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Il sistema monetario internazionale: dallapproccio egemone a quello multivalutario.

Il
renmimbi come nuova moneta internazionale
di Gian Cesare Romagnoli Universit Roma Tre
Estratto da: Marzovilla O., Romagnoli G.C. (a cura di), Il sistema monetario internazionale:
dallapproccio egemone a quello multivalutario, (forthcoming).

1. Introduzione p.1 - Parte I: 2. Lapproccio egemone: le dominant monies p.3-2.1 Caratteristiche


e vantaggi del paese che emette valuta di riserva internazionale p.3-2.2 La sterlina e il dollaro p.53. Il dollaro p.9-3.1 Dalla crisi di Bretton Woods alla nascita delleuro p.9-3.2 Lo status del dollaro
p.13-3.3 Squilibri correnti e benign neglect p.17-3.4 Le responsabilit della Federal Reserve p.24-4.
Euro, Yen e Sterlina p.25-4.1 Il ruolo delleuro p.25-4.2 Lo yen p.34-4.3 La sterlina p.35 - Parte II:
5. La Cina: una nuova protagonista delleconomia mondiale p.36-5.1 Il miracolo economico cinese
p.36-5.2 La crescita degli investimenti esteri e l ruolo dei Sovereign wealth funds p.45-5.3 Un nuovo
modello di sviluppo e il rallentamento della crescita economica cinese p.50-5.4 Gli effetti della crisi
cinese sulleconomia reale mondiale p.53-6. La strategia cinese: il renmimbi, nuova moneta
internazionale p.56-6.1 la bolla finanziaria cinese e e manovre di politica economica per contrastarla
p.56-6.2 Il renmimbi: nuova valuta internazionale p.59-6.3 Le sfide mondiali cinesi p.67-6.4 La
risposta americana: il TPP e il TTIP p.67-6.5 Il ruolo degli altri BRICS p.71 - Parte III: 7. Bretton
Woods II e i suoi rischi p.76-7.1 Il sistema monetario odierno e le sue debolezze p.76-7.2 Le tensioni
geopolitiche e valutarie attuali p.82-7.3 Una nuova guerra delle valute p.85-8. Le ipotesi di riforma
per un sistema monetario internazionale multivalutario p.91-8.1 La stagnazione secolare p.91-8.2
Dal Piano Keynes alla New International Clearing Union p.98-8.3 Nuovi DSP per una riforma del
sistema monetario internazionale p.100-9. Conclusione p.109-Riferimenti bibliografici p.113.

1. Introduzione
Un sistema monetario internazionale (s.m.i.) un sistema di pagamenti internazionali. Esso dato
da un insieme di regole e norme, definite da trattati internazionali e integrate da convenzioni e usi
accettati dai paesi che ne fanno parte, riguardanti i criteri di regolamento dei pagamenti internazionali,
il grado di stabilit dei tassi di cambio fra le valute dei paesi membri e gli aiuti finanziari fra banche
centrali o Stati in caso di crisi di bilancia dei pagamenti. L'utilit e la necessit di un s.m.i. aumentano
con la dimensione degli scambi commerciali fra i paesi e quindi con la specializzazione produttiva
internazionale, che aumenta la ricchezza delle nazioni1. L'iniziativa per la creazione di un s.m.i. nasce
generalmente dal paese economicamente e politicamente dominante nell'economia mondiale
(l'Inghilterra nel caso del tallone aureo, gli Stati Uniti nel secondo dopoguerra con il gold exchange
standard), che ha il maggior interesse a mantenere questa posizione. Come conseguenza i sistemi
monetari internazionali sono generalmente ''asimmetrici'', nel senso che un paese assume il ruolo di
guida con il vantaggio di trasferire sugli altri paesi membri quasi tutto l'onere dell'aggiustamento dei
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Di fatto ai benefici statici e dinamici del commercio internazionale si associano anche costi rappresentati soprattutto
dalla dipendenza produttiva (Romagnoli, 1979).

disavanzi di bilancia dei pagamenti e di trarre benefici dallemissione della propria moneta (il
cosiddetto ''signoraggio''2) e dal suo uso anche nel resto del mondo sia come riserva internazionale
che, soprattutto, come mezzo di pagamento. Storicamente, le monete nazionali che vengono ad essere
usate a livello internazionale hanno dato evidenza di acquisizione di potere monetario ed esteso la
sovranit nazionale, la reputazione e il prestigio dei relativi paesi. Ma il grado di asimmetria di un
s.m.i., da cui dipendono le pressioni per il suo cambiamento, pu variare di molto (Tullio, 1994).
Lo spettro agitato da molti commentatori negli anni passati di un rallentamento delleconomia
cinese, iniziato nel 2012, si manifestato con evidenza nellestate del 2015, sollevando numerosi
interrogativi sia sulla tenuta della struttura economica sia sulle aspirazioni globali di Pechino. I timori
sono derivati dalla possibilit che il crollo delle borse cinesi sia stato il sintomo di problemi strutturali
che il paese deve risolvere per garantire lo sviluppo economico anche a costo di ritardare, come poi
non stato, il pieno riconoscimento del renmimbi3 come moneta internazionale da parte del Fondo
Monetario Internazionale (FMI). Lintegrazione economica e commerciale di Pechino con il resto del
mondo proietta, su scala globale, gli effetti del rallentamento della crescita cinese, mentre le nuove
iniziative finanziare cinesi: New Development Bank BRICS (NDB BRICS)4, Asian Infrastructure
Investment Bank (AIIB), il gigante cinese delle-commerce Alibaba e la Export and Import Bank si
pongono, per il loro orizzonte mondiale, in antitesi con le istituzioni di Bretton Woods: FMI, Banca
Mondiale (BM), Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC), in sostituzione dellInternational
Trade Organization (ITO) prima e del General Agreement on Tariffs and Trade (GATT) poi. Negli
ultimi anni, i fronti tra Cina e Stati Uniti si sono irrigidite a causa di un estraniamento reciproco.
Questa contrapposizione si presenta oggi assai pi forte rispetto a quando lo status della Cina era
peggiore dal punto di vista economico, politico e culturale. Ma le iniziative suddette lasciano pensare
che sia giunto il momento di riformare tutte le istituzioni economiche e finanziarie internazionali,
coinvolgendo anche la Cina.
Questo lavoro analizza le motivazioni che sono alla base delle pressioni economiche e geopolitiche
per il cambiamento del s.m.i. e si divide in 3 parti. La prima descrive brevemente i s.m.i. gold
standard e gold exchange standard, basati sullapproccio egemone, con riferimento prima alla
sterlina e poi al dollaro. Anche dopo il crollo del s.m.i. di Bretton Woods, il dollaro rimasto la
moneta egemone sui mercati valutari che hanno assecondato le scelte della politica monetaria
statunitense nonostante la presenza di altre monete internazionali che hanno fanno parte del paniere
dei Diritti Speciali di Prelievo (DSP) 5. Listituzione delleuro e il suo iniziale successo hanno
costituito una sfida a questo ruolo egemone, a causa della crescente dimensione del debito interno ed
esterno statunitense. La crisi finanziaria internazionale 2007-2009 lo ha perfino rafforzato. La
seconda parte dedicata alla Cina, uneconomia continentale che ha sperimentato per trenta anni tassi
Il beneficio che si trae dal signoraggio dato dalla differenza tra il potere dacquisto della moneta e il suo costo di
emissione.
3
Renmimbi vuol dire valuta del popolo ed la moneta ufficiale della Repubblica Popolare Cinese (RPC). Lo yuan (che
vuol dire oggetto tondo, come lo yen giapponese) lunit di base del renmimbi ma anche un termine alternativo, usato
soprattutto allestero, per la valuta cinese. La distinzione tra renmimbi e yuan simile a quella tra sterling e pound, che
si riferiscono rispettivamente alla moneta britannica e alla sua unit (di peso) primaria.
4
Lacronimo BRICS sta per i paesi emergenti Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa.
5
I DSP sono un particolare tipo di valuta. Si tratta dell'unit di conto del FMI, creata nel 1969 con gli accordi della
Jamaica, al fine di sostenere il sistema di Bretton Woods che per croll qualche anno dopo (1971-1973). Il suo valore
ricavato da un paniere di valute nazionali.
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di crescita eccezionali del Pil e degli investimenti esteri finanziati dalle riserve in dollari accumulate
durante decenni di surplus corrente della bilancia dei pagamenti ma che ha recentemente cambiato
modello di sviluppo: da quello export led a quello trainato dalla domanda interna di consumi. Questo
passaggio, che ha dato luogo prima al rallentamento della crescita economica cinese e pi
recentemente allo scoppio di una bolla finanziaria e immobiliare, seguita da alcune piccole
svalutazioni della sua moneta, ha avuto effetti negativi sulleconomia mondiale, sia per i paesi
emergenti che per quelli avanzati ed ha dato luogo a diverse letture in cui campeggiano le ambizioni
economiche e geopolitiche della Cina. Tra queste, il riconoscimento dello status di moneta
internazionale al renmimbi, stata una delle principali aspirazioni di Pechino. La terza parte prende
le mosse dalle debolezze del s.m.i. attuale basato sul peg tra renmimbi e dollaro cui si addebita
linstabilit dei mercati finanziari che ha dato luogo prima a tensioni valutarie sui mercati e poi a una
guerra delle valute. Si esaminano, infine, alcune ipotesi di riforma del s.m.i. nel contesto di una
stagnazione secolare che potrebbero favorire il passaggio da un approccio sostanzialmente
egemone a uno multivalutario maggiormente differenziato rispetto a quello attuale, soprattutto al fine
di affrontare la minaccia dirompente di un possibile crollo del valore del dollaro.

2. Lapproccio egemone: le dominant monies


2.1 Caratteristiche e vantaggi economici del paese che emette valuta di riserva internazionale
Alla moneta si riconoscono tradizionalmente tre ruoli: unit di conto, mezzo di scambio, deposito
di valore. La moneta conferisce a chi la crea il potere del signoraggio che tanto maggiore quanto
pi ampia larea che utilizza tale moneta. Questa capacit ulteriore estende la sovranit nazionale,
influenza la volont politica di altri paesi costringendoli a fare cose che non avrebbero fatto altrimenti.
Diviene, in breve, un segno di potere internazionale (Strange, 1994; Cohen, 2006; Helleiner, 2009).
Strange (1971) ha identificato quattro tipi di monete internazionali: top, master, neutral and
negotiated currencies. La prima, esemplificata dal dollaro, porta con s un privilegio esorbitante,
ravvisato da Charles De Gaulle, dovuto alla leadership mondiale del paese emittente spiegata sia da
fattori militari che economici, la seconda la valuta di unarea dominata territorialmente, la terza,
esemplificata dal franco svizzero, tipica di un paese che, indipendentemente dalla sua dimensione
territoriale, emette una valuta stabile e attraente nei momenti di turbolenza sui mercati valutari, la
quarta, infine, la valuta di un paese che ha perso, in parte, potenza politica e militare e induce il suo
uso attraverso aiuti economici o tecnologici, protezione militare, capacit diplomatica. Questa
classificazione flessibile, pertanto una moneta pu assumere caratteri diversi nelle varie aree
planetarie. Pertanto il dollaro una top currency in parte dellAsia e dellAmerica Latina ma una
negotiated currency nei BRICS. Leuro una top currency in Europa e in Nord Africa, ma una neutral
o negotiated currency altrove. Prima della crisi, diversi paesi, tra cui Cina, Brasile, Federazione russa,
Libia, Iraq, Iran, Venezuela, avrebbero visto volentieri il dollaro e leuro come negotiated currencies
(Otero-Iglesias, 2012).
La letteratura teorica ha esplicitato, in maniera consolidata, le condizioni da soddisfare perch una
valuta assuma lo status di moneta internazionale (Helleiner, 2008; Marzovilla, 2009; De Grawe,
2013). Le principali sono tre: fiducia, liquidit e rete di scambi internazionali. La letteratura empirica
ha inoltre identificato le caratteristiche di un'economia che permettono ad una valuta di divenire
dominante (Eichengreen e Matieson, 2001; Chinn e Frankel, 2008) anche se esse non sono tutte
3

presenti congiuntamente. Un primo fattore chiave riguarda la dimensione dell'economia in questione.


Solo le grandi potenze economiche possono sperare che la propria moneta venga usata negli scambi
internazionali: in un'economia di grandi dimensioni gli investitori internazionali possono pi
facilmente trovare un'ampia gamma di attivit finanziare su cui riversare i propri risparmi. Nel corso
del tempo, le valute usate sovranazionalmente sono state numerose e la storia ha spesso mostrato
(Fratianni, 2008) come vi sia stata la tendenza per una sola di esse a dominare tutte le altre. Dallinizio
del XX secolo, gli Stati Uniti sono stati la nazione pi grande in termini di ricchezza prodotta. Dopo
la seconda guerra mondiale il divario con le altre nazioni stato cos netto che nessuna economia,
nemmeno quella tedesca o quella giapponese, ha mai avuto la concreta possibilit di sopravanzare gli
Stati Uniti in termini di prodotto interno lordo (Pil) ed il dollaro come valuta internazionale. Va
osservato, peraltro, che entrambi questi paesi hanno rinunciato volentieri a questo status che avrebbe
condizionato, attraverso lautomatico apprezzamento del cambio, i loro obiettivi di conquista di quote
crescenti del mercato internazionale dei beni.
Nei primi anni di questo secolo, la situazione per decisamente cambiata. L'Eurozona ha avuto
un Pil tale da poter competere con quello degli Stati Uniti. In prospettiva, anche la Cina acquisir
gradualmente la possibilit di sfidare lUnione Europea (UE) e gli Stati Uniti in termini di Pil. Si
ipotizza che ci avverr entro il 2050, quando l'economia cinese sopravanzer quella americana.
Sebbene l'euro abbia apportato significativi cambiamenti e benefici sia sul versante della mobilit dei
mercati dei fattori produttivi (Alesina, Ardagna, Galasso 2008) sia su quella del mercato finanziario
(Hartmann, 2007), molti ritengono comunque che gli Stati Uniti mantengano ancora un certo
vantaggio in quanto i mercati del lavoro, dei capitali e dei fattori produttivi sono pi flessibili e meno
regolati in America rispetto a quanto avviene in Europa (Posen, 2008; De Grawe, 2013). Questi fattori
permettono una pi rapida ricollocazione delle risorse verso i settori con maggiori prospettive di
guadagno, in grado quindi di produrre una crescita pi elevata (Caballero, 2004; Papaioannu (2008).
L'Europa rimane ancora indietro agli Stati Uniti in questo campo. Altri fattori rilevanti che
determinano l'importanza internazionale di una valuta sono la struttura degli scambi con l'estero e lo
sviluppo del sistema finanziario interno che deve essere efficiente e sufficientemente liquido in modo
da permettere ai detentori delle attivit in valuta un rapido disimpegno che possa comportare un costo
di transazione il pi basso possibile. Anche in questo campo, il predominio degli Stati Uniti appare
netto sebbene ci siano stati segnali positivi in questo senso anche per quanto riguarda leuro 6.
Quando definiamo il dollaro valuta di riserva, lo facciamo in riferimento al suo utilizzo da parte
di altri paesi per saldare conti commerciali internazionali. Ad esempio, se il Canada acquista merci
dalla Cina, questultima potrebbe preferire un pagamento in dollari statunitensi invece che in dollari
canadesi. Il dollaro la valuta pi commerciabile a livello internazionale e ci significa che la
maggior parte dei paesi lo accetta in pagamento, per cui la Cina pu usare i suoi dollari per acquistare
beni da altri paesi, non solo dagli Stati Uniti. Tale non il caso per il dollaro canadese, la Cina
dovrebbe detenere dollari canadesi fino a quando non trovasse qualcosa da comprare dal Canada. Se
si estende questo scenario a tutti i paesi del mondo che stampano la propria valuta, si vede che senza
una valuta ampiamente accettata in tutto il mondo il commercio internazionale rallenterebbe e
diventerebbe pi costoso. Leffetto sarebbe simile a quello di erigere barriere commerciali, come ad

L'evidenza empirica conferma che l'entrata in vigore dell'euro ha innalzato la liquidit e l'efficienza dei mercati dei paesi
membri. Nei primi dieci anni di vita delleuro, lo spread tra le quotazioni bid (ovvero le proposte di acquisto degli
operatori finanziari e sui mercati) e quelle ask (le proposte di vendita) delle obbligazioni e azioni quotate in euro
diminuito sensibilmente assestandosi ai livelli di quelli americani (Papaioannu e Portes, 2008).

esempio il famigerato Smoot-Hawley Tariff del 1930 che acu la Grande Depressione. Ci sono molti
studiosi che tracciano un collegamento tra il crollo del commercio internazionale e la guerra. Il grande
economista francese Frdric Bastiat disse che quando le merci non attraversano le frontiere, lo
fanno i soldati. Il sociologo Ralf Dahrendorf, riferendosi ai paesi dellEuropa centro-orientale, dopo
il crollo dellUnione Sovietica, disse, rivolgendosi agli europei occidentali: O vi prenderete le loro
merci o vi prenderete loro. Se non possibile acquisire pacificamente i beni prodotti allestero di
cui si ha bisogno, nasce la tentazione di invadere quei territori per derubarli. Cos, una valuta accettata
quasi universalmente pu essere vitale sia per la pace nel mondo sia per la prosperit mondiale.
Uno dei vantaggi chiave di emettere valuta internazionale quello di poter denominare le proprie
passivit sull'estero nella propria valuta e quindi di potersi indebitare ad un tasso inferiore di quello
che si ottiene sulle proprie attivit sull'estero (Rogoff 1998, Papaioannu 2007). Il fatto che le attivit
finanziarie siano considerate come una riserva sicura di valore fa s che gli operatori siano disposti a
rinunciare ad una parte della remunerazione, o meglio del premio per il rischio, pur di disporre dei
vantaggi e delle caratteristiche qualitative intrinseche della valuta di riserva.
Un paese che ha ambizioni di emettere valuta internazionale dovrebbe anche farsi carico di
mantenere un valore il pi possibile stabile nei confronti delle altre divise. In particolare, due sono
gli elementi critici da tenere sotto controllo: uno riguarda il livello di inflazione, che deve essere
tenuto ad un livello basso e stabile, l'altro concerne il grado di indebitamento del paese, sia interno
che estero.Anche il fatto di avere una banca centrale credibile, che in caso di crisi eserciti anche il
ruolo di prestatore di ultima istanza, un fattore determinante nella scelta della valuta di riserva. I
comportamenti dei paesi che hanno mantenuto la sovranit monetaria, a partire dalla Federal Reserve
(Fed), al contrario di quelli dellEurozona, davanti alla crisi 2007-2009, ne sono stati esempi evidenti.
Al tempo stesso l'emissione di valuta di riserva internazionale presenta anche alcuni punti di
svantaggio come ad esempio quello di dover accettare una variabilit pi pronunciata nella domanda
della propria valuta rendendo pi arduo per la banca centrale il compito di controllare gli stock
monetari nel caso in cui quest'ultima decida di intervenire sul mercato dei cambi. Inoltre il paese che
emette valuta di riserva si dovrebbe fare anche carico dellonere di operare non solo per il
perseguimento dei propri obbiettivi macroeconomici interni ma anche di agire in modo tale da
mantenere gli equilibri dei mercati mondiali.
In sintesi, per capire se una moneta il fulcro del sistema rispetto alla posizione subalterna delle
altre valute, si sono rivelati utili strumenti semplici e diretti come l'analisi del turnover valutario sul
Forex7 oppure l'andamento nel tempo delle riserve detenute dalle banche centrali.

2.2 La sterlina e il dollaro


Nel corso della storia, una moneta ha sempre prevalso sulle altre come valuta di riferimento del
s.m.i. e non va trascurata la capacit del paese emittente di valuta internazionale di difendere il proprio
status anche con l'uso della forza. Come testimoniano gli imperi, nella storia sono rari i tentativi di
introdurre ununione monetaria senza ricorrere alla forza delle armi. Da pi di duemila anni, la moneta
uno degli strumenti principali della sovranit usato dai detentori del signoraggio per finanziare le
proprie spese con una forma di tassazione senza rappresentanza politica come la chiamavano i
7

Il foreign exchange market, detto pi comunemente Forex, il pi grande mercato valutario del mondo, in termini di
valore delle transazioni, e include gli scambi che avvengono tra importanti istituzioni bancarie, banche centrali,
speculatori valutari, imprese multinazionali, governi e altri mercati finanziari ed istituzioni.

protagonisti della rivoluzione americana del 1776 (Romagnoli, 2013,27). Non un caso che le due
valute internazionali per eccellenza degli ultimi due secoli, la sterlina ed il dollaro, siano state
sostenute dagli eserciti e dalle flotte pi grandi, potenti e temuti del mondo, come era avvenuto negli
imperi precedenti. I paesi militarmente avanzati possono dunque offrire una ulteriore garanzia a
sostegno del valore della propria valuta.
Il rapporto tra moneta e potenza emerge chiaramente da un confronto storico tra le grandi monete
imperiali degli ultimi due secoli: dollaro e sterlina. Nel corso del XX secolo la sterlina stata
sostituita, come prima moneta internazionale, dal dollaro statunitense. Non stato un processo senza
difficolt. Gli Stati Uniti erano divenuti la prima economia del mondo ormai nellultimo quarto
dellOttocento. Ma lInghilterra e il suo impero resistevano come principali fornitori e intermediari
di capitali. Londra continu ad assolvere questo ruolo fino a quando fu possibile richiamare capitali
da intermediare. La prima guerra mondiale introdusse i controlli del movimento dei capitali per farli
restare nelle economie nazionali. In retrospettiva storica, il mancato sorpasso del dollaro sulla sterlina
all'inizio del '900 pu essere attribuito alla mancanza di un istituto centrale negli Stati Uniti che
garantisse le suddette funzioni. Infatti, se l'economa americana aveva gi superato quella britannica,
lo stesso non si poteva dire del sistema finanziario, in cui spiccava lassenza di una banca centrale
che ne garantisse il corretto funzionamento e prevenisse eventuali crisi dei mercati finanziari. La Fed
nacque invece nel 1913, come portato della crisi economica del 1907.
Fino al 1914, la sterlina fu la principale valuta di riserva, grazie alla dimensione del commercio
internazionale britannico e allindiscusso primato della City quale mercato dei capitali. Londra us la
primazia internazionale del pound per fare credito, in primis agli Stati Uniti in pieno boom
demografico e infrastrutturale, usando le risorse guadagnate dalla perla dellimpero, lIndia, tramite
la concentrazione delle produzioni primarie. Il surplus del commercio estero indiano non era
reinvestito nelleconomia locale, ma convogliato dai vicer inglesi nella City londinese e da qui
redistribuito, sotto forma di investimenti, allAmerica emergente. In parte serviva a finanziare le
guerre di Sua Maest, come quella anglo-boera. Questo circuito finanziario, che aveva a Londra il
suo fulcro, e nella sterlina il veicolo, aveva dunque unimpostazione coloniale prettamente
ottocentesca. La madrepatria sfruttava la sua principale colonia (lIndia) per finanziare, a interesse,
lo sviluppo della sua principale ex colonia (gli Stati Uniti). Quando Washington divenne il grande
creditore mondiale (durante e dopo il primo conflitto mondiale) e Londra perse progressivamente il
suo status di potenza finanziaria, commerciale, navale e, da ultimo, coloniale (dopo il 1948), si
affacci un nuovo paradigma. Il dollaro non fu usato per travasare ricchezza da una regione allaltra,
esigendo una tassa di transito nella veste degli interessi pagati alle grandi banche londinesi.
Piuttosto inond il mondo intero occidentale (prima e dopo il crollo dellURSS) come contropartita
delle crescenti importazioni statunitensi dal resto del globo. Il risultato stata unindiscussa centralit
monetaria pagata al prezzo di un alto deficit commerciale, a sua volta sostenuto anche da un
indebitamento pubblico e privato reso possibile proprio da questo signoraggio. Nonostante la fine di
Bretton Woods, il dollaro riuscito a conservare un ruolo centrale. A riprova che la forza di una
valuta data in primo luogo dalla potenza economica e politico-militare che il suo emittente in
grado di esprimere, ma anche delluso che ne fa. In questottica tornato utile il paragone con la
sterlina.
Uno dei maggiori sostenitori della teoria che la valuta dominante del sistema venga scelta per
ragioni geopolitiche, piuttosto che di natura prettamente economica, stato Adam Posen (2008, 93).
6

Dalla sua analisi emerge come, sebbene per molti paesi sarebbe stato pi consono mantenere un peg
con l'euro o addirittura con lo yen o il renmimbi, in virt del fatto che gli scambi con l'estero sono
principalmente indirizzati verso i paesi, che emettono quelle monete, con conseguente
sincronizzazione degli shock, la maggior parte di essi sono stati riluttanti ad abbandonare un cambio
fisso con il dollaro e a smettere cos di sostenere il deficit con l'estero americano. Posen ha sottolineato
come alla base della scelta della valuta di riserva vi siano principalmente delle ragioni geo-strategiche
e di sicurezza nazionale dei vari paesi coinvolti. La Germania Ovest ed il Giappone ne sono stati gli
esempi storici pi eclatanti, almeno fino alla creazione delleuro. Ma anche quello della Francia, con
De Gaulle che nel 1966 usc dalla Nato per controversie con gli Stati Uniti e il Regno Unito, o la
firma del Trattato di Maastricht (per la nascita delleuro) subito dopo limplosione dellUnione
Sovietica ne sono esempi importanti. Sembra dunque evidente, da questi esempi storici, come le
ragioni geopolitiche abbiano avuto, nel corso degli anni, una importanza fondamentale nell'ergere il
dollaro quale valuta dominante. La maggior parte dei paesi che ospitano truppe americane sul proprio
suolo sono quelli che hanno scelto, de iure o de facto, un cambio fisso con il dollaro. Dal Giappone
alla Corea del Sud e all'Arabia Saudita, i maggiori finanziatori degli Stati Uniti sono quelli che pi
dipendono da essi per la propria difesa nazionale. In questa ottica si pu comprendere meglio come
l'ascesa della Cina sia vista con sospetto e con preoccupazione dalle autorit americane. La Cina non
legata agli Stati Uniti da alcun vincolo militare, anzi essa pu essere percepita sostanzialmente come
un paese rivale, sia economicamente che politicamente.
Prerogativa della valuta dominante quella di influenzare fortemente i tassi delle altre valute ed
al tempo stesso ricevere una quantit limitata di feedback. Sia la Gran Bretagna del XIX secolo, sia
gli Stati Uniti durante il periodo di Bretton Woods hanno potuto godere di tassi d'interesse a lungo
termine inferiori rispetto a quelli degli altri paesi, confermando dunque uno degli elementi
caratteristici della dominanza delle rispettive valute. Questa esperienza si interrotta nel periodo
1995-2008 ma inaspettatamente ripresa negli anni successiva allultima crisi. Il vero elemento di
differenziazione che emerge tra la dominanza della sterlina e del dollaro per un altro. La Gran
Bretagna, per tutto il lasso di tempo che la sterlina stata la valuta di riferimento del sistema, era un
paese con una enorme capacit di generare un consistente surplus di partite correnti. Nel periodo tra
le due guerre mondiali la posizione sull'estero britannica inizi a declinare diventando negativa nel
1931. in questo periodo che di fatto inizia la transizione con il dollaro che, lentamente ma
inesorabilmente, si approprier del ruolo di valuta di riserva internazionale. Nel periodo 1960-1971,
gli Stati Uniti risultano anch'essi un paese con un lieve surplus di partite correnti ma con una bilancia
dei pagamenti negativa gi a partire dal 1958 (Bordo, 1992). Tramite questo deficit della bilancia dei
pagamenti, gli Stati Uniti fornivano la liquidit necessaria al funzionamento del Nel sistema. Cos
facendo per hanno perduto credibilit come debitore affidabile nei confronti del mondo, dando luogo
al noto dilemma di Triffin (1960)8. Un solo anno di deficit di partite correnti, il 1971, ha fatto crollare
il sistema a cambi fissi (Alessandrini, Fratianni, 2009a).
La seconda economia mondiale del XIX secolo, la Cina, era poco aperta agli scambi con lestero:
la sua moneta, ancorata allargento quando il resto del mondo aderiva al gold standard, era poco
scambiata sui mercati: mancavano le condizioni per farne una moneta di riserva. Tra le due guerre
mondiali, il dollaro si affianc alla sterlina come valuta di riserva, in un mondo diventato multipolare,

Si tratta del dilemma fra finanziamento dei commerci mondiali con riserve in dollari (l'unica strada percorribile dal
momento che la produzione aurea era insufficiente) e il venir meno della fiducia nella convertibilit del dollaro in oro.

nel quale la Cina non trov spazio. A Bretton Woods, Keynes combatt, senza successo, una battaglia
fuori tempo per la creazione di una valuta internazionale, il bancor che, nella sua visione, avrebbe
limitato lo strapotere del dollaro conservando un ruolo alla sterlina. Dopo il 1945, allegemonia
economica, politica e militare degli Stati Uniti si accompagn il quasi totale monopolio del dollaro
quale mezzo di pagamento internazionale e, dunque, moneta di riserva. Il privilegio esorbitante del
dollaro, denunciato e combattuto da De Gaulle, era radicato nella struttura stessa delleconomia
mondiale della quale gli Stati Uniti costituivano ben il 40 per cento.
Ricerche recenti hanno mostrato che il gold standard classico pu essere considerato un sistema
molto pi decentrato se paragonato ai sistemi monetari che si sono poi susseguiti nei periodi
successivi (Alessandrini, Fratianni, 2009a) e si pu affermare che il dollaro abbia assunto il ruolo di
valuta di riserva in una maniera molto pi accentrata rispetto alla sterlina di fine XIX secolo. Il sistema
di Bretton Woods9 era imperniato sul dollaro, attorno a cui gravitavano soprattutto le monete ad esso
geograficamente pi prossime, come quelle latinoamericane. Queste avevano tuttavia una banda di
oscillazione relativamente ampia, essendo tali paesi incapaci di sostenere un cambio rigido con il
dollaro. Le divise che hanno sostenuto il sistema sono state quelle europee. Il sistema non era perfetto:
gi prima del 1971, quando Richard Nixon sospese la convertibilit del dollaro in oro, vi erano state
le rivalutazioni del marco tedesco e le svalutazioni della sterlina britannica. Con lo Smithsonian
Agreement del dicembre successivo, Germania, Belgio, Canada Stati Uniti, Francia, Italia, Giappone,
Olanda, Regno Unito e Svezia abbandonarono il sistema di cambi fissi e aprirono il ballo delle
valute. Tuttavia, a posteriori, stupisce che un assetto monetario ancorato alle riserve doro delle
Banche centrali abbia tenuto per quasi trentanni in un mondo che, dal miracolo economico europeo,
ha visto espandere il commercio internazionale e con esso gli scambi di valute.
Seguendo la concettualizzazione di Cohen (2006), il potere monetario a livello macroeconomico
si manifesta con la capacit di un paese di evitare il costo degli aggiustamenti degli shocks o
rinviandolo10 o spostandolo su altri paesi. Per conseguire questo scopo il paese deve possedere
autonomia e influenza. La prima, che secondo Cohen precede la seconda, si manifesta attraverso la
scelta delle politiche economiche. La seconda, attraverso la capacit di imporre ad altri paesi
cambiamenti nelle loro politiche economiche. Ci pu avvenire sia direttamente, imponendo la
propria volont nelle scelte, che indirettamente attraverso la institution building che promuove idee e
weltanschaung.
Leuro, al contrario del dollaro, ha mostrato al mondo (Asia, Africa, America Latina, Medio
Oriente) il successo potenziale di un modello di regionalizzazione monetaria basato su adesioni
pacifiche e volontarie contrapposto a quello unico egemone a livello mondiale (Marzovilla,
Romagnoli, 2013; Marzovilla, 2016a). Il consolidamento delleuro nel suo primo decennio di vita ha
suggerito una possibilit reale di orientare il s.m.i. verso un approccio veramente multivalutario che
potesse includere anche il renmimbi. La posizione di Zhou Xechouan e la recente inclusione del
renmimbi nel basket dei DSP sono tributari dellesperienza delleuro. Ma leuro stato
9

Il sistema di Bretton Woods, in vigore dal 28 luglio 1944 al 15 agosto 1971, era basato, da un lato, sulla convertibilit
del dollaro in oro consentita a tutti i governi membri (non ai singoli cittadini e alle imprese), garantita dal governo degli
Stati Uniti e dalle sue enormi riserve auree (circa 25 miliardi di dollari nel 1949, scese poi a circa 11 miliardi nel 1971) e
dall'altro sui cambi fissi, ma aggiustabili in caso di ''squilibrio fondamentale'' della bilancia dei pagamenti (Tullio, 1994).
10
Gli Stati Uniti hanno accumulato deficit correnti dalla fine degli anni 70 senza sopportare costi di aggiustamento e ci
ha consentito ai suoi cittadini di consumare al di l delle loro risorse.

paradossalmente vittima del proprio successo perch ha adottato un cambio flessibile, invece che
fisso, verso lesterno e mentre stato in grado di assorbire le oscillazioni di cambio con il dollaro
(fino all85% tra il 2002 e il 2008) senza perdere, nel complesso, quote di commercio internazionale,
ha per creato squilibri allinterno dellEurozona. Ci ha avvantaggiato la Germania a discapito dei
paesi della periferia sud sui quali ricaduto il peso della crisi statunitense a causa della perdita della
loro competitivit. La competizione interna allEurozona ha inibito la sua capacit di influenza per la
riforma del s.m.i.. Ci ha mostrato anche le mancanze dellEurozona nella governance 11oltre
allincapacit di gestire il tasso di cambio delleuro quando la sua stabilit ha incoraggiato chi aveva
riserve in dollari, in particolare la Cina, a diversificarle a favore delleuro. Lunione monetaria ha
aumentato lautonomia dellarea, come dimostrano i ritardi nelle politiche espansive e nellinsistenza
in quelle restrittive, ma la mancanza di unione politica e fiscale e di forza militare autonoma ha reso
impraticabile la sua influenza anche allinterno del FMI. Anche la Cina ha acquistato autonomia
attraverso laccumulo di 3500 miliardi di dollari di riserve che la pongono al riparo dagli shocks
esterni e le consentono di minacciare il valore del dollaro. Ma la forza militare della Cina, nonostante
il riarmo in corso, non le consente di competere con gli Stati Uniti. Cohen (2008) ha concluso che gli
squilibri globali hanno aumentato lautonomia di Europa e Cina ma non altrettanto la loro capacit di
influenza. La forza militare degli Stati Uniti, al contrario, d a questo paese la capacit di negoziare
la centralit del dollaro negli scambi internazionali, come si vede nei casi di Giappone e Arabia
Saudita.
Come dimostra la crisi del debito esplosa nel 2007-2008 proprio negli Stati Uniti, nessun pasto
gratis. Nel mondo nuovamente multipolare di fine e inizio secolo, il declino del dollaro come moneta
di riserva stato assai lento, come era stato quello della sterlina tra le due guerre. Il dollaro stato
affiancato, come partner minore, dalleuro, mentre il prepotente emergere della Cina come seconda
economia mondiale non aveva ottenuto lambito riconoscimento ufficiale dellimportanza del
renminbi. Ma lassetto attuale del s.m.i. consente al dollaro di restare centrale, malgrado le sue
debolezze e il relativo ridimensionamento politico-economico degli Stati Uniti prodotto dalla temuta
rise of the rest, lascesa del resto del mondo.

3. Il dollaro
3.1 Dalla crisi di Bretton Woods alla nascita delleuro
Con il sistema di Bretton Woods, gli Stati Uniti avevano proposto ai paesi del globo di collegare le
varie monete nazionali al dollaro, l'unica valuta convertibile con l'oro, a 35 dollari per oncia. Nel
tempo, il modello di Bretton Woods realizz la leadership del dollaro, ma proprio la convertibilit
aurea, che impediva alla Fed di stampare valuta ad libitum, riduceva il suo margine di manovra. Il
FMI era stato istituito con il preciso scopo di monitorare le azioni della Federal Reserve, garantendo
che non avrebbe inflazionato il dollaro e che sarebbe sempre stata pronta a scambiare dollari in oro a
$35 loncia. I Paesi avevano, quindi, fiducia che i dollari in loro possesso erano tanto buoni come
loro, come lo era stata la sterlina inglese nel gold standard (Marzovilla, 2016b). Tuttavia la FED
11

Si pu dire che la governance sia una forma di governo priva di rappresentanza democratica.

non ha mantenuto il suo impegno preso a Bretton Woods e il FMI non ha cercato di costringerla a
detenere abbastanza oro da onorare il rimborso della valuta in circolazione a $35 loncia. Durante gli
anni 60 gli Stati Uniti finanziarono la guerra in Vietnam e la guerra alla povert con lemissione di
dollari non coperti da oro.
Peraltro gli Stati Uniti decisero, durante gli anni 50 e 60, di partecipare a conflitti finanziariamente
assai dispendiosi che impedirono di gestire lequilibrio tra dollari e riserve auree12. Come Charles De
Gaulle che, consigliato da Jacques Rueff e sospettoso della tenuta del dollaro, ordin, nel 1965, al
Ministero delle Finanze e alla Banca Centrale francesi di convertire in oro lintero portafloglio di
circa 2,3 miliardi di dollari, molti paesi emularono laffondo di De Gaulle spingendo Washington a
un passo dal collasso. Il volume di dollari in circolazione super la capacit degli Stati Uniti di
rimborsarli a 35 dollari loncia. Dopo essere stato usato come moneta di scambio e di riserva per oltre
venti anni, il dollaro aveva perso il legame con loro. E gli Stati Uniti abbandonarono il gold standard.
Tuttavia il dollaro si trovava ancora come moneta di riserva di molte banche centrali, poich serviva
ancora a saldare i conti commerciali internazionali. Non cera altra valuta che potesse competere col
dollaro, nonostante il fatto che fosse slegato dalloro.
Il sistema di Bretton Woods collass principalmente per tre ragioni (Bordo 1992). Per prima cosa,
due crepe minacciavano il sistema dall'interno. La prima era che il paese leader si era esposto ad una
crisi di convertibilit in oro, dovendo esso fornire al mondo la liquidit necessaria, tramite i propri
deficit di bilancia dei pagamenti, in modo da permettere al s.m.i. di funzionare e, al tempo stesso, far
s che non sorgessero dubbi sulla sua effettiva capacit di convertire i dollari in circolazione in oro
(Triffin 1960). Il secondo difetto endemico era da ricercarsi nel fatto che il sistema, in cui le parit
erano aggiustabili si era trasformato; i tassi di cambio era di fatto fissi precludendo cos aggiustamenti
ufficiali tra i paesi in surplus e quelli in deficit. La terza ragione, che viene spesso evidenziata, che
la politica monetaria statunitense, a partire dalla seconda met degli anni '60, sia stata inappropriata
per il ruolo di valuta cardine attribuita al dollaro. L'aumento della spesa pubblica, trainato dalla guerra
del Vietnam, aveva comportato una politica inflazionistica che aveva favorito il collasso del sistema.
I paesi in surplus, la Germania in primis, ma anche il Giappone, erano riluttanti sia ad accumulare
ingenti riserve di dollari sia a rivalutare la propria moneta, che avrebbe penalizzato le proprie
esportazioni. Per questo, si pu pensare che la politica guns and butter di Lyndon B. Johnson, per
creare consenso durante la guerra del Vietnam, sia stato lantecedente della politica dei sub prime
mortgages di George W. Bush jr. durante le guerre in Afghanistan e in Iraq. La pressione di stampare
denaro venuta dalla politica sia per il welfare state sia per la guerra. Entrambe rappresentano attivit
che consumano capitale; non sono investimenti che possono garantire un rendimento. In un
ambiente con moneta pegno, dove lofferta di moneta non pu essere inflazionata, viene a galla la
vera natura della guerra e del welfare state. La utilizzazione di una moneta pegno pone un limite
naturale alla quantit di fondi che una societ disposta a dedicare ad essi. Ma in un contesto di fiat
money, sia la guerra sia il welfare state possono espandersi nel breve periodo in modo incontrollato,
perch le conseguenze negative si fanno sentire solo pi tardi e il legame tra la spesa e il danno che
arreca alleconomia poco conosciuto.
Se nel 1944, essi possedevano 19.500 tonnellate di oro (circa l80% delle riserve auree mondiali), dopo aver raggiunto
un massimo di di 20.500 tonnellate nel 1957, le riserve auree erano scese a 8500 nellagosto del 1971. Da allora sarebbero
rimaste pari a circa 8.200 tonnellate.
12

10

Nei primi anni 70, il dollaro sub un forte declino, ma fu salvato grazie al sostegno dei paesi
esportatori di petrolio con la prospettiva di elevarne il prezzo. Nel 1971, Nixon ordin unilateralmente
la cancellazione della convertibilit diretta del dollaro degli Stati Uniti con loro chiedendo
contemporaneamente ai paesi produttori che gli scambi di petrolio fossero denominati in dollari. Da
quel momento il controllo sul commercio di petrolio divenne la priorit della politica estera di
Washington. Unione Sovietica e Cina si rifiutarono, allora, di candidare le rispettive monete e
continuarono a usare il dollaro per i loro commerci13. Abbandonato loro, Washington aveva collegato
il dollaro alla risorsa energetica strategica per eccellenza che cos divenuta la base del nuovo s.m.i.14.
Labbandono graduale delloro a favore della denominazione degli scambi petroliferi ha attirato
sul dollaro linteresse del mondo intero. Per la prima volta, sostrato di una valuta non era pi un
metallo prezioso, ma la credibilit del governo statunitense che se ne sarebbe servito per accrescere
la propria influenza e sottrarre ricchezza al resto del mondo. I due shock petroliferi del 1973-74 e del
1979-80, l'enorme crescita della spesa pubblica in molti paesi, le politiche ''reaganiane'' degli inizi
degli anni 80 e la crisi del debito dei paesi in via di sviluppo (pvs) avevano contribuito in misura
significativa a trasformare un sistema, che pur con i suoi difetti era sempre un sistema, quasi in un
''non-sistema'' (Tullio, 1994). Esso ha portato a disavanzi senza precedenti delle partite correnti di
molti paesi, incluso quello che emetteva la valuta di riserva 15. Oltre ai pericoli protezionistici derivanti
dalle eccessive oscillazioni dei cambi, e inflazionistici o deflazionistici derivanti dall'assenza di
regole riguardanti la creazione di liquidit internazionale, esiste un terzo problema: quello del debito
estero di numerosi pvs. Esso incrina la stabilit del sistema bancario internazionale e rallenta lo
sviluppo economico mondiale per effetto delle politiche restrittive che i paesi indebitati sono costretti
a seguire.
All'indomani della fine del sistema di Bretton Woods, il mondo si ritrov in uno scenario del tutto
inedito con l'adozione di un sistema di cambi flessibili. Il tentativo del dicembre 1971 di ristabilire i
cambi fissi fra le principali valute con gli accordi smithsoniani fall nel febbraio-marzo 1973,
quando le principali valute furono lasciate fluttuare pi o meno liberamente16. Da allora il s.m.i. si
sfaldato lasciando il posto a un grado di cooperazione fra le politiche economiche dei principali paesi
assai variabile nel tempo, a una gestione comune delle situazioni di crisi con il contributo del FMI, a
cambi molto instabili, a consistenti deviazioni dei cambi dai livelli di equilibrio e a disavanzi delle

Uninerzia globale che, nellottobre del 1973, consent agli Stati Uniti di ottenere dai membri dellOpec che la vendita
di greggio sarebbe stata effettuata in dollari.
14
Nel 2014, sebbene la quota statunitense sul Pil mondiale non superasse il 22%, l80% dei pagamenti internazionali
avvenuto in dollari.
15
Per quasi trenta anni, gli Stati Uniti hanno avuto grandi disavanzi correnti, in media superiori al 3% del Pil. Il deficit
statunitense di parte corrente si contratto solo negli ultimi anni da 1,4 migliaia di dollari (il massimo raggiunto nel 2009)
a 438 miliardi nel 2015 (FRED Economic Data St. Luis).
16
Per quanto riguarda la flessibilit dei cambi dopo il 1973, si credette dapprima, sotto l'influenza di autorevoli contributi
accademici, tra gli altri, quello di Milton Friedman (1951), che essa potesse conciliare il raggiungimento degli obiettivi
economici interni (bassa inflazione, piena occupazione) con quelli esterni (equilibrio delle bilance dei pagamenti).
L'esperienza mostr, invece, che in assenza di sufficiente coordinamento delle politiche economiche fra i principali paesi,
le oscillazioni dei cambi risultavano troppo elevate e tali da mettere in serio pericolo la libert degli scambi internazionali,
uno dei presupposti della crescente prosperit economica del periodo post-bellico e la stessa sopravvivenza dell'industria,
in particolare negli Stati Uniti e nel Regno Unito nella seconda met degli anni 70. Nonostante i pericoli insiti nelle
eccessive deviazioni dei cambi dal livello di equilibrio, le svalutazioni si rivelarono molto efficaci nel ridurre i disavanzi
correnti, soprattutto se accompagnate da adeguate misure di contenimento della domanda aggregata. Nel caso degli Stati
Uniti il forte deprezzamento del dollaro, a partire dal 1985, ebbe successo, anche se ag lentamente. Altrettanto avvenne
in Italia dopo il settembre 1992, quando la lira si svalut del 30% circa rispetto al marco tedesco (Tullio, 1994).
13

11

partite correnti senza precedenti. I cambi fissi vennero progressivamente abbandonati, anche nelle
forme di currency board e di dollarizzazione quando si cominci a capire che molte delle crisi
valutarie che ebbero luogo tra gli anni '70 e '80, specialmente in America Latina, erano da attribuirsi
principalmente ad attacchi speculativi contro valute che non erano pi in linea con i fondamentali
dell'economia, causando, di conseguenza, gravi perdite di ricchezza ai paesi colpiti. Vari tentativi e
proposte di riportare un certo ordine nel sistema dei cambi si sono susseguiti da allora, come ad
esempio il Serpente Monetario in Europa, ma senza mai dar luogo ad assetti stabili e duraturi,
soprattutto a causa della asimmetria nel sostenimento degli oneri di aggiustamento degli squilibri.
Una proposta d'introdurre regole che garantissero una maggiore stabilit dei cambi, ma senza tornare
all'eccessiva rigidit di Bretton Woods, fu quella delle ''zone obiettivo''17, proposta che ha sempre
trovato l'opposizione di principio degli Stati Uniti e del Regno Unito per il timore delle conseguenze
politiche di un riequilibrio dei conti pubblici (Williamson, 1986).
Dopo la svalutazione del dollaro concordata al Plaza Hotel nel 1985, l'atteggiamento statunitense
mut ancora con gli accordi del febbraio 1987, detti del Louvre. Con essi i principali paesi
industrializzati si impegnarono a coordinare pi strettamente le loro politiche economiche al fine di
mantenere i cambi stabili intorno ai livelli raggiunti a quella data. Ma gli accordi del Louvre sono
rimasti solo un primo, fragile passo verso un s.m.i. basato su cambi pi stabili. Fa eccezione il Sistema
Monetario Europeo (SME), un accordo regionale, formalmente simmetrico, entrato in vigore nel
marzo 1979, che ha registrato un notevole successo nello stabilizzare i cambi e l'inflazione, all'interno
dell'Europa, fino alla crisi dei cambi del settembre 1992. Questo sistema prevedeva che le valute
europee dovessero oscillare intorno ad una parit prefissata rispetto alle altre valute e che le autorit
centrali fossero in grado di intervenire sul mercato per mantenere queste parit. Ovviamente non vi
erano interventi sul mercato dei cambi nei confronti di valute extra SME. Tolto questo caso fortunato
che, tra alti e bassi, alla fine degli anni '90 ha portato alla creazione della nuova valuta europea, l'euro,
i restanti tentativi di sistemi monetari a cambi fissi hanno riguardato paesi di secondaria importanza
o si sono conclusi in maniera disastrosa per chi li ha adottati, come nel caso eclatante del currency
board argentino dal 1991 al 2002. Unica, ma significativa eccezione, tra i sistemi a cambi fissi, negli
ultimi 20 anni, stato quello tra il renmimbi e il dollaro.
Tra Stati Uniti e Cina esiste, dal 1995, un regime di cambio a fluttuazione controllata compatibile
con il mantenimento di un tasso di cambio reale sottovalutato della moneta cinese. Questo s.m.i.,
indicato come Bretton Woods II18, da una parte, ha generato sufficiente competitivit di prezzo a
vantaggio delle esportazioni cinesi che agirebbero come motore di crescita sufficiente ad assorbire la
manodopera proveniente dalle zone rurali che altrimenti rimarrebbe disoccupata, dallaltra ha
consentito agli Stati Uniti, che si sono specializzati su science based goods di acquistare a buon
mercato beni ormai non pi prodotti allinterno. Linvestimento delle riserve ufficiali, causato da
Bretton Woods II, consente oltre a un ruolo di self insurance anche quello di produrre rendimenti per
i paesi creditori emergenti. Questa politica isola la crescita dalla domanda interna privilegiando quella
estera. In tal caso il ciclo tra economie emergenti e paesi industrializzati aumenta la sua correlazione
esponendo i primi al rischio di recessione importata dai secondi. Paradossalmente il rischio

17

Esse consistono in una banda larga (fra 5 e 10%) intorno a parit centrali aggiustabili al variare dell'inflazione e di
altre variabili macroeconomiche fondamentali.
18
Nella letteratura, questo sistema viene chiamato anche Flexible Dollar Standard o Pacific Dollar Standard.

12

finanziario viene ridotto da una maggiore esposizione nei confronti dellestero generata da una
maggiore interdipendenza commerciale. Il decoupling19 rimane, quindi, un semplice miraggio.
All'inizio del XXI secolo lo scenario mutato con lingresso dell'euro sullo scenario planetario.
Questa nuova moneta, di cui si sono dotati alcuni paesi europei in sostituzione delle vecchie divise
nazionali, divenuta presto il pi serio rivale del dollaro per la leadership valutaria internazionale
(Alessandrini, Fratianni, 2009a). Ci avvenuto soprattutto a causa di alcune scelte delle varie
amministrazioni che hanno continuato a indebolire la posizione statunitense, ormai da oltre un
ventennio, un debitore netto nei confronti del mondo.
3.2 Lo status del dollaro
Il dollaro stata la valuta dominante nel periodo di Bretton Woods, sia per quanto riguarda le riserve
detenute, sia per la sua denominazione del trade, ma ci era prevedibile se si considera che il dollaro
era l'unica valuta convertibile con l'oro. Sorprendentemente ha continuato ad esserlo anche dopo il
crollo del regime a cambi fissi, anche se non era in grado di conservare il suo valore nel tempo nei
confronti di altre valute, perch non cera concorrenza. Naturalmente anche fattori non economici
sono entrati nella domanda di dollari, dal momento che gli Stati Uniti erano il protettore militare di
tutte le nazioni occidentali contro i paesi comunisti.
Il dollaro non solo sopravvissuto, ma per un certo periodo ha rafforzato addirittura la sua
posizione20. Alla fine del 2015, il dollaro rappresentava il 64,0% delle riserve delle banche centrali
(a fronte del 21% in euro) e risulta, quindi, essere la valuta pi scambiata sul mercato dei cambi e
quella pi usata per la fatturazione da parte delle aziende (IMF, 2015). Il dollaro rimane ancora oggi
la valuta dominante del s.m.i. e il segno pi chiaro di questo status dato dal fatto che ancora la
valuta maggiormente utilizzata nel mercato del petrolio. Tuttavia, c una new view (Chitu L.,
Eichengreen B., Mehl A., 2014a), secondo la quale i rendimenti crescenti di scala nellutilizzazione
di una valuta non sono cos forti come stato ipotizzato in passato (Frankel, 2009) 21 e ci lascia
supporre che, se non si tiene conto della forza militare degli Stati Uniti, anche in un mercato
omogeneo come questo, ci possa essere spazio anche per altre valute internazionali. Daltra parte, in
precedenza, questi scambi sono stati denominati contemporaneamente in diverse valute
internazionali.
Il dollaro sopravvissuto alla fine di Bretton Woods ma lo scenario attuale veramente un caso unico
nella storia. Il paese leader del sistema, gli Stati Uniti, anche un debitore netto con l'estero
19

La parola venuta di moda per contestare il vecchio detto secondo cui quando gli Stati Uniti starnutiscono il resto del
mondo si prende un raffreddore, economicamente parlando. Oggi, con l'impetuosa crescita dei Bric, il resto del mondo
non pi cos strettamente legato alla buona salute dell'economia americana. Il resto del mondo ha fatto un decoupling.
20
Nel 1977, esso rappresentava circa l80% delle riserve valutarie contro il 56% per cento del 1965. Tuttavia, negli anni
80, la quota del dollaro scesa gradualmente fino a un minimo del 48% (1990). Essa poi risalita nel decennio successivo
per laccumulazione di riserve in dollari da parte dei paesi emergenti e dei pvs (Galati e Woolbridge, 2006). Un nuovo
massimo locale fu raggiunto nel 2001 (70,9%) mentre nel 2010 si avuto un nuovo minimo (Romagnoli, 2013).
21
Un filone rilevante della letteratura economica spiega che il dominio attuale del dollaro da ricercarsi
principalmente nelle sue network externatilities ovvero nell'incremento di efficienza che hanno i mercati, in termine di
diminuzione di costi di transazione, quando si adotta una singola moneta per regolare gli scambi internazionali. Secondo
questi economisti, il fatto che il dollaro sia ancora cos usato pu dipendere dal fatto che lo stato negli ultimi 60 anni e
che la transizione verso un'altra valuta, se eventualmente ci sar, sar per forza di cose lenta.

13

presentando un saldo di partite correnti decisamente negativo, sia in termini assoluti che rapportato
al PIL, e una posizione finanziaria netta sull'estero altrettanto deficitaria. Nonostante ci, il ruolo del
dollaro negli ultimi anni non certo uscito ridimensionato nonostante la crisi, e questo perch il
finanziamento del debito estero statunitense passato principalmente attraverso le banche centrali di
alcuni paesi asiatici, dei quali senza dubbio la Cina l'esponente principale. La crisi del 2008 ha
palesato la preminenza del dollaro, nonostante le profezie del suo crepuscolo, evidenziato la
debolezza dellarchitettura monetaria europea e ristabilito la distanza tra Washington e Pechino. La
politica statunitense ha dominato la finanza e lha utilizzata per fini nazionali. La polverizzazione dei
mutui sub prime, che stata funzionale a una poltica del consenso per le enormi risorse spese nelle
guerre americane in Medio Oriente, ha sconvolto lordine monetario mondiale, posto Wall Street
sullorlo del collasso e minacciato il dollaro di perdere il suo privilegio esorbitante. Il successivo
svolgersi degli eventi ha invece prevalere proprio gli Stati Uniti, lunico paese che pu disporre
simultaneamente di sovranit monetaria, potenza militare, certezza e stabilit istituzionale. La
congiuntura economica internazionale ha finito per colpire soprattutto i rivali degli Stati Uniti,
dallEuropa alla Cina, dalla Russia ai paesi emergenti. Valore intrinseco di una moneta lautorit
politica e militare di chi la emette, ma i leader europei hanno pensato che fosse possibile creare una
valuta senza Stato, o forse hanno pensato che esso sarebbe seguito in tempi pi brevi.
Al contrario, i cinesi, in questo paradossalmente in consonanza con gli americani, non hanno creduto
al primato del mercato sulla sovranit. Essi riconoscono che la potenza e la solidit delle istituzioni
federali statunitensi a determinare lappeal del dollaro, non viceversa. Sono altres consapevoli che
la Marina militare statunitense, potenzialmente in grado di escludere qualsiasi soggetto dal
commercio internazionale, ad aver creato la globalizzazione. E non hanno mai considerato un pericolo
lesposizione verso lestero perch solo un ampio deficit mercantile consente alla moneta di
diffondersi per il globo. Per questo, i cinesi, gelosi difensori del surplus commerciale, hanno
continuato negli anni ad accumulare dollari e a svalutare il renmimbi, in attesa di creare un loro
consistente mercato interno. Consci delle fondamenta su cui si regge la loro supremazia, gli Stati
Uniti si affidano allo Stato o alla guerra per rilanciare leconomia. Fu cos durante il secondo conflitto
mondiale, quando la spesa bellica estrasse definitivamente il paese dalla recessione degli anni Trenta.
Negli anni 80 lAmerica si trasform definitivamente nel principale debitore internazionale,
persuadendo i contribuenti stranieri a finanziare i costi del riarmo americano in funzione antisovietica.
Allo stesso modo, durante la presidenza Bush jr., furono soprattutto i giapponesi e i cinesi, attraverso
limponente sottoscrizione di T-Bonds a sponsorizzare le guerre al terrorismo islamico che manteneva
legemone mondiale impantanato in teatri secondari (Quiao, 2015).
La serie di crisi finanziarie, pi o meno intense, che si sono susseguite con frequenza crescente
dagli anni 80 e 90 fino alla grande crisi dei mutui sub-prime del 2008-2009 non hanno scalfito lo
status del dollaro. Lalta domanda di dollari nel mondo permette al governo degli Stati Uniti di
rifinanziare il proprio debito a tassi dinteresse molto bassi. Da ci, emergono motivazioni
macroeconomiche forti per cui il dollaro considerato un bene di interesse strategico per gli standard
di vita dei cittadini statunitensi (Quiao, 2015). Secondo il generale cinese, ci si manifestato con le
guerre irachene contro Saddam Hussein (1990 e 2003) che aveva deciso di denominare in euro le sue
vendite di petrolio (anche se le motivazioni formali delle due invasioni sono state date rispettivamente
dallinvasione irachena del Kuwait e dalla produzione di armi di distruzione di massa), con le sanzioni
contro lIran che aveva proposto di istituire una Borsa del greggio in euro nel 2005 (anche se la
14

motivazione formale dellerogazione delle sanzioni stata la dissuasione dalla produzione di armi
nucleari) e infine con il rovesciamento del leader libico Muammar Gheddafi nel 2011, che aveva
deciso di passare alleuro nei pagamenti del petrolio, prima dintrodurre il dinaro doro per sostituire
la moneta europea, (anche se, in questo caso, la motivazione ufficiale dellintervento Nato era stato
quello della guerra civile).
Tuttavia, dal 2010, questo scenario cambiato di nuovo a causa della grave e persistente crisi di
secondo livello che ha colpito leuro dopo quella finanziaria internazionale del 2007-2009. Ma in
tutto il mondo, le richiesta di creare un nuovo s.m.i. sempre pi forte. Negli ultimi anni le politiche
degli Stati Uniti, utilizzate per sostenere la posizione internazionale della loro moneta, hanno
incontrato sempre pi spesso opposizione e un numero crescente di paesi ha cercato di abbandonare
il dollaro statunitense e la dipendenza dagli Stati Uniti, perseguendo una politica di dedollarizzazione. Tre Stati sono stati particolarmente attivi in questo campo: Cina, Russia e Iran. Questi
Paesi hanno cercato di perseguire la de-dollarizzazione, insieme ad alcune banche e societ
energetiche europee attive nei loro territori 22.
Sicch, mentre in Europa i governi continentali erano alle prese con la crisi delleuro propiziata dalla
debolezza fiscale dei paesi della sua periferia sud da cui discendono le lunghe politiche dellausterit,
gli Stati Uniti hanno scelto di rispondere attraverso la geopolitica. In linea con i dettami della scuola
keynesiana, la Fed, guidata da Ben Bernanke, ha inaugurato nel novembre 2008 un programma di
Quantitative Easing (QE) che, nellarco di 5 anni, avrebbe registrato un esborso di 4.500 miliardi di
dollari. Esso stato pensato per stimolare la domanda interna e provocare una diminuzione dei tassi

22
Il governo russo ha tenuto una riunione sulla de-dollarizzazione nella primavera 2014, in cui il Ministero delle
Finanze annunci il piano per aumentare la quota di accordi in rubli e il conseguente abbandono del dollaro. Inoltre,
nellagosto 2014 una societ controllata da Gazprom ha annunciato la disponibilit ad accettare il pagamento in rubli di
80000 tonnellate di petrolio, estratto dai giacimenti artici, da inviare in Europa, mentre il pagamento del petrolio fornito
dalloleogasdotto Siberia orientale Pacifico potr essere in renmimbi. Nel maggio 2015, in occasione del vertice di
Shanghai, la delegazione russa firm il cosiddetto affare del secolo per lacquisto, nei prossimi 30 anni, di 400 miliardi
di dollari di gas russo dalla Cina, pagati in renmimbi. Altrettanto vale per i futuri progetti infrastrutturali russo-cinesi
come la ferrovia Mosca-Pechino e la linea ad alta velocit Mosca-Kazan. Lo scorso agosto, il presidente russo Vladimir
Putin ha annunciato che il sistema dei petrodollari dovrebbe diventare storia e che la Russia discute luso di monete
nazionali nelle transazioni con un certo numero di Paesi. La de-dollarizzazione argomento di discussione e accordo
anche nei rapporti bilaterali fra Russia e altri paesi. Il governo russo sta sostituendo il dollaro con monete nazionali nei
suoi rapporti con Iran, Cipro, Egitto e sperava di farlo anche con la Turchia prima degli incidenti nella guerra di Siria.
Queste misure, adottate di recente dalla Russia, si accompagnano alla acquisizione della Crimea e alla destabilizzazione
dellUcraina orientale per spiegare ladozione delle sanzioni da parte dellOccidente. Negli ultimi mesi, anche la Cina si
attivata in questa campagna anti-dollaro, firmando accordi con Canada e Qatar per denominari gli scambi nelle valute
nazionali. Per questa ragione, il Canada divenuto il primo hub oltreoceano del renmimbi in Nord America. Questo fatto,
da solo, potrebbe raddoppiare o addirittura triplicare il volume degli scambi commerciali tra i due Paesi, dato che il
volume dellaccordo di cambio stipulato tra Cina e Canada pari a 200 miliardi di renmimbi. Laccordo della Cina con
il Qatar sul currency swap diretto tra i due Paesi equivale a 5,7 miliardi di dollari divenuto la base per lutilizzo del
renmimbi nei mercati del Medio Oriente. Inoltre, la Cina sta stringendo degli accordi con Iran, India per pagare le materie
prime in valuta cinese. Quindi, nella lotta tra il dollaro, che rimane ancora la valuta dominante, e il renmimbi, quest'ultimo
potrebbe avere la meglio nel medio periodo, anche se con alta volatilit. I paesi produttori di petrolio del Medio Oriente
hanno scarsa fiducia nel dollaro, a causa della esportazione dinflazione, quindi altri Paesi dellOPEC potrebbero firmare
accordi con la Cina. Nella regione del Sud-Est asiatico, la creazione di un centro di compensazione a Kuala Lumpur, che
promuover un maggiore uso del renmimbi un altro importante passo della Cina nella regione. Ci si verificato meno
di un mese dopo che il centro finanziario leader in Asia, Singapore, ha stabilito un rapporto diretto tra dollaro di Singapore
e renmimbi divenendo il centro di scambio del renmimbi nel Sud-Est asiatico. LIran ha recentemente reiterato la sua
riluttanza ad usare dollari nel suo commercio estero. Infine, il presidente del Kazakistan, Nursultan Nazarbaev, ha
recentemente incaricato la Banca nazionale di de-dollarizzare leconomia nazionale (Odintsov, 2015).

15

dinteresse sul debito, oltre a una svalutazione del dollaro, anche se non da una ripresa delle
esportazioni che gli Stati Uniti si aspettano la ripresa della loro economia. Alla base c il dollaro
come moneta di riserva e la credibilit del sistema politico statunitense. Secondo le aspettative della
Fed, poich costrette dalle contingenze, negli anni successivi le principali potenze economiche
mondiali avrebbero finanziato la ripresa statunitense e ridimensionato, paradossalmente cos, le
proprie ambizioni sorte nel contesto della crisi finanziaria. Questa previsione si dimostrata corretta.
Preoccupati dal possibile deprezzamento del dollaro e dallimplosione delleuro, tra il 2009 e il 2013,
la Cina, il Giappone e le economie del G20, dal Brasile alla Turchia, fino al Messico, hanno acquistato
quantit ingenti di dollari sul mercato valutario. A provocare questa reazione sono state motivazioni
di natura semi-mercantilistica. Le nazioni acquirenti volevano frenare il rafforzamento delle proprie
monete, causato dallafflusso di capitali stranieri in cerca di rendite superiori a quelli del debito
statunitense, che rischiava di danneggiare le esportazioni. Allo stesso tempo, hanno accresciuto le
loro riserve ridotte dagli interventi connessi ai salvataggi imposti dalla crisi, per impedire che la
debolezza del dollaro ne erodesse il valore. La poderosa acquisizione ha innesca un circolo vizioso
funzionale agli interessi degli Stati Uniti. Le banche centrali acquistano il 65% delle obbligazioni
federali presenti sul mercato e gli interessi pagati sono crollati dal 4 all1,5%. Nonostante abbiano
creato materialmente la crisi finanziaria mondiale, i titoli americani sono cos rimasti il pi sicuro
degli investimenti23. Lampia classe media fa del paese la destinanzione naturale dellexport
internazionale, Wall Street tuttora la piazza finanziaria pi rilevante del pianeta e il mercato del
debito pubblico statunitense, con i suoi 30.000 miliardi di dollari, il doppio di quello giapponese, il
primo al mondo per importanza. Questa capacit di attrazione delle risorse finanziarie dovuta a
ragioni di tipo militare, giuridico e politico. Talassocrazia inarrivabile, gli Stati Uniti sono rimasti
immuni dagli sconvolgimenti globali che hanno causato. Cos, mentre la crisi finanziaria di secondo
livello frantuma lUEM e mentre il Giappone costretto a spendersi per rafforzare le valute straniere,
tra il 2009 e il 2013 si riversa negli Stati Uniti pressoch la stessa cifra emessa nelle prime due fasi
del QE, Washington non ha speso un soldo per rivitalizzare la propria economia. Hanno provveduto
a questo amici e nemici, economie avanzate e paesi emergenti. Dopo una flessione della domanda
registrata in concomitanza con la nascita delleuro, tra il 2008 e il 2012, la quantit di dollari presente
fuori dei confini nazionali aumenta, invece di diminuire. Gli effetti sulleconomia statunitense sono
notevoli. Il soccorso alleconomia statunitense ha successivamente provocato la reazione delle
cancellerie internazionali, da quella brasiliana a quella tedesca, da quella indiana a quella cinese, che
si sono resi finalmente conto che il QE ha giovato soprattutto agli Stati Uniti mentre ha avuto un
effetto deleterio sul resto del pianeta (praticamente un gioco a somma zero in anni di bassa crescita
mondiale). Paesi con un reddito pro capite assai basso hanno finanziato, in cambio di interessi quasi
nulli, i consumi dei cittadini statunitensi. Nel 2013, la situazione peggiora ulteriormente per i paesi
emergenti. Il 22 maggio 2014, lannuncio della progressiva riduzione del QE rende nuovamente
attraenti i titoli di Stato americani agli investitori privati. In meno di due mesi, le Borse dei principali
pvs perdono quasi mille miliardi di dollari, mentre crolla quello delle valute locali (Quiao, 2015).
Sebbene il tapering24 fosse ritenuto inevitabile, i governi colpiti si sono scagliati contro linsularit
23

La solidit delle istituzioni statunitensi e la rule of law (anche se riferita alla normativa interna piuttosto che
internazionale) garantiscono il rispetto delle transazioni e linviolabilit dei capitali. Anche se vi sono stati casi di sequestri
temporanei, i governi stranieri si aspettano che, pure in tempi avversi, Washington non confischerebbe le loro propriet.
24
Con il termine tapering si indica la progressiva riduzione degli stimoli monetari concessi da una banca centrale
alleconomia (o al sistema bancario) del proprio Stato, che rientra progressivamente allinterno di un sistema economico
indipendente.

16

americana (si riprodotto lo stesso fenomeno che un ventennio prima aveva fatto scoppiare il debito
dei pvs). La Fed per ha rivendicato il ruolo svolto a esclusivo servizio dellinteresse nazionale, ma
limpegno cooperativo preso al G20 stato disatteso. Il successo americano ha indisposto il governo
cinese che ha provato a minare le certezze dellantagonista con la vendita di una piccola parte del
debito statunitense, ma scattata la trappola della sterlina per cui nel rapporto di interdipendenza
tra due Stati rivali, quello che detiene i titoli o le riserve altrui non pu disfarsene se non danneggiando
se stesso. Era gi accaduto alla Francia nel primo dopoguerra quando aveva chiesto alla Gran
Bretagna di convertire le sterline in oro provocando un terremoto finanziario e infine quasi la
bancarotta della Banca di Francia. La stessa sorte toccherebbe oggi alla Cina se provasse ad
affrancarsi dal dollaro con la medesima tecnica. La RPC potrebbe conquistare un margine di manovra
solo se riuscisse a far accettare una riforma del s.m.i. multivalutario in cui il renmimbi diventi moneta
di riserva globale.
Miopie e deficienze altrui, insieme a prerogative proprie, hanno dunque permesso agli Stati Uniti di
mantenere il primato monetario e di riemergere dalla recessione in maniera incruenta. Perfino
lenorme debito nazionale ha cessato di essere una questione urgente, anzi data lattrattivit in
prospettiva delle obbligazioni federali e considerato il vincolo stringente con la Cina, secondo i calcoli
del Tesoro, crescendo del 2-3% lanno, gli Stati Uniti potrebbero non ripianare mai il disavanzo. Per
questo lamministrazione Obama ha continuato a prendere impegni di spesa pubblica piuttosto che
effettuare tagli. Certo, le ataviche disfunzioni della politica statunitense e un incremento del Pil pi
basso del previsto potrebbero incrinare il delicato equilibrio. Proprio la necessit, prevista per legge,
che il Congresso autorizzi il Governo a vendere titoli di Stato quando il debito raggiunge il tetto
prefissato (caso quasi unico al mondo, insieme alla Danimarca) spinge ciclicamente il paese a un
passo dallinsolvenza. Cos lesplosione della bolla degli idrocarburi da scisti potrebbe provocare una
nuova recessione. Tuttavia la crisi iniziata nel 2008 ha danneggiato principalmente gli altri paesi.
LUEM, nella sua forma attuale, rischia linstabilit, il Giappone non riesce a rianimare la propria
economia, la Cina, schiacciata dal finanziamento del debito statunitense, in difficolt. Ne deriva che
al momento legemonia del dollaro non in discussione. Esso rimane la moneta di intermediazione
mondiale per eccellenza, mentre gli scambi in euro restano in gran parte confinati negli Stati che
lhanno adottato. I timori statunitensi sono svaniti quando apparso chiaro che la salute delleuro
strettamente legata a quella delleconomia tedesca. Una valuta globale abbisogna infatti di un centro
che crei e redistribuisca moneta nella periferia e ci possibile attraverso due soli canali: i prestiti e
i deficit commerciali. Dal 1914 in poi, ma soprattutto dopo la seconda guerra mondiale (fatta salva
una breve scarsit del dollaro) immediatamente successiva alla fine del conflitto, gli Stati Uniti
hanno perseguito entrambe le strade. Non cos la Germania, la cui economia ha nelle esportazioni il
suo unico motore di crescita e pertanto risulta strutturalmente incompatibile con un prolungato deficit
dei conti con lestero. Delle preoccupazioni statunitensi per lavvento di un reale concorrente del
dollaro restano tuttavia chiari echi nel tacito obiettivo statunitense di impedire che leuro travalichi il
suo ruolo di moneta regionale (De Cecco, Maronta, 2015).

3.3 Squilibri correnti e il benign neglect


Si deve guardare al concetto di valuta di riserva in modo diverso perch si deve considerare tale
status come un privilegio e una responsabilit, e non come unarma da usare contro il resto del mondo.
17

Come paese emittente di valuta di riserva gli Stati Uniti si sono invece esonerati dall'aggiustare la
propria economia in funzione degli squilibri con l'estero. La prassi della Fed stata quella di
compensare i flussi di capitali in uscita con l'immissione di nuova liquidit nel sistema impedendo ai
tassi americani di innalzarsi, all'economia di contrarsi ed in ultimo al deficit estero di riassorbirsi. La
domanda internazionale di dollari, essendo questi la principale valuta di riserva, non diminuita mai
e ci ha permesso agli Stati Uniti di imporre lonere dell'aggiustamento, tramite lesportazione di
inflazione, sui paesi in surplus. Una politica di disavanzo eccessivo viene sanzionata dagli speculatori
con una fuga di capitali dal paese, seguita da una svalutazione, come nel caso della Gran Bretagna
nel 1931. Il fatto di emettere valuta di riserva ha messo gli Stati Uniti al riparo da questa eventualit.
Gli Stati Uniti hanno avuto un deficit pubblico crescente dallinizio degli anni 90 e la situazione
si deteriorata durante gli anni della crisi finanziaria, come mostra il grafico 1.

Grafico 1 I deficit pubblici statunitensi dal 2005 al 2015

Fonte: Congressional Budget Office


Nel 2012, il debito nazionale degli Stati Uniti ammontava a circa 16 mila miliardi di dollari, oltre
il 100% del Pil, come mostra il grafico 2. Nel 2015 ha raggiunto quasi 19 mila miliardi25.
Grafico 2 Il debito nazionale totale e pubblico26 degli Stati Uniti (migliaia di
miliardi di dollari e in percentuale del Pil) dal 1940 al 2010

LAmministrazione Obama ha fatto crescere il debito pubblico americano di 7,4 migliaia di miliardi, una media di 3,45
miliardi al giorno, producendo il 41% di tutto il debito pubblico della storia degli Stati Uniti. Nel 2007, il debito nazionale
americano era di 6000 miliardi. Nel 2011, dopo un acceso dibattito tra repubblicani e democratici, il Congresso ha
aumentato il limite di indebitamento consentito a 16.4 migliaia di miliardi (e a 16,7 nel 2013), altrimenti il governo
federale sarebbe stato costretto a dichiarare il default.
26
Il debito nazionale (gross) ha due componenti: lammontare dei titoli emessi dal Tesoro che vengono trattati sul mercato
secondario (public), e lammontare dei titoli emessi dal Tesoro non scambiabili detenuti da istituzioni intragovernative.
25

18

Fonte: Congressional Budget Office


Seguendo la tradizionale relazione che sussiste in uneconomia aperta:
S I = NX
dove S indicano i risparmi, I gli investimenti e NX le esportazioni nette, il surplus/deficit di partite
correnti che presenta un paese equivalente alla differenza che c tra il risparmio nazionale, sia
pubblico che privato, e gli investimenti. Se il risparmio nazionale eccede gli investimenti il paese in
questione si trover in una situazione di surplus di partite correnti, viceversa un risparmio nazionale
inferiore alla quota degli investimenti provocher un disavanzo di partite correnti e la necessit per il
paese di finanziare questo eccesso di investimenti utilizzando risparmio e capitali esteri. Nel caso di
un sistema monetario a cambi fissi, il surplus/deficit di partite correnti si tramuta in un
accumulo/decrescita di riserve ufficiali. Ma i dollari sono valuta di riserva.

19

Mentre gli investimenti privati aumentavano negli Stati Uniti, la quota di risparmio privato sul PIL
rimasta pressoch invariata. Questa differenza tra investimenti e risparmio privato stata finanziata
attirando capitali dall'estero ed incrementando il proprio deficit di conto corrente27. Gli Stati Uniti
sono in una situazione di twin deficit in cui ad un consistente deficit della finanza pubblica si associa
anche un deficit nei conti con l'estero. Da una situazione in cui questi squilibri dipendevano
principalmente da elevati investimenti, si passati ad una in cui ad una diminuzione di questultimi,
fisiologica dopo lo scoppio di una bolla, seguita una diminuzione ancora pi marcata del risparmio,
sia privato che pubblico. Il deficit di conto corrente attuale quindi da attribuirsi al basso livello di
risparmio. La differenza non solo numerica: un'elevata spesa per investimenti pu lasciar
presupporre in futuro redditi maggiori oppure un significativo aumento della produttivit cosa che
difficilmente accade quando l'incremento dovuto alla crescita della spesa pubblica militare. Al di l
dei giudizi qualitativi che si possono dare sulle variazioni del saldo di parte corrente, una cosa
accomuna entrambi i tipi di deficit ovvero il loro bisogno di trovare finanziatori sul mercato dei
capitali esteri per poter essere colmati. Gli Stati Uniti lanno trovato nella RPC.
Lampliamento degli squilibri di parte corrente hanno assunto una dimensione tale da essere
definiti squilibri globali. Questi vengono motivati in due modi. Secondo alcuni analisti, essi riflettono
lesito ineludibile della diversa struttura demografica delle economie avanzate rispetto a quelle
emergenti: questa una delle ragioni del saving glut mondiale di Bernanke. Secondo altri analisti, gli
squilibri sarebbero causati dalla politica di export led growth praticata dalla Cina e dagli altri
BRICS28.
Se i bassi tassi d'interesse hanno facilitato i consumi a discapito del risparmio delle famiglie
americane, creando i presupposti per una corsa all'indebitamento, pi sottile il meccanismo che si
annida nella scelta di collocare gli investimenti in un settore piuttosto che in un altro. I bassi tassi
d'interesse hanno certamente favorito lo sviluppo di quei settori come ad esempio quello dei beni non
tradable, come ad esempio l'edilizia, a discapito dei beni commerciati internazionalmente, i cosiddetti
tradable. Questo fatto, coniugato alla grande concorrenza internazionale delle merci asiatiche a basso
costo, ha fatto s che l'industria manifatturiera americana sia stata pesantemente ridimensionata da
Bretton Woods II (Obstfeld, Rogoff, 2005). Un eventuale aggiustamento del deficit di conto corrente
americano sar tanto pi facile da fronteggiare quanto pi l'economia americana sar in grado di
sostituire i beni importati dall'estero con quelli prodotti tra le mura domestiche. Siccome questa
27

Durante gli anni '90, il deficit delle partite correnti stato in parte contenuto dal fatto che il deficit della finanza pubblica
americana si mantenuto su livelli bassi, anzi registrando un surplus negli anni '97, 98 e 99. negli anni
dell'amministrazione Clinton che si comincia ad innescare la bolla speculativa della new economy e dei titoli dotcom e il
boom di investimenti ha finanziato il comparto delle aziende del settore tecnologico. Con l'inizio del nuovo millennio lo
scenario, economico e politico mutato rapidamente. La nuova amministrazione repubblicana guidata da Bush viene
eletta nel novembre del 2000 e contemporaneamente scoppia la bolla speculativa, legata ai titoli della new economy,
trascinando gli Stati Uniti in una breve, quanto lieve, recessione. Lamministrazione decide per di agire massicciamente
a sostegno delleconomia tramite un congruo taglio fiscale per rilanciare i consumi interni. Contemporaneamente la Fed,
allora guidata da Alan Greenspan, decide di intraprendere una politica monetaria fortemente espansiva. Queste due
manovre hanno dato il via a due tendenze: la finanza pubblica degli Stati Uniti passa nel giro di poco tempo da una
situazione di sostanziale equilibrio ad una di accentuato deficit mentre i bassi tassi dinteresse hanno spinto le famiglie a
diminuire il risparmio, gi storicamente molto basso rispetto a quello di altri paesi, in maniera consistente e a ricorrere
sempre pi al debito per finanziare lacquisto di beni durevoli e non. Nel frattempo, avviene lattentato alle torri gemelle
di New York dell'11 settembre 2001. Gli interventi militari che ne sono seguiti, in Afghanistan prima e in Iraq poi, hanno
peggiorato sia il deficit della finanza pubblica che quello delle partite correnti, che proprio ad inizio degli anni 2000
comincia ad aumentare in maniera significativa.
28
Il mondo si cos diviso tra creditori (Cina, Russia, Indonesia, Iran, Arabia Saudita, Africa nord-occidentale e sudoccidentale, Venezuela) e debitori (America del Nord, Centrale e Latina, Europa, Turchia, India, Sud-Est asiatico,
Australia).

20

capacit negli anni venuta meno, in mancanza di una dinamica inflazionistica rilevante nei paesi
esportatori, l'aggiustamento dovr invece prevedere una diminuzione pi marcata dei consumi interni
ed un aumento molto forte del prezzo dei beni d'importazione in seguito ad un deprezzamento del
dollaro. O, in alternativa, il ritorno al protezionismo, che peraltro gi viene invocato.
Il deficit crescente statunitense di parte corrente ha posto alla letteratura economica, da oltre dieci
anni (Obstfeld, Rogoff, 2005), la domanda sulla misura della svalutazione del dollaro necessaria al
riequilibrio attraverso un aumento delle esportazioni statunitensi e sulle ripercussioni che questo
aggiustamento imporrebbe allEuropa e allAsia. Qualsiasi sia lo scenario ipotizzato, emergono rischi
per i mercati finanziari e per la stabilit economica e finanziaria in generale. Tali rischi sono legati
sia allammontare del deficit statunitense che ad altri fattori. Tra questi il tasso eccezionalmente basso
di risparmio negli Stati Uniti (1%), favorito dalla bolla immobiliare prima della crisi del 2007-2009,
il deterioramento della finanza pubblica, la dipendenza crescente delleconomia statunitense dalle
scelte delle banche centrali cinese e dei paesi produttori di petrolio che sono politicamente instabili.
A queste vulnerabilit si aggiungono la rigidit delleconomia europea, il modello di sviluppo
giapponese centrato sulle esportazioni, la suscettibilit delle economie emergenti ad ogni segnale di
volatilit e, infine, il fatto che le controparti nelle transazioni internazionali di attivit finanziarie sono
sempre pi costituite da compagnie di assicurazione, hedge funds e altri intermediari finanziari non
bancari e non regolati29. Al di sopra di tutto ci, si pongono i rischi geopolitici e la minaccia di
terrorismo internazionale che sono cresciuti in modo consistente a partire dal 2001. Se qualche forte
shock di domanda per la domanda internazionale di beni statunitensi dovesse innescare un processo
graduale di riequilibrio della bilancia commerciale statunitense, i problemi si limiterebbero ai tassi di
cambio, al fallimento di qualche istituto bancario e non bancario e a recessioni non gravi in Europa e
in Giappone. Ma, dati gli altri fattori di rischio, da un decennio gli economisti continuano a
raccomandare agli Stati Uniti di non rinviare le politiche di riduzione degli squilibri 30. Tali misure
dovrebbero invertire il processo di formazione di risparmio, attraverso una contrazione del deficit
pubblico federale, affrontando i problemi posti ai fondi pensione dallinvecchiamento della
popolazione e quello del finanziamento della sanit. Solo una crescita della produttivit del resto del
mondo confinata alla produzione di non traded goods potrebbe agevolare questo tipo di
aggiustamento. essenziale, inoltre, che lAsia abbia un atteggiamento responsabile nellaccettare la
sua parte di peso dellaggiustamento altrimenti leliminazione di met dello squilibrio corrente
statunitense, dovuto a shifts di domanda, in presenza di un peg delle valute asiatiche con il dollaro,
comporterebbe una rivalutazione difficilmente tollerabile delleuro.
In sintesi lo squilibrio corrente statunitense una spada di Damocle che pende sulleconomia
mondiale. Ma per quanto riguarda questo problema, gli ultimi Presidenti della Fed (Alan Greenspan

29

Secondo Mc Kinsey Global, anche i Swf sono stati parte attiva nel processo di bust che ha condotto alla pi grande
crisi finanziaria ed economica del secondo dopoguerra. Infatti i Swf condividono con gli hedge funds e i private equity
funds, il ruolo di power brokers. Labbondanza di credito statunitense ha favorito operazioni finanziarie di vario tipo,
oltre ai consumi delle famiglie (anche in case di propriet) che, a loro volta, richiedevano quantit crescenti di esportazioni
dai paesi asiatici la cui produzione richiedeva una quantit corrispondente di energia esportata dai paesi del Golfo. I
surplus di questi due ultimi attori globali venivano poi trasferiti negli Stati Uniti attraverso lacquisto di debito pubblico
statunitense, contribuendo ad alimentare ulteriormente la disponibilit di credito a condizioni vantaggiose e a sostenere
nel tempo un meccanismo che produceva squilibri sempre maggiori.
30
Roubini e Setser (2004) avevano previsto conseguenze ancora peggiori dovute allinnalzamento consistente dei tassi
dinteresse mondiali nel caso in cui il dollaro perdesse il suo ruolo di moneta di riserva.

21

e Ben Bernanke) hanno palesemente riposto la loro fiducia in un processo di benign neglect31. Gli
Stati Uniti sono stati capaci, finora, di continuare a pagare tassi di rendimento sulle loro passivit
minori di quelli guadagnati sulle attivit finanziarie da loro possedute nel mondo. Ci stato dovuto
alla detenzione di enormi quantit di Treasury Bills nelle riserve ufficiali delle banche centrali, al
ruolo centrale del dollaro come moneta internazionale e al fatto che gli Stati Uniti posseggono una
quota di attivit straniere in azioni e obbligazioni ad alto rischio molto maggiore di quella che gli
stranieri detengono in attivit finanziarie statunitensi. Ma la questione se tutto ci pu continuare
in presenza di deficit correnti grandi e persistenti perch questa situazione pu essere considerata
gravemente distorsiva nella equa ed efficiente allocazione mondiale tra risparmio ed investimento
(Roubini, 2005).
Leliminazione completa dello squilibrio comporterebbe variazioni dei tassi di cambio tali da
generare pressioni per ladozione di misure protezioniste nei confronti di un Asia che non abbandoni
il peg con il dollaro davanti a una riduzione della domanda di capitali a prestito da parte degli Stati
Uniti. La svalutazione del dollaro migliorerebbe la posizione finanziaria estera degli Stati Uniti
(infatti tutte le sue passivit sono in dollari mentre solo met delle sue attivit lo sono32), ma non
porterebbe al riequilibrio del conto corrente a causa della scarsa possibilit di sostituire le merci
importate. Inoltre un innalzamento, anche moderato, dei tassi dinteresse sulle sue obbligazioni,
durante il processo di aggiustamento, cancellerebbe facilmente il guadagno associato alla
svalutazione (Obstfeld, Rogoff, 2005).
La contrapposizione del debito crescente statunitense allaccumulazione di riserve cinese
motivata dal timore di perdite in conto capitale (per la banca centrale e per i Swf cinesi) nel caso di
un deprezzamento del dollaro. Il terrore finanziario mantiene quindi un equilibrio molto instabile che
espone le due potenze a un rischio crescente. Questo problema ancora pi grave per gli Stati Uniti
in quanto la leadership politica fortemente interconnessa con la fiducia che il mercato esprime nei
confronti della moneta emessa dal paese leader. La minaccia, anche solo velata, di smettere di
finanziare il deficit di conto corrente americano obbliga l'amministrazione americana a muoversi con
prudenza ogni qual volta si deve esporre su argomenti spinosi per le autorit cinesi. Un esempio
recente di quanto pesa l'opinione cinese si avuto al momento del salvataggio del 2008 da parte del
Tesoro americano dei due colossi erogatori di mutui Freddie Mac e Fannie Mae in cui i Swf cinesi
avevano investito una quota considerevole (Lossani et a., 2013).
Si pu dire che unapplicazione di benign neglect fu anche quella che port al crollo degli accordi di Bretton Woods
attraverso la disattenzione statunitense al dilemma di Triffin e allinazione del FMI nei confronti dei paesi eccedentari
(Germania e Giappone). Con benign neglect era stata indicata anche la politica di Reagan che, seguendo i consigli di
Martin Feldstein durante il suo primo mandato, aveva lasciato innalzare i tassi di interesse, e quindi la domanda e il valore
del dollaro, simbolo della prosperit statunitense, fino al 50% su marco tedesco, sterlina, yen, e franco francese, nei primi
anni 80, senza preoccuparsi della crisi di crescita imposta al resto del mondo e allEuropa e al Giappone in particolare.
Con laccordo del Plaza (settembre, 1985), a New York, Francia, Regno Unito, Germania, Giappone e Stati Uniti
dichiararono il dollaro sopravalutato sullo yen e sul marco tedesco, ma a febbraio del 1987, i ministri delle finanze degli
stessi paesi si riunirono di nuovo al Louvre, a febbraio del 1987, e concordarono che, nel frattempo, il dollaro si era
deprezzato abbastanza.
31

32

Quando il dollaro si deprezza nei confronti delle altre valute, oltre che far guadagnare competitivit alle merci
prodotte dagli Stati Uniti, migliora anche la posizione netta sull'estero. Ci avviene perch lo status di valuta
internazionale del dollaro permette agli Stati Uniti di emettere le passivit nella propria valuta e di detenere attivit
sull'estero nelle valute locali. Questa considerazione lascia presumere che gli Stati Uniti siano ben poco interessati ad una
riforma di un sistema monetario che limiti la loro capacit di emettere la principale valuta di riserva internazionale.

22

Il credito cinese, vantato soprattutto nei confronti degli Stati Uniti, si trasformato da tempo in
unarma diplomatica. Per la Cina il vantaggio politico dato dal dissolvimento delle molteplici
tensioni dovute al rispetto dei diritti civili, al Tibet, a Taiwan, alla minaccia nucleare nordcoreana,
alle emissioni di CO233. Il potere finanziario pu diventare cos una vera e propria arma diplomatica.
Le condizioni per cui questo si verifichi sono che: a. i paesi investitori/creditori devono essere
sufficientemente grandi rispetto al paese in cui si investe (target country); b. i paesi investitori non
devono essere economicamente interdipendenti con il target country; c. soprattutto non devono essere
i suoi alleati politico-militari. Il caso dei Medici insegna. Queste condizioni non sono soddisfatte dai
paesi del Golfo. I legami economici tra Stati Uniti e Cina sono di tale dimensione che nel tempo si
venuto a creare un equilibrio di terrore finanziario. Questa mutua interdipendenza riduce
sensibilmente il potenziale politico dei Swf cinesi. Dopo la crisi, finanziaria, i paesi del Golfo hanno
riorientato i loro investimenti (inclusi quelli dei Swf), prima solo sui mercati esteri, verso attivit reali
interne volte a creare infrastrutture per lo sviluppo. La compresenza delle tre condizioni invece pone
i paesi creditori, in particolare la Cina, nella condizione di esprimere le proprie ambizioni planetarie,
come lintroduzione del renminbi nel basket dei DSP34 o la creazione di istituzioni economiche
internazionali concorrenti con quelle di Bretton Woods (FMI, BM, WTO). La conseguenza ultima
quindi la riduzione della capacit di controllo esercitata dalle grandi potenze occidentali sulla
governance mondiale. Il passaggio dal G8 al G20 ne stato un esempio.
La stabilit del dollaro dipende, in definitiva, dalla volont dei cinesi di continuare a finanziare il
deficit di partite correnti statunitense. Ma pi il paese finanzia questo disavanzo, pi il suo stock di
riserve valutarie in dollari aumenta esponendolo ancora di pi al rischio di consistenti perdite in conto
capitale nel momento in cui decidesse di fermare o comunque ridimensionare il flusso di capitali
verso gli Stati Uniti. La posizione delle autorit cinesi non dunque facile. Proseguire nella politica
di cambio fisso e sottovalutato implica dei costi, sia in termini di inflazione attesa (ma questo costo
marginale in tempi di deflazione) che di perdite in conto capitale, decisamente ingenti. D'altro canto
l'abbandono del peg renmimbi-dollaro comporterebbe la rivalutazione della moneta cinese sui mercati
e la perdita di competitivit internazionale delle merci cinesi con pesanti ricadute sul tasso di crescita
e su quello di occupazione interno35.
Obstfeld (2006) ha suggerito che una graduale rivalutazione della divisa cinese avrebbe avuto un
impatto limitato sulla competitivit delle sue esportazioni. Questo studioso ha fatto riferimento, in
questo caso, alle rivalutazioni del marco da parte della Germania Ovest nel sistema di Bretton Woods.
Tali rivalutazioni non avevano, infatti, minato la competitivit delle merci tedesche consentendo al
paese di mantenere un ingente surplus di bilancia dei pagamenti anche dopo aver ripetutamente
rivalutato il marco (Bordo, 1992). Ma il caso cinese molto diverso da quello tedesco perch nel
primo caso si fa affidamento sulla competitivit di prezzo (che una teoria del prezzo minimo) e nel
secondo sulla competitivit tecnologica (che una teoria del prezzo massimo).

Barack Obama e Hillary Clinton affermarono nella loro campagna presidenziale che era difficile condurre un negoziato
duro con i cinesi sapendo che essi sono i nostri banchieri.
34
Da una condizionalit macroeconomica si passerebbe a una condizionalit geopolitica, come il disconoscimento di
Taiwan richiesto al Costa Rica per la concessione di un prestito di alcune decine di milioni di dollari.
35
Per la Cina, il peg (o quasi) con il dollaro servito a mantenere la competitivit internazionale delle sue esportazioni
e ad attrarre Ide che le hanno consentito di evitare uno stress sul suo fragile sistema bancario.
33

23

La crisi finanziaria mondiale ha interrotto bruscamente la crescita del mercato internazionale dei
capitali che durava dagli anni 80 con lintervallo dellattentato alle torri gemelle. La permanenza
degli squilibri economici mondiali potrebbe verificare un ritorno al protezionismo.

3.4 Le responsabilit della Fed


In realt la Fed ha contribuito, sia prima che durante la crisi 2007-2009, attraverso il QE mirato a
rivitalizzare leconomia statunitense, a mettere a rischio lo status del dollaro riducendone il potere
dacquisto e stimolando le grandi nazioni commerciali del mondo ad utilizzare altre valute. Una
perdita progressiva di domanda di dollari come valuta di riserva avrebbe significato che migliaia di
miliardi di dollari detenuti allestero sarebbero rifluiti negli Stati Uniti, causando o inflazione, o
recessione, o entrambe le cose. La quota globale di dollari detenuti dalle banche centrali attualmente
il 62%, per lo pi sotto forma di debito del Tesoro statunitense36. Qualora la domanda estera dovesse
diminuire la quota di asset denominati in dollari, il Tesoro potrebbe finanziarne la rimborsabilit solo
in tre modi: gli Stati Uniti potrebbero aumentare le tasse per rimborsare il debito detenuto allestero;
potrebbero alzare i tassi dinteresse per rifinanziare il loro debito detenuto allestero; potrebbero
semplicemente stampare denaro. La monetizzazione del debito porterebbe ad uninflazione molto
elevata.
La Fed trae buona parte del suo potere dal ruolo di prestatore di ultima istanza attraverso le
operazioni di sconto. Le restrizioni sui prestiti e sugli acquisti di titoli hanno contribuito a sostenere,
nel passato, la sua indipendenza politica dal Congresso e dalla Casa Bianca. Tuttavia, mentre questi
poteri conoscevano unespansione senza precedenti nel 2008, le limitazioni tradizionali sono venute
meno, rivelando le falle dellindipendenza della Fed. Nello stesso senso si potrebbe razionalizzare
con la disattenzione della sua vigilanza per la proliferazione dei mutui sub-prime. Durante la crisi, la
Fed ha sostenuto Wall Street, ovvero le grandi banche, attraverso lacquisto di titoli sui mutui come
collaterale dei prestiti (la grande preoccupazione di Paul Volcker), e i mercati finanziari, cartelli e
grandi societ (AIG, American International Group, ecc.), ignorando per le piccole e medie imprese
e le attivit a conduzione famigliare che danno vita alle Main Street di tutto il Paese. Ha mostrato cos
la sua parzialit diventando da prestatore di ultima istanza a intermediario e compratore di ultima
istanza. Goldman Sachs, Morgan Chase, altri giganti finanziari e i Swf si sono lanciati in operazioni
speculative allestero, per esempio scommettendo sul debito sovrano e privato in Grecia, Spagna e
Italia (che poi chiedevano di salvare con i soldi dei contribuenti tedeschi), dopo aver aiutato questi
paesi a nasconderlo. I critici hanno accusato questo approccio espansivo di sostenere artificialmente
i mercati finanziari, creando nuove bolle e ignorando i bisogni delleconomia reale 37, nonch di
ostacolare la crescita in altri paesi. Il programma della Fed diventato poi un modello per le altre
Banche Centrali (inglese, giapponese e da ultimo europea). La politica alternativa che pure avrebbe
potuto essere seguita, senza costi per il governo, attraverso il finanziamento di Main Street, degli
studenti, delle banche statali infrastrutturali, avrebbe sospinto Stati Uniti ed Europa fuori
dallausterit, in direzione di una politica economica pi eterodossa keynesiana di pieno impiego.

36

Le banche centrali detengono il debito fruttifero del Tesoro statunitense piuttosto che i dollari.
La Fed ha acquistato titoli dalle banche depositandone il prezzo nei conti di riserva da essa detenuti. Ci vuol dire che
il QE non ha fatto aumentare necessariamente lofferta di moneta delle piccole e medie imprese.
37

24

Invece, si ripetuto, dopo 40 anni, il fenomeno per cui la crisi del dollaro finisce per fortificarlo
piuttosto che indebolirlo.
La dottrina dellindipendenza delle banche centrali poggia, in ultima istanza, sullidea che non
esista altro modo per evitare una crescita accompagnata da forte inflazione. Spesso, per, gli studi su
questo tema hanno scelto selettivamente i lassi temporali per confermare questa teoria. Hanno
ignorano, ad esempio che tra il 1940 e il 1970, le banche centrali erano state meno indipendenti,
eppure le economie occidentali avevano conosciuto una crescita pi robusta, prezzi stabili e
condizioni di vita in continuo miglioramento. Al contrario, negli ultimi venti anni con banche centrali
indipendenti catturate, la crescita rallentata, i salari sono rimasti stagnanti, le disuguaglianze nei
redditi sono aumentate, mentre proseguono i cicli dannosi di espansione e implosione dei mercati
finanziari. La saggezza convenzionale ha addebitato questi fenomeni alla globalizzazione dei mercati.
Ora, a questo riguardo, si profila anche una corresponsabilit delle banche centrali. Ma c un ulteriore
profilo, su cui emergono domande cruciali, che mette in evidenza la contraddizione tra la
valorizzazione dellindipendenza delle banche centrali e la critica alleuro in quanto moneta che non
ha come riferimenti uno Stato unitario.
La centralit di Wall Street dopo la crisi ha fatto propria la tesi smithiana che larricchimento
privato fornisce un contributo fondamentale al bene comune, ma ha anche ricordato, come fece Marx,
che esso porta con s i germogli della sua stessa distruzione. Nel mondo, la finanza newyorkese e
londinese, ma anche quelle di altre piazze finanziarie minori, viene percepita come un mazzo di carte
truccato per gabbare gli ignari, per sviare i legislatori e i regolatori. Wall Street si strenuamente
difesa sostenendo che i non iniziati non potessero capire i labirinti della finanza, che quindi andavano
lasciati ai professionisti. Una mentalit valida tanto nel XIX e XX secolo come oggi. Di fatto il
risultato non cambia: quando il potere finanziario ha agito senza regole sono scoppiate le crisi. Nel
frattempo i mercati restano vulnerabili come nel 2008.

4. Euro, Yen e Sterlina


4.1 Il ruolo delleuro
L'euro la valuta comune ufficiale attualmente adottata da 19 dei 28 Stati membri dell'UE aderenti
all' Unione Economica e Monetaria (UEM)38. Leuro stato pensato, soprattutto da Jacques Delors,
a met degli anni 80, per cercare una protezione dagli shock del dollaro e dalle variazioni dei tassi
dinteresse statunitensi nellambito del benign neglect reaganiano. Oggi leuro ha quasi lo stesso
cambio col dollaro della sua prima emissione. Successivamente, era sceso fino a 0,83:1 (2001) perch

38

Austria, Belgio, Cipro, Estonia, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Irlanda, Italia, Lettonia, Lituania, Lussemburgo,
Malta, Paesi Bassi, Portogallo, Slovacchia, Slovenia e Spagna. L'ultimo Stato ad aver adottato l'euro stata la Lituania il
1 gennaio 2015. Leuro attualmente la moneta comune di oltre 330 milioni di cittadini. Ha garantito ai suoi membri la
stabilit dei prezzi e li ha protetti contro linstabilit esterna. Nonostante la recente crisi, rimane la seconda moneta al
mondo per importanza, con una quota pari a quasi un quarto delle riserve mondiali di valuta e con quasi sessanta paesi e
territori di tutto il mondo che, direttamente o indirettamente, hanno ancorato la loro moneta alleuro.

25

leffetto debito aveva dominato leffetto portafoglio (De Grawe, 2013)39. Poi, il cambio risal fino a
1,59:1 (2008) a causa della politica monetaria espansiva statunitense seguita allo scoppio della bolla
Ict, allattacco alle Twin Towers e alle guerre contro lAfghanistan e lIraq. Per quasi un decennio
dalla sua istituzione, leuro ha espanso gradualmente il suo peso nelle transazioni internazionali e
nelle riserve ufficiali delle banche centrali di tutto il mondo (Romagnoli, 2013). Questo processo
faceva intravedere laffermazione di un mondo bipolare dove, in un contesto sempre pi globalizzato,
la leadership monetaria sembrava destinata a essere condivisa tra gli Stati Uniti e lEurozona. Questa
tendenza avrebbe potuto dar luogo ad un basket peg che, anche con laccordo cinese, servisse da
ncora40 ai paesi avanzati e alla maggior parte dei paesi emergenti e dei pvs, consentendo loro di
conservare credibilit e fiducia, acquisire flessibilit della loro politica monetaria e di contenere gli
effetti del possibile deprezzamento di una delle valute del basket. In quel contesto, la crescita
delleuro come moneta internazionale sembrava legato essenzialmente alla incapacit degli Stati Uniti
di contenere i propri squilibri interno ed esterno. Infatti incongruo predicare il free trade e poi
tollerare il dumping monetario ovvero la guerra delle valute. Tuttavia, la presenza delleuro come
alternativa di liquidit internazionale al dollaro rendeva sempre pi vicini i limiti della tollerabilit
del resto del mondo allindebitamento interno ed estero statunitense e le aspettative di deprezzamento
del dollaro potevano condizionare le scelte delle banche centrali dei paesi emergenti e i portafogli
degli operatori privati41. In tal modo leuro, nonostante la sua giovane vita, si era gi affermato
pienamente come seconda valuta mondiale prima della crisi, a breve distanza dal dollaro, sul mercato
internazionale dei capitali.
Il 20 marzo 2006 alcuni canali di informazione davano la notizia che l'Iran avesse in programma di
aprire una borsa internazionale del petrolio allo scopo manifesto di scambiare petrolio esclusivamente
in euro, con un meccanismo per fissare i prezzi denominato oil marker42. In realt, gi nel 2003, l'Iran
aveva gi iniziato a trattare con i suoi partner europei ed asiatici usando l'euro. La borsa del petrolio
iraniana doveva divenire il quarto oil marker nel mercato petrolifero internazionale per non
commerciare pi il greggio in dollari ma in altre valute come l'euro, yen, renmimbi, rupia. Questa
iniziativa, pregna di finalit geopolitiche, sarebbe stata una sfida ancora pi grave di quella posta da
Saddam Hussein che, gi nellautunno del 2000, aveva iniziato a commerciare il proprio petrolio in
euro, ed stata vista come uno strumento per sovvertire la centralit del dollaro. Liniziativa del
governo iraniano, quarto per riserve mondiali di petrolio, di competere con il NYMEX di New York
e lInternational Petroleum Exchange (IPE) londinese, con un meccanismo alternativo di scambio del
petrolio basato sulleuro, avrebbe avuto conseguenze importanti43. Inoltre, nel 2007, altri paesi
Durante i primi sei mesi di vita delleuro (quando tutti si aspettavano un suo rafforzamento), le emissioni di titoli
denominati in euro superarono gli acquisti con il suo conseguente deprezzamento sui mercati valutari. In quel momento
ci favor la ripresa delle economie tedesca e francese.
40
Una valuta ncora sia una moneta di riserva che viene detenuta in quantit consistenti da governi e istituzioni sia una
valuta usata per denominare i prezzi dei beni scambiati sul mercato globale. Ci permette ai paesi che la emettono sia di
risparmiare i costi di transazione sostenuti dai paesi che devono cambiare la loro valuta in quella usata come ncora nelle
riscossioni e nei pagamenti sia di ottenere prestiti a tassi di interesse inferiori.
41
Gi alla fine del 2006 lampiezza del sistema finanziario dellUME, misurata dalla somma del valore dei mercati
azionario e obbligazionario e delle attivit delle banche commerciali (53.000 miliardi di dollari), era simile a quella
statunitense (57.000 miliardi di dollari) e decisamente superiore a quella del Giappone (20.000 miliardi di dollari)
(Marzovilla, 2009, 39).
42
I tre oil marker allora esistenti, basati sul dollaro statunitense, erano il greggio West Texas Intermediate, il greggio
norvegese Brent, il greggio Dubai Crude degli Emirati Arabi Uniti.
43
Le ragioni di questa scelta strategica iraniana erano molteplici: a) luso delleuro avrebbe facilitato gli scambi con
lEuropa, suo principale partner straniero; b) lindebolimento del dollaro era funzionale all scontro di civilt tra Islam
39

26

dellOpec avevano proposto di abbandonare il dollaro a favore delleuro come moneta di scambio del
petrolio e solo lopposizione dellArabia Saudita, primo produttore mondiale, aveva potuto
scongiurare questo evento. Se il petrolio fosse stato quotato in euro e la moneta americana si fosse
indebolita, anche gli Stati Uniti, in prospetiva, avrebbero dovuto acquistarlo in euro e di conseguenza
avrebbero dovuto esportare merci e servizi sufficienti a pagarlo. La moneta unica che, come si detto,
si era gi affermata a livello internazionale, anche a causa degli alti livelli di debito interno ed esterno
degli Stati Uniti, avrebbe avuto un ruolo importante anche negli scambi petroliferi mettendo a rischio
la supremazia del dollaro in questo mercato importante e, di conseguenza, sulla domanda
internazionale di dollari e di riserve da parte delle banche centrali di tutto il mondo.
Leconomia americana, fortemente indebitata, dipende dalla domanda internazionale di dollari per
sopravvivere. Se questa domanda dovesse venire meno, in presenza degli attuali squilibri economici
e finanziari mondiali, sarebbe lannuncio di un disastro per gli Stati Uniti. Per questo, essi sarebbero
stati lunico perdente di una manovra che avrebbe, invece, portato vantaggi allEurozona e ai paesi
suoi partner commerciali. Infatti gli acquisti di petrolio in euro avrebbero rafforzato la
diversificazione in atto di riserve delle banche centrali dal dollaro alleuro indebolendo ulteriormente
la valuta statunitense e le sue capacit di importazione mentre quelle di produzione sostitutiva di beni
si era gi rarefatta. Leuro avrebbe conseguito un ruolo di moneta internazionale molto maggiore ma
questo risultato sarebbe stato legato soltanto alla sua stabilit e alla sua crescita nei mercati finanziari
e non alla sua forza militare.
Prima del fallimento di Lehman Brothers (2008), i progressi compiuti dal processo di integrazione
del mercato finanziario dellUEM erano stati evidenziati dalle tendenze alla convergenza dei tassi
dinteresse a breve sul mercato monetario interbancario e dei tassi sui titoli pubblici. Lesplosione
della crisi ha invece rallentato il processo di internazionalizzazione delleuro. Diversi fattori hanno
operato in tale direzione: i timori delle ricadute sullEurozona degli effetti recessivi esercitati dalla
crisi sullintera UE, le difficolt mostrate dai governi e dalla BCE nelladottare prontamente risposte
unitarie e consistenti, la prevalenza di azioni unilaterali, ineludibili in assenza di situazioni-paese
omogenee e di un governo federale, i vincoli posti dal Patto di Stabilit e Crescita (PSC), inclusa
limpossibilit di monetizzazione dei debiti pubblici. Con linversione della tendenza suddetta, i
mercati finanziari hanno migliorato la loro efficienza distinguendo i rischi di solvibilit e di liquidit
dei singoli membri dellEurozona incapaci, ormai, di emettere moneta. In questo modo hanno
costretto lintera Eurozona a sopportare una recessione molto pi dura di quella attesa, attraverso
lampliamento degli spreads sui titoli di debito nazionali rispetto ai rendimenti dei Bund tedeschi,
una politica inedita di rigore imposta ai paesi debitori con i fondamentali pi deboli e perdite in conto
capitale ai paesi detentori dei loro titoli di debito. Hanno anche inibito gli effetti della politica
monetaria espansiva della BCE aggravando gli shock asimmetrici (Marzovilla, 2009).
In un clima di insicurezza e di dubbi sulla capacit di reazione dellUME allestendersi della sua crisi,
i mercati finanziari internazionali e il dollaro sono tornati a polarizzare linteresse del resto del mondo
ma, a differenza del passato, la logica sottostante al rinnovato interesse non stata tanto ispirata dalla
fiducia nelleconomia statunitense, quanto dal timore che una fuga improvvisa dal dollaro potesse

e Occidente rappresentato dagli Stati Uniti, un avversario pi potente dal punto di vista militare; c) questo colpo avrebbe
consentito di affrancare lOpec dalla tutela statunitense e allIran di affermare la sua supremazia a livello regionale.

27

comportare rischi ancora pi gravi per i creditori che avevano accumulato ingenti attivit finanziarie
in dollari.
LEurozona ha intrapreso, dal 2010, un cammino accelerato di riforma della sua governance al fine
di conseguire una coesione fiscale e finanziaria con lattribuzione di cogenti poteri centrali e
listituzione di forti autorit di controllo e quindi di eliminare gli elementi di debolezza costituiti dai
deficit di bilancio pubblico e di parte corrente della bilancia dei pagamenti degli stati membri pi
deboli. Ci si accompagnato a un approfondimento delle recessioni gi in atto in questi paesi, con
seri pericoli di perdita del consenso da parte dei governi che si sono fatti carico delle misure di
austerit. LEurozona si cos trovata ad affrontare prima la crisi finanziaria ed economica
internazionale e poi la crisi di secondo livello delleuro con lalternativa tra il rispetto del primo
pilastro del suo statuto, che impone la stabilit monetaria e garantisce la credibilit della BCE, e il
suo abbandono, visto che lEurozona non ha la posizione di n.mo paese e i mercati finanziari
dellEurozona non erano ancora sufficientemente ampi e integrati. La crisi delleuro ha portato verso
la balcanizzazione della finanza europea di cui sono esempi eloquenti la scelta franco-tedesca
nellottobre del 2008 di non adottare strumenti comunitari europei per affrontare la crisi delle banche
dellEurozona, preferendo soluzioni nazionali, e quella presa a Deauville, nellottobre 2010, di far
partecipare le banche al taglio del valore del debito greco, decisione che ha scatenato il contagio agli
altri debiti pubblici dei paesi della periferia sud dellEurozona (Romagnoli, 2013)44.
La crisi di secondo livello delleuro, innescata dalla speculazione sui mercati valutari che hanno
innalzato gli spread sui debiti sovrani di questi paesi, pu essere vista come funzionale ad eliminare
la competizione delleuro dalla scena mondiale, mentre lausterity, che ne seguita, pu essere vista
come la rinuncia a un benign neglect a favore di una via amara mirata, invece, ad evitare la sua
completa dissoluzione, non avendo essa ancora acquisito uno status adeguato di moneta di riserva
nelle principali banche centrali mondiali. La scelta dellausterit rivela soprattutto la convinzione che
i problemi di aggiustamento si affrontino meglio allinterno piuttosto che allesterno di ununione
monetaria (Romagnoli, 2015).
Al fine di considerare gli esiti possibili della crisi delleuro, in assenza di unione politica europea,
si riporta una sintesi delle tesi emerse su questo tema nel corso di un dibattito recente tra alcuni
economisti famosi45. Essi hanno osservato che finora, in Occidente, solo gli Stati Uniti e il Regno
Unito sono usciti dalla recessione originata dalla crisi finanziaria internazionale del 2007-2009,
mentre la disoccupazione rimasta molto alta in gran parte dellEuropa continentale. Lo spread sui
rendimenti dei titoli pubblici dei PIIGS (Portogallo, Irlanda, Italia, Grecia, Spagna) rispetto al
rendimento dei Bund tedeschi cresciuto da allora fino allestate del 2012, in modo esponenziale,
soprattutto per i titoli di stato di quei paesi, a causa degli squilibri di conto corrente (Irlanda, Spagna
e Portogallo) e dellinnalzamento del rapporto debito/Pil (Grecia e Italia). Nemmeno i tassi
Una soluzione migliore sarebbe stata quella di rafforzare il coordinamento fra le banche, creando unassicurazione
unica sui conti che ripartisse il rischio omogeneizzando le attivit. Per far questo, per, ci sarebbe stato bisogno di regole
che mettessero gli operatori in grado di agire come se fossero allinterno di uno Stato federale, seppure formalmente
assente, liberalizzando fusioni, acquisizioni e altre attivit cross border. Ma questa politica non percorribile al di fuori
di una unione politica. Su questo punto, si consenta di rinviare allanalisi compiuta in Romagnoli (2015).
45
Questo dibattito si svolto nel corso della sessione When will the Eurozone crisis end? tenuta a Boston nellincontro
annuale dellAmerican Economic Association il 3 gennaio 2015. Ad essa hanno partecipato Barry Eichengreen, Martin
Feldstein, Jeffrey Frankel, Kenneth Rogoff e Dominick Salvatore.
44

28

dinteresse reale negativi sono stati in grado di far riprendere le economie europee. Lavvicinamento
dei tassi dinteresse allo zero ha dato luogo a una trappola della liquidit, piuttosto che alla ripresa
della crescita perch il problema cruciale dellEuropa quello della competitivit. Questi economisti
vedono solo quattro vie duscita possibili dalla crisi delleuro provocata dai PIIGS: a. la
ristrutturazione delle economie della periferia sud dellEurozona per riguadagnare competitivit ed
evitare che questa esperienza si ripeta in futuro (in altri termini i PIIGS devono smettere di vivere al
di sopra delle proprie possibilit in un mondo globalizzato, visto che la moneta di riserva prevalente
ancora il dollaro); b. una politica monetaria espansiva attraverso il QE46, anche se non detto che
esso funzioni in Europa, a causa della concomitante crisi bancaria47 e dei rischi associati ai prestiti in
tempi di crisi; c. lassistenza finanziaria delle economie deboli, ma ci reso difficile dal fatto che
lUEM, senza lunione politica, non una transfer union (Frankel, 2012); d. ununione fiscale tra i
paesi dellUEM che consenta riforme espansive 48, ma il consolidamento dei bilanci pubblici europei
sottende, anche in questo caso, laccettazione di una sostanziale unione politica. Pertanto, queste vie
duscita dalla crisi valgono solo in linea teorica per leuro e, secondo questi economisti, hanno scarsa
possibilit di realizzarsi in pratica.
A quasi un anno di distanza dallincontro di Boston, nel novembre 2015, un altro convegno del Centre
for European Reform, ha affrontato, a Londra, un tema simile Has the euro been a failure? con una
conclusione che pu essere sintetizzata in sei punti (Portes, 2015, t.d.a):

Nessuno ha sostenuto che leuro sia stato un successo; la sola differenza stata che alcuni
pensavano che questo risultato fosse inevitabile, a causa dei difetti di costruzione interni, e
altri ritenevano che linsuccesso fosse dovuto a errori di politica economica, soprattutto
nellaffrontare la crisi finanziaria.
Vi stato accordo sul fatto che sia la politica fiscale che quella monetaria siano state
eccessivamente restrittive e che, quando sono state addolcite, avrebbero dovuto esserlo di pi
per consentire una ripresa ampia e solida dellEurozona.
Una tesi condivisa stata che la strategia attendista dellEurozona stata quanto meno
rischiosa e avrebbe potuto portare al suo collasso; secondo molti di loro, essa non
sopravviverebbe a una nuova crisi generata sia al suo interno che allestero o alla crisi politica
di uno dei suoi membri maggiori.

46

Con i fondi creati attraverso il QE, le banche centrali si limitano, in condizioni normali, ad acquistare titoli posseduti
dalle banche diminuendo, di conseguenza, i loro rendimenti.
47
Per questo, il loro consiglio stato quello di utilizzare la politica monetaria con la finalit di lasciar deprezzare leuro
sul dollaro, magari attraverso lacquisto di Treasury Bills statunitensi piuttosto che di titoli di stato europei. Ma questo
sarebbe un modo di esportare la recessione mentre la vera alternativa quella di cercare di stimolare la domanda in modo
coordinato tra i paesi dellEurozona.
Questa politica prevede soprattutto luso di annunci ex ante e leliminazione del rischio morale ex post attuato sovente
attraverso il gonfiamento delle attese di crescita. Secondo alcuni studiosi, infatti, la regola seguita finora da molti paesi
europei in crisi stata quella di aggiustare le previsioni piuttosto che le politiche (Frankel, Schreger, 2012; Karsten, Kutan,
Muradoglu 2015, 4). Gli eurobonds potrebbero essere utili ma anchessi implicano una unione fiscale parziale e quindi
politica. A questo riguardo, von Weizacker e Delpha (2010) hanno suggerito luso dei blue bonds e dei red bonds. Secondo
questa proposta, i debiti sovrani delleurozona andrebbero divisi in due parti; la prima (senior trance blue debt) fino al
60 per cento del Pil, dovrebbe essere messa in comune e garantita congiuntamente dai paesi membri, la seconda parte
(junior tranche red debt), oltre il 60 per cento del Pil, rimarrebbe solo sotto la responsabilit nazionale dei singoli paesi.
48

29

Vi stato comunque consenso sulla necessaria direzione di marcia per lEurozona che
abbisogna di cambiamenti strutturali sostanziali forse per sopravvivere, certamente per
prosperare. Ci implica il combinato disposto sia dellunione bancaria che dei mercati dei
capitali, la condivisione del rischio fiscale e la trasformazione della BCE in prestatore di
ultima istanza, accompagnati dal necessario consenso politico.
Vi stato accordo anche sul fatto che queste riforme necessarie non sono realistiche nel breve
periodo. Alcuni hanno pensato a un grande scambio, peraltro poco credibile, che prevedesse
sia riforme strutturali che coordinamento su temi caldi come quello dei rifugiati.
Ma, e questa stata la conclusione finale, se mancava il modo di rimediare la crisi delleuro,
neanche la sua fine, seppure con un default ordinato, che implicava il ritorno alle valute
nazionali europee, era unopzione possibile, soprattutto per alcuni paesi. Le conseguenze
probabili sarebbero state una combinazione di una significativa dissociazione finanziaria (nel
breve periodo) e una situazione economica caratterizzata da incertezza politica continua e
dannosa sul modo di gestire i cambi tra i paesi membri (nel medio periodo).

In sintesi, lelit europea sa (o almeno pensa di sapere) cosa bisogna fare ma non sicura di saperlo
fare. Sa anche che ulteriori crisi sarebbero scoppiate ma non sa come evitarlo. Sembra, secondo Portes
(2015), una descrizione del passaggio da una teoria della bicicletta a una del monociclo, che
permette ovviamente di andare avanti e indietro per un poe anche di procedere in tondo prima di
cadere.
Il dollaro domina i mercati finanziari mentre leuro, che stato soggetto a due crisi, durate 10 anni
nel complesso, sempre pi locale, al contrario del periodo precedente la crisi. LEuropa sta perdendo
quote nella gestione del proprio risparmio, mentre il declino economico americano e lascesa cinese
sono trend chiari e, forse, irreversibili49. Limpotenza europea manifesta sullo sviluppo dei mercati
finanziari in euro mentre prioritario per lEuropa facilitare lafflusso di capitali alle imprese,
sostenere la loro crescita tramite aggregazioni, attirare i capitali esteri per finanziare le infrastrutture,
intermediare e gestire meglio il risparmio, promuovere leuro come valuta internazionale per poter
pagare energia e materie prime con la moneta unica. Un grande mercato unico dei capitali in euro
sarebbe per lEurozona anche la migliore protezione dalle crisi nel mondo e questo stato lintento
della BCE con lausterity che servita a contrarre gli spreads nella crisi di secondo livello.
Nonostante il Pil e il reddito pro capite dellEurozona non siano di molto inferiori a quelli degli Stati
Uniti, leuro tende ora a rimanere una valuta locale, e il suo mercato dei capitali, invece di svilupparsi,
perde terreno50. In sintesi, lEuropa, colpita dalla crisi di secondo livello, non riesce pi a sviluppare

Lindice della quota media di Pil, commercio e investimenti esteri statunitensi sceso dal 18% del 1973 al 14% del
2010; quello della Cina salito da 0 al 12%. Entro il 2020 le percentuali si saranno invertite. Gli Stati Uniti mantengono
la leadership in ricerca e tecnologia (e in prospettiva nella produzione di petrolio e gas), ciononostante la quota degli
investimenti mondiali delle sue imprese scesa in 15 anni dal 39 al 24%. Laspetto sorprendente che il dominio
finanziario degli Stati Uniti continua incontrastato a dispetto del declino economico relativo. Il dollaro rappresenta il 60%
delle riserve valutarie del mondo, l86% delle transazioni in cambi, oltre met delle passivit estere delle banche. Il
mercato offshore del dollaro met di quello interno, e le obbligazioni in dollari emesse da emittenti esteri equivalgono
al 54% del Pil statunitense.
50
Il risparmio mondiale gestito dalle societ statunitensi aumentato dal 45% al 50%, e per il 65% viene custodito da 4
banche statunitensi. Le prime 5 banche di investimento statunitensi, uscite rafforzate dalla crisi, hanno aumentato la quota
delle transazioni finanziarie allingrosso in Europa dal 48 al 59%, arrivando a collocare oltre un quinto delle obbligazioni
in euro. Si stima che 15 delle maggiori controparti della BCE siano Primary Dealer americani. La quota dei ricavi nel
49

30

adeguatamente il proprio mercato dei capitali, non riesce a promuovere luso delleuro nel mondo,
perde quote nella gestione, intermediazione, e investimento del proprio risparmio. Il settore
finanziario ha bisogno di economie di scala per competere: grandi rischi richiedono grandi patrimoni
e risorse per gli enormi investimenti in informatica e professionalit oggi necessari. Il sistema
bancario europeo ancora molto frammentato secondo i confini nazionali e la nuova disciplina delle
risoluzioni bancarie non aiuta: lasciando la gestione delle risoluzioni alle autorit nazionali e facendo
gravare il rischio di dissesto su depositanti e obbligazionisti, prevalentemente interni, disincentiva le
fusioni trasnazionali perch aumentano il rischio che i cittadini di un paese debbano pagare per il
dissesto di una banca estera, mentre le fusioni sono indispensabili per creare gruppi in grado di
competere con quelli statunitensi e cinesi. Oltre agli intermediari, frammentati sono anche i sistemi
giuridici, le leggi fallimentari e le autorit di regolamentazione dei mercati e degli intermediari
nellEurozona. Cos il mercato dei capitali si sposta a Londra, che nelleventualit che il Regno Unito
esca dallUE, diventerebbe prevalentemente offshore.
Al di l della moral suasion esercitata dagli Stati Uniti, attraverso i suoi migliori economisti
(Dornbush, Feldstein, Krugman, Stiglitz, ecc.), a diluire le preoccupazioni per la nascita di una
moneta internazionale concorrente col dollaro cerano le premesse da cui era scaturito leuro. Moneta
accettata senza entusiasmo dalla Germania, come contropartita (chiesta da Mitterrand a Kohl) della
riunificazione territoriale tedesca. La sua principale attrattiva per lestablishment politico-economico
tedesco era la possibilit di deprimere il cambio del marco rispetto a dollaro e yen, grazie al fatto di
fonderlo con valute deboli, quali la lira, la dracma, la peseta. Una concezione della moneta
essenzialmente mercantilistica dunque, in linea con le esigenze di uneconomia esportatrice, che dalla
fine della seconda guerra mondiale, anche per volont statunitense, ha dovuto cercare nelle
esportazioni un sostituto pacifico al grande settore degli armamenti inserito nella struttura produttiva
essenziale del paese fin dalla Prussia guglielmina. Se per lItalia vale il detto banche ricche industria
povera, in Germania vero il contrario. Difficilmente tutto ci configura la premessa ideale per una
valuta di riserva globale. Ai tempi di Maastricht, un potenziale asset per leuro poteva essere
rappresentato dal ruolo compensatore della Francia e dalleventualit, oggi improbabile, che un
Regno Unito pi coinvolto nel processo di unificazione europea potesse contendere a Parigi il ruolo
di partner di Berlino. Dopo quindici anni, lo scenario completamente diverso, lasse franco-tedesco
stato rimpiazzato da una netta preponderanza della Germania, la cui unione economica non
dichiarata con la Polonia configura un netto spostamento a Est dellasse portante dellUE. Quanto a
Londra, oggi appare pi insulare che mai (ad eccezione del legame antico con gli Stati Uniti), intenta
a contemplare lipotesi di uscire tout court dallUE. Ma, nella fase attuale, ci che mina
maggiormente la solidit delleuro la perdurante crisi che si trascina ormai da quasi 10 anni e che
molto deve ai peccati originali dellunione monetaria. Mario Draghi riuscito, in extremis, a
scongiurare la tempesta monetaria che si sarebbe certamente scatenata in caso di mancato varo del
QE, ma il prezzo che ha dovuto pagare alto. I paesi creditori, a partire dalla Germania, hanno
barattato le ingenti misure (60 miliardi al mese per 18 mesi) con delle clausole che trasformano
radicalmente la natura dellunione monetaria, azzerando quasi totalmente la possibilit dei paesi
membri di condividere i rischi delle misure di politica monetaria non convenzionale. Il fatto che i
titoli di ciascun paese membro emessi nellambito del programma debbano essere garantiti per l80%
mondo delle banche di investimento statunitensi salito dal 45% al 50%, quella delle obbligazioni in dollari dal 36% al
42%.

31

dalle Banche centrali nazionali indica che se gli Stati falliscono, lUEM risponde solo per una piccola
parte dei debiti. Daltronde, che gli Stati membri dellUEM possano fallire non una mera ipotesi di
scuola: lo hanno fatto capire Merkel e Sarkozy gi nellincontro di Deauville dellottobre 2010.
Una volta rassicurata sul fatto che leuro non pi una minaccia per la supremazia del dollaro,
lattenzione americana si spostata sulla Cina e sul renmimbi. Ma qui la dinamica, seppur su scala
nettamente maggiore e fatte salve le dovute differenze (prima fra tutte il fatto che il renmimbi la
divisa di uno Stato sovrano, non di ununione politicamente acefala), ricalca in parte quella europea.
L' Eurozona sembra, quindi, tagliata fuori dal duopolio Stati Uniti-Estremo Oriente in quanto, essendo
una unione monetaria la cui banca centrale non interviene sul mercato dei cambi per statuto
costituente, essa risulta essere un'area in sostanziale equilibrio di conti con l'estero che non partecipa
al processo di finanziamento del deficit di partite correnti americano. L' Europa stata inoltre
danneggiata dal cambio fisso renmimbi/dollaro. Ogni qual volta l'euro si rafforzato nei confronti
della valuta americana, altrettanto accaduto rispetto al renmimbi, dando luogo a una perdita di
competitivit dell'industria manifatturiera europea nei confronti di quelle statunitense e cinese. Anche
per questo motivo, lEurozona ha avuto la peggiore performance rispetto a tutte le altre aree valutarie,
ed anche rispetto ai paesi dellUE non appartenenti allUEM.
Dopo aver escluso a lungo e nella maniera pi categorica interventi sul mercato valutario da parte
della BCE, di fronte agli ulteriori apprezzamenti indesiderati dell'euro nei confronti del dollaro, la
politica monetaria della banca centrale mutata, nonostante alcune controversie interne al suo
Comitato Direttivo, intervenendo con ladozione di un cospicuo QE che ha prima frenato il
rafforzamento dell'euro sul mercato dei cambi e successivamente lo ha lasciato svalutare del 20% sul
dollaro, e quindi anche sul renmimbi. Lalternativa era quella di unirsi alle banche centrali asiatiche
nel finanziamento del deficit americano. Questa era stata, invece, la previsione di Roubini (2005) ed
anche la tesi attuale di Martin Feldstein che, come si detto, consiglia alla BCE di acquistare
Treasury Bills piuttosto che attuare il QE (Romagnoli, 2015).
Unit nella diversit un motto per i momenti buoni dellEuropa ma inadeguato in quelli cattivi.
Lintensit senza precedenti delle crisi recenti ha fatto s che lungo queste diversit si approfondissero
delle crepe che rischiano addirittura di far crollare lintera costruzione comunitaria, quanto meno
come labbiamo conosciuta finora. Quando si tratta di questioni economico-monetarie la diversit si
traduce in divergenza economica. La crisi ha mostrato quali siano i rischi di unEurozona in cui la
divergenza economica, espressa in termini di potenziale competitivo degli stati membri, aumentata.
Una divergenza che la Bce fa fatica a tenere insieme, anche se pu contare sul vantaggio di un potere
forte e centralizzato. In alternativa, si rischia di dare nuova linfa al moral hazard di chi sa che non ci
sono regole credibili da rispettare. In realt, nessun paese europeo stato mai sanzionato per aver
sforato il PSC e difficilmente lo saranno, nel 2016, Francia e Spagna, che fanno parte del corrective
arm del PSC, ormai da 6 anni. Tuttavia, ciascun paese esige maggiore flessibilit, uninterpretazione
meno rigorosa delle regole che tenga conto della loro diversit. Si tratta sostanzialmente della
contrapposizione tra Nord e Sud dellEurozona cos alle crepe nazionali se ne aggiungono di nuove
tra centro e periferia. E questa tendenza vale anche ben oltre gli ambiti strettamente economici. La
crisi dei migranti, la paura verso il diverso extracomunitario che si aggiunge ai sempre pi diversi
intracomunitari, ha fatto emergere una nuova spaccatura, quella tra Est-Ovest. Alla mappatura delle
crepe europee bisogna aggiungere anche quelle allinterno dei paesi (la Catalogna e la Scozia). Tutte
queste sfide minano il percorso verso lunione politica. Ci spiega, almeno in parte, la ragione per
32

cui il potere monetario dellEuropa stato scarsamente esibito anche prima che la crisi di secondo
livello lo indebolisse. Uno dei fattori decisivi che avrebbero potuto cambiare questo scenario a favore
dell'euro sarebbe stata la decisione del Regno Unito di entrare nell'Eurozona portando in dote il
mercato finanziario londinese, tuttavia insieme a una visione abbastanza diversa dellintegrazione
europea. Al momento, invece, si attende lesito del referendum sulla Brexit dallUE nel maggio 2016.
Dopo la crisi 2007-2009 e quella di secondo livello 2010-201451, appare che la Cina diventata
unacquirente troppo forte per operare senza traumi (rendimenti azzerati e corsi dei titoli molto alti)
allinterno del mercato finanziario europeo che non ha una dimensione e una liquidit adeguate a una
diversificazione delle riserve cinesi dal dollaro alleuro. Per contro, il dollaro crollerebbe e leuro si
apprezzerebbe talmente da scatenare una gigantesca guerra delle valute. Ci darebbe luogo a una crisi
di terzo livello allinterno di un percorso decennale e farebbe intravedere una sindrome giapponese
mondiale. Ma se ci vale per leuro, ancora di pi vale per qualsiasi delle monete del mondo diverse
dal dollaro (yen, sterlina) forse ad eccezione del renmimbi. In questo senso, Krugman ha affermato
che la Cina caduta in una trappola del dollaro (Krugman, 2009).
Con le svalutazioni in corso delle valute dei paesi emergenti, lEurozona perde, almeno in parte, i
benefici del deprezzamento delleuro che rimane debole verso il dollaro ma non verso le valute dei
mercati emergenti. Intanto il prezzo del petrolio continua a diminuire nonostante le tensioni in Medio
ed Estremo Oriente che per impediscono qualsiasi accordo dellOpec sui limiti di produzione e
quindi sul rialzo dei prezzi52. Ci continua a deprimere la produzione di shale oil che sta portando al
licenziamento di decine di migliaia di persone negli Stati Uniti. A ci si aggiungono i dubbi della Fed
sulla ripresa economica negli Stati Uniti dove linflazione ancora troppo bassa, i salari crescono
poco, nonostante il basso tasso di disoccupazione (5,2%) che per maschera labbandono del mercato
del lavoro da parte degli scoraggiati che scompaiono dal mercato del lavoro o magari si accontentano
di essere sottopagati. La mancanza di fiducia nelle prospettive frena gli investimenti industriali negli
Stati Uniti e in Europa nonostante i QE che allentano solo un circuito anomalo di aspettative e
incertezze ma sembrano configurare una situazione di moneta neutrale.
LEurozona non politicamente n fiscalmente unita e ci la pone in condizione di inferiorit
rispetto al dollaro. Il suo mercato dei titoli frammentato e imparagonabile per dimensione a quello
statunitense. Il fatto di non avere avuto una politica del cambio fino allinizio del 2015 ha esposto
lEurozona ai costi di aggiustamento, seguiti alla crisi finanziaria internazionale, sia degli Stati Uniti
(e della Cina che aveva il peg sul dollaro), sia dei paesi come il Regno Unito o il Giappone che lhanno
utilizzata, attraverso i rispettivi QE, per facilitare la ripresa delle loro economie con la svalutazione
delle loro monete. In conclusione, per il momento, il dollaro non teme rivali e la recente promozione
del renmimbi pu sostenere o confutare questa tesi.

LEuropa sta uscendo dalla peggiore crisi economica e finanziaria degli ultimi settantanni. Le sfide degli ultimi anni
hanno costretto i governi nazionali e le istituzioni dellUE ad adottare misure straordinarie. Essi hanno dovuto stabilizzare
le loro economie e proteggere i risultati conseguiti finora grazie al graduale e, a volte, difficile processo dellintegrazione
europea. stato cos possibile preservare lintegrit dellintera zona euro anche se il mercato interno ancora debole.
Tuttavia, anche chiaro che con 18 milioni di disoccupati nella zona euro occorre fare molto di pi per migliorare le
prospettive della ripresa economica.
51

Il riferimento principale lostilit tra Arabia Saudita e Iran. Questultima peraltro si trova davanti allalternativa tra
laccettazione di ridurre la quantit estratta finalizzata al rialzo dei prezzi e la riacquisizione delle quote di mercato perdute
durante gli anni delle sanzioni.
52

33

Una decina di anni fa, ascoltati analisti (Papaioannu, Portes, 2008), pur con una vena di
scetticismo, preconizzavano la possibile fine dellegemonia monetaria americana di fronte
allavanzata della nuova moneta unica europea. Quel tempo ora procrastinato sine die. Larea
valutaria delleuro vasta, ma lincidenza delleuro fuori dei suoi confini assai minore rispetto a
quella del dollaro. Si pu dire che stata lennesima volta in cui il Bretton Woods II ha potuto
mostrare le sue caratteristiche intrinseche di instabilit e dannosit. Per questo motivo, la
cooperazione multilaterale per superare Bretton Woods II richiede che il ruolo del dollaro vada
rinegoziato (Fabbri, 2015).
4.2 Lo yen
Lo yen stato creato nel 1871. Lemissione della nuova moneta prevedeva un sistema monetario
simile a quello europeo con sistema decimale. Lo yen ha operato sotto uno standard bimetallico con
oro e argento fino al 1897, quando fu ufficializzato il sistema aureo. Dopo la seconda guerra mondiale,
lo yen ha perso molto del suo valore e nel 1971 stato fissato il tasso di cambio contro il dollaro
statunitense a quota 308 yen per 1 dollaro. Il tasso fisso sul cambio dollaro-yen stato attivo fino al
1973, quando avvenne il passaggio ad un tasso con oscillazione regolata direttamente dal mercato
che ha fatto apprezzare progressivamente lo yen, portandolo, nei 30 anni successivi, agli accordi del
Plaza del 1985, a un cambio in media di poco superiore a 110 yen per 1 dollaro.
Lascesa dello yen al ruolo di moneta internazionale stata a lungo osteggiata dal governo giapponese
- nonostante lo sviluppo del mercato finanziario nipponico - in quanto considerata un serio ostacolo
alla realizzazione della politica industriale di quel paese: la piena convertibilit della moneta avrebbe
infatti impedito non solo il mantenimento di una politica valutaria incentrata su un tasso di cambio
competitivo (compatibile con un modello di sviluppo di tipo export led) ma avrebbe reso difficile
anche lattuazione di una politica industriale in cui la canalizzazione delle risorse finanziarie verso i
settori strategici era sostanzialmente decisa dal Ministero dellIndustria e del Commercio estero
(Miti) e non lasciata al libero mercato.
A fine dicembre 2011, Cina e Giappone hanno firmato uno storico patto valutario, diventato operativo
dal 1 giugno 2012, il quale prevede che gli scambi fra le due superpotenze asiatiche avvengano
direttamente in yen e renmimbi, senza fare pi ricorso al dollaro. La notizia non ha avuto grande
rilevanza sui media, tuttavia nel medio-lungo periodo lecito attendersi che possa avere un impatto
significativo sul dollaro. Per stimare la possibile riduzione dei volumi delle transazioni che si
basavano sul biglietto verde occorre considerare il valore degli scambi fra Cina e Giappone (che nel
2010 hanno raggiunto i 300 miliardi di dollari), cui vanno sommate le operazioni di copertura sui
rischi valutari detenute dai due paesi53. Al di l delle conseguenze legate ai volumi, l'aspetto pi
interessante era forse l'ipotesi di un progetto asiatico per un'area monetaria alternativa a dollaro ed
euro, che avrebbe permesso all'Asia di alleggerirsi parzialmente dell'ingente massa di dollari di cui
in possesso. Tale accordo ha rafforzato, inoltre, il ruolo internazionale del renmimbi e va visto come
un passo significativo verso il libero scambio della moneta cinese. Se Cina e Giappone riuscissero a

Secondo lindicatore RMB Tracker di SWIFT, il renmimbi ha raggiunto la quota del 2,79% del valore dei pagamenti
mondiali, rispetto allo 0,63% del gennaio 2011. Ha quindi superato lo yen che rappresenta invece il 2,69 %.
53

34

creare un'area alternativa a dollaro ed euro, i mercati potrebbero anche arrivare ad accettare
un'eventuale richiesta dei colossi asiatici di creare una quotazione in renmimbi-yen di oro e petrolio,
operazione non riuscita all'euro (se non per l'oro, ma con scarsa rilevanza). L'accordo fra Cina e
Giappone poteva essere visto come un primo passo in questa direzione, per un mercato del Forex che
comprendesse finalmente tutti i grandi attori della scena economica mondiale (Bank of International
Settlements (BIS), 2010). Ma lattuale acuirsi delle tensioni tra i due paesi allontana, almeno per il
momento, questa possibilit. La Cina diventata il fulcro dellAsia, unarea geograficamente e
demograficamente immensa, le cui economie, comprese quelle grandi e avanzate come il Giappone,
sono sempre pi connesse e dipendenti dallinterscambio e finanziario con il gigante cinese.
La Bank of Japan (BoJ) ha confermato, nel 2015, la sua politica economica espansiva estendendo il
suo piano di sostegno alleconomia del Giappone, da cui si starebbe finalmente allontanando lo
spettro della deflazione, seppure senza incrementare lintensit del programma di acquisto di asset54.
Il declino del cambio yen/dollaro non quello che ci si poteva aspettare da una disposizione di politica
monetaria espansiva, ossia un deprezzamento dello yen, ma questa reazione molto simile
allimpennata delleuro avvenuta contestualmente alla decisione di Mario Draghi di estendere la
durata del QE dellEurozona.

4.3 La sterlina
Dal 1880 al 1914, il cambio della sterlina stato regolato dal sistema aureo, e la sterlina divenuta
la principale moneta di scambio nel commercio internazionale55. All'inizio della prima guerra
mondiale, una legge sospese l'obbligo del Tesoro britannico di coprire con oro l'emissione di biglietti
di banca56. L'abbandono della riserva aurea consent alla Gran Bretagna di espandere l'offerta di
moneta per finanziare la spesa militare, aumentando il debito pubblico e l'inflazione. Il gold standard
non venne quindi sospeso de iure, ma scoraggiato, tramite provvedimenti in via amministrativa, che
rendevano difficile l'acquisto e la vendita d'oro, e tramite il rifiuto, per motivazioni patriottiche, di
esportare oro da parte dei dealer londinesi. Nonostante la Gran Bretagna sia uscita molto impoverita
alla fine della II Guerra Mondiale, le sue ex colonie, un quarto dei paesi del mondo, hanno continuato
ad utilizzare la sterlina nel commercio internazionale. Il 30 dicembre 2008 la sterlina britannica ha
toccato un minimo di 1 euro per 0,9804, dopo aver perso il 30% dallinizio dellanno. Lo stesso
andamento si registrato anche nei confronti del dollaro. Peggio avvenuto nei confronti dello yen
giapponese che, nel 2008, ha registrato una rivalutazione del 70%. Un simile crollo in cos breve
tempo trova un precedente simile, solo nel 1931 quando il governo inglese abbandon (per la seconda
Il QE nipponico prosegue senza sosta e la BoJ ha confermato lespansione monetaria al ritmo di 80 mila miliardi di yen
lanno, corrispondenti a circa 605 miliardi di euro. Si deciso cio di estendere la durata dei titoli di Stato giapponesi
acquistati, da 10 a 12 anni a partire dal 2016, e di destinare 300 miliardi di yen allacquisto di ETF su azioni di aziende
che dimostrino un impegno considerevole nellaumento di investimenti e salari. Con questo provvedimento, la BoJ si
schiera a favore della Abeconomics del premier Shinzo Abe, che preme perch le aziende indirizzino verso i salari una
maggiore quota dei loro ricavi.
54

55

Le monete e le banconote prodotte in Inghilterra hanno corso legale in tutto il regno e nelle dipendenze della Corona.
Diversamente dalla generalit degli Stati, tuttavia, il Regno Unito non ha mai emanato una legge che centralizzi
l'emissione valutaria: per questo motivo varie banche private in Scozia e in Irlanda del Nord, e i governi delle dipendenze
della Corona, coniano monete o stampano banconote destinate ai propri specifici territori, ma che occasionalmente
circolano anche in Inghilterra pur non avendovi corso forzoso.
56
Si tratta del Currency and Bank Notes Act, 1914 del 6 agosto 1914.

35

volta) il gold standard. L'indebolimento progressivo della sterlina nei confronti dell'euro ed il
rafforzamento continuo della moneta unica sembrava portare alla parit tra le due valute; ma,
successivamente, la sterlina si rivalutata nei confronti dell'euro nel corso della crisi di secondo
livello iniziata nel 2010 (BIS, 2015). Tuttavia, rispetto al passato, le aziende manifatturiere
britanniche tendono maggiormente a reperire i fattori produttivi all'estero, quindi oggi
l'apprezzamento della sterlina costituisce, molto meno di prima, una minaccia per la crescita
britannica. Se, nel 1992, il 45 per cento delle imprese manifatturiere britanniche si procurava almeno
l'80 per cento delle merci della catena di approvvigionamento sul mercato interno, nel 2011 questa
percentuale era scesa al 15 per cento. Di conseguenza, quando le aziende britanniche acquistano le
materie prime dai fornitori esteri, con una moneta pi forte, i loro costi produttivi diminuiscono. Vista
in questa luce, la tesi secondo cui l'apprezzamento valutario riduce la competitivit delle esportazioni
di un paese non pi cos automatica. Tale fenomeno non riguarda solo il Regno Unito, ma interessa
anche paesi come gli Stati Uniti e il Giappone, che hanno trasferito buona parte della produzione
manifatturiera all'estero. Per questo motivo, nei prossimi due o tre anni la rivalutazione della sterlina
potrebbe alimentare di fatto la crescita economica nel Regno Unito. L'aumento delle importazioni
dovrebbe porre un freno all'inflazione. Lo spostamento dei consumi interni verso i beni di fascia
bassa, a sua volta, rafforzerebbe il reddito reale delle famiglie alimentando la spesa e un incremento
della domanda di consumi, favorito dalla diminuzione dell'inflazione, compenserebbe eventuali
perdite di Pil dovuti alla sterlina forte che penalizza l'attivit commerciale. importante ricordare,
infatti, che l'attuale vigore della sterlina riflette la ripresa registrata dall'economia britannica negli
ultimi due anni (1,9% nel 2013 e 2,7% nel 2014). Il tasso di disoccupazione, che due anni fa si
attestava all'8,4 per cento, oggi pari al 7,2 per cento.
La divisa britannica segue, da vicino, landamento del dollaro ma condizionata dai cambi di
direzione delleuro. Un rafforzamento del dollaro sostiene spesso anche la sterlina57. Fino a pochi
mesi fa, gli Stati Uniti e il Regno Unito combattevano per il ruolo di paese occidentale capace di
liberarsi per primo dalla morsa della crisi. In questi ultimi sette anni, leconomia britannica ha
evidenziato quanto sia vicina agli Stati Uniti in termini di struttura delleconomia e impostazione di
politica monetaria e quanto sia condizionata dagli shock che si manifestano allinterno dellEurozona.
La somiglianza con gli Usa si trova nella forte dipendenza delleconomia dal settore finanziario e
nella politica monetaria espansiva adottata dalla Bank of England (BoE) per fronteggiare i momenti
pi difficili della crisi. Il legame con il Vecchio Continente evidente nei rapporti commerciali
intrattenuti con molti paesi europei: talmente intensi da frenare la ripresa economica avviata qualche
trimestre fa.

5. La Cina: un nuovo protagonista delleconomia mondiale


5.1 Il miracolo economico cinese
Quella cinese una economia gigantesca, la seconda al mondo, come si vede nella tabella che
segue, grande importatrice e la trasformatrice pi grande del mondo, grazie agli investimenti
americani, giapponesi e di altri paesi avanzati, principale acquirente di materie prime dei paesi
Ma il 2015 stato un anno di elezioni animate dallo scontro con lUkip isolazionista che rischia di spingere i
conservatori ad azioni contro lEuropa. In vista di ci la sterlina si indebolita contro leuro mentre il dollaro cresceva.
57

36

emergenti e di macchinari dei paesi avanzati. Leconomia cinese cresciuta a un ritmo rapido per
oltre trenta anni (dal 1978 al 2011 il tasso di crescita medio stato del 10%, facendo crescere il Pil
di venti volte). La maggior parte di questa crescita venuta da unalta produttivit, mentre la crescita
delloccupazione gradualmente diminuita insieme al rallentamento della crescita della popolazione
in et di lavoro.
Fino alla crisi finanziaria del 2008, il modello economico di sviluppo adottato dalla Cina si
basato, essenzialmente sulle esportazioni di beni a basso contenuto tecnologico di modo che il
mercato del lavoro interno potesse assorbire i milioni di lavoratori che ogni anno dalle campagne si
riversano nelle citt industrializzate in cerca di un impiego. Uno degli strumenti cardine della politica
economica cinese per incentivare l'export stato quello di tenere un tasso di cambio quasi fisso (peg)
ed ampiamente sottovalutato tra dollaro e renmimbi, fino alla recente rivalutazione del dollaro. Questa
politica valutaria ha generato, nellarco di un ventennio, enormi surplus delle partite correnti,
Statistiche

PIL
Crescita PIL
PIL pro capite
Inflazione

8.358 miliardi $[1]; 12.406 miliardi $ PPA ( 2012)[1]


6.9% (2015)
6.076 $ Nominali (2012); 9,162 $ PPA (2012)
2.5% (Dicembre 2012)
agricoltura: 10.1%; industria: 4

PIL per settore

%; servizi: 44.6% (2012) [2]

Popolazione sotto la linea della Sotto 1.25 dollari al giorno: 13.1% (2008); sotto 2 dollari al
giorno: 29.8% (2008)[3]
povert
Gini

0.474 (2012)[4]

Forza lavoro

795.5 milioni

Forza lavoro per occupazione


Disoccupazione
Salario medio

agricoltura: 36.7%; industria: 28.7%, servizi: 34.6% (stima


2008)
4.1% (stima 2012)
457 dollari al mese (stima 2010)

Fonti:
[1]
China, International Monetary Fund. URL 4-2013.
[2]
CIA - The World Factbook
[3]
China - New Global Poverty Estimates, World Bank.
[4]
Statistiche Gini della Cina, Reuters.

consentendo alla Cina di diventare un creditore netto internazionale, specialmente nei confronti degli
Stati Uniti. Surplus continui e consistenti delle partite correnti hanno permesso alla Cina di
37

accumulare un'ingente quantit di riserve valutarie in dollari, per un valore che attualmente si aggira
intono ai 3500 miliardi di dollari.
Questa performance eccezionale58, da parte di un paese con 1,4 miliardi di persone, che ha
accresciuto la quota delleconomia cinese su quella mondiale, a partire dagli anni 80, influenzando
sempre di pi le altre economie. Per comprendere il corso futuro delleconomia cinese stato svolto
recentemente un grande volume di ricerca (Eichengreen, Donghyun, Kwanho, 2011; Haltmaier, 2013;
Jang, 2015). La maggior parte di questa stata dedicata ai motivi di questa crescita elevata. Haltmaier
e Jang hanno entrambi usato il modello neoclassico di crescita di lungo periodo di Robert Solow59.
Tutti questi studi hanno concluso che la crescita cinese sarebbe rallentata. Pertanto la questione vera
diventa di quanto diminuir la crescita cinese futura e in quale lasso di tempo. Nonostante le
differenze rilevanti tra leconomia cinese e quella giapponese, lesperienza di questultima pu essere
daiuto visto che la stagnazione della forza lavoro ne ha ridotto fortemente la crescita. Secondo uno
scenario ottimista, che considera solo questo fattore limitante, Haltmaier ha previsto che il tasso di
crescita delleconomia cinese si ridurr dal 10% al 6,5% nel 2030, mentre, se si tiene conto degli altri
fattori negativi (caduta degli investimenti che divengono meno produttivi, minore crescita
delloccupazione, spostamento dal settore secondario al terziario), il tasso di crescita cinese si
ridurrebbe all1,5 % nello stesso anno, anche in presenza di una crescita del capitale umano. I dati
giapponesi e sud coreani, che mostrano una forte crescita di queste economie negli anni precedenti a
quella cinese, sono coerenti con questa teoria perch indicano che, nel periodo successivo ai loro
miracoli economici, i loro tassi di crescita si sono gradualmente ridotti fino ad eguagliare quelli
degli Stati Uniti60, come si vede nelle figure 1, 2 e 3, dove ogni punto rappresenta la media mobile
della crescita del Pil pro capite in relazione a quella statunitense nel mezzo secolo che va dal 1953
fino al 2002. La stima approssimativa che il rapporto dei redditi pro capite cinese e statunitense
crescer da due a tre volte nei prossimi cinquanta anni61. In realt, la Cina ha sperimentato, negli
ultimi anni, la riduzione dei suoi tassi di crescita. Il modello di Jang, date alcune assunzioni (ovvero
che la Cina percorra lo stesso sentiero di crescita declinante

58

Il Pil pro capite cinese cresciuto da 1.300 dollari, nel 1980, a 7.700 nel 2010, un aumento del 500%. Nel 2014, la
Cina 89.ma nel mondo per Pil pro capite, pari a circa 7.000 dollari rispetto agli Stati Uniti, che 10.ma con 54.597 e al
Quatar che la prima con 143.427 (FMI, 2015).
Questo modello caratterizzato da tre idee centrali: a. lintensit del capitale aumenta fino a massimizzare i consumo
pro capite; b. a causa dei rendimenti decrescenti dei fattori produttivi, laccumulazione di capitale rallenter fino a
fermarsi, in assenza di progresso tecnico, facendo convergere leconomia verso uno stato stazionario; c. il progresso
tecnico la forza che spinge unulteriore accumulazione di capitale.
60
Il Giappone ha sperimentato tassi di crescita che dal 6,1% degli anni 50 sono scesi a una media di 5,4% negli anni 60
e allo 0,8 % negli anni 90 (questo decennio perduto delleconomia giapponese ha portato a una stagnazione protrattasi
fino ad oggi). Similmente la Corea del Sud passata da una media del 8,4% negli anni 80, al 5,8% negli anni 90, al
3,8% negli anni 2000.
61
Il Pil cinese era di 10, 4 migliaia di miliardi di dollari nel 2014 (ma 17,6 in PPP contro i 17,4 degli Stati Uniti), e ci
ne faceva gi la seconda economia del mondo dopo gli Stati Uniti.
59

38

del Giappone e della Corea del Sud), conduce al risultato che, tra 50 anni, il Pil pro capite cinese
raggiunger circa il 50% di quello statunitense ma questo rapporto cesser di crescere quando il Pil
cinese sar il doppio di quello statunitense, come mostra la figura 4. Ovviamente il risultato pu
variare se si modificano le assunzioni, in particolare levoluzione istituzionale pu essere diversa, ma
si deve tener conto che Giappone e Corea del Sud sono economie piccole rispetto alla Cina, che potr
intervenire in modo maggiore sulle quantit scambiate e sui prezzi nei mercati globalizzati.

39

Il tasso di crescita del Pil dato dalla somma della crescita delloccupazione e di quella della
produttivit del lavoro62. A questo riguardo la Cina affronta due sfide: la prima posta dal fatto che
la crescita della popolazione in et di lavoro diminuita dal 2,5% nel 1979 a meno dell1% nel 2011
e si prevede che diventer negativa entro il 2020 (Haltmaier, 2013). Avendo gi occupato l80% della
popolazione in et di lavoro, non c grande spazio per una crescita delloccupazione che ecceda
quello della popolazione in et di lavoro. Pertanto, laumento del Pil cinese dovr venire da aumenti
di produttivit del lavoro, come peraltro sta gi avvenendo. La maggior parte di questo aumento si
deve a guadagni di efficienza nello spostamento da settori meno produttivi (primario) a settori pi
produttivi (secondario e terziario), secondo il modello di crescita di lungo periodo di Lewis. La
crescita intersettoriale stata invece favorita da altissimi tassi di investimento che sono per difficili
da mantenere man mano che gli standard di vita aumentano insieme alla domanda di consumi. Inoltre
la necessit di ammortamenti sottrae risorse a nuovi investimenti. Man mano che lintensit di capitale
aumenta, mentre loccupazione rimane costante o, in prospettiva, si riduce, il prodotto marginale del
capitale addizionale tender a ridursi. Infine, lo spazio che rimane per lo spostamento del lavoro verso
62

Y = N Y/N = N

da cui Y N + ; dove Y indica il Pil, N, loccupazione e , la produttivit.

40

settori pi produttivi si contrarr gradualmente (il settore agricolo, che occupava il 70% nel 1978, ha
occupato solo il 10% nel 2015). Il settore secondario al di sotto del 45% del Pil, ma ancora
superiore ai paesi economicamente avanzati63. Ci suggerisce che lo spostamento dalle zone rurali si
orienter verso il settore terziario dove la produttivit minore di quello secondario.

63

Attualmente, il settore terziario rappresenta l80% delleconomia statunitense.

41

La Cina cresciuta per trenta anni a un tasso medio vicino al 10% annuo, come mostra la figura
5. A quel tasso, il Pil raddoppiato ogni sette anni. Nessunaltro paese cresciuto tanto nella storia
contemporanea. La crescita rapida e persistente ha elevato gli standard di vita dei cinesi 64 da uno dei
pi bassi del mondo a quello che la BM definisce alta classe media, ma la Cina stato anche un
mercato in espansione per tutti gli altri paesi del mondo, perci le sue prospettive di crescita hanno
implicazioni non solo per la Cina ma anche per leconomia mondiale.
Prima del 2008, il miracolo economico cinese stato dovuto soprattutto alla crescita della
produttivit seguita da misure di politica economica che hanno condotto a migliori allocazioni di
capitale, lavoro, incentivi privati, oltre allapertura delleconomia al mercato internazionale, che
hanno attirato gli investimenti diretti esteri (Ide), associati a nuove pratiche di gestione, know how
tecnologico, accesso degli affari cinesi nel mercato mondiale. Queste misure hanno fatto crescere
molto la produttivit e di conseguenza gli investimenti e la produzione. Ma, dati i rendimenti
decrescenti del capitale, gli investimenti non possono essere la componente principale di una crescita
sostenibile.

64

La BM ha stimato che, nel trentennio 1980-2010, oltre 600 milioni di cinesi ha potuto abbandonare la soglia di povert
assoluta, ovvero 1,25 dollari al giorno.

42

Figura 5 - Chinas real GDP growth, annual percent change.

Source: IMF World Economic Outlook, CEIC.


La figura 6 mostra i contributi relativi di tre fattori della crescita cinese nellultimo trentennio, a
partire dal 198065. La crescita cinese stata guidata soprattutto dalle crescite di capitale e produttivit,
piuttosto che da quella delloccupazione66. Dal 2008, invece, la crescita stata meno legata alla
crescita della produttivit e delloccupazione e invece, sempre pi, agli investimenti per cui
gradualmente diminuita (Liu, 2015). Durante la crisi finanziaria globale 2007-2009, la domanda di
esportazioni cinesi cadde notevolmente mentre lattenuazione dei guadagni di produttivit presentava
unulteriore sfida per una crescita elevata e sostenibile. Il governo cinese rispose con ladozione di
una forte politica di stimolo fiscale, nel 2008, concentrata sulla spesa in infrastrutture e costruzioni,
attuata immediatamente. Tuttavia la crescita tra il 2011 e il 2015 scesa dal 10% al 7%. Si ignora se
le riforme in corso saranno in grado di affrontare gli squilibri strutturali e quindi mantenere una
crescita solida che aiuterebbe ad effettuare la transizione verso uneconomia con redditi alti67. Si
teme, invece, che il rallentamento in corso possa condurre la Cina a una trappola di reddito
intermedio (Eichengreen, Park, Shin, 2011), come storicamente accaduto a paesi con crescita
rapida. In questo caso la crescita rallenta bruscamente man mano che il reddito pro capite raggiunge
quest soglia e i salari sinnalzano fino ad erodere il vantaggio comparato del paese. Alcune economie
prossime alla Cina, Giappone e Corea del Sud, sono riuscite ad eludere questa trappola e a muoversi
verso un high-income status, anche se laccumulazione del capitale ha condotto

Il calcolo segue lapproccio di contabilit della crescita descritto da Zhu (2012).


Il limitato ruolo svolto dal lavoro riflette, in parte, la politica di un unico figlio, che ha limitato la crescita della
popolazione, e le politiche restrittive dellimmigrazione interna (come il sistema Hukou che vieta di lavorare in citt
diverse da quella di nascita).
67
Le economie con high-income status sono quelleche hanno superato i 12.500 dollari pro capite a prezzi del 2011.
65
66

43

Figura 6 - Accounting for Chinas growth

Source: Penn World Tables and Lius calculations.


a crescite inferiori, come mostra la figura 7. Nel 2015 il Pil della Cina stimato pari a circa 7.500
miliardi dollari. Anche se continuasse a crescere a tassi tra il 6 e il 7% entrerebbe presto a far parte
delle economie a redditi alti. Comunque, se lesperienza cinese rifletter quella dei suoi vicini,
Giappone e Corea del Sud, la sua crescita potrebbe scendere al 3% intorno al 2020, quando il suo Pil
pro capite si prevede intorno ai 15.000 dollari, e diminuire ancora nei decenni successivi. Questo
potrebbe apparire uno scenario pessimista per la Cina, ma le prospettive di questo paese devono
confrontarsi con diversi squilibri. Tra questi la repressione finanziaria, la mancanza di unadeguata
rete di sicurezza sociale, una strategia di sviluppo orientata alle esportazioni, restrizioni in conto
capitale, e tutti questi problemi hanno contribuito a un eccesso di risparmio68 e di squilibri del conto
corrente. Risparmi elevati hanno fatto crescere gli investimenti, ma lallocazione del credito e del
capitale sono ancora molto inefficienti. Il settore bancario controllato dallo Stato e i prestiti
favoriscono in modo sproporzionato le imprese statali a scapito di quelle private pi produttive. Ci
ha depresso la crescita della produttivit cinese nonostante gli alti valori raggiunti69. Per affrontare
gli squilibri strutturali e cos conseguire una crescita sostenibile di lungo periodo, il governo cinese
ha annunciato, al Terzo Plenum del novembre 2013, un piano di riforme che include: a. una riforma
del settore finanziario (liberalizzazione dei tassi dinteresse, istituire lassicurazione sui depositi,
rafforzamento dei sistemi di controllo e regolamentazione); b. una riforma fiscale (rafforzamento
della rete di sicurezza sociale, lintroduzione di imposte pi efficienti e redistributive, miglioramento
dellassicurazione sanitaria e della copertura pensionistica); c. riforme strutturali (con riguardo alle
imprese pubbliche e al sistema Hukou, oltre a unulteriore apertura dei mercati); d. riforme del settore
estero (liberalizzazione del tasso di cambio e dei controlli sulla mobilit dei capitali). Nel periodo di
transizione si prevede comunque che le riforme strutturali possano condurre a un rallentamento

68

Secondo il National Bureau of Statistics of China, il risparmio delle famiglie cresciuto dal 15 al 30% tra il 1990 e il
2014.
69
Secondo stime, se lefficacia dellallocazione delle risorse eguagliasse quella statunitense, la produttivit totale dei
fattori cinese aumenterebbe dal 30 al 50% (Hsieh, Klenow).

44

Figure 7 - Will China follow Japan and South Korea?

Source: Penn World Tables, IMF.


della crescita economica. Se questo piano di riforme potr essere attuato con successo, la Cina potr
sfuggire alla trappola del reddito medio e sostenere una crescita di lungo periodo a un ritmo
ragionevole. Tuttavia, durante il processo di transizione, le riforme strutturali si accompagneranno a
un rallentamento della crescita (intorno al 6-7% tra il 2015 e il 2017). Ci sono per anche diverse
ragioni per una visione ottimistica: lo spazio per una riallocazione fattoriale pi efficiente e le
liberalizzazioni possono innalzare la produttivit totale dei fattori anche attraverso lavvicinamento
alla frontiera tecnologica, la presenza di ampi spazi interni che, al contrario di quelli costieri, sono
rimasti indietro e potrebbero progredire molto giovandosi di migliori vie di comunicazione (alta
velocit, autostrade) che sono state costruite negli anni recenti (Malkin, Spiegel, 2012). Ci potrebbe
attenuare i costi della transizione tra i due modelli di sviluppo invece che portare a un declino
accentuato della crescita. Ci porterebbe benefici allintera economia mondiale e consentirebbe alla
Cina di superare la trappola e affiancarsi alle economie ad alto reddito, come il Giappone e la Corea
del Sud.
Negli ultimi 15 anni, i paesi occidentali, e ancora di pi i BRICS, hanno beneficiato in diversi
modi della straordinaria crescita della Cina. Essa ha creato nuovi consumatori per i beni prodotti
dalloccidente (dalla moda alle auto di lusso). Il governo cinese ha investito in infrastrutture con
tecnologia occidentale, le sue esportazioni a basso costo hanno calmierato linflazione ovunque. La
forte crescita ha fatto lievitare i prezzi delle materie prime, arricchendo i paesi esportatori che hanno
poi riversato in Occidente gli ingenti capitali accumulati (aziende, titoli, propriet immobiliare,
squadre di calcio). Ora questo modello di crescita non pi sostenibile per la Cina. Tuttavia c una
fila di paesi emergenti, seguita da unaltra di pvs che, nel loro insieme, hanno dimensioni equiparabili
a quelle della Cina e sono pronti a replicarne il modello export led.
5.2 La crescita degli investimenti esteri cinesi e il ruolo dei Sovereign wealth funds
Un surplus di conto corrente implica che il paese possa finanziare altri paesi oppure acquisti di
attivit estere. La RPC il primo paese al mondo per riserve in valuta estera, pari a circa 3500 miliardi
45

di dollari. E questo enorme tesoro le consente di investire in tutto il mondo secondo gli obiettivi
tracciati dal governo cinese70. La RPC abitata dal 22% della popolazione mondiale ma possiede
solo il 7% delle terre coltivabili del pianeta e reagisce alla critica di land grabbing dichiarando la sua
cooperazione con governi stranieri, organizzazioni multilaterali e altri investitori istituzionali 71. Negli
ultimi anni si assistito anche a uno spostamento verso lindustria pesante con un ulteriore incremento
della domanda di risorse naturali. In questa prospettiva stato cruciale il rapporto della Cina con
lAfrica, ricca di risorse naturali e lontana dallinfluenza di altre grandi potenze.
LAustralia stata tra i primi paesi a sottoscrivere il trading valutario diretto con la RPC e ad
includere il renmimbi nel portafoglio delle proprie riserve. Fino al 2012 era il primo paese per Ide in
Cina. Nel 2013 passata al secondo posto dietro agli Stati Uniti. Il cambiamento della classifica
geografica riflette anche un cambiamento nel target di investimento cinese. Inizialmente linteresse
della Cina stato rivolto alle risorse naturali di cui lAustralia ricca. Ma, negli ultimi anni,
lattenzione si spostata su nuovi settori, meno costosi ma pi strategici, in primis quello
immobiliare, ma anche agricolo, manifatturiero e dei servizi. LAustralia diventata il campo di
esercitazione nel processo di globalizzazione cinese. Prima, acciaio, rame, alluminio e altri minerali
vari in Australia, energia idrica in Cambogia e Myanmar, metalli nelle Filippine e Indonesia, energie
alternative a Singapore, ancora rame in Cile e Per e ovunque ci fosse petrolio, dallIran al Venezuela.
Le rotte del gas partono invece dallIndonesia allIran, dal Canada al Kazahkistan. Una rete di
investimenti che attraversa vari continenti. Petrolio, chimica, fonti energetiche e materie prime sono
state il carburante della crescita economica della Cina. Ma oggi il paese sta cambiando modello di
sviluppo. Tecnologia, salute, tecnologia ambientale e beni di consumo sono i settori che avranno
maggiore sviluppo. Nel percorso di integrazione nelleconomia globale, la Cina sta passando dalle
economie emergenti a quelle mature e investe sia in Europa che negli Stati Uniti. Unintegrazione
che si sta realizzando appunto nel real estate, nelle telecomunicazioni, nelle tecnologie e nei trasporti,
compresi porti e aeroporti72. Le ultime acquisizioni allestero hanno riguardato il settore del turismo,
che in crescita in Cina. Fino al 2013, il 90% degli investimenti erano di fondi pubblici o di societ
a controllo pubblico, negli ultimi tempi hanno cominciato a dominare la scena i grandi gruppi privati
protagonisti delle privatizzazioni.

Nel 2007, appena fondata, la China Investment Corporation (CIC) si concentrata sullacquisto di quote in societ
finanziarie statunitensi come Blackstone e Morgan Stanley ma la scelta non stata fortunata perch lanno successivo i
loro titoli sono crollati. Sicch la CIC ha diversificato i propri investimenti acquisendo quote azionarie di grandi
multinazionali statunitensi (Apple, Bank of America, Coca Cola, Motorola, Johnson&Johson, Pfizer). Anche lItalia
meta dello shopping cinese. Lo scorso ottobre, la CIC ha firmato un accordo con il Fondo strategico italiano della
CCDDPP e detiene il 2% di Eni, Enel, Fiat-Chrysler Automobiles, Telecom Italia, Prysmian. La Shanghai Electric ha
acquistato il 40% di Ansaldo Energia, mentre la Stae Grid Co. si assicurata il 35% di Cdp Reti, un gruppo che controlla
Snam e Terna. I settori energetico e minerario sono fondamentali per la CIC ma il fondo si espande anche nelle
infrastrutture e nella produzione alimentare. Il CIC non il solo Swf cinese, ce ne sono altri tre: Safe (State Administration
of Foreign Exchange) preposto alla gestione delle riserve in valuta, e due fondi specializzati National Social Security
Fund e China-Africa Development Fund (Cadf). Tutti e tre questi fondi sono preesistenti alla CIC e si occupano di
investimenti strategici.
71
Di qui la costituzione del Cadf, il quale interviene attraverso Ide, con lo scopo di accelerare la cooperazione afro-cinese
in una prospettiva win-win, anche se non tutti i benefici degli Ide cinesi in Africa andranno a favore delle popolazioni
africane.
72
Lacquisizione cinese del porto del Pireo funzionale alla creazione di un grande hub di ingresso via mare per le merci
cinesi dirette in Europa.
70

46

Le acquisizioni cinesi allestero continuano nonostante il rallentamento della crescita. Sul fronte
dei consumi e dei servizi, leconomia cinese cresce73 e gli investimenti cinesi nel mondo, a luglio
2015, hanno fatto registrare livelli record74. Il suo impero economico oggi estesissimo. La crisi delle
sue borse valori pone qualche dubbio che si possa mantenere questo ritmo. Con le svalutazioni le
acquisizioni costeranno di pi, ma le riserve cinesi sono denominate in dollari e quindi non intaccate
dalla svalutazione. Per la prima volta, nel 2014, gli investimenti cinesi allestero hanno superato quelli
stranieri nel Paese. Nel 2015 la Cina diventer il primo investitore estero del pianeta (110 miliardi di
dollari). LAfrica gi in parte cinesizzata, ma gli ultimi programmi segnano un salto di qualit.
Lopera simbolo il canale anti Panama, in Nicaragua, per ridimensionare linfluenza statunitense
sul commercio tra Atlantico e Pacifico. Prima meta lAustralia, poi lAfrica, lAmerica Latina, gli
Stati Uniti e ora anche la periferia sud dellEuropa in saldo a causa della crisi. Gli obiettivi pi vicini
sono il controllo del Mediterraneo e la conquista del mercato continentale. Le priorit sono i PIIGS,
alla ricerca di capitale per far riprendere produzione e occupazione 75. La crescita della Cina rallenta
ma Europa e Stati Uniti fanno a gara per conquistare gli spazi commerciali di Pechino. Nei primi 5
mesi del 2015 gli investimenti non finanziari delle aziende cinesi in Europa sono aumentati del
367,8% rispetto allo stesso periodo del 2014. Negli Stati Uniti la percentuale di poco inferiore al
400%.
Dopo aver tentato, per anni, di boicottare laccordo TPP, i leader cinesi hanno segnalato, al World
Economic Forum di Davos del 2015, linteresse cinese a farne parte successivamente. Infatti la Cina
ha visto nel Trattato, il corrispettivo di alleanze militari finalizzate a costruire un cordone sanitario
attorno alla Cina e non vuole correre il rischio di isolarsi nel momento del rallentamento della sua
crescita76. La Cina ha inoltre deciso di rompere laccerchiamento della TPP concentrando la sua
attenzione sullEuropa. Nei prossimi anni sono programmati altri tre grandi eventi: la nuova Via
della Seta tra Cina e Russia ed Europa77, la piena convertibilit del renmimbi e il NDB BRICS, il
nuovo fondo di sviluppo con sede a Shanghai, presentato come lanti FMI guidato dagli Stati Uniti.

73

Il settore dei consumi ha fatto registrare un aumento del 10,3% delle vendite retail. Ci rassicura in parte i produttori
del lusso italiani che devono tuttavia confrontarsi con le imitazioni dei loro prodotti.
74
Dopo lacquisizione della divisione computer dellIBM da parte della Lenovo, nel 2005, la prima storica acquisizione
di aziende allestero, la Cina ha cominciato a collezionare brand, a sviluppare infrastrutture e opere ingegneristiche.
75
Nel 2014, lItalia stata la seconda destinazione degli investimenti cinesi nellUE, poco meno di 6 miliardi rispetto ai
247 milioni del 2012. Lo shopping di Pechino non si limitato ai gioielli di famiglia: Eni, Enel, Generali, Telecom, FiatChrysler, Mediobanca, Saipem, Prysmian, Terna, tutti partecipati al 2% dalla Banca Centrale. Anche il 35% della Cassa
Depositi e Prestiti, le reti del gas e dellelettricit (Ansaldo energia) e i marchi storici della moda e della nautica italiana
(Krizia e Ferragamo, Ferretti), lolio Sagra e Borio.
76
Il governo cinese teme che laccordo faccia fuggire migliaia di multinazionali gi in rotta verso Brunei, Myanmar e
Vietnam. Gli economisti del governo hanno prima stimato i danni pari al 2,2% del trade e poi ridimensionato le ipotesi
di perdita tra lo 0,14 e lo 0,50 %, sottolineando, inoltre, un altro fattore: lalleanza commerciale Asia-Pacifico favorir
crescita e ripresa negli Stati-clienti della Cina, dando cos un impulso indiretto alle sue esportazioni.
77
La rivoluzione principale riguarda le ferrovie, di gran lunga preferibili alle strade per il trasporto delle merci. La pi
importante la Nuova Transiberiana che congiunge la citt cinese di Chongqing alla citt tedesca di Duisburg e consente,
teoricamente in una settimana, il trasferimento di merci tra i due terminali (in pratica il tempo quasi raddoppia per i
controlli doganali di diversi stati). Altri progetti ferroviari (tra i quali un collegamento ad alta velocit tra Pechino e
Mosca) sono allo studio. Il finanziamento, fornito in gran parte dalla AIIB, a regime dovrebbe disporre di un capitale
sociale di 100 miliardi di dollari. La Cina sta investendo anche in una futura ferrovia transcontinentale sudamericana che
dal Brasile dovrebbe portare in Colombia, Per e Cile. Iniziative ferroviarie cinesi stanno prendendo corpo anche
nellAfrica orientale. Altri sviluppi ferroviari a opera dei cinesi sono in esecuzione in Colombia, allo scopo di collegare
Pacifico e Atlantico evitando il canale di Panama. Si configura, in definitiva, una vera e propria guerra dei canali e delle
ferrovie per orientare, verso certe rotte, lenorme mole aggiuntiva di commercio mondiale che ci si attende con il
sensibile aumento della produzione e del consumo in molti paesi emergenti (alla quale si potrebbe aggiungere una guerra

47

Pechino pronta a mettere in campo riforme volte a una ricomposizione dei vari settori
dell'economia: dunque un vero "cambiamento strutturale " secondo cui la priorit non va data alle
industrie tradizionali (con capacit produttive in eccesso) ma ai consumi e ai servizi - con un aumento
degli investimenti in campi quali il turismo, la salute, la scuola, l'ICT. Cos, mentre da un lato la Cina
riduce gli investimenti al suo interno e sposta l'epicentro verso i servizi e i consumi, prosegue con gli
Ide non solo in aree sottosviluppate come l'Africa, ma anche in Paesi europei condizionati dall'iperfinanziarizzazione. La China Development Bank ha sostenuto le aziende pi innovative di questi
settori chiave con prestiti di diversi miliardi di dollari. Questa politica, sostenuta da un aumento
esponenziale della spesa per la ricerca e lo sviluppo, nonch da un forte impulso alla domanda di
nuove tecnologie attraverso il piano quinquennale, ha permesso al Paese di entrare nel novero delle
nazioni pi innovative78.
Al pari di altri fondamentali, come levoluzione demografica, la disponibilit di fonti energetiche, gli
squilibri tra risparmi e investimenti, la finanza concorre a determinare il cambiamento. Mentre gli
Stati Uniti si sono concentrati nel contenere gli indebitamenti dei privati dopo la crisi finanziaria, la
Cina ha accompagnato la sua crescita economica con unespansione importante della finanza i cui
eccessi contribuiscono a spiegare il rallentamento della crescita cinese 79. Lo sviluppo dei mercati
finanziari cinesi vede la crescita impetuosa delle banche cui si accompagna la battaglia del governo
contro lo shadow banking (66 banche clandestine chiuse nel 2015). Allavanzata degli istituti cinesi
ha corrisposto sia quella dei suoi investimenti che quella delle sue imprese. Il timore che i soldi dei
risparmiatori occidentali finiscano per finanziare proprio le aziende straniere che contribuiscono ad
aggravare la crisi dello suo stesso sistema produttivo, arricchendo banche e industrie cinesi al punto
di rafforzare lo stesso autoritarismo cinese che si contrappone alle democrazie occidentali. Consumata
la grande delocalizzazione di lavoro e produzione, la Cina riesporta, seguendo il modello
statunitense, i capitali giunti dallestero (Stati Uniti, Europa e Giappone) per acquistare attivit
finanziarie, valute e le parti deboli dei sistemi industriali avanzati. Le autorit cinesi hanno capito
che, per sostenere il trend di crescita, devono sviluppare un mercato dei capitali in renmimbi capace
di finanziare lespansione delle imprese e del loro commercio internazionale, intermediare il
risparmio cinese e attirare quello estero, isolando cos il Paese dalle crisi internazionali. Per la Cina
questo progetto prioritario: per questo ha creato una banca di sviluppo regionale che copre il 30%
del Pil mondiale, esteso linee di credito in renmimbi alle banche centrali dei paesi dove i cinesi
investono e dei suoi principali fornitori di materie prime, promosso il mercato di Hong Kong grazie
alla migliore tutela del suo sistema giuridico e ha ottenuto dal FMI la facolt di inserire il renmimbi
nel paniere dei DSP.

europea dei gasdotti). In questa guerra solo la strategia cinese appare chiara: la cosiddetta via della seta si estende
ormai a tutto il mondo con rami che si intrecciano, un po come facevano gli inglesi ai tempi dellImpero Britannico
(Deaglio, 2015).
78
Nellimpegno di Xi Jinping, nella sua visita negli Stati Uniti del settembre 2015, rientrano alcuni dei temi portanti della
riforma delleconomia cinese: le infrastrutture digitali, la green economy e il ruolo del mercato in Cina. lungo queste
linee programmatiche che stata presentata, nellottobre 2015, una prima bozza del 13.mo piano quinquennale, un
documento che determiner lindirizzo economico cinese fino al 2020.
79
Venti anni fa il debito dei cinesi era quasi eguale a quello degli italiani, nel 2008 aveva raggiunto quello dei tedeschi,
oggi ha lo stesso ordine di grandezza di quello statunitense, il doppio rispetto a quindici anni fa, quando la Cina ha aderito
al WTO.

48

Lapertura di accesso ai titoli cinesi ha consentito lingresso nella Borsa cinese degli Ide80. Il
programma di connessione delle borse di Hong Kong e Shanghai, pensata per incrementare la
liquidit in Cina e attrarre Ide a lungo termine, apre nuove opportunit dinvestimento in quello che
oggi il secondo maggior mercato mondiale in termini di capitalizzazione. I grandi problemi cinesi
da risolvere sono ora: laumento dellindebitamento, leccesso di capacit produttiva e la crisi fiscale
degli enti locali. Ma, in un futuro prossimo, Stati, mercati e investitori dovranno prepararsi a un
mondo in cui valuta e banche cinesi occuperanno un posto importante. La Cina il primo detentore
di valuta estera e una politica ostile alle banche di Europa e Stati Uniti causerebbe il crollo del valore
delle proprie riserve. Tuttavia, secondo il governatore della Banca Popolare Cinese (BPC), Zhou
Xechouan, la realt di consumatori occidentali che chiedono un mutuo a banche cinesi o aprono conti
correnti in filiali di banche cinesi inevitabile. Il FMI lancia lallarme dello shopping cinese delle
banche, ma osserva anche che linternazionalizzazione del sistema di credito cinese e della sua valuta
pu convenire a tutti. La ragione semplice, un renmimbi pienamente convertibile, che comporta la
libert di circolazione dei capitali, e istituti bancari cinesi costretti a rispettare le regole del mercato,
riducono per la Cina, i rischi legati al cambio negli investimenti e semplificano le operazioni di cassa
per le imprese, mentre agli stranieri offrono prezzi scontati e un aumento di potenziali fornitori. Gli
analisti avvertono che affinch loffensiva cinese non si traduca in una neo-colonizzazione delle
nazioni emergenti e in un conflitto con quelle sviluppate, le condizioni sono strette.
Uno sviluppo adeguato dei mercati finanziari costituisce la condizione necessaria (ma non
sufficiente, come mostra il caso giapponese) per avviare il processo di trasformazione da economia
nazionale a internazionale. Infatti, in assenza di mercati finanziari grandi e sviluppati, si riduce la
capacit di assorbire eventuali shock esterni; di conseguenza si disincentiva luso di quella moneta al
di fuori dei confini nazionali. Inoltre la Cina non riesce a competere nel mercato delle agenzie di
rating, giudici apparentemente neutri, che per riflettono la credibilit del paese di appartenenza e ne
perseguono gli interessi geopolitici, anche se sono stati accusati di lesa maest nel caso di
Standard&Poors che nel 2011 os declassare il debito statunitense perch giunto a poche ore dal
default tecnico (Magazzino, 2016). Al contrario, valutazioni smaccatamente politiche impediscono
alla Dagong Global, la pi rilevante agenzia di rating cinese, di incidere sulle fortune di nazioni e
soggetti privati. Caso significativo il rating conferito dai cinesi al debito russo (A), che nonostante
il crollo del rublo e la fuga dei capitali ritenuto pi sicuro di quello americano (A-).
Lesperienza vissuta negli ultimi due decenni dal Giappone consente di comprendere le difficolt
e le resistenze che potrebbe incontrare un ampio processo di internazionalizzazione della moneta
cinese. Per motivazioni in parte simili a quelle giapponesi e tedesche negli anni 60, il modello di
sviluppo cinese stato caratterizzato da un cambio fisso con il dollaro su livelli competitivi per
favorire la crescita trainata dallexport. Contestualmente si mantenuto uno stretto controllo sul
sistema bancario, attraverso le State-Owned Banks e, per consentire lerogazione di credito ad alcuni
settori strategici, le autorit cinesi mantengono, ancora oggi, il renmimbi inconvertibile in conto
capitale81. Ci ne impedisce lo sviluppo come moneta internazionale. La convertibilit e un adeguato
Nel marzo 2015, stato lanciato il fondo lussemburghese che potr investire lintero capitale in azioni di classe A cinesi
quotate a Shanghai e a Shenzhen. Questa apertura costituisce un altro passo importante verso la liberalizzazione del
mercato finanziario cinese.
81
Mentre, dal 2013, lo in conto corrente. I soggetti non residenti possono usare liberamente la valuta cinese solo per
importare beni cinesi o per operazioni di import-export condotte nellarea Far East.
80

49

sviluppo dei mercati finanziari potrebbe consentirlo allinterno di un sistema internazionale


multivalutario.
Il veicolo principale degli investimenti cinesi nel mondo sono stati i Swf che, secondo China Daily,
assorbono dal 10 al 20% delle riserve ufficiali cinesi in dollari. Come altri paesi detentori di riserve
in dollari e stanchi di investire solamente in titoli di stato, la Cina ha creato i suoi fondi sovrani82 per
diversificare la propria gamma di investimenti con lacquisizione di partecipazioni in societ quotate,
le quali possano garantire un rendimento maggiore rispetto ai semplici buoni del tesoro.
Fino alla prima met del 2008 gran parte dellinteresse della comunit finanziaria internazionale
era concentrata sul tema dei Swf. Motivi di interesse e di preoccupazione sono stati la loro dimensione
e il fatto che le loro operazioni sono svolte direttamente da, o per conto di, governi di Stati-Nazione
in cui il regime democratico non costituisce la forma prevalente di organizzazione del consenso
politico e in cui le relazioni di carattere commerciale, finanziario e anche politico, intrattenute con i
paesi pi avanzati, non sono sempre improntate a trasparenza e reciprocit. I timori sono stati generati
dalla possibilit che i Swf acquisiscano, attraverso le quote di societ partecipate la proprietary
knowledge nei settori strategici o sensibili per la sicurezza nazionale (informatica, militare) e fornire
aiuti alle imprese di stato. Questi timori non si sono materializzati ma le preferenze dei Swf si sono
orientate verso i settori high tech e i posti nei Consigli di Amministrazione. Tuttavia, la crisi ha
determinato una decisa battuta di arresto del tasso di crescita delle risorse in gestione dei Swf ma
soprattutto il passaggio dalla paura di acquisizioni strategiche ostili alla speranza di ricapitalizzazione
delle economie in crisi. Laccordo relativo ai cosiddetti Principi di Santiago contemporaneo al
fallimento di Lehman Brothers e al salvataggio di Aig. Dopo lo scoppio della crisi, molti Swf hanno
ridotto le operazioni di investimento nei paesi avanzati e aumentato quelle allinterno delle stesse
nazioni in cui i fondi hanno la sede operativa privilegiando i settori capaci di garantire uno sviluppo
sostenuto delle infrastrutture e della tecnologia anche a favore degli investitori stranieri83 (Lossani,
2013, 7-34).

5.3 Un nuovo modello di sviluppo e il rallentamento della crescita cinese


Dal 2013, la Cina ha avviato il cambiamento del suo modello di sviluppo: da uneconomia trainata
dalle esportazioni e dagli investimenti finanziati col credito84, ad uneconomia trainata dai consumi
privati con investimenti efficienti. Le famiglie cinesi risparmiano molto per ragioni precauzionali. Se
le assicurazioni e lo stato sociale riducessero lonere degli eventi negativi, perch si divide con gli
82

I fondi sovrani sono dei fondi di investimento di propriet statale che effettuano operazioni, per lo pi in attivit
finanziarie estere opportunamente diversificate , con obiettivi di lungo periodo. Il Kuwait fond nel 1953 il primo
fondo sovrano (Kuwait Investment Authority). Ai paesi produttori di materie prime capaci di accumulare una notevole
quantit di attivit finanziarie estere, mediante lesportazione di commodities -, si sono andati affiancando numerosi paesi
emergenti concentrati nella regione del Sud-Est asiatico che traggono le risorse utilizzate per la costituzione dei fondi
sovrani dai proventi dellesportazione di beni manufatti.
83
I Swf possono, infine, accompagnare il definitivo decollo della finanza islamica, che per la sua impostazione reale pu
costituire un forte antidoto ai rischi connessi alla finanziarizzazione delle economie di Nord e di Ovest. La finanza
islamica si differenzia da quella tradizionale perch si basa sul principio che la moneta non rappresenta un valore. Di
conseguenza non si possono ottenere interessi sui prestiti in linea con quanto prescritto dal Corano. La ricchezza pu
essere generata solamente da produzione, commercio e investimenti in attivit reali conformi al Corano. Un profitto
quindi riconosciuto come premio di rischio solo se legato a una qualche forma di investimento reale.
84
I progetti cinesi per il 2015 sono molto rilevanti e prevedono 115 miliardi di dollari per 21 mega opere, tra aeroporti,
ferrovie ad alta velocit, tunnel e ponti.

50

altri la probabilit che si manifestino gli eventi negativi, i cinesi risparmierebbero di meno e quindi
potrebbero consumare di pi, soprattutto le fasce pi deboli.
Lobiettivo politico di Pechino, che ha ormai raggiunto il Pil degli Stati Uniti in Ppa,85 anche se
con una popolazione 4 volte maggiore (1300/320), non pi (o non pu essere pi) la velocit della
crescita, ma la sua qualit e la sua sostenibilit. Il rallentamento, innescato dal calo dei consumi e
delle importazioni in Occidente, risponde anche ad una scelta del partito-Stato, impegnato in una
riforma epocale del sistema economico per consentire standard di vita pi alti: lera della nuova
normalit cinese inaugurata da Xi-Jinping. I prezzi da pagare, secondo gli economisti cinesi, sono
una crescita pi lenta e una cessione di competitivit alle tigri emergenti dellAsia: lIndia prima di
tutte, ma anche lIndonesia, la Malesia, il Vietnam, la Cambogia, la Thailandia e il resto del Sud-Est
asiatico. La leadership cinese convinta, tuttavia, che la Cina non pu permettersi una crisi come
quella del Giappone o di Taiwan, costretti ad accumulare debito pur di non modificare lo stile di vita.
I modelli sono Corea del Sud e Singapore, paesi che nellultimo decennio sono riusciti a consolidarsi
proprio grazie alla crescita altrui. Uno studio della BPC spiega che leconomia cinese pu continuare
ad espandersi solo a patto di non svegliarsi sola.
La Cina si sta riformando, ma se il piano presentato nel 2015 verr rispettato, lindebitamento
crescer a livelli tali da frenare a lungo la crescita del Pil, infatti liniezione di capitali successiva alla
crisi ha provocato diversi inconvenienti: la spesa pubblica si rivelata in gran parte inefficiente e ci
ha fatto aumentare il rapporto debito totale /Pil oltre il 200% (Jang, 2015)86. Tuttavia, i leader cinesi
sono convinti che investire in infrastrutture da primato contribuisca al salto di qualit nazionale in
ricerca e tecnologia, da capitalizzare attraverso la produzione industriale e il commercio. Essi
impiegano cos risorse pubbliche consistenti87 ma, nel lungo periodo, fanno crescere generazioni di
ingegneri, scienziati, lavoratori, capaci di assicurare al Paese appalti internazionali pi ricchi e
uninfluenza globale nel credito. Persa una parte dei consumatori occidentali, la Cina va alla conquista
dei loro marchi, per assorbire know how, brevetti, conoscenza, tecnologia, immagine. Da materie
prime e agricoltura, i settori protagonisti del nuovo modello di sviluppo sono credito, industria, settore
immobiliare, mercato secondario dei titoli. Per Pechino, la priorit trovare un equilibrio tra il
sostegno alla crescita, laccelerazione delle riforme e lapertura del mercato, cercando di attenuare il
divario che separa le citt costiere dai villaggi dellinterno. il passaggio epocale, la transizione
definitiva da nazione emergente a superpotenza economica.
Il crollo delleconomia cinese ormai un annuncio ricorrente nella letteratura economica e sui
media, con periodicit triennale, a partire dal 2008 perch, in Occidente, il ritmo di questa crescita
forte e duratura aveva portato ad immaginarlo eterno. Il recente rallentamento delleconomia cinese
ha preoccupato il resto del mondo con riguardo alle sue prospettive di crescita di lungo periodo. In
realt, la Cina sta perdendo il monopolio della competitivit sul lavoro a basso costo. Le aziende,
colpite da aumenti di stipendi tra il 15 e il 38%, ridelocalizzano altrove e in massa e il rallentamento
85

Agli attuali tassi di cambio invece quello cinese ancora di poco superiore alla met (9/17).
Nel 2015, in Cina, il debito del governo risulta pari soltanto al 55% del Pil, mentre il rapporto tra debito totale nazionale
aggregato (incluso quello privato) e il Pil raggiunge il 282%, vicino a quello registrato dalla Grecia (320%) e dallItalia
(335%) nel 2013 (Dati Ameco). Pur trattandosi di uneconomia in parte pianificata, questi valori, peraltro incerti, vanno
considerati con attenzione, tanto pi che tale rapporto, per la Cina, era pari al 170% nel 2008 e al 215% nel 2011. Se
dovesse esserci una crisi del debito in Cina, sar il governo a doversi far carico di pagare il conto degli ultimi sette anni
di stimoli e investimenti non sempre produttivi (Geraci, 2015).
87
La Cina investe nellistruzione solo il 4% del Pil, ma era il 2% dieci anni fa.
86

51

della crescita si abbatte sul mercato del lavoro cinese. Alcune fabbriche sono in crisi, il sistema
produttivo soffre di eccesso di capacit produttiva e le metropoli industriali faticano a creare nuova
occupazione. I gruppi pi colpiti dalla riduzione di domanda estera e da quella interna insufficiente
sono quelli medio-piccoli delle regioni interne. Il controesodo verso le campagne, pi dellaltalena
delle borse e della svalutazione dello renmimbi, un segnale della percezione diffusa che il trentennio
doro della crescita cinese si stia esaurendo.
Dal 2012, la RPC cresce a tassi inferiori a quelli medi degli ultimi trenta anni. La forte dinamica della
crescita cinese era stata favorita da tre elementi concomitanti: 1. le politiche innovatrici di Deng
Xiaoping del 1978, riassunte nella formula riforme e apertura; 2. la fine della guerra fredda che ha
consentito lespansione del commercio internazionale; 3. la crescita demografica che si tradotta in
un aumento straordinario della forza lavoro. Ma queste condizioni si sono indebolite nel tempo88.
Sulleconomia di Pechino incombe, perci, un elemento sottovalutato: landamento demografico89.
La perdita del dividendo demografico lascer alla dinamica della produttivit le prospettive della
crescita ma nemmeno lhigh-tech baster a compensare il calo demografico perch la competitivit
oggi direttamente proporzionale alle nascite. Per questo stata annunciata la fine della
pianificazione famigliare imposta da Deng Xiaoping con la rimozione recente del divieto di un solo
figlio per coppia. In questo modo, la Cina spera che la sua popolazione torni a crescere e di evitare
cos la sorte del Giappone, debilitato proprio dallinvecchiamento della popolazione. Ma queste
campane non suonano solo per la Cina.
Frenata dalle crisi statunitense ed europea, che ha ridimensionato i suoi principali mercati di
esportazione, assillata dai problemi demografici e alle prese con la richiesta di diritti di una classe
media in ascesa, Pechino ha iniziato uno sforzo titanico volto a riorientare la propria economia
dallexport al consumo interno. Questa politica economica mira a consolidare il consenso anche se,
come ha argomentato Moore (1969), la classe media (da cui origina la borghesia) e la competizione
sono elementi che favoriscono la nascita della democrazia. Una volta che questo gruppo sociale ha
soddisfatto i suoi bisogni, avanzer rivendicazioni in altri ambiti: ambiente, sicurezza del lavoro,
libert di espressione. Il capitalismo favorisce la nascita della borghesia e, nel tempo, alla libert
economica seguir, in misura crescente quella politica. Cos la Cina diventer sempre meno rigida,
sia internamente che in politica estera. Si tratta per di un processo lungo, incerto e reversibile verso
ibridi, ed difficile immaginare che il cinese medio, il cui reddito pro capite meno di un quinto di
quello statunitense e la cui visione del mondo molto diversa, possa compiere questo passaggio nel
breve-medio periodo. Daltra parte, tornare a tassi di crescita superiori al 10% molto improbabile.
Ora alcune cause di rallentamento possono essere di natura congiunturale ma nei prossimi venti anni,
le sfide che la Cina deve affrontare per mantenere il ritmo di crescita riguardano fattori di offerta: il
fatto che la popolazione in et di lavoro smetter di crescere per poi diminuire, che la Cina possa
Inoltre, laccresciuta ricchezza e il miglioramento delle condizioni sanitarie fanno prevedere nei prossimi decenni un
incremento esponenziale della popolazione sopra i 65 anni. Linvecchiamento della popolazione causer in Cina non solo
una diminuzione del tasso di attivit, ma anche un aumento consistente delle spese sanitarie e previdenziali.
89
Secondo lAccademia delle Scienze, nel 2025 la popolazione nazionale raggiunger il tetto massimo 1,41 miliardi di
persone, mentre i cinesi, nel 2050, saranno meno dei contemporanei. A fine 2014, la popolazione cinese era pari a 1,37
miliardi, superata da quella indiana. Le conseguenze della transizione demografica sono enormi. Fino al 2030, per
mantenere la stabilit sociale e un tasso di crescita non troppo inferiore al 6%, Pechino dovr creare tra 15 e 17 milioni
di nuovi posti di lavoro lanno. Per la prima volta, a contare non sar pi solo la quantit ma anche la qualit. Da 1 a 3
milioni di questi nuovi posti di lavoro saranno per laureati.
88

52

continuare a investire il 50% del suo Pil mentre il tasso di rendimento del capitale tender a ridursi,
che il tasso di attivit tender a cadere man mano che la popolazione si inurba, che loccupazione si
sposter verso il settore terziario che meno produttivo di quello manifatturiero. I consumi nel 2014
hanno rappresentato solo un terzo del Pil. Gli investimenti nel cemento, sostenuti dallo Stato,
nonostante il rischio di bolla immobiliare, equivalgono a met del Pil. Un modello insostenibile che
deve essere reindirizzato verso i consumi interni. Questo implica minore risparmio, salari pi elevati,
minore competitivit, pi mercato e meno corruzione e burocrazia, maggiore efficienza del sistema
finanziario.
La crescita futura della Cina dipende dalla sua capacit di mantenere unito il paese, nonostante le
numerose fratture regionali che lo solcano. Il controllo del proprio territorio la maggiore sfida sia
geopolitica che economica. La Cina ha avuto una crescita impetuosa: in pochi decenni ha colmato un
divario di due secoli di rivoluzione industriale: trasporti, infrastrutture, comunicazioni, grandi
urbanizzazioni90, ma anche la capacit di produrre quanto desiderato dal consumatore cinese, dalle
auto ai telefonini. Lo ha fatto grazie a un enorme serbatoio di forza lavoro e alla compressione dei
consumi interni, per avere il risparmio necessario a finanziare gli investimenti, non volendo utilizzare
i capitali stranieri, memore della lezione della crisi del 97-98. La Cina ha mantenuto cos un avanzo
delle partite correnti con lestero, cio un surplus di risparmio. Avendo ora accumulato capitale e
capacit produttiva sufficienti, pu e deve spostare le risorse interne ai consumi: la crescita del Pil
rallenter, ma non un problema per la Cina; anzi i suoi cittadini beneficeranno di un tenore di vita
crescente.

5.4 Gli effetti della crisi cinese sulleconomia reale mondiale


La Cina diventata un polo delleconomia mondiale e la crescita cinese un fattore chiave per la
ripresa della domanda globale perch la quota crescente del Pil cinese su quello mondiale implica che
gli shocks generati dalleconomia cinese colpiranno con intensit leconomia mondiale e di
conseguenza la dinamica produttiva e occupazionale e, infine, le politiche monetaria e fiscale. Lo si
vede bene nellattuale ciclo del dollaro. Le autorit cinesi hanno attutito, con misure di rilancio della
domanda interna, gli effetti della crisi delle esportazioni ma, ai primi segni di ripresa delleconomia
americana, hanno iniziato a svolgere unazione decisa per modificare la struttura delleconomia
cinese, innanzitutto permettendo la fine del boom dellacciaio, indotto dalla politica di costruzione
anticiclica di infrastrutture. Crollate le quotazioni sui mercati delle principali materie prime a causa
del indebolimento della crescita cinese, sono infatti entrati in crisi profonda i paesi (Brasile,
Argentina, Australia, esportatori di metalli e prodotti agricoli, ma anche i paesi africani dove i cinesi

90

In Cina i residenti nelle citt hanno superato quelli nelle campagne e i consumi interni sostengono la crescita pi delle
esportazioni. I problemi posti dall urbanizzazione e dalle aspirazioni della classe media dipendono dal fatto che il nuovo
modello non procede con rapidit sufficiente. Nelle metropoli industriali la carenza di giovani specializzati e laumento
dei salari fa aumentare il costo del lavoro. Il rallentamento dovuto a un eccesso di investimenti rispetto allaumento
della spesa. Rispetto al 2005, nel 2015 i consumi sono scesi dal 44 al 36% del Pil. Gli investimenti nel cemento hanno
superato il 50% e la concentrazione degli investimenti negli immobili, piuttosto che nella produzione, ha fatto salire i
timori di una svalutazione dei crediti (riproponendo una sub-prime crisis). Il governo ora impegnato nellaumento dei
salari, nello stimolo della natalit e nella costruzione di sistemi di assistenza sociale e di previdenza che favoriscano una
riduzione del risparmio.

53

hanno favorito la crescita di miniere e di grandi aziende agricole), che negli anni precedenti si erano
arricchiti esportando materie prime in Cina.
La novit questa crisi venuta da fuori, da quella che era considerata la periferia del sistema. Il
peso economico relativo dellOccidente molto diminuito insieme alla sua capacit di stabilizzare
leconomia mondiale. Si assiste perci a un rovesciamento dei ruoli che accentua lincertezza sui
mercati. Negli ultimi ventanni la crescita globale stata trainata dai paesi emergenti, soprattutto la
Cina ma non sola. Se il rallentamento riguarda tutti questi paesi, il mercato globale si riduce. Oggi i
paesi emergenti pesano la met del Pil mondiale e ci si chiede se il loro rallentamento possa portare
a una crisi di terzo livello, dopo quella dei mutui sub prime del 2007-2009 e quella dei debiti sovrani
(2010-2014) che ha colpito lEurozona. Una terza crisi interromperebbe la ripresa statunitense e
renderebbe pi ardua quella europea e giapponese.
In un mondo pi equilibrato o paritetico, i problemi dei paesi emergenti possono infliggere un
danno molto superiore a quelli avanzati attraverso il contagio. Questa considerazione aiuta anche a
capire il pericolo della deflazione e cio di una caduta generale dei prezzi. Al momento questa
minanccia riguarda tutte le economie avanzate e i mercati delle materie prime, il petrolio il pi
importante. Seguono quelli dei metalli, minerali e derrate agricole. A unosservazione superficiale,
dovrebbe essere un evento positivo, tutto costa meno, il costo della vita scende, il potere dacquisto
sale, i consumatori stanno meglio. Ma per ogni prezzo che scende c un reddito decurtato: quello dei
produttori. Agricolture sudamericane e africane, industrie minerarie del Canada e dellOceania, pi
della met del pianeta soffre la deflazione come un impoverimento netto e ci pu innescare un
processo demoltiplicativo che contrae le importazioni da Stati Uniti ed Europa. Questi nuovi mercati
di sbocco dove i produttori dei paesi avanzati avevano trovato un traino per compensare le deboli
domande interne dei consumatori occidentali, ora sinaridiscono per mancanza di risorse. Lo stesso
meccanismo aiuta a capire laspetto perverso della svalutazione cinese lanciata l11 agosto 2015 e
non ancora finita. In una fase di deflazione, la Cina sta ricorrendo a una delle vie di fuga pi antiche
e dannose. Qualcosa di simile accadde negli anni trenta della Grande Depressione: ogni paese cercava
di scaricare la sua crisi sui suoi vicini o svalutando la moneta o ricorrendo ad altre forme di
protezionismo. Si trattava della nota politica beggar thy neighbour. Ma una svalutazione
competitiva funziona bene quando la domanda globale cresce. Allora il paese che svaluta riesce ad
esportare di pi perch i suoi prodotti costano di meno sui mercati esteri che li domandano. Ma se la
domanda globale si contrae, la svalutazione aggiunge un altro shock deflazionistico e aiuta poco
anche il paese che la utilizza (anche se rende pi competitive le sue esportazioni). La manovra cinese
stata preceduta da quelle delle monete emergenti BRICS: il real, il rublo, la lira turca e il rand
sudafricano91. E la spirale della svalutazione si allargata poi al dong vietnamita e al tenge kazaco. I
benefici si elidono a vicenda e questo spiega loscillazione del giudizio del FMI nei confronti della
Cina di cui aveva in un primo momento letto la svalutazione come un passo verso la liberalizzazione
dei mercati.

91

Il rand la valuta ufficiale del Sudafrica fin dalla sua indipendenza nel 1961 ed usato anche come valuta comune
nei paesi della Comunit di Paesi dell'Africa Meridionale.

54

I gruppi industriali di Europa e Stati Uniti ricollocano al loro interno le produzioni delocalizzate
negli ultimi decenni favorendo cos il ritorno del lavoro in Occidente92. La crisi sta rendendo
lOccidente pi competitivo mentre in Cina i costi del lavoro per unit di prodotto sono in aumento
per una dinamica salariale crescente, come lOccidente auspicava da anni, ma la bolla finanziaria
spaventa gli investitori. A favore di Cina, Corea del Sud, Giappone, Taiwan, e Sud-Est asiatico
restano competenze e catene di forniture consolidate. Difficile riportare in Occidente elettronica,
digitale e meccanica computerizzata, ma linnovazione tecnologica e la metamorfosi del mercato del
lavoro riequilibrano i rapporti per moda, arredamento, elettrodomestici, automobile, settore
alimentare, farmaceutica. I distretti robotizzati in Europa e Stati Uniti favoriscono la competitivit,
ma le svalutazioni asiatiche che accompagnano quella del renmimbi potrebbero tornare a rendere
lOriente molto vantaggioso, e se la Cina continuer ad invadere i mercati mondiali, leffetto domino
porter le imprese europee e statunitensi a delocalizzarsi nuovamente.
Le previsioni di crescita della Cina sono state riviste al ribasso. E lo stesso sta accadendo su tutti i
mercati emergenti aprendo cos un circolo vizioso di demoltiplicazione. Si teme che i problemi della
Cina possano frenare la crescita mondiale. Ma non tanto la Borsa di Shanghai a preoccupare gli
Stati Uniti e lEuropa: quella piazza finanziaria ancora piccola e gli stranieri vi investono
relativamente poco. Il problema principale costituito dalla contrazione degli investimenti. Il
rallentamento cinese costringe le industrie che vi avevano costruito le loro strategie e previsto i loro
profitti a riconsiderarli. Le multinazionali dellindustria (Caterpillar, Smatphones, automobili) e delle
materie prime sono le pi preoccupate. Questi rallentamenti si riflettono sugli Stati Uniti 93e
sullEuropa, le cui esportazioni sono colpite negativamente. Tutto questo implica una riduzione di
domanda aggregata futura a livello mondiale e, quindi, una riduzione dei prezzi di energia e materie
prime: ci, a sua volta, ha effetti negativi per le economie che ne sono ricche.
In particolare, la crisi cinese prospetta il contagio per lEuropa. A soffrirne sar soprattutto la
Germania, prima esportatrice europea verso la Cina e unico paese avanzato a godere di una bilancia
commerciale attiva con Pechino, quindi la pi esposta a una crisi di quel mercato. Ma oltre ai prodotti
dellalta tecnologia tedesca anche il lusso made in Italy stato tra i settori beneficiati dal boom
cinese94. Ora questa domanda crescer meno di quanto atteso mentre cresce la capacit di imitazione
cinese in questo settore. In questo frangente, lEuropa, che ha bisogno di una moneta debole per
riprendersi dalla crisi di secondo livello, si trova in una posizione difficile perch il deprezzamento
delleuro viene vanificato da quello delle valute dei paesi emergenti. E la fuga dei capitali dai BRICS,
motivata dallincertezza, rafforza le valute pi solide, dollaro ed euro. Di fatto, oggi l'attenzione si
concentra soprattutto sul deprezzamento della valuta cinese. In mancanza di una politica fiscale pi
espansiva, la misura che rimane per rilanciare leconomia quella della svalutazione. Si tratta di una
decisione strategica della Cina per dare impulso alle esportazioni in una situazione economica di
stagnazione della domanda mondiale.

Loccupazione manifatturiera aveva perso un terzo negli Stati Uniti tra il 1996 e il 2013, ma negli ultimi 6 anni il trend
si invertito, nel 2015 aumenter del 3, 2%, mentre in Europa toccher il 4%.
93
Rallentando la crescita dei tassi dinteresse statunitensi, il rallentamento cinese frena il potere gravitazionale dei
capitali da parte di quel mercato finanziario.
92

Tuttavia lexport italiano fatto di beni a bassa elasticit di prezzo (lusso e meccanica iperspecializzata) e ci ridurr
gli effetti negativi.
94

55

6. La strategia cinese: il renmimbi, nuova moneta internazionale


6.1 Lo scoppio della bolla finanziaria cinese e le manovre per contrastarla
La bolla delle borse cinesi stata generata da quantit elevate di liquidit immesse dal governo nel
sistema economico, dopo il rallentamento delleconomia nella crisi del 2008, per sostenere la crescita
del paese attraverso il finanziamento delle imprese. Di fatto le bolle sono difficili da identificare. In
questo caso, il Price/Earning ratio era alto ma non chiaro se il crollo sia stato dovuto allesplosione
di una bolla speculativa o piuttosto al rallentamento strutturale in un processo di crescita dei valori
sostenuto da buone prospettive di redditivit future. Il rischio sistemico di trasmissione della bolla
allestero minimo in quanto la crescita dei prezzi delle attivit finanziarie cinesi non stato guidato
da banche e altri operatori finanziari bens dalleccezionale attivismo di investitori individuali
motivato dalla fiducia nella capacit del governo cinese di controllare lintera economia mista pianomercato. Il 12 giugno 2015 scoppia la bolla e scattano le vendite da panico. Per sostenere i corsi
azionari, i primi di luglio 2015 le autorit cinesi hanno rimosso tutti gli impedimenti al sostegno del
mercato sospendendo gli scambi di molti titoli azionari, impedendo le vendite allo scoperto,
spingendo gli investitori maggiori ad acquistare in Borsa, vietando agli azionisti di maggioranza delle
societ di cedere titoli per sei mesi e sospendendo per due giorni le nuove quotazioni. La BPC ha
ridotto la riserva obbligatoria, tagliato i tassi portandoli al minimo storico e annunciato uniniezione
di moneta nel sistema finanziario. Le banche di stato e le compagnie di assicurazione, mobilitate
dimperio, hanno acquistano azioni per frenare la caduta ma il movimento al ribasso non si arrestato.
Il dirigismo finanziario del governo non solo non ha risolto il problema ma ha rischiato di nasconderlo
impedendo ai prezzi di trovare velocemente un nuovo equilibrio oltre a stimolare azzardo morale. Ma
in un mercato come quello cinese, popolato da 90 milioni di piccoli investitori poco esperti e forse
mal consigliati non poteva servire. Le sofferenze sono aumentate al punto di rischiare limplosione
del sistema bancario. Negli Stati Uniti, durante la crisi, si diceva che le banche erano troppo grandi
per lasciarle fallire, in Cina invece sono troppo grandi per salvarle. Dopo aver guadagnato il 150% in
un anno, la perdita di valore in Borsa ha raggiunto il 43%, inducendo una aumento dei flussi di capitali
verso lestero95.
La svalutazione del renmimbi non aiuta a risollevare le borse cinesi perch aumenta lincentivo a
spostare i capitali sul dollaro. N aiuta, in prospettiva, il riconoscimento del renmimbi come moneta
internazionale, da parte del FMI a partire da ottobre 2016, perch questo implica una liberalizzazione
dei movimenti di capitale di cui il risparmiatore cinese approfitter per fare investimenti allestero. A
gennaio 2016, la borsa di Shanghai ha perso un ulteriore 7% che ha fatto scattare, per la prima volta,
il nuovo sistema automatico di sospensione delle contrattazioni che stato introdotto per evitare nuovi
crolli96.
Tagli dei tassi di sconto e liberalizzazione degli acquisti a debito dei titoli azionari, il cui valore
aumentato in pochi mesi da 60 a 390 miliardi, hanno accompagnato un mercato poco evoluto, mal
regolamentato e molto opaco, innescando la bolla. Lo scoppio di una bolla quasi sempre si ripercuote
sul livello di attivit economica e si trasmette per contagio agli altri paesi. Ma il caso cinese diverso
Il flusso dei capitali tranfrontalieri ha iniziato ad essere liberalizzato nellaprile 2009 per consentire alle imprese,
specialmente a quelle pi grandi, di canalizzare i loro investimenti tra la Cina continentale ed Hong Kong.
96
Lufficio nazionale di statistica di Pechino ha comunicato che nel 2015 i profitti industriali cinesi sono scesi del 4,7%.
95

56

perch leffetto ricchezza, cui si associano riduzioni di consumi e di investimenti, il dissesto delle
istituzioni finanziarie e il credit crunch che amplifica leffetto recessivo, in Cina sono ridotti sia dalla
piccola frazione di cinesi che investe in borsa sia dalla bassa percentuale dei consumi (37% rispetto
al 68% degli Stati Uniti e al 56% dellEuropa). La Cina continua ad esportare risparmi, lavanzo delle
partite correnti nel 2015 pari al 2% del Pil, nonostante il rallentamento. Al contrario della bolla, la
fonte di contagio associata al rallentamento della crescita. Il Paese non ancora riuscito ad attivare
il modello di sviluppo alternativo a partire dai consumi interni. Di conseguenza continua a generarsi
un eccesso di risparmio e di liquidit che non trovano strumenti finanziari adeguati per investimenti
redditizi. Inoltre, col duplice obiettivo di liberalizzare progressivamente il mercato finanziario (il pi
chiuso e regolamentato del paese) e di creare canali dinvestimento alternativi a quello immobiliare,
il governo a met del 2014 aveva introdotto la possibilit di acquisti a leva, incentivando in tal modo
gli investimenti in borsa di molti piccoli e grandi risparmiatori e di imprese. Successivamente, la Cina
ha adottato una politica di incoraggiamento dei prezzi azionari, combinando una campagna
propagandistica per lacquisto di azioni con attenuati requisiti al margine, rendendo pi facile
lacquisto di azioni con denaro preso a prestito. Lobbiettivo pu essere stato quello di dare un
sostegno a quelle imprese di propriet statale, che potevano ripagare il debito vendendo azioni. Questa
situazione ha generato la sopravvalutazione dei prezzi dei titoli rispetto ai fondamentali
delleconomia reale fino allesplosione della bolla.
Il prolungato peg del renmimbi col dollaro aveva invece portato lentamente a una rivalutazione della
moneta cinese e quindi a una perdita di competitivit. Dopo 22 anni di peg sul dollaro97, la Cina ha
deciso di lasciar svalutare a sorpresa la sua moneta. A partire dall11 agosto 2015 e nei due giorni
successivi, vi sono state tre svalutazioni cinesi, rispettivamente del 1,90%, 1,62%, 1,1%, pari al 4,65%
complessivo. Non tanto se paragonato ai grandi riallineamenti valutari euro-dollaro che hanno visto
variazioni superiori al 20%. Ma il fatto che saranno seguite dai paesi vicini e dal altri paesi emergenti
aggrava comunque i problemi delle economie occidentali98. Per gli investitori, un renmimbi
deprezzato del 4,65%, dopo che in un anno si era rivalutato del 14% (18% inclusa linflazione), non
molto rilevante. Nel 1994 vi fu un crollo da primato, la svalutazione raggiunse il 33% e fu il preludio
a un ventennio formidabile di crescita del Pil. Capace perfino di arginare anche la crisi internazionale
2007-2009. Si possono osservare tre cose: 1. lOccidente in imbarazzo perch non facile accusare
la Cina, visto che il renmimbi sta seguendo la pressione dei mercati e le raccomandazioni del FMI di
liberalizzare la sua valuta; 2. la Cina sta seguendo la lezione della Fed che, a suo tempo, non ha esitato
a usare la svalutazione competitiva per uscire dalla crisi; 3. la tempistica di questa svalutazione
particolarmente sfortunata per lEuropa. Il FMI ha dato inizialmente un cauto placet alla manovra
cinese definendola un passo benvenuto verso la piena liberalizzazione valutaria. I governi stranieri
temono per una guerra delle valute dichiarata inaspettatamente dalla Cina. Secondo il FMI e le
agenzie di rating, la manovra cinese dolorosa, ma efficace, orientata da una riforma strutturale che
tende a migliorare il mercato piuttosto che una svalutazione competitiva.

Da oltre ventanni il renmimbi pu oscillare quotidianamente sul dollaro fino al 2% ma finora la media si era sempre
assestata attorno allo 0,6%.
98
In 18 mesi il Giappone ha svalutato lo yen del 18% sul dollaro, lIndonesia del 10%, la Malesia del 13%, e il Vietnam
ha raddoppiato la banda di oscillazione del dong. La fine dellera del renmimbi forte apre scenari globali nuovi ed incerti:
il made in China cerca di tornare low cost.
97

57

Questa manovra, ancorch marginale, pu essere motivata dalle difficolt delleconomia cinese,
per quelle imprese che non riescono a sopravvivere con un cambio stabile, e dal tentativo di trasferirle
sugli altri esportando deflazione. In realt, la Cina fa quello che Stati Uniti, Europa e FMI chiedevano
da tempo: trasformare il renmimbi in una moneta simile alle loro, meno manipolata dal governo. La
Cina afferma che si tratta di un avvicinamento del renmimbi ai valori di mercato, che risponde cio
agli equilibri tra domanda e offerta, piuttosto che a direttive politiche, un gesto in linea con quello
che la comunit internazionale chiede da anni. Quindi non si tratterebbe di una svalutazione
competitiva, ma nessuna Banca centrale ha mai confessato di volerlo fare anche quando lo ha fatto.
La scelta del tempo non casuale, essa avviene in un momento in cui il mercato spinge il renmimbi
al ribasso, dando luogo a una svalutazione competitiva realizzata dal mercato. Le prime vittime della
svalutazione sono i paesi pi vicini e simili alla Cina: Bangladesh, Filippine, Indonesia, Vietnam.
Sono quelli che avevano goduto i benefici delle ultime ondate di delocalizzazione cinese spinta dagli
aumenti salriali. A catena sono colpiti tutti: gli altri BRICS, lAfrica, lAmerica Latina, oltre a Canada
e Australia. LEuropa stessa non ne immune Ma, come si detto, ancor pi della svalutazione cinese
preoccupa il rallentamento delleconomia mondiale dovuto a quello cinese e degli altri paesi
emergenti e al rialzo dei tassi di interesse statunitensi.
La svalutazione un rimedio antico ma non sempre efficace. Leconomia mondiale ora molto
meno dinamica che nel passato. Le guerre delle valute sono micidiali perch comportano ritorsioni
che compromettono la domanda mondiale generando una deflazione planetaria indotta dal rinvio di
consumi e soprattutto di investimenti. Storicamente, svalutazioni competitive sono state associate in
diversi paesi a guadagni di crescita ma, negli ultimi anni, la produzione si frammentata
internazionalmente, seguendo il modello di commercio intraindustriale, con flussi di commercio di
beni intermedi tra paesi, organizzati prevalentemente dalle imprese multinazionali nellambito di
catene globali del valore99. Ne consegue che lesportazione diretta di beni e servizi sul mercato
legata a un vantaggio di prezzo, ossia quella modalit di commercio cui le svalutazioni competitive
danno beneficio e che viene storicamente registrata dalla letteratura economica, probabilmente
molto meno importante di prima100. Anche se quella cinese non una svalutazione competitiva, ma
piuttosto il segno che la fuga dei capitali non si arrestata, il deprezzamento del renmimbi ha un forte
impatto sul resto del mondo data la dimensione delleconomia cinese e il suo ruolo nel commercio
planetario. Le reazioni dei mercati mondiali stata corale, allinsegna della sfiducia. George Soros e
il presidente della Fed di Richmond prevedono una ulteriore e forte decelerazione della crescita cinese
nel 2016101. La Cina continua cos a tenere sotto scacco i mercati finanziari mondiali provocando gli

LUnctad stima che l80 per cento del commercio globale (in termini di esportazioni lorde) sia oggi in qualche modo
connesso a transazioni in cui almeno una delle controparti unimpresa multinazionale che organizza una global value
chain.
100
I motivi che riportano i paesi e le regioni planetarie ai cambi fissi nonostante la loro fragilit sia consolidata sono
molteplici. Si tratta sia di cause economiche (stabilit monetaria, eliminazione delle politiche valutarie corsare) sia di
cause politiche interne (leredit antinflazionistica tedesca, la maggiore incisivit delle crisi in termini di riforme indotte
nei paesi periferici) ed esterne (il mantenimento della supremazia del dollaro).
99

Secondo lhedge fund del noto finanziere ungherese, che realizz in breve tempo un miliardo di dollari speculando nel
1992 sul crollo della sterlina e della lira, la crisi globale innescata dal rallentamento della crescita cinese potrebbe
provocare una crisi globale paragonabile a quella del 2007-2009.
101

58

effetti di una contrazione degli scambi sul tasso di crescita (Romagnoli, 1979). Con i paesi emergenti
che seguono lesempio della Cina, si accentuano le tendenze che spingono a una guerra delle valute.
Le autorit di Pechino in questi mesi sono di fronte a una contraddizione di fondo tra gli obiettivi
economici di breve (mantenere uno stretto controllo del governo sulla crisi di borsa per garantire la
stabilit finanziaria interna) e di medio periodo (introdurre progressivamente le riforme di mercato
allinterno del nuovo modello di sviluppo). Esse devono perseguire contemporaneamente obbiettivi
diversi e conflittuali. In particolare, dovrebbero aumentare la liquidit per risollevare le borse, ma
questo spingerebbe ulteriormente la svalutazione che per aumenterebbe ulteriormente la fuga dei
capitali e renderebbe ancor pi costose le importazioni degli input su cui si reggono molte delle filiere
produttive nelle quali le imprese cinesi e a capitale misto svolgono le fasi a valle della catena del
valore. Ancora, leconomia cinese fortemente squilibrata, con una parte molto modesta del Pil
rivolta ai consumi ed una parte molto elevata destinata agli investimenti. Ora che i rendimenti degli
investimenti stanno calando velocemente, la soluzione investire di meno e consumare di pi. La
dirigenza cinese pu reagire alla caduta delle esportazioni (-8,3% nellultimo anno) con una
redistribuzione a favore dei redditi dei lavoratori che pu dare origine alla domanda necessaria per
equilibrare lofferta. Gli investitori cinesi stanno sperimentando le difficolt di un paese che introduce
progressivamente il meccanismo di mercato (una decisione economica), ma che non certamente
pronto e forse neppure intenzionato ad accettare lesito di tale meccanismo in termini di allocazione
delle risorse (una decisione politica).
6.2 Il renmimbi: nuova valuta internazionale
Per la maggior parte della sua breve storia, il renmimbi102 ha avuto un peg con il dollaro (pari a
1:2,46), durante gli anni 70 si rivalut fino a raggiungere1:1,50 nel 1980. Quando la Cina apr i suoi
mercati al commercio internazionale il renmimbi fu svalutato al fine di migliorare la competitivit
delle esportazioni cinesi. Il cambio scese da 1:1,50 fino a raggiungere il suo minimo1:8,62, nel 1994.
Successivamente, il cambio si mantenne intorno a 1: 8,27 fino al 2005. Ha raggiunto un nuovo
massimo pari a 1:6,0395 il 14 gennaio 2014 per contenere le pressioni inflazionistiche, una politica
fortemente auspicata dagli Stati Uniti per ridurre il loro deficit di conto corrente con la Cina. Le tre
svalutazioni estive del 2015 lo hanno portato a 1:6.37. Dallottobre 2015, la Cina ha annunciato che
sar il mercato a determinare il tasso di cambio. In realt la manovra sul cambio ha motivazioni pi
complesse di una semplice svalutazione competitiva: ci vuol ben altro del 4,65% per stimolare
lexport che, nellultimo decennio, aumentato rapidamente nonostante il renmimbi si sia apprezzato
di oltre il 30 per cento in termini sia nominali sia reali rispetto al dollaro, come mostra la figura 8. La
revisione del meccanismo di adeguamento della parit centrale della banda di oscillazione allinterno
della quale fluttua il renminbi, cio di fatto la transizione da un cambio fisso a un cambio in regime

Il renmimbi ha due quotazioni diverse a seconda che sia scambiato allinterno del paese, Chinese Yuan onshore (CNY),
o liberamente allestero, dallaprile 2009, Chinese Yuan offshore (CNH), soprattutto sul mercato di Hong Kong.
Larbitraggio sul tasso di cambio per gli importatori continentali e le multinazionali crea una pressione verso lalto sul
mercato del CNY ed una pressione verso il basso su quello del CNH. In uneconomia con tassi dinteresse e tassi di
cambio flessibili, larbitraggio elimina rapidamente il differenziale del tasso di cambio. Ma, dato che il tasso di cambio e
il tasso dinteresse in Cina non sono flessibili, persiste il differenziale tra CNY e CNH.
102

59

di fluttuazione controllata, era da tempo suggerita anche dal FMI. Come si detto, una riforma che
tende ad accrescere il peso del mercato nelleconomia nazionale.
Il 30 novembre 2015, il FMI ha deciso di inserire il renmimbi nel basket dei DSP a partire da ottobre
2016. Una settimana dopo, le autorit cinesi hanno annunciato che il cambio del renmimbi sar
misurato su un paniere di valute, non solo sul dollaro (che si sta rivalutando) e che in futuro il fixing
sar portato su livelli pi vicini al tasso a pronti. In sostanza, la Cina si sta avvicinando alla libera

Figura 8 Tasso di cambio dollaro/renmimbi dal 1981 al 2015

Fonte: Forex

oscillazione della valuta: un altro importante passo avanti verso linternazionalizzazione del
renminbi. Di fatto, dopo lammissione del renmimbi al basket dei DSP la Cina sta lasciando indebolire
il renmimbi, ha sospeso il blocco automatico (circuit breaker) degli scambi e prorogato sine die i
vincoli alla vendita di partecipazioni rilevanti delle societ quotate. Tra il 7 e 8 gennaio 2016, il
cambio del renmimbi ha registrato due ulteriori flessioni che hanno portato il suo valore a 0.152439
dollari (1:6,56). Per rassicurare i mercati, le autorit cinesi hanno annunciato di aver speso 108
miliardi di dollari delle sue riserve ufficiali (ora scese a 3330 miliardi di dollari) nel tentativo di
sostenere la moneta103. Questa politica sembra confermare che la Cina non ritiene i vantaggi
sullexport maggiori dei costi di un dollaro forte sui debiti e della fuga dei capitali. Ma in questa
valutazione va inclusa anche la possibilit che la Cina anticipa i mercati per il timore che la domanda
di renmimbi associata alla sua internazionalizzazione possa farlo rivalutare eccessivamente.
La moneta cinese da poco diventata la quarta moneta pi utilizzata nel pianeta. La valuta, utilizzata
in patria da 1,3 miliardi di persone, ha superato ad agosto lo yen giapponese nelle transazioni
finanziarie internazionali ed ora preceduta solo da dollaro, euro e sterlina inglese 104. La forza del
103

Il divario tra cambi ufficiali interni e quelli offshore ha ripreso ad ampliarsi. Ci costringe la BPC a riacquistare
consistenti quantit di renmimbi allestero, pagando con le sue riserve in dollari. Bloomberg ha stimato che nel 2015 i
capitali in fuga dalla Cina hanno superato lequivalente di mille miliardi di dollari.
104
La quota del renmimbi nelle operazioni di pagamento nel mondo aumentata ad agosto al 2,79% in valore contro il
2,76% dello yen. In tre anni, sempre secondo l'organizzazione delle transazioni internazionali SWIFT, il renmimbi ha
superato sette monete, occupando nel 2012 il settimo posto. "La moneta si affermata come dominante negli scambi
finanziari dopo il dollaro", afferma l'organizzazione. Ad agosto il dollaro occupava il primo posto (al 44,82%), seguito

60

renmimbi si vede anche dalla posizione che ha raggiunto nelle transazioni internazionali nellAsia
orientale dove luso della valuta cinese ha largamente sostituito il dollaro, come si vede nella tabella
2.
Tab. 2-Renminbi usage surges in Asia-Pacific
Currency Jan-Apr 2012

Jan-Apr 2015

AUD

12%

12.1%

USD

21.7%

12.3%

HKD

21.8%

16%

JPY

28%

23%

RMB

7%

31%

Source: Swift
Perch una valuta possa essere inclusa nel paniere dei DSP, secondo quanto stabilito dal FMI,
devono essere rispettate due condizioni105: 1. il Paese emittente moneta deve possedere grande
capacit di esportazione; 2. la moneta di riferimento deve essere liberamente utilizzabile. La decisione
del FMI, basata almeno formalmente su unanalisi tecnica, il sigillo di buona condotta valutaria che
i cinesi desideravano, come era nellOttocento lingresso nel club delle monete convertibili in oro
che, contrariamente al Giappone, il Celeste Impero non aveva voluto o potuto realizzare. La decisione
del Fondo rilancia il percorso - iniziato con lammissione al Wto nel 2001 - dellinclusione della Cina
tra i partner importanti del governo multipolare del mondo e sanziona la nuova normalit della
Cina anche per quanto riguarda i mercati finanziari. Sul piano economico, il riconoscimento
dellimportanza sistemica della valuta cinese scongiura il rischio della risposta al rallentamento della
crescita con la svalutazione competitiva del renminbi. Il comportamento responsabile delle autorit
monetarie cinesi stato sinora poco riconosciuto, trascurando il fatto che dallinizio della Grande
Recessione al luglio 2015, il renminbi stato lasciato rivalutare di circa il 27 per cento rispetto
alleuro, aiutando non poco le esportazioni tedesche. Infine, la decisione del FMI, assecondata dagli
Stati Uniti, rende pi probabile un atteggiamento di prudenza e cooperazione delle autorit monetarie
cinesi accrescendo il loro interesse per la stabilit del s.m.i.. La maturazione dei mercati finanziari
cinesi ha costituito uno dei prerequisiti fondamentali, unitamente alla progressiva liberalizzazione dei
flussi finanziari con il resto del mondo106 e al mantenimento di un quadro macroeconomico stabile,
per lo sviluppo del renmimbi come moneta internazionale.
Il peso di una valuta allinterno del paniere misura anche la sua capacit di attrazione e quindi di
stabilizzazione del suo valore.Nel caso del renmimbi, la sua domanda mondiale come valuta di
dall'euro (27,2%) e dalla sterlina (8,45%). A proiettare renmimbi in testa ai mercati finanziari mondiali stata lascesa
dei centri mondiali off-shore in cui gi possibile la sua adozione. Nel 2014, la Cina ha sottoscritto otto nuovi accordi, i
pi importanti con Londra, Francoforte, Lussemburgo, Kuala Lumpur, e Bangkok. Ora le piazze straniere in cui
possibile pagare in renmimbi sono 14. A fine gennaio 2015, si aggiunta anche Zurigo, mercato simbolo della finanza
europea.
105
Di fatto, a queste due condizioni principali se ne affiancano altre minori, come lutilizzo della valuta nei titoli di debito
internazionali, nelle passivit bancarie, e nel turnover dei mercati valutari a pronti. Il renmimbi ha fatto grossi passi anche
su questi aspetti, sebbene mantenga ancora alcune restrizioni sui flussi di capitali.
106

Si osserva per che il libero uso di una moneta non implica la sua convertibilit.

61

riserva107 potr compensare eventuali flussi di valuta in uscita dalla Cina da parte dei privati. Ci
render pi prevedibili anche le scelte della BPC in termini di tassi dinteresse. Il renmimbi peser il
10,9% del paniere, dietro al dollaro (sceso da 41,90 a 41,75%) e alleuro (da 37,40 a 30,93%), ma
davanti allo yen (da 9,40 a 8,33%) e alla sterlina (da 11.30 a 8,09%). La figura 9 mostra chiaramente
che stato leuro a pagare il prezzo maggiore dellentrata del renmimbi con il 6,5%, mentre yen e
sterlina hanno contribuito entrambi con il 4,2% e infine il dollaro solo marginalmente con lo 0,2%.
Fig. 9 - Variazione della composizione del paniere dei DSP dopo lintroduzione del renmimbi.

Ora il peso delleuro nel paniere inferiore a quello della sua istituzione 108. Ci indica che la crisi
di secondo livello che ha seguito quella globale del 2007-2009 ha indebolito il ruolo dellEurozona
nel ridisegno del s.m.i.. Anche la composizione percentuale delle riserve in euro, che era pari al 17,9%
nel 1999, scesa al 21% nel 2015 dopo aver raggiunto un massimo di 27,6 nel 2009, mentre quelle
in dollari, che erano pari al 70,9% nel 1999, sono risalite al 63% nel 2015, dopo aver raggiunto un
minimo pari a 61,8% nel 2010 (Romagnoli, 2013; IMF, 2015). Il secondo punto chiave della decisione
del FMI la modifica della metodologia per il calcolo del peso delle valute incluse. Precedentemente,
i pesi relativi erano principalmente derivati dai dati sulle esportazioni e sulle riserve in valuta estera.
Lovvia limitazione era che le bilance commerciali determinano in buona parte la composizione delle
riserve in valuta estera, e quindi i criteri erano, in parte, ridondanti. Nel 2015, il FMI ha scelto una
nuova formula nella quale le variabili relative alle esportazioni, alle riserve in valuta estera e ai dati
finanziari (Forex turnover, passivit e titoli di debito internazionali) hanno lo stesso peso, e la
copertura dellindicatore finanziario stata estesa per catturare meglio diverse transazioni finanziarie.
Al di l del prestigio associato allinserimento del renmimbi nel basket dei DSP, il beneficio per la
Cina dato dal fatto che le banche centrali aumenteranno le loro riserve denominate nella sua moneta,
anche se questo signoraggio dar luogo a pressioni per una sua rivalutazione. Apre comunque una via
al confronto diretto con il dollaro a livello mondiale (Kenen, 2009; Ocampo, 2010), anche se il ruolo

107

Gi nel 2014, la BPC dichiarava che 30 banche centrali avevano riserve in renmimbi.

108

Vedi, a questo riguardo la tabella 3 a p. 102.

62

maggiore nelle decisioni del FMI costringer la Cina ad adottare politiche monetarie e valutarie in
linea con i mercati valutari internazionali109. Tuttavia questo successo non risolve il problema cinese
di affrancarsi dal dollaro. La Cina con un sistema finanziario ancora non abbastanza sviluppato,
appesantito dai debiti dei governi locali che hanno costruito infrastrutture e abitazioni al di l del
necessario e dove le banche, per sopravvivere, applicano spread tra prestiti e depositi del 5% e oltre,
non accetter facilmente lidea di diventare un debitore netto. La crisi del 1997-98 e quella del 2008
hanno mostrato a Pechino limmensa potenza distruttiva della finanza. Comunque, anche se avallasse
lapprezzamento della divisa nazionale e accettase un deficit della bilancia commerciale, il governo
cinese manca di una forza militare confrontabile con quella statunitense, nonch della stabilit e della
trasparenza richieste dagli investitori stranieri. Oggi la divisa cinese non pi legata soltanto al
dollaro, ma anche una semplice espansione del suo uso trascina le sorti del dollaro, sostenendolo nei
fatti.

6.3 Le sfide mondiali cinesi


Meno di due secoli fa, la Cina era di gran lunga la maggiore economia del mondo. Secondo le
stime di Angus Maddison, nel 1820, il suo Pil era il 30% di quello mondiale. Questa quota si ridotta
nel corso del XIX secolo mentre la rivoluzione industriale spingeva lEuropa e lAmerica cresceva.
Il XX secolo fu ancora meno favorevole per la Cina, lacerata da invasioni e guerre civili. Oggi, dopo
35 anni intensi di avvicinamento al mercato, la Cina rivendica il suo ruolo di seconda economia
mondiale. Lascesa cinese dipende da cinque cose: la propria crescita, la crescita americana, la
dinamica dei prezzi nei due paesi, il tasso di cambio renmimbi-dollaro. Il Presidente Hu Jintao aveva
dichiarato al XVIII Congresso del PC, nel novembre 2012, che la Cina avrebbe continuato a
perseguire una ascesa pacifica. Ma questa dichiarazione stata per presto contraddetta dalla
dirigenza cinesa sulla questione del Mare Cinese Meridionale che contrappone, dal 2012, la Cina a
diversi paesi minori. La tensione crescente, da allora, tra Cina e Stati Uniti potrebbe innescare una
nuova guerra fredda che per danneggerebbe anche leconomia cinese. Molti cinesi pensano che
dietro le resistenze di potenze minori come Vietnam o le Filippine ci sia il governo degli Stati Uniti
con il suo Pivot to Asia che, mimando la politica inglese del XIX secolo, mirerebbe a formare una
coalizione di volenterosi contro la Cina. Tuttavia la Cina non pu perdere di vista il suo obiettivo
principale che dato dal suo sviluppo economico. Per Pechino difendere il mare suum una questione
di potere regionale, per gli Stati Uniti il coinvolgimento serve a mantenere la supremazia in Oriente
e a costringere la Cina a uniformarsi al diritto commerciale internazionale.
Quiao Ling (2015), ha annunciato il nuovo pensiero strategico nazionale cinese e definisce di
natura economica, non geopolitica, la principale sfida allascesa della RPC. Egli sostiene che nel
corso degli anni, lobiettivo ultimo di Washington stato soltanto accumulare profitti. La
superpotenza sarebbe sempre riuscita anche dopo le disastrose campagne militari realizzate nella
Corea del Nord, e soprattutto in Vietnam- a speculare nelle crisi regionali attraverso il ciclo del
dollaro: un intervallo monetario della durata di 16 anni: 10 anni di debolezza (1971-1980, 1987-1997,
2005-2015) e 6 anni di forza (1980-1986, 1997-2003, 2016-2022). Il periodo di rafforzamento
Una conseguenza diretta dellascesa internazionale del renmimbi sar lopportunit del governo di Pechino, ma
anche di quelli stranieri, di emettere debito offshore anche in questa valuta.
109

63

coincide puntualmente con il deflagrare di una crisi regionale che indebolisce le economie dei paesi
emergenti e dei pvs. Unica eccezione nel 2012, quando la Cina non caduta nella trappola statunitense
(come era invece capitato a Saddam Hussein nella prima guerra irachena) che lavrebbe voluta
trascinare in un conflitto con il Giappone e le Filippine per il controllo delle isole del Mar Cinese
Meridionale110. Quiao spiega che il suo paese non intende muovere guerra agli Stati Uniti poich un
conflitto armato nuocerebbe allinteresse nazionale111. Labbandono della cautela cinese su questo
profilo parte anche dal presupposto che nel lungo periodo gli interessi della Cina e degli Stati Uniti
in Asia orientale sono destinati a collidere. Ma per inibire il militarismo statunitense, Pechino deve
internazionalizzare la sua moneta e riformare la propria economia (Sisci, 2015).
In parallelo avanza anche luso del renmimbi sui mercati finanziari. Crescono le emissioni di bond
in valuta cinese soprattutto sulla piazza londinese112. Per la fine del 2015, prevista la piena
convertibilit della moneta ancora soggetta ad alcune restrizioni ai movimenti con lestero finalizzati
ad isolare leconomia cinese dagli shock internazionali. Ora il riconoscimento internazionale del
renmimbi avviene in una fase in cui la Cina mira a un ruolo maggiore come potenza finanziatrice
degli investimenti interni ed esteri di non residenti. Per questo, ha creato la Asian Infrastructure
Investment Bank (AIIB), accogliendo al suo interno anche Stati europei come azionisti (Inghilterra
Germania, Francia e Italia) che ha il compito di finanziare la costruzione di grandi opere e
infrastrutture in Asia. Si tratta di un passo significativo verso unarchitettura finanziaria alternativa
rispetto alla BM. Gli Stati Uniti, che avevano fatto pressioni sui loro alleati perch ne stessero lontani
hanno subito un duro smacco: la stessa Gran Bretagna, seguita da Francia, Italia e Germania, ovvero
le quattro maggiori potenze economiche europee, tutte appartenenti al G7, hanno deciso di aderire
allAIIB dandogli credibilit e prospettiva. Anche lAustralia, alleato fedele degli Stati Uniti, che per
da anni legata anche alla Cina, ha aderito allAIIB.
Daltro canto, la Cina sta cercando di sviluppare una strategia di collaborazione con i suoi vicini,
con i principali paesi emergenti e con i paesi del Medio Oriente e del Nord Africa (MENA
countries)113. Qui lapproccio tradizionale stato capovolto: lalleanza politica non pi una
conseguenza possibile, ma la condizione indispensabile per lo sviluppo economico. Oltre alla AIIB,
un altro elemento chiave la NDB BRICS creata nel 2014 dai cinque paesi BRICS, con sede a
Certamente, con la Nine-Dash-Line, Pechino ha deciso unilateralmente che pi del 90% del Mar Cinese Meridionale
parte del territorio cinese, rendendo cos irrilevanti de facto le rivendicazioni territoriali degli altri Stati (Filippine,
Indonesia, Malysia, Taiwan, Vietnam, Brunei) su acque e isole di questo mare. Gli incidenti del 2012 hanno per fatto s
che il trattato North East Asia Free Trade Area tra Cina, Giappone e Corea del Sud (con un trade di 20.000 miliardi di
dollari), che insieme Hong Kong, Macao e Taiwan poteva arrivare a 30.000 inglobando larea di libero scambio del Sudest asiatico e a 50.000, se avesse incluso anche lIndia e le 5 repubbliche dellAsia centrale (unarea maggiore dellUE e
del NAFTA insieme), su cui cera unintesa preliminare arrivata vicina alla conclusione, si interrompesse e iniziasse lo
sforzo americano per il TPP che riguarda a unarea con 40.000 miliardi di dollari di trade. Ci ha evitato che il renmimbi
divenisse la valuta pi utilizzata nelle transazioni di quel potenziale mercato comune.
111
Le recenti parate militari cinesi ne sono un segno significativo sottolineato dallassenza degli Stati Uniti e dellEuropa
(ad eccezione della Repubblica Ceca). La Cina continuer ad evitare il rischio di unazione militare contro gli Stati Uniti,
molto superiori per capacit, equipaggiamento e raggio dazione. Ma la rapida modernizzazione, in corso, della forza
navale cinese chiaramente finalizzata a sfidare la superiorit americana nelle acque territoriali dellAsia.
112
Inoltre, il governo britannico, rompendo due vecchi tab, consentir anche che i loro rendimenti vengano detenuti
come riserve della Banca dInghilterra. Michael Blomberg starebbe lavorando a un progetto per portare il trading del
renmimbi sulla piazza di New York.
113
Si tratta dei paesi del Golfo Persico e della sponda sud del Mediterraneo (Arabia Saudita, Emirati Arabi, Quata, Abu
Dhabi, Iran, Egitto). Questa area interessa la Cina per motivi di stabilit: energia, vie di comunicazione, trasporti,
infrastrutture e mercati del mondo arabo sono importanti per attenuare il rallentamento della crescita cinese.
110

64

Shanghai114. Inoltre, la Cina intende creare una zona di libero scambio con la neonata Unione
Economica Euroasiatica115. Per sottrarsi al giudizio delle tre agenzie di rating americane, Cina e
Russia hanno deciso di crearne una nuova, la Universal Credit Rating Group con sede a Shanghai.
La nuova agenzia insieme a quella cinese Dagong, pu rappresentare una sfida rilevante al monopolio
statunitense. Queste iniziative nascono in concorrenza della BM e del FMI creando potenti blocchi
alternativi. Dopo 70 anni da Bretton Woods, lordine monetario americanocentrico si trova dinanzi,
dopo lintroduzione delleuro, una nuova sfida che viene dalla Cina, che un concorrente-antagonista
degli Stati Uniti a tutti i livelli: commerciale, tecnologico, politico, militare.
Leconomia mondiale un network i cui link permettono lespansione dei flussi commerciali di
beni e di servizi, capitali e informazioni. Lobiettivo della Cina di creare questi link e diventare un
catalizzatore di crescita e sviluppo mondiali, dopo essere diventata un punto di riferimento importante
per le economie circostanti, che hanno un grado inferiore di sviluppo. Anche la Cina sente la
concorrenza degli altri blocchi mondiali. Inoltre, Jack Ma, il fondatore del gigante cinese dellecommerce Alibaba, vuole lanciare una WTO elettronica che serva 2 miliardi di consumatori di tutti i
continenti. Lobiettivo quello di sostituirsi sia ai centri commerciali che alle compagnie di trasporto,
fornendo anche servizi bancari e assicurativi on line, per rilanciare la ripresa globale rivoluzionando
il sistema economico. Attraverso la e-economy, Jack Ma tenta di aggirare larena dominata dal
dollaro, con la rapida ascesa degli strumenti di shopping on line, e il suo sistema di pagamento diretto
in renmimbi Alipay116.
La Cina ha finora usato le sue consistenti riserve anche per difendere i paesi vicini, suoi alleati,
dalla volatilit dei flussi internazionali dei capitali. Ora va oltre. Della strategia economica della Cina
fanno parte investimenti in tutta lAsia, nellEst Europeo, in Africa, nonch gli accordi bilaterali
(ormai pi di 30) con paesi vicini e lontani, oltre allobiettivo ormai conseguito, di promuovere
linternazionalizzazione del renmimbi. Certamente la capacit di attrazione della Cina molto forte,
ma queste reazioni fanno pensare anche a due altre cose, in qualche modo collegate: una reazione
cinese alla sua esclusione dai paesi fondatori della Trans Pacific Partnership (TPP) e una strategia
europea mirata a guadagnare potere contrattuale nei confronti degli Stati Uniti nella trattativa sulla
Trans Atlantic Trade and Investment partnership (TTIP).
Nel luglio del 2016, vi sar unaltra decisione cruciale, questa volta da parte del WTO, su un tema
fortemente controverso e delicato, quello di concedere alla Cina il riconoscimento di economia di
mercato, un passo che renderebbe pi difficile colpirla con misure di difesa anti-dumping, come
lEuropa fa attualmente. LEconomic Policy Insitute ha stimato recentemente che, nel periodo di 3-5
anni, questo nuovo status della Cina comprometterebbe 3,5 milioni di posti di lavoro in Europa e
400.000 solo in Italia in conseguenza di un aumento tra il 20 e il 50% delle esportazioni cinesi in
Europa117. In assenza di certezza della reale volont di Pechino di introdurre meccanismi di gestione
114

Il suo capitale di 50 miliardi di dollari (versati in parti eguali dai 5 paesi e da portare a 100 nel prossimo futuro). Al
contrario della BM e del FMI questa banca prevede un voto per paese partecipante, slegato quindi dalle quote di capitale
e nessuno ha diritto di veto.
115
Si tratta di ununione tra Federazione Russa, Bielorussia e Kazakistan, nata nel 2011, cui si unita lArmenia nel 2014
e il Kirghizistan nel 2015.
116
Alipay una piattaforma di pagamento online lanciata nel 2004 in Cina da Alibaba Group. Secondo Credit Suisse il
valore totale delle transazioni operate da Alipay in Cina stato di 4 bilioni di renminbi nel 2012. attualmente utilizzata
da 400 milioni di consumatori di tutti i continenti.
117
LItalia il paese in maggiore concorrenza con la Cina. Su 52 categorie di prodotti cinesi attualmente colpiti dai dazi
europei 30 sono italiani o prevalentemente tali. A rischiare il tracollo sarebbe soprattutto la siderurgia attualmente colpita

65

pi trasparenti e vere logiche di mercato, genera perplessit sullopportunit di accordare alla Cina lo
status di economia di mercato. Infatti, nellaccordo in occasione dellingresso nel WTO nel 2001, la
clausola che permetteva ai suoi partner commerciali di trattare la Cina come non-market economy
scade nel 2016, e la Cina pretende di meritare quello status di diritto il prossimo anno, a prescindere
dalle riforme realizzate in tal senso. Anche se tale clausola ha rilevanza soltanto in merito alle azioni
anti-dumping, per la Cina questo ulteriore riconoscimento un elemento di prestigio internazionale,
e per Xi Jinping di forza politica interna. Mentre Obama sta spingendo per concludere i trattati TPP
e TTIP, negli Stati Uniti cresce la spinta protezionista. Tanto pi che il dollaro si rafforzato megli
ultimi mesi contro tutte le altre monete.
Leconomia cinese dotata di ampi strumenti di controllo ed abbastanza isolata dalle interferenze
esterne, grazie al fatto che il renmimbi non ancora una divisa convertibile. Ma i cinesi non possono
disinteressarsi delle crisi finanziarie e, secondo il generale Qiao (2015), la diffusione allestero del
dollaro permette tuttora allAmerica di mantenere sotto controllo il tasso dinflazione, che altrimenti,
con la possiblit di creare moneta in quantit illimitata, raggiungerebbe livelli pericolosi 118. Dopo la
dichiarazione di inconvertibilit, gli Stati Uniti hanno abbandonato gradualmente leconomia reale in
favore di quella virtuale. Nel frattempo il Pil statunitense ha raggiunto i 18.000 miliardi di dollari, ma
la componente reale non supera i 5000 miliardi. Con lemissione di bond, un enorme volume di dollari
circolante allestero torna nei tre cruciali mercati statunitensi: quello azionario, quello dei futures e
quello del debito. Il flusso di moneta in entrata (per la vendita di bond) e in uscita (per il loro
riacquisto) produce profitti e fa dellAmerica un impero valutario, oltre che il centro del sistema
finanziario globale. La dipendenza assoluta degli Stati Uniti dai flussi internazionali dei capitali
risiede nellabbandono, avvenuto con il crollo di Bretton Woods e la demonetizzazione delloro, della
produzione manifatturiera e delleconomia reale. Gli Stati Uniti hanno bisogno di assorbire grandi
quantit di capitale per sorreggere leconomia nazionale e mantenere il livello di benessere dei
cittadini. Pertanto, chiunque cerchi di interrompere questo flusso da considerarsi un loro nemico
strategico. Linternazionalizzazione del renmimbi non ha, quindi, solo un significato monetario. Esso
rappresenta anche il volano delle Vie della seta che condurrebbe alla tripartizione tra dollaro, euro
e renmimbi, del primato valutario globale e alla divisione del mondo in tre blocchi commerciali 119.
da 20 procedure anti dumping, ma anche altri settori sarebbero colpiti come meccanica, chimica, bulloneria, calzature
biciclette, pannelli solari, carta vetro, ceramica. Per questi motivi, lItalia, insieme alla periferia sud dellUE e alla
Confindustria tedesca, si finora opposta a questo riconoscimento favorito invece dal nord europa. Largomentazione
che esso era vincolato a diverse condizioni: la cessazione di influenza governativa sulle imprese e degli aiuti di Stato,
trasparenza sul diritto di propriet, esistenza di un settore finanziario indipendente. Invece, perdurano il dirigismo e i
prezzi amministrati oltre al regime di fluttuazione amministrata del renmimbi. Anche gli Stati Uniti temono lapertura
dellEuropa alla Cina perch il futuro TTIP potrebbe vederli invasi, attraverso la triangolazione, da merci cinesi a basso
costo entrate in Europa.
118
In cento anni, dal 1913 al 2013, la Fed ha stampato solo 10.000 miliardi di dollari per limitarne il deprezzamento. A
partire dal 1954, da quando ha coniato la nuova divisa, la BPC ha stampato 120.000 miliardi di renmimbi che, se convertiti
in dollari al tasso di 1:6,2, equivalgono a 20.000 miliardi di dollari. Pechino acquisisce, dai suoi surplus del conto corrente,
un volume consistente di dollari che, a causa dei controlli sul mercato valutario, non possono circolare sul territorio
nazionale. Per questo costretta a stampare una somma di renmimbi corrispondente a quella della divisa estera
incamerata. In futuro, per, dopo aver conseguito il profitto desiderato, gli investimenti stranieri potrebbero volatilizzarsi,
lasciando in circolazione una quantit eccessiva di renmimbi. Gi adesso, Pechino ammette che sul territorio nazionale
presente gran parte dei 120.000 miliardi di renmimbi stampati. Ci spiega linsistenza cinese per linternazionalizzazione
della sua moneta.
119
Con loperazione One Belt One Road (OBOR), liniziativa pi importante di espansione diplomatica intrapresa dalla
Cina per connetterla allEuropa non si concentra soltanto sul finanziamento di progetti infrastrutturali, in particolare
ferrovie nel Sud-Est europeo e porti nel Mediterraneo. Essa prevede anche relazioni finanziarie tra la BPC e le banche
centrali europee attraverso swaps in valuta e stanze di compensazione in renmimbi (offshore renminbi hubs) con lo scopo

66

Ma, in questo modo, se il dollaro coprisse solo un terzo degli scambi globali non potrebbe mantenere
la supremazia monetaria non avendo una economia reale rilevante. Il pragmatismo, o meglio una
logica economica a prova di interferenze, domina lasse in via di costruzione tra Cina, Russia e
Germania. Anche se c un secondo fattore: le tre potenze non accettano di vivere in un mondo in cui
gli Stati Uniti hanno lultima parola. Quello di Quiao stato un avvertimento che ha avuto negli Stati
Uniti lo stesso effetto allarmante della previsione di Portes (1999; Portes, Rey, 2008)
sullaffermazione delleuro sul dollaro o di Zhou (2009) sulla opportunit di riforma del s.m.i., ed ha
avuto ripercussioni anche sul FMI.

6.4 La risposta americana: il TPP e il TTIP


La veloce ascesa della Cina ha impressionato il mondo ed ha imposto un dazio geopolitico a
Pechino. Ma non la vera Cina, tangibile, un paese con punti di debolezza e di forza come tutti gli
altri, che gli Stati Uniti temono. Piuttosto la nuova era multipolare di cui la Cina divenuta sinonimo
e la cui ascesa economica precede quella di altre potenze regionali: Indonesia, Turchia, gli altri
BRICS, paesi con popolazioni numerose, ambiziosi, con governi che hanno pian piano imparato a
governare. Il renmimbi si andato apprezzando sul dollaro e dopo il fallimento di Lehman Brothers,
quando lordine economico mondiale sembrava appeso a un filo, la Cina venne rapidamente e
risolutamente in soccorso dellAmerica, acquistando dollari e immettendo moneta nelleconomia
mondiale, al pari dei suoi interlocutori di Washington, per evitare il collasso generale. I cinesi lo
hanno fatto non perch condividono i valori occidentali o ne sostengono gli obiettivi. Lo hanno fatto
nel proprio interesse. La versione economica di distruzione reciproca assicurata, di sovietica
memoria, configura il maggiore incentivo alla cooperazione pacifica tra la principale potenza
economica del mondo e il suo maggior rivale. Tuttavia, sotto la calma apparente dellinterdipendenza
reciproca si cela un profondo contrasto geopolitico. Il dilemma tra un ascesa economica cinese che
favorir il pluralismo politico e una potenza incoercibile e intrinsecamente espansionista.
Il sistema di garanzie incrociate fra americani e cinesi in crisi perch ha toccato il suo limite. I
cinesi, esportando pi di quanto importano, hanno accumulato riserve valutarie consistenti investite
in obbligazioni statunitensi. Queste, lasciate nelle banche statunitensi, proteggono gli ingenti
investimenti in impianti fatti in Cina da molti paesi. Infatti, gli investimenti statunitensi sono solo una
parte di quelli esteri fatti in Cina. I crediti cinesi a fronte degli investimenti esteri sono il fondamento
del sistema di mutua distruzione assicurata120. Senza il sistema di reciproca rovina potenziale nessuno
avrebbe investito in Cina, un paese con partito unico e un esercito potente. Senza unindustria dotata
di mezzi adeguati, la crescita cinese non sarebbe mai decollata.

di ridurre i costi di transazione degli investimenti cinesi e favorire luso del renmimbi. Ai vantaggi e alle opportunit
economiche dellOBOR si associano anche sfide politiche rilevanti che vanno valutate attentamente. C, infatti, il rischio
che questa operazione possa dividere ulteriormente i paesi membri dellUE e rendere difficile per Bruxelles trovare una
posizione comune nei riguardi della Cina, oltre a inasprire i rapporti con gli Stati Uniti (Casarini, 2015).
LInternational Emergency Economic Power Act del 1977 d facolt al Presidente degli Stati Uniti di congelare le
attivit estere sotto il controllo degli Stati Uniti, quando egli vedesse un rischio straordinario per la sicurezza nazionale,
la politica estera, leconomia. Se tu mi nazionalizzi gli impianti, io ti sequestro i Bills, se tu non fai niente, io non faccio
niente.
120

67

Americani e giapponesi, anticipando una durata non breve del tempo del cambiamento in atto
allinterno della Cina, hanno cercato di accumulare vantaggi di posizione nei confronti dei cinesi,
come quelli consentiti dal TPP, che nasce per contenere la crescente potenza cinese, oltre a quella
russa. Come si deetto, i paesi che hanno investito in Cina contano sugli Stati Uniti come garante dei
loro diritti, questo fatto, insieme ai motivi di sicurezza, concorre a spiegare laccettazione del TPP da
parte dei paesi del Pacifico e la disponibilit a trattare per il TTIP da parte dellUE. Il confronto tra
Stati Uniti e Cina avviene nel Pacifico. Gli Stati Uniti ritengono che sia giunto il momento di assumere
un ruolo pi attivo in Asia cos da forgiare unarchitettura politica che promuova stabilit e prosperit.
Un approccio di tipo olistico agli affari continentali da sovrapporre alle relazioni bilaterali, con la
convinzione che la Cina allo stesso tempo un partner e un avversario, e con lintenzione, a pochi
anni dalla crisi finanziaria, di proporre anche alle nazioni vicine su cui la Cina esercita il suo
ascendente attraverso il soft power121, il modello statunitense di progresso per vigilare sulla sua
avanzata. Un rapporto ambiguo, quello sino-americano: per met dipendenza reciproca, per met
competizione antagonista. La TPP, larea di libero scambio tra le economie del Pacifico, esclude dal
patto commerciale alcune super-potenze economiche dellEstremo Oriente oltre che alcune economie
emergenti: tra tutte la Cina (compresa Hong Kong), Corea del Sud, India, Cambogia e Indonesia.
Escludendo la Cina, a causa del ruolo che essa ha nei confronti della quasi totalit degli altri paesi di
quellarea, inclusi i due principali architetti dellaccordo: Stati Uniti e Giappone, sta per essere
discusso dal Congresso122. Stati Uniti e Giappone anticipano quello che avverr nel futuro prossimo,
ovvero la volont di Pechino di cambiare modello di sviluppo e pensano di poter fare a meno, almeno
in parte, della domanda cinese dei propri beni di consumo e di investimento. Su questa ipotesi hanno
pensato di ridisegnare la mappa degli scambi in Estremo Oriente mettendo la Cina in una posizione
defilata rispetto alle sue ambizioni, escludendola dal TPP, limitandosi a vederne la crescita solo come
121

Con Soft Power, su cui in questa fase gli Stati Uniti non possono gareggiare, si intende la capacit che possiede uno
Stato di persuadere, o attrarre, un altro o pi Stati facendo uso di tutti gli strumenti collegati alla sua storia, alla sua cultura,
alle espressioni intellettuali e ai valori che da queste emanano. Fa da contrappeso allHard Power riferito a tutte le azioni
nei settori economico, finanziario e militare che vengono utilizzati dai paesi per ottenere un comportamento vantaggioso
nei propri confronti.
122
Luned 5 ottobre 2015 la TPP, tra gli Stati Uniti e 11 paesi del Pacifico, stata firmata ma deve essere ratificata dal
Congresso degli Stati Uniti dove alcuni democratici (Hillary Clinton e Bernie Sanders che cercano il consenso dei
sindacati protezionisti) e alcuni repubblicani (Donald Trump) temono effetti negativi sulloccupazione. I paesi che fanno
parte della TPP sono: Australia, Brunei, Canada, Cile, Giappone, Malesia, Messico, Nuova Zelanda, Per, Singapore,
Stati Uniti. Il trattato avr una open architecture e quindi consentir ad altri paesi di unirsi, se lo desiderano, in un secondo
tempo Per la TPP, che si prevede porti a un aumento del Pil globale di 300 miliardi di dollari, Obama ha avuto dal
Congresso il fast track, grazie ai voti dei repubblicani. Si tratta della corsia parlamentare privilegiata e veloce che
consente unapprovazione rapida perch i parlamentari possono solo approvarlo o disapprovarlo in toto, senza
emendamenti sui singoli aspetti. Esso include sia grandi economie avanzate come il Giappone, lAustralia e il Canada,
sia piccoli paesi emergenti che sono in concorrenza con la Cina. Prevede i pi forti impegni sindacali e le pi forti tutele
dellambiente della storia del commercio mondiale. Una volta ratificato laccordo, il Vietnam, che ne partecipe, sar
tenuto ad autorizzare la nascita di sindacati liberi. un modo per prefigurare dei negoziati in cui lOccidente tenter di
ottenere gli stessi diritti per i lavoratori cinesi. La TPP il pi grande accordo dalla nascita della WTO che ha visto
arenarsi i tentativi per accordi mondiali, come il Doha Round. In negativo, al primo posto c la clausola Investor-State
Settlement che consentir ai privati di fare causa agli Stati, se ritengono che questi ultimi ledono i loro diritti. Sindacati,
associazioni di consumatori, ambientalisti di molte nazioni accusano questa clausola di assegnare uno strumento
formidabile di pressione alle imprese multinazionali: queste potranno fare ricorso contro nazionalizzazioni o altre
regolamentazioni che tutelino linteresse pubblico a scapito del loro profitto privato. LAustralia ha ottenuto che questo
principio non valga per lindustria del tabacco. Un altro tema che pu avere unapplicazione futura nei confronti della
Cina, il principio che impedisce discriminazioni a favore delle aziende di stato. Per tutti i BRICS sar molto pi difficile
continuare ad indulgere in pratiche protezionistiche e di dumping. I primi a beneficiare della TPP dovrebbero essere i
consumatori che vedranno i prezzi abbassarsi (ma difficilmente rispetto a quelli cinesi).

68

fonte di domanda di beni di consumo e di investimento e cercando, cos, di limitarne limpatto sulla
propria politica di potenza. Si potrebbe vedere per un ulteriore significato nellatteggiamento nippoamericano: mettere in rilievo la minaccia cinese per giustificare la costruzione di un settore superavanzato della difesa giapponese e americano al fine di sostituire, almeno in parte, il ruolo svolto
tradizionalmente dagli investimenti fissi e dai consumi nellassorbimento dellofferta (Fabbri, 2012).
La vocazione imperiale degli Stati Uniti presuppone una selezione severa delle guerre da combattere.
Lobiettivo di acquisire influenza in unarea dove transita il 40% delle merci internazionali per
indurre, attraverso lofferta della sicurezza militare, le potenze minori della regione a non cedere al
mix di lusinghe economiche e intimidazione somministrato da Pechino. Linteressata liberalit cinese,
vista in Occidente come neocolonialismo, rischia per di minare questo accordo. Le potenze minori
dellEstremo Oriente hanno aderito, nel novembre 2012, alla Regional Comprehensive Economic
Partenrship (Rcep) lunione di libero scambio ideata dalla Cina, che esclude gli Stati Uniti.
I contrasti degli Stati Uniti con la Cina non riguardano solo la sfera geopolitica, ma anche lambito
monetario e quello dei diritti umani. Nella battaglia per lapprezzamento del renmimbi, gli Stati Uniti
hanno ottenuto risultati innegabili. Essi hanno bisogno che la divisa cinese si mantenga abbastanza
debole da garantire ai propri consumatori lacquisto sul mercato interno di prodotti a basso costo, ma
non tanto da impedire alle industire americane di vendere le loro merci in Cina 123. Inoltre, la svolta
sulla TPP ha rimesso in movimento la TTIP, ovvero i negoziati per il trattato di liberalizzazione degli
scambi con lUE che vede nel mercato statunitense uno sbocco cruciale per lexport, tanto pi in
questo momento di euro debole. Nessuno pu permettersi di rinunciare agli sbocchi che offre il
mercato statunitense anche se il suo tasso di crescita intorno al 2%. Ma questo secondo accordo non
avr un percorso breve, sebbene miri a ridurre le barriere tariffarie e non, che frenano lo sviluppo e
dietro ai quali si celano interessi corporativi, ambizioni nazionali, differenze culturali e inquietudini
sociali che tuttavia non facile accantonare perch le liberalizzazioni portano a cambiamenti profondi
in termini di delocalizzazione delle imprese e delloccupazione.
I due trattati hanno in comune la prima revisione generale delle regole della globalizzazione
stabilite, nel 1999, dal WTO, cui nel 2001, lanno della Conferenza di Doha, ader la Cina. Ma
nonostante i fallimenti del Doha Round dovuti alla disattenzione alle diseguaglianze nelle varie aree
del pianeta, anche questa globalizzazione 2 guidata solo dalla ricerca di efficienza e non da motivi
di equit. E questa speranza rimane debole finch i paesi ricchi non riconosceranno parit di diritti, a
partire da quello della vita ma anche dellaccesso allacqua, alle medicine e allalimentazione, da
parte degli abitanti dei paesi poveri. Il dialogo presuppone lincontro di soggettivit diverse e
rispettate. Il metodo del dialogo presuppone per una parit di strumenti e di opportunit, altrimenti
esso maschera un confronto e uno scontro in cui si impone il pi forte dando luogo a un colonialismo
sotto falso nome (Romagnoli, 2013b). Lo scopo dichiarato delliniziativa di Obama quella di
scrivere regole che proteggano i lavoratori, tutelino lambiente, i consumatori, la salute, i diritti umani
secondo alcuni principii che i paesi emergenti, e tra essi la Cina, siano costretti ad applicare in futuro.
Lalternativa che queste regole le scrivano i cinesi con priorit diverse. Questi due trattati riuniscono
123

Per questo il Dipartimento del Tesoro ha sempre evitato di additare pubblicamente il regime cinese come
manipolatore della valuta, preferendo premere diplomaticamente perch si arrivasse a una rivalutazione della moneta. Le
insistenze hanno avuto successo: in due anni, tra il 2010 e il 2012, il valore del renmimbi aumentato del 6,6% e,
contestualmente, le importazioni statunitensi verso la Cina sono cresciute del 14,2%.

69

paesi abbastanza simili per per livelli di reddito e difesa dei diritti (Stati Uniti, UE, Giappone) mentre
non includono i BRICS (Brasile, Russia, India, Cina, Sud Africa). Ma contro la TTIP cresce,
soprattutto in Europa, la rivolta dei consumatori che temono linvasione dei prodotti Ogm e il potere
delle multinazionali. I due trattati non vanno valutati solo in base ai benefici economici ad essi
associati ma anche per i vantaggi in termini di sicurezza nazionale ed economica. Perci importante
che la coalizione delle democrazie di mercato e Stati in via di democratizzazione unisca le forze e
stabilisca le regole migliori per lintegrazione globale del XXI secolo. Regole che dovranno includere
criteri uniformi in materie di scambio ma che dovrebbero tener conto delle diseguaglianze di
opportunit e di reddito che segnano le aree del pianeta, la cui disattenzione ha fatto fallire il Doha
Round.
La poltica asiatica di Washington ha circondato la Cina, prevenendo i suoi tentativi autoritari di
sovvertire il sistema americanocentrico. E ha trovato molti alleati in Estremo Oriente perch
lAmerica appare di gran lunga preferibile alla Cina, come deus ex machina dellordine regionale.
Tale equilibrio, che il successo della politica, continuer a funzionare finch un declino accentuato
degli Stati Uniti o unaccelerazione dellascesa cinese non lo romper. Nonostante lenfasi sulla
strategia del Pivot to East Asia (che qualcuno vede come una riedizione della guerra fredda), gli Stati
Uniti si sono tenuti ai margini delle dispute nel Mar Cinese Meridionale. Tuttavia, se fossero assenti,
si potrebbe diffondere il timore di un monopolio della Cina sulle rotte vitali per molti paesi perch
lenfasi sul suo apparato militare resta come pure la sua ascesa economica.
Non si pu certo negare che gli Stati Uniti siano al centro del sistema finanziario internazionale.
Il dollaro la principale valuta di riserva globale e il mezzo in cui avviene la maggioranza degli
scambi commerciali internazionali, nonch la valuta maggiormente usata per la compravendita di
petrolio. La diffusione del dollaro e la dimensione delleconomia statunitense conferiscono portata
universale alle azioni della Fed. Secondo Baker (2015), anche la Cina pensa solo a se stessa. Pechino
pu mascherare la sua politica estera con la cooperazione regionale e inetrnazionale, tuttavia
evidente che il fine ultimo del governo cinese accrescere la propria influenza internazionale e
garantire la sicurezza della nazione. Tuttavia si potrebbe auspicare una generalizzazione di questa
politica cinese anche da parte dei paesi ricchi, sarebbe un modo di per diffondere lo sviluppo dove
esso carente oltre a rivitalizzare la domanda mondiale. Un dato emerge chiaramente dalla analisi di
Quiao: il potere di una nazione non deriva solo dalla forza militare, ma anche dalla forza economica.
La capacit di controllare il commercio globale, non solo come consumatore o produttore diretto, ma
anche tramite lemissione della valuta globale, fornisce a Washington uninfluenza superiore ai mezzi
delle proprie Forze Armate. Quiao ne perfettamente consapevole quando spiega che se Pechino
vuole alterare lo status quo incentrato sugli Stati Uniti dovr perseguire tale obiettivo puntando sia
sulla crescita del Pil, sullespansione militare e su un accrescimento della propria proiezione
economica, sia attraverso le Vie della seta che pongono la Cina al centro della rete commerciale
globale, sia tramite linternazionalizzazione dello renmimbi, che pone il paese al centro del sistema
valutario.
Gli Stati Uniti hanno accettato di divenire il volano della crescita dellAsia senza chiedere in
cambio la sua democratizzazione. La crescita da riorganizzazione delle risorse produttive ha esaurito
la propria propulsione in Nord America, Europa e Giappone. La mobilit dei fattori produttivi e la
rete sono i nuovi motori della crescita. La crescita per invenzioni, quella dei paesi ricchi, richiede
imprenditori che possano beneficiare di facile accesso e basso costo del capitale, protezione della
70

propriet intellettuale, individualismo, certezza del diritto, accettazione della diseguaglianza


distributiva, la libert di fallire in caso di insuccesso. Le imprese dei paesi ricchi vogliono produrre
con qualit europea e costi cinesi, questo spiega la delocalizzazione di parti importanti delle
produzioni. Ma la crescita per invenzioni potrebbe arrivare alla Cina e agli altri paesi emergenti
attraverso le imprese globali. Non necessario, perci, che la popolazione cinese sia libera e certa
dei propri diritti. La Cina diventata opificio del mondo senza diventare una democrazia, ci spiega
i negoziati per i trattati TPP e TTIP (Arfaras, 2010). Gli Stati Uniti declineranno rispetto alla Cina,
ma che fine far il debito statunitense detenuto dai cinesi? Se gli Stati Uniti che sono stati cicale
diventassero formiche e il contrario accadesse in Cina, il debito con la Cina verrebbe ripagato nel
tempo. Ma questo vincolo intertemporale non molto credibile. Se gli Stati Uniti lo rifiutano,
potrebbero far capire ai cinesi che non pagheranno il loro debito ma i cinesi, nel frattempo diventati
grande potenza, potrebbero chiedere, come soluzione di primo ottimo, di trasformare i titoli di Stato
statunitensi in beni e servizi prodotti negli Stati Uniti. Quella di secondo ottimo sarebbe di mantenere
come rendita perpetua il rendimento dei titoli statunitensi. Lalternativa a questa soluzione la guerra
delle valute. Infatti, se i cinesi tentassero la strada di nazionalizzare le imprese estere che si trovano
nel loro paese, perderebbero la loro credibilit a livello mondiale e gli Stati Uniti potrebbero
consolidare il loro debito con la Cina. Lunica scelta che resta ai cinesi quella di rallentare
laccumulazione di debito pubblico statunitense fino a cessarla ma, in questo caso, dovrebbero
rivalutare il renmimbi e gli Stati Uniti sarebbero costretti ad innalzare i rendimenti sui loro titoli.
LEurozona si troverebbe costretta a lasciar svalutare leuro e a soddisfare una domanda sempre pi
trainata dalle esportazioni per poter pagare un onere crescente sul proprio debito.
6.5 Il ruolo degli altri BRICS
Anche le economie degli altri BRICS sono cresciute in modo sostenuto dalla fine degli anni 90 al
2014124, esse hanno risentito positivamente della crescita dei paesi avanzati e negativamente delle
restrizioni del finanziamento esterno. Un decennio di prezzi delle commodity in aumento, che ha
portato ad una crescita dei ricavi dellexport a parit di volumi, ha dato notevole impulso alla
domanda interna e alla crescita delle importazioni. Lo sviluppo dei mercati finanziari allinterno delle
economie emergenti a partire da quello dei titoli del debito pubblico faciliterebbe la soluzione di
molti dei vincoli finanziari che ancora oggi sussistono allinterno di queste regioni favorendone il
processo di crescita e limitando la creazione di squilibri globali, in quanto favorirebbe lassorbimento
interno di gran parte del risparmio netto altrimenti impiegato nellacquisizione di attivit finanziarie
estere125. Questa inadeguatezza stata vista anche come concausa della crisi (Caballero, Farhi,
Gourinchas, 2008a). Infatti, il basso tasso dinteresse reale negli Stati Uniti indotto dalleccesso di
domanda per attivit finanziarie denominate in dollari da parte delle economie emergenti e il deficit
di parte corrente degli Stati Uniti viene ad essere determinato dal consistente avanzo in conto capitale
registrato dalle economie emergenti, tra cui spiccano la Cina e le economie dellASEAN. La loro
bassa domanda interna si riflette su un aumento di quella di attivit in dollari che innalza i corsi dei
titoli statunitensi e mantiene bassi i tassi di interesse, facilitando il servizio del debito statunitense.
Nel primo decennio di questo secolo, la Cina cresciuta in media del 10,7 %, (7,7 % lIndia, ,5% la Turchia, 4,8 % la
Russia), contro l1,1 % dellEuropa.
125
Tuttavia larretratezza dei mercati finanziari dei paesi emergenti ancora evidente. Lindice di Goldsmith, dato dalla
somma di depositi, azioni e obbligazioni/Pil) vede un 165% medio nei paesi emergenti rispetto al 250% di quelli avanzati
(Lossani, 2013).
124

71

Le condizioni che consentiranno alle monete dei paesi emergenti di diventare internazionali sono
legate allo sviluppo dei mercati finanziari, alla stabilit macroeconomica e alla flessibilit del regime
di cambio di questi paesi. Frankel (2009) sostiene che il ricorso a pi valute di riserva una soluzione
inefficiente come lo il baratto, ma il mondo sta conoscendo spostamenti epocali delle capacit di
produzione e di risparmio che si concentra nei paesi emergenti. La crescita di numero e consistenza
dei Swf la conseguenza di una maggiore capacit da parte delle economie emergenti di produrre
risparmio e di attirare capacit produttiva. (Lossani, 2013).
Il ventaglio dei tassi di crescita e delle condizioni di stabilit macroeconomica tra i paesi emergenti
di spicco si allargato. Il 2015 ha visto un allargamento delle fessure allinterno dei Brics che nei
primi anni della crisi finanziaria iniziata nel 2008 si erano staccati, come un gruppo compatto, con
elevati tassi di crescita, valute forti rispetto a quelle dei paesi del nord Atlantico, e richiesta di
maggiore voce nelle decisioni di politica economica internazionale. Nel 2015, la crescita economica
in alcuni di questi paesi, secondo le stime del FMI, rimasta superiore alla media dei paesi avanzati
(2%). Tuttavia, a unIndia fortemente dinamica (+7,3%) e a una Cina che cresce a ritmi pi contenuti
che in passato, ma comunque elevati (6,9%), si contrappongono il significativo rallentamento del
Sudafrica (1,4%), e cali della produzione in Brasile (-3%) e Russia (-3,8%), nonostante politiche
fiscali essenzialmente espansive. Dallestate del 2014 la valuta brasiliana calata del 42%, il rublo
del 46%, il rand sudafricano del 22%, e dal luglio del 2015 anche il renmimbi si svalutato. Come
conseguenza del rafforzamento del dollaro e dellaumento annunciato dei tassi d'interesse da parte
della Fed, il 2015 stato il primo anno, dai lontani anni 80, in cui il saldo complessivo dei movimenti
di capitale diventato negativo per i paesi emergenti. Le valute di questi paesi sono scese in modo
rilevante parallelamente alla drastica riduzione del proprio surplus: dal +5% sul Pil al pareggio 126.
Approfittando del QE statunitense, che ha portato i tassi dinteresse vicini allo zero, le imprese private
e i governi in particolare, ma non solo quelli asiatici, hanno preso a prestito grandi quantit di dollari
mediante lemissione di obbligazioni collocate sul mercato americano. Questo movimento divenuto
una valanga nel 2014, quando si cominciata a prevedere una stretta della Fed. I debitori, in specie
asiatici, si sono affrettati a vendere i loro titoli a Wall Street per approfittare dei tassi ancora bassi.
Ma non hanno fatto molto caso, n sembra che lo abbiano notato quelli che hanno sottoscritto le loro
emissioni, al dollaro in ascesa, che rende pi problematica la restituzione dei prestiti e perci pi
bassa la quotazione dei loro titoli. Si potrebbe ripetere ancora una volta ci che accaduto allinizio
degli anni 80 per i pvs indebitati per la scelta del modello di import substitution, da cui nacque il
dramma del debito estero, o nella seconda met degli anni 90 per i fallimenti sperimentati nella crisi
asiatica. A innescare la crisi delle monete dei paesi emergenti sono state le prime avvisaglie del
tapering statunitense, ossia della lenta riduzione del piano di immissione di liquidit da parte della
Fed nei mercati finanziari127. I tassi prossimi allo zero sul dollaro a breve avevano provocato ondate
di moneta calda nei paesi emergenti che emettono monete convertibili. Quando le banche centrali di
126

Tra i BRICS solo la Cina rimasta in surplus. Gli altri paesi mostrano una sempre maggiore dipendenza dagli
investitori stranieri per sostenere la propria economia e, per renderla competitiva, svalutano la propria moneta, in modo
da favorire la redditivit degli investitori stranieri.
127

Se la politica monetaria statunitense diventa restrittiva introduce elementi di la crisi nei paesi cosiddetti "fragile
five": Sudafrica, India, Indonesia, Turchia e Brasile.

72

questi paesi intervengono per impedire lapprezzamento delle loro valute, perdono il controllo della
quantit di moneta, generano inflazione e di conseguenza aumentano i prezzi internazionali dei beni
primari. Queste bolle scoppiano in caso di problemi interni, come una crisi bancaria, e ci causa una
fuga dei capitali verso i paesi di origine appena le banche chiudono i prestiti agli speculatori sui
cambi. Allora i prezzi mondiali delle commodity crollano. Per queste ragioni i tassi di crescita dei
BRICS, ad eccezione di India e Cina, stanno scendendo agli ultimi posti delleconomia mondiale. Di
conseguenza si allontanano le loro ambizioni di poter rendersi autonomi dal dollaro e dallinstabilit
ad esso associata, oltre che di poter avere maggior peso nelle decisioni del FMI e della BM, e di
condizionare cos il ridisegno del s.m.i.. Tuttavia questi paesi hanno compreso e apprezzato il modello
di integrazione monetaria regionale realizzato dalleuro e su questa strada dovrebbero muoversi
gradualmente man mano che si realizzazno le condizioni per far nascere una moneta comune
(Romagnoli, 2013).
Negli anni scorsi, la domanda aggiuntiva di materie prime energetiche dei paesi emergenti asiatici
si confrontata con unofferta limitata e il prezzo del petrolio ha iniziato una lunga fase ascendente,
dalla fine degli anni 90 a met del 2014, per poi scendere verticalmente a causa della politica
dumping saudita in connessione con alcuni eventi geopolitici, come il processo di eliminazione delle
sanzioni iraniane e laumento della estrazione da fracking statunitense. Lascesa del dollaro stata
rapida e accompagnata dal crollo del prezzo del petrolio, sotto i 40 dollari al barile, promosso
dallArabia Saudita nel 2014128. Ci giova ai grandi consumatori India ed Europa, colpendo
duramente i paesi che di petrolio vivono, in particolare la Russia, ma anche il Venezuela, lIran oltre
ai produttori di petrolio dagli scisti statunitensi129. I protagonisti sono sempre gli stessi, a partire dalla
Russia, che ha gi visto il crollo della moneta per il rimpatrio accelerato dei prestiti che aveva ricevuto
dai mercati internazionali. Le enormi quantit di riserve accumulate negli anni recenti, quando il
petrolio continuava a salire, ammorbidiscono la caduta evitando effetti pi traumatici. Cos come
accade alla Norvegia e ai paesi arabi, altri grandi produttori colpiti dalla caduta del prezzo del petrolio.
Ma anche le riserve pi ampie si esauriscono e la velocit della loro riduzione seguita con interesse
dalla speculazione internazionale, favorendo strategie pericolose.
Leffetto pi vistoso del crollo dei prezzi delle materie prime si avvertito in Sud-Africa, la pi
forte delle economie del continente. Sia i mercati finanziari che quelli dei beni hanno subito un forte
contraccolpo. La crisi ha finito per ripercuotersi sui consumi interni e la svalutazione della moneta ha
prodotto in Sud-Africa, come negli altri paesi legati alla Cina, effetti negativi sul potere di acquisto
dei salari. La Cina con le sue profferte di scambi commerciali, di infrastrutture da realizzare, di aiuti
in campo sanitario e scolastico ha compiuto uninvasione silenziosa, senza eccessi o inutili clamori.
Dopo che lEuropa ha liberato i territori africani conquistati secoli prima, Pechino ha occupato gli
spazi lasciati vuoti realizzando opere pratiche e razionali. Nellultimo decennio del secolo scorso,
lAfrica intera stata punteggiata da decine di migliaia di cantieri che hanno costruito strade, ponti,
case, ospedali, scuole, fabbriche. La Cina aveva bisogno di materie prime e per questo si era rivolta

128

Si osserva, inoltre, che questo paese ha contribuito a sostenere il valore del dollaro attraverso acquisti massicci di titoli
del Tesoro statunitense.
129
Il rublo scende pi o meno nella stessa misura in cui scende il petrolio. Lo stesso vale per il disastrato Venezuela. La
rupia indiana dovrebbe invece avvantaggiarsi del declino del prezzo del petrolio, ma la sua crescita stata soffocata dal
rialzo del dollaro.

73

a quei paesi il cui sottosuolo era ricco di rame, ferro, alluminio, carbone, coltan130, bauxite, zinco,
piombo. Tra il desiderio di riscatto e il nuovo orgoglio nazionalista che infiammava lAfrica, la Cina
ha saputo cogliere il giusto equilibrio e si imposto come il Grande Paese che manteneva le promesse.
Un partner affidabile che non offriva denaro, come avevano fatto molti altri paesi per decenni. La
corruzione era troppo diffusa perci era meglio offrire ci che mancava in cambio di generosi contratti
a lungo termine per le estrazioni dei minerali. Questo meccanismo ha funzionato per anni e ha portato
lo sviluppo sul territorio, al contrario dellOccidente, che insiste molto sui diritti umani universali e
poi lascia che la globalizzazione esasperi gli squilibri distributivi che sono aumentati tra paesi e
allinterno di essi. Ora per che la Cina stata avvolta dalla sua bolla produttiva e finanziaria si
creato un effetto domino sulle economie dei paesi africani ad essa legati.
In Brasile, laumento dei tassi dinteresse interni che avevano gi raggiunto l11,75% a dicembre
2014, ha dato seguito agli esiti previsti dal modello di crisi finanziaria di Obstfeld e, a settembre 2015,
Standard & Poors ha declassato i titoli del debito pubblico brasiliano a livello junk, spazzatura. Il
real crollato ulteriormente dopo mesi che perdeva quota131. Questo fenomeno che pu estendersi
anche agli altri paesi emergenti, spiega lallarme della BM e del FMI sugli effetti del possibile rialzo
dei tassi dinteresse da parte della Fed. Infatti, a prolungare il ciclo dei boom delle economie
emergenti era stato il QE statunitense, insieme alla crescita cinese. Una parte di quella moneta era
andata ad alimentare la crescita delleconomia reale statunitense, ma parte di quella liquidit si era
diretta fuori degli Stati Uniti e i paesi emergenti erano una destinazione interessante perch offrivano
buoni rendimenti al contrario di quelli interni sui titoli. Una parte dei capitali fuoriuscita dagli Stati
Uniti aveva finanziato progetti industriali ma una grossa parte era andata a gonfiare bolle speculative.
Il Brasile era stato una delle mete preferite di quei capitali caldi. Il rialzo dei tassi statunitensi
interromper il meccanismo e far scoppiare le bolle. Per questo i capitali hanno iniziato a ritirarsi.
La tempesta brasiliana cancella certezze sulla prima potenza dellAmerica Latina colpita da un
declino politico, etico ed economico sempre pi ingovernabile. Il Pil del Brasile questanno chiuder
in forte recessione (-3,2%), con la disoccupazione in aumento (9%), la moneta svalutata (-35% in un
anno). Tutto iniziato con la diminuzione dei prezzi delle materie prime (ferro, petrolio, soia)
associata alla contrazione della domanda cinese, ma si allargato con gli scandali di corruzione
Petrobras su tutti. Cos il Brasile passato dalla formidabile crescita dellinizio del nuovo secolo, che
lo aveva sospinto tra le prime 7 economie mondiali, alla grave crisi attuale. Le maggiori agenzie di
rating si preparano a sanzionare ancora il Brasile togliendo punti al suo debito, come hanno gi fatto
nel corso del 2015.
Se si dubitato a lungo che la Cina fosse matura per esprimere una moneta di riserva, questa
ambizione non esiste per il rublo. Leconomia monodimensionale, centrata sullestrazione di
materie prime, e ci la rende succube delle fluttuazioni valutarie connesse allandamento delle
130

Si tratta della sabbia nera del Congo usata in metallurgia per elevare la temperatura di fusione e difendere la lega
metallica dlla corrosione.
131
Il real la valuta ufficiale del Brasile dal 1 luglio 1994. Esso stato introdotto nel 1994 nell'ambito del "Plano Real",
un consistente pacchetto di riforma monetaria finalizzato a porre fine a tre decenni di inflazione galoppante. Al momento
fu concepito per avere un tasso di cambio che fosse circa alla pari con il dollaro statunitense. Ha subito un'improvvisa
svalutazione fino a raggiungere un cambio di 1:2 nel 1999, ha quasi raggiunto il livello di 1:4 nel 2002, per poi recuperare
parzialmente e stabilizzarsi, intorno a quel valore, a partire dal 2006. Nel maggio 2008, per la prima volta dal 1999, il
cambio del real super il valore di 1:1,50 nonostante la banca centrale, preoccupata degli effetti sull'economia
brasiliana, avesse provato a mantenerlo al di sotto di tale soglia simbolica.

74

commodities, come mostra il recente crollo del greggio nellambito della guerra dei prezzi condotta
dallArabia Saudita132. A ci si aggiungono due ulteriori fattori negativi: uno congiunturale, le
sanzioni occidentali, e uno strutturale, il regresso demografico. Ne risulta che Mosca, almeno sul
fronte valutario, non un concorrente credibile. Ci tuttavia non toglie influenza alla dirigenza russa
che mantiene la possibilit di far ricorso alla perdurante eccellenza relativa della sua industria bellica.
Dal settembre 2014, il rublo stato colpito da due battute di arresto contemporanee, le sanzioni
dellOccidente e la caduta del prezzo del petrolio, da oltre 100 a 30 dollari a barile. In precedenza,
cera stata unaltra caduta repentina del prezzo dei carburanti iniziata in concomitanza del fallimento
di Lehman Brothers e durata fino allinizio della ripresa statunitense alla fine del 2009. I momenti di
queste forti oscillazioni, hanno fatto pensare che esse non siano state casuali e magari concordate
dagli Stati Uniti con lArabia Saudita, il maggiore e pi economico produttore del mondo. Oltre alla
guerra, le sanzioni internazionali e il crollo del prezzo del petrolio, in Russia, le aziende e le banche
si trovano oggi ad affrontare un ulteriore problema, il crollo del rublo, ma la situazione delle partite
correnti russa decisamente migliore di quella di paesi come il Sudafrica o Brasile.
Di fronte alle sanzioni imposte dopo lannessione della Crimea e i disordini dellEst Ucraina, Putin
si rivolto alla Cina per fare un importante accordo sul gas (stipulato alle condizioni di Pechino) che
vale a Mosca da assicurazione contro le misure occidentali. Leconomia cinese, tuttora in forte
crescita, ha consentito ai due paesi di aggirare gli sforzi europei e statunitensi volti a far retrocedere
la posizione internazionale di Putin. Ma laccordo sul gas va molto al di l degli idrocarburi.
Potenzialmente, esso pu infatti dar vita a un fronte contro gli Stati Uniti133. La Cina, pi che a una
strategia di sovvertimento del primato occidentale, si limitata a cogliere unopportunit preziosa sia
per accrescere il suo peso internazionale sia per risolvere il problema derivante dalla sua scarsit di
idrocarburi. La crisi ucraina ha comportato una svolta importante nelle relazioni sino-russe. E la Cina
necessitava di un miglioramento qualitativo del rapporto con la Russia la quale rimane un attore
geopolitico ed economico di peso. I cinesi hanno promesso a Mosca, che ha annesso la Crimea, pieno
sostegno economico e morale, magari auspicando di replicare con Taiwan. I cinesi non vogliono la
sconfitta russa che rafforzerebbe gli Stati Uniti, ma cercano anche di evitare lo scontro economicostrategico a tutto campo tra Mosca e Washington perch preoccupati che i russi possano vendere in
massa gli asset statunitensi per destabilizzarne leconomia. Pechino si aspetta che il conflitto con
lEuropa e gli Stati Uniti accentui la svolta asiatica della Russia, ovviamente a condizioni
vantaggiose. Cina e Russia sono cos sempre pi vicine e uniscono le loro forze per neutralizzare le
sanzioni economiche e i boicottaggi politici da parte dellOccidente. Il confine tra autoritarismo e
democrazia non divide pi solo i governi, ma anche la comunit globale degli affari. Dopo laccordo
record del gas, Xi Jinping e Putin allargano la cooperazione dallenergia alla produzione, creando un
mercato nuovo e quasi protetto con lobiettivo di rallentare la frenata delle loro economie. Per questo
hanno concordato il lancio di 14 nuove aree di sviluppo economico comune con attenzione
allestremo oriente siberiano e alle zone di confine.

Ci che rende diversi molti paesi islamici da Stati che pure, coma la Russia, lIran, il Venezuela, basano le loro
economie sulla rendita petrolifera, la struttura politica e demografica. Si tratta sostanzialmente di monarchie senza
societ.
132

133

Si tratta della prima vera sfida geostrategica congiunta della Federazione Russa e della Cina agli Stati Uniti in pi di
una generazione e, forse, la chiusura del trattato TTP si giovato di questa opportunit colta dalla Cina per uscire dalla
sua condizione insulare, togliendo i dubbi restanti ai diversi paesi dellASEAN.

75

LIndia, nonostante i problemi infrastrutturali e quelli sociali legati alle caste, ha superato, dopo
oltre trenta anni, la Cina nella velocit della crescita ed diventata la potenza economica con la
crescita pi rapida del mondo. Tuttavia, leconomia cinese ha una dimensione quattro volte maggiore
di quella indiana e, anche con una crescita inferiore, si espande di pi. Il sorpasso indiano nella
crescita, che segna un cambiamento nello scacchiere internazionale, viene salutato come un successo
di Pechino che trova in esso la sua locomotiva. Questo disegno preoccupa lOccidente che vede, nella
Cina e nella Russia, potenze ostili guidate da logiche espansioniste. Per questa ragione, lIndia, un
alleato storico di Mosca, anche se appartenente ai paesi non allineati, considerato lunico baluardo
democratico in Asia, anche per il suo dinamismo demografico che, secondo Thomas Piketty (nei suoi
studi sul capitalismo del 2014), e secondo Larry Summers (nelle sue ricerche sulle stagnazioni
secolari del 2014), il presupposto del suo dinamismo economico. Un altro aspetto che favorisce
lIndia dato dalla politica protezionistica della Cina che sta colpendo alcune multinazionali
occidentali che producono in Cina, come la General Motors. Tuttavia lIndia per ora in fondo alla
classifica dei paesi accoglienti per gli investimenti esteri (149.ma su 189 paesi della BM). Ma
lIndia ha altri punti di forza perfino nelle sue debolezze. La sua economia orientata soprattutto a
soddisfare i consumi interni e la sua relativa chiusura allesterno le hanno dato una particolare
resilienza agli shock esterni della congiuntura internazionale e, in particolare, alla crisi del 2007-2009.

PARTE III

7. Bretton Woods II e i suoi rischi


7.1 Il sistema monetario odierno e le sue debolezze
Bretton Woods II unespressione informale per indicare il sistema di relazioni valutarie che si
sviluppato a partire dalla fine del secolo scorso. Il concetto della "ripresa del sistema Bretton Woods"
stato introdotto nel 2003 da un articolo di Dooley, Folkerts-Landau e Garber (2003), nel quale
viene descritto il progressivo riaffermarsi di questo meccanismo dopo la fine della guerra fredda. In
questo percorso, esso diventa determinante grazie alla scelta di paesi, principalmente in Asia, che
hanno scelto di applicare la stessa strategia periferica di Europa e Giappone nel secondo
dopoguerra134, svalutando la propria moneta, gestendo una discreta quantit di interventi nell'ambito
del commercio estero, imponendo controlli, accumulando riserve e incoraggiando una crescita
trainata dalle esportazioni grazie alla vendita di beni ai paesi avanzati.
Le preoccupazioni espresse una decina di anni fa da Eichengreen (2004) sul s.m.i. Bretton Woods
II erano le seguenti: 1. i paesi dellAsia orientale hanno un livello di coesione minore di quelli europei
e giapponese; 2. dallinizio di questo secolo, sui mercati finanziari ci sono assets denominati in euro
che sono in competizione con quelle denominate in dollari; 3. i deficit correnti degli Stati Uniti sono,
134

Nel sistema classico di Bretton Woods, gli Stati Uniti finanziavano il proprio deficit della bilancia dei pagamenti
attirando risorse dalla periferia del sistema, che negli anni Sessanta era rappresentata principalmente dai paesi europei,
Germania Ovest in primis e Giappone, i quali presentavano un cronico surplus della bilancia dei pagamenti e con i quali
gli Stati Uniti mantenevano un cambio fisso ad una parit prestabilita.

76

in proporzione, molto maggiori di quelli della fine degli anni 60; 4. la liberalizzazione completa dei
mercati dei capitali rende molto diffficile il controllo degli aggiustamenti effettuati dai privati; 5. la
deregolazione dei mercati finanziari fa s che la crescita della liquidit possa dar luogo a inflazione e
formazione di bolle; 6. le economie dellAsia si accingono a cambiare i loro modelli di sviluppo
sostituendo la domanda di esportazioni con quella di consumi interni.
Nel 2005, Roubini e Setser argomentarono che tale sistema era insostenibile135:
Se gli Stati Uniti non prenderanno iniziative per ridurre il loro bisogno di
finanziamenti esterni, prima che questo processo esaurisca la disponibilit delle banche
centrali a continuare ad accumulare riserve in dollari e se il resto del mondo non
prender provvedimenti per sostenere la propria crescita riducendo la sua dipendenza da
un'espansione insostenibile della domanda interna statunitense il rischio di un collasso
degli Stati Uniti e dell'economia globale continuer a crescere. Gli aspetti fondamentali
di questa caduta sono facili da immaginare: una rapida discesa del valore del dollaro
statunitense, un rapido aumento dei tassi di interesse a lungo termine e un forte calo del
prezzo di un ventaglio di asset di rischio tra i quali il settore azionario e quello
immobiliare. L'assestamento dei prezzi di tali asset porterebbe poi a un significativo
rallentamento negli Stati Uniti, mentre la caduta delle importazioni negli Stati Uniti,
correlata al rallentamento americano assieme alla caduta del dollaro, porterebbero a un
significativo rallentamento globale, se non addirittura a un'immediata recessione.
Il s.m.i. attuale replica quello di Bretton Woods e il dollaro mantiene la sua posizione dominante
come valuta di riserva. Gli Stati Uniti esportano liquidit denominata in dollari attraverso i loro deficit
correnti e la periferia del mondo (soprattutto i paesi dellAsia orientale) accumula ingenti quantit di
riserve. Siccome il mercato finanziario statunitense quello pi liquido, integrato, diversificato ed
esteso, i paesi periferici non trovano di meglio che reinvestire i loro dollari in attivit statunitensi.
Pertanto i deficit correnti statunitensi sono compensati da surplus del conto finanziario e gli Stati
Uniti, che dagli anni 80 sono diventati il maggiore debitore del mondo, non sentono il bisogno di
riequilibrare la loro economia. Tuttavia ci spinge il valore del dollaro a deprezzarsi, nel lungo
periodo, rispetto alle valute forti ma, in questo caso, il suo derioramento fisiologico comporterebbe
perdite consistenti per i paesi che li detengono. Pertanto la stabilit e la sostenibilit dellattuale s.m.i.
dipende dalla volont dei paesi della periferia di continuare ad acquistare dollari per impedirne il
deprezzamento. Essi mantengono cos la loro competitivit, essenziale per i loro modelli export-led
propri di una strategia neo mercantilista, ma accrescono il loro rischio nel caso di un crollo del dollaro.
Se questi paesi smettono di acquistare dollari o addirittura vendono quelli in loro possesso, il s.m.i.
Bretton Woods II pu crollare inducendo un forte apprezzamento delle loro valute, un deprezzamento
altrettanto forte del dollaro, un aumento dei tassi a lunga e una crisi nelleconomia statunitense. La
minaccia di sicurezza sui titoli pubblici statunitensi poteva indurre a diversificare i dollari in euro
dando luogo a una crisi economica negli Stati Uniti. Ma lattuale s.m.i. non ha mai avuto due gambe
equipollenti e il dollaro tuttora la moneta dominante. Per motivi diversi, leuro non ha una forza
assimilabile a quella del dollaro.

135

Roubini (2006) affermava, inoltre, che c'era una seria possibilit che il sistema di Bretton Woods II sarebbe potuto
crollare entro il 2008.

77

Greenwald e Stiglitz (2010) hanno segnalato che gli squilibri globali non sono lunico difetto
dellattuale s.m.i., ad esso si aggiungono il fatto che i risparmi rilevanti effettuati dai mercati
emergenti e dai pvs tendono a indebolire la domanda mondiale, linefficienza e liniquit associate al
fatto che paesi poveri prestano fondi ai paesi ricchi a bassi tassi dinteresse e prendono a prestito a
tassi pi alti, la volatilit dei tassi di cambio, dei tassi dinteresse e dei movimenti di capitali. A questi
aspetti si deve aggiunge ancora lasimmetria degli aggiustamenti della bilancia dei pagamenti che
vede i paesi in deficit farsi carico della responsabilit, ad eccezione degli Stati Uniti, a causa del loro
privilegio esorbitante. Vi sono due riforme principali possibili dellattuale s.m.i.: la prima quella di
creare una valuta sovranazionale, magari attraverso luso dei DSP, che diverrebbero la moneta di
riserva; laltra data da una moneta multivaluta basata su dollaro euro e renmimbi, ma Greenwald e
Stiglitz temono che nemmeno questa possa dar luogo a una soluzione stabile, anche se, in questo
caso, il Dilemma di Triffin sarebbe condiviso da tre valute forti (Otero-Iglesias, 2012).
Per venti anni, le autorit cinesi hanno mantenuto quasi fisso il cambio del renmimbi con il
dollaro136. Ma il sistema Bretton Woods II si rivelato molto instabile. Anche se lo scenario di una
fuga precipitosa dal dollaro sembra piuttosto remoto, la portata degli eventuali aggiustamenti
suggerirebbe di adottare una strategia efficace in grado, quanto meno, di garantire un graduale
riassorbimento degli squilibri nei conti con l'estero attuali. Per questo motivo, la proposta di creare
una moneta sovranazionale, sull'idea del bancor keynesiano, sta riscuotendo consensi tra gli
economisti. Essa rappresenta infatti una soluzione possibile per evitare, in futuro, squilibri troppo
elevati nei conti con l'estero di un paese anche se questo il leader del sistema (Alessandrini,
Fratianni, 2009a).
Il s.m.i. attuale si basa, inoltre, su cambi flessibili tra gli Stati Uniti ed i paesi che corrispondono a
quelli della vecchia periferia, i quali di fatto non partecipano al finanziamento esterno degli Stati
Uniti. Al contrario i paesi asiatici, che li hanno sostituiti, e che costituiscono la nuova periferia,
hanno deciso di adottare un tasso di cambio fisso con il dollaro in alcuni casi de iure come la Cina,
in altri de facto come nel caso del Giappone137, riproponendo sostanzialmente il medesimo schema
di funzionamento del vecchio sistema di Bretton Woods, in cui gli Stati Uniti, in deficit nei confronti
del mondo, sono rimasti il centro del sistema e i paesi asiatici hanno svolto il ruolo di finanziatori di
questo deficit138. Le politiche di cambio fisso dei paesi asiatici hanno permesso dunque agli Stati
Uniti di avere un vincolo esterno morbido. Ed questo che verrebbe meno con leventuale abbandono
del peg da parte della Cina. Inoltre, il fatto che il dollaro sia ancora la principale valuta di riferimento

136

Il 1995 l'anno in cui le autorit monetarie cinesi hanno svalutato il renmimbi e deciso di legarlo al dollaro, al tasso
di 1 dollaro per 8,62 renmimbi, dando il via al sistema monetario noto come Bretton Woods II che ha spostato lattenzione
mondiale dallAtlantico al Pacifico a causa della crescita eccezionale delleconomia cinese. Ma, negli ultimi 10 anni, il
renmimbi si rivalutato di oltre il 30%, come mostra la figura 8 a p.61.
137
Il Giappone faceva parte anche dei paesi finanziatori degli Stati Uniti nel vecchio sistema di Bretton Woods e pu
essere considerato dunque vecchia periferia.
Secondo le stime della BIS (2015), la Cina avrebbe avuto in dollari l80% del totale dei crediti in valuta ottenuti, pari
a circa 682 miliardi di dollari a fine giugno 2014. Ma tale fenomeno ha riguardato anche altri grandi economie emergenti,
come Brasile e India seguiti da Messico, Corea del Sud, Filippine, Per e Cambogia. Alla stessa data, i crediti denominati
in dollari agli enti finanziari non bancari fuori dagli Stati Uniti hanno raggiunto il 13% del Pil mondiale, ben oltre i crediti
denominati in euro e quelli denominati in yen.
138

78

internazionale ha fatto s che i paesi asiatici, almeno fino al 2009, si siano dimostrati desiderosi di
accumulare ingenti quantit di dollari nelle proprie banche centrali.
Gli Stati Uniti importano pi di quanto esportano e quindi hanno disavanzi correnti con lestero.
Se i cambi fossero flessibili, il dollaro cadrebbe fino a far diventare le esportazioni statunitensi
competitive rispetto a quelle asiatiche. A quel punto il disavanzo si ridurrebbe, fino a scomparire.
Invece i paesi industriali asiatici tendono a tenere il loro cambio fisso con il dollaro e le loro banche
centrali acquistano attivit finanziarie in dollari per evitare che si deprezzi. Lo fanno per far crescere
il loro settore esportatore, che modernizza le loro economie. Gli Stati Uniti hanno quindi una quota
crescente delle proprie attivit finanziarie che sono propriet di soggetti esteri autocratici. Venti anni
fa, le Tigri asiatiche avevano un debito estero crescente in dollari. Quando il rendimento atteso sugli
investimenti finanziari e reali di questi paesi fu giudicato inferiore al costo del debito, i capitali furono
ritirati improvvisamente e le loro monete crollarono. Ma erano troppo piccoli per mettere in crisi
leconomia mondiale. Invece, una crisi degli Stati Uniti metterebbe in crisi il mondo intero. In
conclusione, senza il sistema di garanzie sino-statunitensi (impianti contro obbligazioni) la
tumultuosa crescita cinese non ci sarebbe stata. Le garanzie hanno ruotato intorno alla potenza politica
e militare statunitense. Gli Stati Uniti sono quindi diventati un bene quasi pubblico, il garante della
propriet di tutti i paesi che hanno investito in Cina. In altre parole, i cinesi ha fatto quello che sanno
far meglio: produrre beni, gli americani hanno prodotto beni finanziari complessi governando il
mondo della finanza. Questo sistema che dura da decenni, oggi si scontra con il proprio limite. I cinesi
hanno troppe attivit statunitensi. Gli americani hanno venduto troppe attivit finanziarie.
Emerge dunque la vera differenza tra il sistema Bretton Wods II e tutti i sistemi monetari che
lhanno preceduto: l dove i sistemi monetari in passato, sia il gold standard che il gold-exchange
standard, erano stati concepiti per preservare la stabilit delle valute e dei prezzi e favorire dunque il
pi possibile i commerci internazionali. Oggi, al contrario, ve ne uno, adottato unilateralmente senza
alcun accordo di tipo internazionale a ratificarne la validit, basato su una politica di cambio fisso
renmimbi/dollaro studiata per avvantaggiare sensibilmente le esportazioni cinesi e, in generale, del
Sud Est asiatico. Il sistema in questione, che pure ha servito egregiamente le finalit di molti paesi
emergenti, i quali hanno conosciuto uno sviluppo senza precedenti, ha per posto seri interrogativi
sul futuro dels.m.i.: dalle potenziali perdite dei paesi detentori di riserve in dollari, connessi ad una
loro svalutazione per riequilibrare i conti statunitensi con l'estero, all'incontrollato aumento della
liquidit internazionale.
Il dibattito oggi pi che mai aperto se il sistema di Bretton Woods II possa durare oppure se esso
sia destinato prima o poi a crollare come tutti i sistemi a cambi fissi che si sono succeduti, dal gold
standard a Bretton Woods. Molti ritengono (Bernanke, 2005) che l'attuale deficit di conto corrente
americano sia una risposta endogena del sistema ad un aumento esogeno del tasso di risparmio delle
nuove economie emergenti non adeguatamente compensato da un equivalente aumento della spesa
interna, sia pubblica che privata. il cosiddetto problema del saving glut. Secondo questo filone di
pensiero, gli Stati Uniti, con il loro mercato finanziario liquido e sviluppato, offrono un naturale
canale di sbocco per i capitali provenienti dai paesi emergenti e dai pvs, i quali solitamente non hanno
mercati finanziari adeguati per collocare una tale massa di investimenti. Sulla strumentalit di questa
tesi c molto da dire. Questo scenario ricorda molto da vicino la politica di benign neglect che ha
portato alla fine del sistema di Bretton Woods. Nella rivisitazione moderna, gli Stati Uniti non si
curano affatto dei propri conti con l'estero, contando sul fatto che questo comportamento stato finora
79

ben gradito dai paesi asiatici i quali hanno continuato a perseguire una politica di cambio fisso con il
dollaro e accumulare riserve in dollari con le quali auto-assicurarsi contro fughe di capitali impreviste
e finanziare il deficit di partite correnti americano. Per entrare pi nello specifico, anche il ruolo degli
Stati Uniti cambiato rispetto a quello avuto nel sistema di Bretton Woods. Da banchiere del
mondo (Despres, Kindleberger e Salant 1966), il quale semplicemente si indebitava a breve
sull'estero a tassi d'interesse bassi e poi reinvestiva a lunga scadenza con tassi pi elevati, essi sono
diventati il venture capitalist del mondo. Si indebitano sempre a breve nei confronti del mondo ma
poi finanziano gli investimenti esteri diretti (IDE) nelle nuove economie emergenti proprio come una
normale banca d'affari. Analizzando la bilancia dei pagamenti degli Stati Uniti, si pu vedere come
il flusso di IDE in uscita dagli Stati Uniti, in questi anni, non sia mai diminuito nonostante il
persistente deficit di conto corrente suggerirebbe che questi capitali avrebbero dovuto essere
impiegati dagli Stati Uniti per finanziarie la propria domanda interna di capitali.
Dalla fine degli anni 90 al tapering del 2014, Bretton Woods II, ha permesso ai paesi emergenti
di svilupparsi senza precedenti e agli Stati Uniti sia di poter ammorbidire il proprio vincolo di bilancio
esterno, sia di finanziare una parte consistente della propria crescita tramite il ricorso al debito
contratto da parte delle famiglie, delle imprese e dell'amministrazione pubblica. Ammettendo che la
situazione non sia ovviamente prorogabile all'infinito, i sostenitori della tesi secondo la quale il deficit
di conto corrente statunitense una risposta endogena ad uno shock esogeno affermano che tali
squilibri si riaggiusteranno automaticamente e senza traumi negli anni a venire. Tali esponenti, che
potremmo definire gli ottimisti, in virt delle loro posizioni concilianti verso tale scenario,
prevedono dunque che ad un certo punto, in Cina, l'inevitabile aumento dei salari porter ad un
incremento dei prezzi dei beni prodotti. Questo fatto, coniugato con le possibile pressioni inflattive
dovute alla grandi quantit di circolante immessa sul mercato in questi anni, far s che le merci cinesi
diventeranno meno competitive sui mercati internazionali riducendo lentamente la posizione di
surplus nei confronti dell'estero. Gli Stati Uniti diminuiranno le importazioni dalla Cina mentre la
Cina aumenter i propri consumi interni. Questi due fatti, uniti, riequilibreranno i conti con l'estero
di entrambi i paesi senza dover passare per aggiustamenti repentini dei conti con l'estero o dei tassi
di cambio. Se invece, gli Stati Uniti sostituiranno le importazioni cinesi con quelle di altri paesi
emergenti pi competitivi, saranno questi ultimi a finanziare i consumi delle famiglie americane, gli
investimenti delle imprese e la spesa pubblica, lasciando irrisolti i problemi collegati ai twin deficit.
Tuttavia, secondo i pessimisti, una parte del mondo economico si sta per preoccupando che
questo scenario non solo non sia sostenibile nel lungo periodo ma che esso possa portare ad un
aggiustamento repentino in seguito al verificarsi di uno shock esterno imprevisto. Come si detto,
Roubini e Setser (2004 e 2005), Obstfeld e Rogoff (2006), Alessandrini e Fratianni (2008), in una
serie di articoli influenti, hanno messo in guardia sui vari fattori di rischio insiti nel sistema di Bretton
Woods II, che pongono una spada di Damocle sulla tenuta dell'intera struttura. Per quanto essi stessi
ammettano che il sistema vigente abbia garantito indubbiamente un certo grado di benessere a tutti i
partecipanti coinvolti, essi sottolineano che i rischi e le fragilit che stanno emergendo dovrebbero
destare una preoccupazione decisamente maggiore, quanto meno tale da giustificare un intervento
regolatore. Paradossalmente, il paese che si sta assumendo i rischi maggiori, pur essendo quello che
ha tratto maggior beneficio dalla politica di cambio fisso, la Cina. I principali problemi che le
autorit cinesi si troveranno ad affrontare nel prossimo futuro sono due: l'aumento dell'inflazione
dovuto all'aumento della base monetaria in circolazione e le perdite in conto capitale che il paese
80

potrebbe subire sulle sue riserve in dollari nel caso di un loro pesante deprezzamento. Il primo
problema strettamente legato alla politica di cambio fisso attuata dalle autorit monetarie di Pechino.
Per mantenere il tasso di cambio prefissato, la BPC deve essere pronta ad acquistare con operazioni
di mercato aperto tutti i dollari in eccesso sul mercato per prevenirne il deprezzamento nei confronti
del renmimbi139. Per far ci, per, l'istituto centrale cinese immette sul mercato valuta locale andando
cos ad aumentare la base monetaria e, secondo la teoria quantitativa della moneta, le aspettative di
inflazione futura. Per contrastare questa creazione incontrollata di base monetaria, le autorit centrali
hanno applicato, da una parte, delle strategie indirette in modo da non penalizzare il boom economico,
dallaltra, esse hanno provveduto ad attuare operazioni di sterilizzazione della base monetaria interna,
immettendo titoli cinesi sul mercato e ritirando valuta nazionale. Questa operazione non riesce per
a controbilanciare totalmente la quantit di renminbi immessa in circolazione. Roubini e Setser (2005)
hanno calcolato che solamente il 50% dell'incremento di base monetaria dovuta alle politiche di tasso
di cambio fisso viene poi sterilizzata dalla BPC. Contemporaneamente, per prevenire questa
espansione monetaria, la BPC ha agito anche sul moltiplicatore monetario, sia con incrementi dei
tassi di sconto della banca centrale140, del coefficiente di riserva obbligatoria, sia utilizzando misure
quantitative, come il massimale sugli impieghi e sul credito che le banche possono concedere a propri
clienti con il fine di limitare l'immissione di credito nel sistema e capillari controlli sui capitali,
soprattutto in entrata. Questa politica monetaria stata per invertita recentemente per frenare il crollo
delle Borse cinesi. Il secondo problema probabilmente il vero punto debole del sistema che lo pu
rendere potenzialmente instabile sotto molti punti di vista. La politica di cambio fisso ha permesso
alla Cina di accumulare sino ad ora ingenti riserve in dollari. Ci espone la Cina ad ingenti perdite in
conto capitale legate ad un possibile deprezzamento del dollaro.

Per questo motivo, lo scarto della Svizzera, che ha abbandonato il peg con leuro, diviene un esempio pericoloso,
anche se in questo momento leuro si sta indebolendo mentre il dollaro si sta rafforzando. Laddove il peg risultasse
139

eccessivamente vincolante (o inelegante a vedersi) altri paesi hanno deciso di adottare un currency floor al di
sotto del quale non intendono far scendere il loro tasso di cambio, prevenendo cos leccessiva rivalutazione
della propria valuta. Lesempio di floor per eccellenza, recentemente abbandonato, stato quello del franco
svizzero istituito nel 2011, per evitare che il franco si rafforzasse contro leuro. Il motivo era semplice: durante
la crisi di secondo livello iniziato nel 2010, grandi flussi di capitale si erano mosse dalleuro verso valute
considerate rifugio, di cui il franco svizzero era emblema. Salvaguardare la parit del cambio significava per
la Banca centrale svizzera (Bcs) vendere attivit denominate in franchi per acquistare attivit finanziarie
denominate in altre valute estere diverse dal franco; in tal modo esercitava una pressione al ribasso per il
franco, e quindi compensava la spinta al suo apprezzamento derivante dai flussi di capitale. Questa strategia
era diventata sempre pi costosa alla luce della crisi russa degli ultimi mesi: massicci flussi di capitale
cercavano una fuga dal rublo verso investimenti pi sicuri. Era evidente, per, che la Bcs non avrebbe potuto
sostenere la parit troppo a lungo. Limminenza della decisione della BCE sul QE ha fatto rompere gli indugi.
Il franco a 1:1,20 aveva comportato nel tempo un tale accumulo di riserve valutarie, da parte della Bcs, da
divenire insostenibile per tre motivi: 1. la svalutazione delleuro iniziava a produrre perdite ingenti in conto
capitale; 2. il referendum fallito del novembre 2014 sulle riserve doro (dal 7 al 20%) della Bcs cominciava a
mostrare le prime crepe nel consenso della popolazione alla continua accumulazione di riserve in assets
finanziari denominati in valuta straniera; 3. uneccessiva esposizione delle autorit monetarie svizzere verso
leuro iniziava a far perdere al franco svizzero quella caratteristica di incorrelazione verso le altre valute che
da sempre lo rende bene rifugio. La decisione di abbandonare il floor da parte degli svizzeri ha avuto
ripercussioni in vari paesi, inclusi quelli, come lUngheria, Polonia, ecc. i cui sistemi bancari avevano
generosamente elargito mutui immobiliari denominati in franche svizzeri in quanto caratterizzati da tassi
dinteresse pi vantaggiosi.
140

Tassi di sconto maggiori limitano non solo la domanda di credito ma anche la sua offerta a causa delleffetto lock-in.

81

La Cina e l'estremo oriente non sono certo i soli paesi che finanziano il deficit estero americano.
A questi paesi si devono infatti aggiungere i paesi esportatori di petrolio, in particolar modo lArabia
Saudita e gli Emirati Arabi, dopo il disimpegno russo. La quota di finanziamento, sebbene non
raggiunga i livelli dei paesi asiatici, tutt'altro che marginale. Roubini e Setser (2005) hanno
affermato che il via ad una eventuale fuga dal dollaro potr arrivare pi da questi paesi che da quelli
asiatici, visto che le economie dei primi sarebbero meno danneggiate dall'apprezzamento delle
proprie valute, data la bassa elasticit della loro domanda di esportazioni rispetto al prezzo. Paesi
come la Cina, infatti, potranno diversificare le proprie riserve in valuta solamente al costo di un
apprezzamento delle proprie divise nazionali sul dollaro, danneggiando cos le proprie produzioni
industriali e manifatturiere che contano ancora sulla competitivit di prezzo, oltre che ad esporsi a
gravi perdite sulle riserve accumulate in dollari. Questo comunque un problema condiviso con gli
altri paesi che sono invece essenzialmente produttori di commodities (Brasile) e di prodotti petroliferi
(Arabia Saudita). Essendo la domanda di questi beni essenzialmente inelastica ad aumenti di prezzo
lecito pensare che questi paesi verrebbero danneggiati in maniera minore dalla sostituzione del
dollaro con un'altra valuta di riserva (Alessandrini, Fratianni 2008a).
7.2 Le tensioni geopolitiche e valutarie attuali
La breve analisi geopolitica, che segue, si giustifica con il fatto che i cambi sono influenzati anche
da avvenimenti politici e strategici di primaria importanza. Laffermazione di un nuovo s.m.i. sar un
processo difficile, accidentato e probabilmente non pacifico. difficile immaginare una potenza
egemone che rinunci al suo ruolo senza opporre resistenza.
Negli anni 90, il crollo dellimpero sovietico ha fatto s che una parte consistente del mondo,
prima esclusa dalleconomia capitalistica, entrasse a far parte del sistema commerciale e produttivo
mondiale dominato dagli Stati Uniti. La globalizzazione, nuovo complesso fenomeno di produzione
e distribuzione su scala mondiale propiziato dal Neofederalismo reaganiano, ha consentito agli Stati
Uniti di superare la grave crisi economica emersa alla fine degli anni 70. La crisi finanziaria europea
del 1992, che mise in crisi lo SME, e quella asiatica del 1997 hanno sottolineato la centralit del
dollaro e della WTO che doveva fornire linfrastruttura legale per il nuovo ordine economico
mondiale. Lingresso della Cina nella WTO nel dicembre del 2001 sembrava il coronamento di questo
successo. In realt, nel decennio successivo lo scenario cambiato. Da un lato, la Cina, contando
sulla sua grande potenza economica, ha beneficiato pi del previsto dalla WTO, dallaltro gli Stati
Uniti, investiti da una doppia crisi, hanno frustrato il sogno di un progresso continuo per la classe
media statunitense, incrinando un pilastro centrale del patto sociale (mantenuto durante i lunghi anni
del conflitto mediorientale soprattutto attraverso lespansione monetaria). Allesterno, le guerre
dellAfghanistan e dellIraq dovevano servire a riacquistare la fiducia dei mercati dopo la crisi, e gli
Stati Uniti hanno raggiunto questo obiettivo, ma hanno portato solo in parte i ritorni strategici ed
economici attesi (di fatto quello pi rilevante stata la permanenza del dollaro come moneta di
scambio del petrolio iracheno), mentre hanno appesantito il bilancio federale di centinania di miliardi
di dollari e aumentato il numero dei critici della politica economica internazionale statunitense. La
speranza che Medio Oriente e Asia Centrale venissero integrati nel sistema americano stata in parte
frustrata, anche se si accetta lipotesi che gli Stati Uniti siano riusciti a influenzare il prezzo del

82

petrolio attraverso lArabia Saudita141. Lo scoppio della bolla immobiliare-creditizia statunitense del
2008 e la recessione mondiale spiegano landamento successivo del cambio del dollaro influenzato
dal sostegno cinese, che ha alternato fasi di rialzo e ribasso e dalla lunga parentesi delle politiche
monetarie non convenzionali. Nemmeno la caduta verticale del prezzo del petrolio ha ridotto la sua
forza, esso continuer a rafforzarsi, in una situazione internazionale in deterioramento, perch
rappresenta un porto sicuro.
Negli ultimi 15 anni, la Cina ha quadruplicato il suo Pil, aumentando ancor pi il suo contributo
al commercio mondiale. In tal modo diventata un creditore pi grande di quanto lAmerica
debitore. I legami finanziari e commerciali tra Stati Uniti e Cina sono ormai talmente profondi che
una loro repentina rottura avrebbe effetti devastanti a livello bilaterale e mondiale. Tuttavia la Cina
esibisce un atteggiamento antagonista nei riguardi degli Stati Uniti. I risultati incerti della politica
estera e degli interventi militari statunitensi in Medio Oriente e in Asia Centrale, oltre alla
diminuzione relativa del peso commerciale e finanziario degli Stati Uniti rispetto alla Cina, stanno da
tempo spostando il baricentro economico mondiale a favore di questultima. Inoltre, gli Stati Uniti
devono tener conto del fatto che la Cina ha risorse finanziarie da investire allestero e che offre ai
produttori di tutti i paesi la possibilit di entrare in uno dei mercati pi ampi dellAsia e a maggior
crescita nel mondo142. Pechino si ormai affermata come il polo principale della crescita dellAsia:
la sua economia si irradia per tutto il continente, che ospita il 60% della popolazione mondiale, e ha
iniziato a darsi strutture finanziarie pi efficienti. In questo ambito, la Cina ha intenzione di estendere
il credito swap di 24 miliardi di dollari accordato alla Russia per aiutarla a superare lattuale crisi
finanziaria. Inoltre, ha accordato al Venezuela un prestito di 4 miliardi di dollari e allArgentina fondi
per 2,3 miliardi di dollari come parte di un pi ampio currency swap. Sono segnali evidenti di come
Pechino venga in aiuto di paesi esclusi dai mercati finanziari internazionali e che in qualche modo si
oppongono alla politica estera americana. La Cina sta diventando il lender of last resort dei paesi non
allineati economicamentee politicamente con i contenuti del Washington Consensus.
Ci ha una grande importanza per il dollaro ma ne ha ancora di pi per leuro, moneta senza una
direzione politica univoca, alla merc delle fluttuazioni geopolitiche ed economiche mondiali. La
Cina chiaramente principale attore di tale processo, mentre lEuropa, pur con una moneta seconda
per importanza solo al dollaro, non presta molta attenzione a quello che sta avvenendo nel continente
euroasiatico. Con delusione degli Stati Uniti, lEuropa ha deciso di far parte dellAIIB, ma ammesso
che leurocrisi trovi infine uno sbocco positivo, si pone la questione di come reagir la moneta unica
ai sussulti del nuovo ordine economico mondiale, soggetto alla doppia spinta dellascesa cinese e
delle nuove rivoluzioni tecnologiche. La tara europea rappresenta un rischio politico e strategico per
tutti. La eterortodossia monetaria europea stata frenata dallopposizione dei paesi del Nord Europa
contro lespansione monetaria che la congiuntura europea richiedeva di fronte alla speculazione e alle
tensioni geopolitiche e valutarie. Ma landamento dellEurozona, che stenta a riprendersi, nonostante
la svalutazione delleuro, anche a causa della crisi ucraina, assai differente da quello degli Stati
Uniti, dove il riassorbimento della disoccupazione ha dato inizio alle controverse manovre restrittive
della Fed per tornare a metodi ortodossi della gestione della politica monetaria. Il dollaro forte
Giovandosi del fatto che i suoi costi di estrazione sono i pi bassi del mondo, lArabia Saudita, che non vuole perdere
quote di mercato, aumenta la sua offerta facendo cadere i prezzi del petrolio e mettendo in difficolt i paesi che hanno il
petrolio come principale componente delle esportazioni: Russia, Venezuela e ora, dopo la fine dellembargo, anche lIran.
142
Gli scenari drammatici di Gunnar Myrdal sono ormai lontani. Il riferimento ai suoi tre noti volumi del 1968 dal titolo:
Asian Drama: An Inquiry Into The Poverty of Nations, dedicati allAsia Meridionale e in particolare allIndia.
141

83

favorisce le spese statunitensi allestero e scoraggia le esportazioni dagli Stati Uniti. Allo stesso
tempo, un euro debole incoraggia le esportazioni europee verso gli Stati Uniti e rende meno pressanti
le richieste di chi vuole interventi ancora pi espansivi della BCE.
Attorno al cambio euro-dollaro si pongono, nellanno che si apre, anche i dilemmi dei cambi dei
paesi come la Gran Bretagna, il Giappone e la Cina (Mele, 2016). Nella parte pi esterna del cerchio
al cui centro il cambio euro-dollaro, ci sono infine le valute dei paesi emergenti, fortemente
influenzate dai movimenti dei capitali a breve che provengono dai paesi finanziariamente pi
importanti. Una coppia cruciale di monete , poi, quella costituita da renmimbi e yen. Il cambiamento
del modello di sviluppo cinese, insieme al rallentamento della sua economia, hanno causato la
riduzione delle importazioni cinesi di materie prime e di beni di investimento. Ci spiega la debolezza
delle valute dei paesi che le producono e la contrazione della crescita dei paesi che forniscono beni
industriali e investimenti privati alla Cina: il Giappone, la Corea del Sud e Taiwan. La diminuzione
della domanda cinese spiega anche la forte svalutazione dello yen voluta da Abe nel 2014, in
corrispondenza al raddoppio della base monetaria giapponese.
In tempi di ritorno alla guerra fredda, di sanzioni crescenti e di continua pressione del mondo
occidentale sulla Russia, si discute molto, nel mondo dei BRICS, della necessit di ridurre il ruolo
del dollaro come moneta di riserva e di fatturazione degli scambi internazionali, in un auspicato
processo generalizzato di de-dollarizzazione143. Comunque il sistema economico mondiale sembra
aprirsi a cambiamenti senza precedenti. La crescita delle economie asiatiche, dallIndia allIndonesia,
lascia intravedere lemergere di nuove monete che forse vorranno legarsi allo yen giapponese, per
compensare lo strapotere regionale del renmimbi e del dollaro. Queste dinamiche trascendono
lascesa della Cina ma, insieme ad essa, sottolineano come lordine finanziario mondiale incentrato
sul dollaro e sulle istituzioni economiche internazionali di Bretton Woods sia ormai anacronistico.
Negli ultimi 15 anni si assistito a una totale inerzia nella riforma delle organizzazioni fondamentali
del sistema monetario globale: FMI e BM144. Il paradosso che i BRICS, hanno solo il 12% dei diritti
di voto, di cui il 4,01% sono della Cina, pur rappresentando il 25,4% del Pil mondiale, di cui il 16,5
prodotto dalla Cina. Di fronte a questa disattenzione, i BRICS hanno deciso, nel luglio del 2014, di
creare proprie istituzioni economiche internazionali alternative, tra cui la NDB BRICS, allo scopo di
finanziare progetti infrastrutturali145. Dalla Cina partita liniziativa volta a creare istituzioni
alternative alla BM e al FMI. Sono i cinesi, con la loro Export and Import Bank, ad avere prestato, in
due anni, 670 miliardi di dollari a tassi convenienti, eclissando tutti i prestiti, garanzie e assicurazioni
fornite dalla EximBank statunitense negli 80 anni precedenti.
La Russia stata una forte sostenitrice della creazione di queste nuove istituzioni poich la
dipendenza dai mercati finanziari dominati dal dollaro sempre stata considerata da Vladimir Putin
un limite alla sovranit del Paese. Questaa dipendenza rappresentata soprattutto dallindebitamento
statale finanziato sui mercati esteri146. Ma il debito una posizione di debolezza per tutti ad eccezione
143

Vedi, a questo riguardo, quanto stato riportato nel paragrafo 3.2.


Il rifiuto del Congresso statunitense di ratificare le riforme proposte dal FMI sul sistema di governo mondiale delle
relazioni monetarie e della modalit di nomina dei direttori del FMI e della BM ha bloccato il processo.
145
I BRICS hanno creato anche il Contingency Reserve Arrangement (CRA), costituito dal 100 miliardi di monete di
riserva (versato per il 41% dalla Cina, per il 18% da Brasile, India e Russia e per il 5% dal SudAfrica), il cui uso previsto
in caso di crisi valutarie e problemi di bilancia dei pagamenti, con una funzione simile a quella del FMI.
146
Si ricorda che la prima amministrazione Putin ha ripagato tutto il debito estero ma, successivamente, durante il periodo
di grande crescita, stato il settore privato ad indebitarsi sui mercati internazionali. Tale indebitamento ha manifestato
144

84

degli Stati Uniti che hanno moneta di riserva. Nella crisi russa attuale, il problema si ripresentato in
tutta la sua gravit e questa volta viene affrontato allinterno di una strategia di pi ampio respiro che
ha come scopo quello di ridurre al minimo il dollaro nella economia russa (Ponomarenko, Solovyeva,
Vassilieva, 2011). Va tenuto presente che Mosca il maggior esportatore mondiale di gas e il secondo
di petrolio. Se il dollaro diminuisse nella fatturazione delle transazioni energetiche mondiali, ne
sarebbe intaccata la sua funzione di moneta veicolo degli scambi internazionali. Altra misura russa
la diminuzione della quantit di dollari nelle riserve, con il contemporaneo aumento della quantit di
oro detenuto dalla Banca centrale e dal Ministero del Tesoro 147. Con lattuale svalutazione del rublo,
Mosca tenta una politica di sostituzione delle importazioni (necessaria se si vuole una reindustrializzazione del paese), complementare alla de-dollarizzazione. Quella della Russia una
reazione difensiva alla pressione economica, politica e militare occidentale. Le sue scelte per mirano
anche a un cambiamento radicale delle relazioni economiche e monetarie internazionali, se analizzate
insieme alle strategie cinesi di espansione delluso dello renmimbi nelle transazioni economiche tra
paesi e delluso dei dollari delle proprie riserve ufficiali per finanziare Stati in difficolt finanziarie.
Lintero progetto BRICS di de-dollarizzazione, al quale la Russia sta dando notevole impulso con
laggravarsi della crisi ucraina, pu riuscire solo a due condizioni, che riguardano principalmente la
Cina: la prima la piena convertibilit del renmimbi, che probabilmente avverr nel futuro prossimo;
la seconda, di pi lungo periodo, la formazione di un grande mercato finanziario con titoli in moneta
cinese che possa rivaleggiare con quello dei titoli in dollari. Il mercato del debito americano vale circa
30 miliardi di dollari e il Tesoro statunitense emette mille miliardi di dollari ogni anno. La Cina non
ha un mercato del debito paragonabile e ci vorr molto tempo perch possa formarsi.
Nessuna moneta che oggi aspiri a prendere il posto del dollaro ha un mercato finanziario cos grande
e liquido come quello americano. noto, inoltre, che le storiche monete di riserva, sterlina e dollaro,
sono dependent path, cio durano molto tempo anche dopo che il loro ruolo si indebolito a causa di
cambiamenti nei rapporti economici reali (Eichengreen, Arnaud, Chitu, 2014). Lultima sostituzione
di una moneta di riserva con unaltra (dalla sterlina al dollaro), ha impiegato trentanni per realizzarsi,
con due guerre mondiali e la caduta dellimpero britannico. Il processo di de-dollarizzazione, se
avverr, richieder molto tempo, ma questo non scoraggia la dirigenza cinese impegnata in una lunga
e paziente marcia tesa a indebolire progressivamente il ruolo egemone del dollaro. Il processo
potrebbe essere accelerato da nuove crisi finanziarie, come quella del 2008, tuttaltro che improbabili
dal momento che non sono venute meno le circostanze che hanno dato origine alla crisi finanziaria
ed economica pi grave del dopoguerra.
7.3 Una nuova guerra delle valute
Nel 2015 si ampliata la guerra delle valute. Dopo il dollaro, la sterlina e lo yen, ora leuro si
svalutato rispetto al dollaro e la Cina non vuole essere da meno, mentre il rublo e le valute degli altri
paesi emergenti crollano. Chi pu cerca di guadagnare capacit competitiva verso lunico mercato
avanzato che cresce, quello statunitense.

tutta la sua pericolosit nella crisi del 2008, ma il problema della restituzione dei prestiti esteri stato risolto dai prestiti
in valuta da parte dello Stato russo, grazie al livello delle sue riserve in valuta estera.
147
Unulteriore misura adottata da Mosca lesclusione di imprese straniere dalle aste pubbliche.

85

La recente, anche se tardiva, decisione della BCE di usare il QE indica la volont di partecipare
attivamente all guerra delle valute con lintenzione di cambiare il destino delleuro come moneta
volutamente destinata alla sconfitta. Questa guerra, combattuta sulle piazze finanziarie e monetarie
del pianeta, in particolare dalle banche centrali, ma anche da operatori privati, ha prodotto danni
considerevoli alleconomia reale dei paesi coinvolti, talvolta pi gravi di quelli che avrebbe creato un
vero conflitto armato. Soprattutto, va ricordato che in passato alla guerra delle valute spesso seguita
la guerra guerreggiata. Infatti la guerra delle valute non un fenomeno nuovo. Basti pensare a cosa
successe negli anni 20 del secolo scorso quando venne abbandonato il gold standard appena
riadottato, dopo la parentesi bellica, al fine di consentire svalutazioni competitive della moneta
(beggar thy neighbour policy) con conseguente adozione di misure protezionistiche che gettarono i
paesi perdenti in una spirale di svalutazione e inflazione che avrebbe portato quegli Stati, al contempo
afflitti dalla necessit di ripagare i debiti di guerra, sullorlo della bancarotta. Oppure di generare
fenomeni di iperinflazione, come nella Repubblica di Weimar, dalla cui crisi nacque lascesa al potere
di Hitler e, nel giro di pochi anni, la seconda guerra mondiale. Memori di questi eventi nefasti, i
principali leader mondiali si sono ripromessi di non commettere gli stessi errori allindomani del
crollo di Lehman Brothers nel settembre 2008. Una crisi che aveva portato una parte delleconomia
mondiale al collasso, con cadute di Pil che, in alcuni casi, superavano il 6-7% in un solo anno (2009).
Nel G20 di Londra di quellanno, i capi delle grandi potenze avevano firmato la seguente
dichiarazione:
Condurremo tutte le nostre politiche economiche in modo cooperativo e responsabile
riguardo allimpatto su altri paesi e ci asterremo dalla svalutazione competitiva delle
nostre monete mentre promuoveremo un sistema monetario internazionale stabile e
benfunzionante.
Non si fatto nulla di tutto ci. Infatti una pericolosa postilla, aggiunta nei mesi successivi, riapriva
la guerra delle valute: se le politiche monetarie espansive (lo strumento attraverso il quale si combatte
la guerra delle valute) erano mirate al rinvigorimento delle economie nazionali, ed erano quindi
condotte per fini interni, e non per impoverire il vicino, allora tali manovre erano consentite. E
quandanche leffetto collaterale fosse stato quello dellindebolimento della valuta nazionale, tali
politiche non sarebbero state sanzionate dal G20 e dai suoi bracci operativi, come il FMI.
Durante la guerra fredda, si combattevano le proxi wars quando i due blocchi contendenti, guidati
da Stati Uniti e Unione Sovietica tendevano ad evitare lescalation che avrebbe portato alla guerra
calda (in quel caso al conflitto atomico), attraverso conflitti su terreni di battaglia diversi, tali da
evitare lo scontro diretto tra le superpotenze: Guerra di Corea (1950-53), del Congo (1960-65),
dellAfghanistan (1979-89), ecc. Ebbene, con le currency wars vietate dagli accordi del G20, molti
dei paesi membri hanno combattutto proxi currency wars su terreni diversi. Lo strumento scelto per
queste battaglie stato lespansione del bilancio delle rispettive banche centrali (Stati Uniti, Regno
Unito, Cina, Giappone e da ultima lEurozona). Infatti, quando il taglio dei tassi dinteresse giunge
a livello zero, il loro limite inferiore, la Banca Centrale pu procedere allacquisto di attivit tramite
operazioni di mercato aperto con un duplice scopo: 1. ripulire i bilanci delle banche da attivit in
sofferenza che assorbono capitale e non consentono lerogazione di nuovi crediti; 2. ridurre il
rendimento dei titoli a lunga scadenza facendone aumantare i corsi, che sono inversamente correlati.
Per finanziare questi acquisti massicci di attivit su larga scala, la banca centrale deve stampare
moneta in misura equivalente, i modo che i due lati del suo bilancio aumentino nella stessa misura.
86

Ma stampare moneta, facendo crescere linflazione interna equivale a ridurne il potere dacquisto e,
in regime di cambi flessibili, a svalutare la moneta rispetto alle altre. Lespansione del bilancio della
banca centrale diventa perci strumento di svalutazione del cambio ed equivale a una proxi currency
war (ammessa dal G20) della vera e propria currency war che invece illegittima.
I primi ad usare il QE, nel dicembre 2008, sono stati gli Stati Uniti, seguiti dalla Banca dInghilterra,
che hanno espanso il bilancio delle loro banche centrali che hanno portato alla svalutazione delle
rispettive monete e, nel caso degli Stati Uniti, al rilancio delleconomia senza ricorrere (per il fatto
di essere moneta di riserva) a quelle misure di austerit che hanno depresso soprattutto quelle della
periferia sud dellEuropa continentale148. Qui la differenza data dal fatto cruciale che Stati Uniti e
Regno Unito hanno conservato, al contrario dei paesi membri dellUEM, la sovranit monetaria.
Sebbene fosse stato il Giappone, il primo ad avvalersi del QE contro la crisi dei primi anni 90, questa
volta, dopo la crisi 2007-2009, giunto in ritardo alla guerra delle valute e ci ha fatto rivalutare lo
yen e accelerato la deflazione interna. A quel punto, nel 2013, i giapponesi hanno inaugurato il QqE
(Quantitative and qualitative Easing), che consistito in acquisti illimitati (open ended) di attivit
private e pubbliche, nellambito di unampia strategia di politica economica e finanziaria, nota come
Abenomics. Questa ha condotto alla svalutazione dello yen e, per compensazione, ad altre forme di
espansione monetaria da parte di altri paesi. La decisione di procedere con gli acquisti open ended
ha definitivamente spinto i tedeschi ad accettare di coinvolgere lEuropa nella guerra delle valute
anche perch la svalutazione dello yen aveva iniziato a minare la competitivit delle esportazioni
tedesche nei settori produttivi giapponesi. Va, tuttavia, considerato che la posizione cauta della
Bundesbank era dovuta alla situazione finanziaria debole dei PIIGS sotto attacco speculativo e alla
necessit di evitare il moral hazard149.
Nella guerra delle valute, per lungo tempo, lEurozona ha avuto il ruolo della sconfitta e si adattata,
per tre motivi ( difficile dire se con scelta autonoma od obbligata), a svolgere il ruolo di moneta
forte, agevolando cos il compito dei suoi temibili concorrenti (Stati Uniti, Regno Unito e Giappone):
1. il meccanismo di aggiustamento adottato dai paesi dellEurozona pi colpiti dalla crisi, i cosiddetti
PIIGS, era basato sulla svalutazione interna. Questi paesi si sono ritrovati al centro della seconda
crisi, quella delleuro, a causa del loro alto debito pubblico e privato, che aveva consentito uno
sviluppo dei consumi superiore alle loro disponibilit, a scapito delle loro esportazioni; questo
meccanismo ha riequilibrato le economie, con diversi gradi di intensit e di successo, portandole
quasi tutte a posizioni di avanzo commerciale ma le ha penalizzate particolarmente nei loro sistemi
di welfare; 2. il differenziale di espansione della politica monetaria europea, condizionata dal
possibile moral hazard dei PIIGS, che ha rafforzato leuro; 3. lerrore concettuale che lega la forza
di uneconomia a quella della sua valuta. Ma si deve considerare che, al tempo della crisi 2007-2009,
leuro era diventato solo parzialmente moneta di riserva, non godeva ancora di un signoraggio
paragonabile a quello del dollaro e, in assenza di una forza militare adeguata, la sua stabilit era la
sua unica speranza di raggiungerlo. La comparsa della deflazione e la minaccia di una spirale che
avrebbe minacciato anche la Germania, ha finalmente consentito anche alla BCE di cambiare
strategia. Leuro ha cos iniziato a deprezzarsi verso le altre valute dal maggio 2014 (30% in un anno
Leconomia inglese non ha, per, sperimentato lo stesso successodi quella statunitense. Il ribilanciamento
delleconomia atteso dalla svalutazione non si manifestato a favore delle esportazioni ma ha favorito linflazione e
contenuto la crescita. Sicch il Regno Unito stato costretto a sospendere lacquisto di titoli pubblici. Ne conseguita
una rivalutazione della sterlina che ha portato prima a un contenimento dellinflazione e poi alla ripresa della crescita.
149
I dati riportano che nellultimo anno lEurozona ha accumulato 320 miliardi di avanzo esterno, equivalente alleccesso
di risparmio esportato (280 miliardi la sola Germania), quasi quanto il Giappone e la Cina messi insieme.
148

87

rispetto al dollaro) e il 22 gennaio 2015 la BCE ha messo, con il QE, il sigillo al suo ingresso nella
guerra delle valute.
Ma questa guerra intrinsecamente globale perch tutti i paesi ne subiscono gli effetti. I Big Four si
sono dovuti attenere alle regole concordate nel G20, in quanto una violazione da parte loro,
chiaramente visibile agli occhi di tutti, avrebbe condotto in poco tempo a ben altro tipo di guerre. I
paesi pi piccoli non si fanno di questo scrupoli, sia perch non appartenenti al G20, sia perch hanno
il peg con una valuta potente, sia perch riescono a convincere gli altri che lintervento diretto sul
mercato dei cambi il modo pi efficace di perseguire gli obiettivi di politica economica interna. In
questo contesto vanno intese le varie forme di intervento diretto sul mercato dei cambi che hanno
caratterizzato un gran numero dei paesi del mondo, inclusa la Cina (Rosa, 2015).
La svalutazione del renmimbi viene vista anche come un modo di rianimare lexport cinese (anche
se aumentano i costi delle materie prime che riducono laumento dei consumi interni) e di accrescere
cos i capitali da investire allestero. Ma ai motivi gi espressi sulla inconsistenza di questa tesi si
aggiunge che questa manovra pu diventare un boomerang che induce svalutazioni competitive in
tutte le economie dellAsia di cui invece teme la concorrenza. Il messaggio che, pi probabilmente,
la Cina sta inviando al mondo del business che la lunga stagione dei cambi fissi (il peg con il dollaro)
finita e che nel suo futuro non ci sar un percorso di rialzo obbligato. Per Europa e Stati Uniti, il
rischio invece un altro stop nel recupero di produzione e dunque di creazione di nuovi posti di
lavoro. Vi sono due possibilit. O la Cina sta effettivamente attraversando una crisi di crescita che
cerca di compensare svalutando il renmimbi (ma le svalutazioni marginali finora assecondate non
rendono convincente questa lettura), oppure sta utilizzando questa leva, ritenendo di poter controllare
il dissenso interno, per indebolire ulteriormente lOccidente di cui vuole prendere il posto nella guida
del pianeta. Possiede infatti armi (popolazione, economia ancora in forte crescita, una grossa parte
del debito statunitense, una valuta internazionale) che lUnione Sovietica non aveva. Come lUnione
Sovietica poteva costringere la sua popolazione a rinunce di benessere individuale e famigliare (ma
in quel caso i sacrifici servivano ad investire nellindustria pesante prima e poi nellarmamento
nucleare per una guerra, che fortunatamente non mai scoppiata in modo conclamato e che
difficilmente avrebbe visto vincitori), la Cina ha imposto sacrifici eguali e maggiori alla sua
popolazione per combattere contro lOccidente una guerra per la supremazia che, in assenza di una
riforma del s.m.i., verr vinta da uno dei due contendenti. LOccidente pensa che la crisi cinese possa
sfociare in una crisi politica e non al fatto che i riflessi del rallentamento della crescita e della
svalutazione cinesi possano creare problemi significativi di consenso per i governi delle democrazie
che sono pi vulnerabili dei sistemi autoritari.
Che lOccidente parli di guerra valutaria cinese dopo le svalutazioni del 30% di euro e yen fuori
luogo. Tuttavia, come allinizio degli anni 70, quando croll il sistema di Bretton Woods, si
riaperto, tra gli studiosi, il dibattito sullegemonia del dollaro che allora aveva come protagonista la
Francia di Charles De Gaulle, critico dellesorbitante privilegio del dollaro. Recentemente questo
ruolo stato ripreso da Zhao Xechouan, governatore della BPC, che ha messo in evidenza le ragioni
di instabilit legate alluso egemone di una valuta internazionale e quindi lopportunit di sostituirla
con una paniere di valute rappresentate dai DSP. Oggi lEuropa non pi minacciata dallUnione
Sovietica, anche se la crisi dei debiti sovrani lha indebolita, e la Cina, nuova protagonista
delleconomia mondiale, non alleata, bens avversaria degli Stati Uniti, con mire egemoniche in
Asia orientale e non solo. Ci ha mutato gli equilibri di potere sul s.m.i. La Cina, insieme agli altri
BRICS, accusa gli Stati Uniti di aver manipolato il valore del dollaro attraverso il QE e non
88

accetterebbe un accordo del Plaza per la rivalutazione del renmimbi, come invece fece il Giappone
con lo yen nel 1985. In questo contesto di guerra delle valute potrebbe riemergere il protezionismo.
Quando si voluto incoraggiare la Cina ad abbandonare la sua politica di tasso fisso con il dollaro e
di permettere un rivalutazione della sua moneta, senza per questo danneggiare le proprie esportazioni,
si ricordato che, nel periodo successivo al 1961, quando la Germania rivalut il marco, la sua
posizione nei confronti con l'estero non mut e le sue esportazioni non ne furono danneggiate in
maniera sensibile (Obstfeld, 2007). Ma la forza delle valute pu avere come riferimento due diverse
forme di competitivit: di prezzo e tecnologica. Quella tedesca degli anni 60 era basata sulla
tecnologia, quella cinese attuale ancora sui bassi salari.
La svalutazione del renmimbi, lincertezza del FMI sullingresso del renmimbi tra le valute di
riserva, quella della Fed sul rialzo dei suoi tassi d'interesse, alla luce del rallentamento cinese e della
crisi che ha colpito gli altri paesi emergenti150, sono state tre facce di uno stesso problema: le maggiori
tensioni economiche globali oggi ruotano attorno alle difficolt associate alla transizione
delleconomia cinese dalla seconda alla terza rivoluzione industriale. La sindrome cinese chiude
unera per tutti e preoccupa la Fed. La Cina ha dimostrato di avere un tale peso nell'economia
mondiale da condizionare la politica monetaria degli Stati Uniti per timore di innescare una nuova
recessione. Il rallentamento cinese infatti sta contagiando vaste aree dell'economia mondiale. Il
pericolo una fuga ancor pi forte dei fondi dai paesi emergenti con possibile tempesta finanziaria
attraverso una crisi del sistema creditizio mondiale151. Gli Stati Uniti stanno importando deflazione
dallestero, attraverso la continua discesa del prezzo del petrolio, che penalizza i paesi produttori, e
la riduzione dei prezzi delle importazioni per effetto diretto del rafforzamento del dollaro.
Contemporaneamente la ripresa in Europa e in Giappone ancora insufficiente, soprattutto per
risolvere i problemi del debito pubblico e della disoccupazione.
Alla fine, il rialzo dei tassi, anche se rinviato di un trimestre, ha avuto luogo comunque perch gli
Stati Uniti hanno voluto mantenere la credibilit dei loro annunci e mostrare di non essere
condizionati dai cicli economici dei BRICS. La rivalutazione delle divise del Regno Unito e degli
Stati Uniti stata intensa e potrebbe continuare insieme ad ulteriori rialzi dei tassi dinteresse
statunitensi. In uneconomia globale cos debole, il rafforzamento del dollaro penalizza lexport
statunitense, ponendo unipoteca anche sullattuale ripresa. Per questo gli investitori sono ancora alla
ricerca di sicurezza. Il dato eclatante che sulla scena mondiale i governi latitano, ad eccezione di
quello cinese che ha usato tre strumenti classici della politica monetaria: svalutazione del cambio,
riduzione dei tassi dinteresse, aumento della liquidit attraverso labbassamento del coefficiente di
riserva obbligatoria. Per gli altri paesi ci sono solo i banchieri centrali a svolgere un ruolo di
supplenza. La Public Choice direbbe, con grande sconforto della democrazia, perch non sono eletti.

150
Quasi mille miliardi di dollari di capitali hanno abbandonato i paesi emergenti nel corso del 2015. Si riaffaccia
all'orizzonte lo spettro di default sovrani, tanto pi che le riserve valutarie accumulate dai paesi emergenti si stanno
assottigliando.

151

Solo nel primo trimestre 2015, fondi per 109 miliardi di dollari hanno abbandonato la Cina. Era dal 1988 che i paesi
emergenti non subivano una fuga dei capitali come quella che sta avvenendo. Nellultimo decennio erano stati loro a
salvare leconomia mondiale, trainando la crescita. Adesso il FMI stima che nel corso del 2015 mille miliardi di dollari
avranno lasciato le economie emergenti per tornare verso istituzioni pi stabili, se non pi sicure. Un segnale di di questa
paura viene dal tasso zero sui Treasury Bond statunitensi a tre mesi. Ed sconcertante che ci avvenga nellimminenza
di un rialzo dei tassi dinteresse che si trasmetter agli altri titoli emessi in dollari e che potrebbe comportare perdite in
conto capitale.

89

Comunque, la decisione della Fed per laumento dei tassi si pone per la prima volta, dopo molti anni,
su un percorso divergente con la BCE che annuncia ulteriori politiche monetarie espansive in Europa.
Questa divergenza dovrebbe indebolire ulteriormente leuro favorendo le esportazioni europee, anche
se le monete dei paesi emergenti continuano a deprezzarsi e la Cina, dopo lingresso nelle top five,
potrebbe decidere di continuare a tagliare i tassi e a svalutare il renmimbi, mentre il Giappone
annuncia un ulteriore round di QE. Infine, nel contesto della guerra delle valute una speciale
attenzione merita la fluttuazione sporca adottata dalla Russia verso un paniere di monete, ma che tutti
misurano tramite il tasso di cambio dollaro-rublo. Il crollo del prezzo del petrolio, su cui si basa
leconomia russa, e le sanzioni comminate dallOccidente per lannessione della Crimea e per la crisi
ucraina hanno condotto la Russia a una combinazione rischiosa di contrazione economica e alta
inflazione che ha portato il rublo a svalutarsi. Questo non n un segnale positivo, n un obiettivo di
politica economica, ma un fattore geopolitico determinante. Il caso russo ricorda da vicino quanto
labile sia il confine tra le guerre delle valute combattute sui mercati valutari e quelle reali ingaggiate
sui campi di battaglia.

8. Le ipotesi di riforma per un sistema monetario internazionale multivalutario


8.1 La stagnazione secolare
Leconomia mondiale rallenta. Si teme un periodo di crescita inferiore al trend storico e un
cambiamento che trasforma lintero sistema di sviluppo mondiale 152. La globalizzazione, che venti
anni fa era il modello unico e irreversibile ha rallentato il suo ritmo. Il commercio mondiale non
cresce a causa del rallentamento della crescita cinese e della crisi economica in molti degli altri paesi
emergenti. Il web muta la sua natura aperta ed sempre meno universale153. Ci rischia di dare inizio
a un periodo di stagnazione secolare mondiale colpendo soprattutto le economie che hanno scelto il
modello export led. I modelli di sviluppo cambiano anche per la transizione dalla produzione di beni
a quella di servizi invisibili: istruzione, sanit, finanza, turismo che ovviamente consumano meno
materie prime e quindi riducono le importazioni. Anche a questo processo, oltre che alle guerre civili,
sono dovuti gli spostamenti migratori eccezionali da Sud verso Nord e da Est ad Ovest. La TPP
denuncia il cambiamento dal modello universale di globalizzazione della WTO a favore degli accordi
regionali che consentono di difendere valori e possono essere usati contro qualcuno attraverso
conventio ad escludendum (contro la Cina ad esempio che stata esclusa dal TPP o contro gli Stati
Uniti esclusi dallAIIB e dalla Export and Import Bank). Si tratta di club cui si accede dietro invito.
Dal flat world di Thomas Friedman (2005), si scivola verso un mondo dove si stanno ricostituendo
barriere invisibili che trovano una spiegazione convincente nella difesa delle identit culturali
minacciate dalla globalizzazione.

A dare l'annuncio, nellottobre 2015, al vertice G20 di Lima, stata la direttrice del FMI, Christine Lagarde. La crescita
globale nel 2015 sar pi debole del 2014con una modesta accelerazione nel 2016.
153
Internet si sta trasformando lentamente in tanti Intranet suddivisi per aree geografiche. Questo processo iniziato nei
paesi autoritari come Cina, Russia e Iran, ma ora anche tra Europa e Stati Uniti, e al loro interno, aumentano gli ostacoli
allo scambio di informazioni. Linvoluzione stata accelerata dalle rivelazioni di Julian Assange e di Edward Snowden,
e di fatto sta cambiando la natura della Rete.
152

90

Le prospettive di medio termine per la crescita globale sono pi deboli, la stabilit finanziaria ancora
un miraggio e sulla ripresa economica pesano la bassa produttivit, l'indebitamento degli stati sovrani,
l'invecchiamento della popolazione, il rallentamento della Cina, le turbolenze sui mercati finanziari e
i rischi elevati nei paesi emergenti. Per alcuni analisti, la situazione appare simile a quella della crisi
del 2008: una forte crescita degli investimenti finanziari a fronte di un rallentamento dell'economia
reale. Gli economisti la definiscono stagnazione secolare. Larry Summers la annunci ai primi di
novembre del 2013, in occasione dellForum economico del FMI. Lo studioso era preoccupato dal
fatto che, al di l dello scoppio della bolla finanziaria-immobiliare e della successiva crisi economica,
fosse in atto una tendenza verso una semi-stagnazione prolungata, con crescita debole e
disoccupazione alta. Leconomista che aveva coniato il termine era stato Alvin Hansen, il pi
importante diffusore, negli Stati Uniti, delle idee formulate da Keynes nella Teoria Generale. Dopo
un iniziale scetticismo, Hansen matur una comprensione profonda del mutamento di paradigma
prodotto da Keynes, influenzando molti giovani economisti, tra cui Paul Samuelson e James Tobin.
La paura di una tendenza strutturale alla stagnazione era dovuta alla preoccupazione di una
insufficiente dinamica della domanda di consumi che avrebbe causato una fase depressiva, una volta
finita la seconda guerra mondiale e la formidabile mobilitazione della capacit produttiva che la
seconda guerra mondiale aveva comportato. La preoccupazione di Hansen si dimostr infondata, e il
termine stesso di stagnazione scomparve nel mainstream economico, ripreso solo da studiosi marxisti
(alla Luxemburg) come Paul Sweezy. Tuttavia in Europa alcuni economisti cercarono di superare
laspetto debole dellimpostazione di Hansen, spostando laccento dalla caduta della propensione al
consumo al rallentamento degli investimenti, dovuto al comportamento delle grandi imprese
oligopolistiche. Joseph Schumpeter, Michal Kalecki, Josef Steindl e Paolo Sylos Labini svilupparono
analisi molto rilevanti a questo riguardo, che non riscossero molta attenzione, anche perch gli anni
del dopoguerra furono anni di crescita alta e sostenuta. Le analisi di questi economisti avevano una
caratteristica comune: si concentravano sul settore reale delleconomia, la distribuzione del reddito,
la struttura oligopolistica della produzione. Nei loro modelli mancavano la moneta e il credito, i tassi
dinteresse e le banche. Anche prescindendo dalla recente crisi finanziaria, se guardiamo al ventennio
perduto del Giappone, si vede che i debiti delle banche, limpossibilit di far scendere sotto zero i
tassi dinteresse e la deflazione che fa aumentare i tassi reali, sono stati fenomeni fondamentali nel
determinare la lunga stagnazione nipponica.
Lambiente economico statunitense e mondiale cambiato nel corso della crisi e ci emerge dalle
misure prese per contrastarla. Ben Bernanke ha ridotto il tasso dinteresse della Fed a zero. Lo ha
tenuto a quel livello, e Janet Yellen ha persistito nella nuova politica monetaria. Leconomia
americana ha mostrato di saper reagire a uno stimolo tanto drastico, portando il suo livello di crescita
a una ripresa tollerabile. Lo stimolo monetario riuscito a muovere i prezzi, ma essi hanno mostrato
una particolare riluttanza ad accelerare. Secondo molti esperti, la curva di Phillips tra le vittime
illustri della drastica congiuntura interna e internazionale. Linflazione in qualche misura tornata
negli Stati Uniti, ma non sembra essere ancora correlata con la caduta della disoccupazione, come
vorrebbe la teoria. Lultima volta che la Fed alz i tassi, nel giugno 2006, linflazione si aggirava
intorno al 4%, il doppio della velocit desiderata. Se i prezzi oggi non salgono, il motivo principale
nei postumi della crisi dei mutui sub-prime. Inondando gli Stati Uniti e il resto del mondo di liquidit
e tenendo il costo del credito a livelli eccezionalmente bassi, la Fed ha cercato piuttosto di stimolare
linflazione. Ma questa tarda a manifestarsi per altre ragioni: leffetto deflattivo della Cina ma anche
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dei cambiamenti strutturali che possono prefigurare una stagnazione secolare. La disoccupazione
ufficiale scesa al 5% negli Stati Uniti un buon risultato (soprattutto se si paragona a quello europeo).
Tuttavia esso non tiene conto di una fascia di popolazione che ha smesso di cercare lavoro o che deve
accontentarsi di impieghi part-time con cui non guadagna abbastanza. Infine c il mistero dei salari
che salgono poco, perfino in questa situazione di pieno impiego anche perch i rapporti di forza
capitale-lavoro e i livelli di sindacalizzazione della manodopera sono ai minimi storici. Per questo
gli economisti keynesiani avevano chiesto il rinvio del rialzo dei tassi finch i lavoratori non avessero
recuperato potere negoziale.
Stanley Fischer ha affermato che la curva torner in auge, ma nella Fed si confrontano due visioni.
Fischer difende la versione neoclassica che cerca di far convivere la nuova economia keynesiana con
la teoria basata sulla scarsit. Lo stimolo monetario riesce a far aumentare la domanda di lavoro ma
mette in moto la spirale inflattiva. Yellen convinta che lo stimolo monetario deve muovere il
mercato del lavoro modificato da due decenni di rivoluzioni tecnologiche. Lofferta di manodopera
femminile aumentata e la tecnologia ha messo a disposizione delle imprese la possibilit di creare
domanda senza impegnare lavoratori a tempo pieno. Quindi unenorme espansione di lavori a mezzo
tempo, pagati molto meno rispetto ai good jobs che offrono copertura sanitaria e pensione. La
crescita dei paesi emergenti come fornitori di beni a prezzi competitivi ha continuato a distruggere
interi settori delleconomia e i lavori di buona qualit che essi offrivano. Il fenomeno si espande a
macchia dolio. Yellen sa benissimo che tra i lavoratori americani ce ne sono molti scoraggiati. Di
fronte a queste modifiche strutturali, avrebbe dovuto mantenere il costo del denaro il pi basso
possibile mentre, a livello internazionale, la domanda di fondi prestabili resta bassa. Lassenza della
curva di Phillips di breve periodo lha spinta, fino al gennaio 2016, a rinviare il rialzo dei tassi.
Tuttavia, mentre leconomia americana rimasta stagnante, nessuno ha osato rilanciare le ricette
neoclassiche. Dove esse sono restate sono le economie europee depresse da una domanda interna
debole e spinte a crescere solo mediante le esportazioni per difendersi dalla speculazione sui mercati
finanziari. Inariditesi queste con il rallentamento della Cina e delle economie emergenti legate ad
essa, si messa in evidenza lincapacit di generare una domanda globale sufficiente. La rinnovata
fiducia sullefficacia della politica economica ha portato al salvataggio delle banche ma non ha
scalfito le prassi dei mercati finanziari che hanno portato alla crisi. Confrontando i modelli
statunitense ed europeo emerge che il primo crea domanda di lavoro, nonostante la rivoluzione
tecnologica occorsa e linvasione delle merci prodotte nei paesi a salari bassi. Se questo processo si
interrompe, Yellen, che emette moneta di riserva, pu invertire la politica della Fed. Anche la BCE
si mossa per spingere finalmente verso il basso i tassi dinteresse e il tasso di cambio delleuro
offrendo liquidit ai mercati. Ha potuto farlo, nonostante le regole del trattato europeo, per la minore
resistenza di banchieri ed economisti tedeschi alle politiche espansive proposte da Mario Draghi. Ma,
come egli ha spesso ripetuto la politica monetaria non pu fa riprendere la crescita in mancanza delle
riforme necessarie a riacquistare la competitivit di prezzo ora che gli spazi di quella tecnologica si
sono ridotti. La crescente globalizzazione del mercato del lavoro ha indebolito le forze che
motivavano la curva di Phillips di breve periodo ponendo le economie avanzate, e soprattutto quelle
che hanno perso la sovranit monetaria, dinanzi alle tesi del ciclo puro delleconomia in cui le uniche
politiche efficaci sono quelle indirizzate al mercato del lavoro. Il problema della disoccupazione
sempre meno sensibile alle politiche monetarie e fiscali perch ha una forte componente strutturale.
Questa considerazione riporta alle conclusioni delle recenti conferenze di Boston e di Londra gi
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ricordate e fa comprendere la necessit e limportanza della crescita della produttivit in Europa. Il


rischio che essa invece venga influenzata negativamente da diversi fattori, tra i quali: i rendimenti
decrescenti nellattivit di ricerca, un pi basso contributo delle ore lavorate, a causa del
pensionamento dei baby boomers, la stagnazione del capitale umano (se gli anni di formazione e di
esperienza di lavoro rimangono costanti a causa del costo crescente dellistruzione universitaria),
lindebolimento della dinamica endogena del progresso tecnico.
Dal lato monetario, le spiegazioni della difficolt di uscire dalla stagnazione non sono mancate: basti
pensare alla trappola della liquidit di Keynes. Unaltra spiegazione era stata elaborata da Don
Patinkin, che aveva ripreso la distinzione di Kurt Wicksell tra tasso di interesse naturale e tasso
monetario. A questa impostazione hanno fatto riferimento sia Krugman che Summers nel dibattito
sulla stagnazione secolare: il problema che i tassi dinteresse hanno un floor (zero) sotto il quale
non possono scendere. Ma per unanalisi completa delle tendenze stagnazioniste, sarebbe stato
necessario tener conto sia delleconomia reale che della moneta. Questa considerazione spesso manca
anche nelle analisi critiche dellausterit fiscale europea, sebbene ogni buon rimedio vada
somministrato con misura e lungimiranza. Sotto la leadership tedesca, la direzione della correlazione
tra la crisi finanziaria e la crescita dei debiti pubblici in Europa stato capovolto. Questo il motivo
che ha portato al paradosso non keynesiano favorito dalle agenzie di rating con i loro downgrading
consecutivi dei debiti sovrani. Per luscita dalla recessione, lunica strada indicata stata quella di
ridurre i deficit pubblici, in particolare nei PIIGS ma, al contrario dellinflazione, la deflazione
penalizza i debiti sovrani. In un saggio recente, Kaushik Basu e Joseph Stiglitz (2013) hanno mostrato
come la scelta cooperativa nella gestione di un debito sia conveniente sia al soggetto che si indebita
che al suo partner, cio ad un altro soggetto legato al primo da rapporti economici di vario tipo (tra
cui avere una moneta comune). Il lavoro in questione teorico, ma il riferimento alleuro e alla
Germania esplicito.
Altri studi recenti ipotizzano che leconomia statunitense possa tornare a una fase di stagnazione
secolare nel senso che incapace di espandere il suo reddito potenziale nonostante sia il paese che
stato sulla frontiera tecnologica dallinizio del secolo scorso e notano che il Pil pro-capite, essendo
una misura riferita alla famiglia media, trascura il fatto che il reddito stia gi stagnando da quasi 30
anni per il 99% delle famiglie americane (quelle il cui reddito inferiore al 99.mo percentile nella
distribuzione del reddito) e potr crescere in futuro solo dello 0.6% (Byrne et al., 2013). Infine,
laumento della diseguaglianza fa aumentare il tasso di risparmio e mantiene bassi i tassi dinteresse.
Di fatto, congetture pessimistiche sono state formulate in passato dopo tutte le recessioni pi
profonde. Tali congetture si sono poi dimostrate fallaci non perch costruite sulla base di teorie
erronee o dati incompleti, n per le difficolt di prevedere lintroduzione di nuove tecnologie, ma
perch avevano sottovalutato le potenzialit delle tecnologie gi esistenti. Leconomia mondiale in
una fase molto diversa rispetto al periodo successivo alla seconda guerra mondiale, in cui la fine del
protezionismo, l'apertura delle frontiere, l'entrata delle donne nel mondo del lavoro, l'innalzamento
del livello d'istruzione, l'espansione dell'indebitamento delle famiglie, lo sviluppo tecnologico e la
fiducia nel futuro sono state leve fondamentali per la crescita economica dei paesi avanzati in quegli
anni. Oggi, invece, le sfide sono poste da un importante rallentamento di due fattori chiave: quello
demografico, che comprime i consumi, e quello tecnologico, che comprime gli investimenti e
loccupazione. A questi si accompagnano la stagnazione dei salari, l'indebitamento dei governi, la
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deflazione e una crisi di fiducia collettiva che danno vita al circolo vizioso della crisi economica, in
una spirale negativa che si autoalimenta.
Secondo Keynes, all'origine di ogni crisi economica c' una carenza di domanda. E proprio la
depressione della domanda globale, la sovrapproduzione, il crollo dei prezzi delle materie prime
esportate dai paesi emergenti colpiti duramente dal rallentamento dell'economia cinese, la deflazione
sono alla base della stagnazione secolare che stiamo vivendo. Per affrontare una crisi da domanda
bisogna ripartire dai consumi e dagli investimenti. Ma al tempo di Keynes, alla fine del periodo della
finanza neutrale, i debiti sovrani erano marginali e la politica di bilancio aveva possibilit ben diverse
da quelle odierne. Con questa consapevolezza, una strategia lungimirante deve far conto su una
politica industriale efficace senza dimenticare l'importanza di una pi equa distribuzione della
ricchezza sociale, che consenta appunto di rilanciare sia gli investimenti che i consumi (Romagnoli,
2014).
La crescita dellEurozona negli ultimi anni stata molto bassa e non se ne prevede una rapida
accelerazione. Il motivo, secondo Summers (2014a), che gi ben prima della crisi 2007-2009 il
modello di crescita dei paesi dellOCSE era insostenibile, in quanto basato sulla finanza e sul debito:
purtroppo, chiaro che la difficolt emersa negli ultimi anni quanto al raggiungimento
di una crescita adeguata era gi presente da molto tempo, ma era stata occultata da una
finanziarizzazione insostenibile.
Successivamente, Stiglitz (2014), che ha sostenuto la stessa tesi ha osservato:
Il punto che sollevai mezzo secolo fa era che fondamentalmente leconomia americana
era malata gi prima della crisi: stata solo una bolla immobiliare, creata attraverso una
regolamentazione lassista e bassi tassi di interesse, a far sembrare leconomia robusta.
Sotto la superficie si nascondevano numerosi problemi: una crescente disuguaglianza,
unevidente necessit di riforme strutturali (per passare da uneconomia basata sul
manifatturiero ai servizi e per adattarsi ai nuovi vantaggi comparativi globali), squilibri
globali persistenti e un sistema finanziario pi concentrato a speculare che a fare
investimenti finalizzati a creare posti di lavoro, aumentare la produttivit e reimpiegare i
surplus per massimizzare i rendimenti sociali.
L'economia dei paesi ricchi presentava inequivocabili sintomi di malessere, perch cresceva solo
grazie a grandi stimoli monetari, all'indebitamento pubblico e privato e al gonfiarsi di bolle
speculative. La secular stagnation di cui parla Summers (2014b) potrebbe non essere solo una
congiuntura negativa, ma diventare lo stato normale dell'economia mondiale. In sintesi la crescita
bassa e ha bisogno di essere drogata finanziariamente, con la certezza di alimentare bolle speculative
(Teulings, Baldwin, 2014). Si tratta di un processo decisivo per i paesi a capitalismo maturo dagli
anni 80 in poi. La cosiddetta finanziarizzazione ha avuto una triplice funzione: 1. mitigare le
conseguenze della riduzione dei redditi dei lavoratori; 2. allontanare nel tempo lo scoppio della crisi
da sovrapproduzione nellindustria; 3. fornire al capitale, in crisi di valorizzazione nel settore
industriale, alternative dinvestimento a elevata redditivit. In questo modo essa ha rallentato e per
alcuni anni invertito la tendenza alla caduta dei profitti. Oggi, con la crescita mondiale in fase di
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decelerazione, potrebbe prospettarsi una stagnazione secolare che, tuttavia, i paesi avanzati
potrebbero evitare se volessero guardare alla disoccupazione e alla domanda inespressa del resto del
mondo in via di sviluppo che stenta a raggiungere standard di vita dignitosi nel rispetto dei diritti
economici e del lavoro delle persone previsti dalla Dichiarazione dei diritti delluomo del 1948. Ma
si preferisce non affrontare il problema della domanda nozionale di beni e servizi di molti paesi
dellAfrica e dellAmerica Latina.
Il rallentamento economico cinese ha innescato il timore di un contagio non solo nei paesi produttori
di materie prime, ma in tutte le economie avanzate. I nuovi posti di lavoro inferiori alle attese negli
Stati Uniti, laumento annunciato del QE europeo, la deflazione in Giappone, rafforzano i timori di
una stagnazione. Il problema noto come saving glut: un eccesso di risparmio nel mondo, indice di
una persistente carenza di consumi che fa temere un periodo di crescita inferiore al trend storico. La
sua soluzione, a differenza di quanto fatto finora, non va per trovata in unulteriore
finanziarizzazione delleconomia mondiale bens in investimenti mirati a soddisfare i bisogni
fondamentali delle popolazioni in via di sviluppo. Finora questa stata la politica economica
internazionale della Cina, anche se finalizzata in primis alle proprie necessit. Ci vale soprattutto
per i paesi che hanno fatto conto sullexport cinese nellillusione che il suo ritmo elevato di crescita
fosse eterno: non solo i produttori di materie prime, come lAustralia o molti paesi dellAfrica e del
Sud-America, ma anche le numerose nazioni asiatiche che hanno sacrificato i consumi alle
esportazioni, ripercorrendo i modelli tedesco e giapponese del secondo dopoguerra: Corea del Sud,
Taiwan, Malesia, Singapore. Questa strategia potrebbe essere d'aiuto nella lotta globale contro la
deflazione, anche se trasmette incertezza a tutte le economie emergenti che competono o
commerciano sugli stessi mercati dei produttori cinesi man mano che cresce la divergenza tra le
politiche monetarie delle diverse aree del mondo. possibile tuttavia che gli investitori interpretino
nel modo sbagliato gli obiettivi delle autorit cinesi. L'interesse di Pechino pu essere semplicemente
quello della trasformazione dell'economia cinese da fabbrica globale a struttura pi bilanciata sui
servizi. Il fatto che di recente il FMI abbia incluso il renminbi nel paniere dei DSP un
riconoscimento alla ricerca di maggiore stabilit economica e finanziaria da parte di Pechino.
Naturalmente non c' garanzia che la razionalit del disegno politico prevalga sulla paura dei mercati.
Ma, se la Cina ha creato i presupposti per la riconversione nel tempo da investimenti ed export ai
consumi interni, gli altri paesi sono impreparati a questo cambiamento di modello, non potendo
riconvertire in tempi brevi la loro struttura produttiva finalizzandola ai consumi interni (Romagnoli,
1979): ne sono prova i provvedimenti eccezionali, quanto inefficaci del governo Abe (che per si
confronta con la crisi demografica) o la crisi sociale in Brasile che per esporta materie prime. Gli
Stati Uniti e il Regno Unito hanno affrontato questo problema appena si presentato, e hanno
aumentato la spesa pubblica per compensare il calo dei consumi lasciando che i deficit raggiungessero
livelli record (il 12,8% del Pil nel 2009 negli Stati Uniti). Le loro banche centrali e le Agenzie
governative hanno azzerato i tassi dinteresse e acquistato i mutui dei cittadini, evitando che lo
scoppio della bolla immobiliare li travolgesse. Contrariamente al resto del mondo, hanno poi
importato il risparmio estero per evitare di comprimere i consumi interni e finanziare la spesa
pubblica, sfruttando, a proprio vantaggio, il saving glut mondiale. Negli ultimi 12 mesi il deficit degli
Stati Uniti e del Regno Unito (580 miliardi di dollari), ha assorbito quasi per intero lavanzo di tutta
lAsia, Cina e Giappone compresi. LAsia ha cos risparmiato per finanziare i consumatori
statunitensi e britannici. Si osserva, tuttavia che se i paesi privi di sovranit monetaria seguissero
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lesempio statunitense i mercati finanziari innalzerebbero in modo esponenziale gli spread sui
rendimenti dei loro titoli di debito. Anche per questo, i PIIGS, spinti dallEurozona a guida tedesca,
hanno seguito un modello simile a quello asiatico (compressione dei consumi interni e taglio della
spesa pubblica per aumentare lexport). Solo la BCE ha varato recentemente una politica monetaria
espansiva, ma con sensibile ritardo rispetto alla Fed. Da prima della crisi, lEurozona-12 cresciuta
cumulativamente di appena lo 0,5%, ma il contributo alla crescita della domanda esterna stata, nel
periodo, di 2,8%; con la sola domanda interna lEurozona sarebbe ancora 2,3% sotto il Pil di sette
anni fa. Il problema della mancata crescita della domanda mondiale non quindi dato soltanto dal
rallentamento cinese ma anche dalla stagnazione dellEurozona.
Il pensiero neo-keynesiano di Larry Summers e Paul Krugman invita a guardare il mondo in modo
diverso. Non c un eccesso di liquidit in senso assoluto ma relativo: cio solo se commisurato alle
opportunit di investimento. Questo uno degli aspetti della stagnazione secolare. Per un complesso
di ragioni: fine della crescita demografica, insufficiente progresso tecnologico, se misurato sulla
produttivit umana, il mondo sta generando una crescita modesta. Di conseguenza molte capacit
produttive restano inutilizzate: anzitutto il capitale umano. Leccesso di risparmio e di liquidit
verrebbe assorbito se soltanto si riuscisse a creare investimenti giusti. Un esempio da seguire per
impiegare questa capacit inutilizzata e dare opportunit di lavoro quello della politica cinese in
Africa e in America Latina. Invece alcuni paesi stanno pensando di farlo producendo armamenti,
richiamando cos le infauste esperienze europee del secolo scorso: durante la crisi 1907-1913 che
precedette la Prima Guerra mondiale e durante la crisi 1929-1933, che venne superata solo con le
spese per le armi al di qua e al di l dellAtlantico. Secondo questi economisti, i responsabili veri di
questo eccesso di risparmio sono Germania, Cina e Giappone che continuano ad accumulare surplus
di bilancia dei pagamenti. Raccogliendo una nota convinzione di Keynes, alla radice ci sarebbe uno
squilibrio (la sobriet dei consumi), non una virt. Chi esporta troppo e importa troppo poco segue
un modello economico di basso investimento rispetto alle potenzialit. E invece, alla base della
stagnazione secolare, c un mondo ricco che si gira dallaltra parte davanti a quello povero.
Nelle conclusioni di Summers e di Stiglitz si pu leggere linvito, eticamente discutibile,
allEuropa affinch segua lesempio degli Stati Uniti che rimediano al saving glut. LEuropa potrebbe
decidere congiuntamente di intraprendere una politica economica concentrata su tagli coordinati delle
imposte per spingere i consumi interni, cofinanziandoli importando una parte delleccesso di
risparmio del resto del mondo tramite un deficit esterno. Tuttavia, si esporrebbe cos alle critiche gi
rilevate per la politica economica internazionale degli Stati Uniti. Ma, seppure si vuole prescindere
dal fatto che leuro in crisi non pu considerarsi unalternativa al dollaro come moneta di riserva, si
ricorda che da questa politica si sono generate le masse speculative in cerca di occasioni, a volte finite
in Grecia (dove nacque la bolla Euro-Sud dopo la creazione della moneta unica), altre volte in piazze
pi esotiche come il Brasile.
Una determinante importante della stagnazione secolare data dalla dimensione dei debiti
sovrani154. I paesi con i maggiori debiti pubblici in rapporto al PIL sono, in linea di massima, i paesi
pi benestanti (Stati Uniti, Giappone, Canada, paesi dell'Europa occidentale), per cui si pu affermare

154

Il debito pubblico del mondo, ovvero la somma del debito pubblico dei singoli paesi, espresso in dollari, si aggirava
gi su 150.000 miliardi di dollari nel 2011.

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che parte del loro sviluppo economico e del loro benessere finanziata dal resto del mondo155. Dal
G20 di Lima di ottobre 2015 emerso che i paesi emergenti hanno debiti per 3000 miliardi di dollari.
A differenza delle due ultime ondate di default, quelle degli anni 80 in America Latina e degli anni
90 nel Sud-Est asiatico, ora liperindebitamento riguarda soprattutto il settore privato, ma non per
questo meno preoccupante. Se falliscono le grandi conglomerate private nei paesi emergenti, vi
saranno ripercussioni ovunque, a cominciare dalle finanze pubbliche di quei paesi. Nella sola Cina,
il 25% dei debiti delle grandi aziende a rischio. Altrettanto accade in Brasile, in Russia e cos via. I
loro eventuali default influenzerebbero prima i deficit pubblici di questi paesi e poi le nostre Borse.
Infatti, molti fondi comuni dinvestimento statunitensi ed europei si sono esposti con titoli derivati
nelle piazze finanziarie esotiche.
Per la Cina, la strategia aperta. Il governo sembra deciso ad affrontare i tre principali aspetti che
ostacolano il mantenimento dei ritmi di crescita: 1. landamento demografico, con il superamento
della politica del figlio unico; 2. la globalizzazione, con lintento programmatico di aprirsi a un
movimento dei capitali pi liberalizzato e di gestirlo attraverso lAIIB, il NDB BRICS, la Export and
Import Bank e le-commerce; 3. le riforme, con le promesse di maggiori coperture pubbliche dei rischi
della salute e della vecchiaia. Va osservato che il rallentamento cinese contribuisce a portare il resto
del mondo alla stagnazione secolare mentre la posizione della Cina, la cui economia continua
nondimeno a crescere a ritmi elevati, destinata ad aumentare la sua distanza dal resto del mondo, ad
eccezione dellIndia, a partire dal suo antagonista planetario, ovvero gli Stati Uniti. Per gli altri paesi
emergenti, nellimmediato, oltre alla riduzione delle importazioni cinesi, agiscono a contenerne la
crescita, la riduzione dei prezzi delle materie prime esportate, incluso il petrolio, che riduce i loro
redditi e la prospettata normalizzazione della politica monetaria americana, che aumenta gli oneri dei
debiti (sia in valuta, per la rivalutazione del dollaro, che per il rialzo dei tassi dinteresse).
Lespressione New Mediocre, usata dal FMI per il futuro, lascia trapelare quale sia la visione degli
economisti che vi lavorano, e i rischi sono verso il basso.
Per scongiurare la stagnazione secolare, la Fed dovrebbe interrompere i rialzi dei tassi, la BCE
potenziare il suo QE e altrettanto la BoJ. Ma ci sarebbe insufficiente se leccesso di risparmio non
viene impiegato in investimenti produttivi mirati a soddisfare i bisogni fondamentali di una quota
elevata della popolazione mondiale. Forse non si ancora in una situazione simile al 2008, quando il
detonatore furono i mutui sub prime, ma ora potrebbe bastare la catena di fallimenti delle societ che
producono shale oil negli Stati Uniti, messe in larga parte fuori mercato dai prezzi del greggio e dalla
sovrapproduzione dellOpec mirata ad indebolire i paesi produttori di petrolio e di gas.

155

Il debito pubblico statunitense, al 28 febbraio 2011 ammontava a 14.194,76 miliardi di dollari, massimo storico
assoluto, essendo aumentato, nei tre anni precedenti, al ritmo di 1.000 miliardi di dollari ogni sette mesi circa. Ha
raggiunto (e superato, nonostante politiche di bilancio restrittive) i 14.000 miliardi nel dicembre 2010 e i 15.000 miliardi
nel marzo 2013. Uno studio a lungo termine del debito pubblico USA da parte dell'Ufficio Bilancio del Congresso prevede
per i prossimi anni una crescita cos ampia che si pu arrivare a parlare di pericolo di bancarotta per gli Stati Uniti. Da
notare che le cifre sopramenzionate si riferiscono al solo debito federale, con l'esclusione dell'ingente debito locale
(municipale, contee e singoli stati). Il debito pubblico del Giappone, che gi il secondo del mondo, raggiunge il 200%
del Pil, ed previsto in crescita fino a un nuovo livello record di 13.500 miliardi di dollari, a causa degli sforzi per la
ricostruzione post-terremoto. Il debito delle amministrazioni provinciali cinesi stato stimato pari a 2.300 miliardi di
dollari, nel 2010, al terzo posto dopo gli Stati Uniti e il Giappone.

97

In conclusione, si osserva che da anni gli economisti dellambiente paventano lesplosione dei
consumi globali, generalizzati sui modelli occidentali. Ma guardare alla stagnazione secolare come
un modo per scongiurare tale pericolo trascurerebbe la necessit di una redistribuzione del reddito
mondiale tra i paesi avanzati, quelli emergenti e soprattutto per quelli in via di sviluppo. La
realizzazione della giustizia sociale sul piano mondiale premessa e condizione per uno sviluppo
qualitativo e sostenibile per tutti, ai fini di una stabile pace sociale, oggi molto compromessa da
vistose sperequazioni tra ricchi e poveri.

8.2 Dal piano Keynes alla New international clearing union.


La soluzione proposta nel 1944 da John Maynard Keynes per il nuovo s.m.i, ipotizzava la creazione
di ununit monetaria internazionale, il bancor, una moneta di riserva puramente convenzionale, non
slegata dall'oro, per evitare che il mondo continuasse a compiere tutte le transazioni economiche in
dollari. Sarebbe stata una buona soluzione per la comunit internazionale e anche per gli Stati Uniti.
Ma Washington bocci la proposta di Keynes perch, se una valuta di un paese la pi importante
del mondo, pu consentirle di accumulare deficit consitenti della bilancia commerciale, cosa che non
pu fare un paese piccolo con una valuta secondaria, come lIslanda o la Corea del Sud. Il progetto
di Keynes prevedeva anche la costituzione di una stanza di compensazione (International Clearing
Union) all'interno della quale i paesi membri, che avrebbero partecipato con quote rapportate al
volume del loro commercio internazionale in base alla media dell'ultimo triennio, avrebbero
accumulato saldi attivi (riserve) o passivi (indebitamenti) in ragione dei saldi di bilancia dei
pagamenti. Attivit e passivit presso la stanza di compensazione sarebbero state denominate in una
nuova unit di conto, il bancor, che veniva a costituire una nuova moneta da emettere sul presupposto
di un saldo attivo a favore del Paese creditore. Il piano comprendeva limiti e penalizzazioni
sullaccumulo sia di riserve sia di debiti, rendendo cosi il sistema simmetrico e scoraggiando
linsorgere di squilibri esterni nei Paesi partecipanti (a quellepoca, principalmente gli Stati Uniti
titolari di surplus correnti).
Secondo il piano di Keynes, la International Clearing Union avrebbe funzionato come una banca
centrale, il cui compito sarebbe stato quello di regolare il commercio internazionale tra i paesi, con
facolt di espandere lofferta di bancor in rapporto alle necessit delleconomia internazionale e con
lo scopo di compensare crediti e debiti associati agli scambi. Questi sarebbero stati denominati in
bancor, che avrebbe avuto un cambio fisso con le diverse valute, misurando cos i diversi saldi
correnti. Le merci esportate sarebbero state accreditate in bancor e le importazioni ne sarebbero state
addebitate. I paesi sarebbero stati incentivati ad avere un saldo nullo in bancor. Ai paesi in surplus ne
sarebbe stata sottratta una percentuale da versare al fondo della stanza di compensazione col risultato
di spingere questi paesi ad importare. Al contrario, i paesi in deficit avrebbero avuto le loro valute
svalutate rispetto al bancor e ci avrebbe sia incoraggiato gli altri paesi ad importare i loro prodotti,
sia a rendere pi costose le importazioni dei paesi in deficit. Loro e le valute sarebbero state eliminate
dai pagamenti internazionali n si sarebbero spostate tra i paesi. Il meccanismo proposto da Keynes
avrebbe dato un peso maggiore ai pvs nel processo decisionale, anche se queste economie erano
ancora poco aperte agli scambi nellimmediato secondo dopoguerra.

98

Il progetto di White, che nelle grandi linee poi fu accolto nella realizzazione del FMI funzionava
come una banca, in cui ogni Paese figurava come "correntista" utilizzando divise monetarie
tradizionali (oro e rispettiva moneta). Il progetto presentava quindi dei limiti di incremento della
massa monetaria che non poteva essere proporzionata al bisogno di moneta, cio all'incremento dello
sviluppo economico, ma alla quantit di riserva. Esso dava la parvenza di una maggiore affidabilit,
perch basato su una garanzia aurea, in effetti, non dava alcun serio affidamento che non vi sarebbero
stati eccessi arbitrari nella emissione di moneta, come dovevano dimostrare i successivi sviluppi della
politica monetaria. Le differenze fra il progetto britannico esposto da Keynes (1943) e quello
statunitense rappresentato da Harry Dexter White (1943) riflettevano una fondamentale divergenza
di interessi. Il Regno Unito era preoccupato della forte disoccupazione sperimentata negli anni venti
e trenta e dal forte indebitamento dovuto a massicce importazioni dei paesi del blocco della sterlina
durante la guerra. Gli Stati Uniti, invece, potevano vantare grossi crediti e gran parte delle riserve
auree (Eichengreen, 1989).
Alessandrini e Fratianni (2008) hanno proposto di riesumare la vecchia idea keynesiana e di
riadattarla al sistema monetario moderno con la creazione di una New International Clearance Union
(NICU). L'idea stata ripresa dal governatore della BPC, Zhou Xiaochuan che, nel 2009, ha lanciato
la proposta di utilizzare i DSP come valuta sovranazionale stabile per gestire i pagamenti
internazionali. Le parole del governatore cinese, il quale rappresenta il maggior finanziatore degli
Stati Uniti ed il maggior acquirente di dollari del globo, sono suonate alle orecchie dei mercati
internazionali come un campanello di allarme per la tenuta del dollaro e per il suo futuro come valuta
di riferimento del sistema (Zhou Xiaochuan, 2009).
La riforma del s.m.i. deve partire da dove il sistema di Bretton Woods aveva fallito, ovvero dalla
mancanza di accordi vincolanti che regolino le azioni dei vari partecipanti al nuovo sistema. Il primo
passo in questa direzione di una riforma convincente del s.m.i. dovrebbe prevedere un accordo tra le
tre aree che di fatto dominano la scena valutaria. Ma, mentre appare scontata la partecipazione a
questo accordo da parte della BCE e della Cina, altrettanto non si pu dire da parte degli Stati Uniti156.
La quantit di riserve ufficiali accumulate da questi tre paesi tale che qualsiasi tentativo di riformare
il sistema e di stabilizzarlo senza il loro consenso appare pura utopia. Il passo successivo da parte
delle banche centrali sarebbe quello di cedere parte dei propri attivi presso il conto della NICU e
ricevere in cambio una quantit prestabilita della nuova moneta sovranazionale (DSP). Naturalmente
per poter far ci esse devono perseguire nel medio-lungo termine un tasso d'inflazione non dissimile
(e ci vale anche per i tassi d'interesse). Questa temporanea espansione della base monetaria
internazionale deve permettere al paese di attuare, anche se con elasticit, le necessarie politiche di
rientro. Nel lungo termine, se nel sistema prevale l'inflazione sar il paese in deficit a dover sopportare
il peso dell'aggiustamento, riducendo la base monetaria ed innalzando i tassi d'interesse. Se prevale
la disoccupazione dovr essere il paese in surplus ad usare le proprie riserve per innalzare la crescita
globale.

156

Al momento non sarebbe invece opportuno, per le ragioni esposte nei paragrafi 4.2.e 4.3 e nel paragrafo 6.5 di ampliare
questo accordo n allo yen e alla sterlina n alle valute delle altre economie emergenti, India, Russia, Brasile, o ai paesi
esportatori di prodotti petroliferi.

99

8.3 Nuovi DSP per una riforma del sistema monetario internazionale
Scopo precipuo dei DSP era rimpiazzare l'oro nelle transazioni internazionali: per questo i DSP sono
stati definiti anche paper gold. Si trattava di diritti potenziali di prelievo da esercitare sulle valute
depositate presso il FMI dai paesi membri, cui venivano assegnati in base alle loro rispettive quote di
capitale del Fondo157. I DSP, come il bancor, sono quindi una moneta contabile di costo nullo e
slegata da ogni forma di riserva, che pu essere scambiata soltanto tra banche e altre istituzioni
pubbliche. Questi mezzi di pagamento internazionali sono accettati da tutti i governi membri del FMI.
Quello dei DSP poteva rappresentare una terza via, rispetto alloro e al dollaro convertibile, per
ovviare al crescente fabbisogno di riserve internazionali. Ci avrebbe trasformato il FMI in una vera
Banca Centrale Mondiale sottraendo agli Stati Uniti il potere di creare la moneta mondiale e i vantaggi
derivanti dal signoraggio, oltre al potere d'influire sull'inflazione e sulla congiuntura mondiale. Si
capisce allora perch i molteplici tentativi d'imboccare questa terza via, iniziati da Keynes stesso,
come capo della delegazione inglese alla Conferenza di Bretton Woods, e ripresi poi da altri
economisti, a partire da Triffin negli anni 60, non portarono a grandi risultati. Dopo il crollo del
sistema di Bretton Woods, i DSP sono stati ridefiniti rispetto a un basket di quattro valute la cui
composizione viene rivista ogni cinque anni e, in queste occasioni, il peso delle singole valute pu
subire variazioni, come mostra la tabella 3158. Il 30 novembre 2015, il FMI ha deciso di includere nel
paniere anche il renmimbi, con decorrenza 1 ottobre 2016. I DSP rappresentano, per definizione, un
tasso di cambio pi stabile di quello delle valute costituenti. Pertanto, essi potrebbero consentire
meglio del dollaro, delleuro e di qualsiasi altra singola valuta di far fronte a problemi di volatilit
dei tassi di cambio. I DSP sono rimasti uno strumento di riserva marginale, nonostante si siano
susseguite varie loro ''allocazioni'' da parte del FMI. La loro importanza inizi a declinare a partire
dalla fine degli anni 70 con la crescita progressiva dei flussi di capitale privati. Le emissioni di titoli
in DSP apparse allinizio degli anni 80 non hanno avuto successo sui mercati finanziari. Ora, con
linclusione del renmimbi nel basket che li compone, potrebbero tornare al centro dellattenzione per
una riforma del s.m.i. verso un sistema realmente multipolare nella sua dimensione politica,
economica, commerciale e, quindi, anche monetaria basata su un paniere di monete.
Tabella 3 Composizione di 1 DSP
Periodo

USD

DEM

FRF

JPY

GBP

Le assegnazioni sono sottoposte allapprovazione (prima con la maggioranza qualificata dell85%, ora ridotta al
70%) da parte del Dipartimento del FMI in cui sono rappresentati tutti i paesi membri e il cui voto pari alla quota
rispettiva. Nel 2011, le quote principali erano possedute dagli Stati Uniti (17.7%), Giappone (6,6%), Germania (6,1%),
Francia (4,5%), Regno Unito (4,5%), Cina (4,01%), Italia (3,4%), Federazione Russa (2,50%), India (2,45%), Brasile
(1,8%).
157

Il valore di un DSP fu, allinizio, stabilito pari 0.888671 grammi di oro fino che a quel tempo corrispondeva a 1 dollaro.
Fino al 1999 (anno di introduzione dell'euro come unit di conto), le valute che costituivano il paniere erano cinque:
dollaro statunitense, marco tedesco, franco francese, sterlina britannica e yen giapponese. Dal 1999, l'euro ha sostituito il
marco ed il franco (oggi il valore approssimativo di 1 euro pari a 0,76 DSP). Alla fine di novembre 2025 risultano
emessi ed assegnati ai paesi membri 204,1 miliardi di DSP equivalenti a 285 miliardi di dollari.
158

100

1981
1985

0.540

1986
1990

0.452

1991
1995

0.572

1996
1998

0.582

Periodo

1999
2000

(42%)

(42%)

(40%)

(39%)
USD

0.5820
(39%)

0.460
(19%)

0.740
(13%)

34.0

0.527
(19%)

1.020
(12%)

33.4

0.453
(21%)

0.800
(11%)

31.8

0.446
(21%)

0.813
(11%)

27.2

EUR

0.2280
(21%)

(13%)

(15%)

(17%)

(18%)
JPY

0.1239
(11%)

27.2
(18%)

0.0710
(13%)
0.0893
(12%)
0.0812
(11%)
0.1050
(11%)
GBP

0.1050
(11%)

= 0.3519 (32%)
2001
2005

0.5770
(45%)

0.4260

21.0

(29%)

(15%)

2006
2010

0.6320
(44%)

0.4100

18.4

(34%)

(11%)

0.0903
(11%)

2011
2015

0.6600
(41.9%)

0.4230

12.1000
(9.4%)

0.1110
(11.3%)

(37.4%)

0.0984
(11%)

Fonte: The University of British Columbia Sauder School of Business- Pacific Exchange Rate
Service
Sebbene, in passato, linclusione del renmimbi nel basket avrebbe avuto un impatto marginale
sulla sua volatilit, a causa del suo ruolo limitato, ora la situazione cambiata e questa estensione
nella composizione del basket potrebbe rafforzare lattrazione per luso dei DSP sia come unit di
conto che come deposito di valore. La sua maggiore stabilit potrebbe incoraggiare le banche e le
societ di capitali di tutto il mondo ad emettere titoli in DSP, purch il tasso di cambio della valuta
cinese diventi pi flessibile nel breve-medio periodo (Benassy, Qur, 2015).
Un s.m.i. multivalutario sarebbe lunico a contemperare tre obiettivi: 1. da un lato contenere i
rischi che derivano dalla possibilit che il paese leader usi la sua condizione di preminenza per
produrre inflazione o accumulare una quantit insostenibile di debito che crea una profonda
asimmetria tra gli Stati; 2. dallaltro riconoscere un nuovo, pi importante ruolo alle economie
101

emergenti, soprattutto alla Cina; 3. infine, offrire la soluzione del gioco di fiducia tra paese emittente
e i suoi utilizzatori, in altre parole, scongiurare la possibilit che un processo di aggiustamento,
connesso al deprezzamento della moneta di riserva, determini ingenti perdite in conto capitale nei
portafogli di chi ha sottoscritto attivit denominate in quella valuta. Si tratta di una riproposizione,
in chiave moderna, del dilemma di Triffin secondo cui un sistema di riserva internazionale fondato
su di una moneta nazionale intrinsecamente instabile. La condizione di valuta di riserva per
eccellenza potrebbe cos essere messa in discussione con la prospettiva di un passaggio verso un
sistema basato sullutilizzo di pi valute di riserva regionali. Di qui limperativo statunitense di
frenare la crescita internazionale di altre monete, in particolare delleuro e del renmimbi. Per questo
stata data molta attenzione alle proposte del governatore della BPC (Zhou, 2009) e di Joseph Stiglitz,
presidente della commissione di esperti nominata dallONU nel 2009. Tuttavia sia loperazione di
uscita dal dollaro tout court, sia quella di diversificazione delle riserve ufficiali di cui solo il 40%
al momento sono in divise diverse dal dollaro - costituiscono operazioni non prive di costi e di rischi.
Qualora la Cina e altre economie emergenti che hanno avuto finora un cambio sostanzialmente fisso
nei confronti del dollaro- decidessero di interrompere gli interventi condotti sui mercati valutari per
sostenerlo, si avrebbe un apprezzamento immediato di queste valute da cui deriverebbero perdite
ingenti in conto capitale. Se invece si attuasse una diversificazione delle riserve, il dollaro si
deprezzerebbe rispetto a euro e yen e le reazioni delle rispettive banche centrali non tarderebbero a
manifestarsi. Ci non costituiva un problema fino a qualche anno fa, quando la dimensione
delleconomia statunitense era relativamente grande rispetto a quella dei paesi emergenti. Ma nel
corso degli ultimi anni la situazione cambiata radicalmente. Non rimane quindi che una terza
possibilit per evitare perdite in conto capitale indotto dal deprezzamento del dollaro e le reazioni ad
esso legate: effettuare la conversione dei dollari esistenti in DSP.
Per rendere la conversione possibile, in assenza di tensioni sui tassi di cambio, stata riproposta,
da Kenen (1980, 2009, 2010) e da Bergsten (2007) la costituzione di un fondo di sostituzione presso
il FMI. In tal modo la diversificazione delle riserve detenute dai paesi emergenti e dai loro Swf
avverrebbe senza effettuare transazioni sul mercato dei cambi, che eserciterebbero pressioni su di
essi, bens attraverso liscrizione di poste contabili allinterno del conto suddetto. Il vero punto
cruciale a quel punto diventa il sistema di ripartizione dei costi potenziali associati a questo
meccanismo159. Nel caso di svalutazione del dollaro, questo meccanismo deve prevedere chi deve
sopportare il rischio di cambio. In assenza di una condivisione, da parte degli Stati Uniti, il costo della
svalutazione verrebbe traslato interamente sul FMI che emette i DSP. lo stesso problema che aveva
bloccato la riforma trenta anni fa. Una volta in funzione, il conto di sostituzione diverrebbe uno
contenitore di attivit di riserva globale e sarebbe inoltre un baluardo alla scelta di un sistema di
riserve multivalutario che potrebbe essere molto instabile (Kenen, 2010, 3). Questa procedura
assicurerebbe, invece, stabilit allattuale sistema monetario attraverso un meccanismo di transizione
essenziale di un ambizioso sforzo di riforma (Kenen, 2010b).
Molti economisti hanno indicato, soprattutto a partire del 2009, la necessit di una riforma del
s.m.i.. Prima della crisi, erano state segnalate preoccupazioni per la stabilit finanziaria globale in
accesi dibattiti sulle implicazioni degli squilibri globali e soprattutto dellaumento delle passivit
nette degli Stati Uniti rispetto al resto del mondo, ma pochi invece hanno visto che cera un grosso
159

Dalle simulazioni effettuate da Kenen (2010), con riferimento ai dati 1995-2007, risulta che questi costi non sarebbero
stati rilevanti durante questo periodo.

102

problema nello stesso s.m.i. che, secondo alcuni(Dooley et al., 2003), aveva dato luogo al sistema
Bretton Woods II. I richiami recenti al cambiamento dipendono dalla presenza di alcune debolezze
fondamentali del sistema, fondato sulla fiducia nel dollaro, che vanno corrette. Altre monete
competono in regime di cambi flessibili nel s.m.i. attuale, ma l80% delle transazioni internazionali
denominato in dollari e circa due terzi delle riserve ufficiali mondiali sono detenute o gestite in
dollari. Ci dovuto alle esternalit di rete nelluso della moneta e al fatto che gli Stati Uniti hanno
il mercato pi grande per titoli pubblici liquidi. I problemi fondamentali sono dovuti alla presenza sia
di instabilit che di ingiustizia di questi accordi. Dal punto di vista della stabilit macroeconomica
globale, il sistema attuale tende a generare pressioni inflazionistiche e recessive nelle diverse fasi del
ciclo economico internazionale che protagonista di questi anni. Per quanto riguarda il secondo
aspetto, il sistema genera ingiustizie crescenti associate al fatto che, per affrontare linstabilit
macroeconomica globale e la mancanza di un sistema assicurativo collettivo contro le crisi della
bilancia dei pagamenti, i paesi emergenti e i pvs sono stati indotti ad accumulare riserve cospicue
come auto-assicurazione. Ora, sebbene queste riserve abbiano mostrato la loro utilit per sostenere la
resistenza di questi paesi nel corso della crisi mondiale recente, la loro formazione ha contribuito alla
formazione degli squilibri globali. In sintesi, le ingiustizie e le inefficienze connesse allattuale s.m.i.
danno luogo a instabilit in un circuito perverso.
Ci sono due soluzioni associate ad altrettanti processi di riforma. Il primo, che di tipo inerziale,
vede levoluzione del s.m.i. verso un accordo multivalutario. Il secondo, migliore, consiste nel
soddisfare le aspirazioni di trasformare i DSP sia nella valuta dominante in cui sono detenute le riserve
ufficiali mondiali che nello strumento del FMI per finanziare i paesi nei casi di emergenza durante le
crisi. La riforma va poi completata con altre misure: rafforzamento nelluso dei DSP, creazione di un
conto di sostituzione, creazione di pool di riserve regionali (a scopo assicurativo) e una riforma
ambiziosa della governance e delle quote del FMI. Linteresse del G-20 per la cooperazione
internazionale dovrebbe perseguire gli obiettivi di questa agenda. Ci sono, ovviamente, delle
alternative possibili che possono consistere nella International Clearing Union di Keynes, in una
Banca Globale delle riserve ufficiali (la proposta di Stiglitz), ma la negoziazione per la nascita di una
nuova istituzione internazionale sarebbe abbastanza ardua (Ocampo, 2010). Infine c sempre una
minoranza che ripropone di rimettere loro al centro del sistema, ma tornare a questo barbaro reperto
storico, come lo chiamava Keynes, vorrebbe dire andare contro la storia.
La debolezza principale del s.m.i. attuale quella messa in evidenza da Keynes nel dibattito a
Bretton Woods (1942-43) che pone, cio, lonere dellaggiustamento degli squilibri della bilancia dei
pagamenti sui paesi in deficit generando effetti recessivi. Da qui, il nome di bias antikeynesiano, che
peraltro stato presente anche in tutti i s.m.i. precedenti, e che stato sperimentato durante la crisi
negli aggiustamenti opposti di Germania da una parte e Grecia, Irlanda e Spagna dallaltra. Il
problema nasce dal fatto che, durante le crisi, ritorna la vecchia politica mercantilistica del beggar
thy neighbour. Un secondo problema deriva dalluso di una valuta nazionale come moneta
dominante, altrimenti conosciuto come dilemma di Triffin. La produzione di liquidit
internazionale diventa ostaggio erratico e capriccioso della bilancia dei pagamenti del paese che la
emette. Dopo la dichiarazione di inconvertibilit del 1971, ci equivale alla possibilit attuale di
stampare moneta sostanzialmente senza limiti, attraverso deficit della bilancia dei pagamenti, nei
periodi di boom, dando luogo cos a un bias inflazionistico, come lo si percepito nel boom degli
anni precedenti la crisi (2003-2007). In generale, leconomia mondiale soggetta a cicli di fiducia
103

nella principale valuta di riserva, un fenomeno che ha dato luogo sia a forti oscillazioni del valore
reale del dollaro negli ultimi 40 anni, sia a variazioni importanti nel saldo corrente della bilancia dei
pagamenti statunitense.
Dato che le autorit statunitensi si sono mostrate indisponibli a smorzare queste fluttuazioni, il
risultato stato che alla moneta dominante mancato il fattore sostanziale di una valuta di riserva al
centro del sistema: un valore stabile. La terza debolezza data dallingiustizia tendenziale che
caratterizza il sistema. Dato che le riserve in valuta estera dei paesi emergenti e dei pvs vengono
investite in attivit finanziarie emesse dai paesi avanzati e, in particolare dagli Stati Uniti,
laccumulazione delle loro riserve non altro che un prestito ai paesi ricchi a bassi tassi dinteresse.
Questo problema stato aggravato condiderevolmente dal comportamento prociclico dei flussi di
capitale verso questi paesi che diventata un carattere distintivo della globalizzazione finanziaria
negli ultimi due decenni. A fronte di crisi delle bilance dei pagamenti delle loro economie generate
da uninversione dei flussi di capitale durante le crisi, questi paesi hanno reagito accumulando riserve
valutarie internazionali160, soprattutto dopo la crisi delle Tigri asiatiche (Ocampo, 2010a). Questa
politica di auto assicurazione contempera non solo unaccumulazione di riserve mirata ad affrontare
uninterruzione improvvisa di finanziamento esterno ma anche ad assorbire, attraverso
laccumulazione di riserve, la gran parte dei flussi di capitale che questi paesi ritengono eccessiva.
La logica sottostante a questo comportamento di evitare grossi deficit di parte corrente negli anni
di boom dei flussi di capitale, dato che, come hanno indicato le crisi, questi deficit sono anticipatori
di forti recessioni durante il deflusso di capitali dai loro conti finanziari della bilancia dei pagamenti,
come stato confermato anche dallultima crisi. Inoltre, ci consente di evitare eccessivi
apprezzamenti del loro tasso di cambio. Un disallineamento percepito d spesso linnesco a molti
interventi sui mercati valutari e, di conseguenza, il modo in cui questi paesi identificano un eccesso
di capitali in entrata. In senso lato, lautoassicurazione nientaltro che una politica macroeconomica
prudenziale o anticiclica mirata a moderare gli effetti interni di flussi di capitale prociclici. Politiche
simili inducono i paesi che sperimentano miglioramenti delle ragioni di scambio ad assorbire parte
degli effetti ricchezza attraverso laccumulazione di riserve in valuta estera o di gettiti fiscali nei Swf,
una politica che sempre stata condiderata come parte di una gestione macroeconomica adeguata.
Tuttavia c una fallacia di composizione importante in queste politiche di reazione: se la
maggioranza di questi paesi, e soprattutto i maggiori, agiscono in questo modo, contribuiscono alla
formazione di squilibri globali. In altre parole, c una catena che lega lingiustizia allinstabilit. Una
riforma adeguata del s.m.i. dovrebbe affrontare tutte e tre queste debolezze. Nessun sistema in grado
di farlo completamente ma uno basato sui DSP fa compiere molta della strada in questo senso.
La recente crisi finanziaria internazionale ha mostrato un difetto intrinseco del s.m.i. attuale, che
fa dipendere dal deficit corrente degli Stati Uniti lofferta di liquidit globale. Con questo sistema i
paesi della periferia devono tollerare un periodico deterioramento del dollaro. Questo scenario rimarr
immutato fino a quando durer la sua dominanza e ci costituisce un incentivo comune per Europa e
Cina a riformare, in modo cooperativo, il s.m.i.. Entrambe sono sostanzialmente a favore dei cambi
fissi e cercano di contenere la disattenzione macroeconomica statunitense attraverso una disciplina
Fino agli anni 80, le riserve di questi paesi erano pari a circa il 3% del Pil, come quelle dei paesi avanzati. Nel 2007,
i paesi a basso e medio reddito, esclusa la Cina avevano accumulato riserve pari al 20,6 e al 16,2% dei rispettivi Pil,
mentre la Cina ne aveva per circa il 46,7%.
160

104

condivisa. La Cina ha bisogno dellEurozona per modificare lo status del dollaro ma non chiaro se
lEuropa ha questo potere n se lo vuole usare. Mentre noto a tutti che i cinesi abbiano, con i loro
acquisti, sostenuto il dollaro negli anni di crisi per non incorrere in enormi perdite in conto capitale,
meno noto ci che afferma White (2010) e cio che i cinesi hanno acquistato assets in euro negli
anni successivi quando gli hedge funds americani speculavano sul suo deprezzamento. Nonostante la
riluttanza a salvare incondizionatamente unarea planetaria pi ricca in termini di reddito pro capite,
i leader cinesi hanno espresso chiaramente lintenzione di sostenere la moneta unica europea. Hanno
cos manifestato, oltre allinteresse gi citato di diversificare una parte delle loro riserve in dollari,
lintenzione di cercare nellEurozona un alleato, se non un mediatore tra una potenza in declino e una
in ascesa, per riformare il s.m.i. secondo un approccio realmente multivalutario. Davanti a un dollaro
che poteva svalutarsi, leuro era lunica alternativa disponibile per diversificare gradualmente le
riserve cinesi. Il forte deprezzamento delleuro (20%), dopo la crisi di secondo livello ha deluso le
autorit cinesi (Otero-Iglesias, 2014.).
Pechino ha operato in una prospettiva di lungo periodo, volta alla sostituzione del dollaro al centro
del sistema monetario e finanziario internazionale. Con prudenza e determinazione, i cinesi sono
riusciti ad affiancare il renmimbi al dollaro come moneta di transazione e di riserva.
La Francia si recentemente fatta promotrice di una riforma del s.m.i. con questo obiettivo. Ma
non chiaro ai cinesi se la Francia vuole riformare il s.m.i. attraverso una sistema maggiormente
controllato dei tassi di cambio oppure includere la Cina nel G7 e il renmimbi tra le valute del basket
dei DSP allo scopo di renderlo completamente convertibile e farlo fluttuare liberamente sui mercati
valutari. Daltra parte, un coordinamento valutario globale che includa il renmimbi implica la libera
fluttuazione di questultimo dopo aver abbandonato il peg sul dollaro (Otero-Iglesias, 2014).
Comunque, dopo il fallimento francese al G20 di Cannes del 2011 sulla proposta di riforma del s.m.i.,
la Cina ha deciso di operare in modo unilaterale.
Come si gi detto, due teorie sono state avanzate per spiegare la crisi finanziaria. La prima,
centrata sul saving glut di Bernanke, sottolinea che lespansione del deficit corrente americano stato
un modo di riciclare il risparmio dei paesi emergenti e soprattutto della Cina in strumenti di debito
credibili (anche se nel tempo passati dalla tripla alla doppia A) con limportante effetto collaterale di
consentire agli Stati Uniti di indebitarsi a tassi vicini allo zero e, di conseguenza, la possibilit di
consumare e di indebitarsi eccessivamente. Al fine di trovare un freno a questo meccanismo perverso
stato chiesto alla Cina di lasciar fluttuare liberamente il renmimbi e innescare cos un riequilibrio
globale attraverso i mercati valutari. La seconda teoria, quella del dilemma di Triffin, sostenuta da
Zhou, Bini Smaghi, Padoa Schioppa, sostiene che la crisi derivata dalla contraddizione strutturale
insita in un s.m.i. dominato da una valuta nazionale. Infatti il dilemma non vale solo per una valuta
legata alloro, infatti esiste un limite anche per la liquidit prodotta da una moneta che fluttua, come
nel sistema Bretton Woods II. Gli squilibri interni (fiscali) ed esterni (saldo corrente) hanno minato
la credibilit del sistema di riserva globale di riserva basato sul dollaro che domina mercati finanziari
liberi da ogni condizionamento (Otero-Iglesias, Zhang Ming, 2012).
La crisi finanziaria nata negli Stati Uniti ha dato un serio colpo al sistema Bretton Woods II, ma
non ha prodotto una nuova architettura dei mercati finanziari con la fine annunciata della
liberalizzazione dei mercati dei capitali o quella della cartolarizzazione dei titoli di debito. Inoltre,
negli anni successivi, alla crisi di secondo livello, che ha colpito leuro dopo il 2010, si ora aggiunta
quella dei BRICS indebolendo sempre di pi il loro ruolo nel ridisegno possibile del s.m.i.. Ci non
105

vale per la Cina, ma ha consentito agli Stati Uniti di procedere con il consueto modello di sviluppo
basato sullinnovazione finanziaria e tecnologica e sul libero mercato. Queste caratteristiche ne fanno
uneconomia innovativa che si pone al centro del mondo ma, dopo la crisi finanziaria, si pu dubitare
che essa possa continuare ad essere una locomotiva dello sviluppo mondiale. Gli eccessi finanziari
interni ed esterni hanno messo in discussione la reputazione degli Stati Uniti. E questo pu mettere
fine al loro rinvio sine die di politiche di aggiustamento con i costi ad esse associate: dolorosi
riequilibri dei conti pubblici e della bilancia commerciale e contrazioni del credito. In questo senso,
Bretton Woods II, che vede gli Stati Uniti indebitati nel ruolo di consumatori di ultima istanza delle
esportazioni del resto del mondo potrebbe volgere al termine. Ci pone con forza lesigenza urgente
di riformare il FMI e il s.m.i. (Otero-Iglesias, 2012).
I difetti principali sinora attribuiti al FMI sono i seguenti: 1. la mancanza di meccanismi adeguati
a superare gli squilibri globali; 2. gli eccessi finanziari di alcuni paesi e la creazione di flussi di
movimenti di capitali destabilizzanti (un chiaro addebito alla politica monetaria statunitense); 3.
eccessive fluttuazioni dei tassi di cambio manipolati dalla speculazione indipendentemente dai
fondamentali (la principale critica manifestata dalla Cina); 4. eccessivo accumulo di riserve
accompagnato al caos connesso a una eventuale svalutazione del dollaro. Le soluzioni corrispondenti
proposte sono state finora le seguenti: 1. rafforzare i meccanismi di riequilibrio e sorveglianza degli
squilibri; 2. adottare valori soglia, basati sui fondamentali, al fine di evitare instabilit e
disallineamenti dei tassi di cambio; 3. prevedere controlli dei movimenti di capitali nei casi in cui i
flussi in entrata si rivelano destabilizzanti; 4. utilizzare, anche da parte dei privati, i DSP come moneta
globale alternativa anche al fine di creare un mercato di assets denominati in DSP.
Se ci accadr dipender molto dagli Stati Uniti che hanno da perdere da questa riforma, come ha
mostrato la loro capacit di uscire dalla crisi mondiale con politiche monetarie e fiscali espansive non
convenzionali. Se lEuropa e la Cina condividono la deflazione per uscire dalle crisi, altrettanto non
vale per gli Stati Uniti, che emettono la principale moneta di riserva, preferiscono aumentare il loro
debito per poi trasferire i costi di aggiustamento su altri paesi. Lo status di unica superpotenza
militare, il fatto di controllare uno dei mercati pi grandi del mondo e di emettere la valuta
maggiormente usata a livello internazionale consente agli Stati Uniti di porre un veto alla riforma del
s.m.i. che rimasto sostanzialmente simile a quello di venti anni fa. Tuttavia, gli Stati Uniti
potrebbero aver interesse a partecipare a una soluzione multilaterale degli squilibri globali creati da
Bretton Woods II161. I mercati finanziari europei si sono nel frattempo rafforzati e integrati, ma il
rifiuto della Germania di emettere Eurobonds per timore del moral hazard lascia intatto lo spazio per
i Treasury Bills statunitensi. La crisi della globalizzazione indebolisce tuttavia il ruolo degli Stati
Uniti e il loro riferimento a una unica moneta mondiale in un s.m.i. lasciato completamente alle forze
di mercato. Con questa prospettiva, la Cina ha spostato una parte delle sue riserve fuori dal dollaro
nelleventualit di un suo crollo. Questa politica invocata da Zhang Ming (2009) in nome di un market
led adjustment lequivalente di unopzione nucleare.
Vi sono due altri modi di ridurre gli attuali squilibri globali. Il primo consiste nella capacit degli
Stati Uniti di imporre rivalutazioni ai paesi in surplus, ma questa politica non sembra produrre effetti,
161

Dopo la Francia, che ha cercato accordi con la Cina per riformare il s.m.i., anche la Germania sembra avvicinarsi a
questa posizione dopo aver definito insensata, nelle parole di Wolfgang Schuble, la politica monetaria americana.

106

a partire dalla Cina. Il secondo quello di creare meccanismi cooperativi incentivanti di una
redistribuzione dei costi di aggiustamento al fine di attenuarli. Secondo Susan Strange (1994)
ricorrere ai DSP il miglior modo di risolvere questo enigma perch eliminerebbe alla base il
dilemma di Triffin, costringendo i paesi, attraverso un meccanismo competitivo, a non eccedere
nella crezione di moneta162.
Di fatto il s.m.i. attuale gi multivalutario, ma le alternative al dollaro sono deboli per cui questo
continua ad avere un ruolo dominante. La crisi ha mostrato chiaramente che al momento non ci sono
alternative al mercato finanziario americano dei titoli sia per la sua liquidit che per la sua profondit.
Peraltro la mancanza di un vero mercato finanziario delleuro e la percezione che questa moneta ha
dietro un gruppo eterogeneo di paesi in termini di forza lo ha fatto diventare un sostituto inadeguato
del dollaro. Il vantaggio principale di un accordo multivalutario quello di consentire ai detentori di
riserve di diversificare al loro composizione e contrastare, in questo modo, linstabilit che
caratterizza tutte le singole valute del sistema. Ma a parte questo, nessunaltra debolezza verrebbe
eliminata. In particolare i benefici dello status di monete di riserva verrebbero ancora acquisiti dai
paesi industrializzati, il sistema conserverebbe lingiustizia di cui si parlato, non si eliminerebbe il
bias antikeynesiano, n diminuirebbe la domanda di autoassicurazione da parte dei paesi emergenti e
dei pvs. Paradossalmente, la flessibilit dei tassi di cambio tra le molte di riserva alternative darebbe
luogo sia a un vantaggio che a un costo potenziale. Il fatto di evitare le parit dei cambi fissi sarebbe
senzaltro un vantaggio, visto che stato questo laspetto che ha fatto crollare sia il bimetallismo del
XIX secolo che il legame oro-dollaro degli accordi di Bretton Woods. Comunque, se le banche
centrali sostituiscono attivamente le valute per beneficiare della diversificazione rispetto al dollaro,
questo potrebbe far aumentare la volatilit dei cambi tra le valute principali al punto di dover tornare
ai cambi fissi, una prassi molto ardua in presenza di ampia mobilit dei capitali. Ma ci finirebbe per
vanificare la flessibilit del sistema.
Unalternativa vantaggiosa quella di disegnare unarchitettura basata su unattivit di riserva
veramente globale, come era stato previsto dagli accordi che portarono alla creazione del FMI (art.
VIII, Section 7, and art. XXII). Laggiustamento del saldo di parte corrente statunitense potrebbe
ridurre in futuro lofferta netta di dollari al resto del mondo, ma tra i principali problemi attuali non
c quello di una provvista inadeguata di liquidit, come era invece nel secondo dopoguerra. Il mondo
ha bisogno di un sistema meno erratico e capriccioso di offrire riserve globali, e soprattutto che non
sia ostaggio della bilancia dei pagamenti americana o delle sue politiche macroeconomiche. Questo,
insieme alla stabilit della moneta di riserva globale, basato sui DSP, proprio ci che stato richiesto
dalla Cina (Zhou, 2012):
An international reserve currency should be first be anchored to a stable benchmark
and issued according to a clear set of rules, therefore to ensure orderly supply; second, its
supply be flexible enough to allow timely adjustment according to the changing demand;
third, such adjustment should be disconnected from economic conditions and sovereign
interests of any single country.

162

Recentemente, anche gli Stati Uniti, con la proposta di Geithner, condivisa da Bernanke, di limitare al 4% i surplus
delle bilance dei pagamenti, ha fatto spazio, per la prima volta, a una mano pubblica visibile nel contesto del s.m.i.,
ovviamente, accanto alla richiesta di rivalutazione del renmimbi (che invece si sta svalutando, mentre il dollaro si sta
rivalutando).

107

Lassegnazione dei DSP pu seguire due approcci: il migliore sarebbe quello di emetterli in modo
anticiclico. Altrimenti, potrebbero essere allocati in modo regolare, tenendo conto dellaumento della
domanda mondiale di riserve. Ma i due approcci possono essere complementari: i DSP potrebbero
essere distribuiti regolarmente ed essere ritirati durante le fasi alte del ciclo fino a quando c una
svolta, seguendo criteri predefiniti. Questa soluzione auspicabile perch darebbe luogo a un sistema
ordinato, correggerebbe, almeno in parte, il dilemma di Triffin e lingiustizia attuale del sistema e,
se si scegliesse lapproccio anticiclico, contribuirebbe anche a contrastare il bias antikeynesiano.
Tuttavia, alcuni di questi benefici potrebbero essere rafforzati se il sistema si dotasse di ulteriori
caratteristiche che facesseo aumentare luso dei DSP nel s.m.i., o anche utilizzarli come unico
meccanismo di finanziamento da parte del FMI e, infine adottare regole di assegnazione che tengano
conto delle diverse domande di riserve espresse dai pvs rispetto ai paesi avanzati. Si potrebbe
prevedere che, anche se i DSP, rimangono solo attivit di riserva, i paesi aumentino gradualmente le
loro quote di riserve in DSP. Oppure, seguendo il suggerimento di Kenen (1983), si autorizzasse luso
dei DSP negli scambi tra privati. Questo li trasformerebbe in un vero strumento di liquidit
internazionale.
Una versione semplice della riforma potrebbe consistere nel consentire che i depositi delle
istituzioni finanziarie nelle banche centrali vengano denominati in DSP. Un loro uso sempre pi
ampio pu rendere la transizione molto costosa per gli Stati Uniti, che quindi farebbero resistenza.Al
fine di superarla, mentre ci si concentra sulla riforma del sistema globale di riserve, si potrebbe
continuare ad usare il dollaro come moneta dominante. Lemissione di DSP si dovrebbe concentrare
durante le crisi in modo da ridurre le pressioni recessive asimmetriche degli aggiustamenti. In questo
modo si raggiungono due scopi, si riduce il bias antikeynesiano e si aumenta lassicurazione colletiva
procurata dal FMI. Una volta che lintero prestito del FMI si attua in DSP, si risolvono anche i due
problemi delle quote e degli accordi di prestito. Questo stato il metodo scelto dal G-20 nellultima
crisi, ma questi accordi danno poteri aggiuntivi ai paesi che forniscono i fondi e ci contraddice il
carattere multilaterale dellistituzione. Le quote implicano una diversificazione di valute, molte delle
quali non possono essere usate per finanziare i programmi del Fondo. Ci sono due modi alternativi
per concepire un sistema di prestiti da parte del FMI interamente finanziato con DSP. Uno quello
anticiclico suggerito da Polak (2005): i DSP vengono emessi durante le crisi e poi distrutti. Laltro
modo di utilizzare i DSP depositati presso il FMI (o ad esso prestati) per finanziare i paesi che ne
hanno bisogno163. Perch queste soluzione siano efficaci nel ridurre le pressioni asimmetriche degli
aggiustamenti e la necessit di autoproteggersi con laccumulazione di riserve, necessario superare
i problemi della dimensione delle linee di credito, la loro condizionalit, lo stigma associato al fatto
di prendere a prestito da questa istituzione.

Entrambe queste proposte implicano leliminazione della divisione tra General Resources Account e gli altri conti
presso il FMI. Le risorse del Fondo sono distribuite in tre conti: il General Resources Account, lo Special Disbursement
Account e lInvestment Account. Il conto delle General Resources costituito dal pool di valute e attivit di riserva
accumulate dai paesi membri del FMI, come capitale di sottoscrizione delle singole quote di partecipazione al capitale.
Lo Special Disbursement Account concede prestiti a paesi membri che hanno difficolt di bilancia dei pagamenti. Infine,
lInvestment Account, creato nel 2006 con un trasferimento dal General Resources Account, genera le risorse necessarie
alla gestione del FMI.
163

108

Una riforma pi ambiziosa sarebbe quella di adottare, almeno in parte, il piano originale di Keynes
per gli accordi del dopoguerra: la creazione di una possibilit di overdraft limitato da usare
incondizionatamente da parte di tutti i membri del FMI per un periodo di tempo predeterminato. Ci
renderebbe il sistema pi simmetrico negli aggiustamenti e consentirebbe di superare il bias
antikeynesiano. Si potrebbero prevedere anche sanzioni, in termini di sospensione dei diritti di
ricevere assegnazioni di DSP, per i paesi in surplus strutturale o con riserve eccessive (tenendo conto
delle esigenze eccezionali dei pvs) se si vuole eliminare lingiustizia del sistema e il legame tra
ingiustizia e instabilit associata allautoassicurazione. Quindi una riforma ambiziosa del s.m.i. che
miri ad emettere DSP in modo da soddisfare la domanda di riserve deve includere un development
link nelle assegnazioni dei DSP. La soluzione migliore quella di tener conto della domanda di
riserve come criterio di base. A questo riguardo Williamson (2010) ha suggerito di allocare una
percentuale (80%) dei DSP ai pvs e poi assegnare le percentuali tra pvs e paesi industrializzati con
riferimento alle quote detenute nel Fondo. Altre formule possono includere variabili economiche
proprie di ciascun paese (reddito pro capite, ecc.). Anche accordi monetari regionali potrebbero
svolgere un utile ruolo complementare. Il FMI del futuro dovrebbe essere concepito come il vertice
di una rete di fondi di riserva regionali (appartenenti a unioni monetarie regionali), come gi fa la
BM. Essi possono servire anche come linea di difesa collettiva contro lattacco di qualunque dei suoi
membri (Ocampo, 2010). In conclusione, tra tutte le proposte di soluzione si d la preferenza a quella
basata sui DSP con un chiaro obiettivo anticiclico.

9. Conclusioni
La dominanza del dollaro, come era avvenuto in precedenza per la sterlina, mostra che la forza
militare d origine a una moneta dominante cui si accompagna la internazionalizzazione e la crescita.
Linseguimento interrotto delleuro e la sfida posta dal renmimbi mostrano le difficolt di seguire una
strada diversa. La crisi finanziaria mondiale ha mostrato che il dollaro rimane la moneta dominante
nel s.m.i. nonostante lo il collasso sfiorato del sistema finanziario statunitense durante la crisi 20072009, la retrocessione della credibilit del suo debito da parte di Standard&Poors e lemersione del
renmimbi come moneta internazionale concorrente accanto alleuro. Il dollaro supera di molto tutte
le altre monete sia in termini di valuta usata per gli scambi che nelle riserve delle banche centrali,
perci nessun cambio di leadership probabilmente avverr nel breve termine. Di conseguenza
nessuno immune da ripercussioni, quando la politica monetaria americana cambia di segno. A
dicembre 2015, si aperta una fase nuova, dopo sette anni di tassi vicini allo zero, con prospettive di
rendimenti crescenti sui titoli in dollari. Ora sono i paesi emergenti i primi a rimanere scoperti e a
soffrire fughe di capitali diretti verso gli Stati Uniti. LEurozona viene colta, ancora una volta, in
controtendenza, dopo le crisi di primo e di secondo livello. I primi segni positivi della svalutazione
delleuro hanno appena iniziato a manifestarsi in Europa, ma la ripresa ancora fragile e la
disoccupazione elevata. La politica economica europea si basa su una politica monetaria espansiva
che si coniuga con una politica fiscale ancora restrittiva a causa dei debiti sovrani. Tra le turbolenze
cinesi e il nuovo corso della Fed, il rischio che lEuropa continui a subire.
Nel sistema di Bretton Woods II, i maggiori finanziatori degli Stati Uniti sono stati, ad eccezione
del Giappone, paesi emergenti che in qualche modo si appoggiano agli Stati Uniti per la propria
difesa. Non questo il caso della Cina e ci prospetta uno scenario inedito sullo scacchiere mondiale.
109

Il FMI, con il consenso implicito degli Stati Uniti, ha accettato il renmimbi tra le monete chiave del
s.m.i.. Tuttavia, nelle settimane successive, si assistito alla reintroduzione dei controlli dei capitali
da parte della Cina e ad ulteriori svalutazioni del renmimbi. Fino a quando il tasso di crescita
delleconomia cinese era rimasto quello dellultimo decennio tutti facevano a gara per prestare risorse
alle aziende cinesi, in specie a quelle finanziarie. Poi il clima cambiato. Lannuncio, da parte della
dirigenza della Fed, a met del 2014, che si rendeva necessario frenare leconomia statunitense, visto
il dimezzarsi della disoccupazione intorno al 5%, restato tale a lungo, sperando di potersi esimere
dal passare ai fatti. Fischer, vice presidente della Fed, ha dichiarato al convegno di Jackson Hole di
fine agosto 2015, di essere ben cosciente di avere creato grosse difficolt alla dirigenza cinese e di
altri paesi emergenti, ma di considerare il proprio compito quello favorire innanzitutto leconomia e
i cittadini statunitensi.
Per comprendere la situazione in cui versa la Cina e le sue prospettive di crescita, si pu
confrontare lesperienza di questultima con quelle di alcune storie note di sviluppo economico degli
ultimi 50 anni: il Giappone che raggiunse il reddito procapite della Cina allinizio degli anni 70,
Taiwan che varc questa soglia negli anni 80 e la Corea del Sud che lo fece intorno al 1990 La Cina
ha avviato, dal 2013, un piano di trasformazione delleconomia finalizzato alla stabilit politica, alla
crescita economica e al raggiungimento delle proprie ambizioni planetarie. I cinesi hanno compreso
che gli squilibri globali sono funzionali alleconomia statunitense e se la Cina riduce i suoi surplus di
conto corrente acquister meno debito statunitense indebolendo cos il meccanismo che consente agli
Stati Uniti di consumare con risorse prestate dallestero. Dopo lammissione del renmimbi al basket
dei DSP, le ambizioni planetarie della Cina continuano a manifestarsi incalzanti attraverso la
creazione di un sistema di alleanze, anche inedite, che ha dato luogo a istituzioni economiche
internazionali in concorrenza con quelle di Bretton Woods.
Queste considerazioni mostrano che il problema geopolitico pi importante dei nostri tempi il
rapporto tra la superpotenza emergente e la superpotenza che resiste. Al di l della necessit di evitare
una guerra in Asia nei prossimi anni, il cambiamento del clima delleconomia mondiale non potr
essere affrontato e gestito, nei prossimi anni, senza una stretta collaborazione sino-americana.
Il sistema economico internazionale sempre pi frammentato, nuovamente diviso in sfere di
influenza, tentato dal rafforzamento dei confini, attraversato da forti correnti di disintegrazione o di
rinazionalizzazione della sicurezza. Ma soprattutto un sistema sempre pi in difficolt nella ricerca
di soluzioni concertate alle principali crisi, come evidenziato attualmente per i casi della guerra civile
siriana, degli attentati dellIsis e della crisi migratoria in Europa. paradossale che nellattuale
scontro tra Arabia Saudita e Iran, sia la V Flotta, simbolo di una leadership unipolare, a garantire i
rifornimenti petroliferi di Cina e Giappone dal Medio Oriente che pure ha perso la sua centralit
energetica globale. Per queste ragioni, la riflessione sulla riforma necessaria del s.m.i., che oggetto
di questo lavoro non ha potuto prescindere dallanalisi geopolitica. Laffermazione di un nuovo s.m.i.
sar un processo difficile, accidentato e probabilmente non pacifico. difficile immaginare una
potenza egemone che rinunci al suo ruolo senza opporre resistenza.
Tramite la Cina, leffetto delle politiche statunitensi si spande su tutto luniverso dei produttori di
materie prime, sul Brasile, sullArgentina, sui paesi dellAfrica. Tale effetto in pieno svolgimento
anche sulla domanda di beni di investimento, e i loro grandi produttori, Corea, Giappone e Germania,
ne risentono. Ne sono colpiti anche i produttori dei beni di consumo di lusso, come la Francia e
110

lItalia. Di fronte alle iniziative della dirigenza cinese, a partire dallannuncio del tapering da parte
dalla Fed, non sono pochi coloro che sono incerti sugli scopi dei dirigenti cinesi. Intanto, gli Stati
Uniti hanno visto riannodare i legami tra Russia e Cina, il neo-irrigidimento nei loro confronti, il
riarmo esibito. E, a Pechino, pensano che i creditori occidentali sappiano che gli enormi capitali
prestati potranno essere recuperati solo se i debitori cinesi lo vorranno.
Capitali in fuga e materie prime che crollano sono le conseguenze destabilizzanti del rallentamento
della crescita cinese in tutto larco che va dal Sud America allAfrica al Medio Oriente. Il mondo
contemporaneo ha conosciuto altre crisi finanziarie e valutarie. Quella attuale ha unincognita in pi.
Il paragone con la crisi giapponese degli anni 80 utile ma quella crisi fu gestita allinterno del G7,
un club di alleati. Questa volta coinvolta la Cina il cui rapporto con lOccidente pi complicato.
Limprevedibilit delle crisi finanziarie stata spesso interpretata con le teorie del caos. Una farfalla
battendo le ali provoca un uragano dallaltra parte delloceano. La farfalla era lAmerica, gli altri
subivano lamplificarsi della sua crisi. Oggi la farfalla cinese e il paradosso che i paesi
relativamente meno vulnerabili sono quelli meno aperti agli scambi. Gli Stati Uniti e lIndia sono
meno globalizzate dellEuropa. Questa considerazione potrebbe portare a ripensamenti o a modifiche
dei trattati di libero scambio TPP e TTIP.
Il crollo delle quotazioni del petrolio costringe ora molti fondi sovrani a vendere le azioni
accumulate. Nel complesso, gli effetti positivi del basso prezzo del petrolio compenseranno quelli
negativi solo se determineranno un aumento sufficiente di consumi e investimenti nei paesi
industrializzati. Altrimenti prevarranno quelli negativi della instabilit politica nei paesi produttori e
della deflazione. Le sue matrici (crollo dei prezzi delle materie prime, la svalutazione del renmimbi,
la globalizzazione dei mercati, le-commerce legato alla digitalizzazione) sono difficili da rimuovere
in mancanza di una crescita dei consumi, anche per le politiche monetarie espansive. La deflazione
non scomparir se non aumenta il reddito disponibile dei cittadini, soprattutto nei paesi emergenti e
nei pvs.
Si intravedono i rischi di una stagnazione secolare e per questo, lOccidente si trova davanti a
unalternativa: rivedere verso il basso le proprie aspettative o mutare radicalmente le sue relazioni
economiche internazionali, utilizzando le risorse rese disponibili dal saving glut per finanziare
investimenti mirati a soddisfare i bisogni fondamentali delle popolazioni in via di sviluppo. Questa
nuova situazione doppiamente difficile per lItalia che, dopo un ventennio di sostanziale stagnazione
seguita alla firma dellaccordo di Maastricht164, ha perduto gli anni positivi della crescita mondiale
post crisi. La perdita del 25% del Pil, a partire dal 2008, che ha indebolito le entrate tributarie, il
rapporto debito pubblico /Pil in aumento, la bassa inflazione e la stagnazione economica prospettano
il peggiore dei mondi possibili.
La crescita del commercio internazionale ormai, da qualche tempo, inferiore alla crescita del Pil
mondiale (quindi il grado di apertura generale delleconomia mondiale si sta riducendo). In una fase
conclusiva della globalizzazione veloce, Shinzo Abe avvia in Giappone la sostituzione del settore del

Negli ultimi 25 anni, lItalia ha vissuto un caso simile a un ritorno al gold standard vissuto allindomani della sua
unificazione politica e dopo il ritorno alla parit aurea, prima e dopo la prima guerra mondiale. Gli investimenti produttivi
sono crollati, in presenza di un cambio forte delleuro, a favore di quelli finanziari. La struttura industriale del Paese, gi
indebolita con la perdita delle industrie di stato, in parte privatizzate e poi svendute a stranieri, si ridotta alla
sopravvivenza attraverso il debito bancario. Il rapporto debito pubblico/Pil aumentato perfino negli anni in cui la sua
gestione ha beneficiato dei bassi tassi consentiti dallunione monetaria.
164

111

commercio con quello degli armamenti, facendo notare lappropriatezza della fase storica in cui il
Giappone deve temere una politica di potenza attiva da parte della Cina. Nello stesso modo,
possibile che anche la Cina percorra la stessa strada (come ai suoi tempi lURSS) al fine di ravvivare
il suo tasso di crescita. Tuttavia questo potrebbe rivelarsi un prezzo troppo alto da pagare se si
rammenta che la Prima Guerra Mondiale nata dalla corsa agli armamenti della Germania cui,
durante la crisi 1907-1913, veniva ostacolata lesportazione negli Stati Uniti.
Il primo rialzo dei tassi statunitensi stato effettuato a dicembre 2015, indicando che il colpo di
freno gi inferto con il tapering e con le dichiarazioni di Yellen e Fisher non era stato sufficiente. Ci
avvenuto nonostante gli effetti gi prodotti sui mercati finanziari dei paesi emergenti le cui autorit
monetarie hanno frenato, a loro volta, le rispettive economie, non avendo scelta di fronte allesodo
dei capitali stranieri e nazionali, che si aspettavano non solo la fine della moneta facile ma anche
lintroduzione dei controlli dei movimenti di capitale. Nonostante le preoccupazioni manifestate da
molti noti economisti, la Fed sembra non aver considerato appieno la catena di ripercussioni delle
dichiarazioni dei suoi vertici, ad esempio sui prezzi del petrolio e delle altre materie prime, delle quali
il primo consumatore leconomia cinese, e sulla domanda di buoni del tesoro statunitensi assorbiti
dai cinesi come investitori delle riserve ufficiali che accumulano.
Non va dimenticato che la depressione del 2008 gener, tra laltro, le primavere arabe. Tuttavia,
strano che in Occidente si pensi solo ai possibili rivolgimenti interni che possono derivare per il
consenso cinese dal rallentamento di quella economia e non alle ripercussioni politiche che si
potrebbero avere in Occidente, tenuto conto del minore controllo politico esercitato dalle democrazie
rispetto ai sistemi politici autoritari. In media le nazioni autocratiche crescono pi rapidamente delle
democrazie almeno fino al punto raggiunto attualmente dalla Cina (in termini di reddito pro capite
misurato in PPA) quando ci si aspetta che al posto del potere totalitario subentra la democrazia.
Questa era anche la teoria di Alberto Breglia con cui Sylos Labini spiegava la caduta del franchismo
in Spagna.
Secondo la logica occidentale, non dovrebbe esistere pi alcun legame storico tra il passato dinasticoimperiale cinese e la moderna forma statuale, a pena di una sua delegittimazione. Ma se lOccidente
pu rivendicare, anche attraverso le alleanze commerciali, la difesa dei diritti delluomo, non pu fare
altrettanto per leconomicizzazione della realt e della politica sia al proprio interno che nei confronti
del resto del mondo. I compiti delluomo moderno (ripresa della guerra fredda, nascita di movimenti
religiosi fondamentalistici, crisi finanziarie ricorrenti negli Stati Uniti e in Europa) sono tuttaltro che
risolti dal pensiero scientista. Ora, mentre lascesa della Cina continua sotto il segno della crisi
finanziaria, anche lOccidente costretto a riflettere sulle carenze intrinseche al proprio sistema e
rinasce la possibilit di una risposta identitaria cinese al modello occidentale (Hu, 2012). Sembra
profilarsi, cos, lutilit di una regionalizzazione politica planetaria che negozi economicamente su
un mercato mondiale unico ma senza distruggere i grandi poli culturali dellumanit. In uneconomia
futura regionalizzata, con un numero di valute pari alle principali aree valutarie, le transazioni extra
area, che a quel punto sarebbero fortemente ridotte una volta che fossero costituite le unioni monetarie
per ogni area valutaria, similmente a quelle di uneconomia di baratto, sarebbero comunque esposte
ai costi del cambio, del rischio ad esso associato, dellinformazione. Questi possono essere ridotti
qualora si detengano e si utilizzino come intermediari degli scambi gli strumenti pi ampiamente
domandati a tale fine come loro, un paniere di valute, o una valuta internazionale che il mercato
riterr la meno costosa come i DSP. Si osserva che alcune unioni monetarie probabilmente potranno
112

nascere solo al termine di un lungo processo di integrazione commerciale, oggi spesso mancante,
come avvenuto per lUME. Soprattutto lesistenza di quadri istituzionali inadeguati rende remote le
prospettive di unione monetaria per molte delle aree valutarie del pianeta (Romagnoli, 2013). Per
queste ragioni, le aree suddette che oggi hanno come riferimento, oltre al dollaro e alleuro, anche il
renmimbi potrebbero optare per un nuovo s.m.i. pi efficiente e soprattutto meno ingiusto che
interrompa la guerra delle monete.

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