0015
RIZZOLI
© Copyright 1987
Rcs Rizzoli Libri S'p'A'
Milano
Prima edizione: novembre 1987
Dodicesima edizione: dicembre 1988
La vita parlamentare italiana si
svolge, agli occhi del grande
pubblico, seguendo tutta una serie di
attività che - bisogna pur avere il
coraggio di ammetterlo - non
sembrano proprio fatte per
accendere la fantasia popolare:
lunghi e interminabili dibattiti,
mozioni di fiducia e di sfiducia,
dichiarazioni di voto, interrogazioni,
votazioni segrete o palesi, lavori di
commissione... Insomma, in poche
parole, tutto un lavoro che per
procedere e concretizzarsi ha
bisogno di chiacchiere che quasi
sempre non interessano i più (anche
se su queste chiacchiere, poi, si
costruiscono la democrazia e le
leggi). Giulio Andreotti, in questo
suo nuovo libro, intende farci
conoscere un aspetto particolare (e
più accattivante) della vita
parlamentare italiana (una "cronaca
minore", per usare le sue parole)
proponendoci le più curiose, le più
drammatiche, le più vivaci e, perché
no?, le più divertenti interruzioni
che ha "sentito da vicino" nel corso
della sua pluriennale esperienza sui
banchi di Montecitorio o che ha
rintracciato negli atti della Camera.
Ne è nato un libro originale e nuovo
- che è anche un prezioso documento
del costume politico e uno spaccato
della vita del Parlamento -, dove
campeggiano personaggi di prima
grandezza (Giovanni Giolitti, Alcide
De Gasperi, Palmiro Togliatti,
Pietro Nenni...) accanto a semplici
peones dotati di una battuta
fulminante; dove si rivivono gli
appassionati momenti in cui si
difendeva disperatamente la
democrazia (i coraggiosi interventi
di Giacomo Matteotti contro il
fascismo che ne provocarono
l'assassinio)e momenti di stanca in
cui un motto di spirito o un
improvviso battibecco o un
liberatorio scoppio di ilarità
riescono a scuotere l'assemblea.
"Cronaca minore" ha definito questa
sua nuova fatica Giulio Andreotti;
ma molto spesso per capire la Storia
è indispensabile conoscere anche la
cronaca (sia pure con l'iniziale
minuscola).
Dello stesso Autore:
21-3-1891
16-3-1892
25/26-5-1892
3-2-1893
6-6-1893
26-5, 1-6-1909
26-5, 1-6-1909
26/30-5, 1-6-1909
9-3-1912
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16, 18 e 19-12-1913
24-6, 9 e 15-7-1920
22-12-1920
17-1-1921
27-6-1905
Francesco Saverio Nitti: É notevole il
fatto che in uno stesso Paese una stessa
limitata zona di terra dia il direttore generale
della Sanità, il capodivisione del servizio
zoojatrico (laureato in agraria!), due medici
provinciali, altri sanitari, tutta una fioritura
sanitaria nel collegio del deputato
Santoliquido.
Felice Santini: Ma Gianturco è avvocato e
avvocato illustre.
Francesco Saverio Nitti: Gianturco è un
mio caro amico, a cui sono lieto di rendere
omaggio; ma non ha avuto agli occhi dei suoi
elettori tanti pregi quanti ne ebbe questo uomo
nuovo, che sei mesi prima non era riuscito
nemmeno a entrare in ballottaggio.
(Interruzioni. Bene!)
8-5-1907
8-5-1907
11-5-1907
2-7-1907
13-12-1907
26-5-1910
9-3-1911
26-3-1912
28-3-1920
19-4-1947
16-1-1925
30-7-1947
23-10-1947
Di Vittorio lo zappatore
Il suo aspetto non era quello di un dandy: né
teneva a correggere la linea rude, che anzi
accentuava nelle uscite pubbliche. Unito
all'avversione che un sindacalista nato produce nei
ceti padronali e negli strumenti che li
riecheggiano; e sommato alla comprensibile
emozione per certi fatti di violenza avvenuti nella
sua Cerignola affollata allora da disperati
braccianti, ne derivava un cliché di antipatico,
prepotente, minaccioso.
Visto da vicino Giuseppe Di Vittorio era
completamente diverso dalla sua immagine
circolante. Intanto, a differenza di Togliatti che
usciva frettolosamente dall'Aula e non si fermava
a scambiar quattro chiacchiere neppure con i suoi
compagni (unica eccezione era con il giornalista
Emilio Frattarelli), Di Vittorio conversava
volentieri anche con gli avversari, sostava al bar
dei Passi perduti con i giornalisti, cercava il
dialogo e il colloquio, convinto che la bontà delle
sue tesi avrebbe suscitato il consenso.
Si dedicava, poi, con scrupolo alla
preparazione dei dibattiti, anche quelli lontani dai
suoi interesse confederali più pertinenti. E fu
proprio in occasione di mozioni sulla
cinematografia italiana che ci conoscemmo e in
qualche modo ci stimammo reciprocamente. Guido
Berardelli, allora segretario sindacale comunista
dei lavoratori dello spettacolo lo aveva
indottrinato a puntino; e fece un discorso
documentato, serio, con proposte concretissime. A
nome del Governo replicai dandogli punto per
punto soddisfazione dialettica (anche se senza
immediate conseguenze operative).
Nelle discussioni sul pubblico impiego solo
Renato Cappugi (Cisl) si dimostrava più
competente. Ma Di Vittorio sfoderava una capacità
straordinaria di persuasione, ripiegando su
richieste subordinate che fin dall'inizio
costituivano invece segretamente la sua
"principale". Così riusciva a strappare da Vanoni
e da Pella molto di più di quello che era il tetto
governativo di partenza.
Nel giorno drammatico dell'attentato a
Togliatti si trovava in America per una riunione
dei sindacati internazionali. Al telefono dette
istruzioni rigorose per non coinvolgere i lavoratori
in una reazione avventurosa e inviò Renato Bitossi
al Viminale ad assicurare il Governo. Rientrato a
Roma, a De Gasperi che lo ringraziava, spiegò che
il suo atteggiamento da pompiere era suscitato da
un timore che aveva sempre presente: quello di
cadere nelle provocazioni degli avversari della
democrazia.
Non lo sentii mai vantarsi delle sue
benemerenze di condannato e di esule. Altri lo
faceva a piè sospinto, forse esagerando anche il
patimento subìto. Era invece uno dei pochi a
continuare a parlare a nome del proletariato, come
nei primi tempi della sua milizia politica e della
sua vita di giovane parlamentare prefascista.
11-6-1923
23-1-1946
8-6-1948
10-3-1949
16-3-1949
24-11-1949
2-4-1950
6-8-1951
28-9-1951
22-7-1954
17-11-1954
23-3-1955
4-12-1948
14-2-1950
Giuseppe Calasso: Hai concordato il
discorso con Rodinò!
Alcide De Gasperi, presidente del
Consiglio: Chi è costui?
Giuseppe Calasso: Non lo sai? É il
presidente della Confida. Alcide De Gasperi:
A lei, giovanotto, dico: non mi dia del tu. Non
l'accetto. (Vivi applausi al centro e a destra.
Commenti all'estrema sinistra.)
Mario M' Guadalupi: D'ora in poi le
daremo del "voi".
2-4-1950
3-7-1950
3-7-1950
11-7-1950
17-4-1951
Alcide De Gasperi, presidente del
Consiglio: Dopo le leali, esaurienti
dichiarazioni fatte dall'onorevole Paolo Rossi,
dovrei riferirmi alle dichiarazioni
dell'onorevole Saragat, relatore al congresso e
oggi ancora segretario e quindi capo del
gruppo del Partito socialdemocratico...
Giancarlo Pajetta: Capo di che cosa?
(Commenti.)
Alcide De Gasperi: Lo so, onorevole
Pajetta, che per lei non vi sono che due capi,
uno dei quali non è nemmeno entro l'ambito
delle frontiere nazionali! (Applausi al centro e
a destra, interruzioni del deputato Gaetano
Invernizzi.)
2-8-1951
9-8-1951
30-1-1952
28-7-1953
24-7-1946
19-2-1947
23-4-1947
29-7-1947
29-7-1947
29-7-1947
29-7-1947
30-9-1947
4-10-1947
Palmiro Togliatti: Vi ho detto altra volta (e
qualcuno di voi ha finto di non capire cosa
dicessi) che veniamo da molto lontano. E vi ho
detto dove andiamo.
Una voce a destra: In Russia.
Palmiro Togliatti: Sì, collega, noi
vogliamo creare in Italia una società
socialista. In Russia esiste
una società socialista.
8-10-1947
13-12-1947
18-12-1947
18-12-1947
18-12-1947
18-12-1947
8-6-1948
10-6-1948
10-6-1948
10-6-1948
10-7-1948
Palmiro Togliatti: Nonostante la differenza
dei sistemi economici e delle ideologie, la
coesistenza dei sistemi e il regolamento
pacifico delle divergenze esistenti tra l'Unione
Sovietica e gli Stati Uniti d'America non
soltanto sono possibili ma sono assolutamente
necessari nell'interesse della pace nel mondo.
Una voce al centro: Berlino insegni.
(Commenti.)
Palmiro Togliatti: A Berlino la parte
sovietica lotta per la pace, perché lotta contro
quella divisione in due della Germania che è
un atto di aperta preparazione alla guerra.
20-7-1949
1-4-1950
7-7-1950
7-7-1950
6-3-1951
13-4-1951
3-8-1951
3-8-1951
3-8-1951
20-11-1951
27-7-1953
29-1-1954
29-1-1954
13-6-1956
15-10-1957
29-1-1958
18-7-1958
6-12-1958
6-12-1958
25-6-1959
7-4-1960
5-8-1960
20-4-1961
18-2-1947
19-6-1947
Pietro Nenni: Io metto in dubbio che
l'America protestante abbia un entusiasmo
delirante per il nostro Governo cattolico
apostolico e romano. (Commenti al centro.)
Alcide De Gasperi, presidente del
Consiglio: Fa un bel servizio al Paese!
(Commenti a sinistra, applausi al centro.)
17-12-1947
11-6-1948
16-7-1948
30-11-1948
4-12-1948
11/12-3-1949
9-5-1949
17-11-1949
Pietro Nenni: La maggioranza è più forte
nel Parlamento che non nel Paese.
Giovanni Gasparoli: Questa è una
affermazione gratuita.
Pietro Nenni: Conoscendo gli uomini oso
prevedere che fra alcuni mesi vedremo
l'onorevole Romita ministro del Governo del
18 aprile e del Governo del Patto Atlantico.
Leone Marchesano: In ricompensa di
quanto egli ha fatto il 2 giugno! (Commenti.)
6-8-1951
4-12-1952
2-3-1954
16-10-1957
5-2-1958
16-7-1958
12-7-1960
4-8-1960
20-9-1961
6-3-1962
19-10-1970
30-9-1947
30-10-1948
30-11-1948
3-12-1948
4-12-1948
Pietro Nenni: L'onorevole Mondolfo
avrebbe potuto parlare semmai, secondo i
vecchi schemi girondini o del socialismo
quarantottesco, di guerra rivoluzionaria (nella
quale io ebbi il torto di credere nel 1915).
Matteo Tonengo: Ma allora era più puro.
15-3-1949
10-7-1951
Giuseppe Di Vittorio: ...a liquidare la
monarchia e a dare una Costituzione
democratica al nostro popolo...
Matteo Tonengo: Il nostro appoggio è stato
uno sbaglio.
Una voce all'estrema sinistra: Bella
confessione!
Matteo Tonengo: Sono monarchico, anche
se sono democristiano. Sono uno degli undici
milioni di italiani che hanno votato per la
monarchia!
1-8-1951
15-11-1951
15-1-1952
21-4-1950
25-9-1957
Francesco G' Bettiol: Ai comuni
amministrati dalla Democrazia cristiana non le
fate mai le ispezioni, vero? (Commenti.)
Fausto Gullo: Il comune di Spezzano della
Sila, il mio comune, onorevole ministro...
Ferdinando Tambroni, ministro
dell'interno: É un residuale patriarcato: il
patriarca è lei. (Proteste a sinistra.)
Fausto Gullo: Stia tranquillo che non sono
un patriarca; sono un cittadino che vede questi
arbitrii e sente il preciso dovere di
denunziarli. Voglio augurarmi che ella pure
senta...
Una voce di sinistra: É una vergogna!
Ferdinando Tambroni: Non dica parole
grosse, perché io parlo sempre correttamente e
non le tollero. Signor presidente, se si continua
con parole ingiuriose, io abbandono l'aula. Io
non ingiurio mai: ho detto patriarcato e in
questa espressione non v'è nulla di ingiurioso.
Fausto Gullo: Mi spieghi allora che cosa
ha voluto dire, onorevole ministro. É una
parola senza senso quella che ella ha usato ed
è doloroso che un ministro dica parole senza
senso. Sono un cittadino che vede da vicino
questi arbitrii e che sente il dovere di
denunziarli. Se l'onorevole ministro non sente
quello di ascoltare, è altra cosa.
1-7-1959
26-5-1961
10-3-1965
11-5-1964
Raffaele Delfino: ...Per anni avete
promesso l'istituzione di università statali nelle
regioni povere, e poi proprio da sinistra
vengono i maggiori ostacoli, in base a
pregiudiziali teoriche che non hanno alcun
riscontro nella realtà. Ora la realtà di regioni
povere, che danno all'emigrazione non solo le
braccia, ma anche i cervelli, impone di
risolvere con urgenza questi problemi. Né
potete risolverli con i colleges come propone
l'onorevole Codignola.
Tristano Codignola: Si iscriva alla scuola
elementare! (Proteste a destra, richiami del
presidente.)
Raffaele Delfino: DI fronte a un
personaggio così eminente nel campo della
cultura, sono molto indeciso se continuare o se
andarmi a iscrivere alla prima elementare o
alla sesta!
Tristano Codignola: Alla scuola materna.
17-9-1962
Domenico Colasanto: ...Ritorno a insistere,
onorevole ministro, su quello che ho detto altre
volte a lei e ad altri suoi colleghi su questa
grave questione del coordinamento, per evitare
sperperi e aumentare la redditività dell'intero
sistema.
Giuseppe Bogoni: Sono sordi!
Domenico Colasanto: Non sono solo sordi,
ma non vogliono neanche comprarsi
l'apparecchio acustico come ho fatto io (si
ride): e questo è grave.
17-10-1963
Domenico Colasanto: ...Il predecessore del
ministro Corbellini affermò, rispondendo a una
mia interrogazione, che la costruzione di
questa invocata metropolitana spettava al
comune di Napoli. É vero; ma tutti sanno che il
comune di Napoli è povero e non ha mezzi
adeguati. Noi napoletani consumiamo molto;
ma i profitti relativi a tali consumi finiscono,
in gran parte, nelle tasche degli industriali del
Nord, che pagano le tasse, per quello che
pagano, nei loro comuni, non a Napoli.
Onorio Cengarle: E l'oro di Napoli?
Ennio Bonea: Era meglio, allora, il regno
delle Due Sicilie!
Domenico Colasanto: L'oro di Napoli lo
vorremmo regalare agli amici del Nord:
saremmo loro grati se lo accettassero. Il regno
delle Due Sicilie fu un gran male, ma non è
stato bene il trattamento usatoci dopo l'unità
d'Italia.
28-1-1969
Emilio Colombo, ministro del Tesoro:
...Nessuna forza politica, ma solo l'anarchia e
la contestazione globale possono trarre
alimento da un rapporto tra maggioranza e
opposizione che non sia quello proprio di una
costruttiva dialettica parlamentare.
Lucio Libertini: Forse l'anarchia andrebbe
bene.
Emilio Colombo: Per lei può darsi, per me
no.
Lucio Libertini: Un uomo che non ha questa
stella polare è un uomo a metà.
Sandro Pertini, presidente della Camera:
Adesso lasci stare la stella polare, onorevole
Libertini. Io le auguro di andare nello spazio,
così rimarremo un po' tutti tranquilli. Poi ci
manderà a dire che cosa succede lassù.
(Ilarità.)
24-11-1970
Aldo Natoli: ...La filatelia, cioè, oggi non è
soltanto la debolezza del collezionista, non è
soltanto l'hobby di determinate persone (parlo,
naturalmente, della filatelia degli adulti, non di
quella che interessa i ragazzi); la filatelia,
invece, è ormai un'attività che vive di un
sottofondo economico rilevante. Forse anche
ella, onorevole presidente del Consiglio, è un
filatelico?
Emilio Colombo, presidente del Consiglio:
Ho delle collezioni. Aldo Natoli: Mi spiego
allora la sua presenza in questo momento.
Emilio Colombo: Però, in ogni caso, sono
impenetrabile ai suoi argomenti.
Aldo Natoli: Io credo che per lei si tratti
soltanto di un hobby.
Emilio Colombo: Certo è un hobby. Niente
altro.
25-9-1975
Sandro Pertini, presidente della Camera:
Ringrazio lei, onorevole Piccoli, e il ministro
Colombo. Credo che i compleanni siano per
tutti, per ciascuno di noi l'occasione per fare
un bilancio della nostra vita; e il bilancio della
mia vita lo ha fatto lei, onorevole Piccoli. É
stato un cammino molto lungo quello che ho
percorso. Il ministro Colombo mi ha aggiunto
un anno in più (si ride), ma alla mia età, ormai,
un anno in più o in meno, non conta nulla.
Emilio Colombo, ministro del Tesoro: Li
porta così bene!
Sandro Pertini: Grazie. Non ne ho perduto
neppure uno lungo il cammino, onorevole
ministro. (Si ride.)
19-4-1955
Cesare Degli Occhi: ...Non vi furono che
esperimenti di libero amore, tanto è vero che
si è mutato letto, dopo gli amorazzi del 1945,
del 1946, e di parte del 1947; tra gli amorazzi
del 2 giugno 1946! Noi non abbiamo alcuna
intenzione di impalmare la signorina
Democrazia cristiana!
Franco Concas: Non è più vedova.
17-10-1963
Giuseppe Di Vagno: ...Ma perché ci si
decida a intervenire è necessario che i treni
vadano a cozzare tra di loro alla stazione di
Bari?
Guido Corbellini, ministro dei Trasporti:
Anch'io ho fatto delle esperienze del genere,
andando a finire fuori dei binari.
Francesco Albertini: Ella intende fare
dell'umorismo!
Guido Corbellini: Niente affatto. Io facevo
il macchinista allora.
Giuseppe Di Vagno: E i dirigenti di allora
si comportavano verso di lei come si
comportano quelli di oggi nei confronti degli
attuali macchinisti.
Guido Corbellini: Io facevo allora il
macchinista e il dirigente esperimentatore
nello stesso tempo e sono andato fuori binario
a oltre cento chilometri all'ora per un difetto
che non era conosciuto da nessuno.
Qull'incidente mi fu in seguito utile per la
libera docenza.
25-9-1948
Paolo Treves: ...Lei è forse abituato a
seguire una politica per cui, da servo
volontario, non può dir male dei suoi padroni.
Bruno Corbi: In questo può esserci
maestro.
Giuseppe Calasso: É la voce di Londra che
parla.
Umberto Calosso: É una viltà parlare così.
(Scambio di apostrofi fra l'estrema sinistra e la
sinistra.)
13-7-1977
Franco Franchi: ...Nel momento in cui i
cittadini e lo Stato sono colpiti duramente, lei
afferma che vi sono stati successi, ma gli altri
avanzano.
Francesco Cossiga, ministro dell'Interno:
Se siamo ancora qui vuol dire che non hanno
vinto, come in altri tempi! (Commenti a
destra.)
8-8-1979
Gianluigi Melega: ...Io mi sento di
rappresentare una fetta di elettorato che chiede
la decapitazione politica della Democrazia
cristiana; non siamo ovviamente dei giacobini,
anche se ho citato Saint-Just, e quindi non
intendo ovviamente riferirmi a una
decapitazione fisica.
Francesco Cossiga, presidente del
Consiglio: Anche perché fu poi lui a essere
decapitato.
Italo Briccola: In questo caso
soccombereste voi, siamo più di duecento!
Gianluigi Melega: Avremmo l'appoggio
dei carabinieri, caro collega!
Bruno Fracchia: Teniamo la testa a posto!
17-4-1980
Luca Cafiero: ...Noi, onorevole Cossiga,
non abbiamo mai scritto il suo cognome col K,
ma non mi meraviglierei se qualche radicale
conseguente, d'ora in avanti, si accingesse al
disegno grafico di scrivere col K il nome di
qualche suo leader carismatico. Noi, vogliamo
ribadirlo, riteniamo che questa sia solo una
delle questioni morali che già si addensano su
questo Governo.
Francesco Cossiga, presidente del
Consiglio: Ho grande stima della fantasia dei
radicali, ma mi riesce difficile capire come
potrebbero
usare il K.
Luca Cafiero: Un esercizio grafico
problematico, ma i colleghi radicali paiono
addestrati a risolvere questioni più difficili.
Giuseppe Pisanu: Kannella!
Alessandro Tessari: Cafiero col K.
17-12-1963
Ugo La Malfa: L'onorevole Gaetano
Martino ricordava l'autarchia e il
protezionismo. Ma noi prima del Mercato
comune europeo, abbiamo aperto il mercato
per combattere il monopolio, l'autarchia e il
protezionismo allignati proprio sotto l'egida
del Partito liberale prefascista. Perché noi
conosciamo la storia del nostro Paese, né ce la
lasciamo contrabbandare.
Benedetto Cottone: La conosce molto male,
invece: oppure non l'ha capita.
18-10-1966
Luigi Preti, ministro delle FInanze: Quindi,
anche ammesso che potessimo superare le
obiezioni costituzionali per quanto riguarda il
1966, non daremo la copertura per il 1967 e
tanto meno per gli anni seguenti. Che
accadrebbe se nel 1967 riscuotessimo di meno
di quanto previsto?
Benedetto Cottone: Se continua ad
arrampicarsi sugli specchi, può cadere e farsi
male!
27-10-1971
Benedetto Cottone: ...L'immagine
dell'università italiana che emerge dalle
maglie di questi 106 articoli è quella di un
organismo centralizzato, macchinoso e, in
fondo, anche poco funzionale. É l'immagine di
un organismo tristo (stavo per dire "Tristano").
Una voce: ...Codignola! (Si ride.)
6-6-1952
Paolo Rossi: Signor presidente, se ella mi
permette, dirò alcune cose di fronte alle quali
sono perfettamente sicuro che l'onorevole
Covelli starà zitto come un pesce.
Alfredo Covelli: Ella è troppo
presuntuoso.
3-5-1971
Eugenio Scalfari: Onorevole Covelli,
potrei tenerla qui fino a domani leggendole
questa vergogna.
Alfredo Covelli: Quale?
Eugenio Scalfari: Questa: le contraddizioni
di ufficiali superiori e generali dinanzi a una
commissione del nostro Parlamento.
Alfredo Covelli: Meno male, dobbiamo
mandare lei allo Stato Maggiore!
Eugenio Scalfari: Ella non mi manda allo
Stato Maggiore perché non ne ha alcuna facoltà
e io non ho alcuna voglia di andarci.
Alfredo Covelli: Deve vergognarsi di
parlare così di ufficiali dei carabinieri!
Eugenio Scalfari: Leggo i testi della
relazione della Commissione di inchiesta, il
che ella evidentemente non ha letto.
Alfredo Covelli: Non è stato certo il
colonnello Mingarelli a essere tenero con il
generale De Lorenzo. É quindi una doppia
vergogna! Onorevole presidente, ella non
dovrebbe consentirlo: si tratta di ufficiali in
servizio! Vergognatevi!
Presidente: Onorevole Covelli, le ho già
detto che, se ella lo ritiene, può iscriversi a
parlare. La prego di non interrompere.
18-11-1969
Bettino Craxi: ...Difficilmente e raramente
sono nella posizione del lavoratore
dipendente; generalmente, come i colleghi
sanno, i capi o gli esponenti più influenti
appartengono a ceti altolocati, quel certo tipo
di gioventù borghese che Carlo Rosselli
definiva rivoluzionaria a 20 anni, radicale a 30
e forcaiola a 40. Sappiamo di avere sotto gli
occhi fenomeni di questa natura.
Giancarlo Pajetta: Ella che età ha?
Presidente: Onorevole Craxi, ella è
giovane per fortuna; quindi, non raccolga
l'interruzione.
6-11-1985
Bettino Craxi: presidente del Consiglio:
...Onorevoli colleghi, la maggioranza si è
ripresentata dopo aver ricomposto le sue
difficoltà. (Commenti a destra e all'estrema
sinistra.)
Mirko Tremaglia: Lo abbiamo visto!
Guido Pollice: É proprio una bella battuta!
Bettino Craxi: Carta canta, villan dorme!
(Si ride. Commenti.)
D
2-10-1957
Giancarlo Pajetta: ...Sicché bisogna
garantire due anni di potere, altrimenti quei
milioni sarebbero male impiegati per
comprare un consigliere alla vigilia delle
elezioni, in modo che l'affitto abbia almeno un
ciclo biennale!
Antonino Dante: Voi siete affittati per tutta
la vita! (Commenti.)
5-2-1958
1-7-1954
21-2-1979
Franco De Cataldo: Mettetevi d'accordo
perché recentemente alcuni vostri colleghi
hanno ritenuto che i digiuni di Marco Pannella
siano estremamente seri e motivati. (Commenti
all'estrema sinistra.) D'altra parte, queste
forme di esercizio di protesta non violenta
probabilmente non entrano nella mente e nella
comprensione di molti. (Proteste all'estrema
sinistra.)
Presidente: Onorevoli colleghi, vi prego,
cerchiamo di procedere rapidamente!
Franco De Cataldo: Donde, signor
presidente, si ha l'audacia - perché tale è - di
affermare che il compagno Pannella si nutre
durante i cosiddetti digiuni di protesta di
abbondanti brioches e di cappuccini... (Si ride,
generali commenti.)
30-7-1957
20-10-1957
8-2-1983
27-8-1985
25-7-1953
4-4-1962
15-1-1970
16-5-1973
23-9-1971
13-12-1952
11-4-1957
17-3-1971
Domenico Ceravolo: Ella, signor ministro,
si è deciso a informare il Parlamento su
un'operazione che data fin dal dicembre 1970
solo in seguito a indiscrezioni di stampa e alla
conseguente presentazioni di interrogazioni.
Franco Restivo, ministro dell'Interno: Il
dovere del ministro dell'Interno è di riferire i
fatti che ritiene configurino reati all'autorità
giudiziaria. Questo è il mio dovere e questo
dovere l'ho assolto. (Applausi al centro.)
Domenico Ceravolo: Ma ella stesso,
signor ministro, ci dice che i dati iniziali
risalgono al dicembre 1970...
Franco Restivo: Ma le operazioni di
polizia richiedono un complesso di indagini.
Domenico Ceravolo: ...e che l'operazione
di polizia è in atto da una settimana. D'altra
parte, signor ministro, ci sembra che la stessa
operazione che ella denuncia sia abbastanza
limitata: 32 perquisizioni in tutto: 13 a Roma,
11 a Genova, 3 a Milano, 2 a Napoli, 3 a Bari,
11 chili di esplosivo rintracciati in una casa di
campagna...
Ernesto De Marzio: Un colpo di Stato si fa
con 11 chili di esplosivo?
16-10-1973
23-6-1964
8-2-1967
1-3-1968
29-10-1971
28-10-1955
E
16-10-1958
29-4-1964
F
18-7-1956
3-8-1982
9-12-1959
2-12-1986
3-12-1986
7-4-1987
17-7-1958
25-10-1958
5-12-1958
6-12-1958
14-1-1966
31-3-1966
14-7-1967
24-6-1949
1-3-1957
11-12-1951
21-11-1984
24-11-1965
8-11-1971
15-11-1983
23-7-1981
15-7-1955
13-7-1977
26-11-1969
26-11-1969
16/23-12-1978
G
26-10-1965
20-2-1969
21-12-1951
24-5-1949
18-11-1949
17-6-1952
18-5-1982
17-5-1984
24-7-1984
13-5-1977
6-7-1972
9-11-1966
17-10-1967
17-10-1967
7-4-1984
22-11-1949
25-1-1971
3-4-1984
26-11-1969
11-10-1979
L
13-2-1984
10-12-1964
17-6-1964
6-5-1965
13-10-1965
14-2-1949
29-7-1955
20-2-1960
24-6-1960
Giovanni Malagodi: ...Vorrei ricordare
cioè che in Somalia l'Italia non è andata con la
violenza, è andata con pacifiche trattative,
acquistando i territori, se la memoria non
m'inganna, dal sultano di Zanzibar, di quella
parte della Somalia che si chiamava Benadir...
Giancarlo Pajetta: Se ella conosce la storia
coloniale...
Giulio Caradonna: Abissino! (Rumori a
sinistra.)
Giovanni Leone, presidente della Camera:
Non posso ritenere che la parola abissino
offenda, anche per rispetto alla nazione
etiopica.
24-6-1960
9-7-1963
24-9-1969
24-11-1970
15-2-1967
22-11-1956
23-7-1953
7-3-1947
M
22-10-1953
16-2-1968
Giuseppe Speciale: ...E non è tollerabile
nemmeno il tentativo che viene fatto
pervicacemente di ripetere il vecchio stolido
ritornello del tutto va bene. Niente invece va
bene.
Domenico Magrì: Proprio niente?
Giuseppe Speciale: Proprio niente,
onorevole Magrì! Venga con noi a visitare le
zone terremotate!
Domenico Magrì: Posso andarci da solo
perché conosco la strada.
3-8-1954
6-6-1957
19-1-1962
Amintore Fanfani, presidente del
Consiglio: ...Quella legge prevede un certo
sistema di controlli da parte del Governo sulle
società a partecipazione statale e di libertà
delle società. Il ministro delle Partecipazioni
statali, in occasione della discussione annuale
del bilancio, viene al Parlamento ed espone i
progetti e gli investimenti che in genere... Mi
ascolti, onorevole Malagodi, poi mi criticherà.
Giovanni Malagodi: Ma io non ho detto
niente.
Amintore Fanfani: Ho veduto fare al suo
ciuffo un movimento di dissenso.
Giovanni Leone, presidente della Camera:
Allora bisognava dirgli non di stare zitto ma di
stare fermo. (Si ride, commenti.)
11-3-1965
15-7-1977
25-6-1964
12-10-1978
Orazio Santagati: ...Sappiamo che la
Comunità europea preme. Sappiamo che siamo
stati dei tenaci evasori, non certo nel senso
fiscale, ma nel senso legislativo, delle norme
euro- pee. Però, non strappiamoci tanto i
capelli, signor ministro. Poi, lei ne ha un po'
meno; quindi, se li conservi...
Franco Maria Malfatti, ministro delle
FInanze: Li ho tagliati questa mattina.
6-2-1973
16-10-1963
15-10-1948
21-7-1966
29-4-1967
29-4-1967
23-1-1980
3-10-1956
31-1-1973
7-11-1950
26-5-1969
26-5-1969
2-2-1965
4-2-1981
30-9-1981
23-3-1979
28-1-1981
8-10-1982
21-10-1971
21-10-1971
24-5-1973
27-10-1962
3-12-1964
21-2-1964
29-4-1967
6-4-1965
Giacomo Mancini, ministro dei Lavori
pubblici: Ciò è stato deliberato dal consiglio
di amministrazione dell'Anas, e non ha nulla a
che vedere con il decreto del 15 marzo. Si è
solo usato dei normati poteri ministeriali per i
casi di assoluta urgenza; e qui l'urgenza c'era,
perché si rischiava che tutta una montagna
franasse.
Rocco Minasi: Legga l'"Avanti!",
onorevole Mancini.
Giacomo Mancini: Come ministro, guardo
più alle cose che a quanto riferiscono i
giornali.
19-7-1967
16-7-1949
13-7-1956
25-7-1967
26-2-1971
23-7-1971
N
22-7-1957
24-10-1969
6-12-1972
1-12-1971
13-12-1973
4-4-1984
18-5-1984
16/23-12-1978
P
22-5-1967
13-10-1950
16-10-1954
31-10-1970
31-10-1970
3-9-1964
24-10-1953
17-11-1954
9-4-1965
Giuseppe Pella: ...Penso che, ricorrendo a
una semplice, opportuna annotazione in calce,
si potrebbe accelerare la presentazione quanto
meno del conto al 31 dicembre 1964.
Antonio Guarra: Vi è il "tesoro" nascosto!
Giuseppe Pella: No, onorevole collega,
tutti i ministri che si sono avvicendati al
dicastero del Tesoro in realtà non hanno mai
trovato il "tesoro".
9-8-1972
23-5-1973
2-10-1974
12-11-1976
26-2-1958
10-5-1978
20-11-1978
20-11-1978
16/23-12-1978
15-10-1979
10-2-1982
23-11-1970
17-10-1967
31-5-1985
3/11-3-1977
13-12-1972
21-12-1972
30-9-1977
30-9-1977
7-4-1978
Marco Pannella: ...Perché ci sono le
Brigate rosse e i radicali che fanno perdere
tempo con il Concordato, con le leggi fasciste,
con tutte...
Mario Pochetti: Voi fate perdere tempo, le
Brigate rosse sparano!
Marco Pannella: Pochetti, ci trattate in
fondo come dei sussidiari di poco conto
rispetto a quelli che sparano e vi mettono in
crisi.
Virginio Rognoni, presidente della
Camera: Onorevole Pannella, la prego di
continuare, lasci stare questi riferimenti.
Marco Pannella: Signor presidente, mi dia
atto che oggi le interruzioni del compagno e
collega Pochetti sono così simpatiche...
Virgilio Rognoni: Mi riferisco al contenuto
del suo riferimento, onorevole Pannella.
26-10-1978
24-7-1981
17-5-1984
14-11-1984
20-9-1966
20-9-1966
3/11-3-1977
22-2-1977
Q
22-10-1948
Gioacchino Quarello: Ho detto e confermo
che la classe industriale è stata pavida.
Gaetano Invernizzi: La voleva ancora più
reazionaria? Lo vada a dire agli operai di
Torino!
Gioacchino Quarello: Già, perché uno di
noi che si fa rispettare è reazionario; uno di
voi che fa il prepotente difende la libertà
democratica!
Renzo Laconi: Non è questo il modo di
parlare alla Camera. Lo faccia nel varietà.
(Proteste al centro.)
Gioacchino Quarello: Ella è colto e sa
molte cose più di me. Però, se ha fatto
attenzione a quanto ho detto, qualche cosa avrà
imparato anche lei.
7-5-1954
26-7-1974
NOTE:
26-1-1970
17-7-1958
Oronzo Reale: ...Ciò malgrado, onorevole
Nenni, giudica questa astensione nient'altro che
il prezzo con il quale nientemeno abbiamo
fatto cambiare la politica estera del Governo.
Pietro Nenni: Non parlavo per il Partito
repubblicano, se non le dispiace, specialmente
per quanto riguarda la politica estera.
Oronzo Reale: I contrasti non sono
sconosciuti neanche al suo partito, onorevole
Nenni. Sono cose che accadono nelle migliori
famiglie.
15-7-1960
18-2-1975
27-5-1947
9-12-1969
19-11-1980
28-6-1962
27-11-1986
22-7-1955
25-7-1955
31-1-1968
9-12-1969
15-7-1977
13-4-1970
19-7-1973
14-3-1947
14-3-1947
7-12-1966
16-12-1986
15-6-1954
14-10-1970
1-5-1954
17-10-1967
5-2-1971
1-3-1967
Pietro Ingrao: ...Ma non è certo la prima
volta, durante questa discussione, che il banco
del Governo è deserto, o al massimo vi siede
un solo ministro.
Giovanni Battista Scaglia, ministro senza
portafoglio: Guardi gli altri banchi!
25-3-1969
23-9-1969
7-4-1971
7-4-1971
Eugenio Scalfari: ...Cioè la Chiesa
cattolica ha scoperto una cosa che da molti
secoli non aveva più: le è nata cioè dentro la
opinione pubblica. (Interruzione
dell'onorevole Andreotti.) Prima non c'era,
onorevole Andreotti, l'opinione pubblica, era
com'è oggi nell'Unione Sovietica: anche lì ce
n'è poca. Sta nascendo; e così sta nascendo
anche nella Chiesa. Parlo dell'opinione
pubblica non dei credenti, non delle pecore,
ma dei pastori, i quali oggi discutono. Quando
il cardinale primate d'Olanda dice al papa che
certe cose le può fare perché non è d'accordo,
bene, questa è opinione pubblica ecclesiastica.
Giulio Andreotti: Se legge gli atti del I
Concilio Vaticano si renderà conto che la
minoranza capeggiata dal vescovo di Orléans,
monsignor Dupanloup, diceva cose assai più
ardite di quelle che si dicono oggi.
Eugenio Scalfari: Ero convinto, onorevole
Andreotti, che toccando questi tasti avrei
suscitato una sua dotta osservazione. Ma io
sono molto sprovveduto, ed ella mi perdonerà!
Ferdinando Russo: Deve studiare di più la
storia della Chiesa!
20-4-1971
3-5-1971
3-5-1971
20-4-1971
12-12-1972
5-10-1977
19-9-1979
23-1-1980
9-1-1981
4-2-1981
9-12-1981
18-5-1982
13-9-1948
14-9-1948
14-10-1949
18-2-1954
31-7-1954
31-7-1954
1-8-1954
21-10-1953
3-10-1956
2-7-1948
26-5-1949
26-5-1949
26-3-1962
24-7-1984
29-7-1986
13-11-1982
30-8-1982
30-8-1982
3-5-1971
16-2-1951
7-2-1950
Giuseppe Di Vittorio: ...per difendere con
tutta l'energia necessaria il pieno diritto di
sciopero per tutti i lavoratori, compresi quelli
dei servizi pubblici.
Eugenio Spiazzi: Compresi quelli russi!
(Commenti.)
Giuseppe Di Vittorio: Se ella capisse
qualche cosa...
Eugenio Spiazzi: Capisco meglio di lei! Mi
spieghi lo sciopero in Russia!
14-2-1978
5-12-1958
20-2-1960
T
5-12-1956
3-4-1986
17-10-1967
28-2-1967
23-1-1980
23-1-1980
31-5-1960
6-4-1982
Alessandro Tessari: É inutile che mi dici:
"bravo", caro Belluscio. Fallo sapere ai tuoi
amici pensionati che li hai "fottuti" un'altra
volta (proteste dei deputati del gruppo del
Psdi), come già avevi fatto nella Commissione
bilancio e in altre occasioni; perché voi,
spudoratamente, utilizzando tutti gli strumenti
dell'informazione...
Presidente: Onorevole Alessandro Tessari,
lei usa con facilità un linguaggio per caserme
prima del Risorgimento! (Applausi al centro.)
31-8-1982
22-12-1920
13-3-1947
7-6-1946
27-6-1947
24-10-1947
20-11-1986
7-4-1952
19-4-1955
10-4-1957
6-11-1985
8-8-1986
8-8-1986
1-2-1968
30-9-1970
5-3-1952
V
17-12-1986
28-11-1956
6-11-1975
7-2-1985
7-2-1985
Z
20-7-1957
11-10-1960
17-12-1963
15-2-1952
27-3-1956
6-6-1957
7-6-1957
14-9-1983
27-5-1947
28-5-1947
29-5-1947
30-5-1947
6-6-1947
29-10-1947
25-1-1963
17-10-1967
L'Europa
10-6-1947
11-7-1952
14-7-1955
25-6-1959
16-12-1986
Le donne in Parlamento
25-5-1912
26-4-1918
5-9-1919
29-6-1920
Vittorio Emanuele Orlando: Lasciatemi
dire! Ascoltatemi!... dicendo che c'era questa
merce, che si vendeva, e il cui ricavato andava
a beneficio dei profughi, poiché questo somme,
aumentate del 20 per cento, andavano ad
aumentare il fondo profughi, disse: Sa, le altre
mogli di impiegati sono venute; perché non
viene anche lei? Mia moglie non mi disse
nulla. Se me ne avesse parlato, l'avrei
sconsigliata di farlo. Ma con ciò non intendo
stabilire alcuna superiorità etica sulla
compagna di trenta anni della mia vita, sulla
madre dei miei figli! (Vivissimi e prolungati
applausi.) L'avrei sconsigliata, perché il mio
senso morale è pervertito dalla vita pubblica,
perché noi non consideriamo più se l'atto sia in
se stesso buono o cattivo, onesto o disonesto,
ma dobbiamo invece considerarlo in rapporto
a tutta la potenza di malignità della vita
pubblica! (Vivissimi applausi.) Essa ha
acquistato per 300 o 400 lire di roba.
Giudicate voi di ciò, onorevoli colleghi. Io
non ho altro da dire! (Vivissimi, generali,
prolungati e reiterati applausi, moltissimi
deputati si recano a stringere la mano
all'oratore.)
29-5-1947
8-2-1950
4-7-1950
12-12-1951
12-5-1954
6-7-1954
15-10-1954
20-1-1957
13-3-1957
7-12-1966
18-7-1968
13-4-1977
29-6-1977
17-6-1980
7-11-1980
16-2-1982
Polemiche elettorali
31-3-1909
18-12-1913
16-1-1925
19-2-1947
Palmiro Togliatti: Occorre collaborare;
occorre unire le forze progressiste della
Democrazia cristiana, per creare una grande
unità di forze democratiche progressive
repubblicane, la quale abbia la capacità di
saldamente reggere le sorti del Paese e
guidarlo nella sua rinascita.
Luigi Benedettini: Il popolo è stufo del
comunismo! (Interruzioni, rumori a sinistra.)
Palmiro Togliatti: Il popolo è così stufo
del comunismo, che ha nominato sindaco di
Torino un comunista, come di Bologna, di
Firenze, di Livorno, di Pisa e potrei continuare
per un quarto d'ora. (Applausi a sinistra.)
Gennaro Patricolo: Ci rivedremo alle
prossime elezioni.
Emilio Patrissi: Le elezioni le avete fatte
col Governo nelle vostre mani.
11-11-1947
11-6-1948
6-9-1951
15-10-1959
Palmiro Togliatti: Ricordo i tempi in cui si
parlava del primo Paese socialista come di un
paese di barbari. Immediatamente dopo la
guerra leggevamo sui vostri giornali, onorevoli
colleghi democratici cristiani, la storiella del
soldato sovietico che non conosce l'orologio o
del russo che ha la coda. Con queste favole si
fece persino la propaganda elettorale, in un
collegio che ella certamente conosce, signor
presidente Leone...
Giovanni Leone, presidente della Camera:
A me questo fatto non è mai risultato. Pensi,
onorevole Togliatti, che questa storiella fu
attribuita persino a me: ciò dimostra quanto
favolosa sia essa.
Palmiro Togliatti: Non mi riferivo a lei,
signor presidente.
Giovanni Leone: Eppure quella storiella fu
attribuita a me, in Parlamento, da una giovane
collega napoletane. A che punto arriva la
favola!
Palmiro Togliatti: Le confermo, signor
presidente, che non mi riferivo a lei, ma a un
collega che non fu più rieletto.
24-1-1963
25-5-1969
Francesco Cattanei: L'elettore vota per il
partito a cui appartiene.
Antonio Giolitti: Ma di partiti organizzati,
caro collega, non ne esistono nei quattro quinti
d'Italia. (Commenti, si ride.)
21-11-1984
I superstiziosi
12-10-1948
16-2-1951
16-2-1951
12-12-1952
7-6-1957
4-10-1961
7-3-1962
17-5-1965
6-7-1972
3-3-1987
Latine loquere
Il ricorso a citazioni latine non è frequente a
Montecitorio. E non si può dire che le poche
riscontrate brillino per qualità e tanto meno per
originalità.
1. Frustra petis quod intus habes (Vittorio
Emanuele Orlando, 6 marzo 1919)
2. Neque iudaeus, neque graecus, neque
masculus, neque foemina (Francesco Saverio
Nitti, 28 marzo 1920)
3. "Mi è accaduto di sfogliare un testo
autorevolissimo di diritto delle Decretali,
manuale d'insegnamento nella Pontificia
Università Gregoriana in Roma, e a proposito
dei concordati, delle condizioni e del momento
in cui la Santa Sede li conclude ho trovato una
affermazione assai sintomatica che mi permetto
di citare:
...Sede apostolica, ne evidenti ludibrio
exponatur conventiones in forma solemni inire
non solet, nisi gubernium civile necessitate
petendi consensus comitiorum publicorum non
sit adstrictum..." (Palmiro Togliatti, 11 marzo
1947)
4. Non bisogna mai commentare per
absurdum (Umberto Tupini, 13 marzo 1947)
5. Mater certa, pater incertus (Umberto
Merlin, 18 aprile 1947)
6. Res sacra puer. Maxima debetur pueris
reverentia (Interruzione dell'onorevole Uberti)
...E chi ha detto che debba essere proprio io il
convertito dell'ultima ora? Non me ne faccia
dubitare, onorevole Uberti, con questa
excusatio non petita (Alcide Malagugini, 21
aprile 1947)
7. Timeo danaos et dona ferentes (Una
voce, 10 giugno 1947)
8. Superior stabat... agnus (Palmiro
Togliatti, 20 giugno 1947)
9. Navigare necesse est (Umberto Calosso,
16 ottobre 1948)
1 0 . É meglio abundare che deficere
(Umberto Tupini, 2 aprile 1949)
11. Teneo te, Africa (Palmiro Togliatti, 2
ottobre 1953)
12. America docet (Gennaro Miceli, 14
maggio 1954)
13. Parce sepulto (Lionello Matteucci, 29
settembre 1954)
14. Sapientis est mutare consilia
(Francesco Concetti, 3 marzo 1955)
15. Parturiunt montes nascitur mus (Cesare
Degli Occhi, 7 marzo 1956)
16. Usque tandem con tutto questo latino?
(Giancarlo Pajetta, 7 marzo 1956)
17. Delenda (Gennaro Miceli, 25 ottobre
1961)
18. Quando ella dice delenda scopre le sue
batterie. (Mariano Rumor, 25 ottobre 1961)
19. Absit iniuria verbis(Alcide
Malagugini, 25 ottobre 1962)
20. Amice carissime et colendissime sit
tibi venia latine loquendi (Paolo ROssi, 14
dicembre 1962)
21. Scripta manent (Ennio Bonea, 6
febbraio 1964)
22. Ex ore tuo te iudico (Giancarlo Pajetta,
5 marzo 1964)
23. Ipse dixit (Luciano Lama, 6 maggio
1965)
24. Nemo propheta in patria (Randolfo
Pacciardi, 14 gennaio 1966)
25. Medice cura te ipsum (Giancarlo
Pajetta, 31 marzo 1966)
26. Vetita quia mala (Umberto Breganze,
20 luglio 1966)
27. Quis custodiet ipsos custodes?
(Alberto Tedeschi, 20 luglio 1966)
28. Pulsate et aperietur (Giovanni Roberti,
#,o dicembre 1966)
29. Pro nobis (Mariano Trombetta, 12
dicembre 1966)
30. Rari nantes in gurgite vasto (Sandro
Pertini, 22 giugno 1967)
31. Ad maiorem russiae gloriam (Giovanni
Malagodi, 13 luglio 1967)
32. Sincerum est nisi vas, quidquid
infundis ace scit (Mario Pochetti, 21 febbraio
1974)
33. Repetita non iuvant (Roberto Lucifredi,
15 luglio 1974)
34. Ite missa est (Raffaele Delfino, 2
dicembre 1974)
35. Vox clamans in deserto (Silvano
Labriola, 26 luglio 1977)
36. Brevis in fundo (Luigi Spaventa, 7
febbraio 1978)
37. Res iudicata facit de albo nigrum
(Mauro Mellini, 4 ottobre 1979)
38. Nondum matura est (Nicola Vernola,
10 ottobre 1979)
39. Repetita iuvant (Carlo Sangalli, 23
gennaio 1980)
40. Tot tempora tot sententiae (Raffaele
Valensise, 16 settembre 1983)
41. Iudicabo (Bartolo Ciccardini, 2 marzo
1984)
42. Quod differtur non aufertur (Silvano
Labriola, 16 luglio 1984)
43. Nascetur ridiculus mus (Mario
Pochetti, 14 novembre 1985)
44. In corruptissima republica ubi plurima
sunt leges (Olindo Del Donno, 15 luglio 1986)
Vi - Uno sfondo religioso
Spigolature
Spigolature
Interferenze o diritti?
1-6-1909
2. Monarchici scomunicati
20-7-1956
9-6-1948
4. Vescovi sovrani
23-7-1953
5. Comitati civici
19-12-1957
6. Senza miracoli
5-7-1972
Luigi Bertoldi: ...Sappiamo che i miracoli
non li può fare nessuno; non li avete fatti
nemmeno voi, colleghi della Democrazia
cristiana, che per tanti anni siete stati protetti
dal Sant'Uffizio e dai santi del paradiso che
venivano invocati per la vostra passata
propaganda, non oggi. (Commenti al centro.) É
una battuta scherzosa, onorevoli colleghi!
Michelangelo Dall'Armellina: É di
pessimo gusto!
7. Gerarchia silenziosa
5-10-1967
8. La Pira il corriere
8. La Pira il corriere
11-3-1965
9. Attenti ai simboli
17-10-1967
13-10-1948
Stato laico
Non solo per finalità... difensive elettorali, ma
in generale, la preoccupazione della laicità dello
Stato è stata sempre comprensibilmente presente
nella vita pubblica italiana, anche se è frequente e
non casuale la confusione tra laicità e laicismo.
Anche qui giova un "precedente" giolittiano.
2. Date a Cesare...
6-3-1958
3. "Proprio a me..."
19-3-1985
25-9-1957
Il Concordato aggiornato
Il 25 marzo 1947 l'Assemblea Costituente
recepiva i Patti Lateranensi nella Magna Charta
della Repubblica, stabilendo che solo
consensualmente con la Santa Sede potessero
modificarsi le norme del Concordato. Iniziava un
lungo lavoro di sondaggi, contatti, verifiche che si
attestò alla fine - anche se un po' discutibile
l'equiparazione - sulla necessità di prendere atto
delle profonde modificazioni intervenute nella
Chiesa (Concilio Vaticano Ii) e nello Stato (fine
della monarchia). Il negoziato diplomatico è
durato a lungo e non a caso si è concluso sotto il
Governo Craxi, superando i socialisti le
perplessità precedenti. Visti da vicino i problemi
assumono spesso colori più essenziali. Vediamo
alcune menzioni in materia. Per fortuna lo
stenografo non raccolse alla Costituente
l'esplosione poco parlamentare ("Che schifo!") del
bollente onorevole Tommaso Angelo Tonello
quando l'onorevole Palmiro Togliatti annunciò il
voto favorevole dei comunisti. Figura solo la
segnalazione di una anodina "interruzione".
1. La pace religiosa
9-2-1950
Pietro Nenni: É inutile cercare misteriosi
agenti del Cominform laddove sono in gioco le
responsabilità del Governo e della
maggioranza. Noi abbiamo assunto con piena
coscienza la responsabilità di fare quanto
potremo per impedire che il nostro Paese sia
travolto in una politica di guerra o in una
guerra che non faremo.
Eugenio Spiazzi: E noi vi manderemo in
Russia. (Rumori all'estrema sinistra.)
Oreste Lizzadri: E lei è fuggito dalla
Russia, eh?! (Proteste al centro.)
Eugenio Spiazzi: Lei è scappato! (Rumori
all'estrema sinistra, commenti al centro e a
destra, scambio di apostrofi tra il deputato
Spiazzi e l'estrema sinistra, richiami del
presidente.)
Pietro Nenni: L'onorevole De Gasperi
assunse il tono e
l'atteggiamento del crociato pronto a
morire per la Chiesa e per la religione.
Uno voce dal centro: Non si può fare?
Luigi Renato Sansone: Come cittadino sì,
non come presidente del Consiglio.
Pietro Nenni: Egli concluse il suo discorso
con accenti drammatici: "tengo a scongiurarvi
di non buttarvi in questa battaglia; ma, se voi
la volete, l'avrete". Onorevole De Gasperi,
fino a prova del contrario ella è o dovrebbe
essere tutore degli interessi dello Stato e non
di quelli della Chiesa, la quale non manca di
difensori, dall'Azione cattolica alla stampa
cattolica, dal Vaticano all'"Osservatore
romano". Nel secolo scorso abbiamo visto la
Chiesa tentare di trasferire sul piano dei dogmi
la lotta che Cavour conduceva contro i vecchi
diritti ecclesiastici. Essa poteva farlo. Non è
ammissibile che assuma un atteggiamento del
genere il presidente del Consiglio dei ministri
dello Stato italiano e repubblicano, non dello
Stato del Vaticano.
Alcide De Gasperi, presidente del
Consiglio: Ho il dovere di difendere la pace
religiosa in Italia. Per questo sono intervenuto.
(Vivi applausi al centro.)
Luigi Renato Sansone: Ma a beneficio di
una sola parte!
Pietro Nenni: Onorevole De Gasperi, la
pace religiosa è uno degli elementi della pace
civile del Paese. Ma, per l'appunto, in quel
convegno non avevamo attaccato la religione
come tale, cosa del resto di cui rivendico il
pieno diritto per tutti gli italiani. Sulla
religione, noi marxisti abbiamo la nostra
opinione. La prima è di non avere religione, la
seconda è di considerare la religione non come
una rivelazione soprannaturale ma come il
riflesso del mondo reale. Tuttavia non su
questo il convegno laico socialista intese
richiamare l'attenzione del Paese, ma sulla
esecuzione del Concordato e sul Concordato
stesso. Ora, che cosa c'è da eccepire a tale
nostro indirizzo? Il fascismo concepì il
Concordato come un tentativo di utilizzare la
forza della Chiesa ai fini dello Stato, inteso
come principe, cioè come dittatura. Oggi i
termini si sono rovesciati ed è la Chiesa che
tiene al guinzaglio lo Stato.
Tommaso Leone-Marchesano: Non
potrebbe essere diversamente...
2. Sepolture
5-10-1967
3. I lasciti
7-2-1968
4. Le crociate
24-3-1969
5. Il prenegoziato
7-4-1971
6. Candore einaudiano
7-4-1971
7. Pannella e l'articolo 7
3-12-1976
Gesuiti
1. Difesa di Orlando
22-5-1909
2. Uso deformato
4-12-1952
3. Insegnamenti
25-7-1949
9-11-1961
2. Avvocati d'ufficio
25-11-1969
3. Insuccessi matrimoniali
24-11-1970
4. Rito civile
24-11-1970
5. Doppio rito
4-2-1981
Marco Boato: ...mi sono sposato prima
civilmente e poi religiosamente, per non fare
un matrimonio concordatario (scusate questo
inciso personale).
Calogero Mannino: É interessante, per noi,
sapere che ella ha contratto matrimonio
religioso!
6. Presunzioni
10-2-1983
Venti confessioni
1. Giorgio La Pira: Da ragazzo facevo
l'anticlericale anchÉio. (11 marzo 1947)
2. Francesco Saverio Nitti: Nel Medio Evo
si perdonavano molto spesso dalla Chiesa i
peccati contro il Padre e contro il Figlio, ma
non si perdonavano i peccati contro lo Spirito
Santo. Ora, chi offende alcuni interessi
individuali del pubblico insulta lo Spirito
Santo. (29 giugno 1911)
3. Francesco Saverio Nitti: Non
addoloriamoci del nostro dovere. I fedeli
dicono che Dio è grande e che spesso si serve
delle umili persone e dei piccoli per compiere
grandi cose. Fu per Adamo (siamo in materia
di agricoltura) che rovinò tutta l'umanità. Dio
si servì di una pastorella di Orléans per
liberare la Francia dagli inglesi. (6 maggio
1908)
4. Ferdinando Truzzi: Il Vangelo è uno
solo, onorevole Sponziello. (8 novembre
1972)
5. Pietro Sponziello: I Vangeli sono
quattro, onorevole Truzzi. ( 8 novembre 1972)
6. Emilio Colombo: Nemmeno nel Vangelo
l'ingenuità è considerata come una virtù. (7
luglio 1960)
7. Luigi Luzzati: Seguirò il
rimboschimento, onorevole Nitti, dall'altra
vita. Io ci credo nell'altra. In questa se ne
sentono tante. (8 marzo 1910)
8. Dino Felisetti: La speranza è una virtù
teologale. (21 marzo 1979)
9. Giancarlo Pajetta: Dopo la settimana di
passione vi è sempre la consolazione di
pensare alla resurrezione. (4 aprile 1960)
10. Pietro Nenni: Per la questione triestina,
onorevole Baresi, bisogna rimettersi alla
misericordia divina, come ha fatto il suo
collega!
11. Eugenio Dugoni: Sappiate perdere! Chi
è senza peccato scagli la prima pietra. (25
settembre 1947)
12. Vittorio Emanuele Orlando: Anche
l'idea di Dio, anche l'idea divina s'incarnò per
agire, per vincere con la sofferenza gli
ostacoli! Che cosa, invece, fate voi per queste
idee? Voi le considerate come il vostro sole
dell'avvenire; e nella notte buia e paurosa
andate a letto, aspettando che sorga il domani e
che il sole si levi. Voi onorate l'idea, ma non
la servite, e con una ideologia vana la
indebolite. (23 febbraio 1918)
13. Cesare Degli Occhi: Sto parlando del
Vangelo vero: quello secondo Mattei sarebbe
apocrifo. (22 novembre 1956)
14. Carlo Tassi: Non temo certamente
avversari in termini di eziologia morale e di
tutto quanto riguarda il Vangelo. (8 novembre
1973)
15. Nettuno Pino Romualdi: Malgrado
sembri che vi sia un solo partito di cattolici, io
sono cattolico. (18 luglio 1957)
16. Umberto Tupini: Il catechismo, caro
Tonello, è sempre il libro insuperato e
insuperabile della più alta sapienza dei secoli.
17. Vittorio Emanuele Orlando: I pagani
dicevano che l'avvenire è nel grembo di
Giove; noi diciamo che è nella mente di Dio.
(22 maggio 1909).
18. Giuseppe Di Vittorio: Settimo
comandamento: non rubare. (13 dicembre
1952)
19. Roberto Lucifero: Classificare
lavoratrici le suore ai fini giuridici non mi
pare esatto. Vi sono quelle destinate alla vita
contemplativa. Per i miei peccati ci vogliono
molte monache, ma questa non è la sede
competente. (4 marzo 1947)
20. Agostino Greggi: Amerei essere
classificato indipendente cattolico, nel senso
che sono un deputato che crede fortemente
nella dottrina sociale della Chiesa. (2 ottobre
1981)
VII - La parolaccia
Sembra che in Inghilterra per definire un
linguaggio compassato e di stile lo si chiami
parlamentare. Può valere questa regola in Italia?
Direi di sì, anche se ci sono eccezioni e talvolta
eccezioni abissali.
Va detto che in qualche caso si pretende che il
movente politico cambi il significato di una
parola. Ricordo una volta la onorevole Gina
Borellini che, richiamata all'ordine per aver dato
dell'assassino a De Gasperi, credette di
alleggerirsi dicendo che si trattava appunto di un
giudizio politico sul Governo e non - bontà sua -
di una accusa personale di omicidio.
Sono stato incerto se pubblicare questo
capitoletto di "parolacce", ma non me la son
sentita di fare un'autocensura. Del resto rapportato
alla totalità degli atti parlamentari rappresentano
sì e no una percentuale di uno a cinquecentomila.
Guai quindi alle generalizzazioni.
Il resoconto stenografico non dice se al
momento del turpiloquio fosse effettivamente
presente il pubblico in tribuna, specialmente le
scolaresche che a turno si recano a visitare il
palazzo. Già le scandalizziamo con i vuoti, spesso
quasi totali mentre un oratore parla, magari
gesticolando e alzando la voce.
É vero. Il commesso-guida spiega che tutti gli
altri sono in commissione o a lavorare
durissimamente altrove; ma non se se i ragazzi si
convincano. Dar loro il cattivo esempio nel
linguaggio sarebbe certamente più grave.
Posso ricordare che non portai più il mio
figlio piccolo alle partite nel recinto d'onore
perché qualche collega si lasciava andare a
invettive e maledizioni da suburra? Agli stadi però
valgono regole speciali. Degli arbitri, ad esempio,
si contesta la fedeltà del coniuge anche se sono
scapoli.
Il Parlamento, comunque, non è uno stadio.
Orsi e dollari
10-7-1948
"Faccia di bronzo"
25-2-1949
Chiacchierone-istrione
24-10-1949
Criminale assassino
1-12-1949
L'unica lingua
22-4-1950
Lustrascarpe
30-4-1952
Schiavetto
2-10-1953
Vice Hitler
18-11-1953
Senza cervello
18-10-1954
Figlio di Stalin
20-3-1956
3-7-1956
Ladroni notissimi
5-12-1956
Angelo Nicosia: ...sono stati fermati
ragazzi iscritti alla Democrazia cristiana,
monarchici, missini, repubblicani, ma sono
stati rilasciati soltanto i democristiani, i
repubblicani e i monarchici, mentre i missini
sono rimasti dentro alcuni giorni.
Claudio Cianca: Perché avevano rubato.
(Proteste a destra.) Angelo Nicosia: Ha rubato
lei e il suo collega Audisio. Ladri! (Proteste
all'estrema sinistra.)
Nettuno Pino Romualdi: Siete stati dei
notissimi ladroni!
Presidente: Basta! Non tollero queste
ingiurie nelle discussioni parlamentari!
Cornuti e...
19-7-1958
Gesuita
5-8-1960
Scaccìno
5-8-1960
Necrofilo
12-2-1963
Domenico Leccisi: ...Siamo sicuri che in
Italia esistono ancora giovani che possono
sentire la bellezza di servire la Patria.
(Applausi a destra.)
Mario M. Guadalupi: Lei non ama la
Patria, ma i cimiteri!
Domenico Leccisi: Non si permetta più di
parlare così.
Mario M. Guadalupi: Sto tremando dalla
paura. (Apostrofe del deputato Leccisi, che il
presidente richiama, scambio di apostrofi fra i
deputati Giuliano Pajetta e Leccisi, ripetuti
richiami del presidente.)
Ladri
10-10-1963
Stupido
2-4-1965
Ipocrita
14-1-1966
Flaminio Piccoli: ...vi è una sensibilità
dolorosa in tutti noi che non diviene però mai,
per noi, speculazione politica (interruzione del
deputato Pajetta) e che si contiene nella
ricerca della verità su cui è fondata la pace.
Tale sensibilità, signor presidente del
Consiglio, era espressa nel suo discorso.
Giorgio Amendola: Non si sentiva!
Flaminio Piccoli: Chi ha voluto qui
definire quel discorso con parole di dispregio
non sa che ormai l'unica cosa certamente
squallida di questo dibattito è il livore con cui,
in taluni momenti del suo intervento,
l'onorevole Pajetta si è voluto esprimere su
temi tanto delicati e angosciosi. (Proteste
all'estrema sinistra.) Nell'approvare le
dichiarazioni del presidente del Consiglio e
l'ordine del giorno, intendiamo anzitutto
riconfermare all'onorevole Fanfani il pieno
apprezzamento dell'opera da lui svolta.
Giancarlo Pajetta: Ipocrita.
Presidente: Onorevole Pajetta!
Servo maldestro
12-3-1966
Vile e presuntuoso
2-5-1967
Traditori
26-6-1967
Servo
13-7-1967
Aldo Moro, presidente del Consiglio: ...Lo
facciamo commossi dagli orrori della guerra e
spinti dalla pietà verso tutte le vittime del
conflitto, ma senza che ci sfuggano la
complessità della situazione vietnamita e la
molteplicità e gravità delle conseguenze che
possono derivare dall'evolvere di questa
guerra, sia sull'equilibrio globale del mondo,
che è garantito in così notevole misura dal
nostro più grande alleato, anche se il conflitto
è fuori dell'area coperta dall'alleanza atlantica.
(Vive proteste all'estrema sinistra, richiami del
presidente.)
Giancarlo Pajetta: Lei è un servo!
Fesserie
17-10-1967
Livelli morali
15-2-1968
Ignoranza baggiana
19-1-1970
Gauleiter
11-3-1971
Senso di pena
2-5-1975
Buffoni
13-8-1974
Giorgio Almirante: A un dibattito sulla
sicurezza dello Stato noi riteniamo - e credo di
potervelo serenamente dimostrare - di poter
portare oggi un contributo di informazioni, di
considerazioni...
Alberto Todros: Rauti! Ordine nero!
Renato Ballarin: Servi dei nazisti!
Clemente Manco: Buffoni!
Cialtro-buffone
21-4-1977
Idiota
21-11-1977
Spogliarello
22-11-1978
Marco Pannella: ...Non è possibile, ma se
noi per un istante ci spogliassimo da una
visione di parte...
Annamaria Ciai Trivelli: No, Pannella, non
ti spogliare qui!
Marco Pannella: Può anche darsi che un
giorno noi ci si spogli qui; sarebbe, comunque,
molto meno grave di quello spogliarello
continuo che voi fate della verità, sia
attraverso la Rai-Tv sia sul vostro giornale.
Capisci, perché quello spogliarello lì è
veramente osceno.
Annamaria Ciai Trivelli: Sei un buffone!
Fesso al cubo
20-11-1979
Imbecille
6-12-1979
Primo ciarlatano
23-1-1980
Frustrato
16-4-1980
Buffone
21-5-1980
Mascalzone
20-9-1983
Marco Pannella: ...Non so, cosa mi
rimproveri, Pajetta?
Giancarlo Pajetta: Ti rimprovero di non
votare!
Leonilde Iotti, presidente della Camera:
Onorevole Pajetta, la prego!
Marco Pannella: Senti Pajetta,
rimproverarmi di non votare? Devo dire che
sei un po' presuntuoso...
Giancarlo Pajetta: Io sono presuntuoso, tu
sei un mascalzone! (Applausi all'estrema
sinistra.)
Cambronne
9-1-1981
Faccia di tolla
27-2-1981
Cervelli ammassati
8-7-1982
Ascaro
3-4-1984
Bottegaio australiano
12-2-1985
Presuntuoso e altro
28-3-1985
Massimo Teodori: ...Di cosa trattiamo,
signor presidente, in questo disegno di legge,
se non dei legami temporali, del rafforzamento
e della creazione di un sistema di legami
temporali?
Nello Balestracci: Non lo sai nemmeno tu,
presuntuoso?
Italo Briccola: Parla delle cose che
conosci! Parla degli omosessuali!
Quadrupedi
6-3-1986
Buffone
29-1-1987
Franco Russo: Noi vogliamo invece che
nel Südtirol si sviluppi una comunità pacifica
e democratica. (Commenti del deputato
Tremaglia, vive proteste a destra.)
Presidente: Onorevole Tremaglia!
Mirko Tremaglia: Mascalzoni!
Presidente: Onorevole Tremaglia, la
prego!
VIII - Un onorevole
minimassimario
Quando Carlo De Benedetti acquistò le azioni
della Perugina gli suggerii nel "Bloc Notes"
settimanale di ridar vita alle figurine che hanno
rappresentato negli anni della mia giovinezza una
borsa-valori più ramificata e conosciuta di quelle
di cui ora si occupa la Consob. Il massimo della
felicità si raggiungeva trovando in una tavoletta di
cioccolato o nella pasta Buitoni il cartoncino con
il Il Feroce Saladino, che, se mal non ricordo,
valeva quaranta punti. É vero: forse erano tempi
sotto questo aspetto più bonari e meno ambiziosi;
quando non esisteva la possibilità di vincere dieci
milioni e oltre in una delle televisioni indovinando
quanti chicchi di riso entrano in un pacchetto da
cento grammi o quale sia la capitale della Grecia
(almeno Giuliana Longari divulgava la letteratura
latina sotto la guida del professor Bongiorno; e
guadagnava molto meno).
Voglio tuttavia dare ora un altro consiglio allo
stesso gruppo. Rinnovino il repertorio dei
messaggi contenuti nel fogliettino che vivacizza i
Baci Perugina, sostituendo alle languide e
polivalenti frasette sentimentali qualcuna di queste
minimassime espresse nel Parlamento nazionale.
Al cioccolato o no, queste brevissime frasi
hanno il merito di concentrare in poche parole -
talvolta improvvisate - il contenuto potenziale di
un lungo discorso, che sarebbe letto solo dagli
addetti ai lavori. Non so più chi con poca eleganza
disse che noi politici non di rado ci parliamo
addosso.
Nel mettere insieme la selezione non ho
seguito un criterio sistematico. Mi è sembrato più
fedele dare un'immagine della illimitata varietà
dei temi di cui i deputati sono costretti a occuparsi
o comunque si occupano. Vi sono i minuziosi per
cui l'assegnazione di un segretario al comune
vicino mentre il proprio è da più tempo vacante, è
considerata una disfunzione pubblica che va
censurata con interrogazioni e interpellanze; al
polo opposto si trovano quanti invece (minoranza
assoluta) per portare studio e attenzione a un
argomento richiedono almeno dimensioni
internazionali, in attesa dell'ascensione nelle sfere
spaziali. Tra la serie alfa e la serietta omega vi
sono tanti tipi diversi, che in fondo rappresentano
bene la policromia del popolo che li elegge.
Durante il fascismo vi era un solo produttore
di massime, ma in compenso venivano ripetute a
grandi caratteri agli angoli delle strade, nei libri di
scuola e in qualche caso persino sul denaro
corrente (ricordo la grande moneta argentea da
venti lire con un altisonante "Meglio vivere un
giorno da leone che cento anni da pecora"). In
democrazia si sta più attenti a non pronunciare
frasi solenni. Chi lo dimentica rischia brutto.
Quando ad esempio il ministro Pella per fermare
la spesa pubblica disse per tre anni di fila che
eravamo giunti in fondo al barile, invece del giusto
allarme suscitò commenti ironici. E peggio ancora
fu quando - costretto ad abbandonare l'immagine
del barile - ricorse a parametri idro-patriottici,
dicendo che la lira era ormai sulla linea del Piave.
Pochi mesi dopo, aggravatosi ulteriormente il
deficit, gli chiedevano divertiti se si fosse arrivati
al Garigliano.
Per questo ho definito "minimassime" queste
pillole di individuale saggezza parlamentare tra le
quali spero che ciascun lettore troverà qualcosa di
interessante.
Giovanni Giolitti, 24 novembre 1893:
"Onorevole Imbriani, per quanto ella si sforzi,
non riuscirà mai a gettar fango nemmeno sui
miei stivali!"
Francesco Saverio Nitti, 30 gennaio 1905:
"Io ho una gran paura dei meridionali al
Governo."
Francesco Saverio Nitti, 13 maggio 1911:
"Voltaire dice che Zoroastro ha sentenziato che
i servizi resi restano spesso nell'anticamera e i
sospetti entrano nel Gabinetto. Io spero che
Zoroastro mi lasci in pace e che, se renderò
qualche servizio, mi sia sinceramente
riconosciuto."
Francesco Saverio Nitti, 15 maggio 1911:
""Tout chemin mène à Rome": è scritto anche
sui piatti del Grand Hôtel."
Giovanni Giolitti, 8 luglio 1911: "Il fare
l'interesse generale dello Stato e più liberale
che fare quello di pochi capitalisti."
Arturo Labriola, 16 dicembre 1913:
"Vogliamo abolire la lotta di classe, come
vogliamo abolire la guerra."
Giovanni Giolitti, 16 dicembre 1913:
"Anche quando vi fosse il socialismo, senza il
capitale non si produrrebbe!"
Filippo Turati, 16 dicembre 1913: "La
lotta di classe vogliamo abolirla nell'avvenire:
ma intanto dobbiamo praticarla!"
Giovanni Giolitti, 19 giugno 1921: "Le
verità generalmente soddisfano poco."
Vittorio Emanuele Orlando, 22 novembre
1924: "Onorevole Mussolini, non mi domandi
cos'è la libertà. La libertà non si definisce, si
sente."
Pietro Calamandrei, 4 marzo 1947: "Il
vivere di rendita non sarà un'attività, ma è
certamente una funzione."
Mario Cevolotto, 6 marzo 1947: "Gli
amici della Dc hanno fra le loro idee quella
che la famiglia preesiste allo Stato."
Emilio Lussu, 6 marzo 1947: "La
democrazia moderna o è socialista o non è
democrazia."
Emilio Lussu, 6 marzo 1947: "La stessa
domanda mi fece l'altro giorno il mio
barbiere."
Girolamo Li Causi, 14 marzo 1947: "La
guerra fascista e la guerra di Liberazione: qual
è giusta e quale ingiusta?"
Palmiro Togliatti, 25 marzo 1947: "Sono
convinto che in un consesso di prelati romani
sarei stato ascoltato sino alla fine con più
sopportazione."
Giuseppe Abozzi, 3 giugno 1947: "Alla
mia coscienza penso io."
Giovanni Porzio, 12 giugno 1947: "NOn ho
la fortuna di aver dietro le spalle un gruppo
forte, valido, battagliero. Sono solo; e chi è
solo è forte, dice Ibsen. Io vengo da una città
grande, sventurata e bella come Desdemona e
come Desdemona soffocata dalla gelosia. Però
questa città è stata la culla, la forza operante
dell'unità italiana! Ha ragione Heine: come
corrono i morti!"
Vincenzo La Rocca, 12 settembre 1947:
"L'energia spirituale e morale tante volte
illumina il cielo tumultuoso della nostra
storia."
Giuseppe Codacci Pisanelli, 16 ottobre
1947: "Anche dinanzi all'ingresso di
Montecitorio stanno marziali le sentinelle."
Roberto Lucifero, 17 ottobre 1947: "Il
pane quotidiano è quella cosa che uno mangia
senza accorgersene."
Gustavo Ghidini, 21 ottobre 1947:
"Saranno evitate almeno le amnistie che si
succedevano a ogni lieto evento della Casa
reale."
Emilio Lussu, 29 ottobre 1947: "Il Molise
non può gravitare su
Benevento: non fosse altro perché i sanniti
le hanno date sode ai romani." Guido Russo
Perez, 30 ottobre 1947: "Dante stesso che
chiama bastardi i romagnoli li chiama tuttavia
romagnoli. Non c'è che dire."
Pietro Nenni, 17 novembre 1949:
"Fortunatamente Bonn non è tutta la
Germania."
Fausto Gullo, 11 dicembre 1951: "Quando
la mamma dà il latte al bambino, non lo
sottopone forse a una costrizione? Quando gli
rincalza le coltri, non lo sottopone forse a una
costrizione?"
Adone Zoli, 15 febbraio 1952: "Io non ho
mai avuto fiducia nelle conferenze."
Gaspare Ambrosini, 12 giugno 1952: "Il
mondo si è perduto e molti si sono perduti
credendo di essere troppo furbi."
Epicarmo Corbino, 9 dicembre 1952: "Un
partito conta per le idee che esso rappresenta,
per la tradizione che ha alle sue spalle, per
l'avvenire che ha nel suo programma, non per
tre o quattro o cinque uomini di più che esso
possa portare alla Camera."
Ezio Vanoni, 15 dicembre 1952:
"Spingiamo l'esame anche a qualche anno
precedente. Quando si tratta di sincerità noi
siamo disposti a essere tediati."
Cino Macrelli, 20 gennaio 1953: "Io dico
che il rapinatore di strada merita più
comprensione di colui che tenta di rapinare
l'onore e la dignità del cittadino, specialmente
dell'uomo politico."
Amintore Fanfani, 28 gennaio 1954: "I
depositi di armi non sono ideologici!"
Giuseppe Bettiol, 23 settembre 1955:
"Cavour ricorse alla marchesa di Castiglione;
ma Nenni non è la marchesa di Castiglione."
Giuseppe Bettiol, 13 giugno 1956: "Non è
l'atomica, ma è la libertà il problema di
fondo."
Adone Zoli, 7 giugno 1957: "Il cristiano
perdona tutto, ma non dimentica."
Aldo Moro, 17 ottobre 1957: "Qualche
volta anche i sovversivi possono dire delle
verità e i non sovversivi delle sciocchezze."
Giorgio Amendola, 25 settembre 1958:
"Ogni regime ha i suoi "Petacci"!"
Pietro Nenni, 5 dicembre 1958: "Se
qualcuno non è in correlazione di sentimenti
con il Paese, questo qualcuno è la Democrazia
cristiana."
Giuseppe Terragni, 5 aprile 1962: "Sono
andato al cinema per vedere La dolce vita.
Bisognava pagare: ho detto: no! Io per vedere
un film difficilmente sono disposto a pagare."
Giovanni Roberti, 5 dicembre 1962: "Le
vie del Signore sono insondabili!"
Giorgio Amendola, 8 aprile 1964: "La
politica del minor male ha sempre dato frutti
avvelenati."
Luigi Preti, 28 febbraio 1967: "In Italia
siamo tutti avvocati."
Maria Catalano Alessi, 29 aprile 1967:
"Noi italiani siamo tutti toscani. La toscanità è
generale."
Benedetto Cottone, 13 ottobre 1967:
"L'autocritica è figlia della libertà, cioè è
proprio liberale."
Fiorentino Sullo, 6 marzo 1969: "Tutti
siamo uomini d'ordine: chi di "ordine nuovo",
chi di ordine vecchio."
Giulio Tedeschi, 11 marzo 1969: "Sui
cromosomi non c'è ancora il potere della
Democrazia cristiana."
Giulio Tedeschi, 11 marzo 1969:
"Pirandello appartiene a tutto il mondo."
Fiorentino Sullo, 11 marzo 1969: "Io non
sono siciliano."
Luigi Preti, 10 novembre 1970: "Quello
che dice l'onorevole Libertini è una
barzelletta."
Aldo Bozzi, 24 novembre 1970: "Caro
onorevole Roberti, ella per andare avanti
dovrebbe cominciare a tornare indietro. Ella
non ha avvenire!"
Giovanni Musotto, 13 ottobre 1971: "Non
tutti i siciliani sono mafiosi."
Mario Pochetti, 30 novembre 1972: "Il Cip
?Comitato italiano prezzi* potremmo
chiamarlo la "foresta umbra" tante sono le zone
d'ombra."
Giuseppe D'Alema, 30 novembre 1972: "Il
Cip è il vuoto assoluto."
Fiorentino Sullo, 19 febbraio 1973:
"Poiché sono napoletano, sono anche
borbonico."
Alberto Todros, 26 settembre 1974: "Se
sei fascista, non puoi essere stupido."
Alessandro Reggiani, 3 maggio 1978: "Il
nostro Paese era definito culla del diritto:
questa definizione - dobbiamo dirlo
francamente - ormai sta cadendo in
prescrizione."
Maria Eletta Martini, 10 agosto 1979:
"Ognuno è fatto a modo suo. Io non sono un
presidente robot."
Leonilde Iotti, 15 settembre 1980: "Faremo
un corso d'ironia."
Francesco Giulio Baghino, 26 novembre
1980: "Per me il fascismo non è patologico,
ma fisiologico."
Vincenzo Trantino, 26 novembre 1980:
"Ognuno ha il Rocco (1) che si merita: per
l'onorevole Lo Bello c'è Nereo Rocco."
Mimmo Pinto, 9 gennaio 1981: "Uno dei
miei grossi drammi, quando vado nelle
carceri, è di incontrare vecchi amici, che oggi
non mi sono più amici."
Aldo Bozzi, 4 novembre 1981 ?Alla
onorevole Aglietta*: "Ma studia prima,
figliuola!"
Giancarlo Pajetta, 26 aprile 1982: "Un
ministro di meno che parla non fa mai male."
Nino Cristofori, 13 maggio 1982: "Tu,
Tessari, mi assicuri che non tornerò facilmente
alla Camera. Vedremo se tornerai tu." (2)
Marco Pannella, 11 agosto 1983: "Ho
dovuto andare a crearmelo il partito; non l'ho
ereditato e non l'ho consumato."
Mauro Mellini, 16 settembre 1983: "Gli
assenti hanno sempre torto!"
Antonio Gava, 25 luglio 1985: "Riconosco
la supremazia della Svizzera in materia di
cioccolato, ma non in materia di televisione!"
Francesco Onorato Alici, 21 novembre
1985: "Noi siamo iscritti a votare!"
NOTE:
(1)Si riferisce al professor Alfredo Rocco,
autore del Codice Penale del 1930.
(2)Nelle elezioni del 1983 l'onorevole
Alessandro Tessari fu rieletto.
IX - Autobiografica
Ho sempre risposto, a chi mi chiede di
scrivere una autobiografia o di consentire ad
altri di descrivere la mia vita, che non è
ancora venuto il momento. Oltre a un minimo
senso delle proporzioni che giustamente mi
sconsiglia in proposito, vi è la constatazione
frequente che alla luce dei fatti nuovi devo
rettificare valutazioni e atteggiamenti..., mentre
per altri aspetti il tempo conferma posizioni e
mette a nudo certe altrui meschinità polemiche.
In fondo non porto rancore verso chi mi vuol
male. Ho cominciato tanto presto il mio cursus
honorum che è quasi legittimo che qualche...
concorrente non ne possa più e macini
irritazioni e delusioni per il mio "permanere".
Il giorno della morte di De Gasperi un
ministro, invece di condolersi, disse alla sua
segretaria che finalmente ci si sarebbe levati
Andreotti dai c.... Oltre a mancar di riguardo
terminologico verso una signora, il
personaggio non sapeva che la giovane aveva
lavorato con me e si sarebbe precipitata a
venirmelo a dire. Dovetti faticare per
convincerla a non dimettersi, assicurandola
che il tempo è galantuomo e il suo provvisorio
capo, da tempo tornato alla Casa del Padre,
non brillava almeno per senso di opportunità.
Per il momento, dunque, niente biografia.
Ma in una descrizione di vita parlamentare non
posso cancellare del tutto quello che mi
riguarda, anche perché si presta a qualche utile
precisazione su un paio di sassolini che
ancora, oltre ad altri, ho nelle scarpe. La mia
prima interruzione registrata è del 14 ottobre
1948 ed è diretta a Giancarlo Pajetta, che
aveva detto: "Noi non vi accusiamo di quello
che farete ma di quello che fate; e non basta
aver fatto delle azioni oneste per annullare
tutte le altre. Del resto l'onorevole Andreotti
queste cose le conosce meglio di me". Gli
risposi: "Cerchi piuttosto lei di farne almeno
una". Conosciuto meglio Pajetta, non gli avrei
però rivolto una frase del genere.
Due anni dopo (il 2 aprile 1950) si
discuteva di teatro. Rammento che la materia
faceva allora capo al sottosegretario alla
presidenza; e l'onorevole Egidio Ariosto - uno
specialista in materia - partendo dalla eterna
crisi del settore riconosceva che era
impossibile chiedere più fondi al Tesoro. Gli
osservai: "Bisognerebbe sovvenzionare il
pubblico, ma sarebbe un po' troppo".
Più volte si parlò di cinema a
Montecitorio. A Bruno Corbi non era piaciuto
un mio cenno al poco gradimento dei film
sovietici nel pubblico italiano. Lo
contrattaccai (29 settembre 1953) dicendo
"che comunque si proiettavano più film
sovietici in Italia, che film italiani in Russia".
E poiché Corbi criticava il premio governativo
dato al film Vulcano notai che questa era una
sua opinione, provocando una curiosa difesa
d'ufficio dell'onorevole Eugenio Ugoni: "Non
si può dir male di Garibaldi", al che risposi:
"Sì, ma specificate chi è Garibaldi". Nella
stessa tornata interruppi la deputata Luciana
Viviani, che rimproverava la non
pubblicazione degli elenchi delle sovvenzioni
allo spettacolo, invitandola a comprarsi il
bollettino della Presidenza del Consiglio,
"tanto più che costava solo cento lire".
Nel 1954 - in una delle parentesi dal
Governo - presi la parola per parlare a favore
della giunta valdostana.
Walter Audisio: Soprattutto da quando
hanno mandato via i democristiani.
Giulio Andreotti: Mi pare che sia passato
troppo poco tempo per poter trarne un
consuntivo da questo lato.
Il 17 novembre 1954 dissi a Di Vittorio
che lodava l'autodisciplina dei lavoratori nello
sciopero dei servizi pubblici:
"Si vede che in casa sua si cucina col
"Liquigas" e non col gas della società
erogatrice cittadina, che da tre giorni manca
nelle case di Roma. Questa autodisciplina non
so bene in che cosa consista".
Nel 1956, mentre ero alle Finanze,
l'onorevole Guido Faletra si lamentò perché il
Governo non presentava i rendiconti. Fu facile
reagire: "I consuntivi che sono stati presentati
non sono stati letti da nessuno. Stanno lì a
prendere polvere". Seguì un noioso scambio
tecnico di battute e si ebbe invece un accenno
politico di una qualche importanza.
Guido Faletra: Un tentativo di ricatto al
partito della Democrazia cristiana, che opererà
sul singolo deputato, sui voti di preferenza, per
influenzare dal di dentro la vita del partito
democristiano, con la speranza di indurlo a
ricostruire quel fronte reazionario del 18
aprile che, si badi bene, fu scompaginato dalle
lotte popolari per la riforma di struttura, e,
prima di tutto, dalle lotte dei lavoratori
meridionali per la terra.
Giulio Andreotti, ministro delle Finanze:
Intanto quel fronte del 18 aprile è l'unico che
ha fatto delle riforme, per ora. (Commenti a
sinistra.)
Guido Faletra: Onorevole Andreotti, non
mi inviti a nozze, a rispondere su questo
tema...
Una voce a sinistra: Melissa!
Girolamo Li Causi: Alla riforma agraria
siete stati costretti.
Adone Zoli, ministro del Bilancio: Ma se
voi avete votato contro quella riforma!
Più avanti (2 ottobre 1957):
Francesco De Vita: Onorevole Andreotti,
non ci trascini sul terreno dell'imposta di
consumo.
Giulio Andreotti, ministro delle Finanze:
Ci vada! Non sono mica un appaltatore. 1-10-
1957
Giuseppe Calasso: Un parlamentare non
può ignorare quello che dice la stampa: anzi,
in una situazione come questa il deputato deve
raccogliere anche i "si dice" e riportarli in
Parlamento...
Giulio Andreotti, ministro delle Finanze: In
galleria Colonna, forse, non in Parlamento...
Il 10 agosto 1958 si accese una disputa sui
bilanci dei partiti e feci un po' d'ironia:
Giorgio Amendola: Dove trova i fondi la
Democrazia cristiana?
Luigi Bima: E voi dove li prendete?
Giorgio Amendola: Ci dica, onorevole
ministro, dove prende i fondi la Democrazia
cristiana.
Bernardo D'Arezzo: I nostri bilanci sono
italiani.
Vincenzo Scarlato: Dei nostri bilanci si
occupa il Parlamento italiano.
Giulio Andreotti, ministro del Tesoro: Io
penso che gli operai che dite siano con voi,
abbiano un reddito più elevato di tutti gli altri
se vi consentono tutte le spese di partito.
(Applausi.)
Gentile - anzi lusinghiero - fu, a parte le
interpretazioni dei sogni, l'onorevole
Ferdinando Targetti il 22 gennaio 1959 nei
miei confronti:
Ferdinando Targetti: Onorevole Andreotti,
se aspettava ancora un istante a entrare in
Aula, sarei stato più libero nel parlar... male
di lei! (Si ride.)
Presidente: Questo è un miracolo di
evocazione: l'ho evocato ed è arrivato. (Si
ride.)
Ferdinando Targetti: L'abbiamo visto
arrivare alla Costituente, dicevo, quando egli
era, per la sua giovane età, alle prime armi e ci
siamo accorti subito che era ben armato, e via
via i vari incarichi che ha avuto hanno del tutto
confermato questa generale impressione. Non
solo, ma l'onorevole Andreotti ha una qualità
che non voglio dire che qualche suo collega
non abbia: quella di non irritare. Eppure è
intransigente. Per esempio, non credo che
l'onorevole Andreotti sogni mai una apertura a
sinistra. (Si ride.)
In quel giorno (22 gennaio 1959) la
Camera si stava occupando della questione
Giuffrè, il bancario romagnolo che aveva
organizzato una raccolta di fondi a risparmio,
corrispondendo interessi bancari abnormi ed
elargendo le somme raccolte a opere benefiche
mettendo in piedi un castello di debiti che non
poteva che esplodere un giorno
clamorosamente. Perché io fossi chiamato in
causa tardai a capirlo, non avendo mai avuto a
che fare con il personaggio né venuto a
conoscenza delle sue tessiture. Purtroppo fu il
combinato disegno di un avversario politico e
del sottobosco dei servizi segreti a stilare un
memoriale nel quale si inventava che il Giuffrè
fosse venuto a mettersi sotto la mia protezione
alle Finanze. La commissione d'inchiesta
smascherò il falso e lo stesso direttore del
"L'Espresso" che aveva pubblicato il
memoriale si scusò per l'inganno in cui era
caduto...
Ciò nonostante l'onorevole Gullo
(specialista in attacchi alla mia persona) cercò
di non perdere l'occasione, anche se costretto,
per così dire, a camminare sugli specchi.
Fausto Gullo: La sua affermazione non può
vincere una stranezza dichiarata tale da una
commissione d'inchiesta parlamentare, che
sarebbe sempre tale nella valutazione di
ognuno di noi. Ripeto, quale prova ha dato lei,
onorevole Andreotti, che questa stranezza,
questa inverosimiglianza, nonostante ciò...
Giulio Andreotti, ministro del Tesoro: A
parte la relazione, ha letto gli atti?
Fausto Gullo: Certo che li ho letti. Ma mi
basta rimanere alla relazione. L'affermazione
che sia strano che il ministero non sapesse
nulla è scritta nella relazione.
Alfonso Tesauro: La relazione parla in
genere di ministri.
Fausto Gullo: L'onorevole Andreotti non è
forse un ministro? Che cosa è?
Giulio Andreotti: Mi può dare la prova che
ella non ha ucciso la donna di via Vetulonia?
Che modo di ragionare è il suo?
Fausto Gullo: Di fronte all'uccisione di
quella sventurata io non sono dinanzi a una
stranezza, ma dinanzi a un fatto vero: la
poveretta è morta. Ma qui mi trovo di fronte a
una stranezza che ella può vincere soltanto
quando mi darà la prova provata del contrario.
Giulio Andreotti: É una prova negativa, una
probatio diabolica.Fausto Gullo: Mi industrio,
per quella scarsissima conoscenza che ho
dell'arte della parola, alla quale del resto ho
chiesto per tanti anni il pane quotidiano, di
seguire un certo crescendo. Vi è, infatti, una
cosa molto grave.
Giulio Andreotti: Se ella mi dimostra che
la mia affermazione è esatta, sono pronto a
dimettermi non solo da ministro, ma anche da
deputato, perché nessuno al mondo può
dimostrare che io venni a conoscenza
dell'affare Giuffrè quando ero ministro alle
Finanze. (Applausi al centro, interruzioni a
sinistra.)
Fausto Gullo: Dunque, dicevo, io seguo un
ordine di importanza nell'esporre le mie
argomentazioni. Una prima argomentazione è
quella da me ora fatta, e lascio a voi di farne il
conto che credete. Ma ve ne sono altre. Poco
fa, parlando della attività o dell'inattività del
ministro dell'Interno, ho preso le mosse da un
punto accertato dalla commissione, secondo il
quale nell'aprile del 1917...
Giulio Andreotti: Nel 1917 non ero ancora
nato.
Fausto Gullo: Accetto la esopiana battuta
di spirito. Volevo evidentemente dire che
nell'aprile del 1957 l'autorità finanziaria si
trovò di fronte a un fatto così grave (anche se
soltanto dal lato finanziario) da ritenere che il
rapporto del maggiore Poli della guardia di
finanza dovesse arrivare al ministro
dell'Interno, cioè a un ministro cui il maggiore
Poli non era legato da alcun rapporto di
dipendenza. É possibile credere come ella
vuole sostenere, onorevole Andreotti, che quel
rapporto che si riteneva necessario far
pervenire al ministro dell'Interno non sia stato
mandato anche a lei?
Giulio Andreotti: Sì che lo sostengo!
Fausto Gullo: Ma in che mondo viviamo?
Come è possibile pensare che quel rapporto
non sia stata trasmesso anche a lei, diretto
superiore di quella autorità che ritenne il fatto
così grave da informare direttamente persino il
ministro dell'Interno? Ed ella viene a dire...
Giulio Andreotti: Sì che le vengo a dire!
Fausto Gullo: ...che non ne sapeva niente.
Del resto, non è questo il primo caso. Vi sono
imputati raggiunti da prove ferme e
indubitabili che pur continuano a dire di non
essere colpevoli. Del
resto questo è un loro diritto: l'imputato ha
diritto di mentire.
Giulio Andreotti: Questi sono ragionamenti
da avvocati di preture, non argomenti da
addurre in Parlamento.
Presidente: Onorevole Gullo, la prego di
non dire cose assurde.
Fausto Gullo: Cosa ho detto di offensivo?
Ho affermato che i delinquenti possono
mentire.
Giulio Andreotti: Questa è, semmai, la
posizione di un imputato.
Fausto Gullo: Ella, onorevole ministro, in
questo momento, sia pure sul terreno
parlamentare, è un imputato.
Alfonso Tesauro: Macché imputato!
Presidente: Onorevole Gullo, la prego di
non fare affermazioni del genere.
Giulio Andreotti: Mi sono rimesso alla
commissione nell'agosto scorso e non mi pare
che ella, onorevole Gullo, ora pecchi di
eccessiva onestà; di fronte a un atto che anche i
suoi colleghi politici hanno sottoscritto viene a
fare degli arzigogoli per provare una cosa
inesistente. É una cosa, questa, né logica, né
onesta.
Fausto Gullo: Se avessi tratto i miei
argomenti per discutere la sua affermazione da
fonti estranee, ella avrebbe ragione, onorevole
Andreotti. I miei argomenti, però, sono stati
tratti dalla stessa
relazione della commissione. Il fatto di
avere definito strano che un ministro non
conoscesse la vicenda - è sempre la relazione
che parla -, il fatto che il rapporto del
maggiore Poli sia stato mandato al ministro
dell'Interno (come risulta dalla stessa
relazione) sono tutti argomenti che non
vengono sostenuti per scuotere le affermazioni
del ministro Andreotti usando fonti diverse da
quelle della relazione. Ella forse vorrebbe
negarmi il diritto di avvalermi della relazione?
Giulio Andreotti: Voglio vietarle di
fantasticare. É molto calabrese questa sua
filosofia! (Proteste a sinistra.)
Fausto Gullo: Perché calabrese, signor
ministro? Io qui non difendo solo me stesso,
ma la mia terra. Ella è uno sconsiderato
quando dice questo e non voglio aggiungere
altro. (Applausi a sinistra, proteste al centro.)
Ma cosa crede di essere? Ella non ha diritto di
ingiuriare una intera regione. (Proteste al
centro.)
Presidente: Onorevole Gullo, il ministro
sente fare delle illazioni gravissime sul suo
conto: come può pretendere che non reagisca?
Giulio Andreotti: Non ho inteso ingiuriare
nessuna regione. Ella, onorevole Gullo, usa la
filosofia dell'abate Gioacchino. In questo
senso ho detto "filosofia calabrese".
Fausto Gullo: La verità che si può toccare
con mano nella relazione della commissione di
inchiesta, per quanto riguarda l'attività o
l'inattività degli uffici finanziari nel nostro
Paese, è la seguente: negli alti gradi vi è stata
una inadempienza continua, dal ministro a tutti
gli alti ufficiali della guardia di finanza.
Una inadempienza voluta e ingiustificata.
Al contrario, nei bassi gradi, come ho avuto
agio di notare poc'anzi, vi è stato, se non altro,
il tentativo di compiere il proprio dovere.
Ripeto, signor presidente, che io ho cercato di
leggere la relazione con occhio sereno e debbo
dire ai commissari, compresi quelli del mio
partito, che mi sorprende come, dopo aver
accertato tutto ciò, la commissione abbia
ritenuto necessario unanimemente di
manifestare la propria stima e riaffermare la
propria fiducia al corpo delle guardie di
finanza che tanti servizi ha reso o rende alla
Patria. La questione Amici-Fiumicino fu
liquidata dalla Camera con un voto, ma il
gruppo comunista (e Fausto Gullo in persona)
sembravano desiderosi di una rivincita.
Pensarono di poterla avere tre anni dopo sulla
"questione Fiumicino".
Il 22 gennaio 1959 la Camera si stava
occupando delle polemiche sulla costruzione
dell'aeroporto Leonardo Da Vinci. Era un
dibattito che si protraeva da tempo - con
previsioni tecniche catastrofiche che il tempo
ha smentito - ma al quale ero estraneo
trattandosi di vicende precedenti al mio
incarico alla Difesa. Tuttavia trovandomi a
Palazzo Madama mentre il senatore Umberto
Terracini attaccava violentemente in materia
un certo colonnello Giuseppe Amici, avevo
creduto mio dovere (e lo avrei fatto anche se si
fosse trattato di un aviere o di un commesso
civile) di alzarmi a difendere fino a prova
contraria la persona censurata.
Continuo a non ritenere giusto che uno di
noi parlamentari possa dal suo banco, senza
addurre prove, mettere alla gogna un
qualunque cittadino che per di più non può
nemmeno chiamarci a rispondere in giudizio di
quel che affermiamo nelle sedi della Camera o
del Senato.
Trasferito l'argomento a Montecitorio
l'onorevole Gullo mi attaccò
duramente.
19-1-1962
Fausto Gullo: Per quanto riguarda
l'onorevole Andreotti, vi è da porsi una
domanda, alla quale alcuni dicono che sia ben
facile rispondere. Non conosco molto da
vicino l'onorevole Andreotti e confesso che
questa domanda mi pone in difficoltà. Ecco la
domanda: l'onorevole Andreotti è un malizioso
o un ingenuo? Alcuni dicono che sia addirittura
un pozzo di malizia. Non mi permetto di
condividere, né di smentire questa
affermazione, perché - ripeto - non lo conosco
a fondo. Anche l'Aretino non diceva male di
Cristo, appunto perché non lo conosceva. Io
sono nelle stesse condizioni. Ma la domanda
resta. L'onorevole Andreotti ha tenuto a
esaltare la figura del
colonnello Amici nel suo discorso al
Senato. Ho con me il resoconto stenografico di
quella seduta. Posso anche ritenere che
l'onorevole Andreotti non conoscesse nulla
della vita e dei precedenti di questo
colonnello. La cosa sarebbe veramente strana,
per quello che dirò tra poco. Ad ogni modo,
posso anche ammetterlo. Quello che però non
posso ammettere è il capovolgimento delle
parti, il rovesciamento delle posizioni. Ella,
onorevole Andreotti, al Senato ha chiamato
disonesti coloro che denunciavano queste
cose. É questa la sua colpa, la sua gravissima
responsabilità. Noi non siamo disposti a
cambiare le parti: se vi è qualcuno che ha il
diritto e forse il dovere di dire ad altri che
sono disonesti siamo proprio noi. (Applausi a
sinistra.) Non possiamo riconoscere
all'onorevole Andreotti il diritto di chiamare
disonesto l'onorevole Terracini nel momento
in cui questi, esplicando la propria doverosa
funzione di controllo, denuncia le malefatte del
colonnello Amici. Ma perché ella, onorevole
Andreotti, ha voluto in quel momento assumere
la veste del difensore? Non le era doveroso,
invece, assumere la veste del ministro che
raccoglieva tutto ciò che gli oppositori
dicavano? Perché aprioristicamente doveva
affermare che tutto ciò che le veniva detto non
rispondeva a verità, e giurava su questo fino al
punto di chiamare disonesti coloro che
denunciavano questi fatti?
Giulio Andreotti, ministro della Difesa:
Vuol farmi la cortesia di leggere quel passo
del mio intervento?
Fausto Gullo: Senz'altro. Ritenevo di
poterne fare a meno, perché pensavo che ella
lo ricordasse bene.
Giulio Andreotti: Io lo ricordo bene, ma
ella no.
Fausto Gullo: "Ella esclude" domandava il
senatore Terracini, e la domanda doveva avere
un valore per lei, ministro, che fra gli altri
doveri ha anche quello di sorvegliare e
controllare la condotta dei suoi dipendenti:
non vorrà negarmi questo, almeno in linea
teorica "che questo colonnello avesse
direttamente o indirettamente delle
interessenze in ditte appaltatrici?". Un ministro
che avesse la consapevolezza precisa dei suoi
doveri e dei limiti di questi doveri avrebbe
detto: "Onorevole Terracini, mi lasci un
momento di tempo prima di rispondere. Vedrò
quanto possa esservi di vero in quello che ella
mi dice". E ciò anche perché la sua fatica
sarebbe stata brevissima: sarebbe bastato
consultare la Guida monaci come ha osservato
giustamente la commissione d'inchiesta. Ella,
invece, come ha risposto? Non un'ombra di
dubbio: "Lo escludo". Deve almeno convenir
che quest'affermazione netta, che forma di per
sé un periodo solo, non corrisponde a verità.
Vuole ammettere che si è ingannato? Mi
risponda: sì o no.
Giulio Andreotti: Le rispondo in base ai
risultati raggiunti dalla commissione
d'inchiesta: tutta la discussione al Senato era
imperniata su un'accusa precisa di peculato
mossa al colonnello Amici, addirittura per un
miliardo. Dalle risultanze delle indagini della
commissione sono emersi fatti gravi, cioè
l'esercizio abusivo di una professione da parte
dell'Amici, ma non si è assolutamente parlato
più di un peculato, tanto è vero che l'accusa è
caduta.
Fausto Gullo: Mi avvedo che coloro che
dicono che ella è un pozzo di malizia dicono la
verità. (Commenti.) Ma sul serio pensa di
cavarsela con un gioco di parole? Ella
risponde al Senato in maniera categorica: "Lo
escludo". Ma continua: "Ho già riferito che
dalle indagini condotte risulta che non vi sono
responsabilità di sorta per chicchessia della
nostra amministrazione e quindi anche per il
colonnello Amici". Mantiene anche questa sua
affermazione? Vorrei saperlo, perché non c'è
niente di strano che un galantuomo riconosca
di essersi ingannato. (Commenti.)
Giulio Andreotti: Legga sino alla fine del
periodo.
Fausto Gullo: Guardi che un avvocato
pagato dall'Amici non avrebbe
con tanta diligenza esposto le ragioni
difensive a favore del suo imputato: "Escludo,
cioè, che esistano delle correlazioni dirette o
indirette. É chiaro che potrebbero esserci dei
prestanome". Guardi, onorevole Andreotti, che
cosa accade quando si è più realisti del re.
Giulio Andreotti: Lo aveva detto anche il
senatore Spezzano un poco prima. Ho
dichiarato: non posso sapere se vi sono dei
prestanome.
Fausto Gullo: L'onorevole Andreotti
afferma dunque in questo momento di potere
escludere che il colonnello Amici abbia alcun
rapporto diretto né indiretto; e precisa tra
parentesi "perché vi potrebbero essere dei
prestanome", e su questo siamo d'accordo.
Guardi, onorevole Andreotti, neanche a farlo
apposta vi è tra i documenti dell'inchiesta un
fascicolo di oltre cento pagine sul colonnello
Amici, della candida innocenza del quale ella
era sicuro, che può intitolarsi: "Storia del
colonnello Amici" (perché è veramente una
"storia"). In questo volume, onorevole
Andreotti, i carabinieri elencano non una, ma
quindici società, dico quindici, in cui il
colonnello Amici è direttamente o
indirettamente interessato: quello, cioè, che
ella negava, non so con quanta aderenza ai
fatti. Ma come faceva a essere così sicuro?
Giulio Andreotti: Negavo che fosse
interessato con le ditte appaltatrici di
Fiumicino. Il rapporto dei carabinieri è
successivo.
Fausto Gullo: Le dico un'altra cosa. Questo
Amici costituì anche una società cui dette il
nome di Lamar. Sa chi fa parte di essa?
Intendiamoci: non penso nemmeno
lontanamente cosa che suoni non dirò ingiuria,
ma anche solo mancanza di considerazione per
determinate categorie; comunque risultano soci
di questa società nove manovali, dico nove
manovali: evidentemente bravissime persone,
ma uomini di paglia in quella società, ossia
che assumevano quel carattere indiretto che
ella con tanta sicurezza negava di fronte al
Senato affermando: "Questo allo stato delle
cose io devo escluderlo; e non lo escluderò
così leggermente...". Ma notare queste parole!
Mi lasci dire, onorevole Andreotti: perché ella
non vuole che io accolga la tesi della sua
buona fede incommensurabile, anziché la
opposta tesi? Come si fa a dire: "e non lo
escluderò così leggermente"? Questo vorrebbe
significare che ella è passato a esami
scrupolosi, a valutazioni intelligenti e
diligenti. Riprendo a leggere: "...ma in base a
documenti che tengo anche ora a disposizione
di coloro che vogliono vederli". Ce li faccia
vedere questi documenti!
Giulio Andreotti: Sono tutti agli atti della
commissione d'inchiesta.
Fausto Gullo: Da essi dovrebbe dunque
venir fuori l'innocenza del colonnello Amici.
Anch'io ho consultato i documenti
dell'inchiesta ora depositati nella sala della
Commissione dei lavori pubblici: li vada a
vedere, onorevole Andreotti, non perderà del
tempo.
Giulio Andreotti: Mi dica onestamente
(vive proteste all'estrema sinistra) se ha letto
la relazione depositata agli atti.
Una voce all'estrema sinistra: Sempre
onestamente!
Fausto Gullo: Io dico all'onorevole
Andreotti che questo avverbio non lo deve
usare mai, non ha diritto di usarlo. (Applausi
all'estrema sinistra.)
Giulio Andreotti: La relazione De
Martino...
Fausto Gullo: Ma lasci stare! Io sono
vecchio e sono più povero di prima! (Applausi
all'estrema sinistra.)
Presidente: Onorevole Gullo,
"onestamente" è detto nel senso di "lealmente".
Fausto Gullo: Io non ammetto che
l'onorevole Andreotti, rivolto a
me, possa dire "onestamente"! Giulio
Andreotti: Cortesemente. Posso domandarle
cortesemente se ella ha letto la relazione? Vi è
una conclusione che dice esattamente il
contrario di quel che ella ha detto.
Anche la questione Fiumicino fu decisa nel
senso giusto dalla Camera, scoraggiando -
almeno lo speravo - il ricorso a certi tipi di
polemica. E così fu per un certo tempo.
Quando accade una pubblica calamità i
deputati cercano di ottenere per le zone che
rappresentano benefici che vanno oltre la
riparazione del danno. Il Governo è costretto a
resistere. Così il 24 luglio 1968:
Edoardo Marino: ...Mi risulta, onorevole
Andreotti, che il suo ministero ha emanato
delle disposizioni restrittive in materia vigente
nel senso che zona colpita dal terremoto è
soltanto quella
danneggiata materialmente dal disastro e
non anche quella nella quale, come le onde del
mare, si sono ripercosse le influenze negative
del sisma.
Giulio Andreotti, ministro dell'Industria:
Che le onde si propaghino nel mare, va bene,
ma oltre il mare...
In quei giorni si evocò in Parlamento Pier
Paolo Pasolini:
Giulio Andreotti, ministro dell'Industria:
...Non deve essere assolutamente consentito
che si attenti alla libertà e alla sicurezza di
chicchessia e in particolare - come ho già detto
- delle assemblee democratiche.
Emanuele Macaluso: Pasolini fa scuola.
Giulio Andreotti: Pasolini farà scuola a
lei. A me non l'ha mai fatta.
Sulla utilità di incentivare le industrie, le
opinioni oscillano a slalom:
7-10-1968
Francesco Malfatti: ...Citerò ancora
l'onorevole Donat Cattin: "Noi tutti sappiamo
che è necessario investire un certo numero di
miliardi in tale settore" (quello tessile). "Tale
investimento non determinerà certo una
maggiore occupazione nel settore, anzi,
probabilmente avverrà il contrario."
Giulio Andreotti, ministro dell'Industria:
Senza l'investimento avverrà il peggio: questo
è il guaio!
Anche sui rapporti Dc-Pci il discorso è
eternamente ricorrente:
25-3-1979
Giulio Andreotti, presidente del Consiglio:
...Siccome ella ha parlato del docente unico e
delle rappresentanze degli studenti, vorrei dire
che, se esistesse veramente quella Repubblica
conciliare che mi sembra venga
quotidianamente smentita, il Governo avrebbe
preso il vostro testo e sarebbero guai.
(Interruzione del deputato Natta.)
Sandro Pertini, presidente della Camera:
Onorevole Natta, la sta citando, cosa vuole di
più? (Si ride.)
Giulio Andreotti: Capisco che questa
citazione possa essere fastidiosa per
l'onorevole Natta, ma si tratta di atti
parlamentari.
Non meno cicliche le dispute retrospettive
sui diversi governi del
dopoguerra:
10-8-1969
Giulio Andreotti: ...infatti, dopo qualche
settimana, la ripresa della collaborazione tra i
partiti democratici fu un fatto consolidato.
(Commenti all'estrema sinistra.) Io credo che i
risultati non siano stati poi tanto malvagi.
Emanuele Macaluso: É durata un anno!
Giulio Andreotti: Un po' di più: durò un
anno e mezzo il Governo Scelba; poi ci furono
i governi Segni. Se ella prende l'annuario,
potrà forse rendersi meglio conto delle cose.
Emanuele Macaluso: E poi vi fu anche
Tambroni!
Giulio Andreotti: Anche per le intese
politiche, onorevoli colleghi (e non avrei osato
fare una citazione latina se, poche settimane or
sono, l'onorevole Luzzatto non ci avesse
lungamente intrattenuto con una lettura di
alcuni brani delle "Decretali" perfettamente
pronunciati e assolutamente pertinenti); anche
per le intese politiche, dicevo, vale l'oraziano
"multa renascentur quae iam cecidere". E cito
questa frase con quello che segue, che può
essere di grande attualità: "cadentque quae
nunc sunt in honore vocabula". I vocaboli che
dovranno cadere - e senza rimpianto, almeno
da parte nostra - sono quelli attribuiti al
secondo Ministero Rumor per tentare di
definirlo: "di parcheggio", "di passaggio",
"provvisorio", "di decantazione" e così via.
Una voce all'estrema sinistra: Di "sbando".
Giulio Andreotti: No, lo "sbando" era
attribuito ad un altro monocolore. Anche in
questo non è aggiornato, onorevole collega.
In questo finale degli anni Sessanta, quale
capogruppo dc dovevo difendere quasi
quotidianamente il mio partito. Uno degli
slogan dell'opposizione di sinistra era che noi
fossimo i ricchi e loro i
poveri:
19-11-1969
Giulio Andreotti: ...Certo debbo rilevare
l'assurdo che in molte città abbiamo visto
chiusi dei grandi negozi di lusso, i proprietari
dei quali sono proprietari di case; e se sono
convinti che i fitti sono alti, potrebbero non
aspettare che noi facciamo delle leggi:
potrebbero diminuirli essi nei confronti dei
loro inquilini. Tutta questa solidarietà che è
forse...
Giancarlo Pajetta: Lo dica al confessore,
non a noi. Noi facciamo le leggi.
Pietro Ingrao: Noi facciamo le leggi. Il
nostro mestiere è fare le leggi.
Giulio Andreotti: Onorevole Ingrao e
onorevole Pajetta, forse il giorno in cui si
discuterà a fondo (e spero che venga il giorno)
di proprietari di case, di proprietari
immobiliari, si vedrà che queste distinzioni
non passano attraverso le distinzioni abituali
dei partiti politici. (Commenti al centro.)
Curioso fu uno scambio di battute sul
valore dei referendum. Il fronte divorzista non
aveva gradito il ricorso a tale appello, fatto
peraltro non dalla Democrazia cristiana ma da
un gruppo di cattolici generosamente in errore
sulle possibilità effettive di cancellare la
legge. Così il 24 novembre 1969:
Aldo Bozzi: ...Questo argomentare è la
denuncia pubblica della non rappresentatività
del Parlamento. E ciò vuol dire ferire a morte
la funzione del Parlamento.
Giulio Andreotti: Il referendum è sempre
un appello avverso le decisioni del Parlamento
In materia di divorzio le differenze di
pareri non passavano solo all'esterno dei vari
partiti.
25-11-1969
Giulio Andreotti: ...Noi ci sentiamo di
rappresentare anche quelle donne che non
vogliono il divorzio. (Applausi al centro,
proteste all'estrema sinistra.)
Mario Pochetti: Le manderemo la tessera
dell'Udi.
Giulio Andreotti: Non vi aspiro, perché,
grazie a Dio, appartengo a un altro sesso. (Si
ride.)
Le elezioni anticipate sono un "rimedio"?
Ecco un quesito di attualità, non solo in quel
12 agosto 1970:
Giulio Andreotti: ...Del resto, su un
giornale autorevole, molto stimato anche nel
nostro Paese, il
"Times", pochi giorni fa è apparsa questa
precisa frase, in un servizio di un
corrispondente che conosce bene la situazione
italiana: "Non c'è da supporre che elezioni
anticipate diano una soluzione ai problemi
politici dell'Italia, probabilmente accadrebbe
il contrario".
Raffaello Delfino: In Inghilterra è accaduto
il contrario.
Giulio Andreotti: In Inghilterra fra l'altro
hanno sciolto il Parlamento, ma non mi pare
con grande acume dal punto di vista di chi lo
ha sciolto. (1) (ilarità, applausi.)
Di minor portata un momento di ping-pong
sulle lottizzazioni:
5-10-1970
Alberto Giomo: ...Siamo a questo punto:
Qui c'è un basista e là ci metteremo un
doroteo; qui c'è un moroteo e là ci metteremo
un...
Giulio Andreotti: Un liberale.
Alberto Giomo: Un liberale mai, con molta
probabilità un ex "primavera", onorevole
Andreotti. Comunque liberali non ce ne vanno;
ci vanno i democratici cristiani. In questo caso
sono proprio posti riservati alla Democrazia
cristiana, al partito di maggioranza relativa.
Giulio Andreotti: Ci sopravvaluta.
Talvolta per smorzare la vena polemica di
qualche collega è utile intervenire con una
battuta:
10-11-1970
Lucio Libertini: Il nostro compito è dunque
quello di estendere lo sviluppo democratico in
direzione dell'autogoverno, della
partecipazione, della estinzione dello Stato
come organizzazione repressiva. Il grande
interrogativo della società moderna è questo.
Massimo Alessi: Che cosa vuole sostituire
alla classe borghese?
Lucio Libertini: Una società in cui tutti
sono lavoratori. So che è sgradevole.
Giulio Andreotti: E pensa di farlo con un
decreto-legge?
Durante la discussione della legge Fortuna-
Baslini la preoccupazione del presidente
Pertini era di evitare improvvisazioni
procedurali; ed ebbe da parte nostra tutta la
collaborazione. Dovevamo però utilizzare ogni
circostanza che ci facesse lealmente
guadagnare tempo per una approvazione che
non eravamo alla fine in grado di evitare, ma
che ci colpiva duramente. Ecco uno dei
momenti ritardatari (16 novembre 1970):
Giulio Andreotti: ...Propongo che domani
si tenga seduta unica e che sia iscritta al primo
punto dell'ordine del giorno la discussione
dell'altro provvedimento e al secondo punto la
discussione della proposta di legge Fortuna-
Baslini. É questo un atto di riguardo nei
confronti dei colleghi che sono iscritti a
parlare nella discussione generale sul disegno
di legge di conversione, che disporranno di
tutto il tempo necessario per i loro interventi;
non avremmo avanzato questa proposta, se non
ci fossimo trovati nella condizione di voler
concludere entro domattina la discussione
generale sul disegno di legge di conversione
del decreto-legge n' 745.
Aldo Natoli: Chiedo di parlare.
Presidente: Ne ha la facoltà.
Aldo Natoli: La proposta dell'onorevole
Andreotti ha il sapore di una facile ritorsione;
niente di più facile che operare una ritorsione
di questo tipo, quando è un microgruppo di
pochi deputati ad avanzare una proposta
relativa all'ordine del giorno delle sedute di
domani, nell'assenza totale di tutte le altre
forze di sinistra.
Massimo Caprara: In assenza delle forze
divorziste.
Bartolo Ciccardini: Avremmo potuto
approfittarne.
Massimo Caprara: Per fortuna è
l'onorevole Andreotti che esercita la sovranità
dello Stato.
L'onorevole Aldo Natoli abbandona il
Partito comunista e costituisce il gruppo del
Manifesto:
16-11-1970
Aldo Natoli: Questo è il punto che io
volevo chiarire. Cioè, risulta che (per
ritornare alla sua immagine, onorevole
Andreotti) noi siamo, se non orfani, per lo
meno figliastri.
Giulio Andreotti: Siete un gruppo
nascituro.
Lo stesso Natoli doveva cercare di
prendere qualche iniziativa un poco eccentrica
perché i giornali si occupassero di lui (ed era
ingiusto perché si trattava di un collega attivo
e intelligente).
20-11-1970
Aldo Natoli: ...Il presidente Pertini l'altro
ieri sera disse con molta chiarezza che la notte
è fatta per dormire e accennò anche ai
sonni tranquilli e pacifici che il principe di
COndé faceva prima della bttaglia di Rocroi.
Riferendomi quindi a questa precisa
indicazione dataci dal presidente della
Camera, la vorrei pregare, signor presidente,
essendo appunto le 21, di rinviare il seguito
dei lavori a lunedì mattina e, quando ella
proporrà l'ordine del giorno della seduta
successiva, le chiederò la parola per la
formazione dell'ordine del giorno.
Giulio Andreotti: Chiedo di parlare.
Presidente: Ne ha la facoltà.
Giulio Andreotti: Sono contrario alla
proposta di sospensione, anche perché la
storia non ha mai detto che il principe di
Condé andò a dormire alle 21. (Si ride.)
Persino ai parlamentari più attenti
sfuggono talvolta le pubblicazioni della
Camera, anche quando sono riprese dalla
stampa.
Si è sempre tentato di polemizzare a torto o
a ragione contro il segreto:
24-11-1970
Aldo Bozzi: ...Evidentemente la cosa
procede con una lentezza esasperante, se pur
procede.
Giulio Andreotti: I lavori sono conclusi da
più di un anno.
Aldo Bozzi: Onorevole Andreotti, che i
lavori siano stati conclusi ma che non siano
stati resi noti i risultati è un fatto grave. Io mi
congratulo con lei che sa queste cose tanto
riservate.
Giulio Andreotti: Legga "Il Messaggero".
La vecchia frequentazione del diritto
canonico mi ispirava talvolta frasi di quel
settore giuridico:
24-11-1970
Giulio Andreotti: ...ella, onorevole
ministro Reale, non è certo in una posizione
invidiabile, in questa specie di impotentia
coeundi - giuridicamente e politicamente
parlando - fra il Governo e il Parlamento. (Si
ride.)
Oronzo Reale, ministro di Grazia e
giustizia: Meno male che è solo in questa
accezione!
Altre volte è utile esser "pignoli" e non
lasciar passare inesattezze. Mi capitò nella
stessa giornata del 24 novembre.
Orazio Santagati: ...Qui innanzi tutto
notiamo che, quando le cose si fanno in un solo
ministero, si fanno meglio che quando c'è il
concerto di vari ministeri. Qui, anche dal punto
di vista lessicale, e l'onorevole Andreotti che
è un ottimo cultore, oltre che della storia anche
del lessico e della lingua italiana, penso che
almeno su questo non mi darà torto: è scritta
una volta sola la frase "è stabilita".
Giulio Andreotti: É detto due volte in due
righe.
Un tentativo per limitare l'impatto della
proposta divorzista lo facemmo cercando di
restringerne l'ambito soltanto ai matrimoni
celebrati con il rito civile. Era un rimedio
romanticamente discutibile - per il bivio che
veniva a esser posto agli sposi al momento del
loro sì -, ma si evitava una palese violazione
del Concordato, innovando unilateralmente
nella disciplina relativa.
Guido Gonella aveva formalizzato
l'ipotesi, ma a Flavio Orlandi che la riteneva
una novità chiarii: "L'abbiamo sempre detto".
Cercai poi - sempre nella seduta del 24
novembre - di sostenere la tesi gonelliana:
Giulio Andreotti: ...Penso tuttavia che
debba dirsi succintamente qualche parola a
sostegno dell'emendamento presentato
dall'onorevole Gonella per il quale
l'onorevole Bozzi ha avuto cortesi espressioni
di rispetto. Osservo però che l'onorevole
Gonella vuole non fiori, ma... opere di bene (si
ride), cioè un'adesione in sede di voto e non
semplicemente parole di rispetto.
Alfredo Biondi: Non lo consideriamo una
salma, ma un uomo vivo. L'argomento divorzio
faceva allontanare alcuni colleghi da regole
che per il resto consideravano insuperabili.
Citerò un passo di qualche mese più tardi.
20-1-1971
Aldo Bozzi: Ieri, nel corso della
discussione sulle affittanze agrarie, si è
introdotto lo strano principio per il quale,
quando non si tratti di un disegno di leggo
governativo, anche se riguardi materia di
estrema importanza, come quella delle
affittanze agrarie, il Governo assume un
atteggiamento di neutralità, diventa il Governo
della rimessione alle Assemblee, laddove, per
i princìpi della nostra Costituzione, esso deve
invece prendere posizione su ogni problema,
sia che questo sia sollevato dalla sua
iniziativa, sia che sia sollevato dall'iniziativa
parlamentare.
Giulio Andreotti: Anche per il divorzio?
É producente per il Parlamento inquisire
sulle guerre del passato? Ne dubito; tanto più
che le indagini fatte se non arrivano a
fustigazioni si dimenticano presto:
20-4-1971
Arrigo Boldrini: ...Onorevole Andreotti,
da questo punto di vista vorrei aprire una
cordiale parentesi polemica con lei: vede
quanto ci costa non aver fatto l'inchiesta su
come è stata condotta la guerra 1940-43 e sui
fatti dell'8 settembre 1943? Alcuni suoi
colleghi non hanno ricordato nemmeno più il
nome del generale Valle come uno dei
responsabili del conflitto, e hanno dato la
propria adesione, così ingenua, innocente, non
tenendo conto di un retroscena estremamente
importante.
Giulio Andreotti: Sull'8 settembre 1943 c'è
la relazione del senatore Palermo.
Sempre controverso il problema
universitario sul quale più che altrove vale la
regola del tot capita tot sentetiae. Forse
andrebbero messi in congedo quando se ne
discute i colleghi docenti negli atenei. Sta di
fatto che tra una riforma e l'altra abbiamo
sempre più complicato le cose. Anche i
beneficiari della avvenuta moltiplicazione
delle cattedre non di rado sono scontenti
perché mancano loro attrezzature e allievi.
3-3-1971
Alessandro Natta: ...e infine sorge il
dubbio se valga poi la pena di fare qualche
cosa che sembra scontentare tutti, come mi
pare di avere inteso dire dall'onorevole
Andreotti nei confronti della legge
sull'università.
Giulio Andreotti: Anche lei, dunque, è
scontento di quella legge.
Alessandro Natta: Certo, ma la voglio,
mentre ella dice che tutti sono scontenti, e per
questo conclude che non si deve fare.
Giulio Andreotti: Io la voglio, ma non così.
Sempre sull'ordinamento universitario si
fissò - velleitariamente - un plafond di 20 mila
studenti per ogni ateneo.
10-11-1971
Giulio Andreotti: ...Ma credo che
obiettivamente nessuno di noi possa fare altre
critiche a quella università, tant'è vero che
ognuno di noi - e credo anche ognuno di voi -
riceve una serie di pressioni quando questi
ragazzi debbono entrare all'Università
Cattolica perché veramente lì possono
studiare, vedere degli ammalati ciò che è
invece impossibile, in molti casi, nelle
università dello Stato. (Vive proteste
all'estrema sinistra.)
Gabriele Giannantoni: E di chi è la colpa?
Giulio Andreotti: Se noi continuiamo in
questa demagogia qualunquistica di vedere
dall'alto, con tanta sufficienza, la cosiddetta
proliferazione, mentre poi abbiamo
giustamente fissato in questa legge che non
possano esservi in ogni università più di 20
mila unità di studenti in regolare corso di
studi, credete forse che, da un punto di vista
pratico...
Pietro Ingrao: Onorevole ministro Misasi,
perché sta zitto? Non vede che si sta
teorizzando la proliferazione? (Commenti
all'estrema sinistra.)
Di tanto in tanto i lavori parlamentari sono
ispirati a enfasi e ne derivano conclusioni
meramente teoriche. L'esempio più clamoroso
fu dato dal Programma economico nazionale
votato articolo per articolo, compreso
l'obiettivo ("chi è favorevole alzi la mano") di
creare nel quinquennio un milione di nuovi
posti di lavoro. Fanfani, isolato, definì il
documento un libro dei sogni.
27-4-1971
Giulio Andreotti: ...I nostri colleghi del
comitato ristretto lavorano molto seriamente
per porre la Camera in condizione di
formulare norme che siano realmente attuabili;
perché - voglio dirlo con chiarezza - non
vogliamo ripetere l'errore commesso in sede
di approvazione del Programma economico
nazionale, a riguardo del quale abbiamo visto
di fatto disattendere (proprio perché ora tutti
hanno scoperto che era impossibile attuarle)
quelle norme che noi con tanta solennità
abbiamo reso legge dello Stato.
Vincenzo Raucci: Prendiamo atto
dell'autocritica!
Giulio Andreotti: Certamente è una
autocritica, un po' per tutti. Ma la migliore
autocritica sta nel non ripetere gli errori
commessi.
Luciano Barca: Il comitato ristretto sta
lavorando bene, onorevole Andreotti. Bisogna
che l'Assemblea non crei difficoltà. Anche nei
complimenti non bisogna esagerare.
Nelle elezioni del 1972 avevo accettato -
una tantum - la candidatura anche nel collegio
di Napoli e Caserta.
6-7-1972
Giovanni Roberti: ...E nel complimentarmi
con lei, onorevole Andreotti, del successo
veramente lusinghiero che ella ha riportato
nella nostra circoscrizione, devo notare che
doveva essere veramente forte il timore che il
nostro schieramento politico incuteva alla
Democrazia cristiana di Napoli, se il
presidente del Consiglio, massimo leader del
partito, era stato costretto a muoversi per la
prima volta dalla sua roccaforte romana per
venire a capeggiare la lista di Napoli. Noi ne
siamo stati lieti, onorevole presidente del
Consiglio...
Giulio Andreotti, presidente del Consiglio:
Lieti forse no...
Nel corso del medesimo dibattito Luciano
Barca aveva creduto di prendermi in fallo per
un abbinamento tra sgravi fiscali e
potenziamento delle biblioteche (si pensi a
quale impulso culturale è arrivata l'America
con il sistema delle detassazioni!).
6-7-1972
Luciano Barca: Mi consenta allora rilevare
che ella ha approfittato dell'argomento delle
biblioteche per dire che possiamo congiungere
a questo il problema degli sgravi fiscali.
Anche qui la piccola manovretta: d'accordo
per la biblioteca, ma contemporaneamente gli
sgravi fiscali...
Giulio Andreotti, presidente del Consiglio:
Non c'è nessuna manovretta, onorevole Barca.
C'è la manifestazione dell'anno del libro: se
non si fa niente, ci si rimprovera di non far
niente; se si fa qualcosa, ci si rimprovera di
fare qualche cosa.
Il giorno seguente continuò il dibattito sul
Governo e ricevetti ineleganti attacchi dalla
sponda opposta.
7-7-1972
Giulio Andreotti, presidente del Consiglio:
...Come è stato più volte e ripetutamente
chiarito, tale memorandum è sempre in vigore
e nessun altro accordo o progetto di accordo al
riguardo è in discussione. (Vivi commenti a
destra.)
Nettuno Pino Romualdi: C'è un preliminare
d'accordo del 28 febbraio.
Giulio Andreotti: Onorevole Romualdi,
quando le dico che nessun progetto d'accordo
esiste, lei di queste cose deve prendere atto,
perché tra l'altro è finita la campagna
elettorale, e quindi non devono più essere
messe in discussione certe cose. (Applausi al
centro.)
Nettuno Pino Romualdi: Lo vedremo!
Giorgio Almirante: Scenda piuttosto lei da
cavallo!
Giulio Andreotti: Non ci sono, onorevole
Almirante, né aspiro ad andare a cavallo;
preferisco far politica qui dentro e molto
sommessamente. (Commenti a destra.)
Giorgio ALmirante: Anche lei ha il suo
cavallo bianco, onorevole Andreotti! Anzi lei
ha un somaro, non un cavallo!
Il Governo "Andreotti-Malagodi" ebbe una
vita difficilissima. I socialisti si erano rifiutati
non solo di entrare nel Ministero, ma anche di
partecipare a una riunione di partiti nella quale
sedessero i liberali stessi (solo più tardi
avrebbero restituito al Pli la dignità
democratica e la nobiltà risorgimentale).
I franchi tiratori erano in quotidiano
agguato e soltanto un senso di responsabilità ci
tenne al nostro posto per quasi un anno.
24-5-1973
Giulio Andreotti, presidente del Consiglio:
In ogni caso, ritengo fin troppo chiaro il
movente politico generale delle interpellanze
in argomento.
Giancarlo Pajetta: Il Governo deve
dimettersi!
Giulio Andreotti: Questo significa parlar
chiaro, onorevole Pajetta. Mi consentirà però
di nutrire al riguardo intenzioni diverse dalle
sue.
Giuseppe D'Alema: Queste cose deve dirle
ai suoi colleghi democristiani!
L'opposizione prendeva spunto da ogni
grande o piccolo motivo per infierire. Persino
le critiche della Corte dei Conti, in altri
momenti respinte con scandalizzato vigore,
erano riprese in toni di farisaico scandalo.
Giulio Andreotti, presidente del Consiglio:
...La Corte è considerata, per alcune cose,
sacra e inviolabile dal Parlamento; per altre
no, a seconda che essa abbia o no dato ragione
alla tesi che in quel momento il Governo
sostiene.
Aldo Tortorella: É lei che non la
considera! É lei che è stato censurato dalla
Corte!
Giulio Andreotti: Anche su questo
argomento, onorevole collega, credo che il
discorso sia stato fatto molto a caldo. Quando
si rifarà "a freddo" il discorso generale
sull'argomento della registrazione con riserva
dei decreti legislativi, ritengo che vi saranno
anche spostamenti di posizione. Questa è la
mia opinione.
Aldo Tortorella: Per adesso, il censurato è
lei.
Giorgio Napolitano: Avrà tempo di
riscriverne tra breve!
Giulio Andreotti: Onorevole Napolitano,
vedo che ella fa e disfà molto. Finché si tratta
di interruzioni come questa, va benissimo; ma
quando ha svolto la sua interpellanza ha
parlato con una tracotanza che, mi permetta,
ella non è autorizzata ad avere.
Giorgio Napolitano: La tracotanza è quella
del ministro Gioia che le siede accanto. É
silenziosa, ma assai peggiore!
A metà del 1976, andato in crisi il
Governo Moro nel quale erano a me affidati il
Bilancio e il Mezzogiorno, tornai a Palazzo
Chigi alla testa di un Ministero monocolore
democristiano, ravvivato dalla presenza di un
tecnico di autentica chiara fama, Rinaldo
Ossola. La situazione era così compromessa in
tutti i campi che potei ottenere quasi dall'intero
schieramento parlamentare una non
belligeranza (Luigi Cappugi definì argutamente
come non sfiducia il rapporto relativo) che si
tramutò l'anno successivo in appoggio
multilaterale all'insegna della solidarietà
nazionale. Restaurato l'equilibrio finanziario e
fronteggiato con fermezza l'assalto brigatista
che costò la vita ad Aldo Moro, i partiti
tornarono a dividersi provocando l'ennesimo
scioglimento anticipato delle Camere.
La ricordata linea della fermezza verso i
terroristi non si confuse mai con il nervosismo
di chi voleva la reintroduzione della pena di
morte.
18-5-1978
Enzo Trantino: ...oggi la pena di morte
poteva significare, o, per dirla con Dracone, il
rimedio più lieve che sappiamo immaginare.
Giulio Andreotti, presidente del Consiglio:
Guardi che nello Stato pontificio, dove c'era la
pena di morte, la delinquenza, compresa la
criminalità assassina, era molto più alta di
quanto non sia oggi.
Da destra si cercava di metterci in
difficoltà, accreditando sotterranee manovre
con i comunisti:
19-5-1978
Giorgio Almirante: ...gli italiani - non dico
i parlamentari, per carità, non abbiamo nessun
diritto come parlamentari di ricevere
tempestive informazioni - fossero informati
che era una stupidaggine quello pubblicato da
parecchi giornali circa un colloquio a tre,
Andreotti, Cossiga e Pajetta, nell'ufficio del
presidente del Consiglio. Se ella lo avesse
smentito, sarebbe stato indubbiamente bene.
Ad ogni modo...
Giulio Andreotti, presidente del Consiglio:
Ci vorrebbe un ufficio smentite, che
lavorerebbe troppe ore al giorno.
Sul finire del 1978 la marcia di
allontanamento dei diversi partiti prese una
fisionomia ben precisa. Ogni circostanza era
propizia. Anche la difficile gestione
dell'adesione italiana al Sistema monetario
europeo si prestò allo scopo. Lucio Magri se
ne rese interprete il 15 dicembre.
Lucio Magri: Onorevole Andreotti, ieri ho
litigato con un suo collega di maggioranza che
diceva: "Ma non è così abile". Io non le
riconosco una grande abilità strategica, però
trovo geniale dal punto di vista tattico il modo
nel quale si è comportato.
Giulio Andreotti, presidente del Consiglio:
Non vorrei...
Lucio Magri: A mio parere, lei è troppo
esperto per non sapere che, se avesse firmato a
Bruxelles l'adesione allo Sme, l"Unità"
avrebbe scritto che c'erano perplessità
qfall'interno della maggioranza e, dopo, non
sarebbe successo quasi niente di più. Il modo
nel quale si è sviluppata la vicenda, ha messo
in una obiettiva difficoltà il Partito comunista
il quale poteva aprire subito una crisi di
governo su di un tema controverso, come
quello dell'immagine europeista, non dopo
aver limitato la critica all'ammontare dei
fondi. Per questo si è deciso di prepararla su
nuovi e più rilevanti temi.
Giulio Andreotti: Non vorrei che la mia
presenza la portasse fuori tema. Forse è meglio
che io me ne vada.
Per tutta l'VIII legislatura (1979-1983) non
feci parte del Governo e presiedetti la
Commissione esteri della Camera. A nuove
elezioni avvenute assunsi la responsabilità
della Farnesina. Le questioni di politica estera
sono legate di frequente a quelle militari. Per
questo dovetti occuparmi anche di un
movimento che stava sorgendo - con qualche
isolata benedizione ecclesiastica - favorevole
alla detrazione arbitraria di una quota delle
imposte dovute, in percentuale, alle spese di
bilancio per la Difesa.
15-11-1983
Gianluigi Melega: ...proponiamo
l'obiezione fiscale, cioè di non pagare a un
Governo che fa queste scelte militari una quota
delle imposte pari alla percentuale delle spese
militari rispetto al bilancio dello Stato. L'anno
scorso questa percentuale era del 5,5 per
cento, quest'anno probabilmente cambierà, ma
il Partito radicale fa questa proposta come
mossa politica. Comunque, molti militanti
radicali, molti cattolici, signor ministro degli
Esteri, persino alcuni vescovi hanno già fatto
questa scelta.
Giulio Andreotti, ministro degli Affari
esteri: Onorevole Melega, l'obiezione fiscale
molti la fanno motu proprio, senza legarla a
fatti importanti!
NOTE:
(1)Il governo laburista fu sconfitto con
largo margine (227 contro 330 conservatori e
6 liberali).
La questione Giudice
Nel 1984 affrontai uno dei ricorrenti attacchi
di chi, non potendolo fare per le vie dirette, cerca
di "farmi fuori" con subdole manovre. Anni prima,
con una pratica amministrativa di tutta normalità,
era stato inviato a comandare la guardia di finanza
il generale Raffaele Giudice che più tardi ebbe a
che fare con la giustizia. Di qui l'accusa al
ministro della Difesa del tempo che aveva
presentato una terna al ministro delle Finanze,
comprendente al secondo posto il generale
Giudice. La terna era stata elaborata non da me,
ma dagli stati maggiori e non avrebbe valore se vi
fosse l'obbligo di sceglier sempre il primo
nominativo. L'attacco fu feroce, aiutato anche dalla
intervista di un magistrato (che, deferito per questo
a procedimento disciplinare, dichiarò peraltro che
era stato il giornalista a montare la pubblicazione,
abusando di virgolette e di contenuto).
Per due giorni del novembre 1984 le Camere
riunite si occuparono di questo mio presunto
misfatto. E in qualche momento non potei esimermi
dal ribattere le affermazioni di qualche
parlamentare. Ecco qualche esempio:
Giulio Andreotti, ministro degli Affari
esteri: Pensavo che lei avesse più rispetto del
capo dello Stato Maggiore dell'esercito, che,
fino a prova contraria, è un galantuomo.
Quando questi propone una terna, il ministro,
se non ha argomenti in contrario che non siano
delle chiacchiere, non può dire di no!
Enzo Trantino: No, onorevole Andreotti!
Lei ha avuto un pessimo difensore, allora!
Infatti, Casini ha detto qualcosa di più: ha
detto che c'è la discrezionalità tecnica. Lei non
è un passacarte; lei doveva indagare su quella
terna; lei doveva a quel punto valutare la terna
proposta, che, come lei sa, è una terna che
parte a forbice e si allarga, perché il terzo è un
nome aggiunto! Lì non si trattava di nominare il
maresciallo di Poggibonsi, ma il capo della
guardia di finanza!
Giulio Andreotti: Questo è un falso
documentato! La terna è nata come terna: non
vi è stato un nome aggiunto! Voi continuate a
ripetere questa storia - in buona fede, non
discuto -, ma la terna è nata come terna!
Enzo Trantino: Quindi, il generale Viglione
che inserisce questo nome nella terna è
soltanto un'invenzione nostra, non fa parte
della storia processuale?
Giulio Andreotti: Non fa parte!
Enzo Trantino: Il che significa che
dobbiamo ricominciare da zero. Questi atti
devono tornare alla commissione parlamentare
perché apprendiamo che il generale Viglione
non ha mai sostenuto il nome di Giudice, e
apprendiamo che Giudice non era ottavo! Ma
queste, onorevole Andreotti, sono delle realtà
oggettive! Io capisco che in questa vicenda si
ha a volte il disagio di parlar male di
sottoposti, di collaboratori; ma questo cose le
dice Maletti quando riferisce non pettegolezzi
da caserma, ma la voce corrente nell'ambiente!
E Giudice viene scelto proprio per questa
voce corrente; proprio perché è una "chioccia"
- aggiungo - e fa le uova d'oro, come è stato
dimostrato dai petrolieri!
Giulio Andreotti: Legga quello che ha detto
Maletti nell'interrogatorio di Johannesburg!
Enzo Trantino: Ma questo è l'interrogatorio
di Johannesburg!
Giulio Andreotti: Legga del perché non
riferivano a nessuno queste cose!
Enzo Trantino: Onorevole Andreotti, io mi
sono permesso di leggere l'interrogatorio di
Maletti, che non è una mia invenzione! Ho letto
tra virgolette la sostanza delle cose dette da
Maletti! Continuerei ancora questo nostro
amabile colloquio, per la ricerca della verità:
non è gusto polemico che ci anima. Ognuno di
noi cerca di fornire più contributi possibili...
Giulio Andreotti: Maletti dice il perché
non riferirono a nessuno quelle voci! Se lei
deve citare alcune dichiarazioni, per favore le
citi per intero. Si eccepì anche sul tempo
impiegato dal dispaccio della Difesa per
arrivare al ministero delle Finanze.
Pier Luigi Onorato: Peraltro, se ci fosse
stato il preavviso per l'urgenza, la lettera
sarebbe arrivata il 3 o il 4 o il 5 al massimo.
Non sarà, onorevole ministro Andreotti, che in
questi cinque giorni si mette a punto, per così
dire, una motivazione per giustificare questo
cattivo gusto del potere discrezionale, che
mira a nominare Giudice anziché il più titolato
Bonzani?
Giulio Andreotti, ministro degli Affari
esteri: Non ha mai notato le date della
corrispondenza che arriva per motociclista! Le
confronti! La posta Roma per Roma, tra i
ministeri o dai ministeri al Parlamento - che
viene spedita per motociclista -, va per così
dire a catasta e, a volte, impiega anche dieci
giorni.
Tra gli onorevoli interruttori non
mancarono l'onorevole Mario Capanna e il suo
gruppo.
Giulio Andreotti, ministro degli Affari
esteri: Sono, queste mie, affermazioni gravi...
Franco Russo: Sì. (Proteste al centro.)
Presidente: Onorevole Capanna, la prego!
Giulio Andreotti: Onorevole Capanna,
sono molto lieto di averla come collega.
Ricordo quando ero presidente, nel 1972, i
guai che mi dava! Stia buono, adesso.
Guido Pollice: Ce ne volevano di più!
(Proteste al centro)
Giulio Andreotti: Se non lo avete fatto non
è stato certo per mancanza di volontà da parte
vostra. (Applausi al centro.) Sono, queste mie,
affermazioni gravi ma documentate.
A scrutinio segreto il Parlamento fece
giustizia di questa assurda vicenda, la cui
pretestuosità fu confermata quando, dovendosi
nominare un nuovo comandante delle fiamme
gialle, il ministro delle Finanze scelse, senza
che alcuno eccepisse, il secondo e non il
primo dei nominativi compresi nella terna
della Difesa.
Per il resto in aula non si discute spesso di
politica estera e ho avuto quindi poche
occasioni per interloquire nei dibattiti.
Vedremo nella decima edizione.
X - La decima: inizio poco
castigato
La nuova Camera ha riaperto il 2 luglio 1987
in modo emblematico (a parte le "novità"
femminili). Dopoché i deputati verdi avevano
offerto in gradevole preludio con un quasi balletto
vivificato da nastri multicolori, nel settore missino
veniva srotolato un grande striscione invocante la
liberazione del detenuto politico professor
Signorelli, mentre dalla tribuna sovrastante
venivano lanciati manifestini dello stesso tenore.
Al richiamo all'ordine del presidente provvisorio
Aldo Aniasi, faceva eco un sonoro "Me ne frego"
di Mirko Tremaglia (Aniasi lo rintuzzava
definendolo: "Linguaggio da piazza di altri
tempi"). Era la prima interruzione della X
legislatura. La seconda è stata un non troppo
originale "Vergogna" dell'onorevole Franco
Russo.
Passavano quattordici giorni e si aveva un
pacifico scambio tra Francesco Giulio Baghino,
convinto che "il peggio non è mai morto", e Enzo
Trantino, rassegnato invece alla tesi che "al peggio
non c'è fine".
Si arriva al 4 agosto. Il neodeputato Gianni
Lanzinger esprime al Governo la sfiducia, notando
che il partito del ministro delle Regioni Gunnella
ha in Alto Adige una percentuale dell'1,16 (e tutti
insieme i partiti governativi arrivano al 16,6 per
cento). Stelio De Carolis lo rimbecca: "É un
partito italiano".
Il giorno successivo Luigina Bernocco
Garzanti (più conosciuta come Gina Lagorio, la
scrittrice) lancia un "Bravo Zevi! Era ora" quando
l'architetto radicale invita ala Camera a prendere
qualche iniziativa per ricordare Carlo Ludovico
Ragghianti morto a Firenze due giorni prima. Oltre
a essere stato un illustre culture di critica dell'arte
Ragghianti fece parte del primo Governo dopo la
liberazione di Roma e partecipò anche con grande
intelligenza alla consulta nazionale.
Successivamente ha ripreso il ruolo
interrompente Marco Pannella: per attaccare
Almirante circa la strage di Peteano, suscitando la
reazione del capogruppo Msi-Dn Alfredo
Pazzaglia; per accettare l'invito rivolto a
Domenico Modugno da Giovanni Battista Bruni di
visitare l'ospedale psichiatrico di Bisceglie, non
molto caro alle correnti alla moda; per criticare il
tono del discorso di investitura del Governo; per
lamentarsi che il presidente Goria stesse
ascoltando un collega e non lui che parlava.
Goria ha avuto una battuta scherzosa,
giuocando sull'aggettivo dimesso che l'onorevole
Giovanni Russo Spena aveva usato per
classificare in basso il Ministero: "Dimesso? Già
dimesso?".
Un altro attivista dell'interruzione ha ripreso
a... lavorare: Mauro Mellini, che il 4 agosto ha
contestato che il Governo sia neutrale in fatto di
referendum, in quanto recependo la legge Rognoni
si sarebbe messo dalla parte dei togati. Poco dopo
lo stesso Mellini interrompeva Filippo Caria in
tema di penta-partito: "Santagati parlò per un'ora e
tre quarti sulla differenza tra cinque anni e un
quinquennio. Ci fosse stato, ci avrebbe spiegato
tutto..." e raccolse una frase del professor Luciano
Guerzoni - che ipotizzava la bocciatura di
Formigoni se fosse stato suo allievo: "Troppa
gente dovrebbe esser bocciata per le cose che dice
in questa Assemblea".
Ultima oratrice - dopo che un collega aveva
protestato perché il presidente di turno l'aveva
chiamata relatore (bravissima!) - è stata Adele
Faccio che, avendo iniziato con un dubbio retorico
se fosse il dulcis in fundo o il venenum in cauda,
non ha affatto apprezzato l'interruzione del
presidente che si rimetteva al di lei buon cuore.
L'onorevole Marco Boato che, alla guisa degli
assistenti al soglio era andato a sedersi sui gradini
vicini all'oratrice, è stato richiamato all'esistenza
degli scanni normali.
Della breve tornata prima delle vacanze il
momento più teso è stato a causa di una accusa di
mafia rivolta dall'onorevole Mario Capanna a due
ministri, Calogero Mannino e Aristide Gunnella.
La replica di ambedue è stata decisa: il deputato
repubblicano ha esordito definendo l'ex leader
sessantottino persona "di cui è indiscussa la
disonestà intellettuale radicale e pervicace",
mentre Mannino ha contrattaccato definendo la
denuncia del Capanna "una manovra di fatto
mafiosa che copre un'azione mafiosa". Ne è
seguita un agguerrita risposta capannea, a
complicar la quale è intervenuto anche - non
poteva restar fuori da un verbale così dialogato -
Marco Pannella. Il tutto è finito con preannunci di
querele, giurì d'onore e altri mezzi di
accertamento. Per intanto ognuno è rimasto della
sua opinione.
Dopo qualche irrilevante interruzione al
discorso di replica del presidente Goria si è avuto
- come nei fuochi d'artificio - un finale mosso,
suscitato dalla dichiarazione di voto favorevole
dell'onorevole Alberto Bertuzzi eletto nelle liste
radicali, ma disobbediente a un ordine di partito di
dimettersi per far posto a chi lo segue nella
graduatoria; a sua volta il Bertuzzi -
conosciutissimo per essere da anni uno spietato
difensore civico volontario - era emerso dal
tourbillon delle candidature e opzioni dei leader
del Pr. Poiché una macchina non la si giudica dal
catalogo, ma provandola, così anche il Governo
deve essere giudicato dal suo operato, di cui non
può essergli negato l'inizio: questo il modus
opinandi del battagliero industriale della
Lombardia.
Vale la pena di trascrivere la pagina dello
stenografico, perché in percentuale si batte il
record quarantennale delle interruzioni:
Presidente: Ha chiesto di parlare per
dichiarazione di voto l'onorevole Bertuzzi. Ne ha
facoltà. Onorevoli colleghi, un po' di silenzio!
Alberto Bertuzzi: Ottimismo!
Presidente: Ha facoltà di parlare,
onorevole Bertuzzi.
Alberto Bertuzzi: Onorevole presidente
della Camera, onorevole presidente del
Consiglio, onorevoli colleghi...
Marco Pannella: Hai scritto che non si
deve dire: "onorevole"!
Presidente: Onorevole Pannella, la prego,
non interrompa! Non posso permetterlo!
Alberto Bertuzzi: Non a caso ho scelto
questa parola, perché ritengo che, dopo tante
critiche sulla composizione e sui programmi di
questo Governo, valga la pena di ricordare,
come immagine metaforica, che per giudicare
un'automobile bisogna prima provarla. Non è
sufficiente leggere le caratteristiche riportate
nel catalogo. Perciò annunzio il mio voto di
fiducia a questo Governo. (Applausi polemici
del deputato Francesco Rutelli.)
Marco Pannella: Bravo il truffatore civico!
Alberto Bertuzzi: Desidero richiamare
l'attenzione del presidente del Consiglio sui
due interventi svolti in questa Assemblea il 2
luglio scorso da parte del presidente
provvisorio Aldo Aniasi e da parte dello
stesso onorevole presidente della Camera.
Presidente: Onorevole Bertuzzi, per
cortesia, interrompa un attimo il suo
intervento. Onorevoli colleghi, mi rivolgo a
voi che siete in piedi nei corridoi. Per favore,
uscite o state seduti e possibilmente in
silenzio. Altrimenti sarò costretta a sospendere
la seduta.
Francesco Rutelli: Visto lo spettacolo,
varrebbe la pena.
Presidente: Onorevoli colleghi, vi prego di
uscire o di riportare un poco d'ordine in aula.
Onorevole Napolitano, la prego, non si
soffermi nell'emiciclo. Vuole riprendere il suo
intervento, onorevole Bertuzzi?
Alberto Bertuzzi: Vorrei, dicevo,
enucleare dagli interventi che ho prima
ricordato due riflessioni di particolare
importanza. Dal discorso di Aldo Aniasi
desidero enucleare il richiamo all'articolo 67
della Costituzione e da quello della onorevole
Iotti una riflessione di fondamentale
importanza e precisamente quella relativa alla
priorità che in ogni attività umana ha
un'importanza singolare. É prioritario, signor
presidente del Consiglio, l'esercizio...
Marco Pannella: L'esercizio della truffa!
Alberto Bertuzzi: ...del diritto di voto, che
nel testo unico delle leggi elettorali viene
negato agli italiani all'estero, forse perché
nelle sei proposte di legge della Vii e Ix
legislatura non si è discriminato il cittadino
che è definitivamente emigrato all'estero da
quelli iscritti nelle liste elettorali dei comuni
di residenza. La distinzione tra democrazia e
dittatura è proprio questa. In democrazia si
esercita il diritto di voto. Ebbene, credo sia
prioritaria una iniziativa per rimuovere
finalmente questo impedimento dal testo unico
delle leggi elettorali. Un altro tema di assoluta
priorità ritengo sia quello dell'insegnamento...
Marco Pannella: Della truffa! Di come si
truffa!
Alberto Bertuzzi: ...della educazione
civica nelle scuole, incluso l'insegnamento
della Costituzione. Dobbiamo lamentare una
ignoranza diffusa in merito alla nostra
Costituzione. Sono certo che proprio in questa
Assemblea ben pochi hanno approfondito la
conoscenza sulla materia costituzionale, sul
diritto costituzionale e sulla giurisprudenza
costituzionale.
Francesco Rutelli: Ce la dai tu, la lezione!
Alberto Bertuzzi: Credo che pochi
sappiano quanti sono gli articoli della nostra
Costituzione. Ebbene, la scuola, che altro non
è che una fabbrica addetta a produrre cittadini,
se non insegna l'educazione civica, se non
insegna la Costituzione, fabbrica dei sudditi
servili. Un'ultima considerazione che devo fare
è quella che riguarda la nostra posizione.
Troppo spesso noi sentiamo parlare di potere
legislativo, di potere esecutivo, di potere
giudiziario. Onorevoli colleghi, questi non
sono poteri, sono semplicemente delle funzioni
al servizio del popolo che la commissione
all'articolo 1 ha definito sovrano. L'unico
potere in democrazia è quello dei cittadini; noi
dobbiamo, quindi, essere rispettosi di questa
nostra dipendenza dalla Nazione e dai singoli
cittadini. COncludo augurando a questo
Governo un pieno successo. Presidente
Giovanni Goria, vai avanti con ottimismo, ti
sarò vicino affettuosamente. (Applausi
polemici dei deputati del gruppo federalista
europeo, congratulazioni.)
Marco Pannella: Goria, attento alle tasche!
Sergio Stanzani Ghedini: Auguri! Se gli sta
vicino lui...
Presidente: Onorevole Stanzani Ghedini, la
prego! Un po' di correttezza!
Francesco Rutelli: Sei rovinato, Goria! Il
braccio della morte!
Va sottolineata la tecnica del Bertuzzi che
non ha raccolto neppure una delle interruzioni
dei suoi ex compagni di cordata, che miravano
con evidenza ad accendere una disputa
pubblica o forse a creare un incidente con il
disobbediente.
Nel dibattito del 5 agosto mentre parlava
l'altoatesino Johann Benedikter, che ha
commentato in chiave negativa il successo
elettorale missino lassù, protestando per una
frase di Giorgio Almirante secondo cui il
fascismo è dinanzi a noi e non dietro di noi, ha
reagito Gastone Parigi con alcune battute
intermittenti: "Ti faremo il monumento della
vittoria in casa", "Ma dove credi di essere: in
un lager?", "Tu ce l'hai di dietro il fascismo",
"Buffone".
Il neoeletto Msi-Dn Andrea Mitolo ha
apprezzato invece accenni di buona volontà di
Benedikter, dispiacendo forse a Mirko
Tremaglia che non accetta la dizione Sud
Tirolo.
Prima di sciogliere la seduta preferiale si è
avuto un coretto piuttosto "spinto", suscitato
dall'ennesimo riferimento di Pannella
all'uccisione di carabinieri - addebitata a
destra - a Peteano.
Presidente: Ha facoltà di parlare
l'onorevole Tremaglia.
Mirko Tremaglia: Signor presidente,
signor presidente del Consiglio...
Marco Pannella: Parlaci di Peteano.
Presidente: Che cosa dice, onorevole
Pannella? Marco Pannella: Ho chiesto al
collega Tremaglia di parlarci di Peteano.
(Proteste al centro.)
Mirko Tremaglia: Ma non fare il cretino!
Non fare l'imbecille! Provocatore cafone!
Coglione!
Presidente: Onorevole Tremaglia, la
prego! Inizi il suo intervento!
Mirko Tremaglia: Non dipende da me,
dipende da lui!
Presidente: Inizi, onorevole Tremaglia!
Mirko Tremaglia: É uno schifoso!
Pannella, perché non ci parli di Toni Negri?!
Filippo BOrselli: ...e di Cicciolina!
Mirko Tremaglia: Schifoso!
Presidente: Inizi il suo intervento,
onorevole Tremaglia! La prego!
E Tremaglia iniziava senza più
interruzioni, mentre i colleghi rimasti in aula
guardavano nervosamente l'orologio.
Dovevano ancora parlare Claudio Martelli,
Mino Martinazzoli, Renato Zangheri, Giulio
Camber e Peppino Sinesio. I treni e gli aerei
non aspettano e l'attrazione delle vacanze
oltrepassa ogni distinzione di gruppo e di
partito.
La "chiama" per l'appello nominale è stata
rapidissima nonostante fossero solo ventidue
gli assenti. Il Governo ha vinto 371 a 237.
L'unico a non aver fretta sembrava Marco
Pannella, che ha aggiunto al suo No la
motivazione ("Perché ci sono due ministri
mafiosi").
E su questo stakanovismo del Pannella è
calata provvisoriamente la tela. Vero è che il
giorno successivo vi è stata ancora seduta per
accelerare i referendum, ma
centosessantacinque deputati avevano già
lasciato Roma (tra questi, Craxi, De Mita,
Altissimo, Natta, per non parlare che dei
segretari di partito). I referendum: ma perché
dar loro tante importanza? Prima delle elezioni
lo si poteva comprendere, ma ora...
Mentre licenzio le bozze i referendum sono
ormai alla vigilia della anticipata
celebrazione. Il potenziale esplosivo che si era
voluto dare, o temere, nella primavera scorsa,
si è talmente attenuato fino a scomparire. Non
penso che questo sia un male, perché tutte le
volte che la febbre sale l'organismo rischia
complicazioni, e viceversa.
Le Camere dovranno aggiustare
successivamente il tiro su ambedue i problemi,
vorrei quasi dire indipendentemente dal
risultato della consultazione popolare. E lo
dico non per sottovalutare l'importanza, ma
perché credo che comunque debbano essere
ricercate strade globali di risposta efficace
alle esigenze energetiche e di
contemperamento tra la sacrosanta
indipendenza dei giudici e la impossibilità che
si riconosca a una qualsiasi categoria di
cittadini di poter dire, senza pagare un piccolo
pegno, che il bianco è nero e viceversa.
In quanto all'energia. la spinta contro la
polluzione, per sistemi sempre più garantiti,
per standard internazionali liberati da ogni
condizionamento politico o di interessi
particolari a me sembra giusta e invincibile. E
come a Cuba - me lo spiegava in questi giorni
quel collega ministro - le difficoltà finanziarie
hanno indotto a produrre l'energia nelle
campagne bruciando dopo la lavorazione la
canna da zucchero, così queste e altre
difficoltà possono spingerci anche a riflessioni
più incisive sulle fonti alternative e sul
rinvenimento ulteriore di altri spazi
idroelettrici e simili.
Ci sono tanti campi per bisticciare, che
dovremmo lasciar questi che davvero
interessano, senza eccezione, a tutti i cittadini.