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L’ETA’ DI GIOLITTI

Nel periodo della Belle époque l’Italia conobbe una rapida crescita economica.
Ci sono quattro fasi della crescita economica:
 Una prima fase di progresso economico si era verificata sotto i governi di
sinistra storica, con l’avvio di una politica economica protezionistica;
 In una seconda fare, la crescita rallentò, anche per colpa della stagione
depressiva dell’economia europea;
 Dopo la crisi agraria ci fu un momento di intenso sviluppo che fece aumentare
il Pil e il reddito pro capite;
 Dopo una nuova crisi economica che colpì l’Europa e dunque l’Italia, si avviò
una ripresa.
LA STABILITA’ DELLA VALUTA ITALIANA
La crescita economica fu favorita anche dal clima di fiducia derivante dalla stabilità
finanziaria dello stato italiano poiché la lira nella metà del primo decennio di
Novecento era ormai accettata senza problema sui mercanti internazionali come
una delle valute più forti.
SVILUPPO INDUSTRIALE ITALIANO
L’industrializzazione in Italia giunse in ritardo rispetto agli altri paesi europei ma
riuscì infine a inserirsi nell’ambito della nuova fase di sviluppo mondiale. Alcuni
marchi divennero i simboli della nuova Italia, tipo Fiat, Olivetti e Pirelli. D’altra
parte, guardando all’interno del paese si notava che l’agricoltura era ancora l’attività
economica portante.
LO SVILUPPO TRA SUD E NORD
Lo sviluppo industriale italiano accentuò il divario tra nord e sud. Nell’Italia
settentrionale si concentrava il così detto triangolo industriale (Torino, Milano e
Genova). L’Italia nord-occidentale, contava quasi un milione di operai che era la
metà del totale nazionale, mentre l’economia meridionale rimase penalizzata e il
fenomeno dell’emigrazione e della disoccupazione toccò in quel periodo le sue
punte più alte, e ulteriore indice di arretratezza era l’analfabetismo.
PROBLEMI DEL PROTEZIONISMO
La politica di protezionismo provocò un aumento di prezzo delle merci protette, che
mise in difficoltà gli strati più poveri della popolazione, soprattutto a sud italia.

IL QUADRO POLITICO ITALIANO


Lo sviluppo economico italiano non fu uniforme e non riuscì a garantire a garantire
una maggiore equità sociale.
LE LOTTE SOCIALI DI FINE OTTOCENTO
Nel 1900 gli operai avevano una delle paghe più basse d’Europa e orari di lavoro tra i
più lunghi, e le varie autorità civili contrastarono i tentativi di sciopero.
TENDENZE AUTORITARIE
Quindi c’era una instabilità sociale e Vittorio Emanuele III si rese conto della
necessità di cambiare corso alla politica italiana.
LO SCIOPERO DI GENOVA
Nel dicembre del 1900, il governo di Giuseppe Saracco fece sciogliere la Camera del
lavoro, e quindi circa 20 000 incrociarono le braccia. Il primo sciopero generale si
svolse senza alcun incidente tanto da revocare il provvedimento. Ne seguì un acceso
dibattito parlamentare che portò alla caduta di Saracco.
Nel febbraio del 1901, Vittorio Emanuele III affidò la presidenza del Consiglio a
Giuseppe Zanardelli che conferì a Giovanni Giolitti l’incarico di ministro dell’interno,
che divenne capo del governo italiano più volte, infatti questo periodo è chiamato
età giolittiana.

LA QUESTIONE SOCIALE
Giolitti affrontò con abilità la cosiddetta questione sociale.
L’AFFERMAZIONE DEI LAVORATORI
Negli ultimi due decenni dell’ottocento la forza del movimento dei lavoratori era
cresciuta. Nel 1877 si istituì la legge Coppino, cioè l’istruzione elementare
obbligatorio e gratuita e ciò aveva sensibilizzato i giovani analfabeti alle tematiche
politiche. Nel 1882 con una riforma elettorale del 1882 ci fu l’allargamento del
diritto di voto anche per operai, specializzati e artigiani.

I MOVIMENTI ORGANIZZATI IN CITTA’ E CAMPAGNE


Nel 1891 era stata fondata a Milano la prima camera del lavoro, e subito dopo il
partito socialista italiano, e nelle campagne di diffusero le leghe dei contadini.
Giolitti riconobbe che una simile evoluzione della società non poteva essere ne
arginata ne impedita con la forza.
LE PRIME RIFORME SOCIALI DI GIOLITTI
Giolitti dovette fronteggiare molti scioperi, però il governo si tenne sempre neutrale,
però in seguito Giolitti si mosse per garantire maggiore libertà ai lavoratori. Le azioni
che svolsero furono le seguenti:
 Nel 1902 ci fu la nascita del Consiglio superiore del lavoro, che garantiva il
controllo sulle condizioni di vita dei lavoratori;
 Le norme che limitavano il lavoro, femminile e minorile e garantivano il riposo
settimanale;
 L’assicurazione obbligatoria per gli infortuni;
 La nazionalizzazione del servizio telefonico.
IL RAPPORTO CON I SOCIALISTI
Giolitti invitò Filippo Turati che era il leader dei socialisti per farlo entrare nel
governo, ma la forte opposizione interna al partito lo spinse a rifiutare l’offerta.
Divenne segretario Antonio Labriola, facendo mancare a Giolitti l’appoggio
parlamentale esterno, fino ad allora garantito.
LO SCIOPERO GENERALE DEL 1904
Nel mese di settembre ci fu una manifestazione di minatori a Buggerru, una truppa
intervenendo con la violenza uccise tre manifestanti. Questo evento scatenò
proteste in tutta italia e la camera del lavoro proclamò sciopero generale nel 1904.
LA NASCITA DELLA CGL
Nel 1905 il governo fu guidato da Alessandro Fortis, dopo da Sidney Sonnino, ma alla
fine di maggio del 1906 ritornò in carica Giolitti e nello stesso anno nacque la
Confederazione generale del lavoro, essa si aggiunse alla Federazione italiana dei
lavoratori della terra insieme alla Confederazione italiana dell’industria.
LE RIFORME ECONOMICHE E SOCIALI
Nel 1905 fu realizzata la nazionalizzazione delle principali ferrovie, e lo stato si fece
carico dell’istruzione elementare.

LE RIPERCUZIONI DELLA CRISI DEL 1907


La crisi del 1907 alimentò il malcontento dei lavoratori e l’anno successivo i
massimalisti proclamarono uno sciopero generale, Giolitti evitò di usare lo sciopero
e infine si esaurì, concludendosi con un fallimento, e il presidente del Consiglio
favorì gli accordi tra i diversi gruppi.
LA POLITICA DELLA CONCILIAZIONE
Nonostante la crisi, Giolitti perseguì la politica della conciliazione sociale fino a
quando nel 1912, i riformisti di Turati furono messi in minoranza dai massimalisti.

LA QUESTIONE CATTOLICA
Nella vita pubblica e nelle istituzioni del paese i cattolici erano esclusi. Questo derivò
da un decreto di papa Pio IX, che proibiva ai cattolici di non partecipare alla vita
politica, che fu sintetizzata nella formula “ne eletti ne elettori”.
I CATTOLICI DEPUTATI
I cattolici si avvicinarono alla politica nelle elezioni del 1904, per compensare il
mancato appoggio parlamentare dei socialisti, e il papa pio X non si oppose e lasciò
libertà. Grazie all’appoggio dei cattolici Giolitti vinse le elezioni, e apparivano i
cosiddetti cattolici deputati, che rappresentavano gli interessi della chiesa.
L’ACCORDO CON GENTILONI
Per le elezioni successive ci fu il patto Gentiloni, un accordo informale sostenuto dal
vaticano, che stabiliva che i credenti avrebbero votato per i candidati liberali disposti
a seguire nel nuovo parlamento gradite alla chiesa.

LA QUESTIONE MERIDIONALE
Tra tutti i problemi che Giolitti dovette affrontare nel corso del suo governo, il più
difficile fu quello della questione meridionale, cioè la differenza tra il nord e il sud.
GLI ELEMENTI DI ARRETRATEZZA DEL SUD
Alle soglie del XX secolo, l’industria non aveva messo radici solidi nel Mezzogiorno.
Nelle campagne dominavano il latifondo e le coltivazioni estensive. Gia nel corso
dell’ottocento le esportazioni di olio, vino e frutta erano state penalizzate dal
protezionismo.

L’ACCRESCERSI DEL DIVARIO NORD-SUD


A partire dall’industrializzazione si acuì il netto divario tra nord e sud.
LE CONDIZIONI SOCIALI DEL MERIDIONE
I vari problemi del sud induceva migliaia di contadini ad abbandonare il sud per
emigrare oltreoceano, ciò provocava a provocare concorrenza tra i coltivatori che
erano sempre meno pagati. L’insoddisfazione della massa sfociava in moti di
protesta. A dominare la scena politica locale erano i grandi proprietari terrieri, il sud
aveva una situazione gravissima.
LE ACCUSE DEI MERIDIONALI
C’erano varie accuse fatte al sud, tipo che il meridione era lasciato volutamente in
condizioni d’inferiorità, tenuto da Roma come un serbatoio di consensi elettorali
soprattutto risorse fiscali.
IL RICORSO ALLE LEGGI SPECIALI
Giolitti decise quindi di creare grandi industrie. Per fare ciò introdusse leggi speciali
cioè provvedimenti specifici per determinati territori.
UN BILANCIO DELLA POLITICA ECONOMICA MERIDIONALISTA
Questi interventi però furono inefficaci di agire sul piano economico, poiché la
crescita economica fu molto più lenti di quella del nord e il divario di accentò. A
tutto ciò si aggiunse il terremoto che rase al suolo Messina e Reggio Calabria.
L’USO POLITICO DEL CLIENTELISMO
Nonostante Giolitti non trovò una soluzione, riuscì a trarre dai meridionali sostegno,
attraverso il sistema di clientelismo e corruzione anche elettorale, tanto da essere
chiamato “ ministro della malavita” da Gaetano Salvemini.

LA POLITICA ESTERA E LA GUERRA DI


LIBIA
La politica italiana estera era un doppio binario.
IL COLONIALISMO DI FINE OTTOCENTO.
Da una parte l’italia era ancorata alla Triplice Alleanza, dall’altra fu costretta a
trovare accordi con l’altro fronte, cioè la grande potenze coloniali di Francia e Gran
bretagna per entrare nella competizione mondiale per a spartizione delle colonie.
LA PRESSIONE PER LA RIPRESA DELLA POLITICA COLONIALE
A spingere di nuovo il Paese sulla strada dell’impresa coloniale concorsero vari
fattori. Si costituì l’associazione nazionalista italiana che è un movimento capace di
un notevole condizionamento dell'opinione pubblica che chiedeva una ripresa
dell'espansione coloniale. L'Italia aveva una missione civilizzatrice verso i popoli di
Africa e Asia. Poiché una nazione proletaria come l'Italia doveva cercare uno sbocco
per i suoi figli per evitare che emigrassero e che venissero sfruttati.
L’IMPERIALISMO E LA LOTTA DI CLASSE
Gran parte dell'opinione pubblica è del mondo politico Era convinta che il bisogno di
terre dei contadini meridionali potesse essere facilmente soddisfatto attraverso
l'insediamento coloniale in Africa. Sì sperava che l'imperialismo avrebbe potuto di
evitare il pericolo di rivoluzione.
L’ACCORDO CON LA FRANCIA E IL REGNO UNITO
Giolitti condusse per anni una politica estera molto accorta. Maturo quindi un
accordo che dava via libera a Roma in Libia, in cambio dell'appoggio all'espansione
di Parigi in Marocco e di Londra in Egitto. Solo dopo che la Francia, nel 1911, ed
occupato il Marocco, Giolitti ritenne giunto il momento di muovere in Nord Africa.
L’INTERVENTO ARMATO E LA PACE
Nel settembre del 1911 l'Italia dichiarò Guerra ai turchi che controllavano la Libia. La
maggior parte dell'opinione pubblica si mostrò favorevole. Solamente parte della
sinistra composta dai socialisti radicali e repubblicani si oppose per la
preoccupazione dei costi e per gli effetti della guerra. La guerra scateno in Italia
un'ondata di enfasi nazionalista. Lo scontro con gli ottomani duro poco più di un
anno, e finì con la pace di Losanna nel 18 ottobre 1912. Questa pace concesse
all'Italia la sovranità della Libia e il controllo di alcune isole turche.
CONSEGUENZE DELLA CAMPAGNA DI LIBIA
Però la vittoria non compenso le difficoltà dell'Italia. I costi finanziari dell'impresa
militare furono enormi. Inoltre l'interno della Libia era abitato da popolazioni
berbere che resistette al corpo di spedizioni e non fu mai veramente conquistato,
inoltre il paese africano era arduo da colonizzare. Molti rimasero scontenti
nell'impresa. Dal punto di vista internazionale ciò provocò di indebolimento
dell'impero Ottomano che poi fu premessa della grande guerra del 1914.

DA GIOLITTI A SALANDRA
Giolitti diede una forte impronta riformista all'ultimo triennio del suo mandato come
presidente del consiglio.
LA RIFORMA ELETTORALE DEL 1912
La più importante delle misure approvate in questo caso fu la riforma elettorale con
l'allargamento del Suffragio che ha concesso nel 1912 a tutti i maschi di almeno 30
anni compresi nullatenenti e analfabeti e ai ventunenni che avevano svolto il servizio
militare O che sapessero leggere o scrivere.
Questa fu una rivoluzione perché avrebbero votato anche la gran massa di contadini
speciale meridionali che da quel momento era esclusa nella partecipazione della
politica nazionale.
LE ELEZIONI DEL 1912
Però questo ampliamento del Suffragio fu non voluto dalla l'opinione pubblica la cui
insoddisfazione fu una delle preoccupazioni con cui Giolitti si avvicinò alle elezioni
dell'autunno del 1913. Dalle elezioni in nazionalisti ottennero solo 6 seggi. I socialisti
conquistarono 79 deputati. I liberali Ebbero 304 deputati.
LO STALLO PARLAMENTARE E LA PRESIDENZA SALANDRA
Giolitti capì che la maggioranza liberale non era in grado di varare nuove riforme,
piuttosto che giocare sulla propria straordinaria capacità di manovra e tentare
quindi di consigliare le opposte tendenze, Giolitti preferiti dimettersi indicando a
Vittorio Emanuele III come successore Antonio SALANDRA. Era il marzo del 1914 e lo
statista era convinto che un governo di destra non sarebbe durato a lungo ma così
non fu.
LA CRISI POLITICA DEL 1914 E LA PROTESTA SOCIALE
Liberali e socialisti sentirono forte il richiamo delle rispettive ali di destra e di sinistra
e radicalizzarono le proprie posizioni.
Questo cambiamento emerge con evidenza Nel giugno del 1914 quando ci fu una
manifestazione di scioperanti ad Ancona. Questa manifestazione fu repressa a colpi
di arma da fuoco delle forze dell'ordine che ci sono 3 dimostranti. Tutto ciò provocò
uno sciopero generale e Salandra scatenò la repressione in tutta Italia con 17 morti e
centinaia di feriti. La cosiddetta settimana rossa Sanci Dunque il ritorno del paese
alle tentazioni illiberali del 1898. Non ci fu però il tempo di elaborare gli avvenimenti
poiché Appena pochi giorni dopo l'Europa precipito nella Guerra Mondiale.
LUCI E OMBRE DELL ETA GIOLITTIANA
la politica di Giolitti permise all'Italia di intraprendere la via della democrazia e der
miglioramento economico sociale.
IL FALLIMENTO DEL MERIDIONE
i contemporanei e parte della storiografia hanno individuato invece il fallimento nel
Meridione come il maggiore insuccesso dell'opera giolittiana, per esempio i morti
per mano delle forze dell'ordine furono concentrati al Sud: in
Campania,Sardegna,Sicilia e Puglia il governo mostrò un vol- to decisamente diverso
rispetto alla neutralità e alla mediazione utilizzate al Nord.
UNA POLITICA TROPPO MODERATA
Verso la fine di quest’epoca apparve evidente la falla della politica di Giolitti: sua
azione sembrò troppo moderata sia alla destra sia alla sinistra.i cattolici, che
tornarono a partecipare nuovamente alla vita politica del Paese, con il Patto
Gentiloni. In questo quadro, appare chiaro che sotto il governo di Giolitti iniziarono a
sciogliersi i nodi più aggrovigliati strettisi tra 1860 e 1870

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