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PUBBLICITÀ E MARCA

1  Condizioni e condizionamenti del consumo 

Il consumo costruisce le nostre identità. La pubblicità permette al consumo di funzionare, invece la marca è la componente essenziale
e necessaria per formare una potente miscela comunicativa. La pervasività del consumo e la sua onnipresenza nelle nostre vite, ci
toglie certamente una parte delle nostre libertà, non abbiamo la libertà di consumare, non abbiamo la libertà di scegliere senza
condizionamenti.
Sono stati sin dal 1950 da Leibenstein tre possibili meccanismi di influenza sociale, le motivazioni che spingono gli individui a
scegliere un prodotto, e in generale a consumare secondo un determinato profilo, non sono mai scevre da condizionamenti.
Il primo è il famoso effetto valanga, vale a dire il bandwagon effect, funziona grazie a una motivazione di tipo conformistico: si
adotta un determinato modello di consumo con maggiore frequenza tanto maggiore è la sua diffusione nel contesto sociale a cui
appartengono gli individui che poi saranno soggetti a tale effetto.
L’effetto snobistico, o snob effect, che si basa su motivazioni opposte rispetto a quelle dell’effetto valanga, la motivazione è
anticonformista, lo snob effect rende un modello di consumo desiderabile se è poco diffuso nel gruppo sociale di riferimento, oppure
lo rende desiderabile proprio perchè è poco diffuso.
Il terzo condizionamento è l’effetto Veblen, finalizzato a certificare lo status socioeconomico dell’individuo e la sua posizione sulla
scala sociale, spiega come un possibile condizionamento, al consumo può derivare dal fatto che l’acquisto di tale bene pone
l’acquirente in uno status sociale elevato.
Da un altro punto di vista possiamo tenere in considerazione i tre tipi di capitale in possesso dell’individuo e di cui argomenta
Bourdieu in “La distinzione” del 1983: il capitale economico, il capitale culturale e il capitale sociale. il primo ha a che fare con la
disponibilità finanziaria, il secondo invece riguarda il suo bagaglio di conoscenze e di cultura, il terzo concerne la quantità e la
qualità delle sue relazioni sociali.
La combinazione di capitale economico, capitale culturale e capitale sociale costituisce il profilo del gusto e quindi il profilo delle
scelte del consumo. I nostri gusti non sono liberi ma il risultato di un complesso di fattori, economici, culturali e sociali.

2 La pubblicità e la marca
Le nostre scelte sono sempre predeterminate a causa delle diverse tipologie di condizionamento e dalla pubblicità. La pubblicità
moderna, nata negli anni Trenta a New York, ha vissuto un processo di evoluzione che ha posto al centro degli spazi sociali e dei
mercati la marca 

2.1 La marca e il prodotto


La differenza tra marca e prodotto è data dal fatto che il secondo non contiene la mediazione mediatica, vale a dire la comunicazione
del prodotto sotto forma di messaggio pubblicitario e la costruzione di un mondo di significati attorno al prodotto. Il prodotto si
ottiene, o meglio è ciò che rimane, quando alla marca si toglie la pubblicità, qualsiasi marca a cui viene tolta la comunicazione
pubblicitaria può in qualunque momento ritornare a essere un mero prodotto.
Tra marca e prodotto si inserisce il “valore di comunicazione” che fornisce la differenza qualitativa in termini di notorietà di marca
(brand awareness), di fedeltà di marca (brand loyalty), di immagine e identità di marca (brand positioning), di descrizione e profilo
delle caratteristiche della marca (brand profile) e, infine, di valore della marca (brand equity).

2.2 Appunti per una storia della marca 


Una storia delle marche si potrebbe suddividere in cinque fasi, una prima che nasce in Italia a partire all’incirca dagli anni Cinquanta,
mentre prende le mosse più o meno due decenni prima negli Stati Uniti. In quegli anni si i inizia a parlare di società dei consumi.
Negli Stati Uniti nascono i centri commerciali, in Italia è da poco iniziato il “periodo della ricostruzione”. L’Italia era uscita distrutta
dalla Seconda Guerra Mondiale, in pochi anni ha la voglia di ricostruire, tutto questo culminerà nel cosiddetto “boom economico”. E’
in quel periodo dal 1950, che possiamo collocare la prima marca della marca moderna, che vede il settore alimentare come principale
promotore.
Barilla torna da un viaggio in America con molte idee nuove per distribuire la sua pasta che comincerà ad essere richiesta per nome
dei consumatori, dando così inizio al primo caso italiano moderno di marca. 
Barilla aveva scoperto che negli Stati Uniti esistevano dei Supermarket, dove la gente acquistava prodotti già confezionati, le
confezioni erano splendenti, luccicanti, attraenti.
Al suo ritorno in Italia, Barilla decide di confezionare la pasta in maniera tale da non farle perdere nessuno di quei requisiti di qualità
e di quei valori di genuinità posseduti dalla pasta sfusa.
Dal 1952 al 1960, l’architetto Ernesto Carboni viene chiamato da Pietro Barilla per costruire l’immagine coordinata della marca.
Deve disegnare il marchio, pensare alla confezione, studiare gli annunci pubblicitari e anche progettare i primi dispenser. Si dà avvio
a una timida trasformazione del sistema distributivo, il dispenser in ferro con decine di scatole di pasta Barilla sopra.
Si gettano così le basi per la moderna distribuzione, caratterizzata dalla peculiarità di rendere superfluo il rapporto con il dettagliante
e di mettere direttamente in contatto la marca con il consumatore. Si dà avvio a quel rapporto diretto marca-consumatore.
Questo periodo di nascita e crescita della marca dura fino alla fine degli anni Sessanta, quando due colpi avvia la seconda fase. Il
primo colpo le viene dato dalle critiche al consumo che vede nelle marche l’esempio della capacità di manipolazione dei mezzi di
comunicazione di massa. I consumi, e le marche sono responsabili dell’appiattimento del gusto.
In quegli anni un certo benessere economico si era raggiunto anche in Europa e si cresceva più sani e istruiti; emerge un nuovo
soggetto sociale dotato di strumenti per comprendere e criticare: il giovane.
Il secondo colpo alla marca lo assesta la crisi petrolifera del 1973, che costringe gli italiano a passare le domeniche a piedi per
risparmiare sui consumi petroliferi, le marche non sembrano più improvvisamente in grado di attirare i consumatori. Non si cerca più
di estendere la linea di marca con nuovi prodotti, non nascono nuove marche.
Eppure il 1973, che segna il declino della marca è al contempo anche l’anno della sua riscossa. Si inizia a pensare, all’interno di
Barilla, a una nuova marca, che nasce inizialmente da un’idea di estensione del prodotto, Barilla fa la pasta e può benissimo fare
anche i biscotti. ma che ben presto definirà la sua autonomia, si tratta di Mulino Bianco nel 1976 esce il suo primo filmato
pubblicitario. 
La terza fase proseguirà per tutti gli anni Ottanta, si ripristina la centralità delle marche. Con la nascita della radio e delle TV private
a partire dal 1976, si sviluppano enormemente l’industria pubblicitaria.
L’Italia si riempie di merci e di beni di consumo, tutti si affrettano a spendere e a consumare. In questo scenario svolge un ruolo
importante la grande distribuzione.
La quarta fase si inaugura negli anni Novanta e durerà fino al 2008, l’anno in cui la crisi finanziaria arriva in Italia, nascono gli stili
di vita che spiegano meglio i nostri comportamenti e le nostre ispirazioni, ma non muore la  divisione in classi sociali. Il benessere
raggiunto non fa sparire le forti disparità sociali. Si sviluppano i personal computer e si afferma lo spazio infinito di Internet e, in
contrapposizione, sorge un desiderio di intimità e di fuga. Con la globalizzazione tutto appare  portata di mano, ma
contemporaneamente nascono nuove spinte divisionistiche e regionalistiche.
La quarta fase nasce e si sviluppa su questo sfondo, a partire da due fenomeni. si tratta, da un lato, del pieno sviluppo in Italia
dell’insegna di marca, dall’altro, della nascita delle grandi catene di discount  che vendono prodotti unbranded. La crisi della marca
attacca le grandi per le politiche anti umanitarie e sfruttatrici, come ad esempio Nike, vengono accusate di terziarizzare nel terzo
mondo la fabbricazione di loro prodotti, facendo lavorare bambini e bambine, questo va a produrre un crollo di immagine e di
vendite. Per inseguire maggiore profitto si esternalizzano attività che in precedenza erano svolte dall’azienda stessa.
Cedere all’esterno un’attività significa risparmiare ma anche deregolarizzare, togliere all’azienda ogni responsabilità per il lavoro che
si deve eseguire. Gli obblighi non vengono presi in considerazione né dall’azienda che esternalizza né dall’impresa che assume il
compito di esternalizzare. La prima si è tolta il problema; la seconda ritiene che per i pochi soldi del contratto può benissimo
permettersi di compiere il lavoro ai più bassi costi possibili, senza badare alle eventuali conseguenze ecologiche o sociali. In questa
fase la marca subisce, come si diceva, alti e bassi, gli alti riguardano le nuove possibilità distributive fornite da Internet, la nascita
cioè di un modello distributivo non più basato solo sul “brick and mortar” (vale a dire su negozi di mattone e cemento), bensì sul
“click and mortar” dove al negozio tradizionale si affianca il sito Internet, è ciò che viene definito “multichannel” o “omnichannel”.
Nell’ottobre del 2008 si inaugura la quinta fase, la crisi che segue tre step fondamentali. Nasce come crisi finanziaria, vale a dire una
bolla speculativa che scoppia e si riversa sul sistema produttivo. Le aziende non hanno più soldi dalle banche per i loro investimenti.
Contemporaneamente i consumatori scompaiono, le aziende chiudono o licenziano.  La crisi inizialmente finanziaria, poi divenuta
economica, diventa anche sociale. La classe media si impoverisce e la povertà dilaga, dura almeno fino a tutto il 2015.

3 La natura della marca


Secondo Semprini la marca è dotata di tre nature. 
● La natura semiotica indica che la marca nasce per comunicare e per farlo non si accontenta del piano verbale, ma sfrutta
quello visivo con i suoi livelli, figurativo e plastico.
● La natura razionale della marca risiede nella capacità di mettersi in relazione con le persone sia su un piano empatico, sia
su uno più contrattuale. La marca “presenta” il prodotto al consumatore e glielo fa conoscere in modo tale da diminuire i
pregiudizi e ei sospetti. Ogni emozione, ogni desiderio che la marca suscita o procura sono, infatti, a pagamento. La marca
può esaudire desideri, realizzare sogni, procurare emozioni, purché ci sia uno contropartita in denaro.
● La natura evolutiva della marca è ciò che le permette di tenere il passo con i cambiamenti e con le mutazioni che
avvengono nel tessuto sociale e nei mercati. 

4 I principali modelli di analisi 


Costruire un modello significa trovare una spiegazione di un determinato fenomeno o di uno specifico elemento della realtà. Il
modello nasce dall’osservazione di un fenomeno e della costruzione di un’ipotesi esplicativa. Tale ipotesi è il punto d’avvio di un
processo di astrazione. Dall’ipotesi si può derivare una legge e un modello, perché all’ipotesi si possono far seguire una serie di
deduzioni e induzioni che trasformano il caso analizzato in una legge generale. Però il modello non riesce a fornire un’immagine
fedele e completa della realtà. Il modello completo, esaustivo non esiste, perché la realtà è in continua mutazione. I modelli sono
solamente una sorta di reti sperando riescano a catturare qualcosa di interessante. Per questo esistono tante reti differenti, ciascuna
costruita per scopi specifici. La marca è un fenomeno e per questo si sono avvicendati vari e differenti modelli per tentare di
comprenderne il funzionamento e la forza comunicativa.

4.1 Il modello di Aaker


Modello fondato sulle attività e sulle passività, queste attività o passività aggiungono o sottraggono valore al prodotto o servizio
offerto. Le attività e passività sono associate alla marca e operano in cinque contesti o ambiti differenti:
1. fedeltà della marca 
2. notorietà di marca
3. qualità percepita
4. valori associati alla marca 
5. altre risorse di marca come i brevetti, i marchi registrati, la distribuzione in esclusiva ecc…
Queste componenti, quando vengono rubricate sotto voce “attività”, aumentano il valore della marca. L’insieme dei cinque ambiti
costituisce la brand identity, ovvero l’unione delle risorse collegate alla marca che si aggiungono a un prodotto\servizio per renderlo
più appetibile. 
Il nucleo centrale di un marca è, quindi, la sua essenza, la quale viene eseguita da un’identità centrale o di fondo, costituita dai
principali concetti e valori che la definiscono e, infine, da un’identità allargata o estesa che comprendono il profilo della personalità
di marca e gli aspetti estetico-simbolici 
4.2 Il modello di Kapferer
Kapferer è riuscito nell’intento di rinchiudere i molteplici aspetti di questo fenomeno a un tempo comunicativi, economico e di
consumo, all’interno di un prisma i cui vertici, o i cui lati, ne esplicitano ciascuno un aspetto particolare o fondativo. Il suo modello
di intreccia parzialmente con il cosiddetto “triangolo dell’identità “di Brun e Rasquinet, questi due autori hanno individuato il
rapporto intercorrente tra l’identità sognata o immaginata, tipica del discorso strategico (ovvero di quel momento della vita e del
costruzione di una marca in cui si delinea quello che essa dovrà diventare), l’identità attuale della marca e, infine, l’identità accettata
e percepita dall’ambiente. Il modello Kapferer è quello più completo, il primo lato considera gli aspetti fisici della marca, attributi
tangibili, come ad esempio il packaging, il colore del logo oppure il lettering. Accanto troviamo l’aspetto della marca che riguarda la
personalità, ogni marca grazie al discorso pubblicitario che la anima e la sostiene, abbia una propria personalità, un carattere
definito . I contorni psicologici della marca e la comunicazione che ne risulta deve portare alla conoscenza del consumatore
esattamente quelle caratteristiche fisiche e caratteriali. Lo “spazio culturale” influenza sia l’emittente, sia il ricevente della
comunicazione di marca. IL ricevente è un destinatario costruito, i suoi processi di decodifica e di comprensione del messaggio di
marca vengono previsti e prefigurati. La mentalizzazione ha a che fare con ciò che il target deve pensare quando la marca si rivolge a
lui. Il riflesso di marca è il destinatario ideale di essa, colui al quale si rivolge. Il riflesso determina lo statuto del possesso di una
determinata marca. La relazione è il tipo di rapporto che la marca instaura con il destinatario.

4.3 Il modello di Séguéla


Jacques Séguéla teorizzò che la marca doveva essere trattata come una star, non soltanto quindi come una persona, In esso troviamo
individuati solamente tre aspetti della marca: il fisico, lo stile e il carattere. In questo senso il modello di Séguéla esplora parti interne
e invisibili della marca, come il carattere, e  parti esterne, concrete e ben visibili, come il fisico e lo stile. Consiste nel porre la marca
su un piedistallo. Il paradosso consiste nel fatto che, pur essendo così lontana e apparentemente irraggiungibile la marca è al
contempo assolutamente disponibile, consumabile con un semplice atto di acquisto.

4.4 Il modello Semprini 


Andrea Semprini ha proposto un modello di analisi chiamato “progetto\manifestazione”, ritiene che la marca sia troppo vitale,
complessa e mobile per poter essere fissata in un modello che la dissezioni una volta per tutte nei suoi vari aspetti facendoli
interagire. Questi modelli sistemici non tengono conto dell’aspetto dinamico della marca. Occorre considerare l’insieme del processo
di dispiegamento della marca, composto da due momenti distinti: Il momento del progetto di marca, la visione e le intenzioni, nonché
il suo programma e la sua presenza nel territorio, e quello delle manifestazioni della marca che comprende tutte le occorrenze
concrete nelle quali la marca si manifesta al consumatore con suoni, immagini, colori, jingle, facce, gesti, frasi ecc…
E’ un modello dinamico, capace di rendere meglio conto del movimento e del processo che costituiscono la nascita, o sviluppo e
l’affermazione di una marca.
Il punto centrale è che con il progetto di marca si crea l’identità (identity) la quale a sua volta è produttrice di valori (equity). Una
volta che l’identità di marca è stata individuata si può procedere con le manifestazioni della marca.
Ogni narrazione è suddivisa in tre parti: una prima che racchiude i valori utili, ai valori segue il livello dei racconti, i valori di base
vengono organizzati sotto forma di storie. Il terzo livello è quello del discorso, in cui i livelli precedenti dei valori e dei racconti
vengono arricchiti dalle figure del mondo, quindi suoni, colori, forme, oggetti, persone, natura, paesaggi e paesaggi urbani, frasi,
canzoni, musiche, slogan e logo.

4.5 Identità\immagine di marca: un nuovo modello 


Le varie manifestazioni di una marca, il modo in cui questa si presenta al proprio pubblico, risultano dai progetti che hanno dato
l’avvio al complesso della comunicazione di marca. Un processo ben conosciuto dai pubblicitari, noto come “copy analysis”, ovvero
quello per cui è possibile risalire dalla manifestazione espressiva di una marca fino alla strategia che l’ha pensata. Se si studiano le
ultime campagne è possibile andare a ricostruire quel era la copy analysis che ha prodotto la pubblicità, questo perché la potenza
della comunicazione pubblicitaria risiede proprio “nell’effetto tubo”. (pipe effect). il pipe effect avviene in ogni comunicazione
quando quello che viene pensato e progettato, la comunicazione prodotta, giunge direttamente al ricevente, la comunicazione
percepita, come se fosse sparato attraverso un tubo che collega le due estremità. Si verifica soprattutto in pubblicità, l’estrema
attenzione al target, lo studio dei suoi bisogni e dei suoi desideri, la scelta dei tempi, dei modi e dei canali con cui comunicare, sono
le ragioni per cui quella pubblicitaria è più potente e convincente della comunicazione giornalistica, politica ecc…
Tra comunicazione prodotta e comunicazione percepita vi è un canale diretto, nella comunicazione prodotta si ha a che fare con
aspetti riguardanti l’identità, mente in quella recepita si ha a che fare con questioni inerenti all’immagine. 
Il modello concettuale definito “identità\immagine” è già delineato in Ferraresi, prende proprio le mosse dai fondamentali concetti di
identità e immagine che formano l’ossatura portante della marca, il suo patrimonio, se è vero che insieme sono portatori del valore di
marca, la brand equity.
Sia l’identità, sia l’immagine di marca sono in continua intersezione all’interno di una comunicazione di marca e l’uno non può
esistere senza l’altro. Contribuiscono tutti e due a formulare con sempre maggiore precisione e attenzione il dispositivo
comunicazionale di marca, senza che ci sia un prima e un dopo, senza che ci sia un progetto da una parte e una manifestazione
dall’altra.
L’identità di una marca si costituisce prima, durante e dopo le sue manifestazioni, è un processo che nasce, cresce, muta e si
trasforma non solamente quando una nuova marca viene presentata, ma anche quando essa è già in vita e pienamente operante e
produce una certa immagine di chi la recepisce. Il brand building process parte nell’atto di fondazione di una marca, subito però
mescolandosi con l’immagine di marca, a quale a sua volta scaturisce a un tempo sia dalla comunicazione percepita, sia da quella
prodotta. L’identità non è un atto costitutivo né una pura istanza enunciativa.
Risulta errato pensare che l’identità preceda l’immagine, l’identità non può prescindere l’immagine e viceversa, nessuno dei due
elementi definisce da solo se stesso, ma entrambi concorrono a definire la storia comunicativa, economica e di consumo di una
marca.
COME FUNZIONA LA PUBBLICITÀ: TEORIE E MODELLI

1 Per cominciare
La pubblicità è un modo per comunicare, necessita di qualcuno che parli, di qualcuno che ascolti, di qualcosa da dire e di qualcosa
che unisca, che permetta la trasmissione di ciò che si vuole comunicare. Lasswell nel 1948 riassume in maniera molto efficace il
modello comunicativo attraverso la frase “Chi dice che cosa a chi e con quali effetti?”, che trascura il mezzo o il canale, ma introduce
un fattore fondamentale nell’ambito pubblicitario: l’effetto. La comunicazione pubblicitaria, infatti, non ha lo scopo di comunicare,
ma quello di persuadere, di indurre a un determinato comportamento e, generare un certo effetto.

2 Teoria forte o teoria debole?


Se lo scopo della comunicazione pubblicitaria è quello di persuadere, questa azione sarà tanto più facile quanto più il messaggio sarà
comprensibile, ripetuto nel tempo e quanto più il destinatario sarà disposto a farsi influenzare. E’ proprio sul tipo di ricettore del
messaggio che si basano le due grandi scuole di pensiero. 
La teoria forte della pubblicità prevede che quest’ultima abbia un influsso decisivo sugli atteggiamenti dei consumatori, la
comunicazione pubblicitaria che sia ripetuta e martellante (hard selling) dove il consumatore ideale è un ilota passivo, una tabula rasa
che ben si presta a essere manipolata.
La teoria debole della pubblicità è una comunicazione che ha lo scopo di rafforzare le convinzioni del consumatore, ma non riesce a
imporre una nuova opinione. Invece di domandarsi che cosa fa la pubblicità al consumatore, ci si comincia a chiedere che cosa fa il
consumatore della pubblicità.

3 La teoria razionalista: behaviorismo e riflessologia Il razionalismo presuppone che nell’individuo la razionalità abbia il
sopravvento e che quindi il consumatore compia sempre la scelta corretta, la sua applicazione si riscontra nel behaviorismo e nelle
riflessologia. Entrambe le teorie testimoniano quanto la psicologia abbia influenzato i primi studi di pubblicità. La riflessologia si
basa sugli studi condotti sui cani da Ivan Pavlov, dimostravano la potenza del riflesso condizionato: associando il suono di un
campanello (stimolo neutro) all’odore della carne che provoca nel cane la salivazione (stimolo incondizionato), dopo un certo
numero di esposizioni al cane verrà l’acquolina in bocca solo sentendo il suono del campanello, anche senza sentire l’odore della
carne (stimolo condizionato). Il compito della pubblicità sarebbe quello di associare a uno stimolo neutro il prodotto da vendere, uno
stimolo positivo che rientra nell’area della gratificazione personale.

i contenuti del messaggio non sono quindi particolarmente rilevanti, l’importanza è l’intensità dello stimolo. La teoria di del
condizionamento di Pavlov viene ripresa da John B. Watson nel 1925, che concentra la sua attenzione sul comportamento esterno
dell’individuo e afferma che il comportamento è frutto degli stimoli esterni a cui l’individuo risulta esposto, ne consegue che gli unici
aspetti che possono essere osservati sono lo stimolo e la conseguente risposta dell’individuo che risulta essere ricettore passivo. 
Fondamentale nel processo stimolo\risposta è l’approccio per tentativi di errori secondo cui, al nascere di un bisogno, l’individuo
tenterà di soddisfarlo facendo una serie di prove, fino a  quando non troverà il prodotto che lo soddisferà in modo ideale. 
Questa concezione si traduce nel fatto che le vendite sono direttamente proporzionali alla quantità di annunci pubblicitari, implica
che non sono i contenuti del messaggio ad essere importanti bensì la ripetizione del messaggio.
La comunicazione pubblicitaria per essere efficace, deve quindi basarsi sulla ripetizione ossessiva dei messaggi, che devono al
contempo essere chiari e spesso accompagnati da una musica riconoscibile.

4 La teoria ipodermica 
I media possono esercitare qualsiasi tipo di influenza sui singoli individui con la stessa precisione con cui una siringa ipodermica o
una pallottola possono colpire un singolo anche se inserito in una massa di persone. Vale il rapporto stimolo-risposta, e lo stimolo è
rappresentato dal messaggio che viene inviato a una massa di individui all’interno dei quali il singolo sarà obbligato a rispondere
nell’unico modo possibile, ovvero in maniera condizionata a ciò che lo stimolo presupponi.

5 La suggestione: il contributo della psicoanalisi e le reali motivazioni  


La psicoanalisi considera che sia l’inconscio dell’individuo a guidarlo nelle sue scelte d’acquisto e che nell’inconscio risiedono le
reali motivazioni che possono indurre a un determinato comportamento. L’ambito delle ricerche motivazionali prende spunto dalla
necessità di far leva, attraverso la comunicazione sull’inconscio degli individui, utilizzando nella comunicazione pubblicitaria il
richiamo a sogni e simboli di evasione che corrispondono ai desideri più profondi del consumatore. In realtà nessuna ricerca
motivazionale è mai riuscita a dimostrare l’efficacia di una tale comunicazione sull’atto d’acquisto, così come non è stato mai
possibile verificare l’effettiva efficacia della pubblicità subliminale, ovvero dell’inserimento di immagini e fotogrammi non
percepibili a livello conscio, all’interno di film o altri veicoli di comunicazione che incoraggiano al consumo di questo o quel
prodotto. Tante sono le condizioni che possono portare all’acquisto di un prodotto che non è possibile individuarne la causa.

6 La persuasione 
 Le teorie finora affrontate non hanno mai preso in considerazione la conoscenza umana, ovvero tutto ciò che si interpone tra lo
stimolo e la risposta, l’individuo. Questo deve essere persuaso e non più suggestionato dalla comunicazione pubblicitaria che deve
tener conto delle sue motivazioni, non più soltanto di quelle inconsce, ma anche di quelle che vengono vagliate dalla conoscenza.
L’efficacia della comunicazione persuasoria viene studiata da Lazarsfeld, il messaggio sarà compreso meglio se è in accordo con
quanto l’individuo già sente; in questo senso la pubblicità è più efficace se pubblicizza prodotti che soddisfano bisogni preesistenti e,
quindi, se rafforza un’opinione preesistente. La sua efficacia è, invece, molto ridotta se l’obiettivo è quello di far cambiare opinione
al destinatario, anche si desidera far nascere dal nulla un’opinione, lo sforzo comunicativo è indubbiamente maggiore che nel caso
del rafforzamento. Le ricerche avevano dimostrato che quando il contenuto del messaggio non era coerente con il vissuto del
consumatore, questi era in grado di mettere in atto dei meccanismi di difesa nei confronti del contenuto stesso.

6.1 I meccanismi di difesa del consumatore 

Il consumatore è in grado di sottrarsi a molti dei messaggi da cui è bombardato, l’individuo può attuare tre meccanismi di difesa:

ESPOSIZIONE SELETTIVA: il consumatore è più propenso a esporsi alle comunicazioni il cui contenuto è coerente con il set di
credenze e atteggiamenti già presenti in lui, egli rafforza le proprie opinioni ed evita possibili conflitti che potrebbero sorgere se si
esponesse a comunicazioni contrarie alle sue convinzioni.

PERCEZIONE SELETTIVA: se il consumatore non è riuscito a sfuggire a tutte le comunicazioni discordanti, è frequente che,
deformi il contenuto del messaggio stesso affinché risulti più coerente con le sue convinzioni, la comunicazione è volutamente
ambigua e lascia al consumatore una libera interpretazione percettiva

MEMORIZZAZIONE SELETTIVA:  se il consumatore non è riuscito a sottrarsi a una comunicazione discordante, se non è riuscito
ad alterarne la percezione, non gli resta che dimenticarsene rapidamente. Nel caso in cui un messaggio discordante venga comunque
correttamente interpretato, è molto probabile traccia mnestica che lascia sia molto labile.
Le ricerche in pubblicità dimostrano che il consumatore è più propenso a ricordare le pubblicità dei prodotti che utilizza e delle
marche che gli sono note. I meccanismi di difesa entrano in gioco tutte le volte in cui chi è esposto a un messaggio rileva una
difformità tra i propri atteggiamenti e quanto viene comunicato. La “dissonanza cognitiva” si verifica quando il destinatario della
comunicazione rileva un inconsistenza fra due o più elementi cognitivi, ovvero tra quello che conosce, tra le sue opinioni e tra i suoi
comportamenti. Tanto più l’individuo è coinvolto in quello che crede, tanto maggiore sarà la dissonanza. La “dissonanza post
acquisto” si verifica quando un prodotto, o più spesso un servizio non si rivela all’altezza delle aspettative.

7 L’influenza 
L’ultimo passo nell’evoluzione delle teorie sul ruolo della comunicazione è quello che dalla persuasione porta all’influenza. La fonte,
il messaggio e le variabili sociali sono indispensabili nel processo di influenza. L’importanza della fonte è immediatamente
comprensibile: si pensi all’autorevolezza di una notizia data dal “Corriere della Sera” rispetto a una data dal “Vernacoliere”, per il
consumatore le grandi imprese da sempre sono più credibili rispetto alle piccole; la logica del prodotto di marca garante il primo
luogo della qualità, che è necessariamente più autorevole del prodotto unbranded e così lo è la sua comunicazione. Il ruolo del
messaggio nel processo di influenza del consumatore; due sono le aree di studio: il contenuto e la struttura. Le variabili sociali, la
loro importanza è messa in luce dall’utilizzo crescente delle ricerche empiriche sui consumatori, da cui emerge con insistenza il ruolo
che, ad esempio, ha il gruppo di riferimento nella comprensione e accettazione di un messaggio pubblicitario. Le reazioni del singolo
tendono a uniformarsi a quelle del gruppo di riferimento con cui sono condivisi valori e opinioni. Lo schema del processo di
comunicazione, quindi, si modifica ulteriormente, sostituendo a un solo individuo individui che appartengono a un solo gruppo e la
cui opinione tende a essere uniforme.

8 Modelli classici sul funzionamento della pubblicità


I modelli teorici hanno il compito di spiegare il meccanismo di funzionamento della pubblicità. Secondo questi modelli, la pubblicità
tradizionale, quella che utilizza i media di massa per raggiungere il consumatore, segue un percorso ben preciso il quale attraversa
una serie di fasi che partono dall’esposizione al messaggio, passano per l’elaborazione dello stesso, portano all’apprendimento e poi
all’azione. Tutti questi stadi sono necessari affinché il messaggio raggiunga il suo scopo: indurre il consumatore a fare il primo passo
nei confronti del prodotto.
Il primo di questi modelli è attribuito a Lewis che lo teorizzò nel 1898, è noto come modello AIDA (acronimo di: attention, interest,
desire e action) implica che l’annuncio pubblicitario debba in primo luogo attirare l’attenzione del destinatario, secondariamente
suscitare l’interesse, poi stimolare il desiderio e, infine, indurre all’azione. Siamo nella logica della persuasione: la comunicazione
deve convincere a spingere all’acquisto, non si tiene conto delle variabili.
Nella prima metà del Novecento sono stati sviluppati altri modelli analoghi definiti Sale Model (modelli vendite) che presuppongono
l’utilizzo di motivazioni razionali che devono convincere all’acquisto.
Il modello DAGMAR (acronimo di: defining advertising goals for measured advertising result), il quale implica un'elaborazione che
passa dai livelli cognitivi a quelli effettivi e a quelli conativi. Prevede quattro fasi, di cui solo tre riassumono gli obiettivi della
comunicazione:
1. la conoscenza, la capacità del messaggio di coinvolgere il consumatore a considerare il prodotto o il servizio pubblicizzato
2. la comprensione, il fatto che il messaggio sia sufficientemente chiaro da essere correttamente decodificato 
3. la convinzione, la capacità del messaggio di far condividere al consumatore quanto afferma
L’azione è l’ultimo gradino, è la responsabilità del marketing. 
La verifica dell’efficacia può avvenire solo stabilendo un obiettivo misurabile, raggiungibile dai primi tre step della gerarchia, ed
effettuando delle misurazioni prima e dopo l’emissione del messaggio.

9 I modelli evolutivi
Un altro modello di funzionamento della pubblicità, basati anch’esso sulla successione delle tre fasi cognitiva, affettiva e conativa e
in seguito identificato come gerarchia degli effetti. La fase cognitiva si scompone in conoscenza e comprensione del messaggio, la
fase effettiva in gradimento, preferenze nei confronti di prodotto, infine la fase conativa corrisponde al momento dell’acquisto. Il
modello in assoluto più citato e utilizzato. La FCB grid è uno schema cartesiano che in ascisse propone la bipartizione corrispondente
agli emisferi del cervello umano, il sinistro è preposto alla razionalità e il destro all’emozione, in ordinata si colloca il
coinvolgimento del consumatore in un acquisto. Nel primo quadrante ci sono i prodotti ad alto coinvolgimento, ma di tipo
prevalentemente razionale e che richiedono un forte esborso di denaro. Nel secondo quadrante i prodotti sono sempre ad alto
coinvolgimento, ma a un livello più effettivo. Nel terzo e nel quarto quadrante ci sono i prodotti a basso coinvolgimento che
prevedono un esborso inferiore di denaro.  Da un lato le “commodity”, prodotti comuni per il quale il consumatore non è disposto a
investire né emotivamente né finanziariamente; la fase dell’azione è la principale, segue la comprensione degli eventuali benefit e,
infine, l’affermazione al prodotto; dall’altro quelli che vengono definiti i piccoli piaceri della vita. La comunicazione pubblicitaria
può indurre il consumatore a collocare, un prodotto in un quadrante diverso da quello in cui dovrebbe naturalmente inserirsi,
caricando i propri prodotti di forte contenuto emotivo. 
Rossiter e Percy prendono le mosse dalla FCB grid per sviluppare il loro modello che costituisce la distinzione tra ragione ed
emozione con le diverse motivazioni sottostanti alla scelta di un prodotto. Le motivazioni possono essere funzionali (si ha bisogno di
un determinato prodotto perché risolve un problema) spesso di tipo negativo perché rappresentano l’abolizione di un problema, o
trasformazionali (il prodotto migliora la situazione personale, grafica) e in questo caso sono positive perché aumentano il piacere e
aiutano a farsi accettare.. L’ultimo modello di tipo cognitivista è quello sviluppato da Petty e Cacioppo. Si tratta del ELM ovvero il
modello della probabilità di elaborazione, secondo cui esistono due strade per persuadere gli individui: una strada centrale che
prevede un destinatario interessato al prodotto, e una strada periferica che presuppone un destinatario parzialmente interessato. La
persuasione che avviene attraverso la via centrale sarà più duratura e, quindi, risulterà più difficile entrare nella mente del
consumatore con un nuovo prodotto.
L’ultimo modello è quello delle 4I, 4C proposto da Fabris, secondo questo modello l’importante è che la comunicazione in qualche
modo tenga conto di una serie di variabili che non devono necessariamente succedersi in un ordine prestabilito. Il messaggio quindi
deve suscitare: impatto, interesse, informazione, identificazione, comprensione, credibilità (le premesse devono essere credibili),
coerenza e convinzione (che non è ancora l’acquisto vero e proprio perché si possono frapporre degli ostacoli, quali il prezzo troppo
alto o la non disponibilità del prodotto). Questo modello è precettivo e non categorico\descrittivo.

10 Come funziona la pubblicità in internet 


I dati Nielsen del 2015 testimoniano che il canale digital è, dopo la televisione, quello che raccoglie i maggiori investimenti
pubblicitari delle aziende italiane. In pochi anni la pubblicità in Internet ha subito una straordinaria evoluzione dei semplici danner
agli annunci pop up, alle campagne sponsorizzate, alla Google ADS. Una comunicazione push, che cerca il consumatore, a una
comunicazione pull, che attira il consumatore sul sito. Le parole chiave sono interattività ed engagement, al capacità di coinvolgere il
navigatore e di spingerlo a compiere delle azioni precise in direzione del prodotto\servizio, del brand, dell’aziende. Paradossalmente
è molto più facile verificare l’efficacia di una pubblicità sul web che in televisione, la relazione sul web è immediata e misurabile: il
click 

L’AZIENDA E LA COMUNICAZIONE

1Premessa

La comunicazione pubblicitaria è il modo di relazionarsi di un soggetto, l’azienda, verso altri “soggetti”, assumono innumerevoli
sfumature, tale modo di relazionarsi muta a seconda delle caratteristiche “culturali” e dei mezzi che l’azienda usa per “parlare”

2 Ruoli e figure aziendali

Le funzioni e i ruoli della comunicazioni sono molti e si inseriscono a vari livelli nelle struttura gerarchica dell’azienda. Muovendosi
dalla “semplice” comunicazione di prodotto a quella definibile come “istituzionale”, si avrà a che fare con figure aziendali diverse
proprio in funzione dei differenti obiettivi che queste tipologie di comunicazione si prefiggono. Limitare l’analisi alla comunicazione
definibile come “pubblicitaria” restringe il campo ad alcuni ruoli

2.1 Dal responsabile di prodotto all’amministratore delegato

Alla base si trova colui che meglio conosce il prodotto\servizio in questione. Si tratta del ruolo più importante dal punto di vista delle
informazioni necessarie per una corretta valutazione delle problematiche e degli obiettivi legati alla comunicazione. Si parla
normalmente di product manager (responsabile del conto economico di un prodotto o di una linea limitata di prodotti), il brand
manager (responsabile di marchio o di linee di prodotti più estese), ma anche, in un’accezione più gerarchica, di assistant PM, senior
PM, marketing manager. Sopra queste funzioni si situano ruoli manageriali più elevati, parliamo di direttori in marketing e\o di
direttori commerciali che in diversa misura controllano una determinata linea di prodotti e servizi.

2.2 Non solo di marketing…

Esistono due aspetti, il primo è il dualismo che a volte si instaura fra due delle principali funzioni aziendali (clienti tradizionali)
coinvolte nella comunicazione: il marketing e il commerciale. Il secondo riguarda l’esistenza di strutture specializzate dell’azienda
che si occupano a diversi livelli di comunicazione e che costituiscono un cliente interno con caratteristiche peculiari. Le competenze
del marketing e del commerciale spesso di scontrano, se presenti entrambe, si potrebbe creare una certa distonia negli obiettivi e,
soprattutto, nella forma della comunicazione scelta. Infatti le funzioni di marketing sono orientate verso finalità tendenzialmente più
strategiche, mentre quelle commerciali sono focalizzate su scopi maggiormente tattici. Strategia e tattica spesso si confondono.
La presenza di comunicazione interne rappresenta una problematica di altro tipo. Sono presenti una serie di ruoli a contenuto
“advertising” che, a seconda delle dimensioni dell’azienda, possono arrivare a ricalcare quasi quelli di una vera e propria agenzia.

Si può sintetizzare sia il livello di coinvolgimento, sia il peso relativo all’interno del processo di comunicazione, distinguendo due
situazioni fondamentali:

- quella in cui la struttura interna è responsabile, a pieno titolo e in modo autonomo, delle scelte circa la comunicazione
realizzata dall’azienda
- quella in cui le strutture citate svolgono più una funzione di consulenza e\o intermediazione fra l’esterno e le funzioni
dell’azienda.

Lo scenario che si potrebbe presentare a livello dei ruoli coinvolti nel processo di comunicazione, nel primo caso si tratta di dare vita
a un’agenzia di pubblicità interna il cui cliente è l’azienda stessa, per la seconda casistica si viene invece a creare un nuovo ruolo. E’
molto difficile decidere quale struttura sia la migliore in quanto esistono pro e contro per ciascuna delle due diverse forme di
organizzazione. L’agenzia interna all’impresa sembra essere la soluzione più radicale e pulita, anche se poi manca spesso un
linguaggio tra impresa e agenzia. Linguaggio che, invece, si condivide se l’impresa ha già un suo ufficio, di pubblicità che svolge
solo un ruolo di mediazione con l’agenzia esterna che ne cura la comunicazione. Proprio in virtù di questa reale o supposta
competenza, tuttavia, risulta più difficile per la struttura esterna svolgere appieno il proprio compito di consulenza, essendo spesso
pesantemente guidata.

2.3 Il processo decisionale

A seconda delle dimensioni aziendali una o più figure entrano in gioco quali protagoniste del processo decisionale colto a definire la
comunicazione pubblicitaria dell’azienda. Possiamo identificare tre livelli:

1. quello della responsabilità di prodotto, questo livello va dagli assistant product manager ai direttori marketing\commerciali,
il primo del processo decisionale, coloro che conoscono meglio il prodotto, il mercato e le sue caratteristiche
2. quello della gestione operativa dell’azienda, dall’azienda mono a quella pluriprodotto diminuisce di solito l’intervento e il
peso di questo livello: direttori generali
3. quello della governance di più alto livello che si può facilmente scindere in base al prodotto nei confronti della proprietà
dell’azienda, questo terzo livello, che in alcuni casi è del tutto assente dal processo.

A livello complessivo possiamo quindi sintetizzare il processo in tre step successivi di condivisione\approvazione: a volte tali livelli
sono ben distinti e identificabili, a volte ci si trova in situazioni di minore chiarezza e di permeabilità di ruoli.

Potremmo definire questi tre livelli decisionali nel seguente modo:

1. un primo livello che coincide con la raccolta delle informazioni necessarie affinchè la strategia di comunicazione sia più
consona possibile agli obiettivi di marketing\commerciali
2. un secondo livello che coincide con la necessità di adattare la comunicazione a esigenze più allargate, in un’ottica di
equilibrio complessivo dell’offerta di beni e servizi
3. un terzo livello che identifica con la mission più generale dell’azienda e che obbliga la comunicazione a plasmarsi su
vissuti, regole non scritte e immagini proiettive di essa.

Il risultato finale di una comunicazione pubblicitaria deve tener presente l’esistenza di questi livelli, al fine di ottenere il consenso
necessario alla sua approvazione e, quel che conta, per far sì che i comportamenti a essa collegati, e che ne possono decretare il
successo o il fallimento, possono essere messi in atto.

3 Perché comunicare?

L’azienda comunica per informare il potenziale pubblico acquirente dei suoi beni e servizi. La comunicazione è capace di generare
comportamenti positivi nei loro confronti sotto forma ovviamente di call to action (acquisto di beni o servizi), ma anche di loyalty
(fedeltà alla marca) e di invible asset (accrescimento delle valenze positive attribuite all’immagine aziendale)

3.1 Il marketing mix

Il marketing mix è l’insieme di quelle attività volte a “portare sul mercato” un dato prodotto\servizio dando appunto un corretto peso
e un coerente strategia agli elementi fondamentali per identificare e collocare la sua presenza sul mercato. Il marketing mix è
costituito dal prodotto in sé che è il modo in cui si presenta; dall’offerta commerciale che lo accompagna (price), dai territori\luoghi\
canali in cui viene distribuito (placement), dall’attività di comunicazione a suo supporto (promotion). Si tratta delle 4P. Ciascun
elemento del marketing mix è di per sé un fattore di comunicazione: il prodotto comunica con la sua “forma” quindi il packaging, il
naming e, in generale, il visual design in cui viene presentato. Comunica attraverso la scelta dei canali di vendita utilizzati e dalla
maggiore o minore estenzione della disponibilità del prodotto sul mercato. Nel corso dell’evoluzione si è assistito al modificarsi dei
contenuti della pubblicità. Si è passati da impostazioni meramente informative delle caratteristiche del prodotto ad altre più
complesse e articolate: si può far risalire alle teorie circa la necessità di differenziare i prodotti. Si comunica per creare valore
differenziale rispetto ad alte offerte presenti sul mercato
3.2Il contesto comunicativo

Al di là di esigenze proprie dell’azienda che deve pubblicizzare un dato prodotto\servizio, esiste la necessità di comunicare proprio
perché il contesto competitivo obbliga a farlo: sia per conservare le proprie posizioni sul mercato, sia per conquistare quote di
visibilità (share of voice)in grado di bloccare l’attività dei concorrenti o di rintuzzare eventuali attacchi alla propria posizione. La
comunicazione può, quindi, essere diversa in relazione alla diversa posizione e competitiva in cui si trova “nell’area”: leader,
follower, new entry… Elaborare segnali, codici, caratteri distintivi che facciano della comunicazione un vero e proprio linguaggio
tipico dell’azienda.

3.3I pubblici obiettivo

L’attività di comunicazione può rivolgersi a pubblici diversi da quello tipicamente identificabile come consumatori potenziali. Si è
soliti parlare di un pubblico obiettivo e di un pubblico allargato, ma anche di un pubblico di riferimento e di uno a esso collegato,
intendendo con questo la necessità di colpire un bersaglio dal tipico consumatore del prodotto.

Perché comunicare?

- Comunicare è una variabile determinante del marketing mix


- Si comunica perché i concorrenti lo fanno e perciò necessario rendere unica la “voce” dell’azienda
- Si comunica perché vi sono più pubblici obiettivo che hanno bisogno di un linguaggio adatto per contenuti, dorma e tempi.

4Il processo realizzativo: dai desiderata alla realizzazione della comunicazione

L’azienda comunica per una serie di motivazioni diverse, deve spiegare come sono fatti i propri prodotti\servizi, come intende
venderli sul mercato e a quali consumatori si rivolge. Presuppone anche una scelta di “linguaggio” da utilizzare e di mezzi da
coinvolgere

4.1Il brief

E’ una fase fondamentale per far sì che si arrivi alla giusta comprensione delle aspettative dell’azienda. Sarà compito di chi riceve il
brief comprendere a fondo le dinamiche che si celano dietro quest’appuntamento, il briefing in modo da porre e porsi le domande
giuste per approfondire i bisogni dell’azienda e quindi interpretare correttamente i suoi desiderata. Si pasa poi al debriefing cioè alla
sintesi del pensiero dall’azienda colto da chi si occuperà di realizzar la comunicazione.

Un brief deve contenere:

- Con concept di prodotto e dei suoi eventuali plus


- Una descrizione del prodotto
- L’illustrazione dell’offerta commerciale
- Le informazioni sul target di riferimento
- Il positioning richiesto
- L’advertising concept fondamentale
- Il mood voluto e ricercato
- La struttura e il budget della campagna media ipotizzata

Il concept è la sintesi del prodotto, cosa si propone, come lo si farà, a chi si rivolge. Per plus si intendono quelle caratteristiche che
costituiscono la vera novità\differenziazione del prodotto stesso. Nella descrizione di prodotto devono figurare le informazioni che lo
illustrano per come effettivamente si presenta. Per offerta commerciale si intende il prezzo, il target invece rappresenta la sintesi del
profilo degli acquirenti potenziali e si basa su informazioni di natura quantitativa e qualitativa. Il positioning ci dice il tipo di
posizionamento che si vuole dare al prodotto; spesso è in relazione a quelli della concorrenza. Per advertising concept si intendono
gli assi comunicazionali fondamentali su cui basare i contenuti della comunicazione; esprime il pensiero dell’azienda su come si
vuole impostare la pubblicità. Il mood cerca di sensibilizzare su come si vuole che venga trattato, rispetto ai contenuti del prodotto, il
linguaggio e il tono del messaggio. La campagna di media contiene le informazioni fornite sui mezzi che verranno utilizzati, in
maniera puntuale, e\o semplicemente sul budget a disposizione.

4.2Il target

Il target di riferimento è la maggiore sfida del comunicazione. Questo perché si tratta di capire bene a chi il prodotto vuole essere
venduto. Immediatamente l’obiettivo è quello di individuare le caratteristiche del target in base a quelle definibili come variabili
sociodemografiche ovvero l’età, il sesso, il livello di istruzione e le condizioni lavorative. Nel target esistono:

- Il core o il focus target


- Target primari o secondari

La prima fa riferimento alla dimensione più o meno vasta del pubblico obiettivo, in certi casi ci si trova con la difficoltà di definire
esattamente un focus target. La seconda si riferisce al contesto più allargato in cui opera la comunicazione e distingue fra i pubblici
che si vuole sicuramente colpire con la comunicazione e quelli che ne saranno oggetto in via derivata o di riflesso. Ciascuna forma di
pubblicità ha sicuramente effetti sul core target primario, tuttavia la comunicazione avrà anche effetti su target più allargati e
secondari pur se con tempi diversi.

5Gli obiettivi della comunicazione

Essendoci una gamma di innumerevoli obiettivi aziendali in termini di comunicazione, l’attività dell’azienda può svolgersi in due
grandi arene: quella competitiva e quella sociale. All’interno dell0area competitiva l’azienda attua una serie di comunicazioni volte a
raggiungere specifici risultati in termini di vendite, di differenziazione rispetto alla concorrenza.

5.1Il posizionamento di prodotti e brand

La definizione del posizionamento, o la ricerca di uno diverso, è uno degli obiettivi della pubblicità. Questo perché una volta
correttamente inserita una data offerta all’interno del contesto competitivo, molte delle azioni successive saranno conseguenze della
collocazione scelta. L’attenzione al positioning è fondamentale non solo quando ci si trova a operare in un mercato già occupato da
molti concorrenti, ma anche quando si tratti di un terreno completamente vergine. La pubblicità deve cercare di rendere il percorso di
comunicazione, fra un dato prodotto\servizio e i potenziali consumatori, il più breve possibile. Più un messaggio pubblicitario si
avvicina al sistema dei valori e ai meccanismi cognitivi del potenziale pubblico, più facile sarà trasmetterne i contenuti e, attraverso
di essi, originare i comportamenti desiderati. Si possono quindi avere posizionamenti di comunicazione baricentrici o antitetici.

Barilla con il marcio Mulino Bianco ha cercato di collocarsi in un’area strettamente legata al mondo contadino, sinonimo di
semplicità, genuinità e bontà. Sono dei concetti, condivisi da un target molto vasto, traslarsi sul prodotto ogni nuovo allargamento
della gamma beneficiava degli investimenti precedenti. Per questo possiamo dire che tali posizionamenti consentono di economizzare
sulle risorse: primo perché occorrono meno sforzi per farsi comprendere, secondo perché qualsiasi estensione ha bisogno di soglie
critiche più basse. ING Direct, di Conto Arancio, ha invece puntato su un posizionamento di rottura rispetto alla tradizionale
comunicazione delle banche, si fa tutto via Internet ha cercato di trasformare questi elementi di apparente debolezza in punti di forza,
puntando decisamente un target ben definito, se non altro per il vincolo del possesso e utilizzo di Internet.

5.2La comunicazione a 360 gradi

In una situazione competitiva estremamente complessa è sempre più importante la multicanalità o la omicanalità. Di parla di
comunicazione a 360 gradi nel senso che si utilizzano messi diversi. La modernità non è tanto la variabile legata alla frammentazione
dei media, all’abilità di pianificare i mezzi di comunicazione per raggiungere un target definito, quanto piuttosto quella legata alla
capacità della pubblicità di adeguarsi ai nuovi linguaggi. Il viral marketing punta a un coinvolgimento emotivo. Si punta, cioè, a
veicolare i contenuti informativi attraverso esperienze gradevoli e stimolanti.

5.3Il media mix

L’importante è scegliere il mezzo più idoneo, il miglior media mix alla luce dell’incrocio fra gli obiettivi che la pubblicità si pone e le
peculiarità dei singoli mezzi. Possiamo definire dieci obiettivi della pubblicità, che costituiscono le caratteristiche proprie dei vari
mezzi:

1. La capacità di creare conoscenza, awareness


2. Il grado di possibile copertura nel raggiungere il target
3. La frequenza con cui il target potrà essere colpito dal messaggio
4. La velocità con cui la campagna potrà ottenere gli obiettivi
5. La possibilità di clusterizzare il target
6. La capacità di argomentare i contenuti stessi del messaggio
7. Il tipo di impatto nei confronti del target
8. La natura visiva del messaggio stesso
9. La possibilità di creare una relazione one to one con il target
10. Il potenziale di esperienza rilevante che sa trasferire al target

Tutti gli obiettivi\caratteristiche citati si presentano in maggiore o minore misura nei vari mezzi ed è per questo che solitamente i
costruiscono campagne che mixano più media.

6Come scegliere l’agenzia pubblicitaria

Le valutazioni che intercorrono in questa scelta sono molto diverse: si va da rapporti di conoscenza, a precedenti esperienze di
collaborazione, alla semplice osservazione di quel che accade sul mercato dei media e delle agenzie. Da un consulente ci si aspetta
competenza, disponibilità, capacitò di ascolto, innovazione nelle soluzioni proposte e, no da ultimo, un costo adeguato per i servizi
offerta.

6.2Due storie a confronto

Sicuramente la prima fase nella valutazione non può prescindere dalla storia stessa dell’agenzia. Vista l’estrema complessità di
trovare criteri oggettivi per la scelta, suggeriamo di approfondire sostanzialmente due aspetti:

- Con la storia dell’agenzia può spostarsi con i trascorsi e gli obiettivi dell’azienda
- Come la storia e gli obiettivi dell’azienda si plasmano sui caratteri distintivi dell’agenzia

Il primo cercherà di capire se l’agenzia è idonea, per quel che ha fatto in passato, a adattarsi alla storia dell’azienda; il secondo si
proporrà con maggior spirito critico da parte dell’azienda, di comprendere se la sua cultura è pronta ad adattarsi a eventuali soluzioni
che si possano distanziare dal suo modo precedente di comunicare.

6.2Le gare vs. la scelta ponderata

La miglior cosa, prima di esprimere un giudizio su un prodotto, è quella di comprarlo e provarlo. La gara creativa fra agenzie
risponde proprio a questa esigenza. Si valutano le varie proposte e si opera la scelta. La scelta ponderata che cioè non fa uso di gare, è
invece il frutto di valutazioni condotte attraverso altri canali sia per ragioni culturali aziendali, sia per budget più limitati o per
campagne particolarmente delicate dove si voglia procedere con la massima cautela. Occorre procedere con colloqui approfonditi con
gli eventuali proprietari, direttori clienti, direttori creativi e responsabili amministrativi. I colloqui dovranno vertere anche sulla
conoscenza, del business dell’azienda per comprendere il grado di informazione e di sensibilità della nuova sfida che si propone.

L’AGENZIE DI PUBBLICITA’

1 L’agenzia di pubblicità: struttura e figure professionali


Ogni definizione di pubblicità risponde a un approccio diverso, per l’azienda la pubblicità sarà uno strumento per raggiungere degli
obiettivi commerciali, dal punto di vista estetico la analizzeranno nella sua forma e nel suo stile seguendo mode e linguaggi che
mutano nel tempo, seguendo i criteri della sociologia o dell’antropologia analizzare il fenomeno, i cambiamenti attraverso il tempo e
nelle diverse culture e come essa influenza (ed è influenzata) dal costume di ogni epoca. Ci sono delle caratteristiche comuni presenti
in ogni definizione: è un messaggio a pagamento, eseguito da un soggetto identificabile con finalità persuasive\commerciali. Noi
scegliamo una definizione che si basa sugli obiettivi, a finalità commerciale, ammesso che in molti casi l’obiettivo possa avere
finalità sociale e politica e non solo economica e può succedere che gli spazi media e la creatività siano offerti gratuitamente quando
si tratta di organizzazioni non profit. La pubblicità è la comunicazione rivolta a un pubblico definito (target), pagata da un soggetto
identificabile, attraverso molteplici canali (media) per promuovere la conoscenza di un bene e servizio e stimolare l’acquisto e l’uso
(profitto)
I servizi richiesti dalle aziende possono essere divisi in above the line (ATL) e below the line (BTL),oppure in riferimento a Internet,
in on line e off line
Per ATL si intendono le attività di comunicazione classica (tv, stampa, radio, cinema) che usa mezzi “volontari” di comunicazione, e
outdoor che comunica attraverso mezzi “involontari”.

Il BTL si riferisce alle attività di promozione, telemarketing, sponsorizzazione, relazioni pubbliche e eventi (RP), direct marketing
(DM), materiale punto vendita, merchandising, packaging, ovvero quelle attività che non usano i mezzi tradizionali o lo fanno per
proporre un’attività di vendita diretta più che pubblicizzare un prodotto o un servizio.

Per comunicazione integrata si intende l’inclusione di nuovi mezzi e modi di comunicazione on line legati a Internet e alle nuove
tecnologie, definendo così off line le attività di comunicazione classica sopra descritte.

L’agenzia di pubblicità è intesa come un’impresa che produce comunicazione, attraverso svariati mezzi, con l’obiettivo di
promuovere la conoscenza e\o l’acquisto di beni e servizi. Esistono agenzie di struttura tradizionali che hanno incorporato nuovi
servizi come per esempio investimenti sul web, sebbene con l’avvento dell’era digitale siano nate agenzie dedite esclusivamente a
questo fine, oggi non esiste quindi una struttura di agenzia di pubblicità univoca.

1.1 struttura dell’agenzia pubblicitaria tradizionale a servizio completo

L’estensione o l’esistenza dei diversi reparti dipendono dalla dimensione e dalla necessitò di servizi che l’agenzia deve garantire ai
propri clienti. Alcuni reparti:

- reparto account
- reparto creativo
- reparto produzione e traffico
- pianificazione strategica
- reparto media
- servizi amministrativi e finanziari

La dimensione di queste divisioni varia secondo le dimensioni dell’agenzia, succede sempre più frequentemente che i servizi media
siano affidati ana struttura esterna o delocalizzata

1.1.1 Reparto account


Si occupa della gestione del cliente ed è in stretto contatto con quest’ultimo per definire i bisogni dell’azienda e come l’agenzia può
far coincidere gli obiettivi di business, ovvero il miglior servizio e il più efficiente per il cliente che risulti il meglio remunerato per
l’agenzia. È dalla conoscenza profonda della cultura aziendale, delle aspettative del cliente, delle sue ansie e dei suoi dubbi, che si
può stabilire una relazione forte, produttiva e duratura. Le figure professionali:

ACCOUNT DIRECTOR e supervisor: hanno il compito di gestire il comparto dei servizi al cliente, occorre una forte capacità di
leadership, una visione strategica per quanto riguarda gli obiettivi dell’agenzia, lo sviluppo di nuovi clienti e il potenziamento di
quelli esistenti.

ACCOUNT EXECUTIVE: gestisce il day by day e ha un contatto permanente con il cliente, è colui\lei che rappresenta l’agenzia di
fronte al cliente e, viceversa, il cliente all’interno dell’agenzia. Deve avere una buona capacità di relazione interpersonale, di gestione
di gruppo; deve saper scegliere qual è, all’interno dell’agenzia, il team di lavoro che meglio può rispondere alle esigenze del cliente;
deve essere in grado di presentare le proposte strategiche e creative a quest’ultimo. Deve avere una chiara concezione e percezione
dei tempi necessari per lo svolgimento di tutto l’iter di lavoro, dal ricevimento del brief alla consegna della campagna per la sua
emissione. È sua responsabilità la gestione del timetable e anche il controllo dei costi, deve saper porre dei limiti alle richieste del
cliente e a gestire e comprendere i costi derivati dagli eventuali cambiamenti del brief; deve essere capace di far crescere il profitto
dell’agenzia, stimolare\gestire i creativi; deve avere bone conoscenze di marketing, ottime capacità organizzative, abilità di sintesi
perché all’interno dell’agenzia vengano chiaramente compresi i principali punti del brief. Deve avere criterio estetico, curiosità per
essere informato sull’attualità e sulle dinamiche del marchio legato all’area d’interesse del pubblico. Concretezza e personalità
adeguata per saper contenere gli eccessi di domanda del cliente, comprendendo bene qual è la richiesta e quali sono i limiti. Flessibile
e in gradi di accettare cambiamenti e critiche, buona presenza e conoscenza delle lingue.

JUNIOR E ASSISTENTE ACCOUNT: è speso un neolaureato in stage, un “apprendista”, deve possedere capacità di apprendere e di
ascoltare, buona organizzazione della ricerca dati, alla curiosità di conoscere la dinamica del lavoro, i ruoli all’interno dell’agenzia e
anche cosa fa la concorrenza del prodotto\servizio gestito: il prodotto deve conoscere alla perfezione. È il braccio destro
dell’executive e partecipa alle presentazioni raccogliendo tutti gli interventi del cliente, dati, umori e commenti; interviene, però, di
rado, solo a supporto di chi fa la presentazione e dopo una richiesta specifica.

1.1.2 Reparto critico

È qui che nasce il prodotto, che deve essere originale ogni volta; non può essere industrializzato, bensì confezionato in maniera
personalizzata e rivolto a un consumatore intelligente e unico. In un mercato l’offerta e la domanda e il prezzo determinano il prezzo,
il rischio reale è quello di distruggere la qualità del lavoro: l’agenzia, infatti, deve mantenere una struttura di professionisti di qualità,
i costi di tali professionisti sono fissi notevoli, e parallelamente, deve far fronte a una diminuzione crescente dei ricavati. L’errore
nasce quando l’azienda non considera la scelta dell’agenzia come strategia, quando non la vede come un partener, bensì come un
qualsiasi fornitore, dimenticando che il valore della marca è un patrimonio fondamentale. Il comparto creativo lavora generalmente
in più cellule di due persone: copywriter (CW) e art director (AD)

DIRETTORE CREATIVO (CD): coordina, gestisce e spesso lavora con un art director, se di estrazione copywriter, e viceversa. Il
CD dà le linee guida e trasmette il brief, mentre affida a una determinata coppia creativa il lavoro da svolgere. È lui a correggere,
modificare o includere dei contributi alle proposte dei creativi. È il responsabile del progetto presentato al cliente. I requisiti sono una
buona esperienza precedente come creativo e una capacità di gestione dei gruppi di lavoro quindi una buona leadership. È il CD che
partecipa al working progress (WP)settimanale che permette di avere il totale controllo della situazione e dell’evoluzione di ogni
campagna e di ogni lavoro in corso

ART DIRECTOR (AD): si occupa di tutto quanto concerne la parte visiva della comunicazione, è responsabile dell’ideazione e\o
scelta del visual (immagine grafica o fotografia di un annuncio), dell’impaginazione e dell’uso di un determinato carattere. È lui che
segue lo scatto di una fotografia e decide lo stile. Lavora in stretto contatto con il copywriter e insieme costituiscono la “coppia
creativa”

COPYWRITER (CW): sovrintende alla parte concettuale, o meglio alle parole del messaggio, scrive titoli (headline) e i testi (pay off,
body copy) di ogni annuncio, brochure o manifesto , così come i testi e i dialoghi di un film o di un comunicato. Quando la coppia
creativa è affiatata si fa velocemente un ping pong di proposte anche fuori contesto per stimolare le associazioni libere e
l’immaginario dell’atro. Spesso si fanno, in una tappa iniziale della ricerca d’idee, questi esercizi allargati a più partecipanti con le
tecniche del brainstorming o altri metodi di generazione d’idee e di creatività libera. Spesso succede che l’idea di visual “appartenga”
al CW e, viceversa. In realtà il lavoro di gruppo aiuta a stimolare le migliori capacità di ciascuno; ed è nel suggerirsi di stimoli che
nasce un messaggio. I primi passi del processo producono quantità di schizzi, bozzetti e idee grezze (rough) che vengono poi valutati,
fino a scegliere quelle che saranno sviluppate. Il processo creativo, l’iter della campagna, continua poi con la preparazione dei layout
o degli storyboard o animatric necessari per la presentazione delle idee al cliente.

1.1.3 Reparto produzione e traffico

Una volta scelta la proposta creativa, la campagna entra nella sua fase di produzione. Esiste un dipartimento di produzione stampa,
che trasforma i layout dei creativi in “esecutivi”, una volta questi erano cartacei, oggi richiedono supporti digitali. Il supporto più
frequente è il PDF e i programmi di grafica preferiti e più diffusi sono per esempio Illustrator, Photoshop e InDesign. È compito del
reparto produzione anche la gestione dei costi e la realizzazione di ogni veicolazione della comunicazione prodotta dall’agenzia:
stampa, audiovisivi, eventi… Il tv producer dovrà occuparsi di cercare e proporre una rosa di registri e case di produzione
audiovisiva per produrre lo spot TV o radio scelto. Sarà compito suo anche seguire tutto l’iter della produzione, dal PPM (pre
production meeting) fino alla messa in onda. È compito del reparto di produzione anche la gestione del traffico che comprende il
controllo sia dei diversi passi della campana mentre prende forma, sia dei movimenti effettivi delle varie parti, componenti, come gli
invii dei definiti ai diversi giornali per la pubblicazione. Rientra nelle sue competenze anche l’iter di produzione dei comunicati Tv o
radio e la loro consegna alle emittenti.

1.1.4 Strategic planning

Chi si occupa di pianificazioni e strategia inizia il proprio lavoro nel momento in cui riceve il brief. Dovrà reperire tuta
l’informazione necessaria per capire la situazione del prodotto e della marca, procurarsi tutti i dati sulla concorrenza, sui propri
consumatori e su quelli potenziali, raccogliere e analizzare (oppure organizzare) ricerche specifiche, capire ed elaborare gli elementi
ottenuti sintetizzando quelli fondamentali e utili alla creazione della strategia e del lavoro creativo.

1.1.5 reparto media

Inizia il lavoro il reparto media, oggi la pianificazione e l’acquisto dei messi (media planning e media buying) sono affidati a un
centro media esterno. I centri media offrono i propri servizi ad agenzie concorrenti tra di loro, ma ottimizzano i costi e possiedono
strumenti di ricerca e di pianificazione più sofisticati

1.1.6 servizi amministrativi e finanziari

Questi reparti equivalenti a quelli di qualsiasi impresa o azienda che deve occuparsi di pagamenti e riscossioni, dei rapporti con le
banche, della corresponsione degli stipendi

1.2 Protagonisti e mestieri nell’universo della comunicazione

Numerose figure esterne possono collaborar allo sviluppo della campagna di comunicazione, i visualizer e gli illustratori (freelance)
che disegneranno storyboard e layout sotto la guida del reparto creativo; i Tv producer che segue le fasi della produzione visiva, l’art
buyer che si occupa di trovare tutti gli elementi necessari per produrre una fotografia. I creativi freelance, ovvero AD e CW che si
uniscono al gruppo di lavoro dell’agenzia per un incarico determinato apportando un punto di vista diverso. Gli studi fotografici
specializzati in un’area particolare della fotografia, all’interno di ogni categoria di fotografi, ci sono stili e capacità professionali che
corrispondono ad alcune esigenze di comunicazione e non ad altre. Si possono aggiungere strutture o aziende come le case di
produzione audiovisiva, gli studi di packaging, di graphic design o che si occupano di ricerche di mercato, le concessionarie di
pubblicità o, i centri media. Ci sono anche le seconde agenzie, strutture legate a una grande agenzia o appartenenti a un gruppo
multinazionale, generalmente organizzate pe affrontare settori specifici o per poter lavorare con i concorrenti a prodotto, servizio o
marca gestita dall’agenzia madre, evitando il conflitto d’interessi.

1.3 Le fasi di lavoro di una campagna

Lo studio di una campagna prende il via da una richiesta del cliente, che avviene nel corso di una riunione. Al briefing c’è sempre un
account, ci saranno una o più persone del centro media. Campagna particolarmente impegnative rendono indispensabile la presenza
di uno strategic planner, così come non si può fare a meno del direttore creativo. Le complessità del briefing variano a seconda che si
tratti di u cliente che l’agenzia ha acquistato da tempo, o di uno nuovo. Nel primo caso il briefing potrà essere più veloce.

PRODOTTO: le caratteristiche principali sono quelle di conoscere la storia del prodotto, la storia dei prodotti non serve solo per
farne nascere dei nuovi, ma può fornire spunti validi per una campagna

MERCATO: è indispensabile conoscere i trend delle vendite dei prodotti nei quali opera. Queste informazioni, anche se a livello
meno approfondito, sono necessarie per il planner e l’account.

SCENARIO DEI CONSUMI: nelle tendenze del momento che sono direttamente o indirettamente collegabili alla tipologia
merceologica oggetto della campagna. I momenti principali durante i quali viene consumato, assieme a cosa viene gustato, con che
tipologia di prodotti può essere sostituito

MARCA: è fondamentale capire come è nata e si è evoluta, cosa la distingue dai competitor

CONCORRENTI: capire cosa offrono, quali sono i loro plus e i minus

LA NOSTRA COMUNICAZIONE E QUELLA DEI COMPETITOR: conoscere come nel passato e nel presente la nostra marca e le
marche concorrenti si siano rivolte al pubblico, conoscere quali mezzi sono stati utilizzati, gli investimenti pubblicitari, la pressione
pubblicitaria esercitata espressa in GRP

CONSUMATORE: è sempre più difficile raggiungere le persone in un mercato sempre più competitivo, non solo perché i media
sono più numerosi rispetto a pochi anni fa, ma anche perché abbiamo un interlocutore sempre più attento, che sa apprezzare le
marche, ma è meno portato ad un rapporto di fedeltà a una sola

GLI OBIETTIVI E LE STRATEGIE DI MARKETING


IL BUDGET: per formulare una scelta corretta dei media e del calendario della campagna, è necessario sapere quale sia
l’investimento che il cliente metterà a disposizione. Il cliente presenta anche quello che ritiene sia il problema che la nuova
compagnia dovrà risolvere.

La pubblicità può fare molto, come risolvere un problema di conoscenza e di immagine della marca, ma da sola non è in grado di
ovviare a carenze nella distribuzione o rimedire a un rapporto qualità\prezzo deficitario. Ci sono aziende strutturate con brand
manager che al posto di un brief d’agenzia redigono un vero e proprio brief creativo. Un’invasione di campo che risulta difficilmente
gradita. L’account prepara un time table che, partendo da quello che sarà il giorno in cui la campagna avrà inizio (on air), procederà a
ritroso. Contemporaneamente lo strategic planner è al lavoro, deve leggere le ricerche disponibili e verificare se siano necessarie altre
informazioni. Talvolta si rende necessario procedere a una nuova ricerca. Di solito ci si affida alla tecnologia del focus group, che
favorisce il libero flusso delle idee. Se i tempi e il budget destinato dal cliente alle ricerche di marketing lo consentono, i risultati dei
focus group possono costituire la prima fase del lavoro, per passare successivamente a una fase estensiva. In questo caso si parla di
ricerche quali-quantitative. La ricerca può testare anche dei posizionamenti pubblicitari, altrimenti detti positioning, magari espressi
con dei concept con un taglio creativo.

La strategia prepara dei planner, viene presentata al copywriter e all’art director durante il briefing creativo, riunione nel corso della
quale viene discusso il documento di brief creativo. Dopo il briefing, la coppia creativa può iniziare il proprio lavoro in una sorta di
brainstorming. Prima della realizzazione delle proposte creative possono essere sviluppati dei concept, compito degli strategic
planner. Per la presentazione del loro lavoro all’interno dell’agenzia, i creativi possono limitarsi a raccontare le loro idee, oppure le
presentano in prima bozza sotto forma di rough, cioè degli schizzi, se devono studiare una campagna stampa o affissionistica, o una
breve sceneggiatura se si tratta di uno spot. Gli account incaricati di gestire il cliente e lo strategic planner fanno le loro osservazioni,
esprimono le loro preferenze, richiedono eventuali modifiche o approfondimenti. Insieme concordano le proposte più corrette per la
marca e i suoi obiettivi e che saranno quindi presentate al cliente. Mediamente si presentano tre proposte, per la presentazione al
cliente le proposte vanno finalizzate.

I rought si trasformano in layout anche grazie all’aiuto di illustratori esterni o si procede a lavorare esclusivamente con computer, con
immagini di archivio o con scatti di prova realizzati ad hoc. Le foto o gli art work (illustrazioni) vengono impaginati con i testi. Uno
spot può essere presentato con diverse modalità. La più semplice è quella dello script, che è suddiviso verticalmente tra la descrizione
di quello che apparirà nel video, quindi la parte visiva, e quella verbale, cioè quello che gli attori o lo speaker pronunceranno, come
pure l’indicazione della presenza di rumori o di musica. La presentazione dello script può essere accompagnata da disegni o da foto,
da alcuni visual key (immagini guida). Una visione più completa è rappresentata dallo storyboard, una sequenza di immagini,
solitamente disegnate. Con i disegni che servono per uno storyboard si può preparare un animatric, una versione più sofisticata
dell’animatric è il rubamatric, realizzato con l’utilizzo di spezzoni di film. Quando si presentano le prime soluzioni creative alcuni
elementi non sono ancora stati finalizzati, come i bodycopy degli annunci stampa. È basilare, che i layout siano completi di headline
e di pay off, ma in una fase inziale, un finto testo riempie lo spazio destinato al bodycopy.

In alcuni casi vengono girati dei veri e propri film di prova, talvolta il cliente decide di fare una verifica di una proposta, o metterne
due a confronto, attraverso una ricerca, si chiama copy test, può essere condotto con diverse modalità, come l’utilizzo di focus group
o attraverso delle veloci interviste individuali. L’annuncio può essere testato singolarmente o inserito insieme a campagne
pubblicitarie esistenti di altri prodotti in quella che si chiama una “finta rivista”. In questo caso occorre che la proposta creativa sia
finalizzata al meglio, in modo da sembrare un vero annuncio, si chiama il finished layout.

I test servono a comprendere se l’annuncio ha capacità di: ottenere impatto e di farsi ricordare, modificare l’atteggiamento del
destinatario nei confronti della marca (capacità di persuasione e di propensione all’acquisto). Compiti dei test è anche raccogliere gli
elementi maggiormente graditi e, per contro, sgraditi dell’annuncio.

La presentazione al cliente può avvenire attraverso diversi step. Le aziende prevedono una serie di riunioni: la prima con il brand
manager, poi con il marketing manager, con il direttore commerciale e infine con l’amministratore delegato.

Una volta scelta la proposta creativa si va a produrre la campagna. Nelle strutture più grandi esiste la figura dell’art buyer, che tiene i
rapporti con i fornitori esterni quali fotografi e illustratori, e il reparto cinema, che tiene i contatti con le case di produzione di spot
televisivi e radiofonici. Dopo aver deciso a chi affidare la realizzazione dello spot o la foto dell’annuncio stampa e la firma dei
preventivi, viene organizzato il PPM (pre production meeting) dove partecipano il cliente, i creativi, gli account, il fotografo e l’art
buyer se deve essere realizzata una campagna stampa, o il responsabile del reparto cinema, il producer dell’agenzia, lo staff della casa
di produzione cinematografica e il regista. A seconda del lavoro da svolgere è presente anche lo scenografo e uno stylist. Nel corso
del PPM vengono definiti gli aspetti relativi alla realizzazione dello shooting, compresa la scelta degli attori che avviene attraverso
un casting, insieme all’individuazione della location. La scelta di un’eventuale musica, può trattarsi di un brano esistente o di un
jingle che va creato e prodotto ad hoc. Lo scenografo provvede ad illustrate gli ambienti, mentre l’art buyer del fotografo o il
producer della casa di produzione presenta una serie di oggetti da scegliere (chiamati props nello slogan degli addetti al lavoro), che
saranno importanti nel contesto dello spot o della foto.

Nel corso del PPM il regista presenta lo shooting board, nel quale viene fatto un disegno di ogni scena, molto più vicino a quello che
sarà il risultato fonale più di quanto potesse fare lo storyboard progettato dai creativi, in quanto prevede le singole riprese e i relativi
tempi. Il set di uno spot è animato da molte persone, per ogni parte del corpo che richieda un primo piano l’attrice o l’attore può
essere sostituito da qualcuno, alle riprese assiste il team creativo, l’account e spesso anche il cliente. Lo shooting di uno spot dura un
paio di giorni, dopo occorre fare una selezione del materiale girato, il montaggio con audio, aggiungendo il loro e le eventuali scritte.
La produzione di uno spot radiofonico è invece piuttosto veloce, i tempi si dilungano se occorre incidere un jingle o acquistare i
diritti musicali e\0 editoriali di un pezzo esistete. Nel caso di una campagna stampa le foto vengono visionate insieme al cliente prima
di smontare il set. La realizzazione di uno spot, invece, ha dei costi maggiori e la situazione peggiora se occorre ricostruire un set.

La finalizzazione degli spot (post produzione) è affidata alla casa di produzione con la supervisione dell’agenzia. L’adattamento
dell’annuncio nei vari formati sarà compito del reparto di produzione. Negli stessi giorni nei quali l’agenzia ha iniziato a progettare la
strategia creativa il centro media ha cominciato a occuparsi del media planning che consiste nella scelta dei media ottimali per
raggiungere il target group destinatario. Naturalmente, la definizione di quale mezzo utilizzare deve essere fatta prima di dare il
briefing ai creativi.

Il passo successivo consiste nel media buying quindi nella trattativa dell’acquisto degli spazi. L’agenzia consegna degli impianti agli
editori o alle concessionarie di pubblicità, questi ultimi li inviano alle società affissionistiche, i materiali digitali sono consegnati
dalle case di produzione alle emittenti televisive e radiofoniche o alle concessionarie. Il tempo che intercorre tra la consegna dei
materiali e l’inizio della campagna varia a seconda dei mezzi. Per i quotidiani sono sufficienti pochissimi giorni, anzi, poche ore. La
pubblicità esterna richiede invece tempi più lunghi.

Nel corso della campagna, o al termine della stessa, possono essere effettuate delle ricerche per valutarne il ricordo e per
comprendere se la brand awareness (conoscenza della marca) è aumentata. Queste informazioni si ottengono con ricerche
quantitative, mentre l’atteggiamento nei confronti della pubblicità erogata e la brand image (immagine della marca) percepita
vengono “testati” attraverso indagini quali-quantitative.

2 Struttura dell’agenzia digitale

Il compito dell’agenzia digitale è quello di coinvolgere il consumatore che non accetta più il ruolo passivo. Dunque il ruolo
dell’agenzi digitale consiste nello sviluppare talenti e infrastrutture tecnologiche per catturare l’attenzione e la partecipazione attiva
dei potenziali consumatori e costruire una nuova relazione. Può offrire servizi di pubblicità digitale o proporre soluzioni
tecnologiche. Possiamo ipotizzare una struttura orizzontale e multidisciplinare che tende a lavorare come un team e non come cellule
separate, permette di affrontare il problema in modo flessibile, con visione e ottiche molto diverse per poi definire uno specifico team
di lavoro con le persone e le competenze ben determinate. Sono cambiati il comportamento del consumatore e il suo rapporto con la
marca. Questo implica un approccio diverso e un necessario coinvolgimento dello stesso che generi una relazione con la marca.
Saranno necessari: un esperto di analisi dei dati, perché questi ultimi raccontano “comportamenti”; un esperto in nuove tecnologie
digitali, per capire quali prodotti digitali o strumenti interattivi sia conveniente uilizzare, un creativo di strategia che si occuperà
dell’operatività, un esperto in connected retail, vista l’importanza che riveste ancora il punto vendita. La “connessione” on line\off
line avviene nel punto vendita, i negozi devono anche formare i propri dipendenti e farli diventare difensori del brand.

LA RETORICA IN PUBBLICITA’

La retorica è l’arte del dire e le caratteristiche base della retorica è la figuratività, i testi in cui viene utilizzata questa caratteristica,
sono più vivi e coinvolgono in modo più elevato il lettore del messaggio. Il messaggio pubblicitario tenta di coinvolgere e di rendere
partecipe il ricevente comunicandogli il messaggio attraverso diversi metodi:

- L’uso di pronomi personali come tu vuoi, lei o forme verbali dirette come l’imperativo, comunica al consumatore il suo
ruolo di target della comunicazione (es. drink cola la richiesta è diretta, in questo modo si dice al consumatore: comprami
- Al consumatore ci si può rivolgere con un tono intimistico così da avvicinarlo alla marca, con l’utilizzo di “tu” ad esempio
in La Coop si tu, si vuole avvicinare sempre di più il consumatore creando un rapporto di amicizia o famigliarità. Questa è
una strategia comunicativa utile per coinvolgere il target tramite un rapporto personale.
- La narrazione è forse il più potente strumento per aumentare il grado di coinvolgimento e anche le pubblicità di breve
durata possono comunicare narrazione. Viene utilizzata la prima persona singolare (io) per introdurre una narrazione
- I messaggi devono essere lineari così da non confondere le idee del ricevente
- La struttura del messaggio varia a seconda di chi è il ricevente del messaggio, si utilizza la semplicità per un target
plurisegmentato, mentre si utilizza la complessità strutturale se si comunica un target d’élite
- Si utilizza il doppio senso per coinvolgere il target in un messaggio, il messaggio ha la struttura di un puzzle, il quale è più
coinvolgente ed incrementa il ricordo, in quanto la sua struttura richiede una risoluzione da parte delle persone che
ricevono il messaggio
- La pubblicità è propensa a riprendere fasi e formule conosciute in quanto creano un richiamo all’espressione originale; le
espressioni vengono riprese dalla cultura popolare e per questo saranno più riconoscibili

Figure retoriche

Le funzioni delle principali figure retoriche si individuano in diversi fattori che sono:

- amplificazione del significato del discorso


- chiarezza nell’identificare il concetto fondamentale e garantiscono la comprensione del testo
- danno rilievo al pensiero principale ponendolo in primo piano
- creano curiosità ed interesse

Figure morfologiche

Sono strumenti retorici che intervengono nell’ambito della parola e sono:

- rima: Rowenta per chi non si accontenta


- assonanza: consiste nella ripetizione di vocali delle parole (amadori per veri amatori)
- allitterazione: consiste nella ripetizione del suono consonantico inziale della prima parola tonica in due o più parole
(cioccolato Novi. Svizzero? No, Novi)

Figure sintattiche

Sono strumenti retorici che incidono sulla struttura della frase e sono:

- anafora: petizione di una o più parole di duo o più versi


- Chiasmo: inversione dell’ordine delle parole
- Ellissi: consiste nell’omissione di parte di una frase o di un’espressione recuperabile che può essere integrata su
conoscenze esterne

Figure semantiche

Sono strumenti retorici che intervengono sui contenuti delle espressioni modificandone in vario modo il significato

- Metafora o similitudini
- Antonomasia: attribuire un nome diverso ad un nome di cosa o di persona date le sue qualità

Figure logiche

Agiscono sulla logica complessiva dell’enunciato, il senso dell’intero enunciato si modifica operando al di la del significato letterale:

- Ironia
- Iperbole: esagerazione del significato

LA CREATIVITA’

1 Che cos’è: definizioni e studi

I creativi sono sempre esistiti, “inventori”, “geni”, “esploratori”, “rivoluzionari”, il dibattito parte già dal fatto che non c’è una
precisa e condivisa definizione. La creatività è la capacità di creare, d’inventare, viene accostata a una capacità, lasciando aperta la
possibilità che possa essere acquisita, sviluppata e anche migliorata. Il dizionario di psicologia presenta la creatività come un
carattere del comportamento umano, riscontrabile in alcuni individui capaci di creare nuove connessioni tra pensieri e cose, che
portano a innovazioni e a cambiamenti. Dal secondo dopoguerra si moltiplicano ricerche e scuole di pensiero sulla creatività e sulle
sue applicazioni pratiche, Henri Poincaré afferma che la creatività è la capacità di associare elementi esistenti in nuove combinazioni
utili. Mel Rhodes invece divide la creatività in quattro aree fondamentali, la prima punta a identificare le caratteristiche della persona
creativa; la seconda i comportamenti del processo creativo, poi sono presenti gli aspetti del prodotto creativo (ciò che viene
contenuto) e le caratteristiche dell’ambiente (press) che favorisce la creatività. In Italia, Alessandro Amadori e Nicola Piepoli
connotano la creatività come capacità del cervello e della personalità umana di dare vita a produzioni, mentali o materiali, astratte o
concrete, caratterizzate da tre proprietà, e cioè originalità, corrispondenza a una motivazione, possibilità di ottenere un
riconoscimento dalla società. Alex Osborn negli anni quaranta plasma la tecnica di brainstorming; in seguito modella il creative
problem solving process, la creatività allarga i propri ambiti dalla semplice generazione di idee all’indagine, alla scelta del problema
da affrontare e alla definizione di azioni da mettere in pratica.

Esperienza, cultura e sapere sono alla base di un buon pensiero creativo ma non sufficiente a creare novità e innovazione, c’è
differenza tra creatività e immaginazione, l’immaginazione è l’atto di portare a un livello conscio cose che non sono presenti, quindi
è confinata in uno stato o processo mentale, mentre la creatività presuppone anche il fare, il mettere in pratica. L’immaginazione
riguarda il fatto di vedere ciò che non esiste, la creatività è usare l’immaginazione per creare soluzioni utili. L’innovazione è prendere
sistemi esistenti di idee e migliorarle. L’innovazione è il modo per vedere come qualcosa possa funzionare nel futuro. Se invece si
cerca di creare un modo nuovo per risolvere un problema, si utilizza il pensiero creativo.

2 Le teorie del cervello destro e del cervello sinistro

Il cervello e il suo funzionamento sono stati oggetto di numerosi studi. Roger Sperry nel 1961 teorizzò che gli emisferi del cervello
svolgono compiti differenti: quello sinistro dovrebbe governare le funzioni logiche, razionali, verbali; mentre al destro appartiene la
sfera dell’emotività. La parte destra sviluppa libere associazioni ricercando la diversità e dando vita a molteplici soluzioni. Quella
sinistra sarebbe preposta alle scelte, mettere i dati in evidenza e in ordine sequenziale, analizzare e catalogare verso soluzioni
razionali e possibili. Una delle ipotesi è che lo sviluppo di un’idea abbia un vero “percorso”, dopo le prime impressioni fornite da
un’idea, la mente cerca di trovare delle convalide razionali. Emerge il fatto che ci siano almeno due tipi di pensiero, quello generativo
o creativo e quello razionale o selettivo. Affermare che si possano usare strumenti e tecniche che guidano l’utilizzo pratico di questi
due tipi di pensiero.

3 Misurare la creatività

Chiedersi se sia o meno possibile individuare e misurare il livello dell’abilità creativa posseduta da un individuo, ci si è dedicati a
scoprire se fosse anche possibile migliorarlo, la risposta è affermativa, inoltre non solo gli individui differiscano per l’abilità creativa,
ma anche nello stile di creatività. La misurazione della creatività venne effettuata per valutare tre “capacità”:

1. Flexibility: generare una varietà di i dee e risposte, in diversi ambiti, e vedere le cose da differenti punti di vista
2. Fluency: generare un gran numero di idee o risposte
3. Originality: uscire dagli schemi ovvi per creare novità

4 Creatività vs. intelligenza

Sternberg propone la suddivisione dell’intelletto in tre parti: analitico, pratico e creativo. Gardner addirittura definisce almeno otto
intelligenze diverse, sei in più delle standard (linguistica e logica) che sono intelligenza linguistica, logico matematica, spaziale,
musicale, corporeo cinestetica, personale (interpersonale e intrapersonale), naturalistica ed esistenziale. Intelligenza e creatività
sembrano distinti anche se correlati.

5 Pensiero divergente e pensiero convergente

Guilford nel 1967 sostenne che il pensiero e i suoi processi creativi possono essere frazionati in una serie di fattori, teorizzò una netta
separazione tra le modalità che utilizziamo per pensare: pensiero divergente e pensiero convergente. Dagli esperimenti risulta che
l’individuo in un primo momento si allontanasse dalla soluzione attesa, percorrendo strade strane e meno razionali finché il pensiero
logico lo facesse focalizzare verso l’unica, plausibile e applicabile soluzione. Guilford etichettò il pensiero divergente come pensiero
creativo, affermando che è più efficace inizialmente aprire la mente verso idee inusuali e solo in seguito scegliere quella che parte la
migliore.

6 Il processo creativo

La creazione di una nuova idea segue un vero e proprio “processo”. La prima teoria, quella di Graham Wallas del 1926 descrive
queste fasi:

PREPARATION: consapevolezza dell’esistenza di un problema, ricerca di informazioni, dati e primi spunti di risoluzione, fa fede
alla propria esperienza

INCUBATION: si cerca di “dimenticare” il problema, lasciando libero il pensiero, ci si deduca ad altro, si affida all’inconscio lo
sviluppo dei dati

INTIMATION: si avverte un chiaro segnale che la sensazione di caos si stia risolvendo, organizzando

INSIGHT: dal caos si genera un’intuizione spontanea

TEST: l’individuo traduce l’intuizione in una tesi o soluzione e la spiega

John Young considera il processo creativo come “una catena di montaggio” e ne ipotizza cinque fasi:

1 raccolta delle materie prime (dati e informazioni riguardanti il problema)


2 elaborazione mentale per creare combinazioni nuove
3 incubazione con distrazione del pensiero volontario
4 ideazione avviene l’intuizione (sostiene che avvenga proprio perché si smette di cercare la soluzione)
5 adattamento e messa in partica dell’idea

7 Metodo di creatività deliberata


Per creatività deliberata di intende un processo volontario di ricerca di una soluzione innovativa a un problema

7.1 TRIZ: il concetto di contraddizione e i quaranta principi

TRIZ è l’acronimo di “teoria per la soluzione dei problemi inventivi”, sviluppata dal sovietico Altshuller. TRIZ diventa una
metodologia per lo sviluppo di innovazioni e il miglioramento di vecchie invenzioni. Presi e analizzati oltre 200.000 brevetti il
sovietico tentò di capire come le invenzioni venissero generate a livello di pensiero, è utile soprattutto nell’invenzione o sviluppo di
nuovi prodotti più che nella soluzione di problemi organizzativi o di marketing. Per risolvere un problema, ma non viene cercata una
soluzione specifica, bensì lo si generalizza e si segue una via di astrazione dello stesso.

TRIZ si svolge attraverso cinque fasi:

1. Definizione del problema


2. Formulazione del problema
3. Categorizzazione del problema
4. Sviluppo delle soluzioni
5. Scelta delle soluzioni

Questa teoria ha rivelato come le invenzioni migliori siano emerse dal superamento delle contraddizioni: adottare dei compromessi.
Lo studio dei brevetti servì a comprendere che tipo di contraddizione fosse stata risolta dall’invenzione e come. Il problema che
vogliamo risolvere è stato già affrontato da altri e\o in altre situazioni o applicazioni. Le contraddizioni riguardano sempre due fattori
e possono essere di due tipi: tecniche (TC) e fisiche (PC). Nelle TC per esempio lo schermo del computer è più luminoso ma
consuma più energia, nel PC per esempio per fare una plastica più resistente ma che al contempo sia biodegradabile. Invece di
accontentarci di una contraddizione come quelle presentate sopra, TRIZ ci suggerirà come superarla tecnicamente o modificare le
caratteristiche fisiche o funzionali, si avvale di un meccanismo organizzato attraverso quaranta principi detti “di contraddizione”

7.2 Synectics (“sinettica”) e le analogie

Significa “tecnica dell’unione degli elementi” o “tecnica della concentrazione delle idee”, si fonda infatti sull’impiego di analogie e
metafore. Il modello è stato sviluppato da Gordon e Prince e parte dal presupposto che ogni individuo, all’inizio della propria vita
possegga una natura creativa che crescendo si va gradualmente spegnendo. Educazione e comportamenti che diventano abitudini
racchiudono il pensiero in schemi, ne deriva una perdita di originalità e flessibilità. Si ricercano somiglianze fra campi diversi per
trovare soluzioni innovative. Allo stesso tempo la persona viene deliberatamente portata ad allontanarsi dal problema proprio per
liberarsi dai condizionamenti e dal “solito”. Quando la nostra mente si trova a contatto con eventi che non riconosce, tende a
riportarli in schemi definitivi, a confrontarli con informazioni che provengono dall’esperienza e, infine, a trasformare ciò che è
inconsueto in ciò che è già familiare e conosciuto. Al contrario, cambiando l’angolazione da cui il problema viene visto, ci si può
avvicinare a nuove ipotesi, idee e innovazioni. Il processo della sinettica prevede cinque fasi:

1. Definizione del problema


2. Chiarificazione del problema
3. Risoluzione del problema
4. Creazione di connessioni
5. Proposte e intervento

Il problema da affrontare viene messo in relazione con un’analogia, si sviluppa al massimo quest’analogia e si adatta infine questa
incrociandola con il problema, è fondamentale la presenza di un “esperto” per guidare il processo creativo.

7.3 De Bono: il pensiero laterale e “sei cappelli per pensare”

De Bono padre del pensiero laterale inventò un concetto antagonista del pensiero verticale, basato invece sulla logica. Sostiene che il
nostro cervello vede solo ciò che è abituato a vedere, noi vediamo il mondo e i suoi problemi non come sono, ma come li “possiamo
vedere”. La realtà che percepiamo è una proiezione filtrata attraverso le nostre esperienze e perciò non assoluta. Il lateral thinking,
un’attitudine mentale di pensiero non convenzionale e consente di generare nuove idee, trovare soluzioni diverse. Il metodo logico
(verticale) non riesce a farci arrivare a soluzioni soddisfacenti: è qui che la mente deve produrre nuove idee grazie al pensiero
laterale. Il lateral thinking si basa su quattro principi guida:

1. Identificare le idee dominanti: quando cerchiamo soluzioni, siamo portati a partire da idee che condizionano anche le
successive, dobbiamo distorcerle fino a distruggerle
2. Usare nuovi metodi d’indagine: la persona che possiede il problema influenza il risultato ottenuto, vedere il problema senza
pregiudizi consentirà di trovare soluzioni nuove e originali
3. Affrancarsi al controllo del pensiero verticale che, sterile di idee originali, tenta di eliminare le alternative
4. Utilizzare il caso e l’errore per formulare nuove idee.

Il pensiero laterale è una forma mentis che può giungere solo con l’esercizio e l’applicazione a casi reali. Su questi fondamenti si
sviluppa poi il suo modello pratico, i “six thinking hats” che applica il parallel thinking sistema derivato al lateral thinking.

PROVOCAZIONE E MOVIMENTO sono i principi guida del sistema, è quando la nostra mente viene provocata che il pensiero
tende riorganizzare le informazioni e far emergere nuove connessioni
7.3.1 il metodo “sei cappelli per pensare”

il “cappello” identifica un ruolo preciso, utile allo sviluppo del processo creativo; indossare il cappello significa mettersi
volontariamente nella condizione di pensare “con quel cappello in testa”. I sei cappelli sono strumenti che ci aiutano a interpretare, il
ruolo a cui corrispondono. Se il processo viene usato in modo individuale, si indossano i cappelli in sequenza e si procede nelle fasi;
quando invece viene eseguito in gruppo, i cappelli vengono indossati da persone diverse.

I sei cappelli hanno colori diversi:

- cappello bianco (neutralità) significa fornire informazioni che mirano a descrivere la realtà senza dare interpretazioni o
giudici personali
- cappello rosso (emotività) dà valore agli elementi non razionali, le intuizioni e le opinioni soggettive, chi lo indossa ha la
libertà di interpretazione
- cappello nero (critica) fa riferimento al pensiero razionale serve a mettere in risalto l’aspetto logico-negativo, mette alla
prova i fatti, sviscera il problema e ne valuta i punti deboli, i difetti, i rischi delle idee e delle soluzioni
- cappello giallo (positività) alimenta i giudizi positivi, evidenzia i vantaggi delle idee, è un pensiero costruttivo, non è quello
della creatività, ma la sua caratteristica positiva è fondamentale nel processo creativo.
- Cappello verde (creatività) i suoi obiettivi sono l’innovazione e il cambiamento; indossarlo implica l’apertura a essere
creativi, cercare le cose insolite
- Cappello blu (controllo) è l’organizzatore, il facilitatore; serve a organizzare il processo e verificare il problema a cui far
fronte e a garantire che si osservino e regole.

7.4 Il creative problem solving (CPS Osborn-Parnes)

Osborn negli anni Quaranta, iniziò a chiedersi e studiare perché alcune persone fossero più creative di altre. Il suo intento era di
costruire un modello pratico da seguire per migliorare la propria creatività. Formulò nel 1953, il processo di CPS (creative
problem solving). Il potenziale creativo delle persone si può sviluppare cercando di limitare l’effetto che i giudizi e gli schemi
mentali hanno sulla creatività. Affinché le persone fossero creative nel lavoro e negli affari, si sarebbe dovuto insegnare loro
come pensare in modo creativo sin dalla scuola. Ruth Noller descrive il creative problem solving come la somma delle sue parti:
“creative” significa avere un elemento di novità, di innovazione; “problem” è ogni situazione che presenta una sfida, offre
un’opportunità o contiene un ostacolo; “solving” significa ricercare modi di risolvere o soddisfare il problema e vuol dire anche
adattare se stessi alla situazione e la situazione a se stessi. Il CPS si fonda su due postulati:

- Ognuno è creativo in qualche modo


- Le capacità creative possono essere insegnate

La creatività utilizza l’immaginazione e tutti hanno immaginazione, la creatività è un assemblaggio i momenti e di tecniche che
possono essere imparate. Il metodo di CPS si basa sul processo naturale che ognuno di noi usa per risolvere i problemi; processo che
è stato studiato e così ordinato in sequenza cronologica:

- Chiarire il problema da affrontare


- Generare idee
- Mettere a punto la soluzione
- Fare un piano di azione e mettere in pratica la soluzione

Il CPS usa in ogni fase in cui si attiva il pensiero divergente e, successivamente, uno in cui si usa quello divergente.

Per la divergenza:

- Rinviare il giudizio: sospendere il giudizio aiuta nella fluidità


- Ricercare la quantità: generare il maggior numero di alternative o idee possibili, poiché dalla quantità si genera in seguito
qualità
- Ricercare idee pazze e “wild”: estendere il pensiero ad alternative insolite anche non pertinenti
- Combinare le opzioni: mettere insieme più proposte e idee consente di ottenerne di nuove

Per la convergenza:

- Utilizzare giudizi affermativi: suggerisce di guardare il lato positivo e i punti di forza, senza perdere tempo a criticare
- Essere risoluti: prendere decisioni e adottare scelte con determinazione
- Ricercare l’originalità: fondamentale per mantenere il senso di innovazione, cercare di scegliere al di fuori del solito modo
di pensare
- Tener presenti gli obiettivi: le scelte devono essere effettuate in modo comunque coerente con gli obiettivi delineati

Il più noto modello di CPS, l’Osborn-Parnes, è suddiviso in sei fasi: in ognun viene usato prima il pensiero divergente e poi quello
convergente, le prime tre fasi implicano la definizione del problema:
1. Objective finding
2. Fact finding
3. Problem finding

Prima di tutto si analizza l’obiettivo che ci poniamo (objective finding), in seguito si cercano le informazioni e i dati (fact finding) e
infine si mettono in luce i problemi che, una volta superati e risolti, ci faranno raggiungere il nostro obiettivo (problem finding)

Seguono le altre fasi:

4. Idea finding: la generazione di idee


5. Solution finding: si scelgono le migliori idee cercando di costruire la soluzione completa
6. Acceptance finding: o piano d’azione, un calendario delle azioni che vanno fatte (quando andranno fatte), vengono stabiliti
i collaboratori, e come dovremo fare per evitare o superare gli ostacoli.

Ad ogni fase avremo un primo momento in cui produrremo diverse opzioni, diverse informazioni, diverse idee e, successivamente
sceglieremo, tra quelle prodotte, le alternative più utili. La prima fase prevede di trovare l’obiettivo ovvero la sfida da affrontare che
ci verrà fornita dal cliente; la fase due è quella di trovare le informazioni, ovvero dei dati che ci verranno anche questi forniti sia dal
cliente che dal nostro account dell’agenzia; la fase tre è quella di trovare il problema, ci servirà a chiarire bene qual è il vero
problema da affrontare (non è ‘obiettivo che vogliamo raggiungere, che è già chiaro, ma ciò che dobbiamo risolvere); la fase quattro
è quella di generare idee e concept per la campagna. Facciamo un brainstorming, guardiamo altre campagne, giriamo un po' su blog e
social, in questa fase promettiamo di non giudicare subito le nostre intuizioni proprio per non bloccare il “flusso creativo”. In un
secondo momento, grazie al supporto del direttore creativo, tra le idee create ne scegliamo un paio che andranno a valutare e
sviluppare più a fondo. La penultima fase è quella di trovare le soluzioni, mettere a punto gli storyboard dei due spot da presentare al
cliente. L’ultima fase ovvero il piano d’azione dove il cliente ha scelto la soluzione.

Il piano prevede di mettere a punto tutte le fasi che porteranno al lancio dello spot in TV, si dovrà valutare, dopo che lo spot è andato
in onda, il successo che ha ottenuto.

Solitamente la ricerca di una soluzione per un problema definito è un’attività di gruppo. L’atmosfera che va creata durante l’utilizzo
dei processi creativi è dinamica, vivace e propositiva, colori e musica possono essere utili a stimolare la produzione di idee.

8 alcuni dei tool più usati


8.1 tecniche divergenti

va ricordato si usare le regole guida del pensiero divergente, il CPS si sviluppa grazie all’utilizzo di specifici strumenti e tecniche.

BRAINSTORMING: ideato a Alex Osborn è una sessione che produce una lista di alternative, idee, opzioni che vengono
successivamente valutate, scelte ed elaborate. Il vantaggio è quello di riuscire a creare un maggiore numero di idee in minor tempo.
Accresce il potere di associare tra i membri del gruppo che si stimolano a vicenda. La sospensione del giudizio sta alla base del
processo, ognuno deve sentirsi libero di esprimere le proprie intuizioni senza temere il giudizio. Consiste nei seguenti passaggi:

- scrivere ben visibile l’obiettivo\problema su cui si sta lavorando


- assegnar un tempo di generazione di idee
- iniziare, senza alcun tipo di esitazione, a sire le proprie idee a voce alta, in forma di slogan, senza descriverle troppo
- uno del gruppo, il leader o facilitatore, segna sulla lavagna a fogli mobili ogni idea
- cercare di usare la formula di “titolo” o “slogan” che catturi l’essenza dell’ide
- decidere un numero minimo di idee e continuare finché non lo si è raggiunto
- appendere i fogli on le idee alle pareti, in modo che queste siano visibili a tutti
- invitare i partecipanti a combinare le idee che sono emerse in precedenza

POST-IT BRAINSTORMING: si articola nelle seguenti fasi:

- scrivere ben visibile l’obiettivo\problema su cui si sta lavorando


- ricordare ancora una volta ai partecipanti di usare le regola guida per il pensiero divergente
- dare ad ogni partecipante un blocchetto di post-it e un pennarello
- scrivere ogni idea a lettere grandi su un post-it
- leggere le idee ad alta voce
- dare il post-it al facilitatore per attaccarlo alla flip chart
- decidere un numero minimo di idee

BRAINWRITING: le sue tappe consistono in

- dare ad ogni partecipante un foglio di lavoro su cui è disegnata una tabella (tre righe per quattro colonne)
- scrivere l’obiettivo\problema
- invitare i partecipanti a pensare a tre idee
- una volta fatto, rimettere il foglio di lavoro al centro del tavolo e prenderne un altro, posato da qualcuno
- leggere le idee sul foglio migliorandole
- continuare a scambiarsi i fogli finché tutte le caselle non sono state compilate
CAMBIARE PROSPETTIVA: trovare nuove idee guardando alla situazione attraverso gli occhi di un’altra persona

LISTA DEGLI ATTRIBUTI: prendere un qualsiasi oggetto e fare una lista di tutte le sue parti, funzioni, caratteristiche e usi. Poi
vanno applicate tutte queste nuove opzioni alla generazione delle idee per risolvere il proprio problema\compito

CONNESSIONI FORZATE: bisogna prendere delle immagini, vanno studiti tutti gli aspetti si questa o dell’oggetto, facendo delle
connessioni con l’obiettivo\problema

ROVESCIARE LA PROSPETTIVA: invertire la domanda “in che modo posso far partecipare più gente al programma di tetro della
scuola?”\ “in che modi posso eliminare il programma di teatro della scuola?”

SCAMPER: questa tecnica prevede di fare alcune delle seguenti domande sulle idee già trovate, per creare delle nuove connessioni

- sostituire: che altre cos puoi usare?


- Combinare: come si possono combinare alcune idee?
- Adattare: a che cosa assomiglia questa idea?
- Modificare: come si può modificare il suo peso, l’altezza, il colore, il suono, la sensazione, la forma?
- Proporre alcuni usi: a cos’altro può servire?
- Eliminare
- Riarrangiare: si può invertire l’idea?

8.2 tecniche convergenti

HIGHLIGHTING: rivedere le idee e scegliere quelle che “centrano il bersaglio”

CLUSTERING: cercare le cose nella lista che sono simili, in relazione tra di loro o che possono essere combinate

PPC: per le migliori idee, bisogna elencare i plus, i potenziali e i concern (dubbi o ostacoli), plus ovvero elencare tre punti di forza
dell’idea, potenziali ovvero elencare tre potenzialità per migliorare l’idea, dubbi o ostacoli ovvero elencare tre preoccupazioni che si
hanno sull’idea e, tre modi con cui superare gli ostacoli ravvisati

POWER DOT: è valido in modo particolare quando si ha un gruppo ampio di persone, viene dato ad ognuno da tre a cinque bolli
adesivi, per far si che le persone facciano un giro guardando le idee e piazzino il proprio bollino su quelle che ritengono migliori

9 Il mind mapping e il radial thinking

Il mind mapping, sviluppato agli inizi degli anni Sessanta da Tony Buzan, è un modo non lineare per organizzare e presentare idee,
una tecnica di divergenza. Le mappe mentali (si prende un foglio bianco e lo si dispone in orizzontale, poi si scrive al centro l’idea o
il problema di partenza e si sviluppano le varie soluzioni in modo “radiale”) organizzano e raffigurano le idee in modo visivo e
interconnesso.

10 Design thinking e visual thinking

Descrivono i modi degli architetti e degli urban planner, il design thinking diventa un metodo di azione creativa, è un metodo
solution based che inizia con il desiderio di un futuro e di una realtà nuovi e migliori, non prendendo subito in esame un problema:
infatti, ricerca gli aspetti “ambigui” della soluzione per individuare percorsi alternativi in grado di condurre verso l’obiettivo.

11 Hermann e la whole brain theory

Ned Hermann nel 1989, nella sua whole brain theory, arriva a teorizzare l’esistenza nel cervello di quattro distinte strutture
specializzate, da esse identifica quattro corrispondenti tipi distinti di pensiero. Partendo dal fatto che gli individui percepiscono le
informazioni prendendo decisioni e risolvono i problemi in modo differente, il whole brain model definisce quattro stili di pensiero,
essi derivano dagli emisferi celebrali destro e sinistro del cervello. I quattro stili di pensiero sono:

1. Analytical (dedito alla risoluzione dei problemi; è logico, matematico e tecnico)


2. Practical (è organizzatore, controllato, conservatore, pianificato, amministrativo)
3. Relational (è interpersonale, creativo, musicale, spirituale, espressivo)
4. Experimental (è immaginativi, sintetizzatore, artistico, dai modi olistici e concettuali)

GLI STILI CREATIVI ’


La pubblicità è cominciata sin dall’antichità, quando i venditori di strada declamavano le caratteristiche della mercanzia esposta in
bella mostra sulle bancarelle, le esigenze come oggi, era di richiamare l’attenzione dei potenziali acquirenti. Nel rinascimento ebbe
un ulteriore evoluzione, nel seicento nacque la réclame che dava per la prima volta la possibilità di inserire annunci commerciali
all’interno delle pagine informative delle neonate gazzette settimanali; i messaggi si presentavano prevalentemente sotto forma di
testo scritto. La prima inserzione pubblicitaria italiana risale al 1691.

La pubblicità affollava gli spazi dei giornali nel 700. Pochi anni dopo sorsero le prime concessionarie specializzate nella raccolta
degli annunci pubblicitari, e fu Attilio Manzoni a fondare la prima concessionaria italiana nel 1863 ancora operante. Precedentemente
alla crisi del 1929, in quel contesto di eccesso e di capacità produttiva, fu indispensabile l’esigenza di fornire al pubblico delle
motivazioni all’acquisto delle merci, occorreva arricchire i prodotti di significati simbolici che li rendessero ancora più attendibili,
nasce così il Marketing: è un ramo dell'economia che si occupa dello studio descrittivo del mercato e dell'analisi dell'interazione del
mercato e degli utilizzatori con l’impresa. Il marketing comprende quindi tutte le azioni aziendali riferibili al mercato destinate alla
vendita di prodotti o servizi, considerando come finalità il maggiore profitto e come causalità la possibilità di avere prodotti capaci di
realizzare tale operazione finanziaria.

In quel periodo la comunicazione pubblicitaria si fece meno artistica e più strategica, l’obbiettivo era rendere evidente quanto grazie
alle merci, la vita degli individui si semplificasse, rendendola, più comoda e piacevole.

PERSONAGGI CHE HANNO CONTRIBUITO ALLA PRODUZIONE DELLA PUBBLICITA’

LEO BURNETT: Fondò un’agenzia pubblicitaria con il suo nome la Leo Burnett Company, ancora oggi esistente e tra le più
importanti al mondo. Il suo stile era genuino, diretto, credibile. Nelle sue campagne prediligeva un linguaggio semplice e utilizzava
soggetti simili alle persone comuni, nelle quali chiunque potesse identificarsi; le sue idee erano semplici, realistiche e condivise,
preferiva far leva su grandi sentimenti popolari. Semplicità del linguaggio e uso di figure credibili e rassicuranti erano gli ingredienti
distintivi della sua forza comunicativa. In ogni prodotto è insito un dramma, il quale una volta individuato, occorreva enfatizzarlo in
maniera chiara e decisa, senza ricorrere a elementi spettacolari o umoristici, i suoi headline erano semplici, diretti e di facile
memorizzazione.

Un altro carattere distintivo del suo stile era l’utilizzo di animaletti antropomorfi che Burnett utilizzava per dotare i prodotti di
un’anima e corpo così da essere immediatamente riconoscibili. La case history di maggior successo è quella delle sigarette Marlboro,
Leo Burnett riposiziona il prodotto a un immaginario completamente maschile.

ROOSER REEVES: Voleva realizzare pubblicità sempre più spettacolari, in grado di distinguere i prodotti costruendo un’aura
solida e coerente della marca. Per lui la pubblicità era qualcosa che aveva a che fare con la scienza e la ricerca, il compito di un
pubblicitario dal suo punto di vista era quello di mostrare i punti di forza dei prodotti. Le sue campagne erano semplici di facile
memorizzazione, vi era un solo elemento forte: la unique selling proposition.

Il suo obbiettivo era di persuadere il pubblico, grazie all’efficacia dei prodotti reclamizzati. Secondo Reeves, ogni pubblicità deve
proporre un beneficio chiaro al consumatore, il beneficio deve essere esclusivo, da non poter essere riproposto dalla concorrenza, il
beneficio deve essere forte da muovere milioni di consumatori. A queste regole, Reeves abbinava la teoria del martellamento,
secondo cui il compito della pubblicità è quello di ripetere incessante il benefit distintivo del prodotto pubblicizzato. Reeves rispetto
agli spot, introdusse per primo il formato da trenta secondi e tra le sue campagne più celebri ricordiamo quella di M&M’s

BILL BERNBACH: Fu la figura più influente del XX secolo nella storia della pubblicità, fu il primo a concepire la fusione
copywriter e art director, realizzando così la coppia creativa. Intuì prima di altri la necessità di aggirare le resistenze del consumatore
ricorrendo ad elementi creativi necessari per attirarlo, informarlo, incuriosirlo e divertirlo. Il suo punto di partenza era: Perché una
persona qualsiasi dovrebbe guardare il vostro messaggio? si poneva il problema di dover ricompensare il ricevente dell’irruzione
dell’annuncio nel contenuto editoriale.

I suoi due tratti distintivi erano: l’ironia e l’approccio negativo che aveva il compito di prevenire le critiche verso i prodotti
anticipando ed enfatizzando i punti di debolezza, rendendoli così dei punti caratteristici del prodotto e non dei veri difetti. Tra le sue
campagne più celebri ricordiamo quella per il Maggiolino della Volkswagen

OGILVY: Intuì per primo l’importanza del brand per costruire comunicazioni efficaci e un’immagine di marca solida, è il fondatore
ed il creatore della pubblicità scientifica moderna, e fu il primo a utilizzare i concetti di brand imagine e brand personality. Celebra il
prodotto che pubblicizza costruendo un mondo di marca unico, in grado di differenziare e rendere riconoscibile il prodotto del suo
annuncio rispetto alla concorrenza. Per le sue campagne amava utilizzare persone di prestigio e gli stessi proprietari delle aziende; si
serviva di lunghe body copy in cui raccontava storie affascinanti di personaggi interessanti. Credeva che essere onesti con il
consumatore fosse una necessità, e riteneva obbligatorio informare i consumatori sui dettagli del prodotto, sui metodi di
fabbricazione e materiali utilizzati. Per le sue campagne metteva in atto il meccanismo del fascino del racconto. Tra le sue campagne
più note troviamo quella per la bevanda Schweppes e quella per la Rolls Royce Silver Cloud.

JACQUES SEGUELA: Crea tra le più importanti campagne pubblicitarie di Francia, lavorando per: Citroen, Louis Vuitton, Club
Mediterranee. I concetti chiavi per lui sono la passion why, una nuova visione alla nota reason why, Alla copy strategy contrappone
la star strategy, la marca secondo il suo pensiero, deve essere gestita come una star, ecco perché le campagne di Seguela prestano
attenzione ad ogni componente del messaggio e si distinguono in maniera netta per l’impiego di grande qualità formale, per l’utilizzo
di un linguaggio forte e aggressivo.

Si tratta di comunicazioni di grande impatto e spesso al limite della provocazione. Seguela riteneva che la crescente
standardizzazione delle merci rendesse superate le tecniche basate sull’enfasi delle caratteristiche e benefici del prodotto e che fosse
necessario usare una comunicazione che rendesse riconoscibili e unici i prodotti, mettendoli in scena in maniera spettacolare.
Secondo Seguela il prodotto deve avere un fisico (immagine del prodotto al pubblico), un carattere distintivo, e uno stile unico ed
inimitabile. Il carattere deve essere coerente, mentre fisico e stile possono variare a seconda dei cambiamenti culturali.

ARMANDO TESTA: passò dalla realizzazione di manifesti pubblicitari, alle confezioni di prodotti, dalle copertine ai loghi
aziendali, a lui si devono le invenzioni dei personaggi: Caballero e Carmencida del caffè Paulizza di Lavazza, dall’ippopotamo
azzurro Pippo per i pannolini Lines. Lo stile Armando testa si caratterizzò per gli sfondi bianchi, uso di colori primari e forme
semplici con grande impatto comunicativo. Il gruppo armando testa diretto oggi dal figlio Marco, è la più grande agenzia
pubblicitaria italiana per fatturato e attività. Ha realizzato la campagna pubblicitaria di Esselunga.

GAVINO SANNA: ha esordito nel mondo della pubblicità negli anni 60, ha lavorato nello staff di Richard Nixon, per la campagna
Barilla, per Mulino Bianco. Tra i suoi lanci promozionali di maggior successo abbiamo quello di Giovanni Rana, Fiat, Perugina,
Coca Cola, De Cecco, Tuborg, Simmental e Ariston. Nel 2002 affianca anche Silvio Berlusconi.

LA STRATEGIA CREATIVA

1 Strategia e strateghi

Stratega, colui che conduce l’esercito.

Il compito di progettare la strategia creativa viene affidato allo strategic planner, questo ruolo nasce per merito di Stanley Pollitt e
Stephen King, nelle agenzie pubblicitarie mancava qualcuno che si occupasse esclusivamente degli aspetti strategici della
comunicazione, qualcuno che avesse il tempo di concentrarsi sulle sempre più numerose ricerche. Può essere definito il medico della
marca, il planner cerca tra fiumi di ricerche il vero problema della marca, basilare per trovare soluzione e, grazie alla sua capacità
intuitiva, riesce a scoprire un insight che darà una direzione precisa alla campagna. La seconda definizione è “pusher dei creativi”, il
compito del planner è quello di fornire ai creativi gli stimoli necessari per il loro lavoro, andando anche oltre il brief creativo. La
strategia si occupa della definizione degli obiettivi di comunicazione e del “cosa dire” per raggiungerli.

2 Il brief del cliente

la nascita di una campagna dovrebbe avere a monte un brief fornito dal cliente. Un progetto di comunicazione nasce dopo la
definizione di un piano di marketing. Il brief è un documento scritto, con la caratteristica di essere coinciso; il briefing invece, è la
riunione durante la quale avviene il passaggio verbale delle richieste, nel corso del quale il brief viene consegnato, letto e
commentato

3 Il ciclo della pianificazione

Il plannin cycle comincia nel momento stesso in cui il cliente invita l’agenzia pubblicitaria a lavorare su un determinato progetto,
questo comprende diverse fasi ognuna delle quali corrisponde a una domanda alla quale occorre fornire o una serie di risposte

3.1 Dove siamo e perché siamo qui?

i tabulati di vendita forniscono i dati sul fatturato, i dati delle ricerche ci dicono come la nostra marca e i suoi concorrenti si
comportano all’interno del mercato, come pensa il consumatore di noi e dei nostri competitor. Il marketing aziendale dovrebbe essere
in grado di dare una risposta quanto meno su quelle delle famose 4P. Non sarà l’agenzi a modificare la “ricetta” o la “formula”
oppure il prezzo, invece l’agenzia, tramite l’advertising, potrà far comprendere le ragioni per giustificare un prezzo più alto di una
marca. Compito dell’agenzia sarà sempre e comunque quello di intervenire nell’area della comunicazione e del branding, non
dell’interno marketing mix. Pertanto, il lavoro che l’agenzia deve fare è identificare il problema della marca. Le prime domande che
occorre porsi in questa fase, dopo aver attentamente esaminato i dati numerici del mercato, sono:

- Dove si colloca il prodotto nella mente del consumatore?


- Dove si colloca la nostra marca nella mente del consumatore?
- Dove si collocano le marce dei concorrenti?
- Quali sono i nostri punti di forza e di debolezza?
- Quali sono quelli dei concorrenti?

La risposta alla prima domanda del planning cycle: “dove siamo?”, “perché siamo qui?”

- Perché la nostra marca si trova in quella posizione?


- Quali fattori hanno contribuito a creare punti di forza e di debolezza della nostra marca?
- Perché il consumatore si è disaffezionato alla nostra marca?
- Perché è sempre più attratto dalla nostra marca?

3.1.1 L’analisi dei punti di forza e di debolezza

Uno strumento molto utilizzato dalle agenzie, non solo per i costi abbordabili ma perché davvero utile, è il focus group o colloquio di
gruppo. Può essere fatto prima di cominciare a formulare una strategia o in una fase intermedia o successiva, quando si dispone di
uno o più concept pubblicabili. Tramite i focus group possono emergere i motivi di utilizzo o non utilizzo di un prodotto, del perché
una marca venga preferita ad un'altra…

3.1.2 Il processo d’acquisto

Importante è comprendere attraverso quali fasi si compia il processo d’acquisto di quella tipologia di bene, materiale o immateriale
che sia. Le fasi del processo d’acquisto sono le seguenti:

- Emergere del bisogno


- Riflessioni: pensare se sia davvero indispensabile
- Ricerca: ci informiamo
- Acquisto: non sempre coincide con quello che avevamo scelto
- Postacquisto: passaparola

Conoscere le fasi del processo d’acquisto è importante per comprendere in quali di esse dovrà intervenire la pubblicità. Molto spesso
la pubblicità interviene come stimolo, oppure induce alla riflessione quando suggerisce una comparizione diretta o indiretta con altre
marche. Inoltre, potrà facilitare la ricerca invitando i potenziali clienti sul sito internet della marca o alla lettura dei cataloghi
aziendali, nella scelta d’acquisto possono intervenire anche altri elementi quali le offerte promozionali, packaging molto invitante,
ma anche l’abilità professionale del venditore può essere determinante.

3.1.3 Monitorare la concorrenza

Importante conoscere che cosa abbia fatto la concorrenza in termini di comunicazione, impedirà di fare una campagna che utilizzi
temi o linguaggi simili, ma servirà anche a comprendere meglio lo scenario competitivo. Lo studio dei messaggi pubblicitari della
concorrenza è chiamato “copy analysis”, si prepara una mappa dei posizionamenti che serve a comprendere dove si posizionano i
concorrenti e dove ci posizioniamo noi. Per costruire delle mappe tradizionali occorre lavorare su assi cartesiani, tenendo presente
che trai due punti contrapposti vanno collocati sostantivi, aggettivi o frasi che costituiscano delle autentiche dicotomie, come:

- Costoso\economico
- Grande\piccolo
- Multiuso\specialistico
- Forte\delicato
- Di tutti i giorni\per le occasioni particolari

Le mappe consentono di avere una panoramica completa dei positioning dei brand in un certo mercato.

3.2 Dove potremmo essere?

Gli obiettivi di comunicazione bisogna distinguerli da quelli di marketing, gli obiettivi di comunicazione sono una conseguenza di
questi ultimi, non la ripetizione. Aumentare le vendite sono obiettivi di marketing ma non pubblicitari, gli obiettivi devono essere
realistici. L’utilizzo delle mappe è importante anche in questa fase, per poter definire degli obiettivi. La grid di Vaughm detta anche
FCB grid è uno strumento efficace non solo per rispondere al quesito “dove siamo?”, ma anche per riflettere se sia ideale per la
nostra marca restare in quella posizione o se, invece sia possibile o opportuno cambiare. Molte banche hanno cercato di spostarsi
nell’are meno razionale e più emotiva, laddove il tono di voce della comunicazione è diventato amichevole, a volte anche simpatico.
Alcune auto utilitarie sono state capaci di spostarsi concretamente dal primo al secondo quadrante del grid, grazie a messaggi in
grado di coinvolgere simpaticamente i potenziali acquirenti. Identificare un obiettivo per la nostra marca significa anche definire un
positioning che dovrebbe mettere in luce quello che vorremmo pensasse della nostra marca.

3.3 Come possiamo arrivarci?

Siamo nel vivo della strategia creativa, “come possiamo arrivarci?” è in questa frase che viene finalizzata la strategia e lo sviluppo
creativo. “Ci stiamo arrivando?” è una domanda che verrà posta mentre la campagna pubblicitaria è in corso oppure è terminata,
valutando quanto è stato realizzato con l’utilizzo di ricerche.

3.3.1 La scala dei ruoli della pubblicità

Qual è il compito che la pubblicità può assolvere per rispondere agli obiettivi che si siamo dati? Ha risposto uno dei padri dello
strategic planner ovvero Stephen King. La “scala dei ruoli della pubblicità” presenta sei differenti tipi di reazione all’esposizione a un
messaggio pubblicitario in relazione alla rapidità della risposta:
- Reazione diretta
- Cercare informazioni
- Correlare ai propri bisogni e desideri
- Portare in cima ai propri desideri
- Modificare atteggiamenti
- Rinforzare atteggiamenti

Un messaggio pubblicitario può prevedere la possibilità di ottenere diverse risposte.

3.3.2 La copy strategy

Copy strategy o creative brief significano tutte la stessa cosa, vale a dire la parte che conclude una serie di riflessioni sulla situazione
attuale della marca e sulle prospettive future che precede la presentazione delle proposte creative. I punti di un documento strategico
che l’agenzia prepara per un cliente:

- Premessa (una sintesi del contenuto)


- Background (sguardo sul mercato e sulla marca)
- Sintesi delle recenti ricerche
- Analisi dei messaggi dei competitor
- Mappa dei posizionamenti pubblicitari
- Creative brief
- Concept

Questa è una tra le tante possibilità per scrivere una strategia creativa, come anche un documento per un brand review board (una
riunione interna all’agenzia per fare il punto della situazione della marca di un client). La copy strategy presenta delle
domandebasilari per formularla:

- A chi?
- Che cosa?
- Come?

A queste domande corrispondono:

- Target group
- Promessa
- Tono di voce, format creativo

La struttura di una copy strategy è stata costituita dai seguenti punti:

- Target group (espresso con dati sociodemografici)


- Basic promise (l’argomentazione di base, il vantaggio che il prodotto promette ai consumatori)
- Reason why (il supporto alla promessa)

A questi talvolta si aggiunge anche

- Tone of voice (la modalità con la quale l pubblicità parlerà si consumatori)

Il creative work plan utilizzato dalla Young&Rubican è costruita da diversi punti:

Key fact about the product or service: un singolo fatto chiave che definisce la causa del problema che la pubblicità dovrà risolvere

Problem the advertising must solve: non è legato a una caratteristica del prodotto, ma a un bisogno del consumatore

Advertising objective: l’effetto che si intende ottenere da parte del consumatore in termini di attitudini o azioni

Creative strategy:

- Prime prospect: l target primario


- Positioning
- Promise: quello che il prodotto può offrire ai consumatori
- Reason why: il motivo, credibile, per cui il prodotto è in gradi di fornire il beneficio promesso

Any legal or client policy limitations: problemi legati o connessi a determinate policy aziendali del cliente che devono essere tenuti
presenti nello studio della campagna

Il format della Young&Rubicam si concentrava sul consumatore, ma non chiariva ancora compiutamente quale dovesse essere la
reazione che si desiderava ottenere da lui. All’inizio degli anni Ottanta si va a formare il T-plan, che si struttura in questi punti:

- Target group
- Reazioni sensoriali
- Reazioni razionali
- Reazioni emotive

Il target non veniva più rappresentato con dei numeri, ma descritto come una persona, cercando di immaginare quale fosse il suo
rapporto con la marca. Questo metodo per descrivere il target group è quello attuale ed è difficile immaginare che possa essere
sostituito da uno più efficiente. Il T-plan tuttavia mostrava anche dei problemi come il rischio di fare un elenco di numerosi punti dai
quali non emergeva una priorità il successivo format, nato sempre nella J. Walter Thompson è il summary of creative brief che si
basa sulle seguenti domande:

- Qual è il problema di base della marca?


- Qual è l’opportunità?
- Che cosa può fare la pubblicità?
- Che persone sono coloro che vogliono stimolare?
- Qual è la reazione chiave che vogliamo suscitare in loro?
- Che genere di stimoli vogliamo utilizzare?
- È utile sapere che…

Le opportunità, prima di allora si parlava solo di problemi, ma lo spunto per una campagna può nascere anche da opportunità- “Che
persone sono quelle che vogliamo stimolare?” occorre descrivere degli individui non limitarsi a fornire dei dati sociodemografico o
psicografici. “è utile sapere che…” riguarda le informazioni che si ritenevano necessarie: quali mezzi e quali formati degli annunci,
aspetti legali da tenere in considerazione, richieste particolari del cliente. La reazione chiave che la pubblicità dovrebbe stimolare è.
Tuttavia, la vera “rivoluzione” e prevede una risposta virgolettata, con una o due frasi che condensano le impressioni suscitate
vedendo la pubblicità.

Il format di copy strategy si articola in:

-il problema principale della marca: risolvibile con a comunicazione pubblicitaria

-l’opportunità per la marca: avere qualcosa di caratteristico

-la brand essence: è il cuore stesso della personalità della marca, viene espressa con una frase moto breve o anche con un solo
sostantivo

-il target group: chi è? Come si relaziona con la nostra marca? La consuma? E come? Cosa ne pensa?

-l’obiettivo della pubblicità: solitamente è la risposta al problema

-la basic promise: o promessa base o proposition: qui più che mai affermare una cosa sola è indispensabile

-la reason why: il motivo o i motivi che, razionalmente, sostengono la promessa

-la supporting evidence: è un elemento che può esistere sia una presenza, sia in assenza di una reason why, per esempio un dentifricio
ha il suo potere sbiancante come promessa, la particolare formula come reason why e un sorriso smagliante come supporting
evidence

-la risposta desiderata dal destinatario del messaggio

-il tone of voice: è lo stile con il quale comunica la campagna, con il quale il messaggio viene rivolto al potenziale consumatore

-altre informazioni: riguardano i mezzi e i formati che verranno utilizzati, come pure le richieste specifiche del cliente.

Alle domande “dove?” e “quando?” risponderà la strategia e la pianificazione media

3.3.3 Il consumer insight

Corrisponde a una verità del consumatore che presuppone una grande capacità di ascolto, unita a un forte intuito, poiché “gli insight
non sono fatti, le persone non possono raccontarvi degli insight e le statistiche non li identificano. Gli insight devono essere
scoperti”. Le persone non possono spiegare correttamente il perché delle loro scelte, la possibilità di identificare degli insight è
tutt’altro che scontata. Ci sono varie definizioni di insight che in realtà si riferiscono all’obiettivo oppure alla promessa che la marca
dovrebbe fare al suo pubblico. Ci sono degli esempi concreti come per esempio ENI Station “quando devo fare rifornimento, mi
piacerebbe trovare una stazione di servizio che rendano la mia sosta un momento piacevole e utile con prodotti e servizi che
soddisfino i miei bisogni quando sono i movimento”

3.3.4 L’uso del pensiero laterale nella strategia creativa

La preparazione di una strategia creativa non dovrebbe svilupparsi solo con un processo mentale razionale, ma anche con l’utilizzo
dell’emisfero destro del cervello, quello che presiede al pensiero creativo, altrimenti detto “laterale”. Scrivendo un documento di
brief per i creativi è importante, ma alle volte uno schema rigido non porta che a risultati banali. Quello che segue è un caso nel quale
l’applicazione del brief del cliente avrebbe portato a risultati modesti. Alcuni anni fa una nuova linea di modelli di box doccia
multifunzione, che permetteva di sceglier tra diverse tipologie di getti d’acqua, erano chiamate “mood”, termine che significava
anche “stato d’animo”. Il brief inviato dal Regno Unito alle consociate europee richiedeva di concentrarsi sui mood, giocando sul
doppio significato del termine, l’agenzia pubblicitaria di Ideal Standard in Italia decise di lavorare partendo da altre considerazioni
perché rilevò anche forti incoerenze nella richiesta ricevuta. Il primo unto era incentrato sulle funzioni, erano solo sei, mentre
esistevano prodotti concorrenti che ne avevano nove? Secondo punto: quasi tutti i concorrenti parlavano di stati d’animo, sono tante
le sensazioni acquisite fuori dalle nostre abitudini quotidiane che possono accendere una lampadina nella nostra mente. “la casa è una
macchina da abitare. Bagni, sole, acqua calda, acqua fredda, calore e volontà, igiene, bellezza e proporzione” L’espressione “da
abitare” era pertinente perché in un box doccia multifunzionale è piacevole entrare per vivificare il proprio corpo, per rilassarlo, per
rifornirlo dell’energia. Quindi Trevi Hydro è una macchina all’interno del quale avventurarsi per un viaggio di piacere, una macchina
che obbedisce docilmente ai nostri ordini, è uno strumento in grado di trasformarci rendendoci più belli, migliori. Questo era il brief
dato dai creativi, una semplice frase “macchina da abitare” che era già un concept. Un alto concept che venne fornito ai creativi
nasceva da una “visione laterale” della forma di un box doccia, il concept era “il tempio della bellezza”. Uno spot che si colloca a
metà strada tra una metafora darwiniana. Attraverso l’uso della metafora passa il concetto di “evoluzione” della specie e quindi anche
della “specie doccia”. I primi tre frame dello storyboard fanno riferimento al film 2001: Odissea nello spazio.

4 La riunione di briefing con i creativi

Il briefing con i creativi è un momento di discussione e di riflessione. È importante che la coppia creativa che studierà la campagna
venga stimolata a fare quel lavoro. Indispensabile anche dare ai creativi il fuoco per accendere le polveri della loro vogli di
cimentarsi con successo in una nuova impresa, piccola o grande che sia.

5 Lo sviluppo dei concept

Tra la riunione di briefing e lo studio delle proposte creative è presente la preparazione dei cosiddetti “concept”, molto utile per
definire una strada dal percorrere. Una sorta di ponte tra la strategia e le proposte creative. Se ben fatto contiene in nuce l’idea stessa
della campagna. Consiste in una frase, solitamente moto corta, come se già fossero dei claim. Oggi occuparsene sono soprattutto gli
strategic plannet.

PRIMO CONCENPT: “Melinda, la mela protetta”

Spiegazione del concept: Melinda è l’unica marca di mele DOP esistente in Italia e vie solo dalla Val di Non

Script della proposta TV trenta secondi, soggetto “Bua”: una mamma riempie una fruttiera con delle splendide Melinda Golden. Il
bambino tira su per la zampa il peluche inerme con un braccio “sbucciato” dal quale escono ciuffi di gommapiuma. La mamma
prende una Melinda e stacca il bollino che mette sul gomito dell’orsacchiotto come se fosse un cerotto lo speaker “voce fuori campo”
dice: “per proteggere chi ami, dai sempre il meglio di te. O il meglio della Val di Non, dove le mele sono DOP”. Il bambino prende
una mela e dice “Devo riprendermi anch’io”

Rationale della proposta “Bua”: la mamma corrisponde alla marca, proprio come Melinda infatti la mamma sa essere protettiva nei
confronti di chi ama (il bambino invece corrisponde al consumatore)

SECONDO CONCEPT: “Melinda, la mela generosa”

Spiegazione del concept: Melinda proviene da una terra dove la natura è stata particolarmente generosa, Melinda sa darti più di
chiunque altro.

Script della proposta TV trenta secondi, soggetto “una mela per tre”: un bambino corre in cucina dalla mamma e la donna gli sorride
dandogli una Melinda, il bambino torna e chiede alla mamma una seconda mela, la mamma acconsente con il sorriso. Incuriosita si
sporge per vedere cosa fa e scopre che accanto a lui c’è una bambina alla quale ha regalato la prima mela. Il giorno dopo la madre gli
da direttamente due mele, il bambino corre via, ma dopo poco torna chiedendone una terza, la mamma perplessa si sporge e vede che
le bambine sono diventate due. “quando la natura ti da tanto, vien voglia di dare di più” “Melinda da di più”

Ratinale della proposta “una mela per tre”: la generosità, come l’amore, fa o dovrebbe fare parte della natura umana

PSICOLOGIA, NEUROSCIENZE E PUBBLICITA’

Per studiare che effetto ha la pubblicità sul consumatore è necessario utilizzare teoria psicologiche. La psicologia per la pubblicità, si
è proposta come scienza necessaria per lo studio della relazione tra impresa e consumatore, per l’analisi delle preferenze e gusti, per
individuare target specifici e per i processi di categorizzazione.
La psicologia nasce e si sviluppa soprattutto grazie alle sue applicazioni pratiche nel campo della pubblicità. Watson è uno dei
fondatori della psicologia del comportamento e ha collaborato alla programmazione della promozione pubblicitaria di Macy’s, fu uno
dei primi a introdurre interessanti innovazioni nelle tecniche di vendita, per esempio la collocazione strategica dei prodotti in
prossimità delle casse, l’utilizzo di personaggi famosi negli spot.

Diversi sono gli studiosi di psicologia che come Watson hanno fatto fortuna grazie alla pubblicità.

Negli anni il consumatore ha cambiato i suoi atteggiamenti. Il nuovo consumatore postmoderno ha cambiato le sue esigenze, in base
all’esperienze, non più in base ai prodotti.

Le domande che gli esperti pubblicitari si sono posti e che hanno rivolti agli studi di psicologia sono diverse, ma quelle riguardanti il
ruolo di ogni singolo processo cognitivo (decisionale, emozionale, attenzione, percezione, memoria) e quello motivazionale di
acquisto, assumono un peso determinate. Come si attira l’attenzione delle persone?

La prima esigenza dei comunicatori e degli esperti di marketing è riuscire ad attirare l’attenzione e a suscitare l’interesse di un
pubblico sempre più consapevole, e stanco dell’eccessiva pervasività pubblicitaria.

Nel corso del secolo scorso, abbiamo assistito allo sviluppo di diversi approcci e modelli in grado di dare una risposta alle domande
della pubblicità.

MODELLO DEL COMPORTAMENTISMO.

In questo modello il consumatore veniva considerato passivo e privo di capacità critiche, un soggetto da condizionare; la ripetizione
di un messaggio diveniva il fondamento dell’efficacia della pubblicità a discapito dei contenuti.

L’individuo veniva considerato come soggetto senza libero arbitrio, condizionabile e incapace di scelte razionali. Il modello
comportamentale lascia ben presto spazio ad altri approcci.

L’INDIVIDUO COME ESSERE PENSANTE

L’individuo viene considerato come un soggetto reattivo, in questo caso, bisogna comprendere i processi di attribuzione di
significato, i meccanismi del ricordo e il coinvolgimento. Svariate ricerche dimostrano che la semplice esposizione non può avere lo
stesso effetto su diversi messaggi pubblicitari. Ci sono alcuni, che a parità di frequenza vengono ricordati con più vigore e per un
periodo di tempo più lungo.

Secondo questo principio l’individuo è visto come un soggetto capace di prendere le decisioni sulla base dell’attenta e razionale
ricerca delle informazioni, cercando di ottenere il massimo dei benefici per la soddisfazione dei bisogni personali e sociali con il
minimo dispendio di energie. L’individuo è quindi considerato come un essere animato con dei principi che sono la famiglia, la
religione, la comunità di appartenenza.

SALESMANSHIP-ARTE DEL VENDERE 1904

L’idea di Kennedy era semplice ed efficace perché egli era convinto che la pubblicità per essere proficua deve lavorare offrendo
informazioni chiare e precise in modo accattivante. Secondo lui il processo di creazione del messaggio pubblicitario si forma
seguendo questi passaggi: Attenzione, Interesse, Desiderio, Azione. Per elaborare la sua visione si ispira al modello AIDA di Lewis
di fine 800.

Il valore della forma e la Gestalt

La scuola Gestalt e i suoi esponenti hanno offerti utili indicazioni sui processi di categorizzazione e di organizzazione sensoriale di
grande interesse per chi si occupa di comunicazione e persuasione.

Secondo i principi della Gestalt, le persone percepiscono stimoli in base a come li ricevono.

La percezione degli stimoli varia in base al suono, forma, colore, la vicinanza, la somiglianza, la chiusura, l’esperienza passata dove
si instaura un rapporto perché ne abbiamo famigliarità, piuttosto che con forme sconosciute o poco familiari.

Approccio scientifico alla creazione pubblicitaria

Negli anni ’30 nonostante la psicologia fosse in preda alla compresenza di approcci da quello più razionalistico a quello più aperto
alla scoperta dell’inconscio, il paradigma che ha più influenzato gli studi psicologici della pubblicità è quello che riconosce alla
coscienza e alla ragione un ruolo determinante. Da in questo caso un forte contributo la psicologia cognitiva, che studia come gli
stimoli vengono percepiti, appresi, memorizzati, elaborati ed espressi.

Il cognitivismo diviene essenziale nella pubblicità negli anni 50.

Tipico di questo modello è il lavoro di Hopkins, il quale propose un modello fortemente scientifico e supportato da semplici ma
severe leggi tra cui: l’immagine dovevano essere utilizzate solo se comunicano informazioni più coincise delle parole e non per
attirare l’attenzione.
Il suo modello partiva dal presupposto che più si dice più si vende, lasciando così intendere che il compito della pubblicità è di
narrare le caratteristiche del prodotto e dell’azienda

Per Hopkins la pubblicità funziona se riesce ad attirare l’attenzione e motivare attraverso la convinzione.

All’interno di questo filone dedicato al processo razionale come strumento di efficacia pubblicitaria, si inquadra il contributo di
Starch che integra nel modello di Hopkins l’importanza della memoria e viene stimato l’impatto della pubblicità sulla base di quanto
viene ricordato. Il modello di Starch

prevede 5 passaggi:

• assicurare l’attenzione

• attivare l’interesse

• portare alla convinzione

• produrre azione

• rimanere nella memoria

Qualche anno dopo Russell Colley, inventore del modello DAGMAR, punta sulla consapevolezza all’acquisto determinata da un
processo di comprensione, di convinzione e di azione. La pubblicità deve favorire nel consumatore la conoscenza del marchio o
azienda, sviluppare la comprensione di ciò che il prodotto è, sviluppa una disposizione mentale nel consumatore per facilitare
l’acquisto, spingere il consumatore all’acquisto.

Qui le emozioni non vengono prese in considerazione, la pubblicità risponde solo a criteri razionali.

CONTRIBUTO DELLA PSICANALISI

Nella visione razionalistica proposta dalla psicologia della Gestalt, questi modelli hanno escluso la dimensione irrazionale e
soprattutto emozionale del processo persuasivo pubblicitario.

Un ruolo diverso lo ha assunto la psicanalisi per la quale non solo esiste la coscienza ma, esiste l’inconscio, quest’ultimo è l’innesco
motivazionale di gran parte dei comportamenti umani ed è in relazione ad esso che deve essere studiata la pubblicità.

La pubblicità efficace è quella che attiva le motivazioni inconsce che portano all’acquisto.

Dichter è il primo autore a utilizzare le categorie psicanalitiche per spiegare l’efficacia pubblicitaria. ed è considerata pubblicità
efficace sulla che agisce al di sotto del livello di consapevolezza del consumatore.

Dichter trova fondamento teorico nel determinismo di Freud, che sostiene che è sempre possibile fornire una spiegazione di qualsiasi
comportamento e che questo può essere influenzato dall’inconscio.

Dichter per affrontare il lancio di un nuovo sapone ad esempio, non si concentra sul prodotto in se, ma collega le valenze simboliche
di un atto legato al sapone come prepararsi per uscire. Per Richter la pubblicità deve affrontare non solo il problema del sapone, ma
la pratica del bagno nella sua complessità e il suo valore psicologico e simbolico.

IL VALORE DELLE EMOZIONI

Hebert ha contribuito in maniera significativa a dimostrare che i processi decisionali sono lontani dal modello della razionalità che ha
animato parte dei paradigmi di studio sulla pubblicità.

I poli nella comunicazione sono: la produzione e il consumo; il consumatore non può essere un soggetto passivo e inconsapevole, ma
un soggetto influenzato dai processi emozionali anche inconsapevoli.

La decisione di acquisto di un prodotto al supermercato, al ristorante o sul web è guidata da “scorciatoie” ovvero da meccanismi di
facilitazione della decisione come marca, prezzo, etichetta, bottiglia, da esperienze precedenti, o da aspettative connotate da
emotività.

Oggi sappiamo che le decisioni non sono solo frutto di calcoli logici, ma sono l’esito di un complesso processo in cui ha un ruolo
fondamentale l’emozione.

Lo studioso LeDoux dimostra che nel cervello vi sono due vie di processamento dell’informazione:

• una rapida, ma meno precisa e più emotiva. che segue i criteri legati alla piacevolezza

• una più lenta, ma più precisa e razionale, analizza e valuta meglio l’informazione
La compresenza di queste due strade dimostra la stretta interconnessione tra emozione e ragione. Nel mondo del consumo ci si affida
all’emozione generata dagli aspetti sensoriali di un prodotto (colore, profumo, disposizione, origine geografica) oppure dal brand che
ha il compito di trasmettere al prodotto significati simbolici e affettivi.

Diviene così fondamentale il ruolo dell’emozione, che corrisponde alla variabile in grado di contribuire all’efficacia della pubblicità e
alla memorizzazione del messaggio. Emozione e memoria sono fortemente interconnesse. Ciò che provoca un’emozione viene
maggiormente memorizzato.

LA PUBBLICITA’ DEVE ATTIRARE L’ATTENZIONE?

Diversi studi tra cui quello di Krugman e Hartley hanno evidenziato che la pubblicità può influenzare le persone secondo due
principali livelli di attenzione: elevato e basso.

Dalla ricerca di Krugman si rileva che coloro che guardano maggiormente uno sport riescono a ricordare di più, ma riescono a fare lo
stesso anche coloro che lo guardavano meno. Secondo l’autore vi è la possibilità di memorizzare anche con un basso grado di
attenzione, perché vi sono due modelli di attenzione:

• volontario: dispendioso e affaticante e non resiste per molto tempo

• involontario: funzionale

Molti studi hanno dimostrato che è possibile trovare diverse campagne che hanno avuto un forte impatto, ma senza suscitare ricordo
e, viceversa di altre con scarso impatto e alti lievi di ricordo. Esiste quindi la possibilità che il ricordo non sia un prerequisito
indispensabile all’efficacia pubblicitaria.

EFFICACIA DELLA COMUNICAZIONE PUBBLICITARIA CON LE NEURO-SCIENZE

Il neuromarketing si offre come insieme di strategie e tecniche di indagine su quelli aspetti ritenuti determinanti nel processo di
consumo: il coinvolgimento emotivo, la focalizzazione attentava e la memorizzazione.

Oggi grazie alle neuroscienze è più facile studiare il sistema nervoso partendo dall’analisi dei processi biologici e integrandoli con
quelli psicologici. Le strumentazioni fornite dalle neuro-scienze rappresentano un importante contributo per ottenere indici di
misurazione.

Questo consentono di avere informazioni psicofisiologiche.

Avvalendosi di tecniche neuro-scientifiche si ha la possibilità di avere informazioni chiare e prive di distorsioni. Tra le più conosciute
abbiamo:

• Elettroencefalografia

• Facereader

• Eye Tracker

Nella pubblicità il neuromarketing può contribuire a valutare i soliti tre processi fondamentali nelle scelte di consumo:

• attenzione

• emozione

• memorizzazione

LE RICERCHE I

Le prime ricerche di mercato sono state realizzate negli Stati Uniti, dove è nato il marketing. Dichter viene considerato il padre della
ricerca sulla motivazione, infatti ha esplorato le applicazioni dei concetti e delle tecniche psicoanalitiche di Freud nell’ambito del
commercio, per lo studio del comportamento del consumatore sul mercato.
La ricerca di mercato è uno degli strumenti a disposizione delle aziende per interpretare i bisogni dei consumatori e ottenere così le
informazioni necessarie a prendere decisioni rispetto ai problemi di marketing.

La ricerca di mercato può essere definita come:

• uno strumento conoscitivo dei bisogni e delle aspettative dei comportamenti dei consumatori

• uno strumento di studio, analisi ed interpretazione degli atteggiamenti, motivazioni che influenzano l’acquisto

• uno strumento del marketing mix, della comunicazione, della distribuzione

• uno strumento di monitoraggio e valutazione delle iniziative di marketing e comunicazione

Il ruolo della ricerca di mercato è quello di facilitare le aziende nel compito di sviluppare una proposta di prodotto e servizio che
possa incontrare i bisogni dei consumatori.

Le ricerche di mercato possono intervenire in tutte le fasi del ciclo di vita del prodotto escluso il declino, vengono attivate soprattutto
nel pre lancio e introduzione sul mercato.

Le ricerche di mercato prima della messa on air si fanno quando si vuole conoscere il destinatario del prodotto/servizio; Le indagini
che vengono condotte durante o dopo la messa on ai servono a valutare l’andamento della campagna o a monitorare l’evoluzione
dell’immagine di marca.

Per individuare e definire le opportunità e o i problemi che devono essere risolti, l’azienda studia i seguenti target:

• quali bisogni il prodotto/servizio soddisfa?

• individuare se c’è qualcosa che non è stato capito

Una volta che l’azienda ha individuato il problema da risolvere, si prefissano gli obbiettivi che si vogliono raggiungere, in sede di
briefing vengono precisati e chiariti tutti gli obliteri a cui l’indagine deve dare risposta.

Nel progetto di ricerca devo essere esplicitati in modo chiaro: il target, la metodologia e gli obbiettivi.

Ricevuti i progetti l’azienda deve scegliere l’istituto cui affidare lo svolgimento della ricerca.

Seguiranno le fasi di rilevazione informazioni, analisi, elaborazione e presentazione dei risultati.

Le ricerche di mercato coinvolgono diversi soggetti sia dell’azienda, sia dell’istituto di ricerca e a seconda dell’obbiettivo della
ricerca, e quindi del tipo di dati che l’azienda intende rilevare, le ricerche di mercato si dividono in due macro settori:

• Continuative: forniscono informazioni che devono essere disponibili in modo continuo nel tempo e devono essere condotte presso i
panel ovvero un campione permanente di persone, costituito dagli stessi intervistati in successivi periodi di tempo. I panel possono
essere famiglie imprese o negozi. Permettono di rilevare il comportamento delle stesse unità nel corso del tempo e quindi analizzano
i cambiamenti, i gusti e le opinioni. In Italia i più importanti provider per le ricerche continuative sono Nielsen che controlla il
comportamento dei consumatori o Auditel che controlla l’ascolto dei programmi tv.

• Ad hoc: vengono attivate per la soluzione di un problema specifico, si utilizza un target di riferimento specifico per un tempo
definito. Gli oggetti a cui si applica dipendo dal problema di marketing che li sottende, possono essere riceve per la creazione di idee,
ricerche sugli usi e abitudini dei consumatori, test per valutare le fasi della campagna pubblicitaria, ricerche per valutare il pack o
linone del prodotto, studi per valutare l’immagine del brand e dell’azienda, o indagini per trovare il miglior posizionamento del
prodotto all’interno del mercato.

RICERCA QUANTITATIVA VS QUALITATIVA

Le ricerche possono essere affrontate in due modi:

• Metodologia qualitativa SPIEGA IL PERCHE’. Si basa su piccoli campioni con caratteristiche salienti, sono adatte per esplorare
temi ampi e per analizzare contesti sconosciuti

• Metodologia quantitativa SPIEGA IL QUANTO. Si basa su ampio campione divisi secondo precisi parametri come ad esempio
genere, età e area geografica, si fonda sulla statistica e presenta dati in forma di valori numerici

QUALITATIVA

È un metodo conoscitivo che attraverso una piena immersione nel mondo dei consumatori, rende possibile la comprensione dei
fenomeni di interesse dell’aziende e l’emergere di nuove idee per nuove strade relative al prodotto o pubblicità.

Le principali fasi della ricerca sono:


• Prefield: fase di pianificazione il cui obbiettivo è quello di comprendere con chiarezza ciò che l’azienda desidera ottenere dalla
ricerca e il modo in cui può ottenerlo

• Field: fase di raccolta dati in cui i ricercatori si immergono nel mondo del target di interesse per far emergere ciò che sta alla base
dei loro atteggiamenti

• Postfield: fase di riflessione in cui i ricercatori analizzano in profondità le informazioni raccolte nella fase precedente per arrivare a
rispondere agli obbiettivi prefissati nella prima fase.

L’utilizzo di questa metodologia permette di comprendere quanto i prodotti e brand studiati siano in grado di soddisfare i bisogni e le
attese dei consumati.

La metodologia qualitativa utilizza 2 tipi di tecniche:

• Motivazionali, queste tecniche vengono avviate per individuare i bisogni e gli atteggiamenti che determinano i comportamenti dei
consumatori

• Semiotica, questa tecnica serve per individuare cosa un testo comunica

La ricerca qualitativa utilizza come metodi di ricerca le sessioni di gruppo che si dividono in:

• FOCUS GROUP: è il principale strumento di rilevazione dei dati, vengono attivati per rispondere ad obbiettivi specifici e delimitata
nel tempo e nello spazio, si focalizzano su un argomento specifico e i partecipanti variano da un minimo di 3 ad un massimo di 10

• GRUPPI ESPLORATIVI: attivati per analizzare scenari ampi e capire l’ottica e il modo di interpretare del target. Lo scenario
analizzato viene esaminato in tutte le sue caratteristiche

• GRUPPI CREATIVI: hanno l’obbiettivo di trovare gli stimoli, è orientato a trovare il nuovo andando oltre agli abituali schemi di
riferimento.

• COLLOQUI INDIVIDUALI: sono uno strumento di rilevazione dati. È una forma di intervista approfondita e serve per esplorare
temi dove si vuole apprenderei la conoscenza sui bisogni, atteggiamenti, esperienze personali in relazione ad un servizio bene o
categoria.

Successivamente alla fase della raccolta dati, inizia la fase più importante: l’analisi di quanto è stato raccolto, realizzando delle prime
ipotesi, una rilettura dei dati emersi e l’analisi finale.

Successivamente a questa fase i ricercatori partecipano alla riunione nella quale si fanno i conti finali su quello che è stato rilevato e
dei risultati della ricerca.

RICERCA QUANTITATIVA

È un metodo di ricerca ha il fine di fornire un’accurata misurazione del fenomeno oggetto di attenzione che può essere il gradimento
dei consumatori rispetto ad un prodotto, la conoscenza del brand presso un determinato target, la soddisfazione degli utenti rispetto
ad un servizio.

Tale tipologia di ricerca è prettamente descrittiva e risponde alle domande tipo: Chi? Che cosa? Dove? Quando? Perché?

È appropriato per descrivere le caratteristiche di gruppi di individui, accertare e quantificare il livello e le modalità con cui diverse
variabili sono in rapporto tra loro, fare previsioni, individuare e motivare la scelta migliore tra varie azioni.

Il metodo quantitativo impiega grandi campioni che devono essere il più possibile rappresentativi dell’universo di riferimento.

La scelta del campione è un punto fondamentale della ricerca; la ricerca può essere di due modi:

• trasversale quando è effettuata in un dato momento, come se fosse una fotografia dell’oggetto interessato

• Longitudinale quando prevede la raccolta di dati in periodi successivi di tempo su uno stesso target che rimane invariato per tutto il
tempo

Tutto il metodo quantitativo è basato su questionari strutturati con domande e risposte predefinite e fisse. Questo tipo di ricerca è
utilizzata per ricerche finalizzate a conoscere lo scenario di riferimento, valutare idee, prodotti, pubblicità.

A seconda dello scopo e del destinatario finale, la ricerca quantitativa si divide in 3 tipologie:

• Ad hoc: si utilizza quando si vuole risolvere un problema specifico per un particolare cliente

• Omnibus: sono ricerche ad hoc ma multi client,

• Standard
Ogni ricerca quantitativa è composta da 3 fasi:

1. Progettazione in cui vengono definiti gli obbiettivi il metodo di ricerca da adottare e il campione da coinvolgere. Le modalità di
intervista possono essere: interviste telefoniche, face to face, postali o online. Per rispondere ai questionari, bisogna decidere a quale
target di riferimento rivolgersi per l’indagine.

2. Rilevazione: viene stilato il questionario, lo strumento di raccolta delle informazioni, il quale deve rispettare precisi criteri.

3. Elaborazione: terminata la fase di rilevazione è necessario codificare, e organizzare i dati rilevati in un database che permette di
elaborare le diverse analisi statistiche.

I MEZZI

I mezzi di comunicazione ovvero i mass media si dividono in:

• Tradizionali: tv, radio, stampa, cinema e affissioni

• Digitali: piattaforme di comunicazioni internet, siti on line sul web e mobile come le app.

Ogni mezzo di comunicazione ha le sue caratteristiche che ne distinguono la tipologia, le modalità grafiche e di contenuto del
messaggio pubblicitario, la loro efficacia ed efficienza nel raggiungere il target di comunicazione.

Televisione

Il 98% della popolazione possiede la televisione per questo permette che il messaggio pubblicitario venga visto da un target molto
ampio in breve tempi, ha un forte impatto sensoriale, ha prestigio e grande disponibilità di dati pre e post campagna. Necessità pero
di grandi investimenti, inoltre sono tantissime le campagne pubblicitarie che circolano in televisione per questo parliamo di
affollamento di campagne pubblicitarie in tv. I dati di ascolto sono forniti da Auditel che si basa su interviste telefoniche e su
dispositivi posizionato all’interno della televisione della famiglia campione che rileva l’accensione dell’apparecchio e la
sintonizzazione. Tutte le informazioni fornite dal meter vengono memorizzate giornalmente e poi elaborate dalle agenzie in termini
di dati:

• dati statistici ovvero i dati sugli ascolti per ora, per minuto e per periodo; per programma e per target

• dati dinamici copertura e frequenza

I dati raccolti vengono poi pubblicati, i dati sono relativi alle reti Rai, Mediaset, La7 e Sky Stampa

Stampa periodica

Si divide in settimanale e mensile in base alla frequenza con cui il giornale viene pubblicato, vengono suddivisi per categorie a
seconda degli argomenti trattati. Sono ad esempio: Espresso, Panorama, Io Donna, Chi

Stampa quotidiana

Le testate quotidiane sono 52 e si dividono in quotidiani nazionali, finanziari nazionali, Sportivi, Pluri-regionali, regionali e locali e
politico.

La loro analisi viene svolta da Audipress e da ADS (Accertamenti diffusione stampa) Il metodo utilizzato è quello delle interviste
personali svolte ogni anno su circa 60mila persone; ogni anno si svolgono 3 cicli di rilevazione in maniera continuativa
indicativamente tra: metà gennaio-marzo; aprile-metà luglio; metà settembre-dicembre.

La pubblicazione dei dati avviene 3 volte l’anno a febbraio, maggio e settembre.

Il dato è disponibile online e riguarda: i lettori totali della stampa, la frequenza di lettura, e il numero di lettori medio.

Il target è costituito da adulti dai 14 anni in su.

Le testate totali in Italia son 180 e i dati forniti riguardano il numero di tirature e della diffusione che queste hanno in Italia e
all’estero.

Radio

La radio si divide in pubblica e privata a livello nazionale e le radio locali.

La ricerca sull’audience radiofonica è la Radiomonitor che oltre a misurare gli ascolti di emittenti nazionali e locali, indaga anche il
profilo degli ascoltatori, i luoghi di ascolto e i device utilizzati per ascoltare la radio.
Affissione

La struttura del mercato affissione divide la propria offerta in 3 macro aree:

• Statica: poster, manifesti sui muri comunali, manifesti su pensiline, trespoli

• Dinamica: è composta dai mezzi di trasporto urbani ed extraurbani come autobus e tram

• Altri Veicoli: decorazioni interne ed esterne alle metropolitane, poster e locandine all’interno o fuori da taxi, stadi, strutture
gonfiabili, centri commerciali e aeroporti e ferrovie.

Ad occuparsi di questo mezzo è Audi outdoor

Cinema

A dividersi la gestione pubblicitaria degli schermi cinematografici sono: RAI PUBBLICITA’, Movie media, PRS. Il cinema ha
trasformato la propria offerta pubblicitaria da semplici spot, alla brandizzazione del sipario, ai poggiatesta delle poltrone alla
creazione di eventi legati ad un film.

La rilevazione dei dati viene fatta da Audi movie che rileva i dati di presenze nelle sale cinematografiche, i dati sui profili
sociodemografici degli spettatori. Piattaforme digitali-Internet l’offerta pubblicitaria in internet si divide in un centinaio di
concessionarie di pubblicità divide in 4 categorie: Editori indipendenti, Concessionarie solo on line, Concessionarie verticali,
Concessionarie on line di concessionarie tradizionali.

Le diverse forme di comunicazione online per la pubblicità sono: i banner, le sponsorizzazioni di pagine, canali o siti, le parole chiavi
nei motori di ricerca, sponsorizzazione di newsletter, MMS e SMS, blog e pagine personali di utenti, Video e audio come Spotify,
Social media piattaforme quali Twitter, Facebook, Instagram.

I dati relativi a questo mezzo sono rilevati da Audiweb, il quale consente di misurare in modo obbiettivo l’utilizzo di internet sia dal
computer che dai device mobili.

I dati vengono registrati su 3 diversi panel:

• Panel PC

• Panel Smartphone

• Panel Tablet

I dati raccolti consentono di individuare quel parte della popolazione italiana abbia accesso internet, in quali modalità, da dove, e
attraverso quale device e con quale frequenza.

Termini Tecnici per la misurazione

L’unità di misura della pressione pubblicitaria è il GRP; le modalità di rilevazione variano da indagine a indagine e da target a target
in base alla diversa fruizione del mezzo.

ll GRP (Gross Rating Point) è l’unità di misura della pressione pubblicitaria; viene utilizzato per quantificare la pressione esercitata
da una campagna pubblicitaria sul suo target group.

Questo indicatore si rivela particolarmente utile quando occorre valutare e confrontare le performance di piani o veicoli diversi
rispetto a un determinato target group.

Le modalità di rilevazione variano da indagine a indagine e il valore del GRP varia da target a target, data la diversa fruizione del
mezzo da parte dei segmenti di popolazione.

Copertura e frequenza rappresentano il criterio di valutazione dell’efficacia della pianificazione.

Copertura: è costituita da tutte le persone facenti parte il target

Frequenza: è il numero di contatti cui viene esposto l’individuo che fa parte della copertura.

La copertura efficace è quella parte di copertura esposta ad almeno un determinato numero di contatti, il numero generalmente varia
da 3 a 7 a seconda delle caratteristiche della comunicazione e del posizionamento media voluto.

Da tenere conto per valutare l’efficacia di un piano è:

• Posizionamento Media

• Ciclo di vita della comunicazione

• Formati utilizzati
I risultati dipendo da;

• Numero reti tv o stampa utilizzata

• Pressione sviluppata

• N. di rubriche o testate

• Quota di prime time pianificata

La copertura è dipendente da queste variabili e aumenta con la loro crescita Con l’utilizzo di veicoli pubblicitari ad alta penetrazione
o ad alto GRP si contribuisce alla costruzione della copertura, mentre i veicoli ad alta affinità con il target contribuiscono alla
costruzione della frequenza.

Sulla tv questo fenomeno lo si nota con il prime time (19:30-22:30), l’orario che genera alti livelli di pressione, mentre sulla stampa
lo vediamo nelle testate ad alta diffusione. Ulteriori termini di misurazione sono:

• Indici di concentrazione: esprimono la concentrazione di un fenomeno e si calcolano come il rapporto tra due percentuali
composizione e penetrazione

• Costo per GRP (CPG): è la quantità di spesa necessaria a raggiungere un punto percentuale del target audience

• CPT: è la quantità di spesa necessaria a generare 1000 contatti sulla target audience

STRATEGIA MEDIA

La strategia è il metodo di lavoro che conduce da un brief dato dal cliente/azienda alla messa on air della campagna pubblicitaria sui
diversi mesi.

I passaggi sono:

• Analisi dell’arena competitiva: dati una marca e o un prodotto è necessario definire subito in quale arena operano. Definendo se si
trovano in una posizione di leader o di follower.

• Analisi della situazione generale di mercato: Si stabilisce se l’azienda o prodotto si trovano in 1un momento propizio o critico

• Analisi del target: definire a quale tipo di popolazione ci si vuole rivolgere

• Obbiettivi dei media: È il cuore della strategia media, ci deve essere coerenza tra gli obbiettivi di marketing, di comunicazione e
media; è necessario stabilire su che media operare e in che periodo la campagna deve essere messa on air in base ad eventi come il
lancio di un prodotto, la stagionalità di consumo e spesa dei concorrenti. Un ulteriore elemento necessario è il periodo della
campagna che è legato a:

• Eventi come lancio o rilancio prodotto

• Stagionalità di consumo del prodotto (Pandori Natale)

• Stagionalità della spesa dei concorrenti

• Budget disponibile per realizzare la campagna Il Budget è una variabile fondamentale per la scelta dei mezzi

• Piano mezzi e calendario tecnico: Viene esteso il piano d’azione le variabili da tenere conto sono:

• Penetrazione: capacità del mezzo di raggiungere il target di riferimento

• Affinità: la capacità del mezzo di concentrare all’interno della propria audience, individui facenti parte del target

• Coerenza: deve essere coerente con gli obbiettivi di marketing, comunicazione e media

• Potere di comunicazione del mezzo

• Velocità di raggiungere la copertura

L’insieme delle variabili permette di produrre una strategia che tenga conto di tutte le indicazioni presenti nel brief.

• Trattativa e acquisto spazi: Una volta che il piano mezzi viene reato e presentato al cliente, quest’ultimo lo approva, e si passa alla
fase di negoziazione della tariffa da applicare all’acquisto degli spazi pubblicitari. La trattativa è tra il centro media e la
concessionaria di pubblicità.

Raggiunto un accordo tra centro media e concessionaria, si procede alla prenotazione/acquisto degli spazi.
• Implementazione: Dopo che gli spazi sono stati acquistati, il centro media invia all’agenzia creativa il calendario con le date di
consegna dei materiali, e successivamente la campagna verrà messa on air.

• Post-analisi: una volta che la campagna è on air, si devono verificare i suoi risultati. Questa fase è fondamentale per trarre le
conclusioni e le key learning necessarie per la pianificazione successiva.

L’ERA DIGITALE E I SOCIAL I

La rivoluzione digitale: dall’interruzione al consenso

Il modello di business della pubblicità si è sempre incentrato sul meccanismo dell’interruzione.

Da un lato ci c’è un pubblico interessato a contenuti o eventi e dall’altro ci sono aziende interessate a veicolare i propri messaggi
pubblicitari. Questi annunci prendono vita in intervalli predefiniti, consentendo agli inserzionisti di beneficiare di un bacino d’utenza
precostituito., ma interrompono l’attività del destinatario; questo meccanismo è noto come interruption marketing.

Negli ultimi 20 anni il modo di lavorare è cambiato con l’avvento di Internet e degli smarphone, questi strumenti hanno avuto un
notevole impatto. Una delle prime conseguenze è stata il proliferare dei new media: testate online, forum blog, siti web e social
media. Questi mezzi offrono contenuti on-demand distribuiti tramite internet e visibili da molteplici dispositivi.

Si instaura così un nuovo scenario, ogni rivoluzione tecnologica ha generato nuove opportunità per la pubblicità, i primi annunci
pubblicitari online furono basati sull’interruzione es. i primi banner.

L’interruption marketing si basa sulla tecnica quantitativa, in quanto vuole raggiungere un pubblico obbiettivo attraverso la
ripetizione di un messaggio indistinto.

Tuttavia si è anche diffusa l’interattività che ha permesso di creare tra aziende inserzionistiche e il pubblico uncinato diretto, questo è
stato amplificato grazie ai social media.

La pubblicità digitale è diventata sempre meno invasiva e sempre più integrata con i contenuti a cui è associata ed è sempre più
differenziata. Questo nuovo approccio in contrasto con il precedente è il concetto di Permission Marketing, e si fonda sul privilegio
di inviare messaggi pertinenti e personali a delle persone che vogliono riceverli. Questo concetto si fonda sulla concezione che il
tempo è una risorsa sempre più scarsa e l’offerta è sempre superiore alla domanda, in questo scenario era quindi importante
conquistare il consenso delle persone e rivolgere loro messaggi rilevanti, piuttosto che interrompere in modo indesiderato. Il
permission Marketing si basa sulla tecnica qualitativa fondata sulla reciproca conoscenza di ricevente ed emittente.

I dati

Ogni dato raccolto riguardante gli utenti deve caratterizzarsi di valore e significato, è fondamentale che si possa basare su questi dati
la propria strategia di comunicazione, in modo da personalizzare e rendere rilevanti i messaggi pubblicitari. Due sono i termini da
ricordare:

• customization: forma di personalizzazione basta su una serie di preferenze espresse dall’utente che ottiene così prodotti e servizi in
base alle proprie preferenze e scelte. Esempio. compilando un modulo dove ci sono da inserire le preferenze per il contenuto di una
newsletter.

• personalization: forma di personalizzazione più accurata, basata sull’analisi dei dati di comportamento degli utenti senza la
necessità di richiedere le preferenze. Esempio: Amazon che ci suggerisce prodotti che potrebbero piacerci in base alle nostre scelte
precedenti.

I dati sono fondamentali perché su di essi si basa la misurazione dell’efficacia della pubblicità digitale, i dati rivestono un ruolo
chiave nell’equilibrio del mercato pubblicitario, in quanto strumento per personalizzare il messaggio e metrica di misurazione dei
risultati.

Analizzando le informazioni degli utenti online si possono raggiungere 3 risultati che consentono di riscrivere le regole della
pubblicità:

Ridurre il numero di stimoli promozionali rivolti ad ogni utente, a quelli che realmente sono rilevanti per una persona, posizionano il
brand inserzionista come un amico che conosce noi e le nostre preferenze e che sulla base di questa relazione ci dà consigli utili per i
nostri acquisti, si massimizza l’efficacia e l’efficienza della campagna, avviene così la fidelizzazione del cliente al brand/marca. SEO
e SEM: Sono due tecniche di promozione dei siti web all’interno dei motori di ricerca, finalizzate a migliore il ranking di un
determinato link a valle di una specifica ricerca.

• SEO: Search engine optimizazione, comprende tutte le ottimizzazioni tecniche messe in atto per ottenere la migliore rilevazione di
analisi e lettura di un sito web. È un’ottimizzazione condotta ai fini di favorire i risultati di una ricerca.
• SEM: Search engine marketing indica l’insieme delle attività di web marketing svolte per incrementare la visibilità di un sito
attraverso i motori di ricerca. È a tutti gli effetti un’attività di web marketing, che genera risultati sponsorizzati a forte di un
investimento economico di un inserzionista.

• DIRECT EMAIL MARKETING (DEM): i principali obbiettivi sono fidelizzare i clienti acquisiti o conquistare nuovi mediante una
leva commerciale attraverso quindi sconti, prezzi speciali riservato, selezione di prodotti dedicati e offerte promozionali.

• NEWSLETTER: Aggiornamento informativo periodico che il mittente invia a un database di utenti predefiniti e strutturato secondo
specifici interessi. L’obbiettivo è di costruire una relazione con l’interlocutore e fidelizzarlo con il brand.

• BANNER: Può essere statico o interattivo è un interruption marketing

• RICH MEDIA: Tipologia di banner ricchi, interattivi e dinamici, si tratta di annunci in grado di includere audio, video e animazione
capaci di ingaggiare l’utente e stimolarlo.

Modelli di pricing

Un advertisment o inserzionista paga un publisher a seconda dell’effetto che vuole ottenere in termini di diffusione della sua
campagna, le più diffuse modalità di pricing in uso sono:

• Costo in base alle visualizzazioni

• Costo in base ad ogni click

• Costo in base ai follower

Con l’entrata in scena di internet è avvenuta una disintermediazione, ovvero i canali tradizionali di vendita e consumo hanno lasciato
alloro spazio alle tecnologie informative es. Le agenzie di viaggio, in quanto oggi il consumatore acquista il suo prodotto (biglietto
aereo, prenotazione hotel) online.

Social media Marketing e Social media advertising

Il social media marketing raggruppa una serie di pratiche che vanno dalla gestione delle relazioni con blogger e influenzare,
all’ottimizzazione delle pagine web per i social media, fino alle attività di marketing. Questa attività ha un dialogo diretto tra azienda
e pubblico.

I social network principali sono: FB, INSTAGRAM, YOUTUBE ecc, sono un importante strumento da un punto di vista
pubblicitario, tanto da parlare di social media advertising.

Gli utenti di queste piattaforme condividono molti dati personali, così le aziende possono ricavarli e realizzare campagna
pubblicitarie ottimali per catturare la loro attenzione.

Ruolo del Mobile

Attraverso le ricerche svolte da Audiweb si è rilevato che i dispositivi mobili stanno sostituendo il personal computer; lo smartphone
è oggi un vero e proprio personal medium, da un punto di vista pubblicitario si può arrivare all’utente subito, e i messaggi possono
essere personalizzati in base al contesto in cui si trova l’utente.

L’sms è il primo strumento di pubblicità digitale, sono molto utilizzati per comunicare salti, sconti speciali e promozioni limitate nel
tempo.

PUBBLICITA’ NON CONVENZIONALE I

Nell’ultimo decennio a fianco dei tradizionali strumenti di comunicazione, hanno cominciato a diffondersi nuove tecniche che hanno
preso il nome di marketing non convenzionale, espressione utilizzata per definire un modo alternativo e nuovo di affrontare i
problemi di marketing che sono: comunicare l’esistenza di un prodotto o servizio, aumentare la brand awareness, raggiungere vecchi
e nuovi consumatori. I cosiddetti nuovi marketing ipotizzano un coinvolgimento diretto e immediato del singolo consumatore, con il
network di cui fa part, nell’intento di creare un effettivo legame tra azienda, marca e il suo target senza intromissione del sistema
mediatico.

La definizione di marketing non convenzionale nasce e si afferma grazie a Internet e al passaparola generato attraverso i messaggi
scritti sui blog che segnalano e diffondono nuove idee e soluzione alternative all’uso dei tradizionali strumenti e canali di
comunicazione.
Le motivazioni del cambiamento a cui si sta assistendo sono molteplici: il sempre più citato sovraffollamento di pubblicità, le
difficoltà di raggiungere attraverso i media di massa i giovani, i quali rappresentano il target prediletto da molteplici comparti
merceologici, la diffusione di internet e le nuove modalità di partecipazione rese possibili dal web.

Il marketing non convenzionale soddisfa le necessità di riallineamento ad una società e ad un consumatore in rapido e continuo
mutamento.

Il guerrilla marketing

Il più caratteristico strumento del marketing non convenzionale è il guerriera marketing. Il primo a parlarne è Levinson negli anni 80.
Le tecniche di guerriglia sono mirate a target di ridotte dimensioni ma identificabili. Levinson inizialmente aveva ipotizzato che le
piccole imprese, con una ridotta possibilità di budget avrebbero beneficiato di queste tecniche, con gli anni il successo della
guerriglia marketing ha convinto anche le grandi anzidette ad utilizzare le sue tecniche, insieme a quelle tradizionali.

Le operazioni di guerrilla marketing non solo devono raggiungere l’obbiettivo desiderato (conoscenza della marca, aumento brand
equity, definizione del contenuto e valore del brand), ma devono generare anche un passaparola positivo, che contribuisce a
rafforzare il valore della marca per cui la tecnica di guerrilla viene utilizzata.

La guerriglia ha la peculiarità di raggiungere il consumatore in momenti e luoghi i cui meccanismi di difesa non sono attivi, questo
pizza e stupisce uno o più individui e genera così un passaparola del messaggio pubblicitario che diventa virale.

Gli elementi su cui si sviluppano le tecniche sono: l’effetto costo, l’effetto sorpresa e l’effetto virale.

Negli anni successivi il guerriglia marketing si è articolato in 4 filoni:

• Marketing Virale: fa riferimento a tutte le tecniche che sfruttano le reti sociali per diffondere contenuti. Affinché il messaggio virale
(video, spot, messaggio) deve essere attrattivo per il target di riferimento. Il successo è legato ad internet, inoltre contattare le persone
attraverso la rete è a costo zero e la comunicazione avviene in tempo reale e la velocità di diffusione è maggiore rispetto al
passaparola tradizionale.

• Ambient Marketing: è paragonabile alla pubblicità outdoor, raggruppa le attività che coinvolgono direttamente il consumatore e che
si svolgono unicamente per strada con il suolo supporto di mezzi e di persone. Si utilizzano qualsiasi tipo di installazioni dalle
semplici installazioni, alle iniziative che coinvolgono i consumatori es. flashmob.

La maggior parte di queste attività viene realizzata in un contesto urbano e viene utilizzato il concetto di street marketing che
comprende diverse attività che vanno dalla semplice distribuzione di volantini o prodotti, fino alla realizzazione di veri e propri
eventi. Lo spazio urbano si caratterizza come ambiente particolarmente favorevole e familiare, in grado di far sviluppare al brand una
relazione personale con i clienti; qui le barriere di difesa non sono attive nei consumatori.

• Ambush (Imboscata) Marketing e Stealth (Invisibile) Marketing: comprendono le attività in cui il brand non si palesa come tale o in
cui si sfruttano eventi e attività organizzate e pagate da altri utenti per promuovere la propria azienda. Lo stealth marketing le sue
tecniche di marketing nascosto è quello di promuovere un prodotto o un servizio, senza presentare in modo chiaro il brand, in
maniera tale che i consumatori, non siano in grado di comprendere immediatamente di cosa si tratta. L’Ambush marketing
corrisponde a quell’insieme di tecniche che sfrutta l’associazione ad un evento per aumentare la propria notorietà, attirare
l’attenzione e generare effetti positivi, senza avere nessun collegamento ufficiale o diretto con l’evento.

PUBBLICITA’ SOCIALE I

La pubblicità sociale è uno dei generi più stimolanti della tv, ed è connessa alle emozioni dell’uomo. La pubblicità sociale nasce
negli anni 70 e si è sempre dimostrata connessa alle realtà sociali. Oggi la pubblicità sociale si interroga, sulla sua sopravviveva, sulla
sua efficacia, e sulla modernità, in un mondo che ha virato in una direzione digitale.

Per pubblicità sociale si intende l’attività di comunicazione a carattere persuasorio, messa in atto da una figura pubblica o privata,
con lo scopo di promuovere finalità non lucrative e che hanno come oggetto tematiche di interesse sociale ampiamente condivise.

La pubblicità tende a trasferire un messaggio con l’intento specifico di convincere il pubblico a cui si riferisce, ad attuare un
determinato comportamento o a modificare un punto di vista, una percezione e nel caso specifico della pubblicità sociale, un’idea o
tematica sociale.

La pubblicità sociale ricorre a meccanismi di persuasine e alla stimolazione della sfera emotiva dell’individuo.

Possono essere considerati messaggi pubblicitari sociali, quelli che seppur promossi da privati, sostengono contenuti di valore
sociale, volti al bene comune.

I messaggi mettono al centro il valore collettivo e non una marca, si concentrano quindi su tematiche di interesse sociale condivise.
Quando in Italia fece la sua comparsa in tv sul canale unico, era ben chiara le differenze tra pubblicità sociale e pubblicità
commerciale, le imprese si interessavano solo delle imprese, e lo stato si interessava del pubblico, con il passare del tempo, lo Stato
ha perso la fiducia dei cittadini e la sua autorevolezza, mentre sono cresciute attenzioni e credibilità nei confronti delle imprese, la
nascita e l’evoluzione del concetto di responsabilità d’impresa hanno spinto le aziende ad occuparsi in maniere sempre maggiore
all’interesse collettivo e a promuovere campagne sociali.

Es. Heineken promuove l’idea di bere moderatamente - Durex promuove l’utilizzo del preservativo.

La pubblicità sociale affronta temi come: droga, alcool, ambiente, razzismo, unioni civili e diritti copie omosessuali, viene
considerata pubblicità sociale quella che mette in discussione la convivenza civile, può influenzare la società, influisce sul benessere
delle persone, coinvolge e delimita i diritti dei singoli cittadini, in modo particolare chi vive in situazioni di esclusione; Il termine
sociale applicato alla pubblicità delimita un campo di azione vasto, lascia aperta la porta ad una grande quantità di temi considerati
sociali.

SOGGETTI CHE REALIZZANO LA PUBBLICITA’ SOCIALE

Pubblicità Progresso

È una fondazione no-profit italiana che dal 1971 dedica il suo impegno alla soluzione di problemi morali, civili ed educativi
riguardanti l'intera comunità attraverso la realizzazione di campagne pubblicitarie distribuite gratuitamente. Nata come associazione,
nel 2005 diventa fondazione.

Oggi la comunicazione sociale è diventata un alleato della raccolta fondi. Organizzazioni no profit Le prime esperienze di
comunicazione sociale da parte delle organizzazioni no profit risalgono agli anni 80 e le associazioni sono WWF, GREENPACE,
AMNESTY INTERNATIONAL, LEGA DEL FILO D’ORO, TELEFONO AZZURO.

Molti sono i temi che animano le campagne sociali tra cui: ambiente, salute e ricerca, difesa delle minoranze, cultura, difesa animali,
povertà e pari opportunità.

Se si osservano le campagne realizzate dalle organizzazioni no profit, si evidenziano 3 obbiettivi:

• raccolta fondi (promossa principalmente)

• comunicazione istituzionale

• sensibilizzazione ed educazione

Raccolta fondi

Dal 2002 si è diffuso l’sms solidale, strumento di grande efficacia che ha allargato il numero dei donatori, grazie alla semplicità del
gesto di donazione, al basso importo dell’offerta generalmente da 1 a 5€, e alla sua concomitanza con uno stimolo pubblicitario che
favorisce la reazione emotiva; SMS viene usato da milioni di italiani come metodo per donare. Es. terremoto 2017

Un ulteriore strumento di donazione molto diffuso è il 5X1000, qualunque cittadino che compili la dichiarazione dei redditi ha
l’opportunità di donare il 5Xmille della propria IRPEF a un ente no profit, università sanitaria, comuni e associazioni sportive
dilettantistiche, semplicemente indicando il proprio codice fiscale all’interno di un modulo.

Al 5Xmille si aggiunge l’8Xmille riservato alle chiese e allo Stato.

Un’altra tipologia di campagna è l’adozione a distanza; il donatore può destinare un mensile tramite bonifico o carta di credito ad un
bambino, famiglia, comunità o animale. L’adozione a distanza coinvolge in un impegno continuo che garantisce la sopravvivenza di
un progetto a lungo termine.

Comunicazione istituzionale

Campagne che hanno l’obbiettivo di costruire notorietà, credibilità e autorevolezza.

Sensibilizzazione ed educazione

Campagne nate con l’intento di promuovere comportamenti positivi o di modificare quelli negativi o volte ad informare il cittadino
dell’esistenza di determinati problemi.

Grazie al loro impegno costante, le organizzazioni no profit hanno dato rilevanza, visibilità e legittimità a temi considerati fino a
poco tempo fa irrilevanti.

Pubblica amministrazione

È stata il primo soggetto ad utilizzare la pubblicità per finalità pubbliche.


Negli anni è aumentata la consapevolezza dell’importanza del cittadino, dello scambio con esso e della necessità di una maggiore
trasparenza. Prese avvio una nuova stagione della pubblica amministrazione, cominciando dalla Presidenza del Consiglio la cui prima
campagna del 1988, riguardava la tossicodipendenza; Lo Stato si rivolge ai ragazzi con una comunicazione superficiale, messaggio
privo di sfumature emotive o contenuti persuasori.

L’anno successivo realizza nuovamente una campagna contro la droga che ottime l’attenzione di una vasta fetta di pubblico: “Se ti
droghi ti spegni” A queste campagne ne seguono altre, con buona continuità e un’alternanza di linguaggi rassicuranti e descrittivi.

Altri temi oltre alla droga sono: AIDS, SICUREZZA STRADALE, ABUSO DI ALCOOL, FUMO, VIOLENZA SULLE DONNE,
CORRETTA ALIMENTAZIONE, IMMIGRAZIONE, RISPETTO DELL’AMBIENTE.

In tutti i casi si tratta di campagne finalizzate a sensibilizzare o educare la popolazione, con la volontà di rafforzare i comportamenti
positivi.

Nel corso degli anni sono state realizzate campagna che rientrano nella definizione appelli al pubblico ovvero delle campagne di
raccolta fondi come per il terremoto di amatrici e delle zone limitrofe.

Le aziende

L’impresa è l’ultimo dei soggetti in ordine di tempo ad avvicinarsi alla pubblicità sociale; comincia nella seconda metà degli anni 80,
per poi intensificarsi tra il 90 e il 2000. L’aspetto che la differenzia è la volontà di rendere noto l’impegno del consumatore ed in
generale degli stakeholder nelle azioni sociali.

Oltre alla responsabilità legale, ed economica, le imprese hanno iniziato ad operare anche attraverso la responsabilità etica, ovvero le
imprese si impegnano ad operare nel rispetto dell’ambiente, del lavoro e dei paesi.

Attraverso la responsabilità filantropica l’impresa si impegna in azioni di promozione di cause sociali, da semplici azioni di
sensibilizzazione o educazione su tematiche sociali, o in azioni tangibili come raccolta fondi, progetti e collaborazioni.

Responsabilità sociale d’impresa, definisce i contorni di un’impresa moderna sempre più attenta ai bisogni della collettività.
L’impresa pensa sempre al profitto, ma decide di preoccuparsi ed occuparsi anche dell’impatto ambientale e della vita dei lavoratori.

L’impegno sociale per le aziende non è un’esigenza d’immagine, ma anche un’esigenza di profitto, in quanto si:

• differenzia il brand

• creano nuovi strumenti di PR

• fidelizza e coinvolge i consumatori

• migliorano i rapporti con i dipendenti e il clima aziendale

• cattura attenzione dei media

• raggiungono nuove aree di mercato e quindi nuovi target

• aumentano le vendite

Sono 3 i fattori che interessano la pubblicità sociale delle aziende:

• natura attività sociali

• scelta dei media

• peso strategico

COME SI REALIZZA UNA CAMPAGNA SOCIALE 10 MOMENTI

Promotore: decisione del tema e di come affrontare il problema (es anoressia)

Amministrativo: si definisce l’investimento pubblicitario (generalmente si usufruisce della collaborazione gratuita di professionisti,
diverso è per le aziende e la pubblica amministrazione che dedicano parti del bilancio per questi lavori)

Definizione Budget: un budget troppo limitato non permette che la comunicazione raggiunga gli obbiettivi prefissati, per questo
viene stabilità la soglia di visibilità ovvero l’indicatore che indica quando la comunicazione è invisibile e non raggiunge il target di
riferimento

Organizzativo: si coinvolgono le figure professionali utili allo sviluppo del progetto, collaborano case di produzione, fotografi, centri
medi, istituti di ricerca. Nel caso della pubblica amministrazione l’affidamento di un lavoro avviene tramite bando di gare.
Momento Strategico: vengono definite le coordinate del progetto che portano alla stesura del brief, il quale dovrà contenere
un’analisi dello scenario, gli obbiettivi generali e di comunicazione, dovrà contenere una chiara indicazione del target, del tempo di
sviluppo e del budget.

Momento Creativo: viene sviluppata la bozza delle proposte da presentare al cliente. La creazione della campagna si scontra con i
vincoli imposti dal budget. E’ importante la scelta del linguaggio che nella pubblicità sociale è di 8 diverse tipologie: sentimentale,
drammatico, aggressivo, rassicurante divertente, responsabile, provocatorio, informativo. Ognuno di essi fa leva su aspetti differenti
della sensibilità del destinatario e quindi su obbiettivi pubblicitari diversi.

Momento Tecnologico: comincia quando la pubblicità viene realizzata e proposta su supporti digitali

Momento Pianificazione: per le organizzazioni no profit la pianificazione dei media è totalmente determinata dalla disponibilità degli
spazi gratuiti, per questo nonostante vena realizzata una buona campagna, l’assenza di un piano media non potrà portare a rendere la
campagna efficace; per quanto riguarda la pubblica amministrazione questo passaggio è favorito dalla possibilità delle aziende di
poter utilizzare le emittenti pubbliche, ma essendo la comunicazione sociale per le aziende un’attività secondaria, il più delle volte
viene sviluppata senza un significativo investimento pubblicitario.

Trasmissione: la campagna è on air

Prima e dopo la campagna è un momento importante perché si raccolgono informazioni utili sui risultati, le modifiche di percezione
del target e delle conoscenze intorno ad esso e viene quindi stimato il cambiamento tra prima e dopo.

LA PUBBLICITA’ SOCIALE OGGI

1971 anno avvio pubblicità sociale In questi 47 anni sono stati messi in atto alcuni cambiamenti:

Linguaggio: da un unico registro a diversi toni di comunicazione che stimolano le emozioni.

Stile: da seria a libera e creativa

Cittadino: è cambiato il cittadino che guarda la pubblicità, è sempre più responsabile e attento.

Numero attori: da uno a diverse migliaia tra cui aziende, impegnate nelle campagne sociali.

Media e Comunicazione: sono cambiati i mezzi e i modi di trasmettere e fare comunicazione.

Il problema più rilevante della pubblicità sociale è l’influenza politica.

Differenze pubblicità sociale e pubblicità commerciale

La pubblicità sociale ha preso in prestito ognuno dei processi in uso nell’ambito pubblicitario, stessi professionisti, stessi percorsi,
stesso sviluppo.

Ci sono alcune differenze tra pubblicità sociale e commerciale e sono:

• I CONTENUTI: IL FOCUS E’ PROFONDAMENTE DIFFERENTE

La pubblicità sociale parla di valori, problemi e comportamenti. Qui vi è al centro il problema, il negativo, la difficoltà

La pubblicità commerciale parla di prodotti, servizi, marche, anche se a volte lo fanno attraverso la sfera valoriale dell’individuo. Qui
vi è al centro la soluzione, il desiderio, il positivo.

• EFFETTI che le pubblicità si aspettano dal messaggio:

La pubblicità sociale chiede all’individuo di modificare un atteggiamento o comportamento, si entra nella sua sfera privata e gli si
chiede di fare una riflessione profonda o una trasformazione. La pubblicità commerciale si intende promuovere un comportamento
d’acquisto che produce la soddisfazione di un bisogno o la realizzazione di un desiderio; a volte la comunicazione si limita a
promuovere un marchio, i suoi valori o la sua credibilità.

• BENEFICI

Nella pubblicità sociale i benefici sono ritardati e a volte intangibili. Es. gli effetti legati allo smettere di fumare sono inizialmente
negativi, solo con il tempo diventano positivi agli occhi di chi fuma; nel caso di utilizzare la bici al posto dell’auto, l’effetto
sull’ambiente lo si nota nell’arco di un lungo periodo e non dipendono da un singolo comportamento ma da quello di una moltitudine
di persone si parla di benefici condivisi.

Nella pubblicità commerciale i benefici dopo l’acquisto sono immediati concreti e personali.
La comunicazione pubblicitaria, i consumi e i life style

1 Brand strategy: comunicazione e attori sociali

La pubblicità è una presenza costante si insinua nel nostro quotidiano, persino i restauri di importanti monumenti, attraverso la
sponsorizzazione, si legano oggi alla pubblicità. A pubblicità occupa i luoghi più diversi del quotidiano divenendo, in alcuni casi,
essa stessa “luogo”: molte aziende iniziano la comunicazione già dalla progettazione dei “loro spazi”, l’edificio diviene messaggio
pubblicitario. Emerge il neologismo brandscape che unisce landscape (paesaggio) e brand (marchio). La pubblicità nella società
contemporanea si realizza in molteplici modi. La comunicazione di un prodotto inizia dalla progettazione della confezione e del logo,
procedendo poi con la costruzione della campagna pubblicitaria. Il questo processo risulta essere fondamentale il contesto sociale in
cui si inserisce e gli attori a cui si riferisce. Le prime teorie sugli effetti della comunicazione si basano principalmente su un
meccanismo istintivo stimolo-risposta: i forti stimoli dei media provocano sollecitazioni su cui l’individuo ha un limitato controllo
volontario. Le nuove spiegazioni (e strategie) sull’influenza dei media si concentrano sugli aspetti personali e sociali degli individui.
In questa fase merge la contrapposizione “natura contro cultura” e “apprendimento contro ereditarietà”. Tale discussione contrappone
alla dimensione “istintiva” quella “acquisita”: l’individuo, socializzato e acculturato, risulta essere “plasmato” dal proprio ambiente.
In questo passaggio da “istinto” ad “atteggiamento”, emerge l’importanza della dimensione acquisita nell’ambito dei comportamenti
degli individui. Nell’ambito della comunicazione emerge l’importanza di identificare le caratteristiche degli individui a cui si rivolge
il messaggio. “la percezione selettiva” e “l’attribuzione di significato” possono essere condizionate anche dalle “relazioni sociali” che
attuano un rapporto non diretto, ma mediato da una serie di “variabili intervenienti”, tra contenuto (del messaggio) e risposta (al
messaggio). Con la teoria two-step flow of comunication, emerge l’importanza dei canali attraverso cui l’individuo riceve la
comunicazione. Se gli effetti della comunicazione possono essere attivati o rinforzati direttamente dai media, parallelamente questi
possono essere condizionati da altri mediatori. Viene utilizzato il ruolo svolto dalle relazioni sociali informali nell’influenzare i
comportamenti e le decisioni. In questo flusso di informazioni “indiretto” (nelle sue diverse modalità), l’opinion leader diventa un
tramite di riferimento. La sua autorevolezza è data non necessariamente da una collocazione più alta nella scala gerarchica, ma dalla
sua “posizione nel ciclo di vita” e dal “ruolo che ricopre” in relazione all’informazione trasmessa. Tale figura non riporta
semplicemente l’informazione, poiché interpretando la notizia genera un’influenza personale. Quindi la pubblicità può essere intesa
nella doppia accezione di informazione e convincere (e di auto-convincersi) e di piacere agli altri (e a se stessi); interagendo con
desideri e bisogni, questa può divenire tramite di riferimento per cercare il consenso e può influenzare lo stile di vita. La
comunicazione pubblicitaria, per raggiungere gli obiettivi prefissati, deve prestare grande attenzione al contesto sociale ai cui
mutamenti si adatta modificandosi nel tempo. Ogni individuo potrà avere reazioni differenti a partire dal proprio giudizio, dalla sua
appartenenza e dal suo essere collocato nella storia. Nella sua evoluzione storica la pubblicità non evidenza nette linee di
demarcazione; le diverse teorie spesso si sovrappongono e ancora oggi possono coesistere. In origine la pubblicità è réclame: un
annuncio semplice nella concezione, atto ad indurre il consumatore a “percepire di avere un bisogno” e a sollecitare il consumo. Il
meccanismo narrativo frequentemente utilizzato è quello della prova o del test. Nasce la fase della “pubblicità persuasiva”, la copy
strategy definisce “l’evoluzione della marca nella mente dei consumatori nel corso del tempo”

Il processo di standardizzazione, tratto peculiare della produzione industriale, rende però sempre più difficile differenziare i prodotti
in base a caratteristiche oggettive. Seguirà una concezione “meccanicistica” della comunicazione, che sposterà il suo nucleo sul
concetto di riflesso condizionato: la pubblicità si prefigge di agire sull’inconscio del consumatore, considerato “soggetto passivo e
influenzabile”. Si attua dunque un passaggio: dalla costruzione di una campagna pubblicitaria che si concentra sulla “convinzione
razionale” del consumatore, ad una nuova forma di “impatto” che sposta tutto sul rapporto causa effetto. Punta sulla ripetizione
insistente di un messaggio immediato caratterizzato da una struttura breve e di facile comprensione. Slogan e logotipo divengono
protagonisti del nuovo modo di comunicare. I nuovi punti di riferimento sono il sogno e l’evasione, è su questi che fanno leva i
creativi individuando nel prodotto il soddisfacimento dei desideri inconsci. Tra propensione e acquisto possono intervenire fattori che
sfuggono al controllo dei pubblicitari e quanto la pubblicità possa agire da “modello latente” inconsapevole. Se la comunicazione
risulta coerente con il vissuto del soggetto, agisce rinforzando ciò che è preesistente, in caso contrario deve “sedimentare”, diventare
“compatibile” e solo successivamente potrebbe risultare efficace, si attua una “perturbazione” a cui l’individuo reagisce per
ristabilire l’equilibrio inziale. L’individuo non è sempre un consumatore razionale, ma prende la decisione più rassicurante cercando
di preservare la propria identità.

2 I nuovi bisogni: il consumo come linguaggio sociale

Il boom economico farà emergere alcuni tratti peculiari delle società capitalistiche: superfluo e spreco rappresentano due aspetti del
consumismo. I processi di modernizzazione, industrializzazione e urbanizzazione attuano un importante cambiamento all’interno
della famiglia. Quella felicità che in passato era associata alla soddisfazione dei bisogni, oggi deriva dalla soddisfazione dei desideri.

Le società industrializzate del dopoguerra, collocano gli “oggetti di consumo” al centro della scena. Nasce il termine consumismo per
descrivere un contesto sociale che associa la felicità alla soddisfazione dei desideri ed individua il suo raggiungimento attraverso
l’accumulazione di beni di consumo.

Con l’austerity e la crisi petrolifera del ’73 emerge una accezione negativa dei consumi e del consumismo. Parallelamente alla critica
della società dei consumi di massa si sviluppa il “consumerismo”, il cui obiettivo è tutelare i consumatori attraverso una maggiore
consapevolezza. La società dei consumi sarà nuovamente rilanciata dall’individualismo degli anni ’80. In questo periodo inizia ad
imporsi su larga scala quel fenomeno che parte dalla moda e che, successivamente, si “spalmerà” anche nello spazio abitativo: la
Griffe. È infatti possibile osservare, parallelamente all’imporsi del design, come nel tempo le principali marche italiane di alta moda
abbiano lanciato una loro line di casa. La moda, nelle sue divere manifestazioni entra nello spazio abitativo.

Per Simmel la moda presenta il simbolo della modernità democratica ed esprime insieme il bisogno di imitare e di distinguersi, di
uguaglianza e di individualizzazione. Gli oggetti possono aiutare a capire il mutamento in atto.

Il consumo come nucleo centrale dell’identità sociale appare tra le conseguenze della modernità. Emerge l’importanza del ruolo dei
media che, facendo saltare la tradizionale connessione tra spazio fisico e contesto sociale, possono influenzare sia il pluralismo di
scelte, che gli stili di vita. I media consentono l’accesso ad ambienti con i quali l’individuo potrebbe non venire mai a contatto,
consentendo agli individui di vedere e partecipare a performance che accadono in altri luoghi.

Attraverso il consumo, inteso come sistema di segni e simboli, l’attore comunica la sua appartenenza o il suo differenziarsi da un
gruppo. Il consumatore soddisfatto rappresenta una minaccia all’interno di una società che dichiara la soddisfazione del cliente tra i
suoi scopi principali. Una “soddisfazione” temporanea, quindi, un’esperienza momentanea che consenta ai consumatori di desiderare
continuamente nuovi prodotti.
Il benessere nella società occidentale attua oggi uno spostamento significativo da bisogni a qualità di vita. Nuove figure professionali
orientano i gusti degli individui e nascono nuovi stili di vita. Emerge l’importanza della comunicazione (media vecchi e nuovi) e del
ruolo che ricopre nel diffondere le nuove tendenze. Parallelamente si osserva un mutamento, connesso ai processi di globalizzazione,
che vede i paesi emergenti imporsi con una produzione di scarsa qualità e a basso costo; tale fenomeno provoca nel nostro paese una
ridefinizione sia dei processi produttivi che delle strategie di marketing. Focalizzare l’attenzione sulla qualità sembrerebbe essere un
modo per affrontare questo fenomeno; in questo ambito emerge l’importanza dell’individuazione di “nicchie” di mercato, in grado di
apprezzare una produzione che si distingue per le caratteristiche dei beni. Un mercato che vede nel consumatore consapevole e
informato il suo punto di forza. I prodotti quindi, proprio per la loro posizione strategica tra produzione e consumo, aiutano a
comprendere e dinamiche di entrambi; entrando nel quotidiano danno informazioni sulla realtà sociale di cui diventano componenti
importanti. Gli oggetti, in particolare quelli di uso quotidiano sono indicatori di come gli individui si percepiscono e si posizionano
nella società; questi esprimono “valori” e “rappresentazioni” alla base della costruzione di gruppi di identità.

L’importante legame “oggetto e contesto sociale” ha caratterizzato ogni fase storica, perché se l’oggetto dà informazioni sulla società
in cui è inserito, parallelamente in un reciproco scambio, contribuisce a delineare le caratteristiche. Amplificandone il significato
simbolico la contemporaneità vede l’oggetto ancora più strettamente connesso al suo fruitore, in un rapporto più personale.

Una stretta relazione “oggetto\attore sociale” attraverso cui è possibile individuare le peculiarità del contesto “individualista e
disilluso” di fine millennio. Laddove in passato la relazione tra “oggetto e corpo” era riferibile all’ergonomia e quindi essenzialmente
pratica, oggi sempre più spesso è legata alla sensazione di benessere che può produrre. Non meno rilevante è la relazione tra “oggetto
e spazio” che fornisce, attraverso l’analisi dell’ubicazione dello stesso al suo interno, importanti informazioni.

La relazione tra “oggetto e cambiamento” che vede l’oggetto “significante” in quanto testimonianza di una modificazione
socioculturale; si tratta di un oggetto che può ripristinare un nuovo equilibrio dopo una rottura o che, attraverso il suo essere
innovativo, può provocare il cambiamento.

Nell’evoluzione tecnologica post-industriale l’importanza dell’aspetto materiale decresce in favore dell’aspetto “immateriale”,
virtuale, informazionale”. In questo ambito però il design può restituire “visibilità al significato dell’oggetto”, differenziandolo,
rendendolo unico.

Più gli oggetti sono innovativi, costosi, di design, maggiore è il loro valore simbolico. Il lusso continua ad essere riferimento non solo
per chi può permetterselo, ma anche per alcuni individui meno abbienti. Una importanza della comunicazione che genera due effetti:
fa un lato sollecita la produzione di nuovi oggetti funzionali alla stessa. Dall’altro mentre rimodella le relazioni attua un cambiamento
dei gruppi e dei valori sociali.

3 Messaggio pubblicitario e società

Il primo annuncio pubblicitario su un giornale nella Francia del 1630 e successivamente la rivoluzione industriale, rappresentano il
punto di svolta: iniziano, seppur in fase embrionale, ad essere elaborate le tecniche di comunicazione. In Italia il ritardo
dell’industrializzazione e le difficoltà economiche hanno influito sull’evoluzione del messaggio pubblicitario il cui “boom” coincide
con quello economico.

Tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento sulle ultime pagine dei quotidiani compaiono i primi annunci pubblicitari. Nel
1863 nasce la Manzoni&co. Gradualmente l’immagine acquista importanza rispetto al testo, adattandosi ai cambiamenti sociali in
atto e ai nuovi tempi delle prime automobili. Emerge la necessità di un messaggio che rimandi un’immagine immediatamente
percepibile: nasce il “cartellone” pubblicitario.

Al passo con i tempi nuovi testimonial si affaccino sulla scena pubblicitaria, in una contaminazione con il mondo dello spettacolo e
della cultura, ma la vera svolta epocale si attua con la radio e la televisione che sollecitano nuove strategie. Con l’introduzione del
Jingle e la nascita di Carosello la pubblicità acquisisce forma di spettacolo e intrattenimento. Il 3 febbraio 1958 in Italia debutta il
programma più celebre della storia della televisione he per venti anni, fino a gennaio 1977: il Carosello scandisce l’ora della
buonanotte per i piccoli e introduce i grandi al consumismo. Il programma è strutturato in sketch separati da una successione di sipari
che si aprono.

Nel ’57 il segnale tv copre l’intero territorio nazionale, ma la televisione non è ancora in tutte le case degli italiani. La pubblicità
televisiva si sviluppa, nel periodo del boom economico, in un sistema economico e sociale che affonda le sue radici nei consumi e
nella loro costante crescita, in un’ottica che vede lo sviluppo e il libero commercio come fonte di benessere. Nascono, soprattutto a
Milano, le “case di produzione” che realizzano i film pubblicitari girando in pellicola 35 mm e d in bianco e nero.

Parallelamente nasce la censura: la Sacis è la società concessionaria per la commercializzazione dei prodotti RAI. Questa esercita il
suo ruolo secondo un rigido regolamento che impone anche una durata della parte pubblicitaria di 30 secondi. Poiché la storia aveva
una sua articolazione, il prodotto era inserito generalmente nel “codino finale”. La réclame vede il vero protagonista “il prodotto”
entrare in punta di piedi, relegato nella parte finale. Interessante notare come oggi questi 30 secondi rappresentino la parte che resta,
essendo questa mediamente la durata dell’intero spot.
Il 1° febbraio c1977, in una staffetta che vede l’uscita di scena di Carosello e l’introduzione del colore, inizia una nuova forma di
comunicazione pubblicitaria nell’ambito televisivo fortemente sollecitata dalla nascita delle tv private. Finisce il monopolio RAI e la
sua funzione pedagogica, e inizia a diffondersi la tv commerciale che individua nella televendita la sua fonte di sopravvivenza.
Parallelamente nuove forme di pubblicità affiancano quella dei prodotti di consumo.

Negli anni ’70 nasce la pubblicità progresso che nel tempo arriverà ad occupare gli spazi dell’intrattenimento di cui l’esempio più
immediato ed attuale è probabilmente Telethon

Si osserva un significativo cambiamento nella strategia di comunicazione che non si limita più ad esaltare le caratteristiche del
prodotto, ma che veicola, attraverso le immagini, le diverse realtà sociali.

4 Spazio scenico & co: lo spot

Lo spazio scenico o scena è lo spazio della rappresentazione, le sue origini risalgono al teatro greco. Lo spazio scenico è quindi lo
spazio della scenografia nelle sue diverse modalità estetiche e tecniche a seconda che si tratti di teatro, cinema o pubblicità.

La scenografia le cui origini sono rintracciabili nelle prime forme di teatro diventerà, successivamente, parte integrante delle forme di
spettacolo sono rintracciabili nelle prime forme di spettacolo in generale. Se nel teatro delle origini la scenografia rappresenta lo
sfondo davanti al quale si svolge l’azione drammatica, nel cinema e nella pubblicità l’azione degli attori penetrala scena.

La prima vera innovazione nell’ambito dello spazio scenico è questo spostamento da scena dipinta a spazio costruito, in una
evoluzione che vede oggi un ulteriore spostamento verso il virtuale nella sua dimensione 3D.

Nel cinema e nella pubblicità i diversi set in cui si muove l’attore realizzano, nel montaggio finale, la scenografia del film. I set,
diversamente dalla dimensione teatrale, non sono necessariamente costruiti in teatro di posa (negli studios), ma possono (e sempre
più spesso lo sono) essere girati dal vero in locations.

L’ambientazione ricopre un ruolo fondamentale nella comunicazione all’interno del film. Oltre a fornire indizi sul periodo storico e
sui personaggi, lo spazio può sottolineare “la qualità” attraverso l’estetica, “l’atmosfera” attraverso la forma e il color, ed “enfatizzar”
un aspetto attraverso le proporzioni. Infine lo spazio scenico comunica l’identità di chi si muove al suo interno, fornisce gli indizi per
disegnare il profilo dell’attore.

All’interno della realizzazione del film, la scenografia si inserisce in un equilibrio armonico a cui partecipa tutta la troupe. La
fotografia, il montaggio, le inquadrature possono insieme alla scenografia enfatizzare alcuni aspetti della storia; parallelamente
costumi e trucco caratterizzano la figura dell’attore in linea con l’immagine del film.

Un altro aspetto importante, nell’ambito di questa analisi, è il ruolo che ricopre la scenografia nella pubblicità rispetto al cinema. In
generale lo spazio (soprattutto abitativo) in cui l’attore è inserito dovrebbe comunicare l’identità.

La casa all’interno del film dà indizi sull’attore che la abita, presenta al pubblico il personaggio. Questo attraverso lo stile,
l’arredamento e gli oggetti racconta la storia di chi si muove al suo interno. La casa, dunque, rappresenta l’identità di chi la viva,
un’identità che deve essere immediatamente accessibile al pubblico.

Nell’ambito della storia che vuole raccontare lo spot, l’identità dell’attore è in funzione dello spettatore (del target), di conseguenza
lo è anche la casa (rappresentandone l’identità): un’identità in funzione non di una persona, ma di molte, perché deve rappresentare
un gruppo in cui riconoscersi per appartenenza o aspirazione. Quindi la rappresentazione dello spazio (abitativo e non) per essere in
funzione di molti, deve fare riferimento a degli stereotipi.

L’analisi del film pubblicitario

1 Individui e media: analisi di una relazione

Il rapporto tra “sapere” e “fare”, l’influenza del primo sul comportamento dell’uomo (sull’azione), ha origini antiche. I filosofi greci
pongono la conoscenza alla base della natura dell’essere. Tale conoscenza ha avuto un forte impulso con la comunicazione.

L’uso massiccio dei media nella contemporaneità ha evidenziato la natura socialmente costruita della realtà e delle sue
rappresentazioni. La società contemporanea pone gli individui costantemente in contatto con “rappresentazioni mediatiche”, ma è
difficile stabilire se la realtà mediata “influenzi” i significati che questi attribuiscono al mondo, o se “assecondi” quanto da loro
richiesto.

I media attraverso la raccolta, il trattamento e la distribuzione delle informazioni, stabiliscono “relazioni” con gli attori e
rappresentano delle “risorse” a cui questi possono attingere per il raggiungimento dei loro “obiettivi”. Da un lato determina il potere
dei media, dall’altro diviene risorsa per gli scopi.

Si tratta di una relazione che risulta essere un riferimento per la “comprensione” sociale e del sé. Le attuali modalità di
comunicazione collocano le emozioni al centro delle loro strategie. Quello che nelle relazioni premoderne era affidato ai capi o agli
anziani, oggi è generato dal sistema dei media attraverso il controllo delle informazioni e dei loro effetti sui comportamenti.

Nell’ambito di questa ricerca, l’aspetto che acquisisce maggiore rilievo è quello di “orientamento” dell’azione.

2 L’oggetto della ricerca e la sua analisi

Nelle società contemporanee l’immagine assume sempre più importanza nelle forme comunicative per la sua capacità di trasmettere
con rapidità ed immediatezza. Questo lavoro focalizza la sua attenzione sulle immagini della pubblicità televisiva. Nello spot il
linguaggio visivo è supportato dal linguaggio verbale.

Peculiarità del linguaggio visivo è suggerire una percezione simile a quella che si ha della realtà. Ogni immagine ha una struttura, un
sorta di percorso di lettura all’interno del quale l prodotto deve risultare protagonista.

Altrettanto fondamentale è l’attenzione al gioco dei cromatismi, questo può attuarsi partendo dai colori fondamentali oppure dai toni
caldi e freddi associati a stati di tipo psicologico, ma può anche puntare si significati simbolici e cultuali come “l’intensità
drammatica” del bianco e del nero.

Il testo visivo, dunque, può avere due chiavi di lettura: immediata (ciò che attira lo sguardo e suscita emozioni) e metodica (l’analisi
delle singole componenti del testo pubblicitario e delle loro intenzioni)

Nella costruzione dell’immagine che si vuole trasmettere, del messaggio che si vuole comunicare, ricopre un ruolo fondamentale la
scelta dell’inquadratura. Il “punto di macchina” e la scelta dell’obiettivo (la lente attraverso cui guardare) diventano fondamentali: il
protagonista può essere in primo pino o meno e questo può cambiare sostanzialmente la percezione del messaggio. Un soggetto in
primo piano è immediatamente protagonista. Quindi capo lungo, media, ravvicinato, figura intera, piano americano, primo piano,
fino al dettaglio, evidenziano diversi modi di raccontare.

A questo si somma l’angolo di ripresa che rappresenta il punto di vista, il modo di osservare: un asse di ottico frontale inclinato verso
l’alto o verso il basso, propone immagini molto diverse. Il punto di vista dall’alto, ad esempio, può comunicare un senso di
schiacciamento.

La fotografia del film sottolinea quanto la comunicazione si prefigge di raccontare. Non meno rilevante è l’apporto che deriva dal
sonoro attraverso il dialogo, la narrazione e la musica. Quest’ultima può enfatizzare, attirare l’attenzione e aiutare a focalizzare il
punto, oppure lasciare che ci si immerga nel mondo rappresentato: sovrapponendosi allo spazio e dialogo raccontato. Fondamentale è
il Jingle: il motivo che accompagna lo spot e che lo rende immediatamente riconoscibile.

All’interno della struttura narrativa, il testo deve colpire l’attenzione e l’emotività del destinatario con una grande capacità di sintesi.
Oggi uno spot dura 30 secondi nella versione più lunga e, generalmente, viene contestualmente realizzata la versione 15 e a volte il 7
secondi.

I filosofi classici definiscono il discorso retorico secondo alcuni elementi strutturali a cui la pubblicità sembrerebbe fare ancora
ricorso:

- Ricerca degli argomenti del discorso


- L’organizzazione degli argomenti
- La traduzione degli stessi argomenti in figure retoriche efficaci
- Le tecniche per memorizzare ciò che si deve dire
- L’arte di promuovere il discorso attraverso la voce e la gestualità

La figura retorica attualizzata nell’immagine è ancora oggi alla base della comunicazione pubblicitaria. La metafora è forse quella
più usata.

Una marca che, per essere stabile nel tempo, deve individuare dei potenti valori fissi che la differenzino e la rendano riconoscibile.
Questa rappresenta “la memoria del prodotto”, nel senso di sintesi degli investimenti effettuati dall’impresa nel corso degli anni e di
come questi sono percepiti dai consumatori. Emerge un’altra importante accezione: “marca” anche nel senso di marcare. Oggi in una
società subissata da messaggi, diventa sempre più indispensabile costruire intorno al prodotto un universo di senso.

3 Il metodo di ricerca
La “flessibilità” richiesta all’identità individuale e la “fluidità dei confini” si riflettono sulla dimensione abitativa. La modernità
avanzata evidenzia una flessibilità degli spazi ed una omologazione stilistica che pone in ombra le caratteristiche culturali dei diversi
paesi. Se in passato lo stereotipo della famiglia era caratterizzato da elementi legati alla tradizione, oggi difficilmente questo sarebbe
proponibile in uno spot

La casa minimal (vuota con pochi ma importanti oggetti di design) e postmoderna (in cui la contaminazione stilistica è rivisitata
attraverso l’uso di nuovi materiali) assurge a immagine della modernità avanzata, tale aspetto rimanda soprattutto alla dimensione del
lusso. Eppure il fiorire di outlet dell’arredamento e la produzione di “oggetti d’autore” low cost sembra essere un indizio di come il
fenomeno vada oltre questa dimensione.

Tutto questo è riscontrabile anche nella pubblicità, nel suo realizzare ambientazioni “patinate” e “aspirational” non soltanto per i beni
di lusso.

L’ipotesi di ricerca parte da una osservazione che vede emergere uno spostamento da spazi identitari a spazi standardizzati e
omologati. Si tratta di spazi non più rappresentativi dell’identità individuale, ma dell’immagine che si vuole proporre di sé.

Lo spazio abitativo che racconta il vissuto di chi lo abita e ne sintetizza esigenze gusti e risorse, in alcuni ambiti sembrerebbe attuare
una “narrazione sempre meno identitaria”. L’ipotesi che prende forma è che questo faccia emergere una casa che si sovrappone
“adattandosi” all’identità contemporanea che, nel suo essere flessibile, appare profondamente modificata. L’attuale contesto sociale
pone l’attore di fronte ad un quotidiano fatto di scelte costanti, di precarietà e di perdita di riferimenti culturali tradizionali: il
riconoscersi nell’altro può risultare rassicurante, può evitare ulteriori scelte e rappresentare un punto di ancoraggio rispetto a “carriere
uniche”.

L’individuo contemporaneo può alleggerire temporaneamente il peso della libertà di scelta, sollevarsi dalla responsabilità e dalle
conseguenze che caratterizzano costantemente biografie uniche.

La comunicazione pubblicitaria è un importante fornitore di modelli in cui riconoscersi, in una costante influenza reciproca. Per
cogliere tutto questo nelle rappresentazioni pubblicitarie si è resa necessaria una sintetica ricostruzione storica dagli anni ’60 ad oggi
una “transizione verso figure sociali di tipo post-industriale”. Emerge l’importanza dell’analisi del “senso” nella sua “iscrizione
sociale”: la produzione dei significati (sociali) attuata da attori (sociali) nella vita quotidiana, attraverso “comportamenti interazioni e
pratiche di consumo”. Tali significati sono resi “oggettivi” dalla loro integrazione nella società tramite la loro circolazione.

Il boom economico favorisce la nascita della pubblicità e, al tempo stesso, ne è sostenuto. La pubblicità propone da sempre modelli
in cui rispecchiarsi e gli attori attuano strategie di adattamento in base alle loro possibilità. L’immagine che questa rimanda,
attraverso lo spazio scenico, rappresenta visivamente l’evoluzione dei gusti nella doppia accezione di quanto è desiderabile e quanto
deve essere desiderato. Questa ricerca, ha tenuto conto delle modalità di comunicazione (pubblicitaria), delle peculiarità dello spazio
abitativo (nel contesto sociale) e delle sue rappresentazioni (nello spazio scenico). Le prime (le modalità di comunicazione) nel
tempo evidenziano uno spostamento da comunicazione “mediata” della parola a quella “immediata” visiva. Il secondo (lo spazio
abitativo) sembra far emergere il suo divenire rappresentazione non solo nella dimensione della comunicazione pubblicitaria, ma
anche in quella sociale (la casa da mostrare)

Lo stereotipo pubblicitario ha l’obiettivo che si prefigge di raggiungere non è comunicare i tratti caratterizzanti “dell’individuo
immerso in una storia” ma come “l’individuo immerso nel quotidiano” necessiti di un prodotto (di quel prodotto). È difficile stabilire
quanto sia il pubblico ad influire sulla pubblicità o se, viceversa, sia questa a modificare i gusti del pubblico. È più probabile una
reciproca e circolare influenza come n molte dinamiche sociali.

Questo lavoro prova a puntare l’attenzione sulle rappresentazioni del lusso nello spazio abitativo attraverso la pubblicità. Si tratta di
una dimensione a cui sembrerebbero fare riferimento anche fasce sociali mano abbienti. Questa ricerca dunque, analizza tali
dinamiche puntando l’attenzione su alcuni aspetti:

- Se diventi da “esibire” la casa che ponga in secondo piano la dimensione identitaria e rappresenti soprattutto quanto si
vuole comunicare agli altri. Si tratta di uno spazio che sembra allontanarsi dalla dimensione tradizionale di casa da “vivere”
- Se questa modificazione, all’interno della “società (dell’identità) flessibile”, esemplifichi (per alcuni) non un’assenza di
personalità, ma una nuova identità “socialmente richiesta”

Questo lavoro prova a capire se la comunicazione, proponendo la “casa status”, possa influire rispetto alla “casa identità” nel nostro
quotidiano o se, semplicemente, abbia colto l’identità contemporanea e la rappresenti attraverso oggetti sempre più simbolici.

L’analisi si concentra sui film pubblicitari selezionati, utilizzando come chiave di lettura privilegiata la scenografia, il metodo di
indagine è qualitativo, che risulta essere un adeguato strumento d’indagine rispetto all’oggetto della ricerca.

Durante la selezione è emerso come la comunicazione, a ridosso del nuovo millennio, attinga molto spesso i suoi riferimenti nel
mondo del lusso e quanto questa sia aspirational, cool e trendy. Questi termini, che sono spesso presenti del brief, entrano nella
struttura narrativa dello spot Ponti “Loft”, attraverso l’ironico monologo di Ricky Tognazzi.

Per l’individuazione dei film da analizzare sono stati considerati beni di lusso di consumo diversi appartenenti a tabelle
merceologiche differenti. Il campione considera anche il trascorrere del tempo e il diverso modo in cui lo spazio scenico è messo in
relazione al prodotto. Gli spot selezionati veicolano l’immagine di importanti e storici marchi italiani, tra i più noti al grande pubblico
e, quindi, immediatamente associati al prodotto:

- In Lancia lo spazio sottolinea la dimensione sociale di status, il riferirsi ad una categoria superiore. L’auto, il cui messaggio
generalmente è veicolato attraverso il movimento e ambienti collegati ad essa, è ubicata in uno spazio minimal
caratterizzato da elementi dello spazio abitativo.
- In Lavazza Carmencita l’evoluzione dello spazio scenico, si sovrappone ai cambiamenti della comunicazione, la prima
campagna è realizzata negli anni ’60 e, dopo un lungo silenzio, nel 2005 una nuova strategia di comunicazione festeggia i
quaranta anni di Carmencita associando il suo nome al prodotto. Negli anni ’60 Caballero, si trasforma in Paulista
rivelando, nel “codino finale”, che testimonial e prodotto sono la stessa cosa. Nel 2005 Carmencita diventa protagonista
assoluta. All’interno di questa analisi è interessante notare come la caratterizzazione della testimonial (Carmencita)
avvenga sostanzialmente attraverso lo spazio abitativo
- La comunicazione dei prodotti Ponti è forse quella che fa emergere in modo più immediato il legame tra la “casa” e gli
“attori sociali2 nelle sue diverse accezioni, evidenziando differenze sociali, culturali e generazionali
- Lo spot Cuky del 2009 evidenzia un interessante spostamento nelle modalità di comunicazione, che si manifesta
visivamente attraverso lo spazio abitativo: la cucina rappresenta lo spazio “vissuto” dalla famiglia, qui diventa minimal
- La campagna Molinari, sottolinea attraverso l’immagine alcuni aspetti rilevanti che questa ricerca vuole indagare: l’attore
scompare, diventa trasparente, la casa rappresenta la sua identità.
- La campagna Armani, che pubblicizza la linea sportiva EA7, lo spazio scenico minimal, pur non rappresentando quello
abitativo, offre lo spunto per alcune riflessioni, partendo dall’analisi dei film, emerge la valenza simbolica dello spot nella
contemporaneità.

Il campione, attraverso la rappresentazione di una casa che appare sempre più omologata, vuole mostrare alcuni esempi del diverso
modo di concepire e vivere lo spazio abitativo nella contemporaneità; uno spazio abitativo in cui gli elementi al suo interno sembrano
sottolineare un passaggio da casa per vivere a casa da mostrare. Il campione consente di osservare come la pubblicità racconta
(anche) attraverso lo spazio scenico questo cambiamento dei gusti, del modo di percepirsi, di mostrarsi agli altri e di vivere i diversi
spazi. Attraverso una sintetica comparazione degli spot è possibile notare come la casa nel passato rappresentasse la famiglia in senso
più tradizionale oppure, in alcuni periodi, fosse poso presente e relegata ad un ruolo di sfondo.

L’analisi degli spot si sofferma sulla scenografia, ma osserva parallelamente anche la fotografia e i punti di macchina, evidenziando
l’importanza del linguaggio del film nel sottolineare la valenza simbolica degli oggetti al suo interno. L’autoetnografia e l’intervista a
testimoni privilegiati hanno lo scopo di integrare quanto non emerge quanto non emerge direttamente dall’immagine e di esplorare le
scelte di chi lavora alla sua costruzione.

4 I film pubblicitari e le interviste

Si concentra sull’analisi degli spot e sulle interviste ai direttori creativi. I film pubblicitari considerati veicolano articoli appartenenti
a differenti tabelle merceologiche. Si tratta di articoli di uso quotidiano, prodotti da note aziende italiane. In tutti gli spot la
rappresentazione dello spazio abitativo assume una importante valenza simbolica all’interno della comunicazione, fa eccezione la
pubblicità di Armani cui emerge la dimensione della home fitness. Si tratta di un film che attua una modalità di comunicazione la cui
caratteristiche si sovrappongono a quanto questa analisi si propone di indagare e che fornisce spunti per alcune considerazioni
sull’ingresso dello spot nel quotidiano e nella dimensione abitativa.

Le interviste ai direttori creativi che hanno ideato le campagne selezionate, consentono di approfondire alcuni aspetti che non si
possono evincere direttamente dall’analisi del materiale visivo: come nasce l’idea creativa, quanto sia condizionata eventualmente
dal cliente o dal contesto sociale, l’importanza dei nuovi canali di comunicazione che stanno affiancando la televisione. Queste,
naturalmente, si soffermano poi sulle strategie di comunicazione relative ai film selezionati.

Per quanto concerne l’idea creativa proposta si trattengono modalità diverse a seconda del prodotto, del cliente e delle caratteristiche
della campagna. In alcuni casi si condividono con il cliente più punti di vista, mentre in altri risulta impossibile presentare più idee
vista la peculiarità di alcuni progetti. Lavazza Carmencita e Lancia Y Gabbana, ad esempio, hanno consentito al direttore creativo di
esprimersi liberamente, presentando una sola idea creativa. Si tratta di due “celebrazioni” ( i quarant’anni di Carmencita e i cento
anni di Lancia), due progetti particolarmente importanti sia per i brand che per l’agenzia di pubblicità.

A volte si cerca di dare al cliente la possibilità di scegliere tra due direzioni. In ogni caso il primo step è sempre la condivisione del
brief e la valutazione dei diversi possibili punti di vista (ed esigenze) degli attori coinvolti; successivamente vie proposta una o più
creatività e scelta quella ritenuta più idonea per raggiungere l’obiettivo della comunicazione.

Le interviste hanno cercato di evidenziare le relazioni tra comunicazione e contesto rappresentato; dunque quanto i cambiamenti
emersi nelle rappresentazioni dello spazio abitativo, nel modo di costruirlo e di viverlo, siano rispondenti alle modificazioni
caratterizzanti le nuove famiglie. I film analizzati evidenziano l’individuazione dei riferimenti “dall’alto” una dimensione legata ai
desideri che sembra stridere con quanto emerge dall’osservazione dell’attuale momento storico. Attraverso le interviste si è provato a
mettere in relazione i due aspetti riscontrando che da un lato prende forma una fotografia del contesto caratterizzata da
“contaminazione” proveniente dal quotidiano “dal basso” (e anche dalla rete), dall’altro permane quella dimensione di “sogno” da
sempre peculiare della comunicazione pubblicitaria.
Un interessante aspetto indagato attraverso le interviste, riguarda la presenza del web nella contemporaneità sia come fonte di
riferimento, sia come nuova modalità di comunicazione. Gli intervistati concordano nel sottolineare l’importanza del nuovo mezzo
che comunque non sembra, almeno per il momento, minacciare la comunicazione pubblicitaria televisiva.

Emerge l’importanza della tv digitale, di come questa sia entrata nel nostro quotidiano, rendendo però solo in parte il posto della tv
nazionale. La comunicazione pubblicitaria deve certamente monitorare questa continua evoluzione, ma soprattutto cogliere le nuove
possibilità che la televisione digitale offre. Tra queste certamente quella di raggiungere un pubblico mirato

In rete fa notare come spesso si parli di “storytelling in rete, ma lo storytelling lo ha inventato la pubblicità, addirittura Carosello”. Si
tratta di una strategia di comunicazione la cui durata di è modificata nel tempo (dai quasi tre minuti di Carosello ai trenta degli attuali
spot), ma che oggi con il web vede nuovamente la possibilità di raccontare storie con maggiore respiro. Si è anche cercato di
approfondire la funzione dei test relativamente alle campagne pubblicitarie, i creativi esprimono pareri concordi circa l’importanza
della loro interpretazione: questi sono significativi “dell’umor” del contesto sociale, ma se presi alla lettera rischiano di appiattire
l’idea creativa.

Tutti questi aspetti, indagano attraverso le interviste, evidenziando la grande attenzione per il contesto confermando una reciproca e
circolare influenza

Le interviste si sono concentrate sui singoli film, in generale si è riscontrato come creativi stilisticamente molto diversi raccontano
posizioni analoghe; infatti, indagano la dimensione del lusso nelle rappresentazioni pubblicitarie dello spazio abitativo, emerge una
comune direzione che concorda nel parlare di “aspirazioni”, di un “lusso raggiungibile” creato attraverso un mix di elementi diversi
(per stile e per fascia di prezzo) che ha un unico comune denominatore: la valenza simbolica e l’appartenere ad un target di
riconoscimento. Emerge una dimensione che è resa nelle rappresentazioni (pubblicitarie e del quotidiano) attraverso la “sensazione”
del lusso.

La scenografia crea, attraverso la costruzione del set (il “cosa” vedere), un’immagine la cui valenza simbolica è sottolineata dal
“modo” di comunicare: dialoghi, punti macchina, fotografia, musica possono enfatizzare la comunicazione. Tutto questo concorre a
creare, in pochi secondi, quel feeling, quella “sensazione del lusso” che emerge nelle interviste come obiettivo della comunicazione.

Le modalità utilizzate per comunicare evidenziano elementi caratterizzanti comuni: la rarefazione (in alcuni casi l’assenza) dei
dialoghi, la musica che enfatizza l’immagine e l fotografi in bianco e nero; tutto questo sottolinea, attraverso le tecniche di ripresa,
uno spazio scenico costruito utilizzando riferimenti stilistici analoghi. La comunicazione deve creare e rappresentare l’universo del
prodotto.

Nelle rappresentazioni della dimensione abitativa, la costruzione dello spazio è sempre più legata all’immagine e caratterizzata da
oggetti status immediatamente riconoscibili in cui l’aspetto funzionale, in alcuni casi, è sostituito da quello estetico. Lo spazio
scenico può essere visto quindi come una metafora attraverso la quale “leggere” la quotidianità

Gli spot televisivi e il loro linguaggio

1Lancia: Musa è diva, Ypsilon è chic

Le strategie di comunicazione del mondo dell’auto hanno utilizzato modalità molto diverse nel tempo. Inizialmente la reclamé ne
evidenziava caratteristiche e aspetti tecnici, ma ben presto il messaggio comincia ad essere veicolato attraverso altri registri: libertà,
avventura e sensualità.

Nel nuovo millennio gli spot realizzati per Lancia, evidenziano un ulteriore spostamento attraverso una strategia di comunicazione
che individua i suoi riferimenti in mondi diversi da quelli in cui le auto si spostano quotidianamente; tale strategia prende forma con
due campagne che vedono Lancia Muda divenire “Diva” e Lancia Ypsilon “Chic”.

Il target di riferimento è abbastanza eterogeneo. La campagna pubblicitari “Diva” nasce nel 2006 per pubblicizzare Lancia Musa, ha
come testimonial Alessandro Gassman. Vengono realizzati due film pubblicitari di 30 secondi, uno ambientato a Venezia e uno a
Roma nei teatri di posa di Cinecittà. L’ambientazione prevede le riprese di entrambi gli spot a Cinecittà: infatti gli studios vengono
utilizzati sia per lea “ricostruzione” di Venezia, si come location per le riprese dei “divi” nei corridoi dei tetri di posa.

Una strategia di comunicazione che veicola l’immagine di una piccola monovolume familiare, adattata agli spostamenti in città e
all’utilizzo quotidiano, attraverso riferimenti fuori dall’ordinario.

Nel 2007 la “diva contemporanea” Carla Bruni scende da una Lancia Musa e sfila sul tappeto rosso; questa è l’unica nota di colore di
uno spot in cui il bianco e il nero e le riprese in slow-motion caratterizzano gli aspetti tecnici della comunicazione. La fotografia
sottolinea un’immagine elegante e l’attenzione al dettaglio

La dimensione old e al tempo steso modernissima della comunicazione, aspetto fortemente di tendenza nelle modalità di
comunicazione contemporanea, si evince dalla scelta della musica: Bang, Bang (my baby shot me down)
Successivamente nella campagna del 2009, Lancia Musa diventerò la “city limousine”. La protagonista (Audrey Hepburn) e la
musica (moonriver)sottolinea attraverso l’immagine quanto lo slogan dichiara “l’eleganza è la sola bellezza che non sfiorisce mai,
tutto il resto passa”. I rifermenti al film Colazione da Tiffany sono palesi.

Lo spot rimanda ad un’eleganza che, però, non è puramente “estetica”. Si osserva un aspetto interessante: la city limousine è una city
car un auto che per dimensioni, cilindrata e costi si presta agli spostamenti nelle aree metropolitane.

Nel 2006 Lancia elabora il suo centenario con una nuova strategia di comunicazione: un’auto argento old style viene smembrata con
le mani dal fashion designer Stefano Gabbana rivelando al suo interno la nuova Ypsilon. Si tratta di uno spot che sceglie di celebrare
i cento anni della casa automobilistica sintetizzano passato e presente in una sola immagine: l’auto che viene distrutta è la prima
Lancia prodotta, mentre quella che emerge dalla vecchia carrozzeria rappresenta l’ultimo modello.

Il testimonial, icona dell’alta moda e del lusso, compie un gesto particolarmente significativo all’interno della comunicazione, con le
sue mani fa emergere dal passato il presente\futuro, sposta la comunicazione in una direzione particolarmente interessante
relativamente a quanto è indagato in questa analisi: l’auto, che per antonomasia è associata agli spazi esterni e allo spostamento, è
ripresa in un interno. Un interno iconico, non collegato al mondo dell’auto. Si tratta di una strategia che utilizza uno spazio scenico
arredato con elementi che rimandano allo spazio abitativo; un “contenitore” all’interno del quale ogni oggetto è inserito per la sua
valenza simbolica.

L’ambientazione è realizzata in un set postmoderno concepito come un “involucro” che, pur non rappresentando un ambiente
specifico, rimanda allo spazio abitativo contemporaneo di tendenza.

La scala cromatica fa emergere un “finto” bianco e nero. Lo spot è girato a colori, ma i cromatismi del set rimandano a questo effetto.
Pochi elementi in contrasto che evidenziano una sovrapposizione stilistica di tendenza. Un set definito attraverso pochi elementi
architettonici e d’arredo, in cui ogni singolo elemento concorre a costruire uno spazio essenziale che rimanda alla dimensione del
lusso o meglio, come sottolinea il creativo, ad una “sensazione di lusso”

Una costruzione scenografica da cui emerge una sovrapposizione stilistica, caratterizzante lo stile abitativo contemporaneo e di
tendenza, associata alla dimensione dell’auto. La comunicazione parte dalla casa e estende il suo messaggio al di fuori della stessa.
L’abitazione e gli elementi al suo interno danno informazioni su chi la vive, ne rappresentano l’identità, dunque chi si riconosce in
quello spazio può continuare la sua “rappresentazione” all’esterno spostandosi con un’auto che rimanda la stessa immagine. Gli
elementi di riferimento sono pochi, ma il loro essere posti in primo piano e il loro essere inquadrati nei dettagli, fa emergere
l’importanza del significato che hanno all’interno della comunicazione, la loro valenza simbolica.

Un film costruito attraverso la valenza simbolica di pochi elementi. Lo spot si svolge in assoluto silenzio, non c’è dialogo, il
messaggio appare in sovrimpressione, Alla fine una voce: New Ipsilon, for Very Ypsilon People. Le iniziali in rosso VYP
rappresentano un’ulteriore sottolineatura. Un altro elemento che lega l’auto e l’arredo d’interno si materializza nel connubio tra
lancia e Poltrona Frau. Questa collaborazione prende forma negli anni ’20, ma inizialmente riguarda la tappezzeria di auto destinate
ai clienti facoltosi. Tale accordo si realizza nuovamente negli anni ’80, nell’allestimento dell’abitacolo della Thema 8.32 auto top di
gamma.

La Lancia sceglie di comunicare le due auto più piccole della sua produzione come simboli di status: possedere una city limousine
per rimandare una determinata immagine di sé, per essere associati ad un determinato status. Il messaggio cita l’eleganza sia verbale
si attraverso l’immagine. La strategia di comunicazione realizza uno spazio scenico con elementi dello spazio abitativo.

Il quotidiano non rinuncia alle manifestazioni del lusso e attraverso queste vuole differenziarsi, anche se sembra farlo in modo
uniformante: I VIP hanno una Lancia, io ho una Lancia, dunque io sono (vorrei essere) VIP. Tutto questo è associato ad elementi
dello spazio abitativo che hanno una importante valenza simbolica e che sono scelti per veicolare immediatamente lo stesso
messaggio. L’obiettivo è la costruzione di uno stile, di una immagine personale che dà sicurezza poiché si omologa a quanto, per
alcuni soggetti, è socialmente richiesto.

2 Lavazza 1965-2005: da Caballero a Carmencita

Durante un’intervista Armando Testa racconta che Carmencita nasce arrotolando un foglio di carta in modo da ottenere 2una forma
elementare, il cono; questi pupazzetti senza braccia e senza gambe allora erano novità al mondo”. Da un semplice gesto nasce
un’idea creativa.

Nel febbraio del 1965 debutta la longeva coppia Carmencita e Caballero che, con Carosello, entra ogni sera nelle case degli italiani.
Una voce narrante (fuori campo) introduce le storie che iniziano sempre con la stessa frase. Da una comune partenza si delineano
storie ambientate in set ogni volta diversi ma sempre, come la figura del cono, costruiti in modo elementare; le miniature infatti si
muovono all’interno di modellini. Le storie hanno una struttura narrativa schematica. Il Caballero misterioso (l’eroe), vuole
conquistare o salvare la “bellissima donna” (l’oggetto di valore). L’eroe si scontra con altri uomini (gli opponenti, antagonisti), ma
riesce nell’impresa grazie alla sua “pistola”. La conclusione ricongiunge le diverse storie in un comune finale: “Carmencita sei già
mia, chiudi il gas e vieni via”. Questa frase, che rimanderà anche negli anni a venire alla comunicazione del caffè, entra
nell’immaginario collettivo anticipando i “tormentoni” che caratterizzano ancora oggi molte strategie pubblicitarie. Il finale
rappresenta l’ultimo “livello di difficoltà” della performance: dopo aver sconfitto gli antagonisti l’eroe deve conquistare la
“bellissima donna”. Carmencita, però, nonostante apprezzi il coraggio di Caballero è innamorata di un altro uomo: (Il caffè) Paulista
che, altra frase entrata nell’immaginario collettivo, ha “il baffo che conquista”. L’inserzione si conclude con un colpo di scena:
Caballero si trasforma in Paulista, svelando che “eroe” e “prodotto” sono la stessa cosa. In questo modo il prodotto, ufficialmente
inserito nella parte finale è, di fatto, presente per l’intero spot.

Una comunicazione innovativa caratterizzata dalla semplicità del messaggio, dei personaggi e dell’ambientazione.

L’obiettivo è una comunicazione “immediata” che, tramite Carosello, raggiunga le famiglie italiane. Il mondo a cui si ispira è il
Brasile del caffè, ma i riferimenti sono stereotipi noti, atti a facilitare tale comunicazione.

Nell’Italia del boom economico, dunque, la comunicazione del caffè Lavazza è affidata a sketch e a personaggi che diventano subito
familiari. Lo spazio scenico sembrerebbe non svolgere un ruolo di primo piano nell’attuare la comunicazione, gli spazi sono quasi
sempre esterni e molto “schematici”.

Quello che emerge sono una serie di stereotipi, riconoscibili ed elementari nella grafica, che realizzano l’immagine di una
comunicazione molto libera attraverso un’idea creativa che associa il caffè (Brasile), la pampa (Argentina) e la lingua spagnola. La
scenografia fornisce comunque delle informazioni, ma su un contesto che emerge più come sfondo che come caratterizzazione
identitaria; uno spazio che, rivolgendosi ad un mondo lontano, sottolinea la dimensione di fantasia e invenzione. Nel 2005 una
importante operazione commerciale festeggia i quaranta anni di Carmencita.

Si tratta i una strategia di comunicazione che si è immediatamente imposta per il suo potenziale innovativo, individuando una
direzione che consentiva la presentazione di una sola idea creativa.

Questa fa emergere come, nonostante in quegli anni la pubblicità del caffè sia andata in direzioni completamente diverse, Caballero e
Carmencita fossero ancora molto presenti nell’immaginario collettivo, così come alcune frasi dei vecchi spot. La strategia di
comunicazione prevede l’uscita di un libro e la creazione di un sito internet che consentiva di interagire con i personaggi, visitare la
casa di Carmencita, rivedere gli episodi. Un importante cambiamento riguarda le modalità di messa in onda: 12 episodi, della durata
2 minuti e 30 secondi, trasmessi da Italia 1 alle 19,30 ogni venerdì a partire dal 14 ottobre del 2005. Al fine di promuovere
l’appuntamento settimanale vengono realizzati e mandati in onda su Canale 5 e Italia 1 spot di 15 secondi, una specie di trailer che
anticipa i contenuti della puntata successiva. Una pubblicità che promuove la sit-com che pubblicizza il prodotto: “una pubblicità
della pubblicità”. Il lancio della serie evidenzia, così, un’altra innovativa peculiarità dell’idea creativa.

L’evento, organizzato per il lancio della sit-com, prevede una conferenza stampa organizzata direttamente sul set per mostrare la casa
di Carmencita ricostruita all’interno dei teatri di posa Lumiq di Torino. La cartella stampa contiene: un comunicato stampa, i credits,
una brochure con i personaggi, le interviste, il percorso creativo, una scheda storica di Carmencita e un cd con immagini. La
presentazione della nuova campagna pubblicitaria vede coinvolte le principali testate giornalistiche.

Carmencita come Sara Jessica Parker (attrice della serie americana sex and the city) è protagonista di una sit-com. La strategia di
comunicazione decide di coinvolgere alcune figure professionali della serie americana: la doppiatrice della protagonista di Sex and
the city (Carmencita ha quindi la stessa voce di Carrie) e uno dei suoi sceneggiatori. La sit-com è girata in HD, l’alta definizione da
un lato consente maggiore flessibilità relativamente a postproduzione ed effetti speciali, ma dall’altro non aiuta la fotografia di un set
monocromatico. I set sono stati costruiti in diversi teatri. La scenografia utilizza una scala cromatica dai bianchi “freddi” ai “caldi”
toni dell’avorio. La fotografia sceglie di illuminare con una luce diffusa resa disomogenea da “tagli” ottenuti attraverso luci fredde e
calde.

La rilettura dei personaggi (e delle storie) passa anche per la tecnologia che coinvolge la Curios Picture, un importante studio di
animazione di New York.

Al centro della comunicazione, come del resto era già accaduto nel 1965, non è il prodotto ma il personaggio: un personaggio che
consente di relegare il packshot nel codino finale, ma di veicolare la comunicazione per l’intero filmato. Si tratta di uno spostamento
che vede, necessariamente, la creazione dell’universo in cui il nuovo prodotto è contestualizzato.

La prima importante novità, da cui si evince immediatamente il cambiamento nella comunicazione è anticipata dalla protagonista: il
caffè pubblicizzato non si chiama più Paulista, ma Carmencita. “Lei” non è più “l’oggetto di valore” da conquistare o salvare, ma una
donna realizzata a cui Caballero “stenta a stare dietro”. Carmencita, e quindi anche il caffè che porta il suo nome, è protagonista
assoluta: Caballero è il suo fidanzato, i co-protagonisti sono suoi amici, gli spazi in cui si svolge la sit-com riguardante lei. Tutti i set
ricostruiti in teatro parlando di lei.

Quello che prende forma è una strategia di comunicazione che non ha precedenti nel nostro paese. L’importante operazione di
marketing realizza i personaggi e i set “scala 1:1”; le miniature, valutate per le riprese in una prima fase del progetto, sono relegate al
ruolo di gadget: Caballero (con il cappello) è alto un metro e ottantacinque centimetri circa e la casa di Carmencita ha una superficie
di quasi centocinquanta metri quadri. La comunicazione racconta il quotidiano, ma si tratta di un quotidiano di tendenza. Le storie si
articolano su tematiche che rimandano alla vita di tutti i giorni, ma i protagonisti svolgono attività particolari. Progettato, costruito e
arredato in un teatro di posa, lo spazio abitativo che ospita le loro storie rappresenta uno dei punti centrali della comunicazione.
Un’ambientazione caratterizzata da contaminazione e sovrapposizione stilistica, dove noti marchi del design mescolati a vecchi
oggetti rivisitati caratterizzano un’ambientazione trendy. Il modernariato e il vintage rivisitato contribuiscono a dare carattere ad una
casa aspirational, ma non “irraggiungibile”.
Il set, infatti, non rappresenta una casa dalla architettura minimalista fatta di grandi vetrate e materiali freddi come acciaio e vetro, ma
un appartamento del Novecento “ristrutturato” (idealmente) in cui la demolizione di tramezzi e la (ri)modulazione dello spazio
realizza una grande zona giorno. L’arredo non è costituito esclusivamente da costosissimi ed esclusivi pezzi di design, rappresentanti
l’oggetto “importante non per tutti”. Lo stile della casa è dato dalla “contaminazione stilistica” che mescola elementi di design legati
alla produzione industriale e oggetti vintage. La scelta cromatica del “bianco su bianco” è un richiamo agli spot degli anni ’60, ma
parallelamente sottolinea una scelta di tendenza dello spazio abitativo del nuovo millennio.

Si tratta di un fenomeno che in un primo momento vede l’accesso di giovani, liberi professionisti e creativi: il designer, stilisti,
architetti, artisti e attori anche emergenti. Il modernariato e i vintage che ne caratterizzano l’arredo sono stati per un lungo periodo
reperibili nei mercatini. L’arredamento della casa di Carmencita è caratterizzato dalla presenza di importanti marchi. Si tratta di una
sovrapposizione stilistica particolarmente rappresentativa degli ambienti di tendenza di inizio millennio.

Nella loro diversità, i due progetti, evidenziano una similitudine stilistica che rimanda a dimensioni moderne e di tendenza.

Le parole del creativo sottolineano la difficoltà tecnica di “dare spessore” ad un ambiente bianco su bianco, di riuscire a far stagliare
gli oggetti sui fondi in un ambiente monocromo. Un lavoro che, dal punto di vista scenografico, è caratterizzato dalla scelta stilistica
di utilizzare una scala cromatica composta dalle gradazioni di bianco su superfici e tessuti “materici”; questo consente di dare
spessore e rendere quella profondità che né la tecnica di ripresa in HD, né la monocromia favoriscono.

Lo spazio abitativo rappresenta l’identità di una donna moderna. Le storie non riguardano più soltanto lei ed il suo Caballero
misterioso. La casa si popola di amici e amiche i cui dialoghi ricordano più “Sex and the city” che la “pampa sconfinata”. Una grande
attenzione nella scelta del look caratterizza i personaggi. Si tratta di un interessante mix che vede mantenere i due capostipite nella
loro dimensione originale.

Così come Carmencita è (da sempre) riconoscibile dalle sue trecce e Caballero dal cappello e le pistole, sono gli accessori cool a
rendere riconoscibili gli altri “coni”. Il potenziale innovativo di questo lavoro riguarda soprattutto un aspetto culturale: il caffè è un
prodotto che si rivolge a tutti, in Italia è legato alla tradizione, è spesso la prima cosa che si condivide la mattina in famiglia… eppure
Carmencita non si sposa, non ha una famiglia tradizionale, è un personaggio del mondo dello spettacolo.

Nella campagna del 2008 conduce il suo talk show “Un caffè con Carmencita” nel quale personaggi del “mondo reale” dello
spettacolo, accettano di “trasformarsi in coni” per essere intervistati da lei.

Nel 2005 la comunicazione di un caffè è affidata ad una “donna” molto diversa da quella degli anni ’60, la cui modernità è
comunicata anche attraverso lo spazio in cui vive. Nonostante i suoi amici siano caratterizzati da un look di tendenza, l’immagine di
Carmencita e Caballero non è stata modificata rispetto agli inizi. Il suo look non è cambiato nel tempo, sono quindi gli oggetti che la
circondano, che “lei ha scelto”, a comunicarne l’immagine.

La comunicazione di un prodotto di uso quotidiano è veicolata da una comunicazione aspirational; come già per lo spot Lancia
“Gabbana”, anche in questo caso il creativo ne sottolinea tale aspetto. Tale sovrapposizione caratterizzante la contemporaneità,
emerge dalla costruzione di un set di tendenza, ma raggiungibile. Carmencita, dunque, è attenta all’immagine e la vuole (e la può)
comunicare solo attraverso la casa, perché il suo look non è stato modificato. Tale spazio, utilizzando una serie di stereotipi
(omologanti) della modernità avanzata, consente il riconoscimento con il target di riferimento.

La nuova strategia di comunicazione entra nello spazio abitativo, precedentemente relegato a pura citazione verbale; il “Carmencita
abita qui” delle prime réclame si trasforma in una importante scenografia le cui caratteristiche non rimandano soltanto alla
dimensione estetica, ma hanno una forte valenza simbolica. Una strategia di comunicazione che sceglie di veicolare un caffè popolare
attraverso quel “lusso raggiungibile” e di tendenza, che rappresenta un tratto peculiare della casa di inizio millennio.

3 Ponti: ad ogni prodotto la sua ambientazione

All’interno di questa analisi la campagna Ponti che ha come protagonista e regista Ricky Tognazzi (tra il 2007 e il 2010) è forse
quella che maggiormente si caratterizza per l’importanza dello spazio abitativo: un unico testimonial comunica prodotti diversi che si
rivolgono a differenti tipologie di consumatori. L’ambientazione ricopre un ruolo fondamentale in quanto rappresenta la principale
fonte di indicazioni, insieme al look dell’attore, sul target di riferimento.

Tale campagna prevede la commercializzazione di un prodotto nuovo: la Glassa. Il brief evidenzia una strategia di marketing il cui
obiettivo è ampliare il target, rivolgendosi anche ad altre fasce di consumatori. Tale aspetto emerge palesemente dalla strategia di
comunicazione che nel dialogo dello spot sottolinea: (il regista) “si sta chiedendo se lei può piacere ai giovani”. Un unico
protagonista per veicolare la comunicazione di un prodotto che nelle sue varianti si propone a fasce di mercato diverse. Per attuare
tutto questo la scenografia assume un ruolo rilevante. La progettazione di set moderni come il loft e, successivamente, il contesto
urbano.

Anche la campagna del 2013, in cui la nuova idea creativa sposta le dinamiche della comunicazione verso l’animazione, non è
immune da tutto questo. Il nuovo testimonial “la bottiglia” interagisce con “ortaggi animati” all’interno di un panoramico open space
con piscina sul terrazzo.
Negli anni ’80 uno spot “macchinetta” caratterizza la réclame di “Peperlizia”, L’inquadratura è fissa, la comunicazione avviene
attraverso il monologo di un attore, non famoso, che pubblicizza il prodotto tenendolo in mano. La struttura della comunicazione è
estremamente semplice e praticamente priva di ambientazione.

Un primo evidente cambiamento è nello spot del 2003, ambientato in un campo da golf. L’azione prende spunto da un evento: un
cameriere rovescia l’aceto balsamico sul prato ed i commensali si ritrovano a mangiare l’erba resa irresistibile dal prodotto. Spot
controverso, verrà aggiunta successivamente una scritta in cui la Ponti sconsigliava di mangiare il prato, resta il fatto che il lancio di
un prodotto di food di uso quotidiano (l’aceto balsamico) viene associato alla dimensione del lusso (il golf). Tale dimensione è
sottolineata dalla tecnica di ripresa, soprattutto per l’uso del rallenty, e dalla scenografia. La scelta della location prevede l’utilizzo di
due campi diversi per le riprese, al fine di ottenere “l’immagine perfetta”.

Nel 2007 le nuove campagne Ponti prevedono l’ingresso della dimensione abitativa nelle sue diverse sfaccettature. Il nuovo
testimonial Ricky Tognazzi firma anche la regia. Il primo spot trae spunto da Lost in traslation112 il film di Sophia Coppola, ma a
questo seguiranno una serie di varianti tra il 2007 e il 2010.

Quello che caratterizza la strategia di comunicazione è l’importanza dell’ambientazione: l’associazione dei diversi prodotti al loro
destinatario si realizza, a livello visivo, principalmente attraverso lo spazio. L’aceto balsamico “Capsula oro” associato ad ambienti
classici ed elegnti, ladove la “Glassa” è comunicata attraverso ambienti più moderni. È interessante però notare come il filo
conduttore, e unico comune denominatore, sia l’attenzione all’estetica: classico o moderno l’arredo è sempre molto ricercato e,
soprattutto, realizzato attraverso oggetti riconoscibili e di design. Gli ambienti rimandano ad una dimensione aspirational che,
laddove nella dimensione classica si riferisce ad una l’eleganza che il tempo non intacca, nella versione moderna si traduce in trendy
e cool.

La struttura narrativa è quella di uno sketch che si attua attraverso l’interazione tra set e fuori set, svelando nell’inquadratura del film
la costruzione teatrale: le figure professionali che ruotano intorno alle riprese di un commercial, hanno i loro alter ego negli attori
dello spot. Il primo spot “Capsula oro”, accompagnato dalle note di un pianoforte, è caratterizzato da un ambiente caldo ed elegante
fatto di parquet, boiseries in legno con caminetto e librerie. Una poltrona sulla quale è seduto il testimonial, rappresenta il centro
della scena. La “Chester”.

Tutto converge nel dare una sensazione quasi di “degustazione”, una strategia di comunicazione che inserisce un prodotto di uso
quotidiano in un contesto immediatamente collegabile alla dimensione del lusso attraverso pochi, ma iconici, oggetti.

La glassa invece si rivolge ad un pubblico più giovane. L’ambientazione all’interno di un loft di tendenza prevede pochissimi pezzi
d’arredo. L’ambientazione in un loft è proposta proprio per il suo essere considerato rappresentativo di uno spazio di tendenza. I
materiali e la struttura architettonica rimandano ad una modernità non accessibile a tutti, oltre alla enorme vetrata con skyline,
davanti alla quale si muove il testimonial, è presente anche un ascensore industriale che arriva direttamente in casa. Il creativo
sottolinea come in questo caso acquisisca valore la dimensione estetica di questo prodotto, che certamente vuole comunicare ai
giovani, ma il suo prestarsi alla decorazione estende il target oltre questa dimensione.

I set inglobano al loro interno il teatro di posa che diventa esso stesso spazio scenico: una finta troupe e una finta agenzia
interagiscono con il testimonial.

Nel 2012 cambia nuovamente l’idea creativa e la regia. Nello spot entra l’animazione. La nuova idea creativa fa emergere un aspetto
romantico, una sorta di love story tra il condimento, ed il cibo. La nuova strategia di comunicazione elegge a protagonista la bottiglia
del prodotto che, entrando in interazione con lo spazio e gli oggetti, diventa il testimonial. I due spot Aceto e Glassa sono girati in
locations, ma prevedono un importante lavoro di postproduzione atto ad integrare animazione e live action.

L’importante e ordinata acetaia e i vigneti sono girati in locations, molte riprese sono state effettuate all’esterno di una spa circondata
da vigneti per la vista che questa location offriva. Una location fuori dall’ordinario, che ha consentito ai personaggi di interagire su
un prato inglese.

Dall’analisi dei film Ponti, soprattutto nelle campagne dal 2007 in poi, si evince come lo spazio abitativo appaia sempre nella sua
dimensione aspirational; pur cambiando nello stile, in tutti è presente la valenza simbolica degli oggetti d’arredo sottolineata dalla
loro posizione in primo piano e spesso vicino al testimonial.

4 Cuky: la comunicazione aspirational entra in cucina

Nelle campagne pubblicitarie degli anni ’90, l’attenzione è posta principalmente sulle caratteristiche del prodotto, la cui resistenza
diventa centrale nello spot “scudo”. In questo spot protagonista è la famiglia: una famiglia tipo composta da madre e due figli. La
struttura narrativa si concentra nella prima parte del film, sui due ragazzi che – dopo aver acquistato del cibo incartato con alluminio
Cuky – durante il tragitto verso casa, lo utilizzano come “pallone”: nonostante i numerosi “passaggi” il cibo, ben protetto
dall’involucro arriva a casa in perfette condizioni. La strategia di comunicazione focalizza l’attenzione sulle caratteristiche del
prodotto. Sia la tipologia di famiglia che l’ambientazione rimandano ad un quotidiano in cui è facile riconoscersi.

gli oggetti al suo interno non rimandano alla dimensione del design, il messaggio che questi veicolano rappresenta la loro funzione
d’uso.
Nel 2009 cambiano completamente le modalità della comunicazione: una donna molto curata si muove all’interno della sua
bellissima ed ipertecnologica cucina, decisamente aspirational; oltre la porta si intravede una sala da pranzo da cui si intuisce
l’analogo stile della casa. Lo spot è girato in una location: uno spazio che nella realtà si articola in attico e superattico. Nel film si può
solo intuire lo stile dell’intero immobile attraverso gli ambienti ripresi, ma la scelta di questa tipologia di spazio abitativo fa capire il
tipo di messaggio che la comunicazione vuole veicolare. La struttura del film prevede quindi una “introduzione” con il totale
dell’ambiente: una specie di presentazione, che in pochissimi secondi deve comunicare “l’immagine della casa”, successivamente
sottolineata attraverso i dettagli. Questa inquadratura, che con un obbiettivo panoramico fotografa l’intero set nonostante la sua breve
durata consente di “leggere” l’ambientazione.

L’idea creativa firmata da Michele Mariani, è stata scelta dal cliente proprio per la sua capacita di rappresentare, attraverso la
dimensione simbolica, il prodotto e le sue performace.

Questo aspetto caratterizza una comunicazione che vuole, attraverso una costruzione molto precisa dell’ambiente, dare una
sensazione un po’ “speciale” rispetto a quello che il prodotto rappresenta nella realtà, nel suo utilizzo quotidiano. Si tratta di un
prodotto di uso comune che si pone, però, come leader nella sua categoria. La comunicazione, dunque, deve veicolare parallelamente
sia l’importanza di questo prodotto nell’utilizzo quotidiano in cucina, sia il suo essere “speciale” rispetto agli altri prodotti presenti
sul mercato. Tutto questo deve compiersi nel breve tempo che caratterizza la comunicazione pubblicitaria televisiva, diventa
fondamentale quindi la scelta di una simbologia chiara ed immediata.

Aspetto peculiare della comunicazione è il suo “concentrarsi” sul prodotto, privilegiando le inquadrature “strette” e l’attenzione al
dettaglio, ottenendo un’immagine che amplifica il valore simbolico di quanto posto in primo piano. In modo coerente con lo spazio
abitativo in cui è contestualizzata, la protagonista dello spot è una donna elegante e moderna. La strategia di comunicazione prevede
che il valore di Cuky, l’importanza di questo marchio nel quotidiano, si materializzi visivamente attraverso dei validi “aiuti in
cucina”: le varie tipologie di prodotto sono ognuna associata ad un uomo vestito da cuoco. Il concetto di time saving118 è
rappresentato attraverso le prestazioni dei diversi prodotti. La comunicazione, quindi, veicola l’immagine di una donna raffinata,
circondata da cuochi che si “moltiplicano” per supportarla.

Una serie di co-protagonisti sono accostati al cibo che nello spot precedente evidenziava la resistenza del prodotto. Questi sono
rappresentati da piatti più elaborati nella “composizione” e negli “accostamenti”. Il vassoio ovale Cuky sul quale sono “posizionati”
gli alimenti, viene abbellito con elementi che la protagonista aggiunge personalmente.

Emerge la grande attenzione dedicata all’ubicazione di ogni singolo elemento, quasi “un’impaginazione”. L’immagine che veicola
questo film è quella di una cucina che, da ambiente “vissuto” e da “vivere” legato alla tradizione italiana della famiglia, sembra
rappresentare uno spazio da “mostrare”. La casa vissuta diventa uno spazio ipertecnologico e iperordinato, caratterizzato dall’attenta
selezione di una serie di elementi – la cui valenza simbolica consente di veicolare il messaggio al target che la comunicazione si
prefigge di raggiungere – il cui inserimento è compiuto attraverso una cura del dettaglio che realizza un’impaginazione ad hoc.

5 Molinari: la casa racconta il suo invisibile abitante

Nell’ambito di questa ricerca la campagna Molinari è inserita principalmente per il ruolo che ricopre lo spazio abitativo al suo interno
e per il tipo di immagine che veicola. Si tratta di una pubblicità realizzata in 3D.

La strategia della campagna consente di sottolineare l’importanza della valenza simbolica degli oggetti d’arredo. Questi infatti
rappresentano l’unico modo per acquisire informazioni sull’identità del protagonista e diventano, così, il tramite attraverso cui la
comunicazione è veicolata. L’idea creativa, eliminando la figura del testimonial, affida la parte visiva della comunicazione allo
spazio scenico che, negli spot del 2009/2010, coincide con lo spazio abitativo: l’individuo, metafora del prodotto, diventa trasparente
e la sua presenza nell’ambiente è percepibile attraverso gli oggetti con cui interagisce.

La pubblicità degli anni ’60 vene nel testimonial il suo punto di forza. I protagonisti delle diverse campagne sono attori noti al grande
pubblico: Paolo Stoppa, Carlo Giuffrè e Walter Chiari. I film narrano storie diverse che convergono in un’immagine finale in cui
entra in scena il prodotto; se lo spot con Carlo Giuffrè evidenzia “l’etichetta”, nella doppia accezione di buone maniere e nome del
prodotto, nelle campagne con gli altri due attori la centralità della marca torna attraverso il noto slogan “non si dice sambuca, si dice
Molinari”. Tale frase è presente anche quando la campagna degli anni ’70.

Inizialmente, quindi, il messaggio è affidato alla notorietà dell’attore o alla capacità di seduzione della testimonial. Negli anni ’90 un
fantasioso e colorato spot immerge i suoi protagonisti in un mondo disegnato; i personaggi, contestualizzati in un’ambientazione
surreale, continuano a recitare una serie di frasi in contraddizione dando la possibilità al prodotto di porsi come risposta “chiara e
decisa”. Lo spazio scenico sottolinea, in modo grafico, la confusione che emerge dai monologhi e per cui il prodotto rappresenta una
possibile soluzione.

La comunicazione del nuovo millennio è caratterizzata da un importante cambiamento. Il prodotto diventa protagonista assoluto e un
testimonial invisibile ne veicola per l’intero spot la trasparenza. La comunicazione del nuovo millennio è caratterizzata da un
importante cambiamento. Il prodotto diventa protagonista assoluto e un testimonial invisibile ne veicola per l’intero spot la
trasparenza, la longue chair annoverabile tra gli oggetti cult dello scorso e del nuovo millennio, non è l’unico oggetto simbolico
all’interno dell’ambientazione, ma il suo “contenere” il protagonista ne amplifica il significato soprattutto in relazione alla sua
trasparenza. Un’altra icona del Novecento presente sul set è la lampada Arco121, considerata un “classico” del design.

Lo spot ha la funzione di comunicare un prodotto che non è propriamente di uso quotidiano, ma nemmeno di lusso. Il creativo
sottolinea come il prodotto non appartenga al mondo della notte, quello dei locali e della vita mondana – a cui la dimensione di
tendenza sembrerebbe maggiormente sovrapponibile – ma (spesso) ai lavoratori delle sei del mattino.

Da qui anche la scelta di differenziare l’ambientazione rispetto a quella utilizzata per veicolare il consumo serale, che caratterizza la
maggior parte delle campagne pubblicitarie per questo tipo di prodotto.

La casa è completamente bianca, l’enorme vetrata che affaccia sullo skyline informa lo spettatore circa la posizione panoramica dello
spazio scenico idealmente ubicato ad un piano alto. Un open space, uno spazio minimal arredato con pochi elementi simbolici. Il
successivo spot del 2010 inserisce tra gli elementi d’arredo un biliardo completamente bianco, oggetto la cui presenza all’interno di
uno spazio abitativo rimanda ad una dimensione non ordinaria.

L’inserimento di questa campagna all’interno dell’analisi vuole evidenziare quanto le rappresentazioni dello spazio possano diventare
fondamentali nel veicolare l’immagine del suo abitante. Uno spot che rappresenta l’apice di questa modalità proprio per l’importanza
che assume la casa come unica fonte di informazione.

6 Armani EA7 l’immagine dello sport nel quotidiano: home fitness e nuovi eroi

Le divise della nazionale italiana per le Olimpiadi di Londra del 2012 sono disegnate da Giorgio Armani. Lo stilista, che nel 1994
aveva creato le divise della nazionale per i mondiali di calcio in USA, torna a disegnare un guardaroba di 50 capi. Si tratta di una
linea che vuole rappresentare la nostra cultura nelle sue diverse sfaccettature. Un approccio creativo che presuppone una fusione tra
materiali tecnici e stile, un’attenzione a funzione d’uso comfort e praticità, e un richiamo al patriottismo con la prima frase dell’Inno
di Mameli inserita all’interno dei capi.

Negli anni ’20 emerge un embrionale legame tra moda e sport.

La scenografia realizza visivamente, in un costante richiamo al logo EA7, quello che era insito nell’idea di Michele Mariani direttore
creativo della campagna. Il numero 7 (presente nel logo), sottolineato dalla presenza di 7 atleti, ricorre nei 7 film girati e diventa il
tratto peculiare dei 7 set realizzati: lo spazio della performance svelato nel finale, infatti, assume la forma di questo numero.

Il tessuto materico che riveste i set crea un raffinato effetto di chiaro/scuro che, seppure appena percepibile nel filmato, sottolinea
l’eleganza e la ricercatezza dell’immagine.

Un tessuto d’arredo, con cui normalmente si sarebbe rivestito un divano all’interno dell’abitazione, riveste lo spazio dell’azione della
scherma, della pallavolo e del salto in alto. Si tratta di uno spazio assolutamente minimal; laddove gli ambienti sportivi generalmente
sono arredati con elementi caratterizzanti, qui si è lavorato per sottrazione puntando l’attenzione su atleta e logo. Una comunicazione
che, attraverso il minimalismo di uno spazio fatto di pochi elementi simbolici e le modalità di ripresa, rimanda alle dinamiche del
lusso.

La costruzione del set realizza visivamente quanto era insito in un’idea creativa che si prefiggeva di attuare la comunicazione del
marchio attraverso pochi segnali.

La scelta di girare i film in bianco e nero è atta a comunicare una sensazione di lusso ed eleganza. Tutto questo è riproposto nei
cromatismi della scenografia e sottolineato dai chiaroscuri “materici” appena percepibili creati dal tessuto d’arredo, un elemento
“estraneo” all’ambientazione scelto per la sua capacità di conferire spessore ad uno spazio assolutamente grafico.

Il rallenty accompagna l’immagine in movimento enfatizzandone l’effetto, la musica solenne ed epica sottolinea tutto questo. Si
vuole cogliere il gesto in ogni suo aspetto. È l’atleta contemporaneo il cui duro lavoro in palestra non emerge dal volto contratto,
dallo sforzo, dal sudore e dalla fatica, ma dal fisico modellato, dal controllo del singolo muscolo, dalla bellezza del corpo.

All’interno degli spot per l’official outfitter italian team, sotto il logo EA7, è inserita la frase: the sense of being. Lo slogan fa
riferimento all’importanza di esserci, alla presenza degli atleti alle olimpiadi di Londra, ma la traduzione apre altre possibili
considerazioni circa “l’importanza di essere”.

La contemporaneità avvicina lo sport al concetto di apparenza, mostrarsi agli altri passa anche attraverso il lavoro sul proprio corpo.
Si osserva un fenomeno che coinvolge fasce sociali molto diverse, che può essere esemplificato attraverso due marchi che
propongono attrezzature per la “palestra in casa” ponendosi ai due poli opposti del mercato: Decathlon e Tecnogym. Laddove il
primo rappresenta l’aspetto low cost di questo fenomeno, il secondo ne evidenzia la dimensione cool.

Le divise della nazionale italiana, disegnate da Giorgio Armani per le Olimpiadi di Londra, sottolineano questo spostamento: non è
un marchio sportivo a vestire gli atleti, ma uno dei più famosi brand del made in Italy.
Una griffe firma le divise degli atleti della manifestazione sportiva per antonomasia. Una linea sportiva che è acquistabile nei negozi
e che ogni individuo può indossare per praticare il proprio sport (volendo a casa) o semplicemente per passeggiare; questa diviene
così “espressione di uno stile di moda sportivo-metropolitano.

Nelle società occidentali della modernità avanzata la “costruzione” del corpo entra nella sfera della quotidianità, come “truccarsi e
profumarsi”. La fotografia del contesto sociale fa emergere uno spostamento dal concetto di agonismo/prestazione a quello di
edonismo/benessere del corpo. Si osserva un quotidiano in cui la cura della propria immagine si sovrappone alla “preoccupazione per
la propria esistenza” all’interno di un contesto sociale in cui si teme di diventare “merce invecchiata”.

Tutto questo si manifesta nelle rappresentazioni che gli individui attuano, attraverso la cura del corpo e l’utilizzo di oggetti simbolici
di tendenza. La linea EA7 si pone certamente “in alto”, rispetto ad altre linee di abbigliamento sportivo, ma esprime parallelamente la
versione raggiungibile della “griffe” proponendosi anche a chi difficilmente potrebbe frequentare la Boutique Armani. La nascita dei
nuovi “eroi” contemporanei più vicini all’uomo comune consente agli individui di rispecchiarsi in loro.

Emerge un aspetto interessante: lo sportivo, fashion victim, veicola un’immagine eroica che sembrerebbe essere alla portata di tutti e
non più per pochi eletti. Probabilmente per questo lo spazio abitativo del nuovo millennio, spesso, si popola di oggetti che rimandano
a questa dimensione; emerge, così, certamente l’aspetto edonistico della cura di sé, ma anche la dimensione cool che rappresenta “la
palestra in casa”. Anche nell’abbigliamento sportivo l’iniziale attenzione alla funzione d’uso sembra far emergere uno spostamento
sintetizzabile in “the sense of being”: official outfitter italian metropolitan people, un look sportivo elegante e firmato che, entrando
nelle dinamiche del quotidiano, va oltre la funzione per cui nasce.

La comunicazione sceglie di veicolare tutto questo attraverso immagini eleganti, l’uso del rallenty e del bianco e nero. Lo sport
sceglie di veicolare la propria immagine attraverso la dimensione del lusso, ma anche il lusso sceglie di farsi rappresentare dallo
sport, dai suoi campioni in cui, sempre più spesso, si rispecchia l’uomo comune. Uno sport che è entrato nel quotidiano di quasi tutti i
gruppi sociali, il cui aspetto più cool probabilmente emerge con il suo ingresso nello spazio abitativo, nella doppia accezione low cost
e hight cost.

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