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1.

BRICS è un raggruppamento, sviluppatosi nel corso degli anni 2000, di Paesi che hanno
svolto un ruolo importante nella globalizzazione attuale. È formato da Brasile, Russia, India,
Cina e Sud Africa. Hanno caratteristiche simili, un PIL enorme, dagli anni ‘80 in poi, a
differenza dell’Europa e del Nordamerica, hanno avuto fenomeni di crescita estremamente
sostenuta infatti in questo periodo questi Paesi insieme rappresentavano il 30% del PIL
mondiale, negli anni ‘90 il 46%, negli anni 2000 il 67% e nel 2010 il 70%. Sono accomunati
dal fatto che hanno una popolazione e superficie vasta, alti tassi di crescita, una crescita
economica basata sulla partecipazione al commercio internazionale e un ruolo forte e
centrale dello Stato nell’economia nazionale e internazionale. Tuttavia, ci sono anche delle
differenze: ad esempio ci sono Paesi che hanno avuto ritmi molto più sostenuti rispetto ad
altri come la Cina e in parte l’India; infatti Brasile, Sudafrica e Russia hanno avuto degli
andamenti molto più altalenanti, in alcuni casi ci sono delle crisi e decrescita. I Paesi che
registrano questi picchi sono Paesi che si sono affacciati nell’economia internazionale
soprattutto come esportatori di materie prime, quindi se si hanno delle difficoltà nel mercato
di questi prodotti, questi Paesi perdono tantissimi ricavi e sono colpiti da forti crisi, chi
invece ha un’economia diversificata riesce a non subire molto la crisi economica
internazionale. Dal 2013 hanno creato un organismo finanziario alternativo al fondo
monetario internazionale e anche alla banca mondiale, chiamato NDBB (New Development
Bank of BRICS) con sede a Shanghai. Attraverso questa banca, i BRICS e i loro fondi
sovrani cercano di convogliare capitali per portare avanti politiche di sviluppo industriale a
livello globale soprattutto nei Paesi del terzo mondo o dove stanno investendo
maggiormente questi Paesi. Inoltre è uno strumento economico di questi Paesi per estendere
le proprie sfere di influenza economica nel resto del mondo, però non lo fa in cambio ad
esempio di riforme economiche di stampo liberista, per questo è considerato
un’organizzazione che propone un modello alternativo di globalizzazione rispetto a quella
del fondo monetario internazionale e della banca mondiale.
2. La globalizzazione dell’800 è simile a quella odierna, è un periodo in cui esistono molte
libertà economiche legate anche alla mobilità delle persone, delle merci e delle monete e
funziona perché c’è un Paese egemone che si assume gli oneri di far funzionare il sistema e
si assume anche i maggiori benefici. I capisaldi della globalizzazione liberale ottocentesca
sono: l’adesione al libero scambio, l’adesione alle regole del gioco commerciali e l’adesione
progressiva alle regole del gioco monetarie e finanziarie. Per quanto riguarda il primo punto,
è una caratteristica voluta dall’inghilterra che iniziò ad importare diventando non più
autosufficiente, favorendo l’idea della specializzazione internazionale. Quest’idea si basava
sul fatto che l’Inghilterra avesse tutto da guadagnare dall’importazione perché si poteva
sfamare la popolazione a minor costo e quindi pagare meno gli operai perché spendevano
meno per comprare il cibo. Per realizzare il libero scambio, i Paesi aderirono alle regole del
gioco commerciali, infatti nel 1860, si ha il primo trattato commerciale, il patto Cobden-
Chevalier, che prevedeva la riduzione progressiva dei dazi e introduce una clausola chiamata
“most favoured nation” che stabilisce l’impossibilità, per chi lo firma, di fare
discriminazioni commerciali e quindi si rendono uniformi i propri livelli tariffari.Il gold
standard infine è il sistema monetario internazionale in cui tutte le monete che aderiscono
sono convertibili in oro e hanno una parità fissa tra loro. È un’innovazione monetaria
decisiva perché all’interno di ogni Paese ci sono delle banconote fiduciarie che non
contengono il valore in metallo prezioso però le autorità monetarie centrali si impegnano a
convertirle grazie a riserve auree possedute dalle banche centrali. Per funzionare c’è bisogno
di un’economia leader che riesce ad associare la sua forza di controllare la propria valuta
interna col funzionamento del sistema economico internazionale, e c’è bisogno anche di una
serie di autorità monetarie, cioè le banche centrali dei Paesi che aderiscono a questo sistema,
che riconoscono la leadership della Bank of England. DEGLOBALIZZAZIONE: la
deglobalizzazione partì dalla 1ª guerra mondiale perché questa causò il primo contraccolpo
alla globalizzazione, come lo definisce H. James, che implica la rottura del commercio
internazionale, dislocazioni economiche, industriali, produttive e anche di risorse e il declino
delle vecchie potenze. Lo Stato accentra ed esegue delle programmazioni della produzione
militare che viene lasciata eseguire ai privati e gestisce gli approvvigionamenti. Uno dei
problemi più gravi nei primi due anni della guerra è l’inflazione. Si avrà poi la dissoluzione
del Gold Standard perché gli Stati entrando in guerra vanno in deroga totale a tutte le leggi
di questo sistema, si distrusse ogni tipo di scambio internazionale e si crearono pattern
commerciali su basi di scambio. Infine, c’è il problema della riconversione della domanda
militare che non trova una traduzione nel mondo civile. Il secondo contraccolpo è la grande
depressione perché dopo il conflitto mondiale si provò a ricostruire il mondo ottocentesco
ma questo tentativo fu impedito dalla crisi del ‘29. Questa fu causata dall’abbassamento del
valore dei titoli di borsa che era aggravato negli USA dalla democratizzazione del gioco di
borsa dai prestiti. Il fatto che i cittadini prendevano soldi in prestito dalle banche per
investirli in borsa e cercare di guadagnare dalla compravendita di azioni crea un eccesso di
speculazione e fa sì che ci siano molte famiglie al lastrico. La crisi finanziaria si riversò
sull’economia reale generando una spirale deflazionistica e nel mondo della produzione. La
banca americana negli anni ‘20 concedeva prestiti anche agli Stati e ad altre banche ma la
restrizione monetaria e l’aumento dei tassi di interesse diffuse la crisi a livello
internazionale. Inoltre la Gran Bretagna non fu più in grado di ricoprire il ruolo svolto fino
al 1913 e gli USA si rifiutarono di prendere il suo posto e questo determinò l’estensione, la
durata e la profondità della depressione. Di fronte a tutto questo, i Paesi decisero di
proteggersi attraverso l’aumento delle tariffe doganali. Il terzo contraccolpo fu la 2ª guerra
mondiale che distrusse completamente la globalizzazione, tanto che il mondo che ne seguì
(anni ‘50-‘60-‘70) non fu un mondo globalizzato, infatti non ci fu libertà economica come
nell’800, nè deregolamentazione e non si pensava che i mercati fossero capaci di regolarsi
da soli.
3. La 1ª rivoluzione industriale avviene in Inghilterra ed essa ne fu la principale protagonista.
Segna il passaggio da un’economia di sussistenza a un’economia di mercato, con
cambiamenti in campo economico, culturale e sociale. Ci fu un incremento demografico che
fu accompagnato da alti tassi di crescita dei redditi e della produttività del lavoro. Una
grande fetta della popolazione passò dal lavorare in agricoltura a lavorare nelle industrie.
Invece la 2ª rivoluzione industriale vide come protagonisti l'Europa e gli USA. La macchina
a vapore aveva cambiato il sistema di produzione industriale nella 1a, mentre la 2ª presenta
delle migliorie dei macchinari precedenti e l’introduzione di nuove tecnologie non solo nel
settore dell’industria, come l’elettricità, il fonografo, l’alluminio, la radio; inoltre con il big
business cambia la taglia delle imprese perché si produce di più, a maggior ritmo e si
producono nuovi beni, questo pone problematiche organizzative, economiche, finanziarie
del tutto nuove. La 1a rivoluzione coinvolgeva fabbriche nate dall’iniziativa dei singoli
imprenditori che si focalizzavano soprattutto sul settore tessile, mentre nella 2a il settore
trainante era quello dell’industria pesante dove le banche diventano le maggiori finanziatrici.
La 1a vide l’uso del carbone mentre nella seconda si usavano il petrolio e l’elettricità. In
aggiunta, l’Inghilterra non riesce a cogliere tutte le opportunità della 2ª rivoluzione
industriale e da qui ne trae un lungo declino industriale e perde il suo primato economico
internazionale venendo superata da Germania e USA. Inoltre, mentre nella 1a il sistema
economico era basato sul liberismo, nella seconda domina il protezionismo che si nota
attraverso l’intervento diretto dello Stato nelle scelte economiche come l’imposizione di
dazi doganali; c’è anche la creazione dei cartelli internazionali negli anni ‘80 dell’800 cioè
accordi tra imprese di un Paese che competono nei mercati internazionali, che servono per
spartirsi i mercati, per fissare i prezzi, per evitare che la competizione internazionale svilisse
troppo i profitti delle imprese. L’Inghilterra però in questa fase decide di restare liberista
perché aveva le colonie e quindi aveva una rete di scambi molto sviluppata garantendole
materie prime e mercati dove vendere.
4. La Belle Epoque corrisponde a un periodo di relativa pace che va dagli anni ‘80 dell’800
fino alla vigilia della 1ª guerra mondiale ed è l’apogeo della vera globalizzazione, infatti si
ha un aumento complessivo e generalizzato del commercio internazionale, un avanzamento
dell’industrializzazione in quasi tutti i Paesi, dei cambiamenti decisivi nella partecipazione
al commercio internazionale di ogni singolo Paese. Sono anni di libertà economica, di
integrazione dei mercati e di aumento del commercio internazionale, ed è un’economia
talmente integrata che si coniò il termine di “società planetaria”. Questo periodo contiene 3
contraddizioni perché ci sono una serie di dinamiche che cominciano a rappresentare un
ripensamento dello sviluppo economico liberale. Una è che la crescita economica che
sembrava senza fine in realtà comincia a mostrare delle crisi più o meno cicliche,
secondariamente il capitalismo liberale e il modello britannico di integrazione dei mercati
viene contestato da Paesi che mostrano delle alternative al processo di industrializzazione
come l'adozione delle politiche protezionistiche che segnano una controtendenza rispetto
all’abbattimento delle tariffe del periodo dalla metà dell’800 in poi. La terza contraddizione
è che la libertà del commercio, la libertà del sistema economico internazionale basato
sull’autonomia dei Paesi e delle singole istituzioni monetarie, sono contraddette
dall’emergere del colonialismo, dell’imperialismo, da un processo che aumenta i Paesi che
partecipano non liberamente alla globalizzazione e al commercio internazionale. Tuttavia
sono anche anni caratterizzati da una serie di crisi economiche nuove rispetto alle precedenti
perché prima una crisi poteva essere alimentare, ora sono crisi di sovrapproduzione con una
capacità di contagio molto importante. Alcuni esempi sono quella del 1857 legata alla
sovrapproduzione del grano negli USA e determina il crollo dei prezzi agricoli in tutto il
mondo, del 1866 che parte dalla sottoproduzione del cotone per effetto della guerra civile
americana e si diffonde dagli USA al resto del mondo, del 1873 che è la prima crisi di borsa
dovuta agli effetti della guerra Franco-prussiana in cui gli investitori cercano di vendere le
proprie azioni in borsa per ottenere liquidità e fa sì che i valori industriali quotati in borsa a
Parigi si svalutino e si avvii una spirale depressiva su tutta l’economia internazionale.
5. Il ripristino delle dinamiche della globalizzazione ottocentesca tra le due guerre fallisce per
diverse ragioni. Le politiche orientate al passato cercavano di rimettere ordine internazionale
e puntavano alla soluzione del problema tedesco che si basava sul ripristino dell’economia
della Germania affinché potesse pagare i propri debiti, riaccogliendola economicamente e
politicamente all’interno dell’assise internazionale. La proposta di Loucheur consisteva nel
riunificare l’economia internazionale con l’abolizione delle tariffe doganali all’interno
dell’Europa, ma questo non arrivò a termine perché la crisi economica internazionale creò
nuovi squilibri e nessun Paese abbassò le proprie tariffe doganali. Inoltre si cercò di
ristabilire un sistema di pagamenti simile al gold standard, chiamato Gold standard
Exchange, in cui tutte le monete potevano essere convertite in oro e sterlina al suo valore
prebellico; anche questo sistema fu fallimentare perché ripristinare il gold standard e le
parità auree precedenti alla 1ª guerra mondiale portano tutti i Paesi a intraprendere delle
politiche deflazionistiche poiché tutte le monete erano svalutate e per rivalutarle si doveva
incamerare oro. Questo però crea una situazione di competitività internazionale esacerbata
come nel caso della Francia e degli USA che fanno di tutto per stabilizzare la propria
moneta, o dell’Italia che adotta la politica di quota 90 cercando di rivalutare la propria
moneta fino a farla valere quanto prima, ma che porta a una perdita di competitività perché
diventò difficile esportare con una moneta così rivalutata. Di fronte a tutto questo, i Paesi
del “blocco dell’oro” mantennero la convertibilità aurea e iniziò una fase di autarchia, ma
questo non impedì il crollo dei prezzi perché la crisi colpì la domanda interna di ogni Paese.
Fu instaurato un regime di controllo dei cambi e dei movimenti dei capitali per ostacolare la
fuoriuscita dell’oro e questo sancì il declino del commercio mondiale e si entrò in una fase
in cui gli Stati crearono degli accordi bilaterali di clearing, che sono una camera di
compensazione fatta tra due Stati in cui si mettono dentro tutte le importazioni ed
esportazioni da e verso questi Paesi, che però non vengono pagate una ad una con l’oro, ma
viene fatta, e poi compensata, solo una differenza alla fine dell’anno per far sì che non si
sprechi oro e che le casse dello Stato possano conservare le riserve auree di cui dispongono.

6. Il tentativo di ripristino della globalizzazione da parte delle diverse economie dopo il primo
conflitto mondiale fallisce perché fu impedito dalla crisi del ‘29 che approfondì ancora di
più la dinamica di deglobalizzazione. La grande depressione fu causata dall’abbassamento
del valore dei titoli di borsa che era aggravato da due fattori importanti negli USA, cioè la
democratizzazione del gioco di borsa, dove vediamo che c’è un eccesso di liquidità derivato
dai profitti della 1a guerra mondiale e dai prestiti, e questo faceva sì che il denaro costasse
poco e gli interessi chiesti dalle banche fossero bassi quindi era facile ottenere prestiti; e il
fatto che il mercato azionario degli anni ‘20 divenne uno strumento di investimento
privilegiato da tutta la popolazione americana fino al punto che diventò comune per i
cittadini prendere soldi in prestito dalle banche per investirli in borsa e cercare di ottenere
più risparmi dalla compravendita delle azioni. Questo crea però un eccesso di speculazione e
fa sì che ci siano molte famiglie al lastrico. La crisi finanziaria si riversò presto
sull’economia reale generando una spirale deflazionistica anche perché le autorità monetarie
e il governo si astennero dall’intervenire. Così il mondo della produzione entrò in crisi
perché la sovrapproduzione generò il calo del valore delle merci, degli stock e degli
investimenti, aumentò quindi la disoccupazione e diminuirono i consumi e la domanda. La
banca americana negli anni ‘20 concedeva prestiti anche agli Stati e ad altre banche ma la
restrizione monetaria e l’aumento dei tassi di interesse fece sì che i prestiti internazionali
fossero toccati da questo rialzo e questo diffuse la crisi a livello internazionale. La crisi ha
portato anche a un blocco dei prestiti e finanziamenti e di conseguenza ci fu una caduta dei
prezzi e una stagnazione. Inoltre la Gran Bretagna non fu più in grado di ricoprire il ruolo
svolto fino al 1913 e gli USA si rifiutarono di prendere il suo posto e questo determinò
l’estensione, la durata e la profondità della depressione. Di fronte a tutto questo, i Paesi
decisero di proteggersi attraverso l’aumento delle tariffe doganali.
7. Il periodo successivo alla seconda guerra mondiale è chiamato miracolo economico ed ha
coinciso con delle nuove regole del gioco stabilite dagli accordi di Bretton Woods, che
garantiranno in tutto il mondo di prosperità e sviluppo economico senza precedenti che
getterà le basi per lo sviluppo della società dei consumi. Questo periodo vede anche lo
sviluppo di Paesi extraeuropei come il Giappone, Hong Kong, Taiwan e Corea del Sud. È un
periodo anche ambivalente perché se da un lato c’è stato molto sviluppo, dall’altro ha
significato una progressiva entrata in una fase di sottosviluppo o mancato sviluppo di molti
Paesi africani e latinoamericani. Sin dalla fine del conflitto si è pensato a non ripetere gli
errori del passato e si cercherà di sviluppare una serie di istituzioni in cui si pensa che la
cooperazione internazionale e che la ricostruzione di un sistema multilaterale siano la
migliore garanzia per evitare il ripetersi di un’altra guerra e di gravi crisi, inoltre si punta a
creare qualcosa di nuovo, non al ritorno al passato. Il sistema si basa sulla creazione di
istituzioni come il fondo monetario internazionale per quanto riguarda le questioni
monetarie, sulla banca mondiale per quanto riguarda le politiche di sviluppo e sul GATT per
quanto riguarda l’integrazione dei mercati. Si pensa che i problemi economici siano di tutti e
non dei singoli Stati e che la soluzione debba essere trovata nella cooperazione. Questo però
non è un periodo di libero mercato, ma anzi ci sono regole strette riguardo il trasferimento di
capitali, merci e persone, sono anni di non globalizzazione, la globalizzazione è un obiettivo
futuro. Sono quindi anni di approccio multilaterale e di cooperazione ma fatta da Stati che
regolano e controllano tutto, anni però plasmati a livello economico dalla guerra fredda cioè
dalla competizione economica, militare e politica degli USA e Unione Sovietica che hanno
modelli di sviluppo completamente diversi. Gli USA inoltre si assumono delle prerogative di
leader economico internazionale a differenza della 1ª guerra mondiale.
8. Il gold standard è un sistema economico internazionale introdotto da Ricardo in Inghilterra
dopo le guerre napoleoniche, in cui tutte le monete che aderiscono sono convertibili in oro e
hanno una parità fissa tra loro. L’Inghilterra prima usava due metalli ma durante le guerre
napoleoniche la Bank of England aveva sospeso la convertibilità per paura che le persone
prosciugassero le riserve d’oro. Riattivatasi la convertibilità, fu deciso di utilizzare solo l’oro
perché è più efficace per garantire una parità monetaria più precisa, ma anche perché se si
fanno grandi transazioni economiche, finanziarie e commerciali si ha più interesse a usarlo.
Questa è un’innovazione monetaria decisiva perché all’interno di ogni Paese ci sono delle
monete fiduciarie che non contengono il valore in metallo prezioso, ma che è garantito
dall’autorità monetaria con un corrispettivo d’oro.Bisogna che ci siano cambi fissi, cioè che
il valore tra banconota e oro sia fisso perché se cambia significa che non c’è abbastanza oro
e che quindi la banconota non vale niente; quindi i Paesi che si adeguano al Gold Standard si
impegnano a non modificare il valore relativo della moneta e dell’oro. Il valore dei prezzi
interno a un Paese era legato alla massa monetaria: se c’è più oro ci devono essere più
banconote perché se non ce ne sono abbastanza, ogni singola banconota varrà più oro a
seconda delle riserve monetarie che un paese ha. Concependo questo sistema per regolare
sia la massa monetaria interna che il commercio con l’estero, potrebbe creare un problema:
un Paese che esporta o importa troppi beni potrebbe modificare in maniera profonda la
quantità d’oro presente nel Paese. Per evitare che una eccesso di importazioni o esportazioni
distruggesse il sistema monetario di un Paese, Hume elaborò la teoria di equilibrio
automatico della bilancia dei pagamenti, che è un meccanismo con il quale si misurano le
posizioni internazionali di un Paese. Funziona in questo modo: se un Paese esporta molti
beni in cambio riceve oro, questo oro incamerato all’interno di un sistema economico farà sì
che aumentino i prezzi, ma se i prezzi aumentano vorrà dire che sarà coveniente importare
alcuni beni perché i prezzi interni sono aumentati, ma se si importa, si devono pagare le
importazioni in oro e quindi i prezzi diminuiranno e si arriverà al ciclo completo.
9. Nel territorio europeo tutti i Paesi si sono sviluppati ma ci sono delle regioni, che non
corrispondono necessariamente ai confini geografici degli Stati, dove si sviluppa il concetto
di industrializzazione su base regionale con dei processi di trasferimento di idee, tecnologie
e comportamenti economici simili. Tutti gli incentivi che funzionavano per l’Inghilterra non
è detto che funzionino anche per i Paesi europei, come nel carbone che può favorire uno
sviluppo simile dell’ industria siderurgica oppure può non favorirlo affatto a causa della
povertà delle regioni. Il Belgio per alcuni versi è simile all’Inghilterra, infatti se da un lato è
riuscito a sfruttare il carbone per l’industria del vetro, dall’altro, attraverso la banca mista
incentiva il finanziamento industriale. Inoltre un’altra differenza è che il Belgio è
caratterizzato da fattori chiamati “del piccolo paese” come la poca popolazione,
l’importazione di materie prime e la necessità di esportare per essere competitivo. In Francia
invece lo Stato finanzia la creazione del capitale umano francese, le scuole e il ceto
ingegneristico. Il fattore che blocca un po’ lo sviluppo francese è che ha solo Parigi come
grande mercato, perché il resto del Paese è molto arretrato. La Germania invece presenta
delle dotazioni naturali come il carbone e produce acciaio come l’Inghilterra, ma la
differenza è che è un Paese favorito da delle dinamiche istituzionali, infatti non è ancora uno
Stato nazionale, sono diversi Stati che hanno attuato un’unificazione commerciale, lo
Zollverein, prima di quella politica. C’è una relazione privilegiata nei rapporti tra banche e
imprese: si sviluppa anche qui la banca mista, e si crea il “finanz kapital” che consisteva nel
fatto che le banche non si limitavano a prestare soldi alle industrie, ma ne diventavano
proprietarie. Infine vengono fondate università caratterizzate dal creare un sapere utile per
l’industria. Il caso dell’impero russo e austroungarico è meno fortunato perché rimangono
paesi contadini ancorati ancora alla servitù della gleba. I fattori sostitutivi messi in campo
falliscono, come la creazione della ferrovia da parte dello zar che alla fine non provoca
crescita economica. Nel caso italiano invece esistono divisioni politiche dello Stato che
causano il dualismo tra nord e sud, ma ci sono anche delle dinamiche in cui lo Stato si fa
promotore di politiche di investimenti ad esempio finanziando la Terni.
10. Nella conferenza di Bretton Woods si incontrano USA e Regno Unito per ridefinire il futuro
del mondo. Il sistema di Bretton Woods è multilaterale, e si riconosce che per attuare questa
politica c’è bisogno di pilastri, cioè istituzioni amministrate in concerto da tutti i Paesi, che
si prendano carico di farlo funzionare e garantire sviluppo, prosperità, apertura commerciale
e pace, e sono: il fondo monetario internazionale, l’International Bank of reconstruction and
development e l’international trade organization che non è mai nata ed al suo posto è stato
creato il GATT (general agreement on trade and tariffs). I principi che governano queste
istituzioni sono: favorire il pieno impiego, lo sviluppo economico internazionale viene
stabilito che anche questo sistema monetario deve essere basato sui cambi fissi e viene scelta
come moneta sempre convertibile il dollaro. Gli Stati che partecipano devono rispettare le
regole del gioco cioè devono fare in modo che la parità monetaria sia assicurata. Infine, solo
nel caso di squilibri gravi si può modificare la parità monetaria. La fine del sistema di
Bretton Woods avviene in un contesto in cui l’impegno dello Stato nello sviluppo
economico si trasforma in debito pubblico, si ha la crisi del modello sovietico, la crescita
economica negli anni ‘70 è rallentata e finisce la stabilità economica, la stabilità monetaria, i
cambi fissi, si pone un nuovo sistema monetario basato sui cambi variabili, sia i prezzi che
le monete oscillano. La scelta della fine di questo sistema la prende Nixon dal momento che
si creò l’incapacità di risolvere i problemi generati dal Dollar Gap. La successiva decisione
della svalutazione del dollaro ha causato la corsa all’oro ma ha innescato un aumento dei
prezzi e dell’inflazione a livello globale. Inoltre ci fu il rallentamento della crescita
economica negli anni '70 e anche una destabilizzazione complessiva dovuta alla creazione di
un sistema monetario che si basa sui cambi variabili e ogni moneta è lasciata libera di
fluttuare e modificare il proprio valore relativo.
11. L’impresa industriale nata con le prime industrializzazioni europee ed extraeuropee nell’800,
assume nella seconda rivoluzione industriale delle dimensioni nuove: si produce di più,
nuovi beni,a maggior ritmo, si entra in una fase successiva dell’applicazione delle macchine
alla produzione. Con il Big Business cambia la taglia delle imprese e questo pone delle
problematiche organizzative, economiche, finanziarie nuove: c’è bisogno di nuove strutture
di organizzazioni, di manager, di quadri intermedi, di una divisione scientifica del lavoro
all’interno di una fabbrica e di molti capitali per costruire gli impianti. Questo è stato aiutato
da fattori che hanno a che fare con l’innovazione tecnologica, con l’integrazione dei mercati,
con la nascita della società dei consumi, infatti le nuove tecnologie richiedono risorse
superiori e nuovi modelli organizzativi. Anche le industrie della 1ª rivoluzione industriale
furono tutte interessate dai nuovi paradigmi produttivi, tecnologici e organizzativi. Nelle
tecnologie della 2ª rivoluzione industriale si ha il fenomeno delle economie di scala: man
mano che le imprese sono sempre più grandi si ha la riduzione progressiva dei costi unitari
di produzione. Di conseguenza, questi settori non possono cominciare in piccolo e arrivare
in grande, devono invece nascere, crescere e svilupparsi in grande. Jevons, Walras e Menges
sono tre pensatori che hanno studiato questo fenomeno e hanno osservato che i costi di
produzione ma anche i prezzi delle merci sul mercato descrivono la curva che analizza le
economie di scala, che è descritta dall’incontro della domanda con l’offerta. Se la
produzione raggiunge la soglia di indifferenza, cioè se si decide di produrre oltre un certo
numero derivato dall’analisi della funzione matematica che sottintende questa curva o se
un’azienda produce la metà del previsto, diventa controproducente e si ha un aumento dei
costi unitari. Chandler dice che la fortuna industriale americana è dipesa dalla creazione
inedita degli USA di un nuovo tipo di impresa che sfruttava a pieno queste economie di
dimensione e di diversificazione; cioè, tutte le principali imprese americane di successo
riuscivano a compiere un triplice investimento contemporaneamente. Investivano in
economie di scala e in integrazione verticale, successivamente in marketing,
commercializzazione, diversificazione e infine in management moderno.

12. I Paesi del terzo mondo, in questo contesto, si sono da poco resi indipendenti politicamente e
restano ancora dipendenti economicamente. Fra gli anni ’50 e ’70, anche in questi paesi si registra
una crescita economica, una tendenza verso l’innovazione, si gettano le basi per gli investimenti
industriali. Nonostante questo, non riescono a dare il via a processi di industrializzazione. Bairoch
sostiene che le dinamiche osservate per l’Europa come il paradigma di Gerschenkron per lo
sviluppo industriale nei late comers non sono applicabili ai paesi del terzo mondo perché ci sono
delle dinamiche di natura qualitativa che frenano l’applicazione dei fattori sostitutivi
gerschenkroniani come il ritardo qualitativo e quantitativo troppo grande, la difficoltà
nell’importare l’ultima tecnologia esistente, le carenze strutturali e istituzionali, lo sfruttamento di
risorse da parte delle multinazionali e le politiche di sviluppo economico portate avanti dalla banca
mondiale, dall’UNCTAD e dal FMI che intervengono per aiutare a risolvere i problemi di squilibrio
della bilancia dei pagamenti di questi Paesi che però non riescono o non vogliono mettere in
discussione il loro problema della dipendenza economica e dei legami economici che li vincolano al
resto del mondo in questo periodo.
Amsden invece confronta questi Paesi dividendoli in 4 categorie in cui si evidenzia l’efficacia
dell’intervento statale. La prima è “staying behind” cioè Paesi che nonostante ci siano politiche
statali di sviluppo non danno l’effetto sperato come il Pakistan, il Bangladesh e le Filippine.
Secondariamente troviamo gli “strumbling back”, cioè quelli che vengono interessati da un
processo di retrocessione come alcuni Paesi latinoamericani dove l’intervento dello Stato ha
peggiorato la situazione. Poi, gli “sneaking up” che hanno un’ascesa silenziosa come Taiwan,
Singapore, Hong Kong e la Corea del Sud, infine ci sono i “soaring ahead” che hanno uno sviluppo
rapido e un’efficacia maggiore nelle politiche statali nell’influenzare la crescita industriale come il
Brasile e il Cile.

13. Gli anni ’70 segnano la fine della crescita del periodo precedente, l’economia rallenta e subisce
una destabilizzazione dovuta alla fine di Bretton Woods, quindi finendo il sistema dei cambi fissi ed
entrando in vigore i cambi fluttuanti, si crea una nuova fase profondamente diversa dalla
precedente. Nonostante gli Stati avessero risposto in maniera keynesiana alla crisi, il sistema
keynesiano non riuscì a risollevare l’economia internazionale dalla crisi e dall’inflazione, risultando
inadeguato e creando il fenomeno nuovo della stagflazione. Ciò portò a un ripensamento di questo
modello, a favore di un’ideologia alternativa “neo-liberalista”. Questa ideologia, messa in pratica
soprattutto dagli USA e dal Regno Unito, si basava sul concetto che lo stato non dovesse essere
l’attore principale dell’economia dei paesi, ma dovesse restarne fuori. Reagan ha spinto molto nella
transizione post-keynesiana e pensava che lo stato dovesse abbattere la pressione fiscale, smettere di
regolamentare determinati mercati e non intervenire con sussidi verso le persone. Gli anni di
Reagan vedono un taglio netto alla spesa pubblica, e una riduzione del debito pubblico con l’intento
di rafforzare il valore del dollaro e portare a termine il processo di inflazione del Paese.
Nel Regno Unito la Thatcher invece mette in atto una vasta operazione di privatizzazioni, infatti
tutte le imprese inglesi nazionalizzate dal secondo dopoguerra in poi, vengono privatizzate, in
particolare il settore del petrolio, del telefono e delle ferrovie, con uno smantellamento
dell’industria del carbone che ha portato a un aumento della disoccupazione. Le finalità di queste
politiche erano di ridurre la spesa pubblica e i debiti che lo Stato aveva contratto durante
l’estensione delle politiche keynesiane.
Anche altri Stati europei hanno intrapreso la strada “neo-liberalista”: le privatizzazioni si registrano
nell’URSS, in Italia dal 1994, e in Francia che manterrà il Golden Share, cioè non vende tutte le sue
proprietà ma mantiene nelle ex imprese pubbliche una quota di controllo che spesso le dà il diritto
di veto sulle decisioni importanti.

14. La globalizzazione dell’800 è simile a quella odierna, è un periodo in cui esistono molte libertà
economiche legate anche alla mobilità delle persone, delle merci e delle monete e funziona perché
c’è un Paese egemone che si assume gli oneri di far funzionare il sistema e si assume anche i
maggiori benefici. I capisaldi della globalizzazione liberale ottocentesca sono: l’adesione al libero
scambio, l’adesione alle regole del gioco commerciali e l’adesione progressiva alle regole del gioco
monetarie e finanziarie.
Per quanto riguarda il primo punto, è una caratteristica voluta dall’inghilterra che iniziò ad
importare diventando non più autosufficiente, favorendo l’idea della specializzazione
internazionale. Quest’idea si basava sul fatto che l’Inghilterra avesse tutto da guadagnare
dall’importazione perché si poteva sfamare la popolazione a minor costo e quindi pagare meno gli
operai perché spendevano meno per comprare il cibo. Per realizzare il libero scambio, i Paesi
aderirono alle regole del gioco commerciali, infatti nel 1860, si ha il primo trattato commerciale, il
patto Cobden-Chevalier, che prevedeva la riduzione progressiva dei dazi e introduce una clausola
chiamata “most favoured nation” che stabilisce l’impossibilità, per chi lo firma, di fare
discriminazioni commerciali e quindi si rendono uniformi i propri livelli tariffari.Il gold standard
infine è il sistema monetario internazionale in cui tutte le monete che aderiscono sono convertibili
in oro e hanno una parità fissa tra loro. È un’innovazione monetaria decisiva perché all’interno di
ogni Paese ci sono delle banconote fiduciarie che non contengono il valore in metallo prezioso però
le autorità monetarie centrali si impegnano a convertirle grazie a riserve auree possedute dalle
banche centrali. Per funzionare c’è bisogno di un’economia leader che riesce ad associare la sua
forza di controllare la propria valuta interna col funzionamento del sistema economico
internazionale, e c’è bisogno anche di una serie di autorità monetarie, cioè le banche centrali dei
Paesi che aderiscono a questo sistema, che riconoscono la leadership della Bank of England.

15. La Grande Guerra rappresentò una cesura molto importante nella storia dell’economia globale.
Può spiegare questa affermazione?
La Grande Guerra rappresentò è un evento centrale per la storia economica globale perché è
l'evento che chiude definitivamente il sistema economico precedente e il percorso verso la
globalizzazione, l'integrazione finanziaria, monetaria, commerciale, internazionale viene sconvolto
in maniera irreversibile da questo conflitto. Nel corso degli anni '20, vennero messe in campo
molte iniziative volte a ricreare artificialmente il mondo prebellico, infatti gli Stati per rimediare a
questo shock, ma tutti i tentativi fallirono.
È una guerra combattuta tra potenze europee, ma dal punto di vista economico e delle risorse messe
in campo per combatterla è un conflitto mondiale e non solo europeo. Inoltre è un conflitto
mondiale perché si sviluppa al culmine della globalizzazione dei mercati, arriva al culmine delle
politiche di potenza, del colonialismo e della competizione internazionale che interessava i Paesi
alla fine dell'800. Proprio per questo, come conseguenza si crearono delle modificazioni di lunga
durata sull'economia internazionale: si ebbe una modificazione profonda della struttura produttiva
in termini qualitativi e quantitativi in tutti i paesi belligeranti, si interruppero i commerci tra i paesi
nemici e si crearono nuovi pattern commerciali, la fine del libero commercio a livello globale e del
gold standard, la fine definitiva del predominio economico internazionale dell'Inghilterra già messo
in discussione da USA e Germania, gli USA che non si prendono la responsabilità del ruolo di
potenza egemone e infine, questi ultimi vivono un periodo di prosperità grazie ai flussi di capitale in
entrata e vedono l'emergere di Wall Street.
La prima guerra mondiale generò anche delle dislocazioni economiche, industriali, produttive e di
risorse che contribuirono a deglobalizzare l’economia, e portarono gli Stati ad avere un ruolo
sempre maggiore nella gestione delle economie dei vari Paesi. I paesi belligeranti poi iniziarono a
stampare carta moneta e ad accrescere il proprio debito pubblico, generando il fenomeno
dell'inflazione che portò quindi alla diminuzione del potere d'acquisto dei cittadini, che i governi
però non riescono a controllare ma che anzi, tramite il finanziamento pubblico della guerra,
aggraveranno ancor di più impoverendo le casse dello Stato.

16. Quali sono le istituzioni, e quali le relative funzioni, che regolarono l’economia internazionale
dopo la conferenza di Bretton Woods?
Nella conferenza di Bretton Woods del 1944 si incontrano i due Paesi che stanno vincendo la
guerra, cioè gli USA e il Regno Unito per elaborare un piano per il ritorno alla pace e per ridefinire
il futuro del mondo. È un incontro importante perché il delegato degli USA è l'economista e
ministro del tesoro americano Henry White e l'altro delegato del Regno Unito è Keynes.
Si pensò a un mondo basato su un sistema multilaterale, dove far prevalere competitività e
concorrenza, e la novità è che si riconosce che per attuare questo tipo di politica c'è bisogno di
istituzioni amministrate da tutti i paesi che si prendano carico di far funzionare questo sistema e non
più della City di Londra, della Bank of England o della Federal Reserve. Queste nuove istituzioni, o
pilastri del sistema, erano: il Fondo Monetario Internazionale (FMI) che si occupava di monete e
valute ed ebbe il ruolo di fornire liquidità al sistema per salvaguardare le parità delle varie monete,
l'International Bank for Reconstruction and Development (IBRD) che si occupava di questioni di
finanziamento industriale e sviluppo economico e l’International Trade Organization (ITO) che non
è mai nata ma si sarebbe dovuta occupare del commercio internazionale e al suo posto è stato creato
il General Agreement on Trade and Tariffs (GATT) che si occupò di ridurre le tariffe doganali e di
negoziare le tariffe di tutti i prodotti a livello globale attuando la stessa clausola prevista dalla most
favoured nation. Si credeva che mettendo la gestione di questi tre aspetti nelle mani di tutti i Paesi si
potesse garantire sviluppo, prosperità e apertura commerciale senza bisogno di farsi la guerra e
quindi assicurare pace.

17. Quali sono le caratteristiche della politica economica giapponese messe in atto dopo la
restaurazione Meiji?
La restaurazione Meiji ha come risvolto economico l'apertura commerciale estera caratterizzata
dall’importazione di nuove tecnologie e l'apertura agli investimenti esteri. Il Giappone è un Paese a
industrializzazione tardiva perché ha una storia politica particolare: fino al 1868 è chiuso
commercialmente a causa della politica dello shogunato Tokugawa.
Una caratteristica importante è che per investire in Giappone, gli imprenditori esteri dovevano in
qualunque caso affiliarsi a dei partner locali, ossia dovevano ricorrere a partenariati locali con
capitali ed imprenditori giapponesi per poter fondare industrie. Di conseguenza notiamo la presenza
degli Zaibatsu: dei gruppi industriali che avevano un forte legame col potere politico, dove
possiamo trovare una famiglia, una banca, o un gruppo che detiene grandi capitali che sin dalla
seconda metà dell'800 ha cercato grosse opportunità di diversificazione economica come Mitsubishi
e Yamaha. Quindi è un tipo di politica autarchica in cui lo Stato finanzia certi tipi di investimento
perché il Giappone può contare su queste grandi imprese costituite in precedenza e che sono
importanti sul piano nazionale e internazionale.
Un'altra iniziativa delle politiche giapponesi di apertura è l'investimento nell'istruzione all'estero
rivolte ai giovani giapponesi, ad esempio per imparare le tecniche siderurgiche straniere, importare
tecnologie, le conoscenze e il sapere utile dei Paesi europei.
Infine, il sistema giapponese era caratterizzato da diversi secoli da una imprenditorialità moderna,
infatti avevano abbattuto i privilegi per i samurai e davano la possibilità di arricchirsi ai contadini
perché erano sicuri che i samurai non avrebbero potuto impadronirsi delle loro ricchezze.
Nell'economia medievale chi tenta di arricchirsi è minacciato di essere derubato dalla casta militare
e questo era un disincentivo nel creare nuove tecnologie, quindi il fatto che i samurai fossero ridotti
a non avere potere né il diritto di rubare è stato favorevole a creare uno sviluppo economico.

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