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UNITA’ 2 – L’ITALIA DEI PRIMI ANNI DEL NOVECENTO.

L’ETA’ GIOLITTIANA

L’età giolittiana

L’Italia degli ultimi anni dell’Ottocento era stata segnata da una crisi politica che causò disordine e
malcontento. Lo sviluppo industriale era concentrato a nord, mentre a sud persisteva il latifondo.

La prima mossa del ministro degli Interni Giovanni Giolitti in quegli anni di forti tensioni, fu dichiarare, in un
famoso discorso pronunciato alla Camera dei deputati nel febbraio del 1901, la neutralità dello Stato di
fronte a scioperi e rivendicazioni contadine e operaie. Giolitti distinse, però, gli scioperi di natura
economica, che miravano all’aumento salariale con la possibilità per lo Stato di beneficiarne. Gli scioperi
politici, che invece miravano alla modifica dell’assetto generale del Paese, andavano repressi, se necessario
anche con la forza.

Il governo Giolitti varò misure in materia di legislazione sociale, specie per quanto riguarda la tutela del
lavoro minorile e femminile, a cui si aggiunsero interventi speciali a sostegno del Mezzogiorno. Concesse il
suffragio universale maschile (1912).

Il Patto Gentiloni, che prende il nome dal presidente dell’Unione elettorale cattolica che lo sottoscrisse,
sancì il sostegno dei cattolici ai candidati liberali, al fine di contrapporsi alla rete delle sezioni socialiste. Il
patto chiedeva, in cambio del voto, di opporsi nella nuova Camera a ogni legge che avrevve potuto ledere gli
interessi dei cattolici. In ambito di queste elezioni, si può parlare di “doppio volto di Giolitti” poiché cercò di
contrastare l’avanzata dei socialisti, mettendo in moto (specie nell’Italia meridionale) la macchina dei
prefetti, della polizia e la stessa mafia per intimidire le opposizioni con minacce e violenze. Nel complesso il
disegno giolittiano aveva capito che lo Stato doveva essere consolidato mediante l’adesione di più larghi
strati popolari, ma aveva anche voluto piegare quelle nuove forze ai propri progetti, servendosi della
spregiudicata politica dei pesi e contrappesi.

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