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L'Italia dalla fine dell’Ottocento a Giolitti

L'ITALIA DALLA SINISTRA STORICA ALLA CRISI DI FINE SECOLO

LA SINISTRA STORICA

Dopo aver governato per quindici anni il neonato Regno


d'Italia, la Destra storica inizia ad apparire incapace di
portare il paese verso la modernità: continuano ad affliggerlo
analfabetismo, povertà e arretratezza economica.

Le elezioni esprimono la voglia di cambiamento: nel 1876 va


al governo la Sinistra storica, con Agostino Depretis.
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Depretis resta presidente del Consiglio


fino al 1887, per ben otto mandati: la
sua politica si basa su posizioni
moderate e flessibili, in modo da trovare
appoggio anche a destra, secondo una
prassi passata alla storia con il nome di trasformismo.
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Tra i provvedimenti della Sinistra storica:

abolizione della tassa sul macinato;

alleggerimento della pressione fiscale;

riforma scolastica: obbligo di istruzione e gratuità per


tutti i bambini dai 6 ai 9 anni (legge Coppino, 1877) con
conseguente diminuzione dell’analfabetismo;
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revisione della legge elettorale con estensione del diritto di voto,


concesso a tutti i cittadini maschi con più di 21 anni che avevano
frequentato la scuola elementare e avevano un reddito di 20 lire al
mese;

politica economica protezionista, con l'introduzione di dazi per alcuni


prodotti come acciaio, tessuti e zucchero, che costano di più e non
vengono acquistati e interventista, con sovvenzioni statali che avviano
l'industrializzazione del Nord;

Promozione della creazione di banche per sostenere gli industriali;

adesione alla Triplice alleanza e inizio dell'espansione coloniale.


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In politica estera Depretis decide,


soprattutto a causa delle tensioni
commerciali con la Francia, di
avvicinarsi alla Germania e all'Impero
austro-ungarico, aderendo alla
Triplice alleanza nel 1882.

Abbandona l’idea di conquistare la


Tunisia per lasciarla alla Francia, più
forte militarmente, quindi l’Italia
conquista Eritrea e una parte della
Somalia.
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I GOVERNI CRISPI E IL PRIMO GOVERNO GIOLITTI

Nell 1887, alla morte di Depretis, va al governo un ex


garibaldino e repubblicano: Francesco Crispi.

Ispirandosi a Bismarck, si fa promotore di un'idea autoritaria


della politica.
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Tra le prime iniziative di Crispi ci sono


l'approvazione di un nuovo codice penale
(codice Zanardelli, che prevede
l'abolizione della pena di morte) e alcune
leggi sulla pubblica sicurezza che
assegnano ampi poteri alle forze dell'ordine
(repressione con violenza delle proteste dei
lavoratori). È promotore del colonialismo e
del protezionismo.
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Si rafforza il movimento operaio e nel 1892 viene


fondato a Genova il Partito socialista italiano
(PSI), tra i principali oppositori di Crispi che
considera i socialisti disturbatori dell’ordine
pubblico.

Nello stesso periodo nascono anche le prime


Camere del lavoro.

Nascono altre associazioni di lavoratori, tra cui i


Fasci siciliani, repressi con violenza nel 1893.
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Il governo di Crispi tenta di conquistare


l’Etiopia.

Nonostante sia un Paese povero, gli etiopi


riescono a sconfiggere gli italiani nella
battaglia di Adua del 1896.

Dopo la sconfitta Crispi si dimette.


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LA CRISI DI FINE SECOLO

Per l’Italia si apre un periodo di instabilità politica per diverse cause:

• Salari bassi

• Aumento delle tasse

• Aumento del prezzo del pane

• Mancanza di lavoro per tutti i disoccupati

I governi che succedono a Crispi affrontano la crisi sociale seguendo la sua politica
repressiva.

Politicamente sostengono il rafforzamento della monarchia a discapito del potere del


Parlamento.
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Nel 1898 a Milano il generale Bava


Beccaris risponde a una manifestazione
sparando sulla folla.

Gli organizzatori – tra cui alcuni deputati


socialisti come Andrea Costa o Filippo Turati
– vengono inoltre arrestati, e vengono
proposte ulteriori misure restrittive della
libertà di associazione.
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Nel 1900 vengono indette nuove


elezioni vinte dalla Sinistra storica.

Gaetano Bresci uccide il re Umberto I


a Monza per vendicare i morti di
Bava Beccaris.

Inizia una nuova epoca di importanti


riforme sociali ed economiche.
Il decollo industriale del XX
secolo

• Il protezionismo segna la prima


industrializzazione dell’Italia
• Crescono la produzione tessile,
alimentare, chimica, metalmeccanica,
automobilistica, idroelettrica
• Vengono introdotti macchinari
nell’agricoltura e nell’allevamento
• Le città cambiano aspetto, si sviluppano
le periferie abitate dagli operai
• Compaiono la luce elettrica, i mezzi
pubblici, i grandi magazzini, i cartelloni
pubblicitari.
• Nascono la FEDERTERRA (sindacato
nazionale dei contadini), la
CONFEDERAZIONE NAZIONALE DEL
LAVORO
• Lo sviluppo industriale riguarda solo il
Nord, a sud prevale ancora il latifondo
con tecniche molto arretrate, i contadini
erano analfabeti e molti cominciano ad
emigrare.
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Negli anni 1892-1893 la questione sociale conosce una svolta con il primo
governo di Giovanni Giolitti, liberato moderato e progressista, promotore di
prudenti riforme democratiche, capo del governo dal 1900 al 1914.

Il cambio di passo rispetto a Crispi è evidente: l'impresa


coloniale viene abbandonata e si cerca di rispondere alle
proteste dei lavoratori senza ricorrere alla forza.

Persegue una «politica del dialogo», pensa che tra


imprenditori e lavoratori si possa trovare un punto di
accordo, mantiene un atteggiamento neutrale
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Le riforme di Giolitti e la
politica del «doppio
volto»
• Crescita dell’economia e dell’industria
• Estensione della rete ferroviaria e stradale
• Obbligo scolastico fino a 12 anni
• Introduzione delle pensioni di vecchiaia e di
invalidità
• Introduzione della giornata di riposo retribuita
• Orario di lavoro a 10 ore giornaliere
• Tutela delle madre lavoratrici
I sindacati sono riconosciuti come interlocutori dello
Stato, si diffondono Camere del lavoro, i salari degli
operai aumentano.
Le leggi a favore dei lavoratori a Sud non vengono
applicate, in quanto lo Stato reprime le rivolte dei
contadini per ottenere il favore e il voto dei grandi
latifondisti (politica del doppio volto)
L’impresa di Libia
Con Giolitti c’è la ripresa della politica
coloniale
Gli interessi del governo si rivolgono alla
Libia (parte dell’Impero ottomano,
posizione strategica vicino al
Mediterraneo)
L'Italia rafforza l'alleanza con Francia e
Inghilterra per conquistare la Libia
Obiettivo: creare una colonia italiana dove
i migranti potessero lavorare e vivere
Si opponevano all’impresa i pacifisti e i
liberali democratici
1911: l’Italia dichiara guerra alla Turchia,
mettendo in atto metodi brutali per
configgere i libici
Il territorio libico viene infine conquistato
ma si rivela arido e e desertico
Aumenta il malcontento popolare nei
confronti di Giolitti
La fine dell’età
giolittiana
1912 Il Parlamento vota la legge sul suffragio universale
maschile, votano tutti i cittadini maschi maggiori di 21 anni,
indipendentemente dal censo
Le elezioni spaventano la borghesia che teme che i socialisti
possano ottenere la maggioranza in Parlamento
Per evitare il successo dei socialisti, i liberali si accordano
con i cattolici (il Papa Pio X aveva concesso ai cattolici di
votare, allentando il Non expedit nel 1904)
Il patto tra liberali e cattolici si chiama PATTO GENTILONI:
gli elettori cattolici votano i liberali che promettono così di
non far approvare leggi sgradite alla Chiesa (introduzione
del divorzio)
Nonostante il Patto Gentiloni in Parlamento entrano molti
socialisti rivoluzionari e Giolitti non ottiene la maggioranza
per governare il Paese
Giolitti è per gli storici una figura controversa: accusato di
trasformismo e corruzione politica (promessa di denaro o
altri vantaggi in cambio di voto), ha però avviato l’Italia sulla
strada della modernità.

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