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profitti delle relative aziende. Così, quando cominciano tutti a vendere, la Borsa subisce un vero e
proprio tracollo e molti investitori perdono enormi fortune.
Il crollo di Wall Street, comunque, non è la causa della depressione economica, ma ne rappresenta
soltanto l’effetto. Le origini della crisi, infatti, risalgono agli sconvolgimenti provocati dalla Prima
guerra mondiale, la quale ha distrutto il sistema monetario preesistente, quello che stabiliva il valore
delle monete in base alla quantità di oro presente nelle casse dei singoli Stati. Durante la guerra,
infatti, per fronteggiare le spese belliche, i Paesi europei aveva stampato grossi quantitativi di
banconote, determinando un processo inflazionistico.
L’unica moneta a mantenere inalterato il proprio valore era stato il dollaro, che, nel dopoguerra,
diviene la base delle riserve valutarie delle principali monete del mondo.
Gli ingenti prestiti accordati ai Paesi europei fanno così degli USA la maggiore potenza economica
e finanziaria mondiale e rendono l’economia europea strettamente dipendente da quella
statunitense. Il punto di forza degli USA è un’economia in continua crescita negli anni ’20, al
punto che la produzione di nuove merci pare destinata a non arrestarsi mai, mentre, nel contempo, i
prestiti concessi ai Paesi europei sembrano aprire un ulteriore canale di arricchimento.
Tuttavia questo sistema economico mostra ben presto i suoi punti deboli: i salari non crescono di
pari passo con l’aumento della produzione e il potere d’acquisto del mercato europeo si rivela alla
lunga ridotto anche per la forza acquistata dal dollaro. Gli Stati debitori hanno gravi difficoltà nel
saldare i prestiti contratti con gli altri Paesi, così come si riscontrano forti inadempienze nel
pagamento delle riparazioni di guerra.
La conseguenza inevitabile per l’economia statunitense è rappresentata da una crisi di
sovrapproduzione. Quando gli americani cominciano a disinvestire per affrontare la crisi in patria,
i Paesi debitori, non essendo in possesso di risorse sufficienti per far fronte all’emergenza, vengono
attirati nella depressione economica.
La crisi investe tutti i principali settori: agricolo, industriale, bancario e borsistico. I prezzi dei
prodotti agricoli americani crollano a causa della sovrapproduzione dovuta agli ottimi raccolti del
biennio 1926-1927 e alla contrazione delle esportazioni. La caduta dei prezzi agricoli fa sentire i
suoi effetti sul settore bancario, perché molti agricoltori non sono in grado di pagare i debiti
contratti con gli istituti di credito durante gli anni del boom. Moltissime banche falliscono e, di
conseguenza, viene a mancare anche credito per le industrie, che, a loro volta, fanno registrare un
crollo della produzione, con conseguenti licenziamenti e disoccupazione.
A seguito della crisi, i singoli Stati devono prendere provvedimenti atti a porre rimedio alle
difficoltà, assumendosi nuovi e importanti oneri: dall’intensificazione delle tradizionali misure di
sostegno agli incentivi forniti alle attività produttive, al controllo diretto dei cambi, dei prezzi, dei
salari, della produzione; insomma, lo Stato assume la veste di protagonista attivo dell’espansione
economica. Questa nuova tendenza è detta “capitalismo diretto”, in quanto pone freno al
liberismo, stabilendo limitazioni alle scelte dei privati, anche se il profitto continua ad essere lo
scopo fondamentale dell’attività economica.
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Il Partito repubblicano batte quello democratico e domina la scena politica dando un’impronta
fortemente conservatrice (finanche moralizzatrice) e impostando la politica economica sulla difesa
protezionistica delle imprese nazionali.
L’ondata di conservatorismo porta a leggi limitative dell’immigrazione e all’inasprimento delle
pratiche discriminatorie nei confronti della popolazione di colore.
È frutto dell’atmosfera di esasperato puritanesimo di questi anni l’emendamento alla Costituzione
che proibisce la produzione e la vendita di alcolici. Il provvedimento diede inizio a quel periodo
della storia americana noto come proibizionismo, durante il quale la malavita, che prese subito il
controllo della produzione e distribuzione illegale di liquori, ebbe modo di arricchirsi e svilupparsi
in organizzazioni, come non era mai successo prima, e di stringere rapporti con ambienti della vita
economica, politica e amministrativa della società americana.
La normativa proibizionista fallì completamente i suoi scopi, visto che il consumo di alcool
aumentò, invece di diminuire. II proibizionismo ebbe fine nel 1933, un anno dopo l’elezione alla
Casa Bianca di F.D. Roosevelt.
Le elezioni presidenziali del 1932 vedono la vittoria del democratico Franklin Delano Roosevelt.
II nuovo corso (New Deal) di politica economica che egli inaugurò contribuì a sanare l’economia
americana e segnò la fine del liberismo e del lassaiz-faire e l’inizio dell’intervento dello Stato a
sostegno del mercato.
Nonostante i successi delle scelte di Roosevelt, la piena ripresa e la piena occupazione saranno
conseguite soltanto con l’impulso dato alla produzione industriale dalla Seconda guerra mondiale.
Tra le riforme con cui il presidente Roosevelt cerca, tra il 1933 e il 1938, di risollevare l’economia
americana si possono ricordare i seguenti provvedimenti:
• Banking Act: decisione di abbandonare la base aurea del dollaro per legare l’emissione di
moneta ai soli indici di produttività;
• Agricultural Adjustment Act: legge mirante a stimolare e sostenere il settore agricolo. Il
governo chiede agli agricoltori di ridurre la produzione in cambio di sovvenzioni e crediti
pubblici finalizzati a migliorare e diversificare le colture;
• National Industrial Recovery Act: legge di riordino della produzione industriale per evitare la
concorrenza spietata tra i produttori e regolamentare il settore del lavoro, vietando l’impiego di
minorenni, fissando un massimo di otto ore lavorative e stabilendol’entità dei salari minimi;
• creazione della Tennessee Valley Authority: ente pubblico che si occupa dello sfruttamento del
bacino del fiume Tennessee per produrre energia idroelettrica a buon mercato;
• Social Security Act: legge che crea un sistema di assistenza sociale;
• Fair Labor Standards Act: legge che fissa la durata della settimana lavorativa a 48 ore.
3.2. FRANCIA
Dopo la guerra, il Paese è governato da una solida maggioranza di centro-destra, la cui politica
conservatrice fa ricadere sulle masse popolari il peso della ricostruzione. Nel 1924 una coalizione di
partiti di sinistra – il “cartello delle sinistre” – vince le elezioni, ma la successiva crisi finanziaria
riporta al governo i moderati che risanano il bilancio aumentando la pressione fiscale. In seguito il
Paese conosce un vero e proprio boom economico.
In politica estera, la Francia intende difendere il nuovo assetto europeo e, sentendosi tradita dai
suoi vecchi alleati, stringe nuovi accordi con Polonia, Cecoslovacchia, Iugoslavia e Romania, allo
scopo di allontanare la minaccia di una rivincita tedesca.
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La crisi della Ruhr, che vede nel 1923 la Francia occupare la regione tedesca in seguito al ritardo
nel pagamento del debito di guerra da parte della Germania, mostra comunque l’insufficienza del
piano europeo di pacificazione.
Il 1924 segna un punto di svolta anche perché Francia e Germania si dicono disposte ad accettare il
Piano Dawes. Si tratta del piano finanziario proposto dal vicepresidente americano Charles Gate
Dawes per risolvere la questione delle riparazioni di guerra tedesche mediante pagamenti
dilazionati proporzionati alle effettive capacità finanziarie della Germania, cui sarebbero stati
concessi nuovi prestiti internazionali.
La nuova fase di distensione internazionale porta all’accordo franco-tedesco di Locarno (1925),
con cui la Germania riconosce i confini segnati dal Trattato di Versailles e viene ammessa alla
Società della Nazioni (1926).
Nella seconda metà degli anni Venti i rapporti internazionali sembrano normalizzarsi ulteriormente
sia grazie al Patto Briand-Kellogg (1928), sottoscritto da 15 nazioni, con il quale si rigetta la
guerra come mezzo per la soluzione delle controversie, sia con l’ulteriore riduzione dell’entità delle
riparazioni tedesche (Piano Young).
Tuttavia, la crisi economica del ’29, che investe tutti i maggiori Paesi europei per via della
dipendenza finanziaria di questi ultimi dagli Stati Uniti, destabilizza nuovamente e
irrimediabilmente la situazione.
L’avvento al potere di Hitler in Germania (favorito dalla immane crisi che la Germania si trovò ad
affrontare) e le sue prime iniziative in politica estera spingono la Francia, nel 1935, a stipulare
un’alleanza militare con l’URSS e a implementare la costruzione, avviata già dal 1930, di una serie
di fortificazioni difensive lungo il confine franco-tedesco, la cosiddetta linea Maginot, dal nome
del ministro della guerra Andrea Maginot.
3.3. INGHILTERRA
Dopo la guerra, la Gran Bretagna deve affrontare le spinte indipendentiste dei popoli delle colonie e
dell’Irlanda.
Gli irlandesi, già insorti nel 1916, approfittando dell’impegno inglese nella Prima guerra mondiale,
ottengono l’indipendenza nel 1921. Dal nuovo Stato, in prevalenza cattolico, vengono escluse le 6
contee del Nord (Ulster), in prevalenza protestanti e decisamente più industrializzate, che tuttora
fanno parte del Regno Unito.
Per quanto riguarda l’impero coloniale, l’Egitto ottiene l’indipendenza nel 1922, anche se la Gran
Bretagna conserva il controllo del canale di Suez. In India, invece, cominciano, nel 1919, una serie
di manifestazioni organizzate dal Partito nazionalista democratico guidato dal Mahatma Gandhi,
che, tramite una campagna di resistenza passiva e non violenta, forma la coscienza nazionale del
suo popolo. Nel 1921 Gandhi diventa il presidente del Partito del Congresso Nazionale Indiano e si
propone come obiettivo il raggiungimento dell’indipendenza indiana dall’Inghilterra (che avverrà
solo nel 1947). Per raggiungere tale scopo, il Mahatma segue il principio della non-violenza e
promuove un’azione di non cooperazione con gli inglesi e di disobbedienza civile attraverso il
boicottaggio dei loro prodotti e delle loro istituzioni giudiziarie e scolastiche.
Altre colonie, tra cui Australia, Nuova Zelanda, Sud Africa e Canada, ottengono lo status di
dominion che conferisce loro un certo grado di autonomia. Nel 1931, infine, viene creato il
Commonwealth, che riunisce tutte le ex colonie britanniche e istituisce accordi commerciali
privilegiati tra queste e l’ex madrepatria.
La situazione politica interna vede i conservatori quasi ininterrottamente al governo dal 1919 al
1929. La politica economica conservatrice, austera sul piano finanziario, con decisi tagli alla spesa
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pubblica, porta a una serie di scioperi, il più importante dei quali è quello dei minatori, il cui
fallimento mina le basi dell’opposizione laburista.
Le elezioni del 1929, comunque, vedono la vittoria dei laburisti, che si trovano a dover affrontare la
grande crisi economica. Viene formato, con liberali e conservatori, un governo nazionale che
svaluta la sterlina e abbandona la tradizione liberoscambista, adottando un sistema protezionistico
che privilegia gli scambi all’interno dell’area del Commonwealth. Tale linea politica consente alla
Gran Bretagna di uscire dalla crisi prima di altre nazioni.
Negli anni ’30 i conservatori tornano al potere e il primo ministro Chamberlain si rende fautore di
quella linea politica nota come appeasement (pacificazione) nei confronti delle aggressioni di
Hitler. Egli pensa che sia possibile ammansire il Führer accontentandolo in alcune delle sue
rivendicazioni per risarcire in qualche modo la Germania delle dure clausole del trattato di
Versailles, così da mantenere la pace in Europa.
I laburisti, a loro volta, sono contrari all’appeasement, ma si oppongono anche al riarmo. Soltanto
un piccolo gruppo di conservatori, guidati da Winston Churchill, capisce che l’unico modo per
fermare Hitler è opporsi con decisione alle sue pretese, anche se per farlo potrà essere necessaria
una guerra. Le loro previsioni si sarebbero poi rivelate drammaticamente esatte.
3.4. TURCHIA
Nell’ex Impero ottomano, Mustafa Kemal, un generale che aveva partecipato alla rivolta dei
“Giovani Turchi”, dà vita a un movimento di riscossa nazionale dopo il ridimensionamento che
l’Impero turco aveva subito a seguito della sconfitta del 1919.
Nel 1920 un’assemblea nazionale affida a Kemal il compito di liberare la Turchia dagli stranieri,
sicché inglesi e francesi abbandonano presto l’idea di una penetrazione economica nel Paese,
mentre la Grecia è sconfitta ed è costretta a lasciare Smirne (1922). Nominato presidente del nuovo
Stato nazionale laico e repubblicano, Kemal, soprannominato Atatürk (“padre dei turchi”) avvia
una politica di occidentalizzazione e laicizzazione dello Stato.
6. La Repubblica di Weimar
Dopo la caduta dell’Impero e l’umiliante armistizio con le potenze dell’Intesa, la Germania si trova
in una situazione propizia a una rivoluzione: l’esercito si è disgregato e migliaia di soldati si
riversano nel Paese portando con sé le armi; il governo legale, presieduto da un socialdemocratico,
è a maggioranza socialista; nelle città si moltiplicano i consigli di operai e soldati, ma la
socialdemocrazia – il partito più forte – si oppone a esperienze rivoluzionarie sul modello sovietico
e si allea con i capi dell’esercito, i quali si impegnano a servire le istituzioni in cambio del
mantenimento del status quo nelle forze armate.
Frange rivoluzionarie, costituite dai membri della Lega di Spartaco (il movimento che prende il
nome dall’eroe che nell’antica Roma guidò la rivolta degli schiavi, nato tra il 1914 e il 1915, e che
costituisce il nucleo del Partito Comunista Tedesco fondato nel 1918), si oppongono alla
convocazione della Costituente, puntando tutto sui consigli di operai e soldati. Costoro, però, non
sono sufficientemente attrezzati per lo scontro armato, sicché quando, nella notte tra il 5 e il 6
gennaio 1919, migliaia di persone scendono in piazza a Berlino, sollecitate dagli “spartachisti”,
vengono massacrate da squadre volontarie di ex-combattenti smobilitati dalle forze armate imperiali
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(Freikorps). I leader del movimento spartachista, Karl Liebknecht e Rosa Luxemburg, sono
arrestati e trucidati.
II 19 gennaio 1919, l’Assemblea costituente, dominata dai socialdemocratici alleatisi con i cattolici
del Centro (Zentrum) e i liberali, si riunisce a Weimar per elaborare una Costituzione democratica
molto avanzata.
Pressati dalla minaccia di nuove sommosse popolari e dall’opposizione dell’estrema destra e dei
militari, i socialdemocratici devono lasciare la guida del governo ai cattolici. La neonata Repubblica
di Weimar è comunque caratterizzata da profonda instabilità politica.
L’assetto istituzionale ideato a Weimar per la Germania, infatti, era troppo evoluto per una società
civile che non aveva alcuna tradizione liberal-democratica.
I socialdemocratici, inoltre, pagarono lo scotto di aver firmato il trattato di pace con le potenze
vincitrici, con il quale la Germania si attribuiva per intero la responsabilità del conflitto. Per questa
ragione essi cominciarono ad essere considerati responsabili dell’umiliazione subita.
Ad acuire l’instabilità del Paese ci sono le pesanti riparazioni di guerra imposte dalle nazioni
vincitrici. Per pagarle il governo aumenta la stampa di banconote, facendo crollare il valore del
marco e provocando un processo inflazionistico che rende difficilissime le condizioni di vita della
popolazione. I gruppi di estrema destra – tra i quali il piccolo Partito nazionalsocialista di Adolf
Hitler – decidono allora di approfittarne per sferrare una campagna terroristica contro la classe
dirigente.
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Il Partito nazionalsocialista dei lavoratori tedeschi era stato fondato a Monaco nel 1920, ma
comincia ad ottenere consensi solo negli anni ’30, quando la crisi del ’29 comincia a pesare anche
sull’economia tedesca. È allora che la maggioranza dei tedeschi perde ogni fiducia nella repubblica
e nei partiti democratici e presta ascolto alla propaganda nazista di un ritorno della Germania alla
passata grandezza.
Le conseguenze della crisi economica del 1929 furono molto più pesanti in Germania che altrove.
La Germania aveva conosciuto una ripresa negli anni tra il 1925 ed il 1929. Tuttavia tale ripresa
negli investimenti industriali faceva leva su capitali stranieri, specialmente americani. Quando
questi, in seguito alla crisi, furono ritirati, la nazione precipitò in una situazione più grave di quanto
non fosse nel ’23. Un dato, che ben rappresenta l’entità del problema e la minaccia che gravava
sulla stabilità della società tedesca, è quello della disoccupazione: nel 1931-32 essa toccò la punta di
6 milioni di unità. Peraltro, la percentuale dei disoccupati era sempre stata abbastanza alta anche
negli anni più floridi prima del ’29, per via della razionalizzione del lavoro e dell’innovazione
tecnologica.
L’instabilità sociale era ancor più acuita sia dalle ormai quotidiane violenze dei gruppi nazisti sia
dalla presenza nelle istituzioni di una destra di matrice chiaramente autoritaria e anti-democratica, il
cui obiettivo era l’abbattimento della repubblica.
A tutto questo la sinistra non seppe dare una risposta. Da una parte, infatti, la socialdemocrazia
tedesca si era trasformata in un organismo essenzialmente elettoralistico, che non operava con
traguardi a lunga scadenza ma soltanto con obiettivi minimi e sulla base di una concezione
“puramente parlamentare” della vita politica che le impedì di capire l’essenza stessa del nazismo, la
cui forza era essenzialmente fuori del Parlamento, e di trasferire la lotta nel suo reale contesto
politico-sociale. D’altra parte tanto i comunisti quanto i socialdemocratici non seppero mettere da
parte i contrasti (che anzi si esacerbarono) per far fronte comune contro le forze di destra che,
invece, andavano sempre più convergendo nel sostegno al partito di Hitler.
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A distanza di un anno, nel novembre 1937, aderisce al Patto anche l’Italia, con cui la Germania
nazista ha già rafforzato i legami creando l’Asse Roma-Berlino (1936), poi seguito, nel maggio
1939, dal Patto d’acciaio, mediante il quale le due nazioni si impegnano a fornirsi totale e
reciproco appoggio in caso di coinvolgimento in una guerra.
9.2. CINA
Alla fine del primo conflitto mondiale, il governo centrale cinese non è in grado di controllare
l’immenso territorio posto sotto il suo dominio e le autorità locali, i cosiddetti “signori della
guerra”, impongono la propria volontà sui territori che occupano.
Questa situazione di semianarchia, aggravata dall’umiliazione subita dalla Cina durante la
Conferenza di Parigi, nell’ambito della quale con il Trattato di Versailles si era deciso di trasferire
le concessioni tedesche al Giappone, invece che restituirne l’autorità sovrana alla Cina. Tutto ciò
risveglia l’agitazione nazionalista guidata dal Kuomintang (partito nazionalista cinese fondato nel
1912) con a capo Sun Yat-sen che, nel 1921, dà vita ad un proprio governo a Canton con l’appoggio
dei comunisti.
Alla morte di Sun Yat-sen (1925) si scatena una dura lotta tra il Kuomintang, guidato da Chiang
Kai-shek, e i comunisti. Nel 1927, Chiang inizia un’opera di dura repressione ai danni dei comunisti
stabilendo il suo governo a Nanchino; l’anno successivo, il leader del Kuomintang sconfigge il
governo centrale e prosegue la sua lotta contro i comunisti relegando in secondo piano quella contro
i giapponesi, che, nel 1931, invadono la Manciuria.
Intanto le idee del Partito comunista cinese, guidato da Mao Tse-tung, si diffondono tra i contadini,
tanto che nel novembre del 1931, nella regione del Kiang-si, viene proclamata la Repubblica
cinese degli operai e dei contadini, di stampo sovietico, e Mao ne diventa il presidente.
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Nel 1934 la repubblica viene attaccata dai nazionalisti di Chiang Kai-shek e Mao è costretto a
intraprendere, con circa 90.000 uomini, una lunga marcia di 10.000 km verso il nord del Paese.
Questo episodio, che costa la vita a circa 80.000 uomini, consente a Mao di consolidare la sua
posizione all’interno del Partito comunista, pur essendo in contrasto con l’URSS.
L’accordo stipulato nel 1937 tra comunisti e nazionalisti in funzione antigiapponese arriva troppo
tardi per fermare l’invasione della Cina ad opera dell’Impero del Sol levante.
Mao si avvicina alle idee socialiste durante gli studi giovanili, quando, sulla scia della rivoluzione
sovietica, esse cominciano a penetrare in Cina. La sua attività politica inizia poi nel 1921, quando
partecipa a Shanghai alla fondazione del Partito comunista cinese (PCC).
Contro la dottrina ufficiale del Partito comunista cinese che segue la tradizione ottocentesca
europea della rivoluzione operaia urbana, Mao pensa che, in un Paese arretrato come la Cina, le
masse rurali debbano essere le vere protagoniste del processo rivoluzionario.
Il 1° ottobre 1949, infine, dopo la lunga guerra civile tra comunisti e nazionalisti, Mao proclama la
Repubblica popolare cinese, con un regime comunista a partito unico e capitale Pechino.
9.3. GIAPPONE
Dopo la Prima guerra mondiale, il Giappone diventa la prima potenza asiatica che si basa su una
politica di espansione imperialistica nel Pacifico e in Asia orientale.
Negli anni ’20, movimenti autoritari di destra, favoriti dal dilagare di una grave crisi economica,
fanno la loro comparsa sulla scena politica, dando luogo, nel decennio successivo, a una lunga e
sanguinosa serie di attentati contro uomini politici e personalità del mondo economico.
Ciò si traduce non soltanto in diversi tentativi di colpi di Stato, ma nell’effettiva egemonia
ideologica dei militari e degli ultranazionalisti, confermata dall’avvicinamento, in chiave
anticomunista, alla Germania di Hitler (Patto anti-Komintem, 1936). Tuttavia, è solo nel 1940 che si
giunge all’istituzione di un regime a partito unico, dopodiché l’autoritarismo si manifesta
nell’assunzione diretta del potere da parte dei militari e degli esponenti degli zaibatsu con la
copertura dell’imperatore Hirohito.
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CRONOLOGIA
1919 Repressione del moto spartachista in Germania.
Nascita della Repubblica di Weimar.
Fondazione del Comintern.
Applicazione del proibizionismo negli Stati Uniti.
In India, Gandhi lancia una campagna di resistenza passiva e non-violenta.
In Turchia, Mustafa Kemal si pone a capo del movimento per l’indipendenza nazionale.
1920 Hitler fonda il Partito nazionalsocialista in Germania.
Estensione del diritto di voto alle donne negli USA.
1921 Proclamazione dello Stato libero d’Irlanda.
Avvio della NEP in Russia.
Scontri tra arabi e coloni ebrei in Palestina.
Nascita del partito comunista in Cina.
Gandhi diventa il leader del Partito del Congresso Nazionale Indiano.
1922 Nascita dell’URSS.
Stalin diventa segretario del PCUS.
Abolizione del sultanato in Turchia.
L’Egitto ottiene l’indipendenza.
1923 Occupazione franco-belga della Ruhr.
Putsch a Monaco capeggiato da Hitler (8-9 novembre).
Primo governo laburista in Inghilterra.
L’Inghilterra ottiene il mandato sulla Palestina.
Proclamazione della repubblica in Turchia.
1924 Piano Dawes stretto tra Francia e Germania.
Morte di Lenin.
In Francia il “cartello delle sinistre” vince le elezioni.
1925 Accordo franco-tedesco di Locarno.
Nascita delle SS in Germania.
Morte di Sun Yat-sen.
1926 La Germania viene ammessa nella Società delle Nazioni.
1927 Espulsione di Trotzkij dal PCUS.
A Nanchino Chiang Kai-shek dà vita ad un governo nazionalista.
1928 Patto Briand-Kellogg.
Varo del primo piano quinquennale per l’industria in URSS.
Chiang Kai-shek sconfigge il governo centrale.
1929 Crollo della Borsa di New York (24 ottobre).
Piano Young.
Inghilterra: i laburisti vincono le elezioni.
URSS: collettivizzazione forzata delle campagne e deportazione dei kulaki.
Trotzkij è costretto all’esilio.
1930 Successo elettorale dei nazionalsocialisti in Germania.
In Francia inizia la costruzione della “linea Maginot”.
1931 Nascita del Commonwealth.
Invasione giapponese della Manciuria.
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Proclamazione della Repubblica cinese degli operai e dei contadini con presidente Mao
Tse Tung.
1932 F.D. Roosevelt è eletto presidente degli Stati Uniti.
1933 Fine del proibizionismo negli USA; Roosevelt lancia il “New Deal”.
Varo del secondo piano quinquennale in URSS.
Hitler è nominato cancelliere in Germania (30 gennaio).
Nascita del Terzo Reich.
Emanazione della legge sulla sterilizzazione forzata in Germania (26 luglio).
1934 “Notte dei lunghi coltelli” in Germania (30 giugno - 1° luglio).
Stalin dà inizio alle “grandi purghe”.
La Repubblica cinese degli operai e dei contadini viene attaccata dai nazionalisti.
1935 Emanazione delle leggi razziali di Norimberga (15 settembre).
Alleanza militare tra Francia e URSS.
1936 Guerra civile spagnola.
Patto anti-Comintern tra la Germania e il Giappone (26 novembre).
Asse Roma-Berlino
1937 L’Italia aderisce al Patto anti-Comintern.
Inizia la guerra cino-giapponese.
1938 Annessione dell’Ausuria al Terzo Reich.
Conferenza di Monaco (29-30 settembre).
Occupazione tedesca dei Sudeti (1-10 ottobre).
1939 Fine della Guerra civile spagnola e inizio della dittatura di Francisco Franco.
L’esercito nazista entra a Praga (15 marzo).
Patto d’acciaio tra Germania e Italia.
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