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STORIA

Nella seconda metà dell’800 inizia un periodo di largo progresso materiale (grazie allo scoppio della seconda
rivoluzione industriale e ad un lungo relativo periodo di pace cercato soprattutto da Bismarck, cancelliere tedesco che
aveva fatto disegnato un’Europa più o meno equilibrata al congresso di Berlino. Alla fine dell’800 si assiste ad una
progressiva liberalizzazione della politica. In molti dei governi europei come Francia, Inghilterra e la stessa Italia
(anche se fine 800 non fu un periodo facile per via dell’assassinio di Umberto I a cui succede Vittorio Emanuele III) si
assiste ad un rafforzamento del regime democratico e liberale.

In inghilterra, nel 1906 in piena epoca vittoriana (anche se nel 1901 era morta la regina Vittoria), a vincere le elezioni è
il partito laburista (centro sinistra), un governo che dà il via a molte riforme in senso sia politico, a favore del
parlamento, che sociale. Inizia una politica di giustizia sociale con maggiore attenzione alle classi lavorative meno
ricche. Questo periodo vedrà come protagonista in Inghilterra il movimento delle suffragette.

Suffragette: movimento inizialmente di donne e poi uomini illuminati con idee progressiste. Rivendicavano il
suffragio universale sia maschile che femminile. Bisognerà attendere il 1920 affinché in Inghilterra sia data la
possibilità anche alle donne di votare.

Anche in Italia con il primo ministro Giovanni Giolitti, grande protagonista della storia italiana, iniziò un periodo di
grandissime riforme economiche e ci fu un imponente sviluppo industriale (anche se le industrie nacquero prima).
C'era una politica di forte giustizia sociale. Queste tendenze democratiche non riguarderanno tutti i paesi europei: in
Germania, grazie al nuovo imperatore Guglielmo II, la politica tedesca sarà reazionaria (non certo progressista),
assolutista (il ruolo dei parlamenti sarà assente) e autoritaria.

Differenza tra reazionari e conservatori:


reazionari: tendono a voler tornare indietro, non vogliono nemmeno mantenere la situazione attuale
Conservatori: tendono a conservare la situazione attuale, sono chiusi
Si parla di età vittoriana fino al 1914, scoppio della prima guerra mondiale. C'era un grande propenso economico e
civile.

ETÀ GIOLITTIANA
LA MORTE DI UMBERTO E IL GOVERNO DI ZANARDELLI
Nel luglio del 1900 Umberto I fu assassinato a Monza da Gaetano Bresci, un anarchico. Nel 1889, durante una
manifestazione, c’era stato il famoso eccidio di Milano scatenato dalla rabbia dei movimenti socialisti. Gaetano
uccise il re per vendicare le vittime di Milano e punire il comportamento del sovrano. Si chiuse un periodo di violenze
popolari e contrasti all’interno della classe dirigente.

Il trono passò a Vittorio Emanuele III che decise di abbandonare la politica repressiva, autoritaria e reazionaria che
aveva caratterizzato l’Italia nel periodo precedente e di ritornare alla legalità costituzionale. Nel 1901 affidò l’incarico
di formare il governo a Giuseppe Zanardelli, esponente della sinistra liberale. Zanardelli era stato ministro della
giustizia sotto Crispi e aveva promosso la riforma penale abolendo in Italia la pena di morte (codice Zanardelli).
Aveva inoltre riconosciuto pienamente il diritto di sciopero: le manifestazioni non venivano represse con la forza ma
si poteva scioperare senza avere conseguenze penali e amministrative (non ha lo stipendio per quelle giornate ma
non ci sono conseguenze).

Nel 1903 a causa di dissidi tra il re Vittorio Emanuele (re molto discusso per le sue scelte. Diede la possibilità a
Mussolini di governare senza consultarsi) e Zanardelli quindi quest’ultimo si dimise e Vittorio chiamò come presidente
del consiglio Giovanni Giolitti. Giolitti era piemontese, nacque a Cuneo nel 1842, ed era stato già uno dei
protagonisti della storia italiana. Nel 1892 era stato primo ministro prima di essere coinvolto nel 1892 nello scandalo
del banco di roma (alcuni politici avevano intascato dei soldi dal banco di Roma). Morirà in Piemonte nel 1928 di
broncopolmonite. Nel 1903 Giolitti primo ministro aprì il momento della storia italiana che va sotto il termine di età
Giolittiana che si concluderà solo nel 1914. Governerà l’italia fino a quell’anno per poi tornare per un breve periodo

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nel 1920 prima dell’avvento del fascismo (28 ottobre 1922 quando Mussolini verrà nominato presidente del consiglio
dal re).

GIolitti aveva un orientamento liberale e apparteneva alla sinistra costituzionale. Promosse molte riforme, non amava
la repressione nei confronti dei lavoratori ed era molto abile e diplomatico nel trovare gli equilibri tra le varie forze
politiche, ceti politici, operai e lavoratori, senza usare la forza. Favorì un imponente sviluppo industriale in italia.

Giolitti cercò di avvantaggiare il ceto lavorativo italiano (almeno per quanto riguarda il nord, dove erano posizionate
le grandi industrie). Secondo Giolitti lo stato non deve vedere i lavoratori, gli operai, i contadini (ceto sociale alla base
del sistema produttivo) come degli antagonisti, come un ostacolo alla vita dello stato e al progresso economico e
industriale ma come dei protagonisti. Al Sud ebbe un atteggiamento diverso (i meridionalisti pensano che il nord italia
sia stato avvantaggiato a livello economico a svantaggio del sud).

LE RIFORME SOCIALI
Nei conflitti sociali tra datori di lavoro e operai lo stato non deve appoggiare una parte o l’altra. Lo stato deve rimanere
neutrale. I conflitti sociali non si risolvono con la polizia ma si ingigantiscono, si risolvono attraverso le trattative tra
industriali e operai quindi bisogna evitare violente repressioni. Se lo stato limita la classe operaia è lo stato stesso che
subisce svantaggi. Gli operai vedono lo stato come un nemico, non un qualcosa da valorizzare e proteggere. Se gli
operai stanno bene e vivono una condizione economico sociale vantaggiosa, di questo se ne avvantaggia tutta la
società e lo stato italiano. Gli operai possono essere protagonisti dello sviluppo economico del paese e per questo
Giolitti promosse alcune riforme sociali (legislazione sociale):

- leggi a favore degli invalidi sul lavoro: se mi infortunio ottengo una indennità, lo stato mi assicura dei soldi per
poter vivere prima un infortunato sul lavoro veniva lasciato da solo;
- Leggi a favore degli anziani: ci saranno le prime forme pensionistiche. Prima non c’era una vera e propria
legislazione e regolamentazione, non c’erano gli orari di lavoro;
- Leggi a favore del lavoro femminile: il lavoro notturno femminile venne limitato per le madri dei bambini.
Dovevano lavorare per la maggior parte del tempo di giorno;
- Elevata l’età lavorativa a 12 anni: prima lavoravano bambini anche più piccoli, facevano lavori pesanti come
ad esempio in miniera;
- Viene dato anche il giorno di riposo ai lavoratori. Tra la prima e la seconda rivoluzione industriale si lavorava
anche la domenica. Per eliminare almeno la domenica come giorno di lavoro si era rivoltata la Chiesa perché
era il giorno dedicato alla preghiera;
- Anche le retribuzioni a favore degli operai e dei lavoratori pubblici aumentano. Il principio era: più soldi ho, più
cose posso comprare. Questo implica un maggiore investimento nel circuito commerciale;
- Nasce il sistema delle assicurazioni come quella sulla vita, importante perché all’epoca se moriva il
capofamiglia la famiglia non aveva nulla. Anche l’assicurazione sugli infortuni sul lavoro. Nasce un vero e
proprio istituto nazionale sulle assicurazioni (INA) che gestiva il sistema assicurativo;
- La riforma scolastica. Vennero emanate due riforme sull’istruzione. Una del 1904 chiamata Legge Orlando
(ministro dell’istruzione) e una nel 1911 chiamata Legge Credaro (all’epoca ministro dell’istruzione). Con la
seconda legge fu innalzato l’obbligo scolastico fino al dodicesimo anno di età. Le scuole elementari prima
erano gestite dai comuni, che molto spesso non avevano capitali da investire, quindi passarono nelle mani
dello stato. Furono costruiti edifici più moderni e fu combattuto l’analfabetismo con l'obiettivo di abbassare il
tasso di analfabetismo. Questa riforma era legata alla riforma elettorale che sarà effettuata tra il 1912 e il
1913 per il suffragio universale maschile (se non so né leggere né scrivere come posso votare?).

La riforma scolastica riuscì davvero ad abbassare sensibilmente il tasso di analfabetismo in Italia?


Queste riforme scolastiche non furono fruttuose, non servirono a molto, perché non vennero rispettate. In molte regioni del sud
italia si arrivava al 60% di analfabetismo per via della dispersione scolastica (invece che andare a scuola i ragazzi rimanevano
in casa ad aiutare a coltivare i campi). Invece al nord, ad esempio in Lombardia e Piemonte, dove c’era maggiore sviluppo, si
raggiunsero alti tassi di alfabetizzazione.

L’igiene medica e le condizioni igienico sanitarie migliorarono grazie all’opera del governo Giolitti. Vennero distribuite
gratuitamente medicine (chinino) a tutta la popolazione italiana per combattere la malaria. In soli 8 anni i malati di
malaria arrivarono al 2% dal 31%. Per questi motivi la popolazione italiana aumentò: da 31 milioni del 1900 ai 36
milioni del 1913. Ci fu un aumento del benessere generale.
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POLITICA ECONOMICA
L’aumento del benessere generale e le rimesse (denaro inviato dall’estero) degli emigrati permisero allo stato di
incrementare notevolmente le entrate. Lo stato riuscì a raggiungere il pareggio di bilancio ovvero riuscì ad equilibrare
le spese con la produzione. Il pareggio di bilancio permette all’Italia di avere un certo nome e un certo prestigio
internazionale per quanto riguarda l’economia. L’Italia riuscì ad entrare nella lista dei paesi più industrializzati del
mondo grazie a questo processo industriale.

Giolitti in campo economico adottò il protezionismo (chiamato anche colbertismo) ovvero la protezione del prodotto
nazionale attraverso l’innalzamento proficuo delle tasse doganali per i prodotti che l’Italia poteva produrre da sé senza
bisogno di altri paesi. Ma soprattutto la protezione attraverso le commesse pubbliche: lo stato chiama una ditta
privata per un lavoro, la chiama e il governo affida la commessa a questa ditta. In questo modo vengono costruite
opere pubbliche, tutto ciò che appartiene allo stato.

L’agricoltura stessa beneficia di questo tipo di politica. Lo stato è protagonista dell’economia. Molte aree agricole
italiane avevano carenza d’acqua. Cavour costruisce quindi una serie di grandi canali e Giolitti li estende in tutta Italia.
Ma soprattutto l’industria ha un poderoso sviluppo che portò l’Italia ad essere tra i 7 paesi più industrializzati del
mondo.

Le industrie nate già nel corso dell’800 e che ebbero un impulso fondamentale in epoca Giolittiana furono: l’industria
meccanica che si modernizzò notevolmente con l’industria alimentare, tessile e l’industria chimica. La Pirelli, industria
della gomma nata nel 1872 per produrre gomme per camion, automobili e velivoli militari, raddoppio i suoi introiti. Al
1862 aveva prodotto 13 quintali di Caucciù è passato a 35 mila quintali nel 1914. Con l’avvento della guerra i profitti
arrivarono alle stelle.

Si sviluppò anche l’industria automobilistica: in Italia era presente la Fiat di Giovanni Agnelli a Torino, nata nel 1899.
Nel 1900 la Fiat costruiva 6 vetture all’anno, in epoca Giolittiana arrivava a costruirne 1380. Anche l’industria
idroelettrica conobbe uno sviluppo notevole. Le prime industrie idroelettriche furono la Montedison e la Edison. Le
industrie italiane dell’elettricità non potevano far fronte alla richiesta di energia delle industrie, l’Italia era povera di
miniere di carbone ed era obbligata ad importarlo da altri paesi, in particolare dalla Russia. Dal punto di vista delle
materie prime per le industrie l’Italia rimase sempre carente, e questo può essere spiegato nell’economia attuale.

OPERE PUBBLICHE
In età Giolittiana vennero realizzati molti lavori pubblici.
Nel 1905 ci fu la statalizzazione delle ferrovie, che vennero acquisite
dallo stato. Prima erano private e questo consentì alla rete ferroviaria
italiana di espandersi notevolmente. Si espande in ritardo rispetto a paesi
come Inghilterra e Francia. Nel 1861, anno dell’unità d’Italia, l’Italia
aveva 2700 km di reti ferroviarie; nel 1910 la rete ferroviaria contava più
di 18000 km. Fu aperto il traforo del Sempione e fu iniziato l’acquedotto
pugliese.

L’Italia di Giolitti presentava molti squilibri e anche il suo atteggiamento era contraddittorio. Dobbiamo distinguere
l’Italia del nord, con uno sviluppo industriale elevatissimo da cui beneficia tutta la popolazione del nord, e un sud italia
che non ha conosciuto l’esplosione industriale, era arretrato. Non era fondato sull’industria ma sull’agricoltura e il
latifondo. Non c’era l’industria agricola ma masse di contadini che lavoravano per poche lire in questi grandi latifondi.

Lo stato, escludendo alcune opere di ammodernamento come l’area di napoli, che venne portato un certo grado di
industrializzazione, l’acquedotto pugliese, che riusciva ad assicurare acqua ad un bacino di territorio particolarmente
elevato (dava acqua a Basilicata, Campania e Molise), non ha investito nel meridione, nella modernizzazione
dell’agricoltura al sud. Il meridione non era industrializzato e il governo Giolitti avrebbe potuto iniziare una nuova fase,
cosa che non avvenne. La forte industrializzazione avvenne a Genova, Torino e Milano. Le città al nord dovettero
adattarsi ad ospitare operai provenienti da ogni parte d’Italia. I quartieri operai si allargarono e modernizzarono,
diventando puliti ed efficienti. Vennero costruiti uffici postali, scuole, ospedali. Alcuni esempi sono Collegno e
Testaccio.

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L’EMIGRAZIONE
Pur con questa grande industrializzazione, che escludeva alcune zone anche al nord come il Veneto (rimane
comunque più moderno del sud) e Aosta, non mancò l’emigrazione, che fu particolarmente sviluppata in età
Giolittiana. Questo fenomeno ha inizio nella seconda metà dell’800 ma tra il 1876 e il 1914-15 ci furono circa 14
milioni di italiani che decisero di lasciare l’Italia per trovare fortuna negli altri paesi. L’emigrazione degli italiani nel
1876 era dovuta agli effetti della grande depressione economica e alla libertà di circolazione.

Già alla fine dell’800 gli italiani non emigrano più nei paesi europei ma ci furono mete transoceaniche (come paesi
dell’America latina: Brasile e Argentina) grazie alla navigazione transatlantica a vapore.
Milioni di italiani preferirono l’America latina oppure gli Stati Uniti d’America. Quasi la metà degli emigranti italiani
scelse quest’ultima meta e più del 45% arrivarono ad Ellis Island. Erano soprattutto campani e persone del sud italia
ad arrivare negli Stati Uniti. Dalla Campania questo fenomeno si estese a tutte le ragioni del sud Italia.

L’emigrazione italiana si sviluppa particolarmente tra il 1900 e il 1914, si parla di grande migrazione, 8 milioni di italiani
lasciarono l’Italia. Il 70% erano meridionali. Partivano in particolare uomini con età media tra i 20 e i 40 anni nel pieno
della loro capacità lavorativa. Poche furono le donne che decisero di seguire i propri consorti oltreoceano.

Le conseguenze sociali dell'emigrazione furono negative: si assiste ad una forte disgregazione sociale perché il
periodo di emigrazione era molto lungo, non si tornava dopo un mese ma dopo anni. Non era raro vedere che un
uomo, che aveva moglie e prole, si rifacesse un'altra vita nel paese ospitante, consapevole di non poter tornare.
Secondo alcuni storici la crisi dell’istituzione della famiglia parte dagli inizi del 900. Si partiva ma non si sapeva
quando rientrare: alcuni rientrarono. dopo qualche anno perché i loro progetti erano falliti e non si erano realizzati.
Molti non avevano mai lasciato il loro paese prima e si sono ritrovati in un altro paese senza conoscerne la cultura e la
vita sociale (un esempio è guccini).

Ci furono elementi positivi:


- diminuì il tasso di disoccupazione. Chi partiva lo faceva perché non aveva un lavoro e viveva in condizioni
pessime. I disoccupati lasciavano l’Italia.
- Un aspetto positivo finanziario si trovava nei capitali che venivano mandati in italia. Mandavano dollari che
cambiati in lire davano un guadagno allo stato.

L’emigrazione, fino ad inizi 900, non aveva leggi che la regolamentassero. Tutti i governi che si erano succeduti
precedentemente non avevano preso provvedimenti, l’emigrazione era libera e per lasciare il paese bisognava
solamente avere un passaporto. C’erano solamente da espletare affari burocratici per poi patire. Un requisito era
quello di essere in regola con il servizio militare. La leva era obbligatoria e si svolgeva il servizio militare a 18 anni.
Non c’era alcuna protezione da parte dello stato.

I biglietti di sola andata transoceanici erano molto costosi e valevano 3 mesi di stipendio. Erano pochi coloro che
riuscivano a mettersi da parte i soldi per prendere il biglietto. Lo facevano con i soldi della famiglia o vendendo le
cose. Esistevano delle agenzie private che organizzavano questa vera e propria odissea. Il viaggio durava molti
giorni. Le agenzie private erano gestite da ex migranti: avevano conosciuto datori di lavoro e facevano da mediatori.
Erano loro che reclutavano manodopera da mandare in quei continenti ovvero forza lavoro. La maggior parte degli
emigranti non poteva pagarsi il biglietto e per farlo facevano una sorta di mutuo cioè si indebitano. Una volta arrivati
in quei continenti lavoravano gratuitamente in modo da estinguere il debito che avevano con queste agenzie. C'erano
accordi non scritti tra datori di lavoro e agenzie private. I migranti inizialmente lavoravano in condizioni di schiavitù,
gratuitamente. Si parla di emigrazione prepagata: i biglietti venivano pagati dai datori di lavoro.

Lo stato decise di intervenire soltanto nel 1901, durante il periodo Zanardelli, con la cosiddetta Legge Crispi, voluta
da Crispi nel 1888 ma emanata solamente successivamente. Lo stato emana delle leggi per regolamentare le
migrazioni. Abolisce le agenzie private e le figure del mediatore e la gestione del reclutamento della forza lavoro
spettava direttamente allo stato italiano. Questa legge dà delle garanzie, impone delle norme a tutela degli emigranti
stessi.

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Prima di questa legge era liberi: si arrivava ad Ellis Island ma molti non potevano entrare per via di malattie. Si
decideva di far entrare solo gente sana abile al lavoro e inoltre si temeva che ci fossero immigrati con malattie
infettive.

L’emigrazione fu arrestata per decreto nel 1915 in Italia a causa dell’entrata del paese nel conflitto della prima
guerra mondiale. C’era bisogno di aiuti militari e venne vietata l’emigrazione. Riprese dopo la prima guerra mondiale
anche se gli Stati Uniti, nel 1924, chiusero le frontiere. Gli anni venti in America, anni ruggenti, sono un periodo
particolare con aspetti negativi tra cui razzismo. Gli Stati Uniti decisero di isolarsi. Le frontiere americane si riapriranno
dopo la seconda guerra mondiale che aveva distrutto l’Europa. L’Italia da terra di emigranti diventa terra di immigrati
nel 1970. Negli anni 50 ci fu il boom economico, era facile trovare lavoro e i flussi di migranti aumentano. Prima del
boom economico la meta dell'emigrazione cambiò, non erano più gli Stati Uniti ma gli stessi paesi europei come il
Belgio avevano bisogno di manodopera. Molti erano lavori faticosi.

Nel 1956 avvenne il disastro di Marcinelle, paese del Belgio dove si trovava una miniera di carbone. 300 minatori
che stavano lavorando moriranno per il crollo della miniera. In questi 300, 250 erano italiani. Ogni volta che si
ricorda questo avvenimento un rappresentante si reca nella città a commemorare il sacrificio.

Poi la Germania oppure lasciavano l’Europa per recarsi al Sud America ( Venezuela, Brasile o Argentina) oppure in
Australia.

POLITICA INTERNA
Giolitti pensava che tra datori di lavoro ed operai lo stato dovesse essere neutrale. Dava molto peso alla classe
operaia perché il benessere dei lavoratori era importante per il benessere della società. Per lavorare bene bisogna
stare bene. La politica di Giolitti aveva questa direzione di rendere i lavoratori protagonisti della storia italiana. Durante
il suo governo cercò di includere il partito socialista, che difendeva i lavoratori, e il movimento cattolico.

Il partito socialista era diviso in due correnti:


- parte riformista o minimalista (pagina 60 da studiare ) : era rappresentata dal segretario del partito socialista
italiano Filippo Turati. Prevedeva un passaggio graduale al socialismo attraverso riforme che potevano
essere condivise da altre forze democratiche favorendo la possibilità di collaborazione con partiti borghesi.
Era favorevole ad una collaborazione con il governo Giolitti, voleva collaborare con i capitalisti, al fine di
favorire una politica di riforme a favore degli operai come voleva lo stesso Giolitti.
- Parte massimalista o rivoluzionaria: era guidata da Giacinto Menotti Serrati voleva il massimo, non era
favorevole ad una collaborazione con il governo Giolitti. Era l’ala rivoluzionaria del partito socialista. Dicevano
che le riforme non miglioravano la condizione degli operai. Un capitalista diminuisce le ore di lavoro ma per
guadagnare quello che l’operaio non produce lavorando di meno cosa fa? Aumenta il lavoro in quelle ore.
Secondo loro le riforme peggiorano la condizione operaia. Le riforme non sono il sistema. Auspicavano ad
una vera e propria rivoluzione, una presa di potere da parte dei lavoratori.

Giolitti propose a Turati di entrare nel governo Giolitti nel 1903 ma Turati rifiutò perché sarebbe stato pane per i denti
dei massimalisti. L’ala rivoluzionaria non avrebbe mai accettato che Turati dicesse di sì all'iniziativa di Giolitti.
In quel periodo, agli inizi del 900, l’ala massimalista era molto forte all'interno del partito socialista. L’ala massimalista
proclamò uno sciopero generale nel 1904: fu il primo sciopero generale dei lavoratori. Furono 5 giorni tra il 15
settembre e il 20 settembre e fu un successo politico molto importante. L’ala rivoluzionaria non riusciva ad avere la
meglio nel partito perché non era maggioritaria, Turati voleva che non ci fosse una scissione all’interno del partito
socialista.
Nel 1906 venne fondata su proposta dell’ala riformista del partito socialista italiano la confederazione generale dei
lavoratori (CGL): primo grande sindacato italiano.
Oggi è divisa in CGL, CISL, UIL che non hanno sempre intenti comuni

La sinistra italiana stava facendo sentire la sua voce, tanto che molti si preoccupano di una rivoluzione comunista:
si preoccupano i nazionalisti, i liberali e i cattolici. I socialisti sono tendenzialmente atei. Lo stesso Giolitti, liberale non
socialista, era preoccupato di questo pericolo rosso.

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Giolitti si avvicina, in modo molto prudente, alla chiesa. Nel 1871 il pontefice Pio IX aveva emanato il ‘Non Expedit’
(non conviene che i cattolici italiani partecipino alla vita politica del paese.) si era venuta a creare una spaccatura tra
la chiesa e la società civile. I cattolici che credevano nella chiesa non volevano entrare in politica e non volevano
partecipare alla vita politica. Nel 1891 un altro pontefice aveva emanato un’altra enciclica ‘Rerum Novarum’ (Leone
XIII) dove c’era una certa apertura alle cose moderne. Aveva convinto qualche politico cattolico a fondare riviste
cattoliche o movimenti cattolici. Agli inizi del 1900, alcuni politici cattolici fondarono dei movimenti e riviste cattoliche
che si occupavano di politica: tornò la collaborazione dei cattolici. Alcuni politici cattolici vennero scomunicati per via
della loro linea di pensiero. Ad esempio Romolo Murri (prete) che aveva fondato un partito nazionale cattolico fu
scomunicato perché non trovò l’appoggio con la gerarchia ecclesiastica, nel 1904 fu eletto deputato con l’appoggio del
partito socialista, scandalo per il pontefice.

Nel frattempo, agli inizi del 900, in Sicilia un altro sacerdote, Don Luigi Sturzo, fonderà un movimento politico
cattolico ma era un partito di ispirazione cristiana ma laico ovvero poteva entrare chiunque (religiosi e laico). Il partito
di Luigi, che nel 1919 divenne il famoso partito popolare italiano (PPI) il quale a sua volta, nel 1945, diventerà
democrazia cristiana, partito che ha governato l’Italia fino al 1990.

Aldo Moro era un politico italiano, segretario della democrazia cristiana. Fu rapido dalle brigate rosse, estrema
sinistra, e poi uccido dagli estremisti comunisti perché voleva una collaborazione con il partito comunista. Il delitto
moro fu ne 1978.

Il movimento cattolico di Don Luigi era stato appoggiato in particolare dai contadini, i lavoratori delle zone rurali. In
questo periodo, nelle campagne, vennero a crearsi, ispirate dal partito di Sturzo, le leghe bianche. Le leghe bianche
erano sindacati dei contadini di ispirazione cristiana e si contrapponevano alle leghe rosse, i sindacati delle
associazioni di mutuo soccorso dei contadini di ispirazione comunista, socialista.

Nel 1912, in vista delle elezioni che si sarebbero tenute nel 1913, fu varata la riforma elettorale: finalmente la nuova
legge elettorale prevedeva il suffragio universale maschile. Tutti gli uomini italiani purché avessero compiuto 30
anni ma se sapevano leggere e scrivere purché avessero compiuto il 21° anno di età, purché avessero svolto il
servizio militare potevano andare a votare. Fino a Giolitti il requisito più importante era leggere e scrivere,
l’analfabetismo con Giolitti non è più motivo di negazione di voto, anche gli analfabeti possono votare (l’analfabetismo
aveva ancora un tasso molto alto, più della metà della popolazione). Questa riforma elettorale portò ad una
percentuale molto alta rispetto al passato: gli aventi diritto al voto furono circa il 25% della popolazione (per la storia
d’Italia era molto alto). Da circa 3 milioni e 300 mila italiani si arrivò circa a 8 milioni e mezzo (l’Italia contava 35 milioni
di abitanti). Le donne rimasero escluse dalla votazione, nel 1912 nessun paese aveva dato il diritto di voto alla donne.
Nel 1921 il diritto di voto verrà dato alla donne in Inghilterra mentre in italia nel 1946.

Giolitti introdusse anche l’indennità parlamentare. Con GIolitti persino l’italiano medio può entrare in politica quindi,
per permettere a tutti di svolgere questo lavoro, introduce l'indennità parlamentare: il deputato non spende soldi per il
viaggio e per l’alloggio.

In vista delle elezioni del 1913 Giolitti firma un patto con il mondo cattolico: il patto gentiloni. Gentiloni era un conte
delle Marche cattolico e liberale. Il patto prevedeva che i cattolici avrebbero votato i liberali di Giolitti in cambio di
alcuni favori futuri per la chiesa. Questi favori erano tre:
- In quel periodo in parlamento era in discussione una legge molto importante: la legge sul divorzio (verrà
approvata nel 1970). Giolitti promise di abbandonare qualsiasi intenzione di emanare la legge sul divorzio
(che permetteva di divorziare, cosa che in italia non era possibile mentre in inghilterra si poteva fare dal 600).
La commissione parlamentare per questa legge fu sciolta.
- Prevedeva il finanziamento alle scuole cattoliche (confessionali, private)
- Nelle scuole pubbliche italiane si sarebbe insegnata obbligatoriamente la religione cattolica.

Il patto fu firmato e Giolitti si impegnò a mantenere le sue promesse. Servì allo scopo? Giolitti voleva eliminare il
pericolo dei socialisti ma questo patto non diede i giusti risultati. Il numero dei deputati socialisti in parlamento
aumentò con le elezioni e Giolitti non fu in grado di mantenere una maggioranza di governo solida e forte per
continuare il suo compito. Dovette vivere la sua crisi di governo. Giolitti fu attaccato da più parti. Giolitti per 10 anni era
riuscito a mantenere la maggioranza del governo con il trasformismo (usato da Depretis). La qualità della politica
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italiana, già dall’epoca del trasformismo subì una caduta terribile. Giolitti per 10 anni mantenne una stabilità di
governo grazie al trasformismo e ai suoi metodi spregiudicati. Non furono pochi i casi di corruzione: pagare
determinati deputati affinché una legge del partito liberale potesse essere approvata.

Nel sud Italia Giolitti non si fece scrupoli ad usare minacce, intimidazioni, servendosi della polizia, dei prefetti nei
confronti di politici che volevano candidarsi. Il clientelismo, ovvero la politica intesa come clientela, raggiunse con
Giolitti apici mai visti prima. Uno storico e politico dell'epoca meridionale, Gaetano Salvemini, definì Giolitti, ministro
della malavita per gli accordi elettorali che aveva preso con latifondisti ed esponenti della malavita pur di avere i voti
necessari per governare. Gli storici hanno parlato di doppio volto di Giolitti: liberale e riformista al nord, tradizionalista
autoritario e repressivo al sud. Si adoperò a vantaggio degli operai e dell'industria al nord ma non ebbe lo stesso
atteggiamento con i contadini al sud: si mise d’accordo con i latifondisti. Giolitti aveva avuto per 10 anni una stabilità di
governo. Non si può non dire che l’Italia di Giolitti non abbia conosciuto una forte industrializzazione. Era annoverata
tra i paesi più industrializzati ma nonostante questo Giolitti cadrà.

GUERRA DI LIBIA
Uno dei motivi della sua caduta fu che non riuscì ad avere una maggioranza politica solida. Il secondo motivo sta nella
politica estera. L’Italia era legata alla Germania e all’austria con la triplice alleanza, sottoscritta nel 1882. Secondo
Giolitti era un’alleanza proficua ma il fallimento della politica coloniale italiana in Africa (1896), avvenne perché l’Italia
non aveva stretto accordi con i paesi importanti dell’Europa, vale a dire Francia e Inghilterra. Giolitti, pur avendo la
triplice alleanza, si avvicinò alla Francia e all'inghilterra ottenendo risultati di politica estera positivi. Firmò accordi simili
con Russia e Inghilterra per rafforzare la posizione italiana in Europa.

La Francia diede l'ok per l’invasione della Libia (all’epoca divisa in Tripolitania e Cirenaica) mentre l’Italia diede l'ok
alla Francia per l’invasione del Marocco. Erano accordi. In questo modo l’Italia, nell’invasione della Libia, non avrebbe
trovato ostacoli. Per questo motivo Giolitti invade la Libia. La sua politica fu aggressiva, imperialista (come tutti i paesi
d'Europa). Nel 1911 dà l'ordine allo stato maggiore di preparare l’invasione della Libia, per molte ragioni. Non c'è mai
un’unica motivazione negli eventi storici. Nella politica di annessione della libia ci sono motivazioni economiche,
industriali sociali e politiche.

Le motivazioni sono: (pagina 64):


- aumento demografico: sfruttò l’aumento demografico per giustificare l’invasione della Libia. Voleva che parte
degli italiani andasse in Libia. Voleva permettere un’emigrazione nazionale. In Libia avrebbero avuto tutte le
garanzie dallo Stato Italiano. La giustificazione riguardava l’aumento demografico e l’emigrazione di tanti
italiani in Libia.
- Prestigio internazionale: lo stesso Vittorio Emanuele puntava sul prestigio, l’Italia sarebbe diventata uno dei
paesi colonizzatori e imperialisti (soprattutto dopo la sconfitta di Adua)
- In questo periodo c’era un importante movimento politico che spingeva affinché l’Italia invadesse i territori
africani ed era il partito nazionalista, nato come movimento nel 1903 è fondato nel 1910 da Enrico Corradini.
I nazionalisti non amavano l’attività parlamentare, rallentava l’azione dello stato quindi auspicavano
all’abolizione del parlamento e alla nascita di uno stato forte e autoritario. L’Italia era monarchia
parlamentare. Il partito nazionalista amava la guerra, l’Italia doveva dimostrare la superiorità del suo popolo
attraverso la guerra.

Tanti nazionalisti confluiranno nel fascismo. Vedevano la guerra come una sorta di igiene del mondo. Hegel stesso
parlerà dela guerra come una sorta di catarsi.

- motivazioni economiche; la Libia era ricca di materie prime che l’Italia poteva sfruttare. La borghesia
industriale era favorevole e in questo modo si sarebbero allargati i mercati. Qui sarebbero potute nascere
grandi filiali come in Somalia.

Non esisteva una motivazione umanitaria come civilizzare gli altri popoli. La propaganda era di civilizzare le terre e
portare l’industria e la tecnologia ma chiaramente hanno sfruttato i popoli colonizzati.

Nel 1911 la Francia inizia le operazioni per la conquista del Marocco e l’Italia per la conquista della Libia. L’impresa
africana dello stato italiano continuava con Giolitti. Il 29 settembre del 1911 a Tripoli avvennero degli incidenti che
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coinvolsero alcuni italiani. Il governo italiano prese come casus belli questa serie di incidenti ai danni degli italiani e
dichiarò guerra all’impero ottomano (impero turco) che in quel periodo stava vivendo un periodo di forte crisi
politica interna (rivolta dei giovani turchi, perdita dei Balcani..).

I militari italiani si aspettavano di trovare una resistenza debole in Libia, ma i libici rispondevano con la guerriglia, non
è un attacco frontale come avviene tra due eserciti, ma preferivano attaccare in zone più rimesse e di notte, diversi
attentati e sabotaggi per stancare e demoralizzare i soldati. L’esercito italiano ebbe la meglio e si fece protagonista di
una fortissima repressione. L’esercito italiano ebbe la meglio e riuscì a conquistare molte isole appartenenti all’impero
come rodi, le dodici isole (del Dodecaneso), riuscì a penetrare nello stretto di Dardanelli da dove bombardavano i
nemici.

Il 18 ottobre del 1912, l’Italia firma con l’impero ottomano la pace di Losanna (Svizzera). L’impero turco si arrende e
l’Italia sottoscriveva la sovranità sulla Tripolitania e Cirenaica (regioni della Libia). L’Italia ottenne il prestigio
internazionale desiderato ma dal punto di vista industriale ed economico non ci furono benefici. La Libia ai tempi era
una zona desertica, non era ricca di materie prime.

Storico del tempo, socialista e liberale come Gaetano Salvemini, definì la Libia una sorta di ‘scatolone di sabbia’.

Ci furono delle conseguenze importanti per quanto riguarda il partito socialista. La corrente minimalista riformista era
favorevole alla guerra perché avrebbe dato la possibilità a molti disoccupati di trasferirsi e trovare lavoro. Il socialismo
come dottrina è contrario alla guerra, non sono gli operai e i contadini a volere la guerra perché rischiano la vita, ma i
datori di lavoro.

L’altra corrente, quella massimalista, era contraria per queste ragioni ideologiche. In particolare una personalità,
Benito Mussolini, riuscì a farsi sentire e a diventare influente all’interno del partito tanto che gli darà la direzione
dell’avanti, quotidiano socialista. Il partito si divise in due e inoltre venne rafforzata la posizione dei nazionalisti.

Mussolini sarà socialista fino alla fine della prima guerra mondiale, quando prenderà il potere il fascismo nel 1922.

GOVERNO SALANDRA
Giolitti è deluso, non riesce a costruire la maggioranza di governo e l’impresa di Libia non è andata a buon fine. Si
scoraggia e dà le dimissioni. Si dimise nel marzo del 1914 e il re Vittorio Emanuele III dà l'incarico di formare un
nuovo governo ad Antonio Salandra, liberale Giolittiano. In questo momento in Europa scoppiarono tensioni tra vari
paesi, l’atmosfera di guerra circolava.

La settimana rossa
Salandra si trovò una situazione particolare: non adoperò lo stesso strumento di Giolitti per le manifestazioni, la
diplomazia, ma il metodo della polizia e della repressione. Il 7 giugno del 1914, durante una manifestazione dei
lavoratori ad Ancona, la polizia interviene con la forza uccidendo tre manifestanti e ferendo altri. Il partito socialista
italiano, per protesta, indice uno sciopero generale di protesta contro il governo che durò 7 giorni (fino al 13
giugno). Aderirono lavoratori di centro e nord Italia.

Fu uno sciopero violento, si registrarono 17 morti e circa 400 feriti, sembra una battaglia. Questo periodo è ricordato
come la settimana rossa perché fu una settimana di sangue e perché sventolavano le bandiere rosse.

Poco tempo dopo scoppierà il primo conflitto mondiale e tutta l’attenzione degli italiani verrà concentrata sulla
guerra. L‘Italia, per diverse ragioni, entrerà nel 1915. L’attenzione sociale non venne più interessata verso l’interno
ma verso il nemico esterno. Almeno fino al 1917 non si registrano tumulti generali e proteste.

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PRIMA GUERRA MONDIALE

LA ROTTURA DEGLI EQUILIBRI


Nei primi anni del 900 l'Europa era un sistema politico estremamente fragile, caratterizzato da profonde rivalità
economiche e spinte nazionalistiche tra stati nati alla fine dell'800. Queste rivalità riguardavano la questione delle
colonie. Il nazionalismo caratterizzava l’Europa, in particolare la Germania, che a fine 800 era molto dinamica e
aggressiva. La politica dell'imperatore Guglielmo II era particolarmente aggressiva nei confronti degli altri paesi e non
sembrava avere interesse a mantenere l’equilibrio tra le potenze configurato dall’ex cancelliere Bismarck.
L’atteggiamento della Germania influenzava negativamente le relazioni internazionali.

LE RIVALITÀ TRA I PAESI EUROPEI


La rivale principale della Germania era la Francia, caratterizzata da uno spirito di vendetta perché la Germania era
riuscita a strappare alla Francia territori importanti come Alsazia e Lorena durante la guerra franco-prussiana del
1871 dove la Germania uscì vincitrice e divenne nazione. Alsazia e Lorena sono due regioni che al tempo erano
contese, erano state rivendicate sia da Germania che Francia e oggi sono due regioni Francesi.

L'inghilterra era preoccupata dalla potenza militare marittima della Germania, che voleva avere il dominio sul mare
del nord. L'Inghilterra, che voleva mantenere il suo primato sui mari, era infastidita e si sentiva minacciata. Ma
infastidiva anche la Russia. Germania e Russia erano diventate rivali per la questione delle colonie. La Russia si
avvicinò a Francia e Inghilterra firmando nel 1907 Triplice Intesa. La Germania era alleata dal 1882 con Italia e
Austria nella Triplice Alleanza. L’Europa si trovava divisa in due blocchi contrapposti che saranno i fronti della prima
guerra mondiale.

LE COLONIE
Alla fine dell’800 c’era una corsa affannosa verso le colonie, in particolare quelle africane. La Francia era interessata
al Marocco, paese autonomo e indipendente, per la sua posizione strategica sul mediterraneo. Ottenne il consenso di
occupare prima dall'Italia, che ottenne a sua volta il consenso di occupare la Libia dalla Francia, e dall'Inghilterra.
L'Inghilterra ottenne il consenso di avere come zona di influenza l’Egitto. La Spagna, che aveva grossi interessi
nell'Africa settentrionale, era interessata al Marocco come la Francia. La Francia progettò di impadronirsi del Marocco
lasciando alla Spagna le antiche enclaves: Ceuta e Melilla.

Si chiamano enclavi, territorio situato in un altro paese ma appartenente ad un determinato paese. Questi due
paesi appartengono ancora oggi alla spagna

LE DUE CRISI MAROCCHINE


Chi non era d’accordo a questo gioco di consensi era la Germania, che non possedeva grandi colonie. La Germania
tentò di inserirsi nel Nord Africa difendendo l’indipendenza del Marocco e contrapponendosi in questo modo ai
francesi. Per questo si passò al conflitto armato e scoppiarono le due famose crisi marocchine, 1905 e 1911. Stava
scoppiando un nuovo conflitto tra Germania e Francia ma la diplomazia si mosse e si raggiunse un compromesso.
Alla Francia la Germania riconobbe il protettorato sul Marocco mentre la Francia riconobbe in cambio alla Germania
una parte del Congo. In questo modo si evitò un'ulteriore crisi e un conflitto tra le due nazioni ma era solo questione
di alcuni anni.

IL PROBLEMA DEI BALCANI


Il vero problema dell’Europa non si trovava in Africa ma nei Balcani. Si parla di polveriera dei Balcani, dove viene
contenuta la polvere da sparo, basta una scintilla per far scoppiare l’incendio e si trova nei Balcani. Qui fino all’800
aveva predominato l’impero ottomano (turchi) e sui Balcani era indirizzato l’interesse di alcune nazioni come Austria
e Italia. Agli inizi del 900 l’impero ottomano entra in una crisi politica interna ad opera di un movimento politico
chiamato i giovani turchi, caratterizzato da un forte nazionalismo ma anche da un desiderio di occidentalizzare la
Turchia e renderla simile ai paesi occidentali. Volevano riforme nazionalistiche per avvicinare l’impero all’Europa.
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L’Austria approfittò della crisi degli ottomani. Nel 1878 ci fu il Congresso di Berlino voluto da Bismarck con
l’obiettivo di creare un equilibrio coloniale tra i paesi europei. Fu definito il capolavoro bismarckiano perché era riuscito
a sistemare le varie colonie rivendicazioni dei paesi. Al congresso di Berlino si decise che l’Austria avrebbe avuto
l’amministrazione temporanea sulla Bosnia Erzegovina. L'Austria, approfittando della crisi turca, annette nel 1908
la Bosnia avendone avuto il protettorato e va contro a quanto deciso durante il congresso di Berlino. La Bosnia
Erzegovina entra a far parte dell’impero asburgico.

Questa annessione fece arrabbiare molto la Serbia. Con la crisi dell’impero ottomano la Serbia aveva intenzione di
creare una confederazione di stati slavi sotto la sua guida. Rivendicava la storia della penisola balcanica,
l’indipendenza: i vari stati avrebbero fondato una confederazione, cosa che avvenne nel 1924 con la Jugoslavia,
riconosciuta come nazione sovrana (i paesi non avevano libertà, non era una confederazione). In Serbia si
svilupparono movimenti nazionalisti. Molti di questi erano esoterici, segreti, è in questo clima di società massoniche
che verrà a crearsi la scintilla della guerra. La politica della Serbia si chiama panslavismo che era un sogno di avere
tutti i paesi slavi riuniti in un’unica organizzazione politica confederale.

LE GUERRE BALCANICHE

Prima guerra balcanica


Nella penisola balcanica la situazione precipita. Scoppieranno due guerre chiamate guerre balcaniche. La prima
scoppiò nel 1912 e finisce nel 1913, e fu condotta dalla Serbia, dalla Grecia, dal Montenegro e dalla Bulgaria (con
l’appoggio della Russia), paesi usciti dall’impero ottomano, contro l’impero stesso. Questi paesi volevano spartirsi la
Macedonia, cosa che avvenne. I paesi slavi vinsero la guerra e l’impero, nel 1913, fu costretto a firmare il trattato di
Londra. Il trattato obbliga l’impero turco a rinunciare non solo alla Macedonia ma a rinunciare a tutti i territori europei
posseduti eccetto Costantinopoli e gli stretti.

Seconda guerra balcanica


Finita la prima guerra balcanica inizia la seconda, nel 1913, ed è la Bulgaria che uscì dal trattato di Londra
rimaneggiata a livello di territori. Alla Bulgaria non erano stati riconosciuti determinati territori quindi rivendica più
territori. Si scontra contro Serbia, Grecia, Romania e l’impero turco, che si allea desideroso di riavere i territori
persi. Venne firmato, nel 1913, il trattato di Bucarest. Alla Serbia fu
riconosciuto il Kosovo e una parte della Macedonia del nord, il resto della
macedonia andrà alla Grecia. L’impero ottomano recupera alcuni paesi come
la Tracia ma la cosa importante è che da questo trattato nasce l’Albania
come paese autonomo indipendente e sovrano ma sull’Albania erano puntati
gli occhi dell’Italia e anche l’Austria. Puntavano sull’Albania per i suoi porti,
era un territorio importante per il commercio sull’ adriatico.

Le due guerre balcaniche ebbero un impatto negativo non solo per l’impero
austriaco, che si trovava di fronte una Serbia rafforzata e pericolosa per le
sue rivendicazioni territoriali, ma anche per la Russia per via dei fallimenti di
dominio sugli stretti. Anche gli stati balcanici e l’Italia non erano contenti.
Quest’ultima era in contrasto con l’Austria per il possesso dell’Albania e le
terre irredenti.

LE TERRE IRREDENTI
Austria e Italia si guardavano male perché puntavano entrambe allo stesso Paese. C’era ancora il problema delle
terre dette irredenti ovvero non ancora liberate come il Friuli Venezia Giulia, il Trentino Alto Adige, la città di
Fiume e la Dalmazia occidentale. Fiume e la Dalmazia erano state dominio della Repubblica di Venezia per questo
le rivendicava. Questi territori furono definiti polveriera, bastava un attentato o un attacco per farla esplodere.

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LE CAUSE DELLA GUERRA
Il 28 giugno del 1914 l’arciduca Francesco Ferdinando, futuro erede dell’impero asburgico, venne assassinato
mentre era in visita a Sarajevo in Bosnia per una ricorrenza della festività di San Vito che ricordava la sconfitta Serba
causata dall’ impero ottomano che diede inizio alla dominazione ottomana nel 1453. Francesco Ferdinando era stato
avvertito dalla polizia segreta austriaca di non recarsi a Sarajevo perche era riuscita ad avere delle informazioni su un
movimento nazionalista serbo bosniaco che si chiamava giovane Bosnia, legata ad un’altra associazione segreta
chiamata la mano nera (Serba), stava preparando un’attentato dinamitardo nei confronti dell’automobile dove si
trovavano l’arciduca e la moglie Sofia.

Quel giorno successe di tutto. Dovevano esplodere delle bombe (nessuno le accese, non scoppiarono) al passaggio
dell’auto ma l’autista cambiò strada all’ultimo. Si creò un momento di caos e disorganizzazione e fino a che un
giovane bosniaco nazionalista di nome Gavrilo Princip, appartenente alla giovane Bosnia, si trovò davanti la
macchina con l’arciduca e sua moglie quindi prese la pistola e gli sparò, uccidendo sul colpo Sofia, la moglie, e
ferendo gravemente l’arciduca che mori per dissanguamento dopo poco tempo.

Gavrilo era un diciannovenne ed era troppo giovane per essere condannato a morte quindi fu condannato a vent’anni
di prigione ma le condizioni alimentari e igienico sanitarie della cella lo fecero sopravvivere solo per 4 anni. Morì di
tubercolosi nell’aprile del 1918 a 23 anni.

L’Austria, dopo l’attentato, manda alcune richieste alla Serbia. Furono varie ma le più importanti:
- sciogliere tutte le associazioni nazionalistiche terroristiche
- Far entrare in territorio serbo due ispettori dell’impero per fare delle indagini sull’omicidio.

Le autorità austriache sapevano che dietro l’attentato non c’era solo la mano di Gavrilo ma anche associazioni
nazionalistiche. La risposta della Serbia fu che avrebbero sciolto le associazioni ma che gli ufficiali non sarebbero
potuti entrare. L'Austria mandò un ultimatum di due giorni, se entro le 48 la Serbia non avesse risposto avrebbe
dichiarato guerra, cosa che avvenne.

Il 28 luglio 1914 l'Austria dichiarò guerra alla Serbia. Scattò il meccanismo delle alleanze e della mobilitazione
generale, lo scoppio della guerra coinvolse masse enormi di uomini. Nel giro di pochi giorni ogni paese aveva inviato
le dichiarazioni di guerra. La russia scese in campo con la Serbia, la Germania, alleata con l’Austria, dichiarò guerra
alla Francia, a sua volta alleata con la Russia. Saranno due i paesi che rimarranno fuori dai giochi per il momento:
Inghilterra e Italia, che prenderà un anno di tempo per decidere.

LA GUERRA LAMPO
I contemporanei, ovvero i vari generali e politici, erano assolutamente sicuri che le ostilità militari potessero risolversi
in breve tempo, nel giro di qualche mese. I piani dei generali erano quelli di una guerra lampo, guerra caratterizzata
da massicci attacchi per risolvere la questione in poco tempo. Questa guerra lampo si trasformerà, nel giro di un
anno, in una guerra di trincea ovvero di posizione oppure di logoramento. Non era mai avvenuto nella storia militare
del passato. Guerra di trincea significa che i soldati vivevano e combattevano in trincea.

L'altra caratteristica della guerra, che diventerà mondiale con l’intervento degli Stati Uniti, era che era una guerra di
massa. Non erano interessati solo gli eserciti ma era coinvolta tutta la società. Era come se in guerra partecipassero
indirettamente tutti i settori della società: l’industria, quindi la fabbrica, per fornire gli strumenti per la guerra (la Fiat
costruiva autoblindi, mitragliatrici o i primi aerei).

La tecnologia subì un’impennata paurosa con la prima guerra mondiale, lo stato premeva i settori tecnici a costruire
attrezzi più sofisticati. Nella prima guerra mondiale vennero costruiti i primi carri armati. La guerra spinge ad un livello
superiore di tecnologia, è lo stato che vuole più tecnologia. Anche le campagne furono coinvolte nella guerra.
L’esercito aveva continuamente bisogno di rifornimento alimentare, oltre che militare.

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IL RUOLO DELLE DONNE
Nella prima guerra mondiale grandi città avevano ramificazione di trasporti. Gli uomini erano in guerra ed erano le
donne a dover portare i tram: prendevano i posti di lavoro che comunemente si pensava che fossero solo ed
esclusivamente maschili. La prima guerra mondiale spinge a dei percorsi e progressi che non si arresteranno più (il
fascismo proverà a fermare ciò che fu portato dalla prima guerra mondiale). Aveva dato il via a processi che non
potevano essere fermati. I primi paesi daranno il diritto di voto alle donne nel 1920, subito dopo i trattati di pace.
Anche gli uffici: le poste e le comunicazione richiedevano molto lavoro per comunicare con gli eserciti.

LE OPERAZIONI MILITARI

GERMANIA, FRANCIA E INGHILTERRA


I generali erano convinti che in pochi mesi la situazione si sarebbe risolta, e così pensavano i generali tedeschi.
Credevano che se si attaccava sia frontalmente la Francia, ma anche da Nord per arrivare a Parigi la Francia si
sarebbe arresta. Ma per arrivare alla Francia del nord dovevano occupare il Belgio, un paese neutrale, non aveva
dichiarato guerra a nessuno. Se un paese si dichiara neutrale non deve essere attaccato. L’esercito tedesco decise di
invadere il Belgio per arrivare in Francia. In guerra il diritto internazionale è carta straccia.

L’attacco tedesco alla Francia spaventa l'Inghilterra. È spaventata per due motivi:
- si è sempre fatta portavoce dei diritti e dei patti nazionali che la Germania non ha rispettato: per lei dovevano
essere rispettati anche in guerra
- La Francia dista pochi chilometri dall’Inghilterra, che sarebbe stata fisicamente in pericolo una volta occupata
la Francia

Il 4 agosto 1914 l’Inghilterra dichiara guerra alla Germania. L’Inghilterra possedeva colonie in Africa e in Asia:
anche le colonie parteciparono al primo conflitto mondiale, mandando soldati.

I tedeschi non si aspettavano che il piccolo esercito belga dimostrasse


resistenza e questo diede il tempo all'esercito francese di organizzarsi ai confini.
La prima battaglia sul fronte occidentale (fronte che riguarda Germania con
Francia) avvenne sul fiume Marna, vicino a Parigi (40km). Qui i tedeschi
organizzarono il primo attacco massiccio, speravano di sfondare le difese
francesi in poco tempo ma i francesi si erano sistemati e organizzati. Nella sola
battaglia della Marna morirono circa 500.000 francesi. Furono chiamate le
battaglie della grande strage per evidenziare l’alto numero di morti. I generali
con questa battaglia si resero conto che i piani di una guerra lampo erano già
falliti: la guerra lampo diventa guerra di posizione che durerà per 4 anni.

RUSSIA CONTRO GERMANIA E AUSTRIA


I russi, anche se militarmente impreparati, invasero la Prussia. I tedeschi per contrastarli dovettero prelevare truppe
dal fronte occidentale. Sul fronte orientale (Russia contro Germania e Austria) ci furono due grandi battaglie:
- battaglia di Tannenberg che avvenne tra il 26 e il 29 agosto del 1914. Le perdite russe furono oltre 100.000
- Battaglia dei laghi masuri, sotto tannenberg.

Le perdite austriache tra le due battaglie furono circa 350.000 soldati. La prima guerra mondiale farà 9 milioni di morti
mentre la seconda, quando la popolazione sarà direttamente coinvolta con i borbandamenti, 50 milioni. Con le
battaglie di Tannenberg e dei laghi masuri anche nel fronte orientale si capì che anche la guerra non poteva durare
poco e nacquero le trincee.

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L’ITALIA
L’Italia il 2 agosto del 1914 aveva dichiarato la sua neutralità, non volle entrare in guerra. Era risentita nei confronti
dell'Austria perché aveva mandato l’ultimatum alla Serbia avvisando la Germania ma non la Serbia. Si sentiva
esclusa dal gioco dei suoi alleati della triplice alleanza, era iniziata una guerra offensiva in contrasto con quanto
stabilito dall’alleanza.

In realtà la diplomazia italiana si muoveva senza che il parlamento italiano e gli stessi sudditi sapessero nulla. Ci
furono delle commissioni, dei gruppi politici tra cui lo stesso governo con Salandra che strinse relazioni sia con
Austria e Germania sia con Inghilterra e Francia. L’Italia era intenzionata comunque ad entrare in guerra, sarebbe
entrata ma non sapeva da che parte: con i vecchi alleati o stringere patti con l’Intesa? In questo anno di neutralità
venne a formarsi un dibattito tra gli interventisti, coloro favorevoli alla guerra, molto attivi in parlamento e nelle piazze
a favore dell’intervento dell’Italia in guerra, e dall’altra i neutralisti che non volevano che l’Italia entrasse in guerra ma
rimanesse neutrale.

NEUTRALISTI
I neutralisti non volevano la guerra per un motivo umanitario. I cattolici italiani, tra cui lo stesso pontefice, non erano
d’accordo per ragioni umanitarie. Benedetto XV disse che era un’inutile strage, non risolve. C’era anche un problema:
paesi cattolici che si scannavano tra loro come l'Austria cattolica contro la Francia cattolica. Il problema era che se
fosse entrata contro l'Austria sarebbe potuta accadere un'ulteriore scissione tra cattolici austro-tedeschi e italiani
e il papa voleva evitare.

Anche i socialisti non volevano la guerra ‘la guerra è un massacro di milioni di uomini che non si conoscono per gli
interessi di pochi uomini che si conoscono ma non si massacrano’ . La borghesia entra in guerra come colonnelli o
generali ma in prima fila ci sono contadini e operai. Devono combattere per gli interessi dei ricchi per questo il
socialismo mondiale condannò la guerra. Gli operai non dovevano uccidere i propri fratelli, i lavoratori non potevano
entrare in guerra.

Giolitti e i liberali giolittiani dicevano che per l’Italia era più vantaggioso non entrare in guerra:
- Poteva avere vantaggi dall’una e dall’altra parte attraverso i compromessi e la diplomazia.
- L’Italia non era preparata militarmente come gli altri paesi: se fosse entrata in guerra avrebbe potuto perdere
ed essere sconfitta.

INTERVENTISTI
Tra gli interventisti troviamo i nazionalisti. Volevano che entrasse in guerra per un prestigio internazionale. Non
entrando sarebbe rimasta fuori dal gioco delle grandi potenze (stesso motivo dell’impresa di Libia). Tra i nazionalisti
c’era Gabriele D’Annunzio, realizza eventi in piazza (radiose giornate di maggio).

Molte avanguardie letterarie affollavano il mondo della cultura nazionalista come il futurismo. Vedevano la guerra
come una sorta di igiene del mondo, la guerra ripulisce, permette ai grandi popoli di sopravvivere e ai popoli piccoli
di scomparire. I futuristi avevano il mito della macchina, della velocità, dell’accelerazione.

Gli irredentisti non erano un movimento o un partito politico, erano coloro che credevano che le guerre risorgimentali
non fossero ancora terminate. L’Italia nel 1866 aveva riacquistato il veneto e nel 1870 Roma ma mancavano ancora
Trento (Trentino) e Trieste (Friuli). Gli irredentisti volevano che l’Italia entrasse in guerra contro la triplice alleanza. La
guerra avrebbe rappresentato la quarta guerra d’indipendenza.

Gli interventisti si affiancano ai democratici (Gaetano Salvemini) che volevano entrare a fianco dell’intesa. Tra gli
interventisti c’erano anche i massimalisti del partito socialista, i sindacalisti rivoluzionari. Credevano che la guerra
sarebbe stata l’occasione per i lavoratori, operai e contadini, di andare finalmente al potere. La guerra, da guerra
imperialista ovvero interessata ad avere territori, si sarebbe trasformata in guerra rivoluzionaria. Stavano armando la
classe lavoratrice, si sarebbe trasformata in una guerra rivoluzionaria di classe. Tra i sindacalisti rivoluzionari c’era
Benito Mussolini. Proviene dal mondo socialista, era all’epoca, nel 1915, direttore del quotidiano dei socialisti
l’Avanti. Dopo aver scritto degli articoli favorevoli alla guerra fu costretto a dimettersi e a fondare un proprio giornale.
Fondò il giornale ‘Il popolo d’Italia’ dove scriverà degli articoli infuocati a favore dell’intervento degli italiani.
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IL PATTO DI LONDRA
Mentre neutralisti ed interventisti continuano questo dibattito, il governo sta intrattenendo incontri sia con la triplice
alleanza e la triplice intesa. Vuole capire da quale alleanza avrebbe tratto il maggior profitto. Si stava muovendo senza
interpellare il parlamento. Questa serie di incontri porteranno il ministro degli esteri Sonnino a firmare il patto di
Londra il 26 aprile del 1915.

Il patto di Londra prevedeva che l'Italia sarebbe intervenuta a fianco dell’intesa nel giro di un mese e a guerra finita
avrebbe ottenuto determinati territori: Trentino fino al Brennero quindi Trentino-Alto Adige (gli abitanti dell’Alto
Adige erano per la maggioranza di lingua tedesca), Friuli Venezia-Giulia fino a Gorizia, l’Istria (attuale Croazia) ad
eccezione di Fiume, parte della Dalmazia (era appartenuta a Venezia) e le isole del Dodecaneso (importanti per il
commercio sul mediterraneo e sull’Adriatico). Il patto di Londra non prevedeva che Fiume sarebbe diventata italiana.

Era un patto segreto, firmato senza avvisare il parlamento. Nemmeno il popolo era a conoscenza di questo patto. Per
poter attuare il patto di Londra il governo doveva comunque ascoltare il parlamento, bisogna trascinare in guerra a
livello morale tutti gli italiani. Bisognava creare un fronte unico contro il nemico estero. D’Annunzio si sbracciava nelle
piazze italiane per entrare in guerra, era chiamato il famoso poeta soldato (studio approfondimento futurismo pagina
100).

Il primo ministro Antonio Salandra in accordo con Vittorio Emanuele III e il governo (che era interventista come lo
stesso re), presenta il piano per entrare in guerra al parlamento. Nello specifico il patto di Londra rimase segreto fino
al 1917, non fu pubblicato. Volevano che il parlamento approvasse l’entrata in guerra dell’Italia, cosa che il
parlamento fece in modo molto entusiasta. Solo il partito socialista, fedele agli ideali del socialismo, rimane
all'opposizione. Il 24 maggio del 1915 l’Italia dichiarò guerra all’Austria, provocando da una parte l’astio e il
desiderio di vendetta da parte dell’Austria, ma dall’altra provocando un euforico generalizzato da parte di tutti i popoli
europei.

Quando gli austriaci hanno saputo della dichiarazione di guerra hanno festeggiato, tra questi Freud, nato a Vienna.
Freud disse che per la prima volta si era sentito un austriaco. Molti intellettuali del tempo avevano salutato la guerra
con molto entusiasmo. Il patriottismo esce tra gli intellettuali

ARTICOLO
Nell’articolo c’è una foto di piazza del popolo di roma: gli italiani salutano
la dichiarazione di guerra. Credevano che la guerra avrebbe dato molte
possibilità, ricchezze e terre. Nella prima parte si riferisce alle terre
irredenti, le terre da liberare. Credevano che la guerra fosse la
continuazione delle guerre di indipendenza, come se fosse la quarta
guerra. C’è un costante richiamo al sangue italiano versato per
l’indipendenza, si riferisce al sacrificio. Trento e Trieste, di razza italiana,
erano in terre straniere. Ora le terre irredenti saranno salvate. Ci furono
molti irredentisti a Trento. Quando ci fu la chiamata alle armi molti italiani
andarono in Veneto per combattere con l’Italia. Degasperi era un
deputato del parlamento di Vienna. Era un trentino e fece un censimento:
la maggioranza dei trentini voleva rimanere con l’Austria, in particolare il
Nord del Trentino. Sui giornali l’Austria ha deriso l’Italia dicendo che si
era venduta a chi aveva offerto di più. Ma se si fossero voluti vendere
avrebbero dichiarato la neutralità.

Questo stile deve far presa sul popolo, utilizza la retorica.


L’obiettivo era quello di spingere l’opinione pubblica ad essere
d’accordo con il cuore non con la testa. Questo stile lo riprenderà il
fascismo

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LA TRINCEA
La trincea diventa simbolo della prima guerra mondial, esprime la situazione di stallo ed è una novità. Nacquero come
rifugio provvisorio e sono fossati. Le trincee non sono solo reticolati di canali dentro i quali i soldati si nascondono.
Divennero dei veri e propri luoghi abitabili con posti di comando, furerie (dove si tengono gli atti amministrativi),
ospedali da campo, strade e ferrovie. Divennero sempre più profonde, puntellate da travi di legno circondate da filo
spinato. Erano dotate di feritoie e coperte alcune volte da tettoie. La vita del soldato era una vita fatta esclusivamente
nella trincea. C’era un immobilismo estremamente duro e snervante da sopportare. Vivevano per mesi in trincea
senza avere licenze e nemmeno i giusti approvvigionamenti. Erano esposti alle intemperie, immersi nel fango e alle
prese con condizioni igieniche terribili. Inoltre erano malnutriti.

Ogni tanto gli ufficiali ordinavano un attacco frontale e i soldati uscivano dalle trincee ma erano presi di mira dalle armi
dei soldati nemici. Esistevano gli assalti di massa ordinati dagli ufficiali ma erano uno sterminio: i soldati con le
mitragliatrici facevano moltissimi morti. I soldati spesso erano mira dei cecchini (oggi si chiamano tiratori scelti) ovvero
gruppi scelti per sparare da lontano. I cecchini ferivano in modo che gli altri soldati andassero ad aiutare la vittima per
poi venire uccisi.

Il primo esercito a formare questi gruppi scelti fu l’esercito austriaco che, in onore di Francesco Giuseppe.

Si era costantemente a contatto con la morte, i soldati morti in trincea non venivano seppelliti ma lasciati lì per mesi.
La trincea è stata vissuta come un trauma. Nacque per la prima volta la figura dello psicologo di guerra. Se non si
finiva morti in battaglia si portavano a casa molti traumi fisici (perdevano le dita e diventano sordi) ma anche
psicologici.

LE ARMI
Ci furono molte nuove armi come le mitragliatrici. La seconda rivoluzione industriale, nella seconda metà dell’800, non
ebbe degli arresti. Ci furono moltissime armi:
- la mitragliatrice automatica: la prima fu costruita da un’azienda francese e anche la Fiat le produceva.
Alcune potevano addirittura sparare 500 colpi al minuto. Tutti gli eserciti di tutti i paesi erano dotati di queste
mitragliatrici. La Fiat ne realizza tantissime al giorno, alcune mitragliatrici potevano arrivare a 3km.
- L’autoblindo: erano camion blindati con una mitragliatrice sopra.
- Il carro armato fu utilizzato per la prima volta in Francia e Germania sul fronte occidentale. Erano molto lenti
e in un fronte pieno di trincee era difficile da manovrare. Erano pesati quindi avevano bisogno di parecchia
benzina.
- Il sommergibile: usato soprattutto dai tedeschi. Erano navi che potevano andare sott’acqua. Emergevano
improvvisamente quindi prima dell’invenzione del radar sottomarino non erano individuabili e riuscivano a
sganciare bombe in profondità facendo molti danni alle navi
- Gli aerei: furono semplicemente da ricognizione. Dall’alto si poteva individuare la zona nemica, prendevano il
volo non per attaccare. D’Annunzio ha tentato il volo su Vienna ma non sganciava bombe, solo fogli dove
chiedeva al popolo Austriaco di arrendersi all’Esercito italiano. Già dal 1916-1917 iniziarono a sganciare
bombe. Non le avevano in dotazione ma venivano sganciate a mano. Il secondo pilota aveva questo compito.
Gli aerei con dotazione propria saranno usati durante la guerra civile spagnola.
- Gli zeppelin: zeppelin era un ingegnere tedesco che costruiva dei dirigibili pieni di aria che servivano anche
per bombardare. Avevano più capacità di carico ma erano estremamente lenti e quindi oggetto di
mitragliatrici. Infatti non saranno più presi in considerazione

La prima guerra mondiale è stata chiamata la prima guerra chimica perché verranno usato gas mortali come l'iprite: il
22 aprile del 1915 da parte dei tedeschi sul fronte occidentale ad Ypres, Francia, furono rilasciate nell’aria quantità di
gas (formato da cloro) che provocava moltissime conseguenze ai polmoni, nel momento in cui si respirava questo gas
urticante si poteva morire soffocati. Il gas era stato bandito dalla guerra nella convenzione dell’Aja del 1899. Ci
saranno ulteriori convenzioni come quella di Ginevra che bandiranno i gas. Le bombole contengono il gas e in base al
vento venivano parte per rilasciare i gas.se il vento era favorevole, andava verso la trincea nemica, era molto efficace.
I primi ad usarlo furono i tedeschi. Le maschere a gas vennero inventata e utilizzate tra il 1916 e il 1917. Le
maschere divennero uno dei simboli della guerra.

15
FRONTE ORIENTALE
In oriente la Russia combatte come Germania e Austria ma anche l’impero ottomano,
che era entrato in guerra contro l’intesa (a favore quindi di Germania e Austria). Ci
furono dei tentativi di sfondamento sull’Adriatico da parte dell’impero ma furono
fallimentari. Gli alleati non riuscivano a sfondare nello stretto dei Dardanelli: l’Inghilterra
tenterà ma per via della resistenza dei turchi fallirà.

GENOCIDIO DEGLI ARMENI


Nell’impero ottomano stava avvenendo il primo grande genocidio della storia nei confronti degli armeni (minoranza
religiosa). Erano cristiani ortodossi. Lo zar si era posto a protezione della comunità armena ma i giovani turchi, gruppo
nazionalista che aveva indebolito l’impero, desideravano una sorta di purezza razziale e per questo avevano accusato
le minoranze religiose, in particolare gli armeni, di collaborare con la Russia (già alla fine dell’800). I giovani turchi
volevano una grande Turchia nazionalizzando le minoranze religiose ed eliminando le minoranze restie a questa
turchizzazione.

Esistevano 2 milioni di armeni e molti furono uccisi mentre altri espulsi e costretti nelle marce della morte a fare
migliaia di chilometri a piedi attraversando i deserti. L’obiettivo era creare campi di concentramento in Siria. La
maggior parte delle persone morivano e chi riusciva a resistere una volta arrivato all’obiettivo veniva ucciso. Si parla di
circa 1 milione e mezzo di morti tra gli armeni.

Il temine genocidio sara usato da un ebreo, uno scrittore fuggito dalla Germania che si era stabilito negli Stati Uniti.
Genocidio significa uccisione di un popolo, di una stirpe. Dopo la seconda guerra mondiale esisterà questo nuovo
reato, il crimine contro l’umanità. La Turchia non ha mai riconosciuto le sue responsabilità, ha sempre minimizzato il
numero di morti. Fu uno sterminio di massa.

FRONTE ITALIANO
Il carattere positivo per l’Intesa fu dovuto all’entrata in guerra dell’Italia al loro fianco. Il capo di stato maggiore era
l’allora generale Luigi Cadorna, il quale, un po’ come gli altri generali, pensava ad una guerra lampo. Il capo di stato
maggiore entrò in azione mentre era in atto la rottura del fronte russo. Le prime spedizioni degli italiani contro gli
austriaci portarono a dei successi: l’esercito Italiano riuscì ad occupare i territori attorno a Gorizia. Gli austriaci
resisterono in modo onorevole ed efficace.

Tra giugno e dicembre del 1915, sul fronte italiano si ebbero le famose quattro
battaglia dell’Isonzo. Le quattro battaglie dell’Isonzo non furono determinanti. Dal
1916 la guerra sul fronte italiano da guerra lampo com’era nelle intenzioni di
Cadorna si trasformò in una guerra di posizione, di trincea e di logoramento. In
questo periodo le condizioni in cui i soldati su questi monti combattevano erano di
gelo. Fu uno degli anni più freddi e si arrivò addirittura a -30°C.

1916: TERZO ANNO DI GUERRA


Il 1916 fu l’anno più duro per le perdite umane che si registrarono pur non essendoci situazioni decisive. Sul fronte
occdentale (Germania e Francia) si registrarono due grandi battaglie in territorio francese:

- battaglia di Verdun (febbraio-luglio)


- Battaglia della Somme (affluente della Senna) tra giugno e novembre

Le perdite in costi umani furono talmente alte che queste due battaglie vennero definite le battaglie delle grandi
stragi (impressionarono molto il pontefice). Sono a Verdun e la Somme ci furono un milione e mezzo di morti.

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GUERRA SUL MARE E BATTAGLIA DELLO JUTLAND
La prima guerra mondiale è stata combattuta in particolare sulla terraferma ma conobbe anche una battaglia
sottomarina. La Germania utilizzò per la prima volta i sommergibili, navi che potevano andare sott’acqua e potevano
spuntare improvvisamente.Prendevano il nemico alla sprovvista, i radar verranno inventati successivamente. Il
sommergibile era un’arma estremamente potente che affondò molte navi.

L’anno prima, nel maggio del 1915 fu affondato anche un transatlantico civile che si chiamava Lusitania. Era un
transatlantico che partiva dall’ Inghilterra e andava negli Stati Uniti. Al suo interno c’erano alcuni uomini d’affari
americani. Non avrebbero potuto affondarlo, le navi civili non potevano essere toccate. I comandi tedeschi sospettano
che Lusitania trasportasse armi da consegnare ai paesi dell’intesa. Ci furono 1400 vittime di cui 130 imprenditori
americani. Il commercio degli Stati Uniti in Europa era estremamente limitato, venivano attaccate navi straniere.

(Il titanic affondò nel 1912). Nel 1916 fu affondata, sempre dai tedeschi, la nave che aveva mandato i messaggi al
titanic avvertendo della presenza degli iceberg.

Tra l’altro, nel 1915, l’Inghilterra aveva istituito il blocco navale: le navi che partivano dalla Germania venivano
bloccate e affondate in modo che non arrivassero materie prime e alimenti. Si voleva indebolire la Germania per poi
attaccarla frontalmente. I tedeschi con i sottomarini volevano rompere il blocco navale ma non ci riuscirono.

La battaglia più grande si ebbe il 31 maggio 1916 vicino alle coste della Danimarca. Fu la battaglia dello Jutland
dove la Germania cercò di sconfiggere tutte le navi inglese ma non riuscirono. La marina navale inglese era molto
potente e nemmeno i sommergibili tedeschi riuscivano ad indebolirla. Dopo il fallimento la Germania decise di non
provare più questi attacchi massicci ma intensificarono la guerra sottomarina. Il blocco navale e gli affondamenti di
navi civili misero in allarme gli Stati Uniti, che non erano ancora entrati in guerra. Le limitazioni di commercio
saranno uno dei motivi che li spingeranno ad entrare in guerra.

SPEDIZIONE PUNITIVA AUSTRIACA CONTRO L’ITALIA


Dall’inverno del 1915, l'Austria aveva organizzato una spedizione punitiva nei confronti dell’Italia, era considerata
una traditrice per aver abbandonato la Triplice Alleanza. Per tutto novembre e dicembre organizzò una spedizione da
effettuarsi sui monti tra veneto e trentino (Pasubio, zona di Schio, Vallarsa). La battaglia sarebbe dovuta avvenire a
febbraio del 1916 ma l’inverno fu durissimo e rigido, per questo la spedizione fu sposata a maggio del 1916. L’Italia
durante la spedizione punitiva fu messa in gravi difficoltà, sembrava che l’austria potesse sfondare le linee nemiche e
occupasse le terre ma arrivarono in aiuto i Russi, che evitarono la disfatta sul Pasubio.

Durante la spedizione punitiva saranno arrestati i famosi irredentisti italiani come Cesare Battisti, Fabio Filzi,
Damiano Chiesa, e Nazario Sauro. Battisti e Fabio Filzi furono fatti prigionieri sul pasubio nella strada delle 50
gallerie. Furono portati al castello del Buonconsiglio di Trento e fu organizzato un processo senza avvocati, non
potevano difendersi. Furono condannati all’impiccagione. Questi personaggi erano trentini. Quando l'Austria chiamò
alle armi nel 1914, questi essendo cittadini dell’impero avrebbero dovuto arruolarsi nell’esercito austriaco ma decisero
di andare in veneto per arruolarsi nell’esercito italiano. Questi sono gli irredentisti: secondo loro Trento era italiana.

A guerra finita il governo italiano ha osannato questi personaggi dedicando loro piazze e scuole.

MINISTRO BOSELLI
La spedizione punitiva non determinò la sconfitta dell’esercito italiano ma dovette retrocedere. Venne a crearsi una
crisi politica, il governo di Salandra fu accusato di impreparazione, motivo per cui Salandra diede le dimissioni e
Vittorio Emanuele III nominò capo del governo un interventista convinto, Paolo Boselli. Quest’ultimo dichiarò guerra
anche alla Germania nell’agosto del 1916, l’Italia prima era formalmente in guerra solo contro l’Austria. Agosto del
1916 fu il momento in cui l’esercito italiano riuscì ad avanzare e occupare Gorizia (Friuli), liberandola dalla presenza
austriaca. I sacrifici per arrivarci furono molti.

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RICHIESTE DI PACE
Nel 1916 ci furono molte richieste di pace. Le sorti della guerra, nonostante i successi dell’Intesa sul fronte italiano,
rimanevano ancora incerti.

Carlo I
Nel novembre del 1916 morì Francesco (Cecco) Beppe, e imperatore venne nominato il nipote Carlo I. Quest’ultimo
era convinto che il futuro dell’impero austro-ungarico e della monarchia asburgica fosse legato alle sorti del conflitto
ovvero alla possibilità di arrivare ad una pace (l'austria infatti dopo la sconfitta diventerà una repubblica). Carlo I
iniziava a temere la sconfitta e stessa cosa si pensava in Germania. L’imperatore Carlo I iniziò una serie di relazioni
diplomatiche con il fine di giungere ad una pace ma l’Inghilterra, in particolare il ministro George, voleva continuare
fino alla vittoria.

Benedetto XV
Le richieste di pace venivano anche dal mondo ecclesiastico, in particolare dopo Verdun e la Somme. Il pontefice
Benedetto XV aveva trasmesso ai vari governi in guerra una lettera, una nota intitolata ai paesi belligeranti ovvero a
tutti i paesi coinvolti in guerra. Benedetto diceva di smettere e di raggiungere la pace perché la guerra è un’inutile
strage. Scriveva che la pace avrebbe assicurato a tutti i paesi più vantaggi rispetto alla guerra quindi conveniva fare la
pace. Non era semplicemente una lettera a sfondo umanitario ma prevedeva una serie di proposte che sono quelle
avanzate dal presidente Wilson quando gli Stati Uniti entreranno in guerra:

- liberalizzare il commercio sui mari


- Risistemate i confini
- Cercate un equilibrio sulle colonie
- Ridate i territori conquistati in guerra

Socialisti
Oltre ai cattolici anche i socialisti chiedono la pace: chiedevano ai soldati di non prendere più le armi. Per un soldato
disubbidire agli ordini significava morte sicura. I socialisti chiedevano di far cessare la guerra e di trovare la pace
perché non conveniva ai lavoratori che dovevano sacrificarsi per coloro per la quale lavorano. I partiti che chiedevano
la pace venivano considerati dai vari governi come quello italiano e inglese come disfattisti, coloro che remano
contro al loro paese che è in guerra. Il papa veniva descritto dai generali italiani come un nemico della patria perché
non incitava i soldati: si parla di disfattismo.

Lo stesso avveniva in Italia e in Germania dove il movimento comunista la lega di Spartaco (gladiatore schiavo)
organizzava manifestazioni contro la guerra. Il partito comunista tedesco si chiamava così perché i lavoratori venivano
sfruttati come schiavi. Questo partito nel 1916 organizzò delle affollatissime manifestazioni per chiedere la fine della
guerra.

IL FRONTE INTERNO E L’ECONOMIA DI GUERRA


Quale era in effetti la situazione interna in ogni paese? Quali meccanismi aveva messo in moto la guerra nei paesi
coinvolti? Ci furono moltissimi cambiamenti interni. Si parla di guerra totale: era una guerra tra le società dei vari
stati. Non si parla solamente di un fronte esterno ma anche di un fronte interno con pari importanza al fronte esterno.
Le sorti della guerra dipendevano da come un paese riusciva a sostenere la guerra. Tutti i settori dello stato furono
coinvolti. È una guerra di massa, ogni membro della società è chiamato a svolgere la sua parte, il suo dovere per
aiutare l’esercito in guerra. Furono coinvolti tutti i settori: l’economia (tutte le industrie), l’amministrazione (gli uffici).

L’economia italiana (ma succede in tutti i paesi) era tutta concentrata nell’ assicurare all’esercito i necessari
approvvigionamenti di cibo e militare. Sul fronte dovevano continuamente arrivare munizioni e armi. L’agricoltura fece
uno sforzo enorme per mandare il grano sul fronte. Le attività industriali si convertirono in attività militari
(produzione bellica): la produzione non era più civile ma era stata convertita in ambito militare. La Fiat costruiva carri
armati e mezzi blindati, costruiva le mitragliatrici e le armi. In alcuni paesi tra cui la stessa Italia nasceranno ministeri
appositi per le armi: ci sarà il ministero delle armi e delle munizioni, strettamente collegato all’apparato industriale.
Era il ministero che coinvolge le industrie mandando le richieste di armi. Lo stato divenne il maggiore imprenditore in
guerra, diventa uno stato dirigista, è lui che prende le decisioni (già in epoca giolittiana venivano utilizzate le
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commesse pubbliche). Lo stato italiano durante la prima guerra mondiale ordinerà le proprie commesse alle ditte. Per
la prima volta l’alimentazione conosce l’industria alimentare ovvero il cibo nelle scatolette, il cibo precotto.

La popolazione individualmente è chiamata a collaborare direttamente con lo stato, come l’acquisto di buoni del
tesoro dallo stato, prestiti che il privato faceva allo stato. Questi soldi erano spesi dallo stato per la guerra.

Qualsiasi cosa doveva essere messa a disposizione. I ceti sociali che trassero più guadagno dalla guerra furono i ceti
industriali, ormai alleati dello stato. Furono quadruplicati i guadagni delle grandi industrie, mentre operai e contadini
andavano a morire. Mussolini nel 1919 ne farà un problema nazionale. In Italia, come negli altri paesi, si venne a
registrare una povertà di manodopera perché tutti gli uomini erano al fronte, almeno la maggior parte. Prima erano
operai, contadini e amministratori. Gli uomini dovettero lasciare il proprio posto di lavoro per andare combattere quindi
le donne per la prima volta entrano nel mondo del lavoro. Le donne adesso svolgono funzioni che erano considerate
tabù, funzioni che solo i maschi potevano svolgere come l’autista di tram, gestivano il traffico della metropolitana. Le
donne sostituiscono gli uomini anche in fabbrica, diventano operaie: ci fu un vero e proprio sconvolgimento sociale
portato dalla guerra. Si apre una nuova epoca per l’occidente.

Il problema sarà quando i reduci torneranno dal fronte, molti non avranno più il posto di lavoro oppure molte donne
saranno costrette a lasciare il posto di lavoro. Oppure resteranno le donne con un salario più basso rispetto agli
uomini. La società era ancora tradizionale. Le donne acquisiranno questa che Marx chiamava coscienza di classe,
coscienza di genere: le donne sono in grado di lavorare e sono indispensabili per il processo economico e civile di un
paese. Nel corso del futuro prossimo, alcuni paesi come Inghilterra e Stati Uniti concederanno il diritto di voto alle
donne.

PROPAGANDA
Un ruolo importante è giocato dalla propaganda. Non c’era ancora la radio o la televisione però i mezzi di propaganda
all’epoca esistenti erano fondamentali. Le reazioni allo scoppio della guerra furono di festa, non sapevano quali
drammi e quali sacrifici avrebbe portato. La preoccupazione degli stati in guerra era quella di tenere sempre alto il
morale della popolazione, non solo nel fronte interno ma anche nel fronte esterno, i soldati che combattevano
direttamente. Lo stato dirigeva anche l’informazione, aveva il compito di controllare che l’informazione svolgesse il
suo ruolo di appoggio nei confronti della guerra. Le voci di dissenso, anche sulla carta stampata, vennero emarginate
e messe da parte. Non tutte le informazioni potevano essere date. I giornali degli stati coinvolti nella guerra non
parlavano di malattie come la spagnola, non volevano che i soldati si distrassero e provassero sconforto.

Per esempio la questione della spagnola: non ne parlavano i giornali francesi, italiani e americani ma i giornali
spagnoli. I giornali spagnoli ebbero l’opportunità di dare la notizia sconvolgente della pandemia perché la spagna
non era in guerra e non aveva bisogno di controllare la diffusione di informazioni. I morti di spagnola furono 20
milioni.

LE LETTERE
L’informazione era controllata così come le lettere. Vennero creati degli appositi uffici di censura. I soldati in trincea
avevano bisogno di mantenere i contatti con la famiglia. Scriveva lettere e cartoline ma queste lettere venivano
ispezionate perché il soldato non doveva scrivere qualcosa di negativo sulla guerra. Anche le lettere che venivano
mandate dalla famiglia venivano censurate perché c’erano problemi anche al fronte interno.

GUERRA IDEOLOGICA
L’America si trova dall'altra parte del globo. Quando entrerà in guerra diventerà una guerra ideologica: paesi
democratici, liberali da un lato (Italia, Stati Uniti, Francia e Inghilterra) e dall’altra gli imperi, non erano democrazie. I
paesi liberi avevano il dovere di difendere la libertà e la democrazia contro i paesi che non volevano il liberalismo e i
diritti.

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1917
Il ruolo dello stato di tenere controllata la situazione ed elevato il morale fu messo in discussione dell’inverno del
1916-17. L’altopiano di Asiago registrò meno 30 gradi. Dal 1917 non mancarono i primi segnali di disobbedienza: i
militari disubbidirono perché erano stanchi, molti soldati che andavano in licenza non tornavano, erano disertori. Ci
furono atti di autolesionismo, ci si feriva con la baionetta o ci si rompeva una gamba per passare tempo in infermeria e
per riposarsi.

RIVALTA DI TORINO
L’inflazione fu il problema principale dei vari paesi, anche in Italia. L’inflazione è l’aumento dei pezzi ma il salario
resta uguale. I prezzi aumentano perché non c’erano le stesse risorse alimentari in tempo di pace. I cittadini italiani si
trovarono senza beni di prima necessità. Questo stancò la popolazione e si ebbero le manifestazioni popolari contro la
guerra è il governo in guerra. Nel giugno del 1917 ci fu la grande rivolta di Torino. La popolazione scese in strada
rivendicando, anche attraverso forme violente, il pane. Ad innescare i primi scontri furono donne e ragazzi. Durante
questa manifestazione che durò per circa un mese, fu una vera e propria sommossa popolare, ci furono 50 morti tra la
popolazione civile e le forze dell’ordine. Questo accade in tutti i paesi, anche in Francia e altre città italiane. Si
chiedeva il pane ma anche la fine della guerra, la fine dei sacrifici del popolo.

RITIRO DELLA RUSSIA


Nel 1917 l’impero austriaco e la popolazione cercavano la pace, non potevano sopportare razionamenti ecc. Il 1917
definito l’anno della svolta, il senso di stanchezza e scontentezza si avvertì anche in Russia da parte della
popolazione. Nel febbraio del 1917 nella Russia dello zar Nicola II, una monarchia autocratica e assolutista,
avvennero una serie di rivolte che porteranno all’ottobre del 1917 alla prima grande rivoluzione socialista
(bolscevica). Cadde lo zar e la russia divenne una repubblica. Per questo la Russia uscì dalla guerra, non aveva
nessun interesse: il mondo operaio non poteva essere d’accordo con la guerra. Uscì per motivi ideologici e
economici. Firmò la pace di Brest-Litovsk con Germania e Austria nel dicembre del 1917. La russia dovette perdere
molti territori che oggi ancora rivendicano.

DISFATTA DI CAPORETTO
L’uscita della Russia fu uno svantaggio enorme per i paesi dell’intesa. I militari austriaci e tedeschi arrivarono sul
fronte italiano dopo essere stati impegnati sul fronte russo. Sull’isonzo, tra il 23 e il 24 ottobre del 1917 ci fu un
massiccio attacco e quindi uno sfondamento sulla linea italiano a Caporetto.

Oggi Caporetto non è più una città italiana ma è slovena e si chiama Kobarid.

L’esercito austro tedesco sfondò a Caporetto e riuscì a occupare un territorio di 100-150 km. L’esercito italiano si ritirò
e si arrestò nei pressi del Piave. Qui si attestano cioè si fermano, riuscendo a resistere all’avanzata austro-tedesca.
Non fu una vera e propria sconfitta. Comunque si rischiò moltissimo, che l’Italia perdesse la guerra e potessero
occupare tutto il territorio del nord italia. L’esercito italiano aiutato da reparti di paesi dell’intesa riuscirono a resistere
all’attacco ma fu una disfatta e Caporetto fu sconfitto. Per la disfatta fu incolpato il governo e in particolare il
generale Cadorna, che aveva accusato i soldati italiani e anche la chiesa.

Questo portò l’Italia ad una grave crisi politica e Boselli fu costretto a dimettersi. Al suo posto fu chiamato un altro
liberale chiamato Vittorio Emanuele Orlando. È un giurista, grande studioso di leggi e sarà un antifascista quando
mussolini controllerà la sitazione in italia. Vittorio Emanuele Orlando chiama alla mobilitazione totale, generale: tutti
gli uomini dovevano partire per il fronte.

Cadorna venne rimosso dal capo di stato maggiore anche se la colpa non era sua. Al suo posto viene nominato il
generale Armando Diaz. Grazie a Diaz la situazione subì una svolta a livello militare perché non uso le stesse
tecniche di Cadorna (diceva di uscire dalle trincee e attaccare): non esisteva una vera e propria tecnica, non mandava
parti dell’esercito a morire. Faceva arrivare al fronte più cibo, più acqua e più materiale bellico ma soprattutto
permetteva ai soldati il turnover ovvero permette di andare più spesso in licenza, cosa che Cadorna non permetteva.
Voleva alzare il morale degli italiani e in parte ci riuscì.

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Dopo la disfatta di Caporetto e dopo questo pericolo che l’Italia perdesse la guerra nacque un sentimento patriottico
in Italia, una nuova coscienza popolare. Bisognava evitare a tutti i costi una disfatta da parte dell’esercito italiano. Tutti
diedero il proprio contributo all’esercito. Gli stessi socialisti di Turati, contrari alla guerra, diedero l’appoggio al governo
e non lo ostacolarono più nell’ intraprendere e nel vincere la guerra. Si era venuto a creare un senso di unità
nazionale come reazione. Bisognava difendere l'Italia dallo straniero: il pericolo era che perdesse la sua
indipendenza.

A a salvare l’Italia dalla disfatta totale di Caporetto ci furono molti militari russi: l’Italia dovrà riconoscere questa
amicizia e collaborazione alla futura Russia bolscevica.

GLI STATI UNITI


Altro fatto importante per cui il 1917 è stato visto come l’anno di svolta fu l’entrata in campo negli Stati Uniti
d’America in primavera. Fu il presidente Woodrow WIlson ad indurre il congresso a dichiarare guerra alla Germania.
Fu un grande paese che era già stato coinvolto in qualche modo dalla guerra attraverso l’invio di armi. Già dal
1914-15 forniva ai paesi dell’intesa, in particolare l’Inghilterra, molte armi per poter sostenere la guerra. Questo aveva
provocato un certo indebitamento nei confronti degli Stati Uniti.

Erano coinvolti indirettamente: invio di armi e capitali ma non di uomini quando entrano in guerra la popolazione
non viveva la guerra che stava esplodendo in Europa come una guerra che a loro interessava direttamente quindi
bisognava convincere la popolazione. Wilson, presidente degli Stati Uniti, presentò un documento al senato
americano diventato famoso: i quattordici punti in cui spiega quale sarà l’Europa e il mondo alla fine della
guerra. Wilson fa un proclama alla libertà, gli Stati Uniti si facevano difensori della libertà e dei paesi liberali, Francia
inghilterra e italia. Bisognava difendere i diritti individuali della persona dai paesi come l’impero ottomano e austriaco
che non erano liberali. Wilson sognava un mondo pieno di democrazia e sognava anche una pace molto più duratura
di quella che ci sara.

Gli Stati Uniti mandano in Europa armi, soldi e 2 milioni di soldati. Si è tornati l’equilibrio di prima: la russia esce ed
entra gli Stati Uniti, con una potenza di fuoco diversa dalla russia e un diverso atteggiamento militare. L’America come
potenza di fuoco (armamenti) tecnica e tecnologia militare erano un’altra cosa. Questo provocò un ulteriore
indebitamento da parte degli stati europei: è vero che gli stati europei accettavano di buon grado le armi ma si
stanno indebitando.

1918
Fu l’ultimo anno di guerra e cu furono le battaglie decisive:
- battaglia del Kaiser: chiamato così perché era presente lo stesso Guglielmo II nella battaglia. Venne
combattuta dai tedeschi contro i francesi. I francesi furono costretti a ritirarsi verso la marna dove riuscirono a
salvarsi e a ribaltare l’esito del conflitto con la:
- Seconda battaglia della Marna a luglio del 1918. Non fu la battaglia definitiva, l’esercito francese partì per la
controffensiva
- La battaglia di Amiens ad agosto fu decisiva perché da questo momento in poi l'azione franco inglese non si
sarebbe mai più fermata. Sarebbe continuata fino alla fine, fino alla resa di Germania e Austria.
- Anche in italia la stessa cosa: la battaglia del Piave dove l’Italia si scontra con l’esercito austriaco

FINE DELLA GUERRA


Il 3 novembre i primi reparti italiani entrarono a Trento e fu fermato l’armistizio di villa giusti. (Vicino a Padova).
L’armistizio fermava le ostilità, fine dei combattimenti,in vista di quelli che saranno i futuri trattati di pace. Questo
segnò la fine del grande e secolare impero austro ungarico. In Austria sarà proclamata la repubblica come
avvenne in Germania. Guglielmo II abdica e viene istituita la repubblica retta da un governo social democratico. Primo
ministro fu nominato un esponente della socialdemocrazia tedesca chiamato Ebert. Anche la Germania l’11 novembre
firmò l’armistizio con la Francia.

In austria l’imperatore Carlo I aveva ragione, fu costretto ad abdicare e lasciare Vienna. Con la dissoluzione
dell’impero asburgico nascono stati indipendenti: l'Ungheria diventa uno stato autonomo e indipendente.

21
CONFERENZA DI PARIGI
Tre grandi imperi vedranno la fine della prima guerra mondiale: impero tedesco, impero asburgico e impero ottomano.
Dalla dissoluzione di questi tre imperi nasceranno nuovi paesi. Era questo quello di cui si doveva discutere alla
conferenza di Parigi che si aprì il 18 gennaio del 1919. Per ogni paese era previsto un trattato. Alla conferenza di
Parigi i protagonisti furono i quattro grandi ovvero i rappresentanti dei paesi vincitori: Stati Uniti con Wilson, Francia
con il primo ministro Clemenceau, George per l’Inghilterra e Vittorio Emanuele Orlando accompagnato dal ministro
degli esteri Sonnino. Furono loro a decidere, i paesi sconfitti furono invitati ma non ebbero nessun potere di trattato
sui paesi vincitori. Non fu chiamato un interprete per i rappresentanti austriaci e tedeschi. Questo è molto importante
perché nella Germania e dell'Austria degli anni 20 crescerà un sentimento di rivalsa nei confronti di Inghilterra e
Francia perché saranno loro a condurre i giochi. Sonnino e Orlando lasceranno la conferenza in disaccordo con Stati
Uniti, Francia e Inghilterra perché non ottennero quello desiderato.

Si cerco di tradurre in atto, almeno inizialmente, i 14 punti di Wilson ma questo non accadrà perché alla fine Inghilterra
e Francia decideranno contro qualsiasi speranza degli Stati Uniti. Il 28 aprile del 1919 sarà istituita la società delle
nazioni: l’attuale ONU. Aveva sede a Ginevra e fu fondata sui 14 punti del presidente degli Stati Uniti Wilson: fu
fortemente voluta da loro ma paradossalmente non parteciparono. Questa organizzazione avrebbe dovuto avere
un'autorità sovranazionale per risolvere le controversie tra i paesi ma fallì in ogni suo tentativo per due motivi:

● Francia e Inghilterra la strumentalizzano per i propri fini


● I membri aderenti avevano il diritto di veto: le decisioni prese all'interno della società delle nazioni devono
essere prese all’unanimità ovvero non deve esserci nessun paese con il veto ovvero che non accetta. Se
c’è, la decisione non può essere attivata. Basta un paese che si oppone.

La società delle nazioni era una società debole che non riuscì nel suo intento di risolvere in modo diplomatico le
controversie tra gli stati.

I quattordici punti di Wilson


1. Pubblici trattati di pace, conclusi apertamente, dopo i quali non vi saranno più accordi internazionali privati di
qualsivoglia natura, ma la diplomazia procederà sempre francamente e pubblicamente. I trattati tra i paesi non possono
essere segreti (come il Trattato di Londra).
2. Libertà assoluta di navigare sui mari, al di fuori delle acque territoriali, sia in tempo di pace, sia in tempo di guerra.
Liberismo: voleva eliminare i dazi doganali. Libera circolazione delle merci
3. Soppressione, nei limiti del possibile, di tutte le barriere economiche e stabilimento di condizioni commerciali uguali per
tutte le nazioni che consentono alla pace e si accordano per mantenerla.
4. Garanzie sufficienti che gli armamenti nazionali saranno ridotti all’estremo limite compatibile con la sicurezza interna del
paese. Gli armamenti servono per difesa o per ordine interno.
5. Composizione libera, in uno spirito largo e assolutamente imparziale, di tutte le rivendicazioni coloniali, fondata sul
rigoroso rispetto degli interessi delle popolazioni interessate.
6. Evacuazione di tutti i territori russi e regolamento di tutte le questioni concernenti la Russia, per assicurarle una
accoglienza nella Società delle Nazioni libere. Il problema delle minoranze culturali non verrà risolto
7. Il mondo intero sarà d’accordo che il Belgio debba essere evacuato e restaurato, senza alcun tentativo di limitare la
sovranità di cui fruisce alla stregua delle altre nazioni libere.
8. Tutto il territorio francese dovrà essere liberato, e le parti invase dovranno essere interamente ricostruite.
9. Una rettifica delle frontiere italiane dovrà essere effettuata secondo le linee di nazionalità chiaramente riconoscibili. Era il
problema per quanto riguardava la parte est.
10. Ai popoli dell’Austria – Ungheria, di cui desideriamo salvaguardare il posto fra le nazioni, dovrà essere data al più presto a
possibilità di uno sviluppo autonomo.
11. La Romania, la Serbia, il Montenegro dovranno essere evacuati: saranno a essi restituiti loro territori
12. Alle parti turche del presente Impero Ottomano saranno assicurate pienamente la sovranità e la sicurezza, ma le altre
nazionalità che vivono attualmente sotto il regime di questo Impero devono, d’altra parte, godere una sicurezza certa di
esistenza e potersi sviluppare senza ostacoli; l’autonomia deve essere loro data.
13. Uno Stato polacco indipendente dovrà essere costituito, comprendente i territori abitati da nazioni incontestabilmente
polacche, alle quali si dovrebbe assicurare un libero accesso al mare.
14. Una Società generale delle Nazioni Unite dovrebbe essere formata in virtù di convenzioni formali aventi per oggetto di
fornire garanzie reciproche di indipendenza politica e territoriale ai piccoli come ai grandi Stati».

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TRATTATI

Trattato di Versailles
Per quanto riguarda la Germania fu stipulato il trattato di Versailles. Fu preso in
modo unilaterale, non era un trattato. I tedeschi lo nominarono diktat ovvero
imposizione dai paesi vincitori ai paesi vinti. I rappresentanti dei paesi sconfitti furono
invitati ma non avevano diritto di replica. Alla conferenza di Parigi non era previsto il
traduttore dal tedesco: importante per comprendere il clima sociale e politico della
Germania degli anni venti. Dal popolo tedesco nascerà un risentimento di rivalsa e
vendetta nei confronti dell’Europa, motivo per cui Adolf Hitler troverà un terreno molto
fertile per la sua propaganda. Fu un errore da parte dell’Europa.

● La Germania perdeva moltissimo territorio: 70.000 km2 ovvero 6 milioni di abitanti.


- Deve concedere alla Polonia Alta Slesia e Posnania che comprende il corridoio di Danzica, porto
fondamentale per il commercio del Nord. La città di Danzica fu dichiarata libera. Alcuni territori a favore della
Danimarca.
- Alsazia e Lorena tornano alla Francia che occupa la Saar in segno di impegno: territorio della Germania
importante perché qui sono localizzate le industrie più importanti insieme alla Ruhr. La Saar fu occupata in
pegno e l’avrebbe liberata una volta ripagato il debito. Per il momento sfrutta le industrie tedesche. La Ruhr
verrà occupata una volta che la Germania affermerà di non poter pagare il debito
- La Renania viene smilitarizzata: in questo territorio che confina con Belgio e Francia non doveva essere
presente nessun soldato tedesco per evitare che ancora una volta la Germania occupasse il Belgio.
● Non poteva avere un esercito di più di 100.000 uomini e doveva disporre solo un numero limitato di navi da
guerra.
● Fu costretta a pagare 132 miliardi di marchi d’oro da versare nel giro di 30 anni ai paesi vincitori come danni
di guerra. Era una cifra talmente alta che anche in condizioni di assoluto sviluppo non avrebbe potuto pagare.
● Fu costretta a cedere la regione dei Sudeti alla neonata Cecoslovacchia. Questo territorio era abitano
principalmente da tedeschi

Questo trattato è critico su più punti:


1. Non essere stati invitati a collaborare
2. Le condizioni territoriali economiche misere
3. Venne disatteso il punto sulle nazionalità di Wilson ovvero rispettare il principio di autodeterminazione dei
popoli. Tantissimi territori di gente di lingua tedesca vennero annessi ad altri popoli. L’Alto Adige era abitato
prevalentemente da gente di lingua tedesca

Trattato di Saint-Germain
Per quanto riguarda l’Austria fu firmato il trattato di Saint Germain. Le condizioni poste la Germania furono imposte
anche all'Austria:
● Non poteva avere un esercito con più di 100.000 uomini e doveva disporre di un numero limitato di navi da
guerra.
● Fu costretta a pagare 132 miliardi di marchi d’oro da versare nel giro di 30 anni ai paesi vincitori

L’Italia dal trattato ottenne:


● Il trentino-Alto Adige fino al Brennero, l’istria e alcuni territori dell’alto Isonzo
● Non ottenne Fiume e la Dalmazia come aveva richiesto. Fiume non era inserita nel
patto di Londra ma la Dalmazia si. A Fiume era stata fatta una consultazione
popolare dove veniva chiesto se volevano essere annessi all’Italia. La maggior parte
rispose di sì ma gli Stati Uniti impedirono l'annessione. Secondo loro Fiume era di
origine Slava. I rappresentanti dello stato per protesta lasciano la conferenza di pace
e tornano in Italia. Qui nascerà un certo tipo di sentimento che sarà un cavallo di
battaglia dei nazionalisti e dei fascisti ovvero il sentimento della vittoria mutilata: è
stata una vittoria ma non ha ottenuto ciò che sperava. Il dopoguerra sarà duro in
Italia.

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Il trattato di Saint-Germain e altri trattati avevano formalmente distrutto l’impero
asburgico. Da questo nasceranno nuovi stati:
● nascerà l’Austria, repubblica sovrana e indipendente
● Nascerà l’Ungheria, paese sovrano e indipendente
● Nascerà la Cecoslovacchia: agli inizi degli anni 90 in modo
drammatico si divise in Repubblica Ceca e Repubblica Slovacca.
● Nascerà la Jugoslavia: anche questa non fu riconosciuto il diritto di
nazionalità. All’interno del regno di Jugoslavia furono inseriti tantissimi
gruppi etnici di religione diversa (ortodossi, musulmani, cattolici, ebrei).
Sarà tale fino al 1990, poi ci saranno le famose guerre balcaniche dove
usciranno queste differenze culturali.
● Nascerà l’Albania come paese indipendente. Tornerà ad attivare l’attenzione dell’Italia
● Con un altro trattato fu riconosciuta l’indipendenza della Bulgaria anche se molto rimaneggiata. Fu costretta a
cedere territori per la Grecia, per la Jugoslavia e per la Romania.

Trattato di Brest Litovsk


La russia era uscita dalla guerra. Fu costretta a riconoscere l’indipendenza di ben quattro stati: Finlandia, Lettonia,
Estonia e Lituania. La situazione dell’Europa è cambiata notevolmente.

Trattato di Sèvres
Il trattato di Sèvres formalizzerà la scomparsa dell’impero ottomano. Sarà ridotto all’attuale Turchia. Anche all’impero
ottomano saranno imposte clausole pesantissime e furono proprio queste che daranno l’opportunità al movimento
nazionalista dei giovani turchi capeggiato dal generale Qemal di prendere in mano la situazione. Quest’ultimo non
accettò le condizioni del trattato. Organizza una fortissima resistenza contro i paesi europei che si avvantaggiano
dalla sconfitta turca: scoppierà una guerra tra Turchi e Grecia, ma questi ultimi verranno cacciati. Questo generale
ebbe un grande successo, riuscì ad ottenere la deposizione del sultanato e in Turchia venne istituita la repubblica:
il 29 ottobre del 1923. Anche qui si ebbe la dissoluzione dell’impero. Il presidente della repubblica fu eletto Qemal
(padre fondatore della Turchia moderna chiamato ataturk, padre dei turchi), il quale, in modo autoritario e dispotico, si
rese protagonista di molte riforme moderne e occidentali in Turchia:

● L’Islam non fu più religione di stato, venne accettata la tolleranza religiosa


● Furono eliminate dal vocabolario le parole di origine araba: fu adottato l’alfabeto latino
● L’istruzione fu affidata allo stato ed era un'istruzione di tipo laico, non più religiosa
● Nel 1930: diritto di voto alle donne. La Turchia esce da un impero Islamico in cui le donne non avevano
diritto mentre ora è uno dei primi paesi a darlo (In Italia solo nel 1946)

Le riforme furono autoritarie, il suo governo era nazionalista, proviene dal gruppo nazionalista dei giovani turchi. La
sua Turchia si basò su un forte accento etnico. Abbiamo già visto la fine che fece il popolo armeno (un milione e
mezzo di morti). Un altro gruppo etnico erano i Curdi, popolazione proveniente dall’Iran che durante il periodo
precedente al 900 si erano resi protagonisti di sommosse contro l’ex impero ottomano. Per questo furono perseguitati
da Qemal e cacciati via.

È una situazione che ancora oggi si presenta, i Curdi vorrebbero il riconoscimento del Kurdistan, il loro stato. È un
territorio tra Iran, Turchia e Siria ma non è ancora stato riconosciuto da nessun paese. I curdi sono stati
fondamentali contro l’Isis, hanno appoggiato la Siria. Molti di loro sono cristiani

Il trattato di Sèvres non fu riconosciuto dall’impero ottomano, sarà ammorbidito nel corso degli anni da parte della
società delle nazioni. Dalla frammentazione dell’impero ottomano nacquero nuovi stati e da qui torna lo strumento
della società delle nazioni da parte di inghilterra e Francia, che volevano spartirsi l’oriente secondo zone di influenze.
Le due ottennero il mandato: quando si ha un’occupazione legale voluta dalle nazioni di un territorio. Alla Francia
spettavano Libano e Siria, a Inghilterra Iraq, Iran, Palestina e transgiordania.

Durante la guerra l’Inghilterra e il suo servizio aveva allacciato dei rapporti con gli arabi (nati dopo la frantumazione
dell’impero) e aveva promesso l’indipendenza (non la ottennero). Inoltre aveva costruito e disegnato la nascita della
sede nazionale ebraica in Palestina. Questa sede sarà il primo passo per la creazione dell’attuale stato di Israele
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che nasce nel 1946 dopo Shoah e Olocausto. Su volere dell’Inghilterra la Palestina divenne la meta di moltissimi ebrei
sparsi in tutta Europa. Gli ebrei non avevano uno stato. La Palestina era abitata dagli arabi, cosiddetti palestinesi.
Molti di loro erano cristiani.

Gli ebrei che arrivano dall’Europa si stanziano e formano i Kibbutz (villaggio): erano dei paesi in cui c’era la proprietà
collettiva delle terre e la distribuzione equa dei prodotti della terra, una sorta di pre comunismo. Ben presto questa
popolazione ebraica avrà problemi molto forte con i palestinesi arabi. Scoppieranno molte guerre per la questione
palestinese, i palestinesi furono costretti a lasciare la terra e andare in altri paesi come il Libano. Il problema
arabo-israeliano nasce da qui.

ARTICOLO
Gli scemi di guerra erano coloro che mostravano disturbi da guerra: sindrome di shellshock (disturbo da stress post
traumatico. Molti perdevano il linguaggio o l’udito, non riuscivano a camminare o dormire.

SHELL SHOCK. Questi quadri clinici suscitarono subito l'interesse degli psichiatri, specialisti allora emergenti (in Italia erano
stati riconosciuti ufficialmente nel 1872 ed erano diventati molto influenti a partire dal 1904, grazie alla legge che istituiva i
manicomi). Su Lancer, tra le riviste mediche più autorevoli, nel 1915 lo psicologo Charles Myers usò per la prima volta
l'espressione shell shock, "shock da bombardamento"o, come lo chiameremmo oggi, disturbo da stress post-traumatico Myers
ipotizzava che le lesioni cerebrali fossero provocate dal frastuono dei bombardamenti oppure dall'avvelenamento da monossido
di carbonio. Ma presto fu chiaro che alla base di questi disturbi c'era qualcos'altro, dal momento che i sintomi si manifestavano
anche in persone che non si trovavano in prossimità di bombardamenti.

Nel 1917 si parla di sintomi di isteria, una malattia tipica femminile e veniva trattata attraverso l’ipnosi. Secondo i
generali i soldati facevano finta ma in realtà non avevano capito il dramma che avevano le persone in prima fila in
continuo pericolo di morire. I sintomi venivano curati con le cure restrittive.

ISTERIA. Il neurologo francese Joseph Babinski nel 1917 attribuì i sintomi a fenomeni di isteria, disturbo che si riteneva diffuso
solo tra le donne (hysteros significa utero, in greco). Suggerì quindi di curarlo come allora si trattava l'isteria femminile: con
l'ipnosi. E in effetti i trattamenti talvolta funzionavano, nel senso che i sintomi scomparivano o si riducevano. Si diffuse perciò
l'idea che questi quadri clinici fossero frutto di simulazioni, messe in atto per non combattere ed essere congedati. Il che diede il
via libera all'accusa di "femminilizzazione" o di "omosessualità latente", e a una serie di trattamenti di tipo decisamente punitivo,
come le aggressioni verbali e le "faradizzazioni", forti scosse di corrente elettrica alla laringe (in caso di mutismo) o alle gambe
(in caso di immobilità).

Inghilterra non c’era la leva obbligatoria, c'erano professionisti e volontari. In italia la leva era obbligatoria quindi
proprio perché obbligati si credeva facessero finta e punto numero due bisognava nascondere i casi reali.

IL "CASO ITALIA". «Questa disciplina feroce fu messa in atto soprattutto in Italia, dove persistevano atteggiamenti ispirati alle
idee di Cesare Lombroso, che classificavano il malato come un essere inferiore, un soggetto debole e primitivo», sottolinea
Bruna Bianchi, studiosa della Grande guerra presso l'Università Ca' Foscari di Venezia e autrice di La follia e la fuga (Bulzoni
editore). «Inoltre, in un Paese in cui la leva era obbligatoria, non si voleva attribuire alla guerra la causa del disagio psichico:
meglio sostenere che il conflitto contribuiva a rivelare devianze o degenerazioni in individui già predisposti».

Venivano messi nei manicomi, non esisteva una cura efficace e venivano curati con l’elettroshock. Queste persone
non riuscirono più a riprendersi da questa situazione. La guerra provoca queste malattie, questi disturbi. In italia
vennero chiusi nei manicomi dal 1904

RIMOZIONE. Anche per questo in Italia quella dei traumi psichici conseguenti alla Grande guerra fu una pagina presto chiusa e
rimossa. E se circa 40.000 uomini con disturbi mentali finirono rinchiusi nei manicomi statali, una quantità ben più
numerosa fece ritorno a casa e in quelle condizioni fu accolta dalle loro famiglie.
E fu qui, anche per prendere le distanze dal carico emotivo di quegli sguardi assenti e per poter ricominciare a vivere dopo il
trauma collettivo dell'esperienza bellica, che la gente prese a chiamare quei giovani uomini con un termine feroce e ingiusto:
"scemi di guerra".

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LA RIVOLUZIONE RUSSA
Il 1917 è l’anno della svolta: l’Italia venne sconfitta nela disfatta di Caporetto, l’entrata degli Stati Uniti e la Russia uscì
dalla guerra.

La situazione economica della russia, già dagli inizi el 900, era diversa rispetto alla maggior parte dei paesi europei
che poi entreranno nel conflitto, era più arretrata. In questo periodo stava conoscendo le ripercussioni
dell’industrializzazione e della seconda rivoluzione industriale (partita dalle terre inglesi e americane). La russia non
era ancora un paese industrializzato come l’Itaia, diventato uno dei paesi più importanti per opera di Giolitti. La russia
aveva un sistema ancora feudale, c’era una potente nobiltà (i boiari) e un massa infinita di contadini sfruttati e
immiseriti. C’erano anche delle realta industriali nelle citàà più importanti come mosca, san pietro burro o caliningrad
ma fondamentalmente a livello agricolo era un paese ancora feudale. Furono tentate delle riforme illuminate con
Caterina che finirono con la forte opposizione della novità e dei contadini, era scoppiata la rivolta di Pugacev

A livello politico era rimasta al medioevo, c’era una monarchia autocratica ovvero c’era uno stato assoluto. Il sovrano
governava in modo assolutamente autonomo. In russia, fino al 1905 e anche oltre, non esisteva un parlamento, la
monarchia governava senza enti intermedi.

Nel 1905 in Russia, a san pietro Burgo, che era pietro grado (citta di pietro, il grande, lo zar), scoppieranno delle
rivolte operaie per la prima volta. Scoppiarono per diverse ragioni ma la ragione principale è individuabile nella
ragione economica di sfruttamento dei gli operai. Furono talmente violente che accadono due cose:

- la riforma della terra: l’allora primo ministro stolypim emanò questa riforma che consisteva in una
frammentazione del grande la rivendo e questi lotti furono assegnati a contadin. Era un modo per creare la
piccola proprieta terrea ed eliminare il grande latifondo. Non servi perche chi aveva ricevuto la terra non
riusciva a mantenerla e a farla fruttare, non avevano soldi per mantenerla e furono costretti a venderle ai
grandi proprietari. Non fu efficace. La situazione dei contadini continuava ad essere una condizione di miseria
- Istituzione del parlamento per la prima volta ha un parlamento chiamato Duma. Era un’assemblea consultiva
ovvero non aveva il potere legislativo, di proporre leggi. Riceveva le leggi dello zar ma non aveva diritto di
veto. I rappresentanti furono eletti da un numero ristretto di sudditi russi, non con il suffragio universale. In
ogni caso era molto importante perché per la prima volta la russia aveva il parlamento.

Nel 1914 con lo scoppio della prima guerra mondiale lo zar, Nicola II appartenne ai Novamov, decise di entrare in
guerra anche se la russia non era in grado di gestire una guerra del genere dove entrano in scena modernità e
velocità. Le armi dell’esercito russo erano i fucili, non erano in grado di sostenere la guerra. La russia
economicamente non sarebbe stata in grado di sostenere un conflitto mondiale così forte.

Nel 1917 aveva perso quasi 2 milioni di soldati e la popolazione aveva fatto sacrifici materiali. A livello militare non era
riuscita ad avere dei vantaggi territoriali nei confronti della Germania. Non si parlava solo di perdite umane ma anche
economiche. In questo anno la situazione interna precipitò: mancava il pane, le varie popolazioni delle città si
ribellano e richiedevano pane e anche la fine della guerra. Mancavano i beni di prima necessità, mancando il pane il
prezzo del grano arrivò ad un livello altissimo. Il governo, lo zar, rispondeva con le armi, non sapeva fare altro. Non
aveva capito quale fosse la portata di queste rivolte.

Il 23 febbraio del 1917 (calendario russo, ortodosso: il calendario gregoriano fu istituito nel 1582 e venne adottato da
tutti tranne che ai cristiani ortodossi. La Russia decise di tenere il calendario giuliano, istituito da Giulio Cesare. Il 23
corrisponde all’8 marzo del calendario gregoriano) a San Pietroburgo, diventata pietro grado, scoppiò una
violentissima rivolta popolare che darà inizio alla rivoluzione di ottobre o rivoluzione sovietica.

Rispetto alle rivolte del 1905, l’esercito fece causa comune con i rivoltosi, si rifiutò di reprimere nel sangue le rivolte
e si alleò con la popolazione. Da qui si scateneranno molti eventi che porteranno alla rivoluzione. Ci fu un
ammutinamento generale, non rispondeva piu allo zar. La rivolta non fu ostacolata, divenne una rivolta generalizzata
contro lo zar.

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Già a marzo venne a crearsi un governo provvisorio il cui primo ministro fu nominato L’vov, un nobile russo, un
principe. Il governo era liberal-democratico (centro, garantisce i diritti individuali delle persone e aspira a libere
elezioni) ovvero favorevole alle riforme, alle libertà individuali. Era un governo temporaneo in vista delle future
elezioni, cosa che alla fine non ci sarà. L’unico rappresentante del mondo della sinistra all’interno del governo
temporaneo russo era Kerenskij perché apparteneva al partito socialdemocratico.

Tra i primi atti del governo temporaneo ci fu quello di costringere lo zar Nicola II ad abdicare, a lasciare il potere con la
prospettiva che la russia sarebbe diventata una repubblica. Nicola II, assieme a tutta la sua famiglia (la moglie e
cinque figli), furono arrestati e portati in un luogo inizialmente segreto a Piero Grado dove saranno tenuti sotto stretta
sorveglianza; era negata qualsiasi forma di autonomia e libertà fino a che il 17 novembre del 1918 furono fucilati. La
condanna a me fu giustificata con il fatto che tentarono di fuggire, i corpi furono fatti a pezzi, bruciati e seppelliti in una
fossa comune. Questi resti furono ritrovati solo nel 1990 quando l’unione sovietica cadde.

Nel 1905 vennero ad istituirsi, sull’onda della rivolta del 1905 vennero a crearsi i cosiddetti soviet, da qui il nome della
Russia unione sovietica. I soviet sono le assemblee, ne facevano parte tutti i lavoratori: i soviet degli operai, dei
contadini e nel 1917 dei militari. Erano organizzazioni dei lavoratori che puntavano all’affermazione dei soviet per
quanto riguarda l’autogestione dell’economia: delle fabbriche, dell’organizzazione delle terre….

I soviet avevano acquisito negli anni un’influenza molto importante, tanto che nel 1917 riuscirono ad ottenere il
controllo delle più importanti città tra cui Pietrogrado. All’interno dei soviet troviamo due partiti principali (ce ne sono
altri):
- il partito dei bolscevichi: erano la maggioranza. Volevano la rivoluzione subito, puntavano ad una rivolta
generalizzata contro lo zar e l’istituzione di un governo socialista (senza proprietà privata)
- Il partito dei menscevichi: erano la minoranza. Basandosi sull’insegnamento di Mar, dicevano che il tempo
della rivoluzione in Russia non era ancora giunto, bisognava aspettare. Volevano, come i socialisti di Turati,
collaborare con il governo al fine di attuare le riforme utili ai contadini e agli operai.

Marx diceva che la rivoluzione socialista si sarebbe avverata solo dopo una fase molto alta di sviluppo del
capitalismo, quando sarebbe arrivato all’apice. La Russia era un paese a forte sviluppo capitalistico? No, c’erano
realtà industriali nelle città importanti ma non abbastanza. Le maggiori industrie erano situate sulla linea tra San
Pietroburgo e Mosca.

Venne a crearsi un dualismo di potere: governava il governo temporaneo o i soviet? Vive una situazione complessa
a livello istituzionale, era un problema da risolvere. La svolta avvenne nell’aprile del 1917, quando dal suo esilio in
svizzera tornò in Russia Lenin. Era un grande intellettuale rivoluzionario che aveva partecipato al movimento di
protesta all’inizio del 900. Per questo era considerato una persona pericolosa dallo zar. Lenin, con l’aiuto dei tedeschi,
venne riportato in Russia (la russia è ancora in guerra con la Germania, quest’ultima era interessata a costruire le
condizioni per cui la russia sarebbe uscita dalla guerra per avere un nemico in meno).

Lenin arrivato in russia presenta le sue famose tesi di aprile, chiamate così perché presentate nell’aprile del 1917.
1. Chiede pace immediata (cosa che il governo non fece) e senza condizioni. La Russia sarebbe dovuta
semplicemente uscire dalla guerra senza avere perdite o conquiste territoriali, ritornare alla situazione del
1914.
2. il dualismo tra soviet e governo si sarebbe risolto dando tutto il potere ai soviet. Il governo avrebbe dovuto
abdicare affidando tutto il potere ai soviet che già controllavano le città più grandi
3. Era assolutamente convinto (come i bolscevichi, ne era il capo) che i tempi per la rivoluzione socialista
fossero maturi
4. Il controllo dell’economia doveva andare ai soviet, alle assemblee dei lavoratori: le terre ai contadini e le
fabbriche ai lavoratori.

La Russia si trovava ancora in guerra, siamo nell’estate del 1917. Perse alcune battaglia, ebbe un insuccesso militare,
quindi i disordini, le proteste e le manifestazioni aumentano provocando una crisi istituzionale. L’vov si dimette e il
primo ministro viene nominato Kerenskij. Appena diventa primo ministro dice:
- la russia avrebbe continuato la guerra al fianco dell’intesa, sarebbe stato tradimento lasciare gli alleati da soli.
- Kerenskij proclama per il 28 novembre 1917 l’elezione di un'assemblea costituente che deve scrivre la
costituzione. L’assemblea costituente ha il compito di scrivere una nuova costituzione, la Russia aveva
bisogno di una costituzione che buttasse dietro di sé il suo passato zarista. Kerenskij dichiara che lo stato
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avrebbe garantito libertà di stampa, libertà di associazione, libertà di opinione, eliminazione antichi privilegi ai
boiari che equivaleva al sequestrare questi appezzamenti di terra, dividerli e assegnarli ai contadini. Avviò la
riforma per la ridistribuzione delle terre.

Sembrava che la situazione potesse giungere ad una stabilità, quando un generale dell’esercito russo, Kornilov, tentò
un colpo di stato con i reparti dell’esercito a lui fedel. Il suo obiettivo era di rimettere lo zar al suo posto e tornare al
vecchio sistema. Il colpo di stato fallì per la reazione della popolazione russa ma soprattutto per l’impegno e il lavoro
dei bolscevichi. Furono loro ad ostacolare il colpo, per questo raggiunsero un’influenza molto alta all’interno della
società russa e Lenin ne è a conoscenza.

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