Solo la preparazione alla guerra, iniziata in Europa dalla metà degli anni
'30, consentì all'economia un nuovo sviluppo realizzato principalmente per
l'intensificarsi dell'intervento dello Stato nell'economia e finalizzato al
potenziamento militare dei singoli paesi.
A partire dal 1922 si ebbe la ripresa produttiva: trainata dagli USA essa
si diffuse rapidamente in Europa, non senza evidenziare alcune contraddizioni
di fondo.
Alla supremazia economica degli USA non corrispondeva un'analoga
supremazia finanziaria.
Il governo americano preferiva lasciare alla classe dirigente britannica
e alla Banca d'Inghilterra, e secondariamente ai Francesi, il compito di
esercitare una funzione di controllo e di stabilizzazione finanziaria
internazionale. Ma tale riproposizione di Londra come centro stabilizzante
dell'economia mondiale era oggettivamente al di là delle possibilità e delle
risorse dell'Inghilterra.
Inoltre, a causa dei debiti di guerra, gli USA si trovavano in una situazione
per loro nuova di creditori sul mercato internazionale dei capitali.
Si venne pertanto a creare una triangolazione finanziaria artificiale e
piuttosto fragile in cui gli USA giocavano un ruolo decisivo soprattutto
attraverso l'intervento delle grandi banche d'affari private, fornendo
un indispensabile contributo alla macchina produttiva tedesca, la quale
a sua volta forniva le risorse necessarie per il pagamento delle
riparazioni alla Gran Bretagna e soprattutto alla Francia, mentre questi
ultimi facevano affluire capitali verso gli USA per saldare i debiti
pregressi.
USA
Tra il 1922 e il 1928 gli USA conobbero uno dei più intensi e prolungati
boom della loro storia. A trainare lo sviluppo fu la produzione su larga scala
di beni di consumo, tra cui primeggiò l'automobile. I presidenti
repubblicani riproposero la filosofia del non intervento governativo nelle
questioni economiche, finendo così per lasciare le grandi scelte di politica
economica nelle mani dei dirigenti delle corporazioni più importanti e
dei finanzieri di Wall Street.
Ma un grosso problema di squilibrio interno e di sovrapproduzione relativa
stava a poco a poco emergendo sullo sfondo di un benessere sempre più
generalizzato.
Alcuni settori tradizionali non venivano coinvolti nei vantaggi del boom
e tra di essi in primo luogo il settore agricolo.
Anche l'edilizia e alcuni comparti tradizionali, come quello tessile
incontrarono serie difficoltà e non riuscirono a tenere il passo dei settori
industriali d'avanguardia. Questi ultimi, inoltre, si trovarono di fronte un
mercato che, per la caratteristica dei prodotti stessi che producevano, e cioè
beni di consumo durevoli, e per le limitate capacità di acquisto dei
farmers e degli altri settori sociali tagliati fuori dal boom, tendeva a
saturarsi.
Inoltre la grande concentrazione della ricchezza a cui si assistette in quegli
anni tolse potere d'acquisto potenziale alle masse lavoratrici che videro
crescere i salari, ma solo in modo contenuto, cosicché l'aumento dei
consumi non tenne il passo con l'impennata dei profitti.
Per quanto riguarda infine i valori azionari si ebbe, a partire dal 1926, una
loro rapida crescita, che all'inizio corrispondeva effettivamente all'aumento dei
profitti e quindi dei dividendi distribuiti agli azionisti delle maggiori
corporations.
Ma la crescita della Borsa sfuggì a ogni rapporto diretto e razionale con
le pur floride condizioni complessive della produzione industriale, per
entrare in una fase di scatenata attività speculativa, senza precedenti.
I titoli azionari crebbero in maniera incontrollata senza un'autorità di
vigilanza: nessuno sembrava in gradi di resistere alla tentazione di
investire in un mercato azionario che cresceva vertiginosamente ogni
giorno di più.
La crisi internazionale
Le risposte
Le economie dei vari paesi dopo una crisi così drammatica si riorientarono
verso una maggiore chiusura verso l'esterno e verso uno sviluppo protetto
della loro economia interna non dipendente dalle importazioni.
Ogni nazione tendeva a scaricare possibilmente sugli altri i costi della crisi, e
all'interno dei vari paesi crescevano l'intervento delle burocrazie statali
sulla sfera economica e le connessioni tra amministratori pubblici, i
manager delle aziende più importanti e i leaders dei maggiori
sindacati.
Tramontava quasi ovunque il dogma liberista della separazione tra sfera
politica e sfera della produzione.
La Gran Bretagna e il suo impero
Nel 1936 si ebbe una crisi dinastica, dovuta alla decisione del nuovo re
Edoardo VIII di sposare una borghese americana; Edoardo rinunciò al
trono e gli succedette il fratello Giorgio VI (1936-1952).
La Francia
La Germania
L'Italia
Alla fine del 1932 le aziende che non avevano chiuso lavoravano al minimo
delle loro possibilità produttive e i disoccupati erano milioni. Era scomparsa
la fiducia nei grandi manager dell'industria e della finanza.
In questo clima sociale si svolsero le elezioni presidenziali dell'autunno del
1932, da cui uscì vincitore con schiacciante maggioranza il candidato
democratico ed ex governatore dello Stato di New York, Franklin Delano
Roosevelt
Fin dalla campagna elettorale Roosevelt creò intorno a sé un clima di grande
consenso popolare e di fiducia tra la classe media, i farmers e i gruppi di
operai politicizzati.
Roosevelt propose alla sua nazione il New Deal (nuovo corso) che delineava
l'idea di un maggior interessamento delle istituzioni pubbliche alle
condizioni di vita del cittadino comune e di uno sforzo collettivo per
realizzare la ripresa economica.
Presentando come negativi gli speculatori e il capitalismo selvaggio degli
anni Venti e la politica favorevole al Big business dei repubblicani, Roosevelt
lavorò per ristrutturare il sistema economico statunitense, potenziando
l'intervento dello Stato così da rilanciare la produzione.
Roosevelt ripropose idee e rivendicazioni comuni alla tradizione progressista
(liberal) americana, adattandole al nuovo contesto della grande depressione in
corso.
L'amministrazione democratica, durante i primi "cento giorni" del suo
mandato (marzo-giugno 1933), riuscì a far approvare dal congresso
un'impressionante serie di leggi e di iniziative intese a stimolare in ogni
modo la ripresa produttiva.
Fin dal primo periodo del New Deal crebbe notevolmente il potere
dell'amministrazione federale e la sua presa sugli affari economici e
sociali della nazione.
L'amministrazione democratica considerava come interlocutori validi non
solo la tradizionale élite economico-finanziaria, ma anche i rappresentanti della
classe operaia sindacalizzata, le organizzazioni degli agricoltori e i ceti
intellettuali "liberal" e radicali, cosa che non era mai avvenuta prima
Nel corso del 1935 il New Deal entrò in una nuova fase con proposte a
sfondo sociale:
-vennero dettate le basi di un moderno sistema pensionistico,
-furono definiti per legge i diritti dei lavoratori
-ampiamente riconosciuta la cosiddetta normativa dei contratti collettivi di
categoria;
-ci si mosse infine verso una politica tributaria che colpiva in modo
progressivo i redditi più alti.
Governi autoritari di vario tipo vennero invece instaurati - oltre che in Italia
e in Germania - anche nell'Europa balcanica e nella penisola iberica.
L'America Latina
Giappone e Cina
L'impero giapponese
Tra i vincitori della prima guerra mondiale vi era anche il Giappone, maggiore
potenza economica e militare dell'Asia.
Nel dopoguerra il Giappone non visse le fasi di acuto scontro sociale
registratesi negli altri paesi industrializzati e quando le ripercussioni della crisi
del '29 aumentarono la disoccupazione, i gruppi dominanti decisero di
prevenire ogni manifestazione di malcontento, impegnando il paese in una
guerra imperialista.
Venne così invasa la Manciuria (1931), che divenne un trampolino di
lancio per la successiva penetrazione in Cina. La Società delle Nazioni si
limitò a una condanna simbolica, così il Giappone iniziò nel luglio 1937 una
guerra di conquista contro la Cina, che si sarebbe protratta sino a
collegarsi con la seconda guerra mondiale.
Il Giappone si avvicinò quindi alla Germania e all'Italia (Patto
anticomintern del 1936 e Patto tripartito dal 1940) costituendo di fatto
l'Asse Roma-Berlino-Tokyo; intanto tra il 1938 e il 1940, con il consenso
dell'imperatore Hirohito venne instaurato un regime corporativo, che
aveva molte analogie con il fascismo.
La lotta tra nazionalisti e comunisti in Cina