivi completamente impiegati:
arrivano quindi, anche se con strumenti diversi, alle stesse conclusioni dei
classici. Alfred Marshall afferma che il costo e l’utilità contribuiscono entrambi
alla determinazione del prezzo dei beni conciliando così la teoria classica del
costo con quella marginalista dell’utilità. L’utilità determina il prezzo nel breve
periodo e il costo. La curva dell’utilità marginale porta ad elaborare la curva
della domanda collettiva. Quindi i punti chiave di questa nuova scuola di
pensiero sono svariati tra cui perde interesse il fenomeno dello sviluppo
economico a vantaggio dei problemi su come allocare risorse date, il metodo
adottato si basa sul principio di sostituzione, cioè che le alternative in gioco
siano aperte e che le decisioni siano reversibili, il principio di utilità è posto alla
base di tutto il discorso economico, i soggetti economici devono essere
individui o aggregati minimi come le famiglie o le imprese, facendo così
scomparire i soggetti collettivi e le classi politiche, l’economia viene assimilata
alle scienze naturali assumendo quel carattere assoluto tipico delle leggi di
natura, si sostituisce la teoria soggettivistica del valore con quella
oggettivistica, cioè i valori esistono indipendentemente dalle scelte individuali.
La grande guerra porta con se una crisi forte dell’idea del capitalismo che si
rifletterà sugli economisti che vivono questo periodo 19-39. Entra in crisi
quell’ottica che rimane la capsula all’interno del quale si muove lo sviluppo del
mondo. La grande guerra pone le condizioni ad un superamento di quella
visione capitalistica che arriverà con Keynes. Libero scambio, liberalismo e
democrazia di mercato, sono temi che vanno in crisi perchè va in crisi quel
sistema economico reputato impossibile da fallire. Il capitalismo è discusso non
solo dalla sinistra ma anche da destra accentuando il carattere nazionalista e
l’ottica dell’intervento dello Stato nell’economia. La crisi di Wall Street fu un
punto di arrivo che non ha un interpretazione unica. Questa crisi si concretizza
nello schianto del capitalismo, ma fu anche di svolta per la teoria e il pensiero
economico. Keynes sarà colui riuscirà a dare una svolta a questa situazione
grazie alla sua teoria economica dell’intervento dello stato all’interno
dell’economia incentivando la spesa pubblica. La rivoluzione keynesiana sarà il
passo successivo per la svolta dell’economia che diventerà il punto di
riferimento per i successivi 40 anni del sistema economico occidentale.

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KEYNES (1883-1946)

E’ stato il più grande economista del suo tempo; la sua importanza risiede nella
teoria generale del 1936: scrive il trattato sulla probabilità (1921), il trattato
della moneta (1930) e la teoria generale (1936).

Ci sono 3 punti fondamentali della teoria generale keynesiana:

- il concetto di domanda effettiva: il ruolo fondamentale della domanda


aggregata quale determinante dell’occupazione e determinante del livello
dell’attività economica
- il meccanismo del moltiplicatore: ossia l’effetto moltiplicativo del reddito
causato dalle variabili esogene
- la teoria dell’interesse

Nel primo capitolo del libro k espone l'obiettivo della teoria generale : fornire
una teoria della determinazione del livelli di occupazione e dell output nel
sistema economico complessivo, ha ambizione di sviluppare la macroeconomia
moderna, la teoria economica precedente marginalista prendeva invece
livello dell'occupazione e il livello dell'output o produzione per dati al livello del
pieno impiego = sistema e sempre in piena occupazione o comunque dispone
di meccanismi di aggiustamento automatico che lo conducono alla piena
occupazione , non esiste x marginalisti un occupazione involontaria dei fattori
produttivi, I fattori produttivi che non sono occupati per loro non lo sono
perché volo volontariamente scelgono di non essere occupati In corrispondenza
dei livelli di equilibrio dei loro saggi di remunerazione che si stabiliscono su l
mercato e quindi non c’e’ bisogno di una teoria che definisca i livelli di
occupazione e produzione piche’ si determinano automaticamente sul mercato
in corrispondenza di livello di pieno impiego.

Per Keynes invece l'occupazione e la produzione della cui determinazione si


occupa la teoria generale non sono necessariamente corrispondenti al livello di
piena occupazione la situazione di piena occupazione del marginalisti è per K
solo un caso particolare tra tanti che si possono verificare e so pra tutto se i
sistema si allontana dall'equilibrio di piena occupazione non c'è alcun
meccanismo di aggiustamento automatico delle forze di mercato che riconduca
l'economia alla piena occupazione , la situazione normale è quella di un
sistema economico non in piena occupazione e che non dispone di alcun
meccanismo di aggiustamento automatico che ce lo conduca.

Il mercato del lavoro

Keynes ridisegna le due curve tradizionali di Domanda e Offerta di lavoro.


K concorda con marginalisti che la curva di domanda di lavoro è decrescente e
corrisponde alla produttività marginale del lavoro, concorda con marginalisti
che salari che imprese sono disposte a pagare corrisponde a prodotto che le
Imprese stesse possono ottenere dal lavoratore marginale; ma K si differenzia
da marginalisti sull'analisi dell'offerta di lavoro : K critica il postulato su cui si
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basa curva dell'offerta di lavoro dei
marginalisti ossia non concorda
che il salario reale alla quale il
lavoratore è disposto a lavorare
eguagli la disutilità marginale del
lavoro, la quale cresce
all'aumentare delle ore lavorate
(l'idea dei marginalisti era che i
lavoratori possono scegliere di
impiegare loro tempo x lavoro o x
tempo ibero e gente tende a
essere pigra quindi sceglie di
oziare meno solo in cambio di un
salario che è crescente: più è alto
il salario
che possono ottenere più è i tempo che sono disposti a lavorare e meno è
tempo che scelgono di dedicare a ozio). Per K questa curva con andamento
decrescente della domanda di lavoro corrisponde alla realtà mentre la curva
con andamento decrescente del 'offerta di lavoro non corrisponde affatto a
reale comportamento dei lavoratori.

K rigetta questo postulato per due motivi

1) I lavoratori guardano più al salario relativo piuttosto che al salario reale,


confrontano il salario di altri operai di fabbriche concorrenti o di altre categorie
di lavoratori piuttosto che al valore de salario in se
2) ciò che i lavoratori contrattano non è i salario reale ma il salario nominale
perché i lavoratori non possono sapere quale sarà 'andamento dell'inflazione in
futuro. non sono interessati a trattare per salario reale e anche se volessero
non sarebbero in grado di farlo.

Per K In sostanza non esiste questa curva Ns ma Il mercato del lavoro puo
trovarsi in corrispondenza di uno qualsiasi dei punti lungo la curva Nd (K fa
l'esempio del punto N' nel grafico = situazione con stessa possibilità di
verificarsi di tutti gli altri punti lungo la Nd, nel quale il salario reale che si
determina su mercato del lavoro non è tale da corrispondere a situazione di
pieno impiego sul mercato del lavoro perché sul grafico il livello
dell'occupazione in N'è molto inferiore a quello del numero di lavoratori che
sarebbero disposti a lavorare in corrispondenza del relativo livello di salario W',
dato che la piena occupazione si avrebbe a livello di occupazione Ne, quindi si
determina un livello di disoccupati involontari (che vorrebbe lavorare a quel
salario ma non trova lavoro) pari alla differenza tra il livello Nfe e il livello
N' (Nfe-N') > è una situazione ne mercato del lavoro che corrisponde alla
formazione di disoccupati involontari e per K i sistema non ha nessun
meccanismo di aggiustamento automatico che elimina o induce a eliminare
questo stock di disoccupati involontari, il mercato senza interventi non riesce a
aggiustarsi verso la piena occupazione

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Concetto della Domanda effettiva o aggregata

Una prima elementare


osservazione è che le
due curve solitamente
non si sovrappongono e
n o n s i e q u i va l g o n o,
quindi se fosse vero
quello che dicono i
marginalisti allora le
due curve si
sovrapporrebbero. La
domanda aggregata quindi non corrisponde all’offerta aggregata. Z indica il
ricavo minimo necessario per persuadere gli imprenditori a dare lavoro ad N
lavoratori .
D indica quanto gli imprenditori si aspettano di ottenere vendendo sul mercato
il prodotto che sperano di ottenere con l’impiego di N lavoratori.

In ascissa abbiamo il numero di lavoratori occupati e nelle ordinate abbiamo


valore dei ricavi e dei costi che gli imprenditori si aspettano di sostenere in
corrispondenza di ciascuno dei livelli di occupazione. C'è un unico punto nello
spazio cartesiano dove le due curve si intersecano:

Z -0 aggregata:

indica il ricavo minimo complessivo necessario a persuadere gli imprenditori a


dare lavoro a N lavoratori, questo ricavo minimo deve coprire i costi che
imprenditori devono sostenere per occupare questo numero di lavoratori. costi
che includono non solo i salari ma anche i costi per le materie
prime e I costi generali come quelli X ammortamenti ,accantonamenti a fondi
rischi ecc. incluso un profitto che imprenditori possano considerare normale

D D aggregata:

indica quanto imprenditori si aspettano di ricavare vendendo sul mercato il


prodotto che possono ottenere con impiego di M lavoratori, ovvero ricavo
atteso.Nel punto di intersezione si annulla la differenza tra MUST ( ovvero Z =
quanto devono mettere a disposizioni x tale livello di lavoratori ) ed EXPECT
(ovvero D = quanto si attendono di ricavare da rendita prodotto che
produrrebbero con determinato numero N di lavoratori)

Si può osservare che ambedue le curve hanno un andamento crescente,


tuttavia Z cresce sempre più rapidamente man mano che aumenta il numero
degli occupati ovvero si dice che Z ha derivata seconda positiva. Mentre D pur
crescendo sempre, cresce sempre più lentamente ovvero ha derivata seconda
negativa.

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Ma perché?

La domanda effettiva è costituita da due componenti che sono consumi ed


investimenti, i primi aumentano più lentamente del reddito. mentre gli
investimenti possono essere considerati una variabile esogeni della domanda
pertanto dipendono dalle aspettative degli imprenditori.
Per quanto riguarda Z, il suo andamento di crescita sempre più accelerata
dipende dal fatto che questa rappresentazione in forma grafica delle curve di
domanda, è un modello di breve periodo. Nel breve periodo si assume che la
capacità produttiva non vari. Nel lungo periodo invece si assume che anche la
capacità produttiva può variare.
Keynes osserva che se la curva D si trova al di sopra della curva Z le imprese
hanno un incentivo ad aumentare l’occupazione in quanto i ricavi che si
aspettano di ottenere in corrispondenza di un incremento del numero di
occupati è superiore al costo che le imprese devono sostenere per impiegare
queste persone.
Il punto di incontro delle due curve ci da’ il punto di domanda effettiva ovvero
il livello di occupazione atteso.

Per i marginalisti le due curve Z e D si sovrappongono e sono uguali per


definizione e sempre per definizione Z genera una D corrispondente ed in
grado di assorbirla

Meccanismo del moltiplicatore

Siamo in una economia chiusa(senza settore pubblico), la domanda è


composta da 2 componenti che sono: consumi(C) che dipendono dal
reddito(C=cY dove 0<c<1) e investimenti che dipendono dalle aspettative di
lungo periodo delle imprese e sono esogeni rispetto al reddito, le decisioni di
consumo sono prese dalle famiglie mentre quelle di investimento dalle
imprese.

La condizione di equilibrio si ha quando c’è uguaglianza tra investimento ex


ante e il valore del risparmio ossia il reddito di equilibrio deve essere tale da
generare un ammontare dei risparmi delle famiglie uguale all’ammontare degli
investimenti delle imprese.
L’aumento degli investimenti attiva un processo di aggiustamento del reddito
che si protrarrà fino al momento in cui vi sarà l’uguaglianza tra investimenti e
risparmi. Visto che il risparmio a differenza dell’investimento è funzione del
reddito sarà possibile determinare l’incremento del reddito necessario per
soddisfare questa condizione di equilibrio

Il reddito di equilibrio dipende sia dal rendimento che è esogeno che dalla
propensione marginale al risparmio e questo è importante perché la condizione
di equilibrio è che l’investimento esogeno deve essere uguale al livello del
reddito moltiplicato per la propensione marginale al risparmio.

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In questo grafico si può
vedere come la funzione
della domanda aggregata
sia data dai consumi (C)
più gli investimenti (I) più
la spesa pubblica
autonoma (G).
Si suppone che
inizialmente il sistema si
trovi in una situazione di
equilibrio corrispondente a
Ya e si ipotizza essere pari
a un livello del reddito di
1000 dollari, e si suppone
che la spesa per
investimenti si riduca di 200 dollari (si suppone che all’inizio fosse pari a 400
dollari e poi si dimezza) a questo punto il sistema si trova in una situazione di
disequilibrio. Dato che la produzione supera la spesa complessiva nel periodo
successivo le imprese decideranno di ridurre la produzione provocando una
caduta del reddito e facendo si che sia la quantità offerta che quella
domandata subiscano una riduzione. Via via che il reddito si riduce la
produzione e la spesa aggregata tendono ad avvicinarsi poiché la quantità
domandata diminuisce meno della quantità offerta. Questo aggiustamento si
ferma e si giunge a una nuova situazione di equilibrio indicato dal punto Yc.

La condizione di equilibrio è pertanto I = S;

Dal che consegue I = sY ossia il reddito di equilibrio è Y = I/s


Il moltiplicatore è così pari a 1/s.

3) Teoria dell’interesse

- Per i marginalisti l’interesse (i) è il premio per l’astinenza dal consumo si


determina sul mercato dell’allocazione del risparmio;
- Per Keynes l’interesse è il premio per la rinunzia alla liquidità si determina
sul mercato monetario;

L’interesse non determina l’ammontare del risparmio, ma come la ricchezza si


distribuisce tra i vari tipi di attività finanziarie (moneta e titoli);

- Una nuova gerarchia di influenze:

Per Keynes è quindi un fenomeno esclusivamente monetario mentre per i


marginalisti il tasso di interesse determina l’ammontare di risparmio. Per
Keynes il tasso di interesse è determinato dalla domanda e dall’offerta di
moneta ed è concepito come il premio per la rinuncia alla liquidità.
La moneta è l’attività finanziaria più liquida che esiste mentre i titoli sono poco
liquidi.
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Keynes considera solo due tipi di attività finanziarie, moneta e obbligazioni
(bonds).
Nella teoria generale, Keynes afferma che la ricchezza disponibile può essere
utilizzata quindi solo nella moneta e nelle obbligazioni.

In base a quali parametri un operatore decide di detenere la propria ricchezza


in moneta o obbligazioni? Visto che, la moneta è più liquida delle obbligazioni
per quale motivo un operatore accetta di detenere la propria ricchezza in
moneta e non acquista le obbligazioni? in base al tasso di interesse, pertanto:
l’interesse è il premio che il risparmiatore chiede per accettare di rinunciare
alla liquidità rappresentata dalla moneta (i)

Conviene detenere moneta e quindi per incentivare le obbligazioni si da un


premio sottoforma di risparmio.
Per Keynes la domanda di moneta è funzione inversa del tasso di interesse,
tanto più basso è il tasso d’interesse e tanto maggiore è la quota della propria
ricchezza che gli operatori economici decidono di detenere in forma liquida.
Keynes inoltre dice che questa relazione tra domanda d moneta e tasso
d’interesse è fortemente instabile e soggetta a mutamenti e variazioni (anche
repentini) nelle aspettative sull’andamento futuro del tasso d’interesse.

Secondo Keynes la banca centrale ha la capacità di poter influenzare,


attraverso operazioni di mercato aperto, il tasso di interesse attraverso due
strade:

-Modificando la quantità di moneta disponibile per soddisfare il motivo


speculativo
-Modificando le aspettative circa la politica futura della banca centrale
(influenza la funzione della preferenza della liquidità).

Se il tasso di interesse è governato da queste forze, la sua determinazione è


indipendente dalle condizioni della produzione. Il tasso di interesse dunque non
è determinato meccanicamente dalla domanda e dall’offerta di moneta e la
banca centrale ha la capacità di poterlo controllare nel breve e nel lungo
termine. Il tasso di interesse è una variabile convenzionale, piuttosto che
psicologica.

DETERMINAZIONE DEL TASSO DI INTERESSE PER I MARGINALISTI

Secondo Keynes pur essendo Ricardo (scuola classica) e i marginalisti scuole


molto diverse sono accomunate dalla comune accettazione della legge di Say.
In realtà c’è una differenza nella maniera in cui la legge di Say funziona
secondo Ricardo da un lato e secondo i marginalisti dall’altro.
Secondo Ricardo le decisioni di risparmio e le decisioni di investimento si
identificano nella stessa persona.

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Per i marginalisti questa idea è molto ingenua e accettano che le decisioni di
risparmio siano distinte da quelle di investimento tuttavia, secondo i
marginalisti, esiste un meccanismo che
conduce automaticamente
all’eguaglianza di queste
due decisioni. Quindi
secondo i marginalisti
esiste una funzione di
domanda e una funzione di
offerta del capitale (grafico
a sinistra, “K” indica
il capitale e “i” indica il
saggio d’interesse), la
decisione di quanto
risparmiare è funzione
crescente del tasso
d’interesse ed è indicata nel grafico dalla curva S.

La funzione di domanda di capitale equivale alla funzione di investimento che è


una funzione decrescente del tasso d’interesse. Più l’interesse è basso e
maggiore sarà l’investimento.
L’operare di questo mercato di capitale conduce a una situazione di equilibrio
data dall’intersezione tra queste due curve. Dovesse per qualche motivo la
gente diventare più parsimoniosa, accadrebbe che, graficamente, si avrebbe
uno spostamento verso destra della curva di risparmio (grafico a destra dove si
passa da S a S’), questo spostamento verso destra comporterebbe uno
squilibrio sul mercato del capitale, ci si troverebbe in una situazione di eccesso
di offerta di risparmio che condurrebbe questo processo di aggiustamento
verso il basso del tasso d’interesse e porterebbe ad una nuova posizione di
equilibrio che si determinerebbe in corrispondenza della nuova intersezione tra
le due curve.

Secondo i marginalisti in realtà è il risparmio che diventa investimento e sono


comunque le decisioni sul quanto risparmiare che attiva
il processo di aggiustamento verso una nuova situazione di equilibrio.

L’aggiustamento automatico del mercato del capitale conduce sempre ad una


situazione di equilibrio di piena occupazione.

Sul mercato del lavoro la situazione di equilibrio si raggiunge in corrispondenza


dell’intersezione tra la curva di domanda e la curva di offerta di lavoro e in
corrispondenza del salario di equilibrio tutti i lavoratori che sono disponibili a
lavorare a quel salario trovano lavoro, di conseguenza in equilibrio per i
marginalisti non esiste disoccupazione involontaria

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DETERMNAZIONE DEL SAGGIO DI INTERESSE PER KEYNES

Keynes prova ad individuare un meccanismo di aggiustamento verso l’equilibrio


di piena occupazione che passi per il mercato monetario. Quali sono le funzioni
della moneta?
Intermediario degli scambi, quindi strumento che serve per le operazioni
finanziarie, riserva di valore e unità di conto. Keynes individua tre componenti
fondamentali di domanda di moneta:

1. Domanda di moneta per scopi transitivi, questa prima componente è


funzione del reddito, tanto più è elevato il reddito tanto più è elevata la
domanda di moneta per scopi transitivi;
2. Domanda di moneta per scopi precauzionali, è data dalla quantità di moneta
che gli individui domandano per fare fronte alle spese impreviste;
3. Domanda di moneta per scopo speculativo, questa terza componente è
funzione del tasso d’interesse.

Grafico sx - in ascissa ho il volume della D di moneta per scopo speculativo e


in ordinata il tasso di
interesse,In corrispondenza
del tasso di interesse la
domanda di moneta per
scopi speculati e pari a
zero, ci si aspetta che ad
una diminuzione del tasso
di interesse i valore dei
titoli possa solo aumentare.

Grafico dx ≥ rappresenta
la D di moneta totale, la
distanza tra l'asse delle ordinate e il livello in corrispondenza del quale la curva
di D moneta totale diventa parallela all'asse delle ordinate mostra la
dimensione della D moneta per scopi transattivi, la parte oltre questo livello
invece rappresenta la parte di moneta per scopi speculativi.

La retta verticale è la curva di offerta di moneta che su mercato monetario si


interseca appunto con la D di moneta. La curva di O di moneta è rappresentata
da una retta verticale e non è funzione del livello del saggio di interesse perché
è determinata dalla BC (autorità monetarie) quindi è esogena.

Il tasso di interesse che porta in equilibrio il mercato monetario si trova con


l'intersezione tra curve di D e O che determina il tasso di intersezione di
equilibrio in corrispondenza del quale tutta l'0 di moneta presente ne sistema
viene assorbita.

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MECCANISMO DI AGGIUSTAMENTO DEL TASSO DI INTERESSE PER KEYNES

Keynes prova ad individuare quale può essere un possibile aggiustamento


automatico del sistema verso un equilibrio di piena occupazione.
Diminuendo il livello della domanda diminuisce il volume della domanda di
moneta per scopi transitivi perché il reddito è diminuito. Quindi si ha uno
spostamento verso sinistra
della curva della domanda di
moneta (livello minore).
Considerando che l’offerta di
moneta resti invariata
(determinata esogenamente
dalla banca centrale) di fronte
a questo spostamento verso
s i n i s t ra d e l l a c u r va d e l l a
domanda di moneta si stabilirà
sul mercato monetario una
nuova posizione di equilibrio in corrispondenza di questo nuovo punto di
intersezione.

Essendo diminuita la domanda di moneta per scopi transitivi e rimanendo


inalterata l’offerta totale di moneta diminuisce il tasso d’interesse in
corrispondenza del quale gli speculatori accettano di detenere tutta l’offerta di
moneta mentre eccede la quantità di moneta che gli operatori decidono di
domandare per scopi transitivi.

Gli speculatori non possono decidere quanta moneta detenere ma detengono


tutta la moneta che eccede la quantità di moneta che viene domandata per
finanziare le transazioni.
Il tasso d’interesse influenza solo la domanda speculativa di moneta. Un
abbassamento del saggio d’interesse potrebbe essere ottenuto da una manovra
di politica monetaria.

FUNZIONE EFFICIENZA MARGINALE DEL CAPITALE PER KEYNES

L’efficienza marginale del capitale(EMC) corrisponde con pls aggio di


rendimento atteso. EMC= saggio di rendimento atteso.

Keynes considera che gli investimenti siano funzione del tasso d’interesse. La
funzione degli investimenti è chiamata da Keynes funzione del capitale. Gli
investimenti dipendono dalle
aspettative dei profitti attesi
dall’effettuazione dell’investimento.
I costi per procurarsi sul mercato dei
capitali i fondi necessari per fare gli
investimenti sono dati dal tasso
d’interesse. Quanto più basso è il
tasso d’interesse tanto maggiore sarà

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il numero dei progetti d’investimento che le imprese riterranno conveniente
realizzare.
Quindi per Keynes l’investimento è una funzione inversa del tasso d’interesse,
quanto più basso è il tasso d’interesse tanto più alto sarà il numero
d’investimenti.
i

UNO SCORRIMENTO LUNGO//AL VARIARE DI “i” E’ TEORICAMENTE


POSSIBILE

Questa diminuzione del tasso d’interesse provocherà


un aumento autonomo della domanda, ciò porterà a
un rilancio degli investimenti, di conseguenza ci sarà
anche un aumento del reddito attraverso il
moltiplicatore e questo processo di aggiustamento
terminerà quando si torna all’equilibrio di piena
occupazione.

IL POSSIBILE MECCANISMO EQUILIBRATORE PER KEYNES

- Keynes costruisce un percorso di aggiustamento verso la piena occupazione


diverso da quello dei marginalisti, che passa per il mercato monetario e utilizza
i meccanismi della teoria keynesiana [moltiplicatore e preferenza per la
liquidità];

- Una diminuzione di Y fa calare “i” la diminuzione di “i” fa aumentare “I”


’aumento di “I” innesca un processo moltiplicativo che riporta Y al livello di
piena occupazione;

- Keynes ritiene che questo percorso possa esistere in teoria, ma che in pratica
sia molto difficile che si realizzi, perché?

Perché la relazione funzionale che lega l’investimento e la domanda di moneta


al saggio d’interesse è molto instabile: I=f(i) e Lm=f(i) mutano anche
repentinamente al mutare delle aspettative.

Keynes supporta l’idea della non neutralità della moneta, ciò che accade nel
settore monetario dell’economia può influenzare anche in maniera significativa
quello che accade nel settore reale dell’economia e viceversa.

I= f(i) COME FUNZIONE INSTABILE

Le relazioni funzionali che legano la domanda di moneta al tasso d’interesse e


l’investimento al

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tasso d’interesse sono altamente instabili
Supponiamo di partire da una situazione iniziale
di equilibrio di piena occupazione.
Keynes dice che se il tasso d’interesse
diminuisce da i0 a i1 non è detto che si abbia
uno scorrimento
lungo questa curva della domanda di fondi per
l’investimento.

Keynes dice che difronte ad una variazione del


tasso d’interesse può capitare che
contemporaneamente al tasso d’interesse
cambino le aspettative degli imprenditori sull’economia, di conseguenza può
anche darsi che in corrispondenza di questa diminuzione del tasso d’interesse
si abbia uno spostamento verso sinistra della funzione dell’investimento, per un
qualche motivo le aspettative degli imprenditori diventano meno ottimiste e
quindi riducono la valutazione che fanno dei rendimenti futuri attesi.

Si ha così che con lo spostamento verso sinistra la nuova funzione


dell’investimento potrebbe intersecare il nuovo e più basso livello del tasso
d’interesse in corrispondenza di un livello degli investimenti inferiore rispetto
ad un livello di equilibrio iniziale.

Quindi secondo Keynes se è vero che il sistema tende ad una posizione di


equilibrio non c’è alcuna garanzia che questo equilibrio a cui il sistema tenda
sia un equilibrio di piena occupazione. In questi casi non c’è nessun
meccanismo automatico che riporti alla piena occupazione.

Di conseguenza non essendoci questo meccanismo di aggiustamento


automatico per condurre il sistema verso questo aggiustamento è
fondamentale il ruolo della politica economica che ha due strumenti
fondamentali: la politica fiscale e la politica monetaria (variazioni dell’offerta di
moneta).

Delle due leve Keynes predilige la manovra di politica fiscale ritenendo che la
manovra di politica monetaria non è detto che riesca a far diminuire il tasso
d’interesse perché le aspettative degli imprenditori sono instabili e se anche il
tasso d’interesse diminuisse non sarebbe detto che porti effettivamente ad un
aumento degli investimenti.

LA SINTESI NEOCLASSICA(Oxford)

Dopo Keynes il percorso di riaggiustamento dell’equilibrio divenne la nuova


ortodossia. ad affermare questo percorso furono Hicks, premio nobel per
l’economia nel 1972 e Frano Modigliani , economista di scuola di formazione
americana e premio nobile dell’economia nel 1985.

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Hicks e con lui gli altri economisti della sintesi neoclassica trattano le funzioni
della preferenza per la liquidità, ossia della domanda di moneta per scopi
speculativi e dell’efficienza marginale del capitale ossia della funzione
dell’investimento, come due funzioni stabili del saggio dell’interesse. Il
meccanismo di riaggiustamento automatico delineato da Keynes verso la piena
occupazione di norma funziona.
Tuttavia, la sintesi neoclassica ammette che ci sono due casi in cui questo
percorso non funziona. Il primo caso è quello della trappola della
liquidità. Il secondo caso è quello dei salari nominali rigidi.

LA TRAPPOLA DELLA LIQUIDITA’-hicks

La situazione della trappola della liquidità è tipica delle fasi di depressione. A


destra abbiamo il grafico della
domanda di moneta come
funzione del saggio d’interesse, a
sinistra abbiamo il grafico della
funzione dell’investimento. Esiste
un limite al di sotto del quale il
saggio dell’interesse non scende
(ossia una situazione
rappresentata nel grafico a destra
in corrispondenza del livello del
saggio dell’interesse i0), quindi la
curva della domanda di moneta,
in corrispondenza del saggio
d’interesse in i0, diventa completamente elastica e il mercato di speculatori
assorbono tutta la moneta che viene loro offerta.

Questo perché gli speculatori attendendosi unanimemente che il saggio


dell’interesse possa solo aumentare (ritenendo impossibile un’ulteriore
diminuzione del saggio dell’interesse) preferiscono detenere moneta per
evitare una perdita in conto capitale.
La situazione di trappola della liquidità si verifica quando questo livello del
saggio dell’interesse Io che si determina sul mercato monetario in
corrispondenza del quale la domanda di moneta diventa perfettamente elastica
è superiore al saggio dell'interesse che consentirebbe di attivare un volume di
investimenti corrispondente al reddito di piena occupazione.

Quindi se ipo<i0 vuol dire che siamo in una situazione di trappola della liquidità
per cui dato che ipo non può essere raggiunto perché il livello minimo a cui il
saggio dell’interesse scende è i0, questo meccanismo automatico di
riaggiustamento verso la piena occupazione non funziona.

Dato che ipo non può essere raggiunto, si giustifica l’intervento della politica
economica ovvero si aumenta la spesa pubblica .

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AGGIUSTAMENTO NEL CASO DI SALARI NOMINALI RIGIDI-modigliani

In questo caso Il processo di aggiustamento


non può nemmeno iniziare perché i redditi
nominali NON diminuiscono quindi NON
diminuisce la D di moneta per gli scopi
transattivi quindi i non può scendere ad un
livello tale da stimolare gli investimenti e
consentire al sistema di tornare alla piena
occupazione. Secondo Modigliani la possibilità
di tornare alla piena occupazione dipende dal
rapporto tra salario nominale e stock di
moneta in circolazione.

Per tornare alla piena occupazione occorre comunque che si realizzi un


aggiustamento verso il basso del salario reale attraverso due possibili modi :

-rendere flessibile verso il basso anche pls atrio nominale(impraticabile in


quanto i sindacati sono molto forti),
-aumentare il livello generale dei prezzi, aumentare l’offerta di moneta che
induca un aumento del livello generale dei prezzi che provoca a sua volta una
diminuzione del salario reale.

La sintesi neoclassica fa dipendere l’equilibrio generale del sistema economico


dai movimenti del saggio dell’interesse che costituisce il legame tra la moneta
e gli investimenti ossia tra il settore monetario e il settore reale dell’economia.

A differenza che in Keynes, questo legame tra settore monetario e reale


dell’economia, agisce nella duplice direzione; se per Keynes il saggio
dell’interesse è esclusivamente una variabile monetaria, per la sintesi
neoclassica il saggio dell’interesse è determinato dall’operare congiunto del
settore monetario e del settore reale.
Una variazione della quantità di moneta influenza il saggio dell’interesse e
quindi gli investimenti e la domanda aggregata (il reddito) che a sua volta
influenza la domanda di moneta e il saggio dell’interesse. In questo modo
risulta impossibile determinare il saggio dell’interesse in modo soltanto
monetario.

IL MODELLO IS-LM

Le interrelazioni tra il settore reale e il settore monetario vengono


rappresentate da Hicks nel modello IS-LM. Questo modello è frutto della
patogenesi di Hicks nel 1937 (è lui che lo elabora e non Keynes). Nella
formulazione originaria di Hicks, la curva IS ha andamento decrescente e la
curva LM ha andamento crescente. Ultimamente la curva LM viene
rappresentata con un andamento piatto, questo perché secondo Blanchard la
banca centrale stabilisce un tasso d’interesse obiettivo (interesse reale a

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breve) e immette sul mercato tutta la liquidità che è necessaria per far si che si
raggiunga questo saggio dell’interesse che la banca fissa come obiettivo.

In questo modello IS-LM il mercato della moneta è rappresentato dalla curva


LM definita come il luogo di tutti i punti che esprimono le combinazioni del
saggio dell’interesse e del livello del reddito in corrispondenza delle quali il
mercato della moneta è in equilibrio. L’inclinazione della curva LM dipende dalla
elasticità della domanda di moneta rispetto al reddito e al tasso d’interesse, più
la domanda di moneta è sensibile al tasso d’interesse e più la curva LM tende
ad essere quasi orizzontale.
La posizione LM dipende invece dall’offerta di moneta, quanto maggiore è
quest’ultima e tanto più LM si sposta a destra. Invece il settore reale è
rappresentato dalla curva IS che è il luogo di tutti i punti che esprimono le
combinazioni del saggio dell’interesse e del livello del reddito in corrispondenza
delle quali il settore reale e il mercato dei beni è in equilibrio.

L’inclinazione della curva IS dipende dalla elasticità degli investimenti rispetto


al saggio dell’interesse e dal valore del moltiplicatore ossia la curva IS tende ad
essere piatta se l’investimento è molto elastico al saggio dell’interesse e se il
moltiplicatore è elevato. La posizione della curva IS dipende dal livello della
spesa autonoma e la posizione di equilibrio è data dalla coppia di valori del
saggio dell’interesse e del livello del reddito in corrispondenza dei quali le due
curve si intersecano.

Il modello IS-LM consente di mostrare gli effetti di una manovra di politica


fiscale o di politica monetaria attraverso gli spostamenti delle due curve.

grafico sx - effetti di
una politica fiscale
espansiva con
aumento della SP che
porta IS, a dx ad 1S,
che interseca LM in
nuovo punto Y1 e 11 : il
punto importante è che
nel nuovo equilibrio il
saggio i è aumentato
per il carattere
espansivo della manovra
di politica fiscale espansiva che provoca l'aumento della D di moneta per scopi
transattivi che fa sì che alla fine sul mercato della moneta gli speculatori
accettano di detenere la parte residua della moneta in circolazione in
corrispondenza di un livello più alto del saggio di interesse.

Il punto importante è che l'aumento nel livello del reddito di equilibrio che
deriva da una PF+ è inferiore al prodotto dell'aumento della SP moltiplicato per
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il moltiplicatore. In questo modo i neoclassici dicono che si verifica comunque
un effetto spiazzamento: l'operare delle forze di mercato riduce comunque
l'efficacia della manovra di PF+
grafico dx -> effetti di una politica monetaria restrittiva ( errore nel
grafico ) rappresentata dalla traslazione verso sx della curva V per cui reddito
di equilibrio diminuisce meno dell’ entità della traslazione a sx stessa a parità
di tasso di interesse

Secondo gli economisti della sintesi neoclassica, la teoria generale di Keynes


non è una vera teoria generale ma in realtà è la teoria della depressione.

Da un lato la sintesi neoclassica rigetta l’idea dei marginalisti della non


neutralità della moneta, tuttavia, la sintesi neoclassica attribuendo una validità
generale a quel possibile ma implausibile percorso di riaggiustamento
automatico del sistema verso la piena occupazione, finisce in realtà per dire
che l’offerta di piena occupazione genera in realtà la sua domanda in grado di
assorbirla.
Keynes invece suggerisce una linea opposta. Egli propone delle suggestioni
che vanno oltre il breve periodo, sostenendo che un aumento della propensione
marginale al consumo favorisce l’occupazione non solo nel breve ma anche nel
lungo periodo.
Keynes, quindi, suggerisce che la crescita della domanda ha nel lungo periodo
una funzione di stimolo di trascinamento della crescita dello stock di capitale
perché è una espansione sostenuta della domanda a trascinare gli investimenti.
Per la sintesi neoclassica l’idea che l’accumulazione di capitale sia limitata dalla
domanda è confinata al breve periodo. Keynes sostiene che la capacità
produttiva tende ad adeguarsi alla domanda anche nel lungo periodo. Se in
media, anche nel lungo periodo, non si vede un grande sottoutilizzo della
capacità produttiva è perché la capacità produttiva si adegua alla domanda.
REAL BALANCE EFFECT

Questa teoria (di


Patinkin) funge da
complemento alla
sintesi neoclassica.
Essa propone un
meccanismo di
aggiustamento
automatico verso
l’equilibrio di piena
occupazione che passa
attraverso il settore
monetario ma non per
il mercato monetario.
Patinkin dice che in
un’economia monetaria, la ricchezza dei soggetti, degli agenti economici,
include anche il valore reale delle loro scorte monetarie (real balance).

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Secondo lui gli economisti non hanno tenuto conto dell’effetto che una
variazione della ricchezza reale dei soggetti economici sul consumo e quindi sul
sistema economico nel suo complesso. L’effetto che una variazione del valore
reale delle scorte monetarie ha sul consumo viene chiamato effetto ricchezza o
effetto saldi reali(Real balance effect):

Patinkin afferma che grazie a questo effetto saldi reali esiste un meccanismo
automatico di riequilibrio di riaggiustamento dell’economia verso l’equilibrio di
piena occupazione diverso da quello attivato dai movimenti del saggio
dell’interesse considerato dalla sintesi neoclassica. L’ effetto saldi reali è un
meccanismo riequilibratore che si attiva anche se sul mercato monetario ci si
trova in una situazione di trappola della liquidità e anche se gli investimenti
sono completamente rigidi/insensibili al saggio dell’interesse.

In che cosa consiste l’effetto saldo reale? Patinkin assume di essere in


presenza di uno stock costante di moneta, (l’offerta di moneta è data e la
banca centrale è completamente inerte, non fa nulla e resta a guardare) si
ipotizza anche una situazione di concorrenza perfetta e di perfetta flessibilità
dei prezzi e dei salari nominali, quindi non c’è rigidità (stickiness).

Patinkin suppone che si parta da una posizione iniziale di equilibrio di piena


occupazione che viene turbata dal solito shock esogeno dove si ha una
improvvisa caduta degli investimenti e ciò allontana il sistema dall’equilibrio
iniziale di piena occupazione.

Sul mercato dei beni si crea un eccesso di offerta che spinge i prezzi verso il
basso, al tempo stesso la sovrapproduzione induce le imprese a diminuire la
loro domanda di lavoro (licenzieranno o assumeranno meno persone), si crea
così un eccesso di offerta di lavoro che spinge i salari nominali verso il basso.

Lo squilibrio determinatosi originariamente nel mercato dei beni provoca uno


squilibrio dello stesso segno (un eccesso di offerta) anche nel mercato del
lavoro. Questi due eccessi di offerta si rafforzano a vicenda nell’esercitare una
pressione verso il basso sia dei prezzi che dei salari nominali. In conseguenza
di questa discesa contemporanea sia dei prezzi che dei salari nominali il salario
reale resta invariato.

È a questo punto che in corrispondenza di questa diminuzione dei salari


nominali e di invarianza del salario reale che si attiva l’effetto saldi reali.
Succede che in conseguenza della caduta dei prezzi il valore reale delle scorte
monetarie detenute dagli agenti economici (le famiglie) aumenta.

Questo aumento del valore reale delle scorte di moneta fa si che la gente si
senta più ricca, e quindi le famiglie aumentano i loro consumi, quindi si ha un
aumento di quella componente della domanda aggregata che sono i consumi
(C). Graficamente questo effetto ricchezza si raffigura con uno spostamento
verso l’alto e verso destra della curva IS-LM. Questo aumento di C derivante

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dall’effetto ricchezza si traduce a sua volta in un aumento della produzione e
della occupazione, questo processo prosegue sino al ritorno all’equilibrio di
piena occupazione.

La teoria effetto saldi reali si basa su due ipotesi: la prima è un’ipotesi resa
esplicita dallo stesso Patinkin ed è la flessibilità dei prezzi e dei salari nominali
(se i prezzi e i salari fossero rigidi questo effetto ricchezza non riuscirebbe
neanche a mettersi in moto), la seconda ipotesi è implicita nella teoria
dell’effetto ricchezza e questa ipotesi è che essa presuppone l’assenza di effetti
distributivi.

In una economia monetaria tutti i rapporti di scambio sono espressi


in termini monetari e pertanto sono espressi in moneta anche le relazioni di
debito e di credito tra gli agenti economici, questo effetto saldi reali (aumento
del valore reale delle scorte di moneta) da un lato provoca un aumento del
valore reale delle posizioni creditorie ma al tempo stesso provoca anche un
aumento del valore delle posizioni debitorie (aumenta anche il valore dei debiti
espresso in termini reali) ossia se il livello generale dei prezzi diminuisce si
avrà un effetto ricchezza negativo sui debitori, il costo ed il rimborso dei debiti
aumenteranno in termini reali.

Se i creditori si sentiranno più ricchi, quando diminuisce il livello generale dei


prezzi, i debitori si sentiranno più poveri e quindi l’effetto saldi reali avrà un
impatto di segno opposto sul comportamento dei debitori. Quindi la
diminuzione del livello generale dei prezzi avrà un effetto ricchezza negativo
sui debitori e un effetto ricchezza positivo sui creditori. Si avrà un aumento del
valore reale di tutte le posizioni debitori e creditorie espresse in termini
nominali. L’aumento del valore reale delle posizioni creditorie induce chi le
detiene ad aumentare i propri viceversa l’aumento del valore reale delle
posizioni debitori induce chi si trova in questa condizione a diminuire i propri
consumi. L’effetto netto di queste due forze di segno opposto sull’economia è
indeterminato (non si può sapere quale di queste due forze prevarrà).

L’effetto netto potrebbe anche essere negativo e soprattutto si può verificare


una situazione per la quale i debitori diventano insolventi. In questo caso è
molto probabile che l’effetto saldi reali sull’economia sia negativo perché da un
lato i debitori divenuti insolventi si sentono più poveri e consumano di meno,
dall’altro lato i creditori si trovano a possedere dei crediti il cui valore reale è
apparentemente aumentato ma sono crediti inesigibili (altamente improbabile
che verrà pagato dal debitore) in quanto prima o poi dovrà svalutarli, quindi
non beneficerà affatto di questo effetto ricchezza positivo. Anziché attivarsi
questo meccanismo automatico di riaggiustamento verso la piena occupazione
potrebbe invece mettersi in moto un circolo vizioso che allontana ulteriormente
l’economia dalla piena occupazione.

VON HAYEK (1899-1992)

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Friederich von Hayek (1899-1992), fu il capostipite del neoliberismo. Austriaco
poi si trasferì in Inghilterra e poi negli Usa. Fu insignito del premio Nobel per
l’economia nel 1974. Von Hayek fu importante perché da un lato, fu il
principale contraddittore di Keynes negli anni 30 e 40 nel dibattito accademico,
colui che ripropose con maggiore frequenza le idee liberiste contro Keynes
anche quando sembrava che Keynes fosse inarrestabili, dall’altro rappresentò
un unione (trait d’union) tra scuola austriaca nata negli anni dell’800 e
sviluppatasi fino agli anni 20 e la nuova scuola di Chicago ossia fino agli anni
20 la scuola per eccellenza dell’approccio neoliberista era quella austriaca poi
dagli anni 50 divenne molto più importante quella di Chicago (non venne mai
contagiata da Keynes) nel sostenere il neoliberismo e von Hayek insegnò sia in
Austria che in America.

HAYEK: IL LIBERISTA

Economista NEOLIBERISTA (pensiero diverso da tutti quelli visti


precedentemente) più influente del 20 secolo; rappresenta il trait d'union tra
economisti viennesi e la moderna scuola di Chicago che partorisce
MONETARISMO e TEORIA DELLE ASPETTATIVE RAZIONALI; Ha una forte
influenza sul ritorno in auge del neo -liberismo a partire dagli anni '70.
Tra fine anni 30 e inizio '40 il keynesismo è il paradigma economico dominante
e lo resta fino agli anni 70 quando si ha un potente ritorno de neoliberismo in
varie forme mentre il keynesismo diventa i meno accettato, oggi in netta
minoranza: ma Von Hayek è stato sostenitore neo liberale anche durante il
periodo kevnesiano.
Nel 1974 prima di questo ritorno in auge egli ottenne il premio Nobel per
l'economia, gli svedesi che dovevano conferire il premio volevano darlo
all'economista svedese kevnesiano ma questo poteva risultare troppo di parte
quindi volevano compensare ciò dando due premi: uno allo svedese e uno a
von H. che aveva un orientamento opposto allo svedese.

Due sono le sue principali teorie:

- La teoria dell’ordine spontaneo;


La denazionalizzazione della moneta.

1) TEORIA DELL'ORDINE SPONTANEO:


critica durissima sia all 'economia pianificata di tipo sovietico sia all’ economia
mista anche keynesiana che prevede l’ intervento dello stato; lui era cresciuto
nella scuola viennese dei marginalisti un filone di questo e oltre a questo aveva
vissuto l’iperinflazione austriaca del dopoguerra nel 1919 con Il crollo
dell’impero austroungarico .

Egli non si limita a sostenere che la pianificazione o l'economia mista sono


modalità inefficienti di gestione di una economia sviluppata ma asserisce che
l'intervento statale è di per se un'azione almeno potenzialmente lesiva della
libertà dell'individuo .
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critica tecnica > von H sostiene che il coordinamento dell'attività dei soggetti
economici non deve essere imposto dall'alto dallo stato ma può più utilmente
sorgere in forma spontanea in una economia di mercato tramite l'azione della
mano invisibile della concorrenza. Egli sostiene che una economia di mercato è
superiore a una economia pianificata.secondo Hayek in una economia
pianificata non esiste il calcolo economico, non esiste nessun modo per
giungere alla decisione di come allocare in maniera razionale questa o quella
cosa o comprare questo o quel prodotto in quanto in economia pianificata non
esistendo un sistema di prezzi di mercato i pianificatori non riusciranno mai ad
avere le info sufficienti per prendere le loro decisioni e per stabilire se e quanto
produrre di una cosa o dell’altra.

a esempio: in economia pianificata non c’ e un sistema informativo di questo


tipo quindi secondo lui e inefficiente perché in assenza di prezzi di mercato non
hanno info per decidere come allocarli razionalmente le risorse dell'economia
mentre è molto più efficiente e preferibile il sistema dei prezzi di
mercato che hanno la funzione di comunicare in via istantanea le info rilevanti
agli agenti economici "il sistema dei prezzi è una cosa meravigliosa, in caso di
scarsità di una materia prima senza che venga emanato alcun ordine decine di
migliaia di persone sono portate a usare quella materia in modo
parsimonioso procedendo nella strada giusta 7 ruolo fondamentale del sistema
dei prezzi, per funzionare necessita che gli agenti economici siano lasciati liberi
di interagire spontaneamente sul mercato generando un ordine spontaneo del
sistema. La libertà dell'individuo e l'elemento che produce, attraverso il
meccanismo di coordinamento attivato de mercato libero di funzionare. Il
funzionamento ottimale dell' economia e quindi le condizioni ottimali per la
crescita economica.

(critica filosofica > von H. è il fautore della teoria della libertà, la sua idea è
che gli individui mossi dal loro spirito acquisitivo ed utilitaristico se lasciati
liberi di agire e interagire liberamente conducono ad una società realmente
libera; gli individui lasciati liberi sul mercato generano una società libera pur
perseguendo fini utilitaristici, chi invece fosse animato da grandi principi etici
come giustizia e uguaglianza diventano coercitive e controproducenti per
l'individuo e per la società nel suo complesso.

2)TEORIA DELLA DENAZIONALIZZAZIONE DELLA MONETA

:x H è pericoloso attribuire allo stato il monopolio della moneta in quanto puo


servirsene per espropriare ricchezze private: ad esempio potrebbe generare
inflazione che finirebbe per espropriare gli individui delle loro ricchezze. Il
primo rimedio è l'indipendenza della BC rispetto alle autorità di politica; un
rimedio più radicale sarebbe quello di eliminare il monopolio pubblico
nell'emissione della moneta. Von H. è favorevole alla nascita di monete private
in competizione tra loro in quanto cio renderebbe impossibile un processo di
selezione nel quale verrebbero eliminate le monete peggiori ossia quelle il cui
valore è meno stabile. Infatti tutti cercherebbero di liberarsi delle monete che
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perdono valore ed in questo modo sarebbe oltretutto impedito allo stato di
attuare una politica monetaria espansiva che per von H è comunque fonte di
conseguenze negative.
Anche l'esigenza di avere una moneta dotata di potere liberatorio illimitato e
un falso problema nel senso che sempre avendo in mente l'iperinflazione
austriaca degli anni 20 i creditori sono comunque danneggiati dall'uso della
moneta legale in caso di forte inflazione mentre i contraenti di un contratto
potrebbero scegliere di comune accordo la moneta privata a cui riferire i
termini della transazione de contratto. Questa abolizione del controllo
sull'emissione di monete da parte dello stato porta come conseguenza la
compresenza di una pluralità di monete private in circolazione che
aumenterebbe l'incertezza che è alla base dell'instabilità che caratterizza le
aspettative di speculatori e investitori. Le oscillazioni di valore delle varie
monete determinate da speculazioni possono quindi essere violente. possono
esserci fallimenti di enti che emettono moneta privata che possono portare a
crisi economiche. Inoltre c'è il problema della vigilanza su questi enti -> critica
dei Keynesiani : gli stessi soggetti che emettono le monete private agirebbero
in incertezza e installa. ossia in compresenza d monete private tra loro in
competizione aumenterebbe l'instabilità delle aspettative degli operatori
economici - investitori e speculatori - rendendo ancora più instabile l'economia
nel complesso e questa accresciuta in stabilità delle aspettative fungerebbe o
potrebbe fungere da freno de la crescita economica

IL MONETARISMO

Scuola di pensiero più influente nella riscossa anti-keynesiana. Il fondatore e


padre del monetarismo è Milton Friedman.

MILTON FRIEDMAN (1912-2006)

E’ stato premio nobel dell’economia nel 1976

tra le sue opere principali si ricordano:

The quantity theory of money. 1956


A monetary history of the united states- 1867-1960
The role of monetary policy- 1968
The optimum quantity of money- 1969

I CAPISALDI DEL MONETARISMO

• equilibrio naturale
• tasso naturale di disoccupazione
• ruolo delle aspettative
• ruolo della moneta

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Gli effetti della politica monetaria:
-breve periodo
-lungo periodo

Per Friedman esiste uno stato naturale dell’economia in corrispondenza del


quale tutti i mercati sono in equilibrio, Questa situazione di equilibrio è il
risultato di scelte liberamente compiute dai soggetti economici in regime di
concorrenza perfetta sulla base dei prezzi relativi.
Friedman afferma che se per un qualche motivo l’economia si allontana dal suo
stato naturale necessariamente e automaticamente si attivano dei meccanismi
automatici di aggiustamento delle forze di mercato che riportano il sistema in
equilibrio.

Friedman innesta un nuovo concetto: tasso naturale di disoccupazione.


Per Friedman il TND è quel tasso di disoccupazione che esiste quando il
mercato del lavoro è in equilibrio ossia è quel tasso di disoccupazione che
corrisponde alla situazione nella quale vi è uguaglianza fra la domanda e
l’offerta di lavoro, la situazione corrisponde al punto nel quale non essendovi
né eccesso di offerta né eccesso di domanda non vi sono pressioni sul salario
reale né verso il basso né verso l’alto.

Viene anche chiamata tasso fisiologico di disoccupazione che gli economisti


chiamano disoccupazione frizionale o strutturale.(frizionale vuol dire che se per
esempio pensiamo vi sia una domanda di insegnanti in trentino, e vi sia
disoccupazione di insegnanti in Sicilia, il punto è che questi non possono
andare a lavorare in trentino, perché non sanno il tedesco. Altro esempio è
stato l'introduzione delle macchine oppure i camionisti e le spogliarelliste)

Il passo successivo di Friedman è quello di introdurre nell’analisi le aspettative


(un punto importante da rimarcare è che Friedman è il primo economista a
considerare le aspettative come endogene mente per Keynes erano esogene).

Friedman esamina il ruolo fondamentale svolto dalle aspettative nello spiegare


gli scostamenti, i movimenti dell’economia da e verso la posizione di equilibrio
naturale. Ciò che determina questi scostamenti sono gli scombinamenti delle
aspettative (gli agenti economici formulano delle aspettative errate).

• Lungo periodo→ Ne consegue che per Friedman, l'equilibrio di lungo periodo


al quale corrisponde per definizione il tasso naturale di disoccupazione è quello
stato dell'economia in cui le aspettative di tutti i soggetti sono realizzate. Ossia
l'analisi di Friedman si basa sulla distribuzione tra le grandezze economiche
effettive e le grandezze economiche attese. Nel lungo periodo per definizione
queste due grandezze coincidono.
• Breve periodo→ invece nel breve periodo non è sempre così: cioè possono
divergere. Ed è a questa differenza che va ricondotta l'origine degli
spostamenti dell'economia, ossia le fluttuazioni di breve periodo dell'economia
intorno alla posizione di equilibrio di lungo periodo.

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Friedman si sofferma sulla politica monetaria, per lui è molto più potente di
quella fiscale.

C’è un punto molto importante che differenzia Friedman dalla sintesi


neoclassica, riguarda quali sono le attività che fungono da sostituto della
moneta.

Friedman ritiene che la moneta si sostituisca non solo con le attività finanziarie
ma anche con le attività reali (beni fisici). Se tra i sostituti della moneta vi sono
anche le attività reali allora si riduce molto l’elasticità della domanda di moneta
al saggio dell’interesse.

L’effetto più rilevante di un aumento dell’offerta di moneta è quello di indurre i


soggetti a sostituire la moneta in eccesso con attività reali, quindi, aumenta la
domanda di beni (aumentano sia la produzione che il prezzo dei beni).
L’aumento della produzione del prezzo dei beni provoca a sua volta un
aumento della domanda di moneta per scopi transativi e questo processo
termina solo quando la domanda di moneta raggiunge l’accresciuto livello
dell’offerta di moneta.

Questa fiducia nella potenza della moneta e della politica monetaria che in un
certo senso spiega perché i monetaristi si chiamano così (per l’importanza che
attribuiscono alla politica monetaria). Per Friedman la politica monetaria è
potentissima perché essa ha un impatto molto forte anche sulle attività reali e
non solo sul mercato monetario. Per i keynesiani un aumento dell’offerta di
moneta provoca un aumento del tasso d’interesse e si scarica sul mercato
monetario, l’eventuale effetto sul settore reale dipende dal saggio
dell’interesse.

Per Friedman la politica monetaria impatta direttamente sul settore reale, anzi
molto più probabile che determini indirettamente un aumento della domanda di
beni piuttosto che abbia un’influenza sul saggio dell’interesse perché per
Friedman la domanda di moneta è scarsamente elastica al saggio
dell’interesse.

EFFETTO DI UNA POLITICA


MONETARIA ESPANSIVA— CURVA
DI PHILIPS.

Questo grafico rappresenta sia la


curva di Phillips di breve periodo che
ha un andamento che esprime la
relazione inversa tra il tasso di
inflazione e il tasso di disoccupazione
e rappresenta la curva di Phillips di
lungo periodo che corrisponde alla
retta verticale.
Un aumento dell’offerta di moneta
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provoca ben presto un aumento inatteso della domanda aggregata, si scarica
direttamente sul settore reale. L’aumento della domanda aggregata stimola sia
la produzione che l’occupazione e provoca un aumento dei prezzi e dei salari
monetari.

Secondo Friedman a questo punto entrano in gioco le aspettative, Friedman


distingue tra il comportamento delle imprese e il comportamento dei lavoratori.
Aumentano i prezzi in conseguenza dell’aumento della domanda aggregata e in
conseguenza di questo aumento dei prezzi diminuisce il salario reale.

La diminuzione del salario reale induce le imprese ad aumentare la loro


domanda di lavoro e sono anche disposte ad aumentare il salario monetario
che offrono ai lavoratori. I prezzi aumentano di più rispetto ai salari monetari
per cui le imprese realizzano subito che siamo in presenza di una diminuzione
del salario reale (le imprese sono disposte ad assumere più lavoratori).

I lavoratori percepiscono in via immediata solo l’aumento del salario monetario


che viene offerto loro dalle imprese e non si accorgono subito che anche il
livello generale dei prezzi è aumentato per cui di fronte a questo aumento del
salario monetario i lavoratori si aspettano erroneamente il medesimo livello
dei prezzi.

I lavoratori sono indotti ad interpretare l’aumento del loro salario monetario


come un aumento del salario reale e credendo che sia aumentato il loro salario
reale aumentano la loro offerta di lavoro.

Si verifica una situazione nella quale le imprese percepiscono che il salario


reale è diminuito e quindi le imprese domandano più lavoro, al tempo stesso i
lavoratori percepiscono che il salario reale è aumentato e pertanto offrono più
lavoro.
Così facendo aumenta l’occupazione che graficamente è rappresentato da uno
spostamento verso sinistra lungo la iniziale curva di Phillips di breve periodo.

Questo spostamento lungo la iniziale curva di Phillips di breve periodo è


solamente temporaneo infatti i lavoratori correggeranno prima o poi le loro
percezioni dei prezzi e adegueranno prima o poi le loro aspettative sul livello
generale dei prezzi alle grandezze effettive di questo livello generale dei prezzi
e pertanto incominceranno a ricontrattare il loro salario monetario rendendosi
conto che il livello dei prezzi è cresciuto nella realtà in misura maggiore
rispetto alle loro aspettative iniziali, si renderanno conto che il loro salario reale
in realtà è diminuito anziché essere aumentato e pertanto rivendicheranno un
aumento del salario monetario per ripristinare il precedente livello del salario
reale.

Questo processo di aggiustamento proseguirà fino a quando non si sarà


ritornati al livello iniziale del salario reale che è superiore rispetto al livello che
il salario reale aveva raggiunto in corrispondenza del punto B.

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Pertanto questo processo di aggiustamento riporterà il sistema in
corrispondenza del tasso naturale di disoccupazione che corrisponderà per ora
al nuovo e più elevato tasso di disoccupazione (punto C).
Secondo Friedman l’unico risultato permanente della politica monetaria
espansiva e del conseguente aumento della domanda aggregata è di avere
aumentato il livello generale dei prezzi.

Ora in corrispondenza del punto C l’economia si trova esattamente nella stessa


posizione di equilibrio iniziale (a cui è associato un livello generale dei prezzi
più alto). Così secondo Friedman all’aumento dei prezzi si accompagna una
riduzione della disoccupazione soltanto nel breve periodo. Il trade-off tra
inflazione e disoccupazione descritto dalla curva di Phillips esiste soltanto
nel breve periodo mentre nel lungo periodo l’economia è ancorata al tasso
naturale di disoccupazione.

Secondo Friedman si può distinguere tra curva di Phillips di breve periodo e


curva di Phillips di lungo periodo. La curva di Phillips di breve periodo è
inclinata negativamente (curve incolore blu), mentre la curva di Phillips di
lungo periodo è in realtà una retta verticale (colore rosso).
Secondo Friedman la disoccupazione può essere mantenuta al di sotto del
tasso naturale soltanto al costo di una inflazione in continua accelerazione.
Infatti, soltanto in questo caso i soggetti economici (i lavoratori)
continuerebbero ad interpretare in modo erroneo l’effettivo livello dei prezzi.

È per questo motivo che il tasso naturale di disoccupazione in corrispondenza


del quale l’economia è in equilibrio è stato denominato anche come NAIRU
(acronimo tratto dalla lingua inglese che vuol dire Non Accellerating Inflaction
Rate Unemployment) è quel livello di disoccupazione in corrispondenza del
quale l’inflazione non accelera e neanche aumenta.

Quindi a differenza che per i keynesiani, Friedman sostiene che una variazione
della domanda aggregata abbia effetti soltanto nel breve periodo mentre nel
lungo periodo l’unico effetto permanente sia sul livello dei prezzi ma non sulle
variabili reali. Secondo Friedman le decisioni dei soggetti dipendono dalle
variabili reali, tuttavia, le informazioni a cui i soggetti possono attingere
quando decidono avendo come parametro le variabili reali sono costituite in
realtà dai prezzi nominali.

Si creano disallineamenti generati dalla possibilità di errori nelle aspettative sul


valore futuro di queste variabili nominali, se le variazioni delle variabili nominali
(prezzi e salari) sono inattese e colgono di sorpresa i soggetti, quest’ultimi non
sono più in grado di calcolare direttamente le grandezze reali e di conseguenza
sono indotti a compiere delle scelte sbagliate da cui derivano le deviazioni/
scostamenti dell’economia dall’equilibrio naturale (scostamenti che sono di
breve periodo perché nel lungo i soggetti imparano a rimediare alle
aspettative)

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FRIEDMAN E LA POLITICA ECONOMICA

-Condanna la politica economica discrezionale.


-i suoi effetti sono limitati al breve periodo;
-ma anche i suoi effetti di breve periodo sono incerti

Friedman condanna gli interventi discrezionali di politica economica e di politica


fiscale diretti a sostenere la domanda globale e quindi il reddito e
l’occupazione, li condanna perché da un lato l’efficacia di questi interventi è
limitata al breve periodo, nel lungo periodo questi interventi di politica
economica che intervengono dal lato della domanda sono inefficaci e non
riescono a spostare il sistema verso l’equilibrio, anche nel breve periodo gli
effetti di questi interventi di politica monetaria e fiscale sono incerti e possono
portare addirittura risultati negativi.

Secondo Friedman ci sono 3 tipi di ritardi e incertezze .

1) riguardano la valutazione della situazione su cui intervenire


la quale puo essere sbagliata e comunque questa valutazione viene effettuata
in ritardo rispetta a quando il problema che si valuta si verifica , potrebbe non
esistere più un problema quando viene effettuata la valutazione

2) riguardano il passaggio dalla valutazione alla scelta dell'intervento e alla sua


attuazione, la scelta dello strumento di intervento con cui affrontare il
problema che e stato valutato, potrebbe essere scelto in ritardo quindi intanto
il problema potrebbe essere sparito o mutato

3) riguardano gli effetti dell'intervento in quanto sono anch'essi in ritardo sul


problema e potrebbero agire su una situazione diversa da quella che ne aveva
indotto l'adozione.L' effetto può essere pertanto destabilizzante e puo avviare
fluttuazioni del reddito scostamenti del reddito reale e quindi occupazione
dal loro equilibrio naturale.

Le autorità di politica economica secondo Friedman devono attenersi ad un


criterio di intervento molto semplice che per Friedman è una sorta di regola
aurea della politica economica, ovvero devono assicurare una crescita stabile e
costante dell’offerta di moneta.

Questo perché per i monetaristi l’inflazione è causata da un eccesso di


domanda aggregata, eccesso che a sua volta è determinato da una offerta di
moneta in eccesso rispetto alla domanda di moneta, quindi l’inflazione è per
Friedman un fenomeno monetario dovuto dal fatto che la banca centrale
aumenta l’offerta di moneta in maniera eccessiva rispetto alle aspettative dei
soggetti.

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Per realizzare uno sviluppo non inflazionistico le autorità monetarie devono
attenersi alla regola di fare crescere l’offerta di moneta ad un tasso stabile e
costante nel tempo. questo tasso stabile e costante nel tempo deve essere pari
al tasso di crescita tendenziale del reddito aumentato del tasso di inflazione
desiderato dal governo. (equazione degli scambi di Fischer)

Supponiamo che il tasso di crescita tendenziale sia del 4%, W è costante, Q


cresce al 4%, N aumenta del 4%, il tasso d’inflazione sarà= (N*W)/(P*Q)=0
non c’è inflazione. Quindi Friedman dice: il governo sceglie il tasso d’inflazione
che preferisce e utilizza lo strumento della politica monetaria per ottenere il
tasso d’inflazione che desidera, se il governo vuole 0 inflazione e una volta che
sia noto il tasso di crescita tendenziale dell’output, il governo aumenta l’offerta
di moneta ad un tasso pari al tasso di crescita tendenziale del reddito.

In che modo si ottiene un’inflazione costante?

Si ottiene rendendo stabile e costante la crescita dell'O di moneta = niente


manovre discrezionali di PE, i politici devono far solo crescere in modo costante
l'0 di moneta.
Per F è importante avere un'inflazione stabile perché l'importante è che siano
stabili le aspettative sull'inflazione futura, altrimenti l'economia sarebbe
destabilizzata dal disallineamento tra grandezza dell'inflazione attesa e
grandezza dell'inflazione effettiva. Per evitare questo disallineamento deve
intervenire la PE rendendo costante nel tempo l'offerta di moneta al fine di
mantenere un'inflazione stabile grazie a aspettative sull'inflazione stabili
avendo così coincidenza tra inflazione attesa e effettiva.

Perché per Friedman la cosa importante è avere un’inflazione stabile piuttosto


che non avere proprio inflazione?

Perché per Friedman la cosa importante è che ad essere stabili siano le


aspettative di inflazione futura ossia l’elemento che destabilizza l’economia per
Friedman è il disallineamento tra grandezze attese e grandezze effettive
(inflazione attesa e inflazione reale).

In che modo il governo può essere sicuro di evitare questo disallineamento tra
grandezze attese e grandezze effettive?
Rendendo stabile e costante nel corso del tempo la crescita dell’offerta di
moneta. I keynesiani criticano la nozione di tasso naturale di disoccupazione,
Friedman dice che in equilibrio la disoccupazione è pari al tasso naturale, ossia
che l’unica disoccupazione esistente è quella frizionale e strutturale, non c’è
disoccupazione involontaria in equilibrio.

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Due principali critiche al monetarismo:

1)DaI Keynesiani : criticano la nozione di tasso naturale di disoccupazione per


il quale in equilibrio la disoccupazione è pari al tasso naturale, ossia l'unica
disoccupazione esistente è quella frizionale e strutturale , non c'è
disoccupazione volontaria.

Anche per i Keynesiani un aumento della D aggregata avrebbe effetti espansivi


solo sui prezzi e sui salari (grandezze nominali) e non sulle grandezze reali,
ammettono che il reddito reale non può sorpassare il livello di Y di piena
occupazione e loro stessi dicono di non fare politiche espansive quando ci si
trova già in piena occupazione. Dunque la critica secondo cui non e possibile
portare il sistema sotto al livello del tasso naturale di disoccupazione equivale
alla critica secondo cui non e possibile aumentare il reddito oltre quello
di piena occupazione.

Ciò che F vuole criticare è il concetto kevnesiano di disoccupazione


involontaria: secondo K il capitalismo con un mercato libero di agire tende a
creare una situazione di disoccupazione involontaria persistente = tratto di
fondo dell'economia di mercato è la presenza di disoccupazione involontaria,
grande male che la PE discrezionale deve combattere—> dice invece che la
disoccupazione involontaria non esiste perche le variazioni dell'occupazione
sono sempre una risposta volontaria dei soggetti alle variazioni dei prezzi e dei
salari; variazioni che sono provocate da eventi esogeni o decisioni di PE: una
situazione di disoccupazione involontaria in presenza di prezzi e salari flessibili
e per i monetaristi impossibile in quanto se c e disoccupazione involontaria Il
meccanismo spontaneo di riequilibrio del mercato provoca immediatamente
una riduzione del salario automatica = per Friedman la disoccupazione al di la
di quella strutturale e frizionale dipende unicamente dal fatto che i lavoratori
non sono disposti ad accettare una diminuzione de loro salario reale. quindi
essa e per definizione una disoccupazione volontaria (idea ripresa da Fornero).

2) Viene criticato il monetarismo per quanto concerne la Teoria delle


aspettative.

Per Keynes le aspettative sono esogene, Friedman invece le considera una


variabile endogena e l’ipotesi adottata da Friedman è che le aspettative siano
adattative (significa dire che i soggetti economici formulano le loro aspettative
sulle grandezze future semplicemente proiettando nel futuro l’andamento
passato di queste grandezze).

L’unica fonte di cui i soggetti dispongono per formulare queste aspettative sono
i prezzi nominali e i salari nominali.
A questa teoria delle aspettative è stata successivamente contrapposta una
teoria differente che è quella delle aspettative razionali.

Lucas dice che la differenza è che nel momento in cui formulano le loro
aspettative i soggetti non utilizzano quale loro base informativa soltanto i
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prezzi e i salari nominali, nel formulare le loro aspettative i soggetti faranno
uso anche di tutta l’altra informazione rilevante disponibile (es: risultati di
elezioni politiche).
Inoltre, Lucas dice che i soggetti nel formulare le loro aspettative utilizzeranno
la teoria economica.

LA MONETITA’ DELLA MONETA(sostituibili’ tra le varie attivita’


monetarie)

Per realizzare uno sviluppo non inflazionistico le autorità’ devono fare crescere
l’offerta di moneta ad un tasso prestabiliti e stabile. L’obiettivo della politica
monetaria deve essere il controllo della quantità’ di moneta in circolazione.
ci si pone il problema di quali aggregati monetari controllare.

Una volta scelto un aggregato monetario da controllare si sceglie anche la


esse per tenerlo stabile

Per “monetità” della moneta si intende la sostituibilità tra le varie attività


monetarie. È stato un punto chiave che ha determinato il fallimento delle
politiche monetariste.

Quindi l’obiettivo della politica monetaria secondo Friedman deve essere il


controllo della quantità di moneta in circolazione.

Si pone il problema di scegliere quali aggregati monetari controllare. Nel


momento in cui si sceglie di controllare uno di questi aggregati c’è sempre il
rischio che la politica di controllo di questo aggregato venga illustrata dalle
variazioni nell’uso di attività sostitutive dell’aggregato che viene utilizzato che
rendano vano il controllo.

Friedman ha suggerito una soluzione rigidamente infinita a questo problema:


empiricamente Friedman dice che va controllato quell’aggregato la cui serie
storica è più strettamente correlata all’andamento del reddito nominale.

Calcoliamo quale di questi aggregati nominali presenta il coefficiente di


correlazione più alto e controlliamo questo aggregato.

Funzioni moneta: riserva di valore, metodo di scambio, unita’ di conto.

Se la scelta dell’aggregato monetario da controllare dovesse legarsi alla


definizione teorica di moneta occorrerebbe scegliere una delle due tra le
seguenti:
• o controllare quell’aggregato che si avvicina il più possibile al concetto di
moneta come mezzo di pagamento
• o controllare quell’aggregato che si avvicina il più possibile al concetto di
moneta come riserva di valore.

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Nella scelta dell’aggregato monetario da controllare è preferibile optare per
quell’aggregato che presenti la correlazione più forte con quella del reddito
nominale (USA, questo aggregato era costituito dai depositi bancari in cc, il
circolante dei cittadini).

Queste politiche di controllo degli aggregati monetari hanno provocato


innanzitutto una grande instabilità dei tassi di interesse e poi accadde che il
tentativo di sottoporre a controllo questi aggregati monetari stimolò
l’innovazione finanziaria, ossia gli intermediari finanziari crearono nuove
attività sostitutive di quelle che venivano controllate.

Quindi la creazione di queste attività monetarie ebbe l’effetto di fare


aumentare l’instabilità della velocità di circolazione degli aggregati sottoposti a
controllo.

LE ASPETTATIVE RAZIONALI

Il padre fondatore è l’economista Robert Lucas, della scuola di Chicago, è stato


premio nobel per l’economia del 1995; lassa scuola delle aspettative razionali
rispetto al monetarismo si differenzia dall’ipotesi sulle aspettative.
Lucas assume che i soggetti dispongano almeno nel breve periodo di
informazioni limitate e imperfette. Inoltre i soggetti hanno un uso ottimale
dell’informazione limitate di cui dispongono.

Lucas ipotizza che i soggetti conoscano e utilizzino nei loro calcoli economici la
teoria economica rilevante e per tanto le loro aspettative sono sostanzialmente
identiche alle previsioni formulate dalla teoria economica.

Per esempio, Lucas dice che l’inflazione attesa (le variabili attese) è uguale
all’inflazione reale più qualche errore random.
Quindi le aspettative razionali non ci dicono che le previsioni di queste
aspettative saranno corrette. L’errore può essere dovuto solo ad un random
error.

Friedman dice, le aspettative possono non essere corrette perché i soggetti


vengono deliberatamente ingannati dalle autorità di politica economica
attraverso un aumento inatteso dell’offerta di moneta.

Lucas invece dice che quando la politica economica del governo è


completamente random (imprevedibile) ovvero non segue un filo logico, non è
possibile prevederne gli effetti neanche con le aspettative razionali, ma quando
la politica economica segue un percorso coerente gli agenti economici possono
prevedere razionalmente gli effetti e le conseguenze di ciascuna misura di
politica economica. Per Friedman i soggetti economici non utilizzano lo
strumento della teoria economica per formulare le loro aspettative, possono
essere ingannati da mutamenti inattesi ma teoricamente coerenti della politica

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economica del governo e questo provoca l’allontanamento nel breve periodo
dell’economia dall’equilibrio naturale.

Lucas dice invece che gli agenti economici utilizzano anche la teoria economica
per formulare le loro aspettative, quindi ogni qualsiasi misura di politica
economica che sia riconducibile alla teoria economica viene elaborata e
considerata dai soggetti nei momenti in cui formulano le loro aspettative e i
soggetti utilizzando similmente a quanto fanno le autorità di politica economica
la teoria economica fa si che i soggetti siano in grado di anticipare gli effetti e
le conseguenze di ogni qual si voglia misura di politica economica che sia
coerente con la teoria economica.

Quindi Lucas dice che il governo non può sorprendere i soggetti economici con
misure di politica economica discrezionale coerenti con la teoria. Le uniche
misure di politica economica che possono sorprendere i soggetti sono quelle
imprevedibili random. I soggetti per Lucas possono prevedere l’adozione di una
misura di politica economica ancor prima che essa venga adottata.

Quindi per Lucas il sistema si può allontanare dall’equilibrio naturale solamente


in seguito al verificarsi di questi random error e non in conseguenza di una
politica economica coerente e discrezionale. Una implicazione è che per Lucas,
per esempio, la curva di Phillips è sempre verticale, anche nel breve periodo,
una politica monetaria espansiva non può schiodare la curva di Phillips dalla
posizione di equilibrio che corrisponde al tasso naturale di disoccupazione.

I CAPOSALDI DELL’IPOTESI DELLE ASPETTATIVE RAZIONALI

• Informazione limitata e imperfetta;


• i soggetti fanno un uso ottimale dell’informazione limitata di cui dispongono;
• gli individui utilizzano, nel processo decisionale, non solo le informazioni
relative gli eventi passati, ma anche le informazioni relative alla struttura
dell’economia, rivelata dalla teoria economica(marginalità) e agli eventi
futuri;
• i soggetti conoscono la teoria economica rilevante, la usano nel formulare le
aspettative e questo endogenizza le aspettative;
• l’inefficacia della politica economica;
• la critica di Lucas.

Gli errori random possono essere provocati da due elementi:

1)l’informazione di cui dispongono i soggetti non è perfetta , se si guarda al


comportamento delle imprese Lucas dice che queste conoscono i propri costi e
i propri prezzi ma impiega tempo per conoscere il livello generale dei prezzi.

L’impresa non sa immediatamente se questo è dovuto ad un aumento generale


della domanda espressa in termini nominali, è dovuto ad un incremento
generale dei prezzi, o se non è dovuto invece ad un effetto sostituzione ovvero
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dovuto ad uno spostamento della domanda dei consumatori dagli altri beni
verso il bene prodotto da questa impresa. Può darsi il caso che l’impresa
interpreti l’aumento del prezzo che i consumatori sono disposti a pagare per il
proprio bene come la conseguenza di un effetto sostituzione e non
semplicemente come la conseguenza di un incremento del livello generale dei
prezzi.
L’impresa non è in grado di distinguere immediatamente se l’aumento della
domanda del suo bene è un aumento nominale o è un aumento che si esprime
in termini reali. Per cui se l’impresa interpreta l’aumento del prezzo del proprio
bene come derivante da un effetto sostituzione allora può essere indotta ad
aumentare la propria produzione per soddisfare una domanda che giudica
crescente in termini reali, tuttavia, può succedere che al termine del periodo di
produzione l’impresa si accorga che l’aumento della domanda del suo bene era
un aumento soltanto nominale.

In questo caso l’impresa si accorge di avere prodotto un eccesso di offerta. Nel


periodo di produzione successivo l’impresa dovrà aggiustare la propria offerta
per adeguarla al livello effettivo della domanda.

Questa impossibilità di distinguere immediatamente tra variazione


dei prezzi nominali e variazione dei prezzi relativi è una causa che può
generare questi errori random;

2) i soggetti in realtà non sono capaci di elaborare tutti i dati e tutte le info
richieste per formulare delle aspettative razionali. Il volume di info necessario
per formulare aspettative razionali e talmente elevato e costoso che non e
realistico e applicabile alla realtà, i soggetti usano solo quelle info che è
efficiente utilizzare, non raccolgono tutti i dati disponibili ma solo quelli che è
efficiente raccogliere; questa circostanza concorre a determinare errori
random, ma L dice che in ogni caso le aspettative formulate convergono verso
il modello delle aspettative razionali perché comunque i soggetti imparano dai
propri errori passati quindi affinano sempre più le loro abilita nel formulare
aspettative sempre più precise utilizzando una info imperfetta, non tutta ma
solo quella che è efficiente raccogliere.

Questa teoria delle aspettative razionali ha delle importanti implicazioni di


policy:
- La prima di queste implicazioni di policy è che le politiche economiche
prevedibili e coerenti con la teoria economica sono inefficaci anche nel breve
periodo, perché i soggetti economici ne anticipano i risultati e questo fa si
che l’economia non si schiodi dall’equilibrio naturale. Per Lucas le uniche
politiche economiche capaci di influenzare le variabili reali, sono quelle
inattese e non coerenti con la teoria economica erratiche ed imprevedibili.

- La seconda implicazione è che se gli agenti economici sono razionali, ci si


può spostare istantaneamente da una situazione di elevata inflazione, ad una
situazione di bassa inflazione, semplicemente annunciando una riduzione del
tasso di crescita dell’offerta di moneta.
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- Una terza implicazione di policy dell’approccio delle aspettative razionale è
che only true supply side policy model ossia l’unico tipo di politica economica
efficace è quella data dall’offerta, ossia le politiche economiche che Lucas
raccomanda sono quelle dirette finalizzate a ridurre le imperfezioni nel
funzionamento dei mercati (ad es. facilitare la mobilità dei lavoratori da un
posto di lavoro all’altro).
- una quarta implicazione e’ la cosiddetta “critica di Lucas”. quando l’economia
Keynesiana era dominante, le autorità di polizia economica aveva costruito
dei modello econometrici, che erano molto sofisticati con tantissime
equazioni, incognite e variabili.

Lucas sostiene che questo uso di modelli econometrici basati sull’assunzione


che il consumo corrente sia funzione stabile del reddito corrente e’ sbagliato.
Questi modelli non considerano il fatto che le decisioni dei soggetti tiene conto
del variare delle decisioni della politica economica.

CRITICHE ALLA TEORIA DELLE ASPETTATIVE RAZIONALI :

I modelli che si fondano sulle aspettative razionali sono in realtà modelli di


lungo periodo in quanto è necessario ai soggetti un apprendimento molto lungo
per imparare a formulare delle aspettative razionali realmente coerenti con la
teoria economica. Lucas sostiene che le aspettative razionali per essere
davvero razionali devono essere coerenti con la teoria economica giusta che
sarebbe la sua.

Anche ammettendo che i soggetti economici raggiungano un’unanimità su


quale sia una teoria economica corretta, impiegheranno molto tempo per
conoscerla ed apprenderla. Quindi secondo questa critica non è corretto
derivare delle proposizioni di breve periodo dalle aspettative razionali.

Poi c’è una seconda critica che dice che anche se i soggetti riescono a
conoscere il vero modello di funzionamento dell’economia è ugualmente
impossibile pervenire alla conoscenza necessaria per formulare aspettative
realmente razionali.

Questo perché per formulare aspettative realmente razionali occorre che


ciascun soggetto riesca a prevedere le previsioni che gli altri soggetti
formulano sulle variabili sia endogene che esogene del modello.

Ossia, i soggetti, dovrebbero essere in grado di stimare l’opinione media degli


altri soggetti, cosa che non sono in grado di fare in quanto uno dei postulati
dello stesso Lucas è il carattere imperfetto dell’informazione.

REAL BUSINESS CYCLES(RBC)

Teoria macroeconomica neoclassica che venne in auge a partire dagli anni ’90 e
divenne la teoria di punta della macroeconomia neoclassica dopo gli anni in cui
era in voga la teoria delle aspettative razionali. I fondatori della real business
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cycles sono due economisti: Kydland e Prescot.( hanno vinto entrambi il
premio nobel per l’economia del 2004)

Secondo questo approccio teorico le determinanti del ciclo economico non


sono, per Kydland e Prescott, le variazioni improvvise dell’offerta di moneta ma
gli shock reali. Questi possono essere shock della produttività. I più importanti
di questi shock reali sono gli shock nella tecnologia.

L’idea è che si verifichino di tanto in tano delle grandi fluttuazioni random che
innescano le fluttuazioni
dell’output e della occupazione. Questi shock nella tecnologia possono essere
sia positivi(innovazioni tecnologiche) che negativi (come esaurimento di
qualche materia prima).

Altri postulati della teoria dei” the real business cycles “è che non esiste
disoccupazione involontaria quindi le fluttuazioni della occupazione sono
sempre volontarie. Un altro postulato di questa teoria è la neutralità della
moneta, la politica monetaria è sempre inefficace. Un elemento di originalità
dei the real business cycles è di considerare la moneta endogena.

Per la real business cycles si considera l’offerta di moneta composta da due


componenti:

- Da un lato c’è la government supply money ovvero la moneta creata dalla


banca centrale, dalle autorità pubbliche che è esogena e sono circolante e
riserve;
- Dall’altro lato c’è quella che loro chiamano la privately supply money ovvero
l’offerta di moneta creata dal settore privato, dalle banche principalmente,
che invece è endogena. A livello complessiva l’offerta di moneta è endogena.

Un aumento della governance supply money causa inflazione.La banca crea


moneta e in questo senso genera privately supply money ossia genera moneta
creata endogenamente. Quindi questa seconda componente dell’offerta di
moneta non è inflazionistica perché soddisfa le richieste di credito delle
imprese e va quindi a finanziare l’aumento della produzione.

Un altro punto che connota questa real business cycles theory è che non c’è
distinzione tra breve periodo e lungo periodo

L’economia tradizionale descrive l’economia come avere un trend di crescita di


lungo periodo (linea retta nel grafico a sinistra) intorno al quale l’economia nel
suo andamento di breve periodo fluttua più o meno periodicamente attorno a
questo trend.
Per i teorici del real business cycles l’andamento dell’economia è rappresentato
come a random walk with drift, ovvero ci sono degli shock tecnologici random
che spostano l’economia da un sentiero di crescita all’altro. Poi dopo un po' di
tempo si verifica un altro shock che sposta l’economia su un sentiero di
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crescita diverso dal
precedente (ipotizziamo più
alto), sino a quando non si
verifica un nuovo shock
tecnologico che la sposta su
un nuovo diverso sentiero di
crescita sempre diverso dal
precedente.
Per Lucas gli eventi random,
gli shock che determinano il
verificarsi dei cicli economici
sono fondamentalmente quelli
monetari, per i teorici del real
business cycles gli shock
rilevanti sono quelli che si verificano nel settore reale dell’economia.
Il walk è la successione dei passaggi tra i vari pattern (sentieri di crescita).

In che modo uno shock reale innesca il passaggio da un sentiero di crescita


all’altro? Ci sono tre modi principali indicati da questa teoria:

- Il primo riguarda l’impatto di uno shock tecnologico sull’offerta di lavoro,


quindi è dato dall’effetto tecnologico che ha sul mercato del lavoro.
- Il secondo riguarda l’impatto che lo shock tecnologico ha sulle scelte di
risparmio e di investimento dei soggetti.

- La stessa logica si innesca quando lo shock è rappresentato da uno shock al


saggio dell’interesse, ad es. quando il saggio di interesse aumenta, la gente
lavora di più perché lavorando di più si guadagna di più, si può quindi
risparmiare di più e investire di più in asset che rendono un saggio
dell’interesse più elevato.

Ci sono state alcune critiche a questa teoria del real business cycles e sono
principalmente tre:

- La prima critica dice che questi shock tecnologici non riescono a fornire la
spiegazione convincente di nessuna recessione tranne quella provocata dagli
shock petroliferi degli anni’70. Questa teoria può fornire una spiegazione del
passaggio su sentieri più elevati di crescita ma in realtà non riesce a spiegare
perché ci siano le recessioni tranne in questo caso degli shock petroliferi.

- La seconda critica è che si ritiene poco convincente che la disoccupazione


rifletta sempre il comportamento ottimizzante di individui razionali, quindi per
questa teoria non esiste disoccupazione involontaria, la disoccupazione è una
scelta volontaria che deriva dal comportamento ottimizzante di soggetti
razionali.

- La terza critica riguarda l’assunto di neutralità della moneta, riguarda la


proposizione del real business cycles in base alla quale la moneta è sempre
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neutrale anche nel breve periodo e quindi l’assunto che la politica monetaria è
irrilevante nel determinare le fluttuazioni dell’economia.

ORDOLIBERALISMO

Scuola di pensiero periferica rispetto alle teorie viste prima (di derivazione
anglosassone) ma l’importante processo di integrazione europea ha visto il
ruolo dell'Europa e dell'Italia che progressivamente sta assumendo rende
opportuno dedicare spazio alla scuola del pensiero economico sviluppata in
Germania e che ne ha influenzato la cultura economica.

Eucken fonda nel 1937 la rivista ORDO che esce per alcuni anni poi sospesa
durante 2WW e che riprende le sue pubblicazioni nel ’48 .Ordo significa
ordinamento legale, indica in particolare l'ordinamento legale di uno stato
liberale forte che garantisce la proprietà privata, il buon funzionamento del
mercato e persegue l'uguaglianza delle opportunità e dei punti di partenza per i
cittadini.

Eucken distingue due ambiti di attività :

Da un lato l'ambito del processo economico dato da produzione, scambi,


transazioni economiche, nel quale agiscono i soggetti economici :dall’altro lato
l'ambito delle istituzioni economiche, istituzioni giuridiche, politiche, legali e
culturali, che costituiscono e determinano il quadro al cui interno agiscono i
soggetti economici.

E’ al secondo ambito che si riferisce il termine ordo ed è questo secondo


ambito ad interessare a Eucken: agli ordoliberalisti interessa studiare e
individuare quale sia l'ordinamento legale ed istituzionale più adeguato ad
assicurare il buon funzionamento dell'economia di mercato esprimendoci in
termini marxiani per Eucken prima viene l'ordinamento legale =
"sovrastruttura" che dà indirizzo e direzionalità che va poi a determinare la
"struttura" economica.

Differenza per Marx tra struttura e sovrastruttura: per Marx prima c’e’ la
struttura economica che poi determina la sovrastruttura
Per Eucken è l'ordinamento istituzionale definito e sovrimposto dallo stato ad
assicurare il buon funzionamento dell' economia di mercato, ciò che succede
nella sfera del processo economico quindi nella sfera delle azioni poste in
essere da soggetti economici dipende molto ed e influenzato dal ordine legale e
istituzionale stabilito e imposto dallo stato.

Detto questo si pone la domanda seguente:

in che modo lo Stato deve appunto informare e regolare le istituzioni e


l’ordinamento legale per fare si che questo ordinamento legale sia il più
funzionale possibile all’efficiente funzionamento dell’economia di mercato?

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L’idea di Eucken è che per assicurare il funzionamento dell’economia di
mercato ci vogliono delle istituzioni forti, credibili, autorevoli c fondamentali:

• la libera concorrenza: il mercato lasciato libero di funzionare porterebbe a


monopolio, pericoloso anche dal punto di vista politico. Il formarsi di posizioni
di monopolio porta alla concentrazione non solo della proprietà’ ma anche
del potere nelle mani di pochi quindi le istituzioni devono condurre politiche
antimonopolistiche.

Qui Eucken distingue tra i monopoli evitabili e quelli inevitabili:

- MONOPOLI EVITABILI: vanno evitati da una forte legislazione antitrust


- MONOPOLI INEVITABILI: non possono essere evitati ma vanno fortemente
regolamentati o attraverso la razionalizzazione di queste attività o attraverso
la creazione di forti attività di controllo.

• assicurare una moneta stabile


• assicurare coesione sociale.

Eucken è influenzato dalla dottrina sociale della chiesa (queste istituzioni forti
devono anche perseguire la giustizia sociale o almeno la protezione sociale,
quindi proteggere le categorie sociali più deboli).

DIFFERENZA TRA ORDOLOBERALISMO E HAYEK

Sia Ordo che H sono molto interessati al buon funzionamento del mercato solo
che hanno una visione diversa riguardo ai fattori che generano e producono
merca ti efficienti e che conducono al buon funzionamento dell’economia di
mercato.

Secondo Hayek la creazione di mercati efficienti che assicurano 'ottimale


allocazione delle risorse è i prodotto dell’ordine spontaneo , l’insieme delle
decisioni autonome preso da una miriade di individui isolati mossi da finalita’
utilitaristiche ( idea della mano invisibile :ognuno persegue interessi propri
individuali interagendo tra loro portano la formazione di mercati che allocano in
modo efficiente le risorse disponibili, i mercati efficienti derivano dall'ordine
spontaneo generato spontaneamente dall'interazione di una miriade di
decisioni prese autonomamente da individui atomistici)

Secondo l'ordoliberalismo invece gli individui lasciati liberi di agire non


conducono affatto a mercati efficienti ma anzi ala formazione di monopoli,
deve prima esserci un ordinamento istituzionale che con proprie regole informa
il funzionamento del mercato. L'idea è che mercati efficienti sono il prodotto
dell'azione delle istituzioni che creano mercati efficienti, vengono prima
istituzioni e dopo le interazioni tra individui nei mercati efficienti, i mercati sono
efficienti solo dentro ad un ordinamento legale e istituzionale
ad essi sopra imposto > questa idea porta l'istitution building - modello
tedesco - che ispira la costruzione di istituzioni economiche e sociali della
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repubblica federale di Germania dopo la 2WW e che ispira anche i trattati EU di
Maastricht e ha ispirato anche la risposta dell'EU data alla crisi finanziaria del
2008.

RAPPORTO TRA EUCKEN E KEYNES

In realtà Eucken considera la teoria di Keynes della domanda effettiva come


relativamente poco importante. Quindi per gli ordoliberalisti la teoria di Keynes
(l’idea dell’insufficiente livello della domanda effettiva quale ostacolo che
impedisce il raggiungimento della piena occupazione) è un’idea debole.

Sia Keynes che Eucken vivono la grande depressione in Germania ma le


risposte che suggeriscono adesso sono in parte diverse. Il tema su cui Eucken
si concentra è quello che Eucken chiama le politiche per la piena
occupazione. Queste politiche per la piena occupazione includono una varietà
di strumenti di cui le politiche keynesiane sono solamente una parte.
Gli strumenti di queste politiche per la piena occupazione sono da un lato ed in
parte gli strumenti di cui parla Keynes (politica fiscale espansiva e politica
monetaria espansiva) ma le politiche per la piena occupazione includono anche
altri strumenti, in particolare il controllo amministrativi dei prezzi e anche
possono includere la pianificazione centralizzata dell’economia. Eucken è critico
nei confronti delle politiche per la piena occupazione e in questo suo
scetticismo riprende in parte gli argomenti di Hayek.
Il keynesismo e’ solo una parte delle “politiche per la piena occupazione”.

Eucken dice: io non mi fido tanto di queste politiche per la piena occupazione
perché alterano il funzionamento dei prezzi quale meccanismo per l’allocazione
ottimale delle risorse e rischiano di condurre alla pianificazione centralizzata,
quindi rischiano di portare ad un sistema economico di proprietà statale
dell’economia che è lesivo della libertà dell’individuo.

Ma Eucken dice anche che queste politiche per la piena occupazione, quindi
anche le politiche keynesiane, sono in realtà una specie di surrogato di un
ordinamento legale che dovrebbe funzionare ma non funziona.
Secondo Eucken l’esistenza di un ordinamento legale, di un ordo è inadeguato.
La sua idea è che se lo stato riesce a creare delle istituzioni forti che
consentono il buon funzionamento del mercato, quindi tutela della
concorrenza, moneta stabile, bassi prezzi, concertazione tra le parti sociali nel
definire le dinamiche salariali, sarà il buon funzionamento di queste istituzioni
ad eliminare i cicli economici e quindi le fluttuazioni dell’economia.
Queste istituzioni forti riescono grazie al loro buon funzionamento ad eliminare
i cicli economici non ci sarà neanche bisogno delle politiche keynesiane di
gestione in chiave anticiclica della domanda.
Difatti Eucken similmente ai marginalisti è contrario alle politiche economiche
discrezionali, per Eucken lo stato deve creare le istituzioni forti e ben
funzionanti, fissando le regole del gioco entro cui i soggetti economici svolgono
le transazioni, ma non deve diventare esso stesso uno dei soggetti economici.
Le politiche keynesiane negli altri paesi consentiranno alla Germania di
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aumentare le proprie esportazioni. non ha mai attecchito nella cultura
economica tedesca .

Questa cultura economica tedesca ha plasmato molto le politiche economiche


dell’Unione Europe a partire dalla creazione dell’euro della banca centrale
europea quindi dal trattato di Maastricht fino al PNRR.

EVOLUZIONE RECENTE

Negli anni recenti l’ordoliberalismo viene vieppiù contaminato


dal neoliberismo americano;
L’ordoliberalismo fa proprie le tesi del Washington Consensus;
Questa miscela di ordoloberalismo e Washington Consensus ispira la
politica economica della UE.

LA TEORIA DEI MERCATI FINANZIARI EFFICIENTI

È una teoria fortemente neoclassica del funzionamento dei mercati finanziari. È


stata proposta dall’economista americano Eugene Fama che ha ottenuto il
Premio Nobel dell’Economia nel 2013.

Questa teoria assume che i mercati finanziari funzionino in un contesto di


concorrenza e informazioni perfette e che nell’ambito dei mercati finanziari il
rischio sia calcolabile probabilisticamente. L’idea sottostante questa teoria dei
mercati finanziari efficienti è che il verificarsi degli eventi futuri rilevanti per le
scelte degli operatori di borsa sia calcolabile probabilisticamente. Secondo
questa teoria di Eugene Fama, i prezzi delle azioni riflettono il loro sottostante
valore reale e gli scostamenti delle quotazioni di borsa dal sottostante valore
reale hanno un carattere random. Ne consegue che se questo è vero le bolle
speculative sono impossibile e che pertanto i mercati finanziari devono essere
lasciati liberi di autoregolarsi.
Questo è importante perché queste assunzioni hanno ispirato la politica
monetaria della Fed (banca centrale americana) negli anni che hanno condotto
alla crisi dei mutui subprime. Infatti, di fronte al gonfiarsi dei mutui subprime il
governatore della banca centrale americana dell’epoca (Alan Greenspan) decise
di non intervenire per frenare la bolla dei mutui subprime sostenendo appunto
che in mercati finanziari efficienti i prezzi sono determinati dalle reali condizioni
sottostanti e quindi le quotazioni delle attività finanziarie legate ai mutui
subprime riflettevano il reale valore di quegli immobili sul mercato immobiliare.
Greenspan sostenne che i responsabili della politica monetaria non dispongono
di informazioni migliori di quelle degli operatori di mercato per valutare la
situazione e quindi non dispongono neanche di una base conoscitiva che possa
giustificare un intervento regolativo in questi settori per frenare la bolla
speculativa, nel senso che le autorità non sono in grado di stabilire se
l’aumento delle quotazioni riflette una bolla speculativa oppure no, anzi l’idea è
che l’andamento delle quotazioni delle attività finanziarie riflette il sottostante
reale per cui se il valore delle attività finanziarie aumenta starà aumentando
anche il sottostante valore reale nel qual caso non c’è ragione che la banca
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centrale intervenga a frenare la crescita delle quotazioni delle attività
finanziarie.

L’idea che i mercati finanziari riflettano l’andamento del sottostante reale,


tranne che in presenza del verificarsi di scostamenti random, ha fornito la
giustificazione teorica per il fatto di lasciare che negli anni recenti (fino alla
crisi finanziaria del 2008) fossero lasciate libere di trovare autonomamente le
loro regole adeguate. L’idea era quindi che questi mercati potessero funzionare
in maniera efficiente se lasciati liberi di autoregolarsi ed è quanto si è verificato
al cospetto dei mercati dei derivati ecc… Questa teoria dei mercati finanziari
efficienti è molto diversa da come Keynes pensava che funzionassero i mercati
finanziari. Per Keynes le quotazioni dei titoli azionari non riflettono affatto il
loro sottostante valore reale ma il prezzo delle azioni dipende molto di più
da fattori legati alla psicologia di massa.
Il prezzo delle azioni per Keynes dipende da “a conventional valuation which is
established as the outcome of the must psicology of a large number of ignorant
individuals” ossia chi fa le quotazioni delle azioni in borsa è in realtà
ignorantissimo dei fondamentali reali sottostanti al valore di queste attività
finanziarie che vengono quotate. Per Keynes non esistono in nessun modo dei
fondamentali sottostanti verso cui il prezzo delle azioni in borsa tendono
inesorabilmente, e gli individui sono ignoranti non perché siano incapaci di
agire in maniera razionale ma semplicemente perché il futuro è incerto. La
quotazione che si forma nelle transazioni di borsa non dipende dai
fondamentali reali ma da un processo la cui chiave è quella di anticipare quale
sarà l’opinione media riguardo all’appropriato prezzo di mercato. Ossia, per
Keynes, la logica in base alla quale funzionano i mercati finanziari è un po'
simile a quella di un concorso di bellezza.

Lui dice che in un concorso di bellezza non vince necessariamente la ragazza


più bella, ma quella che la maggioranza dei votanti riterrà la più bella; quindi,
similmente per chi gioca in borsa l’elemento chiave è prevedere quale sarà
l’opinione prevalente degli altri operatori di borsa riguardo all’andamento
futuro del prezzo delle azioni. Riferito ai mercati finanziari ciò significa che gli
speculatori valutano le azioni non in base ai loro sottostanti valori reali ma in
base a quello che pensa la platea degli altri investitori, così in borsa si possono
comprare titoli di imprese senza reali prospettive di profitto, solo perché si
ritiene che ci sarà sempre qualcuno disposto a votare per loro ossia a comprare
queste azioni ad un prezzo ancora superiore a quello di oggi,.

MINSKY-1919-1996

A lungo e marginalizzato dalla professione. tornato di moda dopo la sua morte


in seguito al verificarsi della crisi finanziaria.
È un autore che mette in luce l’intrinseca
instabilità dell’economia capitalistica e la sua
propensione a cadere in ripetute situazioni di
crisi. Minsky nel corso degli anni ha costruito
una sua teoria chiamata “della fragilità
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finanziaria endogena” che contrappone alle tesi mainstream di una forte
capacità autoregolatrice del mercato e che contrappone anche all’idea che le
crisi siano causate da shock esogeni. La sua idea è che il capitalismo è un
sistema intrinsecamente, endogenamente instabile e tende per le sue stesse
dinamiche endogene
a generare situazioni di crisi finanziaria

I CAPOSALDI DELL’ANALISI DI MINSKY

1. THE FINANCIAL THEORY OF INVESTMENT

Per Minsky la teoria dell’investimento di Keynes è incompleta perché non


analizza come l’investimento viene finanziato. Minsky dice: Keynes ci fornisce
una teoria del ciclo economico basata sull’investimento ma Keynes non ci da
una teoria di come l’investimento viene finanziato.
Keynes enfatizza molto che l’investimento non è finanziato dal risparmio (per
Keynes viene prima l’investimento e poi il risparmio). Minsky si prefisse di
integrare l’analisi di Keynes proponendo una sua teoria su come l’investimento
viene finanziato (Financial theory of investment). Minsky rigetta in toto la tesi
della neutralità della moneta, per Minsky money always matter, ovvero la
moneta non è mai neutrale. Il settore monetario e il settore reale sono sempre
strettamente interconnessi.

La teoria dell’investimento di Minsky può


essere illustrata utilizzando il seguente
grafico:
Minsky parte considerando che di solito i
beni di investimento sono prodotti su
commessa.
L’impresa che desidera investire chiede un
preventivo al potenziale fornitore del
macchinario e questo preventivo può essere definito come il prezzo di offerta
del bene capitale di nuova produzione di cui stiamo trattando e graficamente
viene rappresentato dalla curva PI. il potenziale nvestitore confronta questo
preventivo con i profitti attesi dall’utilizzo del macchinario che sta valutando se
installare o no. Da questa valutazione dei profitti attesi dalla realizzazione di
questo investimento deriva quello che Minsky considera il prezzo di domanda
del bene d’investimento.
Graficamente questo prezzo di domanda è rappresentato nel grafico dalla curva
PK. La curva PI, quindi, rappresenta qual è il prezzo che l’investitore deve
pagare per fare produrre il macchinario/bene d’investimento che è interessato
ad installare. Il prezzo PK è quanto sarebbe disposto a pagare per installare
questo bene. Se PK è più alto di PI (ovvero se il prezzo di offerta è più alto del
prezzo proposto nel preventivo) allora il macchinario viene ordinato e quindi
prodotto.
La curva PI ha un andamento orizzontale fino ad un determinato punto poi
assume un andamento crescente. Il tratto orizzontale e quindi il punto OIF che

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coincide con il punto terminale del tratto di questa curva è il punto in
corrispondenza del quale il produttore del macchinario riesce a
finanziare la sua attività con fondi interni, quindi fino a questo livello di
produzione il fornitore del macchinario è in grado di finanziare la sua
produzione senza ricorrere al capitale di terzi.
Sino a questo tratto il prezzo di offerta è dato dai costi di produzione che il
costruttore del macchinario deve sostenere caricati del mark up (il mark up
rappresenta il profitto normale che il costruttore del macchinario si aspetta di
ottenere).
La curva del prezzo di domanda ha un andamento che è orizzontale per un
primo tratto e poi assume un andamento decrescente. Il tratto orizzontale
corrisponde a quel volume di investimento che l’investitore è parimenti in
grado di finanziare attingendo ai suoi fondi interni. Il punto nel quale le due
curve cessano di essere orizzontali non necessariamente coincide, nel senso
che la curva PK può essere orizzontale sino ad un punto che può cadere più
vicino all’intersezione degli assi o anche più lontano all’intersezione degli assi
rispetto ad OIF. Oltre questo punto le due imprese in oggetto devono ricorrere
al capitale di terzi.
Se il nostro fornitore di macchinari ricorre al capitale di terzi anche il suo
prezzo d’offerta deve aumentare. Il prezzo di offerta aumenta perché la sua
parte aggiuntiva dell’output che offre, deve caricare i suoi costi di produzione
con l’output di interesse passivo che deve pagare alla banca che gli fa credito,
la banca stabilisce il tasso d’interesse che impone al nostro costruttore di
impianti valutando quello che è il rischio di questa operazione. Viceversa, la
curva del prezzo di domanda ad un certo punto incomincia ad avere un
andamento decrescente questo perché l’impresa che desidera installare il
macchinario non è più in grado di finanziare il suo investimento con fondi
interni ma deve ricorrere al prestito di capitale di terzi. Anche qui il nostro
investitore si trova a dover scontare i suoi ricavi attesi dal suo investimento
considerando l’interesse passivo che deve ora pagare alla banca e considerare
il proprio rischio di insolvenza (che l’investimento non vada a
buon fine). Tenendo conto di questi due fattori diminuirà il prezzo che il nostro
potenziale investitore sarà disposto a pagare per acquistare questo
macchinario. Alla fine, l’ammontare dell’investimento che sarà realizzato è dato
dal punto di intersezione delle due curve e nel grafico è rappresentato dal
punto di intersezione OId. In caso il nostro investitore diventa più ottimista e
aumenta le proprie aspettative la curva PK si sposta verso l’alto. Se le
aspettative volgono al meglio si riduce la pendenza della curva P nel tratto in
cui essa non è più orizzontale.
L’opposto si verifica se le aspettative diventano più pessimistiche: la curva PK
si sposta più verso il basso e ad un certo punto quando le due curve non sono
più orizzontali aumenta la pendenza del tratto della curva ascendente PI e del
tratto discendente della curva PK, quindi l’investimento diminuisce. Può anche
verificarsi che le aspettative volgano talmente al peggio cioè diventino così
negative che la curva PK si sposti su un punto più basso della curva PI. Se la
curva PK scende al di sotto della curva PI allora l’investimento per sua natura
scende a 0 e non si investe, uguale che sia il saggio dell’interesse.

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In questo caso l’investimento diventa totalmente inelastico al saggio
dell’interesse proprio come diceva Keynes.

2-TEORIA DELLA FRAGILITA’ FINANZIARIA ENDOGENA

• Tre profili di investitori:

-Hedge
-Speculative
-Ponzi

• Progressivamente si passa ad una posizione sempre meno protetta


(potenzialmente piu’ instabile) e questo genera le crisi finanziarie
• la stabilita’ e’ destabilizzante in quanto incoraggia comportamenti sempre piu’
rischiosi.

Questa teoria finanziaria dell’investimento è in Minsky alla base di una più


ampia teoria della fragilità finanziaria endogena (rendono endogenamente
instabile il capitalismo). Minsky dice che quando si esce da una depressione le
imprese tendono ad avere un profilo finanziario molto prudente (i soggetti
economici hanno paura ad indebitarsi). Man mano che l’economia migliora i
soggetti economici cambiano il loro atteggiamento e cominciano ad indebitarsi.

All’inizio quando incominciano a non avere più paura di indebitarsi tengono un


profilo finanziario molto prudente.
Minsky dice che all’inizio gli investitori hanno un profilo che è hedge (molto
prudente). Nell’analisi di Minsky il profilo hedge vuol dire che le imprese
pensano che il rendimento dell’investimento debba essere tale da consentire di
rimborsare sia l’interesse (che la banca ti impone) sia il capitale preso a
prestito. Quando il soggetto economico che si indebita si attiene a questo
profilo hedge deciderà di effettuare solo gli investimenti che corrispondono a
questo profilo hedge.
In questa fase le imprese effettueranno solo quegli investimenti il cui
rendimento atteso consentirà di rimborsare sia gli interessi passivi (sul capitale
preso a prestito) che il capitale stesso preso a prestito. Man mano che questi
investimenti vanno bene e quindi migliora l’ottimismo dei soggetti
economici, allora cambia anche l’atteggiamento degli investitori. Minsky dice
che in questa seconda fase le imprese effettuano degli investimenti il cui profilo
è più speculativo. La differenza tra la posizione hedge e la posizione
speculativa è che in una posizione speculativa è sufficiente che il rendimento
dell’investimento consenta di rimborsare l’interesse non anche il capitale.
Perché ad un certo punto le imprese si rendono conto che ciò che alle banche
interessa è che il debitore sia in grado di pagare regolarmente l’interesse
passivo che la banca carica sull’impresa. La banca non è tanto interessata alla
restituzione del capitale dato in prestito, ma la cosa importante è la puntualità
del pagamento dell’interesse. Quando le imprese assumono questo nuovo
profilo speculativo allora accetteranno di implementare anche quegli
investimenti il cui rendimento è tale da consentire loro di rimborsare
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semplicemente l’interesse sul capitale preso a prestito. Passando da una
posizione hedge ad una più speculativa fa si che aumenti il livello degli
investimenti e aumenta anche la crescita dell’economia. Ad un certo punto
Minsky dice che i soggetti passeranno ad un profilo di investimento ancora più
aggressivo che è quella che Minsky chiama la posizione Ponzi. La differenza tra
la posizione speculativa e la posizione Ponzi è che nella posizione speculativa il
rendimento dell’investimento deve essere comunque tale da consentire al
venditore di pagare l’interesse passivo alla banca. Nella posizione Ponzi ci si
indebita per effettuare degli investimenti il cui rendimento non consente
neppure di pagare gli interessi. La posizione Ponzi è una posizione nella quale
l’interesse viene capitalizzato (il debitore deve accendere un debito
aggiuntivo per poter pagare l’interesse). Si può finire in una posizione Ponzi sia
volontariamente che involontariamente, nel senso che può essere
perfettamente razionale decidere di entrare in una posizione Ponzi. (es
immobiliarista che non riesce a pagare gli interessi).

Si può finire anche in una posizione Ponzi involontariamente in due modi:

1) Sono un imprenditore all’inizio riesco a pagare l’interesse passivo sul


prestito che la banca mi ha erogato (quindi all’inizio sono in una
posizione speculativa) poi dopo qualcosa va male per la mia azienda, il
flusso di reddito che giunge alla mia azienda diminuisce e ad un certo
punto non riesco più a pagare l’interesse. L’imprenditore va dalla banca e
dice che non riesce a pagare l’interesse ora ma aspetta che il mercato
migliorerà in futuro e intanto chiedo alla banca di capitalizzarmi
l’interesse. Poi si pone il problema se le cose continuano a non
migliorare. La banca deve valutare se è meglio far fallire il debitore o
continuare a prestargli dei soldi.

2) Hai un debito e sei perfettamente in grado di pagare l’interesse, poi


per una qualche ragione la banca ti aumenta l’interesse (la banca te lo
può aumentare se ti considera un cliente sempre più rischioso) in questo
caso questo debitore che all’inizio non aveva problemi a pagare
l’interesse pattuito potrebbe avere dei problemi se la banca gli aumenta
l’interesse (caso dei mutui ad interesse variabile).

Minsky dice che nel corso del ciclo economico i soggetti passano
progressivamente a posizioni sempre meno protette e più rischiose. Si tende a
passare da una posizione hedge ad una speculativa ed infine alla posizione
Ponzi. Man mano che si passa dalla posizione hedge ad una
Ponzi aumenta il rischio di una crisi finanziaria. Il punto fondamentale di
Minsky è che questo passaggio da una posizione stabile a posizioni sempre più
fragili è la conseguenza del clima generale di ottimismo.
Più i soggetti economici diventano ottimisti più assumono posizioni finanziarie
potenzialmente più instabili. Questo aumenta il rischio che si verifichi una crisi
finanziaria. Le crisi economiche per Minsky non sono provocate da shock
esogeni o da manovre erratiche di politica economica ma sono provocate da
una fragilità finanziaria che è endogena al sistema finanziario. Minsky parla di
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cosa accade successivamente alle crisi finanziarie nella sua opera stabilizing an
unstable economy. Minsky dice che quando una bolla scoppia interviene il
governo a salvare il sistema. Il governo interviene con due strumenti: il big
government e il big bank. Il big government è la manovra in chiave anticiclica
del bilancio statale, quindi l’utilizzo in funzione anticiclica della spesa pubblica
anche in disavanzo. Minsky dice però una cosa interessante, ovvero affinché
l’utilizzo della spesa pubblica in disavanzo occorre che il governo sia
big, al fine di riuscire al porre in essere questo ruolo di stabilizzatore
dell’economia il governo need to be at list as big as investment: ovvero il peso
del settore della spesa pubblica deve essere grande almeno quanto lo è
l’investimento privato. Il secondo strumento che il governo pone in essere per
salvare l’economia da una crisi finanziaria è quello che Minsky chiama la big
bank ossia l’intervento della banca centrale che interviene come prestatore di
ultima istanza per salvare le istituzioni finanziarie. I soggetti economici si
precipitano a liberarsi delle attività finanziarie. Di fronte a questo fatto (ovvero
alla ricerca della liquidità da parte degli intermediari, dei soggetti finanziari) ci
vuole la banca centrale che fornisca questa attività. Gli strumenti per fornire
questa liquidità sono sostanzialmente 2: il primo è che la banca centrale presti
alle banche commerciali la liquidità di cui necessitano senza che per
procurarsela siano costrette a svendere i loro asset o titoli, la banca centrale
compra direttamente gli asset che le banche commerciali vogliono vendere per
recuperare liquidità. Ma la banca centrale quando interviene a comprare la
carta di cui le banche commerciali si vogliono liberare lo fa stabilendo quello
che Minsky chiama un floor ovvero un pavimento cioè un livello minimo del
prezzo di questa carta al di sotto del quale la banca centrale non consente che
il prezzo di questi titoli scenda. In questo modo la banca centrale interviene
per stabilizzare le fluttuazioni del corso delle attività finanziarie. Ma dice Minsky
la stabilità è destabilizzante perché l’intervento del governo per stabilizzare
l’economia dopo una crisi finanziaria crea le basi per la prossima crisi perché
l’intervento stabilizzatore del governo incoraggia per il futuro comportamenti
ancora più rischiosi. Minsky condivide la teoria delle aspettative razionali. La
trova una teoria molto ingegnosa che lui fa propria, dice che è vero che i
soggetti economici nel momento in cui formulano le loro aspettative tengono
conto delle decisioni di politica economica e di politica monetaria, ciò che non
lo convince è che lo facciano facendo riferimento alla teoria economica
neoclassica.

MONEY MANAGER CAPITALISM

Minsky verso la fine della sua vita si concentra sul tema del capitalismo dei
gestori dei fondi finanziari, egli sottolinea che ci sono state quattro grandi fasi
nello sviluppo del capitalismo:

• capitalismo commerciale
• capitalismo finanziario
• capitalismo manageriale
• capitalismo dei gestori dei fondi finanziari

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I manager finanziari:

Gestiscono fondi enormi;


Hanno un orizzonte temporale brevissimo;
Hanno un leverage altissimo;

Accrescono la volatilità e l’instabilità dei mercati → e riducono la crescita


potenziale di lungo periodo.

Minsky dice che la lunga fase di crescita della golden age (caso usa) è stata
caratterizzata dal capitalismo manageriale: prodotto della crescente
separazione tra proprietà e controllo, questa circostanza aveva favorito
avvento del capitalismo manageriale, frammentazione tra piccoli e piccolismi
azionisti.
Il controllo delle imprese era stato assunto dai manager. L’obiettivo di questi
manager aveva l’obiettivo di diventare sempre più potenti e di avere un potere
influenzale nell’impresa. Questi manager non avevano il profitto come
l'obiettivo primario dell'impresa certo l'impresa doveva fare profitti ma questi
manager vedevano il profitto più come un vincolo da rispettare per non fare
irritare questi piccoli azionisti che non come l'obiettivo primario della loro
gestione aziendale. l'idea era che queste aziende a controllo manageriale
dovevano essere gestite per perseguire strategie di crescita di lungo periodo
quindi orientate diciamo alla implementazione di un disegno di sviluppo di
lungo periodo ed era che l'impresa doveva crescere cercando di fare profitti
sulla differenza tra ricavi e costi di lungo periodo, lungo l'intero arco della vita
di un impianto dell'impresa stessa, quindi l’idea era che questi manager
governavano le imprese che controllavano in base a strategie di lungo periodo
il che forniva anche un incentivo ad investire risorse in progetti di sviluppo e
anche in progetti di investimento a redditività differita magari si poteva
investire molto oggi in progetti che avrebbero dato un'utile solamente a
distanza di molto tempo, naturalmente questo era anche un mondo nel quale il
ciclo di vita dei prodotti era molto più lungo di quello attuale. Quindi l’idea è
che si gestisce l'impresa secondo strategia di lungo periodo si guarda quindi
anche i profitti alla crescita di lungo periodo nel breve periodo. Poi Minsky
osserva che negli anni più recenti a partire dalla fine degli anni ‘60 e
soprattutto negli anni ‘70 e ‘80 questo quadro è stato modificato, cambiato, in
parte anche sconvolto dall'avvento di un nuovo attore: il capitalista che
gestisce i fondi finanziari. Sono nati nuovi intermediari finanziari in particolare i
fondi di investimento, i gestori di fondi, anche fondi che investono in attività
sempre più rischiose, sempre più speculative, è esploso il mercato dei derivati,
si sono formate nuove forme della finanza. La conseguenza è che questi nuovi
intermediari finanziari in particolare i fondi di investimento di vario tipo hanno
raccolto quantità sempre maggiori pacchetti sempre più consistenti delle azioni
delle grandi imprese americane, delle grandi Corporation. Quindi ciò che è
cambiato è che i manager che controllano le grandi Corporation americane non
si trovano più di fronte ad un interlocutore principale ma si trovano di fronte i
gestori di questi fondi di investimento, fondi pensione gli studi di fondi che
controllano pacchetti significativi pacchetti rilevanti del capitale azionario delle
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Corporation gestite tra i manager industriali, dai manager professionisti e ora
naturalmente questi gestori di fondi controllando non piccoli pacchetti ma
pacchetti significativi del capitale delle grandi Corporation con in grado di
acquisiscono diciamo hanno acquisito un potere di condizionamento, una
capacità di influenza sull'azione dei manager industriali e più in generale sulla
gestione delle grandi Corporation che in precedenza i piccoli azionisti non
avevano. Ora la logica, l'orizzonte entro cui questi gestori di fondi finanziari
operano è molto diverso dall'orizzonte dei manager industriali che
controllavano queste Corporation durante la Golden age, perché questi
manager finanziari ovvero i gestori dei fondi hanno un orizzonte temporale
brevissimo ossia sono interessati non al rendimento nel lungo periodo degli
investimenti che l'azienda può fare ma sono interessati al rendimento nel breve
periodo dei loro portafogli azionari ossia ciò che interessa a questi manager
finanziari non è che l'impresa cresca essendo innovativa quindi generando
innovazione tecnologica presentando sul mercato nuovi prodotti, investendo in
impianti in tecnologie più moderne, facendo della ricerca, creando posti di
lavoro soprattutto ben pagati ecc... ciò che interessa ai gestori dei fondi
finanziari è che aumenti il valore delle azioni delle imprese nel breve periodo,
la cosa importante è che aumenti la quotazione, la prezzatura delle azioni che
hanno nei loro portafogli nel breve periodo perché la specializzazione di questi
manager finanziari in trade comprare e vendere azioni o altri titoli, ovvero
comprarli a un prezzo più basso e venderli ad un prezzo un pochettino più alto.
Non è un investimento nel settore reale dell'economia ma è un investimento di
carattere tipicamente finanziario e l'orizzonte temporale di questo investimento
è di breve periodo perché loro devono garantire comunque un rendimento ai
piccoli investitori che sottoscrivono le quote di questi fondi. Questo interesse e
questa focalizzazione l'orizzonte sul rendimento di breve periodo tipica dei
manager finanziari viene da questi trasferita anche ai manager industriali
perché il manager industriale sa che deve rendere conto della sua gestione ai
manager finanziari perché i manager finanziari possono vendere in qualunque
momento le azioni della Corporation che il manager industriale controlla e
possono anche coalizzarsi fra loro e rovesciare il management anche sostituire
un management che i gestori dei fondi considerano non soddisfacente o non
performante. Quindi in manager industriali ora vengono condizionati molto di
più di prima dei manager finanziari e vengono indotti a gestire la Corporation
sempre di più secondo ottiche secondo un orizzonte di breve periodo. Questi
fondi finanziari, fondi di investimento un leverage altissimo (quindi hanno
pochissimo capitale proprio e lavorano approvvigionandosi ed investendo il
capitale di terzi). Pertanto, secondo Minsky, tutto questo fa sì che la nascita,
l'avvento di questi nuovi soggetti dei fondi finanziari abbia accresciuto la
volatilità e la instabilità dei mercati, che questi soggetti abbiano contribuito e a
rendere più frequenti e più grosse le bolle finanziarie. Finché c'è l'aspettativa
che la quotazione dei titoli azionari crescerà in futuro anche in un futuro breve
questi fondi finanziari avranno un comportamento rialzista e la bolla si gonfierà
ma quando ad un certo punto la bolla esplode il collasso diventa molto più
forte rispetto a prima e l’alternarsi di fasi di boom e di caduta può diventare
anche più frequente a causa della instabilità del comportamento di questi
gestori di fondi finanziari. Quindi per farla breve per Minsky è vero che da un
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lato il capitalismo non ha alternative, tuttavia, occorre essere consapevoli che il
capitalismo è un sistema molto più instabile di quanto in passato l'economia
mainstream riteneva. Tuttavia, minsky è sempre stato come dire una figura
outlier ovvero messa al margine dall'anno professione degli economisti almeno
fino allo scoppio della crisi finanziaria del 2008 la evoluzione allo scoppio della
crisi finanziaria del 2008 è stata contrassegnata dalla nascita dal formarsi di
quello che viene chiamato il New consensus che è stato ed è ancora il nuovo
main Stream dell’economia. Ad incarnare il formarsi di questo nuovo consenso
è Olivier Blanchard.

BLANCHARD

Mit è il cuore della scuola neo-keynesiana negli Usa. Diventa capo economista
del FMI. È un francese che diventa economista di grido nell’università
americana MIT, è amico di Cristine Lagard (BCE). Economy of establishment. Il
processo che si è verificato è descritto nel 2008 in un abstract : per un periodo
molto lungo la macroeconomia degli anni ’70 è stata un terreno di battaglia tra
varie scuole di pensiero, tuttavia in tempi recenti una visione ampiamente
condivisa è emersa: il nuovo consensus. Come tutte le rivoluzioni, questa è
venuta con la distruzione di alcune conoscenze. Post- keynesiani sono la sintesi
neoclassica, i neo-keynesiani che rifiutano la sintesi neoclassica che riconduce i
contributi di keynes nell’ambito marginalista. Minsky è un post- keynesiano. Il
succo di questa teoria si trova dei libri scritti da Blanchard. Il modello is-lm-pc
non è il primo modello che abbia proposto, la prima edizione proponeva il
modello as-ad.

Che differenza c'è tra i post keynesiani e i neo keynesiani?

Dopo la morte di Keynes abbiamo visto che si è affermata questa scuola della
sintesi neoclassica come dire il nuovo mainstream era diventata la sintesi
neoclassica quindi questo tentativo fatto di innestare il pensiero quindi i
contributi più originali di Keynes nell'ambito del filone della teoria marginalista
e facendo di quella che perché Keynes voleva essere una teoria generale
dell'impero delle monete in realtà un caso speciale dell'economia marginalista
che si verifica quando c'è trappola della liquidità o quando ci sono mercati non
pienamente concorrenziali. Tuttavia, non tutti keynesiani hanno aderito a
questa sintesi neoclassica riformato accanto alla sintesi classica che è diventata
negli anni 50-60 il nuovo mainstream un filone di pensiero eterodosso di
economisti keynesiani che rifiutavano la sintesi neoclassica quindi che
rifiutavano l'operazione di ricondurre i contributi più originali del pensiero di
Keynes nell'ambito della più generale e più consolidata teoria marginalista.

Tutti gli altri economisti convergono in questa nuova sintesi. Il succo di questa
sintesi è espresso dai manuali di macroeconomia autorati da Blanchard. La
prima edizione del Blanchard proponeva il modello AS-AD.

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Il modello AS-AD si basa sulla costruzione di due curve, due funzioni:

-la curva dell’offerta aggregata che viene indicata curva AS dall'inglese


aggregate supply e la curva o funzione della domanda aggregata che viene
indicata curva AD dall’inglese aggregate demand e il modello ruota intorno
tutto intorno a queste due funzioni. Per quanto riguarda la curva AD quindi la
curva di domanda aggregata essa deriva dal modello IS-LM. Ci sono due
differenze principali tra le due formulazioni del modello IS-LM. La prima è che
l'investimento è funzione del tasso di interesse reale. Quest'idea, ovvero
l'investimento è funzione del saggio reale dell'interesse non di quello nominale
è una novità che Blanchard ha introdotto nel suo modello rispetto ai modelli
precedenti. Blanchard, soprattutto nel modello IS-LM-PC presenta una
formulazione nuova e innovativa del funzionamento del mercato monetario. Il
fatto che nel modello IS-LM sull’asse delle ordinate ci sia l’interesse reale e non
nominale implica che il posizionamento della curva LM ha quale riferimento
l’interesse reale e non quello nominale. Il fatto che la curva LM sia orizzontale
e non crescente implica il fatto che se la curva LM è crescente ciò significa che
la variabile determinata esogenamente dalla banca centrale è l’offerta di
moneta e l’interesse si determina endogenamente sul mercato monetario. Se
invece la curva LM è orizzontale vuol dire che la variabile determinata
esogenamente dalla banca centrale è il saggio dell'interesse (reale) mentre
l'offerta di moneta diventa endogena. Blanchard nell'ultima versione del suo
manuale adotta questa nuova formulazione della curva LM per due motivi
fondamentalmente: uno perché la più recente formulazione della curva LM tieni
conto della osservazione di come le banche centrali ci sono comportate durante
la crisi finanziaria del 2008 e anni successivi. Ma in generale c'è anche una
considerazione di carattere teorico e che in questo modo riformulando la curva
LM Blanchard recepisce una importante proposizione di una scuola di pensiero
eterodossa: la EMT endogenous money theory cioè c'è una scuola di
economisti eterodossi che da sempre ha sostenuto che la moneta sia una
variabile endogena e che la stessa offerta di moneta sia da considerarsi una
variabile endogena. Tuttavia, nella precedente formulazione del suo modello
Blanchard continua a considerare esogene l'offerta di moneta e continua a
considerare che la curva LM abbia andamento crescente ossia quando aumenta

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il reddito aumenta anche il saggio dell'interesse, perché se i prezzi aumentano
ti riduce il valore reale delle scorte di moneta ciò induce la gente ad aumentare
la loro domanda di moneta per scopi transativi quindi la gente si procaccia
moneta vendendo titoli, il prezzo dei titoli diminuisce, aumenta il saggio del
l'interesse, diminuisce l'investimento e diminuisce anche il reddito.

DAL MODELLO IS-LM ALLA FUNZIONE DELLA DOMANDA AGGREGATA


(AD)

Da questa iniziale formulazione del modello IS-LM Blanchard fa derivare la


funzione della domanda aggregata

Graficamente da questa funzione della


domanda aggregata si deriva la curva della
domanda aggregata. quindi la curva della
domanda aggregata ha un andamento
decrescente in quanto al diminuire dei prezzi la
domanda aumenta. I mutamenti nelle variabili
che non sono poste sugli assi provocano invece
una traslazione della curva un suo spostamento
di carattere laterale, per esempio, un aumento
della spesa pubblica causa un aumento della
domanda aggregata a parità di livello dei prezzi
e quindi si raffigura attraverso uno spostamento a destra, una traslazione a
destra
della curva AD e con una diminuzione della spesa pubblica raffigura attraverso
una traslazione verso sinistra della curva AD.

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I l

passo successivo di Blanchard è quello di determinare la curva della offerta


aggregata e la fa derivare dall'analisi del mercato del lavoro. L'analisi del
mercato del lavoro da cui poi Blanchard farà derivare la curva di offerta
aggregata procede secondo vari passaggi. Il primo è la determinazione del
salario domandato dai lavoratori, si parte dalla determinazione del salario
nominale, del salario monetario dov'è andato ai lavoratori. Quindi il salario
monetario è funzione del livello atteso dei prezzi, del tasso di disoccupazione
indicato dalla lettera u ed è funzione anche di questo parametro z con il quale
Blanchard indica il grado di conflittualità dei lavoratori ossia la loro maggiore o
minore capacità di rivendicare salari più elevati.
Il salario domandato è funzione inversa del tasso di disoccupazione ossia
quanto più elevato è il tasso di disoccupazione tanto più basso è il salario
domandato dai lavoratori ed è invece funzione diretta del parametro z ovvero
della conflittualità dei lavoratori quindi quanto più alto, quanto più elevato è
questo parametro z tanto più alto è il salario domandato dai lavoratori

Dall'equazione precedente
si deriva, attraverso un
passaggio elementare
spostando il livello generale
dei prezzi al denominatore,
il salario reale domandato
dai lavoratori che appunto è

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funzione inversa del tasso di disoccupazione e funzione diretta del parametro
z

Graficamente il salario
domandato può essere
rappresentato appunto dalle
figure qui sopra.
Sull’asse delle ascisse abbiamo il
tasso di disoccupazione su quello
delle ordinate ci sarà il reale. La
curva ha questa forma di iperbole
per cui quanto più alto è il
parametro u tanto più basso è il
salario reale domandato e
viceversa. Una variazione del
parametro z che non è
ra p p r e s e n t a t o n e g l i a s s i s i
raffigura graficamente attraverso
una traslazione di questa curva.

Blanchard passa ad
analizzare qual è invece il
salario reale offerto dalle
imprese. L'analisi parte
dalla funzione di
produzione che viene
adottata da Blanchard e
che è espressa da questa
semplice equazione:
Y=AN in cui Y indica il
livello dell'output che
viene prodotto e dipende
da N ovvero dal numero
dei lavoratori che viene
impiegato nelle imprese
più in generale nell’economia moltiplicato per questo parametro A che indica la
produttività di ogni lavoratore.
Questo parametro A è esogeno ed è determinato dalla tecnologia. Il costo del
lavoro per unità di prodotto è dato ovviamente da W che è il salario nominale
fratto A che è la produttività. Blanchard assume che le imprese determinino il
prezzo aggiungendo a questo costo del lavoro per unità di prodotto il mark
up ovvero un margine di profitto e pertanto il prezzo di vendita del prodotto è
determinato da:

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(1+µ)W/A.

Modificando questa equazione si ottiene il salario reale che le imprese sono


disposte ad offrire ai lavoratori: W/P=A/(1+ µ). Il salario reale che le imprese
sono disposte ad offrire è determinato fondamentalmente da due variabili che
sono la produttività del lavoro A e il markup µ.
Per questo modello di Blanchard ambedue queste variabili sono esogene. È
importante dire che in questo modello le imprese non sono price taker quindi
non è un modello di concorrenza perfetta non è quindi riconducibile al modello
dell'equilibrio economico generale ipotizzato dai marginalisti.
Questo mark up dipende dalla forma di mercato, più il mercato è
concorrenziale più basso è il mark up. Mentre se la concorrenza è poca,
monopolio o oligopolio collusivo, il mark up è più alto. Blanchard dice
sostanzialmente che la forma di mercato, e quindi il mark up, dipenderà in
buona misura dal tipo di legislazione antitrust vigente per quanto più cogente è
la normativa antitrust tanto più basso sarà il potere di mercato dell'impresa e
tanto più basso sarà il mark up e viceversa.
il punto importante però è che per Blanchard, µ non viene influenzato dalla
contrattazione tra imprese e lavoratori. Il mark up è dato. Di conseguenza le
imprese risponderanno a qualsiasi aumento dei salari monetari con un
proporzionale aumento dei prezzi lasciando il mark up invariato, ossia le
variazioni del salario nominale si scaricano sui prezzi ma non sul salario reale
offerto dalle imprese. Le imprese offrono ai lavoratori quel determinato livello
del salario reale e i lavoratori di fronte a questo livello del salario reale si
trovano nella condizione di prendere o lasciare o accettano di lavorare in
corrispondenza di questo livello del salario reale oppure scelgono di astenersi
volontariamente di andare a lavorare, disoccupazione involontaria non c'è.

Un aumento della disoccupazione non ha alcun effetto sul salario reale offerto
dalle imprese che dipende solo dal mark up e dalla produttività per cui se
diminuisce il salario domandato dai lavoratori a causa di un aumento della
disoccupazione diminuisce anche il prezzo fissato dalle imprese.

In forma grafica il salario reale


offerto dalle imprese è
rappresentato da una retta
parallela all'asse delle ascisse
perché il salario reale offerta
dalle imprese non è influenzato
dalla disoccupazione ma
dipende solo dal parametro A
produttività e dal mark up che
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non è influenzato da quello che
succede sul mercato del lavoro. La posizione di questa retta orizzontale che
rappresenta il salario reale offerto dalle imprese varie quindi si trasla verso
l'alto o verso il basso a seconda del variare dei parametri A oppure µ.
Se per esempio la produttività aumenta le imprese saranno disponibili
ad offrire un salario reale più alto e la retta del salario reale offerto si sposterà
verso l'alto; se aumento il mark up invece si avrà una traslazione verso il basso
di questa retta che raffigura il salario reale offerto. Dalla interazione di queste
due curve, quelle del salario reale domandato dai lavoratori e del salario reale
offerto dalle imprese, si determina l'equilibrio sul mercato del lavoro.

Blanchard mostra che c'è un solo livello del


tasso di disoccupazione in corrispondenza
del quale il salario reale domandato dai
lavoratori coincide con quello offerto dalle
imprese e questo unico livello è
ovviamente quello che corrisponde al
punto di intersezione delle due curve.
Questo livello di equilibrio del tasso di
disoccupazione che porta in equilibrio il
mercato del lavoro viene definito da
Blanchard tasso naturale di disoccupazione
e corrisponde in questo grafico a un.
Questo tasso dipende dai valori dei parametri z, µ e A. Una eventuale modifica
di questi parametri determina
uno spostamento di queste due curve o di almeno una di queste due curve che
conduce a sua volta ad un cambiamento del tasso naturale di disoccupazione

Questi grafici simulano alcune di queste situazioni. Per esempio il grafico di


destra simula la situazione
nella quale si ha un
indebolimento della legge
antitrust che provoca una
riduzione della concorrenza,
un aumento del mark up, un
aumento dei prezzi e una
riduzione del salario reale
offerto dalle imprese e sia
pertanto uno spostamento
verso il basso della retta del
salario reale offerto dalle
imprese ai lavoratori, ne
consegue che il tasto naturale
di disoccupazione aumenta in
quanto solo un più elevato tasso di disoccupazione induce i lavoratori ad

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accettare il più basso livello per salari che viene loro offerto dalle imprese. Se
invece si ha per esempio una variazione
della legge sui licenziamenti senza giusta causa quindi una riduzione delle
protezioni dei lavoratori contro i licenziamenti senza giusta causa, si riduce il
parametro z, si riduce la conflittualità per i lavoratori; in questo caso si ha
graficamente una traslazione verso sinistra della curva del salario
domandato. Pertanto, il salario domandato si riduce e questo porta ad una
diminuzione del tasso naturale di disoccupazione. Infatti, visto che ora i
lavoratori temono di perdere più facilmente il lavoro sono disposti ad accettare
il medesimo salario offerto dalle imprese anche in presenza di una minore
disoccupazione. Quindi l'effetto è di avere una diminuzione del saggio naturale
di disoccupazione pur in presenza di una invarianza del salario reale.

l passaggio successivo delle


analisi di Blanchard è di
fare derivare da questa
analisi del mercato del
lavoro la curva di offerta
aggregata. Quindi una
curva aggregata che ponga
in relazione il livello dei
prezzi con il livello
dell'output. Il passaggio
logico è di sostituire
all'argomento di questa
funzione Y quindi il livello
dell'output al posto di u,
cioè del tasso di
disoccupazione

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Graficamente è rappresentata da una da una retta verticale in quanto essa
descrive la relazione fra l'output tra il livello di
produzione e il livello dei prezzi questa
relazione è crescente.
Il motivo per il quale la curva dell'offerta
aggregata è crescente è che al crescere di Y
aumenta l'occupazione N necessaria per
realizzarla e quindi aumentando l'occupazione
N si riduce il tasso di disoccupazione u.
Di conseguenza riducendosi il tasso di
disoccupazione aumenta il potere contrattuale
dei lavoratori e con esso aumenta il salario
monetario che i lavoratori domandano quindi si
riduce il tasso di disoccupazione e aumenta il
potere contrattuale dei lavoratori e con esso il salario monetario domandato dai
lavoratori.
Di conseguenza le imprese per mantenere fisso il mark up aumenteranno il
livello dei prezzi in proporzione ai salari e quindi graficamente questo è
rappresentato da una curva dell’offerta aggregata crescente rispetto al livello
dei prezzi.

Infine, Blanchard presenta il


modello AS-AD completo che
appunto è rappresentato da
questi due grafici che
presentano congiuntamente
l'equilibrio che si realizza sul
mercato dei beni nel settore
reale e l'equilibrio che si
raggiunge sul mercato del
lavoro. Il grafico situato in
basso raffigura
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congiuntamente le curve AD-AS mentre nel grafico situato in alto viene
riportata la situazione che si verifica nel mercato del lavoro. Quanto più ci si
sposta a destra tanto più il tasso di disoccupazione diminuisce anziché
aumentare. Allora qui si osserva che l’intersezione tra le due curve di domanda
aggregata (curva AD) e la curva di offerta aggregata (curva AS) corrisponde al
livello di produzione naturale indicato con Yn e in corrispondenza di questo
livello di produzione naturale vi è il mercato del lavoro. Secondo questo
modello il mercato tende spontaneamente a questa situazione di equilibrio.

Si suppone il verificarsi di uno shock


esogeno che porta ad una diminuzione
degli investimenti, si parte da una
posizione di equilibrio che corrisponde ai
punti E sul mercato del prodotto a cui
corrisponde il mercato di equilibrio
naturale Yn, e al punto N sul mercato del
lavoro a cui corrisponde il tasso di
disoccupazione naturale Un. si ha una
riduzione della domanda aggregata
che graficamente si raffigura con uno
spostamento della curva AD verso
sinistra di seguito la produzione si riduce
da Yn a Y’ a cui corrisponde il nuovo
tasso di disoccupazione U’ che è
maggiore di Un.
L’ a u m e n t o d e l l a d i s o c c u p a z i o n e
diminuisce la posizione contrattuale dei
lavoratori, infatti in corrispondenza del
nuovo tasso di disoccupazione U’ il salario domandato è inferiore a quello
offerto dalle imprese. Assumendo sempre che le imprese non approfittino di
questa situazione per aumentare i mark up allora si avrà una riduzione
proporzionale dei prezzi effettivi e quindi anche dei prezzi attesi che innesca
una spirale a ribasso dei prezzi dei salari.

Come conseguenza di questa spirale a ribasso dei prezzi e dei salari nominali si
attiva uno spostamento verso destra della curva AS (nuova curva AS’). Questo
perché il ribasso dei salari provoca un aumento del valore reale delle scorte
monetarie e diminuisce di conseguenza la domanda di moneta per scopi
transativi e i soggetti economici si liberano delle scorte eccedenti di moneta e
comprerà titoli, di conseguenza aumenta la domanda dei titoli, il prezzo dei
titoli aumenterà e di conseguenza diminuirà il saggio dell’interesse, al cospetto
della diminuzione del saggio dell’interesse aumenteranno gli investimenti e
l’aumento degli investimenti a sua volta genera un aumento della produzione Y
con conseguente diminuzione del tasso di disoccupazione. Questo processo di
traslazione verso destra della curva AS continua sino a quando il tasso di

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disoccupazione torna al livello iniziale Un ovvero torna al tasso naturale di
disoccupazione.
Una volta che il tasso di disoccupazione è ritornato al tasso naturale i lavoratori
sul mercato del lavoro si sentono più forti e tornano di nuovo a domandare un
salario reale uguale a quello offerto dalle imprese. A questo punto la corsa al
ribasso di prezzi e salari si arresta e si raggiunge la nuova posizione di
equilibrio E’ che corrisponde ad un più basso livello dei prezzi in corrispondenza
del quale si ha lo stesso livello naturale precedente della produzione e lo stesso
livello del tasso di disoccupazione corrispondente al tasso naturale Un che si
aveva prima che si verificasse lo shock esogeno quindi il mercato funziona
bene.
Per questo modello di Blanchard la moneta nel lungo periodo è neutrale perché
i livelli di equilibrio naturale sia Yn sia Un, sono determinati esclusivamente
dall’operare di forze reali. Blanchard nei suoi testi preferisce l’utilizzo della
politica monetaria a quella fiscale.

Blanchard preferisce una politica monetaria per due considerazioni:

✴ La prima è che gli effetti della politica monetaria sono più veloci;
✴ Se la politica monetaria è gestita dai tecnocrati (come lui) che non devono
rendere conto a pressioni politiche, a differenza della politica fiscale che deve
rispondere molto di più a pressioni di carattere politico, quindi molto di più
ad una discrezionalità distorta, quindi è meglio non fidarsi dei politici che
seguono scopi elettoralistici.

Secondo Blanchard la politica


economica espansiva non è in
grado di collocare stabilmente
l’economia su un livello di
disoccupazione e anche di
produzione diversi da quello
dell’equilibrio naturale. La
politica economica
discrezionale non è in grado
nel lungo periodo di schiodare
l’economia dall’equilibrio
naturale.
I nuovi livelli raggiunti
dall’output (dalla produzione)
e dal tasso
di disoccupazione non sono
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posizioni di equilibrio perché il mercato del lavoro non è in equilibrio dato che
in corrispondenza del nuovo e più basso livello del tasso di disoccupazione i
lavoratori domandano un salario reale maggiore di quello offerto dalle imprese
e la differenza è graficamente rappresentata dal segmento BC. Succede che le
imprese traslano sui prezzi in quanto si ipotizza cheil mark up sia esogeno,
parte quindi una corsa al rialzo dei salari monetari, dei prezzi effettivi e dei
prezzi attesi, il tutto a parità di produzione (Y’). Questa spirale di crescita di
prezzi e salari monetari
innesca una traslazione verso sinistra della curva AS, perché l’aumento dei
prezzi provoca una diminuzione del valore reale delle scorte di moneta, la
gente domanda moneta aggiuntiva, quindi vende titoli per procurarsi moneta e
di conseguenza diminuisce il prezzo dei titoli e aumenta il saggio dell’interesse,
aumentando il saggio dell’interesse diminuiscono gli investimenti e di
conseguenza diminuisce l’output e il reddito, la diminuzione del reddito porta
ad un aumento del tasso di disoccupazione e questo processo di traslazione
verso l’alto della curva AS continua fino a quando non si raggiunge il nuovo
punto di equilibrio E’ che corrisponde al livello naturale della produzione Yn e al
tasso naturale di disoccupazione Un.
Nel lungo periodo l’effetto è stato nullo sul piano delle variabili reali, nel senso
che la produzione torna esattamente al livello di equilibrio iniziale e il tasso di
disoccupazione torna esattamente al suo livello iniziale corrispondente al tasso
naturale di disoccupazione, l’unico effetto permanente è che è aumentato il
livello dei prezzi.

Questo grafico presente un esercizio


che fa vedere qual è l’effetto di un
aumento della conflittualità tra
lavoratori. Si suppone che i lavoratori
diventino più conflittuali e rivendichino
salari più alti di quelli che
corrispondono all’equilibrio naturale
(graficamente questo si rappresenta
con il fatto che cambia il valore del
parametro z ovvero il parametro
esogeno che rappresenta la
conflittualità dei lavoratori), una
maggiore conflittualità dei lavoratori si
rappresenta con una traslazione verso
l’alto della curva del salario domandato
ossia che a parità di tasso di
disoccupazione i lavoratori rivendicano salari reali più alti.
Il percorso di aggiustamento che avviene è che le imprese scaricano l’aumento
del salario monetario che devono concedere ai lavoratori sui prezzi. Si innesca
una spirale di aumento di prezzi e salari, perché di fronte all’aumento dei
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prezzi i lavoratori che sono diventati più combattivi e più indocili rivendicano un
nuovo aumento dei salari reali che si traduce solamente in un aumento dei
salari monetari perché le imprese scaricano questo aumento dei salari
monetari sui prezzi.
Il sistema trova un equilibrio in corrispondenza di un più elevato tasso naturale
di disoccupazione (U’n) e in corrispondenza di un più basso livello della
produzione naturale (Y’n). pertanto, l’effetto della maggiore conflittualità dei
lavoratori nel lungo periodo è stato disastroso per i lavoratori in quanto hanno
ottenuto un salario reale identico a prima senza ricevere nessun aumento, il
tasso di disoccupazione naturale di equilibrio è aumentato (più disoccupati) ed
è aumentato il livello dei prezzi.

Le virtù della moderazione salariale: supponiamo


che i lavoratori siano diventati più moderati e che
riducano la loro conflittualità, questo
graficamente si rappresenta con una traslazione
verso il
basso della curva del salario domandato.
Ora, in corrispondenza dei livelli di equilibrio
naturale iniziale, della disoccupazione e del
reddito, i lavoratori domandano un salario reale
inferiore da quello offerto dalle imprese.
Pertanto, il mercato del lavoro è di nuovo in una
posizione non di
equilibrio, ossia i livelli iniziali del tasso di
disoccupazione della produzione non sono più
livelli di equilibrio perché in corrispondenza di Un
il mercato del lavoro non è in equilibrio in quanto il salario domandato
differisce da quello offerto. Si innesca un nuovo percorso di aggiustamento
dove si suppone che le imprese non vogliono modificare il mark up, quindi se
diminuisce il salario
domandato dai lavoratori diminuiranno anche i prezzi. Diminuzione di prezzi e
salari che porta ad un aumento del valore reale delle scorte monetarie e quindi
la gente vende moneta e acquista titoli, diminuisce il saggio dell’interesse,
aumentano gli investimenti e di conseguenza la produzione il tutto è
rappresentato graficamente dalla traslazione verso destra della curva AS, il
tutto si ferma in corrispondenza del nuovo punto di equilibrio E’. in
corrispondenza di E’ si ha un livello dell’output maggiore rispetto a quello della
produzione naturale iniziale, si ha un tasso di disoccupazione naturale U’n più
basso rispetto al tasso naturale di disoccupazione iniziale e si ha anche un
livello dei prezzi più basso.

MODELLO CRITICO ALTERNATIVO

Ci sono alcune scuole di pensiero eterodosse che non condividono questo


approccio teorico di Blanchard e in particolare vi è un gruppo di economisti

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“critici” che si rifanno a filoni di pensiero eterodosso come Marx, Keynes o
Minsky che propongono una versione alternativa del funzionamento del sistema
economico. Questo filone degli economisti critici ha conosciuto un suo
momento di notorietà quando aveva pubblicato sul Financial Times nel
settembre 2013 un appello che invocava un drastico cambiamento di rotta
nelle politiche economiche dell’UE per fronteggiare la crisi iniziata nel 2008. Tra
questi economisti critici ci sono degli italiani tra cui Brancaccio, Alfonso, Dani
Rodrik, Kirkman, James Galbraith ecc. Di fatto sono quasi tutti tra i firmatari di
questo appello pubblicato sul Financial Times nel 2013. Questa scuola degli
economisti critici propone un modello macro economico diverso da quello di
Blanchard, formula una critica al modello mainstream di Blanchard-

Curva AS: equilibrio mkt del lavoro(intersezione domanda e offerta di lavoro)


Curva Ad: equilibrio mkt dei beni e della moneta .

Questi sottolineano come il modello AS-AD di Blanchard poggi su due pilastri


teorici principali:

1- Il primo è la relazione inversa tra i prezzi e la domanda aggregata il che dà


luogo ad una curva della domanda aggregata AD decrescente.
2- L’altro caposaldo del modello e’ il carattere esogeno del markup µ e del
parametro di conflittualità Z e l’esogenita’ di questi due parametri che da luogo
ad una retta del salario offerto dalle imprese e ad una curva del salario
domandato dei lavoratori che sono insensibili alla contrattazione tra imprese e
lavoratori.

E’ l’ipotesi di una curva AD decrescente ad implicare che le variazioni dei prezzi


garantiscono sempre l’aggiustamento spontaneo del sistema verso livelli di
equilibrio corrispondente alla produzione naturale Yn e al tasso naturale di
disoccupazione . Se il tasso di disoccupazione e’ maggiore del tasso naturale
ne consegue che diminuisce il livello dei prezzi, aumenta il valore delle scorte
di moneta , al gente si libera delle scorte eccedenti di moneta e acquisti titoli,
aumentano i prezzi dei titoli e diminuisce il tasso di interesse, la sua
diminuzione provoca un aumento degli investimenti cha a sua volta attraverso
il moltiplicatore provoca un aumento della produzione e questo percorso di
aggiustamento prosegue sino a quando non si ritorna all’equilibrio naturale,

Le basi della critica alla AD decrescente sono principalmente due:

- la diminuzione del livello dei prezzi (causa allentamento dal sistema


dell’equilibrio naturale) e il conseguente aumento del valore reale delle
scorte di moneta non provocano necessariamente una diminuzione del tasso
di interesse. Questo perché se gli speculatori sono convinti che in futuro il
prezzo dei titoli sia destinato a cadere gli operatori eviteranno di comprare
titoli anche se le loro scorte di moneta eccedono ciò che loro necessita per
finanziare le transazioni. Quindi sul mercato monetario puo’ verificarsi una
situazione di TRAPPOLA DELLA LIQUIDITA’ e inoltre le aspettative degli
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speculatori sono stabili per cui non e’ detto che al diminuire del tasso di
interesse gli speculatori aumentino la loro domanda di titoli. Ma non e’ detto
che un aumento del valore reale delle scorte di moneta comporti una
diminuzione del tasso di interesse. Tuttavia se il tasso di interesse
diminuisse non e’ detto che aumentino gli investimenti.
- la politica monetaria diventa inefficace. Questi economisti critici preferiscono
rappresentare la curva AD come una retta verticale.

Ma perche’ al curva AD viene rappresentata come una retta verticale?


Rappresenta che l’effetto dei prezzi sull’andamento della domanda aggregata e’
in realta’ indeterminato.

CRITICA AL CARATTERE ESOGENO DI z e µ

Gli economisti critici criticano anche il carattere esogeno dei parametri z e µ


sul mercato del lavoro. Sostengono che questi due parametri non sono esogeni
ma dipendono dai rapporti di forza tra le classi sociali e dalle relazioni
industriali tra sindacati e gli imprenditori.

Se i rapporti di forza sono favorevoli ai lavoratori (sindacato molto forte), z


sarà considerato esogeno e µ diventerà endogeno e pertanto in questo caso se
è µ a diventare endogeno sarà la retta orizzontale del salario offerto dalle
imprese ad adeguarsi al salario richiesto dai lavoratori.
Se i rapporti di forza sono favorevoli alle imprese sarà µ(marc up) ad essere
endogeno e z a diventare esogeno e pertanto sul piano grafico sarà la curva
del salario richiesto dai lavoratori ad adeguarsi al salario offerto dei lavoratori.

Un punto importante dell’argomento di questi economisti critici è il fatto che µ


(mu) e z possono modificarsi di continuo e che almeno uno di essi debba
essere considerato endogeno elimina qualsiasi possibilità di un equilibrio
naturale.

Per gli economisti critici


l’equilibrio è rappresentato da
questo grafico, qui c’è la retta
verticale AD che interseca la
curva dell’offerta aggregata AS
in corrispondenza di un livello di
equilibrio al quale corrisponde
un tasso di disoccupazione di
equilibrio che viene indicato con
u.
La sequenza che conduce
all’equilibrio è diversa da quella
di Blanchard, qui ora si parte dal
livello della domanda aggregata
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e dalla corrispondente posizione della curva AD, determinato il livello del
reddito Y e determinata la posizione di equilibrio u, sarà la forza relativa dei
lavoratori delle imprese a stabilire quale delle due variabili u e z dovrà
maggiormente adeguarsi all’altra.
Per Blanchard le variabili u e z erano esogene, erano date e determinavano la
posizione della curva del salario domandato e della retta del salario offerto da
cui derivava il tasso di disoccupazione naturale in corrispondenza del quale poi
si sarebbe anche determinato il livello della produzione naturale.
Qui invece il meccanismo di concatenazione è opposto perché u e z sono le
variabili che vengono determinate endogenamente per ultime, prima per
Blanchard u e z sono i parametri esogeni fissati ex ante dal cui livello poi
deriva la determinazione dei valori di equilibrio naturale del tasso di
disoccupazione e dell’output, qui ora non esiste equilibrio naturale ma si
determina una posizione di equilibrio dalla quale derivano i livelli
endogenamente determinati dei parametri u e z.

Questo modello critico


alternativo ha due
implicazioni :

•il primo è che qui non c’è


alcun meccanismo di
aggiustamento spontaneo
verso l’equilibrio, anche qui si
parte da una posizione di
equilibrio iniziale
corrispondente ai punti E sul
mercato del prodotto ed N sul
mercato del lavoro, se si
verifica il solito shock esogeno
negativo che porta ad una
diminuzione degli investimenti si riduce la domanda aggregata e si ha una
traslazione verso sinistra della retta AD che passa ad AD’. In corrispondenza
di questa traslazione a sinistra della curva AD diminuisce l’output e aumenta
la disoccupazione che passa da u ad u’. il mercato del lavoro non è più in
equilibrio perché il salario domandata è inferiore al salario offerto dalle
imprese e di conseguenza se le imprese non variano il mark up, le imprese
diminuiranno i prezzi che porteranno ad una diminuzione dei salari e si
innesca una spirale verso il basso tra prezzi e salari. A questa spirale verso il
basso tra prezzi e salari corrisponde una transazione verso il basso della
curva AS, tuttavia, il fatto che ora AD sia verticale e non più decrescente fa si
che a questa traslazione verso il basso della curva AS non corrisponde più
alcun effetto espansivo della curva AD.

• L’ultimo punto sul quale insistono questi economisti critici è che le politiche
economiche espansive possono avere un effetto permanente sull’equilibrio.
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Si suppone di partire da
una posizione di equilibrio
iniziale corrispondente al
punto E sul mercato del
prodotto e al punto N sul
mercato del lavoro.
Supponiamo che il governo
aumenti la spesa pubblica
con l’obiettivo di ridurre il
tasso di disoccupazione e
graficamente questo si
rappresenta con una
traslazione verso destra della
retta AD verticale e si
determina un nuovo livello
della produzione Y’ e un
nuovo livello del tasso di disoccupazione u’.
Tuttavia, la riduzione del tasso di disoccupazione rende i lavoratori più forti sul
mercato del lavoro e rivendicheranno un salario più alto di quello offerto dalle
imprese. A questo punto supponendo che le imprese non intendano diminuire il
mark up le imprese saranno indotte a scaricare l'aumentato livello del salario
monetario sui prezzi e si innesca la solita spirale crescente di prezzi e salari
che a sua volta genera uno slittamento verso l’alto della curva AS. Tuttavia,
visto che la curva AD ora è verticale l'aumento del livello dei prezzi non ha
alcun effetto depressivo certo sulla domanda e sulla produzione. Il sistema
resta ancorato al nuovo livello della produzione Y’ e al nuovo livello del tasso di
disoccupazione u’. Pertanto, la manovra di politica economica espansiva
ha avuto un effetto permanente sulle variabili reali, per quanto la curva AS si
sposti verso l’alto il settore reale non si schioda dai nuovi livelli Y’ e u’.

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