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GLI ANNI RUGGENTI

A differenze del resto dell’europa, gli anni che seguirono la fine del primo conflitto mondiale,
furono anni di fortissima espansione economica per gli USA: negli anni 20 collezionarono un
record dopo l’altro in campo industriale e nel settore terziaro, con un conseguente aumento
del reddito del 50%.
Allo stesso tempo, aumentarono i consumi secondari, e ciò contribuì ad allargare il
consenso verso il sistema capitalistico. Si comincia a delineare l’american way of life, ossia
uno stile di vita caratterizzato da una serie di comfort impensabili per il cittadino europeo
medio: tutti questi fattori determinarono la nascita del cosiddetto “mito americano”,
caratterizzato da un clima di prosperità economica che si opponeva alla crisi che stava
vivendo l’europa all’indomani della guerra.
Negli anni immediatamente successivi al conflitto mondiale, gli americani cominciavano ad
essere insofferenti nei confronti della politica adottata dal presidente Wilson: infatti, con le
successive elezioni (alle quali poterono partecipare anche le donne), il Senato bocciò il
trattato di versailles e la conseguente adesione alla società delle nazioni. Queste elezioni
segnarono il ritorno al potere dei repubblicani, guidati da WARREN HARDGIN, il quale
adottò una politica di disimpegno, anche perchè gli americani volevano chiudere la parentesi
della guerra e cominciare a rioccuparsi degli affari interni.
La nuova politica aveva come obbiettivo la tutela della produzione nazionale, che si tradusse
nell’applicazione di pesanti tariffe doganali; allo stesso tempo furono annullati tutti i
provvedimenti presi da Wilson in campo di controllo sui prezzi e limitazione dei monopoli e
cio contribuì ad un aumento esponenziale delle concentrazioni industriali e finanziarie.
Se in campo economico presero importanti provvedimenti, non si può dire lo stesso in
campo sociale, poichè non fu preso alcun provvedimento per sostenere i ceti piu poveri.

PAURA DEI ROSSI→ Alla vittoria del partito repubblicano, contribuì la sempre piu diffusa
paura dei rossi, che si era diffusa dopo la rivoluzione in Russia. Le suggestioni del
bolscevismo erano giunte fino in america, e avevano portato alla formazione di un piccolo
partito comunista i cui membri erano perlopiù immigrati e anarchici. Il governo repubblicano
reagì emanando molti provvedimenti contro questi gruppi politici( ricordiamo il processo dei
due italiani NICOLA SACCO e BARTOLOMEO VANZETTI). Con il cosiddetto red scare, il
governo cominciò, inoltre, ad adottare regole sempre piu restrittive in materia di
immigrazione. In questo clima di intolleranza e paura del prossimo, riprese l’organizzazione
razzista KKK, che colpiva neri, ebrei e qualsiasi minoranza etnica.

Anche il PROIBIZIONISMO, fu una conseguenza di questi pregiudizi razziali, in quanto


queste persone venivano accusate di abusare di alcol, provocando una degradazione fisica
e morale del popolo americano. Con il 18esimo emendamento, la circolazione e il consumo
di alcol venne vietato in tutto il paese: questo contribuì alla diffusione di attività criminali e
illegali che si dedicavano allo spaccio di bevande alcoliche. Tuttavia nel 1923, questa legge
fu abrogata.

LA FINE DI UN’EPOCA: IL CROLLO DI WALL STREET

Con l’esponenziale crescita finanziaria avuta negli anni 20, i titoli azionari della borsa di wall
street erano in costante aumento: tra gli americani si era diffusa l’idea che arricchirsi
attraverso la speculazione finanziaria fosse un’attività semplice e redditizia. Così in molti
compravano azioni pensando di poterle rivenderle ad un prezzo maggiore ed estinguere il
contratto. Tuttavia, questo stava portando ad un processo di indebitamento collettivo,
caratterizzato da sempre più frequenti ed ingenti prestiti internazionali. Il problema principale
era che non vi erano leggi che regolavano l’attività speculativa.

Un altro problema che stava cominciando ad indebolire l’economia statunitense, era


l’eccesso di produzione: grazie all’avvento del sistema fordista-taylorista, si produceva più di
quanto si riuscisse a consumare. Se fino a metà anni 20, l’eccesso di produzione non
rappresentava un problema perchè gli USA potevano contare sulle esportazioni, in questi
anni i paesi europei cominciarono a non avere più bisogno di prodotti importati dall’estero.
Ad aggravare lo squilibrio tra domanda ed offerta, furono anche i problemi sociali e legati ad
una diseguale ripartizione del reddito e le difficoltà croniche del sistema agricolo.
Per sostenere la domanda, si cominciò a offrire la possibilità di pagamenti a rate. Molte
famiglie americane erano indebitate con le banche e ciò rappresentò un duplice rischio: da
una parte che i debitori non riuscissero a estinguere i debiti con le banche, e che i creditori
rischiassero di fallire qualora i pagamenti dei debiti non avvenivano.

GIORNATE NERE A WALL STREET→ Nella primavera del 1929, la borsa di wall street
segnò una prima importante perdita, l’ultima prima del tracollo.
Nelle settimane a seguire, gli azionisti cominciarono a vendere i pacchetti di azioni
posseduti, provocando un crollo del loro valore. Nel solo giorno del 24 ottobre, il giovedi
nero, le azioni messe in vendita furono 13 milioni, per arrivare a 16 milioni il martedì
successivo. Questo portò ad un crollo del valore dei titoli di quasi la metà.
Come conseguenza, le banche bloccarono immediatamente tutti i prestiti e le concessioni.
Questa situazione provocò dei fallimenti a catena di piccole e medie imprese; altre, invece,
ridussero la produzione e licenziarono il personale in eccesso, portando ad una caduta dei
consumi e aumento disoccupazione. In questi anni fallirono 9000 banche.

DALLA GRANDE DEPRESSIONE AL NEW DEAL

Fra il 1929 e il 1932, le persone disoccupate erano quasi 8 milioni: si era nel pieno della
grande depressione.
In questa situazione sempre più drammatica, le elezioni furono vinte da FRANKLIN
ROOSVELT, il quale era consapevole che la cosa più importante era far uscite il paese da
questa drammatica crisi.
Egli mise in campo il cosiddetto NEW DEAL, un patto tra politica e società che avrebbe
fermato il dilagare della crisi economica.
Furono limitati i condizionamenti esercitati dall’alta finanza al fine di imprimere una svolta al
sistema capitalistico, in modo che si desse conto solo alle esigenze della nazione e non del
singolo.

IL PACCHETTO DI MISURE DI EMERGENZA→ REALIZZARE UNA POLITICA


ECONOMICA DI AMPIO RESPIRO.
1. Controllo del sistema bancario: al fine di evitare un’impennata inflazionistica, le
banche furono chiuse per una settimana.
2. Con l’EMERGENCE BANKING ACT, la FEDERAL RESERVE BANK diventa la
banca centrale;
3. Le holding e le aziende private furono soggette a controlli periodici;
4. Introdotta garanzia del governo sui piccoli depositi, per non far perdere tutti i risparmi
alle famiglie;
5. Abbandono parità aurea e conseguente svalutazione del dollaro;
6. Tassi di interesse abbassati per favorire la produzione;
7. Abbandonata la politica deflazionistica;
8. Emessi titoli di stato;
9. Concessi prestiti per risolvere il problema dei mutui; in modo analogo si procedette
per aiutare gli agricoltori che dovevano estinguere le ipoteche su terreni e immobili.

GLI INTERVENTI STRUTTURALI→ Puntare a maggior equità sociale.

1. NATIONAL INDUSTRY RECOVERY ACT, grazie al quale furono promosse molte


opere pubbliche e riassorbita la disoccupazione; stabilizzati i prezzi e garantiti salari
minimi e diritti sindacali ai lavoratori;
2. AGRICULTURAL ADJUSTMENT ACT, fu rilanciata la produzione agricola;
3. Creazione della Tennessee valley authority, un’agenzia federale che favorì lo
sviluppo della produzione di energia elettrica attraverso sfruttamento fiume
tennessee;
4. Riforma fiscale, pensioni di vecchiaia

6.2→ L’INTERVENTISMO DELLO STATO E KEYNES

La crisi del 1929 aveva messo in discussione il principio del LAISSEZ FAIRE che da
sempre aveva ispirato il pensiero economico. la grande depressione Aveva reso necessario
l'intervento pubblico senso che riprendeva quello attuato durante il primo conflitto mondiale.
Assistiamo quindi al passaggio da politica liberista (alla quale corrisponde uno stato
astensionista, che non aveva un ruolo centrale nei rapporti economici), a una politica
di intervento pubblico (alla quale corrisponde uno stato interventista).

La grande depressione indusse gli economisti a rivedere anche i principi che stavano alla
base dell’economia. In questo senso, fu esemplare il contributo dell’economista inglese
Keynes, che nel 1936 pubblicò la TEORIA GENERALE DELL’OCCUPAZIONE,
DELL’INTERESSE E DELLA MONETA, opera che rivoluzionò le basi della
macroeconomia.
Secondo la teoria economica classica, nel mercato vi era una spontanea propensione
all’equilibrio tra domanda e offerta e quindi la disoccupazione era un fenomeno temporaneo.
Per Keynes, invece, il mercato non poteva essere lasciato a se stesso, dal momento che
non vi era questa autoregolazione. La chiave per risolvere questo problema, era
concentrare l’attenzione sulla relazione tra consumo, livello della produzione e
assorbimento della disoccupazione. LO stato poteva intervenire su uno di questi 3
aspetti per poi influenzare anche gli altri due.
Inoltre, era lecito che i governi perseguissero una politica di deficit di bilancio e
aumentassero quantità di moneta in circolazione. Anche se in un primo tempo si assitette ad
un aumento dell’inflazione, queste misure furono indispensabili per rivitalizzare l’economia.

Le teorie di keynes erano in contrasto con la dottrina liberista, ma furono ben presto adottate
da quasi tutti i governi, come quello USA, per risollevare il paese dalla crisi. Inoltre, la
politica adottata da roosvelt avrebbe anche salvaguardato le fondamenta della democrazia:
sotto i colpi della crisi, il popolo americano era sempre più sfiducioso nei confronti delle
istituzioni, e questo fu alimentato anche dai neonati movimenti fascisti e comunisti. Le deboli
istituzioni democratiche, in alcuni paesi come italia e germania, cedettero e al loro posto si
instaurarono regimi politici autoritari e totalitari. Questi ultimi, secondo l’opinione pubblica,
erano l’unica soluzione per fronteggiare la devastante crisi degli anni 30.

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