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domande storia economica

Storia Economica
Università degli Studi di Padova
22 pag.

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1. I Bric(s): (cap. 10)
Brasile, Russia, India, Cina (e Sud Africa). Sono le nuove grandi potenze commerciali che
crescono durante l’iperglobalizzazione. Nel 2010 i arrivano ad esportare 70% del commercio
mondiale, sono caratterizzati da un PIL in continua crescita e una demografia molto alta.
Propongono un modello di sviluppo diverso rispetto a quello democratico liberale. Il loro
sviluppo è garantito dalla NDBB, New Developement Brics Bank che compete con il FMI, Fondo
Monetario internazionale (una volta correggeva gli squilibri nella bilancia dei pagamenti durante
il periodo di BW, ora funge da banca e in cambio di politiche strutturali aiuta i paesi a
svilupparsi). Questi paesi hanno avuto uno sviluppo quasi endogeno. La Cina, con una grande
partecipazione dello stato, è passata all’economia mercato dopo la riforma agricola, la creazione
delle banche, delle ZES, il passaggio delle imprese a società per azioni e l’entrata nel WTO, dal
quale è emersa come potenza dell’export. Il suo fondo sovrano è cresciuto moltissimo, infatti
investe nei paesi poveri come l’Africa e gestisce gran parte del debito pubblico americano. Oggi è
un’economic powerhouse della globalizzazione, e fa parte dei più grandi esportatori mondiali.
L’India ha una crescita altalenante, il cui PIL è legato alle esportazioni. Il Brasile, invece, è
diventato un forte esportatore e sede di grandi multinazionali. Infine, la Russia, dopo lo shock e
la regressione del periodo Elstin e la privatizzazione tramite la distribuzione dei voucher, ha
permesso la nascita della Russia degli “oligarchi”.

2. Globalizzazione e deglobalizzazione (cap. 3/6)

 Interconnessione mercati, scambi multilaterali


 Libero scambio (assenza intervento dello stato), abolizione Corn Laws e patto Cobden-
Chevalier/ haute finance / Gold Standard (sistema monetario internazionale) - Polanyi
 Fenomeno instaurato dall’Inghilterra, paese più egemone che coordina globalizzazione. È
voluta dal suo potere economico e politico. Ruolo di accumulazione e espansione commerciale
(è anche il paese che ne usufruisce di più giacché il suo sviluppo non è stato un fenomeno
endogeno)
 Ambito della prima Rivoluzione Industriale: interconnessione mercati grazie a nuovi trasporti
(ferrovie, navi), infrastrutture dedite agli scambi (porti, canali) e nuove tecnologie (sviluppo e
produzione industriale)
 Interconnessione dei mercati che porta a competizione commerciale. I paesi ripensano alle
regole del gioco liberale e diventano protezionisti o imperialisti
 Tensioni tra paesi imperiali e industriali che porteranno allo scoppiare della Prima guerra
mondiale (primo contraccolpo per la globalizzazione seguito da grande depressione ’29 e
Seconda guerra mondiale). La globalizzazione non è un modello irreversibile, la guerra distrugge
tutti i suoi capisaldi.
 Distrutti i patterns di commercio, reti connessione internazionale, squilibrio dei settori per
l’aumento della domanda militare, debito pubblico, inflazione, fine valute affidabili
 Ripensamento regole liberali: introduzione ruolo dello stato sempre più forte (per regolare i
mercati), accordi bilaterali, arrivo organizzazioni internazionali.
 Grande depressione: approccio a idee di Keynes con intervento stato ancora più marcante

Le caratteristiche della globalizzazione ottocentesca riguardano l’interconnessione del


commercio internazionale e l’espansione del libero scambio. Grazie a queste dinamiche, i
modelli di mercato si autoregolano, dunque sono guidati da una serie di automatismi garantiti
dal paese più egemone, il Regno Unito. La prima Rivoluzione Industriale ha favorito questo
fenomeno in maniera molto forte, determinando l’industrializzazione, l’aumento della
produzione, il passaggio all’economia moderna, all’urbanizzazione, alla crescita agricola,
demografica e sociale. Tutti questi fattori non sono caratteristiche endogene all’Inghilterra, bensì

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si sono potute sviluppare grazie al libero scambio (a seguito dell’abolizione delle Corn laws e
dell’accordo Most Favoured Nation) tramite il quale lo stato si è potuto arricchire e sviluppare. In
seguito, tutti gli altri paesi hanno seguito l’esempio inglese, anche se in maniera diversa,
arrivando così a creare vaste reti di commercio grazie alla creazione di ferrovie interconnesse,
mercati, nuove tecnologie e grandi infrastrutture dedicate agli scambi. Una volta creato un
mercato unico, per consolidarlo i paesi hanno instaurato un sistema monetario internazionale
(Gold Standard). Tuttavia, con l’aumento dell’integrazione dei mercati e della concorrenza
commerciale, molti paesi hanno cominciato a proteggere la propria industria, oppure a compiere
decisioni imperialiste e partire alla ricerca di terre fertili da sfruttare. Queste dinamiche di
tensione tra potenze industriali e imperiali porteranno al primo conflitto mondiale, che
rappresenterà un primo backlash per la globalizzazione (seguito dalla grande depressione del ’29
e dalla Seconda guerra mondiale). Durante questo tragico evento, c’è stata la fine delle valute
affidabili, l’insorgere dell’inflazione, del debito pubblico, dell’assalto ai mercati, ma anche la fine
del commercio internazionale, dei patterns di scambio e gravi squilibri nel settore industriale e
agricolo per via della conversione avvenuta da economia di pace a economia di guerra. Ciò ha
portato a un ripensamento delle regole liberaliste, essendo il rapporto multilaterale tra i paesi
impraticabile. Da questo momento in poi, la presenza dello stato sarà sempre più forte nella
regolamentazione degli scambi e gli accordi bilaterali diventeranno più frequenti.

La globalizzazione, ossia il fenomeno di interconnessione multilaterale dei mercati internazionali,


si è sviluppata nel corso dell’800 a partire dalle idee liberali diffuse dal paese più egemone, il
Regno Unito. Con la globalizzazione avvengono una serie di automatismi nel mercato, il quale si
autoregola grazie alle dinamiche del sistema del libero scambio (nelle quali lo stato non deve
intervenire). Alla base di questo periodo ci sono tre importanti pilastri: il laissez-faire (sviluppato
a partire dall’abolizione delle Corn laws che proteggevano l’agricoltura inglese fino al trattato
Cobden-Chevalier della Most favoured nation), l’haute finance e il Gold Standard (il nuovo
sistema monetario che favorisce gli scambi internazionali). Le interconnessioni tra i mercati
avvenute a cavallo della prima e seconda Rivoluzione Industriale sono state possibili grazie allo
sviluppo di ferrovie, nuove tecnologie e grandi infrastrutture. Con la progressiva integrazione dei
mercati e l’innalzamento della concorrenza internazionale, molti paesi sfoceranno nel
protezionismo e nell’imperialismo, al culmine dei quali avremo lo scoppio del primo conflitto
mondiale e il totale annullamento della globalizzazione. La guerra distruggerà tutti i capisaldi del
liberalismo, sviando i patterns di commercio e della produzione e modificando l’industria
attraverso l’elevata domanda militare. L’evento fu il primo backlash (seguito poi dalla grande
depressione e dal secondo conflitto mondiale) della globalizzazione e dimostrò come
quest’ultima non fosse qualcosa di irreversibile. Si creò dunque un nuovo tipo di commercio
privo di deregolamentazione di mercato, basato su scambi bilaterali e con la forte presenza dello
stato e delle organizzazioni.

3. Differenza tra la prima e la seconda rivoluzione industriale (cap. 1, 2, 3,4)

 UK si è industrializzata lentamente (no in maniera endogena, crescita economia moderna,


innovazioni, la fabbrica, urbanizzazione, demografia moderna) e con incentivi specifici (riforma
agricola, Proto industria, libero scambio, nuovi trasporti e coal economy)

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 Fenomeno che, guidato dall’Inghilterra, si è diffuso in tutti i paesi europei. Avendo dinamiche
e eventi diversi, questi si sono industrializzati più in fretta usando modelli diversi (fattori
sostitutivi)
 L’industria fa crescere l’export. Creazione e partecipazione a un mercato globalizzato, reti
commercio multilaterali, mercato che si autoregola, incentrato sul libero scambio (astinenza
intervento stato) ma con presente coordinazione del paese più egemone e della sua volontà
politica, Regno Unito.
 Poi, nascita nuovi paradigmi tecnologici e scientifici (grazie a applicazione pratica di studi). A
nuovi sistemi tecnologici corrispondono filiere di innovazioni a cascata con effetti diretti sulla
crescita dell’economia (distruzione creatrice di Schumpeter).
 Questo porta a creazione di nuove organizzazioni di fabbrica, introduzione di modelli diversi e
nascita del Big Business con l’arrivo delle imprese americane e tedesche.
 Gli americani applicano economie di scala, di flusso e triplice investimento. Conquistano
mercato, aumentano R&D, nuove organizzazioni produttive (fordismo). Passaggio da Uform a
Multi form. Intervento della banca d’affari che investe nel mercato e nascita centro finanziario di
Wall Street (Banca degli affari e comportamento market oriented)
 I tedeschi hanno finanzkapital e banca mista, stretto rapporto con imprese e innovazioni.
Modello business to business: le imprese cooperano, si aiutano (cartellizzazione), competono
all’estero, organizzazione mercato interno.
 Il Regno Unito: non saprà stare al passo con le nuove forme di big business. Rimarrà indietro,
la finanza non investirà nell’industria, preferisce guardare all’estero, esporta solo prodotti no
complessi (della prima rivoluzione). Declino leadership industriale.

Guidata dall’Inghilterra e sviluppata in un periodo di lunga durata con determinati incentivi, la


Prima Rivoluzione Industriale ha totalmente cambiato la concezione della società tramite le sue
innovazioni tecnologiche, la nascita della fabbrica e della produzione industriale,
l’urbanizzazione e il cambiamento demografico, sociologico, ideologico e intellettuale. Tutto ciò
è stato garantito dal libero scambio e dalla progressiva integrazione dei mercati tramite
interconnessioni multilaterali che hanno portato a un aumento del PIL, del benessere economico
e alla crescita del consumismo. La Seconda Rivoluzione Industriale comporta la nascita di nuovi
paradigmi tecnologici e scientifici che danno il via a filiere di innovazioni a cascata (“distruzione
creatrice” di Schumpeter). Le nuove tecnologie non soppiantano le vecchie, ma coesistono
attraverso lunghi cicli di estensione economica. Si forma il concetto di “big business”: le nuove
tecnologie hanno una taglia maggiore rispetto alle vecchie e richiedono un modello organizzativo
e produttivo diverso da quello precedente. Negli Stati Uniti, ad esempio, si può osservare la
nascita delle economie di scala, dell’integrazione verticale dei mercati, del marketing, della
commercializzazione, della diversificazione e del management moderno. In questo contesto
avremo il declino inglese, il cui stato non fu in grado di dare sviluppo alla grande industria come
fecero gli Stati Uniti o la Germania.

4. La situazione economica della Belle époque (cap. 5)


 Periodo prima della Guerra Mondiale come migliore, società planetaria, assenza guerre
 Ma arrivo di crisi cicliche, (diverse da quelle dell’ancien regime) causate da sovraproduzione.
Crisi agricole, industriali, di borsa. Si diffondono in maniera capillare in tutto il mondo anche
quando partono dalla periferia. Economia globale come sistema unitario: porta a connessioni
finanziarie, connessione mercato (one price), connessioni tramite sistema monetario
internazionale e flussi migratori.

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 Nascita alternativa a regole liberali: protezionismo e imperialismo.
 Causati da crescente industrializzazione, libero scambio, che ha portato a interconnessione
mercati, che ha portato a competizione commerciale, che ha portato a crisi.
 Protezionismo: nuovi blocchi agrari e industriali. Paesi che proteggono la propria industria, la
rendono più competitiva, la sviluppano (spin off): USA, Germania, Francia, Italia, Svizzera. Solo
chi possiede diversificazione produzione può applicarla bene.
 Imperialismo: diverso da quello del passato, è un imperialismo di tipo economico (Hobson).
Alla ricerca di terre vergini perché tutti stanno applicando protezionismo. Si vuole importare
merci e scambiare a tasso interesse basso. conflitti e rivalità tra paesi. Colonie vincolate a
partecipazione a commercio internazionale. Es Cameroon, colonia tedesca il cui mercato è
guidato da imprese ma amministrazione politica da stato.

La Belle époque è un termine coniato dopo la Prima guerra mondiale per descrivere il contesto
del “prima” come migliore. Per certi versi è così, data la quasi totale assenza di guerre, la forte
prosperità e la continua integrazione dei mercati. Tuttavia, è un periodo che presenta anche
numerose crisi “cicliche” in molti i settori che hanno portato i paesi a dubitare dei vantaggi del
sistema liberale. L’economia globale di questo periodo, la cui finanza lega gli stati tra di loro, è la
causa della forte diffusione capillare delle crisi. Inoltre, la progressiva integrazione dei prezzi dei
mercati e delle merci, del sistema monetario e dei flussi migratori globali definiscono il grande
sistema unitario a causa del rallentamento della produzione e del ripensamento alle regole del
gioco. In un contesto dove la leadership industriale del Regno Unito è contesa tra nuove
industrie sempre più competitive dei paesi emergenti, alcuni stati preferiranno adottare un
comportamento “protezionista” o “imperialista”. Il primo viene applicato per proteggere la
propria industria e permettere l’aumento della concorrenza interna, dunque un incentivo per lo
sviluppo industriale di ogni nazione. Verrà adottato solo dai paesi che presentano un completo
dominio della produzione in molti settori importanti (come la Germania e gli Stati Uniti, ma
anche Italia, Francia e Svizzera). Il secondo orientamento ideologico, invece, spingerà sempre più
paesi a ricercare terre vergini per gli investimenti (“scramble africano”). Secondo Hobson, questo
tipo di imperialismo presenta come novità l’intervento dello stato nella gestione amministrativa
della colonia, lasciando alle imprese quella produttiva.

5. Perché il ripristino delle dinamiche della globalizzazione ottocentesca fallisce fra le due guerre
mondiali e che alternative vengono messe in campo economico
 In parte la causa del fallimento dei tentativi di ristabilire la globalizzazione è dovuta ai trattati
di pace, nei quali gli Stati Uniti non vollero assumersi il ruolo di nuovo leader economico e
finanziario (erano la potenza più forte ma non lo sapevano) perché non volevano lasciare la
propria industria nelle mani della finanza (differenza Wall Street e la City). La leadership
finanziaria dovrà ancora una volta assumerla la sterlina che, debole com’è, non riuscirà a
sorreggere il sistema
 Altro errore è stato quello di scaricare tutta la colpa sulla Germania (distrutta, inflazionata,
indebitata) e di farsi ripagare da lei. la restaurazione dei paesi dipendeva da quelli sconfitti, cosa
che li spinse a dovere attuare un surplus di produzioni per potere ripagare i debiti (Germania
superdopata)  andò a creare squilibrio all’interno della produzione degli altri paesi
 Gli anni 20 sono caratterizzati dal continuo tentativo di ritorno alla situazione della
globalizzazione ottocentesca precedente alla Prima guerra mondiale. Dopo la guerra, gran parte
dei paesi che vi hanno partecipato ne escono indebitati, distrutti, pieni di inflazione, sgravo
fiscale, mancanza di potere d’acquisto. Nonostante ciò, la creazione delle organizzazioni
internazionali (LoN e camera del commercio internazionale) punterà durante tutto il dopoguerra
all’eterno ritorno della globalizzazione ottocentesca. Il piano Dawes, infatti, servirà a ridare alla
Germania la possibilità di ristabilire la propria moneta, e gli accordi di Locarno le permetteranno
di accedere alle organizzazioni internazionali. Così, nel 1946, viene applicata una restaurazione

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monetaria internazionale tramite il Gold Standard Exchange, un nuovo sistema monetario
internazionale che ricalca il modello precedente (ovvero il Gold Standard). Per ritornare
all’integrazione dei mercati, i paesi non trovano altre soluzioni se non quella di ristabilire lo
stesso sistema e contare sulla convertibilità della sterlina, nonostante sia diventata una moneta
estremamente debole e svalutata. Purtroppo, l’applicazione delle vecchie regole nella speranza
di fare ripartire il commercio sarà vana, poiché il Gold Standard fallirà dopo soli 5 anni (nel 1931)
a causa del Crash di Wall street e alla grande depressione, durante la quale la sterlina non sarà
abbastanza forte da reggere il sistema.
 In alternativa a ciò, durante gli anni 20 nasce il pensiero di Keynes basato su una nuova
politica monetaria eterodossa che viene lentamente adottata da tutti i paesi al fine di uscire dalla
crisi della Grande Depressione. Keynes si dimostrò fin da subito contro le politiche ortodosse
(che praticavano la deflazione e l’aumento di crediti tramite rigide restrizioni monetarie) e
propose l’intervento dello stato al fine di svalutare la moneta. Secondo le sue politiche, la
sterlina sarebbe dovuta subito uscire da Gold Standard Exchange, lo stato avrebbe dovuto
stampare moneta e immettere liquidità nel sistema in modo da svalutare la moneta e tornare ad
essere competitivi nel commercio. Nel suo trattato, infatti, si denota come la domanda possa
essere fatta ripartire attraverso gli incentivi dello stato e il suo nuovo ruolo di moltiplicatore.
 Queste politiche monetarie vennero adottate dagli Stati Uniti nel New Deal (Roosevelt), dalla
Germania (tramite un forte Keynesismo militare), dall’Italia, dall’Inghilterra (Conferenza di
Ottawa e autarchia all’inglese), dal Giappone (espansione imperiale).
 Stato pianificatore, capitalismo commerciale senza dinamiche ottocentesche, clearing,
accordi bilaterali e baratto

*Le conseguenze del conflitto hanno portato alla fine delle valute affidabili, all’iperinflazione e
l’assalto ai mercati da parte dei pasi con le monete più svalutate, alla chiusura di porti, reti
commerciali e patterns internazionali. Inoltre, il settore agricolo e industriale è stato
pesantemente colpito dal cambiamento della domanda di produzione (il cui surplus di
produzioni industriali sarà un pesante fardello da smaltire nel dopoguerra). I flussi di migrazione
sono momentaneamente bloccati (causando ulteriori crisi nei pasi con bisogno di manodopera e
quelli che la inviavano) e l’economia leader economica e finanziaria è più indebitata che mai.

*Gli anni 20 si focalizzano sul tentativo di ritornare alla situazione di benessere economico e di
interconnessione tra i mercati alla base della globalizzazione ottocentesca. Nel primo
dopoguerra, infatti, per porre rimedio al grande disastro economico, all’inflazione, agli assalti ai
mercati internazionali e al debito pubblico, vengono create due nuove organizzazioni (League of
Nations e camera commerciale dei mercati) che tenteranno di ripristinare il sistema di mercati
precedenti. Il piano Dawes permetterà alla Germania di cambiare moneta e stabilizzare il proprio
livello di inflazione. Viene così riammessa nelle organizzazioni internazionali grazie agli accordi di
Locarno, a seguito dei quali verrà introdotto un nuovo sistema monetario internazionale, il Gold
Standard Exchange. Tuttavia, a causa della debolezza della sterlina e dello squilibrio nella bilancia
dei pagamenti inglesi, il tentativo di ristrutturare il sistema monetario internazionale fallirà dopo
soli cinque anni. Questo porterà a gravi squilibri monetari e alla fine di tutti gli accordi
multilaterali tra i paesi. Inoltre, con la crisi del 29’, la speranza di ritornare al modello di
globalizzazione precedente verrà totalmente distrutta, e il ruolo dello stato come pianificatore e
accordatore dell’economia emergerà sempre di più nel nuovo contesto di capitalismo industriale
degli anni 30.

6. Dinamiche che hanno influito sul fallimento di ristabilire la globalizzazione.


 Primo contraccolpo: squilibri produttivi (agricoli e industriali), economici (debiti pubblici),
monetari (inflazione), distruzione, restaurazione, fine valute affidabili, commercio

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internazionale, flussi migratori. Produzione economia stato come spin off e grand fardello da
smaltire. Nuovo ruolo stato come pianificatore, organizzazioni internazionali per gestire materie.
Tentativo di ristabilire globalizzazione ottocentesca (LoN e camera del commercio
internazionale) tramite restaurazione sistema monetario internazionale (GSE) con convertibilità
in sterlina
 dinamiche di ristabilimento libero scambio, accordi multilaterali e reti commerciali che
durano tutti gli anni 20. Ma la sterlina è troppo debole
 Il crash di Wall Street e la seguente grande depressione del ’29 causano severi squilibri ai
quali il fragile sistema monetario non reggerà. Gli stati agiranno in ritardo e sprovvisti degli
strumenti necessari (mancano gli automatismi che c’erano stati finora). Crescita dell’inflazione e
della stagnazione (domanda bloccata). Tassi interesse toccati dal rialzo, crisi che si espande in
tutto il globo
 Fallimento del GSE, fine scambi. secondo contraccolpo
 Arrivo pensieri di Keynes, gli stati agiscono in maniera autarchica ed eterodossa. Lo stato
prende un ruolo sempre più centrale, pianificatore e gestore degli scambi. c’è ancora capitalismo
capitale ma senza tutte le dinamiche ottocentesche. Nascono accordi bilaterali (clearing) o
baratti.

- La Prima guerra mondiale fu un vero e proprio contraccolpo (backlash) per la globalizzazione e


dimostrò come quest’ultima non fosse un qualcosa di irreversibile.
- Le conseguenze furono drastiche: gli stati si ritrovarono distrutti, indebitati, ciascuno con la
propria moneta debole, svalutata, in uno scenario travolto dall’inflazione ma non solo. La guerra
anche mise fine alle valute affidabili, ai patterns di commercio e alle reti di scambi, costringendo
i paesi a ripensare alle logiche liberali.
- Creò squilibrio nella produzione industriale per via dell’alta domanda militare che aveva
costretto ogni paese a incanalare il proprio sforzo produttivo verso un’economia di guerra.
Questa dinamica da un lato costituì uno spin off per molti settori tecnologici, dall’altra divenne
un fardello pesantissimo da smaltire in periodo di pace, soprattutto nel tentativo di convergersi a
un’economia di pace. Colpì il settore agricolo per via del calo demografico e mise fine ai flussi
migratori
- Nonostante ciò, le nuove organizzazioni internazionali che nacquero in questo periodo (LoN e
camera del commercio internazionale) tentarono di ristabilire la globalizzazione di un tempo.
Infatti, gli anni 20 furono interamente dedicati al tentativo di ricostruire tutte le reti di scambio
multilaterale, di libero mercato e commercio internazionale del periodo prebellico.
- In primo piano, con il piano Dawes si tentò di aiutare la Germania a ristabilire il proprio sistema
monetario per poterla finalmente riammettere nelle organizzazioni internazionali (grazie agli
accordi di Locarno) a seguito delle quali si cercherà di ridare vita, ricalcando le orme del vecchio
sistema monetario internazionale, al Gold Standard Exchange (nel 1926). Purtroppo, dopo soli
cinque anni, fallì. La sterlina, ovvero la moneta che avrebbe dovuto reggere il sistema monetario,
era ancora troppo debole per farlo. Dunque non appena ci fu il crash di Wall Street e la seguente
grande depressione del 29’, tutti gli automatismi e gli strumenti per porre rimedio alla crisi
vennero a mancare. Il fragile sistema non resistette, e nel ‘31 la sterlina fu costretta a
interrompere la convertibilità.
- La grande depressione venne considerata come il secondo contraccolpo per la globalizzazione
ottocentesca poiché causò gravi ondate di inflazione e stagnazione dovute agli interventi
nazionalistici degli stati. Con la domanda bloccata e i tassi di interesse toccati dal rialzo, la crisi si
diffuse radicalmente in tutto il globo causando la fine di ogni tipo di scambio e relazione
internazionale.
- Con le nuove teorie di Keynes, poi, gli stati abbandonarono una volta per tutte il tentativo di
ricostruire un sistema monetario internazionale e cominciarono ad agire in maniera autarchica
ed eterodossa. Lo stato assunse in questi anni un ruolo sempre più importante, diventando

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pianificatore e gestore di ogni scambio commerciale, i quali si ridussero ad accordi bilaterali o di
baratto

Il primo conflitto mondiale è stato definito come primo “backlash” della globalizzazione.
All’uscita della guerra, gli stati si ritrovano economicamente stabilizzati, con forti squilibri
economici, inflazionistici, e pieni di debiti pubblici. Gli anni 20, infatti, sono incentrati sul
tentativo di ristabilire il libero mercato, la prosperità industriale e gli accordi multilaterali tra
stati. Purtroppo, sia le nuove organizzazioni (LoN e camera del commercio internazionale), sia il
sistema monetario del Gold Standard Exchange falliscono dopo pochi anni. A causare la grande
depressione del 29’, sono gli impatti negativi nel reparto finanziario (a stretto contatto con
quello bancario) e il surplus di produzione industriale americana che si trasferisce in borsa
sottoforma di bolle speculative. La Bank of England si ritrova sprovvista degli strumenti per
mettere fine alla crisi, essendo la sterlina ancora troppo debole per reggere il sistema (motivo
per il quale si mette fine alla sua convertibilità nel ‘31). Inoltre, la Federal Reserve agisce in
maniera particolaristica e spinge tutti i paesi legati al sistema a innalzare le proprie tariffe
doganali, portando la crisi a peggiorare sempre di più. L’aumento della stagflazione causata dalla
mancanza di potere d’acquisto da parte dei consumatori sancisce la fine totale di ogni rapporto
multilaterale, del libero mercato, della stabilità monetaria, della prosperità economica e
l’impossibilità di ritorno alla globalizzazione ottocentesca. Tutto questo viene confermato con
l’intervento delle teorie di Keynes e il progressivo aumento della nazionalizzazione negli stati che
sfoceranno nel secondo conflitto mondiale.

7. il miracolo economico del 1945 (cap. 8)


 Dopoguerra, trentes glorieuses, sistema di Bretton Woods, nuove regole del gioco basate
sulla cooperazione internazionale tra gli stati. Si punta a una società di massa basata sul
consumo e sul benessere
 Lo stato regola il mercato, scambi, abbassamento tariffe doganali, si gettano le basi per futura
globalizzazione
 Fine scambi bilaterali, approccio a multilaterali. Tre istituzioni per la governance economica:
FMI, GATT, IBRD
 L’egemonia americana: leadership monetaria (è il dollaro a capo del sistema monetario),
leadership industriale (ERP e Piano Marshall)
 Ricostruzione europea: senza ricompiere errori primo dopoguerra, rapida, a livello
continentale
 Usa: forniscono capitali, prestiti, investimenti, merci. Tutto per ottenere mercato di sbocco,
flusso dollaro e influenza (guerra fredda)
 Europa: nascita economia mista
 Cammino europeo: Ceca, Trattati di Roma, tariffa unica

“Les trentes glorieuses” sono un periodo di pace e prosperità economica situato dopo il secondo
conflitto mondiale. Con l’introduzione del sistema di Bretton Woods viene finalmente
abbandonato ogni tentativo di ritorno al vecchio modello di globalizzazione. A conferma di ciò, le
nuove regole del gioco si focalizzano esclusivamente sulla cooperazione tra gli stati. L’obiettivo
principale di queste dinamiche è di creare una società di massa basata sul benessere e il
consumo. Attraverso la forte presenza dello stato nella regolamentazione del mercato e degli
scambi si ottiene un progressivo aumento dei redditi e del benessere, che porta
all’abbassamento delle tariffe doganali. Il tutto viene coordinato dal paese più egemone, gli Stati
Uniti, che conquistano la leadership finanziaria e industriale a livello globale, guadagnandosi in
cambio una valvola di sbocco alle proprie produzioni, e una maggiore influenza nel contesto
della guerra fredda. Di conseguenza, il dollaro diventa la moneta centrale per gli scambi
internazionali. In più, grazie al Piano Marshall (ERP) si assumono l’onere di essere il principale

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attore nella ricostruzione europea. Vengono così ristabiliti gli accordi multilaterali (quelli
bilaterali erano ormai considerati inadatti) sulla base dei quali nascono tre organizzazioni
internazionali volte alla gestione economica e all’integrazione dei mercati e degli affari tra gli
stati (FMI, Banca Mondiale, GATT). L’Europa viene ricostruita in fretta per permettere il ritorno
del mercato, si evitano gli errori compiuti nel primo dopoguerra e si attua un sistema di
“economia mista” nel quale imprese pubbliche e private si spartiscono i settori di produzione.
Infine, per un totale consolidamento dei rapporti europei, vengono create la Ceca (per la
spartizione organizzata di risorse primarie), il mercato unico (come visione politica per
condividere le merci) e la coordinazione delle tariffe doganali.

8. Spiegare il Gold standard e il periodo in cui si è sviluppato (cap. 3)


 Nasce in un periodo di forte integrazione di mercati, libero scambio, piena globalizzazione
 Tutto ciò fu la conseguenza di una volontà politica centrale, quella del Regno Unito, che
tramite la sua banca diventa il centro monetario economico e coordina tutte le attività
finanziarie
 Per guidare il mercato, il Regno Unito si rende conto che c’è bisogno di un sistema monetario
internazionale con una regola comune volta alle transazioni degli scambi. Grazie al Gold
Standard, infatti tutte le monete possono essere convertite in oro a cambi fissi. Diventa un
sistema fondamentale per misurare il valore relativo delle merci nei diversi paesi.
 Alle monete viene garantito il proprio valore dall’autorità monetaria come corrispettivo in
oro. La bank of England, infatti, si carica del compito di assicurare la conversione in oro delle
monete.
 Il valore dei prezzi è legato alla massa monetaria, ossia alle riserve di oro della banca centrale.
Ciò vuol dire che bisogna detenere oro per scambiare.
 è un sistema molto più affidabile e solido poiché l’oro possiede un valore stabile (al contrario
dei sistemi bimetallici).
 L’equilibrio del Gold Standard è garantito dalla presenza di un’economia leader (la City) che
coordina tutto tramite la cooperazione tra le banche centrali e la partecipazione di paesi con
un’economia interna sana (priva di debiti) aperta al libero mercato e disposta a rinunciare a
parte della propria libertà monetaria per prendervi parte.
 Le operazioni di bilanciamento macroeconomico vengono gestite attraverso l’innalzamento o
l’abbassamento del tasso di interesse

9. Lo sviluppo dei paesi europei nell’800 e la differenza da quello inglese (cap. 2)

I paesi detti “late comers” hanno seguito dei modelli di sviluppo industriale diversi rispetto a
quello dell’Inghilterra. Geschenkron studiò l’evoluzione di queste nazioni a partire dalla loro
arretratezza, dimostrando come essa influisse in maniera diversa in base al tipo di paese.
Secondo gli studi, gli stati misero in atto una serie di fattori quantitativi, che permisero a quelli
più arretrati di crescere più intensamente. A questi si aggiunsero dei fattori sostitutivi, ossia dei
modelli che permisero un’industrializzazione più rapida. Per consentire i due tipi di fattori ogni
paese ha dovuto importare le tecnologie e le innovazioni già esistenti all’estero (vantaggio
perché non hanno dovuto affrontare la gradualità della rivoluzione). Inoltre, hanno avuto
bisogno di capitali per finanziare la propria crescita e di manodopera disponibile subito. A
seguito di ciò, Geschenkron individuò tre principali fattori sostitutivi: La banca mista, ossia una
banca in grado di prestare soldi e di ottenerli indietro in tempi più lunghi. Questo tipo di banca
assunse un ruolo performativo quando anche le vecchie banche decisero di agire in questo
modo per investire nell’industria (fondendo il Crédit mobilier e la banca commerciale). Lo stato,
che permise un passaggio veloce a una società urbana, consentì la creazione di un mercato
industrializzato (Zollverein o Code Minier) e lo sfruttamento delle materie prime e investì nella
cultura e nell’istruzione per potenziare l’innovazione delle tecnologie (scuola degli ingegneri).

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Infine, c’è l’ideologia industriale, una corrente di pensieri talmente convincenti da riuscire a
persuadere le classi dominanti che investire nell’industrializzazione fosse uno sforzo
propedeutico al raggiungimento di una società evoluta, basata sul benessere e sulla ricchezza
economica (Saint-Simoniani). La proposta di Geschenkron fallì perché non individuò l’esatto
anno del big spurt nei diversi paesi. In realtà lo sviluppo avvenne a livello regionale e non in
maniera omogenea in tutte le nazioni (Pollard). Furono paesi dallo sviluppo variegato, dove
l’industrializzazione avvenne in contesti che, diversamente dal modello inglese, non
esprimevano livelli di salari equiparabili, né un mercato interno che garantisse uno sbocco alla
produzione industriale. Molti paesi si industrializzarono senza raggiungere i livelli inglesi, senza
poggiare su mercati nazionali o internazionali (non possedendo colonie come riserva di materie
prime o mercati di sbocco) altri ancora non possedevano nemmeno le materie prime o modelli
di lavoro che permettano la messa in atto del labour saving.

*Rostow afferma che ogni paese segua dei determinati stadi di sviluppo industriale (come nel
modello inglese) fino a raggiungere un take off, dal quale avrà un’esplosione di produzione
talmente grande da trasformarlo in una società di massa,

10. Spiegazione di BW, fine e conseguenze a livello internazionale (cap. 8, 9)

Il sistema di Bretton Woods nacque dopo il secondo conflitto mondiale per regolare gli scambi
economici tra i paesi. Basato sulla cooperazione delle nazioni al fine del raggiungimento di una
società di massa e del benessere, il nuovo sistema dettò le regole per una corretta integrazione
dei mercati sotto la direzione dello stato, abbassando le tariffe doganali, ricreando il commercio
internazionale e gettando le basi per una futura ri-globalizzazione. Sancì la fine dei sistemi
bilaterali (considerati inefficienti), e lasciò che tre nuove istituzioni basate su accordi multilaterali
gestissero l’amministrazione economica internazionale di quasi tutti i paesi (FMI, IBRD e GATT).
Fu un sistema che resse grazie alla forte leadership industriale e monetaria del paese più
egemone, gli Stati Uniti; attori fondamentali non solo del sistema monetario internazionale, ma
anche del Piano Marshall (ERP) volto alla ricostruzione europea. Tuttavia, fu proprio l’elemento
monetario, il dollaro, a causare lo squilibrio centrale del sistema. Con la progressiva crescita dei
“dollar gap” (fase in cui la quantità di dollari a disposizione non è sufficiente a soddisfare la sua
richiesta nell’economia internazionale), gli Stati Uniti si ritrovarono costretti a interrompere la
convertibilità in dollaro negli anni 70 per via della tensione formata tra gli interessi nazionali e
internazionali del sistema. La moneta si svalutò e spinse i diversi paesi alla caccia di riserve
alternative all’oro. Ciò ebbe gravi conseguenze per gli assetti internazionali: i paesi rallentarono
la crescita, subendo una forte destabilizzazione monetaria, che peggiorò con il primo shock
petrolifero. Alla crisi si tentò di rispondere in maniera “keynesiana”, ovvero investendo nello
stato sociale, ma ciò non fu sufficiente. Così nacquero i nuovi approcci neo-liberalisti della
“scuola di chicago”, volti alla riduzione degli interessi, al debito e alla domanda bloccata tramite
le politiche di supply-side (nelle quali si cercò di riattivare il mercato tramite l’aumento di
competizione tra le imprese). Queste nuove teorie sancirono la deregolamentazione del mercato
e la privatizzazione dei settori. Per far fronte agli squilibri monetari causati dalla fine del sistema
di Bretton Woods, i paesi europei crearono il sistema monetario europeo (SME), che permise
una prima stabilità degli scambi, la creazione di un mercato unico, il controllo sull’inflazione sul
debito. Infine, con il trattato di Maastricht, a nacque l’Euro.

*In primo piano, la FMI si occupò di coordinare il sistema monetario internazionale (basato sul
dollaro), correggendo i suoi eventuali squilibri. Poi la IBRD si occupò di mantenere la logica dei
finanziamenti multilaterali. Infine, il GATT aveva lo scopo di ridurre le tariffe doganali.

11. Big business americano (cap. 4)

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Durante la seconda Rivoluzione Industriale gli Stati Uniti sviluppano un nuovo sistema
organizzativo, produttivo e sociale. La creazione di queste imprese sempre più grandi interessa la
compresenza di vecchie e nuove tecnologie. Tuttavia, per aumentare la taglia delle vecchie è
necessario accrescere l’intensità di manodopera, dunque i costi di produzione (es tessile). Nelle
nuove tecnologie, al contrario, è possibile applicare un fattore totalmente nuovo: l’economia di
scala, ossia la riduzione totale costo di produzione tramite migliori investimenti nei processi
produttivi, nell’organizzazione delle materie prime e della manodopera. Ciò è possibile perché
queste tecnologie sono portatrici di capitali. Al fine di conseguire un’efficiente applicazione
dell’economia di scala bisogna sapere gestire i flussi di entrata e di uscita delle merci tramite
l’applicazione di un’economia di flusso. Secondo Chandler, infatti, il successo americano è dato
dall’efficace applicazione di un triplice investimento: economia di scala e diversificazione,
marketing e management. I first movers intuiscono come applicare questo modello organizzativo
e creano le imprese moderne, mentre i late comers capiscono i vantaggi di questi investimenti e
li usano per fondare un mercato oligarchico. Ci sono tre aspetti specifici nel big business
americano: il mercato (domanda, alto reddito consumatori, società di massa), la R&D (per
sviluppare sempre più innovazioni e tecnologie complesse), e l’organizzazione del lavoro
(organizzazione manodopera, fordismo). Inoltre, gli Stati Uniti sono passati da una forma
Multifunzionale (poca diversficazione prodotti, standardizzazione, poca complessità) a forma
Multidivisionale (tanta diversificazione e concorrenza, dunque ricerca di innovazioni). Il fattore
sostitutivo che permette il big business americano è la banca d’affari, ovvero un tipo di banca
diverso da quella mista perché investe nel mercato tramite l’acquisto di azioni alle imprese. Le
imprese, infatti, si autofinanziano tramite la vendita di azioni alle banche, che funzionano da
intermediario tra le imprese e il mercato azionario. Nasce così il capitalismo competitivo (tramite
la legge antitrust) che spinge le imprese a competere liberamente tra di loro

* I marginalisti: la curva del valore di ogni produzione: più è utile, più aumenta il suo valore
(riferendosi alle nuove tecnologie della seconda rivoluzione industriale)
* Capiscono che per organizzare le nuove tecnologie bisogna porre un modello amministrativo
industriale adeguato alla loro taglia (dunque cominciare in grande). *Perché proprio gli Stati
Uniti: possedevano meccanizzazione e standardizzazione (ha permesso sviluppo fabbriche come
ford, che ha portato a sistemi labour saving, aumento reddito, aumento consumi, aumento
produzioni), popolazione come Europa ma con mercato nazionale più libero, ricerca scientifica e
ruolo istruzione, Guerra civile (prima guerra industriale) come spin off per settori moderni

12. Perché i paesi del 3 mondo non si sono sviluppati come gli altri durante la crescita economica
del secondo dopoguerra (cap. 8)

 I motivi per cui i paesi del terzo mondo non si svilupparono durante la crescita economica
hanno radici molto antiche, risalgono più o meno all’imperialismo
 Durante la globalizzazione e lo sbocciare delle interconnessioni globali ottocentesche, questi
paesi dovettero partecipare alle reti di scambio in maniera involontaria. Molti di essi, infatti,
divennero colonie dei paesi più sviluppati che ricercavano in loro risorse primarie per la
produzione a basso prezzo (in un periodo di forte protezionismo). Ciò diede vita a un
imperialismo di tipo economico (Hobson) nel quale le imprese intervenivano per farei i profitti
produttivi e gestire il mercato mentre lo stato si incaricava di amministrare la colonia senza
permetterle uno sviluppo industriale.
 Il divario tra i paesi più sviluppati, che avevano goduto di una forte industrializzazione grazie
ai paesi sottosviluppati, divenne sempre più esteso, anche dopo la decolonizzazione politica
(differente da quella economica).

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 I dati sottolineano come lo sfruttamento di risorse primarie (minerarie e agricole) fosse
drasticamente aumentato durante i conflitti mondiali (per fare in modo che le reti di merci
continuassero ad affluire nonostante la sospensione del libero mercato) e anche dopo la
decolonizzazione
 Dopo i conflitti mondiali, infatti, gli imperi cominciarono ad essere progressivamente
smantellati, e molti di queste ex-colonie continuarono a partecipare agli eventi globali anche
nella guerra fredda, scegliendo di seguire i modelli occidentali o sovietici.
 Purtroppo, non tutti i paesi ebbero l’opportunità di svilupparsi. Salvo alcune eccezioni come la
Cina e la Corea del Sud, che basarono la propria crescita sulle esportazioni non solo primarie
(dunque anche tecnologie e innovazioni), molti ebbero un breve periodo di sviluppo ma si
bloccarono per vari motivi e non riuscirono più a ripartire
 Paul Bairoch studiò il fenomeno e determinò l’impossibilità di applicare la teoria dei fattori
sostitutivi di Geschenkron nello sviluppo dei paesi più arretrati. Purtroppo, questi dimostrano
carenze istituzionali e strutturali (essendo paesi anche giovani) e un ritardo tecnologico troppo
grande (non può essere recuperato nemmeno importando le tecnologie perché sono troppo
avanzate e complesse) da impedire loro ogni tipo di sviluppo accelerato della produzione
industriale o economica per rimettersi al passo con gli altri.

Dopo la caduta del muro di Berlino e la fine del Blocco Sovietico, le nuove relazioni internazionali
coinvolgono un nord particolarmente prosperoso e sviluppato e un sud arretrato nel quale si
cominciano a coniare i paesi del “terzo mondo”. Non riuscendo a godere degli accordi
multilaterali, questi stati non ebbero l’opportunità di svilupparsi, sebbene ciò non voglia dire che
non ci siano stati tentativi di industrializzazione. Paul Bairoch ipotizza che in questi paesi non sia
possibile applicare le teorie di Geschenkron sullo sviluppo dei paesi arretrati tramite i fattori
sostitutivi. Questo è dovuto a varie dinamiche di natura qualitativa che hanno frenato le loro
attività economiche. In primo piano, hanno un ritardo estremamente grande, dunque le nuove
tecnologie sono troppo avanzate, difficili da importare e da utilizzare. Inoltre, sono paesi
relativamente giovani che soffrono di carenze strutturali e istituzionali. Tutte queste
problematiche alla base del mancato sviluppo sono riconducibili al periodo imperiale, durante il
quale i colonizzatori sfruttarono le risorse primarie delle colonie per svilupparsi ed arricchirsi
senza dare modo ai paesi arretrati di industrializzarsi. I dati suggeriscono come l’aumento dello
sfruttamento delle risorse si sia intensificato durante i conflitti mondiali e anche dopo
l’indipendenza politica (che non ha determinato un’indipendenza economica). Durante la
crescita economica del secondo dopoguerra, le ex-colonie cominciano a cadere sotto l’influenza
occidentale o sovietica e partecipano in maniera autonoma agli eventi internazionali (senza
necessariamente riuscire a industrializzarsi). Alcuni di loro dimostrano fenomeni di recupero
industriale in questo periodo, altri purtroppo, dopo una fase iniziale di tentativi di sviluppo,
rimangono bloccati senza riuscire a seguire il passo dei paesi industrializzati. A.H. Amsden nel
suo studio analizza quattro tipi di paesi economicamente arretrati: stating behind, stumbling
back, sneaking up e soaring ahead.

13. Dagli anni 80 in poi l’economia Europa e americana furono interessate da una svolta “neo-
liberalista”. Di cosa si tratta e quali sono le principali trasformazioni economiche in atto? (cap. 9)

 Negli anni 80, il sistema di Bretton Woods entra in crisi e l’applicazione delle politiche di
matrice “keynesiana” non saranno più applicabili. Insorgo numerosi squilibri nell’oscillazione dei
prezzi che bloccheranno lo sviluppo e aumenteranno la stagflazione.
 Tra le cause di questo squilibrio c’è il dollaro stesso, ovvero la moneta alla base del sistema
monetario internazionale. Insorgono i primi “dollar gaps”, dovuti alla differenza tra le riserve
auree di dollaro a disposizione e quelle necessarie per sostenere l’intero sistema. Si creano
tensioni tra gli interessi nazionali degli Stati Uniti e quelli internazionali del sistema di Bretton

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Woods. Poi, nel 1971, il presidente Nixon decide di interrompere la convertibilità in dollaro,
sciogliendo così il sistema di Bretton Woods.
 Poi, con il primo shock petrolifero, avviene una totale destabilizzazione economica in tutti i
paesi dipendenti dal mercato del petrolio. La crescita rallenta ancora e, nel tentativo di
nazionalizzare i settori, non si riesce a ridurre l’inflazione
 In questo ambito nasce il pensiero neo-liberalista nella “scuola di Chicago”. Le loro idee sono
orientate al risolvimento dell’inflazione e del deficit spending. L’intervento dello stato in
economia diventa inefficiente poiché investe troppo nei settori più strategici attraverso
l’aumento del debito pubblico e degli interessi. Ciò incrementa il tasso di stagnazione, inflazione
e le successive crisi dovute agli squilibri nella bilancia dei pagamenti.
 Secondo Friedman bisogna instaurare delle politiche di “supply side” per fare in modo che lo
stato si ritiri dall’economia e lasci spazio alla libera competizione tra le imprese. Solo così i prezzi
torneranno ad abbassarsi e la domanda potrà essere riattivata grazie al potere d’acquisto dei
consumatori (svalutazione competitiva).
 Inoltre, bisogna tenere conto che la completa occupazione dei posti di lavoro è diventata una
“chimera”, dunque qualcosa di irraggiungibile. Ogni stato possiede, infatti un tasso di
disoccupazione naturale.
 La nuova ideologia neo-liberalista, al contrario dei pensieri di Keynes, sottolinea che, per fare
ripartire la domanda, bisogna partire dall’offerta. Dunque, è bene controllare l’inflazione se si
vuole far crescere l’economia
 Questo sistema verrà adottato da Reagan che aumenterà il tasso di interesse e il valore del
dollaro, causando l’aumento delle forbici sociali e della povertà. Con questa decisione, d’altra
parte, si potrà conseguire un efficace controllo del tasso di inflazione
 Anche le politiche della Tatcher faranno uso di questa ideologia. In Inghilterra, infatti, tutte le
imprese pubbliche saranno privatizzate al fine di ridurre lo sgravo fiscale. Persino in Francia, in
Italia e nell’Est Europa molte imprese vengono privatizzate
 Infine, anche l’Europa prenderà questo nuovo sistema come esempio e agirà per sulla base
delle svalutazioni competitive per coordinare sia le banche che il sistema monetario e dare vita
al sistema monetario europeo

14. In cosa consiste la globalizzazione ottocentesca? Spiega le sue caratteristiche e le dinamiche


storiche (cap. 3)

 Globalizzazione ottocentesca corrisponde a interconnessione di mercati, accordi multilaterali,


libero scambio, guidato da produzione industriale che spinge sempre più paesi a esportare e
importare per svilupparsi
 La globalizzazione, seppure regolata da automatismi nasce una volontà politica ed economica
del paese più egemone, il Regno Unito
 Processo iniziato dall’Inghilterra e dalla sua lenta rivoluzione industriale (cambiamenti
agricoli, urbanizzazione, crescita capitali, aumento PIL e economia moderna, fenomeno non
endogeno e graduale con crescite regionali e settoriali molto alte, nuove tecnologie con filiere di
innovazioni a cascata, nascita fabbriche, transizione a demografia moderna) con vari incentivi
tipici di questo paese soltanto (rivoluzione agricola, abbandono settore primario, trasporti e
ferrovie, coal economy, ruolo stato e potenza imperiale, libero scambio nel commercio,
protoindustria e POS, imprenditorialità e labour saving)
 Dinamiche che si sono trasferite anche tra i late comers (che si sono sviluppati in maniera
diversa tramite fattori sostitutivi)
 Polanyi studia i tre pilastri della globalizzazione: Libero scambio (approccio iniziato dagli UK
con abolizione corn laws e diffuso tramite abbassamento tariffe doganali nel patto Cobden
Chevalier MFN), nel quale lo stato si impegna a non intervenire nel mercato. Poi c’è haute

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finance e gold standard (consolidamento rapporti internazionali tramite sistema monetario che
vale per tutti al fine di facilitare scambi tramite conversione monete in oro)
 Tutto questo è possibile grazie a un’economia e industria leader che coordina il tutto, la City
(e me usufruisce) grazie a banche che si organizzano (autonome ma cooperative) e paesi con
economia sana, liberali, che siano disposti a rinunciare a parte delle proprie libertà di
movimento per perseguire questo obiettivo
 Interconnessione talmente forte che porterà a sviluppo infrastutturiale, tecnologico e ferrovie
per il trasporto e connessione

Alla base della globalizzazione ottocentesca abbiamo l’interconnessione dei mercati. Grazie al
libero scambio, infatti, tutti i paesi sono stati in grado di instaurare accordi internazionali tra di
loro al fine di creare un’efficace rete di commercio di beni e merci con tassi di interesse
bassissimi. Questo nuovo tipo di mercato si regola su automatismi, dunque in maniera
automatica, ma sempre sotto la volontà politica ed economica del paese più egemone di tutti, il
Regno Unito. La connessione dei mercati ha permesso lo sviluppo di infrastrutture, ferrovie e
innovazioni tecnologiche che hanno spinto a tutti i paesi appartenenti a questa rete di
commercio ad industrializzarsi, produrre e crescere economicamente. I pilastri alla base della
globalizzazione ottocentesca sono tre. In primo piano, il libero scambio prevede l’astensione
dello stato di intervenire negli accordi commerciali. Nel 1846, infatti, il Regno Unito abolisce le
Corn Laws, ossia i dazi destinati alla protezione dei propri grani, così la classe dei contadini
sparisce e il paese diventa totalmente dipendente dall’estero per l’importazione di derrate
agricole. La logica del libero scambio si basa sul fatto che ogni paese debba per forza importare
qualcosa dall’estero, e grazie dalle basse tariffe doganali, risulta sempre meno dispendioso farlo.
In più, forma un accordo con la Francia per la “Most Favoured Nation” (Cobden-Chevalier), nel
quale entrambi gli stati si impegnano a facilitare lo scambio tramite la riduzione delle tariffe
doganali. In seguito a questi eventi, tutti i paesi seguiranno l’esempio inglese. Il secondo pilastro
di questo periodo è l’haute finance, ovvero la finanziazione da parte delle banche. Infine, il Gold
Standard diventa il sistema monetario centrale che regola tutti gli scambi. Grazie a questo nuovo
modello, ogni paese può convertire la propria moneta in oro a parità fissa, così commerciare
diventa più semplice. La globalizzazione è dunque resa possibile grazie a una leadership
economica e finanziaria (la City), che, attraverso la cooperazione delle banche per il controllo dei
valori monetari, agisce tra paesi politicamente “sani” e votati al libero scambio

15. La Grande Guerra rappresentò una cesura molto importante nella storia dell’economia
globale. Può spiegare questa affermazione? (cap. 6)

 Primo contraccolpo (backlash) per la globalizzazione ottocentesca. In primo piano, essendo


stata una guerra “industriale” costrinse le imprese a passare da un’economia di pace (volta alla
produzione di beni per il consumo) a un’economia di guerra (volta alla domanda militare,
un’ideologia sganciata dal commercio). Ciò creò gravi squilibri nella produzione industriale
poiché, anche se da un lato rappresentò uno spin off per molti settori (per innovazioni, prodotti,
dimensioni di produzione, di commercio), dall’altro costituì un fardello grandissimo da smaltire
una volta tornati all’economia di pace (ad esempio lo sgabello Alpax). Molti paesi, anche nel
dopoguerra, continuarono a dedicare parte delle spese pubbliche alla domanda militare
nonostante il periodo di pace (War Fare State)
 In secondo piano, mise fine alle logiche liberali, agli accordi multilaterali e all’integrazione
commerciale internazionale. Tutti i patterns di scambio furono stravolti e i flussi migratori
interrotti
 I tentativi di ristabilire la globalizzazione ottocentesca fallirono nel corso degli anni 20, a
seguito dei quali le società videro lo stato imporsi in maniera sempre più importante
nell’economia. Esso controllava i mercati, pianificava le produzioni e organizzava l’allocazione

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delle merci. Già nella guerra il ruolo dello stato aveva cominciato a cambiare, ad esempio, in
Germania (piano Mollerdov e Jidburg) e in maniera più attenuata in Inghilterra (allocazione delle
materie tramite Ministery of Munitions), Francia (imprese sotto la direzione dei ministeri), Italia
(sottosegretariato delle armi, Dallolio, gestiva la produzione militare) e America (War Industry
Board con gestione delle materie simile a quella degli altri paesi)
 Continua ad esserci capitalismo commerciale (seppure costantemente controllato dallo
stato), ma mancano tutte le dinamiche appartenenti alla globalizzazione ottocentesca. Gli stati
fanno accordi bilaterali (con la grande depressione i tassi di interesse sono stati toccati da rialzo,
la crisi si è diffusa nel globo e le logiche liberali sono state completamente distrutte) o baratti.
 Arrivo pensiero di Keynes: approccio a teorie monetarie eterodosse e politiche autarchiche.
Conferma ruolo centrale dello stato in economia.

La Prima guerra mondiale è stata definita “industriale” dal momento in cui ha coinvolto molti
paesi a livello globale con diversi livelli di industrializzazione. Durante questo evento, le
tecnologie e le innovazioni si sono mobilitate molto sotto lo sforzo delle imprese di coordinare
proprie materie al fine di applicarle negli armamenti.
- Fin da subito in molti paesi, l’intervento dello stato diventa una prerogativa essenziale per
l’organizzazione, l’allocazione e la pianificazione della produzione industriale ed economica
(soprattutto negli Imperi). Viene dunque segnata la fine dell’epoca destinata al liberalismo
economico. Fu infatti il primo contraccolpo verso la globalizzazione per via della rottura delle reti
commerciali del periodo precedente
- Di conseguenza, si alterano e vengono ridimensionate le logiche liberali economiche, segnate
dal passaggio da un’economia di pace (basata sulla produzione industriale di beni per il
consumo) a un’economia di guerra (che gira attorno all’incremento della domanda militare).
- Gli investimenti bellici sono svincolati dall’economia di mercato e dalla competitività
internazionale. Da un lato, ciò comporterà un fardello pesantissimo da smaltire nel periodo
successivo, dall’altro unno spin-off per la tecnologia molto importante (nasceranno sbocchi per
le innovazioni tecnologiche)
- Gli Imperi, essendo costretti a cambiare i loro patterns di commercio, non possono più contare
sul rifornimento di materie prime grazie all’aiuto dei paesi che ora sono loro nemici. Perciò
ripensano fin da subito al proprio modello organizzativo per la gestione delle materie prime e
istituiscono il piano Mollerdov e il piano Jurburg, sotto la direzione di Walter Rathenau
(presidente dell’Aeg), nei quali il nuovo ruolo dello stato come pianificatore industriale prende
piede.
- Nei paesi alleati, al contrario, la decisione di introdurre l’autorità statale ritarda parecchio. In
primo piano, il Regno Unito, essendo un paese liberale, non vuole convertirsi a queste nuove
politiche poiché ciò segnerebbe la totale fine del libero scambio. Tuttavia, di fronte alla
superiorità del modello tedesco, è costretto a lasciare la coordinazione industriale al Ministry of
Munition (che non si sostituisce totalmente alle imprese). In Francia, invece, le imprese
rientrano sotto la direzione dei ministeri, mentre negli Stati Uniti interviene il War djdjdj Board.
- Organizzazioni internazionali: permetteranno l’organizzazione dei diversi paesi riguardo gli
scambi
- War fare state: anche dopo la guerra si continuerà ad produrre nei settori militari

16. Quali sono le istituzioni e quali le relative funzioni che regolarono l’economia nazionale dopo
la conferenza di BW? (cap. 8)

Il sistema di Bretton Woods nasce nel secondo dopoguerra e mira al raggiungimento di una
società del benessere, basata sulla crescita e sui consumi, tramite la cooperazione
internazionale. Finalmente non si tenta più di ricreare il vecchio modello di globalizzazione
ottocentesca, infatti gli scambi vengono regolati in maniera efficace dallo stato, che, tramite la

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coordinazione delle tariffe doganali, getta le basi per una futura ri-globalizzazione. Il tutto è
garantito dal paese più egemone, gli Stati Uniti, che si assumono la leadership finanziaria,
industriale ed economica. Dopo avere ridato vita agli accordi multilaterali, nascono dunque tre
istituzioni internazionali in grado di coordinarli. In primo piano, il Fondo Monetario
Internazionale si occupa di regolare gli squilibri della bilancia dei pagamenti. Essendo il dollaro la
nuova moneta utilizzata per gli scambi, questa istituzione si occupa di correggere eventuali
disordini correlati alle riserve auree di tutti i paesi, riuscendo addirittura a captarli a metà anno
(senza attendere il bilancio annuale). In secondo piano, la IBRD, si assicura che le logiche degli
approcci multilaterali vengano rispettate tramite la coordinazione delle banche. Infine, il GATT
(in seguito chiamato WTO), deve coordinare i livelli delle tariffe doganali nei rapporti
internazionali, in modo da permettere a tutti i paesi eguali opportunità di scambi (la politica più
efficace venne applicata nel “Kennedy Round” e permise una crescita del PIL e dei commerci
molto elevata)

17. Quali sono le caratteristiche della politica economica giapponese messe in atto dopo la
restaurazione Meji?
 Il Giappone è rimasto chiuso per secoli. Poi, con la restaurazione Meji e l’arrivo delle famiglie
nobili Zaibatsu, lo stato comincerà a investire nell’importazione e sviluppo di tecnologie e
manderà i giovani a studiare in occidente. Si sviluppa molto nelle tecnologie e nelle innovazioni
 Il primo conflitto mondiale sarà un’opportunità di espansione territoriale
 Cercherà un approccio di commercio con l’America senza successo (Perché durante il periodo
di Roosevelt e il New Deal gli Stati Uniti si approcciano a un sistema politico autarchico), così
ripenserà all’espansione imperiale. Invade la Cina e la Manchuria alla ricerca di risorse primarie.
Applica un notevole sviluppo industriale dedicato allo sforzo produttivo
 Dopo la guerra si riprenderà. Lo stato non abbandonerà il controllo economico. Nascita del
MITI (per gli accordi internazionali) e insieme ai Keiretzu (nuovi Zaibatzu che daranno vita a tutte
le grandi imprese giapponesi di oggi, tra cui la toyota)
 Grazie a questa collaborazione, il Giappone diventa una forte potenza industriale. Durante il
periodo di Reagan e delle sue nuove politiche (che, tramite l’aumento di interesse sul dollaro
avevano aumentato la povertà americana) i prodotti giapponesi vennero guardati con interesse
da parte degli americani (poiché costavano poco ed erano efficienti, esempio di “invasione della
toyota” negli Stati Uniti
 Si crearono forti reti di commercio americano giapponesi che permisero a questo paese di
fare esplodere il proprio export e di accumulare ricchezze (con dollaro come moneta forte).
 Attori giapponesi che cominciarono ad apparire nei settori americani, appropriandosi di
industrie e settori produttivi. Fu vista come una sentinella d’allarme dagli americani, quasi come
se la propria leadership finanziaria fosse minacciata
 I lost 90: gli Stati Uniti fecero pressioni sul giappone affinché aumentassero il tasso di
interesse sullo yen. Questo fenomeno, sommato all’aumento della bilancia commerciale, causò
delle gravi bolle speculative (che colpirono in maniera molto pesante il settore edile)

PRIMA PARTE
- Il Giappone resta chiuso per anni, nessuno può importare o esportare
- Restaurazione dei Meji: una rottura profonda e apertura parziale del mercato con l’estero.
Importazione massiccia di tecnologia, sviluppo, invio di giovani per formarsi in Europa.
- L’industrializzazione: attraverso l’unione tra stato e grandi famiglie nobili imprenditoriali (gli
Zaibatsu) alla base delle imprese.
- Dopo la restaurazione dei Meji c’è una riapertura politica e un risvolto economico. Non è una
riapertura totale: tutto dev’essere fatto tramite partenariati locali (ossia le imprese giapponesi)
SECONDA PARTE

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- Interviene nel primo conflitto mondiale (pur essendo nella periferia) con scopo espansionistico
(per diventare imperiale)
- Ebbe politiche di inflazione molto moderate, perciò esportò molto negli anni 20, poi si ripristinò
il Gold Standard Exchange e tornò ad applicare l’ortodossia monetaria
- Lo sviluppo era avvenuto grazie alla collaborazione tra lo stato e gli Zaibatsu e aveva portato
alla creazione di industrie tecnologiche molto innovative (industria pesante, elettrica e
elettromeccanica, ad alta intensità tecnologica -aviazione)
- Dopo il 1931 e la fine del GSE: tenta di ancorarsi agli USA per gli scambi, ma non ci riesce
perché con il New Deal l’America è tornata a concentrarsi su sé stessa
- Così si orienta verso forme politiche autarchiche (non più ortodosse) e sulla spesa militare
- Avrebbe voluto creare un’espansione commerciale (tramite l’inserimento nel commercio
internazionale per importare ciò di cui aveva bisogno) perciò decise di instaurare una politica
diversa basata sull’espansione militare (Manciuria e invasione della Cina)
- Impone l’imperialismo alla base del quale utilizza politiche autarchiche per attuare
un’espansione territoriale (e assumere le materie prime di cui ha bisogno), si avvicina all’Asse
TERZA PARTE
- Il ruolo del governo nel finanziamento post secondo conflitto mondiale: sviluppo e
ricostruzione basati su ruolo catalizzatore del governo, crescita rapida con alti tassi di
innovazione
- MITI, Ministero del commercio e dell’industria: coordina lo sviluppo del paese, tra
importazione di tecnologie e esportazioni a prezzi alti. All’inizio si basa sull’innovazione
tecnologica tramite imitazione, poi avvia proprio sviluppo tecnologico autonomo
- Tutto poggia su dinamiche di lungo periodo: si formano i Keiretzu (nuove imprese, derivanti
degli Zaibatsu dalle quali si formerà il Toyotismo
QUARTA PARTE
- La grande presenza dello stato gli ha permesso di evolversi, garantendo a tante industrie di
crescere: esplosione delle imprese come conseguenza
- Toyotismo: diverso da fordismo. Strutture più flessibili con competizione tra fornitori e diverse
fabbriche che partecipano, agilità in costruzione finanziaria (no stock), innovazione del sistema
giapponese (ingegneri, uffici di ricerca e sviluppo e operai)
- Politiche monetarie di Reagan: opportunità, dollaro che vale tanto, povertà ceto medio
americano, si interessano ai prodotti giapponesi perché costano poco e sono efficienti (invasione
Toyota)
- Grandi scambi americano-giapponesi: prendono piede grazie a diffusione delle New
Technologies in America, crescita molto importante e bilancia commercio attiva espressa in
dollari. Cominciano a investire in America, comparsa di attori giapponesi in settori americani
(molte imprese rientrano sotto amministrazione giapponese)
- Sentinella d’allarme per gli Stati Uniti: sentono leadership finanziaria e internazionale
minacciata, perciò fanno pressione per aumentare valore yen rispetto a dollaro e impongono alti
tassi di interesse. Il Giappone in piena crescita industriale si ritrova a dovere affrontare pesanti
bolle speculative finanziarie che aumentano politiche monetarie severe
- Tentativo di reintroduzione liquidità per ristabilire squilibri monetari: si rivela vano,
ripercussioni negative nei reparti produttivi

Russia:
 Late comer che presenta forti repressioni istituzionali. Non riesce a industrializzarsi
correttamente anche se avrebbe avuto le dotazioni e le possibilità di farlo
 Il suo fattore sostitutivo è lo stato ma investe troppi soldi in maniera sbagliata poiché l’intera
nazione e fortemente arretrata e ancora agricola (esempio, le ferrovie)
 Si può investire ma la situazione è talmente depressa che ogni tentativo di investimento
rischia di fallire

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 1920: lentamente si smantella il sistema dello zar e si passa a un sistema socialista (lo stato,
dopo la Rivoluzione sovietica e la guerra, si appropria di tutte le imprese private e le
nazionalizza). C’è un periodo di forte carestia e di crisi negli anni 20. Poi Bucharin introduce un
sistema politico (NEP) nel quale le imprese hanno un minimo di libera iniziativa. Con l’arrivo di
Stalin, tuttavia, si passa a uno stato socialista. Creazione del collettivismo agrario (Kulaki e Kloks)
e di pianificazione quinquennali (nei quali lo stato progetta esattamente le produzioni da fare)
 Il periodo di Stalin vide un forte sviluppo industriale, grande aumento nella produzione e nella
crescita. Creazione del Comecon nel dopoguerra (l’equivalente del piano Marshall) con sfera di
influenza che si estende al lato orientale dell’Europa. I paesi che fanno parte di questa nuova
organizzazione riescono a restaurarsi (dopo il conflitto) e allo stesso tempo crescere
industrialmente (nonostante fossero più arretrati) però sono costantemente sotto il controllo
dello stato centrale che decide le esatte produzioni da fare (non è un gestore che tiene la
situazione d’occhio da lontano come gli Stati Uniti con il piano Marshall)
 Durante il periodo di Krusciov si ha anche una forte crescita e integrazione tecnologica. La
Russia è ancora un paese dal mercato interno però esporta in maniera autarchica materie prime
a basso costo (diventa una specie di staple economy per il petrolio, grano) e importa tecnologie
militari. Getta le basi a uno scambio ineguale nel quale si crea un gap tecnologico perché
soltanto i settori militari della élite possono svilupparsi.
 Inoltre, comincia a insorgere una nuova classe sociale (nomenklatura) che investono
all’estero. Solo loro si arricchiscono.
 Con lo shock petrolifero la Russia si apre al mercato internazionale e cerca di approfittarne
ma ha un gap tecnologico troppo grande. Durante il periodo di Gorbaciov, tra l’altro, si istituisce
un sistema politico più democratico, basato su un socialismo “dal volto umano”. Però la crescita
diminuisce (sia demografica che produttiva), le tecnologie sono troppo vecchie per portare
avanti la produzione e tutte le riforme per porre rimedio a questo problema falliscono.
 All’arrivo di Eltsin c’è uno shock e una regressione. Lo stato si ritira da tutto. Disordini
monetari, il rublo si svaluta, crisi economica e di mercato. Privatizzazione delle imprese tramite il
sistema dei Voucher (buoni per comprare le azioni delle imprese pubbliche smantellate). Solo i
vecchi membri sovietici possono permetterseli, e li usano per investire e crescere
industrialmente soltanto in alcuni settori privilegiati. Solo queste potenti imprese sbarcano nei
mercati internazionali e diventano leader mondiali. Si crea la Russia degli oligarchi
 Smantellamento dell’economia di mercato, la Russia si trasforma in un’economia di materie
prime

Cina
 Resta chiusa per tanti anni
 Con il governo di Xiaoping si instaura una politica dalle “porte aperte” che permette alla Cina
di integrarsi nei mercati senza restare alla mercé degli investimenti esteri o di subire gli squilibri
monetari internazionali
 In questo periodo infatti, captando l’imminente caduta del sistema di Bretton Woods e
diventano il nuovo polmone produttivo del mondo in settori primari e non solo
 Per aprirsi al mercato internazionale compiono tre importanti riforme: la prima è quella nel
settore agrario (da sempre incentrato sul collettivismo) che comincia ad entrare sotto il controllo
delle imprese private (ma senza che lo stato perda il controllo di tutto questo). In secondo piano
c’è una riforma finanziaria e l’istituzione di quattro banche centrali (sempre sotto il potere dello
stato) per gestire i prezzi e il sistema monetario. Infine, la terza riforma riguarda l’istituzione
delle ZES (zone economiche speciali) che permettono allo stato di attirare investitori esteri che,
in cambio dell’importazioni di nuove tecnologie, stringono patti commerciali con partner (Joint
Ventures).
 La svolta avviene dopo la caduta del sistema sovietico, quando la Cina, da mercato socialista,
si apre all’economia di mercato. Questo avviene quando le imprese diventano società per azioni

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e entità autonome (ma pur sempre controllate dallo stato), con l’aumento delle ZES, che
sottolineano l’ulteriore apertura al capitale estero. Con la progressiva diminuzione della
presenza dello stato in economia, esso continua comunque a intervenire soltanto nei settori
strategici con un ruolo pubblico. Una volta aperta al mercato, la Cina viene ammessa nel WTO
per il commercio e le tariffe ed esplode come potenza dell’export. La sua bilancia del commercio
schizza alle stelle, cosa che le permette di accumulare un fondo sovrano (China investment
Corporation), con il quale accumula tanti flussi finanziari per investire nei paesi sottosviluppati
(Africa) e detiene parte del debito pubblico americano in dollari.
 Diventa un’economic powerhouse, esporta ed importa tantissimo. Crescita basata non solo
sul settore primo ma anche sull’esportazioni tecnologiche. Dinamiche in parte simili a quelle
dell’UK nell’Ottocento perché è un leader economico che esporta in tutto il mondo, ma diverse
perché la Cina è un esportatore sud sud e nord nord. Non ha divari regionali, bensì modelli
multipolari e flussi tra diverse regioni. Beneficiò tantissimo della globalizzazione dei mercati

Medio Oriente:

Prima e seconda depressione:

Ortodossia monetaria: in caso di crisi si applicano politiche deflazionistiche, dunque si cerca di


ridurre il prezzo delle merci per fare in modo che la domanda riparta
Eterodossia monetaria: Bisogna stampare moneta e introdurre liquidità nel sistema in modo da
svalutare la moneta e renderla più competitiva nel mercato (aumento commercio). In più, lo
stato deve incentivare i consumatori a non risparmiare e a investire tramite l’introduzione di
liquidità volta a fare ripartire la domanda. Lo stato si carica dunque del ruolo di moltiplicatore

Sistema Monetario Gold Standard:


Gold Standard Exchange:
Bretton Woods:
Trattato di Maastricht:

Seconda rivoluzione industriale: cambi tecnologici e scientifici (tenendo conto delle vecchie
scoperte), cambiamenti a livelli organizzativi, nascita del big business per adattarsi alla taglia
delle nuove tecnologie, arrivo di nuove potenze che soppiantano modello inglese (USA e
Germania)
Sistema tecnologico, Gille: insieme di processi per la produzione di innovazioni a scala/caduta
(filiere) che hanno impatto economico  Distruzione creatrice, Schumpeter: le nuove tecnologie
creano cicli economici di crescita e declino ad ogni innovazione.
- I nuovi sistemi tecnologici diventano un’opportunità di crescita economica Come crescono le
tecnologie, così cambiano i flussi economici, che si adattano alla
grandezza di ogni innovazione.
- Senza le tecnologie precedenti non si sarebbe potuti arrivare alle innovazioni che si hanno
avuto con la seconda Rivoluzione industriale. Il nuovo non soppianta/uccide totalmente il
vecchio, lo fa soltanto entrare in leggero disuso. Le imprese si concentrano maggiormente sulle
nuove tecnologie senza sottovalutare il valore del vecchio sistema tecnologico per applicare
quello nuovo
- Tutte queste trasformazioni microeconomiche a lungo andare hanno avuto degli effetti
macroeconomici, trasformando totalmente il modello industriale, politico e sociale
- Chi continua ad utilizzare le vecchie tecnologie si trova in pericolo prima o poi
- Avanzamento dei modelli opposti a quello inglese: la Germania e gli Stati Uniti (pongono il
sistema di libertà economica sottocritica)

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- Le innovazioni possono essere: di rottura, miglioramento, incrementali. Influiscono su nuovi
prodotti, nuovi modelli organizzativi, nuovi patterns di scambio e di approvigionamento. È
difficile trovare un’innovazione pura (ognuna è intrecciata all’altra)
- Esempi di innovazione tecnologica: Acciaio elettrico della metallurgia (forno Siemens e sviluppi,
ripensamento della tecnologia per sfornare siderurgia, è un’innovazione)
Siderurgia di rottame; installazioni idroelettriche per chi non aveva carbone come risorsa
primaria
Elettricità: houille blanche che sostituisce il carbone a scopo di produzione siderurgica,
metallurgica e chimica

Imperialismo:
- Esempio di partecipazione a commercio internazionale involontaria, imperialismo di natura
economica
- Imprenditori che cominciano a investire in colonie alla ricerca di terre vergini (espansione
imperiale)
- Nuove opportunità all’infuori del proprio paese (pieno di concorrenza) per accaparrarsi
ricchezze materie prime, mercato di sbocco e tassi interesse
- Più rischioso investire in colonie (non possiedono amministrazione pubblica e gli investimenti
rischiano di fallire) perciò chiedono tassi interesse più alti (con i quali fanno maggiori guadagni)
- Esempio di rivalità tra potenze anche all’estero
- Hodson e il nuovo imperialismo
Fine 800/900: scramble africano e espansione coloniale
- I coloni si espandono per risorse e ricchezze, per competere con altri paesi, rivalità paesi
industriali
- “fardello dell’uomo bianco” come scusa
- Colonie: vincolate alle decisioni degli imperi, costrette a partecipare a mercato
- Riserve beni primarie: per contrastare protezionismo. Ragioni economiche: exit strategy,
opportunità e investimento
- La crisi internazionale fine secolo: aveva diminuito tasso interesse paesi industriali: si spingono
a avventura coloniale
- Hobson: territori vergini, tasso interesse decrescente in Europa, spazi con potenziale capitale.
- Germania, nuovo tipo di imperialismo, non più amministrazione politica e commerciale sotto
imprese ma sottostato. Le imprese vogliono solo sfruttare risorse per industrializzazione e
produzione, quindi libere di commerciare con monopolio ammnistrativo delle imprese
- Sfruttamento Nord durante guerre (estrattivo, risorse primarie)
- Anni 50: inizio decolonizzazioni politiche (no economica)
- Coinvolgimento Guerra Fredda: Influenze Urss/occidentali, partecipano in maniera autonoma
- Aumento sfruttamento dopo indipendenza, crescita Nord e industrializzazione grazie a fornitori
sud
- Fenomeno industrializzazione leggera fenomeni sud (c’è chi si sviluppa e chi si blocca)
- Anni 60 Asia e forte sviluppo industriale (caso diverso per la Cina)
- Impatti negativi e fluttuazione prezzi in anni BW (60, 70)
- Bairoch, tesi: ritardo troppo grande, tecnologie troppo avanzate, arretrati strutturalmente,
politicamente, a livello economico e amministrativo, analfabetismo, povertà
- Da paesi con sviluppo (Giappone, Corea del Sud) a sviluppo medio (Cina, India) a sviluppo
bloccato (Terzo Mondo, America latina)
Caduta blocco sovietico: emergono differenze Nord e Sud

Belle époque

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È un termine utilizzato per descrivere il periodo prima della Prima guerra mondiale come
“migliore”. Per certi versi è così, data la quasi totale assenza di guerre e la piena prosperità per la
crescita e l’integrazione dei mercati. D’altro canto, questi anni presentano numerose crisi
“cicliche” in più settori (agricoli, industriali) a causa delle quali c’è un rallentamento della
produzione e dello sviluppo. La capillarità e velocità con cui queste crisi si diffondono dalla
periferia al centro sono dovute alle forti interconnessioni finanziarie, del mercato, del sistema
monetario e dei flussi migratori alla base dell’economia globale di questo periodo. Proprio a
causa di questi problemi, molti paesi cominciano a dubitare degli automatismi e dell’efficienza
del sistema liberale, e creano soluzioni alternative alle regole del gioco. La nascita di politiche
protezionistiche o imperiali non sarà di certo la fine della globalizzazione (quello avverrà con la
Prima guerra mondiale), però sono un ripensamento parziale agli schemi di commercio. Con i
primi segni del declino industriale inglese, l’aumentare dell’integrazione dei mercati,
dell’industrializzazione e del libero scambio delle merci, troppe nazioni iniziano a competere per
appropriarsi di larghe dette di mercato. Ecco come molti paesi iniziano a proteggere i propri
settori imponendo dazi e tariffe sulle merci. Il protezionismo è una politica commerciale attuata
per aumentare la propria competitività, e funge da spin off per molti settori. Certo, non tutti i
paesi adottano questo comportamento, solo chi possiede una vasta diversificazione di
produzione (come l’America, che diventa protezionista dopo la guerra civile, la Germania, che
applica i dazi Bismark per proteggere la propria industria ed agricoltura dall’invasione dei grani
americani e russi, o ancora la Francia). L’Inghilterra, ad esempio, non sarà mai protezionista per
via della sua necessità di importare derrate agricole. Inoltre, il nuovo imperialismo di tipo
economico (Hobson) che cresce in questo periodo, sottolinea lo sforzo da parte degli
imprenditori di andare alla ricerca di nuove terre vergini dalle quali importare risorse primarie e
creare un mercato privo di tariffe doganali (al quale queste colonie partecipano
involontariamente). Tutte le tensioni che si formeranno in questo periodo per via della grande
competizione commerciale porteranno allo scoppio del primo conflitto mondiale

*Crisi del grano, del cotone. Crisi di borsa (1873) dopo fine guerra franco prussiana. Crisi di
Baring, che per un brutto investimento in Argentina si trasferisce nel centro finanziario. Crisi di
Knickenbroke, da industriale a finanziaria per mancanza di liquidità. Crisi di borsa, chiusa forzata
dei centri di finanziamento, squilibrio del Gold Standard e Bank of England, si evita la crisi di
panico borsista che avrebbe prosciugato tutte le riserve auree
*Connessione mercati, monetaria, migrazioni spiega
Big Business americano e tedesco
Durante la Seconda Rivoluzione Industriale, con l’introduzione di nuovi paradigmi scientifici e
tecnologici, nasce il bisogno di applicare un’organizzazione industriale che sia all’altezza di
queste innovazioni. Alla base del big Business Americano, infatti, si diffonde l’idea di dovere
iniziare “in grande” per poter gestire al meglio i nuovi paradigmi tecnologici. I sistemi tecnologici
che nascono in questo periodo danno via a tante filiere di innovazioni a cascata che hanno un
effetto ciclico sull’economia del periodo (“distruzione creatrice” di Schumpeter). Ciò non vuol
dire che le vecchie tecnologie vengano rimpiazzate dalle nuove, ma quest’ultime presentano una
concentrazione di capitale notevolmente maggiore. Infatti, al contrario delle vecchie, nelle quali
per aumentare la produzione bisognava aumentare la manodopera, in quelle nuove si può
applicare un fattore denominato “economia di scala”, che permette un investimento più efficacie
negli sforzi produttivi. Questo non può avvenire senza la corretta applicazione di “un’economia
di flusso” al fine di gestire meglio le merci in entrata e quelle in uscita, la commercializzazione e
l’organizzazione. Secondo Chandler, i first movers del Big Business americano hanno subito
capito come applicare correttamente il triplice investimento (economie di scala e
diversificazione, marketing e management), mentre i latecomers li hanno semplicemente imitati,
dando il via alla conquista del mercato (che presenta alti redditi e un’espansione molto alta), agli
investimenti sulla R&D (e la creazione di innovazioni sempre più complesse) e a nuovi modelli

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organizzativi di fabbrica (fordismo). Ciò ha segnato il passaggio da un sistema U-form (con poca
diversificazione e complessità nel prodotto finale) a un sistema Multi-form (tanta diversificazione
da prodotto a prodotto). Infine, il Big Business americano non avrebbe potuto svilupparsi senza
la banca degli Affari, ossia un modello di banca diversa da quella mista, che compra le azioni alle
imprese e le aiuta a posizionarsi in borsa. È un sistema con la qualità di essere “market-oriented”
nel quale le banche fungono da semplici intermediari tra il mercato azionistico e le imprese, che
si finanziano in maniera autonoma per crescere. Nasce così il centro finanziario di Wall Street,
visto da tutti come un luogo di investimenti finalizzati alla crescita industriale.

Il Big Business tedesco, invece, investe in tutte le ultime innovazioni di questo periodo, migliora
la propria organizzazione industriale, inserendo politiche manageriali volte al miglioramento
della R&D. Colsero tutte le opportunità di sviluppo e di diversificazione di questi anni, facendo
grandi investimenti nei settori ad alto contenuto tecnologico (siderurgia, chimica e meccanica).
Non è un sistema focalizzato esclusivamente sul consumo e sulla produttività, bensì sulla
cooperazione delle imprese tra loro (business to business). Infatti, il principale motore della
produttività del big business tedesco è la sua banca mista e il Finanzkapital, che rende tutte le
banche proprietarie delle imprese (non solo accompagnatrici). Non sono dunque un semplice
fattore sostitutivo, ma possiedono anche capacità performanti. Questo permette loro di
influenzare ogni decisione strategica di dominio imprenditoriale e inserisce nel sistema una serie
di fenomeni manageriali. L’Interloking Diktorates fa in modo che uomini di banca e uomini
dell’impresa prendano tutte le decisioni sempre insieme. Le cartellizzazioni, dunque la
cooperazione tra le imprese, anziché competizione, dato che queste si spartiscono i territori di
mercato e di produzione. La concorrenza all’estero, poiché le imprese tedesche si aiutano in
territorio nazionale ma si dimostrano molto competitive a livello internazionale. Il totale dominio
del mercato nazionale, e una bilancia commerciale diversa da quella inglese (poiché non devono
importare derrate agricole). Da non dimenticare l’importante ruolo degli investimenti nella
ricerca e nello sviluppo (es Beyer), sostenuto da un modello educativo molto efficace (università
e scuole di ingegneri).

Gold Standard
Il Gold Standard nasce in un periodo di forte integrazione dei mercati internazionali, di accordi
multilaterali e di crescita economica, tecnologica e sociale. Il processo di globalizzazione
ottocentesca, guidato dal paese più egemone, l’Inghilterra, presenta la necessità di istituire
anche un sistema internazionale monetario che possa semplificare gli scambi tra i paesi (dopo
l’interconnessione commerciale garantita dal libero scambio e quella finanziaria della haute
finance). Ecco come, dopo la corrente Buglionista di Ricardo e il ritorno della convertibilità
monetaria (1819) nasce il Gold Standard, basato sulla conversione in oro a parità fissa di tutte le
monete. Grazie a questo sistema gli stati possono accordarsi in maniera più semplice e
immediata nello scambio delle merci, in più il valore monetario per la conversione è garantito
dalla Bank of England, che si prende l’onere di gestire l’intero sistema (intervenendo nella
gestione dei tassi di interessi in caso di squilibri). Il valore dei prezzi di ogni paese che vi
partecipa è equivalente alle sue riserve auree e al ruolo che possiede negli scambi internazionali.
Inoltre, secondo la regola della bilancia dei pagamenti di Hume, nonostante l’aumento
dell’export di ogni paese, la bilancia tornerà sempre a riequilibrarsi in maniera automatica (senza
mai andare in deficit). L’idea di base è che ci sia un’economia politica ed economica leader che,
tramite la coordinazione di più banche indipendenti, riesca a garantire il passaggio di merci a
valute fisse (trilemma Obstfeld-Taylor). I paesi che vi partecipano devono avere un’economia
sana, senza troppi debiti pubblici, devono anche essere votati al sistema liberale ed essere
disposti a rinunciare a parte della propria libertà economica e monetaria. Infine, il sistema del
Gold Standard garantisce un basso tasso di inflazione, dunque permette spese e investimenti con

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più facilità ed è un modello nettamente più stabile di quelli bimetallici (poiché il valore dell’oro è
più stabile).

Conseguenze Prima guerra mondiale


1. Cesura economica: il primo conflitto mondiale modificò radicalmente le economie dei paesi
che vi parteciparono. Segnò la fine degli scambi liberali, dei patterns di commercio (non si poteva
commerciare con i nemici) e causò gravi squilibri nei settori produttivi sia industriali che agricoli.
Lo sforzo sostenuto dalle imprese e coordinato dallo stato spinse ogni paese a dovere passare da
un’economia di pace a un’economia di guerra, la cui domanda è finalizzata esclusivamente alla
domanda militare, la quale è sconnessa da ogni rapporto di mercato. Se da un lato questo
rappresentò un forte spin off tecnologico per molti settori (innovazioni produttive, di processo,
di dimensioni), dall’altro sarà un fardello enorme da smaltire nel dopoguerra, soprattutto nel
tentativo di convergersi a un’economia di pace. Ci sarà un surplus di produzione industriale,
inoltre, gli stati inizieranno a mantenere una parte della domanda rivolta alle spese militari
anche in periodo di pace (War Fare State). Considerata come guerra non solo economica ma
anche “industriale”, il conflitto prevede paesi che, industrializzati o meno, cominciano a
rivolgersi alla domanda militare, sotto la crescita del nuovo ruolo dello stato che diventa
pianificatore e accordatore delle risorse prime (in maniera più forte in Germania tramite piano
Mollerdov e Jidenburg, poi, seppure in ritardo, anche in Inghilterra, Francia, Italia e Stati Uniti). Si
creano delle organizzazioni internazionali per coordinarsi nella distribuzione di risorse tra stati, si
interrompono i flussi migratori e la guida finanziaria del periodo si indebolisce. Così, nel
dopoguerra, i paesi sono distrutti, indebitati, con le proprie monete svalutate e un tasso di
inflazione molto alto. Nonostante questo, si tenterà in tutti i modi di tornare all’economia
ottocentesca

2. A determinare il fallimento dei tentativi di riapplicare una globalizzazione nel dopoguerra ci


sono, in primo piano, i trattati di pace. Questi ebbero conseguenze nefaste dal momento in cui
gli Stati Uniti non vollero diventare la nuova leadership economica e finanziaria e la colpa di tutto
fu scaricata sulla Germania, che fu costretta a “doparsi” per ripagare il debito degli altri paesi.
Questo creò gravi squilibri nell’economia di produzione di tutti gli stati la cui restaurazione
dipendeva sulla Germania (ad esempio, la Francia). Inoltre, dato che i paesi uscirono dalla guerra
a pezzi, deboli, e indebitati, ricorsero a finanziamenti diretti o indiretti per cercare, inutilmente,
di porre rimedio al blocco della domanda. Ciò portò alla fine delle valute affidabili, dei patterns di
commercio, del libero scambio, a squilibri nel settore industriale (per il surplus di produzione
militare)e agricolo e alla fine dei flussi migratori. Nonostante ciò, le nuove organizzazioni
internazionali (LoN e Camera del commercio internazionale) tentarono in tutti i modi di
reimpostare le regole del gioco legate alla globalizzazione ottocentesca. GSE, sterlina debole,
fallisce con grande depressione del ’29, aumento ruolo dello stato, keynes

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