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LA FABIAN SOCIETY E LA PANDEMIA

Di recente è divenuto virale sui social un video che vede come unico
relatore Davide Rossi, autore del libro ‘La Fabian Society e la Pandemia’. Le
parole dello scrittore hanno catturato fin da subito l’attenzione di molti
ascoltatori del web, affascinati dall’argomento trattato, fino a poco tempo fa
sconosciuto ai più: la Fabian Society. Ma cosa si nasconde dietro questa sigla
per troppo tempo ignorata dall’opinione pubblica? Noi di MePiù vi illustreremo
la realtà di quella che può sembrare a primo impatto solo un’organizzazione di
matrice socialista, ma che nasconde ben altro. Ma prima iscriviti al canale e
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La Fabian Society venne fondata il 4 gennaio 1884 a Londra come continuità


ideale di un’altra società creata l’anno precedente, la ‘The Fellowship of the
New Life’. I primi membri della Fellowship comprendevano la visionaria élite
vittoriana, tra cui il poeta omosessuale Edward Carpenter, il sessuologo
Havelock, la femminista Edith Lees e lo scrittore Edward R. Pease.

Il loro obiettivo era quello di trasformare radicalmente la società, tanto che


alcuni membri espressero apertamente l’idea di apportare tali cambiamenti
attraverso lo strumento politico. Per farlo istituirono una società separata: la
Fabian Society. I suoi nove membri fondatori furono Frank Podmore, Edward R.
Pease, William Clarke, Hubert Bland, Percival Chubb, Frederick Keddell,
Frederick Keddell, Edith Nesbit, e Rosamund Dale Owen.

Il nome alla società fu dato in onore del generale romano Quinto Fabio
Massimo Verrucoso, detto ‘il temporeggiatore’, famoso per la sua tattica di
guerra fatta di strategie e logoramento del nemico, che lo portava a colpire in
modo deciso solo nel momento in cui la situazione era ormai a suo vantaggio.
Una tattica molto vicina al modus operandi fabiano, il cui obiettivo era ed è
tuttora quello di far emergere i principi del socialismo democratico in modo
graduale e riformista all’interno delle istituzioni. Metodo più subdolo e meno
visibile rispetto a quello di tipo rivoluzionario appartenente al socialismo
classico.

Celebre il logo della società: una tartaruga, rappresentazione simbolica della


base dottrinaria del gruppo, vale a dire un lento ed impercettibile avvio verso il
socialismo. Lo stemma iniziale invece rappresentava un lupo travestito da
pecora, simbolo di una chiara metodologia di infiltrazione ideologica nei luoghi
di potere. Immagine successivamente abbandonata per la sua accezione
estremamente negativa. In molti infatti negli anni hanno captato in tale
immagine un riferimento biblico proveniente dal Nuovo Testamento e da un
sermone, in cui Gesù avverte che i falsi profeti vengono vestiti da pecore, ma
in realtà sono lupi famelici.

La Fabian Society crebbe fino al punto di diventare a tutti gli effetti una delle
principali società accademiche nel Regno Unito durante l’era edoardiana. Già
dal principio iniziò infatti ad attrarre diversi illustri personaggi interessati alla
causa socialista, tra cui: lo scrittore e drammaturgo George Bernard Shaw, la
saggista, femminista ed esoterista Annie Besant, il pedagogista Graham
Wallas, il funzionario britannico Sydney Olivier e Ramsay MacDonald, il Primo
Ministro del Regno Unito che apparteneva al Partito Laburista. Tutti
appartenenti ad una corrente di pensiero profondamente progressista.
Esponenti di rilievo fabiani sono stati inoltre gli
economisti Sidney e Beatrice Webb, scrittori di molteplici opere riguardo la
visione socialista nel mondo del lavoro e punti di riferimento all’interno del
movimento laburista inglese.

Il 5 settembre 1884, Shaw contribuì al secondo importante Fabian Tract,


intitolato ‘Manifesto’, che presentava i punti focali dell’ideologia fabiana, quelli
che poi verranno definiti i ‘principi del Fabianismo’. Nel 1887, la Fabian Society
pubblicò invece un programma, conosciuto come “The Basis“, in cui venivano
esposti a 360 gradi i principi di riorganizzazione della società mediante
l’eliminazione della terra e della proprietà privata e l’acquisizione di essi nella
comunità per il beneficio generale. Il tutto senza il benché minimo atto
eversivo, ma agendo sempre tramite le istituzioni, a differenza della teoria
Marxista improntata sulla Lotta di classe. 

Nel tempo la società ha diffuso le sue idee in conferenze, dibattiti e trattati. Il


primo trattato più importante fu ‘Fabian Essays in Socialism’, a cura di George
Bernard Shaw e pubblicato nel 1889. Carteggio che raccoglieva otto
conferenze, tenute nell’anno 1888 all’interno di club operai e nelle associazioni
politiche di Londra dai membri fabiani più influenti. Nel trattato esposero la loro
ideologia e il loro programma, con l’obiettivo di spingere in modo graduale il
partito liberale ad adottare parte di quelle basi socialisteggianti. Ciò a
dimostrazione dello strategico lavoro di infiltrazione ideologica in ambito
politico da parte dei fabiani. Infatti i tentativi di permeazione fabiana
sostennero inizialmente il governo liberale, perché più malleabile rispetto ai
conservatori, fino a quando nel 1893 nacque il partito laburista indipendente, a
cui la Fabian Society diede completo appoggio. Nonostante ciò non mancò una
costante pressione anche sul Partito Progressista.

Uno dei più grandi successi dei primi fabiani fu sicuramente la fondazione
della London School of Economics nel 1894. L’idea di creare un istituto
scolastico che avrebbe indagato sui problemi sociali ed economici della tarda
Gran Bretagna vittoriana e propagato le idee della Fabian Society fu di Beatrice
e Sidney Webb, Graham Wallas e George Bernard Shaw. Dal 1895, la London
School of Economics and Political Science (LSE) si sviluppò rapidamente
attraverso sovvenzioni private e donazioni, tanto da divenire un importante
centro di influenza del socialismo fabiano e tutt’oggi un punto di riferimento
dottrinario di una precisa visione progressista. Tra i personaggi di spicco
associati alla LSE, ritroviamo: l’ex Primo ministro italiano Romano Prodi, l’ex
Direttore dell’Ufficio finanziario del Fondo monetario internazionale Carlo
Cottarelli, il presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, Il
presidente della Repubblica di Cina Tsai Ing-wen, il filantropo e miliardario
americano George Soros allievo del filosofo fabiano Karl Popper (quest’ultimo
nel 46’ lettore di logica e metodo scientifico presso la stessa Università). 

Nell’annata tra il 1903 e il 1904 ci fu un dilagare dell’idea socialista. Di


conseguenza crebbe anche la Fabian Society, triplicando così i suoi membri.

Il socialismo fabiano però non poteva assolutamente essere definito


‘democratico’ , tanto che proponeva un modello di società amministrata
professionalmente. Credeva che i partiti politici sarebbero scomparsi e che i
politici sarebbero stati sostituiti da “esperti” altamente qualificati e da burocrati
civili della classe media stipendiati, i quali si sarebbero occupati del benessere
generale delle masse, considerate “ignoranti” e “passive”. 

Non è tutto, perché risulta che al centro della visione fabiana ci sia stata anche
l’eugenetica e la sua promozione come scienza di purificazione razziale e
controllo della popolazione. Nei primi anni del 1900 alcuni membri di spicco
della Società, tra cui i coniugi Webb, Shaw e Wells, sostennero l’ideale di una
società socialista scientificamente pianificata e un approccio eugenetico alla
politica sociale.

Per eugenetica si intende la disciplina nata verso la fine dell’Ottocento che,


basandosi su considerazioni genetiche e applicando metodi di selezione usati
per animali e piante, aveva l’obiettivo di migliorare la specie umana. In seguito
fu ripresa da Hitler contro gli “elementi degenerati”.

 A parlare dell’approccio del fabianesimo alla teoria eugenetica,


fu Chesterton nel suo libro, “Eugenetica e altri malanni”, pubblicato per la
prima volta nel 1922. Nella sua opera egli criticava i socialisti Sidney Webb,
Bernard Shaw e Herbert George Wells, accusandoli di essere sostenitori
dell’eugenetica come “nuova religione”. Addirittura in una parte dei documenti
di appendice che accompagnano il libro, l’autore, riporta una frase di Bernard
Shaw: “nulla se non una religione eugenica può salvare la nostra civiltà”. 

Nel Regno Unito infatti l’eugenetica fu sostenuta da numerose figure


importanti, tra cui appunto i socialisti del fabianesimo già citati, ma anche da
conservatori come il futuro Primo Ministro del Regno Unito Winston Churchill e
Arthur James Balfour. Tra i fautori di tale pensiero sbucano anche due
economisti liberali: William Beveridge, che non a caso lavorò con Sidney Webb
e Beatrice Webb, influenzato dalle loro teorie di riforme sociali, ed il celebre
John Maynard Keynes.

Shaw, espresse molto interesse per l’eugenetica, vista come strumento per
prevenire il deterioramento della civiltà Shaw. Egli mostrò il proprio sostegno
all’eugenetica durante le sue conferenze per la Eugenic Education Society,
come si evince anche da un articolo del 1984 dal titolo ‘Eugenics and the Left’
uscito sul Journal of the History of Ideas.

Queste alcune delle parole proferite da Shaw durante una conferenza:

“Non so mai come rendere la mia opinione chiara, perché io rigetto ogni tipo di
punizione, non voglio punire nessuno, ma c’è un numero straordinario di
persone che voglio uccidere. Non in maniera crudele o per una vendetta
personale. Dovrebbe essere evidente a tutti voi, ne conoscerete personalmente
una dozzina almeno di queste persone che non hanno uno scopo in questo
mondo, che creano più problemi che valore, e quindi io credo che sarebbe una
cosa buona far presentare tutti davanti ad una commissione eletta
regolarmente (…) ogni cinque anni o ogni sette anni, metterlo semplicemente lì
davanti e chiedergli: Signore o Signora, ora potrebbe essere così gentile da
poter giustificare la sua esistenza? Se non puoi giustificare la tua esistenza, se
stai dando peso alla società civile, se non produci quanto consumi, allora
chiaramente non possiamo usare la grande organizzazione della nostra società
per mantenerti in vita, perché la tua vita non porta beneficio a noi, e non può
essere di grande uso neanche a te”.

Come già detto, tra i fabiani sostenitori della teoria eugenetica troviamo
anche Herbert George Wells, autore di diversi romanzi come ‘La macchina del
tempo’. Ebbene, Wells nel 1940 pubblicò un’opera fantascientifica, più
precisamente ‘distopica’, dal titolo ‘The New World Order’ (Il Nuovo Ordine
Mondiale), in cui si fa riferimento ad un governo mondiale socialista e
cosmopolita fondato per risolvere i problemi sociali moderni. All’interno
dell’opera, Wells, diede enorme risalto al potenziale della scienza e al
cambiamento tecnologico, visti entrambi come evoluzione e strumenti per la
nuova forma di governance globale.

Le critiche più forti nei suoi confronti arrivarono proprio da un altro esponente
dei fabiani, George Orwell. 

Quest’ultimo, socialista puro e ‘fabiano critico’, lanciò un occhio molto più


scettico sulla scienza, mettendo in guardia sui suoi limiti come guida per le
vicende umane. Infatti, secondo Orwell, i modi di pensare prevalentemente
scientifici hanno sempre portato all’inganno e alla manipolazione degli
individui. Un chiaro esempio, per nulla casuale, lo riporta
nel nazionalsocialismo. In un suo trattato dal titolo ‘What is science?’, egli
sottolineò il fatto che la comunità scientifica tedesca oppose pochissima
resistenza a Hitler e senza di loro la macchina da guerra tedesca non sarebbe
mai stata costruita. Inoltre spiegò come molti scienziati hanno ingoiato la
mostruosità della scienza razziale.

Non è un caso che nel 1949 Orwell diede vita alla sua principale opera: ‘1984’.
Il romanzo distopico pone al centro della storia una società piegata ad un
totalitarismo, ispirato a quello sovietico e a quello della Germania nazista. Nella
storia vige un regime promosso dal partito unico con a capo il ‘Grande
Fratello’, entità misteriosa. Il Grande Fratello possiede un controllo tecnologico
h24 sulla società, attraverso i suoi occhi che sono dei teleschermi, televisori
forniti di telecamera, installati per legge in ogni abitazione, e tramite la
psicopolizia, creata per reprimere ogni pensiero divergente. Secondo molti,
l’opera non fu altro che una denuncia o un allarme nei confronti dello stesso
fabianesimo, in quanto lo stesso titolo riporta le ultime due cifre uguali a quelle
dell’anno di nascita della Fabian Society. Dunque l’arco temporale che va dal
1884 al 1984 sarebbe un centenario esatto, utile probabilmente per dar forma
a quella visione ideologica unica globale tanto mirata da personaggi come
Wells.

Nel 1900 la Società produsse un ulteriore manifesto: ‘Fabianism and the


Empire’, redatto da Bernard Shaw, che comprendeva i suggerimenti di 150
membri Fabiani. Il contenuto era una critica all’economia politica liberale
tradizionale, considerata obsoleta, e una particolare attenzione
all’imperialismo, visto come nuova fase della politica internazionale. La
domanda era se la Gran Bretagna sarebbe stata il centro di un impero
mondiale o se avrebbe perso le sue colonie. A tal proposito si esprimeva
sostegno alla Gran Bretagna nella guerra boera (1899-1902), in quanto le
piccole nazioni come i boeri, erano, secondo i fabiani, un anacronismo nell’era
degli imperi.

Basta andare sul paragrafo ‘Our History’ del sito ufficiale della Fabian Society
per verificare che tutto ciò è reale. Queste sono le parole riportate dalla stessa
organizzazione:

“I membri della società erano radicali per il loro tempo, ma le loro opinioni
riflettevano l’età in cui vivevano. I principali membri della società avevano
pregiudizi e opinioni razziste che non erano in linea con l’impegno della società
per l’uguaglianza per tutti, né allora né ora. I fabiani si impegnavano in
dibattiti sull’eugenetica ed erano razzisti nei confronti delle persone di origine
ebraica, nera e asiatica. Le opinioni sul ruolo dell’Impero variavano tra i
membri, con alcuni che sostenevano la rapida decolonizzazione e altri
vedevano l’Impero britannico come una forza potenzialmente progressista nel
mondo”.

Nel corso del tempo il gruppo è sempre stato influente nei circoli del partito
laburista, con membri tra cui Ramsay MacDonald , Clement Attlee , Anthony
Crosland , Roy Jenkins , Hugh Dalton , Richard Crossman , Ian Mikardo , Tony
Benn , Harold Wilson ed altri più recentemente come Shirley Williams , Gordon
Brown , Gordon Marsden e Ed Balls. Addirittura, prima di convertirsi al mito
Mussoliniano del fascismo, durante gli anni venti Oswald Mosley (fondatore
dell’Unione Britannica dei Fascisti) e sua moglie furono grandi sostenitori del
fabianesimo ed entrambi lavorarono per varie organizzazioni giornalistiche e
politiche controllate dalla Fabian Society. Nel 1929 lo stesso Mosley concluse
un accordo elettorale con il primo ministro Ramsay MacDonald e per un anno
fu suo ministro senza portafoglio, come cancelliere del Ducato di Lancaster.

Un importante esponente politico molto vicino all’universo fabiano è da sempre


l’ex Primo Ministro del Regno Unito, Tony Blair. Quest’ultimo, nel 2006,
presidiò un evento sul restauro della ‘Fabian Window’, esposta alla London
School of Economics. Stiamo parlando della controversa opera progettata da
George Bernard Shaw, che raffigura i membri della Società, George Bernard
Shaw e Sydney Webb che danno forma al mondo, e Edward Pease, che suona
il mantice dinanzi allo stemma del lupo vestito da agnello. Proprio in tale
occasione Blair espresse la sua gratitudine e il debito intellettuale del partito
‘New Labour’ nei confronti dei fabiani, riconosciuti come iniziatori di quel
percorso ideologico. Un percorso ideologico basato su razzismo ed eugenetica.

La lista è molto lunga, e sono molti i personaggi della scena politica legati alla
Fabian Society, che di fatto rappresenta un organo fondamentale del partito
laburista. 

Visto il calo costante che la sinistra inglese ha subito negli anni, all’inizio del
2017 il segretario generale di Fabian, Andrew Harrop, ha prodotto un rapporto
in cui sosteneva che l’unica strada possibile per i laburisti per tornare al
governo sarebbe stata quella di trovare un’intesa con i liberaldemocratici e lo
Scottish National Party.

Mai quanto adesso è evidente la vittoria del fabianesimo sulla società. Seppur
non sempre al potere, i principi di quest’organizzazione hanno impregnato della
loro visione globalista l’ambiente che ci circonda. Come abbiamo visto, tale
ideologia ha sfornato filantropi e importanti leader attraverso percorsi
accademici, senza dimenticare l’influenza che il progressismo sfrenato ha avuto
sulle nuove generazioni. Inoltre, la strategia di infiltrazione che nel corso della
storia è stata portata avanti dalla Fabian Society ha colpito anche partiti politici
opposti alla visione socialista democratica. La scienza vista come nuova
religione, ad esempio, è il nuovo dogmatismo vigente che non conosce confine
politico. Questo ci fa comprendere ulteriormente la caduta degli ideali e la regia
unica che aleggia dietro ogni ambiente di destra o di sinistra. 

n un servizio precedente abbiamo parlato della Fabian Society, illustrando la


storia e la natura dell’organizzazione. Agli albori fautrice dell’eugenetica,
promossa come scienza di purificazione razziale e controllo della popolazione, è
stata caratterizzata da velati principi socialisti e imperialisti, propagandati
attraverso una strategica infiltrazione riformista interna alle istituzioni. Ma non
è tutto. Abbiamo deciso infatti di approfondire le dinamiche che legano
numerose personalità politiche italiane al mondo fabiano.

Proprio da lì, si dilaga a macchia d’olio in tutto l’occidente una visione


socialdemocratica che da sempre condiziona la politica, compresa quella
nostrana.

Con la fondazione della LSE (London School of Economics and Political Science)
nel 1894, i primi fabiani diedero vita ad un istituto scolastico che avrebbe
indagato sui problemi sociali ed economici della tarda Gran Bretagna vittoriana
e propagato le idee della Fabian Society di generazione in generazione. 

Dal 1895, la London School si sviluppò rapidamente attraverso sovvenzioni


private e donazioni, l’edificio ad esempio fu finanziato anche dalla famiglia
Rothschild. Non è un caso che tra i nomi associati all’istituto, troviamo Sir
Evelyn Robert Adrian de Rothschild, in passato governatore della London
School. Tutto riportato dallo stesso sito “The Rothschild Archive”. In ogni caso
con il tempo l’istituto divenne un vero e proprio centro di influenza del
socialismo fabiano e tutt’oggi rappresenta il cuore di una precisa visione
socialista-democratica.

Tra le personalità di spicco associate alla LSE, ritroviamo noti volti italiani:

-L’ex Primo ministro italiano Romano Prodi. Dopo essersi laureato in


giurisprudenza all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, ha
perfezionato i suoi studi presso la LSE. 

-l’ex Direttore dell’Ufficio finanziario del Fondo monetario internazionale dal


2008 al 2013, Carlo Cottarelli. Ha conseguito un master in economia presso la
LSE, che fin da subito gli ha spalancato le porte della Banca d’Italia e dell’ENI.
Nel novembre 2014, su nomina del Governo Renzi, è diventato direttore
esecutivo nel Board del Fondo Monetario Internazionale. 

Probabilmente non un caso la nomina data a Cottarelli da parte dell’ex


Presidente del Consiglio. Renzi infatti si rifà esplicitamente a ‘La Terza Via’,
ideologia di cui è ideatore un importante fabiano, il sociologo Anthony
Giddens e adottata da un esponente politico anch’egli dichiaratamente fabiano,
ovvero l’ex Primo Ministro del Regno Unito, Tony Blair.  Tale dottrina ha
trovato terreno fertile anche nella sinistra americana a guida Clinton e nei
democratici di sinistra italiani del PD.

A calcare il suolo della prestigiosa scuola inglese è stato un altro big della
politica italiana, vale a dire: l’ex Premier Mario Monti. Nel 2012 tenne proprio lì
una conferenza dal titolo “The EU in the global economy: challenges for
growth”. Anche lui, come Prodi, proveniente dal Bilderberg. Il fabianesimo in
Italia ha però radici molto più profonde. 

Una corrente di pensiero ispirata ai principi fabiani è stata quella di Carlo


Rosselli. Giornalista, filosofo e storico, dichiaratamente antifascista, Rosselli fu
il teorico del “socialismo liberale”, un socialismo riformista non marxista,
ispirato dal laburismo britannico. Proveniente da un’agiata famiglia ebraica,
diplomatosi all’Istituto tecnico, si iscrisse a Firenze al corso di Scienze sociali,
laureandosi a pieni voti il 4 luglio 1921 con una tesi sul sindacalismo. 

Tramite il fratello Nello, conobbe Gaetano Salvemini, professore dell’Università


fiorentina e frequentatore della LSE, il quale lo iniziò al socialismo liberale. In
questo periodo, Rosselli si avvicinò al Partito Socialista Italiano, prediligendo la
corrente riformista di Filippo Turati, per il quale scrisse anche sulla rivista
‘Critica Sociale’.  Nel 1923 conobbe Giacomo Matteotti, segretario dell’appena
fondato Partito Socialista Unitario, al quale aderì insieme a molteplici riformisti
espulsi dal PSI. Nel febbraio dello stesso anno, a Firenze, il gruppo dei socialisti
liberali facente riferimento a Salvemini inaugurò il ‘Circolo di Cultura’. 

Il 9 luglio, Carlo si laureò in giurisprudenza all’università di Siena, con la tesi


‘Prime linee di una teoria economica dei sindacati operai’. Partì così per Londra,
desideroso di conoscere il cuore del laburismo, di frequentare gli ambienti della
London School of Economics e seguire i seminari della Fabian Society. Proprio
in Inghilterra completerà la sua formazione venendo a contatto con molti
esponenti di rilievo fabiani.

Tornato in Italia in ottobre proseguì la sua collaborazione con ‘Critica Sociale’


di Turati. Nel mese di novembre pubblicò un articolo importante, in cui invitava
il Partito socialista a rompere con il marxismo, da lui stesso considerato come
un ormai superato e cieco dogmatismo. Pose come alternativa “un sano
empirismo all’inglese”.

La dottrina fabiana in Italia proseguì il suo corso con la fondazione del


movimento libeal-socialista ‘Giustizia e Libertà’. Sigla fondata a Parigi
nell’agosto del 1929 da diversi esponenti esuli antifascisti in contrasto con il
regime italiano. Tra costoro si distinse proprio Rosselli, il quale ne divenne
leader. 

Dopo la morte dei fratelli Rosselli, uccisi in Francia nel 1937 da sicari
riconducibili all’estrema destra, l’eredità di ‘Giustizia e Libertà’ fu raccolta in
seguito da altre sigle come il ‘Partito d’Azione’, fondato nel 1942 e disciolto nel
1947. Ad oggi il socialismo liberale non è assolutamente morto, in quanto tra
coloro che si rifanno apertamente a questa ideologia c’è anche l’attuale
Presidente del Consiglio, Mario Draghi. 

In una intervista del 2015, concessa al settimanale tedesco ‘Die Zeit’, Draghi
fece chiarezza sulla sua visione politica: “Le mie convinzioni rientrano in quelle
idee che oggi verrebbero definite del socialismo liberale, quindi non proprio
collocabili in raggruppamenti estremi”. Anche dal sito dello storico giornale
socialista l’’Avanti’, sbuca un breve articolo targato febbraio 2021, dove viene
messa in risalto la natura social-liberale dell’attuale Premier. Un’ideologia, a
detta dello stesso articolo, abbracciata anche da Carlo Calenda, Matteo Renzi
ed Emma Bonino. 

Non a caso, quest’ultima, una storica amica di George Soros, il filantropo


americano sostenitore del movimento liberal del Partito Democratico degli Stati
Uniti d’America, nonché finanziatore, attraverso la Open Society Foundation, di
tutte le cause ultra-progressiste, come le ONG per l’immigrazione. 

Ebbene, sia il filantropo che sua moglie Tamiko Bolton, in vista delle elezioni
politiche italiane del 2018, finanziarono il partito ‘+Europa’ della Bonino. Lei
stessa lo ammise in una dichiarazione alla stampa nel 2019: “Da Soros
abbiamo ricevuto 200mila euro l’anno scorso”.

La Bonino rivendica un’amicizia con l’uomo noto come colui che ha guadagnato
con la vendita di valuta a pronti contro termine, una terminologia finanziaria
per descrivere un contratto nel quale una banca cede in cambio di denaro un
titolo ad un acquirente. Le sue speculazioni più importanti sono state quando il
mercoledì nero (16 settembre del 1992) vendette 10 miliardi di sterline
costringendo la banca d’Inghilterra a svalutare la sterlina, così facendo
guadagnando una cifra stimata di 1,1 miliardi di dollari. Operazione analoga fu
da lui effettuata contro la lira italiana col risultato che questa fu svalutata del
30%

Sempre il magnate americano, in vista delle elezioni Europee del 2019,


supportò 13 suoi uomini di fiducia all’interno delle liste del Pd. Tra i nomi anche
l’ex ministro Cecile Kyenge e l’attuale sindaco di Roma, Roberto Gualtieri. Non
è certamente un caso che anche Soros proviene dalla London School of
Economics, dove è stato allievo del filosofo e sostenitore della “società aperta”,
Karl Popper. Dunque è la perfetta espressione della dottrina fabiana.

Adesso però è arrivato il momento di attualizzare, di scoprire qual è stato il


ruolo della Fabian nella gestione dell’emergenza Covid e più in generale in
tutto lo scenario attuale. Per farlo bisogna partire da un big della
sinistra: Massimo D’Alema, ex Presidente del Consiglio dei ministri della
Repubblica Italiana ed ex Ministro degli affari esteri del Governo Prodi. 

Inizialmente anche lui fautore della Terza Via e dagli anni 90’ molto legato al
fabiano dichiarato Tony Blair (colui che nel 2006 inaugurò il restauro della
Fabian Window presso la LSE), D’Alema è stato sempre centrale nel mondo
della sinistra social-democratica.

Nonostante ormai fuori dal Parlamento e soprattutto fuori dalla grande casa
della sinistra del PD, D’Alema rappresenta ancora un punto di riferimento per
una certa area politica. Questo è possibile grazie ai rapporti internazionali cuciti
nel tempo, poiché ad oggi è il Presidente di ‘Italianieuropei’, una fondazione di
cultura politica di area riformista, di cui fa parte anche l’attuale Ministro della
salute, Roberto Speranza.

Ma non è finita qui, perché è stato anche presidente, dal 2009 al 2017, del
massimo pensatoio del progressismo europeo: la FEPS (Foundation for
European Progressive Studies). Una fondazione affiliata al PSE, quindi all’area
dei socialisti europei, e finanziata dal Parlamento europeo (addirittura si parla
di una cifra di 4,5 milioni di euro l’anno). 

Tra la fondazione in questione e la Fabian Society ci sono buoni rapporti.


D’Alema, nel 2016, in qualità di leader della FEPS è intervenuto alla Summer
Conference della Fabian Society, sul tema “Britain’s Future, Labour’s Future”,
“Il futuro della Gran Bretagna e del Partito laburista”. Al centro del dibattito
l’allora referendum sull’uscita dall’Europa. Come abbiamo già visto, l’attuale
Ministro Speranza è sempre stato vicino a Massimo d’Alema. Oltre ad essere
membro della sua fondazione ‘italinieuropei’, con l’ex Premier condivide anche
lo stesso partito, ‘Articolo1’.

Da un’inchiesta portata avanti dal giornalista e scrittore Davide Rossi nel suo


libro ‘La Fabian Society e la pandemia’ emergono collegamenti molto
interessanti sul Ministro. Attraverso un’analisi condotta da Rossi sul curriculum
di Speranza, apprendiamo che quest’ultimo nel 2005 ha frequentato la
Summer London School. 

A conferma di ciò, in un post facebook del 2015 tutt’oggi reperibile, il Ministro


racconta infatti la sua esperienza di studio in Inghilterra: “il mio quarto giorno
a Londra. Sto seguendo un corso intensivo di International economics alla
London School of Economics, la scuola di economia diretta da Antony Giddens”.
Poi i toni si fanno più cupi e spiega come quel giorno si verificò l’attentato di
stampo islamico alla metropolitana di Londra, che comportò 56 morti e circa
700 feriti. Speranza nel testo passa poi a parlare del discorso in diretta di Tony
Blair, che ascoltò direttamente dalla LSE: “L’impatto è molto forte. Io, guerra
in Iraq a parte, ho sempre avuto un debole per Blair. E molto strana e difficile
da descrivere la sensazione di sentirlo parlare, in un giorno così difficile, dentro
la Lse”. Nei vari passaggi successivi, continua a mostrare forte ammirazione
per Blair. Questo dimostra ulteriormente una forte vicinanza di Speranza a quel
preciso mondo politico.

La domanda che sorge spontanea è come fa un personaggio come Speranza,


privo di particolari carismi e di preparazione in campo medico, a ricoprire la
carica più importante in questo contesto. Una risposta a tale quesito non si
trova neanche nel partito di appartenenza, poichè ‘Articolo 1’ è una sigla
completamente ininfluente sullo scenario politico attuale, che non possiede la
minima rilevanza in alcun sondaggio.

Prima di lui, nel governo giallo-verde, il ruolo di Ministro della Sanità era stato
affidato alla deputata pentastellata Giulia Grillo, laureata in medicina e
chirurgia. Sicuramente una persona specializzata nel campo e un’espressione
popolare, in quanto figura appartenente al partito più votato in Italia nelle
elezioni del 2018. Improvvisamente, con la fine del Governo M5s-Lega,
concluso con delle dimissioni a dir poco misteriose di Matteo Salvini, nasce il
Governo Conte 2 formato dal M5s, il Pd ed altri gruppi minoritari di sinistra
come lo stesso ‘Articolo 1’. Alla Grillo succede Speranza.

La gestione della vicenda Covid da parte del Ministero della salute a guida
Speranza è stata oggetto di attacchi da ogni fronte. Questo perchè, come
chiarito da diverse inchieste, ha tentato in tutti i modi di non far accedere ai
medicinali disponibili per curare a casa questa infezione. Persino il semplice
cortisone non è previsto dal protocollo delle cure domiciliari. Solo tachipirina e
vigile attesa. Tutto ciò ha causato diverse morti di persone anziane, panico e
intasamento degli ospedali. Il tutto, sembrerebbe, allo scopo di creare focali
per poter gridare all’emergenza sanitaria. Da qui deriva tutta la politica
chiusurista che vede nei lockdown l’unica fonte di salvezza.

Con la fine del Conte 2 e la nascita del Governo unitario a guida Draghi,
Speranza, nonostante tutto, viene riconfermato per lo stesso ruolo.

A primo impatto sembrerebbe che qualcuno abbia tutto l’interesse a far


perdurare un discorso emergenziale in eterno, ma la conferma arriva proprio
quando si ascoltano le parole profetiche del Premier Draghi: “ […] è necessario
per prevenire epidemie, nuove pandemie. Soprattutto in generale per
assicurarci una preparazione ai prossimi, purtroppo, inevitabili danni sanitari”.
Non da meno quelle del Ministro Speranza rivolte alla pandemia e al vantaggio
che la sua area politica potrebbe trarne: “dopo tanti anni controvento per la
sinistra ci sia una nuova possibilità di ricostruire un’egemonia culturale su basi
nuove”.

Basi nuove che prevederebbero un nuovo ordine, una riplasmazione della


società, cominciata ufficialmente con il Green Pass, di cui l’Italia e il suo
Governo sono stati promotori insieme alla Francia. Nello scorso servizio
abbiamo parlato dei principi cardini della Fabian Society, uno su tutti
l’abolizione della proprietà privata, elemento che ritroviamo nel modus
operandi politico attuale. Innanzitutto, ciò che si può notare a primo impatto è
un forte attacco al ceto medio. La piccola-media impresa è la più penalizzata
da queste misure di restrizione, che sembrano invece favorire i colossi delle
multinazionali. 

In secondo luogo c’è un costante attacco alla proprietà privata anche


attraverso un linguaggio che gradualmente sta prendendo sempre più piede
nella società. Sono molte le personalità socialisteggianti che tentano di
imbastire i loro ideali in nobili cause. Un esempio  è il sindacalista Landini, il
quale nell’ottobre 2021 ha dichiarato in merito alla violenza sulle donne:
“Provate a pensare che danni può creare l’idea della proprietà privata: le
persone non sono proprietà di nessuno”.

Addirittura dal primo numero del 2021 di ‘The Economist’, il settimanale degli
Agnelli e dei Rotschild, si possono leggere queste parole: “La proprietà della
casa è il più grande errore di politica economica dell’Occidente. È un’ossessione
che mina la crescita, l’equità e la fede pubblica nel capitalismo”. Infine: “È
urgentemente necessaria una nuova architettura”.

In un articolo di ‘Alma News 24’ dell’aprile 2021, firmato da Riccardo Pedrizzi,


si parla di attacco alla proprietà privata. Si fa riferimento in maniera critica alle
tasse sul patrimonio, come Imu e Tari, ma soprattutto all’ingiustizia per il
continuo blocco degli sfratti, che consente anche ad un moroso incallito, che
non paga l’affitto e le spese condominiali da anni, di non restituire la casa.
Anche questa un’altra difficoltà di contorno alla narrativa emergenziale. Nello
stesso testo viene posta l’attenzione sulla gravità delle affermazioni di ‘The
Economist’, intese come la dichiarazione di guerra contro la proprietà
immobiliare da parte dei grandi centri finanziari. Quanto espresso da ‘The
Economist’ è esattamente il programma del Forum di Davos, che prevede la
soppressione della proprietà degli alloggi e la loro confisca.

Al di là di come la si pensi, non si può negare che i principi fondanti della


Fabian abbiano preso ormai il controllo di buona parte dell’occidente, a partire
dall’Italia, che in tale situazione riveste sicuramente un ruolo di apri fila per le
altre Nazioni.

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