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ETA’ GIOLITTIANA

L’età Giolittiana, prende il nome dal suo fondatore ovvero Giovanni Giolitti, che guidò il
paese come Presidente del consiglio per 5 volte. La sua politica varò molte riforme a livello
economico, sociale e culturale nonostante le molteplici critiche a suo carico, facendo
prosperare l’Italia.
Giovanni Giolitti nasce nel 1842 a Mondovì e intraprende una magnifica carriera tra i diversi
incarichi di Stato che gli saranno utili quando deciderà di entrare in politica, in cui sarà
eletto Deputato alla Camera.
Di età Giolittiana possiamo parlare all’anno 1901 quando Zanardelli, presidente del
consiglio nomina Giolitti ministro degli interni, che però prenderà poi tutte le decisioni
importanti, in quanto Zardanelli era vecchio e malato e parliamo dell’anno 1903 fino al
1914 con piccole interruzioni, in quanto si dimette quando la situazione diventa complicata
e prende il potere quando migliora.
Le sue politiche erano orientate verso il liberalismo progressista, e lasciando libere le forze
socialiste, i loro scioperi e rimanendo neutrale nei conflitti del lavoro, farà evolvere i
sindacati come la CGL sostenuta da Filippo Turati e pensa che lo Stato debba rimanere
neutrale per mostrare la sua superiorità al conflitto. Ma è anche di suo interesse non
schierarsi e cercare varie alleanze per ottenere consensi. Giolitti mirava alla conciliazione
del volere della classe borghese e del proletariato, in quanto l’unificazione sociale, la
libertà politica e lo sviluppo economico erano per lui la base per ottenere la stabilità, e
appunto dopo l’affermazione del partito socialista puntò all’integrazione del proletariato
nelle istituzioni dello stato. Il governo Zardanelli-Giolitti attua inoltre delle importanti
riforme quali:

• tutela del lavoro femminile nelle industrie;


• miglioramento della legislazione sulle assicurazioni sul lavoro, come per esempio al
realizzazione di norme in favore degli anziani, degli invalidi, norme di protezione di
donne e bambini, istruzione elementare obbligatoria fino ai 12 anni, diritto al riposo
settimanale, migliori retribuzioni e norme in favore all’igiene che migliorò le
condizioni di vita;
• istituzione del Consiglio superiore del lavoro.
Negli ultimi anni dell’800 l’Industria italiana fiorisce e decolla enormemente grazie a:
• una rete ferroviaria efficiente;
• un riordinamento del sistema bancario;
• politiche economiche protezioniste.

Tuttavia le differenze tra nord e sud erano molto presenti, infatti le condizioni di vita
dell’Italia meridionale erano ancora molto arretrate e molto spesso la popolazione
emigrava per cercare una vita migliore in America, meta più scelta.
Giolitti non aveva interesse effettivo ad effettuare le riforme al sud, e questo è il motivo
principale per cui la sua politica viene detta “a doppio volto”, perché da una parte si
dimostrava democratico nella risoluzione dei problemi del nord e dall’altro approfittava
spudoratamente dei disagi del meridione. A nord, dove si affermò il “triangolo industriale”
torino, milano, genova che era il fulcro dello sviluppo, soprattutto delle case
automobilistiche ma anche l’industria tessile con l’utilizzo del cotone, Giolitti rispose alle
manifestazioni facendo sì che gli scioperi si svolgessero in modo civile e in ordine, migliorò
anche le norme lavorative e creò delle politiche di protezione per la maternità delle
donne a sud invece si serviva della mafia per ottenere consensi e qui il fenomeno delle
clientele era sempre molto presente, ovvero favori da parte dei politici in cambio di voti.
Inoltre per difendere le industrie del nord portò avanti una politica appunto protezionista
ovvero mise delle tasse sull’importazione dei prodotti in Italia, andando però a portare
svantaggio alle esportazioni del sud che risentivamo dei dazi imposti dagli altri paesi sulle
importazioni dall’Italia.
Giolitti approvò però poi diversi provvedimenti che cercarono di porre rimedio ad alcuni dei
principali problemi del paese. Nel 1904 vennero approvate le leggi speciali per il
Mezzogiorno, che cercavano di incoraggiare la modernizzazione dell’agricoltura e lo
sviluppo industriale in regioni come la Basilicata e la Campania, ma che comunque non
misero nord e sud sullo stesso piano. Le riforme principali di Giolitti da Presidente del
consiglio furono:

• Introduzione nel 1912 del suffragio universale maschile;


• La statalizzazione delle ferrovie.
• La statalizzazione delle assicurazioni sulla vita. Come la pensione.

Per quanto riguarda la chiesa, Papa Pio 9 decise di allontanare i cattolici dalla vita politica
con il “non expedit”, che però Giolitti volle totalmente contrastare, infatti con il Patto
Gentiloni, si ha l’ufficiale partecipazione dei cattolici alla vita politica, che era di estremo
interesse di Gilotti per avere sostegno del suo governo. I cattolici, alleati per contrastare la
sinistra, avrebbero quindi votato a favore dei liberali che avrebbero proposto delle idee di
interesse della Chiesa come abolizione del divorzio e insegnamento della religione nelle
scuole pubbliche. Nonostante la vittoria dei liberali alle elezioni, in realtà i socialisti erano
comunque molti grazie anche al suffraggio maschile indetto da Giolitti, e il nazionalismo
drastico, i socialisti che vogliono eliminare le classi sociali ed il fallimento del successivo
occupamento della Libia portò al declino del governo Gilotti.

Dal punto di vista della politica estera, l’Italia si fece coinvolgere dall’imperialismo per
ottenere una posizione di forza con i rapporti internazionali che l’associazione nazionalista
italiana finanziata dalla chiesa sostenne, e diede ufficialmente il via alla guerra con i turchi
che stavano occupando la Libia, per prenderne possesso. Tuttavia questa conquista si
dimostrò fallimentare sotto molti punti di vista in quanto la Libia non aveva ricchezze a
livello naturale e l’Italia spese molti soldi per questa spedizione, per cui non era utilizzabile
come meta degli emigrati italiani per coltivare. Questo fu uno degli elementi che
indebolirono il governo di Giolitti. Giolitti quindi si dimette e tenterà di rientrare in politica
dopo la prima guerra mondiale, ma Mussolini era già molto affermato e dopo la marcia su
Roma e le leggi fascistissime si rese conto che la situazione fosse seria e si ritirò
definitivamente dalla vita politica.

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