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MICROECONOMIA

DEFINIZIONE E CONTENUTO DELL’ECONOMIA POLITICA


L’economia politica nasce nel 1776 con l’opera di Smith “la ricchezza delle
nazioni”. Il 1776 non è un anno casuale, infatti, è l’anno della dichiarazione
d’indipendenza degli Stati Uniti d’America, 100 anni dopo la rivoluzione
industriale e poco prima della rivoluzione francese. In tutto ciò infatti Smith
nella sua opera si rifà molto alle società industriali.
Il concetto di economia politica è “leggi della società”, in sostanza si riferisce al
buon mantenimento di carattere economico della società.
I primi segni dell’economia politica si videro nel medioevo quando erano visti
in maniera negativa l’usura e l’applicazione dei tassi di interesse nelle
obbligazioni. Tra il XV e XVI secolo si svilupparono le Banche che trovarono
pieno compimento con l’arrivo della rivoluzione industriale. Con quest’ultima
si sviluppò la produzione di massa. Smith da una definizione di politica
economica vale a dire: “LEGGI CHE REGOLANO LA PRODUZIONE E LA
DISTRIBUZIONE DEL REDDITO E DELLA RICCHEZZA”.
Robbins invece intende tale materia come “UNA SCIENZA CHE STUDIA COME
MEZZI SCARSI SI POSSONO COMBINARE TRA LORO PER CONSEGUIRE
DETERMINATI OBIETTIVI.”

MICROECONOMIA E MACROECONOMIA
L’economia politica viene divisa in 2 branchie fondamentali: La Micro e la
Macroeconomia. La Microeconomia studia tutto ciò che ha a che fare con la
produzione, il mercato e come viene distribuito il reddito tra i vari soggetti che
favoriscono la produzione. La Macroeconomia invece studia il reddito
nazionale e la sua variazione nel tempo, la variazione dei prezzi e l’inflazione e
infine anche ciò che è la moneta e i suoi costi. Solitamente vi sono dei
rapporti importanti tra micro e macro, di fatto molto spesso l’intervento del
singolo con il proprio reddito fa incrementare il reddito nazionale. Secondo la
teoria Keynesiana molto smesso non è così, vi sono infatti casi particolari dove
un reddito non influisce nella macroeconomia, infatti una famiglia si ritroverà
a pensare al proprio singolo interesse e non alla collettività.
IL METODO SCIENTIFICO DELL’ECONOMIA
L’economia è, fra tutte le scienze sociali, la più esatta. Le teorie economiche
hanno un forte risalto anche nelle idee politiche. L’esempio più importante è
Marx che si è basato sulla teoria economica di RICARDO. Altri segnali
dell’esattezza dell’economia sono stati dati dal filosofo POPPER, secondo lui
infatti “UNA LEGGE ECONOMICA E’ TALE QUANDO SIA VERIFICABILE E
CONFUTABILE”. Infatti se la verifica empirica conferma l’ipotesi diventa legge
economica, se invece la verifica empirica conferma solo parzialmente l’ipotesi
teorica, si dovrà modificare quest’ultima per renderla verificabile nella sua
totalità. Ovviamente come succede per tutte le leggi, anche quelle
economiche possono essere modificate nel tempo.

SISTEMA ECONOMICO E ECONOMIA MONETARIA.


L’economia monetaria ha origini molto antiche. Nell’antichità come moneta
venivano usati gli oggetti, il BARATTO. Le prime attività economiche si
basavano sulla pastorizia per produrre dei beni tramite attività produttive. In
ogni caso questa produzione si basava su un bene soltanto facendo sì che
l’altro bene fosse, suo malgrado, scarso. L’esempio del libro è fondamentale
infatti K1 si trova più in alto nella curva perché più prodotto rispetto a K2. La
vera svolta per la produttività ci fu con la rivoluzione industriale. Con questa
rivoluzione si introdussero diversi macchinari capaci di produrre in maniera
molto più elevata, massimizzando quindi i profitti. Anche per quanto riguarda
la forza lavoro c’è stata un’espansione, infatti i contadini si spostarono
dall’agricoltura all’industria non solo per lavorare, ma per guadagnare da
vivere. Esempio emblematico di questa rivoluzione industriale è quello di
SMITH con gli SPILLI, infatti prima un singolo operaio riusciva , senza le
macchine a produrre 20 spilli in un giorno, con l’aiuto delle macchine 10 operai
potevano produrre 48mila. Ad oggi possiamo
distinguere 3 settori fondamentali: L’AGRICOLTURA, L’INDUSTRIA E I SERVIZI.
Negli ultimi decenni in Italia si è visto come l’agricoltura si sia abbassata
parecchio a vantaggio degli altri settori. L’industria infatti ha avuto un
incremento clamoroso soprattutto nelle regioni del nord. Riguardo poi ai
servizi offerti vi sono sia quelli pubblici che privati.
LA SOVRANITA’ DEL CONSUMATORE
Uno dei punti fondamentali dagli economisti classici fu quello della
SOVRANITA’ DEL CONSUMATORE.
Nella concezione TRADIZIONALE il consumatore era sovrano assoluto su ciò
che voleva acquistare, in sostanza il BENE E’ CIO’ CHE SODDISFA IL
CONSUMATORE e quest’ultimo è nettamente sovrano.
Nella TEORIA CLASSICA E NEOCLASSICA però il consumatore viene visto come
un soggetto che non gode di piena sovranità, infatti è oggetto di ASIMMETRIA
INFORMATIVA. Le informazioni sono così, nel prodotto da acquistare, non
complete. Il consumatore quindi non è capace di conoscere il bene nella sua
interezza. Altro elemento di disturbo per la scelta del consumatore sono i
MASS-MEDIA che tramite pubblicità influenzano la scelta. Unica soluzione
sarebbero delle leggi ad hoc che vanno a tutelare il consumatore.

BISOGNI, BENI E SERVIZI E CLASSIFICAZIONE DI BENI.


Fanno parte dei Bisogni le ESIGENZE cioè tutti quei beni che sono necessari per
vivere. Sono beni materiali i BENI e invece sono Beni Immateriali i SERVIZI.
Questi ultimi si possono ottenere tramite una DOMANDA e hanno un PREZZO.
Tra le classificazioni principali vi sono i BENI ESSENZIALI (cioè quelli che
servono per mantenersi in vita) e BENI NON ESSENZIALI.
BENI PUBBLICI E BENI PRIVATI: I beni pubblici sono quelli a cui tutti possono
accedervi senza alcuna distinzione di reddito, i beni privati invece sono quei
beni che possono essere scelti dal singolo. Vi sono poi i beni MERITORI, vale a
dire quei beni che passano dal privato al pubblico ma soprattutto che vanno a
tutelare tutti. Il bene principale però è la
MONETA.
LE CAUSE DELLO SVILUPPO E DEL DECLINO DELLE NAZIONI
Per gli economisti classici come Ricardo lo sviluppo c’è stato con la nascita del
sovrappiù vale a dire il PROFITTO. Per i neoclassici invece lo sviluppo c’è stato
grazie al reddito del singolo che, investito, accresceva il capitale.
Il capitalismo però nasce con molto ritardo in Italia. In inghilterra nacque
grazie ad una legislazione favorevole sulla libera concorrenza mentre
l’iniziativa imprenditoriale apparteneva solo al SOVRANO. Secondo Gramsci vi
è un retaggio di diversi istituti legislativi ancora oggi vigenti come NOTAI,
FARMACISTI E DIRITTI DI LICENZA. Ancora secondo Gramsci
un ritardo del capitalismo ci fu anche grazie al ritardo della riforma agraria, a
favore dei contadini che avrebbe allargato notevolmente il mercato. Al
momento dell’unificazione l’ITALIA era divisa in 2 PARTI, la parte del nord che
viveva in ottica europea e la parte del sud che viveva con un capitale fisso
sociale inesistente.
Il ritardo dello sviluppo industriale in Italia dunque fu per il ritardo del
Mezzogiorno.
La crisi del 29 aveva portato a rischio la chiusura di molte imprese anche se,
questa crisi si fece sentire meno in Italia. Fu, nel 33, durante l’epoca fascista,
istituito L’IRI cioè una tassa sulle partecipazione azionarie. Con l’IRI lo stato
voleva andare a capitalizzare le imprese private che non ce l’avrebbero fatta
ad andare avanti. In sostanza si andava a rendere pubbliche diverse imprese.
Negli ultimi anni però molte di queste sono state soggette alla privatizzazione,
tra queste troviamo L’ENI e la TELECOM e alcune banche.
Lo scioglimento dell’IRI E’ STATO NEL 2000 grazie anche all’entrata in vigore
del trattato di MAASTRICHT e alle clausole da esso dettate. Nel 2002 entrò in
vigore la moneta unica, con la quale l’Europa andò a liberalizzare il mercato.
QUALI SONO PERO’ LE CAUSE DELLO SVILUPPO E DEL DECLINO DELLE
NAZIONI? Sostanzialmente le cause sono le ISTITUZIONI che hanno governato
e che ancora oggi governano. Altra causa è L’EVOLUZIONE SOCIALE differente
tra NORD E SUD e la presenza o meno di RICCHEZZE NATURALI (ESEMPIO DEL
SUDAFRICA).

L’UTILITÀ DELLA DOMANDA


Riguardo l’utilità della domanda abbiamo 2 tipi di essa:
Utilità ordinale e Utilità Cardinale. Entrambe si basano sulla soddisfazione del
consumatore ma l’utilità cardinale si basa sull’attribuzione di un livello di
utilità in base al consumo. Quindi potrà, il consumatore, dare un numero
esatto di utilità al bene. E’ quindi MISURABILE e QUANTIFICABILE.
Nell’utilità ordinale invece il consumatore farà un “ordine” basato sulla
soddisfazione che avrà del bene, quindi non sarà MISURABILE E
QUANTIFICABILE
L'UTILITA’ MARGINALE è l'incremento di utilità conseguita a seguito di una
piccola variazione nella quantità consumata di un bene. Partendo dal
presupposto ottocentesco che l'utilità sia misurabile ( utilità cardinale ), il
consumo di un'ulteriore unità di un bene apporta un incremento dell'utilità
totale del consumatore in proporzione inferiore rispetto alla precedente. La
funzione dell'utilità marginale può essere rappresentata tramite un grafico
con andamento decrescente all'aumentare della quantità consumata.
ESEMPIO DI UTILITA’ MARGINALE: Un individuo che si trova a sostare nel
deserto sente il bisogno impellente di bere un bicchiere d’acqua, per il quale,
pur di soddisfare una reale necessità è disposto a pagare 10€. Soddisfatto in
parte tale bisogno, per il secondo bicchiere, necessario ma non indispensabile,
esso sarà invece disposto a pagare 8€ e ancora per il terzo, quasi superfluo 5€.
Soddisfatto completamente il bisogno, l’individuo non necessiterà più di
acquistare un ulteriore bicchiere d’acqua e in questo caso l’utilità marginale
legata ad esso risulterà nulla.
ELASTICITA’ DELLA DOMANDA. La domanda è ELASTICA quando all’aumentare
del prezzo la quantità domandata del bene diminuisce, E’ RIGIDA quando
invece all’aumentare del prezzo la quantità domandata sarà sempre uguale.

TEORIA DELLA PRODUZIONE


Con il termine produzione si intende l’attività diretta a fornire beni e servizi
che soddisfano gli interessi del consumatore. Per avere un processo di
produzione servono degli inputs. Il più
importante è il LAVORO DELL’UOMO. Poi abbiamo i beni capitali (cioè i
macchinari) e i beni semi-lavorati, LE RISORSE NATURALI e infine L’ATTIVITA’
IMPRENDITORIALE. La teoria
della produzione si basa quindi sulla capacità di incorrere a prezzi per averne
poi un profitto. Gli inputs
possono essere FISSI o VARIABILI. Fissi se non possono essere cambiati nel
corso del tempo, Variabili se possono invece essere modificati. FISSI sono gli
inputs utilizzati nel breve periodo, VARIABILI sono nel lungo periodo.
LA LEGGE DEI COSTI CRESCENTI E DECRESCENTi: In base a questa legge vi è un
Prodotto totale, una produttività media e una produttività marginale in base al
numero di operai.
Numero Produtt. Produttività Produttività
operai Totale media marginale
1 10 10 10
2 24 12 14
3 39 13 15
4 52 13 13
5 60 12 8
6 66 11 6
7 63 9 -3

LA DISTRIBUZIONE DEL REDDITO CAPITOLO 5


Quando si parla della distribuzione del reddito di intende come viene ripartito
il reddito tra i diversi soggetti del processo economico. Gli
economisti classici erano dell’idea che vi fosse una DIVISIONE IN CLASSI.
 Al primo gradino ci sono I LAVORATORI che percepiscono un salario, per
mantenersi in vita.
 Nel secondo gradino vi sono i CAPITALISTI-IMPRENDITORI che gestiscono
il processo produttivo e basano tutto il loro interesse sulla produttività
con l’obiettivo di massimizzare il profitto.
 Vi sono poi coloro che affittano i terreni, che ricevono una rendita.
Unica classe produttiva quindi sono i LAVORATORI che produranno anche il
SOVRAPIU’, cioè un carattere residuale da RIPARTIRE TRA PROPIETARI
TERRIERI E CAPITALISTI.
Per i Neoclassici la distribuzione ha caratteristica di SCARSITA’, vale a dire che
la scarsità delle risorse determina i prezzi. Inoltre si basano sulla produzione di
beni di consumo. VIGE LA LIBERA CONCORRENZA
TEORIA DELLA DISTRIBUZIONE DI RICARDO. Anche secondo Ricardo è
importante la divisione in classi. Importanti sono i lavoratori che sono coloro
che producono, ricevono un salario e vivono con quello. I proprietari terrieri
non sono una classe ma ricevono parte del sovrapiù che è divisa con
l’imprenditore. Per l’imprenditore il sovrapiù rappresenta il profitto.
Secondo la teoria ricardiana vi è un solo bene, il grano, dove però il terre
hanno diversa fertilità arrivando infine, col crescere della popolazione ad
avere sempre meno fertilità con prodotto appena sufficiente. In questo caso
tutto il prodotto andrà ai salari,non vi è profitto e il sovrapiù va alle rendite.
Da questa teoria si può capire come la forza lavoro sia la cosa più importante.
Anche Marx è dell’idea che il soggetto per poter vivere debba vendere la
propria forza lavoro.
TEORIA DELLA DISTRIBUZIONE BASATA SULLA PRODUTTIVITA’ MARGINALE.
Bisogna moltiplicare la produttività fisica di un fattore per il prezzo del bene
che produce. Si otterrà così la produttività marginale. Si avrà perciò un legame
tra prezzo del fattore e prezzo del bene. In ogni caso lavoratore e imprenditore
lavoreranno per massimizzare il loro benessere personale.
IL SALARIO. Il salario è ciò che riceve il lavoratore per prestare la sua forza
lavoro. Per Marx il salario è ciò che un disoccupato accetterebbe seppur
minimo. Vi è quindi un economia capitalistica. Per i
neoclassici invece il salario è un prezzo basato dall’interagire di domanda e
offerta di lavoro.
IL PROFITTO. Per i classici il profitto è un reddito residuale che va al
proprietario del capitale. Non vi è nessuna distinzione tra imprenditore e
capitalista in quanto si assumono i rischi di eventuali perdite. Anche per Marx
è un reddito residuale. Invece
per i neoclassici vi è distinzione tra colui che fornisce il capitale e colui che è
imprenditore. Per essi infatti il profitto è una remunerazione di una particolare
attività lavorativa. Il profitto inoltre è
collegato ai vari fattori che vengono utilizzati per la produzione. Ad esempio se
oggi un imprenditore producesse tv con tubo catodico come 10 anni fa, questi
fallirebbe in quanto si utilizzano nuove tecnologie come il 3D. In sostanza
dunque il profitto si basa anche sulla capacità dell’imprenditore di immettere
innovazioni al prodotto, cioè migliorarlo di qualità.
LA RENDITA. Per i classici La rendita è in connessione con l’uso della teorra.
Tipico quindi dei proprietari terrieri e dell’uso della loro terra. Per Ricardo si
basa tutto sulla fertilità del terreno, meno questo è fertile meno sarà il ricavo
del proprietario terriero. Per i neoclassici invece la
rendita è un CORRISPETTIVO versato per l’uso della terra o dei beni immobili.
L’INTERESSE. L’interesse è il PREZZO D’USO DEL CAPITALE MONETARIO,
bisogna però distinguere 2 teorie: Quella classica e quella keynesiana. La
teoria classica va a definire l’interesse come una remunerazione. Di fatto è una
rinuncia al consumo nel presente per un consumo futuro. Esempio: 100 euro
che tra un anno, con tasso di interesse del 10% diventeranno 110.
Per keynes invece è una variabile monetaria infatti l’interesse si avrà nel punto
di incontro tra domanda e offerta di MONETA.

LE FORME DI MERCATO
CONSIDERAZIONI GENERALI. Quando si parla di forme di mercato parliamo di
tutto ciò che a che fare con le imprese e il loro potere di vendita. Innanzitutto
bisogna fare la differenza tra industria e impresa. La prima è l’insieme di tutte
le imprese che vanno a produrre un determinato prodotto. Esempio l’industria
della moda, dove vi sono poi tutte le varie imprese che hanno un Brand.
Importante è da considerare l’Idea di SMITH e la sua TEORIA DELLA MANO
INVISIBILE vale a dire che un privato facendo il proprio interesse porterà
vantaggi all’intera collettività.

LA CONCORRENZA PERFETTA. Nella concorrenza perfetta è importante andare


a stabilire quali sono i requisiti principali. ESSI SONO: Libertà
di entrare nel mercato per tutti gli imprenditori. Tutti
vendono lo stesso tipo di prodotto, anche in qualità.
Tutti vendono allo stesso prezzo.
E’ facilmente intuibile come questo tipo di forma di mercato è difficilmente
applicabile. Di fatto però il punto di equilibrio della concorrenza perfetta è IL
PUNTO D’INCONTRO TRA DOMANDA E OFFERTA.
Alla concorrenza perfetta va aggiunto le possibili variabili che il consumatore
non tiene conto. E’ vero che vi sono più imprenditori, ma, tenendo conto
magari di un prezzo leggermente più basso, si preferisce acquistare da chi
magari è più lontano senza pensare alle spese di trasporto.
IL MONOPOLIO. Il Monopolio è la forma di mercato dove vi è un unico
venditore. Vi può essere monopolio di due tipi: LEGALE E NATURALE. Il
monopolio legale si ha quando un soggetto registra un brevetto che quindi
sarà l’unico ad avere profitto e a venderlo. Quello Naturale invece si ha per
esempio quando vi è un acqua dalle speciali caratteristiche curative.
Il monopolista ha la possibilità di stabilire il prezzo e stabilire la quantità
offerta. Non è a conoscenza però della domanda, in quanto dato esogeno. Può
però influenzarla con l’utilizzo per esempio della pubblicità.
In definitiva, compito del monopolista è quello di MASSIMIZZARE IL PROFITTO.
Il punto per capire il profitto è dato dal punto d’incontro tra COSTO
MARGINALE E RICAVO MARGINALE O UNITARIO.
Importante è anche la differenza di prezzo che si trova in ITALIA e all’estero. Di
fatto molto spesso il prezzo all’estero è più basso. Questo prende il nome di
DUMPING.

CONCORRENZA IMPERFETTA O MONOPOLISTICA. La concorrenza imperfetta è


una forma di mercato intermedia tra la concorrenza e il monopolio. È la forma
di mercato che più si avvicina alla realtà. Nei sistemi economici i mercati non
hanno quasi mai le caratteristiche di un mercato di concorrenza perfetta in
quanto le merci non sono omogenee e ogni impresa può adottare una
strategia di differenziazione del prodotto, reale o percepita, per ridurre il
grado di concorrenza delle altre imprese. I prodotti offerti sul mercato da
ciascuna impresa sono simili tra loro. La differenza di prodotto può essere
oggettiva, ad esempio caratteristiche fisiche differenti dei prodotti, oppure
essere soltanto percepita dai consumatori ( brand, confezione, pubblicità,
ecc. ). Questa forma di concorrenza è detta concorrenza imperfetta. Ogni
impresa si comporta in modo simile a un monopolista in quanto deve
soddisfare una domanda di mercato dedicata. Per tali ragioni la concorrenza
imperfetta è detta anche concorrenza monopolistica. L'equilibrio di breve
periodo di un'impresa in regime di concorrenza imperfetta può essere
rappresentato in un diagramma cartesiano in modo simile all'equilibrio di
monopolio. In regime di concorrenza imperfetta l'impresa ha l'obiettivo della
massimizzazione del profitto che persegue eguagliando il costo marginale ( CM
) al ricavo marginale ( RM ). Ciò accade nel punto M. L'uguaglianza del costo e
del ricavo marginale determina il prezzo di vendita del bene ( p ) e,
indirettamente, l'extra-profitto dell'impresa ( area verde ). L'extra-profitto è
pari alla differenza tra il prezzo di vendita ( p ) e i costi medi di produzione ( CU
), moltiplicata per la quantità venduta del bene ( q ). La rendita dell'impresa è
simile a quella ottenuta in un mercato di monopolio.

OLIGOPOLIO. Poche imprese di grandi dimensioni che producono lo stesso


prodotto. In questo caso il prezzo è determinato dai produttori ed è quasi
simile tra loro. Qualora un impresa alzasse troppo il prezzo finirebbe fuori
mercato a vantaggio delle altre imprese. Nell’Oligopolio
inoltre vige una politica degli ACCORDI DI CARTELLO o Mark UP dove le
imprese vanno a decidere un limite di prezzo in maniera tale che tutti possano
avere un profitto.

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